ATTI D'AFFETTO. Il ritratto dall'antichità ai giorni nostri

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Museo Civico “Ernesto e Teresa Della Torre� Progettazione espositiva e testi Beatrice Resmini Riccardo Riganti

Allestimento Franco Meni Lino Ronchi

Fotografie Tino Belloli In copertina: Ritratto di fanciulla, Natale Morzenti, 1940 circa


Tàà| wËtyyxààÉ IL RITRATTO DALL’ANTICHITÀ AI NOSTRI GIORNI


PERCHÉ “ATTI D’AFFETTO” A cura di Beatrice Resmini – Museo Civico di Treviglio

Pensando a questa mostra, a noi molto cara perché ci permette di inserire opere di proprietà del Museo in un contesto che ne valorizza i pregi e ne mette in luce le relazioni anche grazie ad accostamenti inusuali e alla compresenza con opere di collezioni private, la prima domanda che ci siamo posti è stata: non è un po’ troppo ambizioso pensare di poter creare una mostra che dia un quadro completo di un intero genere, e di uno di quei generi che non sono mai mancati nell’evoluzione della storia dell’arte? La risposta è stata sì. Siamo consapevoli di non poter esaurire un genere con una sola mostra, ma siamo altrettanto consapevoli di quale forte motivazione ci ha mosso: mettere in luce del ritratto il valore emotivo e affettivo, oltre che quello artistico, una sola delle mille sfaccettature che si possono evidenziare di questo genere. Da qui il titolo, preso in prestito da una citazione di Mimmo Paladino che ben riassume il taglio che abbiamo voluto dare a questa mostra. “Ogni ritratto è, prima di ogni altra cosa, un atto di affetto, di amicizia, di amore verso qualcuno e anche una forma di idealizzazione”

E da qui anche la scelta dell’immagine guida di questa mostra, il Ritratto

di fanciulla di Natale Morzenti, che in questa tela ritrae l’amata figlia mettendone in luce una malinconia che forse solo un padre può vedere, riconoscere e soprattutto evidenziare con tale empatia. Non a caso un mito greco, ripreso e rilanciato poi nell’Ottocento tra Neoclassicismo e Romanticismo, fa risalire l’origine dell’arte proprio alla creazione di un ritratto, creazione motivata dalla necessità di


immortalare l’immagine di una persona amata che sarebbe dovuta partire, e con quella immagine supportarne il ricordo1. Quando siamo di fronte a un’opera d’arte si crea sempre una triangolazione tra noi, il pittore e il soggetto. Nel caso dei ritratti questa triangolazione è forse ancora più marcata, perché anche il soggetto, come noi e il pittore, è una persona; che sia poi una persona realmente esistita o che si tratti di un ritratto immaginario fa poca differenza. A questa triade si aggiunge un quarto elemento, il committente, a volte l’unico vero conoscitore del soggetto, il tramite tra il soggetto e il pittore, che spesso è “solo” un magistrale esecutore di un’idea altrui. Il committente potrebbe coincidere con il soggetto stesso, oppure con il pittore, oppure con una terza persona ma di fatto è lui il vero ideatore del ritratto perché nella idea che lui ha di quella persona sta il nucleo dell’immagine, nei suoi sentimenti per tale persona stanno i semi delle emozioni che noi proviamo di fronte a un ritratto, e l’immagine che il pittore crea è un riflesso dell’immagine che chi ha voluto il ritratto ha della persona ritratta. Insomma, l’atto d’affetto al quale assistiamo quando osserviamo un ritratto è soprattutto quello tra il committente e il soggetto, anche quando i due coincidono. Un padre che ritrae la propria figlia, un allievo che ritrae il proprio maestro, un pittore che ritrae una giovane fanciulla su richiesta della famiglia di lei, uno scultore che ritrae il proprio imperatore.

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“…il vasaio Butade Sicionio scoprì per primo l’arte di modellare i ritratti in argilla; ciò avveniva a Corinto ed egli dovette la sua invenzione a sua figlia, innamorata di un giovane. Poiché quest’ultimo doveva partire per l’estero, essa tratteggiò con una linea l’ombra del suo volto proiettata sul muro dal lume di una lanterna; su quelle linee il padre impresse l’argilla riproducendone il volto; fattolo seccare con il resto del suo vasellame lo mise a cuocere in forno”. (PLINIO, Naturalis Historia, XXXV, 15 e 151)


Un ritratto mette in luce una relazione, è un’opera molto potente e molto pericolosa perché in grado di rivelare legàmi. Un altro elemento da tenere in considerazione per comprendere appieno un’opera d’arte è la destinazione per quale è stata realizzata. Il ritratto è un mezzo molto efficace, ce lo ricorda anche Leon Battista Alberti nel suo “De Pictura”: “Tiene in sé la pittura forza divina non solo quanto si dice dell’amicizia, quale fa gli uomini assenti essere presenti, ma più i morti dopo molti secoli essere quasi vivi ….”2

Un ritratto può essere realizzato per una destinazione intima e familiare, oppure per uno scopo pubblico, di celebrazione, o ancora a scopo devozionale, come è per i ritratti religiosi. In tutti questi casi è un veicolo di memoria, che ci permette di richiamare alla mente qualcuno, del quale il ritratto ci manifesta una delle immagini possibili. Ecco allora che dietro alla realizzazione di un ritratto sta la domanda, a volte risolta dal pittore stesso a volte su suggerimento del committente: che immagine voglio dare di questa persona? Quale aspetto della sua personalità voglio mettere in luce? Cosa deve emergere di lei agli occhi di chi la vede attraverso l’opera artistica? Nella risposta a questa domanda sta la scelta espressiva dell’artista, che con i propri mezzi metterà in luce l’uno o l’altro aspetto. Non è del tutto vero infatti che il ritratto è la descrizione di una persona: è una delle possibili immagini che di questa persona possiamo avere. Una persona è troppo profonda, complessa e sfaccettata per essere compresa in una sola immagine; il ritratto è solo una delle descrizioni

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L.B.ALBERTI, De Pictura, Libro II


possibili, spesso appunto scelta in base allo scopo dell’opera o al legame che lega il soggetto, il committente e il pittore. Per chi conosce di persona il soggetto, un ritratto rappresenta il “la” dal quale la mente e il cuore prendono il via per far rivivere tutto il ricordo. Ecco allora che di fronte allo stesso ritratto le emozioni che ogni fruitore prova possono essere molto differenti: ognuno completa l’immagine con il proprio vissuto. Quando poi il soggetto non è conosciuto , o perché lontano nel tempo o perché immaginario, possiamo intuire nell’osservarlo indole e carattere della persona, stato d’animo, inclinazioni, anche attraverso l’uso sapiente che gli artisti fanno degli attributi. Niente di ciò che compare in un ritratto è mai inserito per caso. Sono tutti indizi che ci aiutano a comporre nella nostra mente il puzzle e a far sì che automaticamente dall’osservazione dell’aspetto fisico – che è solo uno degli elementi che caratterizzano una persona – noi ricostruiamo qualcosa di più, ci facciamo un’idea precisa ed emotiva del soggetto, proviamo per lui simpatia, affetto, timore reverenziale, soggezione, tristezza o curiosità. Per comprendere meglio un ritratto sono quindi tre le domande da cui partire: chi è il soggetto? Chi ha voluto questo ritratto? Chi sono i destinatari e lo scopo principale di questo ritratto? Lascio allo scritto del dott. Riccardo Riganti, che ha contribuito fortemente alla realizzazione di questa mostra, il compito di delineare una sintetica evoluzione storico artistica del genere nel testo che segue. Da parte del Museo l’augurio che questa mostra vi permetta di percepire il calore umano che abita un museo attraverso le sue opere, di comprendere che le opere sono sì oggetti ma anche e soprattutto veicolo di emozioni.


LA MOSTRA La mostra è composta da un centinaio di opere, la metà delle quali patrimonio del Museo Civico di Treviglio. Le integrazioni, provenienti da collezioni private, mirano a completare quei periodi o quelle tipologie di ritratto poco rappresentati nel nostro museo e riguardano soprattutto la seconda parte dell’esposizione. La prima ala della mostra ospita opere che vanno dalla tarda antichità alla fine dell’Ottocento. La maggior parte delle opere esposte fanno parte del nucleo del Museo Civico. La scelta espositiva rispecchia il gusto artistico moderno che non si allontana mai dalla figurazione, per quanto l’evoluzione artistica occidentale sia stata notevole anche in epoca precontemporanea. E’ un’esposizione in un certo senso lenta, volutamente statica, che mette in luce l’accuratezza di una ricerca pittorica accademica di altissimo livello che porta a esiti di un naturalismo toccante e sensibile. La vera rottura avviene solo tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo, e tale rottura è evidente anche nella mostra: la seconda parte infatti è connotata da una maggiore varietà stilistica, da un’esposizione più mossa e meno regolare che mira a dare valore a ogni singola opera, spesso stilisticamente molto distante dall’opera accanto. Nella seconda ala della sala infatti è possibile percepire il graduale disfacimento della figurazione verso esiti a volte vicini all’astrattismo. Alla quiete monumentale della prima parte della mostra fa da contrappunto un effervescente accostamento di contrasti. La velocità del XX secolo, secolo di repentini cambiamenti, innovazioni impensabili è ben percepibile anche a colpo d’occhio in questa esposizione, soprattutto nel contrasto tra le due ale. Il ritratto diviene qui paradigma di un’evoluzione artistica che altro non è che frutto dell’evoluzione culturale europea.


Natale Morzenti RITRATTO DELLA SIGNORA CLORINDA SALA MAURI, 1930 circa olio su tela, cm 120 x 95


PA N O R A M I C A S U L R I T R AT T O a cura di Riccardo Riganti

Il ritratto è la rappresentazione figurativa di una o più persone definite e riconoscibili, e riguarda altrettanto bene l'espressione grafica e pittorica che quella scultorea. Intendendosi il ritratto come un "genere" particolare, esso è circoscritto alla rappresentazione del personaggio, o del gruppo di personaggi, che costituisce l'oggetto vero e proprio della composizione, anche nel caso in cui i personaggi vengano collocati in un vasto ambiente o in un paesaggio. Non è infatti il rapporto dimensionale tra le figure e gli elementi di contorno e di sfondo a caratterizzare il ritratto, ma l'intenzione di rappresentare individui identificati e identificabili. L'identificazione può attuarsi attraverso la trascrizione realistica dei tratti fisiognomici, come avviene per lo più nel ritratto occidentale dal Rinascimento all'Ottocento, condotta con il criterio della somiglianza. Tale criterio assume però varie sfumature a seconda delle epoche e delle aree figurative, puntando ora sul meticoloso descrittivismo di tipo analitico e comunque veristico, ora sulla sintesi dei dati fisiognomici che consente di cogliere l'espressione tipica del personaggio, con particolare interesse per gli elementi psicologici e non puramente somatici, senza che il personaggio ne risulti meno individuato (si pensi al potere di individuazione di uno dei casi limite del ritratto stilizzato, la caricatura). Possono soccorrere all'identificazione anche elementi esterni, quali il costume, l'ambiente, particolari attributi relativi al personaggio, indicazioni fornite tramite scritte e così via; questi elementi hanno un ruolo fondamentale nel ritratto idealizzato, con scopi celebrativi o didascalici o comunque di astrazione simbolica, assai diffuso nel mondo antico, specialmente nell'area greca, e nel ritratto immaginario, anch'esso peculiare del mondo antico, che, orientato verso la resa di un


"tipo", simbolo di determinati valori umani, rappresenta o personaggi mitici o personaggi trapassati e non noti attraverso ritratti precedenti. A quest'ultima rappresentazione, il termine di ritratto nel significato di ripresa dal vero è irrelativo; è tuttavia lecito mantenerlo trattandosi di opere in cui le fisionomie, ancorché arbitrarie, sono ben caratterizzate e lo scopo è raffigurare non un uomo generico, ma quel preciso uomo. Al polo opposto stanno le immagini pittoriche e più spesso scultoree che, pur riferendosi a individui reali e noti, non si studiano di ripeterne i tratti somatici né tantomeno la fisionomia, ma sono puramente indicative della persona cui si riferiscono: figure che intendono significare il personaggio più che rappresentarlo. Di questo genere sono alcune tipologie di statue antropomorfe dell'antichità, specialmente della civiltà egizia, la cui destinazione era funebre o comunque religiosa; così le immagini di defunti nell'arte medievale dell'Occidente, anch'esse legate a significati religiosi; né molto si allontanano da questo criterio le figurazioni di imperatori, re, santi o nobili personaggi dal periodo tardoantico fin verso il Gotico3. I ritratti immaginari e simbolici non sono ovviamente ritratti dal vero, anche se possono presupporre, quando abbiano carattere naturalistico, l'osservazione e lo studio del corpo umano. Ma anche i ritratti tesi alla verosimiglianza sono stati realizzati assai spesso senza la presenza del modello (il ritratto "a memoria" è raccomandato dai teorici e maestri del Simbolismo e dagli "spiritualisti" specie dal secondo Ottocento). È anzi relativamente ristretta l'applicazione della copia dal vero, la quale caratterizza soprattutto età e artisti impegnati in polemiche antiaccademiche - che colpiscono poi tutta la tradizione del ritratto "ufficiale" e di parata - o in programmi realistici. La copia dal vero non

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Periodo che copre dal V d.C. al XIV secolo d.C. circa.


riguarda soltanto e specificamente il ritratto, essendo un provvedimento generale di espressione figurativa. D'altro canto compaiono sovente ritratti, presentati come tali o sotto specie travestita, in opere figurative di vario genere: in questi casi il termine "ritratto" non si riferisce all'intera composizione, ma al carattere imitativo e allusivo di alcune figure inserite in essa. È intermedio tra il genere "ritratto" e l'uso di singoli ritratti in opere di fantasia, il ritratto allegorico, che rientra per larga parte nell'ambito di quello didascalico, coltivato già nel mondo antico. Caratteristici a partire dal tardo Medioevo sono i ritratti dei committenti che incominciano ad apparire timidamente ai bordi delle opere, per accamparvisi con sempre maggiore spregiudicatezza, e gli autoritratti che già i miniatori apponevano quale sigla personale alle loro carte dipinte, inaugurando un sottogenere di particolare fortuna. In moltissime composizioni figurative, in ispecie del Rinascimento italiano, è infine possibile riconoscere la rappresentazione di personaggi reali e contemporanei mescolati con quelli fantastici e antichi. La storia del ritratto coincide press'a poco con la storia dell'espressione figurativa, giacché nessuna civiltà capace di manifestazione artistica ha mancato a questo tipo di rappresentazione; il genere è, fra tutti, quello più strettamente implicato con la storia del costume e della società, legandosi alle credenze religiose e ai riti che sono per larga parte all'origine dell'arte, alla imitazione dell'eroe e del potente e così via. Come tutti i generi, anche quello del ritratto è stato oggetto nelle varie epoche di accese esaltazioni e svalutazioni: queste ultime inserite nella più ampia diatriba se l'arte debba intendersi o no quale imitazione della natura. Tuttavia anche in età contemporanea, scaduta la sua funzione illustrativa e vanificata quella mimetica, il ritratto non smette di apparire a molti artisti il soggetto che più stimola un energico discorso espressivo (si pensi al valore del ritratto nell'Espressionismo).


Limitandosi al ritratto che si attenga genericamente al criterio della verosimiglianza, è possibile identificare alcune epoche e paesi dove esso ha avuto tradizione piÚ significativa e ha ottenuto particolari splendori; vanno allora menzionate la tarda ritrattistica egizia, quella tardo-greca passata nell'importante ritrattistica repubblicana romana, quella europea dal XV al XIX secolo stimolata dalla rinascita nel Quattrocento del ritratto profano e nel Cinquecento dalla formazione del collezionismo specifico, e la sublimazione teorica del genere tra Seicento e Settecento. In area orientale non si può tacere la ritrattistica cinese di epoca Ming (13681644), forse la piÚ nota e significativa tra le espressioni artistiche extraeuropee4.

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Essendo il ritratto connaturato all'idea stessa di arte, sarebbe interessante approfondire lo sviluppo del genere anche in altre culture artistiche meno note ma altrettanto significative. Questa esposizione propone esempi relativi alle tipologie citate nel testo. Rimandiamo a testi specifici per approfondire l'argomento.


Bustino del tipo “Pseudo-Vitellio�, XVI-XVIII secolo marmo, altezza cm 29 (altezza con base cm 36)


Pittore olandese RITRATTO D’UOMO CON BERRETTO SCURO, XVII-XVIII secolo olio su tavola, cm 34,3 x 26,2


Giovan Battista Dell’Era RITRATTO DI DONNA, 1780 circa olio su tela, cm 47,8 x 39


Giovan Battista Dell’Era RITRATTO DI UN UFFICIALE DI MARINA, 1795 circa olio su tela, cm 60 x 44


Lodovico Pogliaghi RITRATTO DI MARIANNA VERATTI RIVA, 1880 olio su tela, cm 67 x 54


Il’ja Efimovicˇ Repin RITRATTO DI UOMO, 1900–1910 circa olio su tela, cm 54 x 42


Attilio Mozzi TESTA DI VECCHIA o RIPOSO, 1910-1911 olio su tela, cm 35,5 x 29


Augusto Celli RITRATTO FEMMINILE, 1934 olio su tela, cm 56 x 43,5


Guido Pajetta RITRATTO FEMMINILE, 1968 olio su tela



Centro Stampa Comune di Treviglio 2018


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