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® Valentino Cecchetti si è laureato in Letteratura italiana moderna e contemporanea alla Sapienza di Roma. È dottore di ricerca in Teoria e pratiche della comunicazione e in Scienze del testo. Ha scritto Roberto Calasso (Cadmo, 2006) e Gli studi culturali (Settecittà, 2008). Insegna storia dell’editoria e collabora all’Indice dei libri del mese.
ISBN 978-88-97165-13-2
Copertina: Mandarinoadv.com Copyright © Tunué
Euro 19,90
Generi della letteratura popolare
La letteratura popolare è un immenso calderone di storie, riviste, libri, dispense che ribolle fin dall’Ottocento. Questa narrativa pulp era straordinariamente diffusa in Europa e Nord America: generi come il poliziesco, l'orrore, il mistero, il rosa fiorirono in un mercato editoriale in continuo fermento, nel quale figure dell’immaginario come Nick Carter, Sherlock Holmes, Petrosino e autori oggi rivalutati ma al tempo considerati solo volgari parolai prezzolati (per l’Italia Emilio Salgari o Carolina Invernizio fra i tanti), venivano pubblicati in fascicoli da pochi centesimi, da una miriade di editori spesso improvvisati, a vantaggio di un pubblico avido di emozioni e di storie avventurose, consolatorie, nazional-popolari e ricolme di entusiasmanti azioni superomistiche in vario modo ideologizzate secondo una visione della società alquanto reazionaria, razzista, manicheistica, classista. Valentino Cecchetti, esperto di storia dell’editoria e delle letterature di genere, con questo completo resoconto della vicenda italiana e internazionale della narrativa popolare, ha compiuto un’operazione di enorme valore saggistico e ricomposto un mosaico di estrema complessità: il suo inventario ragionato di personaggi, autori, testate, editori, generi, è una ricerca di altissimo valore, uno strumento prezioso per gli studiosi del settore e una guida perfetta per i collezionisti, gli appassionati, gli amanti dell'editoria popolare d’antan.
Valentino Cecchetti
Generi della letteratura popolare
Feuilleton, fascicoli e fotoromanzi in Italia dal 1870 ad oggi
La paraletteratura offre un punto di osservazione privilegiato per cogliere il movimento generale del letterario in direzione extraletteraria e l’assimilazione della letteratura al sistema dell’intrattenimento mediale. […] La paraletteratura intensifica l’attenzione cosciente sui codici, dilata il campo della percezione estetica e ne allarga i confini, orientando anche le teorie della letteratura verso le categorie interpretative proprie delle comunicazioni di massa.
Valentino Cecchetti
Generi della letteratura popolare Feuilleton, fascicoli e fotoromanzi in Italia dal 1870 ad oggi Prefazione di Franco Pezzini
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® Valentino Cecchetti si è laureato in Letteratura italiana moderna e contemporanea alla Sapienza di Roma. È dottore di ricerca in Teoria e pratiche della comunicazione e in Scienze del testo. Ha scritto Roberto Calasso (Cadmo, 2006) e Gli studi culturali (Settecittà, 2008). Insegna storia dell’editoria e collabora all’Indice dei libri del mese.
ISBN 978-88-97165-13-2
Copertina: Mandarinoadv.com Copyright © Tunué
Euro 19,90
Generi della letteratura popolare
La letteratura popolare è un immenso calderone di storie, riviste, libri, dispense che ribolle fin dall’Ottocento. Questa narrativa pulp era straordinariamente diffusa in Europa e Nord America: generi come il poliziesco, l'orrore, il mistero, il rosa fiorirono in un mercato editoriale in continuo fermento, nel quale figure dell’immaginario come Nick Carter, Sherlock Holmes, Petrosino e autori oggi rivalutati ma al tempo considerati solo volgari parolai prezzolati (per l’Italia Emilio Salgari o Carolina Invernizio fra i tanti), venivano pubblicati in fascicoli da pochi centesimi, da una miriade di editori spesso improvvisati, a vantaggio di un pubblico avido di emozioni e di storie avventurose, consolatorie, nazional-popolari e ricolme di entusiasmanti azioni superomistiche in vario modo ideologizzate secondo una visione della società alquanto reazionaria, razzista, manicheistica, classista. Valentino Cecchetti, esperto di storia dell’editoria e delle letterature di genere, con questo completo resoconto della vicenda italiana e internazionale della narrativa popolare, ha compiuto un’operazione di enorme valore saggistico e ricomposto un mosaico di estrema complessità: il suo inventario ragionato di personaggi, autori, testate, editori, generi, è una ricerca di altissimo valore, uno strumento prezioso per gli studiosi del settore e una guida perfetta per i collezionisti, gli appassionati, gli amanti dell'editoria popolare d’antan.
Valentino Cecchetti
Generi della letteratura popolare
Feuilleton, fascicoli e fotoromanzi in Italia dal 1870 ad oggi
La paraletteratura offre un punto di osservazione privilegiato per cogliere il movimento generale del letterario in direzione extraletteraria e l’assimilazione della letteratura al sistema dell’intrattenimento mediale. […] La paraletteratura intensifica l’attenzione cosciente sui codici, dilata il campo della percezione estetica e ne allarga i confini, orientando anche le teorie della letteratura verso le categorie interpretative proprie delle comunicazioni di massa.
Valentino Cecchetti
Generi della letteratura popolare Feuilleton, fascicoli e fotoromanzi in Italia dal 1870 ad oggi Prefazione di Franco Pezzini
Letteratura_Popolare_stampa_def:lapilli 01/03/2011 16.52 Pagina I
Lapilli
Collana diretta da Marco Pellitteri
Lapilli è una collana di volumi che si propone
di percorrere i settori del fumetto e della grafica, del cinema di animazione e delle arti audiovisive, dell’immaginario popolare e dei mass media, attraverso le tre sezioni Segni, Visioni e Culture.
Letteratura_Popolare_stampa_def:lapilli 01/03/2011 16.52 Pagina II
Lapilli Segni • Visioni • Culture Ultimi volumi pubblicati: Viaggi nell’animazione Interventi e testimonianze sul mondo animato da Émile Reynaud a Second Life A cura di Matilde Tortora Susanna Scrivo Nuvole e Arcobaleni Il fumetto GLBT Sara Zanatta, Samanta Zaghini, Eleonora Guzzetta Le donne del fumetto L’altra metà dei comics italiani: temi, autrici, personaggi al femminile Silvia Leonzi Lo spettacolo dell’immaginario Storie, corpi, luoghi Marco Arnaudo Il fumetto supereroico Mito, etica e strategie narrative Le donne del cinema d’animazione A cura di Matilde Tortora Marco Accordi Rickards – Paola Frignani Le professioni del videogioco Una guida all’inserimento nel settore videoludico Culture del Giappone contemporaneo Manga, anime, videogiochi, arti visive, cinema, letteratura, teatro, architettura A cura di Matteo Casari Il catalogo completo è disponibile on line su www.tunue.com
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Valentino Cecchetti
Generi della letteratura popolare Feuilleton, fascicoli, fotoromanzi in Italia dal 1870 ad oggi Prefazione di Franco Pezzini
Lapilli. Culture 24
Letteratura_Popolare_stampa_def:lapilli 01/03/2011 16.52 Pagina IV
I edizione: marzo 2011 Copyright © Tunué Srl Via dei Volsci 139 04100 Latina – Italy www.tunue.com info@tunue.com Diritti di traduzione, riproduzione e adattamento riservati per tutti i Paesi.
ISBN-13 GS1 978-88-97165-13-2 Progetto grafico: Daniele Inchingoli Illustrazione di copertina: Mandarinoadv.com Grafica di copertina: Tunué © Tunué Stampa e legatura: Stampa Sud S.p.A. Via P. Borsellino 7 74017 Mottola (TA) – Italy
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Indice
IX 3
Prefazione I muriccioli della pantera nera Introduzione
7 7 11 15 20 25 28 31 37
I
La paraletteratura I.1 Cos’è la paraletteratura I.2 Il modello paraletterario I.3 Il peritesto I.4 La ripetizione I.5 L’illusione referenziale I.6 Il significato I.7 La narrazione I.8 I personaggi
49 49 54 56 66 71 74 80 86
II L’editoria come industria II.1 La lettura in Italia II.2 Un fenomeno giovanile, l’alfabetizzazione II.3 L’editoria come industria (1870-1915) II.4 Le collane economiche e i rotocalchi (1930-1954) II.5 Il giornale è un «genere letterario» II.6 Sonzogno e il giornalismo industriale II.7 L’editoria differenziata di Treves II.8 De Amicis, De Marchi, Invernizio
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93 93 100 104 108
III
Dal feuilleton al romanzo giudiziario III.1 Feuilleton e romanzo popolare III.2 Mastriani e i «misteri» III.3 Archeologia del poliziesco III.4 Il romanzo giudiziario
128 128 135 140 142 145 152
IV
I fascicoli popolari IV.1 I fascicoli popolari in Italia IV.2 Il dime novel IV.3 La Street & Smith’s IV.4 La multinazionale Eichler IV.5 I fascicoli popolari in Germania IV.6 Editoria colportage italiana
159 159 170 173 177 181 187 191 200 208 217
V
Le serie poliziesche V.1 Nick Carter V.2 Nat Pinkerton V.3 Ethel King V.4 John Siloch V.5 Gli amateur cracksmen V.6 Lord Percy V.7 Holmes/Petrosino V.8 Le prime collane poliziesche V.9 Il «poliziotto segreto» V.10 Le sette criminali
223 223 227 229 234 239 245 249 257
VI
Emilio Salgari VI.1 Una biografia VI.2 «La foresta sull’uscio» VI.3 Esotismo/1: la geografia VI.4 Esotismo/2: la storia VI.5 Salgari e i suoi editori VI.6 Per Terra e per Mare VI.7 Antonio Quattrini VI.8 Luigi Motta
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262 266 286 288 291 301
VI.9 VI.10 VI.11 VI.12 VI.13 VI.14
Memorie apocrife La funzione Salgari Gli «ultimi filibustieri» Supereroi e boy-scout Ned Buntline e Prentiss Ingraham Le serie western
307 307 312 318 318 320 322 324 327 328 332 333 334 336 340 344 349 352 354 356 358
VII
Il rosa e il fotoromanzo VII.1 Lettrici e scrittrici VII.2 Contaminazioni VII.3 Le strutture
363
Conclusioni
367 367 368 368
Riferimenti bibliografici La paraletteratura L’editoria popolare (1870-1954) Il feuilleton
VII.4 VII.5 VII.6 VII.7 VII.8 VII.9 VII.10 VII.11 VII.12 VII.13 VII.14 VII.15 VII.16 VII.17 VII.18
VII.3.1 Sequenze morfologiche VII.3.2 Rosa, pedagogia, alto-basso
Il discorso Il romanzo per signore Liala Il rosa fascista Il dopoguerra Scompare il rosa d’autore Il cineromanzo Grand Hotel Sogno e Bolero film Chi legge i fotoromanzi/1 Gli anni Sessanta Le edizioni Lancio Crisi e vitalità di una formula Chi legge i fotoromanzi/2 Harmony
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369 369 370 370 370 370 370 371 371 371 372 373 373 374 374 376 376 377 378 378 379 379 380 383 383 392 410
Francia Italia Cuore Emilio De Marchi Carolina Invernizio Mastriani e i «misteri» Luigi Natoli Il romanzo poliziesco Il «romanzo giudiziario» Il dime novel Street & Smith’s Eichler La diffusione dei fascicoli Nick Carter Le serie in fascicoli Joe Petrosino Emilio Salgari La «funzione Salgari» Il romanzo d’avventura Buffalo Bill e le serie western Le illustrazioni Il rosa Il cineromanzo, il fotoromanzo, Harmony Appendice I I cataloghi (1881-1891) II I Nick Carter italiani III Petrosino in fascicoli
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Prefazione I muriccioli della pantera nera di Franco Pezzini*
Il recente, strabordante successo della saga di Twilight, dal nome del primo romanzo (2005), varata dall’americana Stephenie Meyer e approdata in prosieguo al cinema, ha posto a chi si occupi di cultura popolare varie interessanti questioni. Anzitutto ha ridisegnato con nuove caratteristiche per una platea enormemente variegata (età, sesso, formazione culturale) quello spudorato trasformista dell’immaginario che è il vampiro: sempre più attraente, sempre più carino, non poteva che diventare anche buono, ed ecco il belloccio Edward che non consuma sangue umano, vampirizza Bella Swan (la Bella e la Bestia, il Brutto anatroccolo che si fa cigno…) solo a malincuore e dopo il matrimonio, gusta le gioie della paternità. Il vampiro eversore di ogni termine fisso di natura e cultura diventa così paladino delle regole familiari e sociali, minoranza attiva e militante per un Yes, we can di stirpi diverse; e per esempio Massimo Introvigne definisce tale modello perbenino quale vampiro post-postmoderno, per distinguerlo dai dandy un po’ equivoci – loro postmoderni – di Anne Rice. Ma la saga, proprio per il suo successo planetario, pone domande anche in termini di classificazione di genere. Quella in apparenza più diffusa, fors’anche sull’onda del successo di Harry Potter, è «fantasy». In* Franco Pezzini, saggista, si occupa dei rapporti tra letteratura, cinema e antropologia, con particolare attenzione agli aspetti mitico-religiosi e al fantastico. Tra i fondatori della rivista L’Opera al Rosso (Marietti, 1990-’92), è membro del Comitato editoriale della rivista L’Indice dei libri del mese, della Redazione di Carmilla. Letteratura, immaginario e cultura di opposizione (Carmillaonline.com), e collabora alla rivista LN – Libri Nuovi. È autore dei saggi: Cercando Carmilla. La leggenda della donna vampira (Ananke, 2000); con Arianna Conti, Le vampire. Crimini e misfatti delle succhiasangue da Carmilla a Van Helsing (Castelvecchi, 2005); con Angelica Tintori, The Dark Screen. Il mito di Dracula sul grande e piccolo schermo (Gargoyle Books, 2008) e Peter & Chris. I Dioscuri della notte (Gargoyle Books, 2010). È Vice presidente del Comitato scientifico di Autunnonero / Festival Internazionale di Folklore e Cultura Horror.
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X
PREFAZIONE
tendiamoci, una classificazione non incongrua: in scena in Twilight è il cosiddetto meraviglioso, con l’accettazione placida di un intero mondo alternativo (vampiri e non elfi, però il meccanismo è simile), e non il fantastico, che postulerebbe l’imbarazzata – e feconda – incertezza tra consueto e «altro». Va anche detto che nell’orizzonte anglosassone il termine «fantasy» – appunto «fantasia» – non si consuma nella più ristretta accezione tecnico-letteraria. Eppure, se osserviamo da un altro punto di vista, con Twilight ci troviamo a tutti gli effetti in un genere totalmente diverso, cioè il romanzo rosa. La storia d’amore non è semplicemente un elemento, ma il cardine di tutta la saga e la sostanza del suo linguaggio: batticuori, pedagogia dei sentimenti, contemplazione estasiata dell’oggetto amato (persino negli aspetti più imbarazzanti, come lo scintillio), fino all’unico esito socialmente accettabile a cavallo tra le ere di Bush e di Obama, matrimonio con prole. Il che, per chi sia accidentalmente non-morto, sembra pur sempre un traguardo originale. Ma ciò conduce a un nuovo, possibile cambio di punto di vista: se infatti ci concentriamo sui personaggi, vampiri e licantropi, dobbiamo evocare tutto un altro genere, cioè il pelago di gotico & horror. Anzi non sussiste vera soluzione di continuità tra Twilight e l’ondata di storie vampiresche approdata sulla sua scia in libreria lungo tutte le tinte dell’eros: ondata che nei singoli esiti vede enfatizzare ora i più classici e truculenti aspetti horror, ora quelli del cosiddetto «romanticismo sexy», via via con l’accento su sostantivo o aggettivo… Certo, si potrebbe osservare che è il protagonista vampiro, l’arconte dell’indecidibile coi piedi in mondi diversi, e assurto a supermetafora del fantastico grazie a comparsate in generi lontanissimi (poliziesco, SF, cappa-e-spada, arti marziali, narrativa per bambini…) a garantire la fluidità di simili ibridazioni; e del resto ora, a inizio 2011, una visita in libreria mostra la moda Twilight in relativo riflusso, mentre il «romanticismo sexy» dilaga per altre vie. Eppure il discorso guarda ben oltre quel mattatore e cioè al contesto più generale – esso pure, a suo modo, vampiresco – del mercato. Il fatto è che, a prescindere dal rigore teorico, talune etichette appaiono in concreto meglio vendibili di altre, e tutto incide sulla declinazione in generi della cultura popolare. Nessuno
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I MURICCIOLI DELLA PANTERA NERA
XI
stupore se quel fantasy che per tanto tempo ha tenuto banco nelle riviste pulp, e il cui rapporto con il simbolismo (poesia compresa) è ancora in gran parte da studiare, oggi risulti il genere per ragazzi per eccellenza, soppiantando fantascienza e romanzi d’avventura e risucchiando caratteri di altri. Allo stesso modo in cui, per gli adulti, vediamo il termine «noir» esteso a etichettare storie di crimini molto lontane dal noir classico o magari opere propriamente horror; vocabolo, quest’ultimo, spesso considerato in Italia editorialmente impresentabile. Intendiamoci, il discorso è complesso e non si consuma nella logica da bancone. Penso a quello straordinario fenomeno di riflessione collettiva, militante, di scrittori e critici che ruota intorno al cosiddetto New Italian Epic, che ha raccolto spunti e provocazioni anche sul più ampio panorama della letteratura di genere. Proprio attorno al noir, del resto, è fiorito un monumentale corpo di fonti bibliografiche e web, come ben mostrano, per esempio, gli interessantissimi atti del convegno Roma Noir 2010. Scritture nere: narrativa di genere, New Italian Epic o postnoir? a cura di Elisabetta Mondello (Roma, Robin Edizioni, 2010), offrendo conto dello spessore della questione tipologica. Ciò sulla letteratura; ma consideriamo come oggi la cultura popolare veda compenetrarle sempre più freneticamente altri linguaggi e sistemi di mitopoiesi: schermi di cinema e TV, giochi di ruolo, creazioni del web e quant’altro emerge con le nuove tecnologie. A suggerire che forse a un’estrema fluidità dei generi dovremmo ormai abituarci. Eppure, proprio tale gioco di attrazioni, trasfusioni e commistioni tipologiche impone di conoscere il cammino che ha condotto fin qui. Per cui credo si debba essere grati a Valentino Cecchetti degli studi che in questo bel saggio trovano una prima tessitura: un’immersione appassionata e documentatissima nel labirinto di quella letteratura popolare che tanta importanza ha rivestito per cultura e sogni del pubblico italiano tra fine Ottocento e fine Novecento. Letteratura popolare o paraletteratura, termine che personalmente amo meno per le implicazioni di disvalore che può veicolare, ma che l’autore considera per motivi rigorosamente tecnici. Affrontando la varietà dei generi anche in riferimento al (fondamentale) versante delle modalità di diffusione, Cecchetti conduce dunque
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XII
PREFAZIONE
per mano lungo i viottoli di feuilleton e romanzo giudiziario, dime novel e ramificazioni del poliziesco, romanzo d’avventura – con il caso emblematico di Salgari – e orizzonti del rosa, fotoromanzo compreso. E l’attenzione all’Italia viene supportata da escursioni verso l’estero – Francia, Stati Uniti, Germania – a illuminare filiazioni più o meno note di linguaggi narrativi e personaggi. L’autore riesce così a mettere in ordine ciò che tante volte, girando per remainders e bancarelle, un po’ a tutti noi è parsa un’ingovernabile giungla di romanzi dimenticati e semplici opuscoli, fascicoli settimanali e pagine d’appendice; li censisce con attenzione, individuando costanti e ibridazioni, e trova i nodi tra le serie; smaschera pseudonimi di autori variamente criptici o esotici; e muovendo verso l’orizzonte ideale di un archivio del genere in Italia, evoca per noi una costellazione di incredibili storie. La sorpresa è che ci avvincono ancora. Certo, nel calarci come gli eroi del feuilleton tra i Misteri di questa sconfinata produzione – tentacolare come i labirinti urbani in cui ha conosciuto consumo, tra i cunicoli sotterranei della cultura e le insidie qui e là emergenti di ideologie minacciose come i peggiori vilains – in prima battuta possiamo sorridere di tanta ingenuità, della povertà letteraria di tante prove (ma non tutte), della banalità almeno apparente degli assunti. Eppure, a poco a poco, queste storie muovono qualcosa dentro di noi. Il fatto è che vi incontriamo l’avventura, nella risacca di una grammatica dei sogni strutturata in noi da chissà quali giorni lontani dell’infanzia. Vi incontriamo il mito, attraverso strutture narrative «adeguate» alla spiegazione di un mondo, e con quelle radici più o meno ambigue dobbiamo fare i conti. Vi incontriamo eroi dalla psicologia magari sommaria, ma capaci di incarnare modelli simbolicamente esemplari. Eroi spesso minori, versioni in sedicesimo di altri internazionalmente griffati: emblematica per un mitologo la proliferazione italica di personaggi tipo-Holmes, tipoNick Carter o tipo-Lupin, ombre che sfumano e si trasfondono indefinitamente su qualche palcoscenico sociale a noi oscuramente noto. E del resto, quando studiamo il successo degli eroi popolari, non dovremmo mai dimenticare che al di là del canone che li vede protagonisti e delle derivazioni apocrife illustri, si spalanca un sottomondo di apocrifi minori, imitazioni, commistioni, troppo spesso dimenticato per la difficile mappatura, ma di fondamentale importanza per la percezione di un immaginario.
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I MURICCIOLI DELLA PANTERA NERA
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Il mito, dunque; ma anche, virtualmente, il rito di comunità più o meno vaste a porre in scena per esempio, nel romanzo d’avventure esotiche, la prospettiva di un’iniziazione all’età adulta, in un’Italia che a sua volta cerca di crescere e si definisce anche attraverso il confronto-opposizione con il mondo «altro». O a celebrare, nel romanzo rosa, i misteri di una femminilità dai connotati progressivamente riscritti, fino alla rivoluzione sessuale e oltre: una storia che sfuma nei patemi a puntate da serial televisivo, ma che per le sue importanti implicazioni sociali comprendiamo di non poter più liquidare con la sufficienza della vecchia critica. Storie, in fondo, che conosciamo da quando a casa della nonna sfogliavamo le riviste illustrate: quel mondo ci è rimasto dentro. Quel che Cecchetti offre, insomma, è una chiave per leggere la storia d’Italia, e in qualche modo dell’Occidente: un tessuto in cui il mito (para)letterario incontra il cangiante immaginario dell’uomo comune. Mio nonno, che ricordava il passaggio del circo di Buffalo Bill, mi raccontava di baracconi ben più popolari tra il Livornese dove era nato e Genova dove sarebbe andato a lavorare; e, per esempio, di un imbonitore che proclamava la presenza nel retro, a spettatori beninteso paganti, di un grosso e forse imbolsito felino. Dove l’invito ad ammirare «la pantera nera, che attraverso i più alti muriccioli dissotterra i morti e se li sbarafra [sic] bell’e che vivi» richiamava gli stessi orizzonti candidamente esotici di Salgari e dei suoi infiniti epigoni. Certo la grammatica di sogni ed emozioni, ideali, speranze presente in queste storie svela in molti casi un sapore un po’ reazionario. Eppure tra le pieghe di strutture narrative ripetitivamente tranquillizzanti, negli angoli in ombra delle vittorie degli eroi (di giustizia o sentimenti, poco importa), agli autori incalzati dai termini di consegna finiscono con lo sfuggire segnali di malessere, inquietudini e nervi scoperti estremamente rivelatori di crisi d’epoca. Confuse simpatie per popoli oppressi, saltuarie emersioni critiche, tricksters impegnatissimi a rammentare che l’ordine – magari difeso da eroi fascistoidi – non è mai dato una volta per tutte… E del resto anche le conclamate istanze moraleggianti o pedagogiche lasciano a volte le maglie più larghe. Penso per esempio a una mia lettura di gioventù, la strana trilogia per ragazzi sul pirata Olonese scritta – secondo la nota redazionale dell’editore Malipiero che la editò in Italia (1969-’71) – da un maestro americano dell’Ottocento, tale F.A. Stone.
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XIV
PREFAZIONE
Conservo ancora quei libri come un tesoro: L’Olonese il terribile pirata, Tortuga, impero della filibusta e Caraibi in fiamme… Ho parlato di stranezza di questa trilogia perché, considerando il carattere allora virtualmente controllatissimo della letteratura per minori, la sua storia quasi sadiana parrebbe ben poco pedagogica. Per quanto insomma strutturata secondo categorie rigide, la letteratura popolare può presentare vere sorprese: come se «in questo seguitare una muraglia» scoprissimo in cima, emersa da chissà quale oltre tra schiocchi e frusci del meriggiare, la fantastica pantera nera del nostro imbonitore. Resta il dubbio su chi fosse – non l’ho mai chiarito – l’enigmatico signor Stone. Un vero maestro di scuola dell’Ottocento dotato solo di trucida fantasia, o piuttosto un Bierce minore reduce da esperienze feroci di guerra? O invece un maestro fasullo – magari un italianissimo signor Pietra di un secolo dopo – che per sbarcare il lunario scriveva libri (pretesi) per la gioventù? A questo punto, ho lasciato a Cecchetti d’indagare.
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GENERI DELLA LETTERATURA POPOLARE
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Introduzione
Nella storia della cultura europea, accanto ai testi alti, sono sempre esistiti testi popolari, ameni, facili. I confini tra alto e basso sono stati continuamente modificati, sulla base del mutare dei sistemi culturali. Le farse, le novelle, i poemi eroicomici hanno acquisito un valore letterario solo molto tempo dopo la loro comparsa e diffusione. Alcuni elementi a priori individuano in modo preciso questi testi, definiti comunemente «paraletteratura», identificandoli con ciò che consente al lettore di scegliere con precisione, sulla base di un’etichetta esterna, le proprie merci culturali (rosa, nero, giallo). Il compito di predeterminare il prodotto compete all’attività editoriale, in quanto attività imprenditoriale e commerciale. L’editoria deve individuare quanto, sul piano culturale e sociale, motiva la lettura. Il mercato è obbligato a tenere conto dell’appartenenza a un gruppo, dell’identità, dello stile di vita del lettore e consumatore cui si rivolge per collocare la merce. È quello che lega strettamente l’attività editoriale alla produzione paraletteraria, secondo una tendenza che storicamente si manifesta in Italia a partire dall’ultimo decennio del XIX secolo, quando si affaccia anche nella cultura letteraria una logica industriale e l’intrattenimento prevale sulle finalità formative dell’editoria post-unitaria. Questo libro rielabora materiali messi a punto nel corso di alcune lezioni universitarie e nasce come profilo storico di editoria e letteratura popolare. È articolato per sezioni indipendenti e tenta di dare un contributo alla ricostruzione di alcune vicende dell’industria culturale italiana, descrivendo «a campione» settori paraletterari come il poliziesco, l’avventura, il rosa. Vi si esaminano strumenti di diffusione editoriale se non alternativi, succedanei, o surrogati del libro, come le dispense, i fascicoli, i fotoromanzi. Lungi dall’intervenire in sede criti-
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INTRODUZIONE
ca e teorica su questioni – l’industria culturale, la paraletteratura – oggetto di un dibattito articolato e complesso di cui si dà qualche elemento ricostruttivo nel Capitolo I, il volume si concentra sulla circolazione di materiali che sono stati raccolti, nel corso degli anni, in sedi diverse dalla ricerca scientifica e accademica, recuperando i repertori messi a punto da appassionati di genio, come Ermanno Detti per le «carte rosa» e Alberto Menarini e Franco Cristofori per i dime novels dei primi anni del XX secolo. Lo sviluppo del poliziesco moderno accompagna i fenomeni tipici delle grandi metropoli, il conflitto tra individuo e società e il tema della riparazione dei torti morali e sociali. Si tratta degli ingredienti di quel romanzo d’appendice che immancabilmente fa trionfare il Bene sul Male. E che confluiscono nei racconti in cui il giustiziere, sia egli un privato cittadino oppure un appartenente alle forze di polizia, lavori da solo o si avvalga di collaboratori, alla fine ristabilisce l’ordine delle cose inizialmente turbato, svela il mistero e punisce il colpevole. Ricostruirne la genesi non può prescindere dallo studio di prodotti letterari medi come il romanzo giudiziario, diffusi dall’editoria maggiore, fino alla circolazione massiccia dei serials e alla comparsa, in Italia come nel resto d’Europa, delle prime imprese multinazionali della letteratura popolare. A identificare questi prodotti non è sufficiente il criterio della riproducibilità tecnica. Elemento distintivo è piuttosto la forma della distribuzione – la letteratura da edicola (o da grande magazzino) – che si stempera molto tardi, con la comparsa dei pockets e dei supereconomici dell’ultimo Novecento. Tra i grandi scrittori Emilio Salgari mostra meglio di altri (con frequenti eccezioni: Carolina Invernizio, Edmondo De Amicis, Cesare De Marchi) la necessità dell’incontro persino fatale, se messo in rapporto con la tragica esperienza biografica dell’autore, con l’editoria di massa e i nuovi gusti dei lettori. Il romanzo di Salgari, in una chiave esotistica mascherata da divulgazione storica e geografica e nei moduli collaudati dalla letteratura avventurosa, si sviluppa nel rapporto consapevole con le tendenze più vive del consumo. Con Salgari i contenuti vengono organizzati soprattutto sulle strategie dell’intrattenimento. C’è una vera e propria liberazione degli standard comunicativi dai modelli pedagogi-
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ci dominanti. Viene messo a punto un sistema narrativo che si sovrappone allo spregiudicato sfruttamento commerciale che accompagna e segue l’attività dello scrittore. Come conferma la schiera degli imitatori e concorrenti salgariani, la molteplicità degli intrecci tra i generi a larghissima diffusione editoriale (la Tortuga e più ancora il Western), alla valanga dei fascicoli Nerbini, Vecchi e Quattrini, ancora in circolazione fino agli anni Cinquanta. Introdotto in Italia nel secondo dopoguerra, il fotoromanzo si diffonde in tutto il mondo, in Francia, Spagna, America Latina. Ma già negli anni Trenta circolano i «film di carta» o «cineromanzi», in tutto simili alla formula del nuovo genere del racconto fotografico. Lo schema del racconto è simile a quello del romanzo rosa. C’è l’incontro dei protagonisti, ci sono le peripezie amorose e lo scioglimento obbligato nel matrimonio. In seguito (sulla base dell’esperienza delle «romanzatrici» dei primi anni del secolo) cambiano gli elementi più tradizionali del modulo narrativo, per lo spazio offerto all’iniziativa individuale delle protagoniste, sullo sfondo dell’acquisita sensibilità per i problemi della coppia e del matrimonio. È opinione comune, in parte errata, che il fotoromanzo si differenzi dalla narrativa rosa per la diffusione in strati sociali privi di istruzione, più che per il costituirsi, come il fumetto, in codice scritto e iconico insieme, risultato della continuità evolutiva tra il genere e gli sviluppi della stampa periodica dopo gli anni Venti. In realtà è essenziale il rapporto tra il fotoromanzo e la «letteratura da edicola», che proprio sulla funzionalità e la centralità dell’immagine ha uno dei suoi tratti specifici. Basti pensare al ruolo fondamentale delle copertine dei fascicoli popolari, come garanzia dell’importanza del «guardare» a fianco del «leggere». Né meno significativa è la fase del tramonto del fotoromanzo, con la diffusione del rosa internazionale. Un fenomeno che sottolinea la reciprocità costante tra immagine e scrittura e il ritorno alla prevalenza di un’editoria di genere su base globale. Non si può dimenticare la particolare funzione non soltanto didattica, ma anche formativa e orientativa che può avere lo studio dell’editoria paraletteraria e della paraletteratura in generale. Indubbiamente la paraletteratura è dominata dalle istanze fondamentali con cui l’industria culturale promuove la sua merce, secondo un modello che si prefigge il
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INTRODUZIONE
raggiungimento del pubblico più vasto possibile, la semplificazione della carica problematica dei testi, la ripetizione e la ridondanza della proposta, la destinazione a svago e intrattenimento del prodotto. Ne discende che la natura profonda dei generi paraletterari si realizza attraverso la conferma delle attese scontate del lettore. Ma non bisogna trascurare il fatto che la letteratura di consumo svolge un ruolo diverso, se considerata come parte del più vasto sistema letterario, anche in un’ottica di tipo valutativo. Lo studio della paraletteratura può rivelarsi uno strumento di guida nella scelta di determinate opere e non di altre, se si tiene conto della funzione di giudizio e di orientamento, che è presente in ogni processo di comunicazione. Tra i compiti della sociologia della letteratura c’è quello di occuparsi del «consumatore medio» che chiede a un prodotto culturale, a un libro, o a una pellicola, lo stimolo di alcuni effetti fondamentali, come il brivido, il patetico, il riso. Il problema di una corretta comunicazione culturale non consiste nell’abolizione di questi messaggi, ma nel loro dosaggio, nell’evitare che vengano venduti e consumati «in modo errato». In questo senso un’attività di giudizio e di intervento, che faccia in modo che la paraletteratura non sia solo evasione ma risposta ai bisogni dei fruitori, non è un’operazione accademica o un semplice esercizio critico, ma una forma di controllo e di verifica delle dinamiche del mercato e delle strategie produttive. Anche se non si può dimenticare che la funzione prevalente della lettura paraletteraria resta il divertimento, fenomeno caratterizzante della società di massa: prima che come accesso al tempo libero, come conseguenza dell’organizzazione della produzione e del lavoro.
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VI. Emilio Salgari
VI.1 Una biografia Emilio Salgari nasce a Verona il 21 agosto 1862. Trascorre la prima infanzia a Negrar (nella Val Policella). Dopo le elementari inizia una breve e poco fortunata carriera scolastica. Tenta di ottenere l’iscrizione alla Regia Scuola Tecnica (1875), ma viene ammesso soltanto all’Istituto Tecnico comunale. Frequenta l’Istituto Nautico Paolo Sarpi di Venezia (1878), per ottenere la patente di capitano di gran cabotaggio. Al termine del secondo anno non si presenta agli esami di riparazione e si imbarca sul mercantile Italia Una (1880). Naviga per tre Emilio Salgari. Ritratto di Anmesi lungo l’Adriatico, tra Venezia, la costa gelo Dall’Oca Bianca. dalmata e Brindisi. La mancanza di notizie biografiche negli anni 1881-’83 alimenta voci infondate sui suoi viaggi oltremare. Esce su La Valigia, periodico dell’editore Garbini, il racconto in quattro puntate (26 luglio – 16 agosto 1883, firmato con le iniziali S.E.) I selvaggi della Papuasia, la storia del naufragio del capitano olandese Wan Nordhom e delle sue avventure tra i selvaggi Papua, fino al ritorno in patria. La Valigia, con Il Giornale Illustrato dei Viaggi e delle Avventure di Terra e di Mare dell’editore milanese Sonzogno (1879), è una delle più diffuse riviste di viaggio. Da questi periodici lo scrittore attinge gran parte delle notizie e dei materiali che utilizza nelle sue storie. A Verona Salgari intraprende la carriera di giornalista e quella di scrittore di appendice. Stringe rapporti con il direttore della
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EMILIO SALGARI
Nuova Arena Giulio Giannelli e pubblica Tay-See (agosto-settembre 1883). Tra l’ottobre 1883 e il marzo 1884 esce sulla Nuova Arena La tigre della Malesia (150 puntate), storia di un principe spodestato, pirata generoso e terribile, di nome Sandokan. Il romanzo viene rielaborato e pubblicato in volume con il titolo Le Tigri di Mompracem (1900), quando il «ciclo dei pirati» ha già enorme successo. Salgari viene accusato da Giuseppe Biasoli, cronista dell’Adige (giornale concorrente della Nuova Arena), di aver mentito circa le sue esperienze marinare. Lo scrittore sostiene con Biasoli un duello alla sciabola e lo ferisce lievemente (1885). Sconta sei giorni di detenzione a Peschiera. Passa all’Arena, principale quotidiano di Verona, e ottiene uno stipendio regolare. Divide il proprio tempo tra la redazione del giornale e le palestre sportive del Circolo Bentegodi. Sull’Arena esce a puntate La favorita del Mahdi, che tre anni dopo (1887) pubblica con l’editore Guigoni di Milano, primo romanzo in volume. Nel 1887 compare sul Telefono di Livorno Gli strangolatori del Gange, che qualche anno più tardi, arricchito di nuovi (poco felici) capitoli, esce con il titolo di I Misteri della Jungla Nera. Perde la madre in seguito a una meningite. Anche il padre, angosciato dal sospetto di una grave malattia, si toglie la vita (1889). Incontra l’attrice dilettante Ida Peruzzi, che lo scrittore chiama con il nome esotico e melodrammatico di Aida, coinvolgendola in un’atmosfera di finzione e di incertezza, che contribuisce a determinarne il futuro squilibrio mentale. Nel 1892 (30 gennaio) Salgari sposa Ida e lo stesso anno nasce Fatima, la prima figlia. Esce La scimitarra di Budda (Treves). La famiglia si trasferisce a Torino, dove Salgari lavora presso la casa editrice Speirani, collaborando alle riviste per l’infanzia Il Giovedì, Silvio Pellico, Il Novelliere Illustrato, L’Innocenza. Nel 1894 nasce il secondo figlio, Nadir. Sulle pagine delle riviste di Speirani, Salgari tenta di tenere a freno la sua ispirazione, di natura fondamentalmente avventurosa. Redige articoli di taglio educativo e adegua i temi della sua narrativa al pubblico infantile. La produzione di questo periodo ha un contenuto critico nei confronti della società umbertina (come mostra, ad esempio, Gli emigranti, racconto apparso su L’Innocenza, 1895). Passa all’editore Donath di Genova, con un contratto che lo vincola a fornire quattro romanzi all’anno.
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UNA BIOGRAFIA
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Con Donath esce I Misteri della Jungla Nera (1895). A Torino Salgari alloggia prima in via Morosini, poi in via Superga 15. Sollecita e ottiene, grazie all’intervento della Regina Margherita, la croce di Cavaliere della Corona d’Italia, riconoscimento ufficiale del proprio ruolo di scrittore (1897). Ma Salgari rimane estraneo alla cultura ufficiale dell’Italia umbertina e ai fermenti della cultura torinese. Fumando ininterrottamente e combattendo con i disturbi alla vista, che si aggravano nel corso degli anni, realizza nel suo primo quadriennio a Torino (1893-’97) memorabili invenzioni narrative. Assieme a romanzi e racconti spesso di scarso valore (ma meritano di essere menzionati Le novelle di Mastro Catrame e Il re della montagna), lo scrittore pubblica due romanzi capitali per il genere avventuroso italiano: I pirati della Malesia (Donath, 1896, già pubblicato parzialmente a puntate su La Gazzetta di Treviso) e Il Corsaro Nero (Donath, 1898). Le due opere appartengono al repertorio migliore di Salgari e fondano i suoi due cicli principali, il «ciclo della Malesia» e il «ciclo dei Corsari». In I pirati della Malesia si saldano le storie di Tremal-Naik e della coppia Sandokan-Yanez, che erano già state avviate, indipendentemente l’una dall’altra, nei Misteri della Jungla Nera e nelle Tigri di Mompracem. I pirati della Malesia è seguito da altri otto romanzi in cui gli eroi (con Kammamuri) agiscono uniti. Il ciclo dei Corsari prende inizio dall’apparizione del Conte di Ventimiglia, protagonista del romanzo Il Corsaro Nero, personaggio nel quale si specchia la nota di scetticismo e di disillusione che spesso risuona sotto il tono roboante della narrativa salgariana. Dall’apparizione del Corsaro Nero, eroe tragico e ossessionato, si delinea un altro grande sfondo storico ed esotico della narrativa di Salgari, quello della pirateria caraibica, caratterizzato da scenografie emozionali diverse da quelle del ciclo indiano. Meno esteso di quello asiatico, il ciclo dei Corsari comprende cinque romanzi ed è la seconda delle epopee salgariane. Prima dell’uscita del Corsaro Nero Salgari lascia temporaneamente Torino e si trasferisce a Genova (Casa Rebora 96, a Sampierdarena), per collaborare con il nuovo editore Donath. A Genova, dove nasce Romero, il terzo figlio (1896), Salgari stringe amicizia con l’illustratore Giuseppe Gamba e con il giovane scrittore Luigi Motta che, dopo la sua
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morte, verrà presentato come il continuatore ufficiale della sua opera. Vara un’altra breve serie, che comprende Le stragi delle Filippine (precedente a Il Corsaro Nero), La capitana dello Yucatan (1899) e Il Fiore delle Perle (1901). La trilogia non può essere considerata un vero ciclo, perché i tre romanzi non sono collegati tra loro e non hanno protagonisti comuni. Ma assume egualmente un La Tigre della Malesia e Tremal-Naik (illunotevole interesse, perché Salgari vi strazione di Alberto Della Valle, in Giulio Raiola, Sandokan. Mito e realtà, Roma, Edizioni si impegna con la narrazione di avMediterranee, 1975). venture che hanno per sfondo eventi storici contemporanei. Nel 1900 Salgari torna definitivamente a Torino, dove nasce il quarto figlio, Omar. Esce in volume Le Tigri di Mompracem (Donath). Lo scrittore, spinto da pressanti esigenze economiche e in preda a un automatismo lavorativo frenetico, aggiunge agli impegni con gli editori abituali (tra i quali si è aggiunto il fiorentino Bemporad), altri lavori. Scrive dietro pseudonimo romanzi di second’ordine: I naviganti della Meloria (come E. Bertolini); Avventure tra i Pelli Rosse, La Giraffa bianca, Sul mare delle perle, La gemma del Fiume Rosso (Guido Landucci); Le stragi della China, La montagna d’oro, L’eroina di Port Arthur (Cap. Guido Altieri). A ciò si aggiunge la direzione del periodico Per Terra e per Mare, che Donath pubblica a Genova. Fra cambi frequenti di residenza (via Guastalla, Corso Casale, 298), sotto l’incubo di una temuta cecità e dei segni sempre più chiari dell’infermità mentale della moglie riesce a comporre alcuni dei suoi romanzi più conosciuti, elaborati nel disordine domestico e alternati a scritti di nessun conto. Appaiono in libreria La regina dei Caraibi (1901), La montagna di luce (1902), Le pantere di Algeri (1903), Le due Tigri (1904), Jolanda, la figlia del Corsaro Nero (1905), Il Re del Mare (1906), Sandokan alla riscossa (1907), Sull’Atlante (1908). Si trasferisce nel borgo della Madonna del Pilone. Rompe il contratto con Donath, al quale è costretto a pagare una penale
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«LA FORESTA SULL’USCIO»
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di seimila lire e ne sottoscrive uno nuovo con Bemporad. Nel 1908 avvia un nuovo ciclo, ambientato nelle praterie americane, che comprende Sulle frontiere del Far West, La scotennatrice e Le Selve Ardenti. Il romanzo La Bohème italiana (descrizione di una sorta di Scapigliatura minore piemontese) è l’unica opera non avventurosa e autobiografica di Salgari (1909). Tra il 1909 e il 1911 scrive un romanzo storico arabo, Il leone di Damasco, e compone i tre romanzi del «ciclo delle Bermude» (I corsari delle Bermude, La crociera della Tuonante, Le straordinarie av- Copertina della traduzione in croato del Corsaro Nero: Emilio Salgari, Crny Gusar, venture di Testa di Pietra, 1915, po- Zagreb, Novinarsko Izdavacko, 1940. stumo). Oppresso dai timori per la propria salute, preda di frequenti crisi nevrasteniche, lo scrittore tenta di uccidersi. Lo squilibrio di Ida diviene vera follia e dà luogo a gesti imprevedibili, che ne richiedono il ricovero. Lo scrittore non può permettersi una clinica per malattie mentali e la donna viene chiusa in manicomio. Pochi giorni dopo l’internamento definitivo della compagna (25 aprile 1911), Salgari raggiunge il boschetto delle scampagnate domenicali in compagnia della moglie e della famiglia e si toglie la vita. Nel 1915 muore di tubercolosi la figlia Fatima. Ida Peruzzi si spegne nel 1922. VI.2 «La foresta sull’uscio» Emilio Salgari non lasciò mai l’Italia. L’assenza di un’esperienza diretta dei luoghi descritti nei romanzi accomuna la sua percezione della realtà a quella dei suoi lettori, anch’essi sostanzialmente privi della conoscenza diretta del mondo dell’epoca. Con Salgari l’esotismo geogra-
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fico si insedia nella letteratura popolare (sostituendo l’esotismo sociale del romanzo d’appendice) e si intreccia con l’interesse per i viaggi, le esplorazioni, le scoperte scientifiche e geografiche del lettore borghese. La formazione culturale di Salgari è romantica e risorgimentale e la sua produzione risente dell’influsso di modelli letterari fuori moda (Guerrazzi, Byron). Ma ciò non impedisce allo spiccato intuito commerciale dello scrittore, che si sviluppa in un ambiente di recente trasformazione industriale, di cogliere gli orientamenti dell’immaginario collettivo e di rappresentare il mondo in una forma – l’esotismo – che riporta la realtà a pochi, essenziali elementi morfologici. I romanzi di Salgari si esprimono in una lingua letteraria che tende a sottrarsi alla rappresentazione oggettiva delle cose. Salgari fa parlare i personaggi (in particolare quelli secondari) con un codice che ne accentua la tipizzazione. Nell’epopea salgariana i pirati non usano il gergo delle comunità criminali delle Antille. Né i tigrotti di Sandokan mostrano le diversità di temperamento che pure, presumibilmente, debbono esistere tra un guerriero e l’altro. Il personaggio salgariano è sempre uno stereotipo, rappresenta un gruppo umano che, nell’aspetto, nel comportamento, nel linguaggio deve apparire come predefinito. L’avventura salgariana descrive le terre più diverse, mostra le etnie e i costumi più straordinari, senza che venga compromessa la comprensibilità della loro rappresentazione. Il punto di vista eurocentrico dello scrittore coincide, in modo scoperto ed efficace, con la semantica fondamentale del lettore. Alla base c’è un’idea del mondo che non è stata elaborata nella complessità del reale, ma viene offerta in una forma data, coincide con quella, essenziale ed epigrammatica, dell’«Atlante». La rappresentazione simulata del viaggio si snoda lungo un repertorio di simboli già noti, una serie di differenze schematiche, forti ed esplicite, che consentono al lettore una percezione rassicurante di sé, contrapponendola a un Altro che, pur temibile, viene neutralizzato dalla raffigurazione esotica. Il Lontano non ha dinamismo, non è aggressivo. La giungla è un giardino letterario praticabile, che si offre nell’ordine meraviglioso, ma sterile del museo. Il romanzo di Salgari è come le grandi Esposizioni Universali che, alla fine del XIX secolo, concentrano in uno spazio ristretto i prodigi della tecnica industriale. Il mondo viene esibito come un itinerario avventuro-
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so, inesauribile, senza essere collegato a una dinamica e a un contesto reali. Gli oggetti hanno una funzione decorativa e ogni universo culturale (quello dell’India, ad esempio) viene riproposto come un frammento, come il riflesso dei pregiudizi più diffusi. Basti pensare al luogo comune orientalista, lungamente nutrito dalla cultura media europea, dell’Asia come realtà astorica e come scenario di comportamenti immutabili. Le razze, i popoli, le sette, i gruppi etnici e religiosi vengono osservati e raffigurati come specie botaniche, non hanno tempo, né varietà, solo «natura». Kammamuri garantisce l’eccezionalità del proprio valore semplicemente ricordando di essere «un maharatto». E il lettore di Salgari ricorda bene la rigidità da trattato naturale con cui lo scrittore compie tutte le sue digressioni geografiche. VI.3 Esotismo/1: la geografia Nella ripartizione esotica del mondo, Salgari preferisce l’Asia e il Maghreb islamico all’Africa Nera, nonostante il fascino che quest’ultima esercita sull’immaginario europeo di fine Ottocento. La sua sensibilità inventiva è sollecitata soprattutto dai grandi complessi di civiltà, in cui il mistero e l’avventura si arricchiscono di mitologie culturali. L’Asia di Salgari coincide fedelmente (con l’eccezione dell’arcipelago delle Filippine, verso cui lo sospinge l’interesse per la realtà contemporanea) con quella dell’Impero Britannico e dei possedimenti olandesi. L’India e l’Insulindia sono i luoghi prescelti dalle scenografie eroiche dei romanzi salgariani, mentre l’Estremo Oriente, il mondo cinese e indocinese, resta ai margini dell’immaginazione dello scrittore. In romanzi come La scimitarra di Buddha o La città del re lebbroso, ambientati in Cina e nella regione cambogiano-siamese, non c’è costruzione fantastica, le vicende sono lente, ripetitive, la componente avventurosa è stanca e occasionale. I romanzi «cinesi» (come quelli ambientati in Paraguay, in Alaska, in Siberia) sono lontani dal centro dell’immaginazione esotica salgariana e sembrano rispondere a un’esigenza di completezza geografica, alla ricerca ossessiva e maniacale dell’Altrove. Questi romanzi, per quanto immaginosi, sono costruiti come Baedeker, come guide turistiche. Si af-
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follano di tutti i luoghi comuni di quello spazio calligrafico e da salotto che è la Cina nell’immaginazione piccolo-borghese della Belle Époque. Non a caso il loro andamento narrativo è quello del viaggio puro, innocente, che ripercorre quei paesi e territori collezionando informazioni e raffigurazioni di maniera.1 Mentre anche i più lontani paesi dell’Asia orientale, come il Giappone, offrono le loro immagini stilizzate ai repertori artistici del Vecchio Continente (si pensi al successo di Loti e di Puccini), si precisa Lord Wilmore e Minnehaha. Illustra- una nuova fonte di irradiazione del Lontazione di Alberto Della Valle per la prima edizione di La scotennatrice no. Salgari concentra il suo immaginario (1909). nei territori al di qua dell’Estremo Oriente, nell’area indiana e musulmana, nella quale effettivamente l’Europa e l’Altrove si fronteggiano, in parte si fondono, in un confronto di natura storica e politica. La Cina e il Giappone rappresentano nella coscienza degli europei il versante razionalistico dell’esotismo orientale, il luogo di raffinate esercitazioni mentali. Invece l’India (dopo la conquista inglese) e l’universo islamico sono il terreno di confronto con la diversità, il termine concreto della contrapposizione Oriente-Occidente. Ed è proprio la potenzialità drammatica di questo scontro ad attrarre la fantasia e l’iniziativa romanzesca di Salgari, molto più dei simboli raffinati e delle eleganze intellettuali presenti in altri filoni dell’esotismo orientale. L’esposizione esotica che egli allestisce, alla pari di quelle mercantili della stessa epoca, è bulimica, quasi orgiastica. La tecnica dell’accumulo, il procedere, tipico di Salgari, che concentra in poche pagine, ad esempio, un’intera foresta e tutte le sue fiere, non risponde solo all’esigenza di tenere i lettore con il fiato sospeso e organizzare l’avventura come una successione narrativa a tensione co1 Cfr. Bruno Traversetti, «Il mondo e l’atlante», in Id., Introduzione a Salgari, Roma-Bari, Laterza, 1990, pp. 37-46.
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stante. In un breve spazio, tenta di offrire il mondo come se fosse uno spettacolo e un prodigio continuo. L’Altrove diventa sontuoso, come lo sono le rassegne delle merci e della scienza europea. Illustrare il mondo diventa un modo per impossessarsene e far partecipare il lettore allo stesso possesso. Anche se si tratta di un’appropriazione fondamentalmente pretestuosa e il repertorio del reale viene fatto scorrere solo per esaurirne tutte le combinazioni. Nel romanzo Le Pantere di Algeri si concentrano nei vicoli della Kasbah cittadina i simboli esotici dell’Oriente arabo in un solo colpo d’occhio. Mentre nel praho di Sandokan, come in un catalogo, siede un equipaggio che comprende tutte le etnie dell’arcipelago malese. Il punto centrale dell’osservazione salgariana, rispetto al quale lo scrittore distingue l’Altro da sé e traccia la topografia esotica del mondo, è l’Europa. O meglio, visto che l’esotismo ha un versante anche temporale, l’Europa della fine dell’Ottocento. Questo «luogo dell’autoriconoscimento» non è compatto, come l’Inghilterra di Kipling. Ai suoi margini insiste un esotismo dai confini geografici ed etnici più incerti e ambigui. I gitani spagnoli della regina Zamora nei Briganti del Riff, i levantini delle terre che a sud-est sfumano nell’Asia, forniscono al romanzo di Salgari un’abbondante mitografia utile a delineare molte figure di antagonisti. Come il greco Teotokris, personaggio negativo degli ultimi romanzi del ciclo dei pirati, l’astuto e malvagio consigliere di Sindhia (usurpatore dell’Assam e nemico di Yanez). Al suo apparire, in Alla conquista di un impero, Salgari predispone tutta la gamma dei luoghi comuni sul Levante e l’intera serie delle alterità possibili tra l’Europa e le sue propaggini orientali. Teotokris entra nel romanzo aprendo una tenda dietro la quale è rimasto nascosto durante il colloquio tra Yanez e il rajah. Per uccidere Yanez, nel quale riconosce subito un nemico, tenta di servirsi di uno strumento disonorevole come il veleno. Infine, quando scende a duello, non combatte con la pistola o con la sciabola, ma con il laccio degli strangolatori indiani che, ad accentuare il carattere estremo, insano del suo esotismo, usa al modo dei gauchos sudamericani. Non si tratta semplicemente di un «greco» (indice, all’epoca di Salgari, di una marginalità), ma di un «greco dell’Arcipelago» e questo sottolinea il carattere «altro» del personaggio, portandone all’estremo
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la mitologia negativa. È l’avventuriero senza scrupoli, l’abitante di una terra di confine; «bianco» quanto basta per esercitare la sua superiorità intellettuale sul rajah usurpatore, che gli dice con ammirazione «Io credo davvero che tu appartenga alla razza più astuta d’Europa». Le vibrazioni esotiche provocate dai «gitani» e dai «levantini» sono le più intense dell’eurocentrismo salgariano. Si tratta di un’alterità antichissima ed endemica, connaturata alla condizione della nazione zingara, alle cronache e alle leggende che la riguardano. E dell’arretratezza dei Balcani nell’Ottocento, della diversità dovuta all’eredità culturale ottomana. È su quest’«orlo dell’Europa», nel quale l’essenza del continente si corrompe a contatto con l’Oriente turco e islamico, che Salgari costruisce l’esotismo più negativo, quello di un «nemico» come Teokritis.2 La storia recente obbliga a considerare molti elementi – la distanza di vita e di linguaggio, le differenze antropologiche – che fanno riconoscere un paese lontano, abitualmente definito «esotico», come ordinato da un sistema di valori radicalmente «diverso». A Salgari invece basta evocare la parola «Gange», all’inizio dei Misteri della jungla nera, per essere certo di entrare in sintonia con l’immaginazione dei contemporanei, per affermare, alla sola pronuncia, un serie coerente di significati storici, geografici e culturali. È questo il senso vitale dell’esotismo di Salgari, che anche se non chiede di essere creduto come «realtà», vuole essere accettato come un simulacro attendibile della realtà. Un’idea della letteratura che ai nostri giorni rende difficile accettare le opere di Salgari ma che, nello stesso tempo, ne fa risaltare la dignità come interpretazione, rigorosa e fedele, di una precisa età storica. Il Novecento ha cancellato la possibilità di sopravvivenza dell’esotico e ha annullato lo slancio dell’immaginario basato sullo scarto tra «qui» e «altrove». Nel 1911, quando Salgari muore, l’Europa è prossima alla guerra, ma indossa ancora l’abito fiducioso della fede nel progresso. 2 In altre circostanze è la parola «fiammingo» a suscitare l’idea dell’alterità. Fiamminghi sono Wan Guld e i suoi fedelissimi, che si oppongono al Corsaro Nero nel Mar dei Caraibi. Ma l’etnia fiamminga, numericamente marginale, non lascia sprigionare vere suggestioni esotiche, né il giudizio morale su di essa è negativo (basti pensare a personaggi come Wan Stiller e l’Olonese). Si tratta piuttosto di uno pseudo esotismo, di un sottinteso comico provocato dalla bizzarria fonetica della lingua, da nomi come Fifferoffich, impronunciabili sino a suscitare le risa degli eroi nella scena iniziale del romanzo Gli ultimi filibustieri.
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Tutta l’attività del romanziere si svolge nell’epoca in cui l’esotismo, con la letteratura che lo rappresenta, raggiunge l’acme della fruibilità sociale e pedagogica. Questo per il concorso di due circostanze, apparentemente contraddittorie. Alla fine dell’Ottocento, il mondo è conosciuto in ogni sua parte e con trascurabili eccezioni le esplorazioni non sono più viaggi di scoperta, ma imprese sportive, con forti dosi di competizione personale. Nel momento stesso in cui la conoscenza geografica giunge al culmine e la conquista coloniale sottomette al dominio del Vecchio Continente ogni luogo della Terra, l’identità degli europei si rafforza e l’«idea di Europa» raggiunge il punto massimo di coesione. Il mondo, ora e per la prima volta, disponibile nella sua totalità, può essere percorso e descritto come mai è avvenuto prima, restando nel contempo un immenso «altrove», contiguo alla civiltà europea in quanto territorio della sua espansione, ma da essa separato da una differenza che la gerarchia culturale mostra come incolmabile. Il confine che divide l’Europa dall’Altro da sé non è più così indistinto da suscitare la leggenda, ma è ancora così sensibile da attivare le risorse della mitografia scientifica e dell’esotismo. Prima del 1914, per un breve momento, con l’ausilio della letteratura esotica, il borghese europeo può spingere la sua immaginazione a visitare il mondo intero, cogliendo ovunque i segni del suo primato. Ed è per questo che Salgari, nella sua vastissima produzione narrativa, recupera alla narrativa avventurosa ogni angolo del pianeta. Basta scorrere i suoi titoli per avere un’idea della tenacia con cui egli percorre l’atlante: Le stragi delle Filippine; Gli orrori della Siberia; I predoni del Sahara; Il bramino dell’Assam; La regina dei Caraibi; Sulle frontiere del Far West; I corsari delle Bermude; Le pantere di Algeri; Il leone di Damasco; I pirati della Malesia; I minatori dell’Alaska. Questa sorta di catalogo dell’Altrove suggerisce indirettamente l’immagine del mondo dello scrittore della Belle Époque, un mondo come deposito di meraviglie, una mito-geografia ammaliante e terribile. Al punto che può diventare un gesto carico di voluttà sedere (come fa Salgari) in un caffè torinese e riferire come altrove, molto al di là dei propri confini, in India, la misteriosa setta dei Thugs compia i suoi riti sanguinari. In ciò Salgari è un romanziere della «consolazione», disposto a celebrare «le magnifiche sorti e progressive» dell’ultima borghesia ottocentesca.
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È vero che non sono infrequenti nelle opere di Salgari gli atteggiamenti di aperta, o sottintesa polemica verso l’ideologia coloniale e le opzioni in favore degli oppressi, veri o presunti (specialmente nei romanzi di ambientazione contemporanea, basati sulle guerre e sui moti sociali in corso negli anni in cui scrive). Come è vero che mancano nei suoi romanzi riferimenti apologetici all’avventura africana dell’Italia. Ma l’uso che egli fa dell’esotismo, le priorità insite nelle sue scelte narrative, recano i segni della sua condivisione della mentalità eurocentrica (anche in modi e in forme che risentono del milieu culturale del post-Risorgimento). Salgari si inscrive nella prospettiva ideologica della centralità europea, come è facile notare se si considera l’uso sociale ed educativo dei suoi romanzi, un fattore non secondario della sua fortuna storica. È ovvio che il consenso salgariano non deve essere inteso come adesione a un progetto politico o a un modello di società. È piuttosto una propensione istintiva verso un’idea di stabilità e di immutabilità del mondo, una tendenza a fare della realtà uno scenario immobile, lo sfondo sul quale proiettare la diversità dall’epica e dall’avventura. Salgari, nei limiti delle sue scarse qualità stilistiche e della sua superficialità culturale, è l’ultimo scrittore dell’Ottocento capace di ridestare lo spirito del romance, adeguandolo al gusto e alle esigenze del positivismo. L’ultimo autore italiano in grado di trasferire nell’immaginario avventuroso l’autocoscienza europea, una visione coerente del mondo che la frattura storica della Grande Guerra disperde in seguito nel frammento e nella nostalgia.3 VI.4 Esotismo/2: la storia I romanzi di Salgari presuppongono l’assenza della storia. I suoi eroi iperbolici non possono essere ostacolati dal rispetto delle convenzioni realistiche e dal mutamento sociale e politico. L’ideale del romance è l’immobilità del mondo, la durata costante del panorama di valori entro 3 Per la questione generale esaminata in questo paragrafo si rimanda ad un classico, Edward Said, Orientalismo (ed. or. Orientalism, 1978), Torino, Bollati Boringhieri, 1991, che utilizza i procedimenti dell’analisi discorsiva di Michel Foucault per esaminare i modi in cui la cultura occidentale ha racchiuso l’Oriente entro categorie naturalistiche e immutabili.
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il quale si collocano l’azione e i suoi archetipi. Per Salgari il simulacro del mondo è, come detto sopra, l’Atlante, lo scenario mitografico che coincide con la realtà e si offre come una «seconda natura», come la sostanza autentica dell’immaginario. Nondimeno l’opera di Salgari è assediata dalla storia e, per quanto si sforzi di farlo, non riesce a stare tutta dentro la carta geografica. Lo dimostra la costante preoccupazione dello scrittore per l’esattezza dell’informazione e la veridicità dell’allestimento delle circostanze narrative, per gli elementi che determinano l’evoluzione diegetica dei suoi romanzi. I rapporti di Salgari con la storia si presentano in forme molteplici, complesse, rese ambigue dalla contraddittorietà che caratterizza la presenza del tempo nei romanzi salgariani. In essi agiscono simultaneamente un’esigenza documentaristica e un impulso centrifugo verso l’immaginazione. Il rapporto meno significativo è quello con la storia passata. Salgari mostra una chiara tendenza ad ambientare i suoi romanzi nell’epoca a lui contemporanea. Il ciclo dei Pirati prende avvio, nelle Tigri di Mompracem, «la notte del 20 dicembre 1849». I romanzi del Far West e della «guerriglia» si riferiscono ad anni ancora più recenti. Per carità, non sono rare le incursioni in periodi storici remoti. Il ciclo dei corsari si svolge nel XVII secolo. E ancora più indietro nel tempo sono ambientati Il leone di Damasco, Le pantere di Algeri, Cartagine in fiamme e Le figlie dei faraoni. Ma da questa immersione nei secoli trascorsi Salgari non trae nessuna sollecitazione culturale e narrativa, se non quella di restituire l’ambientazione esotica nella sua forma più accesa. Per Salgari la storia non è un mutamento dinamico, ma è il deposito di luoghi comuni già presenti nella cultura di massa, un repertorio di stampe (simili a quelle di Gozzano), nel quale, come avviene nello spazio geografico dei suoi romanzi, non c’è successione temporale. L’Indocina coloniale e il Medioevo saraceno appartengono allo stesso ordine ideale, sono le tessere di un medesimo mosaico. Più importante è il rapporto con gli eventi ancora in corso, che permette di osservare le manifestazioni pratiche dell’ideologia salgariana. È stato notato che i titoli dei romanzi di Salgari mettono in primo piano uomini e donne di altri continenti e questa più immediata evidenza ha un riscontro nella materia effettiva delle opere. Gli eroi europei non so-
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no frequenti e spesso le loro lotte si rivolgono contro gli esponenti delle potenze coloniali. Tuttavia è meglio essere cauti nell’accettare la tesi di un Salgari anticolonialista, perché si rischia di sopravvalutare un atteggiamento che, pur presente, viene contraddetto dalla concreta dinamica delle opere. Meglio parlare di neutralità politica di Salgari, che si accompagna, fenomeno abbastanza anomalo per i tempi, a un atteggiamento ideologico non razzista. Le poche eccezioni a questa tolleranza, Salgari le manifesta nei confronti dei nativi americani e degli inglesi (al differente livello colonizzati/colonizzatori), parteggiando esplicitamente per i colonizzati. Episodi storici dell’attività coloniale britannica sono presenti in numerosi romanzi, come la repressione della rivolta di Delhi nel finale del romanzo Le due Tigri. E un personaggio storico di rilievo, James Brooke, spicca senz’altro come la principale figura di antagonista di tutta la narrativa salgariana. Com’è noto Brooke, il nemico irriducibile di Sandokan per tutta la prima parte del ciclo dei Pirati, è un personaggio reale, una singolare figura di avventuriero (1803-1868) che nel 1841 ottenne dal sultano di Brunei il governo del Sarawak (Borneo settentrionale) e il titolo di rajah.4 Nelle Tigri di Mompracem Brooke è evocato come lo «sterminatore di pirati» e Sandokan non manca di parlarne, o di pensare a lui, con evidente risentimento. L’odio del pirata ha origine nel ruolo che Brooke e gli inglesi hanno avuto nello sterminio della sua famiglia ed è, come ogni passione che agita l’eroe, un odio implacabile. Ma ciò non cancella l’ambivalenza ideologica di Salgari nei confronti di Sir James. Quando lo scrittore parla con la voce di Sandokan, sembra condividerne le ragioni e il desiderio di vendetta e fare propria senza riserve la causa di oppresso dall’imperialismo inglese. Ma quando, in I pirati della Malesia, Salgari disegna il profilo storico di James Brooke e abbandona l’identificazione romanzesca con Sandokan, mostra una ponderata, ma convinta ammirazione per il nemico del suo eroe. Né quello di James Brooke è il solo esempio dell’ambiguità salgariana. Ovunque nei suoi romanzi gli oppressori europei, soprattutto gli ingle4 Cfr. Steven Runciman, Il rajah bianco. La vera storia di James Brook e della sua dinastia, Milano, Rizzoli, 1977.
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si, vengono combattuti da ribelli di ogni razza. Ma sempre gli assetti nei quali si arresta il contrasto avventuroso hanno una forma, morale e ideologica, ispirata alla superiorità della Vecchia Europa. Non accade mai che la vittoria di un eroe anti-imperialista comporti l’affermazione di un modello culturale diverso da quello europeo. I ribelli che lottano per la libertà dalla potenza coloniale aspirano tutti a una «catarsi Sir James Brooke. borghese», al conseguimento di uno status analogo a quello dei nemici. All’origine dell’avventura non c’è mai il colonialismo come fenomeno di aggressività politica e come sistema espansivo, ma l’iniquità di certe sue manifestazioni, la sopraffazione che diviene il luogo di una frattura dell’etica borghese, l’epifania degli istinti che covano nella società industriale. C’è un famoso brano della Capitana dello Yucatan (romanzo pubblicato nel 1889, che si basa su avvenimenti della guerra tra la Spagna e gli Stati Uniti per il dominio su Cuba) in cui il consenso di Salgari alle lotte anti-imperialiste sembra essere esplicito, anche perché contiene un severo giudizio sugli Stati Uniti. Ed esistono altri romanzi in cui Salgari esprime la sua condanna per gli eccessi della repressione bianca ai danni delle popolazioni indigene. Sulle frontiere del Far West contiene una severa riprovazione dell’operato del colonnello Chivington, artefice della strage delle tribù pellerossa di Sand-Creek, nel 1864. Si tratta però della stigmatizzazione delle esplosioni di ferocia nelle quali gli eserciti coloniali agiscono al di fuori di un codice etico. E nella Capitana dello Yucatan il giudizio di Salgari non riguarda circostanze o persone particolari, ma una nazione nel suo insieme, gli Stati Uniti, il paese dove «il denaro è tutto», la patria della mentalità capitalistica che nella Vecchia Europa è ancora nascosta sotto la coltre ingannevole dei valori umanitari (e ciò per Salgari, erede di una cultura post-risorgimentale, è sufficiente). È nell’ingiuria a questi valori, nella logica mercantile che annulla, al pari della ferocia gratuita, ogni spinta ideale, la patologia che Salgari ravvisa nei comportamenti coloniali. È questo il nemico che egli contrasta e contro il quale impegna i suoi guerriglieri. Non è im-
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portante sotto quale bandiera l’egoismo mercantile compia di volta in volta le sue sopraffazioni. Nel romanzo Le stragi delle Filippine la situazione della Capitana dello Yucatan si rovescia e il capo degli insorti, Romero, combatte l’imperialismo spagnolo che viene difeso a Cuba. Ciò accade perché il diaframma attraverso il quale Salgari interpreta la storia contemporanea è la cultura sentimentale della Terza Italia, di cui egli non coglie i nessi di continuità con l’espansione coloniale. Salgari non comprende che entrambi sono il riflesso di una medesima dinamica storica e ideologica. Ai suoi occhi essi appaiono come fenomeni diversi e soltanto nella cultura coloniale può rivelarsi, episodicamente, il volto corruttore del capitalismo. È questa l’inquietudine storica che agita l’immaginario salgariano, anche se da ciò non devono essere tratte conclusioni troppo impegnative dal punto di vista ideologico, almeno in direzione di un’ideologia consapevole. La logica mercantile, lo sviluppo del capitalismo e delle sue tecnologie sono i segni di una fatalità, di un cambiamento troppo rapido, che insidia la possibilità dell’avventura e minaccia di travolgere la purezza degli eroi, buoni e malvagi. La storia, quando entra realmente nei romanzi di Salgari, non porta con sé (come avviene nell’a lui coevo ottimismo industriale e positivista) l’utopia di un futuro desiderabile. Ma sospinge l’utopia verso il passato. L’irruzione della modernità rovescia sull’epica salgariana le sue mostruose meraviglie (cannoni, navi splendenti), mette a disposizione dei pirati malesi il telegrafo, nuovi fucili, persino armi chimiche. Ma l’entusiasmo di Salgari per tutto ciò è solo apparente, è il tributo alla necessità di un aggiornamento che nasconde ai lettori la sua avversione per il nuovo. Quando il Progresso penetra davvero nel suo immaginario, non come enunciazione astratta, ma come nuova mentalità e come innovazione tenica, i suoi eroi cominciano a invecchiare. Fra Le tigri di Mompracem, che si svolge nel 1849, e I pirati della Malesia e Le due Tigri, che si svolgono nel 1856-’57, passano otto anni senza che muti l’età dei due protagonisti, Sandokan e Yanez de Gomera, sempre sui trentatré-trentaquattro anni. Ma nel 1868, quando i due eroi sono a bordo dell’avveniristica nave Re del Mare, il tempo è passato anche per loro e hanno cinquant’anni. Il ciclo dei pirati, nato come una mitografia eroica e senza tempo (come le saghe e la maggior parte dei fumetti seriali, che accumulano infiniti epi-
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sodi senza che i protagonisti invecchino) accoglie improvvisamente, come sintomo di decadenza, il realismo, nemico dell’avventura, da cui si esce per sempre quando si viene scacciati dal Progresso.5 VI.5 Salgari e i suoi editori In un tardo pomeriggio dell’aprile 1911 una lavandaia, Luigia Quirico, esce per fare legna nel bosco della Madonna del Pilone, ai piedi della collina torinese. È quasi buio. La donna prende i rami secchi, li mette l’uno sull’altro. A un tratto si accorge di una macchia bianca su un cespuglio di sterpi. Si avvicina. È il colletto di una camicia. Più in là vede una cravatta raggomitolata, come se vi fosse stata gettata. Si guarda attorno: poco lontano, in un piccolo burrone, seminascosto dalla sterpaglia, c’è il corpo di un uomo. In preda al terrore, corre fino al borgo, con poche frasi concitate avverte qualcuno. La notizia arriva subito al commissariato di pubblica sicurezza. Sul luogo giungono il funzionario di servizio e il medico municipale. La morte risale a dieci ore prima. Il cadavere è irriconoscibile, non ha con sé alcun documento di identificazione. Un elemento appare certo: l’uomo si è suicidato. Ha fatto una specie di hara-kiri; poi, per abbreviare l’agonia, si è dato il colpo di grazia, tagliandosi la carotide. La mano destra stringe ancora l’arma, un rasoio nero con la lama consumata. Il corpo viene subito rimosso e trasportato all’Istituto di medicina legale e il fatto non susciterebbe interesse se in un taschino del panciotto non venisse ritrovato un biglietto. Si tratta della ricevuta gualcita di una raccomandata, spedita dall’editore fiorentino Bemporad al Cavaliere Emilio Salgari. Il corpo straziato dai colpi del rasoio è quello del famoso scrittore di avventure. Lo conferma l’immediata visita di un vigile urbano alla casa popolare di corso Casale 205, dove risiede lo scrittore, assente dal mattino e dove i figli (la moglie, si ricorderà, è ricoverata in manicomio) sono in preda all’angoscia.6 Cfr. B. Traversetti, «La storia, il tempo, l’avventura», in Id., op. cit., pp. 46-55. Cfr. Rolando Jotti, «La foresta sull’uscio», in Giulio Raiola, Sandokan. Mito e realtà, Roma, Mediterranee, 1975, pp. 15-29. 5 6
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La morte di Salgari colpisce per il suo carico di violenza e di orrore e per la sua elaborata cerimonialità. È simile ai riti orientali tante volte narrati dallo scrittore e certo ha un significato preciso. Quando quel giorno di primavera, di primo mattino, Salgari si avvia percorrendo la strada del Lauro, verso la collina, forse nella sua mente si agita il ricordo di certe letture giovanili. Come quello di un vecchio articolo di giornale sul suicidio dei samurai, «Perché si aprono il ventre al Giappone». Un argomento a cui il Giornale illustrato dei viaggi, pubblicato da Il giornale Illustrato dei Viaggi e Sonzogno, dava un’affascinante spiegaziodelle Avventure di Terra e di Mare, ne. Nel n. 16 del 19 dicembre 1878, il settianno 1, n. 1, 5 settembre 1878. manale così commentava l’incisione in copertina, in cui cinque giapponesi di rango si uccidono con la famosa cerimonia del seppuku, del taglio dell’addome: In un giorno del maggio del 1874, il principe Satzuma e il daimio Nagato, due potenti signori di Soto-Siro, si erano incontrati in una delle vie del loro quartiere, e né l’una né l’altra delle loro numerose scorte volevano cedere il passo. Il primo dei due signori mandò il capo delle sue genti, chiamato Ima-marha, a parlamentare col capitano del suo collega, Inano-kami. Da tale abboccamento si ebbe questo risultato, che i due uomini s’interrogarono e vicendevolmente si risposero in modo grossolano. Il principe Satzuma, discese allora dal palankino in cui era portato, ed avanzatosi verso il luogo in cui stava il daimio Nagato, gli diresse mille ingiurie grossolane, intimandogli di ritirarsi da un lato per lasciarlo passare. Nagata tenne in niun calcolo quelle parole poco cortesi, ed a sua volta colmò Satzuma di ingiurie. Si venne alle mani e la vittoria restò a Nagato che colpì due volte Satzuma sul volto, e lo inseguì a calci fino al palazzo di proprietà del vinto. Appena tornato in casa ed ivi riuniti i fuggitivi, Satzuma li fece disporre in mezzo alla corte, e tenne loro press’a poco questo discorso: – Vassalli miei, il vostro padrone fu seriamente offeso. Secondo l’antica usanza, io non
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posso sopravvivere all’onta mia, ma vi scongiuro di vendicarmi; e conto su di voi perché questa vendetta sia terribile, e la storia del Giappone ne abbia a parlare. O amici miei, io sto per separarmi da voi togliendomi la vita, ma non dimenticate ciò che è dovuto alla verginità dell’onore di Satzuma. Ciò detto, il nobile signore s’aprì il ventre senza batter ciglio…
Questo discorso pronunciato dal nobile principe giapponese ai suoi uomini presenta qualche analogia con le ultime parole scritte dal romanziere:7 Vinto dai dispiaceri d’ogni sorta, ridotto alla miseria malgrado l’enorme mole di lavoro, con la moglie pazza all’ospedale, alla quale non posso pagare la pensione, mi sopprimo. Cento milioni d’ammiratori in ogni parte dell’Europa e anche nell’America. Li prego, signori direttori, di aprire una sottoscrizione per togliere dalla miseria i miei quattro figli e poter passare una pensione a mia moglie finché rimarrà all’ospedale. Col mio nome dovevo attendermi altra fortuna ed altra sorte. Certo che loro, signori direttori, non mancheranno di far aiutare i miei disgraziati figli e mia moglie.
A sottolineare l’identificazione tra la morte di Salgari e la leggenda nipponica un secondo messaggio, sempre del 22 aprile, questa volta diretto ai figli: Sono ormai un vinto. La malattia di vostra madre mi ha spezzato il cuore e tutte le energie. Io spero che i milioni dei miei ammiratori che per tanti anni ho divertito ed istruito provvederanno a voi. Non vi lascio che 150 lire, più un credito di lire 600… fatemi seppellire per carità essendo completamente rovinato. Mantenetevi buoni ed onesti e pensate, appena potrete, ad aiutare vostra madre. Vi bacia tutti col cuore sanguinante il vostro disgraziato padre Emilio Salgari. Vado a morire nella valle di San Martino, presso il luogo ove, quando abitavamo in via Guastalla, andavamo a far colazione. Si troverà il mio cadavere in uno dei burroncelli che voi conoscete perché andavamo a raccogliervi i fiori. 7
Rolando Jotti, «Gli ultimi messaggi di Salgari», in G. Raiola, op. cit., pp. 20-1.
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Salgari si uccide da uomo ingiuriato e offeso. La pagina estrema della sua vita è un’apoteosi funebre. L’ispirazione che lo ha costantemente visitato nel corso di un’attività intensissima, febbrile, si sta esaurendo. E Salgari, con la studiata ritualità del suo suicidio, sembra rendersene conto e dichiararlo. Nel 1909 compaiono le prime avvisaglie della follia della moglie Ida. Lo scrittore si trova di colpo a dover affrontare e risolvere da solo i mille problemi quotidiani del ménage familiare. Non ne ha l’abitudine, né la capacità. Non sa fare la spesa, mandare i figli a scuola, pagare i debiti, provvedere alla casa e alla malattia della moglie. Le preoccupazioni domestiche estromettono definitivamente Salgari dal suo universo fantastico. L’ispirazione, contaminandosi con l’urgenza della realtà, mostra dei vuoti che, per quanti sforzi faccia, lo scrittore non riesce più a colmare. Il denaro in casa non è sufficiente. Salgari soffre di emicranie, la sua vista si indebolisce. Fino a quando una domenica, dopo la funzione, Ida non precipita nella follia. La donna viene internata in manicomio e anche Salgari, privato della presenza che gli è più cara, crolla. Si è parlato spesso, sul filo dell’analisi psichiatrica, dei «due Salgari», della scissione latente in un uomo che talvolta ha amato attribuirsi «due teste»: «Io lo credo giacché anche voi tutti lettori, avrete udito almeno parlare dell’“Uomo delle due teste”!… Se poi non lo avete nemmeno veduto mai nelle vetrine del libraio, io non so cosa dirvi. Forse sarà stato in China o nel Giappone», scrive in La Bohème Italiana (con significativo riferimento proprio al lontano Giappone).8 Ma nella «duplicità» dello scrittore sta il segreto della sua prodigiosa fucina letteraria, la capacità di porsi nel mezzo di una disagevole ambientazione familiare, trasformandola in un efficiente laboratorio creativo. Nonostante tutto lo scrittore riesce a lungo a convocare nei suoi romanzi messaggi, codici, scampoli di un’erudizione vastissima, ritagli minuziosi operati su innumerevoli episodi della storia contemporanea, per convogliarli nel flusso dell’immaginario avventuroso. È solo negli ultimi anni che lo sforzo di incanalare i processi fantastici, in un lavoro di snervante routine, lo ina8 Antonio Palermo, «I due Salgari», in Il caso Salgari, Atti del convegno 1995, Napoli, Cuen, 1997; Massimo Popolizio, Il caso Salgari. Patologie italiane, Roma, Sossella, 2005; Id., «L’uomo delle due teste», in Felice Pozzo, Emilio salgari e dintorni, Napoli, Liguori, 2000, pp. 107-11.
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ridisce. Gli editori per cui lavora sono inflessibili. Salgari deve tenere fede con puntualità agli impegni presi. Riempire con la sua scrittura fitta, minuta, resa indecifrabile dall’inchiostro diluito, centinaia di cartelle. Mandarle in fretta, senza avere il tempo di rivederle, di correggerle. Ai suoi editori Salgari scrive il suo messaggio più famoso: A voi che vi siete arricchiti colla mia pelle mantenendo me e la mia famiglia in una continua semi-miseria od anche di più, chiedo solo che per compenso dei guadagni che vi ho dati pensiate ai miei funerali. Vi saluto spezzando la penna.
Gli editori, chiamati in causa dalla lettera di Salgari, rispondono immediatamente.9 Dice Enrico Bemporad: «Per parte mia dichiaro, a tutela della dignità della mia Casa, che il contratto vigente col disgraziato autore non giustificava affatto le espressioni della sua lettera». E Cogliati, l’editore milanese: «La nostra casa ha acquistato da Emilio Salgari un’opera sola nel 1895: Avventure dei pescatori di Trepang. Se ne fecero appena due edizioni; la seconda è tuttora in buona parte invenduta. I diritti d’autore, in lire 500, vennero pagati immediatamente il 22 ottobre 1895». L’editore Donath di Genova, che pubblica la maggior parte delle opere salgariane, in edizioni lussuosamente illustrate, scrive: «L’onorario che ebbe da me il compianto cav. Salgari per la pubblicazione di una parte dei suoi romanzi, l’utile ch’egli ricavò dal diritto sulle traduzioni degli stessi, che per contratto eragli completamente riservato, sono in contraddizione con le espressioni scritte a mio riguardo. Del resto numerose lettere a me dirette dal cav. Salgari, quando avevamo rapporti d’affari, sono sufficientemente prova delle relazioni cordiali che ci univano e del come ho compensato l’opera sua». Infine Emilio Treves: «La casa Treves non ha pubblicati, di Emilio Salgari, che quattro volumi, credo i suoi primi, e ciò 15 anni fa! Dopo d’allora, non ha pubblicato nulla di suo, perché al mio sistema di pagare tanto per copia, egli preferiva una somma annua fissa, con l’obbligo di fornire un certo numero di romanzi». Sono queste le condizioni con cui, dopo aver abbandonato diversi 9
La Stampa, 28 e 29 aprile 1911. Cfr. G. Zaccaria, op. cit., pp. 32-4.
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editori, Salgari passa alle dipendenze di Donath, risolvendo il contratto nel 1906, quando Bemporad gli raddoppia la cifra.10 Lo scrittore pensa di garantirsi le condizioni di un’esistenza priva di assillo e di dedicarsi al solo mestiere letterario. Gli accresciuti bisogni familiari e una sostanziale incapacità di trovare mezzi più stabili per farvi fronte, lo spingono a comporre libri scadenti, pubblicati con pseudonimi per non contravvenire al diritto d’esclusiva. Salgari resta intrappolato in collaborazioni spicciole, poco redditizie. Il problema, al di là del caso umano e psicologico, non è risolvibile in base a considerazioni moralistiche e va ricondotto a due fattori: l’incapacità di gestire il successo personale e le condizioni dell’editoria del tempo, non esclusa la spietata concorrenza a cui viene sottoposta l’opera salgariana da parte di amici e avversari. Può stupire che Salgari abbia rifiutato le condizioni offertegli da Treves. Ma a parte il bisogno di guadagno immediato, occorre chiedersi quali garanzie esistessero, da parte sua, di un effettivo controllo delle vendite. A differenza di quanto avviene per De Amicis, il fallimento di Salgari è dovuto alla distanza dai centri culturali, dai luoghi dove si elaborano le scelte editoriali strategiche. Le tappe della sua irrequieta esistenza, i frequenti cambiamenti di abitazione in una periferia vista come un’illusoria ricerca di spazi fantastici, non fanno che sottolineare l’isolamento dello scrittore e, insieme, il tentativo di non smarrire i contatti con la realtà metropolitana, sentita come la fonte concreta della propria ispirazione. La compensazione del fantasticare letterario, del sogno di avventure impossibili in paesi misteriosi e remoti, sottolinea una chiara componente di alienazione. Ma soprattutto rispecchia la personalità dello scrittore, la sua assenza rispetto al mondo delle macchine e della tecnica, che celebra a Torino i suoi trionfi. Ma proprio questo è il punto. Come la «neofobia» di Salgari trova il suo emblema funebre nell’hara-kiri del principe Satzuma, allo stesso modo Salgari resta una parte efficiente (forse la più efficiente) del moderno sistema editoriale. Per comprendere come ciò sia potuto accadere, è necessario interrogarsi sul successo della «fabbrica salgariana» e sullo sfruttamento intensivo del nuovo genere avventuroso italiano. Che 10 Giovanni Arpino – Roberto Antonetto, Vite, tempeste, sciagure di Salgari il padre degli eroi, Milano, Rizzoli, 1982, pp. 57-63.
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coinvolge in pari misura gli ammiratori e gli avversari dello scrittore e i suoi editori, maggiori e minori, tutti generalmente privi di scrupoli. Senza dimenticare che lo stesso Salgari, almeno all’inizio, crede di condurre il gioco. Lo dimostrano alcuni fatti, come la creazione della rivista di viaggi Per Terra e per Mare dell’editore Donath e i contrasti tra i principali imitatori di Salgari, Antonio G. Quattrini e Luigi Motta. VI.6 Per Terra e per Mare In una lettera dell’8 agosto 1903 Salgari scrive alla moglie: «L’affare del giornale mi sembra morto, perché Spiotti non me ne parla mai, anche da me richiesto. D’altronde sarei andato a Genova assai ma assai malvolentieri. Penso d’altra parte che posso surrogare ciò che perdo e con maggiore libertà».11 Edoardo Spiotti è il direttore della Donath di Genova e della Libreria Internazionale di via Luccoli 44, che agli inizi del secolo è una zona molto elegante della città. La casa editrice è stata fondata nel 1886 da un commerciante ebreo di Berlino, Federico Donath, e in quegli anni appartiene a suo figlio, Antonio. Emilio Salgari ha stipulato un contratto pluriennale con Donath, che ha acquisito nel 1897 i diritti commerciali dei Misteri della Jungla Nera (1895) e dei Pirati della Malesia (1896).12 L’inserimento delle opere dello scrittore veronese ha rinnovato il catalogo di Donath, il primo editore in Italia a comprendere le potenzialità commerciali del genere avventuroso. Salgari va spesso in via Luccoli per seguire la stampa dei suoi libri, quando tra il 1897 e il 1899 vive a Sampierdarena, nella casa Rebora di via Vittorio Emanule. Il contratto Felice Pozzo, «Per Terra e per Mare», in Id., Salgari e dintorni, Napoli, Liguori, 2000, p. 55. La casa editrice stampa a Firenze (tipografia Landi) opere locali. In catalogo ci sono libri di viaggio (Intorno al mondo di Aristide Olivari e Un mio viaggio nell’Eritrea di Max Schöller); un romanzo utopico (L’Avvenire. Uno sguardo retrospettivo dall’anno 2000 ai giorni nostri di Edward Bellamy); alcuni saggi (Anton Giulio Barrili, Henry Harisse); un volume di Arturo Issel sul terremoto ligure del 1887; di Federico Schack su Mazzini; di Ernesto Bozzano sullo spiritismo. Donath pubblica inoltre opere di divulgazione pratica (educazione infantile, fotografia, finanza, banche e tasse, merceologia, carte topografiche della Liguria e di Genova) e un Dizionario moderno genovese-italiano e italianogenovese, con una raccolta di proverbi e un rimario dialettale. Il logo di Donath è un antico simbolo ermetico, un Giano bifronte androgino, con la scritta «Ars» e le iniziali A. e D. all’esterno. 11 12
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con Donath viene rinnovato nel 1902, tre romanzi all’anno per il 19051907, pagati in rate mensili. Nel contratto non si parla di alcun giornale, ma probabilmente ci sono stati degli accordi verbali per creare un settimanale di viaggi e di avventure simile a quello di Sonzogno, Il giornale illustrato dei viaggi, di cui Salgari è un appassionato lettore. Salgari dirigerà il giornale di Donath nella massima autonomia, spostandosi da Torino a Genova, un’impresa faticosa, ma alla quale Salgari tiene molto, non solo per questioni economiche. Lo scrittore incalza Spiotti finché, nel 1904, il giornale vede la luce. Il titolo è Per Terra e per Mare. Giornale di Avventure e di Viaggi diretto dal Capitano Cavaliere Emilio Salgari.13 Sono otto pagine, senza copertina, formato 24 x 33.14 La rivista esce senza presentazione del direttore. Salgari non prepara un programma editoriale e non crea una redazione. Confida nell’illustrazione di Alberto Della Valle in prima pagina e sulla pubblicazione a puntate di Jolanda. La Figlia del Corsaro Nero, che un avviso annuncia come il seguito del Corsaro Nero e della Regina dei Caraibi. All’inizio il giornale è costituito solo dal nuovo romanzo di Salgari, affiancato dalle puntate di La Rosa della Prateria di Fenimore Cooper. La pubblicazione parallela termina nei numeri 15 e 22, per lasciare spazio ad altra narrativa (quasi tutta di Salgari). Per qualche tempo la rivista ospita la posta dei lettori. Salgari risponde brevemente ad alcune offerte di collaborazione, poi più nulla. La circostanza non è dovuta alla mancanza di lettere (presumibilmente numerose), ma all’impossibilità per Salgari di far fronte alla corrispondenza.15 In ogni caso dal n. 9 compare il primo collaboratore, 13 «Per Terra e per Mare è percorsa […] dai temi e dai modi di Salgari. Egli ne è stato certo direttore accorto e presente, costruendo con il Giornale un prodotto a cornice della propria produzione narrativa, così coerente […] col proprio tempo, così rispondente ai bisogni di lettura dell’età umbertina, che […] a livello di massa trovavano in Salgari un lussureggiante universo d’evasione». Carla Ida Salviati, «Scorribanda salgariana in un periodico di viaggi del primo Novecento», LG Argomenti, n. 04/1982, p. 47. 14 Il primo numero viene stampato dalla Tipografia Ciminago (vicolo Mele 7, Genova). Poi passa allo Stabilimento dei F.lli Armanino (via Varese 3). Il gerente e responsabile della rivista è Mario Licini. Poi la gestione è affidata ad Arminio Pazzi, quando la rivista cambia ancora tipografo e passa allo Stabilimento Cappelli di Rocca San Casciano (Forlì), che stampa tutti i romanzi di Salgari. 15 Sfortunatamente ciò impedisce di acquisire molte informazioni sugli imitatori di Salgari e le loro polemiche. Una rubrica della posta è presente in tutti i settimanali, numerosissimi, che nascono a imitazione di Per Terra e per Mare. La rivista viene distribuita su tutto il territorio nazionale e venduta in abbonamento in Italia e all’estero. Cambia la testata (n. 19): Per Terra e per Mare. Avventure e Viaggi illustrati. Scienza popolare e letture amene. Giornale per tutti diretto dal Cap. Cav. Emilio Salgari;
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Aristide Marino Giannella, seguito da Athos Gastone Banti (n. 17) e sulle pagine della rivista si affaccia la nuova leva degli imitatori salgariani, il folto gruppo di autori che si prepara a entrare in concorrenza con lo scrittore veronese: Umberto Cei, Mario Contarini, Edgardo Giaccone, Americo Greco, Guido Molinari, Luigi Motta. Senza dimenticare tutti coloro che sono già subentrati nei periodici dell’editore Speirani o praticano il genere avventuroso presso altre case editrici. Per Salgari si fa reale il rischio di essere copiato, o anticipato sulla base del semplice annuncio di un titolo sulla rivista. E in effetti le sue opere, così legate a una produzione per il consumo, sono oggetto di una forma di spionaggio industriale, di procedimenti di imitazione difficili da distinguere dal plagio.16 Il giornale chiude con il n. 31 (1906), perché da alcuni mesi Salgari ha ripreso contatto con l’editore fiorentino Bemporad ed ha deciso di lasciare Donath. Bemporad ha già pubblicato due romanzi di Salgari: Un dramma dell’Oceano Pacifico (1895) e Il Re della Prateria (1896), acquistandone per 350 e 375 lire la proprietà «in assoluto, in perpetuo e senza restrizioni» e riservandosi anche i diritti di traduzione all’estero (di solito lasciati all’autore). Una somma esigua, se confrontata con la fortuna accumulata da Donath con gli oltre trenta romanzi di Salgari. Nel aumentano le rubriche (caccia e pesca, storia marinara, scienze, sport, esplorazioni, varietà, curiosità, aneddoti) e le collaborazioni. Anche Salvatore di Giacomo invia alcuni racconti: Addio, La civetta, Cronaca della vecchia Norimberga. Salgari, che fa uso di numerosi pseudonimi, pubblica sul giornale La sovrana del campo d’oro (1904), Il re del mare (1905), Le aquile della steppa (1906), Cartagine in fiamme (1906). La presenza di Salgari si avverte nella scelta degli illustratori, come Carlo Tallone (1879-1961), che abita nello stesso edificio in cui si è stabilito lo scrittore a Sampierdarena. 16 Prima che nel 1906 Salgari smetta di scrivere sul giornale si susseguono avvisi di questo genere: «Il Sig. Cav. Salgari sta scrivendo un emozionante romanzo che, come primizia, sarà pubblicato nel giornale, appena finito Il Re del Mare. Ci duole non poterne preannunciare il titolo, come facevamo nel passato; ma l’esperienza ci ha fatto constatare che altri ne approfittava per lanciare suoi lavori consimili, danneggiando così l’egregio nostro Signor Direttore nella sua priorità» (n. 31, 1905). E ancora: «Col n. 10 ha fine il romanzo Le Aquile della Steppa e comincerà subito il nuovo, scritto appositamente pel nostro giornale. Non ne diciamo il titolo; ma possiamo assicurare i nostri cortesi lettori che li interesserà moltissimo, essendo il seguito dei notissimi romanzi Il Corsaro Nero, La Regina dei Caraibi e Jolanda la Figlia del Corsaro Nero» (n. 7, 1906). Nel n. 11 si legge: «I nostri cortesi lettori non siano sorpresi se, avendo annunciato che il nuovo romanzo del nostro Direttore era la continuazione del Corsaro Nero, quello che oggi comincia, Cartagine in fiamme, sia tutt’altra cosa. Fu un ripiego innocente per annunciare un nuovo romanzo di Salgari, senza dirne né titolo, né contenuto, e ciò perché altri non ne potesse approfittare, lanciando qualche nuovo lavoro consimile, come si è avverato precedentemente» (n. 11, 1906).
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1904, dopo neanche un mese dalla nascita di Per Terra e per Mare, Bemporad paga 500 lire Le Meraviglie del Duemila. Salgari aggira l’esclusiva di Donath servendosi di uno pseudonimo, Guido Altieri, già usato per lo stesso motivo con altri editori, come Speirani e Biondo. Nel giugno 1906 Salgari rompe il contratto con Donath, accetta di pagare la penale di scioglimento (8000 lire, fornitegli da Bemporad) e firma con l’editore fiorentino, che lo vincola sino al 1915, cautelandosi contro l’uso di pseudonimi con una multa di 20 mila lire. L’avvenimento colpisce Donath, che continua a stampare le opere salgariane di sua proprietà (principale fonte di guadagno della casa editrice), ma rinuncia a ogni iniziativa promozionale a sostegno dei libri di Salgari. L’editore tiene a lungo nel cassetto Il Tesoro del Presidente del Paraguay, un romanzo apparso a puntate sul Novelliere Illustrato (1894), che il concorrente Speirani – da cui Donath lo ha acquistato a caro prezzo – ha ristampato più volte (1901-1904), sempre con enorme successo. Poi lo vende ai fratelli Quattrini, che lo pubblicano nel 1909 a dispense con la casa editrice di loro proprietà, La Casa Editoriale di Milano, nella «Collana di Viaggi Salgari-Quattrini». I fratelli Quattrini (Antonio e Attilio), già incontrati nei Capitoli precedenti, sono editori commerciali con pochi scrupoli. Prevedono di pubblicare alternativamente romanzi di Salgari (acquisiti dai cataloghi degli altri editori) e romanzi di proprio pugno. Salgari li odia e definisce Antonio «un pirata della penna». Quando sulle dispense Quattrini appaiono due ritratti in ovale, di Antonio Quattrini e di Salgari, lo scrittore veronese pensa di rivolgersi a un avvocato. Per Donath, che conosce l’avversione di Salgari per Quattrini, la cessione di Il Tesoro del Presidente del Paraguay è una forma di vendetta.17 Nel 1903, infatti, il giovane romano Antonio Garibaldi Quattrini aveva dato alle stampe con l’editore Celli di Milano un romanzo intitolato La Tigre del Bengala, un’imitazione integrale delle opere del ciclo indiano di Salgari. I nomi dei protagonisti sono molto simili, o identici a quelli dei personaggi salgariani (Suyodhama/Suyodhana; Trimal Nayk/Tremal-Naik, Kamma17 Donath sopprime la prefazione di Salgari al romanzo di Alfredo Ferrero Il Fiore del deserto (1897). In seguito rifiuta di raccogliere in volume i racconti pubblicati da Salgari su Per Terra e per Mare e manipola la quinta edizione dei Misteri della Jungla Nera (1912).
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muri). La setta degli strangolatori thugs è descritta nello stesso modo e con le medesime inesattezze, come il petto tatuato con un serpente dalla testa di donna e il laccio munito di palle di piombo usato dai gauchos argentini. Si può affermare con sicurezza che c’è soprattutto Quattrini all’origine dei timori di plagio di Salgari. Non è certo una coincidenza che poco prima che uscissero le puntate di Jolanda, la Figlia del Corsaro Nero e del Re del Mondo, Quattrini pubblichi con la casa editrice Gussoni di Milano i romanzi La Figlia del Corsaro e Il Re dell’Oceano. Ed è molto probabile che la fine della rivista di Salgari sia stata causata, oltre che dall’incapacità da parte dello scrittore di mantenere un ritmo di lavoro massacrante, anche dall’immissione sul mercato di innumerevoli giornali a imitazione di Per Terra e per Mare, attraverso i quali prospera una spietata concorrenza nei confronti dello scrittore veronese.18 Dopo neppure due mesi dall’uscita di Per Terra e per Mare, l’editore Gussoni affida al giovane Antonio Quattrini la direzione della rivista Viaggi e Avventure di Terra e di Mare. Il primo numero esce nell’aprile del 1904 e nella presentazione appare un attacco personale nei confronti di Salgari: Quattrini afferma infatti di voler «allettare educando» i lettori, innalzando «la bandiera che purtroppo i moderni scrittori per la gioventù hanno ripiegata alla ragione commerciale». E in seguito la polemica contro Salgari, promossa dalla rivista, prosegue. VI.7 Antonio Quattrini Il giovane scrittore Luigi Motta fonda a Verona il giornale Intorno al mondo nel gennaio del 1905 e l’anno successivo riceve dalla Società Editoriale Milanese la direzione di Oceano. Giornale letterario di Viaggi e Avventure. Tra Luigi Motta e Antonio Quattrini si apre una lotta feroce, perché Quattrini, a seguito di una vertenza con Gussoni, ha abbandonato la direzione di Viaggi e Avventure e ha fondato una propria rivista a Como, Il Giornale dei Viaggi. Il periodico inizia le pubblicazioni nel18 Cfr. Corrado Farina, Giallo antico. Delitto nella Torino cinematografica del primo Novecento, Torino, Fogola, 1999.
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l’ottobre del 1905, ma viene sostituito nel maggio 1907 dal quindicinale La Sfinge. Rivista letteraria fantastica di viaggi e avventure di terra e di mare, che ha come redattore Mario Contarini. Nel 1906 Mario Contarini e Guglielmo Stocco conducono insieme Il Vascello della casa editrice Nerbini e l’anno dopo Contarini fonda Il Mare. Nel novembre 1907 Guido Molinari assume a Torino la direzione di Atlantide, rivista mensile letteraria di viaggi, avventure e varietà, finanziata dal musicista genovese Luigi Firpo, che da bambino ha conosciuto Salgari e in seguito ha stretto un’amicizia personale e di lavoro con Luigi Motta. Atlantide dura solo quindici numeri, anche a causa dei contrasti tra Contarini e Motta, che sono in buoni rapporti con Firpo, ma molto ostili l’uno con l’altro. La nascita delle nuove riviste, tutte simili, e il susseguirsi frenetico delle iniziative editoriali hanno lo scopo evidente, come sopra annotato, di impadronirsi dello spazio letterario e commerciale già occupato da Salgari e dalle sue opere. E anche se Salgari, come si è visto, tenta di sottrarsi alla mischia, la sua produzione è messa a dura prova dai concorrenti, più o meno dichiarati, e non sembra in grado di reggere l’ondata delle imitazioni provenienti dalle pagine delle riviste e dei romanzi d’avventura. Scrive lo scrittore e illustratore Yambo (al secolo Enrico Novelli): Il pubblico ignorava la sua tragedia. I giovani si contentavano di ammirarlo e di imitarlo. Quanti imitatori in quei giorni!… Nascevano come i funghi. E gli editori che favorivano questa forma epidemica di letteratura avventurosa, nella speranza di ritrovare, fra tanti, un qualche scrittore che valesse Salgari, pubblicavano volumi su volumi, cercando che almeno nell’aspetto esteriore le edizioni somigliassero a quelle del romanziere famoso…19
Antonio Quattrini (1880 – 1937) entra in marina all’età di 14 anni, dove rimane fino al 1902. A 19 anni pubblica con la Tipografia Lega Navale di La Spezia un libretto di lettere e bozzetti intitolato A bordo, riproposto nel 1901 con il titolo Chi è il marinaio. Poi dà alle stampe con l’editore Celli La Tigre del Bengala e La Figlia del Corsaro, mettendosi in 19 Yambo [Enrico Novelli], «Un poeta dell’avventura: Emilio Salgari», in Emilio Salgari, Le mie memorie, Milano, Mondadori, 1928, p. 13.
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diretta e sleale competizione con Salgari. Seguono I Naufraghi del Pacifico (1904, con lo pseudonimo C. Trinchettina), La Figlia del Deserto, Il Vascello Fantasma (seguito di La Figlia del Corsaro), La Setta del Crisantemo, Il Re dell’Oceano (seguito di Il Vascello Fantasma) e La Pietra Filosofale (un romanzo fantastico). Nel 1905 riesce a pubblicare con Treves (dopo alcuni articoli usciti sulla rivista Il Secolo XIX) I Pirati Bianchi. Treves rimpiange di non aver legato a sé una gallina dalle uova d’oro come Salgari. E mentre cerca un successore dello scrittore veronese, pubblica (ristam- Antonio G. Quattrini, Il Re dell’Oceano, Mipandoli continuamente) molti suoi ro- lano, Gussoni, 1904. manzi: La Scimitarra del Budda (1892), I Pescatori di Balene (1894), I naufraghi del Poplador (1908). Nel 1906 Antonio Quattrini convince il fratello Attilio a fondare a Como la Casa Editrice Roma. I due fratelli si trasferiscono prima a Milano, dove creano la Casa Editrice Italiana. Poi a Firenze, dove la Quattrini diventa una casa editrice di successo. A Firenze Antonio abbandona l’attività di editore, ma non la narrativa. Compie alcuni tentativi in settori diversi (fiaba, poliziesco, biografie per il cinema, viaggi). Tra il 1904 e il 1909, con lo pseudonimo Toni Penny, inventa una serie popolare in fascicoli, quella, già trattata, del poliziotto John Siloch, un personaggio a metà tra Sherlock Holmes e il detective d’azione americano; poi si dedica al giornalismo. Esordisce sulle pagine dell’Ettore Fieramosca di Firenze (188-1913), diretto da Ettore Malenotti. Diventa direttore del Tirreno della Spezia e inviato dell’Impero. Segue la spedizione in Alaska del Norge di Umberto Nobile e ne ricava il volume Col Norge sulla via del Polo, pubblicato dal fratello nel 1926 e riproposto l’anno seguente con una nota introduttiva di Nobile e un nuovo titolo, Col Norge da Roma all’Alaska. Muore nel 1937 (seguito l’anno dopo dal fratel-
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lo) per una crisi cardiaca. Dal 1930 suo fratello Attilio dirige la Barion, dopo la morte del titolare della casa editrice milanese. Per questa ragione negli anni 1931-’32 Barion ripropone alcuni romanzi di Salgari, Il Tesoro Misterioso, La Favorita del Mahdi, Il Vascello Maledetto, pubblicati da Quattrini nel 1906-1907 e ristampati più volte negli anni Venti. Si tratta di edizioni illegali. Il Tesoro Misterioso è una nuova edizione di Duemila leghe sotto l’America (1888), con l’aggiunta di tre capitoli e un titolo cambiato senza alcuna avvertenza editoriale. Il Vascello Maledetto viene proposto come un’opera inedita, mentre si tratta di una riedizione delle Novelle Marinaresche di Mastro Catrame (1894, Speirani), con l’aggiunta in appendice di quattro racconti di Salgari (Un’avventura nelle Pampas, Le Grandi pesche nei Mari Australi, Una caccia nelle Montagne Rocciose e Le avventure di Padre Crespel nel Labrador), apparsi sui settimanali di Speirani nel 1894-’95. Le iniziative di Quattrini turbano Salgari. A colpirlo è soprattutto la prefazione al Vascello Maledetto, nella quale Salgari viene definito autore di «un centinaio di libri fantastici». In realtà Mastro Catrame, apparso nel 1909, è solo il settimo libro dello scrittore (che saranno 84 in tutto). Soprattutto non appartiene al genere fantastico, cosa che Quattrini mostra deliberatamente di ignorare, come conferma la copertina scelta per il libro di Salgari, una nave di aspetto diabolico, circondata dalle onde di un mare in tempesta. I fratelli Quattrini acquistano anche I Pescatori di Trepang (Cogliati, 1896) e L’Eroina di Port Arthur (Speirani, 1904, con lo pseudonimo Guido Altieri). I Pescatori di Trepang viene riproposto nel 1909. Antonio vi aggiunge un proprio testo in appendice, Viaggio di circumnavigazione con S.A. R. il Duca degli Abruzzi, apparso a puntate sul giornale Viaggi e Avventure nel 1904. Un accostamento discutibile, perché Quattrini in quelle memorie, relative a un viaggio a bordo della Cristoforo Colombo nel 1894-’96, non aveva risparmiato il sarcasmo nei confronti di Salgari, che dirigeva allora Per Terra e per Mare, parlando dei viaggi immaginari del «Signor Emilio» in Borneo. Pochi anni prima Salgari aveva dato alle stampe un libro di viaggio del Duca degli Abruzzi con La Stella Polare, scritto a tavolino consultando cronache e resoconti di giornale. Quattrini sostiene di aver scritto quelle memorie «a brano a brano, tra una guardia e una comandata, tra una veglia e un uragano,
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in tre anni di viaggio intorno al mondo». Nella rubrica della posta del suo giornale, senza mai nominare esplicitamente Salgari, Quattrini vanta le sue esperienze di mare, che rendono più veridica la sua attività di romanziere d’avventure e di direttore di giornali di viaggio. Accenna a fenomeni particolari (come il «gorgo»), descrive soggiorni esotici (Iquique). Redarguisce un lettore, perché non si possono descrivere avventure di mare che avendole vissute direttamente. E informa un ragazzo con velleità letterarie di avere attraversato parecchie tempeste, senza provare «neppure un fremito». La Favorita del Mahdi viene stampata dalla Editrice Roma dei fratelli Quattrini nel 1907 (anche se Bietti continua a stamparla dal 1904 al 1913). Una scelta che può apparire in contrasto con la posizione dei due fratelli, favorevole al romanzo alla Verne. Antonio, recensendo sul giornale di Gussoni Gli Eroi del Capo (Speirani, 1904) di un allievo di Salgari, il giovane Guglielmo Stocco, scrive: Sì, siamo convinti che questo genere di letteratura forse dilettevole (ma punto educativa ed utile) debba cessare, che queste favorite del Mahdi debbano aver fatto il loro tempo. Corriamo sul sentiero buono, su quel sentiero tracciato dal sommo Verne, che i giovanetti d’oggi dal gusto falsato guardano con freddezza… (n. 3, 1904).20
Quattrini conduce una guerriglia editoriale contro Salgari, direttore del solo giornale concorrente sul mercato che sia in quel momento degno di attenzione. La recensione rievoca Verne solo per ripudiare la scuola fondata in Italia da Salgari.21 Contrastare Salgari, assorbito da un lavoro massacrante e assillato da gravi problemi di famiglia, non comporta gra20 Felice Pozzo, «Giornali l’un contro l’altro armati: Antonio Quattrini G. e Luigi Motta», in Id., op. cit., p. 73. 21 Un concetto ripetuto (contraddittoriamente) in altre occasioni: «No, la nostra scuola romantica di viaggi non attinge dal Verne. È un genere diverso. Magari i nostri scrittori si fossero inspirati [sic] sul [sic] grande maestro. Il primo romanzo d’avventure in Italia lo scrisse Capuana, seguito dal Mioni, poi dal Salgari ecc. … Ma una scuola propriamente in Italia non esiste, ogni autore ha il suo metodo». Viaggi e Avventure di Terra e di Mare, n. 4, 1904, cit. F. Pozzo, op. cit., p. 73. Quattrini inventa una sorta di primogenitura del romanzo d’avventure italiano. Ma è facile controllare la produzione di Capuana. E notare che Salgari si dedica al genere, come scrittore d’appendice, dal 1883, mentre Ugo Mioni pubblica il suo primo romanzo d’avventure più di dieci anni dopo.
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vi conseguenze e accresce la possibilità di ottenere credito presso il pubblico meno esigente. Lo dimostra il trafiletto che su Viaggi e Avventure annuncia Gli Orrori della Jungla Nera (anonimo, ma probabilmente dello stesso Quattrini) che, senza tralasciare la polemica, passa rapidamente in rassegna alcune tra le più note convenzioni salgariane: Le Indie, il paese dei misteri e delle sette tenebrose, il paese delle putride emanazioni e del cosmopolitismo religioso, ove crescono alberi grandi come torri e rettili sottili come fili d’acciaio […] sono il paese ove maggiormente ha spaziato la fantasia degli scrittori. Ma ahimé! Come si può parlare e scrivere di un paese e dei suoi abitanti se l’uno e gli altri si sono visti soltanto attraverso le pagine di qualche libro, il cui autore, avrà magari fatto altrettanto? […] E in Italia ve ha così pochi, tra coloro che scrivono libri di viaggi e che hanno scritto delle Indie e delle sette con rara faccia tosta le più strampalate corbellerie, che veramente abbiano visitato e vissuto nel sacro suolo dell’Ariawarta! (n. 33, 1904)22
Anche L’Eroina di Port Arthur (1904, Speirani), che esce quando la guerra russo-giapponese è ancora in corso, viene attaccato da Quattrini con frasi come questa, inserite nella pagina della posta: «Tutto l’universo ne ha piena la testa di russi e giapponesi» (n. 33, 1904). E ciò mentre lo stesso Quattrini fa pubblicità la suo ultimo romanzo, La Setta del Crisantemo, vantandone le due edizioni in tre mesi e definendolo «il primo romanzo d’avventure che si svolge nei recessi misteriosi dei costumi» del Giappone: L’Autore, con percezione mirabile, intuì l’attuale conflitto tra il colosso Moscovita e i figli del Sol Levante ed [sic] ne predì le conseguenze. Ciò basta a dimostrare come l’Autore conosca a fondo il popolo che descrive ed in mezzo al quale visse per vario tempo.23 22 In F. Pozzo, op. cit., p. 74. Quattrini raccomanda ai collaboratori di evitare «soggetti già fritti e rifritti di Jungle, Thugs ecc.» (n. 33, 1904). Ma sul giornale appaiono, oltre a Gli Orrori del Gange, La Vendetta del Rajak (Elisa Quattrini), Le Tigri dell’Oceano Indiano (A.G. Quattrini) e si annuncia la prossima pubblicazione delle dispense dei Misteri del Gange (A.G. Quattrini). 23 F. Pozzo, op. cit., p. 75.
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Quattrini pubblica L’Eroina di Port Arthur in forma di fascicolo 40 x 30 cm, dodici pagine, 62 colonne, supplemento di un altro supplemento, Cronache Letterarie (periodico pubblicato dai due fratelli). Lo attribuisce, per la prima volta, direttamente a Salgari (il romanzo era uscito sotto lo pseudonimo Guido Altieri), perché il ricavato delle vendite va agli orfani dello scrittore. Anche Quattrini è sommerso dalle imitazioni salgariane dei lettori ed è costretto a respingerle. Nella pagina della posta (di un numero che contiene le puntate di Il Filibustiere, Gli Orrori della Jungla Nera, La caverna dei leopardi di Americo Greco), scrive a un lettore di Cremona che di Montagna di Luce (romanzo di Salgari pubblicato da Donath nel 1902) «ve n’è già una e sarebbe di troppo»; e a un lettore di Catania risponde: «Nella Jungla – Molto interessante, se non ci fossero Le due Tigri di Salgari. Pubblicandolo si incorrerebbe in un processo… Alla larga!». Infine Quattrini recensisce due romanzi che Salgari scrive con lo pseudonimo Guido Landucci, La Giraffa Bianca e Sul mare di perle (1902-1903, Belforte). Difficile dire se egli sappia chi sia realmente l’autore dei due romanzi. Ma ammette l’esistenza di una scuola fondata dallo scrittore veronese, sia pure scomodando ancora una volta Capuana e persino padre Bresciani. Forse si tratta di un messaggio di tregua a Salgari (i romanzi sono presentati come un «plagio sfacciato», ma efficace), senza che ciò comporti la rinuncia al saccheggio delle sue opere: È innegabile che al Cav. Emilio Salgari spetti in Italia il merito di aver sviluppato un genere di letteratura, rimasta col Capuana e il padre Bresciani, quasi allo stato embrionale. Egli è inoltre il più forte produttore di romanzi fantastici e come tale ha dato adito a molti altri scrittori, d’arricchire la propria immaginazione, di fortificarla con i mille episodi sempre nuovi di cui i suoi romanzi sono pieni. Niente dunque di più facile e di più perdonabile ad un autore alle prime armi, che avendo in testa qualche dozzina dei volumi del Salgari, in uno di quei momenti d’intenso raccoglimento, si lasci involontariamente sfuggire dalla penna una situazione che potrebbe essere figlia dello scrittore veronese. Ma nei due romanzi del Landucci le cose camminano diversamente. Non si tratta di un semplice episodio, di una reminiscenza, di una situazione, è il libro stesso, è
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l’intero romanzo che se noi avessimo letto sul frontespizio il nome dell’autore, saremmo arrivati in fondo persuasi d’aver letto un libro del Salgari… (28 luglio 1904)24
Con la chiusura di Per Terra e per Mare Salgari non viene più direttamente da Quattrini, che abbandona Viaggi e Avventure di Terra e di Mare (1905) per diventare editore. Nel maggio 1906 viene creata la Società Editoriale Milanese (Corso Buenos Aires, 9), gerente l’onorevole Giovanni Battista Pirolini. A essa fa capo la rivista L’Oceano, diretta da Luigi Motta. In questo nuovo giornale l’atmosfera è più favorevole a Salgari. Nel primo numero compare una recensione a Lo Stregone del Fiume Rosso (Speirani, 1905) di Guglielmo Stocco, autore già stroncato su Viaggi e Avventure. Il «salgarismo» della rivista L’Oceano si deve soprattutto all’ostilità che oppone Luigi Motta ad Antonio Quattrini. Entrambi si contendono (con scaltrezza) gli spazi lasciati liberi da Salgari. Se Quattrini è un «pirata della penna», Luigi Motta fa mostra di muoversi in direzione contraria e si schiera con lo scrittore veronese. Anche se bisogna riconoscere che Motta nutre un’ammirazione sincera per Salgari. Lo scrittore lo ha tenuto a battesimo nel mondo letterario, anni prima a Genova, ha accettato di incontrarlo di persona e risponde regolarmente alle sue lettere. VI.8 Luigi Motta Luigi Motta nasce a Bussolengo (Verona) nel 1881, figlio di un piccolo proprietario terriero. Nel 1891 la famiglia si trasferisce a Verona, dove Luigi frequenta il ginnasio Scipione Maffei e il Seminario dei Padri Stimmatini. Nel 1897 decide di diventare capitano di lungo corso. Si iscrive all’Istituto Nautico di piazza della Zecca a Genova e come Salgari supera solo il primo anno, facendo credere in seguito d’avere ottenuto i gradi di capitano e di avere viaggiato nei mari dell’Oriente. Lavora come garzone in una bottiglieria del porto, poi in una panetteria di via 24
Ivi, p. 76.
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Pre, non distante dalla Libreria Internazionale Donath. Nel 1899 Donath bandisce un concorso nazionale per un romanzo d’avventure e mette in palio la pubblicazione senza compenso del manoscritto migliore. Motta ha iniziato un romanzo che intreccia le vicende di alcuni «naufragatori» con quelle di una tribù di tagliatori di teste. Torna a Verona e lo conclude prima che scada il termine per la consegna. I concorrenti sono circa sessanta. Tra loro molti dei giovani che si faranno conoscere dal grande pubblico come continuatori del genere salgariano: Athos Gastone Banti, Guglielmo Stocco, Francesco Margaritis, Giulio Erpianis (Giulio Speirani jr). Motta intitola il libro I Flagellatori dell’Oceano e dedica l’opera a Emilio Salgari. Vince il premio e il romanzo viene pubblicato nel 1901, con disegni di Giuseppa Annichini. Sulla copertina, una scialuppa in difficoltà in un mare in tempesta. Il romanzo è preceduto da una breve presentazione di Emilio Salgari: Luigi Motta! Ecco un altro che spunta sull’orizzonte letterario, lanciando al pubblico questi suoi: Flagellatori dell’Oceano, che con gentile pensiero ha voluto dedicarmi. È seguace, al pari di me, di quella scuola istruttiva dei Mayne-Reid, dei Verne, dei Boussenard e degli Aymard, tanto avidamente oggi ricercati dalla gioventù. Questi Flagellatori dell’Oceano conquisteranno certamente la simpatia del pubblico giovanile, perché pieni di movimento, di interesse e di descrizioni vivaci, molto opportunamente infiorate di note scientifiche e istruttive.25
In seguito Motta passa ai fratelli Speirani (ha attratto l’attenzione degli editori perché al concorso ha partecipato Giulio Speirani, nipote del fondatore) con I Misteri del Mare Indiano (seguito dei Flagellatori dell’Oceano), Il Raggio Naufragatore, Il Rajah di Koringa, Terra Fatale (1903-1904); sul frontespizio dei romanzi si legge «Capitano Luigi Motta»; con Celli I Drammi dell’Affrica Australe, Il Segreto dei Re Bassutos (seguito del precedente), Gli Abbandonati del «Galveston»; con Sandron (Palermo) L’Oceano di Fuoco. Nel frattempo lo scrittore allaccia 25 Maria Teresa Mottini, Luigi Motta. Storie e personaggi dello scrittore che visse, ingiustamente, all’ombra di Salgari, Firenze, Atheneum, 2005, p. 14.
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rapporti epistolari con Salgari.26 Nel 1905 esce Il Selvaggio dello Thica (Gussoni) e Motta fonda a Verona il giornale Intorno al mondo. Si trasferisce a Milano e si sposa (con Bianca Polzi, conosciuta a Genova). Crea una nuova rivista, dai contenuti battaglieri, L’Oceano. Pur imitando Salgari, Motta segue un percorso differente e sfrutta il filone del romanzo d’anticipazione alla Verne.27 Pubblica Il Raggio Naufragatore con una lettera-dedica a Jules Verne e sul Giovedì di Speirani precisa: Con questa mia nuova opera che la Casa Speirani pubblica in elegante volume nella sua biblioteca illustrata, ho cercato di passare oltre i consueti limiti che oggi in Italia sembrano aver segnato i confini della letteratura avventurosa […]. Se si volesse indagare la scuola, sarebbe quella moderna, ch’ebbe origine da J. Verne o meglio da Edgar Allan Poe, che fu indubbiamente maestro di tutti. Da ciò trapela come alla forma avventurosa abbia voluto dare un’impronta scientifica, ciò che, a mio parere, deve procurare maggior diletto ed erudizione.28
Ristampando il libro, anni dopo, Motta ne ricorda la grande fortuna: «Giulio Verne allora vivente, volle onorarmi di una sua graziosa lettera 26 Il 14 dicembre 1904 Motta, che chiede notizie per una biografia da pubblicare sulla rivista Intorno al mondo, riceve una lettera in cui Salgari tenta di farsi passare per capitano di marina: «Mi chiedi appunti per una mia biografia. Eccoli all’ingrosso. A 14 anni entro alla scuola nautica di Venezia ed a 17 esco con patente di capitano. A 26 anni lascio il mare ed entro nel giornalismo redattore della Nuova Arena con Todeschini e pubblico Tay-See, poi La Tigre della Malesia, Favorita del Mahdi, poi entro redattore dell’Arena per lasciare a 32 anni il giornalismo e dedicarmi alla letteratura cogli editori Treves, Paravia, Speirani, Voghera, Cogliati, Donath. Ecco tutto». F. Pozzo, op. cit., p. 79. 27 Il Raggio Naufragatore ne è l’esempio più evidente. Speirani lo fa recensire sul settimanale Il Giovedì: «Leggendo quel libro non ci troviamo davanti a quelle scene comuni, che nulla più offrono di veramente interessante, e che ingombrano a profusione i libercoli di centinaia di autorucoli, che seguendo le orme del signor Emilio Salgari, altro interprete ben riuscito dei giovanili sentimenti, tempestano il mondo letterario con una devastatrice gragnuola […]. Evvi altresì un vero trattato di scienza immaginaria di cui il lettore viene a conoscenza inconsciamente, attraverso le più amene letture, sotto gli oceani, in ogni parte del mondo. In esso si rivela l’ingegno acutissimo dello scrittore, che seppe ideare apparecchi infernali, vendette di nuovo genere. Inoltre la maestria con cui descrive in quelle pagine l’isolotto del naufragatore, cambiato in un labirinto di corridoi e di macchine, difeso da apparecchi potenti ed in modo terribile e pauroso, ci fa addirittura strabiliare […]. Non possiamo fare a meno di chiamare il giovane scrittore, solo succedente a quel genio che si sta spegnendo, quale è Giulio Verne». Ivi, p. 79. 28 Luigi Motta, Il Raggio Naufragatore (con una lettera-dedica di Giulio Verne), Il Giovedì, Torino, Speirani, 10 settembre 1903.
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e numerosi lettori mi scrissero le loro impressioni, ottime per davvero se debbo arguire dal contenuto dei loro scritti».29 Quando nel 1906 Luigi Motta diviene direttore della rivista L’Oceano, è un giovane risoluto e disinvolto, che si presenta come l’erede designato dei massimi autori d’avventura italiani e francesi. Prima della morte di Salgari, Motta intende impegnarsi a fondo, mostrarsi come l’allievo devoto dello scrittore veronese, colui al quale è stata affidato il compito di continuatore ufficiale dell’opera del maestro. L’Oceano è edito dalla Società Editoriale Milanese di Giovan Battista Pirolini, che pubblica romanzi a dispense (Dumas, Cooper, Scott, Clelia, o Il Dominio dei Preti di Garibaldi; una Vita di Garibaldi di L. Palomba).30 Pirolini compra, per L’Oceano, I Naufragatori dell’Oregon (Speirani, 1896) e Il Re della Montagna (Speirani, 1895-1905, undici ristampe). I romanzi di Salgari vengono acquisiti nel giugno 1906, per la somma di 400 lire. Salgari rinuncia ai diritti per le edizioni italiane, riservandosi quelli per le edizioni straniere. Motta esibisce Salgari come una sorta di certificato di garanzia nella polemica a distanza che egli avvia immediatamente con la rivista concorrente di Quattrini. Anche in questo caso è la rubrica della posta a rendere palese la situazione: «Quanto a l’altro – scrive Motta (3 giugno 1906) – non vi è regola laggiù ed è tutta una confusione indescrivibile. [… ] Certo andrà a rotoli quel sistema deplorevole». E prosegue: Sappiamo che ci sono dei volgari, pedestri imitatori del nostro bel giornale e delle nostre idee […]. Eppure quel libello che si mantiene come un parassita, vivendo di roba già sfruttata in altra nazione […] si adatta ora a chiedere l’aiuto della collaborazione ai lettori che prima disprezzava, poiché vede che essi soli formano il vero pubblico! Potete vedere voi stesso 29 Luigi Motta, Prefazione a Il Raggio Naufragatore, Milano, Le Grandi Avventure, 1935. La prefazione è datata «novembre 1926». Il romanzo viene ripubblicato nel 1945 dalla casa editrice CEM di Milano. 30 Pirolini non gode di buona fama. Gramsci lo disprezza per le sue «pubblicazioni idiote» e «volgarmente anticlericali». Deputato repubblicano, iscritto alla Massoneria, è stato esule in Svizzera. A Lugano ha fondato il giornale Italia Nuova, che denuncia «l’involuzione illiberale del governo di S.M. [Sua Maestà]». Nel 1888 viene condannato dal tribunale di guerra di Milano a quindici anni di reclusione per insurrezione. Torna in Italia e affronta un lungo processo. Nel 1925-’26 progetta con Arcangelo Ghisleri la «Biblioteca degli Esuli italiani».
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EMILIO SALGARI che in certi numeri arretrati quel giornalucolo malfatto, diceva di non volere adattarsi a ricevere la collaborazione degli studentelli o di gente che non ha mai viaggiato, poiché solo chi ha viaggiato può scrivere.31
Salgari solidarizza con Motta, ma si tiene in disparte. Si lascia coinvolgere di più lo scrittore francese Boussenard, che accetta di far parte della giuria in un concorso bandito dal giornale: «Anche voi invito sotto la mia bandiera fatta di sincerità e non di boriosa personalità. E Luigi Motta. ciò lo apprezzavano pure Emilio Salgari, Giulio Verne e Luigi Boussenard, i celebrati colleghi ch’ebbero invece ben acri parole di biasimo verso i velenosi compositori del genere avventuroso bistrattati da molti giornali e affermanti una sincerità che non hanno» (17 giugno 1906). Sullo stesso numero si legge: noi non ci curiamo dei pigmei rachitici che hanno bisogno dell’altrui farina e sputano velenosa bava per invidia e cercano ogni pretesto per volersi arrampicare su di un piedestallo ch’è per essi troppo aereo. Tu sai anche chi comprese tempo addietro la manovra del briccone!32
Alla rivista collaborano Edgardo Giaccone, Francesco Margaritis, Sandro Cassone, Emilio Fancelli. Motta, dal canto proprio, coltiva alcune utili amicizie, come quella con Achille Tedeschi, che lo introduce alla casa editrice Treves.33 Motta stipula un contratto con l’editore milanese nel 1908 e lo rinnova fino al 1920, anno in cui passa a Bemporad. Il F. Pozzo, op. cit., pp. 82-3. Ivi, pp. 83-4. La rivista trascrive anche le frasi di solidarietà dei celebrati colleghi: «Io trovo L’Oceano bellissimo», scrive Boussenard. «Il Titolo è bello come esecuzione e felice come idea. Le illustrazioni sono magnifiche e il testo si legge splendidamente sia per l’interesse dei racconti che per la perfetta chiarezza della stampa. Questa, caro amico, è l’espressione sincera che io sono felice di offrirvi». E Salgari: «Ho visto il tuo giornale e l’ho letto. Lo trovo interessante e bellissimo». 33 Achille Tedeschi è il fratello di Virginia Tedeschi (Cordelia). È Virginia Tedeschi a indirizzare Salgari alla Treves. 31
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periodo Treves è quello della migliore produzione di Motta, fatta di romanzi di fantascienza, più vicini a Verne che a Salgari (L’Onda Turbinosa, 1908; La principessa delle rose, 1911; Il tunnel sottomarino, 1912; Il vascello aereo, 1913). Gli strali lanciati contro Quattrini non restano senza risposta. Quattrini accusa Motta di essere «un somaro incapace di scrivere e perciò costretto a pubblicare romanzi rifiniti e ripuliti da altri, come Il Gigante dell’Infinito». Contro le insinuazioni del «Garibaldi del lago di Como», Motta scrive un lunghissimo articolo, «Polemichetta» (15 giugno 1906), che getta benzina sul fuoco. Quattrini rincara la dose e rinfaccia a Motta l’usurpazione del titolo di capitano e d’essere stato licenziato dall’editore Gussoni per la sua incapacità. Sul numero del 12 agosto 1906 Motta impegna un’intera pagina per ribattere, pubblicando una lunga autodifesa: «Per mettere a posto il Signor Quattro Soldi!». Pubblica le lettere di Gussoni e di Mario Morais,34 che smentiscono il licenziamento; i documenti della Tipografia Padoan che escludono interventi sul testo del Selvaggio della Thica e di Il Gigante dell’Infinito. E conclude inferocito contro lo «spazzaturaio che calunnia per sorda invidia, per cieca brama di concorrenza»: È proprio vero dunque che l’ammiraglio, comandante ormai destituito, della Flotta del Lario, non è un ammiraglio, ma un fegatoso, o meglio uno di quei vulcanelli insignificanti che sputano fango, appestando tutto all’intorno dove si trovano, ed eleggendo questo bel mestiere a necessario della loro vita.35
Pirolini smette di considerare positiva per il giornale una polemica che rischia di allargarsi e di diventare incontrollabile. Dall’ottobre 1906 la direzione del giornale viene rafforzata con l’ingresso di Italo Vittorio Brusa. Nonostante alcune buone iniziative di riserva da parte di Motta (l’uso delle vecchie illustrazioni di Luigi Berlia della Speirani, adattate 34 Mario Morais è uno scrittore per la gioventù. Adotta in seguito lo pseudonimo «Mago Bum». Scrive per la Società Editoriale Milanese il romanzo La Figlia del suicida, pubblicato a dispense. Per lo stesso editore esce il romanzo d’avventure umoristiche Nell’isola delle scimmie. Anche Morais, come Motta, passa sul libro paga di Pirolini dopo aver lasciato Gussoni. 35 F. Pozzo, op. cit., pp. 86-7.
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ai nuovi racconti del giornale),36 lo scrittore venne licenziato per aver indotto infine Quattrini a querelare Pirolini. La direzione della rivista passa a Icilio Bianchi. Bianchi continua per un po’ a polemizzare con Mario Contarini (schierato con Quattrini) sulle vecchie questioni. Presto diventa chiaro a tutti che non vale la pena di proseguire la contesa. Contarini, immobilizzato a letto, prima di morire si riconcilia con Motta, che è stato indotto da amici comuni a far visita all’infermo, nella sua casa di Genova. Bianchi, che ama la letteratura e scrive moltissimo, usando numerosi pseudonimi (Icil Whites, Ichnaib, SfingeII), dà la svolta decisiva al giornale. Con l’uscita di Motta L’Oceano non può essere più una «rivista di viaggi e avventure soltanto, ma [una] rassegna settimanale di letteratura, arte e varietà». Ma la carriera di Motta non è terminata. E lo scrittore si trova coinvolto nella rivalutazione postuma di Salgari, promossa nel 1928 dal Raduno, il settimanale romano del Sindacato Fascista degli Autori. VI.9 Memorie apocrife Le 80 mila copie del Corsaro Nero, vendute in poche settimane, costituiscono uno straordinario fenomeno editoriale.37 L’Italia è un paese contadino, con un altissimo numero di analfabeti e la lettura è diffusa solo nelle città, tra le poche persone istruite. In questo contesto culturale, così difficile, Salgari è un autore popolare. Il suo successo è ininterrotto e le sue opere (a partire dalle prime traduzioni francesi del 1899) sono diffuse in tutte le principali lingue europee (con l’eccezione dell’inglese). Il favore di cui gode Salgari e la richiesta costante dei suoi libri spiegano il ritmo ossessivo e insostenibile imposto allo scrittore dai contratti editoriali. Gli oltre ottanta romanzi sono scritti in meno di tren36 Luigi Berlia (1820-1900) è un illustratore di rilievo, oggi dimenticato. Collabora a tutte le pubblicazioni di Speirani e contribuisce al successo di molti lavori di Salgari: Il Re della Montagna; Un Naufragio nella Florida; I Naufragatori dell’Oregon. All’epoca il suo tratto veniva automaticamente accostato al nome di Salgari. In seguito disegna le copertine di romanzi di Erpianis, Mioni, Motta, Stocco. Viene sostituito da due disegnatori famosi, Gustavino (Gustavo Rosso, 1881-1950) e Attilio Mussino (1878-1954). 37 B. Traversetti, Introduzione a Salgari, op. cit., p. 105.
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t’anni e a essi aggiungono più di 150 novelle e un numero assai considerevole di articoli di giornale. Al consenso dei lettori non corrisponde un vero interesse della critica. Il mondo accademico sospetta del successo di Salgari e i recensori mantengono una posizione di prudente reticenza, formulando sullo scrittore giudizi moralistici, non letterari. La scarsa attenzione della critica in vita si protrae anche dopo la morte dello scrittore, per più di vent’anni. I romanzi di Salgari sono confinati nel territorio della letteratura per ragazzi e in tale ambito sono penalizzati dallo sfavorevole paragone con le opere di Jules Verne. La definizione di Verne italiano è la prima, riduttiva formula critica entro la quale viene racchiuso Salgari.38 La fortuna di Salgari muta improvvisamente durante il fascismo. Non si tratta di un’argomentata revisione critica, ma di una campagna di appropriazione ideologica, nutrita di equivoci interpretativi e di retorica, che poco aggiunge alla comprensione dei testi salgariani, limitandosi ad amplificare il caso umano dello scrittore, il romanticismo tragico che ne caratterizza la dolorosa vicenda biografica. Paradossalmente la critica fascista utilizza per i propri fini i versanti della narrativa salgariana che fino a quel momento sono stati determinanti per la sua valutazione negativa: la fantasia febbrile, l’esaltazione dell’azione e del coraggio, la prevalenza del temperamento sullo stile. Tutti elementi che la pubblicistica dell’epoca (a partire dal 1926 sulle pagine della rivista Augustea, poi, nel 1928, su quelle politicamente più autorevoli del Raduno), assume come segni di consonanza tra lo spirito dello scrittore e l’ideologia di regime, in particolare quella della propaganda presso la gioventù. L’avvio della campagna di rivalutazione viene preceduto nel 1923 da un appello di Luigi Motta che, introducendo la nuova edizione di un ro38 Una formula basata su affinità evidenti di genere e di destinazione, ma che istituisce un’analogia impropria, a tutto svantaggio dello scrittore italiano che, secondo quanto riferisce il figlio Omar, avrebbe immediatamente rivendicato la propria autonomia creativa e segnalato la propria distanza dall’autore francese. Nel confronto con Verne i contemporanei rivolgono a Salgari un duplice addebito: da un lato la trasandatezza dello stile, determinata dalla fretta e dall’impellenza delle ragioni commerciali. Dall’altro l’eccitazione fantastica, disordinata e pericolosa, che i suoi romanzi inducono nei giovani lettori. Salgari sarebbe uno scrittore sgrammaticato e diseducativo, più adatto a fuorviare gli animi degli adolescenti, di quanto non sia, invece, Jules Verne, che ne sollecita la curiosità e il desiderio d’apprendimento con sano spirito scientifico.
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manzo salgariano, auspica un’iniziativa ufficiale di consacrazione dello scrittore, proponendone l’immagine di cantore dell’espansionismo italiano, esaltando il valore pedagogico delle sue opzioni morali fondate sul disprezzo dell’intellettualismo e sul culto dell’eroismo virile. Si delinea così l’itinerario critico che fa coincidere, sul piano etico, Salgari e il fascismo, come si prefiggeranno di dimostrare, di lì a poco, gli scrittori fascisti del Raduno. In verità la campagna di riabilitazione (che vede scendere in campo anche un personaggio politico di primo piano come Italo Balbo) si esaurisce rapidamente. Viene promossa solo per fornire un altro cantore al regime e rafforzare il controllo politico sull’editoria, sfruttando l’eco d’indignazione suscitato dalla controversia Bemporad-Salgari. Quando l’autorità sulla stampa si fa più salda, l’intensità delle prime, accese rivendicazioni si attenua, fino a quando di Salgari si smette definitivamente di parlare. La glorificazione nazionalista di Salgari si basa sui due aspetti più pittoreschi e leggendari della biografia. Il primo è l’effettivo possesso della patente di capitano di marina da parte di Salgari, con i «sette anni di navigazione» nei mari d’Oriente, lontano dall’Italia. Il secondo, anch’esso alquanto dubbio, è quello dello scrittore perseguitato dall’avidità borghese ed ebraica. Ne fa le spese l’editore Bemporad, che subisce un procedimento d’inchiesta e l’accusa di aver sfruttato cinicamente il talento e l’opera dello scrittore. Che Salgari sia stato, o meno, capitano di gran cabotaggio è senz’altro un fatto secondario. Il problema diventa rilevante perché il recupero di Salgari a cui fa seguito la dura polemica contro i suoi editori fa perno sulla pubblicazione, da parte di Mondadori, delle memorie apocrife dello scrittore (con un’appendice del figlio Nadir, forse redatte da Yambo). Nel libro Salgari viene presentato non solo come capitano di marina, ma addirittura come il protagonista di avventure vissute al fianco degli eroi dei suoi romanzi. C’è uno scrittore d’avventure che si dedica con passione a ricostruire la vita di Salgari. Si tratta di Umberto Bertuccioli (1887-1972),39 che si 39 Stimato da un altro scrittore di mare come Vittorio G. Rossi, Bertuccioli vive molti anni a Venezia come vice comandante della Capitaneria di Porto, ricavandone la competenza tecnica e scientifica per diventare un ottimo divulgatore: Conoscere il mare (Alpes, 1928); D’Annunzio e l’Amarissimo (Istituto Editoriale Avionavale, 1931); Storia della nave e della navigazione (Principato, 1944); Dizionario
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firma Berto Bertù ed è indicato da Augusto Vittorio Vecchi (18421932) come un esponente di primo piano della letteratura marinara italiana.40 Dopo aver svolto accurate ricerche Bertuccioli pubblica sul settimanale Il Gazzettino Illustrato (Venezia) un articolo, «Uno scrittore caro alla gioventù: Emilio Salgari» (1926), in cui si nega, sulla base della consultazione delle matricole delle Capitanerie di Porto, che Salgari sia stato mai «capitano di gran cabotaggio». L’affermazione pare essere di poco conto, ma nel 1926 può innescare facilmente delle polemiche (scoppieranno effettivamente due anni dopo), perché contraddice lo stesso Salgari, che tale si è dichiarato nelle sue lettere e per la medesima ragione sostiene, com’è noto, un duello a Verona.41 Due anni più tardi, sulla rivista Augustea di Franco Ciarlantini, Bertuccioli fa uscire un «Profilo di Salgari» in tre puntate, in cui ribadisce le conclusioni dell’articolo del Gazzettino. È in corso il «caso Salgari» promosso dal Raduno, settimanale romano del Sindacato degli Autori, che denuncia lo sfruttamento editoriale subìto dal romanziere e chiede a gran voce un atto di giustizia e di riparazione nei confronti degli eredi di Salgari. Si tratta di un modo per sottoporre al governo le esigenze e le richieste degli autori italiani e stabilire nuovi rapporti contrattuali, normativi ed economici. Il caso Salgari nasconde un regolamento di conti tra gli editori Bemporad e Mondadori. Negli attacchi del Raduno contro Bemporad è implicito l’intento da parte di Mondadori di egemonizzare la Federazione Fascista dell’Industria Editoriale e occupare stabilmente il redditizio settore dei libri scolastici. Vi fa cenno lo stesso Bemporad, del gergo marinaresco (Edizioni del Ministero della Difesa, 1952). Collabora alla stesura del romanzo di Marino Moretti L’Andreana (1935), ambientato a Chioggia. Si dedica alla letteratura giovanile. Pubblica racconti per le scuole, Risate di gabbiani (Alpes, 1927) e Lùccina il mozzo (1930) e un romanzo per la primissima infanzia, Peg Miao Tin. Scrive Pinocchio va per mare (SEI, 1955), in cui accanto al burattino di Collodi e ai personaggi di Verne e di Stevenson compaiono Sandokan e il Corsaro Nero. 40 Vecchi è il più importante autore della letteratura marinara italiana. Di fede garibaldina, con i suoi romanzi mira a valorizzare la vocazione marittima dell’Italia e a incoraggiare il rafforzamento della sua forza navale. È noto con lo pseudonimo «Jack La Bolina», da David LaGamme, personaggio dell’Ultimo dei Mohicani di Fenimore Cooper. La bolina, oltre che un’andatura di navigazione, è un tipo di cima di prua. Veniva usato sui velieri per le punizioni corporali. 41 Anche il Dictionnaire international des écrivains du monde latin (1905-1906) dell’orientalista Angelo De Gubernatis (1843-1913), alla voce «Salgari» (basata su una scheda compilata dallo scrittore) riporta che egli è stato un «capitano della marina mercantile» e ha navigato per sette anni, prima di lasciare la marina e dedicarsi al giornalismo.
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che parla di «rivalità di un concorrente sleale» e di «ispirazione mondadoriana» nella campagna della rivista: «Tutti quelli del Raduno – scrive nelle sue lettere (gennaio 1928) – sono di casa Mondadori. E poi tanta ferocia non si può spiegare diversamente». In questa fase Salgari viene celebrato senza risparmio dal regime. Il Raduno pubblica testimonianze di Americo Greco e Renzo Chiosso, che contraddicono le scoperte di Bertuccioli. E il giornale romano, pur prendendone le distanze, insinua l’idea che Bertuccioli intenda screditare Salgari. Greco trascrive una lettera inviatagli da Salgari nel 1905. Chiosso (che potrebbe essere un autore delle false memorie salgariane) cita alcune confidenze galanti dello scrittore. Come risposta Bertuccioli prepara un libro di circa novanta pagine, che viene pubblicato dalle Edizioni di Augustea (1928) nella collana «Prefascisti». In seguito l’opera viene ritirata e distrutta, nonostante i riconoscimenti tributati a Bertuccioli da Ciarlantini.42 Quando cessa la necessità della strumentalizzazione, prevalgono le esigenze normalizzatrici. L’opera di Salgari, prima esaltata, viene abbandonata e in seguito addirittura combattuta. La si considera ormai un retaggio di generazioni trascorse. E non appare più confacente alle esigenze della nuova gioventù, che il fascismo forma sulla base di una rigorosa disciplina culturale e ideologica nella scuola e nelle organizzazioni di partito. VI.10 La funzione Salgari Il successo di Salgari è accompagnato dalla diffusione di centinaia di testi di genere avventuroso, generalmente di livello mediocre, che alimentano il fenomeno del «salgarismo». La «maniera» di Salgari, ciò che per lo scrittore è un modo per far fronte agli obblighi editoriali e alle crescenti esigenze familiari, per gli imitatori, a cominciare da Luigi 42 Cfr. Andrea Viglongo, «Amare verità sul caso letterario Salgari settant’anni dopo», Almanacco Piemontese 1981, Viglongo, Torino, 1980, pp. 113-34; Claudio Gallo, «La primavera fascista di Emilio Salgari», Salgariana, Biblioteca Civica di Verona, 1997, pp. 99-110; Adolfo Scotto di Luzio, L’appropriazione imperfetta. Editori, biblioteche e libri per ragazzi durante il fascismo, Bologna, Il Mulino, 1996.
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Motta, diventa lo strumento per soddisfare le esigenze commerciali dell’industria editoriale. Lo dimostra la vicenda dei saccheggi, delle appropriazioni, dei falsi che ruotano attorno all’eredità letteraria di Salgari e alla produzione di una nutrita schiera di minori. Tra i quali, per citare soltanto i principali esponenti di questa linea, oltre ai già ricordati Renzo Chiosso e Americo Greco: Aristide Marino Giannella, Athos Gastone Banti, Mario Contarini, Augusto Piccioni (con lo pseudonimo Momus), Carlo Dadone, Giulio Erpianis (pseudonimo di Giulio Speirani Jr), Guglielmo Stocco, Gastone Simoni, Calogero Ciancimino, Giovanni Bertinetti, Emilio Fancelli, Luciano De Nardis (pseudonimo di Livio Carloni). Tutti autori che in forme diverse si dedicano tutti allo sfruttamento dei cicli salgariani.43 AMERICO (AMERIGO) GRECO (1888-1948) esordisce con alcuni racconti sulla rivista Per Terra e per Mare. Nel 1905 ottiene di collaborare al Giornale dei Viaggi di Luigi Motta. Vuole tracciare per la rivista di Motta un profilo di Salgari. Gli scrive e Salgari risponde, documentando ancora una volta la volontà di accreditare la leggenda del suo brevetto marinaro (oltre a ricordare altri fatti, come le proprie disavventure scolastiche). La lettera di Salgari a Greco viene pubblicata sul Raduno e viene utilizzata, in seguito, in altre occasioni. Spirito eclettico, Americo Greco scrive versi, saggi (La Gazzetta del Popolo), fiabe e novelle (Il Corriere dei Piccoli, con illustrazioni di Mussino). I suoi romanzi d’avventure sono pochi e di scarso valore. Risalgono tutti al secondo dopoguerra: Gli Arditi del Mare dei Caraibi, Gli sperduti dell’Amazzonia (con l’editore Pagani); Gualior (con Ventura); Pirati nell’Oceano (Carroccio); Nella giungla (Bietti). Viene ricordato dai vecchi manuali della letteratura infantile per il ciclo di Capitan Bombone che imita Le avventure del Barone di Münchhausen e sviluppa alcuni spunti salgariani: Le straordinarie avventure di Gigi Bombone (Hoepli, 1929), I cinque moschettieri (La Nuova Italia, 1933), Capitan Bombone (Belforte, 1937), La danza delle Tigri (Hoepli, 1939). Sono dedicati ancora all’infanzia Racconti dei quattro mori (Sacse, 1940), Il cesto di fichi (de Agostini, 43
Cfr. F. Pozzo, op. cit., pp. 179-295.
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1945, con illustrazioni di Walter Molino), Le meravigliose avventure di Spinacino (Impero, 1946). Poco convincenti sono anche i testi di divulgazione: Colloqui con i maestri artigiani (Milesi, 1931); Dal primo conte al primo imperatore. Dieci secoli di storia sabauda (Milesi, 1937) e i manualetti di storia naturale per Bietti. LORENZO CHIOSSO (1877-1949), impiegato del comune di Torino, insegnante, è un prolifico autore di cinema. Scrive soggetti per molte case di produzione: «Pasquali» (Spartaco, ovvero il gladiatore della Tracia e Gli ultimi giorni di Pompei), «Gladiator», «Gloria», la «Caesar» di Francesca Bertini (1915). Tenta di creare una propria produzione, La Donna Film, a cui collabora Guido Gozzano (al poeta viene erroneamente attribuito un film di Chiosso). Si presenta a Bemporad come amico e confidente di Salgari. Promette all’editore di testimoniare a suo favore nella vicenda del Raduno. Chiede a Bemporad di portare a termine Testa di Pietra, romanzo incompiuto di Salgari. Ma l’editore affida il lavoro a Giovanni Bertinetti e autorizza Chiosso soltanto a correggere le bozze di La rivincita di Yanez, che Salgari ha terminato e per il quale è stato retribuito. In seguito Bemporad stipula con Chiosso un contratto per due libri d’avventure, La perla di Tripoli e Farfado, che però non pubblica. Bemporad ignora pure Le Memorie autobiografiche di Salgari, che gli vengono proposte dai figli dello scrittore, assieme ad altri titoli di dubbia appartenenza (Viaggio a bordo dell’Italia Una, Le avventure di Simon Wander nella Nuova Guinea), perché ne affidi la supervisione a Chiosso. Nel 1922 Chiosso firma Il diavolo nel castello di Geolen (Sei), dove appare Niombo, personaggio tratto dai Drammi della Schiavitù di Salgari. Chiosso è uno scrittore cattolico e affida alle pagine dedicate ai giovani messaggi religiosi. Colui che vide il diluvio (Società San Paolo, 1939), ha per protagonista un paleontologo e racconta a la storia di Noè e dei sopravvissuti al Diluvio Universale. La voragine rosa (illustrato da Mussino) descrive alcune vicende della guerra civile spagnola, che semina vittime tra i sacerdoti e le suore. Nel romanzo postumo La leonessa di Serendib (Viglongo, 1951), un fachiro incitatore alla rivolta contro gli inglesi a Ceylon diventa un prete cattolico. Anche la protago-
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nista femminile, Isuren, la leonessa del titolo, discendente degli antichi re di Ceylon, si converte alla fede cristiana. Da un altro romanzo d’avventure, La vergine dormente (ispirato dalla visione della teca di un santo martire), Chiosso ricava il film Sul limite del Nirvana. È la storia di un europeo e della figlia di un regnante indù, che si amano e giurano di non sopravvivere l’uno all’altra. L’uomo parte per una spedizione rischiosa e se ne perde ogni notizia. La donna, disperata, chiede a un saggio bramino come tenere fede al giuramento. Il bramino decide di procurarle una morte apparente. Il suo corpo viene deposto nel tempio, in un’urna di cristallo, dove riceve i fiori e i voti degli innamorati, che la credono morta per amore. Dopo un anno il fidanzato ritorna. Sta per togliersi la vita, fedele all’impegno, ma è fermato in tempo dal bramino, che risveglia la fanciulla, sospesa «al limite del Nirvana». Di genere fantascientifico sono i romanzi I navigatori del cielo (Gloriosa, 1925) e La città sottomarina (Ave, 1940). La città sottomarina prende spunto da un lavoro incompiuto di Salgari con lo stesso titolo. Racconta di una modernissima base sommersa, sede di una setta che ha lo scopo di difendere gli oppressi. Anche uno dei soggetti della produzione «Pasquali» è intitolato La città sottomarina (1915). Altri romanzi di Chiosso sono Il solitario del Nilo (1932), I figli della luce (1934), Gattaluccia (1938, illustrazioni di Mussino), editi dalla San Paolo e La Città dei ragazzi (Viglongo, 1950). Chiosso riduce per la gioventù Fabiola, Robinson Crusoe, La capanna dello zio Tom, Genoveffa. In un suo racconto del 1916, pubblicato da La Vita Cinematografica, il protagonista è un giovane sognatore e visionario che si chiama Guido Altieri, pseudonimo di Salgari. ARISTIDE M. GIANNELLA (1878-1961) giornalista, pittore, poeta e autore per la gioventù, è l’inventore della celebre rubrica della Domenica del Corriere «La realtà romanzesca» (poi passata a Mino Milani), basata sullo stesso schema del romanzo d’avventure: un personaggio reale (o presunto tale) si trova in una situazione disperata dalla quale, all’improvviso, grazie a un espediente o a una circostanza verosimile, riesce a salvarsi. Alcuni titoli della rubrica, voluta espressamente dalla famiglia Crespi, proprietaria del Corriere della Sera, per risollevare le sorti del
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settimanale, hanno un sapore tipicamente salgariano: La sposa di Ume, Uomo contro leone, I cacciatori di teste, Assediato dagli elefanti, Sepolto vivo da una belva, Il fantasma della torre indiana, La tigre sulla pagoda. Giannella viene spinto verso il genere avventuroso dal retaggio familiare (è ligure, figlio di un capitano di marina) e dalla passione per una certa, tarda letteratura d’appendice (dime novel americani, Dumas, Edmond Ladoucette, Jules de Grandpré, Verne), da cui trae spunto per uno dei suoi romanzi più noti, il citato Gli Apaches o i selvaggi di PariAristide M. Giannella, Il giaguaro, Ge- gi (1910, Nerbini). nova, Spiotti, 1906. Giornalista mondano, amico di Marinetti, Palazzeschi, Carrà, Soffici, diventa capocronista dell’Ambrosiano e collaboratore principale di Per Terra e per Mare, dove pubblica romanzi a puntate (Il gran coltello, Le avventure del bandito Cartouche) e ha tre rubriche: I misteri della storia, Medaglioni di viaggiatori italiani, Le eroine dell’esplorazione. Sulla rivista salgariana nasce il personaggio del dottor Spak, un ricco scienziato giramondo, autore di trattati sui veleni, protagonista di La pietra vivente, Un viaggio di terrore, Lo zaffiro di Ceylon. Donath sceglie Giannella per lanciare una collana di romanzi avventurosi. Nel 1907 la casa editrice pubblica tre romanzi dello scrittore: Mandrin, le avventure di un contrabbandiere; Il Giaguaro; La Torpediniera da preda. L’anno successivo, come Salgari, anche Giannella lascia Donath e passa a Bemporad, con cui pubblica L’incrociatore senza nome (1908) e L’ammiraglio naufragatore (1910). Seguono i romanzi pubblicati con Nerbini (Arduino d’Ivrea; Il sire di Marechoul, 1911), Ravagnati, Sonzogno (Gli orfani della nave in fiamme, 1926), Vallardi (L’impero fatale, 1926). Ottiene il suo risultato più brillante con l’incarico di portare a termine il terzo romanzo del «ciclo delle Bermude», Testa di Pietra. Il protagonista è un vecchio lupo di mare bretone, che compare per la prima
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volta nel 1909 in I corsari delle Bermude (35 dispense allegate al Giornalino della Domenica). Salgari si uccide prima d’incassare l’acconto di 300 lire inviatogli da Bemporad. Giannella riceve 400 lire. È difficile stabilire quale sia stato il suo contributo, perché le pagine autografe di Salgari sono andate smarrite e non possono essere confrontate con il testo in volume. ATHOS G. BANTI (1881-1959), giornalista, inviato di guerra a Caporetto, dopo la liberazione è tra i fondatori del Tempo di Roma e del Tirreno di Livorno (che dirige fino al 1958). Scrive una monografia di argomento cavalleresco ed è un abile spadaccino, impegnato in frequenti duelli. Pubblica undici racconti polizieschi su Per Terra e per Mare (1904-1906), Dalle memorie di un delegato di pubblica sicurezza, in cui un anziano poliziotto rievoca i casi più clamorosi della sua carriera, a Napoli e Arezzo. Con Speirani esce il suo unico romanzo d’avventure, di derivazione salgariana, Nella Terra del Sole, ambientato in India e riproposto da Sonzogno nella collana «Avventurosa», diretta da Guglielmo Stocco (1924). La vicenda è ingenua e denota una scarsa familiarità con il genere. Un giovane archeologo, Consalvo Cerni, scopre su alcune antiche carte l’esistenza di una statua d’oro della dea Kalì, nascosta nel fondo del Gange. Deciso a impadronirsi del tesoro, l’archeologo convince un suo antico compagno di scuola, Alessandro Aleotti, avvocato fallito, a seguirlo nella spedizione. I preparativi destano i sospetti dei seguaci della dea e una spia si unisce ai due avventurieri. Alessandro sarà ucciso e Consalvo, giunto nel luogo in cui la statua è affondata, annegherà nel fiume. La vicenda è risaputa e giunge dopo molti altri romanzi che hanno come tema la ricerca di tesori. L’idea della statua vivente è suggerita a Banti, ebreo, dall’antica leggenda del Golem, oltre che dai film di Paul Wegener e dalle pellicole con la statua della dea Kalì che attenta alla vita di incauti esploratori. Il romanzo di Banti ha avuto delle imitazioni: La vendetta di Krishna (1928) di Italo Vitaliano (il tesoro è nascosto nelle viscere di una montagna) e il racconto di certo Mario Battocchio La stella di Kaly (1920), la cui trama è ripresa interamente da quella di Banti.
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MARIO CONTARINI (1887-1907) discende da un’antica famiglia veneziana. Inizia a collaborare giovanissimo a Per Terra e per Mare. Il suo primo racconto, Vendetta indiana, ha per protagonista una giovane che si chiama Darma, come la tigre di Tremal-Naik. Quando la rivista di Salgari cessa le pubblicazioni, Contarini passa con l’editore Quattrini ed entra nella redazione del Giornale dei Viaggi e della Sfinge. Contemporaneamente diventa redattore della rivista Il Vascello (Nerbini), con Guglielmo Stocco. Fonda e dirige la rivista Il Mare. Scrive numerosi romanzi d’avventura, Il gran Sole, La Tigre del Ju Nan, Il Signore delle Tenebre, Il Dente di Budda, Il Leopardo Bianco, La Perla d’Oriente, Primavera di sangue (un romanzo irredentista) e racconti, pubblicati nella «Collana del Vascello». Muore a soli vent’anni, stroncato da una malattia incurabile. In seguito Nerbini ripubblica un suo romanzo (già uscito a dispense nel 1907), Lo Sterminatore dell’Atlantico, a puntate, sul quindicinale L’Avventuriero (Nel 1931 Emilio Fancelli viene incaricato di proseguirlo). Nel romanzo I Corsari di Terra (1907), con l’invenzione di una macchina volante, la Lincoln, Contarini si inserisce nel filone aeronautico (Albert Robida, Yambo, Motta, Ulisse Grifoni, Arturo Caroti). Sono gli anni in cui ci si pone il problema del volo umano. Jules Verne ritiene che i velivoli debbano essere metallici e alimentati da propulsione (Robur le Conquerant). Salgari all’inizio descrive viaggi in pallone e in dirigibile e preferisce mezzi in grado di librarsi in base ai principi della termodinamica. In seguito pubblica I Figli dell’Aria, in cui compare un aeroplano. AUGUSTO PICCIONI (noto con lo pseudonimo Momus, 1874-1926) in gioventù ha uno scambio epistolare con Salgari. Tenta il genere avventuroso, poi si orienta verso la letteratura infantile, ispirandosi a Collodi, Novelli e Vamba. Dopo due romanzi brevi, Le pericolose avventure di un marinaio attraverso il grande Oceano Australe e Yagor il deportato (1899), cura con Bemporad una collana per ragazzi, «Il Giro del Mondo» (fascicoli) e una serie di parodie: Il cugino di Pinocchio (Biondo, 1902); Strepitose avventure di Formicolino attraverso l’Affrica (Paravia, 1905); Trottolino intorno al mondo (Belforte, 1925), spesso costruite attorno a una coppia burlesca: Morino e Topolina (Speirani, 1898),
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Sermolino e Picchiasodo (Voghera, 1905), Mangiapappa e Zuccatonda (Paravia, 1905). Non disdegna di utilizzare, anche in tale ambito, spunti salgariani, come in Attraverso la Cina (Sandron, 1901); Capitan Saetta (Nerbini, 1903); Intorno al mondo in aeroplano (Taddei, 1922). CARLO DADONE (1878-1954) pubblica a puntate Il tesoro del re negro sul Secolo XX, il mensile illustrato di Treves, concorrente della rivista La Lettura di Giuseppe Giacosa, sul quale trovano spazio gli autori d’avventura (Egisto Roggero, Komokosis, 1902; Emilio Salgari, Sull’Atlante, 1907-1908; Luigi Motta, L’Onda turbinosa, 1908-1909). Nel romanzo si rintracciano facilmente i segni dell’appartenenza alla scuola salgariana, con il racconto delle avventure di un giovane, Tullio Parker, impegnato a dimostrare l’innocenza del padre, accusato ingiustamente di omicidio. Le prove giacciono in fondo all’oceano, dentro una cassetta che contiene il tesoro del re dei Matebele. A differenza di Salgari, Dadone è uno scrittore religioso (collabora al quotidiano cattolico di Torino Il Momento). Nel Tesoro del re negro compaiono un malese cristiano, un missionario, una tribù di selvaggi convertiti e sono tutti personaggi fondamentali nel determinare avvenimenti risolutivi. Il romanzo viene ripubblicato in volume nel 1911, anno della morte di Salgari. Dadone è uno dei pochissimi scrittori (con Amalia Guglielminetti e Luisa Sclaverano) che aderiscono alla sottoscrizione per gli orfani dello scrittore promossa da La Stampa. Con Treves Dadone pubblica romanzi umoristici: La casa delle chiacchiere, Le novelle di un ottimista, Le eroicomiche avventure di Biribì. La SEI di Torino mette in catalogo una ventina di sue opere, tra cui La piccola Giovanna (1916), romanzo strappalacrime nel quale una servetta è tormentata da una padrona avara e invidiosa. Pubblica con La Scuola e La Queriniana di Brescia. Collabora al Corriere dei Piccoli e alle riviste torinesi Adolescenza (1910) e Cuor d’Oro (1922). Scrive un secondo libro d’avventure (illustrato da Mussino), Una piccola Robinson, non esente da rievocazioni salgariane. Lavora a quattro mani con Giovanni Bertinetti, il più prolifico continuatore dell’opera salgariana, e vanta numerose amicizie tra i letterati torinesi (Guido Gozzano, Carlo Vallini).
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GIULIO ERPIANIS è lo pseudonimo di Giulio Speirani jr (?-1932), nipote di Giulio Speirani, fondatore dell’eponima casa editrice di Torino (1834). I figli di Speirani (Francesco, Camillo, Enrico) affiancano all’editoria scolastica, principale attività dell’azienda, la stampa dei giornali per la gioventù, mantenendo la prospettiva formativa e religiosa propria della casa editrice. Nascono Il Silvio Pellico (1885), che sostituisce Le ore di ricreazione, periodico di letture educative e amene; Il Giovedì (1888), settimanale per le famiglie; Il Novelliere Illustrato e La Vacanza del Giovedì (1890), per il pubblico femminile (poi Romanziere delle Signorine); L’Innocenza (1892) e La Biblioteca per l’infanzia e l’adolescenza (1894). La direzione dei periodici è affidata a esponenti del mondo cattolico, come Giambattista Cipani, Giovanni Lanza (prefetto della basilica di Superga) e Giambattista Ghirardi. La collaborazione di Salgari, fatta eccezione per La Vacanza del Giovedì, costituisce un’autentica svolta nel moderatismo di Speirani. I romanzi di Salgari, pubblicati prima sulle riviste a puntate, poi in volume, vengono ristampati per anni, aumentando vertiginosamente le vendite della casa editrice. Nascono collane di viaggi e di avventure e alcune scrittrici sentimentali per la Speirani (Gemma Giovannini, Vincenzina Ghirardi Fabiani, Nina Osimo) affrontano temi esotici, in particolare Nina Osimo, che scrive Le avventure di due ragazzi italiani in Cina (Il Giovedì, 1911, illustrazioni di Mussino). Dopo l’uscita di Salgari (1897), gli Speirani si affidano agli imitatori dello scrittore, Motta, Stocco, Augusto Piccioni, Ugo Mioni. Pubblicano gli scampoli della produzione che Salgari firma con vari pseudonimi (Il Piccolo Viaggiatore, Il Piccolo Navigatore, A. Peruzzi, Guido Altieri). Nel 1905 Speirani crea una collana settimanale, «Piccole Avventure di terra e di mare. Bibliotechina illustrata», dove compaiono tredici racconti di Altieri-Salgari, fino a quando, nel 1906, il ferreo vincolo contrattuale con Bemporad fa sparire Salgari dalle riviste Speirani. I primi lavori di Giulio Erpianis (1895) sono bozzetti, testi per recite scolastiche, commediole, in linea con il programma della casa editrice. A essi si aggiungono novelle e racconti che appaiono nella «Biblioteca drammatica educativa» e nella Libreria Pontificia di Federico Pustet e anche romanzi rosa, influenzati da Carolina Invernizio ed Evelina Cattermole,
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collaboratrici dei periodici Speirani: Fior d’alpe e fior di piano (1906) ricorda anche nel titolo Rina o L’angelo delle Alpi (1877) di Carolina Invernizio. Nel 1901 Erpianis pubblica Un angelo bianco fra le PelliRosse. Avventure di una giovinetta italiana nel Texas (Libreria Pontificia), una versione cattolica del romanzo d’avventure alla Salgari. Nel 1902 esce Gli eroi della “Folgore”. Avventure di tre norvegesi allo Spitzberg. Anche in questo caso l’influenza di Salgari è evidente. Lo si rileva dal nome della nave del Corsaro Nero (Folgore), attribuito a una navicella volante elettrica. L’area geografica prescelta (i Poli) è quella di molte ambientazioni salgariane. Numerosi particolari rimandano inoltre a testi precisi di Salgari, come Vita eccentrica, un racconto pubblicato dallo scrittore veronese sul Novelliere Illustrato (1896). In questi anni i viaggi aerei sui ghiacci sono molto apprezzati dal pubblico. Sempre nel 1896, in linea con la narrativa avventurosa cattolica, il sacerdote triestino Ugo Mioni pubblica Alla conquista del Polo (Libreria Salesiana S. Giovanni Evangelista), nel quale per raggiungere l’Artico si utilizzano una nave, un sommergibile e un pallone. Erpianis conclude la propria trilogia avventurosa con I Banditi di Kalas. Avventure nell’India settentrionale (1903). La novità, rispetto al ciclo indiano di Salgari, sono le corse automobilistiche dei protagonisti. E anche nel romanzo per l’infanzia Pinocchio in automobile (Bemporad, 1905) viene utilizzato il nuovo mezzo di locomozione. Erpianis collabora alla «Bibliotechina Aurea Illustrata» (Biondo), affiancando il proprio nome a quello di Salgari-Altieri e di altri autori (Banti, Jack La Bolina, Marais, Yambo, Piccioni, Roggero). Muore quando la casa editrice di famiglia è ormai scomparsa dal mercato e vende solo i volumi in magazzino. GUGLIELMO STOCCO (1886-1932) esordisce, a quattordici anni, sul Giovedì della Speirani, con Avventure di due americani e di uno spagnolo nell’Oceano Atlantico (1900). Per circa cinque anni il periodico torinese ospita i racconti del nuovo esponente della letteratura giovanile: Un dramma nel deserto (1901), Occhio d’Aquila (1902), L’eroe del Capo (1903), I banditi del mare, Attraverso l’Afganistan in bicicletta, Il re dei balenieri (1904). Nel frattempo Stocco pubblica i primi romanzi: Gli avventurieri delle Pampas (1903); Il tesoro di Pichi-Yinka e Il fla-
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gello della prateria (1904); Lo stregone del Fiume Rosso, La vittima dei Pirati Gialli e Le Lionesse del Canadà (1905). Lo scrittore d’avventure Francesco Margaritis, che collabora con Speirani, lo include nella «fitta schiera di giovani romanzieri di non dubbio ingegno» di cui è «duce» Salgari (1904). Guglielmo Stocco è compreso in una serie di profili, pubblicati sul Giovedì (aprile 1904) e collegati alla nuova letteratura di viaggio e di avventura: Salgari, Mioni, Yambo, Motta, Jack La Bolina, A.G. Quattrini, Erpianis, Piccioni, Caroti, tre pseudonimi salgariani (Bertolini, Altieri, Landucci). La lista di Margaritis presenta altri nomi (Alfredo Ferrero, Mario Casella, Guido Menasci, Cei, Emma Perodi, Erminia Bazzocchi, Piero Cornaglia, Banti, Niccolò Grillo, Luigi Matteucci, Gino Del Lago), tra i quali vanno ricordati soprattutto Arturo Olivieri, Roberto Tanfani e i collaboratori della collana Speirani «In giro pel Mondo», Cornaglia, Grillo, Matteucci, Vincenzina Ghirardi-Fabiani. Arturo Olivieri di Sangiacomo (1862-1903), capitano di stato maggiore, autore di romanzi militari, scrive un romanzo d’avventure, Gli schiavi bianchi (Donath, 1900), sulla cattura e la fuga di quattro soldati italiani caduti in mano alle truppe di Menelik dopo la battaglia di Adua. Tanfani pubblica Il forte delle gazzelle (Donath, 1900); Cornaglia, I Misteri del Sahara (1904); Grillo, Martino il negriero (1900); Matteucci, Le avventure di un naturalista (1896); Ghirardi-Fabiani, Camir. Scene di vita indiana (1898). Nel lungo elenco compare anche A. Permini, pseudonimo con cui Salgari pubblica la traduzione di un libro di Karl May, Il Figlio del cacciatore d’orsi (Donath, 1900). La novità principale dell’opera di Guglielmo Stocco consiste nel gusto per la descrizione truce, vicina al genere gotico. Nel Flagello della prateria due bohémien italiani si improvvisano esploratori e partono alla ricerca di un tesoro. Ma quando, dopo enormi fatiche, lo scoprono, trovano una morte orribile, vittime di un micidiale gas di miniera. Un terzo personaggio, abbandonato in un forte, diventa antropofago. In La vittima dei Pirati Gialli (riproposto nel 1928 da Sonzogno con il titolo Il Pirata Giallo), un terribile cinese rapisce il figlio del peggior nemico, un lord inglese, e lo sottopone a un’operazione chirurgica in modo che assuma le sembianze di un cane. Come se non bastasse, lo alleva nell’odio del padre e lo addestra a ucciderlo, come avviene nel tragico fina-
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le, in cui il mostro incolpevole si toglie la vita. Nel 1907 Stocco assume la direzione del giornale di viaggi e di avventure Cristoforo Colombo della Società Editoriale Lombardi-Muletti (Milano), con cui pubblica due romanzi: La figlia del sole (1908), I banditi della Cordigliera (1909, seguito del precedente) e L’aeronave fantasma (1930), ispirato a I figli dell’aria di Salgari. L’aeronave fantasma parla di una misteriosa e potente macchina volante che sorvola ripetutamente la Lombardia, il Veneto e il Piemonte, allarmando le autorità italiane. Gli sconosciuti aeronauti sono dei profughi russi, intenzionati a compiere un attentato allo zar in visita alla reggia di Racconigi. Allo scopo di assicurarsi l’impunità durante le loro manovre, rapiscono una giovane aristocratica veronese. I giornalisti locali si mettono alla ricerca di notizie. Uno di loro, cronista del Corriere dello Sport, riesce così bene nelle investigazioni che, alla fine, sposa la ragazza. L’attentato non avviene e il romanzo si conclude con l’amicizia tra i russi e i protagonisti italiani. Nel 1910 Stocco pubblica con la casa editrice Pliniana Lombardi (Milano) Il Vascello del Diavolo, che narra il recupero di un tesoro affondato in prossimità di un immenso vortice e ripropone il tema del Maëlstrom in un quadro fantascientifico. Nel 1936 ne viene ricavato un fumetto a puntate, apparso su Il Mondo. Giornale illustrato dei Viaggi (prosecuzione della rivista di Sonzogno, 1878). Durante la Prima guerra mondiale, Stocco si arruola tra i bersaglieri ciclisti, un’esperienza che gli suggerisce il romanzo Gli avventurieri del pedale (Sonzogno, 1928), storia di un tandem prodigioso che corre sulle rotaie ferroviarie, è adatto a sciare, a pedalare sull’acqua, a scendere con il paracadute, a veleggiare nel deserto. Stocco porta all’eccesso le meraviglie delle macchine salgariane di Al Polo Australe in velocipede (1895) e anticipa i marchingegni del cinema d’azione e di spionaggio. Uno dei protagonisti, chiamato Maciste, richiama il cinema muto, in particolare il personaggio erculeo di Cabiria, interpretato dall’attore Bartolomeo Pagano. Tornato dal fronte, Stocco assume la direzione del Giornale Illustrato dei Viaggi (Sonzogno) e concede ampio spazio alle rivisitazioni salgariane, tanto più che il «caso Salgari» spinge Sonzogno a riproporre gran parte dell’opera dello scrittore. L’editore milanese ripubblica con il titolo Il Treno Volante, il romanzo Avventure nell’Africa centrale, uscito
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nel 1901 con lo pseudonimo Guido Altieri. E in seguito le edizioni Sonzogno rititolano molti racconti di Salgari: L’Eroina di Port Arthur diventa La naufragatrice (1924); Le Stragi della China diviene Il sotterraneo della morte (1926). Stocco, rielaborando i romanzi di Salgari, scrive Gli scorridori della Jungla (Como, Società Editrice, s.d.), Lo strangolatore del Bengala (1909), La Montagna d’Oro (1923), Il Corsaro della Maschera Nera (1929), La Montagna d’Oro (1923). Nel Giornale Illustrato dei Viaggi, Stocco pubblica nel 1921 L’Isola Infernale, che appartiene a un filone narrativo fantascientifico-gotico. Dello stesso genere sono La Colonia infernale e Il riformatore del mondo (Sonzogno, 1928). Vi sono descritte le follie di un diabolico personaggio intento a ridurre l’umanità allo stato bestiale, praticando su larga scala la lobotomia, allo scopo di mantenere il potere nelle mani di pochi eletti. Altrettanto inquietante è il racconto La sirena di Krakatoa, sull’esistenza di un popolo ignoto che vive negli abissi marini, pronto a invadere la terra. Il giro del mondo di Testa di legno (Sonzogno, 1925) e Pinotto intorno al mondo. Ultime avventure di un burattino (Madella, 1928) sono dedicati all’infanzia. Pinotto intorno al mondo ricorda il Pinocchio apocrifo di Augusto Piccioni, ma neppure in questa occasione Stocco riesce a reprimere il gusto dell’orrore. Il libro contiene infatti una serie di inaudite cattiverie nei confronti di Pinotto, legato e torturato senza ragione. GUSTAVO MAROLLA (gli anni di nascita e morte purtroppo risultano ignoti), come Stocco, ama le descrizioni crude e il gusto macabro, che pratica forse nel tentativo di occupare un territorio narrativo (esiguo) lasciato libero da Salgari. Esordisce nel 1921 con due romanzi in cui agiscono gli stessi protagonisti: La vendetta di un’indiana e Una caccia tragica (Bemporad). Seguono L’Avvoltoio Rosso (Vallardi, 1929), Il tradimento di Duarte e Il macigno azzurro (Bemporad, 1930), Il Rolland Black (La Prora, 1930), Il dottor Blak (La Prora, 1931), Il Boero della morte (Barion, 1931). Per l’editore Barion Marolla cura la traduzione di alcuni romanzi di Verne e di Mayne Reid. Lo scrittore mostra la sua adesione al genere truce nei primi tre lavori, in cui sono descritti infanticidi e altri orrori, alternati a pagine dedicate all’avventura tradizio-
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nale. In Una caccia tragica si assiste ai delitti di Esqueleto, scheletro vivente che la superstizione definisce infernale e invincibile. Prima di essere ucciso il mostro compie, con particolare efferatezza, autentiche stragi. Anche l’Avvoltoio Rosso è una creatura grottesca e orrenda, che vendica sul prossimo la sua deformità e la sua solitudine. In seguito Marolla si dedica al genere fantascientifico a sfondo umoristico, nel breve ciclo del dottor Blak, inventore e scienziato, il cui aeromobile viaggia «alla velocità di un telegramma». GASTONE SIMONI (1899-1966) tenta con professionismo e discreti risultati tutti i generi della letteratura popolare (fantastico, poliziesco, divulgazione scientifica, avventura moderna). Appartiene al gruppo di autori che cercano di mantenere viva la tradizione del romanzo salgariano, aprendola a itinerari differenti e a nuove suggestioni di mercato. Inizia nel 1928 la collaborazione con Il Giornale Illustrato dei Viaggi e la collana «Il Romanzo d’Avventure» (Sonzogno) in cui, accanto ai classici (Wells, Stevenson, London, Kipling, Mayne Reid), compaiono i romanzi di Salgari e di Piero G. Jansen, Athos G. Banti, Ugo Mioni, Guglielmo Stocco, Aristide M. Giannella, Roberto Mandel. All’inizio Simoni scrive romanzi di fantascientifici: L’ultimo degli Atlantidi (1928), La barriera invisibile (1929), L’isola del faro rosso (1932). L’Isola del faro rosso è un romanzo particolarmente ricco d’inventiva e tra le sue fonti ci sono il magnetismo animale, l’astronomia, la metapsichica. Vi si cita anche un articolo dell’Istituto Radiofonico Italiano (1930), che fa cenno alla possibilità di applicare i raggi cosmici e ultracosmici all’interpretazione dei fenomeni psichici e medianici. La goletta Mary Dear è in viaggio verso le isole Hawaii, dopo aver lasciato le coste della Nuova Guinea. All’improvviso, in vista di un’isola sconosciuta, le persone a bordo perdono la cognizione del tempo e dello spazio. Le bussole impazziscono, i macchinari cessano di funzionare e, mentre ogni oggetto assume un peso sproporzionato, la nave affonda. I superstiti approdano con una scialuppa sull’isola, dove si erge un faro misterioso. L’isola appartiene a un vecchio scienziato in grado di azionare un raggio che provoca alterazioni mentali ed aumento del peso e può separare il corpo fisico da quello spirituale, così da rendere
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gli uomini automi ridotti all’obbedienza. Gli effetti del raggio non hanno limiti di spazio e lo scienziato è in grado di provocare il caos ovunque. Alla fine il protagonista scopre un casco che protegge dagli effetti del raggio, riesce a chiamare rinforzi e la base segreta dello scienziato viene distrutta. Nel romanzo abbondano gli spunti avveniristici. Di particolare efficacia risulta la descrizione di San Francisco, colpita dai raggi del faro. Nel 1936 Simoni pubblica Sono abitate le stelle? Piccola enciclopedia astronomica (Istituto Editoriale Moderno) e un «ciclo messicano» di sei brevi romanzi illustrati: L’idolo di giada; L’isola perduta; Alla conquista di un regno; La maledizione dei Maya; La rivolta degli idoli; L’ultimo corsaro; a cui si aggiunge, nel 1941, La grande avventura. In questi romanzi alle descrizioni di savane, giungle, bestie feroci si sostituiscono scene di inseguimenti in automobile e in motoscafo e combattimenti con armi sofisticate. Protagonista del ciclo è un giovane avventuriero, Lupo Grimaldi, discendente dell’antica casata genovese. Innamorato di Thanis, principessa maya, la aiuta a riconquistare l’impero dei suoi avi, combattendo le insidie di avidi industriali petroliferi e dell’esercito messicano. La presenza nel ciclo di personaggi come Tony Morgan (pronipote dell’antico corsaro) e don Pablo Gomez (che discende dagli antichi conquistadores spagnoli), indica lo sforzo di Simoni di ridare vitalità all’avventura classica, con un senso pessimistico della modernità, che travolge gli eroi solitari e i popoli non europei secondo uno schema già presente in Salgari. Al termine della carriera Simoni si dedica al romanzo poliziesco, già diffuso negli Stati Uniti e incoraggiato dalle disposizioni di regime che obbligano gli editori a pubblicare romanzi gialli di autori italiani. Pubblica, nelle collane «I gialli K» (Edital) e «Il Cerchio Nero» (Sadel), L’assassino immaginario (Edital, 1941), La maschera dai tre occhi (Edital, 1940), Chi ha ucciso mister Carmody? (Sadel, 1940), La strana morte di Edwin Markham (Sadel, s.d.). Tenta anche di coniugare avventura e poliziesco in una trilogia di romanzi marinari («Gialli Economici Mondadori»): Battaglia a bordo (1938), Navi sommerse (1939), Bandiera gialla (1939).
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ARMANDO SILVESTRI (1909-1990), ingegnere aeronautico, crea nel 1920 la prima rivista salgariana per appassionati (sul modello delle future fanzines) L’Impavido. Pubblica «racconti di anticipazione» sul Giornale illustrato dei Viaggi. Partecipa all’ideazione di pulp all’americana e di un fumetto di fantascienza, Orson degli spazi (1948). Cura le traduzioni di libri d’astronautica: Astronautica (Garzanti, 1952); Il satellite artificiale (Esse, 1955); Dallo Sputnik alla luna (Ufficio Storico dell’Aeronautica, 1971). È redattore del mensile Il Politecnico e fonda le riviste Avventure nel Cielo (1939-’43) e Oltre il Cielo (1957’75). Traduce Cinque settimane in pallone, prima sulla rivista Ali (1955), poi in volume (1957), con numerose note scientifiche. Scrive romanzi per la gioventù a cavallo tra avventura e fantascienza: La banda dei fazzoletti rossi (1928); La meravigliosa avventura (1929); Lo Sceicco Rosso (1930); Il tesoro del deserto (1934); Il pirata della carovaniera (1935); Il Signore della folgore (1935); Il campo segreto (1939); Cuori e sangue del deserto (1951). CALOGERO CIANCIMINO (1899 – 1936) è attivo solo quattro anni. Suoi primi lavori sono pubblicati dalla casa editrice Le Grandi Avventure (Milano) e la sua firma appare accanto a quella di Luigi Motta: Il re della Jungla, La nave senza nome, Il prosciugamento del Mediterraneo (Ceschina, 1933). Scrive due brevi cicli: Il bandito del Rio delle Amazzoni, Il Budda di smeraldo (1935, seguito del precedente); Il mistero della Sfinge gialla, La bara di granito. Il protagonista del Bandito del Rio delle Amazzoni è Giulio Pontier. Le sue avventure hanno inizio nei sotterranei di Delhi, ma si svolgono soprattutto in Amazzonia. Fra le numerose reminiscenze salgariane c’è un giaguaro addomesticato, simile a Darma, la tigre di Tremal-Naik. Anche Ciancimino non riesce a creare situazioni e personaggi originali, circostanza, questa, che riguarda gran parte della letteratura avventurosa italiana post-salgariana, irrigidita dalle esigenze ideologiche vigenti e legata a repertori superati. Ma la sua narrativa, consapevole della difficoltà di proporre situazioni nuove, si volge, con esiti soddisfacenti, soprattutto verso la fantascienza, in considerazione degli spazi più ampi consentiti dal nuovo genere e dalla possibilità di creare so-
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luzioni se non inedite, non ancora completamente sfruttate. In Il mistero della Sfinge Gialla propone pagine d’azione in cui si intrecciano suggestioni salgariane e verniane, con spunti provenienti dai romanzi di Sax Rohmer (pseudonimo di A.H.S. Ward, 1883-1959) e dal ciclo del Dottor Fu Manchu, apparso in Italia nel 1931 (Il mistero del Dr. Fu Manchu, Bemporad). Nel ciclo di Rohmer, il Dottor Fu Manchu è il capo del Consiglio dei Sette, che raccoglie bande di criminali e di assassini in tutto il mondo, inclusi i thugs indiani e i dacoiti birmani. Il personaggio incarna quel «pericolo giallo», collegato a un intero filone dell’immaginario popolare americano, con alcune germinazioni molto famose, come il dittatore Ming in Flash Gordon, o Chao Fan, nemico di Jim della Giungla (entrambi fumetti di Alex Raymond degli anni Trenta). Il romanzo di Ciancimino svela apertamente il suo modello. La setta della Sfinge Gialla è dominata dal crudele Fu-Mang-Yu, molto simile, non solo nel nome, all’eroe negativo di Sax Rohmer. Allo scopo di renderlo particolarmente inquietante Ciancimino lo descrive con un artiglio d’acciaio al posto della mano sinistra. Il protagonista del Mistero della Sfinge Gialla è Paolo Berri, un medico che lavora con i servizi segreti inglesi alle prese con l’invincibile malvagio cinese, installatosi in un’isola remota, dotata di ingegnosi sistemi di difesa. Sono interessanti le somiglianze tra questa storia e il romanzo Il dottor No (1958) di Ian Fleming (e il film 007: Licenza di uccidere di Terence Young, 1963). Il dottor No, di origine cinese, ha delle pinze d’acciaio al posto delle mani, comanda un’organizzazione internazionale di criminali (la Spectre) e vive asserragliato in un isola della Giamaica, Crab Kay, protetta da severi sistemi di vigilanza. Ciancimino è il creatore della serie del «Figlio di Buffalo Bill», una saga interminabile (proseguita da altri autori), che contiene situazioni western molto sfruttate. Nel 1934 appaiono i dodici fascicoli settimanali (a firma Ciancimino – Motta) del Figlio di Buffalo Bill. Poi L’Eroe del Far West (Edizioni Aurora) e una seconda serie (sempre di dodici fascicoli, La Recentissima), con lo stesso titolo e la sola firma di Ciancimino. Quindi un romanzo, Il nemico di Buffalo Bill (edizioni delle Opere di Luigi Motta, a firma di Motta), e la terza serie (La Recentissima) di
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Ciancimino. Infine tra il 1934 e il 1935 escono ben sei volumi del medesimo ciclo, autore sempre Ciancimino. L’editrice Le Grandi Avventure affida allo scrittore (capitano di lungo corso) la compilazione di tre libri sulla guerra marina del 1914-’18: Sommergibili nella guerra mondiale, Incrociatori corsari, Corazzate. Le più grandi battaglie navali (1914 – 1918). Gli eredi dello scrittore, dopo la Liberazione, fondano a Milano la Casa Editrice M. Ciancimino e appare così, nel 1945, una nuova edizione del romanzo La nave senza nome. GIOVANNI BERTINETTI (1872-1950) porta a termine alcuni romanzi postumi di Salgari, pubblicati a cura del figlio Nadir: Il fantasma di Sandokan (Eredi Botta, 1928); Lo smeraldo di Ceylon (Bemporad, 1928); L’eredità del capitano Gildiaz (Bemporad, 1928); Lo schiavo del Madagascar (Bemporad, 1929); Josè il Peruviano (Bemporad, 1929). Si tratta di lavori su commissione, richiesti dagli eredi e dagli editori di Salgari, che rivelano una discreta capacità di adeguamento al modello e segnalano la pressante richiesta, da parte dei lettori, di romanzi d’avventura alla Salgari. Bertinetti è l’autore di un famoso libro per l’infanzia, Le orecchie di Meo (Lattes, 1908), storia di un ragazzo svogliato dalle lunghe orecchie d’asino. Scrive anche I pugni di Meo (Lattes, 1930) e Meo nei sette paesi delle meraviglie (Marietti, 1938). In questo romanzo Meo riceve da un vecchio saggio che fabbrica ombre viventi una valigia da cui escono fantasmi di ogni tempo e luogo, tra i quali i pirati di Mompracem e i briganti del Riff. Soggettista, regista e direttore di case cinematografiche (Latina Ars, Pasquali, la Corona), Bertinetti fonda la Albertini Film (1919), nata dai successi di Luciano Albertini (Francesco Vespignani), divenuto famoso in quegli anni come «Maciste» del cinema muto. Crea la serie cinematografica del bandito Philbus e scrive sceneggiature avventuroso-poliziesche: La scure degli Stuart, Il delitto del lago, Il castello del ragno. Nel 1921 lavora alla riduzione di Il Ponte dei Sospiri di Michel Zévaco (prodotto dalla Pasquali, interpretato da Luigi Albertini). In seguito tenta di realizzare un film tratto da Le orecchie di Meo. Sul modello della rivista di Salgari, Per Terra e per Mare, Bertinetti fonda il settimanale Forum (1901-1905), al quale collaborano Carlo
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Dadone, Augusto Piccioni, Francesco Margaritis. Sulla rivista esce a puntate La vita è un sogno, un riuscito romanzo in cui compaiono predatrici del mare, fachiri esperti in scienze occulte, archeologi e un malato di «nostalgia dell’irrevocabile», che si innamora di donne bellissime e morte da secoli. Numerosi sono gli pseudonimi di Bertinetti: Donna Clara, autrice del libro Dalla cucina al salotto (Bona, 1905), ristampato in seguito nella versione riveduta di un’autrice autentica, Lidia Morelli (Lattes); Herbert Bennett, che racconta le imprese poliziesche di Cutt Hardy, personaggio modellato sul detective Auguste Dupin; Ettore Napione (autore di libri in collaborazione con Donna Clara per Edizioni Praxis-Lattes); Zio Tom (autore di favole); Relater, Speker (e altri), titolari delle rubriche di Forum. Lo pseudonimo più famoso di Bertinetti è quello di Ellick Morn, autore di Il mondo è tuo. Arte del successo in tutte le manifestazioni della vita, un manuale di auto-aiuto all’americana, allora di moda. Con lo stesso nome (ritenuto per molto tempo autentico) pubblica Sorgi e cammina (1909), Alla conquista dell’energia (1911), Il nuovo mondo è tuo (1922), Sei tu radioattivo? (1934). Sono da ricordare alcuni romanzi umoristici: Rotoplano 3 bis (Lattes, 1910); Ipergenio il Disinventore (Lattes, 1932); Zozò, il furfantello trasformato in scimmiotto (Marietti, 1935) e Capitan Fegataccio, pubblicato nel 1932 nella «Collana delle Avventure» (Cartoccino, Monza), con opere di altri autori minori di ispirazione salgariana (Luigi Ugolini, Giovanni Amadio, Ernesto Ambrosi). EMILIO FANCELLI (1892-1971), se le notizie biografiche sono vere combatté a fianco di Pancho Villa negli anni fra il 1911 e il 1920. Di certo c’è che la sua prima produzione è di ambientazione messicana. Con Salani pubblica I vagabondi delle frontiere (1925), un romanzo di discreto successo, che valse a Fancelli la commissione dei due nuovi lavori (1926) che compongono, con il romanzo precedente, la trilogia ispano-americana: Il capitano degli invisibili e Il Napoleone dell’Ovest. Ma è Nerbini l’editore principale di Fancelli, con cui pubblica I demoni del West e Gli irregolari del mare, a cui fa seguito una serie di romanzi storici e biografie popolari (1927-’44): I capitani di ventura, La congiura dei Fieschi, Il principe corsaro, Margherita Pusterla, Nadia Sergine,
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L’Ussero di Napoleone, Balilla, Il Ferruccio, Il Conte Ugolino, Giovanni dalle Bande Nere, L’antipapa Baldassarre Cossa, Al servizio della regina. Nel 1928 esce Il figlio di Yanez, ritenuto il suo romanzo migliore, con il quale pone in modo esplicito la propria candidatura a successore di Salgari, partecipando allo sfruttamento postumo dei cicli salgariani, già iniziato con i romanzi di Luigi Motta, La tigre della Malesia (a dispense, Sonzogno, 1926, con la doppia firma Salgari – Motta), Lo scettro di Sandokan, La gloria di Yanez, Addio Mompracem!. In contemporanea con le disav- Emilio Fancelli, «Villa Zaargraven a Buitenzorg», Le pantere di Timor (faventure giudiziarie di Motta (Nel 1931 lo scicoli), Firenze, Nerbini, 1929. scrittore viene trascinato in tribunale da Emilio Moretto, suo ghost writer), Fancelli scrive tre romanzi che proseguono il ciclo malese: Le ultime avventure di Sandokan (Mondadori, 1928), Sandokan nel labirinto infernale (Mondadori, 1929), Il fantasma di Sandokan (Botta, 1929). Fancelli, come Bertinetti, si accosta con proprietà allo stile salgariano, riferendosi in modo puntiglioso ai personaggi e alle situazioni dei romanzi originali. Le avventure riprendono nel 1880 con Yanez che ha sessant’anni, età verosimile, se si considera che il personaggio ha più di trent’anni nel 1849 e cinquantacinque nella sua ultima apparizione. Tra le novità proposte da Fancelli c’è il matrimonio di Soarez, figlio di Yanez, con Miriam (ma in Sandokan nel labirinto infernale Soarez sposa Gunara) e la morte di Kammamuri (rimasto in vita nei romanzi pseudosalgariani di altri autori). Nel 1929 Fancelli scrive I filibustieri del Gran Golfo, in cui il protagonista Alessandro Braccio di Ferro emula le gesta del Corsaro Nero e Le pantere di Timor (fascicoli), in cui i protagonisti del ciclo malese vengono inseriti nell’arco temporale utilizzato da Salgari in Il re del Mare (1906). Seguono alcuni romanzi orientali, Miriama la bajadera, Lo Sceicco Nero ovvero le sabbie insanguinate (1928),
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I cavalieri della notte, La rivincita dello sceicco nero (1930), con pagine di erotismo esplicito, lontane dalla vecchia scuola salgariana. Nel 1931 Fancelli crea El Rajo, il cavaliere misterioso del Messico (fascicoli), una serie in bilico tra avventura, giallo e rosa, che ha per protagonista una sorta di Zorro e di El Coyote, il personaggio dello scrittore catalano José Mallorquí. Nello stesso anno scrive una dozzina di avventure di Buffalo Bill per Nerbini, che utilizza Fancelli e altri autori per i soggetti di Topolino, L’Avventuroso, Giungla. Dopo la guerra lo scrittore si dedica alla tutela della letteratura giovanile con l’Associazione Italiana «Pro Romanzo d’Avventure» (AIPRA, poi Associazione Italiana «Pro Adolescenza») e due romanzi: Visi Pallidi e Pellirosse e Pat e Pa’. VI.11 Gli «ultimi filibustieri» Il ciclo dei corsari è seguito da innumerevoli imitazioni dagli esiti generalmente parodistici. Negli anni Quaranta escono i «sequel» ufficiali delle avventure dei pirati, redatti in base alle indicazioni degli eredi di Salgari e con il loro consenso: Il Corsaro Rosso, Il Corsaro Verde, La figlia del Corsaro Verde, Le ultime imprese del Corsaro Nero, I filibustieri della Tartaruga, Morgan il conquistatore di Panama (1959). Il Corsaro Verde è di Sandro Cassone, autore di molti romanzi d’avventure (con lo pseudonimo Malcom Forest) e collaboratore del Corriere dei Piccoli, del Vittorioso, dell’Avventuroso e della collana «Avventure sensazionali» (Taurinia). Enzo Chiarelli è l’autore della Figlia del Corsaro Verde. Negli anni Trenta Attilio Frescura (1881 – 1943) scrive una «serie dei corsari», che firma con lo pseudonimo «Cap. Ph. Escurial» (forse un anagramma «a intarsio» del suo nome). Il ciclo inizia con Il Corsaro Verde (1929), in cui i fratelli salgariani (i Corsari Nero, Rosso e Verde) tentano di vendicarsi di Wan Guld. Il più giovane (il Corsaro Verde), dopo aver assalito una nave spagnola, sposa una fanciulla siciliana, Bianca, che è in viaggio per incontrarlo. Bianca diventa l’eroina del secondo romanzo La Corsara Bianca, che è seguito da I Filibustieri delle Antille, in cui i corsari combattono per liberare Bianca, caduta nel-
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le mani di Wan Guld. La serie si conclude con Il Selvaggio Bianco (in sostituzione del previsto Il figlio del corsaro Verde), che ha per protagonisti sempre Bianca e il Corsaro Rosso. Appare anche una serie parallela, di cui sono autori direttamente gli eredi di Salgari e presenta alcune varianti: Il corsaro Verde viene sostituito da Il corsaro dello Yucatan, avversario del visconte De Valgra, governatore di Panama e seguito da I Mastini del Mare e La Corsara Bianca. Bianca diventa la moglie e poi la vedova del Corsaro dello Yucatan. Frescura (la cui identità viene svelata da una nota della Cappelli solo nel 1978) Cap. Ph. Escurial (Attilio Frescura), Il esordisce tardi nel giornalismo (Avvenire Corsaro Verde, Bologna, Cappelli, d’Italia, Resto del Carlino, Corriere del 1929. Pomeriggio). La sua opera più nota è Diario di un imboscato (1919), fortunato libro di esperienze belliche, ristampato in seguito con il titolo Diario di un passeggero clandestino. Prima di diventare uno tra i maggiori continuatori dei cicli salgariani, Frescura pubblica alcuni romanzi oggi dimenticati: Le incredibili avventure di un branco di burattini, Diciotto milioni di stelle, L’isola dei fiori (Cappelli). I romanzi d’avventura, suddivisi in tre serie (corsari, avventurieri, conquistatori) hanno uno sfondo religioso. La «serie degli avventurieri» comprende L’Occhio di Visnù e Il Rogo del Rajah. In questo secondo romanzo la vedova del rajah abiura la propria religione e abbraccia quella cattolica. La «serie dei conquistatori» comprende L’Armata dei disperati, Incas figli del sole, Il pirata di Algeri, Il pirata della Barba Rossa. Pubblica anche L’Artiglio del Mare nel recupero del tesoro dell’Egypt (1932), un romanzo d’attualità sul recupero di una nave inglese che venne affondata al largo delle coste della Bretagna durante la Prima guerra mondiale, mentre trasportava oro dall’India. Nel 1930 le Edizioni Illustrate Americane (Roma) pubblicano Morgan il pirata (fascicoli), una serie di Mario Carretta, collaboratore del
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Tevere di Roma. Nel 1932 la casa editrice Vecchi (Milano) pubblica Franco di Portovenere, il principe corsaro, fascicoli attribuiti a uno sconosciuto «Nino della Vega». Nel 1933 Armando Curcio fa stampare la collana in fascicoli Avventure di Terra e di Mare, dedicata alle imprese dei corsari: La corsara dell’Hispaniola, Una notte a Maracaibo, I due corsari, La fine della Révanche, Cuore di corsara, Il vascello del diavolo, Il tesoro dei pirati. Piero Pollino (1912-1997) autore di Il Corsaro Azzurro (Viglongo, 1951). Carretta scrive anche altri romanzi marinari: La crociera dell’Egea (San Paolo, 1953), Il mozzo della Dominante (Monviso, «Morgan battistrada», Sotto bandiera 1953), La capitana dell’Elba (Monviso, nera. Avventure di Morgan il pirata, n. 1953). Poi si dedica alla stesura di guide 79, Casa Editrice Americana, 1911. turistiche e all’attività di pubblicista. Livio Carloni (1895-1959) poeta futurista, studioso del folklore romagnolo (dirige la rivista La Piè), amico di Umberto Nobile e biografo di Salgari (con il giornalista-esploratore Silvio Zavatti), scrive continuazioni in accordo con gli eredi dello scrittore. Vengono pubblicati seguiti salgariani anche in anni recenti: Frederick Kaman (Stefano Di Marino), Il sogno della Tigre (Segretissimo Mondadori, 1997); Gaetano Cristaldi, Viva Sandokan. La Tigre della Malesia nei mari del 2000 (Prova d’Autore, Catania, 1997). VI.12 Supereroi e boy-scout Sono i fumetti a mantenere in vita l’avventura di gusto salgariano, almeno fino a quando non ricompaiono alcune collane specializzate («Il Cerchio Rosso» Mondadori, 1978) e i best-seller internazionali (Morris West, Wilbur Smith). Negli anni Trenta L’Avventuroso riproduce le stri-
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sce a fumetti americane più celebri: Flash Gordon di Alex Raymond, The Phantom (L’Uomo Mascherato) di Lee Falk e Ray Moore, Mandrake The Magician di Lee Falk e Phil Davis, Jim of The Jungle di Alex Raymond, Cino e Franco di Lyman Young. I lettori apprezzano soprattutto l’Uomo Mascherato, con l’inconfondibile abbigliamento (una calzamaglia e una maschera nera) e Mandrake. Il successo di questi eroi è preparato dai personaggi dotati di poteri straordinari, che popolano le serie in fascicoli degli anni VentiTrenta. Il primo è Ralf Clifford, l’uomo che può rendersi tempora- «La caverna dei milioni», Fascinax. L’uomo occhi magnetici, Firenze, Nerbini (s.d.). neamente invisibile grazie a un suc- dagli Ristampa del secondo dopoguerra della serie co magico donatogli a Calcutta dal settimanale Affascinatore. La realtà romanzefachiro Abukabar: una serie della sca (Nerbini, 1924) Mignon Verlag di Dresda (192 fascicoli, 1922), che viene importata in Italia dalle Edizioni Illustrate Americane, senza modificarne il titolo, il formato e le illustrazioni (40 fascicoli, 1929). C’è poi Fascinax, o l’Affascinatore, il ricco Giorgio Leicester, che è in grado di soggiogare il prossimo con il solo sguardo e può avvertire in anticipo gli eventuali pericoli, grazie ai poteri donatigli dallo yogi Nadir. È Nerbini a pubblicare nel 1924 la serie L’Affascinatore. La realtà romanzesca (22 fascicoli), ristampata con il titolo Fascinax, l’uomo dagli occhi magnetici.44 44 Simile, sempre di Nerbini, è la serie de L’uomo senza nome (22 fascicoli, 1936). Altre serie di pochi fascicoli, pubblicate dalle Edizioni Illustrate Americane: Le avventure di Rolf Torring. Il più grande avventuriero del mondo (10 fascicoli, 1932, Verlaghaus); Rama Sahib, la Tigre della Jungla Nera (20 fascicoli, 1932), tratta da Salgari e dalla serie tedesca della Ostra Verlag dedicata alle gesta di un personaggio chiamato Rama Singh; Peter Johnson. Il pilota della stella d’oro (10 fascicoli, 1931); le serie di Fernando Bellini: Il Leone delle Montagne Rocciose (8 fascicoli, 1933); Il fantasma dei grattacieli (tratto da Edgar Wallace).
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Jean de La Hire, «L’approdo aereo», I tre Boys-Scouts. Avventure meravigliose, n. 51, Milano, Sonzogno, 1921.
Adalgiso Lanfranchi, Sansonetto. Avventure di un ragazzo fascista, Firenze, Nerbini, 1928.
Nel 1928 Nerbini pubblica Le avventure di Totò esploratore a 13 anni e Le avventure di Giulietto, uccisore di tigri, imitazioni grossolane delle imprese di Friquet, il ragazzo viaggiatore protagonista di Il giro del mondo di un birichino di Parigi di Louis Boussenard. La stessa produzione (di Boussenard, Gustave Aimard, Gustave Lerouge) che coniuga il tema della peripezia infantile (Malot) con il romanzo di viaggi e di avventure è alla base del sottogenere ispirato allo scoutismo. Jean de La Hire (1878-1956), creatore di Nyctalope (l’uomo che possiede il potere di vedere al buio), scrive Les aventures d’un enfant de troupe (1911); Les Trois Boy-Scouts (1913, che diventa un giornale); L’As des BoyScouts (1925). Arnould Galopin (1865-1934), un altro esponente del genere «giovinezza – grandi viaggi», pubblica Aventures de Trois Boyscouts. Sonzogno traduce I Tre Boy-Scouts (Jean de La Hire), 150 fascicoli che costituiscono solo una parte della serie francese (1913-’36). I fascicoli vengono ristampati più volte e la loro circolazione è tollerata dal fascismo, nonostante lo scioglimento delle associazioni scoutistiche italiane. Nel 1927 l’editore Picco di Torino stampa L’Asso dei boy-
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NED BUNTLINE E PRENTISS INGRAHAM
scouts (Jean de La Hire, 52 fascicoli) e nel 1929 pubblica a puntate sul settimanale Il Giovedì, La grande avventura di un boy-scout. La Tipografia Editrice Taurinia pubblica Le avventure coloniali di due balilla (1936), che imita le serie sui boyscout, sostituendoli con ragazzi in camicia nera. La stessa cosa avviene con Sansonetto. Avventure di un ragazzo fascista (serie Nerbini ricavata da un romanzo di Adalgiso Lanfranchi) e con alcuni romanzi del ventennio: Lucilla Antonelli, Cuore di fuoco. Avventure di due ragazzi in Africa Orientale (1937); Alfredo Fabietti, Due ragazzi in Abissinia (1937); Salvator Gotta, Piccolo legionario in Africa Orientale (1938).
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«Un duello Indiano», Buffalo Bill. Il domatore delle Pelli-rosse. Terribili avventure fra i Selvaggi Indiani, dispensa n. 1, Roma, Perino, 1890.
VI.13 Ned Buntline e Prentiss Ingraham Le avventure di Buffalo Bill arrivano sul mercato italiano (1908) dopo il successo delle serie poliziesche. Buffalo Bill è un personaggio reale, che è ancora in vita quando escono le sue storie ed è conosciuto come un favoloso eroe della frontiera e un abile uomo di spettacolo. Il suo vero nome è William Frederick Cody. Nasce a Le Claire, Scott County, Iowa, nel 1846 e muore a Denver, nel Colorado, nel 1917. Il soprannome deriva dalla fama che ha conquistato nel periodo in cui si impegna per i fratelli Goddard a rifornire di carne fresca gli uomini che lavorano alla costruzione della ferrovia Kansas Pacific.45 In circa 17 mesi uccide 45 Bill significa ‘contratto’. Il soprannome è quindi letteralmente «Contratto per i bufali». Cfr. F. Cristofori – A. Menarini, «Buffalo Bill, ovverosia il West», in Idd., op. cit., pp. 15-114.
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con il vecchio fucile Lucretia Borgia, in sella al cavallo Brigham, circa 4300 bisonti. Attorno a Buffalo Bill e al suo personaggio si moltiplicano i racconti, i film e le mode: Buffalo Bill, il domatore delle Pelli-rosse (Perino, 1890); La sovrana del Campo d’oro (1905) di Salgari; Come diventammo pellirosse di René Thevenin, pubblicato sul Corriere dei Piccoli (1911) con le illustrazioni di Attilio Mussino. Quasi fino a oggi, con i romanzi stampati dagli editori italiani (La Scuola, Marzocco, Viglongo, AMZ, Capitol), la Copertina del programma italiano del Wild West serie quindicinale Buffalo Bill delShow (1906). la Pubblipresse (1966) e i fumetti. Ma l’enorme notorietà del personaggio deriva dal successo ottenuto da Cody in America e in Europa (1887) con il Wild West Show, creato nel 1883 (le tournée italiane ebbero luogo nel 1890 e nel 1906) e accompagnato da una colossale campagna pubblicitaria (stampe, manifesti, programmi, opuscoli, cartoline). I fascicoli italiani, Buffalo Bill. L’Eroe del Wild West. Unica edizione originale, autorizzata dal colonnello W. F. Cody, detto Buffalo Bill, riprendono l’edizione originale americana The Buffalo Bill Stories. A Weekly Publication Devoted to Border History (circa 590 numeri pubblicati da Street & Smith’s tra il 1901 e il 1912). La quarta di copertina è occupata dal ritratto dell’eroe e dalla locandina che annuncia: «Buffalo Bill racconta le sue avventure». In Italia Cody è già famoso. La seconda tournée del Wild West Show (1906) ha toccato tutte le città principali e migliaia di persone hanno assistito ai virtuosismi di colui che viene presentato come «l’ultimo dei grandi esploratori». La fascetta pubblicitaria della Casa Editrice Americana punta sul fatto che si tratta delle memorie autentiche «dell’eroe il più amato e il più popolare degli
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Stati Uniti». E precisa che la «parte letteraria» è stata «affidata a eminenti scrittori i quali vissuti per molti anni all’ovest e all’est dell’America, hanno una conoscenza esatta delle cose e degli uomini di laggiù». In realtà i brani di vita reale sono molto rari. Autentici sono solo gli scenari, la prateria, le foreste, gli accampamenti indiani, gli scout e i fuorilegge, le città minerarie. Le situazioni e gli ambienti allora non ancora sfruttati, come avverrà in seguito, dal cinema western. Le serie di Buffalo Bill sono di Ned Buntline (Edward Z. Carroll Judson) e vengono Ned Buntline. scritte circa quattordici anni prima della nascita del Wild West Show. Buntline ha una vita avventurosa. Nasce nel 1821. A undici anni se ne va di casa per fare il marinaio. A New York salva due bambini che stanno per annegare nelle acque del porto. Viene premiato per il suo eroismo ed entra all’Accademia Navale. Non sopporta la rigida disciplina della marina e combatte nell’esercito, dove prende parte alla campagna contro i Seminole in Florida. Si impiega con la Compagnia delle Pellicce del Nord-Ovest. A Nashville uccide in duello un certo Robert Porterfield e si salva a stento dal linciaggio. Si arruola nella guerra contro il Messico. Torna a New York e fonda il settimanale di romanzi e racconti Ned Buntline’s Own. Si mette a capo di una società segreta, la «Know Nothings» (‘Quelli che non sanno niente’), scatena una sommossa e viene rinchiuso nel carcere duro di Blackwell. Durante la detenzione continua a occuparsi della sua rivista e a pubblicare storie dell’Ovest. Allo scoppio della guerra civile viene amnistiato e si arruola nell’esercito dell’Unione. Viene congedato con venti pallottole in corpo e con il grado di colonnello. Diventa amico di Francis Smith e collaboratore del New York Weekly. Torna nel West per raccogliere materiale di prima mano per una serie di romanzi a puntate. Si mette sulle tracce del maggiore Frank North, diventato famoso dopo aver ucciso a Summith Spring il capo di una banda di rinnegati Sioux e Cheyenne, Toro Grosso. Lo rintraccia a Fort McPherson, nel Nebraska,
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lungo la linea della Union Pacific. Il maggiore, un tipo energico e taciturno, non è interessato alla proposta di diventare un eroe delle serie popolari. Ma indica a Buntline il giovane William Cody, molto più incline a parlare di sé e delle sue esperienze e meno riluttante a vederle pubblicate. Per una settimana Buntline accompagna Cody all’inseguimento (infruttuoso) di una banda di Sioux e passa le notti ad ascoltare le sue entusiasmanti avventure, in gran parte inventate. Nel dicembre 1869 Il New York Weekly pubblica «Una grande storia di Ned Buntline. Buffalo Bill, il re degli uomini di frontiera. La storia più selvaggia e più vera che io abbia mai scritto», con una grande xilografia in prima pagina di Buffalo Bill. La storia narra la morte del padre dell’esploratore per mano di una banda di malviventi e del coraggioso proposito di vendetta del piccolo Cody (in realtà l’uomo è morto dopo un litigio sull’affrancamento dei negri). In pochi anni i racconti di Buntline creano un personaggio leggendario, a cui vengono attribuite imprese in gran parte compiute da altri (inclusa l’uccisione di Toro Grosso da parte del maggiore North). Nel 1872 viene presentata al Niblo’s Garden di New York la commedia Buffalo Bill, il re degli uomini della prateria, interpretata con enfasi dall’attore J.G. Studley. Nello stesso anno Buffalo Bill in persona sale sul palco a Chicago, nella commedia Scouts delle pianure, scritta in quattro ore da Buntline in collaborazione con un altro eroe della prateria, Texas Jack Omohundro. Nonostante le stroncature feroci, lo spettacolo viene replicato per anni in tutti gli Stati Uniti. Più tardi, completamente riscritto, è interpretato da un altro uomo del West, Wild Bill Hickok, come anticipo del futuro trionfo del Wild West Show. I dime novel di Buffalo Bill si rivelano uno splendido affare per la Street & Smith’s. Il pubblico si getta con avidità su vicende che, per quanto deformate e amplificate, prendono spunto da fatti recenti e reali. Il mito del West viene costruito e rimaneggiato «a caldo», in contemporanea con gli avvenimenti, grazie alla velocità dei nuovi mezzi di comunicazione (ferrovia, telegrafo, giornali). I protagonisti (con l’aiuto degli editori e degli impresari teatrali) collaborano personalmente, senza alcuna modestia, alla creazione della leggenda, interpretando sé stessi e ripetendo sulle scene le loro più o meno autentiche prodezze. Buntline viene accettato a scatola chiusa dagli editori e le puntate vengono pub-
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blicate senza aspettare che siano pronte le successive. Centinaia di persone si mettono in fila davanti alla sede della Street & Smith’s, in Rose Street, aspettando che la tipografia abbia terminato di stampare il giornale. Spesso, per l’improvvisa assenza dell’autore, è lo stesso Francis Smith a scrivere i capitoli mancanti. Buntline, in ogni caso, è un lavoratore formidabile. Scrive di notte, senza mangiare e dormire: «Ho scritto un libro di 612 pagine in 62 ore», racconta a un giornalista prima di morire nel 1886, in seguito all’aggravarsi delle Prentiss Ingraham. vecchie ferite. A perpetuare il mito di Buffalo Bill provvede un altro personaggio fuori del comune, il colonnello Prentiss Ingraham (1843 – 1904), che fin dal 1879 fornisce storie di Buffalo Bill alla Beadle & Adam’s di New York. Ingraham, cresciuto a Natchez, nel Mississippi, è un sudista vecchio stampo, cerimonioso e gentile. Combatte nelle fila della Confederazione e, dopo la resa del generale Lee, si arruola nell’esercito messicano di Benito Juarez. Un anno dopo è in Europa, nell’esercito austriaco che combatte contro i prussiani. Poi in Africa, in Asia e contro i turchi. Infine si fa conquistare dalla causa dell’indipendenza cubana. Prima comanda una nave di insorti, poi, con il grado di colonnello, un reggimento di cavalleria. Viene catturato dagli spagnoli, ma grazie all’intervento del console britannico riesce a evitare la fucilazione e viene lasciato fuggire. Torna negli Stati Uniti. Nel West conosce Buffalo Bill, Wild Bill Hickok e altri scout e inizia a scrivere storie avventurose, tratte spesso da vicende autobiografiche. Il Buffalo Bill di Ingraham è molto diverso da quello di Buntline, un ruvido uomo dei boschi, nobile d’animo, ma sgrammaticato e primitivo. È un gentiluomo di bell’aspetto, elegante, dall’inglese perfetto e dai modi raffinati e civili, anche quando la malvagità altrui lo costringe ad ucci-
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dere. Non disdegna i tavoli da gioco e il whisky, ma con maggiore parsimonia del vero Cody, sfrenato bevitore. E sa imporre la sua legge (sempre giusta) sia nei confronti dei lenti, complicati procedimenti della giustizia, sia di certe pericolose applicazioni, basate sul capriccio personale, del codice di Lynch. L’eroe di Ingraham indossa capi d’abbigliamento sfavillanti, si muove e parla con enfasi. Il fatto che Ingraham sia l’ufficio stampa del Wild West Show accelera la trasformazione in senso teatrale del personaggio. Ingraham scrive varie centinaia di dime novel, usando pseudonimi diversi. Ma sono quasi tutte sue le serie che recano la firma di Buffalo Bill. Cody comincia a pubblicare racconti autobiografici nel 1875. Ma deve rinunciare, perché è semianalfabeta, non sa usare la punteggiatura ed è costretto ad affidare il compito agli scrittori di mestiere. Per un lungo periodo Ingraham sforna dalle 35 mila alle 70 mila parole al mese. Si trova nel West quando Custer viene massacrato a Little Big Horn e scrive il primo resoconto drammatizzato, ma autentico, della vicenda, Custer’s Last Warpath. «Scrivere è semplice» – dice – «Inizio un’azione e poi non faccio che andare avanti. Comincio così: “Crack! Crack! E altri due indiani andarono a mordere la polvere”. Dopo diventa tutto facile». I protagonisti dei dime novel western, almeno fino al 1870, sono i civilizzatori dell’Ovest: l’ugly white man (‘brutto uomo bianco’), una specie di Davy Crockett sgraziato e fanfarone, lo scout rozzo e violento che vive ottemperando al motto: «il solo indiano buono è quello morto». E il «santo delle foreste», il Natty Bumpo dei romanzi di Cooper, un individuo scaltro, ma spiritualmente puro, immerso nella wilderness, la natura selvaggia, piena della presenza divina. Entrambi servono il progresso. Il brutto uomo bianco stermina gli indiani, il santo delle foreste guida e protegge i coloni. L’uccisore di pellerossa è il personaggio più comune dei dime novel fino al 1870, ma per la sua natura violenta non riesce a diventare un eroe e gli vengono affidati ruoli sempre più secondari. Al suo posto acquista sempre più importanza il santo delle foreste. Quello tradizionale è vecchio, parla il dialetto dei veterani della wilderness, sembra adatto anche ai ruoli comici e, a differenza dei personaggi violenti, risulta molto simpatico. Per la sua età non può innamorarsi, tanto più che la lingua lo confina in un ruolo troppo umile per
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le eroine sentimentali dei romanzi. Gli viene affiancato un personaggio più giovane e beneducato, il tenderfoot (‘piededolce’), capace, al momento opportuno, di tirare fuori dai guai anche il vecchio eroe, sfoderando grinta e pistola. È il tenderfoot che porta all’altare l’eroina e contribuisce a diffondere l’opinione che il contatto con la wilderness migliori la società. A poco a poco gli uomini della foresta diventano dei gentiluomini, capaci di parlare un impeccabile inglese e di comportarsi in modo irreprensibile con le donne. Mostrano di saper stare a loro agio anche nei salotti della città e consentono agli autori di abbinare due linee fondamentali del racconto, l’avventura e l’amore. Presto i fascicoli western si popolano di nuove figure, più problematiche, che mettono a nudo le iniquità sociali, inutilmente mascherate dalla retorica del progresso. Daniel Boone, il trapper protagonista di alcuni racconti del 1873, si domanda se la civilizzazione a cui sta aprendo la strada non metta a repentaglio il sogno della Frontiera. Poi appare un nuovo personaggio, il cowboy, che esprime, con la sua scarsa simpatia per la legge, il risentimento per le distinzioni di classe della società americana. I protagonisti dei dime novel non sono più i pionieri, i promotori di civilizzazione del West, ma individui ancorati alla terra conquistata dai padri, che stringono i denti e affrontano con coraggio il futuro. I nuovi eroi, giovani ed evoluti, sono pronti a infrangere la legge quando la ritengono ingiusta, rivitalizzando, in questo modo, i consueti schemi narrativi e appagando certe mutate attese del pubblico. Hanno un predecessore in Kit Carson, personaggio reale che molte biografie, più o meno veritiere, circondano di un alone di leggenda. Carson diviene un personaggio letterario, protagonista di circa sessanta romanzi, un cavaliere solitario nella vastità della pianura, coraggioso, imperturbabile di fronte al pericolo, sostenuto da un’incrollabile fiducia in sé stesso. Non è un personaggio che possa essere coinvolto in storie d’amore. È soltanto un’abile guida, per molti aspetti somigliante all’uomo della foresta. Anche nel caso di Kit Carson, gran parte del suo successo deriva dal fatto che egli è realmente esistito. Ed è forse proprio la speranza di trovare un altro eroe di eccezionale statura, in grado di rivalutare l’epopea dell’Ovest agli occhi di un’opinione pubblica, sempre più scettica e perplessa, che spinge Ned Buntline verso la Frontiera.
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Nel 1869 nello Utah si congiungono le strade ferrate della Union Pacific e della Central Pacific (impresa gigantesca, ma condizionata da un’altrettanto imponente manovra speculativa). Il Buffalo Bill dei primi racconti, che lavora per le compagnie ferroviarie, non è diverso dai tradizionali uomini della foresta. L’immagine sulle copertine del Weekly mostra la sua somiglianza con i predecessori: un uomo barbuto, giovane, ma rustico, gli abiti di pelle di daino. Il fucile al quale egli si appoggia non è il Winchester, agile e micidiale, ma la macchiNew York Weekly, 23 dicembre 1869. In prima pagina Buffalo Bill nosa arma a pietra focaia del trapper. Gli oce il racconto di Ned Buntline, Buf- chi guardano un panorama fuori campo, che falo Bill The King of Border Men (Buffalo Bill il re degli uomini della è facile immaginare selvaggio e incontamiFrontiera). nato. È Buffalo Bill, ma potrebbe essere Natty Bumpo, o un qualsiasi altro «calza-dicuoio». Anche se nei racconti non va a piedi, ma a cavallo, la sua moralità resta quella dell’uomo dei boschi. Ma si tratta già di una contraffazione, di una figura maturata nella nostalgia e nel disincanto, rispetto all’innocenza perduta della Frontiera. I fascicoli italiani riproducono il Buffalo Bill inventato da Prentiss Ingraham e perpetuato, dopo il 1904, dai collaboratori della Street & Smith’s. Le serie vengono pubblicate dalla Casa Editrice Americana e ristampate dalla Gloriosa, dalla Casa Editrice Italiana, da Nerbini. L’ultima ristampa delle storie di Buffalo Bill esce nel secondo dopoguerra (Nerbini) e segna il definitivo tramonto del racconto a fascicoli in Italia. Tra il 1908 e il 1913 escono oltre duecento episodi, in cui Buffalo Bill veste i panni dello scout dell’esercito, dell’ufficiale di governo, del cavaliere errante. L’eroe combatte contro un esercito di fuorilegge, sempre con un giusto mandato, per non turbare la coscienza dei lettori e nel tentativo di edificare il pubblico, spesso sconcertato da una brutalità non sempre giustificata dall’intento morale. Di solito Buffalo Bill se la vede con delinquenti di pelle bianca (o con i meticci) e non con i pelli-
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rosse perché, quando Ingraham e gli altri autori scrivono le loro storie, il problema indiano è risolto. Anzi sono i bianchi a sobillare gli indiani, fondamentalmente buoni, onesti, leali, infiltrandosi sotto le mentite spoglie di sachem, di ‘uomini della medicina’, tra le pacifiche tribù dei nativi. Buffalo Bill è un amico degli indiani, che lo ammirano e rispettano. Anche se è implacabile con gli indiani «ribelli», che si oppongono all’avanzata del progresso. Buffalo Bill viene riesumato a cose fatte, quando ormai anche i Sioux e «L’oro della missione», The Buffalo gli Apache lanciano le loro grida di guer- Bill Stories, n. 110, Milano, Casa Edira sulle piste del Wild West Show. L’eroe è trice Americana, 1909. il portavoce della cattiva coscienza nazionale, che afferma i nobili fini della civilizzazione e la bontà del programma di recupero delle riserve. La promozione di Buffalo Bill fa venire a mancare la vecchia risorsa comica dell’uomo dei boschi, con la sua parlata dialettale e i suoi modi da zotico. Si rimedia creando una serie di personaggi di contorno: il saggio e canuto Nick Warthon, di cui nessuno conosce l’età; il giovane indiano Piute, Little Cayuse; l’avventurosa Dauntless Dell; lo stravagante e coraggioso barone olandese Schitzenhauser. Ma ce ne sono altri, che compaiono soltanto nei dime novel americani, come il cacciatore di pelli Catamount Tom, il semplice uomo della frontiera Alkali Pete Allen, il trapper superstizioso Nick Nomad e il suo ronzino. Nelle storie americane vengono inseriti, insieme ad alcuni protagonisti della vita di frontiera (Calamity Jane, Texas Jack, Wild Bill Hickok, assassinato in un saloon di Deadwood nel 1876), dei personaggi minori, che devono la loro notorietà al solo fatto di essere scritturati da Buffalo Bill per il Wild West Show. Come Gordon Lillie, detto Pawnee Bill, che presenta durante la stagione 1882-’83 un gruppo di indiani Pawnee, prelevati nella riserva nella quale lavora come interprete. In seguito Pawnee Bill monta un proprio spettacolo, che fa concorrenza al Wild West Show, per tornare definitivamente con Buf-
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falo Bill nel 1909, quando il cacciatore è vecchio, malandato e carico di debiti. È per questa ragione che il ritratto di Pawnee Bill compare in alcune storie di Buffalo Bill accanto a quello di Cody. Tra il 1922 e il 1924 Nerbini ristampa i primi cento fascicoli della Casa Editrice Americana. Le nuove illustrazioni, conformi alle originali, sono di Tancredi Scarpelli. Le pagine sono 16, in caratteri minuti. Nel 1927 la serie viene portata a 200 numeri, utilizzando solo una parte dei fascicoli già tradotti. Tra il 1904 e il 1913 il numero «Lo spettro della prateria», Buffalo di pagine delle serie della Casa Editrice Bill. L’eroe del Wild West, n. 27, Americana e della Società Editrice MilaneFirenze, Nerbini, 1931. se si riduce progressivamente da 32 a 16. Nerbini rimedia all’inconveniente impiegando caratteri più grandi, aumentando lo spazio tra le righe e modificando i testi. Infatti fa mettere da parte gli originali e fa scrivere nuove storie a Emilio Fancelli. Dei 41 racconti che non hanno riscontro nelle serie già tradotte, 14 sono sicuramente di Fancelli, che li ripubblica nel dopoguerra con l’editore Viglongo di Torino. Nel 1942-’43 Nerbini raccoglie lo spunto offerto da una vecchia lite giudiziaria del 1917 (rievocata dalla stampa nel 1937) che ha per protagonista alcune famiglie di Compiano (Parma), che si dichiarano legittime eredi di Buffalo Bill. In realtà, secondo costoro, Buffalo Bill sarebbe stato un italiano, tale Domenico Tombini, nato a Barbigarezza, una frazione di Compiano. C’è da aggiungere che, secondo altri aspiranti eredi, Tombini sarebbe nato non a Compiano, ma a Faenza. Nerbini sposa la tesi di un Buffalo Bill romagnolo e rievoca Tombini in una vistosa nota del primo numero della serie del 1942: Buffalo Bill l’eroico protagonista di tante avventurose imprese in terra americana, era italiano, e il suo vero nome era quello di Domenico Tombini. Nato nella campagna di Faenza, emigrò col babbo e con la mamma in America per raggiungervi un fratello maggiore che da alcuni anni vi si tro-
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vava, e i dolorosi eventi che lo travagliarono nella sua giovinezza, lo indussero a naturalizzarsi figlio di quella terra e a iscriversi volontario nelle truppe dell’Unione americana del Nord. Passò sotto la bandiera stellata col nome di battaglia di William Cody che illustrò con le sue eroiche imprese nella guerra civile del Nord contro il Sud, poi con nella strenua lotta contro le tribù di pellirosse, che sostenne fino a che queste non si assoggettarono a ridursi nelle concessioni che il Governo aveva per quelle stabilito.46
Ferdinando Bellini scrive per le Edizioni Illustrate Americane (1934) una serie di 30 fascicoli, Vita e avventure di Buffalo Bill, firmandola con lo pseudonimo George Horace Driwson (Driweson). Si tratta di un racconto mediocre in cui Cody (nato durante un attacco indiano) è affiancato da un prevedibile, vecchio trapper, Old Bear. VI.14 Le serie western Nel 1909 appare un nuovo eroe del West, Kansas Jack. I fascicoli costano solo 10 centesimi. Il titolo inglese, incorporato nelle illustrazioni, garantisce l’origine della pubblicazione (New York, Casa Editrice Americana). Kansas Jack e Buffalo Bill sono lo stesso personaggio. Eichler vuole diffondere in Italia una serie tedesca molto popolare, Texas Jack, il celebre cacciatore americano di indiani (Texas Jack, der berühmteste Indianerkämpfer Amerikas), edita dalla Verlaghaus für Volksliteratur di Berlino. I diritti di traduzione all’estero appartengono dal 1907 a La Nouvelle Populaire di Parigi (in seguito assorbita da Eichler). L’editore tedesco ripiega su una serie americana, la New Buffalo Bill Library, pubblicata in Inghilterra dalla Aldine Publishing Company di Londra.47 Mantiene il formato e il numero di pagine, fa ridisegnare la te46 Cfr. «Quando Buffalo Bill diventò un italiano», in F. Cristofori – A. Menarini, op. cit., pp. 58-59. William Cody sposa un donna di origine italiana, Louisa Federici, da cui si separa nel 1900. La signora Federici, in quell’occasione, afferma: «Magari lo scrittore Ned Buntline avesse scelto un altro, piuttosto che mio marito, come eroe dei suoi romanzi! Io sarei una donna felice e lui, William, non sarebbe costretto a vivere nella menzogna». 47 La Aldine Publishing Company appartiene a Charles Perry Brown ed è diretta da Walter Light. Importa dime novel dal 1887, che diffonde in Inghilterra sotto varie collane: New Buffalo Bill Library
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stata e sostituire il nome di Cody con quello, mai esistito, di Kansas Jack. Ottiene così un nuovo eroe senza neanche togliere le illustrazioni originali e limitandosi a far eliminare il nome di Buffalo Bill dal titolo inglese. La Società Editoriale Milanese, che subentra nel 1912 alla Casa Editrice Americana, pubblica la prima serie di Kansas Jack (40 fascicoli). Il personaggio funziona. Gli editori decidono di tenerlo in vita, pubblicando altri 50 fascicoli (1913) e ricorrendo direttamente alla serie tedesca. Dopo una ristampa degli anni Venti della casa editrice Gloriosa, nel 1930 «Il castello misterioso del Messico», Texas Jack, il terrore degli indiani, n.3, Milano, Ca- Nerbini crea una serie di Kansas sa Editoriale Vecchi, 1934. Jack di 50 fascicoli, che alternano le avventure del Buffalo Bill della Aldine con il Kansas Jack della Società Editoriale Milanese. Lo stesso anno le Edizioni Illustrate Americane di Roma annunciano un loro Kansas Jack, sulla copertina della serie Winoga. Ma rinunciano a pubblicarla, forse per l’intervento di Nerbini, che ha già cominciato a uscire con i suoi fascicoli. Il vero Texas Jack arriva in Italia solo nel 1934-’35, pubblicato dalla casa editrice Vecchi (59 fascicoli di grande formato). Kansas-Texas Jack appartiene a prima vista alla categoria degli uccisori di «selvaggi». Nella serie tedesca Texas Jack è definito, come detto sopra, «il più celebre combattente di indiani». Ma gli imitatori desiderano che l’eroe somigli quanto più possibile a Buffalo Bill, di cui intendono (1899-1932); Buffalo Bill Novels (1916-’32); Boys’ First-Rate Pocket Library (1887-1905); Invention, Travel and Adventure Library (1894-1906). Pubblica serial originali: Claude Duval di Charlton Lea (1902-1906), diffuso in Francia da Eichler; Dick Turpin di Charlton Lea e Stephen H. Agnew (19021909), Jack Sheppard (1904-1906) e Robin Hood (1901-1906), scritto da nove autori diversi. Le copertine americane vengono rifatte a Londra da Robert Prowse e F.W. Boyington. Il Buffalo Bill della Aldine viene sottoposto a un nuovo travestimento in Francia, dove Eichler pubblica la serie italiana con il titolo Texas Jack e che, dopo 25 numeri (morto Eichler), torna a intitolarsi Buffalo Bill.
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sfruttare la recente popolarità. Per questo l’eroe diventa una controfigura di Buffalo Bill, come Nat Pinkerton lo è di Nick Carter. Viene coinvolto in nobili imprese e diventa un elargitore di giustizia, pronto a difendere una donna indiana dalla fustigazione e a proclamarsi fratello di sangue di un pellerossa che gli ha salvato la vita. Le Edizioni Illustrate Americane lanciano un nuovo personaggio: Buck Taylor, il terrore dei pellirosse. Buck Taylor è un cowboy realmente esistito, il primo eroe di una serie di racconti di Prentiss Ingraham, scritti con lo scopo di reclamizzare il Wild West Show di Cody: Buck Taylor, King of The Cow Boys; or The Raiders and The Rangers. A Story of the Wild and Thrilling Life of William L. Taylor (‘Buck Taylor, il re dei cowboy; ovvero I razziatori e le guardie. Una storia della selvaggia ed emozionante vita di Willam L. Taylor’). Nel 1905 Buck Taylor compare in La sovrana del Campo d’oro di Emilio Salgari. Prima della sua comparsa nelle Edizioni Illustrate Americane, Buck Taylor viene utilizzato da Emilio Fancelli in alcuni episodi del Buffalo Bill della Nerbini. La serie delle Edizioni Illustrate Americane non si ispira alla produzione popolare tedesca, né ai racconti di Ingraham. Probabilmente si tratta del Kansas Jack bloccato da Nerbini, che Ferdinando Bellini pubblica cambiando il nome del protagonista. Le testate interne sono ricavate dei Texas Jack tedeschi degli anni Trenta, sostituendo il nome del protagonista e lasciando intatti il volto del personaggio e il paesaggio di sfondo. Buck Taylor è uno «scorridore della prateria», con un compagno di avventure più anziano, Old William, modellato su Nick Warthon, il pard (‘collega/compagno d’avventure’) di Buffalo Bill. La serie non rispetta la regola del «racconto completo» e la vicenda si interrompe alla fine del fascicolo, per proseguire in quello successivo. Ma lo schema narrativo è sempre identico: la guerra di Taylor contro il bandito Bill il Sanguinoso e il suo complice Freccia Volante, capo dei Cheyenne. Tra il 1929 e il 1930 le Edizioni Illustrate Americane pubblicano 80 fascicoli: Winoga, detto Occhio di Falco, l’ultimo dei mohicani, modellata sulla serie tedesca con lo stesso titolo, Winoga, der letzte Mohikaner, diffusa tra il 1921 e il 1924, dalla Verlaghaus di Berlino (70 fascicoli). È la storia di un indiano leale e generoso, che si batte per il suo popolo con l’aiuto di un trapper bianco, Pugno di Ferro. Il racconto è la
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prosecuzione del romanzo di Fenimore Cooper L’ultimo dei Mohicani. Nella versione in fascicoli è Winoga, non Unkas, suo fratello, il personaggio destinato a strappare ai visi pallidi i territori di caccia che essi hanno ingiustamente sottratto agli indiani. Winoga è detto «Occhio di Falco», soprannome che nel romanzo spetta a Natty Bumpo, capostipite dei saggi e onesti uomini dei boschi. Nella serie non ci sono date, ma gli accenni alla regina Vittoria fanno pensare che la storia sia ambientata nel 1837, ottant’anni dopo la morte di Unkas (1757). I nemici di Winoga sono gli Uroni di Magua, detto Le «I fratelli del pugnale», Winoga Occhio di Falco, n. Subtil, l’uccisore di Unkas. Ma 22, Roma, Edizioni Illustrate Americane, 1940. dopo la sconfitta dei francesi (1763), gli avversari bianchi sono gli inglesi. Tra gli amici di Winoga, oltre a Pugno di Ferro (nell’edizione tedesca si chiama «Uccisore di Orsi»), c’è il cercatore d’oro Tom Barlett. In realtà la storia, pur rifacendosi a Cooper, s’ispira soprattutto ai romanzi di Karl May. Lo dimostrano le perorazioni di Pugno di Ferro in difesa degli indiani, identiche a quelle presenti nei tre romanzi che, tra il 1893 e il 1910, May dedica alle vicende di Winnetou, un giovane Apache non meno nobile e generoso di Winoga. La storia si basa sulla lunga lotta di Winoga contro gli Uroni, pronti a tutto «pur di trarre un po’ d’oro» e contro gli usurpatori inglesi: il capitano Menard, l’astuto e crudele generale Strong, detto «Cuore di Bronzo», e Lord Cumberland, l’inviato della regina. I fascicoli si concludono sempre con un evento dilatorio, secondo le regole del feuilleton. Nell’edizione tedesca Winoga assicura al suo popolo un futuro di pace e sposa una giovane pellerossa di nobili
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LE SERIE WESTERN
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origini, ma viene ucciso con il veleno da una banda di avventurieri, che sterminano il suo popolo, sotto gli occhi dell’impotente Pugno di Ferro. Winoga presenta numerose incoerenze. C’è da chiedersi come possa Winoga, ultimo dei Mohicani, avere dei sudditi. E come il vecchio padre di Winoga, Cingagok, sia riuscito a generarlo a quasi cent’anni d’età. L’happy end della versione italiana contrasta con il destino storico dei Mohicani e vede Pugno di Ferro e Tom Barlett impegnati, con Winoga, nell’«educazione» e nell’«organizzazione della razza rossa». La differenza è dovuta al taglio di dieci episodi da parte dell’editore, Ferdinando Bellini. Nel 1934 compare una serie delle Edizioni Illustrate Americane, Pugno di Ferro e Tom Barlett, gli amici di Winoga, ma si tratta di un modesto romanzo d’avventure di Bellini, suddiviso in venti fascicoli e spacciato per un serial. La storia ha successo e viene ristampata (1936, 1940): Tom Barlett diventa italoamericano e Pugno di Ferro un «audace italiano». In Germania compare la serie I celebri capi indiani (Berühmte Indianer-häuptlinge), 180 fascicoli editi dalla Verlaghaus (1906-1907) con illustrazioni di Alfred Roloff, con 85 numeri dedicati a Toro Seduto (Sitting Bull). In Francia tra il 1908 e il 1909 la Nouvelle Populaire di Parigi pubblica in 50 episodi la serie Sitting Bull, le dernier des Sioux, seguita da 110 fascicoli di Les chefs indiens célèbres (1909-’12). Le Edizioni Illustrate Americane iniziano a pubblicare Sitting Bull seguendo l’ordine della serie tedesca, ma ne sospendono la pubblicazione dopo pochi episodi. Tra il 1920 e il 1924 la Verlaghaus pubblica una lunga serie (300 fascicoli) molto simile a quella dedicata a Winoga: Il cacciatore di animali selvaggi (Wildtöter), che narra la storia di Wanagu, detto anch’egli «Occhio di Falco», capo degli Apaches e di William Stahl, il suo alleato tedesco-americano. La serie è ispirata di nuovo ai romanzi di Karl May e all’eroe indiano Winnetou, il «gentiluomo rosso» (il titolo di uno degli episodi della serie tedesca è infatti Wanagu, il gentiluomo rosso). Wildtöter viene importato in Italia da Lotario Vecchi, con il titolo Dick Norton. L’eroe del Far West. Nella serie italiana il soprannome di Wanagu diventa «Casco d’Oro». Ne escono 51 fascicoli. Una lunga serie tedesca (587 fascicoli, 1912-’25), Il nuovo Calza-diCuoio (Der neue Lederstrumpf), riprende i Leather Stocking Tales (I
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racconti delle calze di cuoio) di Fenimore Cooper. Il protagonista, il vecchio e saggio cacciatore di castori Old Wawerly, somiglia a Natty Bumpo. Alcuni fascicoli della serie tedesca vengono tradotti in Francia con il titolo Rouges et Blancs (1913-’14), una serie che viene adattata per l’Italia dall’editore Vecchi, con lo stesso titolo, Rossi e Bianchi (70 fascicoli, 1933-’34). Come nei fascicoli francesi (editi da Pierre Briscar), Old Wawerly cambia nome e diventa Pietro Boccardo.
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Conclusioni
Alla svolta del secolo i generi (e con essi la paraletteratura) sfumano in serie sempre meno formalizzate. Nel sistema irrompono nuove aggregazioni. L’editoria tenta di predefinire tali aggregazioni, individuando i settori dell’immaginario sui quali presumibilmente dovrebbe attestarsi la lettura. Si tenta di tenere conto di fenomeni sociali e antropologici che riguardano la trasformazione delle identità e l’emergere dei nuovi stili di vita. Su questi mutamenti, che rendono inevitabilmente provvisori i punti di riferimento, si misurano i target editoriali e le pratiche testuali. Anche la paraletteratura viene inscritta nella ridefinizione editoriale dei generi e dell’immaginario. Il riconoscimento dei testi si effettua sulla base delle motivazioni con cui la produzione letteraria viene selezionata, segnalando le categorie che orientano la lettura e allo stesso tempo descrivono il lettore. Questo rende meno efficace lo schema base di questo lavoro – l’analisi storica delle trasformazioni dell’editoria italiana basata sullo studio di ampie serie testuali paraletterarie – che è praticabile soltanto in un arco di tempo (il periodo tra il 1870 e il 1990) in cui tali processi non erano ancora dominati dalle dinamiche della comunicazione postindustriale.1 Ma non impedisce di allestire una mappa prov1 Questo a partire da un dato sul quale il dibattito critico ha raggiunto ormai una certa stabilità. Nell’analisi letteraria, per evitare di istituire rapporti troppo meccanici fra testo e contesto, è sempre meglio non limitarsi a mettere in relazione un testo singolo e isolato con una data situazione sociale, ma considerare un numero ragionevolmente vasto di opere all’interno di un ampio raggio storico-letterario. Un’impostazione sulla quale, alla fine degli anni Ottanta (il momento in cui questa ricerca cronologicamente si ferma), non si registravano disaccordi tra gli studiosi di letteratura: «La misura storica da privilegiare è senz’altro la longue durée, cioè la permanenza di condizioni che costituiscono, da una parte, una struttura sociale, dall’altra un genere letterario. Decisamente meno opportuno pare invece il tentativo di instaurare correlazioni tra il singolo fait littéraire e il singolo fait social. Di solito, un tale tentativo fa sparire la qualità specifica di entrambi i fattori: la specificità della società, perché in un singolo testo può sempre manifestarsi la contingenza dell’individuale e del casuale; la specificità del testo letterario, perché esso può condividere gli elementi in cui vediamo le tracce di un certo tipo di so-
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visoria delle possibili evoluzioni dei generi, individuando i settori in cui possono prendere consistenza le nuove formule paraletterarie. Eccone un esempio: a) i testi tradizionalmente legati alla paura, come il giallo, il noir, il thriller, l’horror. La paura è una delle percezioni dominanti nella cultura mediale ed è alimentata quotidianamente dal sistema informativo. Queste storie hanno dei soggetti ricorrenti, come la morte violenta e le indagini per scoprirne le circostanze, i moventi e i colpevoli; b) le forme di rappresentazione della storia, basate sui percorsi offerti dai media e dalla memoria scolastica. I valori cui fa riferimento questo campo come la verità, la chiarezza, l’attendibilità, si associano frequentemente alla scarsa qualità letteraria dei testi. Ma questa minore elaborazione formale serve a rendere più riconoscibili i fatti rappresentati. A questo settore appartengono anche le spy stories e il sottogenere dei prodotti più recenti che incrociano eros, violenza e cronaca; c) la produzione tratta dai film e dagli spettacoli, inclusa quella firmata direttamente da personaggi dello show system e comprende i testi che vengono definiti «novellizzazioni»; d) il romanzo rosa e il romanzo erotico e ciò che riguarda le relazioni tra i sessi e l’uso del corpo; e) la fantascienza e il fantasy, due generi affini che lavorano sull’asse narrativo del tempo; f) i testi in cui si trasferisce linguaggio dell’audiovisivo e dei «generi brevi», conservando però molti loci della paraletteratura tradizionale come la famiglia, il matrimonio, la malattia e lo sport; g) le storie per i bambini e i ragazzi, in un arco di età dai due ai quindici anni. Il target di questo campo riguarda anche il pubblico dei semialfabetizzati e dei cittadini in via di acculturazione. Questi testi fanno ricorso frequentemente alle immagini, come avviene ne fumetti e nel graphic novel e alle «transcodifiche»; cietà con tanti altri testi che rimandano alla stessa tradizione tematica o di genere. Per la sociologia della letteratura il genere riveste quindi maggiore importanza dell’opera singola, poiché solo la continuità offerta dal genere pare corrispondere nella sua longue durée letteraria alla formazione sociale come longue durée politica ed economica», Hugo Schulz-Buschhaus, «La sociologia della letteratura: lo stato degli studi», Problemi, gennaio-aprile 1988, p. 22, cit. in Giorgio Baroni – Andrea Rondini, L’Orlando comprato. Manuale di sociologia della letteratura, Torino, SEI, 1998.
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h) i romanzi della tradizione letteraria, che vengono riproposti assieme alle novità editoriali. La presenza dei classici è legata non solo al loro uso nelle scuole e nelle università, ma anche alla loro funzione di repertori utilizzati per i serial e i fumetti. Questo settore include i grandi romanzi a dispense; i) i best seller e i titoli che ottengono una forte eco sui media, sino a produrre testi destinati anche in questo caso al cinema, ai serial, all’oggettistica.2 Nella sua provvisorietà, questa classificazione rende incerti i contorni dell’opera paraletteraria e ne mette in discussione lo statuto semiotico. Ma restano valide alcune caratteristiche fondamentali del testo paraletterario, che si possono riassumere nel modo seguente: a) l’alta tiratura e il basso costo, secondo le regole della produzione industriale; b) la regolarità seriale della pubblicazione, che genera attese specifiche da parte dei suoi fruitori, che sono di norma autentici specialisti di un determinato filone o di un certo autore; c) la capacità di giungere a lettori differenziati, spesso dotati di strumenti intellettuali e interpretativi sofisticati; d) la prevalenza della stabilità seriale sulla possibile originalità dell’autore; e) l’intersezione di diversi codici, verbali e iconici, come nel fumetto e nel fotoromanzo; f) l’adozione di strutture narrative semplici e lineari; g) la testualità da consumarsi durante un’unica lettura, cosa che esclude il «riuso» personale; h) l’insistenza sul rapporto tra la ripetizione di schemi e situazioni che il lettore già conosce e l’introduzione di elementi di novità e sorpresa, pena l’esaurimento del genere.3 Riflettendo su questi elementi critici, già acquisiti o più recenti, sarà possibile impostare successive ricerche e tornare ad interrogarsi, con la necessaria cognizione di causa, sugli attuali rapporti tra le trasformazioni editoriali e i generi letterari di grande consumo. 2 3
Cfr. Cfr. Michele Rak, Mercato e romanzo. Generi, accessi, quantità, Napoli, Liguori, 2007, pp. 4-8. Cfr. Michele Rak, Sette conversazioni di sociologia della letteratura, Milano, Feltrinelli, 1980.
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Appendice
I. Cataloghi (1881-1891) I.1. Nel 1881 la collana «Biblioteca romantica economica» Sonzogno comprende i seguenti autori (la cifra tra parentesi indica il numero di titoli presenti in catalogo): Massimo D’Azeglio (1: Ettore Fieramosca); Adolphe Belot (10); Adolphe Belot – Jules Dautin (2); Vittorio Bersezio (2: Fortuna disgraziata!; Gli angeli della terra); Achille Bizzoni (3: Autopsia di un amore; Antonio; Impressioni di un volontario dell’esercito dei Vosgi); P. Candi (1); Stanislao Carlevaris (1: Gli amori di un antiquario); Luigi Castellazzo (1: Tito Vezio); Giorgio Tomaso Cimino (2); Adele Corvi (1); Alphonse Daudet (7); Ludovico De Rosa (pseudonimo di Luisa Emanuel Saredo) (3); Charles Des Perrières (1); Alfredo Oriani, con lo pseudonimo Ottone Di Banzole (1: Memorie inutili); Xavier de Montépin (3); Fortune Du Boisgobey (3); Edoardo (pseudonimo di Edoardo Arbib) (1); Salvatore Farina (1: Il romanzo d’un vedovo); Octave Ferè – Eugene Moret (1); Emanuel Fernandez y Gonzalez (4); Octave Feuillet (2); Enrico Franceschi (2); Émile Gaboriau (5); MarieLouise Gagneur (1); Friedrich Gerstacker (1); Tommaso Gherardi del Testa (2: La farina del diavolo; La povera e la ricca); Antonio Ghislanzoni (1: Racconti politici); Henri Gourdon de Genouillac (1); Tommaso Grossi (1: Marco Visconti); Constant Guéroult (5); Francesco Domenico Guerrazzi (2: La figlia di Curzio Picchena; La battaglia di Benevento); Robert Halt (1); Arsène Houssaye (2); Armande Lapointe (1); Baccio Emanuele Maineri (2); Hector Malot (8); Alberto Mario (1); Louise Mie d’Aghonne (1); Henri Murger (1); Jules Noriac (1); Rodolfo Paravicini (1); Gaetano Lionello Patuzzi (1: Virtù d’amore); Ferdinando Petrucelli della Gattina (1: I suicidi di Parigi); Pierre-Alexis Ponson du
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APPENDICE
Terrail (29); Pierre-Alexis Ponson du Terrail – Constant Guéroult (1); Émile de Richebourg (2); Carlo Romussi (1); Giovanni Ruffini (1: Il dottor Antonio); Luisa Saredo (4); Antonio Scalvini (1); Raffaele Sonzogno (1: Beno de’ Gozzadini, podestà di Milano. Storia del XIII secolo); Igino Ugo Tarchetti (4: Una nobile follia; Racconti fantastici; Fosca; Amore nell’arte); Cesare Tronconi (1: Evelina); Giovanni Villanti (1); Francisco Navarro Villoslada (1); Pierre Zaccone (10). La «Biblioteca romantica illustrata» (1881): Édmonde About (1); Adolphe Belot (1); Stanislao Carlevaris (1: Vite perdute); Jules Claretie (1); Wilkie Collins (1); Henri Conscience (2); “Capitano Curling” (1: Il soldato di ventura); Charles De Bernard (5); Paul De Kock (6); Charles Dickens (1); Alexandre Dumas père (15); A. Dumas fils (1); Emanuel Fernandez y Gonzales (4); Paul Féval (1); Ettore Galeotti (1); Antonio Ghislanzoni (3: Angeli nelle tenebre; Un suicidio a fior d’acqua; Le donne brutte); Constant Guéroult – Pierre -Alexis Ponson du Terrail (2); Victor Hugo (4); Alphonse Karr (1); Alphonse de Lamartine (1); Francesco Mastriani (1: I misteri di Napoli); Thomas Mayne Reid (1); Eugène de Mirécourt (1); Xavier de Montépin (6); Pierre-Alexis Ponson du Terrail (23); Arthur Ranc (2); Émile de Richebourg (2); George Sand (3); Jules Sandeau (1); Eugène Scribe (1); Édouard Siebecker (1); J. F. Smith (1: Fasi della vita, o Uno sguardo dietro le scene. Trad. dall’inglese di I.U. Tarchetti); Émile Souvestre (2); Éugène Sue (3); Igino Ugo Tarchetti (2: Storia di una gamba; L’innamorato dela montagna); Eugenio Torelli-Viollier (1: Ettore Caraffa); Louis Trégan (1). Il catalogo 1891 non presenta variazioni, se si eccettuano de Montépin (da 3 a 12 titoli nella «Biblioteca romantica economica»; da 6 a 12 nella «Biblioteca romantica illustrata»; Dumas padre (da 15 a 25); de Richebourg (da 2 a 9 nella «Biblioteca romantica illustrata»); Sue (da 3 a 13). Non aggiungono nulla i nuovi autori, in particolare Louis-Henri Boussenard (7) e Verne (15), della «Biblioteca romantica illustrata». Un discorso analogo vale per la «Biblioteca romantica tascabile». La collana viene avviata con La morta di Zaccone. Nel 1881 giunge al n. 66, con il romanzo Mia adorata di Belot. Gli autori e i testi sono gli stessi delle collane maggiori. Tra le eccezioni il romanzo di Ann Radcliffe, Giulia, o I sotterranei del castello di Mazzini. Il fatto che vengano recuperati,
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I CATALOGHI (1881-1891)
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accanto alla produzione d’appendice, i romanzi neri del ‘700, segnala la volontà di evitare scarti vistosi nella proposta editoriale. Ann Radcliffe viene imitata da Manzoni e da Guerrazzi. Dopo l’Unità circolano ancora: Le Visioni del castello dei Pirenei (Milano, Ferrario, 1857; Milano, Borroni e Scotti, 1864; Firenze, Salani, 1882; Milano, Sonzogno, 1888); La foresta perigliosa, o L’abazia di S. Chiara (Ferrario, 1863); I Misteri del castello di Udolpho (Ferrario, 1863); Le paure di Matilde, o L’abadia di Grasville (Ferrario, 1863; Roma, Perino, 1894); Giulia, o I sotterranei del castello di Mazzini (Ferrario 1864; Milano, Simonetti, 1871-1883; Milano, Sonzogno, 1889); La tomba. Storia inglese (Firenze, Berni, 1865); Lo scheletro vivente, o la terribile vendetta (Ferrario, 1868); Gli assassini di Ercolano (Simonetti 1871-1883). I.2. La «Biblioteca romantica tascabile» include pochi autori italiani (spesso si tratta di ristampe): Cletto Arrighi, Estremi aneliti; Achille Bizzoni, Un matrimonio; P. Crespi, I miei rimorsi; Salvatore Farina, Un segreto – Due amori; Antonio Ghislanzoni, Gli artisti da teatro, Racconti e novelle, Racconti politici; Vincenzo Miglietti, Un odio di quartiere; Gaetano Lionello Patuzzi, Volo d’Icaro; Luisa Saredo, I giorni torbidi; Bruno Sperani (pseudonimo di Beatrice Speratz), Nell’ingranaggio; Achille Torelli, L’amore che dura; Cesare Tronconi, Un amore a fondo perso. Il quadro è eterogeneo, comprende testi e tendenze diverse, dal romanzo storico di D’Azeglio, Grossi e Guerrazzi, alla varie componenti della scapigliatura: Tarchetti, Ghislanzoni, i democratici Bizzoni e Tronconi. Ci sono autori di tendenza progressista, ma le aperture sono caute e non obbediscono a criteri di scelta organici, sul tipo di quelli che guidano alcuni editori popolari, come Ambrosoli. Nel 1881 il catalogo Ambrosoli comprende sezioni di «filosofia» (con Lo spirito nuovo e I gesuiti di Edgar Quinet), «letteratura», «opere di scienza sociale» (con la «Biblioteca socialista» e gli opuscoli ad essa collegati), «storia», «opere diverse». In ambito letterario presenta: La «Biblioteca naturalista»: Paolo Valera, Milano sconosciuta e Gli scamiciati (seguito del precedente); Edmond e Jules De Goncourt, Germinia Lacerteux; Joris-Karl Huysmans, Le sorelle Vatard. La «Biblioteca elzeviriana»: Carlo Dossi, La desinenza in A; collana generica «Romanzi,
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poesie, racconti, teatri»: Cletto Arrighi, Nanà a Milano; Achille Bizzoni, Il matrimonio. Dietro scene; Felice Cavallotti, Poesie; Arcangelo Ghisleri, Costantinopoli; Francesco Giarelli, Milano sconosciuta; Nicolaij Černyševskij, Que faire?; Cesare Tronconi, Passione maledetta – Delitti; Ivan Turgenev, Misera!; Jules Vallès, I refrattari; Èmile Zola, Orgie dorate. I.3. La collana economica Sonzogno tiene conto soprattutto dei gusti del pubblico piccolo e medio-borghese e ciò spiega la preferenza accordata al romanzo d’appendice francese, in ogni sua forma, al di là di distinzioni di ordine ideologico. La scelta viene effettuata sulla base delle diverse tipologie, sensazionalista, poliziesca e giudiziaria: Duello Dujarier – Beauvallon; Duello di Mercy; I misteri della polizia; Errori giudiziari; Il veleno; I regicidi; Omicidi legittimi; Processo politico; Associazioni di malfattori; Assassinii, Parricidii. La tendenza è ribadita dai «Processi celebri illustrati», «riuniti in eleganti fascicoli con apposita copertina» e giunti, nel 1881, al n. 55, Gli untori del 1630, o La colonna infame. L’argomento sottolinea lo stretto rapporto tra romanzo storico e romanzo d’appendice e la volontà di riproporre il romanzo storico in forma di feuilleton. Si spiega in questo modo la persistenza editoriale di autori come Grossi, Cantù, Guerrazzi, che diventano classici della letteratura popolare: Cesare Cantù, Margherita Pusterla (Bietti e Minacca, Guigoni, Utet, Carrara); Massimo D’Azeglio, Ettore Fieramosca (Brigola, Bietti e Minacca, Croci) – Niccolò de’ Lapi (Carrara, Le Monnier, Brigola, Bietti e Minacca, Croci); Tommaso Grossi, Marco Visconti (Le Monnier, Sonzogno, Carrara, Croci, Guigoni, Bietti e Minacca, Battezzati); Francesco Domenico Guerrazzi, La battaglia di Benevento (Sonzogno, Pagnoni, Manini, Guigoni) – L’assedio di Firenze (Guigoni, Bietti e Minacca, Treves); Alessandro Manzoni, I promessi sposi (Rechiedei, Sonzogno, Guigoni, Carrara, Brigola). Francesco Domenico Guerrazzi (1881): Isabella Orsini (Le Monnier); La figlia di Curzio Picchena (Sonzogno); La battaglia di Benevento (Sonzogno, Pagnoni, Manini, Guigoni); Beatrice Cenci (Guigoni); Pasquale Paoli (Guigoni, Carrara); Il marchese di S. Prassede (Guigoni); Storia di un moscone – Pasquale Sottocorno
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I CATALOGHI (1881-1891)
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(Guigoni); L’assedio di Roma (Brigola); Il buco nel muro (Brigola, Guigoni); Paolo Pelliccioni (Brigola, Guigoni); L’assedio di Firenze (Guigoni, Bietti e Minacca, Treves); Il destino (Treves); La sibilla (Battezzati); Tre racconti (Le Monnier); La vendetta paterna (Pagnoni). A questo proposito è utile ricordare che l’editore Guigoni, nella «Raccolta di racconti storici e morali» ristampa tutte le opere di Antonio Bresciani, affiancandole ai romanzi di Guerrazzi e di Verne, che inserisce nella «Biblioteca delle famiglie»: Antonio Bresciani (1881): Don Giovanni (Guigoni, Boniardi-Pogliani); Edmondo (Boniardi); Il selvaggio di Watomika (Guigoni); La casa di ghiaccio (Guigoni, Boniardi); La contessa Matilde di Canossa (Guigoni); La repubblica romana (Guigoni, Taddei); L’ebreo di Verona (Guigoni, Tipografia Polyglotta); Lionello (Guigoni); Lorenzo, o Il coscritto (Guigoni, Boniardi); Opere complete (Guigoni); Olderico, o Lo zuavo pontificio (Guigoni); Ubaldo ed Irene (Guigoni, Boniardi); Vita di Albucher Bisciarah (Guigoni). Jules Verne (1881): Guigoni, Brigola, Treves, Carrara, Battezzati, Sonzogno (1890). Della sovrapposizione tra romanzo storico e romanzo d’appendice si avvantaggia un autore come Raffaello Giovagnoli. Tra le opere di Giovagnoli, pubblicate dall’editore Carrara (Passeggiate romane, Evelina, Saturnino, Plautilla, Natalina, Faustina) c’è soprattutto Spartaco, uno dei «pochissimi romanzi popolari italiani – scrive Gramsci – che ha avuto diffusione anche all’estero, in un periodo in cui il ‘romanzo popolare’ da noi era ‘anticlericale’ e ‘nazionale’, quindi condizionato da caratteri e limiti strettamente paesani» (Antonio Gramsci, Quaderni del carcere, II, cit., p. 845). Ai romanzi storici di D’Azeglio, Grossi, Manzoni vanno aggiunti anche La giornata di Tagliacozzo di Cletto Arrighi e Angiola Maria, Gabrio e Camilla, Damiano di Giulio Carcano. Né va dimenticata la fortuna di un continuatore di Manzoni come Luigi Gualtieri, di cui Carrara pubblica L’innominato, Dio e l’uomo (seguito del precedente), I Piombi di Venezia. I.4. Il catalogo Treves 1881 (ricco di pubblicazioni periodiche) raccoglie le opere le opere dei quattro scrittori contemporanei più rappresentativi: Edmondo De Amicis, Anton Giulio Barrili, Giovanni Verga,
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Émile Zola. Una pagina intera, dopo la sezione dei libri di viaggio, viene dedicata alle «Opere di Giulio Verne». Se ne deducono gli orientamenti culturali ed editoriali di fondo della casa editrice. Il moderato idealismo risorgimentale; le aperture verso la narrazione di viaggio e il romanzo scientifico-avventuroso; il passaggio dal sentimentalismo tardo-romantico al «vero» (Verga), con l’affermazione del naturalismo e di Zola, che diviene un autore «popolare», al pari degli scrittori di romanzi storici e d’appendice. Zola viene pubblicato anche dall’editore Simonetti, oltre che da Ambrosoli e da Treves. Dell’autore francese il catalogo Simonetti 1881 presenta: Sua eccellenza Eugenio Rougon, Un matrimonio d’amore (Madame Raquin); La fortuna dei Rougon; La confessione di Claudio; La caccia ai milioni (La curée); Maddalena Férat, Avventure raccontate a Ninon. Con Zola ci sono anche Edmond de Goncourt (Elisa la prostituta), Victor Hugo, Edward L. Bulwer Lytton, James Fenimore Cooper, Théophile Gautier, Xavier de Montépin, Ann Radcliff, Walter Scott. Probabilmente la proposta «popolare» di Simonetti integra quella «politica» di Ambrosoli e quella «ufficiale» di Treves. Si tratta del più importante repertorio editoriale italiano, attorno al quale si incrociano le scelte letterarie più significative della fine del secolo. Ma non offre spunti significativi circa la successiva evoluzione del panorama letterario nazionale, come confermano gli autori presenti sotto la voce «Romanzi italiani»: Luigi Archinti (1); Luigi Benvenuti (2); Vittorio Bersezio (6); Parmenio Bettòli (4); Camillo Boito (1); Antonio Caccianiga (4); Luigi Capranica (8); Giuseppe Castelli (1); Enrico Castelnuovo (2); Cordelia (4); Ippolito Tito D’Aste (1); Emanuele Navarro Della Miraglia (1); Cesare Donati (2); Edoardo (Edoardo Arbib) (1); Paulo Fambri (1); Gasparo Gozzi (1); Luigi Gualdo (2); Francesco Domenico Guerrazzi (2); Giuseppe Guerzoni (1); Paolo Lioy (1); Marchesa Colombi (1); Ferdinando Martini (1); Carlo Mascheroni (1); Gherardo Pompeo Molmenti (1); Gaetano Lionello Patuzzi (1); Ferdinando Petrucelli della Gattina (4); Emidio Renazzi (1); Roberto Sacchetti (1); Sara (pseudonimo di Laura Tighe Tardy) (4); Adelgisa Serra-Greci (2); Robert Stuart (4); Igino Ugo Tarchetti (1). Più dinamica la sezione «Romanzi stranieri». Se non sono pochi i nomi in comproprietà con Sonzo-
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gno (About, Du Boisgobey, Collins, Dumas, Feuillet, Gaboriau, Montépin, Souvestre), la scelta dei romanzieri d’appendice è meno vincolante, con l’inserimento di autori come Alphonse Daudet (Ditta Froment e Risler, I re in esilio), Dickens (L’abisso, Il grillo del focolare, Nemesi, Tempi difficili, La piccola Dorrit), Gustave Flaubert (Madame Bovary), Benito Pérez Galdòs (La fontana d’oro), Antoine François Prévost (Manon Lescaut), Ivan Turgenev (Tre incontri – L’attaccabrighe). Il catalogo Treves 1891 mette in primo piano Cuore, giunto alla 112ª edizione. Ad esso si affianca, antitetico e complementare, Testa, di Paolo Mantegazza (15 edizioni). Per il resto non esistono autori privilegiati, ma un settore generale di «Letteratura contemporanea», al quale la casa editrice affida il compito di conquistare un ruolo culturale di prestigio, non limitato alla letteratura amena: Massimo D’Azeglio; Cesare Balbo; Marco Balossardi (pseudonimo di Olindo Guerrini e Corrado Ricci, autori di Giobbe); Antonio Giulio Barrili; Ambrogio Bazzero; Vittorio Bersezio; Guido Biagi; Sofia Bisi Albini; Camillo Boito; Francesco Augusto Bon; Ruggero Bonghi; Paul Bourget; Antonio Caccianiga; Cesare Cantù; Luigi Capuana; Giosuè Carducci; Enrico Castelnuovo; Domenico Ciampoli; Cordelia; Gabriele d’Annunzio; Alessandro D’Ancona; Alphonse Daudet; Angelo De Gubernatis; Edmondo De Amicis; Carlo Del Balzo; Rocco De Zerbi; Fëdor Dostoevskij; Paolo Ferrari; Folchetto (pseudonimo di Jacopo Caponi); Leone Fortis; Erminia Fuà-Fusinato; Giacinto Gallina; Paolo Giacometti; Francesco Giganti; Domenico Giuriati; Giuseppe Giusti; Arturo Graf; Francesco Domenico Guerrazzi; Giuseppe Guerzoni; Victor Hugo; Terenzio Mamiani; Paolo Mantegazza; Dino Mantovani; Ferdinando Martini; Ernesto Masi; Giuseppe Massari; Gherardo Pompeo Molmenti; Heinrich von Moltke; Angelo Mosso; Max Nordau; Enrico Panzacchi; Dominique-Alexandre Parodi; Cesare Pascarella; Pietro Perolari-Malmignati; Policarpo Petrocchi; Ferdinando Petrucelli della Gattina; Emilio Piovanelli; Girolamo Ragusa-Moleti; Ernest Renan; Giuseppe Rovani; Gerolamo Rovetta; Matilde Serao; Lev N. Tolstoj; Giovanni Verga; Jules Verne; Bernardino Zendrini; Zola. In questa lista compaiono anche autori di teatro (Bon, Ferrari, Fortis, Gallina, Giacometti, L’abbadessa di Jouarre di Renan), poeti (le Poésies di Hugo, Villa Glori di Pascarella, Pel centenario di Dante di
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Zendrini), critici e saggisti. Al revival della letteratura risorgimentale (le Novelle di Cesare Balbo), si accompagnano le testimonianze della cultura positivistica (La paura, Un’ascensione d’inverno al Monte Rosa, La fatica di Angelo Mosso), la critica letteraria di metodo storico (Varietà storiche e letterarie di Alessandro D’Ancona; Il diavolo di Arturo Graf). Sono presenti libri legati all’attualità (le Conversazioni del Doctor Veritas, pseudonimo di Leone Fortis, da una nota rubrica dell’Illustrazione italiana, le guide parigine di Folchetto); le opere minori di nomi illustri (Tibullo di Carducci); i testi storici e saggistici di romanzieri (Il Concliatore e i Carbonari, Monti e l’età che fu sua, Alessandro Manzoni di Cesare Cantù; Le tre arti in Italia nel secolo XIX di Giuseppe Rovani). Per quanto riguarda i narratori, il catalogo Treves presenta due sezioni, «Romanzi italiani» e «Romanzi stranieri», che ospitano autori che sono considerati di rango inferiore, ma nelle quali confluiscono anche le novità editoriali: Luigi Archinti (1); Leo Benvenuti (2); Parmenio Bettòli (4); Alberto Boccardi (3); Luigi Capranica (11); Giuseppe Castelli (1); Ippolito Tito D’Aste (2); Emilio De Marchi (1); Federico De Roberto (1); Cesare Donati (2); Edoardo (1); Paulo Fambri (1); Onorato Fava (1); Luigi Gavotti (2); Gasparo Gozzi (1); Orazio Grandi (1); Luigi Gualdo (2); Jarro (pseudonimo di Giulio Piccini) (9); Paolo Lioy (1); Marchesa Colombi (1); Giuseppe Marcotti (3); Gherardo Pompeo Molmenti (1); Dionigio Norsa (1); Emma Perodi (1); Roberto Sacchetti (2); Giovanni Salvestri (1); Sara (Laura Tighe Tardy)(4); A. Serra-Greci (2); Luigi Arnaldo Vassallo (detto anche Gandolin) (1); Giovanni Visconti Venosta (1). Si nota la presenza costante di alcuni autori tradizionali (Bersezio, Caccianiga, Capranica). La nuova tendenza verista e positivista è rappresentata da Capuana, De Roberto, Serao, Mantegazza, Max Nordau. Capuana proviene dall’editore Ottino (che ha in catalogo anche Eros di Verga), da cui si svincola per passare a Treves. Mantegazza è presente nel catalogo di Brigola, Dumolard, Ottino; anche Max Nordau esce con vari editori negli ultimi vent’anni dell’800: Paradossi (Dumolard, 1885); Le menzogne convenzionali della nostra civiltà (Dumolard, 1885); La malattia del secolo (Dumolard, 1888); La commedia del sentimento (Kantorowicz, 1893); Degenerazione (Kantorowicz, 18993-94); Analisi d’anime (Kantorowicz, 1894); La funzione sociale
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dell’arte (Bocca, 1897). La novità più importante è d’Annunzio che, con Il piacere, diventa l’autore principale della casa editrice milanese. I mutamenti del gusto sono segnalati dai romanzi di Tolstoj, Dostoevskij (che d’Annunzio utilizza, negli stessi anni, per la stesura di Giovanni Episcopo e dell’Innocente) e di Bourget. Già l’editore Bigola riserva uno spazio significativo agli autori russi (Puˆskin, Gogol’, Turgenev) nella collana «Buoni romanzi stranieri», diretta da Salvatore Farina, in cui escono anche opere di Bersezio, Giovanni Faldella, Ghislanzoni, Marchesa Colombi, Sacchetti, Tarchetti. Le prime traduzioni italiane di Tolstoj sono Anne Karenine, per la tipografia della «Gazzetta di Torino» e le novelle Alla ricerca della felicità (Civelli, Roma 1888). Di Dostoevskj escono Dal sepolcro dei vivi (1887) e Delitto e castigo (1889) entrambi presso Treves. Seguono le Memorie di un’orfana (Milano, Miazzon, 1890), Povera gente (Treves, 1891), Krotkaja e Il piccolo eroe (Napoli, Pierro, 1892). La letteratura russa viene introdotta in Italia attraverso traduzioni dal francese. Fino al termine della Belle Époque il mercato editoriale non subisce trasformazioni. Lo conferma il catalogo 1914, l’anno in cui Treves consolida definitivamente la propria supremazia commerciale. Per quanto riguarda la letteratura francese, c’è un massiccio recupero di Balzac (col progetto della traduzione organica della Comédie), l’inserimento di Prosper Mérimée (La contessa di Turgis), il rafforzamento delle posizioni naturalistiche: Edmond De Goncourt (Maria Antonietta, La Faustin, Carina, Suor Filomena); Guy de Maupassant (Bel-Ami, Una vita, Il nostro cuore, Racconti e novelle, Casa Tellier); Zola (Il denaro, La guerra, La terra, Germinal, Vita d’artista, Il dottor Pascal, Il sogno, Maddalena Ferat). Alle opere di Bourget si aggiungono quelle di Anatole France (Taïde, Il delitto di Silvestro Bonnard) e di Pierre Loti (Mio fratello Ivo). Il rapporto con la Francia passa attraverso la linea feuilleton-Zola. Lo conferma l’elenco editoriale delle mancate, o tardive traduzioni di opere estranee alla produzione appendicistica. La fortuna di Balzac è forte nella prima metà dell’800, ma discontinua negli ultimi anni del secolo (tra i titoli manca Les illusions perdues). Nell’età del positivismo maggior interesse è rivolto alla Fisiologia del matrimonio, presentata nel 1883 da Sonzogno e da Perino. Stendhal viene pubblicato presto (La
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certosa di Parma, Borroni e Scotti, 1855), ma è a lungo dimenticato: L’abbadessa di Castro – La duchessa di Paliano (Sonzogno 1892); La certosa di Parma (Palermo, Sandron, 1909); Il rosso e il nero (Istituto Editoriale Italiano, 1913, traduzione di Massimo Bontempelli); Dell’amore (Sonzogno, 1914; Genova, Libreria Moderna, 1914). Di Flaubert viene tradotto solo Madame Bovary (Treves, 1881). Non si intravedono soluzioni alternative al naturalismo. Nel panorama della narrativa straniera non si registrano mutamenti di rilievo, se si esclude l’incremento, quantitativo e qualitativo, della narrativa russa: Anton Čechov (Racconti russi); Nicolaij G. Černiševskij (Che fare?); Dostoevskij (I fratelli Karamazoff, L’idiota); A. Maxim Gorkij (La vita è una sciocchezza!, I coniugi Orlow); Vladimir G. Korolenko (Il sogno di Makar); Dmitrij S. Merežkovskij (La morte degli dei, La resurrezione degli dei); Tolstoj (Ultime novelle, I cosacchi, Padrone e servitore, Che cosa è l’arte?, Padri e figli). L’elenco dei romanzi italiani è molto ricco. In tale settore l’attività della casa editrice coincide di fatto con lo svolgimento della narrativa tra ‘800 e ‘900, si registra il trionfo e il declino delle tendenze di derivazione verista e il catalogo prefigura il successo dei nuovi autori di consumo. II. I Nick Carter italiani II.1. Nick Carter. Il gran poliziotto americano (1908-1911), prima serie (Casa Editrice Americana). Si compone di 150 fascicoli formato ca. cm. 28 x 22,5 di pag. 32 a 2 colonne, al prezzo di 25 centesimi fino al fascicolo n. 100; di pag. 24 al prezzo di 20 centesimi dal n. 101 al n. 150. La testata interna è in nero come quella esterna. Contiene la formula del copyright: «Tutti i diritti sono riservati per tutti i paesi, compreso la Svezia e la Norvegia». Seguono il titolo del racconto, i capitoli e l’annuncio del titolo del fascicolo successivo. L’indicazione editoriale è: «New York 1908 – Tip. del. Casa Editrice Americana», la data diventa 1909 col n. 20, 1910 col n. 71 (con alcuni ritorni al 1909) e 1911 col n. 117. Le copertine posteriori recano l’indicazione «Casa Editrice Americana, Milano, Via Monte Napoleone, 36. Succursali: Roma, Via del Bu-
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falo, 130 b.; New York, 33 First Street; Londra E.C., 290 Old Street; Parigi, 41 Rue Dauphine». A p. 24 del n. 150 si dichiara che «dato il favore incontrato per tre anni da questa che avrebbe dovuto essere l’intera edizione italiana», seguirà una nuova serie «al prezzo di reclame di cent. 10». Il primo numero conterrà «un ritratto e la riproduzione di documenti che varranno a persuadere coloro che ancora ne dubitassero della autenticità del grande poliziotto Nicholas Carter». Quanto ai prezzi, si propongono riduzioni in abbonamento (a partire dal n. 101, 10 fascicoli L. 1,80, 20 L. 3,50) e sono disponibili anche volumi rilegati con pagamento rateale. La serie ultimata viene posta in vendita in 6 volumi rilegati in tela e oro al prezzo di L. 4,50 ciascuno. I racconti, che le copertine posteriori presentano come «Memorie raccolte a cura di Chickering Carter, suo cugino e collaboratore» (detto Chick), sono tradotti in uno stile modesto, ma privo dei grossolani errori che di solito accompagnano queste pubblicazioni. Le copertine sono vivaci, di soggetto accattivante, eseguite da autori diversi, talora ottime. Presentano nella loro prima impostazione (da n. 1 a n. 60) l’indicazione «Ogni fascicolo contiene un racconto completo»; la testata «Nick Carter, il gran poliziotto americano» e nello stesso riquadro il titolo in italiano del racconto; il numero progressivo del fascicolo e il prezzo; l’illustrazione (che è quella della edizione originale americana, il Nick Carter Weekly), con una didascalia e un riquadro con il titolo in inglese in alto e in uno degli angoli inferiori la formula «By the Author of Nick Carter». Dal n. 61 l’impostazione coincide in modo definitivo con quella del New Nick Carter Weekly. L’illustrazione occupa tutta la facciata (salvo una striscia bianca in alto, che ospita il numero progressivo, il titolo in italiano e il prezzo). Sparisce il riquadro della testata. La leggenda «New Nick Carter Weekly», si sovrappone all’illustrazione, sotto la quale si legge il titolo in inglese. In basso non più «By the Author of Nick Carter», ma «Street & Smith, Publishers, New York». Gli illustratori cambiano continuamente. Dal n. 88 compare un cartiglio, sovrapposto alla figura, con una didascalia italiana pertinente. A proposito dei titoli, va detto che quello italiano, nella sua triplice ricorrenza (cioè in copertina, in apertura del testo e come preannuncio nel fascicolo precedente) presenta delle divergenze: per esempio il n. 131 preannuncia come n. 132 Il lucchet-
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to rotto, che in copertina è Il saliscendo rotto e all’interno Il lucchetto spezzato; e il n. 142 Il filo scuro è anticipato come Il filo bruno. Titoli della serie (tra parentesi il titolo originale inglese e il numero e la data del Nick Carter Weekly – n. C. W. e del New Nick Carter Weekly – n. N.C. W., in cui gli episodi vennero pubblicati in origine. Alcuni di essi comparvero in precedenza in altre pubblicazioni della Street and Smith. I racconti sono di Frederick Van Rasselaer Dey, salvo i nn.62, 80, 82, 83, 84, 85, 129, 130, 131, 132, 133, 134, 135, 136, 137, 138, 139, 140, 141, 142, 143, 144 e 146 che sono attribuiti a W. Bert Foster e i nn.147, 148 e 149 scritti da Frederick W. Davis): 1. Carruthers il Re dei delinquenti (The Master Criminal; or, With the Devil in His Eye); (N.N.C.W. n. 408, 22/11/1904); 2.L’affare Carruthers (The Carruthers Puzzle; or, Nick Carter’s Best Disguise); (N.N.C.W. n. 409, 29/10/1904). 3. Ines Navarro (Inez, the Mysterious; or, The Master Criminal’s Mascot); (N.N.C.W. n. 410, 05/11/1904); 4. Il Giuramento fatale (The Criminal Queen’s Oath; or, The Difference Between Two); (N.N.C.W. n. 411, 12/11/1904); 5. La Punta del Pugnale (The Point of a Dagger; or, The Criminal Queen’s Madness); (N.N.C.W. n. 412, 19/11/1904); 6. Nella Nebbia (Nick Carter in a Fog; or, The Strange Flight of a Bridegroom); (N.C.W. n. 237, 12/07/1901); 7. Un vicino misterioso (Nick Carter’s Mysterious Neighbor; or, The Occupant of the Third Floor Flat); (N.C.W. n. 238, 20/07/1901); 8. La Vittima di un Avvelenatore (Nick Carter’s Midnight Rescue; or, A Rascally Millionaire); (N.C.W. n. 236, 06/07/1901); 9. Un Ammalato Pericoloso (Nick Carter’s Adventures: Nick Carter’s Fire Trail); (N.C.W. n. 259, 14/12/1901); 10. I Peggiori Ladri di New York (Nick Carter’s Adventures: Nick Carter on the Track of the Freight Thieves); (N.C.W. n. 260, 21/12/1901); 11. Il Principe dei Banditi d’Alto Bordo (Nick Carter’s Adventures: Nick Carter on the Track of a Gentleman Burglar); (N.C.W. n. 261, 28/12/1901); 12. La Pensione di Madama Durk l’affittacamere (Nick Carter’s Adventures: Nick Carter Attacked); (N.C.W. n. 262, 04/01/1902); 13. I misteri del Telefono dell’Hudson (Nick Carter’s Adventures: Nick Carter on the Trail of the River Pirates); (N.C.W. n. 263, 11/01/1902); 14. Un omicidio sulla strada Maestra (Nick Carter’s Adventures: Nick Carter and the Ring of the Tramp
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Thieves); (N.C.W. n. 264, 18/01/1902); 15. Un macabro collo ferroviario (Nick Carter’s Adventures: Nick Carter and the Man in the Cask); (N.C.W. n. 265, 25/01/1902); 16. Un viaggio pericoloso (Nick Carter’s Adventures: Nick Carter and the Shop Lifters); (N.C.W. n. 266, 01/02/1902); 17. La pista sott’acqua (Nick Carter’s Water Trail; or, The Strange Hiding Place of a Millionaire); (N.C.W. n. 243, 24/08/1901); 18. Il banco dei testimoni (Nick Carter in the Witness Chair; or, A Surprise for A Shyster Lawyer); (N.C.W. n. 233, 15/06/1901): 19. Una notte all’aperto (Nick Carter’s Night 0ff; or, Hot Work whit a Volunteer Assistant); (N.C.W. n. 234, 22/06/1901); 20. La caccia ai documenti (Nick Carter Against a Rival; or, A Chase After Documents); (N.C.W. n. 235, 29/06/1901); 21. Uno scasso ben fatto (A Bank President’s Piot; or, Three Villains of a Stripe); (N.C.W. n. 407, 15/10/1904); 22. Il dottor Quartz (Doctor Quartz, the Second; or, The Great Freight Car Mystery); (N.C.W. n. 413, 26/11/1904); 23. L’uomo dai nervi d’acciaio (Dr. Quartz At Bay; or, A Man of Iron Nerve); (N.C.W. n. 414, 03/12/1904); 24. Gli Assassini del Grand Hotel (The Great Hotel Murders; or, Doctor Quartz’s Quick Move); (N.N.C.W. n. 415, 10/12/1904); 25. Le Avventure di un Impiccato (Zanoni, the Woman Wizard; or, The Ward of Doctor Quartz); (N.N.C.W. n. 416, 17/12/1904); 26. L’odio di una strega (The Woman Wizard’s Hate; or, A Dangerous Foe); (N.N.C.W. n. 417, 24/12/1904); 27. Il diavolo in un manicomio (The Prison Demon; or, The Ghost of Doctor Quartz); (N.N.C.W. n. 418, 31/12/1904); 28. Uno strano nodo scorsoio (Nick Carter and the Hangman’s Noose; or, Doctor Quartz on Earth Again); (N.N.C.W. n. 419, 07/01/1905); 29. L’ultima partita del dottor Quartz (Doctor Quartz’s Last Play; or, A Hand with a Royal Fiush); (N.N.C.W. n. 420, 14/01/1905); 30. Un compagno sospetto (Nick Carter’s Suspicious Companion; or, Discharged from Custody); (N.C.W. n. 300, 27/09/1902); 31. La città del lago Michigan (Nick Carter in Chicago; or, The Crime of the Lake City); (N.C.W. n. 301, 04/10/1902); 32. I ladri di cadaveri (Nick Carter’s Queerest Case; or, A Murder in the Snow); (N.C.W. n. 302, 11/10/1902); 33. Alla caccia dei Coioti (Nick Carter’s Wonderful Nerve; or, The Little Giants Task); (N.C.W. n. 303, 18/10/1902); 34. Un famoso ricattatore in gonnella (Nick Carter’s Ad-
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ventures: Nick Carter and the Brown Robin); (N.C.W. n. 251, 19/10/1901); 35. L’ipnotizzatore (Nick Carter’s Adventures: Nick Carter and Arizona Jake); (N.C.W. n. 256, 23/11/1901); 36. Un complotto anarchico (Nick Carter’s Adventures: Nick Carter in the Council of the Reds); (N.C.W. n. 257, 30/11/1901); 37. Le iniziali misteriose (Nick Carter’s Clever Decipher; or, The Letters on the Floor); (N.C.W. n. 305, 01/11/1902); 38. Un lugubre problema (Nick Carter’s Greatest Peril; or, On the Trail of a Human Fiend); (N.C.W. n. 306, 08/11/1902); 39. Un rapimento enigmatico (Nick Carter’s Chase of the Thirteen; or, A Prisoner for Life with the Dead); (N.C.W. n. 307, 15/11/1902); 40. I compagni del delitto (Nick Carter’s Asylum Case; or, A Great Crook Outgeneralled); (N.C.W. n. 308, 22/11/1902); 41. Cesare, il cane poliziotto (Nick Carter’s Dog Detective; or, A Race with a Maniac); (N.C.W. n. 309, 29/11/1902); 42. La locomotiva No. 13 (Nick Carter’s Mystery of Seven; or, Sleuthing at Ninety Miles an Flour); (N.C.W. n. 310, 06/12/1902); 43. Gli avvelenamenti dell’Alemada (Nick Carter in Mexico City; or, Arrested as a Criminal); (N.C.W. n. 311, 13/12/1902); 44. La bettola di Mammy Tooter (Nick Carter Among the Hotel Thieves; or, The Great Jewel Robbery); (N.C.W. n. 312, 20/12/1902); 45. Un quadruplice assassinio (Nick Carter’s Fourfold Murder; or, Clever Work in Florida); (N.C.W. n. 313, 27/12/1902); 46. I contrabbandieri di Detroit Michigan (Nick Carter’s Pipe Line Case; or, Running Down the «Reindeer Rye»); (N.C.W. n. 314, 03/01/1903); 47. I ladri d’oro della Miniera di Grubstake (Nick Carter and the Gold Thieves; or, The Grubstake Mill Conspiracy); (N.C.W. n. 315, 10/01/1903); 48. La Sigaretta Rivelatrice (Nick Carter’s Cigarette Clue; or, Salted for a Million); (N.C.W. n. 316, 17/01/1903); 49. Il Ragno Rosso (Nick Carter’s Auto-Chase; or, Trailing the Red Spider); (N.C.W. n. 317, 24/01/1903); 50. I ladri di gioielli (Nick Carter’s Quick Guess; or, Ida Jones and the Jewel Thieves); (N.C.W. n. 318, 31/01/1903); 51. La pista insanguinata (Nick Carter and the Murderess; or, Tracked by a Trail of Blood); (N.C.W. n. 319, 07/02/1903); 52. Il furto della stella di diamanti (Nick Carter and the Diamond Star; or, Piacing the Guilt where it Belonged); (N.C.W. n. 320: 14/02/1903); 53. I ladri della Strada ferrata (Nick Carter and the Pay Car; or, Wiping Out a Dangerous Gang of
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Thieves); (N.N.C.W. n. 321, 21/02/1903); 54. Il ladro derubato (A Thief Robs a Thief; or, Nick Carter’s Queer Burclary Case); (N.C.W. n. 240, 03/08/1901); 55. Il delitto di un Medico (Nick Carter Downs a Doctor and Destroys a Prescription); (N.C.W. n. 241, 10/08/1901); 56. Hook Max (Nick Carter Accused of Murder; or, Identified by a Nose); (N.C.W. n. 242, 17/08/1901); 57. Un’avventura pericolosa (Nick Carter’s Black Clue; or, Heard in the Dark); (N.C.W. n. 247, 21/09/1901); 58. I Congiurati di Brookville (Nick Carter’s Adventures: Nick Carter’s Strange Vacation); (N.C.W. n. 248, 28/09/1901). 59. Il testamento del Sig. King (Nick Carter’s Adventures: Nick Carter’s Queer Murder Case); (N.C.W. n. 254, 09/11/1901); 60. Una captazione d’eredità (Nick Carter’s Adventures: Nick Carter Challenged); (N.C.W. n. 255, 16/11/1901); 61. Il Mistero della Casa Bianca (The White House Mistery; or, Nick Carter’s Case for the President); (N.N.C.W. n. 562, 05/10/1907); 62. Gli Spettri del Barone Moutoushimi (Secrets of a Haunted House; or, Nick Carter’s Fight with a Ghost); (N.N.C.W. n. 565, 26/10/1907); 63. Una Razzia (The Great Spy System; or, Nick Carter’s Promise to the President); (N.N.C.W. n. 563, 12/10/1907); 64. La Torre della Fame (The Last of Mastushimi; or, Nick Carter’s Narrowest Escape); (N.N.C.W. n. 564, 19/10/1907); 65. Gli schiavi bianchi (Nick Carter in Japan; or, The Little Giant Acts as Government Special);(N.N.C.W. n. 601, 04/07/1908); 6. L’ultima Vittoria di Moutoushimi (Taiika, the Geisha Girl; or, Nick Carter’s Japanese Rival); (N.N.C.W. n. 602, 11/07/1908); 67. La Vendetta di Moutoushimi (By Order of the Emperor; or, Nick Carter’s Special Bodyguard); (N.N.C.W. n. 603, 18/07/1908); 68. Il Segreto del Prigioniero (The Convict’s Secret; or, Nick Carter on the Trail of Facts); (N.N.C.W. n. 604, 25/07/1908); 69. Zenobia Zara, la Regina degli Anarchici (The Man in the Dark; or, Nick Carter’s Masterly Tact); (N.N.C.W. n. 605, 01/08/1908); 70. I Fumatori d’Oppio (An Anarchist Plot; or, Nick Carter on a Difficult Trail); (N.N.C.W. n. 606, 08/08/1908); 71. L’annunzio fatale (The Mysterious Mr. Peters; or, Nick Carter’s Unknown Enemy); (N.N.C.W. n. 607, 15/08/1908); 72. Uno Scasso bizzarro (A Woman at Bay; or, Nick Carter’s Greatest Burgiary Case); (N.N.C.W. n. 608, 22/08/1908); 73. Un dramma in pallone (The Balloon Tragedy;
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or, Nick Carter in Extreme Peril); (N.N.C.W. n. 609, 29/08/1908); 74. Tranquillino, il trovatello (Nick Carter’s Strangest Case; or, The Hacienda Plot); (N.N.C.W. n. 610, 05/09/1908); 75. Il tesoro rubato (The Stolen Treasure; or, Nick Carter’s Adventures in a Mysterious Castle); (N.N.C.W. n. 611, 12/09/1908); 76. L’isola di fuoco (The Island of Fire; or, Nick Carter’s Weird Experience); (N.N.C.W. n. 612, 19/09/1908); 77. Un complotto di un senatore (The Senator’s PIot; or, Nick Carter’s Youngest Client); (N.N.C.W. n. 613, 26/09/1908); 78. La pazzia di Morgan (The Madness of Morgan; or, Nick Carter to the Rescue); (N.N.C.W. n. 614, 03/10/1908); 79. Un furto di cinque milioni (A Million Dollar Hold-Up; or, Nick Carter After the Train Robbers); (N.N.C.W. n. 615, 10/10/1908); 80. Il cercatore sottomarino (Nick Car ter’s Submarine Clue; or, The Water Ferret of the Chesapeake); (N.N.C.W. n. 616, 17/10/1908); 81. Sotto la bandiera del caso (Under the Flag of Chance; or, Nick Carter’s Phenomenal Stock Deal); (N.N.C.W. n. 617, 24/10/1908); 82. Un problema giudiziario (The Case Against Judge Bernard; or, How Nick Carter Solved a Judicial Problem); (N.N.C.W. n. 618, 31/10/1908); 83. Il sepolto vivo (Down to the Grave; or, Nick Carter Buried Alive); (N.N.C.W. n. 619, 07/11/1908); 84. Il Giavellotto avvelenato (The Fatal Javelin; or, Nick Carter and Company at Work); (N.N.C.W. n. 620, 14/11/1908); 85. Gli svaligiatori di banche (The Ghost of Nick Carter; or, The Secret of the Second Sight Seer); (N.N.C.W. n. 621, 21/11/1908); 86. Delitto di un avvocato (A Strange Coincidence; or, Patsy’s Lucky Strike); (N.N.C.W. n. 622, 28/11/1908); 87. Vendetta Messicana (Pauline-A Mistery; or, Nick Carter’s Swimming Chase); (N.N.C.W. n. 623, 05/12/1908); 88. Le Astuzie di un’Avventuriera (A Woman of Plots; or, Nick Carter’s Cleverest Countermove); (N.N.C.W. n. 624, 12/12/1908); 89. Un Milionario ladro (A Millionaire Swindler; or, Nick Carter’s Exposure of a Stupendous Scheme); (N.N.C.W. n. 625, 19/12/1908); 90. Una strana coppia di Gemelli (The Money Schemers; or, Nick Carter After the Confidence King); (N.N.C.W. n. 626, 26/12/1908); 91. Sulle tracce di Moan (On the Trail of Moan; or, Nick Carter Meets with a Great Surprise); (N.N.C.W. n. 627, 02/01/1909); 92. La Casa del Mistero (The House of Mystery; or, Nick Carter’s Strangest Adventure); (N.N.C.W. n. 628, 09/01/1909);
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93. La sparizione del Signor Gereaux (The Disappearance of Monsieur Gereaux; or, Nick Carter and the River Pirates); (N.N.C.W. n. 629, 16/01/1909); 94. Il Protetto del Pirata (Titolo di copertina: The Pirate’s Protege. Titolo interno: An Heiress to Millions; or, Nick Carter’s Remarkable Fee); (N.N.C.W. n. 630, 23/01/1909); 95. Nel Cinematografo (The Man in the Biograph; or, Nick Carter’s Nearest Approach to Error); (N.N.C.W. n. 631, 30/01/1909); 96. Il furto misterioso della Pontiac National Bank (The Time-Lock Puzzle; or, Nick Carter’s Bank Vault Case); (N.N.C.W. n. 632, 06/02/1909); 97. Un affare oscuro (The Moving Picture Mystery; or, Nick Carter’s Blindest Trail); (N.N.C.W. n. 633, 13/02/1909); 98. Il domatore di tigri (The Tiger Tamer; or, Nick Carter’s Boldest Strategy); (N.N.C.W. n. 634, 20/02/1909); 99. Nick Carter e la tigre (A Strange Bargain; or, Nick Carter’s Deadshot Circus Case); (N.N.C.W. n. 635, 27/02/1909); 100. Il Fantasma del Circo (The Haunted Circus; or, Nick Carter Lays a Ghost); (N.N.C.W. n. 636, 06/03/1909); 101. Il segreto della cassa forte (The Secret of a Private Room; or, Nick Carter Makes an Experiment); (N.N.C.W. n. 637, 13/03/1909); 102. Un problema difficile (A Mental Mystery; or, Nick Carter on a Difficult Trail); (N.N.C.W. n. 638, 20/03/1909); 103. La busta sigillata (The Sealed Envelope; or, Nick Carter’s Search for a Lost Fortune); (N.N.C.W. n. 639, 27/03/1909); 104. La lettera turchina (The Message in Blue; or, Nick Carter’s Clue to a Vast Conspiracy); (N.N.C.W. n. 640, 03/04/1909); 105. Nick Carter e la Regina dei Cospiratori (A Dream of Empire; or, Nick Carter and the Queen of Conspirators); (N.N.C.W. n. 641, 10/04/1909); 106. Nick Carter salvato da Ida (The Detective’s Disappearance; or, Nick Carter is Saved by Adelina); (N.N.C.W. n. 642, 17/04/1909); 107. I Predatori notturni (The Midnight Marauders; or, Nick Carter’s Telephone Message); (N.N.C.W. n. 643, 24/04/1909); 108. Il figliuolo della Jungla (The Child of the Jungle; or, Nick Carter’s Ingenious Ruse); (N.N.C.W. n. 644, 01/05/1909); 109. Un nemico infernale (Nick Carter’s Satanic Enemy; or, The Case of the Easy Mark); (N.N.C.W. n. 645, 08/05/1909); 110. Tre volte derubato (Three Times Stolen; or, Nick Carter’s Strange Clue); (N.N.C.W. n. 646, 15/05/1909); 111. Il grande Sindacato del diamante (The Great Diamond Syndacate; or, Nick Carter’s Cleverest Foes); (N.N.C.W. n.
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647, 22/05/1909); 112. La casa dalla porta gialla (The Fland of the Yellow Door; or, Nick Carter in the Old French Quarter); (N.N.C.W. n. 648, 29/05/1909); 113. L’affare Greenwich (The Triangle Clue; or, Nick Carter’s Greenwich Village Case); (N.N.C.W. n. 649, 05/06/1909); 114. L’enimma Hollingworth (The Hollingsworth Puzzle; or, Nick Carter Three Times Baffled); (N.N.C.W. n. 650, 12/06/1909); 115. L’affare dei Titoli (The Affair of the Missing Bonds; or, Nick Carter in the Harness); (N.N.C.W. n. 651, 19/06/1909); 116. La scatola verde (The Green Box Clue; or, Nick Carter’s Good Friend); (N.N.C.W. n. 652, 26/06/1909); 117. Il mistero dell’automobile (The Taxi-Cab Mystery; or, Nick Carter Closes a Dea); (N.N.C.W. n. 653, 03/07/1909); 118. Il mistero di una camera d’Albergo (The Mystery of a Hotel Room; or, Nick Carter’s Best Work); (N.N.C.W. n. 654, 10/07/1909); 119. La tragedia del pozzo (The Tragedy of the Well; or, Nick Carter Under Suspicion); (N.N.C.W. n. 655, 17/07/1909); 120. La Mano Nera (The Black Hand; or, Chick Carter’s Well-Laid P100; (N.N.C.W. n. 656, 24/07/1909); 121. La Vendetta della Mano Nera (The Black Hand Nemesis; or, Chick and the Mysterious Woman); (N.N.C.W. n. 657, 31/07/1909); 12. Chick e la bella Italiana (A Masterly Trick; or, Chick and the Beautiful Italian); (N.N.C.W. n. 658, 07/08/1909); 123. Un uomo pericoloso (A Dangerous Man; or, Nick Carter and the Famous Castor Case); (N.N.C.W. n. 659, 14/08/1909); 124. Castor, l’avvelenatore (Castor the Poisoner; or, Nick Carter Wins a Man); (N.N.C.W. n. 660, 21/08/1909); 125. Alla ricerca di una fortuna (The Castor Riddle; or, Nick Carter’s Search for a Hidden Fortune); (N.N.C.W. n. 661, 28/08/1909); 126. Una tragedia nel Bowery (A Tragedy of the Bowery; or, Nick Carter and Ida at Coney Island); (N.N.C.W. n. 662, 04/09/1909); 127. Quattro pezzi di carta (Four Scraps of Paper; or, Nick Carter’s Coney Island Search); (N.N.C.W. n. 663, 11/09/1909); 128. Il segreto della Miniera (The Secret of Mine; or, Nick Carter’s Coney Island Mystery); (N.N.C.W. n. 664, 18/09/1909); 129. L’uomo morto nell’Automobile (The Dead Man in the Car; or, Nick Carter’s Hair-Line Clue); (N.N.C.W. n. 665, 25/09/1909); 130. L’orang-outang (Nick Carter’s Master Struggle; or, The Baule with the Man-Monkey); (N.N.C.W. n. 666, 02/10/1909); 131. Uno spettro in un cortile (The Air-
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Shaft Spectre; or, Nick Carter’s Shrewd Surmise); (N.N.C.W. n. 667, 09/10/1909); 132. Il saliscendo rotto (The Broken Latch; or, Nick Carter’s Single Clue); (N.N.C.W. n. 668, 16/10/1909); 133. Nick Carter in pericolo (Nick Carter’s Sudden Peril; or, The Riddle of the Rutger’s Street House); (N.N.C.W. n. 669, 23/10/1909); 134. Una scoperta fortuita (The Man with the Missing Thumb; or, Nick Carter’s Chance Discovery); (N.N.C.W. n. 670, 30/10/1909); 135. Feltman, il Ricettatore (Feltman the Fence; or, Nick Carter and the Hester Street Feud); (N.N.C.W. n. 671, 06/11/1909); 136. Una notte con Nick Carter (A Night with Nick Carter; or, The Kid-Gloved Case); (N.N.C.W. n. 672, 13/11/1909); 137. La fine del Sindacato Feltman (The Drab Thread; or, Nick Carter Solves the Mystery of Room 313) (Il testo non corrisponde alla copertina. È quello dell’episodio n. 142. Sotto la copertina n. 142 è invece pubblicato il testo del n. 137); (N.N.C.W. n. 678, 25/12/1909); 138. Il tesoro del Dittatore (The Dictator’s Treasure; or, Nick Carter Nips the Flondurian Plotters); (N.N.C.W. n. 674, 27/11/1909); 139. Nick Carter risolve uno strano enimma (Pieces of Eight; or, Nick Carter Solves a Strange Enigma); (N.N.C.W. n. 675, 04/12/1909); 140. Sotto la maschera (Behind the Mask; or, Nick Carter and the Queen of the Mardi Gras); (N.N.C.W. n. 676, 11/12/1909); 141. La Benda verde (The Green Patch; or, Nick Carter’s Ray in the Dark); (N.N.C.W. n. 677, 18/12/1909); 142. Il filo scuro (In the Nick of Time; or, Carter Finishes the Feltman Syndacate) (Il testo è quello del n. 137); (N.N.C.W. n. 673, 20/11/1909); 143. L’affare Badmington (A Live Wire Clue; or, Nick Carter and the Badmington Case); (N.N.C.W. n. 679, 01/01/1910); 144. La preda di un vampiro (The Vampire’s Prey; or, Nick Carter’s Blow at Policy); (N.N.C.W. n. 680, 08/01/1910); 145. Il Re dei Politicanti (The Policy King Baffled; or, Nick Carter’s Dazzling Move); (N.N.C.W. n. 681, 15/01/1910); 146. L’avventura d’un pazzo (The Madman’s Gig; or, Nick Carter Delivers a Knockout); (N.N.C.W. n. 682, 22/01/19 10); 147. Una esistenza in giuoco (A Life at Stake; or, Nick Carter’s Periluos Contract); (N.N.C.W. n. 863, 29/01/1910); 148. La veglia della morte (Trailing a Scarlet Thread; or, Nick Carter’s Deathwatch); (N.N.C.W. n. 684, 05/02/1910); 149. Il Segnale luminoso (The Crimson Flash; or, Nick Carter’s Harlem River Mystery);
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(N.N.C.W. n. 685, 12/02/1910); 150. Un furto di identità (A Puzzle of Identities; or, Nick Carter Solving a Strange Problem); (N.N.C.W. n. 686, 19/02/1910). II.2. Nick Carter. Il gran poliziotto americano, 1911-1912, Seconda serie (Casa Editrice Americana). La serie si compone di 39 dispense formato 28 x 21,5, 24 pagine (n.1-n. 11), 16 pagine non numerate (n. 12-n. 16), 16 pagine numerate (n.17-n. 39). La Casa Editrice Americana pubblica i fascicoli a partire dal 1911 (il n. 20 ha «Legnano 1912»), al prezzo di 20 centesimi. Il primo numero viene venduto al «prezzo eccezionale» di 10 centesimi. In copertina si legge: «Questo numero di propaganda contiene un proemio con dati e notizie interessanti sulla vita di Nick Carter, come pure un bellissimo ritratto del celebre poliziotto». Le dispense, a due colonne, hanno la testata in nero con la formula «Ogni diritto riservato per tutti i paesi, comprese la Svezia e la Norvegia». Seguono i titoli e il testo e quasi tutti i fascicoli terminano con l’annuncio del titolo successivo. Il n. 1 contiene un inserto gratis di 4 pagine dal titolo «Chi è Nick Carter?» (tratto dal n. 710 del New Nick Carter Weekly del 6 agosto 1910), che mostra uno pseudo ritratto e dei falsi documenti di Nick Carter (data marzo 1910) e la scritta «dei libri di Nick Carter sono state pubblicate e vendute oltre 25 milioni di copie» e «più di un milione di esemplari se ne vendono ogni mese, tradotti in dodici lingue». Il n. 39 si chiude con un comunicato, che dichiara concluse «le meravigliose gesta» dell’eroe, che «ha dato l’addio alla sua terribile carriera» e si è formato una famiglia che allieta «la bella palazzina della Quinta Avenue». Le copertine riportano in alto l’indicazione di serie, il titolo, il prezzo e sono l’esatta riproduzione di quelli del New Nick Carter Weekly. Quanto ai titoli si registrano frequenti discordanze: il n. 2 Il segreto del Caminetto è annunciato come Il camino mascherato; il n. 28 La signora in nero come La donna vestita di nero; il n. 33 La carta rivelatrice come La carta strappata; il n. 34 Sotto l’impressione di un dispiacere come Sotto il pungiglione della disperazione; il n. 35 La trappola come Il trabocchetto. Titoli della serie: 1. Un «Bluff» colossale. 2. Il segreto del Caminetto (The Man who Vanished; or, Nick Carter’s Craftiest Foe); (N.N.C.W. n.
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699, 21/05/1910). 3. Il guanto rosso (The Garnet Gauntlet; or, Nick Carter Pierces a Double Mystery); (N.N.C.W. n. 700, 28/05/1910). 4. Il capello bianco (The Silver-Hair Mistery; or, Nick Carter’s Shadowy Clue); (N.N.C.W. n. 701, 04/06/1910). 5. Un tranello (The Cloak of Guilt; or Nick Carter in the Snare of his Double); (N.N.C.W. n. 702, 11/06/1910). 6. Per un Milione (A Battle for a Million; or, Nick Carter’s Master Device); (N.N.C.W. n. 703, 18/06/1910). 7. Scritto col sangue (Written in Red; or, Nick Carter’s Clever Subterfuge); (N.N.C.W. n. 704, 25/06/1910). 8. La Macchia di Collodio (The Collodion Stain; or, Nick Carter Cracking a Hard Nut); (N.N.C.W. n. 705, 02/07/1910). 9. Il riscatto di un milione (The Million Dollar Ransom; or, Nick Carter’s Bath-House Tragedy); (N.N.C.W. n. 706, 09/07/1910). 10. I pirati dell’aria (Rogues of the Air; or, Nick Carter’s Helicopter Clue); (N.N.C.W. n. 707, 16/07/1910). 11. Il falcone (The Bolt from the Blue; il titolo riportato nel «Bibliographic Listing» è: The Bolt from Blue Skies; or, Nick Carter and the Dream Stone); (N.N.C.W. n. 709, 30/07/1910). 12. L’affare Stockbridge (The Stockbridge Affair; or, Nick Carter’s Quick Detective Work); (N.N.C.W. n. 710, 08/08/1910). 13. Il segreto del morto (A Secret from the Past; or, Nick Carter’s TreasureVault Case); (N.N.C.W. n. 711, 13/08/1910). 14. L’ultima partita (Playing the Last Hand; or, Nick Carter After a Bad Man); (N.N.C.W. n. 712, 20/08/1910). 15. Un’astuta intrigante (A Slik Article;or, The Cleverest Rogue in New York); (N.N.C.W. n. 713, 27/08/1910). 16. La donna del velo (The Taxicab Riddle; or, Nick Carter’s Second Assistant); (N.N.C.W. n. 714, 03/09/1910). 17. La lanciatrice di pugnali (The Knife Thrower; or, Nick Carter’s Tragic Case); (N.N.C.W. n. 715, 10/09/1910). 18. Lo spettro di Timmy lo sfrontato (The Ghost of BareFaced Jimmy; or, Nick Carter Meets with Defiance); (N.N.C.W. n. 716, 17/09/1910). 19. Un alibi (The Master Rogue’s Alibi; or, Nick Carter Traces a Stolen Name); (N.N.C.W. n. 717, 24/09/1910). 20. Una Spia diplomatica (The Diplomatic Spy; or, Nick Carter and «The Leopard»); (N.N.C.W. n. 718, 01/10/1910). 21. Una lettera nella spazzatura (The Dead Letter; or, Nick Carter’s Postal Clue); (N.N.C.W. n. 719, 08/10/1910). 22. I milioni d’Allerton (The Allerton Millions; or, Nick Carter’s Clue Before the Crime); (N.N.C.W. n. 720, 15/10/1910). 23.
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La difesa di una fortuna (A Play for Piace; or, Nick Carter’s Defenses of a Fortune); (N.N.C.W. n. 721, 22/10/1910). 24. La voce misteriosa (The House of Whispers; or, Nick Carter’s Quick Solution of a Complex Problem); (N.N.C.W. n. 722, 29/10/1910). 25. Il mistero della camera bleu (The Blue Room Mystery; or, Nick Carter in Another Man’s Shoes); (N.N.C.W. n. 723, 05/11/1910). 26. Un imbroglio (A Tangle of Clues; or, Nick Carter and the Stolen Money Package); (N.N.C.W. n. 724, 12/10/1910). 27. I cappelli gialli (The Men whit the Yellow Vests; or, Nick Carter Lands a Big Catch); (N.N.C.W. n. 725, 19/11/19 10). 28. La signora in nero (The Mysterious Woman in Black; or, Nick Carter Makes a Clever Haufl); (N.N.C.W. n. 726, 26/11/1910). 29. Un Sindacato di Scommettitori (The Great Pool Room Syndacate; or, Nick Carter’s Round-Up); (N.N.C.W. n. 727, 03/12/1910). 30. La testa di mummia (The Mummy’s Head; or, Nick Carter’s Egyptian Mystery); (N.N.C.W. n. 728, 10/12/1910). 31. Il vaso di China. 32. Nella statua (The Statue Clue; or, Nick Carter and the Rylman Riddle); (N.N.C.W. n. 729, 17/12/1910). 33. La carta rivelatrice (The Torn Card; or, Nick Carter’s Divided Mystery); (N.N.C.W, n. 730, 24/12/1910). 34. Sotto l’impressione di un dispiacere (Under Desperation’s Spur; or, Nick Carter on a Curious Case); (N.N.C.W. n. 731, 31/12/1910). 35. La trappola (The Connecting Link; or, Nick Carter’s Solution of a Double Crime); (N.N.C.W. n. 732, 07/01/1911). 36. Un sindacato di rapitori (The Abduction Syndacate; or, Nick Carter Against the Short Interest); (N.N.C.W. n. 733, 14/01/1911). 37. Testimoni muti (The Silent Witness; or, Nick Carter’s Quandry); (N.N.C.W. n. 734, 21/01/1911). 38. Una sirena (A Woman of Mystery; or, Nick Carter’s Silent Witness Remembers); (N.N.C.W. n. 735, 28/01/1911). 39. Le reti di una sirena (The Toils of a Siren; or, Nick Carter’s Busiest Day); (N.N.C.W. n. 736, 04/02/1911). II.3. Nick Carter. Il più grande detective americano, 1913 (o 1914?). Terza serie. (Società Editoriale Milanese). La Biblioteca Nazionale di Firenze conserva 23 fascicoli (formato 28 x 21,5, pag. 24) editi dalla Società Editoriale Milanese nel 1913/1914 (La Biblioteca Nazionale di Firenze indica il 1914), al prezzo di 20 centesimi. I testi sono stampati
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su due colonne e hanno la testata in nero. Le copertine sono in tricromia, a sfondo rosso, con due scritte: «Nick Carter» in giallo; «Il più grande detective americano» in bianco. Il volto del poliziotto, di profilo, è racchiuso in un cerchio bordato di giallo. Sulla testata ci sono il numero del fascicolo, la scritta «ogni fascicolo contiene un racconto completo» e il prezzo. Le illustrazioni non hanno i titoli in inglese. Quella del n. 1 sembra tratta dalla serie originale americana. Quella del n. 2 reca la scritta «Street and Smith». Probabilmente il numero degli episodi è maggiore dei 23 conservati nella Biblioteca Nazionale di Firenze e tradotti dalla 2ª serie francese. In mancanza di dati sulla serie originale americana tra parentesi viene il numero della edizione parigina. Titoli della serie: 1. Il segno del Triangolo (n. 136 fr., 2ª); 2. Novantanove più uno (n.137 fr., 2ª); 3. La società del Triangolo (n.138 fr., 2ª); 4. Fra i nichilisti (n.133 fr., 2ª); 5. In Siberia (n.134 fr., 2ª); 6. Il tradimento di un governatore (n.135 fr., 2ª); 7. Una violazione di sepolcro (n.119 fr., 2ª); 8. Nick Carter e l’ipnotizzatore (n.120 fr., 2ª); 10. Una beltà pericolosa (n.124 fr., 2ª); 11. Il coltello stregato (n.125 fr., 2ª); 12. Una traccia nella neve (n.126 fr., 2ª); 13. La casa stregata (n.127 fr., 2ª); 14. Una battaglia sopra un tetto (n. 128 fr., 2ª); 15. La conquista di un regno (n.129 fr., 2ª); 16. Una figura di Jiu-jitsù (n.132 fr., 2ª); 17. Il re degli strangolatori (n.130 fr., 2ª); 18. Un supplizio dell’Inquisizione (n.131 fr., 2ª); 19. I terroristi (n.146 fr.?, 2ª); 20. La setta del «Cuore trafitto» (n.147 fr.?, 2ª); 21. Nelle paludi sotterranee di New York (n.154 fr., 2ª); 22. Il ragno giallo (n.155 fr., 2ª); 23. Triplice identità (n.156 fr., 2ª). II.4. Nick Carter. Il gran poliziotto americano, 1919-1923 (Nerbini). L’editore Giuseppe Nerbini di Firenze, tra la fine del 1919 e il 19 novembre 1922, pubblica 200 fascicoli della serie Nick Carter, nel formato cm. 28,5 x 20,5, 16 pagine su due colonne, prezzo 30 centesimi fino al n. 20, centesimi 40 dal n. 21 al n. 52 e 50 centesimi dal n. 53 al n. 200. La testata della copertina è identica a quella dei sessanta numeri iniziali della prima serie della Casa Editrice Americana. Identici sono anche i testi dei fascicoli dal n. 1 al n. 149 (il n. 110 non venne ristampato). I numeri dal 150 al 200 provengono parte dalla seconda serie della Casa
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Editrice Americana e parte dalla prima serie francese di Eichler. I disegni degli otto numeri iniziali sono ricavati dall’edizione americana, senza i titoli in inglese. Dal n. 9 al n. 200 le illustrazioni sono di Tancredi Scarpelli. Se il soggetto è lontano dal gusto del pubblico italiano, o se le copertine del New Nick Carter Weekly sembrano poco efficaci, Scarpelli crea copertine originali: il n. 61 della serie italiana invece dell’immagine della Casa Bianca, presenta in copertina Nick Carter alle prese con un enorme serpente. I titoli delle copertine di Nerbini (in qualche caso diversi da quelli della prima edizione) spesso non coincidono con la titolazione interna. Alcuni esempi: n. 21 (copertina): Tre furfanti della stessa risma. Interno: Uno scasso ben fatto, ovvero Tre furfanti della stessa risma. n. 22 (copertina): Una scoperta da far venire i brividi. Interno: Il dottor Quartz, ovvero una scoperta da far venire i brividi. n. 62 (copertina): La casa incantata. Interno: Gli spettri del barone Moutoushini o la casa incantata. Dal n. 1 al n. 109 (a parte l’inversione dei n. n. 84 e 85), l’ordine dei fascicoli è simile alla prima edizione. Manca il n. 110, che non venne pubblicato e la riedizione, tra il n. 110 e il n. 149, perde un numero. Titoli della serie (fascicoli dal n. 150 al n. 200. Si indica, per ciascuno di essi, la provenienza. Abbreviazioni: CEA. 2: Casa Editrice Americana, seconda serie; Fr. 1: edizione francese, prima serie): 150. L’opinione di Westervelt (Fr. 1, 203); 151. La scomparsa d’una Ereditiera (Fr. 1, 204); 152. L’origine d’un mistero (Fr. 1, 205); 153. Un nemico implacabile (Fr. 1, 206); 154. Il triangolo rosso (Fr. 1, 207); 155. Ancora il dottor Quartz (Fr. 1, 208); 156. Il famoso caso del Dottor Quartz (Fr. 1, 209); 157. A la ricerca del Dottor Quartz (Fr. 1, 210); 158. Una sostituzione (Fr. 1, 211); 159. La pupilla del Dottor Quartz (Fr. 1, 212); 160. Una visita poco gradita (Fr. 1, 213); 161. Al casino di Palm Beach (Fr.1, 71); 162. Una vittima della scienza (Fr. 1, 72); 163. L’assassinio misterioso del FalI River (Fr. 1, 73); 164. Patsy nel Far-West (Fr. 1, 74); 165. L’assassinio dell’Ecclesiastico (Fr.1, 75); 166. L’occhio del diavolo (Fr. 1, 76); 167. Un mistero cinese (Fr. 1, 77); 168. La casa dei sette Diavoli (Fr. 1, 78); 169. La regina dei Sette (Fr. 1, 79); 170. Un’impronta enigmatica (Fr 1., 80); 171. Gli adoratori del diavolo (Fr. 1, 81); 172. Discesa di Dazaar all’Inferno (Fr. 1, 82); 173. L’ultimo dei sette miste-
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riosi (Fr.1, 83); 174. Un «bluff» colossale (CEA. 2, 1); 175. Il caminetto simulato (CEA. 2, 2); 176. Il guanto rosso (CEA. 2, 3); 177. Il capello bianco (CEA. 2, 4); 178. Un tranello (CEA. 2, 5); 179. Per un milione (CEA. 2, 6); 180. Scritto col sangue (CEA. 2, 7); 181. La macchia di Collodio (CEA. 2, 8); 182. La taglia d’un milione (CEA. 2, 9); 183. I pirati dell’aria (CEA. 2, 10); 184. Nella statua (Contiene anche: Il vaso della Cina, CEA. 2, 32-31); 185. Sotto il pungiglione della disperazione (Contiene anche: La carta strappata, CEA. 2, 34-33); 186. Il trabocchetto (Contiene anche: Un sindacato di rapinatori, CEA. 2, 35-36); 187. Una sirena (Sotto questo titolo, sono stati unificati due episodi: CEA. 2, 37-38); 188. Le reti di una sirena (Contiene anche: Un imbroglio, CEA. 2 39-26); 189. Reduce dalla tomba (Fr. 1, 84); 190. Un patto con Dazaar (Fr.1, 85); 191. Morte di Dazaar (Fr. 1, 86); 192. Il Club dei Tredici (Fr. 1., 87); 196. I ladri di vestiti (Fr. 1, 91); 197. Il ladro inafferrabile (Fr. 1, 92?); 198. L’assassinio dell’«Imperatrice» (Fr. 1, 94); 199. Un bizzarro strumento di morte (Fr. 1, 95); 200. Il vagone sperso del diretto di Denver (Fr. 1, 180?) II.5. Nick Carter. Il gran poliziotto americano, s.d. (Nerbini). Sono stati conservati i tre numeri di questa serie con le illustrazioni di Tancredi Scarpelli. La testata è identica a quella dell’edizione precedente. Le pubblicità contenute nella quarta pagina della copertina fanno ritenere che i fascicoli siano comparsi tra il 1920 e il 1922. Potrebbe trattarsi di una ristampa di alcuni fascicoli esauriti (il n. 1 dà come pubblicate le prime trenta dispense). Prezzo 50 centesimi. Nick Carter. Lo sterminatore dei malfattori, 1930-1933 (Nerbini). Ristampa integrale analoga alla precedente, pubblicata dal 1930 (gennaio) al 1933. Prezzo 50 centesimi poi, dal n. 81, centesimi 40. La testata di copertina mostra su sfondo giallo la scritta in rosso «Nick Carter» e su sfondo blu «Lo sterminatore dei malfattori» (in bianco), «Episodio completo» e «Cinquanta centesimi» (in giallo). Dal n. 8 la copertina cambia. Disegnata da Giove Toppi, la nuova testata raffigura, in blu su sfondo bianco, il poliziotto che punta due pistole su un gruppo di malfattori. La scritta Nick Carter è in rosso su nero ed «Episodio completo» e «Cent. 40» in blu su fondo giallo. Nick Carter. Il grande poliziotto americano, 1947-1949
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(Nerbini). Una terza (o quarta?) ristampa di Nerbini in cento fascicoli del formato di cm 29 x 20,5 (prezzo iniziale di £. 15; dal n. 14, £. 20; dal n. 33, £. 25) comparve tra il 1947 e il 1949 (vennero pure poste in vendita dispense riunite in brossure di 10 numeri ciascuna). L’edizione segue l’ordine di quella «americana», ma i testi, di 16 pagine, risultano ridotti. I titoli non corrispondono sempre agli originali (il n. 19 Una notte all’aperto diventa Arizona Jake; il n. 21, Uno scasso ben fatto ha il sottotitolo interno Tre furfanti della stessa risma; il n. 56 Hook Max diventa Hook Max l’uomo dal naso adunco). Il n. 100 Il fantasma del circo è l’ultimo della ristampa e non preannuncia alcun titolo successivo. Le copertine hanno una testata propria e, pur presentando scene simili a quelle dell’edizione precedente, non sono opera di Tancredi Scarpelli. La testata raffigura un poliziotto non tradizionale, con la pipa in mano. Lo sfondo è giallo, la scritta «Nick Carter» è in rosso, «Il grande poliziotto americano» è in verde scuro.Nuove avventure di Nick Carter, 1949-1950 (Nerbini). Quinta ristampa Nerbini (1949-50), in fascicoli di 36 pagine, cm 17,5 x 12,5, a £. 20. Copertine a colori non firmate. La testata parla di «Nuove avventure di Nick Carter», ma l’esame dei titoli (fra parentesi i corrispondenti numeri dell’edizione originale) dimostra che si tratta di materiali già pubblicati: 1. (?); 2. Un problema difficile (102); 4. La lettera turchina (104); 5. La regina dei cospiratori (105); 6. Nick Carter salvato da Ida (106); 7. I predoni della notte (107); 8. Il figlio della jungla (108); 9. Un nemico infernale (109); 10. Il gran sindacato del diamante (111). Le copertine riproducono le scene dell’edizione «americana» e i testi sono spesso alterati. II.6. Nick Carter. Il gran poliziotto americano, 1928-1929 (Quattrini). La serie (29 gennaio 1928-6 gennaio 1929) viene pubblicata da Attilio Quattrini. Si compone di 50 fascicoli di 12 pagine (in alcuni casi di 16), su due colonne, al prezzo di 50 centesimi, formato cm 29 x 20,5. La testata è simile a quella della prima edizione della Casa Editrice Americana: in alto a sinistra il numero del fascicolo, a destra la scritta: «Nuova serie». Le copertine, in rosso e in nero, sono complesse. In testa sono collocati il numero del fascicolo, il prezzo, la data e la scritta «Nuova serie americana». Il nome del protagonista è stampato in lettere bianche
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bordate di nero, mentre il titolo, in nero, è contenuto in un cartiglio bianco. Il resto della copertina è a strisce verticali bianche e rosse, in cui spicca, al centro, l’illustrazione, non firmata (a colori, o in bianco e nero), racchiusa in una cornice tonda. In fondo alla pagina le scritte: «Attilio Quattrini Editore – Firenze»; «Ogni fascicolo contiene un’intera avventura». Il n. 1 è aperto da un lungo preambolo intitolato «Chi è Nick Carter?»: «Già due serie delle sue interessanti e affascinanti memorie sono state pubblicate a centinaia di milioni di copie nelle cinque parti del mondo, e in America si procede ora alla stampa e alla diffusione della 3ª serie. È appunto questa 3ª serie che la nostra Casa Editrice si appresta a pubblicare in edizione italiana, nella fedele traduzione dell’originale». Gli episodi provengono dalle tre serie originali (per intero i 23 episodi della terza serie). Titoli pubblicati: 1. L’affare Stockbridge (12, 2ª serie); 2. Il segreto del morto (13, 2ª serie); 3. L’ultima partita (14, 2ª serie); 4. Un’astuta intrigante (15, 2ª serie); 5. Il redivivo (18, 2ª serie); 6. La Sirena (38, 2ª serie); 7. La donna velata (16, 2ª serie); 8. Il segno del triangolo (1, 3ª serie); 9. Il talismano egiziano; 10. La vendetta indiana; 11. Novantanove più uno (2, 3ª serie); 12. La società del triangolo (3, 3ª serie); 13. Derubato tre volte (110, 1ª serie); 14. Tra i Nikilisti (4, 3ª serie); 15. In Siberia (5, 3ª serie); 16. Il tradimento del governatore (6, 3ª serie); 17. Violazione di un sepolcro (7, 3ª serie); 18. Un caso misterioso (97, 1ª serie); 19. Il padrone e lo schiavo; 20. Nick ipnotizzatore (8, 3ª serie); 21. Il suggello della morte; 22. Bellezza pericolosa (10, 3ª serie); 23. La lotta per il trono; 24. Fonografo rivelatore (9, 3ª serie); 25. Fu realmente una disgrazia?; 26. Il coltello stregato (11, 3ª serie); 27. Una traccia nella neve (12, 3ª serie); 28. La casa stregata (13, 3ª serie); 29. La donna d’acciaio; 30. Una battaglia sopra un tetto (14, 3ª serie); 31. Il mistero di Wall Street; 32. Il prezzo di un segreto; 33. L’ipnotizzatore; 34. Il segreto di una tomba; 35. Una figura di Jiu-jitsù (16, 3ª serie); 36. Triplice identità (23, 3ª serie); 37. L’uomo alla finestra; 38. Nella rete dei delitti; 39. Il principe dei Cojoles; 40. Il delitto misterioso; 41. La conquista di un regno (15, 3ª serie); 42. Nel gorgo del delitto; 43. I ricattatori cubani; 44. Il suggello del silenzio; 45. Un supplizio degno dell’inquisizione (18, 3ª serie); 46. Il re degli strangolatori (17, 3ª se-
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rie); 47. I terroristi (19, 3ª serie); 48. La setta e il cuore trafitto (20, 3ª serie); 49. Nelle paludi sotterranee di New York (21, 3ª serie); 50. Il ragno giallo (22, 3ª serie; a pagina 16 del fascicolo 50: «Con questo episodio ha termine la presente serie di avventure di Nick Carter»). III. Petrosino in fascicoli III.1. Giuseppe Petrosino. Il Sherlock Holmes d’Italia, 1909-1911 (Casa Editrice di Letteratura e d’Arte Popolari, poi Casa Editrice Americana). La serie si compone di 100 fascicoli settimanali, formato cm. 28 x 23, di 32 pagine fino al n. 50 (prezzo 25 centesimi) e di 24 pagine dal n. 51 al n. 100 (prezzo 20 centesimi). I fascicoli vengono stampati in Germania ed inviati in Italia dalla Casa Editrice di Letteratura e d’Arte Popolari, Parigi-Berlino (fino al n. 11), poi Casa Editrice Americana di Milano, che dichiara New York come luogo di stampa. Si tratta di una traduzione della serie tedesca Aus den Geheimakten des Welt-Detektivs. Le copertine a colori, non firmate, sono in gran parte di Alfred Roloff, mostrano il numero d’ordine, il titolo, il prezzo e l’illustrazione con una didascalia. Tutti gli elementi sono racchiusi in una cornice rossa. A partire dal n. 51, a causa della riduzione delle pagine, i testi degli episodi originali vengono riassunti. Si notano discrepanze fra i titoli delle copertine e quelle dei testi relativi: il n. 3, annunciato col titolo Un inseguimento attraverso il deserto (che corrisponde al titolo originale tedesco), diventa Sulle traccie attraverso il deserto; il n. 87 Una notte nel castello di Windsor è preannunciato come Una notte spaventevole; Soltanto una goccia d’inchiostro diventa col n. 70 Una sola goccia d’inchiostro; e fra il n. 80 e il n. 81 si si alternano il professore Tom Flase, Il dottor Flax, il professore Toni Flax e così via. III.2. Giuseppe Petrosino. Il Sherlock Holmes d’Italia, 1923-1925 (Nerbini). Ristampa completa della Casa Editrice Nerbini di Firenze, 100 fascicoli settimanali dal 1923 al 1925, 16 pagine a due colonne, di cm. 28 x 20,5. La testata e le illustrazioni di Tancredi Scarpelli, a due colori, imitano da vicino gli originali. Il prezzo di ogni fascicolo, che
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«contiene un racconto completo che può essere letto da tutti», è di 50 centesimi. I titoli dei fascicoli sono, con qualche piccola variante, quelli originali. III.3. Petrosino contro Mafia Camorra e Mano Nera, 1928-1930 (Nerbini). Ristampa di Nerbini, pubblicata ogni settimana dal 1928 al 1930. 100 fascicoli in formato maggiore di 16 pagine a 2 colonne, al prezzo di 50 centesimi. Le copertine illustrate a due colori sono le stesse eseguite da Scarpelli, con didascalia. La testata, rosso brillante, reca Petrosino contro Mafia Camorra e Mano Nera. I titoli presentano alcune varianti. III.4. Petrosino. il grande poliziotto italo-americano, 1934-1936 (Nerbini). Ristampa che inizia il 4 novembre 1934 e termina nel 1936, con testata firmata da Giove Toppi e illustrazioni, in tricromia, identiche a quelle delle precedenti ristampe. Sono fascicoli di 16 pagine a 2 colonne, formato maggiore, al prezzo di 40 centesimi. L’ordine dei fascicoli è modificato. III.5. Petrosino. il grande poliziotto italo-americano, 1948-1949 (Nerbini). Ristampa che risale al 1948-1949. Formato maggiore, testo di 16 pagine a due colonne, figure in parte a tre e in parte a due colori, firmate ora T.S. ora T. Scarpelli, con testata disegnata da Roberto Lemmi. Prezzo di ogni fascicolo £. 25. Le dispense hanno all’interno la testata dell’edizione del 1923. Ne escono 95 numeri, perché vengono eliminati 5 episodi. Una ristampa anastatica della serie 1934-1936, dovuta al successo della trasmissione televisiva dedicata negli anni Settanta a Petrosino, esce ad opera della nuova Casa Editrice G. Nerbini S.A.S., Via delle Panche n. 141, Firenze. Si compone di 64 fascicoli raccolti in quattro volumi mensili in brossura, con inizio nell’ottobre 1972, contenenti ciascuno 16 fascicoli di 16 pagine muniti delle sole copertine anteriori non perfettamente riprodotte, private del numero d’ordine, della data e del prezzo e del tradizionale annuncio del fascicolo successivo. La copertina del primo volume contiene una succinta presentazione di Romolo Baccani, inattendibile per quanto riguarda le origini della serie.
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In appendice ai volumi sono raccolte le riproduzioni a puntate dei fumetti di Petrosino disegnati da Ferdinando Vichi nel 1938 per l’Avventuroso. Attingendo ad una delle ristampe, la Società SELEP (Editrice Libri e Periodici) pubblicò nel 1972 i testi dei fascicoli n. n.1, 2, 23, 25, 33, con l’autorizzazione della Nerbini. La copertina e il testo nel n. 82 Il terrore di Baltimora della ristampa di Nerbini 1923, sono stati riprodotti a colori su L’Europeo (9 novembre 1972, pagine 60-67), dove sono pure offerte altre cinque immagini della stessa riedizione. I titoli della serie (il numero e il titolo del fascicolo sono quelli della prima edizione italiana. Le cifre tra parentesi indicano nell’ordine: la prima edizione tedesca; l’edizione Nerbini 1923-1928; l’edizione Nerbini 1935; l’edizione Nerbini 1948): 1. Da spazzino a Capo di Polizia (; 1; 1; 1); 2. Monk Eastman, distruttore di masse (84; 2; 2; 2); 3. Sulle traccie attraverso il deserto (85; 3; 3; 3); 4. Un covo di delinquenti a Corfù (88; 4; 4; 4); 5. La prigioniera del campanile (89; 5; 5; 5); 6. Il tesoro del mercante di schiavi (15; 6; 6; 6); 7. Il Segreto della giovane vedova (1; 7; 7; 7); 8. Il buon naso del cameriere (7; 8; 8; 8); 9. Il cenciaiuolo di Parigi (26; 9; 9; 9); 10. Il furto in Vaticano (122; 10; 10; 10); 11. Nella scuola degli assassini di Pittsburg (69; 11; 11;11); 12. Il castello dei banditi a Palermo (106; 12; 12; 12); 13. La messa di Satana nelle rovine di Pompei (77; 13;13;13); 14. Un viaggio pericoloso attraverso il Gottardo (81; 14; 14; 14); 15. Una sensazionale riproduzione cinematografica (98; 15; 15; 15); 16. Il gentleman della Lanterna Rossa (96; 16; 16; 16); 17. Il delitto del Castello di Saavreda (100; 17; 17; 17); 18. Alla caccia dei malfattori al Carnevale di Colonia (58; 18; 18; 18); 19. Gli ultimi giorni di Messina (110; 19; 19; 19); 20. Le vittime della cattatrice (61; 20; 20; 20); 21. Nelle Sale Amore (102; 21; 21; 21); 22. Il Mercante di donne di Costantinopoli (74; 22; 22;22); 23. Il mistero del tavolo da gioco (3; 23; 23; 23); 24. Il Fidanzato scomparso (6; 24; 24; 24); 25. L’amante del Procuratore di Stato (8; 25; 25; 25); 26. Idolatria Chinese (70; 26; 26; 26); 27. La loggia degli Anarchici (68; 27; 27; -); 28. L’uomo dalle sette mogli (10; 28; 28; 27); 29. I documenti segreti dell’Ambasciata d’Inghilterra (20?; 29; 29; 28); 30. La bella infermiera (31; 30; 30; 29); 31. Il testamento del forzato (64; 31; 31; -); 32. Il barbiere di Mr. Sullivan (67; 32; 32; 30); 33. La contessa delle te-
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PETROSINO IN FASCICOLI
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naglie d’argento (76; 33; -;31); 34. La donna inafferrabile (99?; 34; -; ); 35. Il torero di Granata (91; 35; 34; 32); 36. I segreti del jiu-jitsu (105; 36; 35; 33); 37. La delinquenza nell’Armata della Salute (107; 37; -; -); 38. La medaglia a forma di teschio (114; 38; 62; 34); 39. In lotta con la maffia (112; 39; 36; 36); 40. La drogheria di malfattori nella Franklinstreet (120; 40; 63; 35); 41. L’albergo del delitto (45; 41; 37; 37); 41. La donna dalle quattro teste (87; 42; 38; 38); 43. Vienna sotterranea (95; 43; 39; 39); 44. Lo strangolatore di Praga (119; 44; 40; 40); 45. La figlia dell’usuraio (4; 45; 41; 41); 46. Il mistero nella stanza della torre (40; 46; 42; 42); 47. Tibo-Tib, l’uomo scimmia (115; 47; 43; 43); 48. Gli adoratori del demonio (116; 53; 49; 49); 49. L’anello di donna Maria (117; 48; 44; 44); 50. Il falso generale (118; 49; 45; 45); 51. Il morto che risuscita (25; 50; 46; 46); 52. Il matrimonio di lady Ruth (27; 51; 47; 47); 53. L’Avvelenatrice (30; 52; 48; 48); 54. Gli incendiari di Londra (33; 54; 50; 50); 55. Amore fatale (36; 55; 51; 51); 56. Assassina per gelosia (38; 56; 52; 52); 57. La Vendetta di un Pazzo (37; 57; 53; 53); 58. La statua dell’ammiraglio Nelson (44; 58; 44; 44); 59. I nichilisti (49; 59; 64; 55); 60. Un macabro regalo di nozze (63; 60; -; 56); 61. La storia di un ratto (35; 61; 55; 57); 62. La vendetta della maffia (39; 62; 56; 58); 63. Un fantasma (41?; 63; 57; 59); 64. Una notte di Capo d’anno al Drago Rosso (50; 64; 58; 60); 65. BilI il rosso (42; 65; 61; 61); 66. Un grande bandito (73?; 66; 60; 62); 67. Crocefisso (75; 67; 59; 63); 68. In una taverna di fumatori d’oppio (83; 68; -; 64); 69. Un delinquente pazzo (97?; 69; -; 65); 70. Una sola goccia d’inchiostro (16; 70; -; 66); 71. L’odissea di un gioiello raro (9; 71; -; 67); 72. Blanckwell, il pirata dell’East River (11; 72; -; 68); 73. Il falsamonete di Londra (12; 73; -; 69); 74. L’abito di pizzo della Regina (13; 74; ;70); 75. L’ebreo polacco (21; 75; -; 71); 76. Un ladro altolocato (22; 76; -; 72); 77. La maledizione della famiglia Robertson (48?; 77; -; 73); 78. Un medico delinquente (46; 78; -; 74); 79. Il modello del falsario (65; 79; -; -); 80. La vendetta del Bramino (94; 80; -; 75); 81. Il dottor Flax (92; 81; -; 76); 82. Il terrore di Baltimora (86; 82; -; 77); 83. Il Capitano smarrito (82; 83; -; 78); 84. Il segreto di una capanna da minatori (14; 84; -; 79); 85. Un delitto misterioso (125; 85; -; 80); 86. La donna velata (47; 86; -; 81); 87. Una notte nel castello di Windsor (66?;
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APPENDICE
87; -; 82); 88. Un caso d’ipnotismo (71; 88; -; 83); 89. Petrosino in Baviera (72; 89; -; 84); 90. La storia di un ricatto (62; 90; -; 85); 91. La vedova rossa (108; 91; -; 86); 92. Stanza numero 13 (109; 82; -; 87); 93. Bestia umana (111; 93; -; 88); 94. Il veleno di Robur Hall (126; 94; -; 89); 95. Una scommessa fatale (127; 95; -; 90); 96. Il fabbricante di diamanti (142; 96; -; 91); 97. L’attestato n. 209 (143; 97; -; 92); 98. Un delitto in un Harem (141; 98; -; 93); 99. I rapitori di fanciulle di Chinatown (136; 99; -; 94); 100. La congiura della Mano Nera (-; 100; -; 95).
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Stampato per conto di Tunué. Editori dell’immaginario presso Stampa Sud S.p.A. – Mottola (TA) nel mese di marzo 2011 Stampato in Italia – Printed in Italy
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® Valentino Cecchetti si è laureato in Letteratura italiana moderna e contemporanea alla Sapienza di Roma. È dottore di ricerca in Teoria e pratiche della comunicazione e in Scienze del testo. Ha scritto Roberto Calasso (Cadmo, 2006) e Gli studi culturali (Settecittà, 2008). Insegna storia dell’editoria e collabora all’Indice dei libri del mese.
ISBN 978-88-97165-13-2
Copertina: Mandarinoadv.com Copyright © Tunué
Euro 19,90
Generi della letteratura popolare
La letteratura popolare è un immenso calderone di storie, riviste, libri, dispense che ribolle fin dall’Ottocento. Questa narrativa pulp era straordinariamente diffusa in Europa e Nord America: generi come il poliziesco, l'orrore, il mistero, il rosa fiorirono in un mercato editoriale in continuo fermento, nel quale figure dell’immaginario come Nick Carter, Sherlock Holmes, Petrosino e autori oggi rivalutati ma al tempo considerati solo volgari parolai prezzolati (per l’Italia Emilio Salgari o Carolina Invernizio fra i tanti), venivano pubblicati in fascicoli da pochi centesimi, da una miriade di editori spesso improvvisati, a vantaggio di un pubblico avido di emozioni e di storie avventurose, consolatorie, nazional-popolari e ricolme di entusiasmanti azioni superomistiche in vario modo ideologizzate secondo una visione della società alquanto reazionaria, razzista, manicheistica, classista. Valentino Cecchetti, esperto di storia dell’editoria e delle letterature di genere, con questo completo resoconto della vicenda italiana e internazionale della narrativa popolare, ha compiuto un’operazione di enorme valore saggistico e ricomposto un mosaico di estrema complessità: il suo inventario ragionato di personaggi, autori, testate, editori, generi, è una ricerca di altissimo valore, uno strumento prezioso per gli studiosi del settore e una guida perfetta per i collezionisti, gli appassionati, gli amanti dell'editoria popolare d’antan.
Valentino Cecchetti
Generi della letteratura popolare
Feuilleton, fascicoli e fotoromanzi in Italia dal 1870 ad oggi
La paraletteratura offre un punto di osservazione privilegiato per cogliere il movimento generale del letterario in direzione extraletteraria e l’assimilazione della letteratura al sistema dell’intrattenimento mediale. […] La paraletteratura intensifica l’attenzione cosciente sui codici, dilata il campo della percezione estetica e ne allarga i confini, orientando anche le teorie della letteratura verso le categorie interpretative proprie delle comunicazioni di massa.
Valentino Cecchetti
Generi della letteratura popolare Feuilleton, fascicoli e fotoromanzi in Italia dal 1870 ad oggi Prefazione di Franco Pezzini
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® Valentino Cecchetti si è laureato in Letteratura italiana moderna e contemporanea alla Sapienza di Roma. È dottore di ricerca in Teoria e pratiche della comunicazione e in Scienze del testo. Ha scritto Roberto Calasso (Cadmo, 2006) e Gli studi culturali (Settecittà, 2008). Insegna storia dell’editoria e collabora all’Indice dei libri del mese.
ISBN 978-88-97165-13-2
Copertina: Mandarinoadv.com Copyright © Tunué
Euro 19,90
Generi della letteratura popolare
La letteratura popolare è un immenso calderone di storie, riviste, libri, dispense che ribolle fin dall’Ottocento. Questa narrativa pulp era straordinariamente diffusa in Europa e Nord America: generi come il poliziesco, l'orrore, il mistero, il rosa fiorirono in un mercato editoriale in continuo fermento, nel quale figure dell’immaginario come Nick Carter, Sherlock Holmes, Petrosino e autori oggi rivalutati ma al tempo considerati solo volgari parolai prezzolati (per l’Italia Emilio Salgari o Carolina Invernizio fra i tanti), venivano pubblicati in fascicoli da pochi centesimi, da una miriade di editori spesso improvvisati, a vantaggio di un pubblico avido di emozioni e di storie avventurose, consolatorie, nazional-popolari e ricolme di entusiasmanti azioni superomistiche in vario modo ideologizzate secondo una visione della società alquanto reazionaria, razzista, manicheistica, classista. Valentino Cecchetti, esperto di storia dell’editoria e delle letterature di genere, con questo completo resoconto della vicenda italiana e internazionale della narrativa popolare, ha compiuto un’operazione di enorme valore saggistico e ricomposto un mosaico di estrema complessità: il suo inventario ragionato di personaggi, autori, testate, editori, generi, è una ricerca di altissimo valore, uno strumento prezioso per gli studiosi del settore e una guida perfetta per i collezionisti, gli appassionati, gli amanti dell'editoria popolare d’antan.
Valentino Cecchetti
Generi della letteratura popolare
Feuilleton, fascicoli e fotoromanzi in Italia dal 1870 ad oggi
La paraletteratura offre un punto di osservazione privilegiato per cogliere il movimento generale del letterario in direzione extraletteraria e l’assimilazione della letteratura al sistema dell’intrattenimento mediale. […] La paraletteratura intensifica l’attenzione cosciente sui codici, dilata il campo della percezione estetica e ne allarga i confini, orientando anche le teorie della letteratura verso le categorie interpretative proprie delle comunicazioni di massa.
Valentino Cecchetti
Generi della letteratura popolare Feuilleton, fascicoli e fotoromanzi in Italia dal 1870 ad oggi Prefazione di Franco Pezzini