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I CHIROMANTI DEL COVID

La teoria economica è una delle scienze che influenzano più direttamente la vita quotidiana. Una cattiva riforma o una manovra economica sbagliata possono avere effetti devastanti, come ad esempio far precipitare nella disoccupazione e nella miseria intere classi sociali di P aolo V olta

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Una prima domanda è: cosa possiamo prevedere con certezza? Cosa possiamo prevedere soltanto all’insegna del “forse”? Che differenza c’è tra i due casi? Ci sono casi intermedi? Che differenza c’è tra immaginare il futuro e prevederlo? Non si tratta di questioni di poco conto. Anzi, esercitarsi a immaginare il futuro è una delle abilità di cui abbiamo bisogno

come non mai, perché se non lo facciamo bene e abbastanza diventiamo causa dei nostri stessi mali. Lo sapevano già gli antichi greci. Basta ricordare il mito di Prometeo, “colui che vede in anticipo” e ciò che dice al riguardo Eschilo: “colui che più di tutti gli animali prevede è anche colui che non sa davvero prevedere le conseguenze delle proprie azioni o che, anche quando le prevede, non ne tiene conto, vivendo come se non le prevedesse”. Così, anche se la medicina ci assicura che certi cibi e certe abitudini ci faranno male, spesso non ce ne curiamo.

L’EFFETTO FARFALLA Il mondo è nella morsa della più grande crisi socioeconomica avvenuta da più di ottant’anni. Quasi tutti i paesi sono colpiti, anche se, naturalmente, alcuni lo sono più di altri. L’effetto farfalla è una locuzione presente in fisica nella teoria del caos: “Si dice che il minimo battito d’ali di una farfalla sia in grado di provocare un uragano dall’altra parte del mondo”. Ovvero, si ritiene che piccole variazioni nelle condizioni iniziali producano grandi variazioni nel comportamento a lungo termine del sistema.

A causa della globalizzazione e della complessità caratterizzanti l’epoca attuale, esistono relazioni di inter-retroazione tra ogni fenomeno e il suo contesto, e tra quest’ultimo e il contesto planetario. Nell’ultimo decennio, per esempio, il fallimento di alcuni mutui subprime in una regione degli Stati Uniti ha portato a una recessione economica mondiale, il collasso della Lehman Brothers nel settembre 2008 ha dato inizio alla grande recessione e via dicendo. Nel novembre dello stesso anno la regina Elisabetta visitò la London School of Economics per inaugurare un nuovo edificio, e qui formulò la famosa domanda: “Perché nessuno ha previsto la crisi economica in arrivo?”. Naturalmente gli economisti neoclassici della London School of Economics non solo non avevano previsto la crisi, ma hanno sostenuto le politiche neoliberiste che hanno portato a essa. Non solo previsioni ma anche programmazione. Essa è anche congenita alla vita e allo sviluppo della civiltà. Se i nostri antenati preistorici avevano definito che, a partire da alcuni dati di natura, l’uomo fosse più adatto alla caccia e la donna alla raccolta è perché questa organizzazione del mondo rispondeva meglio alle loro esigenze di sopravvivenza e attorno a tale organizzazione hanno potuto programmare le rispettive attività, prevedendo ciò di cui avrebbero avuto bisogno per realizzarle e organizzandosi per fabbricarle o procurarsele. L’agricoltura, per esempio, nasce all’interno di una organizzazione che è in grado di programmare le proprie attività in base ai ritmi della natura, cioè all’osservazione di dati del mondo

esterno, in base alle proprie esigenze alimentari, in modo tale da garantire la propria sopravvivenza un anno per l’altro. Questa premessa nasce dalla necessità di porre sull’avviso il lettore della difficoltà di prevedere e programmare il futuro in generale, e in particolare nella prospettiva socioeconomica a seguito della pandemia da “coronavirus”.

SOCIETÀ “CONTACTLESS” I Coronavirus sono una vasta famiglia di virus noti per causare malattie che vanno dal comune raffreddore a malattie più gravi come la Sindrome respiratoria mediorientale (MERS) e la Sindrome respiratoria acuta grave (SARS). La malattia provocata dal nuovo Coronavirus ha un nome: “COVID-19” (dove “CO” sta per corona, “VI” per virus, “D” per disease e “19” indica l’anno in cui si è manifestata). Lo ha annunciato, l’11 febbraio 2020, nel briefing con la stampa durante una pausa del Forum straordinario dedicato al virus, il Direttore generale dell’Oms Tedros Adhanom Ghebreyesus.

ELABORAZIONE MCKINSEY & COMPANY

Nell’ottica sociale, un team di 30 scienziati dell’Imperial College di Londra, guidati dal professor Neil Ferguson, in un recente report spiega che la guerra al Covid-19 durerà nel migliore dei casi il tempo di trovare un vaccino e sperimentarlo. Quanto tempo? Sei mesi? un anno? Forse più. Periodo entro il quale le nostre abitudini saranno stravolte in ogni campo, dall’educazione alla vita sentimentale, dalla possibilità di fare carriera a quella di vedere i propri cari. Con costi umani, economici e psicologici mai studiati prima. Nelle ultime settimane la vita ci è stata sconvolta per davvero. Uno scenario che soltanto un mese fa avremmo considerato lunare: le code ai supermercati, la polizia per le strade a controllare chi esce di casa, le scuole chiuse, i treni che non partono, l’impossibilità di vedere i propri cari, rappresenta – oggi – la nostra vita quotidiana. Dobbiamo porci nell’ottica di un nuovo stile di vita e nuovi modi di consumo che coinvolgeranno innumerevoli settori: probabilmente ci dovremo abituare nei prossimi anni a diffidare di metro e bar troppo affollati, delle discoteche e degli hotel non standardizzati. Le palestre potrebbero convincersi a puntare di più su corsi online. I cinema, le sale da thè, i centri commerciali potrebbero installare a tempo indeterminato poltrone distanziate almeno un metro l’una dall’altra, panchine dove ci si può sedere soltanto uno alla volta e così via. Sarà l’inizio di una società contactless? L’epidemia sta costringendo la società ad adottare strumenti nuovi, che ci ritroveremo in eredità una volta passata l’emergenza. A cominciare dallo smartworking, una modalità di lavoro che in quest’ultimo periodo stanno adottando

molti lavoratori, rendendo concreto ciò che fino a ieri sembrava impossibile. Un altro aspetto importante riguarda la diffusione dell’e-commerce. Questa attività conoscerà uno sviluppo ulteriore anche dopo l’epidemia, perché è entrata sempre più nel quotidiano della gente.

CORONAVIRUS ED ECONOMIA. GLI SCENARI DEGLI ANALISTI Il primo quadrimestre dell’anno in corso risulterà inevitabilmente danneggiato dall’emergenza sanitaria, mentre il secondo probabilmente risentirà di eventuali restrizioni ancora in essere. Purtroppo, parliamo del quadrimestre che include il periodo estivo, quindi le ricadute sul turismo saranno pressoché inevitabili. Lo spettro

di una grande recessione ormai è realtà. Unica incertezza: la dimensione e le relative conseguenze. All’inizio di marzo l’OCSE aveva pubblicato una analisi degli impatti del Covid-19 sull’economia mondiale, prevedendo due scenari, uno in cui l’epidemia rimaneva confinata alla Cina e il secondo invece, peggiore, con una diffusione a livello pandemico. A distanza di un mese, questa seconda previsione è l’unica valida. Si stima che il Pil mondiale si riduca dell’1,5% rispetto alle previsioni di fine 2019; fissando la crescita mondiale all’1,3%. Kristalina Georgieva, direttore generale del Fondo monetario internazionale (Fmi), in una dichiarazione diffusa al G20 ha detto: “Nel nostro scenario di base attuale, (ndr febbraio 2020) le politiche annunciate sono implementate e l’economia cinese tornerà alla normalità nel secondo trimestre. Di conseguenza, l’impatto sull’economia mondiale sarebbe relativamente minore e di breve durata. In questo scenario, la crescita del 2020 per la Cina sarebbe del 5,6 per cento. Si tratta di 0,4 punti percentuali in meno rispetto all’aggiornamento di gennaio. La crescita globale sarebbe

inferiore di circa 0,1 punti percentuali”. Le previsioni del Fondo monetario proseguono “Stiamo anche valutando scenari più catastrofici nei quali la diffusione del virus continua più a lungo e più globalmente e le conseguenze sulla crescita sono più durature”. È prematuro, comunque, per dire che siamo di fronte a una fase di deglobalizzazione, come del resto sarebbe ingenuo non dire che niente sarà più come prima.

DOCUMENTO REDATTO A CURA DI SIMONE PADOAN S.PADOAN@CHINADESK.IT

Gli scenari elaborati da McKinsey, si materializzano in due prospettive. La prima prevede un rallentamento globale con la maggior parte dei Paesi che avranno difficoltà a replicare le forti misure intraprese in Cina, ma riusciranno comunque a contenere l’epidemia entro l’estate. In quest’ottica, l’economia si riprenderebbe alla fine del secondo trimestre, ma nel 2020 la crescita del Pil globale scenderebbe dell’1,0 e 1,5%. La seconda vede l’esplosione pandemica che non si riduce con l’estate. L’economia vivrà uno shock della domanda che durerà per la maggior parte dell’anno. Nel complesso, questo scenario si traduce in una recessione, con una crescita globale che nel 2020 scenderà tra il -1,5% e il +0,5%. (ndr a fine marzo c.a.)

GLI SCAMBI COMMERCIALI A conti fatti, però, i primi segnali dell’impatto del COVID-19 sull’economia cinese, valutata quale benchmark per ciò che potrebbe accadere in altre economie, sono peggiori di quanto inizialmente previsto. Le indagini sul settore manifatturiero e dei servizi in Cina sono scese ai minimi storici a febbraio del corrente anno, le vendite di automobili si sono contratte dell’80% e le esportazioni sono diminuite del 17,2% a gennaio e a febbraio. I partner del nostro Paese, nell’epoca della globalizzazione vedono la Germania quale partner principale, la Francia come “buon cliente” e con la Spagna scambi alla pari. Restando in Europa, la Svizzera si configura quale Paese Trader per le esportazioni (non appartiene alla Unione Europea) e i Paesi Bassi quali Paesi trader per le importazioni. Attraversando l’oceano gli Stati Uniti si configurano quali ottimi clienti. Infine la Cina rappresenta il fornitore in assoluto. Analisi suscettibili di essere riviste al ribasso, ovviamente. Il rapporto “Article IV Consultation” del Fondo

monetario internazionale stima per l’Italia un aumento dell’indebitamento. Il rapporto debito/Pil salirà al 137% nel 2020 per poi ricominciare lentamente a scendere negli anni successivi. Il deficit dell’Italia si attesterà al 2,6% del Pil nel 2020, ma potrebbe raggiungere anche un livello superiore se l’impatto dell’epidemia coronavirus dovesse prolungarsi. Per il 2021 l’istituto di Washington prevede un rapporto deficit/pil al 2,4%. Attenzione ai tempi della pandemia. Per il Fondo, “il disavanzo potrebbe essere maggiore, se l’impatto del virus fosse prolungato e la crescita sostanzialmente più debole.

LA LOGISTICA CAMBIA I trasporti e il commercio hanno fatto la storia dell’umanità. Muovere container è sempre più economico, così per un’azienda è diventato conveniente produrre dove il costo del lavoro è contenuto. Si è materializzata l’idea che il miglior funzionamento del sistema globale fosse la divisione del pianeta in aree di consumo da un lato e distretti di produzione – spesso iperspecializzati – dall’altro. Il Coronavirus ha fatto emergere il fenomeno noto a tutti, e da tutti volutamente ignorato, di come per alcune produzioni il mondo sia ormai Cina-dipendente. Il gigante asiatico ha il monopolio sui componenti dell’elettronica, in campo farmaceutico produce componenti chimici che sono utilizzati in Europa per la produzione dei farmaci e nella componentistica per il settore dell’automotive. Fino allo scorso dicembre questa struttura del mondo produttivo non rappresentava un problema. Alternative? Negli ultimi decenni la Cina ha investito massicciamente per ottimizzare la logistica e quindi anche se dall’Europa si trovasse un produttore in un altro Paese asiatico, si dovrebbero accettare tempistiche maggiori per il ricevimento/ spedizioni merce in virtù del ritardo infrastrutturale degli altri Paesi asiatici. È legittimo immaginare che la catena di distribuzione delle merci subirà grosse conseguenze negative, ci potranno

NDR Studi sull’impatto di un’eventuale pandemia a livello globale sull’economia mondiale erano già stati studiati in tempi non sospetti, tanto che già nel 2014 la Banca Mondiale aveva alzato il rischio che una tale situazione si potesse presentare negli anni a venire, stimando che l’impatto della pandemia simil CoVid-19 avrebbe comportato una perdita di circa il 4,8% del PIL mondiale.

essere frizioni negli scambi tra vari Paesi. Crescerà il volume e il valore della filiera corta, della produzione locale, delle coltivazioni biologiche, dell’economia circolare. A inizio febbraio, quando il nuovo virus circolava quasi solo in Asia, uno studio della Dun&Bradstreet rilevava come, sulle prime 1000 imprese americane per fatturato, la supply chain di 938 era in qualche modo già stata impattata dal contagio. Meno di un mese dopo, un report di Resilinc (agenzia di consulenza specializzata in supply chain) citato dall’Harvard Business Review, illustrava come l’intero settore dell’automobile mondiale poggi su una filiera di 3.182 centri di produzione o smistamento localizzati maggiormente nei Paesi asiatici. Inoltre, la metodologia di produzione, come just-in-time, prevede di limitare al minimo le scorte di magazzino.

La frenata della Cina ha temporaneamente limitato gli spostamenti di materie prime, facendo contrarre i noli delle petroliere e delle navi che trasportano carichi secchi. Ma l’impatto più grave e duraturo potrebbe riguardare i container. Il traffico dei contenitori, usati per spedire semilavorati e prodotti finiti di ogni genere, è crollato come non era mai successo prima nella storia: in giro per il mondo, secondo Alphaliner, si sono fermate navi con una capacità complessiva di oltre 2 milioni di Teu. Le spedizioni via mare cancellate, i cosiddetti blank sailings, hanno raggiunto il 46% della capacità sulla rotta Asia-Europa, livelli mai visti nei sessant’anni di storia del trasporto container, osserva Peter Tirschwell, analista di IHS Markit. Quando l’epidemia sarà passata e la Cina riprenderà a produrre a pieno ritmo il caos rischia di continuare: i container a quel punto potrebbero trovarsi nel posto sbagliato cioè lontano da chi ne ha necessità. La capacità di trasporto aereo delle merci sta diventando sempre più scarsa tanto che le rate di nolo sono quasi raddoppiate nel giro di un mese, da 3,65 a 6,65 $/kg, secondo FreightWaves, una pubblicazione di settore. Le merci peraltro non viaggiano solo su aerei dedicati, ma anche in stiva nei voli destinati ai passeggeri, che sono stati cancellati o ridotti da oltre 40 compagnie. Alcune delle soluzioni per una logistica più strategica, collaborativa e sostenibile, a seguito dell’impatto del Coronavirus sul mercato globale, spaziano dalla adozione dalle tecnologie 4.0 che consentono la consegna a domicilio, alla tracciabilità dei prodotti lungo l’intera filiera, la mappatura 3D dei magazzini e la comunicazione fra macchine e oggetti connessi senza l’intervento di un operatore ai nuovi modelli organizzativi basati sulla stretta collaborazione fra committente e fornitore logistico nella gestione dell’innovazione, passando per magazzini più flessibili e green. Inoltre, tutti i processi operativi delle varie modalità di trasporto saranno sempre più digitalizzati al fine di snellire le tempistiche. Il futuro potrà essere sostenibile solo se sarà sviluppata la capacità di produrre in house prodotti strategici senza dipendere da complesse catene di approvvigionamento. In sintesi, la necessità di dotarsi per i settori strategici dell’economia e quindi per il benessere della società di una visione logistica e sistemica di lungo periodo. #

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