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UN TÈ NEL DESERTO
from N. 218
Viaggio nel Paese nordafricano più vicino all’Europa, dove convivono due anime, quella antica, maghrebina e quella occidentale, più moderna
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di Fergus Flaherty
IL RITO DEL TÈ Quello che tra i camionisti marocchini non manca mai è il fornello per preparare il tradizionale tè alla menta fresca con molto, molto zucchero, che addolcisce una vita altrimenti piuttosto dura. Anche nel deserto, quando due camion si fermano e gli autisti si permettono due chiacchiere, il bricco del tè fa sempre la parte del leone. È un rituale diffuso, anche perché per i discendenti dei popoli nomadi l’ospitalità è sempre molto importante.
Stazioni di servizio modernissime e piene di luci. Che non hanno nulla da invidiare a quelle europee.
Deserto del Marocco: sabbia, pietre, polvere, alcune spa rute chiazze verdi che presto prendono il colore del paesag gio: quando il vento di montagna rinfrescherà, l’aria grigia porterà milioni e milioni di infinitesimi granelli di sabbia, tormenterà uomini, animali e veicoli. Due veterani di questi luoghi sono parcheggiati fianco a fianco: un vec chio MAN F2000 e un musone Volvo N10. Quante cose potrebbero raccontarsi se solo potessero parlare. I camion non possono farlo, ma gli autisti sì. In questi Paesi, in queste situazioni, dove guidare un camion per diversi giorni nel deserto diventa spesso un’avventura, gli autisti, come peraltro avviene ovunque, nei mo menti di pausa si scambiano opinioni, esperienze, si raccontano i buoni e i cattivi incontri. Viaggiare nel deserto, farlo per me stiere, ripetere nei mesi, negli anni, la stessa rotta che ogni giorno è diver sa, perché bisogna cercare le piste che il vento cambia continuamen te implica, più che da noi in Europa, che un autista sia legato in maniera viscerale al proprio camion.
LA NAVE DEL DESERTO “Tra autisti e camion si instaura un rapporto di grande fiducia – dice Ab dellatif, 43 anni, da 25 sui camion del deserto – diciamo che è lo stesso
Si dice che un anno di lavoro nel deserto, per un camion debba essere considerato doppio, per l’usura degli organi meccanici e della carrozzeria. Anche per gli uomini, il deserto è molto usurante.
rapporto che si instaura o, si instaurava un tempo, con un cammello. Un un buon cammello, qui da noi, rappre senta non solo un mezzo di locomozione, ma anche, in certe situazioni, la differenza tra la vita e la morte“. Le attenzioni, quasi l’affetto, che gli autisti riservano alle loro moderne “navi del deserto” sono davvero sin tomatiche: in cabina grande uso di tappeti, nappe, frange, esattamente come sono arredate le case di que sto paese nordafricano; ma anche
Sulle strade marocchine si vedono ancora camion che in Europa sarebbero esposti in un museo: un Volvo N88, fabbricato fino al 1973 e destinato alla movimentazione di container e un Berliet GLR che risale, anche lui, agli Anni Settanta.
Tra autisti e camion si instaura un rapporto di grande fiducia: diciamo che è lo stesso rapporto che si instaura o, si instaurava un tempo, con un cammello.
l’esterno è molto curato, compatibilmente alle condizioni climatiche e del fondo stradale: si va dai fari an tinebbia gialli montati sulla calandra ai fari sul tetto della cabina fino ai lampeggiatori e alle trombe monta te sul grande spoiler bianco del trattore MAN di Abdellatif. Un trattore, per l’esattezza un 19.373 che, l’autista lo dice con grande enfasi, ha supe rato da poco il milione di chilometri.
IL GIOCO NON VALE
LA CANDELA
Più sobrio, un po‘ più nuovo e meglio tenuto, è il musone Vol vo N10 del più giovane Said.
“Per me – dice Said, 29 anni e una bandana rossa intorno alla testa – il camion è solo un modo per guadagnarmi il pane, la passione c’è senz’altro, ma è un lavoro talmente duro che non credo sarà il mestiere della mia vita”. D’altra parte, come dare torto al gio vane autista? Chi fa le rotte del deserto fa una vita durissima, forse pagata leggermente meglio di chi lavora in zone meno insidiose, ma comunque, come dice Said stes so “il gioco non vale la candela”. I due camion, in sieme, superano largamente i sessant’anni di vita anche se ogni anno passato sulle piste del de serto dovrebbe contare almeno per due.
“Questi camion – dice ancora Said
Abderrahim autista della M&B di Casablanca, lavora come si lavora in Europa, più o meno con gli stessi tempi di guida; il suo veicolo è un Axor del 2010, abbastanza recente.
– sono tenuti in perfetta efficienza, anche se ogni giorno diventa più dif ficile farlo… certo, un nuovo camion sarebbe bello ma chi se lo può per mettere?”. Guardando da vicino i due camion e gli altri veicoli che si incontrano è facile notare le tracce di un am biente duro e qualche volta ostile: lo si vede dagli pneumatici che, dopo qualche viaggio, tra sabbia e pietri sco del deserto sono irriconoscibili, diventano una sorta di massa infor me dove il battistrada sembra solo un ricordo lontano.
SULLA ROUTE D’EL JADIDA Cambiamento di scenario. La “Route d’El Jadida” è una grande strada dove confluiscono molte arterie, a Nord di quella che ormai è una me tropoli, Casablanca. Del romanticismo e degli intrighi internazionali del celebre film con Humphrey Bogart e Ingrid Bergman, a Casablanca non resta più nulla: con una popolazione di circa 3.5 milioni di abitanti, è la più
Una curiosità, ecco come si trasportano le balle di fieno in Marocco.
grande città del Marocco e anche il suo porto principale. Casablanca è oggi considerata la capitale econo mica, anche se la capitale ufficiale è Rabat. È una città moderna che non vanta un particolare patrimonio sto rico-artistico come la maggior parte delle città marocchine, ad eccezione, forse, della grande moschea sulla spiaggia dell‘Atlantico. La struttura moderna e piena di luce del distributore dell’Afriquia, gigante petrolifero marocchino, poco dopo l’incrocio della El Jadida e l’autostra da dell’aeroporto, potrebbe essere quella di un’area di servizio euro pea; davanti è parcheggiato un Renault Premium il cui semirimorchio, che porta ancora la scritta di un’im presa italiana, spicca tra gli altri, per la diversa conformazione: tre assi in vece di due, tipica del Nord Africa.
COME IN UN PAESE EUROPEO Qui, tra camion relativamente moderni, tra le luci colorate del distributore e quelle, in lontananza della metropoli, l’impressione non è tanto quella di stare in Africa, quanto in un Paese europeo. D’altra parte, lo stesso re Hassan II amava dire che “il Marocco è come un albero le cui radici sono in Africa e la cui chioma raggiunge l’Europa”. Il sovrano aveva decisamente ragio ne, visto che lo stretto di mare di Gibilterra, che separa i due Continenti è soltanto di 14 chilometri. La fortu na del Marocco, però, è stata anche, e soprattutto, quella di essere retta da una monarchia abbastanza libera le e soprattutto ben disposta verso il progresso, che ha permesso al Paese di essere risparmiato dagli estremismi religiosi e di procedere di buon pas so verso il futuro.
HALLAH E I CONSUMI Nel cortile dell’impresa M&B si trova un altro esempio delle due facce del Marocco. Ci sono tre camion dei quali due sono piuttosto particolari: hanno cabine di guida strettissime, realizzate in Marocco, utilizzando i cofani dei musoni Mercedes costruiti in Brasile, ma ci sono anche un Axor e altri 32 veicoli uguali a quelli che si vedono in Europa. Abderrahim Ha merati, l’autista, percorre fra i 140 e i 150mila chilometri l’anno e riceve un bonus se riesce a scendere sot to determinati parametri di consumo carburante. Alla M&B si ragiona co me in un’azienda europea, cosa che non si può fare quando si attraversa il deserto con un camion di 25 an ni. In quel caso è solo Allah che può prevedere il consumo e non solo di carburante. Troppi sono i fattori da tenere presenti quando si fanno quel le rotte e la “provvidenza” è una di questi. In altre parole: “Insha’Allah”, ovvero “se Dio vuole” il vecchio ca mion raggiunge la prossima tappa.