T-shirt, il tatuaggio di stoffa

Page 1


sin-cinema_lavoro

26-04-2005

14:54

Pagina 8


t-shirt_lavoro

27-06-2006

16:06

Pagina 3

Claudio Spuri

T-shirt, il tatuaggio di stoffa Storia e attualitĂ formato maglietta Prefazione di Matteo Cambi

Le virgole. Argomenti 7


t-shirt_lavoro

27-06-2006

I edizione: giugno 2006 Copyright © Tunué Srl Via degli Ernici 30 04100 Latina – Italy info@tunue.com www.tunue.com

Diritti di traduzione, riproduzione e adattamento riservati per tutti i Paesi. Per approfondire i temi trattati in queste pagine: www.iltatuaggiodistoffa.net

16:06

Pagina 4

ISBN 88-89613-10-6

ISBN-13 EAN 978-88-89613-10-8

Progetto grafico e copertina: Daniele Inchingoli

Stampa e legatura: Tipografia Monti Srl Via Appia Km 56,149 04012 Cisterna di Latina (LT) Italy


t-shirt_lavoro

27-06-2006

16:06

Pagina 5

Indice

Prefazione di Matteo Cambi

7

Introduzione. Perché questo titolo?

13

II. ANTENATI E COMPARI

25

I.

IL LEGAME TRA CORPO E INDUMENTO

III. LE ORIGINI III.1 Le radici etimologiche III.2 La Prima e la Seconda guerra mondiale III.3 Da indumento intimo e sportivo all’ingresso nel mercato

IV. LA T-SHIRT COME SUPPORTO DI ESPRESSIONE PERSONALE IV.1 L’inizio di un fenomeno Il cinema, le macchine e i miti da inseguire IV.2 Nuove conferme e miti al femminile IV.3 Anche i duri hanno un cuore IV.4 Gli anni Sessanta e la voglia di libertà IV.5 Dai fiori alle magliette strappate IV.6 Nuove culture e nuove strade IV.7 Mode ufficiali e mode alternative

19 28 28 29 31 39

39 42 44 47 51 53 57


t-shirt_lavoro

27-06-2006

16:06

Pagina 6

V. LA T-SHIRT COME VEICOLO PUBBLICITARIO E DI COMUNICAZIONE

V.1 L’intuizione: una superficie da riempire V.2 Un fenomeno in espansione: gli anni Settanta e la produzione in serie V.3 Gadget per tutti i gusti V.4 Solidarietà e occasione di riscatto sociale V.5 Fare propaganda e testimoniare il quotidiano V.6 Personalizzazione e senso di appartenenza V.7 Un nuovo modo di comunicare I calciatori e i loro messaggi V.8 Brand in movimento. Medium e testimonial V.9 Prima… una maglietta V.10 Comodità e informalità per chi lavora V.11 Lo sport praticato e commercializzato

VI. LA T-SHIRT ENTRA IN LIBRERIA VI.1 L’importanza del contenuto in forma leggera VI.2 Packaging originale e su misura Conclusioni Una chiusura formato t-shirt

Riferimenti bibliografici

63 63

64 66 70 72 76

79 81 86 87 91 95 95 98

100 102


t-shirt_lavoro

27-06-2006

16:06

Pagina 7

Prefazione di Matteo Cambi*

La moda è un sistema di comunicazione versatile e complesso. È un linguaggio basato su regole precise, che creano identificazione nel gruppo in cui viene «parlato» e riconoscibilità dall’esterno. La moda ci contraddistingue, ci fa rientrare in un gruppo d’appartenenza, rivela molto della nostra personalità: l’abito, il rivestimento, gli oggetti con cui ci copriamo, i segni che incidono o ci decorano sono le forme attraverso cui i nostri corpi entrano in relazione con il mondo e tra loro. Il vestire, in ogni società e cultura, è una forma di progettazione della realtà attraverso un linguaggio specifico. La moda inoltre si è posta come punto d’incontro di tante forme creative e artistiche, ha reso il corpo discorso, segno, un mezzo di comunicazione della propria personalità e dell’ambito culturale di cui fa parte, unitamente alla capacità creativa personale e dello stilista. Quando indossiamo un abito diciamo quel che siamo e gli altri lo capiscono. Vestirsi è scrivere la propria identità sul corpo, comporre frasi rivelative secondo una grammatica pubblica e facilmente decifrabile. L’abbigliamento rimane dunque il primo e più visibile segno

* Nel 1999 Matteo Cambi, oggi ventottenne presidente dell’azienda di abbigliamento Jam Session di Uguzzolo (Parma), ha ideato il marchio Guru e in poco tempo, grazie al suo talento imprenditoriale e a idee vincenti come la famosa maglietta con la margherita gialla, ha vinto nel 2005 il Premio «Giovani imprenditori della moda». Oggi Guru è in continua ascesa nei mercati europei.


t-shirt_lavoro

27-06-2006

16:06

Pagina 8

T-SHIRT, IL TATUAGGIO DI STOFFA

d’identificazione, capace di classificare immediatamente chi lo indossa. Lo stesso capo di abbigliamento può comunicare in maniera differente e trovare un significato espressivo solo se viene condiviso all’interno dello stesso gruppo, in possesso del medesimo vissuto, dei medesimi linguaggi e modi di vivere. A questo proposito, la t-shirt è emblematica: considerata un indumento easy per i giovani, è divenuta in breve tempo un capo di abbigliamento universale, senza età, il simbolo di una cultura metropolitana che l’ha adottata per ogni occasione d’uso, dal lavoro al tempo libero, per trasgredire o per conformarsi, per essere sexy o per stare comodi. Ma la t-shirt è molto di più: è una straordinaria piattaforma comunicativa, sulla quale è possibile scrivere, disegnare, incidere qualunque messaggio. Chi la indossa infatti comunica in modo immediato un mood, un modo d’essere, idee e suggestioni a tutto il mondo esterno.

In questo senso la storia di Guru è rappresentativa. Nel 1999, a Parma, ho ideato un marchio per 20 t-shirt e felpe. Quando ho iniziato, la t-shirt era associata quasi unicamente al concetto di sportswear. Cogliendo nell’aria la voglia da parte dei ragazzi della mia età di distinguersi ed esprimersi in un modo esclusivo, anche attraverso il guardaroba, ho cercato di trovare un’alternativa al vestire omologato e sempre uguale, un mood che fosse tra il formale super griffato e la jeanseria cool. Per interpretarlo, ho pensato quindi a un segno distintivo, il nome «guru», associato al disegno della margherita, un binomio inedito che ha sviluppato naturalmente un intero immaginario: «guru» significa ‘maestro saggio’, è una guida che suggerisce e illumina il cammino. Ognuno è libero di seguirlo oppure no. Oggi essere il guru di… significa essere riconosciuti come un modello da seguire. La margherita invece è un simbolo di libertà d’espressione, di positività, di solarità, d’appartenenza a un gruppo senza età. 8


t-shirt_lavoro

27-06-2006

16:06

PREFAZIONE

Pagina 9

Insieme funzionavano e da qui è iniziata la favola di un mondo tutto da raccontare… In poco tempo Guru è diventato un fenomeno, non solo imprenditoriale ma anche di costume: per le strade la margherita fiorisce ovunque, tutti la vogliono e tantissimi la imitano. Dal 2004 si è cominciato a ragionare sul concetto di lifestyle: Guru non è solo abbigliamento, ma un modo d’essere giovani, di comunicare, di emozionarsi, d’interpretare il quotidiano, di respirare un sogno unico. Il Guru World oggi è street couture, colorato, ironico, surreale, onirico. È un universo di riferimento che trasforma lo stile contemporaneo suggerendo un sogno possibile, un varco nella realtà a tinte sbiadite. Per interpretare il Guru World ho quindi pensato a un’innovativa strategia di comunicazione, fatta di advertising tradizionale e progetti trasversali. In un certo senso, all’inizio mi è bastato portare le t-shirt di Guru sempre con me: andavo a una mostra e chiedevo all’artista di personalizzarle, giravo i club più famosi e convincevo i proprietari a vestire tutto lo staff con la margherita. Molti erano sconvolti: vedere un prodotto di moda indossato da un cameriere li faceva inorridire. Invece era un nuovo modo di fare marketing, o meglio Viral Marketing1 e Word of Mouth Marketing, cioè un efficacissimo passaparola all’interno di ambienti affini alle caratteristiche della marca. Oggi il mercato della moda è sovraffollato e, di conseguenza, la competitività si sposta sempre più dal prodotto alle logiche di marketing e comunicazione. La capacità di differenziazione dei brand sta proprio nei riferimenti simbolici dei destinatari. Ma la comunicazione da sola non basta, se non è sostenuta da agguerrite strategie di marketing, in grado di prevedere e cavalcare il mutamento e le logiche di un mercato sempre più evoluto, sofisticato, internazionalizzato, di cui diventa difficile prevedere i cambiamenti. La tendenza ora è trasmettere il fascino che un nome, un simbolo evoca. Si tenta di creare stili di vita attraverso i media, le pubbliche relazioni, gli even9


t-shirt_lavoro

27-06-2006

16:06

Pagina 10

T-SHIRT, IL TATUAGGIO DI STOFFA

ti, lo sviluppo delle categorie merceologiche. Puntando a questa logica di lifestyle, si moltiplica la veicolazione del marchio a innumerevoli fasce di pubblico. Secondo passo di Guru dunque, è stato quello di dare forza alle azioni di marketing: entrare negli ambienti giusti (locali trendy, eventi di grande visibilità, mondo dello sport), ma anche stringere legami con personaggi famosi che, in un qualche modo, rispecchiavano la mia idea e sapevano restituirla al pubblico in modo unico. L’abbinamento fra t-shirt di tendenza e testimonial ha dato ulteriore forza al progetto, permettendo l’identificazione con i valori del marchio, in un modo molto semplice ma incisivo: unicamente indossandoli. Il campione del mondo di Formula 1 Fernando Alonso ne è un esempio lampante. Dal 2005 infine Guru ha affidato la realizzazione dell’immagine pubblicitaria al grande fotografo americano David LaChapelle: le immagini creano un’atmosfera magica, in linea con l’emozionante lifestyle Guru, e rivelano un’ampia piattaforma da cui tuffarsi per immergersi in una favola glamour. Guru è nata quasi per gioco, e ora è una solida realtà imprenditoriale. Milioni di persone hanno indossato i nostri capi credendo in un progetto. Molti si sono chiesti perché tanto clamore. Materializzare un sogno è possibile, basta volerlo. Basta rimanerne affascinati. Il tutto grazie a una t-shirt. Note

1 Il viral marketing è una strategia pubblicitaria non convenzionale che sfrutta i meccanismi di propagazione tipici dei virus, entità che si autoperpetuano e si autopropagano in maniera esponenziale. Un’operazione di viral marketing identifica le persone maggiormente interessate a un particolare messaggio commerciale che, veicolato in modo piacevole e significante, le incoraggi a condividerlo con altri individui. Cfr. Viral+Buzz Marketing Association (www.vbma.net/mission.html); Ninja Marketing (www.ninjamarketing.it/articoli/details.php?cat=Tecniche&ID=152).

10


t-shirt_lavoro

27-06-2006

16:06

Pagina 11

T-SHIRT, IL TATUAGGIO DI STOFFA


t-shirt_lavoro

27-06-2006

16:06

Pagina 12


t-shirt_lavoro

27-06-2006

16:06

Pagina 13

Introduzione Perché questo titolo?

Il tatuaggio di stoffa all’inizio non era un titolo, direi piuttosto una dichiarazione di curiosità. Quando ho pensato a questa definizione non avevo altro se non una grande passione per le t-shirt e la semplice intuizione di accostare due prodotti, il tatuaggio e la maglietta, lontani solo apparentemente, uniti nella loro comune condizione di essere indossati e nel loro imprescindibile rapporto con il corpo umano. Al di là della loro inevitabile funzione di copertura parziale della pelle, ciò che giustifica tale accostamento è la loro forza comunicativa e la partecipazione emotiva legata alla scelta di indossare entrambi in una comune espressione di coraggio, partecipazione ed esibizionismo. Entrambi, oggi, rappresentano una finestra aperta sul nostro io, parlano di chi li indossa, ne rappresentano una carta d’identità, un portafortuna o un abito, ne dichiarano unicità e stati d’animo, ne diffondono pensieri e convinzioni, ma di certo in origine la situazione non era esattamente la stessa. Radici completamente diverse con destini spesso incrociati. La partecipazione emotiva e il potenziale comunicativo hanno permesso alla maglietta di essere scelta per un uso che la rendesse sempre più visibile e al tatuaggio di essere concepito anche in forme timide e poco evidenti. Entrambi tuttavia rappresentano una «seconda pelle», megafono e manifesto di una voce interiore che trasferisce al corpo la funzione di


t-shirt_lavoro

27-06-2006

16:06

Pagina 14

T-SHIRT, IL TATUAGGIO DI STOFFA

A sinistra, anni Settanta: la t-shirt come una seconda pelle... da leccare (The Hulton Getty Picture Collection © Getty Images). A destra, Demi Moore sulla copertina di Vanity Fair dell’agosto 1992 (fotografia di Joanne Gair).

medium vivente, supporto di un determinato contenuto. Il vestirsi, di abiti o di immagini, come sosteneva Marshall McLuhan, diventa un prolungamento della pelle, mezzo istintivo e diretto del comunicare.1 Peter Greenaway racconta alla sua maniera questo connubio tra corpo e comunicazione in I racconti del cuscino (The Pillow Book, GB/Francia/Olanda, 1995). Nel film la protagonista decide di diventare calligrafa componendo un’opera di tredici libri e scrivendola su tredici corpi maschili. I corpi nudi di questi uomini, scelti in base al tema trattato, venivano interamente istoriati, fungendo da messaggeri del contenuto. I tredici uomini erano i libri e la pelle le pagine. Una forma allargata del concetto di tatuaggio molto vicina all’odierno body painting, forma d’arte che rafforza il concetto di corpo come supporto.2 14


t-shirt_lavoro

27-06-2006

16:06

Pagina 15

INTRODUZIONE

Tatuaggio giapponese (artista sconosciuto – tratto da Tattoos).

Il tatuaggio può diventare anche avanguardia, come nella mostra-evento Corpo alieno – L’immaginario sulla pelle, ideata da Carmine Sorrentino e Paolo De’ Medici e organizzata nel febbraio 2000 in un locale di Roma, dove modelli e modelle diventarono tele viventi dipinte e tatuate da artisti;3 o può farsi portatore di valori, come in una pubblicità contro l’uccisione degli animali da pelliccia realizzata per la PETA, organizzazione a favore dei diritti degli animali, dove accanto alla foto del cantante e batterista rock Tommy Lee, con le braccia e l’addome quasi del tutto tatuati, campeggia lo slogan «Ink not mink» (‘Inchiostro, non visone’). Il tatuaggio e il body painting hanno anche la capacità di far percepire come vestito un intero corpo quando questo è completamente nudo, spazzando via pudore e imbarazzo, come accadde in una celebre copertina di Vanity Fair uscita nel15


t-shirt_lavoro

27-06-2006

16:06

Pagina 16

T-SHIRT, IL TATUAGGIO DI STOFFA

l’agosto del 1992, dove l’attrice Demi Moore «indossava» uno smoking interamente dipinto sulla pelle, realizzato dall’artista Joanne Gair. Il tatuaggio e il body painting diventano alta moda e ancora una volta occasione di propaganda per la stilista libanese Zuhair Murad, in contrasto con le forti limitazioni imposte alle donne nel proprio paese, che nel 2001 fece sfilare una modella con la parte superiore del corpo nuda, ma rivestita da un «corpetto» elegantemente disegnato.4 Ebbene, molto di quanto detto in questi esempi vale anche per la t-shirt, a testimonianza di un ruolo comune ai due mezzi di espressione. La scelta di questo titolo, dunque, vuole essere un piccolo tributo all’importanza del tatuaggio e a quanto, direttamente e indirettamente, abbia influenzato l’attuale idea di t-shirt, ma vuole anche, e soprattutto, dichiarare che il reale obiettivo di questo libro è l’analisi del rapporto fra la t-shirt e chi la indossa. Ringraziamenti

Questo libro è un progetto nato come tesi teorica per il conseguimento del diploma di Laurea all’Istituto Europeo di Design di Roma (A.A. 1995/’96). Un progetto aperto, che nel tempo si è arricchito di esperienze, suggerimenti e collaborazioni. È un piacere, dunque, ringraziare tutti coloro che in questi anni hanno partecipato con la loro amicizia e la loro disponibilità alla sua realizzazione. In ordine di apparizione, memoria permettendo: Alessandra, per il suo inglese, la sua pazienza e per le tante ore alla ricerca di negozi e interviste; Riccardo, per le numerose fotografie; Fabio, per le prime correzioni; Silvana ed Emilia, per la fiducia; Gianluca, Ortis, Massimo e Daria per i loro suggerimenti; Roberto, per la sua collezione di magliette; Giulia, per il suo tema e per il suo punto di vista; Francesca, per le magliette bagnate in una mattina di fine inverno; Manuela, per il suo sorriso e per le traduzioni al telefono; Stelio, per la sua pazien16


t-shirt_lavoro

27-06-2006

16:06

Pagina 17

INTRODUZIONE

za professionale e per una sua critica decisiva ed estremamente costruttiva; infine Raffaella e Daria, rigorosamente in ordine di vicinanza abitativa, per la loro necessaria, attenta e minuziosa analisi e correzione del testo. E inoltre: Istituto Europeo di Design di Roma (prof. arch. Francesco Moschini, direttore scientifico e culturale; Antonello Cuccu, coordinatore didattico; Marco Mastroianni, Dipartimento di Moda); Rebibbia Jail Cooperative / made in jail (Silvio Palermo, Marcello); Portaparole (Vulkano Edizioni); Emilia Aru; Libreria Remainders (Roma); Il baffo della Gioconda (Associazione Culturale – Roma); Punkyfish Alternative (abbigliamento); Camden Stables Market (London); Proud Camden – The Gin House (galleria fotografica).

Note

1 Cfr. Marshall McLuhan, Understanding Media: The Extensions of Man, Gingko Press, 1964 (trad. it. Gli strumenti del Comunicare, Milano, Il Saggiatore). 2 Cfr. Joanne Gair, Sogni dipinti, Contrasto due, 2005. Cfr. anche RUFUS C. CAMPHAUSEN, La tribù del tatuaggio. Piercing, tatuaggi e altri riti di decorazione del corpo, Red/Studio Redazionale, 1999. 3 Cfr. Maria Serena Patriarca, «Danze sfrenate e “quadri” sulla pelle: ora i rampolli si dipingono addosso», Il Messaggero di Roma, 11 febbraio 2000. 4 Cfr. Paola Pisa, «Belle, ricche, mondane e amano scoprire il seno», Il Messaggero di Roma, 27 gennaio 2001.

17


t-shirt_lavoro

27-06-2006

16:06

Pagina 18


t-shirt_lavoro

27-06-2006

16:06

Pagina 19

I. Il legame tra corpo e indumento

Il legame che inevitabilmente si crea tra il corpo e l’indumento che lo riveste è un elemento molto importante per comprendere i meccanismi più o meno razionali che spingono a indossare un abito piuttosto che un altro. Un legame differente a seconda del periodo storico e cruciale perché non si tratta soltanto di un rapporto estetico o funzionale, ma anche di una scelta intima e istintiva che ha indotto l’uomo e la donna a riparare il proprio corpo dalle intemperie e, nello stesso tempo, a rapportarlo alla vista altrui. Qui è da ricercare l’origine del senso del pudore, che nell’immaginario collettivo deriva da Adamo ed Eva e dal peccato originale, ma che probabilmente si è formato nell’uomo grazie alla percezione di sé e del mondo circostante e in base all’emozione e allo stato d’animo di un momento, finalizzando ogni scelta all’affermazione della propria individualità, nel momento in cui l’abbigliamento cominciò a soddisfare esigenze personali insieme a quelle climatiche e sociali. È da quel momento, dunque, che gli indumenti sono diventati una sorta di barriera dietro la quale nascondersi e proteggersi, quell’universo di mezzo tra ciò che è mio e ciò che è tuo, un’intimità accessibile a pochi, ma anche una forte tendenza all’estetica e al simbolismo, l’esigenza di indossare, quella di personalizzare e dunque di esporsi comunque agli altri. Contraddizioni in cui convivono voglia di coprirsi e desi-


t-shirt_lavoro

27-06-2006

16:06

Pagina 20

T-SHIRT, IL TATUAGGIO DI STOFFA

derio di nudità, paura di apparire ed esibizionismo sfrenato, in una plausibile consequenzialità, nel momento in cui, quando coperta, la nudità può essere anche messa in evidenza. Distinzione e al tempo stesso complementarità fra spazio individuale e spazio sociale. L’abbigliamento, cioè, come delimitazione della propria identità di persona e della propria inviolabilità, ma anche rappresentazione sociale di sé e della propria immagine agli altri. In effetti il bisogno di coprirsi ha creato nell’uomo, in periodi e in modi diversi, un intenso rapporto con la nudità. Il corpo, nascosto, ha assunto un valore più erotico e questo ha portato a esibirlo provocatoriamente come a coprirlo, cercando in ambedue i casi di valorizzarlo insieme a ciò che veniva indossato. Nell’antica Grecia l’uso del chitone, una tunica bianca avvolta al corpo solitamente stretta in vita e senza maniche, e il modo di vestire generale di quel periodo, servivano a valorizzare il corpo nudo e non a nasconderlo, almeno fino al III secolo a.C. circa, quando l’avvento della tunica soppiantò le precedenti usanze ponendo fine a quel rapporto di equilibrio tra nudo e vestito, tipico dell’abito classico. Nel 1600 si affermò l’arte barocca, che riuscì in poco tempo a trasferire nell’abbigliamento il proprio stile ricco di decorazioni e stravaganze estetiche, creando le basi, più che in altri periodi, per una maggiore libertà e originalità. Nella Francia di Luigi XIV, il famoso «Re Sole», dunque, il vestire oltre a legittimare uno stato sociale, rappresentava una forte espressione di sé e del proprio corpo con abiti decorati e adattati alle sue forme e molto più liberi rispetto ai precedenti, che tendevano fortemente a coprire il corpo intero lasciando libera solo la testa. In tempi più recenti, indossare alcuni modelli di lingerie femminile e intimo maschile ha contribuito a creare maggiore attrazione, stimolando nel fortunato osservatore curiosità e immaginazione, grazie a una nuova concezione stilistica finalizzata maggiormente al comfort e alla valorizzazione delle 20


t-shirt_lavoro

27-06-2006

16:06

Pagina 21

IL LEGAME TRA CORPO E INDUMENTO

Angelina Jolie nei panni di Lara Croft (© Paramount Pictures).

forme, diventando dichiarate armi di seduzione. Ecco, per esempio, che per le donne i grossi mutandoni prendono la forma di piccoli e sensuali slip, i rigidi busti si trasformano in morbidi body e per l’uomo cresce l’interesse per un intimo sempre più curato e originale. Quello tra indumento e corpo, nonché tra t-shirt e persona, è dunque un legame vivo, origine di una comunicazione personale, imprescindibile da chi indossa, da cosa si indossa e da come lo si indossa. Di conseguenza non si può trascurare questo aspetto se si vuol capire cosa c’è dietro ad alcune particolari scelte e comportamenti. Ci sono t-shirt che coprono ma lasciano immaginare, come quella indossata da Christian De Sica, in un simpatico duetto con Carlo Verdone, nel film Borotalco,1 che riportava nella parte frontale il disegno di un torace e di un addome, ironicamente più muscolosi del reale. 21


t-shirt_lavoro

27-06-2006

16:06

Pagina 22

T-SHIRT, IL TATUAGGIO DI STOFFA

A sinistra, Carlo Verdone e Alberto Sordi in una scena del film In viaggio con papà (© Titanus). A destra, Marlon Brando nel ruolo di Stanley Kowalski (© Warner Bros.).

Ce ne sono altre che lasciano immaginare perché aderenti, come suggeriva Claudio Baglioni nel testo di Questo piccolo grande amore: «Quella sua maglietta fina / tanto stretta al punto che / mi immaginavo tutto»2 o nel caso della canotta aderente di Angelina Jolie nel film Tomb Raider (Simon West, USA / GB / Germania / Giappone 2001), preceduta da Marlon Brando in Un tram chiamato desiderio (A Streetcar Named Desire, Elia Kazan, USA 1951) e ne Il selvaggio (The Wild One, László Benedek, USA 1954) e James Dean in Gioventù bruciata (Rebel Without a Cause, Nicholas Ray, USA 1955), che mezzo secolo prima avevano fatto delle loro magliette aderenti un’icona estetica. Come si è visto in questi esempi, la t-shirt ha la capacità di assecondare e valorizzare alcune parti intime con il risultato di evidenziarne l’aspetto estetico ed erotico. Ma non è sempre così. Non sempre basta una maglietta aderente per provocare 22


t-shirt_lavoro

27-06-2006

16:06

Pagina 23

IL LEGAME TRA CORPO E INDUMENTO

A sinistra, Giorgia Palmas nella pagina di febbraio del calendario 2006 di Max (Calendario 2006 Max – fotografia di Giovanni Cozzi). A destra, Benjamin Bratt nella copertina di Vanity Fair dell’agosto 2002 (fotografia di Bruce Weber).

e incuriosire, serve anche la precisa volontà di farlo o quantomeno il physique du rôle. Ecco quindi che semplici magliette strette, bianche o colorate, indossate da un fisico non proprio atletico hanno un effetto comico invece che sexy, creando modelli di goffaggine simili ad alcuni personaggi interpretati da Carlo Verdone nei film Un sacco bello (Carlo Verdone, Italia 1979), Bianco rosso e Verdone (Carlo Verdone, Italia 1980) e In viaggio con papà (Alberto Sordi, Italia 1982), nei quali le t-shirt erano ovviamente capaci di accentuare in negativo caratteristiche fisiche e di portamento. Il tema della sensualità ritorna nell’uso di t-shirt strappate, trasparenti e a rete, ma arriva al culmine nel caso delle magliette bagnate, anche dette wet t-shirt. In questo caso c’è ben poco da immaginare. Il cotone, una volta bagnato, diventa quasi come parte integrante del corpo, portando all’estremo 23


t-shirt_lavoro

27-06-2006

16:06

Pagina 24

T-SHIRT, IL TATUAGGIO DI STOFFA

il legame fin qui descritto, aggiungendo la trasparenza laddove c’era solo aderenza. È la celebrazione dell’esposizione di sé, dove coprire porta a una nuova forma di nudità giustificata molto spesso da una spiccata voglia di esibizionismo, come testimoniano i numerosi concorsi estivi del tipo Miss maglietta bagnata e i numerosissmi siti internet dove centinaia di magliette uguali tra loro riescono per incanto a prendere le forme più diverse a seconda del corpo che le indossa. A proposito di esibizionismo, su un numero di Vogue del 1968 Richard Goldstein scriveva: «Oggi la bellezza è libera. Affrancata da pastoie attinenti a forma e funzione, non più gravata da un figurinismo tradizionale. Si esibisce, si fa notare attraverso la sottile seduzione dello stile. L’esibizionismo è il risvolto pacato della violenza: mira a provocare se non a offendere».3 A proposito del rapporto con la vista altrui, Giulia, una quattordicenne appassionata di t-shirt (nonché sorellina di un amico dell’autore di questo testo!), in un recente tema scolastico proprio sulla t-shirt, esprimeva un pensiero semplice e chiaro: «Mi piace molto l’idea di esprimere già al primo sguardo, di una persona sconosciuta soprattutto, una parte del mio carattere, e nel caso di una persona che già mi conosce bene, magari esprimere solo il mio umore di quel giorno». Note

1 Borotalco, di Carlo Verdone, Italia 1982. La scena descritta, in cui i due attori cercano di simulare alcuni balli, risulta maggiormente comica per il fatto che entrambi recitano in mutande. Christian De Sica indossa la maglietta citata e Carlo Verdone una semplice canottiera bianca. 2 Questo piccolo grande amore, dall’album eponimo, Claudio Baglioni, RCA 1972. 3 Richard Goldstein, Vogue (ed. statunitense), 1968, come riferito da Massimo Di Forti, «La mini-art», Il Messaggero PIÙ – Arte Moderna, p. 15, supplemento a Il Messaggero di Roma, 21 aprile 1989.

24


t-shirt_lavoro

27-06-2006

16:06

Pagina 25

II. Antenati e compari

La t-shirt come appare oggi ha un’origine relativamente recente, da associare in primo luogo, come si leggerà più avanti, a un contesto sia militare sia sportivo. Ma cosa c’era prima? Quali simili indumenti l’hanno preceduta dal punto di vista estetico e funzionale? Si tratta di un albero genealogico forse impossibile da ricostruire, certamente un curioso viaggio nel tempo alla ricerca di immagini, informazioni e usanze conservatesi ed evolutesi, mai per caso, attraverso i secoli. Tornare indietro significa conoscere le origini di quei fattori pratici e culturali che hanno determinato un utilizzo specifico della t-shirt, nonché le tecnologie e le abitudini che ne hanno indotto precise innovazioni ed evoluzioni. Tra questi fattori, il passaggio dall’uso delle pelli a quello dei tessuti, che rappresentò la possibilità di realizzare, per la prima volta, abiti originali, più comodi e maggiormente adattabili alle forme del corpo; l’opportunità sia per le donne sia per gli uomini di indossare le prime tuniche in lino, con maniche corte e aderenti, disegnate dagli Assiro-Babilonesi intorno al IV millennio a.C. e che diedero origine a uno dei primi modelli di abbigliamento unisex; la riscoperta di colori e decorazioni, nella Grecia del periodo ellenistico (a cavallo tra il III e il IV secolo a.C.) grazie ai rapporti commerciali con i Persiani e alla conseguente introduzione di tinte oro e pastel-


t-shirt_lavoro

27-06-2006

16:06

Pagina 26

T-SHIRT, IL TATUAGGIO DI STOFFA

A sinistra, particolare della Tomba della Caccia e della Pesca (VI Sec. a.C.). A destra, la veste denominata Chief Smoke’s shirt (Smithsonian Institution, Department of Anthropology).

lo, che creò un’alternativa al classico bianco, come sarebbe accaduto anche alle t-shirt con l’utilizzo dei primi inchiostri; l’intuizione degli Etruschi di realizzare alcuni abiti femminili in due parti separate, superiore e inferiore, che fu l’inizio di un nuovo modo di vestire e di due nuove tipologie di indumenti, ognuna con una propria identità e una personale evoluzione, senza le quali non sarebbe mai potuto esistere un capo come la maglietta.1 Una forte presa di coscienza del proprio corpo si manifestò nel XIV e nel XV secolo d.C., in un abbigliamento che non si distingueva più solo per appartenenza sociale, ma anche per età, con gusti e necessità differenti tra giovani e adulti, come ancora oggi succede per la t-shirt; l’introduzione di abiti femminili misti, tra il XV e il XVI secolo d.C., le cui maniche erano di colore e tessuto diverso, e la stravagante moda dei Lanzichenecchi, che indossavano abiti saccheggiati, successivamente strappati e riassemblati tra loro, rappresentarono le prime forme di una tendenza ancora esistente in alcuni modelli di t-shirt; l’usanza, tra le donne del Seicento, di separare la parte superiore da quella inferiore, valorizzando il seno con corpetti rigidi che lo sostenevano rendendolo molto appariscente, è molto simile all’uso odierno di t-shirt strette ed elasticizzate. 26


t-shirt_lavoro

27-06-2006

16:06

Pagina 27

ANTENATI E COMPARI

Il riferimento alla classica forma a T della t-shirt diventa ancora più evidente in alcuni indumenti diffusi tra le popolazioni degli Indiani d’America, come una veste appartenuta a Chief Smoke, un Oglala Sioux, e donata nel 1866 allo Smithsonian Institute, dove è ancora conservata.2 La veste denominata Chief Smoke’s shirt è fatta di due pelli di alce, ha una forma larga non aderente al corpo ed è decorata con composizioni di perle e disegni di influenza Cheyenne. È altrettanto evidente, osservando le sue decorazioni, l’influenza che questo stile ha avuto sui giovani hippie degli anni Sessanta. Determinanti furono, nei primi anni del Novecento, anche la diffusione di nuove stoffe come il jersey, un particolare tessuto a maglia morbido, confortevole e poco costoso, e che ancora oggi è uno dei più utilizzati dai produttori di t-shirt, e l’introduzione nel mercato di fibre sintetiche che, grazie al loro costo minore rispetto a quelle naturali, rese accessibile alle classi meno abbienti le numerose proposte della moda del tempo.

Note

1 Cfr. «Storia della moda e storia dei tessuti», http://mitopositano.it/ storia_tessuti_moda.htm (maggio 2005). 2 Cfr. Joanna C. Scherer, Handbook of North America Indians, National Museum of Natural History – Smithsonian Institute. Cfr. anche www.nmnh.si. edu/anthro/redcloud/redcloudpage4.htm (marzo 2006).

27


t-shirt_lavoro

27-06-2006

16:06

Pagina 28

III. Le origini

III.1 Le radici etimologiche

Non esiste una ragione ufficiale per cui la t-shirt si chiami in questo modo. La lettera T e il termine shirt formano una parola che ormai è diventata di uso comune, percepita con un’identità a sé stante. Con il vocabolo shirt si intende genericamente un capo per la parte superiore del corpo e in particolare, prima che la t-shirt cominciasse ad assumere un ruolo più evidente come indumento esterno, la camicia e la maglia intima utilizzate nello sport e nel lavoro come nella vita di tutti i giorni. Per quanto riguarda l’uso della lettera T, ci sono almeno tre possibili versioni della sua introduzione come prefisso di shirt. La prima e più istintiva associazione è sicuramente quella relativa alla forma a T della maglietta nella sua posizione aperta. Una seconda ipotesi individua nella T l’iniziale della parola training, in inglese ‘allenamento’, per la sua comodità e il suo tradizionale utilizzo in attività sportive. La terza prende in considerazione il target principalmente giovanile del periodo successivo alla Seconda guerra mondiale, per cui la T potrebbe rappresentare l’iniziale del suffisso Teen, che in inglese viene usato per individuare la fascia d’età compresa letteralmente tra i 12 e i 19 anni, come se t-shirt si volesse dire Teen-shirt.



Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.