Lapilli Collana diretta da Marco Pellitteri
«Lapilli» è una collana di volumi che si propone di percorrere i settori del fumetto e della grafica, del cinema di animazione e delle arti audiovisive, dell’immaginario popolare e dei mass media, attraverso le tre sezioni Segni, Visioni e Culture.
Lapilli Segni • Visioni • Culture Ultimi volumi pubblicati: Silvia Leonzi Lo spettacolo dell’immaginario Storie, corpi, luoghi Marco Arnaudo Il fumetto supereroico Mito, etica e strategie narrative Le donne del cinema d’animazione A cura di Matilde Tortora Marco Accordi Rickards – Paola Frignani Le professioni del videogioco Una guida all’inserimento nel settore videoludico Culture del Giappone contemporaneo Manga, anime, videogiochi, arti visive, cinema, letteratura, teatro, architettura A cura di Matteo Casari Andrea Tosti Topolino e il fumetto Disney italiano Storia, fasti, declino e nuove prospettive Valentino Cecchetti Generi della letteratura popolare Feuilleton, fascicoli e fotoromanzi in Italia dal 1870 ad oggi Giuseppe Bellina – Mario Bellina Flash Revolution Il software e le nuove estetiche che cambiano l’animazione Il catalogo completo è disponibile on line su www.tunue.com
Serenella Di Marco
Fumetto e animazione in Medio Oriente Persepolis, Valzer con Bashir e gli altri: nuovi immaginari grafici dal Maghreb all’Iran
Prefazione di Igiaba Scego
Lapilli. Segni 26
I edizione: settembre 2011 Copyright © Tunué Srl Via dei Volsci 139 04100 Latina – Italy www.tunue.com info@tunue.com Diritti di traduzione, riproduzione e adattamento riservati per tutti i Paesi.
ISBN-13 GS1 978-88-97165-16-3 Progetto grafico: Daniele Inchingoli Illustrazione di copertina: Mandarinoadv.com Grafica di copertina: Tunué © Tunué Stampa e legatura: Stampa Sud S.p.A. Via P. Borsellino 7 74017 Mottola (TA) – Italy
Indice
IX 3 7 7 14 16 16 17 18 19 20 22
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Prefazione di Igiaba Scego Introduzione I La complessità geopolitica di una regione frammentata I.1 Individuazione di confini e possibili attraversamenti I.1.1 Definizione del Medio Oriente, topos fisico e simbolico I.1.2 Breve cronistoria del territorio preso in esame I.1.2.1 I.1.2.2 I.1.2.3 I.1.2.4 I.1.2.5
«Le mille e una notte»: un passato da favola La nascita dell’islam: 622 d.C. Le Crociate: 1096-1291 L’Impero Ottomano: 1300-1922 Gli imperi europei: 1800-1939
I.2 Dall’islamismo e nazionalismo degli ultimi decenni all’attualità Prospettive future per il Vicino Oriente I.2.1 I.2.2 I.2.3 I.2.4
Il conflitto arabo-israeliano Il colpo di stato di Nasser in Egitto e il conflitto con Israele La Guerra Iraq-Iran (1980-’88) e la Guerra del Golfo (1990-’91) I movimenti islamisti I.2.4.1 I.2.4.2 I.2.4.3 I.2.4.4
L’Iran di Khomeini Hezbollah in Libano La Palestina e la nascita di Hamas Il presente: Tunisia, Egitto, Libia, Siria e la «primavera» araba
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II Cenni sui repertori visivi dell’arte islamica e del Medio Oriente II.1 L’Islam e l’origine di un’arte iconoclasta I muşawwir e la loro arte millenaria
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II.1.1 Genesi dell’arte islamica
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III Interludio. Note sul linguaggio del fumetto III.1 Alcuni assi portanti del linguaggio del fumetto III.2 Dall’astrazione convenzionale alla sequenza narrativa III.3 Un posto per il fumetto nella cultura odierna
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IV Marjane Satrapi e la memoria illustrata IV.1 Marjane Satrapi, donna e artista del Medio Oriente emigrata in Europa
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IV.1.1 La biografia IV.1.2 Il fumetto secondo Marjane Satrapi
V Fonti e ispirazioni: nascita di uno stile La genesi di un universo grafico inedito V.1 Vallotton e i Nabis V.1.1 Un breve profilo di Félix Vallotton V.1.2 Le influenze su Satrapi
V.2 V.3
Il cinema espressionista tedesco Il rapporto con l’Iran e la tradizione iconografica mediorientale
VI L’opera completa L’universo di Marjane Satrapi nei suoi racconti disegnati VI.1 Persepolis VI.2 Taglia e cuci VI.3 Pollo alle prugne VI.4 Il drago Ajdar, Saggezze e malizie della Persia e gli altri libri illustrati: la grafica per l’infanzia VI.5 Persepolis, il film: il passaggio dalla pagina al grande schermo
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VII Satira e autobiografismo illustrato nei fumetti VII.1 L’ironia da leggere, l’ironia da vedere VII.2 Il romanzo e l’autobiografia a fumetti
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VIII La geografia del Medio Oriente tracciata dai suoi protagonisti Fumettisti e cineasti d’animazione dal Maghreb all’Iran VIII.1 Mappe contemporanee illustrate dagli artisti VIII.2 Algeria VIII.3 Tunisia VIII.4 Marocco VIII.5 Egitto VIII.6 Libano VIII.7 Palestina VIII.8 Israele
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VIII.8.1 Ari Folman e Valzer con Bashir
VIII.9 Iran IX
Agorà Artistique Un appuntamento con la contemporaneità: fumettisti mediorientali a confronto IX.1 Ilana Zeffren e Uri Fink (Israele) IX.1.1 IX.1.2
IX.2 IX.3 IX.4
Majed Badra (Palestina) Dalia Ziada (Egitto) Seif Eddine Nechi e Othman Selmi (Tunisia) IX.4.1 IX.4.2
IX.5
Ilana Zeffren Uri Fink
Seif Eddine Nechi Othman Selmi
Samandal e Maya Zankoul (Libano) IX.5.1 IX.5.2
Samandal Maya Zankoul
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Conclusioni Un ponte verso il futuro
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Riferimenti bibliografici
Prefazione di Igiaba Scego
Frustrazione, invidia, povertà, fatalismo, vergogna, assenza di speranza. Fino a pochi anni (mesi) fa erano queste le parole più ricorrenti per descrivere il mondo arabo. Samir Kassir – il grande giornalista libanese morto a 45 anni in seguito a un attentato – non a caso aveva intitolato il suo pamphlet L’infelicità araba. C’era qualcosa infatti che accomunava i paesi arabi dal Maghreb al Machrek, un malessere che si stava trasformando in un cancro terminale con metastasi diffuse. Nessuno all’apparenza riusciva a trovare un rimedio a questa tremenda situazione. I politici, gli intellettuali, i capi religiosi brancolavano letteralmente nel buio. Samir, con la sua innata sensibilità, però era riuscito, al contrario di altri, a dare un nome a questo tremendo grido di disperazione che veniva dalla gente. L’intera situazione era riassumibile infatti in quella parola, «infelicità». Lì era racchiusa la patologia di un mondo che si sentiva vittima, sommerso da una cultura oscurantista, senza futuro. Un mondo condannato a giocare sempre in serie C, un mondo che non contava, non decideva, non creava modelli culturali. Ora sono passati solo pochi anni dalla pubblicazione di quel pamphlet. Ma in questo breve periodo il mondo del Maghreb e del Vicino Oriente (non parlerei solo di mondo arabo: non si possono escludere 1 Igiaba Scego (Roma 1974), scrittrice e ricercatrice, collabora per giornali e riviste quali L’Unità e Internazionale. Ha un dottorato di ricerca in pedagogia (in temi postcoloniali) e all'attivo diverse collaborazioni con università estere. Ha pubblicato il libro per ragazzi La nomade che amava Alfred Hitchcock (Sinnos), i romanzi Rhoda (Sinnos) e Oltre Babilonia (Donzelli). Ha curato il volume di racconti Italiani per vocazione (Cadmo) e insieme a Ingy Mubiayi Quando nasci è una roulette (Terre di Mezzo), un reportage sui figli di migranti. Diversi suoi racconti sono apparsi in antologie a più mani, ricordiamo Pecore nere (Laterza) e Amori bicolori (Laterza). La sua ultima fatica è il memoir La mia casa è dove sono (Rizzoli) premiato con il Mondello 2011.
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Iran e Israele da questa breve analisi) sembra cambiato. Oggi non parliamo più di infelicità araba, ma di Primavera araba. Siamo passati da un’infelicità manifesta a una speranza di felicità futura. La miccia della rivolta, scatenata dal gesto disperato del tunisino Mohamed Bouazizi, che si è arso in nome di un futuro diverso, ha scatenato quello che oggi è sotto gli occhi d tutti. I vecchi dittatori sono caduti o stanno per cadere, i giovani reclamano diritti, come anche le donne del resto. La richiesta di cambiamento è forte in tutti i settori. Una richiesta che ha contagiato anche alcune realtà mediterranee non arabe. Di fatto Piazza Sintagma ad Atene, Puerta del Sol a Madrid, Rotschild Boulevard a Tel Aviv sono tutte sorelle dell’egiziana Piazza Tahrir, luogo simbolo della primavera araba. Anche la loro miccia è stata accesa dalla disperazione di Bouazizi. Ma non dimentichiamoci nemmeno del volto insanguinato di Neda morente: anche l’onda verde iraniana fa parte di questo sollevamento popolare in nome di un futuro migliore. Per la prima volta un mondo reclama il diritto di avere dei diritti. Certo la Primavera da sola non basta. Lo stiamo vedendo nei massacri quotidiani in Siria, nel caos libico, nella rarefatta transizione egiziana, nello stallo tunisino. Le vecchie oligarchie sono rimaste ai loro posti di comando e difficilmente lasceranno agli shabbab, ai giovani, il loro spazio di potere. La situazione è in continua evoluzione e quello che scriviamo ora domani forse sarà già preistoria. Però qualcosa si può dire senza essere tacciati di estremo ottimismo: un cambiamento è davvero avvenuto nel Maghreb e nel Vicino Oriente. Che non è solo di facciata, ma un cambiamento reale, senza se e senza ma. La rivoluzione non è una moda passeggera (come spera qualcuno dell’oligarchia), ma qualcosa che è destinato a durare e a germogliare nelle coscienze delle persone. Sono i gesti semplici a portare poi ai grandi cambiamenti. Pensiamo per esempio a Rosa Parks negli Stati Uniti, che decise di infrangere il codice razzista vigente e di andarsi a sedere nei sedili riservati ai bianchi o pensiamo all’italiana Franca Viola, che per prima in Sicilia rifiutò il matrimonio riparatore. E fu proprio Franca Viola a dire: «Non fu un gesto coraggioso il mio. Ho fatto solo quello che mi sentivo di fare, come farebbe oggi una qualsiasi ragazza: ho ascoltato il mio cuore, il resto è venuto da sé. Oggi consiglio ai giovani di seguire i loro sentimenti; non è difficile. Io l’ho fatto
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in una Sicilia molto diversa; loro possono farlo guardando semplicemente nei loro cuori». Lo stesso consiglio che dà Samir Kassim nel suo pamphlet ai giovani del suo mondo. Seguire il cuore e coltivare i sogni. Alzare la testa e crederci. Questo bel libro che avete ora in mano parla proprio dei sogni che si sono sviluppati nel Maghreb e nel Vicino Oriente. Infatti il fermento di oggi, la rabbia, la voglia di rivalsa vengono da lontano. Possiamo annusarne il profumo nei libri di Khanafani o Amoz Oz, abbracciarli nelle lingue intrecciate di Assia Djebar, vederli nei film di Youssef Chahine o ascoltarli nelle note antiche di Cheikha Rimitti. Il mondo dei fumetti non è stato di certo a guardare. Insieme ai romanzi, ai film, alle canzoni ha alimentato questo fermento sotterraneo che oggi ha prodotto la voglia di rivalsa di un intero mondo. Oggi praticamente si stanno raccogliendo i frutti di quello che è stato coltivato negli anni precedenti. Il testo di Serenella Di Marco ci porta per mano in questo viaggio fantastico tra arte classica e arte del fumetto. Ci mostra per esempio come Persepolis, senza l’arte antica iraniana, non avrebbe avuto questo successo planetario; e lo stesso può valere anche per il primo graphic novel del mondo arabo, Metro di Magdy El Shafee: la sua carica dirompente deve molto ai testi letterari di Sonalla Ibrahim o Nagib Mahfouz. Inoltre il fumetto, nel Maghreb e nel Vicino Oriente, non è storia recente. Non è nato con la primavera araba. Il fumetto ha vissuto gli alti e bassi di un’area di mondo molto travagliata. Basti solo ricordare la rivista Samir, nata nel 1956. Una pubblicazione che ha rivoluzionato il modo di fare il fumetto nel mondo arabo. I personaggi avevano più libertà di movimento, la mimica facciale cominciava a essere presa in considerazione, la linea si faceva più chiara e concisa. Ma gli autori e redattori di Samir avevano anche capito che il fumetto, per farsi strada nel mondo di lingua araba, doveva semplificare il linguaggio. L’arabo classico è la lingua della religione, dei comunicati ufficiali, dei discorsi dei ministri, della letteratura alta. Una lingua che non tutti sapevano (e sanno) parlare. Una lingua che si usava solo in occasioni ufficiali e in quasi tutte le comunicazioni scritte. La vita quoti-
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diana invece è sempre stata veicolata dal cosiddetto arabo dialettale (in realtà sono chiamati dialetti, ma sono delle lingue: l’egiziano, il siro-palestinese, il tunisino, il libanese). Una lingua che raramente veniva scritta. Invece i realizzatori di Samir decisero di scriverla e veicolare i loro fumetti in questa lingua accessibile alle grandi masse. Gli anni Cinquanta furono un vero periodo d’oro per i fumetti arabi. Ma poi questa fioritura subì uno stop improvviso. Se all’inizio i temi erano soprattutto tratti dal patrimonio favolistico mediorientale, con gli anni si sono avvicendati personaggi legati sempre più al presente. I fumetti hanno cominciato a parlare troppo di politica e dei mali che affliggevano le società arabe. Di fatto è stato messo loro un bavaglio. Inoltre non esisteva nell’area (tranne che in Israele) una politica di sostegno e di salvaguardia culturale verso chi si occupava di fumetti. Anche i fumetti dall’estero arrivavano per strane vie. Era complicato avvicinarsi al fumetto negli anni Settanta e Ottanta. Ma è proprio quando la censura si fa più dura (basti pensare ai molti disegnatori uccisi in Algeria durante la Guerra civile o al caso recente del vignettista Ali Ferzat, a cui il regime di Assad ha spezzato le mani per ridurlo al silenzio) che il fumetto comincia a rinascere. C’è voglia di denunciare i soprusi, le violenze, le insensatezze di un mondo stritolato dalle oligarchie. C’è voglia di darsi un’identità con le storie, i tratti, le parole. Si ripesca graficamente dal passato grafico del Maghreb e del Vicino Oriente, si crea uno stile personale e si racconta quello che fino a quel momento non era possibile raccontare. Le storie eruttano come lava incandescente da vulcani spenti da troppo tempo. La vita scorre come non mai e tutto si trasforma velocemente. Saranno mesi e anni interessanti, quelli a venire. Il fumetto del Maghreb e del Vicino Oriente è destinato a un grande futuro. Teniamolo d’occhio.
FUMETTO E ANIMAZIONE IN MEDIO ORIENTE I am the son and the heir Of a shyness that is criminally vulgar I am the son and heir Of nothing in particular You shut your mouth How can you say I go about things the wrong way I am Human and I need to be loved Just like everybody else does The Smiths, How Soon is Now?, 1985
A Lorenzo, Olga e Salvo
Introduzione
Iniziare a scrivere un libro dedicato al Medio Oriente e, in particolare, al fumetto e al cinema d’animazione, è stata operazione delicata e impegnativa. Il percorso è nato, in maniera del tutto casuale, qualche anno fa, quando mi sono stati regalati i volumi della saga di Persepolis di Marjane Satrapi, letti durante una calda estate siciliana. Anzi, divorati. È scattato un colpo di fulmine che mi ha portato, successivamente, a cercare di reperire tutti gli altri lavori realizzati dalla fumettista iraniana. Volevo assolutamente penetrare a fondo il suo mondo, il suo universo: un universo fantastico perché circoscritto dai limiti fisici dell’immaginazione, restituito attraverso le potenzialità espressive di un medium grafico, individuato proprio come «traduttore» di pensieri e memorie personali e collettive. Il mondo virtuale, creato per e sulla pagina bianca, scavalca i confini reali della geografia mondiale e ingloba diversi luoghi significativi: quelli della mente. Ciò che è successo personalmente a me, in quanto lettrice prima che autrice, e che mi ha spinto a portare ancora avanti questo processo di identificazione, è stato proprio il riconoscimento che si è innescato nel profondo della mia sensibilità visiva nei confronti delle opere di Satrapi, del suo alter ego nelle storie illustrate, come donna e come artista. Una doppia identità, un gioco di specchi e di rimandi, in cui ritrovarsi e perdersi, per creare un circolo di riflessi che riporta a sé stessi. Confrontarsi con un contesto, in questo caso, distante e ignoto, ha creato le premesse per questo gioco di ruoli ancora più complesso ed efficace, poiché non potendo investire su una reale conoscenza dell’ambiente di riferimento, quello iraniano in particolare, quello mediorientale in generale, ho potuto supplire a questa discrepanza solo attraverso l’immaginazione e attraverso quegli stimoli visivi direttamente pilotati
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INTRODUZIONE
dall’autrice di Teheran: ho sentito di potere abbracciare con lei le montagne che dominano la sua città, ho sentito di poterla affiancare nei racconti dolorosi della sua esistenza, avrei potuto tenderle una mano. Una modalità fortemente evocativa ha permesso questo salto temporale e spaziale, e sulla simultaneità della pagina illustrata ci siamo incontrate. Il fumetto, e così l’animazione, innescano questo potente meccanismo di auto-immedesimazione: la credibilità e la verosimiglianza del soggetto rappresentato sanciscono il buon raggiungimento di questo obiettivo. La mimesi del mondo in atto, la rappresentazione che ancora si tenta della realtà che ci circonda, attraverso questi linguaggi espressivi, articola una possibilità ancora accessibile a questi mezzi tradizionalmente figurativi, e questa è stata la molla che mi ha spinta ad approfondire questo rapporto tra reale e immaginazione, stabilito da fumetto, illustrazione, cinema d’animazione, nella prospettiva di un nuovo incontro tra le diverse discipline e un pubblico di lettori che fruisce indistintamente questi prodotti in tutto il mondo. Ma il peso e il valore di ciò che viene comunicato, di ciò che viene «rappresentato», può cambiare in base alla latitudine e allo spazio in cui ci si trova al momento della lettura e possono cambiare le variabili e le prospettive della nostra percezione. Perché, pertanto, trasferire questo studio sul territorio mediorientale? Per indagare, attraverso questi strumenti, come e quanto questi linguaggi possono farsi strumento di cambiamento e come possano prestarsi a registrare questa rivoluzionaria identità. Ciò che viene rivendicato, come si vedrà più avanti, in queste aree dal Maghreb all’Iran, è una rappresentabilità individuale che è stata sempre loro negata, che non è mai stata loro concessa, poiché imprigionata e dominata dai sistemi di regime. Se di rappresentabilità, dunque, si tratta, allora ecco che fumetto e cinema d’animazione si propongono come mezzi idonei per un’esplorazione profonda e capillare del luogo preso in esame, poiché permettono una messa in scena di sentimenti più o meno latenti e che attendono soltanto di assumere una forma che sia loro appropriata per essere comunicata all’esterno, per venire allo scoperto. Si rilevano tantissime le potenzialità espressive di diversi autori che interpretano le voci di un intero popolo: ne sostengono la battaglia.
INTRODUZIONE
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Si è, quindi, proceduto attraverso una ricognizione storico-sociale della contemporaneità del Medio Oriente, nel primo capitolo, per poter individuare le coordinate spazio-temporali della materia trattata e fornire un dettagliato excursus sulle principali «questioni» politiche in sospeso; successivamente, nel quarto, quinto e sesto capitolo, ci si è concentrati su una figura chiave di questo processo «all’identità» e di «identificazione», Marjane Satrapi, che ha anche avviato la genesi di questo lavoro; i capitoli VII, VIII e IX entrano nel cuore del territorio mediorientale per esteso e intercettano una varietà di artisti che, per la maggior parte, hanno continuato a lavorare nel proprio paese, a differenza di Satrapi, fornendo così una prospettiva differente del proprio lavoro, incontro alla censura, al coraggio, alla propria credibilità. Concentrandosi su queste personalità al confine, poiché ci si è voluti confrontare con le possibilità, o impossibilità, reali di perseverare con la propria professione, si è, quindi, cercato di focalizzare l’attenzione su quanti hanno deciso di rimanere nel proprio paese e sfidare un controllo feroce da parte delle autorità governative, pur di insistere con la propria attività alla ricerca di uno spazio d’espressione adeguato. Diversi nomi, per diverse realtà, e diversi contesti. Un unico grande obiettivo: la libertà di espressione, la libertà, semplicemente, di essere. Sé stessi. Si rivela, infine, trasversale anche il tipo di destinatario di quest’opera, che può identificarsi, ugualmente, con l’appassionato del settore di riferimento, ma anche con il semplice curioso lettore che può aggiornarsi quotidianamente sui fatti del mondo. Non a caso, come si noterà, sono stati inseriti sintetici paragrafi e note descrittive sulla storia e sul linguaggio del fumetto, nonché su alcuni autori chiave, che sicuramente potranno essere tralasciati da quanti siano forniti di una preparazione solida di base, ma che costituiranno un utile strumento per i non addetti ai lavori, che avranno così le coordinate specifiche per potersi muovere agevolmente all’interno del campo preso in esame.
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INTRODUZIONE Ringraziamenti
Un ringraziamento particolare va a Gloria Calderone, Quirino Calderone, Ornella Cappello, Paola D’Avenia, Emma Demofonte, Emanuela Iovino, Michela Landolfi, Francesca Perricone, Rosanna Petrucci, Damiano Proietti per il contributo tecnico e morale, e a Marco Pellitteri, per la fiducia e la professionalità . Senza di loro questo lavoro non sarebbe stato lo stesso. Un ringraziamento speciale va a Salvo Di Marco, fonte di ispirazione di questo libro.
IV. Marjane Satrapi e la memoria illustrata
In questo e nei prossimi due Capitoli intendo delineare il profilo artistico della fumettista iraniana Marjane Satrapi. Da tempo seguo la sua produzione, raccolta attraverso gli anni con curiosità e partecipazione; ora è diventata oggetto di studio per diverse ragioni, confluite poi in questo libro. Interessanti i suoi spunti autobiografici, che l’hanno vista protagonista di una vicenda complessa di sradicamento dal luogo d’origine e di adeguamento ai nuovi ambienti europei in cui si è poi trasferita; emerge da tutta la sua opera questa oscillazione spaziale, non solo fisica ma anche spirituale, tra Oriente e Occidente, che diventa anche la sua cifra stilistica e il perno della sua poetica, elemento inconfondibile della sua arte, nata sotto l’auspicio di una sintesi benevola tra i due poli del mondo in cui opera con la stessa intensità e partecipazione emotiva.
IV.1 Marjane Satrapi, donna e artista del Medio Oriente emigrata in Europa La vita, le emozioni, la strada di Marjane Satrapi (classe 1969) sono tutte tracciate sulle pagine che l’autrice «macchia» di nero, quasi un libero flusso di coscienza, in cui convivono ricordi e persone del suo passato, tutti personaggi, inconsapevoli attori, dello spettacolo delle sue memorie. Celebra così un universo, il suo universo, diviso tra gioia e dolori e affonda la ricerca nel pensiero e nell’anima, catturando momenti e situazioni significative e per questo memorabili, tanto da rivestirle di un ruolo privilegiato e far prendere loro posto nel disegno complessivo della sua vita.
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MARJANE SATRAPI E LA MEMORIA ILLUSTRATA
La specificità del suo linguaggio nasce, infatti, dall’aver sapientemente coniugato differenti forme espressive che riuscissero a collaborare insieme per il progetto che Satrapi si era prefissata: con Persepolis e con gli altri libri a fumetti che ha realizzato ha deciso di intraprendere un percorso narrativo che fosse strutturato, proprio grazie al fumetto, in maniera sequenziale. Pertanto attraverso la carrellata di tavole il fumetto diventa mezzo congeniale finalizzato al racconto: la lunga successione di vignette si presta a Marjane Satrapi. © Fonte foto- ospitare le avventure della piccola Marjane e grafica Cafebabel.it. della famiglia nella sua infanzia, nelle pagine di Persepolis, e così prosegue nella sua adolescenza e nell’età adulta. Lo stesso accade nelle altre opere autobiografiche, come in Taglia e cuci, dove si diverte a riproporre il proprio contesto domestico, popolato dalle donne della sua casa, in cui dipinge un magistrale ritratto della nonna e in cui mostra come dialoghino contraddittoriamente tradizione, pregiudizio e contemporaneità all’interno della società mediorientale, attorno ai focolai domestici e soprattutto attorno al complesso universo femminile; e come in Pollo alle prugne, alle prese con la storia della vita tormentata del prozio Nasser Alì Khan, in cui, con disincanto, Satrapi descrive un presente iraniano rassegnato al regime totalitario. Questi racconti si consumano nella levità di un linguaggio verbale sempre puntuale, pregnante e raffinato, così come le insegna la tradizione poetica mediorientale, che riaffiora tutta tra le righe e si sposa abilmente con la grafica dell’artista, con un tratto efficace, sintetico ed eloquente, appreso durante gli anni di formazione in Europa, tra l’Austria e la Francia. Ha molto recuperato dalla lezione simbolista francese, che l’autrice stessa cita come fonte e ispirazione stilistica, e che è riuscita sapientemente ad affiancare alla tradizione iconografica del suo paese, puramente decorativa ed essenziale. In questa sede si tenta di evidenziarne le tracce, pur nella distanza culturale che separa l’Europa dal Medio Oriente, e si prova a formularne le caratteristiche strutturali, rintracciabili proprio nella forza magnetica della monocromia così decisa, nel bianco e nero
MARJANE SATRAPI, DONNA E ARTISTA DEL MEDIO ORIENTE…
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marcatamente segnati da contorni netti e altamente espressivi, che occupano lo spazio fieramente, che lo contraddistinguono e sostanziano. La purezza d’immagine così prodotta introduce il lettore/spettatore nel cuore dell’universo satrapiano, nel vivo del suo divenire, disfarsi e ricostituirsi, seguendo le tappe dello svolgimento e dello sviluppo della storia, ancor prima che con la lettura dei testi di supporto, con la ricezione visiva del disegno, dell’immediatezza visiva dei segni congiunti, che dialogano con l’occhio dell’osservatore e lo catturano, sfruttando la leggibilissima grammatica fumettistica dell’artista. I suoi album si leggono infatti attraverso la flagranza delle sue nitide immagini, con l’enunciazione esatta delle espressioni, dei sentimenti che trapelano dalla pagina. È trasparente, lo stile di Satrapi, fugge le ambiguità compositive e si dichiara nell’essenzialità del tratto. È questo aspetto che ha reso assolutamente interessante l’approccio più specialistico nei confronti dell’autrice, creando le premesse per una ricerca stimolante e credo rivelatoria della sua opera. IV.1.1 La biografia La vera guerra non è tra Occidente e Oriente. La vera guerra è tra persone intelligenti e persone stupide.1
Marjane Satrapi è nata a Rasht, in Iran, il 22 novembre 1969. Trascorre l’infanzia a Teheran. Grazie a una famiglia liberale, cresce in un ambiente molto stimolante dal punto di vista culturale e aperto politicamente, in opposizione al regime fondamentalista dei Guardiani della Rivoluzione, e riceve un’educazione che le permette di avvicinarsi ben presto alle idee progressiste in qualche modo assimilate a casa dai genitori. Frequenta il liceo francese locale e da bambina è testimone del travagliato processo che porterà l’Iran dal regime monarchico a diventare una repubblica con ordinamento teocratico, superando i terribili momenti della rivoluzione islamica. La sua famiglia è composta da intel1 Marjane Satrapi, rif. in Dave Weich, «Marjane Satrapi Returns», Author Interview, Powell.com, Powells.com/authors/satrapi.html, 17 settembre 2004.
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Sopra: Marjane Satrapi. © Fonte fotografica Lastampa.it. Colonna a sinistra, dall’alto: Marjane Satrapi, Persepolis, prima parte, 2000. © Marjane Satrapi e ulteriori aventi diritto.
lettuali progressisti, amici di molti rivoluzionari catturati durante il periodo dello scià, divenuti nuovamente «scomodi», perseguitati e uccisi durante il khomeinismo. Nello specifico, «la madre dell’artista è femminista, nipote di un nonno che era addirittura il figlio dell’ultimo imperatore (quello spodestato da Reza Scià nel 1935 su “commissione” degli Inglesi) e che divenne comunista dopo essere stato defraudato del suo destino di principe».2 Nel 1983 i genitori di Marjane, allora quattordicenne, decidono di mandarla in Austria perché completi i suoi studi a Vienna, proprio per allontanarla dall’Iran e da un regime divenuto sempre più oppressivo, in particolare verso le donne. Giunta in Europa, Satrapi trascorre nella capitale austriaca gli anni dell’adolescenza, in cui conosce un periodo altalenante di grandi e facili entusiasmi, per il clima assolutamente aperto in cui è immersa Vienna, dove sente di potersi confrontare liberamente con i coetanei, senza condizionamenti, come invece accadeva in Iran,
2 Patrizia Calefato, «Il giubbotto e il foulard: Marjane Satrapi o la storia a fumetti», in Maria Rosaria Dagostino – Maria Vinella (a cura di), Atti del Convegno“Scritture di donne fra letteratura e giornalismo”, (29 novembre – 1° dicembre 2007), Bari, Servizio Editoriale Universitario, 2007, p. 77.
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nella difficoltà relazionale imposta dal regime fondamentalista. A questi picchi si oppongono momenti di sconforto e scoraggiamento, successivi all’amara considerazione della vacuità dei rapporti intrecciati, tutti nati più dalla curiosità nei suoi confronti, perfetta immagine del diverso, dal fascino esotico, nonché da una certa provenienza avventurosa, dovuta all’esperienza della guerra in Iran. Non avendo dunque instaurato legami autentici e sinceri, Satrapi comincia a vivere male il suo soggiorno a Vienna. Marjane Satrapi, Persepolis. Il film, 2007. Per una giovane iraniana non è sem- © Marjane Satrapi – Vincent Paronnaud e plice districarsi tra compagni di classe ulteriori aventi diritto. «molto europei», insensibili suore cattoliche e perbenismo borghese da una parte, comunità hippies, droghe e sesso libero dall’altra. Marjane è concentrata a disegnare per noi il senso di smarrimento, disagio e solitudine che prova l’uomo quando diventa «emigrato»; ai problemi di adattamento si sommano i naturali nodi dell’adolescenza: mutamenti fisici, nuova consapevolezza di sé ma anche sbandamenti, isterismi, ricerche di identità e conferme, rifiuto delle origini, desiderio di crescere, voglia di imparare da soli.3 Dopo quattro anni in Europa, nel 1988 rientra in Iran e si iscrive all’accademia di Belle Arti, diplomandosi con un progetto per un parco d’attrazione dedicato agli eroi e soprattutto alle eroine della mitologia iraniana. Tuttavia le sue idee politiche non le consentono di vivere serenamente in un Iran sempre più opprimente. Sposa Reza, un ragazzo conosciuto in quel periodo; il matrimonio è breve, passa poco tempo e i due divorziano. Nel 1994, dopo essersi diplomata, si rende conto che non può più rimanere a Teheran: in quegli anni Marjane ha lottato per 3 Cfr. Maddalena Apano, «Marjane Satrapi o l’arte di disegnare la memoria», Interventi, anno 2, n. 10, dicembre 2005, su El-ghibli.provincia.bologna.it.
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un’idea di libertà e autonomia che non vuole più mettere in gioco e, consapevole di avere la possibilità di scegliere, decide di andare. Si separa ancora una volta dalla sua famiglia e dall’amata nonna che non rivedrà più, si trasferisce a Strasburgo per continuare i suoi studi d’arte e successivamente a Parigi, dove comincia la sua carriera di scrittrice4 e dove vive tuttora. Giunta nella capitale francese, frequenta l’Atelier des Vosges, uno dei poli più vivaci nell’ambiente del fumetto underground naDavid B., L’ascension du grand mal, vol. 1 (Il grande male), 1996. © Da- zionale e che include alcuni tra i più bravi vid B. e ulteriori aventi diritto. artisti al mondo del settore. Qui conosce il fumettista David B.,5 autore di Il grande male e cofondatore insieme ad altri importanti autori della casa editrice L’Association,6 di cui Satrapi adotta nel suo esordio lo stile grafico che caratterizza le prime opere e che la introduce al mondo della bande dessinée, la tradizione fumettistica francofona. È proprio il fumettista francese che le suggerisce di raccontare le sue vicende iraniane sotto forma di fumetto. Il risultato di questo consiglio è Persepolis, pubblicato nel 2000, che riscuote immediatamente un enorme successo sia in Francia sia nel resto d’Europa, riuscendo a venire tradotto anche negli Stati Uniti. È un romanzo autobiografico elogiato dalla critica, nel quale illustra la sua infanzia iraniana e la sua adolescenza europea, attraverso una serie di intelligenti quanto avvincenti episodi di vita quotidiana. Nel 2001 l’album viene premiato come miglior albo al festival del fumetto di Angoulême, successo replicato in seguito, nel 2005, con Poulet aux prunes (Pollo alle prugne), pubblicato l’anno precedente,7 e nel Ibid. David. B., all’anagrafe Pierre-François Beauchard (Nîmes, 9 febbraio 1959). Paul Gravett, «Marjane Satrapi: First Person History», Comics International, Paulgravett.com, 2003. 7 Cfr. Joshua Massarenti, «Marjane Satrapi trionfa al Festival di Fumetti di Angouleme», Vita.it, 25 gennaio 2005. 4 5 6
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2004, invece è stata candidata per il suo Broderies (in Italia Taglia e cuci), pubblicato nel 2003. Successivamente cura per qualche tempo una rubrica illustrata per il New York Times, e arricchisce quest’esperienza anche attraverso le collaboraDa destra a sinistra: zioni con altre riviste. Satrapi, L’ultima pagina, tavola per la rivista Nel 2007 Persepolis di- Marjane Flair. © Marjane Satrapi e ulteriori aventi diritto. venta anche un film d’ani- Marjane Satrapi, L’invasione, tavola per la rivista Intermazione. Attualmente Mar- nazionale. © Marjane Satrapi e ulteriori aventi diritto. jane Satrapi risiede a Parigi, dividendosi anche con New York, e continua la sua attività di scrittrice e illustratrice di libri per bambini, non escludendo la possibilità di realizzare la versione cinematografica di Pollo alle prugne. L’animo di Marjane Satrapi è come diviso fra due mondi. Confida l’autrice: Sai, perché una cultura prenda posto dentro di te, se tu ne hai un’altra all’interno è come farne uscire fuori una e poi scegliere cosa tu vuoi dalle due e cosa inghiottire di nuovo. È il momento in cui vedi tutto come mancanza di identità. Non sai più chi sei. Vuoi solo essere integrato, ma allo stesso tempo tu hai un intero problema dentro di te. È il problema di quando parti e poi ritorni, sei uno straniero dovunque. Io in Iran sono una straniera.8
Da giovane si era drammaticamente abbandonata alle fantasticherie, pur di resistere agli anni europei; al suo momentaneo ritorno in Iran, dopo l’adolescenza, è duro il confronto con una società che non le appartiene e a cui sente di non appartenere. Decide comunque di non arrendersi e di elaborare un inedito dialogo con l’Iran e la sua cultura. 8 Annie Tullie, «An interview with Marjane Satrapi», Book Slut, Bookslut.com/features/2004_ 10_003261.php, ottobre 2004.
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È così che si inaugurano proprio qui, dal 1988 al 1992, i suoi primi studi sulle arti figurative; proprio da questo momento si avvia la sua formazione specificatamente artistica, quando si iscrive all’accademia di Belle Marjane Satrapi, Persepolis. Il film, 2007. © Marjane Satrapi – Arti a Teheran. Il suo Vincent Paronnaud e ulteriori aventi diritto. complesso e composito modo di vivere e di pensare confluisce allora tutto nella sua ricerca grafica, che prende le prime mosse giusto in quest’occasione, come a segnare uno spartiacque tra il recente passato, confuso e solitario, e questo nuovo presente che aspetta solo di prendere forma. Disegnare a questo punto diventa il mezzo principale per dare un volto alle proprie immagini interiori, ai propri fantasmi così come ai propri ricordi, riuscendo a rinvigorire la memoria e a ritrovare un senso nell’hic et nunc. Non sono ancora maturi i tempi per la propria autobiografia, ma avvicinandosi all’illustrazione e agli studi accademici, da un lato cresce personalmente, intraprendendo le prime scelte professionali, dall’altro sviluppa anche una piena realizzazione della donna adulta a livello emotivo, che nel 1994 la porterà a lasciare definitivamente l’Iran e a tornare in Europa, a cui oramai si sente più affine, stavolta stabilendo la sua nuova residenza a Parigi. Qui continuerà la sua attività di disegnatrice, da cui prenderanno le mosse i lavori che si analizzeranno in questa sede. Grazie all’illustrazione e quindi all’esperienza artistica, Marjane Satrapi riconcilia i due estremi del mondo e della sua anima. Ricostituisce saldamente i due poli della sua vita solo nel presente, a cui adesso attribuisce un’immagine. Ed è l’espressione artistica l’unica che Marjane riesce a individuare come possibile garanzia di ricostituzione identitaria, che riesce a coniugare lo spazio, tra Oriente e Occidente, e il tempo, tra passato e presente. Attraverso l’arte, restituisce un ordine al caos.
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IV.1.2 Il fumetto secondo Marjane Satrapi L’immagine parla a tutti: è un linguaggio internazionale. Coi fumetti parlo della mia vita.9
Marjane Satrapi stessa racconta dell’inizio della sua attività grafica, durante un’intervista concessa il 4 gennaio del 2002 al sito internet della BD Selection, con cui ha anche lavorato in passato, chiacchierando con il giornalista Vincent (pseud.) dei suoi esordi e delle strade percorse e dell’assoluta casualità con cui si è ritrovata a inaugurare la sua carriera professionale, che non includeva la possibilità fino a qualche tempo prima di dedicarsi all’illustrazione e al fumetto nello specifico. No, il fumetto non è mai stato la mia vocazione iniziale e neanche l’illustrazione. Io ho sempre disegnato. Sono una progettista grafica, in partenza. Ho frequentato l’accademia di Belle Arti di Teheran e ottenuto un diploma di Comunicazione visiva, che vuol dire che ho fatto un po’ di tutto, dell’illustrazione, del disegno.10
È per sua stessa ammissione pertanto che continua a raccontare di come l’avvicinamento al fumetto si sia verificato in maniera del tutto imprevista, soprattutto pilotato dalle circostanze. Dopo sono venuta in Francia per diventare progettista grafico e sono entrata alla Scuola d’Arti decorative di Strasburgo. Pensavo di fare grandi manifesti, progetti fatti a mano… Avevo una visione molto manuale e artigianale del mestiere, che corrispondeva a quello che avevo appreso in Iran, cioè quello che era venuto fuori dagli anni Sessanta-Settanta, molto ispirata dalla scuola polacca del manifesto. Questo divario era normale, visto che dopo gli anni Settanta l’Iran si era chiuso alle influenze esterne. A partire dagli anni Ottanta la grafica si è molto evoluta in Europa, e ciò che mi presentavano i profes9 Inga Pietrusiska, «Io, “bisessuale del fumetto”», Café Babel, Cafebabel.it/article/19778/marjanesatrapi-io-bisessuale-del-fumetto.html, , 27 gennaio 2007. 10 Vincent, «L’interview! Marjane Satrapi», BD Selection, Bdselection.com/php/?rub=page_dos &id_dossier=51, gennaio 2004.
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sori, l’impaginazione al computer, non mi interessava affatto. Mi sono ritrovata molto frustrata e ho compreso che non era veramente la mia attitudine.11
Chiaramente dalle sue parole si evince la confusione vissuta all’inizio della carriera. Indecisa sulla via da intraprendere, veniamo a conoscenza anche delle difficoltà che ha evidentemente attraversato per riconoscere invece la sua vocazione artistica. Furono i miei professori che mi consiChristophe Blain, Isaac le Pirate. © Christo- gliarono di fare illustrazione, visto che phe Blain e ulteriori aventi diritto. ogni volta che mi davano un soggetto io mi mettevo subito a disegnarlo. Un po’ più tardi venni a Parigi. E scoprii che la mia migliore amica a Strasburgo era la compagna di Christophe Blain. Io venni a inserirmi nell’Atelier des Vosges, in cui lui lavorava già. E così mi ritrovai vicina a quel mondo meraviglioso che è il fumetto.12
Aggiunge poi a questo ventaglio di colleghi stimati e apprezzati, che le fanno da modello, tutta la grammatica visiva appresa negli anni di studio a Teheran e il denso decorativismo mediorientale che si ritrova in tutta la produzione letteraria iraniana, che Satrapi divora con voracità. Il primo disegnatore francese che incontra e che rappresenterà un grandissimo punto di riferimento per la sua produzione grafica è David B.: David B., che era molto interessato alla storia dell’Iran e con cui ho molto discusso di queste cose, mi ha detto un giorno: «Tu devi fare un fumetto». Egli mi ha aiutato tantissimo in questa impresa, così come ha fatto Émile
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Ibid. Ibid.
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Bravo. Mi sono scelta questi due genitori perché hanno stili molto differenti, ma ho delle similitudini con l’uno e con l’altro. Mi hanno molto sostenuto per il primo libro. E lo stesso per il secondo, in cui Émile Bravo ha riletto i miei testi, Christophe ha riguardato i disegni e li ha corretti se vi trovava dei difetti. Io mi ritengo ancora un’allieva apprendista con molto da imparare. Fortunatamente, sono finita in buone mani.13
Il suo racconto di quegli anni si conclude parlando della elaborazione del suo stile, che fu assolutamente influenzato dagli stessi artisti con cui lavorò.
Émile Bravo, Ma maman est en Amérique, elle a rencontré Buffalo Bill, 2007. © Émile Bravo e ulteriori aventi diritto.
Credo nel disegno perché, anche se c’è una maniera di raccontare che può essere simile, si mette l’accento su degli eventi della vita molto diversi. Prima di incontrare David, io avevo uno stile personale. Ma bisogna dire che il primo libro a fumetti che mi ha veramente dato la voglia di fare fumetto fu Il grande male: fu Delphine, la compagna di Christophe Blain, che me lo regalò per il mio primo compleanno a Parigi e mi innamorai davvero di quel libro. Mi dissi che se bisognava fare fumetto, era proprio quel genere di fumetto. È vero che il mio tratto somiglia a quello di David. Ma non mi posso che sentire lusingata se si paragona il mio lavoro al suo, perché credo che lui disegni divinamente, mentre io credo di non disegnare affatto bene.14
Ripercorrendo invece le tappe dell’elaborazione grafica del suo stile continuiamo a leggere, nell’intervista per BD Selection: Il mio lavoro più importante per Persepolis non è disegnare: io ho un disegno minimalista, anche se lavoro molto sull’espressione. Non disegno
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Ibid. Ibid.
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molto i fondali, non lavoro per inquadrature, trovo piuttosto che non sia necessario per ciò che racconto. E sono pigra, non ho voglia di fare di più. L’essenziale del mio lavoro è ricordarmi come io sentivo le cose, a sei, a dodici o a tredici anni. Perché trovo molto più interessante che il libro evolva con le mie sensazioni di allora piuttosto che di una donna di 31 anni.15
L’artista iraniana conclude così l’intervista, focalizzando l’attenzione su quello che è l’aspetto più evidente del suo caratteristico tratto, del suo segno corsivo molto essenziale, e che ella stessa definisce «minimalista». Vuole raccontare e sceglie il fumetto proprio perché le permette di spaziare attraverso tutte le possibilità narrative offerte dai mezzi congiunti, del disegno e del testo, del segno e della parola: «Mi piace pensare per immagini. Per questo ho scelto il fumetto. Per me è importante usare poche parole e pensare in bianco e nero».16 La sua ricerca, quindi, si configura come un meditato confronto tra due linguaggi e la forza di questo legame e del potere comunicativo raggiunto dalla loro unione viene quasi a essere una volta di più simboleggiato dalla dialettica visiva del bianco e del nero, elemento di capitale importanza nella sua produzione. Nel fumetto, contrariamente all’illustrazione, i disegni fanno parte della scrittura. Non vengono ad accompagnare un testo già esistente, i due funzionano insieme. Per quello che ne so, è il solo mezzo che funziona così. E se voi aggiungete dei colori, dei fondali o altro, ci sono dei codici supplementari che cambiano il ritmo di lettura del libro. Ecco dunque una prima ragione per la quale io scelgo il bianco e nero: perché le mie storie sono spesso chiacchierone, e il disegno anch’esso è troppo eloquente e può divenire eccessivo. Tento di ottenere un’armonia, punto sull’espressione e preferisco togliere il resto, le cose veramente secondarie.17
L’intenzionalità sottesa al medium viene formulata dall’artista in un’intervista per CulturePulp, rilasciata allo scrittore Mark Russell, che la interroga proprio sulla scelta del fumetto. Ibid. I. Pietrusiska, op. cit. 17 JMP, «Marjane Satrapi, entretien», Cuverville, Cuverville.org/article43192.html, 12 luglio 2005. 15 16
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Hai utilizzato il fumetto per presentare un ritratto sfumato inusuale di una situazione che è solitamente ridotta alla grammatica oppositiva buonocontro-cattivo. Perché i fumetti, e l’animazione, sorprendentemente sono molto adatti allo scopo? Prima di parlare e scrivere, gli uomini hanno disegnato. Lo facevano nelle caverne, per superare la loro paura degli animali. Se mostri l’immagine disegnata di qualcuno che ride, per esempio, non c’è cultura al mondo che vedendola dirà «Oh, è triste!». Noi vogliamo fare qualcosa che sia una storia universale. […] Ricordo la gente che mi chiedeva: «Perché hai fatto un fumetto? Perché non hai realizzato un libro?». Io rispondevo: «Io ho fatto un libro, un libro è un oggetto con la copertina che puoi leggere. E qui la scrittura è fatta dai disegni. Ma è un libro».18
Esattamente come dice Satrapi: un libro a fumetti è un libro a tutti gli effetti. Ed è anche un fumetto, a tutti gli effetti. Nelle due affermazioni non c’è alcuna contraddizione ma anzi una profonda contiguità linguistica, cartotecnica, artistica, strutturale. Successivamente, nella già citata intervista di Inga Pietrusiska per Café Babel, Marjane Satrapi sottolinea ancora più fermamente la sua posizione, con tutto lo spirito umoristico che la caratterizza: «La maggior parte delle persone normali sceglie: o è “omosessuale” oppure è “etero”. Noi fumettisti, invece, dobbiamo essere “bi”. Perché non sappiamo mai deciderci tra lo scrivere e il disegnare!».19
18 Mark Russell, «CulturePulp Q&A: Persepolis creator Marjane Satrapi», CulturePulp, Http://culturepulp.typepad.com/culturepulp/2008/01/the-culturepulp.html, 25 gennaio 2008. 19 I. Pietrusiska, op. cit.
VI. L’opera completa L’universo di Marjane Satrapi nei suoi racconti disegnati
Dal 2000 a oggi, Marjane Satrapi ha prodotto un numero considerevole di pubblicazioni, sia fumetti sia libri illustrati nonché disegni su riviste e quotidiani, che l’hanno resa celebre in tutto il mondo. Nonostante la grande quantità di lavori già pubblicati, purtroppo non sempre è stato possibile riconoscerle il giusto merito, a causa di traduzioni dei testi originali non sempre all’altezza. Si sono susseguiti, senza soluzione di continuità, i volumi di Persepolis, dal 2000 al 2004, prima editi in Francia per l’Association e in Italia dalla casa editrice Lizard, ora Rizzoli-Lizard, riuniti in unico volume nel 2007. Broderies nel 2003, sempre pubblicato in Francia dall’Association, proposto col titolo Taglia e cuci nello stesso anno in Italia da Lizard, e Poulet aux prunes nel 2004, edito in Italia l’anno successivo da Sperling & Kupfer come Pollo alle prugne. Negli anni si sono aggiunte collaborazioni con diversi scrittori per bambini, con cui ha realizzato volumi come Sagesse et malices de la Perse (‘Saggezza e malizia della Persia’), del 2001, per Albin Michel Jeunesse, mai pubblicato in Italia, e l’artista è anche autrice di una favola illustrata, il cui protagonista è un drago, Ajdar, edita in Francia dalla Nathan nel 2002. A queste opere si aggiungono ulteriori sperimentazioni con questa casa editrice già nel 2001, come Les monstres n’aiment pas la lune (‘I mostri non amano la luna’) e Ulysse au pays des fous (‘Ulisse nel paese dei folli’), con Jean-Pierre Duffour. Si tratta sempre di libri illustrati per l’infanzia, che avevano costituito il primo settore di interesse privilegiato dall’artista iraniana. Questa ricca carrellata viene infine coronata nel 2007 dalla versione cinematografica di Persepolis, prodotto dalla Sony Pictures.
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Da non dimenticare, in questa sede, anche l’importante esperienza che Satrapi ha maturato all’interno di riviste importanti, come Internazionale, Flair e il New York Times, invitata a realizzare delle strisce appositamente per il pubblico dei lettori. In questa veste ha contribuito, con il caratteristico piglio ironico, a illustrare le sorti politiche dell’Iran del più recente passato e il suo rapporto con l’Occidente, soprattutto in relazione agli Stati Uniti.
VI.1 Persepolis Me ne andai con la nonna sul Mar Caspio e mi riempii i polmoni di quell’aria così particolare che non esiste da nessun’altra parte.1
Se c’è un dato interessante, nell’intera raccolta di Persepolis, è che l’autrice non lascia pronunciare mai questo nome a nessuno dei personaggi ed esso nemmeno compare nelle numerose didascalie dei suoi volumi. Persepolis dà solo il titolo a un’intera saga che si sviluppa attorno alla protagonista, la piccola grande Marjane, portavoce della propria storia personale e di quella di un popolo in un periodo storico molto delicato, quello che va dalla rivoluzione islamica del 1979 al definitivo abbandono di Teheran da parte di Marjane nella metà degli anni Novanta, in un arco di tempo che ha segnato profondamente questa terra carica di fascino storico e di importanza strategica nel cuore del Medio Oriente. Persepoli, antica città della Persia, sorta sul fiume Puhar, presso l’odierna Takht-i Jamshid, fu fondata da Dario I della dinastia achemenide (ca. 518 a.C.), testimonianza monumentale del regno achemenide, sigillo dinastico e centro rituale e ampliata dal re Serse. Alessandro il Grande la distrusse nel 330 a.C. ed essa fu ricostruita sotto il regno sasanide fino a quando gli Arabi la conquistarono, durante il regno dell’ultimo re sasanide, Yezdegerd III (632-641), annettendola al califfato dei primi successori di Maometto e introducendovi la religione islamica. 1
Marjane Satrapi, Persepolis, edizione in volume unico, Milano, Rizzoli-Lizard, 2007, p. 351.
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Marjane Satrapi, Persepolis, edizione in volume unico, 2007. © Marjane Satrapi / Rizzoli-Lizard.
Ora Satrapi, nella sua opera, ci restituisce la vitalità della città, di cui si può ancora sentire un’eco tra le sue pagine. Ne riscopriamo lo spirito orgoglioso e l’incanto di un tempo di splendore territoriale. L’autrice sfrutta questa importantissima eredità storica proprio per rispettare lo scopo didascalico del suo fumetto, cioè comunicare al mondo quella che sente come la verità, raccontando la propria e sofferta versione dei fatti. Ci riesce, laddove questo racconto diventa universale e in cui tutti i lettori riescono a immedesimarsi, grazie all’agilità dell’argomentazione narrativa e al disegno efficace. Persepolis si configura allora come un grande affresco che costruisce un’epica attorno alla figura di Marjane. Rappresenta la firma dell’opera, a garanzia di una continuità di grande ricchezza culturale, in nome della memoria storica che è insieme mitica. La stesura di Persepolis inizia nel 2000 e si sviluppa attraverso quattro volumi. Satrapi completa la raccolta nel 2004, quindi realizza un album all’anno. I tomi sono leggibili singolarmente: ognuno di essi racchiude una tematica specifica, connessa a una tappa di crescita di Marjane, la protagonista, che vediamo maturare e diventare un’adulta, nella linearità del racconto globale che si sviluppa lungo tutta la saga. Marjane è una giovane iraniana seguita nel suo percorso di formazione attraverso il racconto personale dei momenti fondamentali della storia della sua terra e a cui fanno da contraltare gli episodi più salienti della sua vita privata: dal-
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l’instaurazione della repubblica islamica e dalla presentazione di Marjane, bambina molto acuta e intelligente, che immagina lunghe conversazioni con Allah e Marx, che le chiariscono le idee su quello che rappresenta un grande dramma sociale (tomo I), al racconto dell’invasione devastante dell’Iran da parte dell’Iraq e il conseguente irrigidimento del regime teocratico, che ha nei Guardiani della Rivoluzione i garanti del controllo pubblico. Da questo momento nasce la difficoltà della famiglia Satrapi ad adattarsi alle restrizioni governative (tomo II) e la decisione di lasciar partire Marjane, nel delicato momento dell’adolescenza, affinché possa continuare gli studi in Europa ed emanciparsi da un mondo conservatore e maschilista (tomo III). L’altra faccia della medaglia ben presto si rivela: l’arrivo in Occidente coincide con la scoperta di una realtà complessa in cui è difficile integrarsi. Marjane è una giovane immigrata e deve fare i conti con la solitudine e col divario culturale. La situazione «precipita» e alla fine la protagonista è costretta ad abbandonare l’Austria per far ritorno in Iran (tomo IV). Anche questo passaggio non si dimostra indolore: la terra che ha lasciato quattro anni prima porta adesso le cicatrici di un mondo irriconoscibile, devastato dalla guerra e dalla rassegnazione. Dopo una lenta riacquisizione della serenità interiore e dopo aver preso atto dell’impossibilità di condurre una vita appropriata alle sue esigenze, Marjane, ora laureata in Belle Arti e divorziata, saluta nuovamente la sua amata Teheran, profumata di gelsomino, e si trasferisce in Francia, dove decide di stabilirsi definitivamente. «Persepolis è la memoria della mia vita»,2 dichiara l’autrice ed effettivamente è su un comune terreno di intrecci, di ricordi e rievocazioni che si struttura la composizione del suo romanzo autobiografico a fumetti. I personaggi sono tutti familiari e persone realmente conosciute: i genitori, lo zio Anush, i fidanzati e le amiche, tutti ritratti nella chiarezza delle poche linee espressive, assolutamente eloquenti e sintetiche; ciò vale anche per il personaggio della nonna, la figura più significativa nella vita di Marjane, tra saggezza esperienziale e affettuosità emozionale. La nonna di Marjane si presta a ricoprire il ruolo dell’alter ego dell’eroina, 2 Marjane Satrapi, «Carnets de bord sur Persepolis 4», Ma Page, Http://mapage.noos.fr/marjane.perse polis/paroles/arte.html, 3 febbraio 2003.
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la voce della coscienza che nei momenti più importanti tuona nel silenzio della confusione interiore e che si dimostra grande maestra di vita, tant’è che ritornerà come protagonista in un altro fumetto dell’artista, Taglia e cuci. Satrapi comincia a scrivere Persepolis quando ha 29 anni e un anno dopo lo pubblica. Racconta spesso che se lo avesse realizzato dieci anni prima, probabilmente sarebbe stata troppo arrabbiata e il suo lavoro si sarebbe rivelato «spazzatura».3 Forse troppo severa con sé stessa, sostiene che «il problema della descrizione del mondo oggigiorno è che si riduce tutto all’opposizione tra sì e no, tra bianco e nero»,4 nonostante poi la struttura compositiva di Persepolis, così come di tutta la sua produzione fumettistica, prenda le mosse proprio da questo binario cromatico. Una grande lezione le viene dal cinema neorealista italiano del secondo dopoguerra:5 lì la povertà di mezzi e il trauma subìto dal conflitto mondiale avevano ridotto la trama visiva sequenziale e si mirava all’esasperazione espressiva, Marjane Satrapi, Persepolis, edimai grottesca. Qui Satrapi rielabora il dettato zione in volume unico, 2007. © grafico e lo rinvigorisce, attraverso l’urgenza Marjane Satrapi / Rizzoli-Lizard. comunicativa, laddove per dettato si intende la qualità del tessuto visivo che si realizza sulla superficie della pagina bianca e che occupa tutto lo spazio disponibile del mezzo bidimensionale. Naturalmente, già la scelta tecnica è importantissima: il fumetto col-
3 Cfr. Simon Hattenstone, «Confessions of Miss Mischief», The Guardian, Guardian.co.uk/film/ 2008/mar/29/biography, 29 marzo 2008. 4 Marjane Satrapi, in Joshuah Bearman, «Marjane Satrapi», Believer Magazine, Believermag.com/ issues/200608/?read=interview_satrapi, agosto 2006. 5 Cfr. Maurizio Ermisino, «Persepolis», Effetto Notte, Effettonotteonline.com/news/index.php?op tion=com_content&task=view&id=220&Itemid=24, s.d.
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labora al coinvolgimento emotivo del lettore, proprio perché nella sua sintassi ne ha toccato le corde più profonde, ma permette al contempo di ridurre lo choc personale, che limiterebbe l’intera progressione del racconto drammatico e quindi la diffusione del messaggio.
VI.2 Taglia e cuci Sparlare gli uni degli altri è tonificante per il cuore…6
Questo racconto a fumetti viene realizzato dall’autrice durante la stesura del tomo IV di Persepolis, nel corso del 2003. È meno specificatamente politico rispetto all’altra opera, ma non per questo meno universale: si mescolano pubblico e privato e vengono tracciati i contorni di una contraddittoria ma vivacissima realtà domestica e le catastrofi della storia.7 Come dichiara Michele Lauro, «Satrapi arriva alla Storia – in questo caso la condizione femminile nell’Iran teocratico e oscurantista – raccontando storie con la s minuscola»,8 attraverso un piacevole intreccio narrativo: l’incontro, all’ora del tè, di un gruppo di donne della famiglia Satrapi – e quindi ancora una volta l’autrice affonda nella materia autobiografica – che si riuniscono dopo pranzo, lontano dagli uomini, per chiacchierare e confidarsi, per scambiarsi pettegolezzi e confrontarsi, per ridere e piangere insieme dei piccoli grandi drammi della vita quotidiana. La tematica del sesso e della sessualità la fa da padrone e si rivela anche cartina di tornasole di una società: il racconto di relazioni amorose e peccaminose, extra coniugali o contrastate, di chirurgia estetica e di divorzi dipinge un affresco complesso del mondo al femminile nel Medio Oriente o almeno, beninteso, in Iran, paese che lotta contro l’oscurantismo khomeinista per la propria emancipazione. È un mondo La nonna di Marjane in Marjane Satrapi, Taglia e cuci, Roma, Lizard, 2003, p. 9. Cfr. Michelle Goldberg, «Sexual revolutionaries», Http://dir.salon.com/books/int/2005/04/24/sa trapi/index.html, 24 aprile 2005. 8 Michele Lauro, «Marjane Satrapi: Taglia e cuci, chiacchiere dietro il velo in graphic novel», Panorama, Http://blog.panorama.it/libri/2009/02/18/marjane-satrapi-taglia-e-cuci-chiacchiere-dietro-ilvelo-in-graphic-novel/, 18 aprile 2009. 6 7
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saggio, brillante, di donne intelligenti e spiritose, che si vendicano di un universo maschilista e patriarcale. Dunque la scelta del titolo è significativa e di doppia lettura: nell’originale Broideries (‘ricami’), al pretesto narrativo del pettegolezzo, del «taglio e cucito», si aggiunge il riferimento ironico e coraggioso al rituale consuetudinario di «ricucire» l’illibatezza delle giovani donne prima del matrimonio, per aggirare l’ostacolo e ingannare gli uomini, pieni del proprio orgoglio virile. È una commedia corale, che cerca di mantenere l’unità di spazio e tempo attraverso uno strategico espediente narrativo: Satrapi, infatti, in Taglia e cuci, realizza un’unica grande vignetta per ogni singola tavola. Anche stavolta Satrapi si contraddistingue, nella scelta stilistica, per il tratto «avaro»,9 nudo, essenziale, ma carico di potenzialità comunicative. Si rivela disarmante, nuovamente, la Marjane Satrapi, Taglia e cuci, 2003. © Marsemplicità narrativa, concentrata nel- jane Satrapi e ulteriori aventi diritto. la durezza del segno, cui fa da contraltare, in questa occasione, la particolare scelta del lettering, del carattere testuale: un corsivo elegante e ricercato, che racchiude, nella povertà grafica dell’illustrazione fumettistica, lo spirito di una femminilità di raffinata cultura.
9 Francesco Farru, «Taglia e cuci», Comicus, Comicus.it/recensioni/recensioni/item/46544-taglia— cuci, 31 marzo 2004.
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VI.3 Pollo alle prugne Solo la saggezza, come la luce delle candele, può darci una visione globale dell’esistenza.10
Scritto e illustrato nel 2004, l’anno della pubblicazione dell’ultimo tomo di Persepolis, Pollo alle prugne è un libro «sensibile» che racconta la toccante agonia di un uomo che ha perduto il gusto della vita. Questo lavoro preannuncia già nel titolo il carattere dell’opera: il pollo alle prugne era il piatto preferito di Nasser Alì Khan, zio dell’autriMarjane Satrapi, Pollo alce, quand’era bambino. Come nelle precedenti le prugne, 2004. © Marjane Satrapi e ulteriori aven- pubblicazioni, la sfera familiare è l’insostituibile ti diritto. soggetto della materia narrativa e rappresenta una grande occasione per riflettere sul doppio binario della propria crisi esistenziale e insieme di quella di un intero paese, in preda alla decadenza culturale, morale e sociale. Nasser Alì Khan è un musicista. Vive a Teheran, ha moglie e quattro figli. Suona con talento e passione da tutta la vita il tar, prezioso strumento a corda. Il suo maestro gli donò il suo, il giorno in cui capì che non aveva più nulla da insegnargli. Quando la moglie glielo distrugge durante un furibondo litigio, Nasser Alì quasi impazzisce alla ricerca di un valido sostituto. Nel giro di un mese ne cambia ben cinque, viaggiando da Teheran fino a Mashad, la città santa nel nord-est dell’Iran, spendendo oltre duemila touman. Ma nessun altro strumento può offrirgli quella perfezione che il suo vecchio tar sapeva dargli. Il 15 novembre 1958 decide pertanto di morire. Impossibile sopportare le delusioni soffocanti che, latenti, sono invece emerse ora con tutta la loro improvvisa violenza. Il malcapitato, dopo aver inoltre reincontrato un vecchio amore giovanile di nome Irâne, che finge di non riconoscerlo, e aver dovuto riconoscere il fallimento della vana ricerca di un tar che potesse sostituire il precedente, sceglie infine di rendere la sua anima, attenden10
Il capo dei dervisci in Marjane Satrapi, Pollo alle prugne, Milano, Sperling & Kupfer, 2004, p. 60.
POLLO ALLE PRUGNE
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do inerme l’arrivo della morte, unica possibile soluzione di fronte al paradosso tragico dell’esistenza umana, che avviene otto giorni dopo, il 22 novembre, in presenza di tutte le persone che lo avevano conosciuto. Il pollo alle prugne del titolo è l’ultimo legame dell’uomo col suo passato, con l’infanzia, in questo sapiente gioco di rimandi basato su salti indietro nel tempo del ricordo e digressioni, nell’incrocio tra le illusioni tradite e le nostalgie esistenziali. Il suo piatto preferito in assoluto: «il pollo alle prugne di sua madre. Pollo, prugne, cipolline sott’olio, pomodori, curcuma, zafferano, servito con riso»,11 ricetta culinaria che per il protagonista rappresenta quella della felicità, ricca di ingredienti che insaporiscono la vita e che scatenano il piacere del palato e metaforicamente del cuore. Emblema di un mondo ormai estinto ed elemento di identità gastronomica che è anche culturale, insieme al valore rappresentativo delle sensazioni evocative che richiama alla memoria, il piacere dei sapori genuini dell’esistenza. Quando vengono a man- Marjane Satrapi, Pollo alle care queste condizioni basilari per la vita di prugne, 2004. © Marjane Saogni uomo, tutto si rivela insapore e vuoto, pri- trapi e ulteriori aventi diritto. vo di significato.12 La mitezza del carattere di Alì traspare dalle poche linee che disegnano il suo volto: anche in quest’occasione Satrapi non manca di evidenziare un’acuta sensibilità grafica nel sottomettere il racconto all’agilità del tratto, nuovamente caratterizzato dall’opposizione tra bianco e nero, tra luci e ombre di un destino amaro, così come la vita. Più che nei pre-
M. Satrapi, op. cit., p. 35. Cfr. Davide Scagni, «Il gusto della vita in un piatto», Peace Reporter, Http://it.peacereporter.net/ articolo/3969/Pollo+alle+prugne, 1° novembre 2005. 11 12
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cedenti lavori, lo sfondo nero è imperante: il protagonista è come se apparisse in superficie dall’oscurità interiore in cui è crollato ed è come se nella lucida rassegnazione sprofondasse in un oblio gelido e definitivo. Nessuna redenzione è auspicabile, se non una serena accettazione del fallimento personale e collettivo. Il fallimento della politica indipendentista di Mossadegh,13 soffocata nell’agosto 1953 con un colpo di stato, ha tolto agli iraniani progressisti ogni fiducia nel futuro e questo non fa che aumentare il peso degli insuccessi nel personali. Rievoca quasi una malinconica grande personalità della letteratura ottocentesca italiana, la ben nota A se stesso di Giacomo Leopardi.14 Il fallimento come artista, quindi, distrugge ogni possibilità di sopravvivenza: è una sconfitta ontologica. La stessa Satrapi in merito all’opera dichiara: Per me questo libro corrisponde al ritratto dell’Artista. […] L’Artista è prima di tutto un un essere egocentrico e narcisista, che si vede come il Marjane Satrapi, Pollo alle prucentro del mondo, convinto non solo di scrivere gne, 2004. © Marjane Satrapi e ulteriori aventi diritto. cose straordinarie, ma anche che le persone debbano pagare per applaudirlo e adorarlo. Noi siamo tutti così. Questo aspetto universale è l’espressione stessa delle nostre nevrosi. Se si è contenti non si arriverà mai a scrivere dei capolavori. Bisogna essere un po’ malinconici. È questo che io voglio mostrare dell’Artista.15
13 Mohammad Mossadegh (1882-1967) fu avvocato, governatore, membro del Parlamento, ministro della Finanza, ministro della Difesa e Primo ministro dell’Iran. 14 Giacomo Leopardi, Canti, Milano, Nuovi Oscar Mondadori, 2004, p. 34. 15 Marjane Satrapi in JMP, op. cit.
IL DRAGO AJDAR, SAGGEZZE E MALIZIE DELLA PERSIA…
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Questo fumetto, per aver così profondamente scavato nell’animo umano e per aver dimostrato ancora una volta quanto sia efficace la durezza del suo tratto, in tutto il suo spessore grafico, le ha fatto aggiudicare il primo premio come Miglior libro del 2004 al prestigioso festival internazionale di Angoulême.
VI.4 Il drago Ajdar, Saggezze e malizie della Persia e gli altri libri illustrati: la grafica per l’infanzia Conosciuta in Italia come autrice di racconti a fumetti, l’iraniana Marjane Satrapi ha pubblicato e illustrato in Francia anche libri per ragazzi, in cui narra di storie mitologiche e di viaggi temerari fino al cuore della terra, comeil citato Les monstres n’aiment pas la lune, di cui è scrittrice e illustratrice, pubblicato da Nathan nel 2001. Un libro per bambini su di una ragazzina che ha paura che i mostri vengano a trovarla ogni notte nella sua Satrapi, Ajdar, 2002. © cameretta. Allora immagina di «tagliare» la Marjane Marjane Satrapi – Lila Ibrahimluna dal cielo e di portarla nella sua stanza. Ouali – Bahman Namwar-Motlag Segue Il drago Ajdar, pubblicato anche e ulteriori aventi diritto. stavolta per la Nathan nel 2002. I protagonisti di questa fiaba sono Matilde e il drago Ajdar. La bambina compie un viaggio al centro della terra per incontrare questo imponente guardiano della nostra stanca terra, che veglia su di noi. Lo stile è quello che è stato ampiamente analizzato in questa sede, ma stavolta addolcito dall’utilizzo del colore, con una tavolozza cromatica vivace e attraente. Anche i personaggi ritratti mantengono l’aspetto già noto dei precedenti lavori, ma assumono, per questa occasione, un volto stemperato e più morbido nel disegno dei contorni, che cattura più facilmente l’occhio genuino di un bambino. Quest’opera si rivela un’ottima prova per l’autrice, che aveva già collaborato con diversi scrittori francesi, sperimentando la propria versatilità nel genere fantastico.
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Marjane Satrapi, Sagesse et malices de la Perse, 2001. © Marjane Satrapi – Lila Ibrahim-Ouali – Bahman Namwar-Motlag e ulteriori aventi diritto.
Quindi con Lila Ibrahim-Ouali e Bahman Namwar-Motlag realizza nel 2001 Sagesse et malices de la Perse, in cui vengono proposte delle storie estratte dall’opera Mathnawi-i Ma’nawi, raccolta di sei libri contenenti 25.000 versi, del poeta persiano sufi del XIII secolo Jalalud’din Rûmi, considerato uno dei massimi lirici mistici della letteratura mediorientale. Quest’opera parla ai suoi discepoli da più di settecento anni. Ancora oggi i suoi insegnamenti toccano le corde più profonde dell’animo umano. Serpenti, leoni, pappagalli e orsi animano queste piacevoli parabole, illustrate dalla mano dell’artista, che schizza con umorismo le nostre gioie, i nostri sforzi, le nostre malizie e le nostre saggezze. Dello stesso anno Ulysse au pays des fous, nuovamente con Jean-Pierre Duffour, racconta le avventure del gatto Ulisse nel suo bizzarro villaggio e in giro per il mondo: un album surrealista, con colori vivaci per dei disegni originali e minimalisti, rafforzati da uno stile verbale per l’infanzia. Seguono, a distanza di un paio d’anni, Les Premiers Jours (‘I primi giorni’, 2002) con Eglal Errera, che narra le vicende della piccola Rebecca che deve lasciare l’Egitto per Parigi e ricalca, tra gioie e pene, le vicende della Marjane di Persepolis; Le mythe de Ah le soupir (‘Il mito di Ah, il sospiro’, 2004), basato sulla storia di Rose e del suo infelice amore con il principe del «regno dei sospiri», poiché sposata a un personaggio ambiguo chiamato «Ah, il sospiro»: il tutto ha una serie di riferimenti alla fiaba della Bella e la Bestia e nello stile illustrativo rievoca il sapore delle miniature persiane.
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VI.5 Persepolis, il film: il passaggio dalla pagina al grande schermo Non vorrei che Persepolis alimentasse polemiche; questa è la mia vita, ma è anche un film.16
La trasposizione cinematografica della più nota opera di Marjane Satrapi viene realizzata nel 2006 e distribuita nel 2007, e ha visto l’autrice impegnata in una nuova sfida artistica, insieme all’amico e collega Vincent Paronnaud, in arte Winshluss, tra i più brillanti rappresentanti della scena fumettistica indipendente francese e originale cineasta. Marjane Satrapi, Persepolis. Il film, Grande maestro dell’umorismo macabro, 2007. © Marjane Satrapi – Vincent si appropria dell’immaginario grafico del- Paronnaud e ulteriori aventi diritto. l’America tra gli anni Trenta e i Cinquanta. Realizza tavole semplici, dirette, incisive. Grazie alla rivisitazione di Pinocchio si aggiudica il premio come miglior libro del 2009 al festival di Angoulême. Marjane Satrapi e Vincent Paronnaud si mettono al lavoro e realizzano il loro film con una squadra di 90 persone, tra animatori, disegnatori e coloristi e una spesa totale, contenuta rispetto agli standard, di otto milioni di euro. La scelta del mezzo tecnico si sposa di nuovo con il fine didascalico che l’autrice si prefigge. «Pensavo che l’azione dal vivo non avrebbe avuto lo stesso carattere di universalità. […] Persepolis ha anche momenti onirici e i disegni aiutano a dare continuità e coerenza alla narrazione; ma anche il bianco e il nero è servito in questo senso, come pure l’astrazione dell’ambientazione e degli sfondi».17 L’artista stessa poi dichiara le difficoltà di passare dalla pagina del fumetto al lungometraggio animato:
16 Marjane Satrapi, rif. in Giuseppina Manin, «Non torno più in Iran», in M. Satrapi – V. Paronnaud, op. cit., p. 55. 17 Marjane Satrapi, in J.P. Lavoignat, op. cit., p. 8.
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Marjane Satrapi, Persepolis. Il film, 2007. © Marjane Satrapi – Vincent Paronnaud e ulteriori aventi diritto.
La prima cosa da capire è che non si tratta della stessa narrazione, così ci siamo dovuti dimenticare del libro e iniziare veramente a scrivere una nuova storia ma con lo stesso materiale. E questo perché il libro e il film sono molto simili e allo stesso tempo molto diversi, e questo è un paradosso. La relazione tra il lettore e il fumetto e quella tra lo spettatore e il film sono profondamente diverse. Quando leggi un fumetto, sei molto attivo come lettore perché tra due vignette sei tu che devi immaginare il collegamento e «riempire» lo spazio vuoto, devi immaginarti un movimento; quando guardi un film tu [in rapporto a questo processo specifico] sei passivo perché già vedi le immagini [muoversi]. Nel film hai cose come la musica, i suoni…, così se c’era un sentimento da descrivere con una parola o un disegno nel fumetto, adesso posso contare sulla musica. Quindi non è affatto lo stesso medium. […] abbiamo pensato al lavoro come a un film; l’unica cosa è che era disegnato.18
La trama del film rispetta l’andamento cronologico del fumetto, selezionando gli episodi più significativi, mentre viene adattata al grande schermo una trama differente basata anche su rievocazioni, che legano passato e presente. È la memoria il comune denominatore di tutto lo sviluppo del film, attraverso la combinazione di due componenti essenziali: la nostalgia e l’esilio. E così ne parla Satrapi:
18 Marjane Satrapi, in Sean Axmaker, «The Exile: An Interview with Marjane Satrapi», Seanax.com, Seanax.com/2008/01/27/the-exile-an-interview-with-marjane-satrapi, 27 gennaio 2008.
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Dovevamo trovare un asse per il film, perché non si può raccontare sedici anni in un film. […] Al tempo in cui ho iniziato a scrivere la sceneggiatura, stavo passando un momento molto nostalgico della mia vita. Così il filo conduttore del film è stato la nostalgia, la storia di questa donna che va in aereoporto, non ha niente che la trattiene, così si siede e si ricorda di tutto, perciò la struttura del film è basata sul flashback. Il punto di svolta è poi l’esilio. Tutto torna a questo esilio, questo giustifica tutto ciò che viene dopo. E questa è la vita e il punto di vista di una persona esiliata perché, compiendo un passo indietro, la sensazione è di sconforto.19
L’artista affida al colore la rappresentazione del tempo presente, che è quello della riflessione e del ricordo; al bianco e nero, invece, la rievocazione del passato, la sua distanza fisica, da cui emergono soltanto le luci e le ombre, bandita ogni seduzione del pieno e dell’organico.20 Si accende la dicotomia tra immaginario soggettivo, intimo, delicato, familiare e spazio atemporale del presente, transnazionale e anaffettivo. Scende il nero sul disegno elegante di Satrapi, sempre più cupo e denso: così come scende il velo sulle donne, sul femminile iraniano, che ne oscura il volto, nascondendone l’identità. Il velo nero imposto è come se fosse un’«invadente macchia d’inchiostro che si allarga fino ad abbracciare tutto lo spazio del visibile».21 Inoltre la rappresentazione del passato, nell’astrazione di un mondo ritratto in bianco e nero, si caratterizza anche per la copiosa stilizzazione degli elementi paesaggistici, offrendo una rigogliosa natura arabescata. I personaggi sono ritratti con un modellato morbido e rassicurante, proprio perché la costruzione dell’opera è assolutamente umanistica;22 a questi si oppongono gli sfondi, cupi, grigi, perché il teatro della Storia è doloroso e la scenografia è violentemente tagliata da una luce rembrandtiana.23 Una brillante soluzione grafica è di ritrarre i personaggi storici, come nel racconto sullo scià di Persia, come pupazzi illustrati. Ibid. Cfr. Michele Fadda, «Persepolis, di Marjane Satrapi», Cineforum, n. 466, luglio 2007, p. 48. 21 Carlo Paganelli, «Persepolis», Panoramiche-Panoramiques. Rivista cinematografica quadrimestrale, n. 46, settembre 2008, p. 37. 22 L. Antoccia, op. cit., p. 34. 23 Ibid. 19 20
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[Persepolis] non è un film storico, non è nemmeno il primo nella storia del cinema iraniano. Questa è veramente una storia di formazione. Questa è la storia di un essere umano. Questa è la storia dell’amore di una famiglia. Questa è una storia contro Marjane Satrapi, Persepolis. Il film, 2007. © Marjane Sa- la guerra e contro la violenza; trapi – Vincent Paronnaud e ulteriori aventi diritto. tutto qui. Quindi qualsiasi cosa ci sia di storico, noi lo abbiamo inserito in un teatro di marionette, come se volessimo dire: Ehi, noi non stiamo facendo un resoconto storico, politico o sociologico. Perché noi non siamo politici. Noi non siamo degli storici, né dei sociologi. Noi siamo artisti.24
E con quest’ultima sentenza, Satrapi chiosa un manifesto programmatico e giustifica la sua coerente ricerca stilistica. In merito proprio allo stile della sua opera, l’autrice lo definisce «realismo stilizzato»,25 perché desiderava che il disegno fosse strettamente aderente al dato reale, a differenza della tradizionale sintassi cinematografica animata. Come si ricorderà, si dichiara «ossessionata dal neorealismo italiano e dall’espressionismo tedesco»26 e ne spiega anche il motivo: sono scuole di cinema post-bellico. La povertà di mezzi aveva portato in Germania a girare in interni, usando atmosfere visivamente suggestive; in Italia, al contrario, a girare per strada e con attori improvvisati. Entrambe erano cinematografie cariche di quella speranza di chi ha vissuto la guerra e vuole ricominciare. Satrapi stessa viene da una scuola post-bellica, dopo gli otto anni vissuti della guerra Iraq-Iran. L’artista allora sottolinea: «Il film propone scene estremamente crude e realistiche, in un contesto fortemente stilizzato, con immagini che a volte sfiorano l’astratto».27 L’opera risulta un vincente concentrato di elementi: grande forza, geMarjane Satrapi, in M. Russell, op. cit. Marjane Satrapi, in J.P. Lavoignat, op. cit., p. 10. Ibid. 27 Ivi, p. 11. 24 25 26
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nuinità visiva e un contenuto altrettanto valido, che unisce umorismo ed emozione. Satrapi si è per molti aspetti inserita in un vero e proprio genere, con il suo Persepolis il film, cioè il documentario d’ animazione, che permette agli artisti contemporanei di sfruttare la dimensione distaccata dello schermo illustrato, che non rappresenta più la realtà, bensì un’epifania della verità. Non hanno tardato ad arrivare proseliti nel panorama del cinema d’animazione mediorientale: nel 2008 è la volta di Ari Folman e del suo Valzer con Bashir, di cui si parla nella Parte III di questo libro. L’ampia trattazione su Marjane Satrapi si conclude qui, lasciando uno spazio di riflessione aperto sulla sua produzione fumettistica e sulle sue future realizzazioni. Come si è potuto evincere da questa analisi, fino a questo momento Satrapi si è concentrata soprattutto sui graphic novel e sui libri illustrati per l’infanzia. L’esperimento del lungometraggio animato ha rappresentato una parentesi, probabilmente ripetibile con la versione cinematografica di Pollo alle prugne, annunciato inizialmente col titolo Waiting for Azrael (‘Aspettando Azrael’),28 interpretato da Mathieu Almaric. Proprio in questi giorni è attesa la presentazione del film alla 68a Mostra Internazionale del cinema di Venezia, con il titolo originale Poulet aux prunes, e la partecipazione, oltre che di Almaric, di Isabella Rossellini, Maria de Medeiros e Chiara Mastroianni. La figura di Satrapi ha costituito una significativa chiave di lettura per comprendere e attualizzare una scena particolarmente interessante come quella mediorientale: spicca come fenomeno di punta, considerandone le origini, ma la sua fama e il suo successo sono stati resi possibili prima in Occidente e, soprattutto all’inizio, specificatamente per un pubblico occidentale. Il potenziale che poteva offrire ed essere sviluppato, sia a partire dal suo retroterra di vita che dalla personale preparazione accademica, è esploso ed è stato esteso grazie a una brillante or-
28 Matt Goldberg, «Persepolis Team Marjane Satrapi and Vincent Paronnaud Are Waiting for Azrael with Mathieu Amalric», Collider, Http://collider.com/persepolis-team-marjane-satrapi-and-vin cent-paronnaud-are-waiting-for-azrael-with-mathieu-amalric/21928/, 12 aprile 2010.
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chestrazione di variabili favorevoli: l’approdo in Francia, l’incontro con la scena indipendente più vivace del settore nel cuore di Parigi, un intelligente controllo della pagina bianca, laddove non se ne sottolineano tanto le abilità grafiche, quanto piuttosto le inconfondibili attraenti silhouette dei personaggi, così elementari nella loro espressività da renderli assolutamente universali. È questo il punto di forza della fumettista iraniana: aver fondato un identificabile immaginario grafico, riconoscibile tanto per l’Occidente quanto per l’Oriente, che ha permesso la creazione di questo nuovo rapporto sinergico e di dialogo tra le differenti sponde dell’asse europeo-asiatico, in cui, indistintamente, il lettore onnivoro poteva assumere su di sé la pelle del soggetto dell’opera. Questo carattere di riconoscibilità universale si è cercato di rintracciare nella produzione degli artisti che seguiranno e che sono stati proposti come rappresentativi di una «maniera» nordafricana e mediorientale che rendesse merito al consistente gruppo di operatori nei campi del fumetto, dell’illustrazione e del cinema d’animazione. A differenza di Satrapi, molti di loro si sono distinti nel proprio paese di origine e stanno continuando a cercare di affermare la loro professione all’interno della propria nazione, interpretandone, nel cuore della rivolta, lo spirito, ma anche le contraddittorietà, e rivelandone le crepe.