Sara Zanatta Samanta Zaghini Eleonora Guzzetta
Le donne del fumetto L’altra metà dei comics italiani: temi, autrici, personaggi al femminile Prefazione di Silvia Gherardi
Questo libro si può leggere come un racconto per immagini e voci, una storia parallela, ma non troppo, del nostro paese; o, se si preferisce, come una guida alla lettura per scovare nuovi (o vecchi) fumetti ai quali appassionarsi.
Sara Zanatta (Treviso, 1979). Laureata in Sociologia a Trento, dove sta seguendo il dottorato in Sociologia e Ricerca sociale. I suoi interessi accademici, oltre che al fumetto, si rivolgono alla serialità televisiva e alla letteratura di consumo (è co-autrice di Una galassia rosa, Franco Angeli). Samanta Zaghini (Rimini, 1976). Laureata presso l‘Alma Mater Studiorum di Bologna in Storia contemporanea. Dopo un corso di tecnico audiovisivo digitale, ora Samanta lavora in una TV privata come responsabile della programmazione. Eleonora Guzzetta (Catania, 1974). Ha compiuto studi artistici e, assecondando i propri interessi, si è laureata in Lettere moderne. Si occupa, per lavoro e per passione, di promozione culturale e di grafica pubblicitaria.
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Sara Zanatta Samanta Zaghini Eleonora Guzzetta
Le donne del fumetto L’altra metà dei comics italiani: temi, autrici, personaggi al femminile
A cura di Sara Zanatta Prefazione di Silvia Gherardi
Lapilli. Segni 17
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I edizione: settembre 2009 Copyright © Tunué Srl Via Bramante 32 04100 Latina – Italy www.tunue.com info@tunue.com Diritti di traduzione, riproduzione e adattamento riservati per tutti i Paesi.
ISBN-13 GS1 978-88-89613-36-8 Progetto grafico: Daniele Inchingoli Illustrazione di copertina: Gianni Sodano Grafica di copertina: Marco Marcucci © Tunué Stampa e legatura: Andersen Pubblicità e Marketing Via Brughera IV 28010 Frazione Piano Rosa - Boca (NO)
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Indice
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Prefazione di Silvia Gherardi Introduzione PARTE PRIMA: FUMETTE
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I Sorelle d’Italia: la donna nel fascismo a fumetti Una breve premessa storica I.1 Gli anni cruciali del regime: tra manipolazione dei media e della femminilità I.2 Le «Piccole italiane»: i fumetti per le più piccole I.2.1 La piccola italiana I.2.2 Bambine nel Corriere dei Piccoli I.2.3 Fra tavole digressive e storie di orfanelle I.3 «Piccole italiane» crescono I.3.1 Dall’America all’Italia: il caso Petronilla I.3.2 I fumetti d’avventura I.3.3 Il problema di creare un’immagine pubblica delle donne: L’Avventuroso I.3.4 La rivista 420, 1936: un anno tra immagine e realtà 1.4 Conclusioni
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II Corpi di donna: oggetti o soggetti? II.1 La censura arriva nella giungla
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II.1.1 Un salto di quasi vent’anni: perché? II.2 La curva di… Valentina II.2.1 Valentina Rosselli, professione fotografa II.2.2 Anni Sessanta II.2.3 «E prometto di esserti fedele sempre…» II.2.4 Tra sogno, maternità e psicanalisi II.3 Oggetto di chi (o di che cosa) II.3.1 «Barbarelle» d’Italia II.3.2 Sessualità violente, sessualità femminili II.3.3 Un caso a parte: Satanik II.4 Allegramente sesso II.4.1 Le avventure… erotiche di Milo Manara II.4.2 Di mascherine, sogni e maggiorate II.5 Fantasie di donne
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III (Co)protagoniste: le donne-compagne III.1 Buone maniere in Casa Bonelli III.1.1 La donna nella filosofia del West III.1.2 Per Dylan un solo incubo: l’amore III.1.3 Il detective dell’amore… possibile III.2 Il gioiello più prezioso della collezione del re III.3 Donne «Prattiane» e «Altaniane» III.3.1 Nei porti di Corto III.3.2 L’irriverenza è donna
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IV Le «Bonelle» IV.1 Il nuovo protagonismo femminile IV.2 Da Lea Martelli a Julia Kendall IV.2.1 Tra pubblico… IV.2.2 … E privato IV.2.3 Un universo al femminile IV.3 «Yattaaaa»… arriva la donna del futuro IV.3.1 Genere… sui generis IV.3.2 Donna-uomo a fumetti
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V Adolescenti di carta V.1 Valentina Melaverde: adolescente modello V.2 Non solo Winx: le adolescenti di oggi V.3 In gruppo: basta una panchina, al massimo un garage PARTE SECONDA: FUMETTARE
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VI Una riflessione sulle disegnatrici e le sceneggiatrici del mondo del fumetto italiano Premessa VI.1 Le apripista VI.1.1 Le rivoluzionarie signore Giussani: il primo fumetto «cattivo» VI.1.2 Cinzia Leone: una donna a tutto tondo VI.1.2.1 Le eroine leonine VI.1.2.2 L’esplosiva Gilda VI.1.2.3 Vanda: la star VI.1.2.4 Lola: la taxista VI.1.2.5 La parola all’autrice VI.1.3 Cinzia Ghigliano: storie di ordinaria follia VI.1.3.1 Lea Martelli VI.1.3.2 Solange VI.1.3.3 La parola all’autrice VI.2 Piccole donne (non) crescono VI.2.1 Grazia Nidasio VI.2.1.1 Valentina Melaverde VI.2.1.2 La Stefi VI.2.1.3 La parola all’autrice VI.2.2 Le WITCH e le Winx: superpoteri per superamiche VI.3 La donna multitasking VI.3.1 Laura Scarpa: Martina e le altre VI.3.1.1 Martina VI.3.1.2 Cuori di carne VI.3.1.3 La parola all’autrice
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VI.3.2
VI.4
VI.5
VI.6
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Vanessa Santato e le «ra…gatte» VI.3.2.1 Dillinger VI.3.2.2 Le «ra…gatte» sexy VI.3.2.3 La parola all’autrice L’eros al femminile VI.4.1 Giovanna Casotto VI.4.1.1 Le opere e le fantasie delle eroine VI.4.2 Cristina Fabris VI.4.2.1 Fetish, un biglietto di sola andata per il paradiso terrestre VI.4.2.2 La parola all’autrice VI.4.3 Fantasie femminili in «Blue» VI.4.3.1 Una digressione: il sesso e le donne Un mondo «naïf» VI.5.1 Vanna Vinci: una donna filosofica VI.5.1.1 Le eroine VI.5.1.2 Un magico mondo reale VI.5.1.3 La bambina filosofica VI.5.2 Dall’Oriente con amore: Keiko Ichiguchi VI.5.2.1 M’ama non m’ama L’umorismo rosa VI.6.1 Ellekappa: una donna in prima linea VI.6.1.1 Le donne di LK VI.6.2 Silvia a quel paese VI.6.2.1 Alice VI.6.2.2 Lucrezia VI.6.2.3 La parola all’autrice VI.6.3 Riso amaro Le tipe toste VI.7.1 Deco VI.7.1.1 Le zitelle d’inchiostro VI.7.1.2 La parola all’autrice VI.7.2 Nicoz: «io ballo da sola» VI.7.2.1 Nicozrama: un fumetto a più livelli VI.7.2.2 La parola all’autrice
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VI.7.3 Mabel Morri VI.7.3.1 Donne comuni VI.7.3.2 La parola all’autrice Per riassumere
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Rivoluzioni gioiose (una non-conclusione)
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Riferimenti bibliografici
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Prefazione di Silvia Gherardi 1
Sarà vero che il mondo a fumetti è sempre un po’ speciale? Gli appassionati del fumetto non hanno dubbi a proposito… a tutti gli altri raccomando la lettura di questo libro, per trovare una loro risposta a questa domanda e per poter essere in grado di comprendere coloro che dubbi non ne hanno! Di sicuro questo è un libro molto particolare, in cui le tre autrici fanno parlare le «fumette» e le «fumettare». Queste ultime sono le disegnatrici e le sceneggiatrici dell’industria del fumetto, cioè le donne che mettono al mondo le eroine dei fumetti. Rispetto a queste donne, le autrici del libro sembrano mosse da una curiosità un poco impudica: quale rapporto hanno le «donne di carta» con le loro creatrici? e le «donne di carne» che rapporto hanno con il modo in cui producono rappresentazioni della femminilità? Il libro risponde a entrambe le domande in modo appassionante e indiretto, facendo vedere più che dicendo, e pertanto saranno i lettori a trovare le loro risposte a seconda delle modalità di lettura e di riflessione che il libro stimolerà in loro. Nel presentare il volume io vorrei rendere esplicita una terza chiave di lettura che, sebbene presente e strutturante la discussione, potrebbe rimanere nell’ombra. Infatti le autrici descrivono le tante femminilità del fumetto e le situano nel loro contesto culturale di produzione e di consumo e, così facendo, sollecitano una riflessione su come la rappresenta1 Silvia Gherardi è professore ordinario presso la facoltà di Sociologia dell’Università di Trento, dove insegna Sociologia del lavoro. Nella sua attività di ricerca si è occupata in particolare del rapporto tra genere e organizzazioni, di apprendimento organizzativo e dell’introduzione delle nuove tecnologie nei contesti lavorativi. Tra le sue ultime pubblicazioni si segnalano in particolare Il genere e le organizzazioni (1998), Donna per fortuna, uomo per destino (2003, con Barbara Poggio) e Studiare le pratiche lavorative (2007, con Attila Bruni).
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PREFAZIONE
zione dei rapporti di genere sia rapidamente e radicalmente cambiata nel nostro paese nell’arco di mezzo secolo. La narrazione a fumetti, proprio per la specificità di questa forma narrativa, consente di guardare alle rappresentazioni del femminile in maniera molto più efficace e sintetica in confronto ad altri mezzi espressivi. Le «donne di carne» che questo libro coinvolge sono anche le lettrici, che possono ri-conoscere e ri-conoscersi nelle varie forme delle femminilità rappresentate e ritrovare nel proprio vissuto le atmosfere culturali di certi periodi storici che hanno personalmente attraversato in veste di protagonista o di spettatrice. Personalmente, ad esempio, la Valentina di Guido Crepax mi riporta alle inquietudini dell’essere giovane donna e femminista alla ricerca di una libertà espressiva collettiva contro un certo perbenismo, e al contrario Valentina Melaverde di Grazia Nidasio mi riempie di curiosità nel cercare di spiare, attraverso i fumetti, una generazione di giovani donne alle quali non ho un accesso diretto. Rappresentazioni di femminilità, queste, che sono situate nel clima culturale e storico in cui i rapporti di genere nella nostra società sono rapidamente cambiati. I capitoli del libro ricostruiscono ciascuno un grande affresco di femminilità e di maschilità. Nel primo capitolo ad esempio le donne disegnate riportano il clima degli anni del fascismo, in cui le donne erano innanzitutto mogli, madri, nonché sostegno della patria. Il contrasto con il secondo capitolo non potrebbe essere più grande: la rappresentazione dell’erotismo unisce l’anelito alla libertà con la materialità della carne, del sogno e dell’immaginario che travalica i confini tra il reale e il desiderato o temuto. Il fumetto, proprio per la natura del mezzo, ha dato voce e legittimità narrativa all’erotismo come espressione della ricerca di autonomia che irrompeva nei rapporti di genere a seguito della rivoluzione sessuale e del femminismo libertario. La rappresentazione del femminile consente di esprimere l’immagine della donna non solo come oggetto di piacere, ma anche come soggetto e soggetto trasgressivo. Negli anni in cui nel nostro paese faticosamente si cercavano (e tuttora si cercano), si negoziavano e si affermavano rapporti di genere meno tradizionali e più paritari, ecco apparire le eroine-compagne, coprotagoniste e solidali. Il terzo capitolo illustra questo tipo di rappresentazione
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della femminilità, che preannuncia quello del quarto, in cui le «donne di carta» sono sempre più vicine alle donne «vere», donne complesse, autonome, professionalmente affermate e che, in modo adulto, narrano tanto una vita pubblica, quanto una privata. Questo capitolo offre uno spaccato esemplare dell’allora emergente fenomeno che nel nostro paese è stato chiamato l’essere single, mutuando dall’inglese un termine che potesse designare una nuova condizione sociale. La donna single racchiude un immaginario di autorealizzazione e di autonomia. Infine il quinto capitolo presenta la femminilità delle adolescenti di oggi, che sembrano non aver legami con le donne che le hanno precedute. La loro adolescenza è fatta di musica a tutto volume, abiti e acconciature bizzarri, un linguaggio che crea un muro con il mondo normativo degli adulti e protegge uno spazio di sperimentazione e di interrogazione. Nel loro mondo il maschile e il femminile si confondono, i confini sono più sfumati e la complementarità sembra farsi strada. A fronte quindi delle tante atmosfere che le varie rappresentazioni dei rapporti di genere mettono in scena, le autrici interrogano le donne, sceneggiatrici e disegnatrici, che le hanno create e sembrano chiedere loro se ne avessero avuta consapevolezza e intenzionalità. La lettura del sesto capitolo è appassionante proprio perché dà una risposta ambigua a questo quesito. Le «fumettare» parlano del loro mestiere e delle loro creazioni in quanto prodotti di un’epoca e di uno spirito di un’epoca in cui la ricerca di una cifra e l’interpretazione di un contesto sono certo un prodotto dell’intenzionalità e quindi della professionalità, ma anche l’espressione di un inconscio collettivo e di una storia che si fa nel mentre che la si descrive. Forse in questo risiede l’essere speciale del fumetto, nella sua presa diretta con l’immaginario quotidiano e il suo rapido cambiamento polimorfico.
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LE DONNE DEL FUMETTO
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Introduzione
Scrivere un libro insieme senza essersi mai viste. Unire tre storie, tre stili, tre punti di vista. E ritirare fuori dal cassetto le nostre tesi di laurea, gli appunti, i libri e le notti insonni di qualche anno fa. È stato un po’ come incontrare un amore dell’infanzia al parco, riconoscersi, salutarsi, sedersi sull’erba e dopo un breve imbarazzo iniziale stare lì a raccontarsi pezzi e anni di vita, ricordare volti e aneddoti. E accorgersi che è come se il tempo si fosse fermato. Questo è successo anche a noi con i fumetti che avevamo stipati da qualche parte, fra un trasloco e l’altro. Ci siamo sedute, abbiamo aperto le scatole, accarezzato le copertine, annusato le pagine e ripreso il discorso da dove l’avevamo interrotto. E tra un dialogo e l’altro con le pagine disegnate, ci siamo scritte lunghe e-mail, abbiamo parlato al telefono, e due di noi si sono anche incontrate, in mezzo al caos primordiale di Lucca Comics & Games 2007. Insomma, è stata una bella sfida, e questo libro è il risultato dei tanti monologhi con i nostri personaggi di carta preferiti. Eh già, perché il fumetto ha in Italia una storia ormai secolare e parlarne significa fare delle scelte, tirare fuori dal mucchio dei nomi, e farsi trasportare, quasi senza rendersene conto, dal cuore. Il nostro approccio vuole essere «aperto» a più discipline, nel rispetto dei diversi percorsi accademici di ciascuna di noi: il testo si avvale infatti di strumenti mutuati dalla sociologia della cultura, dagli studi sui media e da quelli di genere, dall’analisi testuale, dalla teoria femminista, dagli studi storici. Gli obiettivi che principalmente ci siamo poste sono di due tipi. Innanzitutto, si è cercato di indagare i modi in cui sono state immaginate e poi raffigurate le donne di carta nel corso della densa storia del fumetto italiano, di cogliere ruoli, modelli e stereotipi che sono
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stati loro attribuiti così da delineare un mosaico di corrispondenze o di «eccedenze» (nel senso latino di ‘andare fuori’) tra la condizione femminile a strisce e quella «vera». Successivamente, abbiamo riflettuto sulle donne che svolgono la professione di fumettiste e sui diversi modelli di identificazione che hanno proposti e propongono, alla luce anche dei cosiddetti ricorsi al «tipico» e al «topico».1 Abbiamo quindi ripercorso le loro biografie e analizzato i loro personaggi più fortunati, interrogandoci sulle differenze che ci sono, se ci sono, tra un pennino maschile e uno femminile, entrambi impegnati a sagomare una donna, a farla parlare e agire in un certo modo. Questo libro non si rivolge unicamente agli appassionati di fumetto o a chi conosce bene i personaggi e gli autori nominati: è pensato anche per coloro che non hanno dimestichezza con il mezzo ma sono semplicemente incuriositi dalla tematica, e per chi più in generale si occupa di studi di genere o di mass media. La speranza è che lo si legga come un racconto per immagini e voci, una storia parallela, ma non troppo, del nostro paese; o, se si preferisce, come una guida alla lettura per scovare nuovi (o vecchi) fumetti ai quali appassionarsi. Dovendo dare una forma alle nostre riflessioni, abbiamo deciso innanzitutto di suddividerle in due parti, inevitabilmente comunicanti tra loro: le donne di carta, anzi le fumette, ovvero Eva Kant e le sue sorelle, nonne e cugine, create sia da mani maschili che femminili, e le donne «di carne», che abbiamo preferito chiamare «fumettare»,2 quindi, sempre a proposito di sorelle, dalle Giussani in poi, tutte coloro che hanno intrapreso la strada lavorativa del fumetto. Partiamo dalle prime. Applicare la categoria di genere (femminile/maschile) al fumetto come forma narrativa non significa solo osservare da vicino situazioni e caratterizzazioni psicologiche definite dall’appartenenza
1 Rossella Laterza – Marisa Vinella, Le donne di carta. Personaggi femminili nella storia del fumetto, Bari, Dedalo, 1980, pp. 9-10: per «tipico» si intende la «creazione di personaggi esemplari di una concezione del mondo, universalmente riconoscibili» e per «topico» la «creazione di personaggi femminili facilmente intercambiabili, di immagini confezionate», portatori cioè di messaggi di stampo conservatore. 2 Il termine naturalmente è goliardico e non offensivo; del resto ci sono numerose fumettiste, al pari di altrettanti colleghi maschi, che si autodefiniscono precisamente «fumettare» o «fumettari».
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sessuale, ma implica anche «studiare le diverse accezioni di maschile e femminile, che variano storicamente e si applicano in modo diverso a uomini e donne, considerati di volta in volta poco o troppo maschili, oppure poco o troppo femminili, a seconda dei valori dell’epoca»,3 e rilevare se e quanto risulti ribadita la funzione di riproduzione del consenso delle comunicazioni di massa, in quanto veicolatrici di rappresentazioni stereotipate. Lo stereotipo infatti si rivela uno strumento concettualmente utile per l’analisi dei ruoli sessuali, anche in rapporto al fumetto, perché permette di riscontrare quali siano quelle rappresentazioni stilizzate del femminile condivise da determinati gruppi o dalla società in generale in modo così massiccio da divenire credenze di senso comune, spesso pregiudiziali e resistenti al cambiamento. Ciò vale sia come sistema di categorizzazione – quando lo stereotipo rinvia a «processi psicosociali di costruzione, valutazione e memorizzazione di categorie sociali» ed è teso a «preservare l’autostima e un’immagine positiva di sé e del proprio gruppo» – sia come sistema di rappresentazione – quando invece rimanda a «processi cognitivi che possono essere visti, a seconda dei modelli, come schemi, reti associative, esemplari o prototipi».4 In questa prima parte, dunque, sono state raccolte, lungo un’ideale linea cronologica, le fumette italiane più significative, per caratteristiche psicologiche, successo editoriale, o per la loro carica innovatrice. Le bambine, adolescenti e signore del fascismo, in generale silenziose e disponibili, combattive e pronte alla chiamata (Capitolo I), espressione di un atteggiamento contraddittorio nei confronti del femminile poiché da una parte il fascismo voleva le donne ubbidienti, mentre dall’altra, nel dare loro l’alto compito di educatrici, le faceva assurgere a una posizione preminente per quanto concerneva la formazione dell’individuo e la politica di incremento demografico. Si trattava di contraddizioni proprie della società italiana di quegli anni, che si acuivano nel confronto con la società di massa del capitalismo americano e del cinema hollywoodiano. Le protagoniste del cal-
3 Luisa Passerini, «Introduzione a una storia delle donne nell’Italia degli anni Sessanta e Settanta», in Nicola Tranfaglia (a cura di), Crisi sociale e mutamento dei valori. L’Italia negli anni Sessanta e Settanta, Torino, Tirrenia, 1989, p. 234. 4 Ivi, p. 73.
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derone erotico, unite dal cosiddetto stile «preistorico»5 ma divise per personalità, gradi di perversione e tratto grafico-narrativo (Capitolo II). La schiera di donne-ombra o presunte tali, a braccetto dei loro compagni, amici, colleghi, veri titolari delle storie (Capitolo III). Quelle che qui si è pensato di chiamare affettuosamente «Bonelle», le donne di carta dell’editore Sergio Bonelli, che ci raccontano qualcosa di più di noi donne contemporanee (Capitolo IV). E infine le giovanissime che riempiono della loro vivace presenza tavole piene di fantasia, humour, dilemmi adolescenziali, tematiche sociali (Capitolo V). Poi ci sono loro. Le donne che hanno fatto del fumetto un lavoro, che si sono ritagliate uno spazio su misura in un ambiente lavorativo tradizionalmente maschile. Anche qui l’idea è stata quella di dare vita a un collage di volti: dalle madrine del fumetto, che ai tempi in cui iniziarono a disegnare e sceneggiare storie erano delle mosche bianche, a quelle che potremmo definire donne multitasking, per la fluidità con cui passano da un genere all’altro; dalle amanti dell’eros (con relativa conversazione con la sessuologa Tania Bianchi, in merito alle fantasie in rosa), passando attraverso le umoriste, le romantiche, le tipe «toste», ovvero le più giovani, appartenenti al nuovo mondo del fumetto cosiddetto alternativo; fino a coloro che si sono servite di questo medium come di una terapia (contro mali fisici, talora incurabili). Molte di queste «fumettare» si sono prestate a una breve intervista sul tema «donna e fumetto» e ci hanno dato così la possibilità di raccontare un mondo attraverso le parole di chi lo percorre quotidianamente, da molto o poco tempo, tra chi si trova a proprio agio e chi dà tutto per scontato, chi ha dovuto lottare e chi ancora sta lottando… Il fatto che l’emancipazione della donna sia stata, storicamente parlando, un viaggio lento e tutt’altro che lineare, ha reso questo percorso attraverso il mezzo fumettistico altrettanto complesso; valga la riflessione di Simone De Beauvoir a rendere l’idea e a introdurci nel testo, con le prime eroine disegnate made in Italy, quelle in camicia nera: Dalila o Giuditta, Aspasia o Lucrezia, Pandora o Atena, la donna è insieme Eva e la Vergine Maria. È un idolo, una schiava, la sorgente della vita, una 5 Così Marta Boneschi, Santa pazienza. La storia delle donne italiane dal dopoguerra a oggi (I ed. 1998), Milano, Mondadori, 1999, p. 207, definisce la pratica del nudismo.
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potenza delle tenebre; è il silenzio elementare della verità, è artificio, chiacchiera e menzogna; è la preda dell’uomo e la sua confusione, è tutto ciò che egli non ha e che vorrebbe avere, la sua negazione e la sua ragion d’essere.6
Nota sulla stesura del volume Eleonora Guzzetta ha scritto il Capitolo I; Sara Zanatta ha scritto i Capitoli IIIII-IV-V e le Conclusioni; Samanta Zaghini ha curato la seconda parte del libro, sia per la stesura del Capitolo VI sia per le interviste, e ha inoltre scritto il Paragrafo III.3.2. L’Introduzione è stata redatta insieme dalle tre autrici.
Ringraziamenti Immensamente ringrazio i miei genitori per avermi sempre appoggiata e aver sostenuto le mie passioni. Ringrazio Santo per la pazienza con cui tollera il poco tempo che dedico alla nostra vita. Ringrazio Barbara e Fabio per aver reso più facile la mia ricerca durante i «giorni milanesi» e Jole per la compagnia e le amicizie culinarie fiorentine. Ringrazio il professor Gaetano Compagnino – non più tra noi – per aver permesso la follia della mia tesi di laurea e per le sue magnifiche lezioni universitarie. Ringrazio tutti gli amici che mi hanno incoraggiata a non mollare, Alessandra per i suoi consigli, Marta per i suoi sorrisi, e tutti gli altri che qui non ho lo spazio di nominare. Eleonora Guzzetta Desidero ringraziare per la preziosa collaborazione: Matteo, per gli innumerevoli fumetti prestati e «consumati», l’immensa pazienza… e soprattutto perché se non fosse stato per lui, non avrei mai scoperto la bellezza di questo medium. Tutte le autrici che hanno collaborato a questo progetto, in particolar modo Cinzia Leone, per la grande disponibilità e i suoi suggerimenti… Tania Bianchi e le nostre chiacchierate notturne molto stimolanti. La Nini che mi ha sempre consi-
6 Simone De Beauvoir, Le deuxième sexe, Paris, Gallimard, 1949 (trad it. Il secondo sesso, Milano, Il Saggiatore, 1975, pp. 187-91).
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gliata, ma soprattutto sopportata! La mia mamma e il mio babbo che con il loro affetto sono sempre stati i miei più grandi sostenitori. Samanta Zaghini Desidero ringraziare innanzitutto i miei genitori, per tutte le pizze mangiate insieme parlando dei miei progetti e perché non hanno mai smesso di crederli possibili. Andrea per «la vita che verrà», per avermi fatto attingere (quasi) liberamente al suo tesoro fumettistico e per il prezioso aiuto nella fase di assemblaggio finale di questo testo. Paola, il mio «PACS», per la pazienza con cui segue i miei deliri esistenziali. Il popolo trentino che mi ha adottata, «coccolata», sopportata e con il quale condivido le sorti di un futuro piacevolmente incerto. I miei compagni di dottorato, quelli del cordone di sopravvivenza del XXII ciclo, e le mie amiche della «Treviso da bere», perché quando torno mi fanno sempre sentire a casa. Tutti coloro che, innominati, hanno attraversato e attraversano la mia vita condividendo con me aperitivi e caffè, lacrime (tante) e risate (altrettante). Un ringraziamento speciale, infine, va al professor Luigi Del Grosso Destreri, che mi ha seguita nel percorso della tesi di laurea e che continua a regalarmi le sue perle di cultura, e alla professoressa Silvia Gherardi, perché rappresenta con tenacia l’ancora esigua «quota rosa» del mondo accademico e per aver curato la prefazione di questo libro. Dedico questo lavoro a Marco e Pietro, che camminano nel sole. Sara Zanatta Desideriamo infine ringraziare Marco Pellitteri per aver fatto incrociare le nostre strade (e le relative Z dei nostri cognomi) e aver così reso possibile questo lavoro corale.
Catania – Rimini – Treviso settembre 2009
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Parte I FUMETTE
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Mafalda e il suo pensiero sulle donne. Quino, Mafalda, Roma, L’Espresso, 2003. Š Joaquin S. Lavado / Caminito S.a.s.
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III. (Co)protagoniste: le donne-compagne di Sara Zanatta
Figure sfuggenti, nascoste, dotate di poco rilievo o scarsamente autonome nell’azione; sfocate e in secondo piano: sono le comprimarie. La rappresentazione della donna come spalla di un protagonista (maschile) è particolarmente diffusa nella letteratura occidentale: Gabriella Seveso riconosce che tradizionalmente al maschio sono riservati i ruoli avventurosi mentre le donne sono colte in una dimensione più statica, private dunque di quello spazio così ricco di valenze simboliche (il viaggio, la libertà di scoprire e conoscere, l’iniziazione) che è, appunto, l’Avventura. La carta stampata con i romanzi e i fumetti, e la televisione, i giochi e i giocattoli,1 contribuiscono a un proposito, più o meno esplicito e consapevole, di suddivisione dei ruoli, per cui accanto a indomabili eroi compariva puntualmente qualche personaggio femminile per cui battersi o di cui innamorarsi. Il copione «rosa» era piuttosto rigido e poco gratificante per il gentil sesso, che si ritrovava a doversi rispecchiare in personaggi dotati di una bellezza e di un fascino indiscutibili, ma legati a un destino poco aperto alle novità, all’imprevisto e alla scelta. Nella storia del fumetto si possono rintracciare senza difficoltà figure femminili sovrastate dal protagonista maschile, siano queste le fidanzate fedeli e sottomesse, che accettano senza rimpianti di essere compagne di eroi tanto invadenti da attirare prioritariamente su di loro l’attenzione del
1 Oltre alla distinzione, peraltro non del tutto superata, tra giocattoli per bambine e per bambini, può risultare utile il contributo di Anna Oliverio Ferraris, che, analizzando il fenomeno psicologico infantile dell’amico immaginario, riscontra come questo compagno rassicurante sia più frequentemente di sesso maschile, proprio perché con «lui» si possono inventare avventure emozionanti e affrontare situazioni di pericolo. Tra le autrici che si sono occupate di differenza in questi termini cfr. anche Simonetta Ulivieri, Educare al femminile, Pisa, ETS, 1995.
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pubblico, oppure le belle e dannate, pronte a raggirare l’eroe con le armi della seduzione. Le donne-comparsa per eccellenza restano indiscutibilmente quelle del fumetto avventuroso americano degli anni Trenta, bambolette da esposizione al fianco delle quali l’eroe può ostentare la propria virilità: tra le eterne fidanzate si ricordano Dale, compagna appiccicosa di Flash Gordon;2 Diana Palmer, donna coraggiosa che si trasforma in un’annoiata «signorina-bene»;3 la Narda di Mandrake, «romantica, svenevole e casta»;4 ma anche l’Olivia di Braccio di Ferro.5 Destino simile tocca alle «paperine» e «topoline» disneyane e, in Italia, alle donne appena accennate in Tex, alla bionda e gelosissima Diana Lombard, fidanzata e poi moglie di Martin Mystère, alle muse che Hugo Pratt affianca a Corto Maltese. Non si pensi comunque che tutte le coprotagoniste siano state poco più di un abbellimento alla vignetta: significativa è, ad esempio, la presa di posizione da parte di Susan Storm, del gruppo dei Fantastici Quattro,6 quando decide di allontanarsi dal marito Reed, reo di aver colpito il loro figlio Franklin con un’arma sperimentale, allo scopo di bloccarne gli ormai incontrollabili poteri mutanti. Di fatto gli sceneggiatori della saga hanno proiettato in lei le istanze che, nel mondo reale, venivano promosse dai movimenti femministi:
Per le informazioni editoriali sul personaggio si rimanda al Paragrafo II.3. Diana Palmer (italianizzata in Palmesi nelle edizioni Nerbini), creata da Lee Falk e Ray Moore, è un’ex tuffatrice olimpionica e conosce l’Uomo Mascherato (The Phantom) a bordo di un transatlantico di lusso: era il 1936 sul New York American Journal, l’eroe la salva da una banda di rapinatori. «Con il passare degli anni, questo personaggio a poco a poco si è trasformato: da donna decisa e padrona di sé è diventata una sofisticata ragazza dell’alta borghesia americana, che spesso si annoia perché non sa come impiegare il tempo in attesa del ritorno del fidanzato e si caccia nei pasticci al pari di una qualunque sprovveduta provincialotta». G. Strazzulla, op. cit., p. 270. Diana è dunque un chiaro esempio di come la controparte femminile, nel fumetto d’avventura della prima ora, dovesse annullarsi dietro al proprio compagno. 4 R. Laterza – M. Vinella, op. cit., p. 55. Il personaggio di Narda apparve per la prima volta nel 1934 nel secondo episodio delle avventure di Mandrake, sul New York American Journal, e fu ideata da Lee Falk (testi) e Phil Davis (disegni). Il fumetto, diffuso in tutto il mondo, comparve in Italia nel ’35 su L’Avventuroso, per essere poi diffuso dal ’69 come testata mensile dai Fratelli Spada. 5 Olive Oyl (Olivia) fu creata nel 1919 dal disegnatore americano Elzie Crisler Segar: era la protagonista, insieme al fratello (Castor Oyl) e al primo fidanzato (Ham Gravy), della striscia giornaliera The Timble Theatre sul New York Evening Standard. Solo dieci anni più tardi (il 17 gennaio 1929) le fu affiancato Popeye (Braccio di Ferro), che divenne in breve tempo l’indiscusso protagonista. 6 Creata nel 1961 da Stan Lee e Jack Kirby per la Marvel Comics; in Italia, la serie esordì per la Editoriale Corno a partire dal 1971. 2 3
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la consapevolezza di poter generare vita laddove il Maschio può solo distruggerla (da qui la sua giustificabile rabbia di madre), la necessità di una crescita personale e indipendente dalle regole, sovente mortificanti, vigenti nella Famiglia-tipo, l’affermazione della Donna nelle dinamiche produttive della società capitalistica contemporanea, in equa competizione con l’Uomo dominante;7
in un crescendo di modelli alternativi che, pur lasciandola in secondo piano e definendola solo in base al suo rapporto con l’uomo, la spingono al centro di una scena che imparerà a fare propria.
III.1 Buone maniere in casa Bonelli Nella storia del fumetto seriale targato Bonelli le donne non sono mai mancate: le tavole abbondano infatti di figure femminili, ora personaggi fuggevoli, ora presenze quasi fisse, ora vere e proprie spalle. Spesso appare al fianco dell’eroe bonelliano una compagna, dapprima una persona «speciale» con la quale poi il rapporto si consolida puntata dopo puntata: ad esempio Violet McGraw, giornalista dell’Herald, intelligente e di grande fascino, che fa capitolare il detective Nick Raider,8 tendenzialmente restio ai legami duraturi e piuttosto propenso a brevi flirt, portandolo all’altare; Marie Velasco, ispettrice di polizia a Marsiglia, che ha un debole, di lunga data e naturalmente ricambiato, per Demian,9 dal quale alla fine aspetterà anche un bambino; come pure la formosa Norma che gestisce un bar ed è quasi fidanzata con Leo Pulp,10 anche se lui è convinto (o meglio vuole convincersi) di frequentarla solo per opportunismo. 7 Alessandro Di Nocera, Supereroi e superpoteri. Storia e mito fantastico nell’America inquieta della Guerra Fredda, Roma, Castelvecchi, 2000, p. 106. L’episodio qui citato, La fine dei Fantastici Quattro, è il n. 141 del dicembre 1973 (in Italia invece è il n. 139 del dicembre 1976), mentre la riconciliazione tra Reed e Susan avviene in Guerra al 36° piano, il n. 149 del luglio 1974 (in Italia, n. 148 dell’aprile 1977). 8 Creato da Claudio Nizzi, viene pubblicato dal giugno 1998 al gennaio 2005 (l’ultimo episodio è Progetto Dakota). 9 La seconda miniserie della Sergio Bonelli Editore (dopo Brad Barron di Tito Faraci), realizzata da Pasquale Ruju, è nata nel maggio 2006 e si è conclusa con il numero 17 (Scelte sbagliate). 10 Soggetto e sceneggiatura sono di Claudio Nizzi, mentre della parte grafica si è occupato Massimo Bonfatti: ne sono usciti tre soli numeri (La scomparsa di Amanda Cross nel giugno del 2001; I delitti di Sunset Boulevard nel marzo 2005; Il caso della magnolia rossa nel giugno 2007).
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Mary Ford, collega di Nick Raider. Immagine tratta dal sito Sergiobonelli.it, nella pagina di presentazione degli amici del protagonista. © Sergio Bonelli Editore
Questi personaggi, oltre ad avere vicino una donna da amare nonostante la loro scorza da duri, sono sovente affiancati da compagne in termini professionali, colleghe o amiche pronte ad aiutarli nelle loro avventure/indagini/imprese: restando in casa Raider, si possono ricordare Mary Ford, ex fiamma di Nick che continua a stravedere per lui, e la caparbia Sarah Himmelman, ex poliziotta poi investigatrice privata, che gli dà una mano nei casi più difficili; mentre Jonathan Steele11 è legato a Myriam – prorompente principessa di un regno fatato, spirito libero e solare, che non si fa scrupolo a usare il suo gradevole aspetto fisico – e a Jasmine, potente maga, più riflessiva e posata della sua socia dell’Agenzia di Investigazioni Magiche (le due saranno anche protagoniste dello Speciale Agenzia Incantesimi).12 Poi ci sono le madri, le zie, le governanti, le donne mature che coccolano l’eroe: le tre zie che si sono prese cura del piccolo Harlan Draka in 11 Personaggio nato dalle menti di Federico Memola e Teresa Marzia, è stato pubblicato dalla casa editrice Bonelli dall’aprile del 1999 fino al luglio del 2004. Nell’agosto dello stesso anno la Star Comics pubblica un numero 0, Racconti Perduti, e a novembre inizia la seconda serie regolare, sempre curata da Memola e Marzia, conclusasi nel marzo 2009 col il numero 53, Il futuro di Atlantide. 12 In Agenzia Incantesimi, Speciale Jonathan Steele, n. 1, ottobre 2005, Bosco (PG), Star Comics, Federico Memola, ai testi, così spiegava questa scelta editoriale: «ho sempre desiderato poter scrivere delle storie ricche di glamour e di ironia in cui Myriam e Jasmine fossero protagoniste assolute, ed è esattamente quello che sono finalmente riuscito a fare in questa collana annuale in cui Jonathan, cavallerescamente, si limiterà al ruolo di ospite».
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Dampyr;13 Margareth D’Arkness, l’energica madre del malinconico Brendon,14 che porta avanti la famiglia dopo la morte del marito grazie al lavoro di sarta e alla coltivazione del campo dietro casa; la signora Simenon, una specie di governante svizzera, affezionatissima a Napoleone,15 che a sua volta la considera un angelo del focolare. Ma c’è anche chi ha una donna in ogni porto, e non penso solo a Dylan Dog: in Dampyr, quasi tutte le donne giovani sono attratte dal protagonista, a partire dalla sua alleata non-morta Tesla, bella e grintosa, ispirata fisicamente ai tratti spigolosi di Annie Lennox, passando per Sophie Mutter, conosciuta ai tempi dell’università (quando lei era una studentessa e lui si fingeva professore) fino ad Hanneke, bionda poliziotta belga che lo crede uno scrittore; senza dimenticare le donne di Mister No16 (qui, piuttosto, una in ogni aeroporto), assolutamente indipendenti nonostante la serie sia ambientata negli anni Cinquanta, come l’archeologa nordamericana Patricia Rowland, che spesso lo porta alla scoperta di antiche rovine, o Madalena, Irene e Maria, che gestiscono un bar a Belèm, o ancora Darlene Faithful, ragazza madre conosciuta a New York con la quale nasce un’intensa storia d’amore, interrotta dalla partenza forzata di Jerry (vero nome di Mister No). In questo Paragrafo sono stati scelti tre modi diversi di raccontare le donne non protagoniste nel fitto mondo bonelliano attraverso i fumetti di tre personaggi storici del gruppo: il primo eroe della casa milanese, uno dei personaggi più noti e amati del nostro fumetto, Tex Willer,17 ranger e agen-
Soggetto di Mauro Boselli e Maurizio Colombo, in edicola dall’aprile del 2000. In edicola da giugno del 1998, è stato creato da Claudio Chiaverotti. Il personaggio di Carlo Ambrosini è durato da settembre del 1997 a luglio del 2006. 16 È lo stesso editore Sergio Bonelli, con lo pseudonimo di Guido Nolitta, a creare nel giugno del 1975 il pilota nordamericano; l’ultimo numero della serie regolare risale a dicembre 2006, mentre continua la pubblicazione di due speciali all'anno. Bonelli figlio racconta nel corso di un’intervista come gli fosse sembrato inevitabile dare spazio alla donna nelle tavole di Mister No, dopo averla messa da parte, ad esempio, in Zagor: «tutte le belle ragazze – spiega infatti l’autore – incontrate occasionalmente sottolineano la natura spensierata del personaggio. […] E per non scivolare nei soliti stereotipi, mi sforzo di raccontare le compagne del nostro con luci e ombre. Insomma, grazie a Mister No posso permettermi di rappresentare alcuni lati dell’universo femminile poco visti dalle parti del fumetto seriale», Franco Busatta, Come Tex non c’è nessuno. Storia di un eroe e del suo editore, Bologna, PuntoZero, 1998, p. 99. 17 Nasce nel settembre del 1948 dalla fantasia di Gian Luigi Bonelli e dal pennino di Aurelio Galleppini, che si firma Galep. Attualmente, le collane a lui dedicate sono quattro: Tex Gigante (iniziata nel 1958), che propone una storia inedita ogni mese (prima trimestrale, divenne mensile dal 1963); 13 14 15
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te governativo di una riserva degli indiani Navajo, che fu un vero e proprio fenomeno culturale, per «la potenza esotica sprigionata da queste opere seriali western, negli anni Quaranta e Cinquanta, in un Paese da ricostruire materialmente, socialmente e moralmente e in cui per i più l’idea del viaggio, dei grandi spazi e dell’America era solo una grande chimera»;18 il più bello di via Buonarroti, quel Dylan Dog19 cittadino della City londinese, ex alcolista, mediamente fobico (non ama viaggiare in aereo e soffre di vertigini), che suona il clarinetto e lavora (da sempre) al modellino di un galeone spagnolo; e infine, colui che è unanimemente considerato il più colto tra i fumetti popolari italiani, Martin Mystère,20 alto, biondo e affascinante, con un curriculum da dotto più che da agile sportivo. III.1.1 La donna nella filosofia del West «A nostra memoria nessun altro eroe dei fumetti è così imbranato e bacchettone, e perfino chi lo era all’inizio, come Li’l Abner, col passare del tempo si è dato una svegliata e ha scoperto le gioie del sesso».21 Così Claudio Paglieri presenta il rapporto di Tex Willer con le donne in un capitolo intitolato, non a caso, «Nei secoli fedele», mentre Gabriella Seveso non sembra badare troppo allo scarso savoir faire del ranger, quando sostiene che «la più eclatante manifestazione della negazione del femminile è probabilmente costituita da Tex».22 Beninteso, le donne non mancano ma fanno giusto in tempo ad ambientarsi agli angusti spazi delle viTex Tre Stelle, ristampa di Tex Gigante; Tutto Tex, seconda collana di ristampe (quindicinale dal 1985) e Tex Nuova Ristampa, collana mensile in edicola dal febbraio 1996. Negli ultimi anni si sono aggiunte anche pubblicazioni speciali, per lo più a cadenza annuale, come l’Almanacco del West con materiale informativo sul mondo della frontiera, lo Speciale Tex (il famoso Texone, firmato da illustri fumettisti esterni alla casa editrice), e il Maxi Tex (dal formato identico a quello della serie regolare, ma con un numero superiore di pagine, circa 300). 18 Marco Pellitteri, Mazinga Nostalgia. Storia, valori e linguaggi della Goldrake-generation, Roma, Castelvecchi, 1999, p. 82. 19 È stato creato nel 1986 dallo sceneggiatore Tiziano Sclavi e Claudio Villa (anche se la prima storia pubblicata è stata disegnata da Angelo Stano); alcune storie brevi a colori sono apparse anche su Comic Art da gennaio del 1990, mentre l’anno successivo è stato creato anche un gioco di ruolo. 20 La serie è stata ideata da Alfredo Castelli e Giancarlo Alessandrini, rispettivamente ai soggetti e ai disegni, nel 1982. 21 Claudio Paglieri, Non son degno di Tex. Vita, morti e miracoli del mitico ranger, Venezia, Marsilio, 1997, p. 65. 22 G. Seveso, op. cit., p. 52.
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gnette, che già scompaiono risucchiate dalla fine della storia; «tutte bellissime e non di rado con le procaci grazie maliziosamente evidenziate da vestiti scollati, abiti aderenti o gonne cortissime»,23 sia le dark ladies che le «sante» subiscono il fascino dell’eroe che per le prime rappresenta un nemico, per le seconde un salvatore. E proprio su questo binomio angelo-demonio si gioca tutto il femminile texiano: un dualismo ben sintetizzato ad esempio nel personaggio di Cora Gray, alias Satania, fisicamente ispirata a Rita Hayworth, alla testa di una banda che seminava il terrore lungo le piste dell’Ovest.24 Il West dei Bonelli è (e rimane) comunque «roba da uomini», un territorio senza troppe regole, in cui, per questo, contano più i saldi rapporti d’affetto virile che le storie sentimentali. La scarsa rappresentanza femminile è, a detta degli autori stessi, una scelta narrativa: i puristi del genere avventuroso infatti ritengono che i personaggi femminili smorzino i toni dell’azione, «perché la donna è la parte riflessiva e ragionevole, quella che giustamente evita le scazzottate e il sangue».25 Il che spiegherebbe i motivi per cui la serie, pur avendo attraversato più di cinquant’anni di cambiamenti socioculturali,26 ha continuato a raccontare di ballerine e aristocratiche, indiane e messicane, sempre in modo marginale e defilato. Anzi, è interessante rilevare la maggiore incisività delle comparse femminili nella prima versione del fumetto rispetto alle edizioni successive, dopo la cosiddetta «operazione sottoveste»:27 Ermanno Detti, che ha condot23 «… e tutte, proprio per questo, impietosamente colpite dall’assurda censura degli anni Cinquanta e Sessanta che le rivestiva e imbacuccava per impedire la seduzione degli innocenti», concludono Moreno Burattini – Francesco Manetti – Giovanni Battista Verger, Cavalcando con Tex. Cinquant’anni di personaggi e ambienti nelle avventure di Aquila della Notte, Torino, Little Nemo, 1999, p. 30. 24 «Un personaggio che si sdoppia nelle due facce di una stessa medaglia per restituirci la quintessenza della donna bonelliana […]. Niente gradazioni intermedie, insomma: la figura femminile è vittima o carnefice» conferma Sergio Bonelli in F. Busatta, op. cit., p. 23. Il personaggio di Cora Gray è protagonista degli albi a striscia nn. 6/14 (seconda serie) del 1950 dal titolo Satania!. 25 Gianni Brunoro – Alberto Gedda – Giovanni Battista Verger, «La famiglia di Tex», in Idd., Tex e il sogno continua…, Torino, Lo Scarabeo, 1994, p. 22. 26 «Cinquanta anni di vita, più della Prima Repubblica: una continuità che ha ammantato di sé conflitti e processi di sviluppo straordinari quali la ricostruzione, il boom economico, la nascita della TV, la commedia all’italiana, il Sessantotto, il terrorismo, la crisi della Prima Repubblica, la nascita dei new media», Roberto Festi (a cura di), I cinquant’anni di Tex. Omaggio ad Aurelio Galleppini, l’evoluzione di un mito, Trento, Stampalith, 1998, p. 15. 27 Nel 1951 due deputati della DC presentarono un disegno di legge per istituire un controllo preventivo sulle pubblicazioni a fumetti, che doveva avvenire per opera di un’apposita commissione: il pro-
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to una puntuale analisi confrontando le edizioni del 1948 e del 1964, osserva infatti come le donne non solo vengano malamente rivestite in caso di scollature ardite e gambe scoperte (o addirittura rimpiazzate da campi lunghi),28 ma anche come risultino meno attive dal punto di vista narrativo. «La donna delle ultime edizioni – sostiene infatti l’autore – non è più considerata capace di incidere sugli avvenimenti in prima persona attraverso le azioni, in particolare quelle violente, che spettano all’uomo».29 A conferma di questa considerazione c’è un episodio che ritengo utile riprendere in questa sede: nell’edizione non censurata al numero 17, Il capitano della River’s Queen, Mary Gold estrae una pistola dall’abbondante scollatura e spara all’uomo che stava per colpire Tex alle spalle, uccidendo così il primo e salvando il secondo; in una prima edizione semicensurata viene poi ridotta la scollatura del vestito, mentre nelle edizioni successive la donna si limita a mettere in guardia Tex con un «Attento!» e, poiché risulta sconveniente far usare una pistola a un personaggio femminile, lei rimane in una strana posa, con la mano a mezz’aria, ed è Tex stesso a sparare dando luogo a un errore narrativo, visto che in quel momento doveva essere disarmato. Certo, non tutto è rimasto come ai tempi del codice morale di autoregolamentazione (anche se perfino in una vignetta del 2001 il fondoschiena nudo di una ragazza, ben in vista nelle tavole originali, viene frettolosamente coperto per l’uscita in edicola):30 qualche donna ha iniziato ad abbigliarsi (e comportarsi) da maschio e qualcun’altra è temuta come se lo fosse. Mi riferisco a due episodi in particolare. Il primo, datato 1994, getto passò alla Camera ma non al Senato. Proposte analoghe continuarono a essere presentate negli anni seguenti e, anche se non furono mai convertite in legge, misero in allarme alcuni editori. Ad esempio, alla Bonelli si decise di adottare un codice di autoregolamentazione per le pubblicazioni, identificando i fumetti che lo rispettavano con il marchio «Garanzia Morale», che all’inizio degli anni Sessanta comparve sulle copertine di numerose altre testate. Cfr. Tinosimonetti.it/indexconbarra.htm nella sezione dedicata a Tex Willer. 28 Con le prime ristampe dell’episodio L’enigma dell’Ippocampo (nn. 16-17, luglio-settembre 1961), ad esempio, l’immagine di Doña Manuela Guzman, capo degli Incappucciati, sensualmente sdraiata, intenta a fumare e impartire ordini ai suoi scagnozzi, viene sostituita da una panoramica raffigurante il porticato di una villa e una parte di giardino. La vignetta originale è stata recuperata solo nella riedizione della storia su TuttoTex del marzo 1987. 29 Ermanno Detti, «Dalla censura alla pornografia», op. cit, p. 83. 30 L’episodio è Il cavaliere solitario, Texone n. 15 del luglio 2001, disegnato dall’americano Joe Kubert e sceneggiato da Claudio Nizzi.
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ha per protagonista Sally Barlow, che «veste abiti da maschio, sfoggia un carattere non proprio gentile e vive da sola, ostentando una rude misantropia»;31 il secondo, meno recente (è del 1972), riguarda la misteriosa Mitla, la «regina della notte», di cui il brujo Morisco avverte: «Quella donna è un demonio in gonnella, e se vi dovesse capitare a tiro di fucile, dimenticate che ha l’aspetto di una femmina e premete il grilletto». Ma il tentativo più vistoso di stare al passo con i tempi investe soprattutto la sfera erotica. Gli autori infatti, abbandonato il «puritanesimo» delle prime decadi, quando le scene più calienti erano un Tex a torso nudo o una mano all’altezza di un seno,32 si concedono qualche scena osé, anche se mai scandalizzante: scene ambientate nei bordelli, tentate violenze carnali, flashback delle avventure da donnaiolo di Kit Carson e dell’amore giovanile di Tiger Jack. Bastano invece pochi esempi per confermare che il West bonelliano riflette verosimilmente, esigenze di copione a parte, una situazione culturale (e di costume) di cui si è già detto: quando Tex si congeda da Joan Baker, giornalista incontrata in un albetto a striscia del ’49, pronuncia «le parole più dolci mai rivolte a una donna: “Siete una cara ragazza Joan, arrivederci”»;33 oppure, dopo aver pagato da bere, il ranger esclama «Io pago sempre, fatina… toh e tieni il resto» e ribadisce in più di un’occasione «Tex Willer non spara alle donne!»;34 mentre riferendosi a Doña Manuela, una delle prime belle e spregiudicate che gli si mettono contro, commenta «Non possiamo abbandonare quella donna. Per malvagie che siano state le sue azioni».35 La lontananza tra i sessi, la galanteria un po’ affettata, la volontà (supportata da un forte senso della giustizia) di scontrarsi ad armi pari con i 31 Moreno Burattini – Stefano Priarone – Antonio Vianovi, Guglielmo Letteri & Tex. Omaggio a un maestro dell’avventura, Lucca, Glamour International Production 1998, p. 44. 32 Gli episodi sono il numero 3 (Fuorilegge, 1969), in cui Estrella Miranda entra nella camera del ranger trovandolo, appunto, a torso nudo, e il numero 20 (Un piano ardito, 1962), in cui la mano «incriminata» è quella di Tex protesa sulla signora Horton. 33 C. Paglieri, op. cit., p. 66. 34 Anche le nemiche più perfide non muoiono per mano di Tex ma per cause esterne – suicidio, caduta, morso velenoso – che tolgono Aquila della Notte dall’imbarazzo di dover sparare a una donna. 35 L’episodio, tratto dal numero 17 (Gli sciacalli del Kansas, 1961), è riportato in Antonio Tentori, Silenzio! Parla Tex. Massime, pensieri e filosofia del più amato ranger del West, Roma, Castelvecchi, 1998, pp. 13-14.
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nemici e il naturale senso di protezione nei confronti delle donne sono tutti elementi che confermano una mentalità che continua a subordinare la donna all’uomo. Va aggiunta poi la questione, non secondaria, del matrimonio: se Tex non cede alle lusinghe e non accetta di legarsi a nessuna in modo stabile, è solo per la sua natura di lupo solitario, per via di quel «sano machismo da battaglione d’assalto»,36 nonché per una certa sfiducia nei confronti dell’altro sesso. Quando la focoLa sfortunata moglie di Tex. Gian Luigi Bonelli – sa Lupe Velasco gli chiede a bruGalep, Il patto di sangue (gennaio 1950-’51), in Tex, ciapelo di sposarlo promettendoMilano, BUR, 1999. © Sergio Bonelli Editore gli di lavargli i vestiti e preparargli un pasto caldo, lui replica «Sarebbe la prima volta che una donna non mi procura dei guai»; e anche dopo che lei gli ha salvato la pelle per ben due volte, rivelandosi donna coraggiosa oltre che passionale, Tex esce dalla sua vita (e lei dalle pagine del fumetto) con una lettera d’addio, segnando, senza saperlo, il proprio futuro. Nella striscia successiva infatti fa la sua comparsa la giovane Lilyth, figlia del capo supremo dei Navajos, destinata a divenire sua moglie. Ma ancora una volta non è un fremito amoroso ad animare il Nostro: Tex si trova legato al palo della tortura e l’alternativa alla morte è il matrimonio con la squaw. Matrimonio combinato dunque, unione d’interesse, vero e proprio «patto di sangue» (come recita il titolo dell’episodio):37 Lilyth, quando salva un innocente promettendoglisi in sposa, agisce da donna, impulsivamente e razionalmente al tempo stesso, affascinata dall’uomo eppure solidale con la sua gente (è convinta che quel «viso pallido» possa riportare la 36 37
Ivi, p. 67. Cfr. Gian Luigi Bonelli – Galep, Il patto di sangue (1950-’51), Tex, Milano, BUR, 1999.
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pace). Tex riparte quello stesso giorno, deciso a far cessare le ostilità, e alla sua salvatrice che gli chiede se tornerà (ancora una volta, come nei fumetti del periodo fascista, è lei che aspetta e lui che parte) risponde: «Tornerò Lilyth… e non solo per far seppellire per sempre la scure di guerra!». Il rapporto si trasforma in breve in autentico amore mentre la novella sposina dimostra di essere una donna capace di stare al suo posto: «non è una pettegola tirannica e impicciona, ma una dolcissima squaw abituata a tacere e obbedire».38 Fragile e delicata, porta il nome della più famosa e temuta figura della demonologia ebraica: nome a parte, la figura di carta e quella mitico-religiosa condividono il carattere sfuggente, dai contorni sfocati, l’indeterminatezza e, almeno simbolicamente, la condanna alle tenebre. Una volta introdotto Tex alla cultura pellerossa, segnando per sempre il destino dell’eroe (che diventerà capo dei Navajos con la morte del suocero), la funzione del personaggio di Lilyth può considerarsi esaurita. «È tempo per lei di lasciare la scena, trasformandosi in un’icona»:39 muore infatti così in fretta da rimanere soltanto un nome invocato dal protagonista, con affetto quasi poetico ma soprattutto come motivo di vendetta e di sfida (tra uomini). Questa duplice valenza nell’evocazione è ben espressa nel numero 104 del 1969, Il giuramento, che dipana un mistero, quello della morte della compagna, rimasto insoluto per vent’anni; al figlio che gli chiede se sua madre fosse bella, Tex risponde: Sì, Kit. Molto bella. Era come il chiaro di luna in una notte d’estate e i suoi occhi verdi facevano ricordare lo scorrere delle acque del Colorado fra le alte gole del Grand Canyon. Sì, Kit. Tua madre era bellissima, e quando il buon Freccia Rossa e Tiger mi condussero alla sua tomba, sentii che il mio cuore mi si strappava dal petto per andarsi a seppellire sotto la nuda roccia che me l’avrebbe nascosta per sempre.
Poco dopo, conficca una sacra lancia indiana sulla terra del sepolcro e, sulla tomba dell’amata, pronuncia il suo terribile giuramento: 38 Ivi. Sembra dunque ritornare il motivo della donna silenziosa e sottomessa tanto decantato dalla letteratura precedente («quando gli uomini parlano, le squaw devono tacere», sono parole dello stesso Tex). 39 «Lilyth è morta, ma mio padre non vi si sofferma, facendo sì che il tragico evento si consumi tra un episodio e l’altro», conferma Sergio Bonelli in F. Busatta, op. cit., p. 38.
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Da questo momento io non avrò pace sino a che non avrò ucciso tutti coloro che hanno mandato la morte a tagliare i fili che legavano le nostre vite. Da questo momento io sarò la vendetta che segue implacabile le orme dei nostri nemici! Al mio fianco marceranno l’odio e il terrore… e dietro di me lascerò tracce bagnate di lacrime e di sangue!40
Tex comunque non è tipo da lasciarsi andare al sentimentalismo o da crogiolarsi nel dolore: anni dopo infatti (in Tempo di uccidere, numero 387, 1993), davanti al fuoco del bivacco, mentre racconta la tragica storia dell’amata di Tiger Jack, morta suicida per sottrarsi alle voglie del capo dei comancheros, confida agli amici: A quel tempo io non ero in grado di capire fino in fondo il dolore che si era abbattuto su Tiger Jack… me ne resi conto solo qualche anno più tardi, quando anch’io persi la donna che amavo… quando, un brutto giorno, tornando al villaggio non trovai la mia Lilyth ad aspettarmi… la mia adorata Lilyth che ormai giaceva sotto una fredda pietra tra le rocce dei monti Navajos… ma Tiger ha ragione… il tempo aiuta a guarire anche le ferite più profonde… ed è una fortuna che sia così, altrimenti il mondo si sarebbe già fermato da un pezzo!
Il motivo del triste destino della sposa viene riproposto anche nel bonelliano più futurista, Nathan Never:41 la moglie dell’agente speciale, Laura, muore infatti assassinata da Ned Mace, un criminale psicopatico, mentre Nathan sta trascorrendo la notte con l’amante, Sara McBain, sua attuale compagna. In questo caso il senso di colpa, o peggio la consapevolezza, che diverrà un cruccio costante, di essere un uomo infimo, è decisamente superiore al desiderio di vendetta, tanto che il rimorso per aver distrutto la propria famiglia condiziona a lungo il protagonista, sia nello spirito che nel fisico.42 40 In questo numero è evidente la formazione (anche) salgariana di Gian Luigi Bonelli: un capitolo de Il Corsaro Nero (1898) di Emilio Salgari si intitola proprio «Il Giuramento del Corsaro Nero» e assomiglia per alcuni aspetti a quello texiano. 41 Creato da Michele Medda, Antonio Serra e Bepi Vigna, è apparso per la prima volta nel 1991. 42 Alla vista del cadavere della moglie, infatti, Nathan incanutisce improvvisamente. Quanto alla sua vita amorosa, invece, ha alternato negli anni periodi di solitudine, nuovi lutti e ritrovata serenità. Dopo un’iniziale difficoltà a intrecciare legami sentimentali, si lega infatti a Hadija (conosciuta in Hadija, n.
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La moglie di Nathan Never. Antonio Serra – Roberto De Angelis, Doppio Futuro, Nathan Never Gigante, n. 1, febbraio 1995. © Sergio Bonelli Editore
Dopo essere rimasto vedovo invece Tex continuerà a cavalcare per l’America e continueranno a intrecciarsi con la sua le storie di altre donne bellissime, di cui il ranger non sembra quasi accorgersi, come se avesse raggiunto una sorta di pace dei sensi o perso interesse per l’altro sesso, come se non avesse più bisogno di una donna o non volesse confrontarsi con le difficoltà di una relazione. Le sue avances quindi si fanno ancora più sporadiche e goffe (sul rovesciamento di questi modi «impacciati» giocò anche la parodia erotica Tex Miller):43 se si esclude l’epi66 del 1996), esperta informatica che ha le sembianze dell’attrice francese Isabelle Hadjani; la loro relazione si incrina e col tempo la donna uscirà dal fumetto, uccisa da un ex collega di Nathan (in Sotto la maschera, n. 160 del 2004). Attualmente, come detto, il protagonista fa coppia fissa con Sara McBain, procuratrice distrettuale, già sua amante (i due in realtà hanno una relazione a distanza e si vedono raramente, dal momento che lei vive su Marte). 43 Si tratta di un volumetto per adulti pubblicato nel gennaio del 1976 dalla Omnia Edizioni per la collana «Sele Pocket»: il fumetto, ritirato dal mercato in seguito alla querela del gruppo Bonelli e alla condanna in tribunale (fu giudicato lesivo dell’immagine di Tex), riproponeva tutta una serie di situazioni e valori rovesciati rispetto ai classici canoni western, giocando per esempio sull’omosessualità di Kit Koglion (mentre il Kit Karson bonelliano è notoriamente un donnaiolo), sulla verginità di Kit Miller, sulle prestazioni sessuali deludenti e sulle dimensioni ridotte dei genitali di Tex Miller (dopo un rapporto sessuale Tex chiede «Ti è piaciuto pupa?» e la giovane squaw che si è appena unita a lui replica «Piaciuto cosa?»).
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sodio in cui dà del «tu» e tiene la mano a una ragazza, o il casto bacio dato a una cantante, c’è un’unica occasione in cui la sua fiera solitudine vacilla, proprio quando incontra una donna capace di tenergli testa. La «sceriffa» Susan McIntire, fisicamente meno avvenente delle altre comparse, è una ragazza risoluta e decisa, attratta da Tex e da lui corrisposta, ma tutt’altro che disposta a farsi trattare come un essere inferiore (quando Tex le si rivolge dicendo «Venite Susan… allontaniamoci… non è spettacolo per donne, questo», lei lo fredda «E ora ascoltatemi bene, mister Willer: prima di tutto il fatto che io sia una donna non c’entra un bel niente con tutto questo…»). Anche il ranger dal cuore virile è costretto a incassare il colpo e a riconoscerle un rispetto quasi da pari a pari: «D’accordo, farò finta che siate un maschietto… ma questa è l’unica concessione che vi faccio». Una parziale spiegazione di un certo disinteresse nei confronti delle donne-comparsa può essere comunque rinvenuta nel tipo di pubblico che acquista, tuttora in modo massiccio, gli albi di Tex: la testata vanta infatti i lettori più anziani della Bonelli, quelli che con il ranger sono cresciuti, che continuano una passione lunga mezzo secolo, cercando spesso di trasmetterla a figli e mogli,44 e che amano la familiarità con i personaggi e le atmosfere, insomma con il canovaccio originale e con un certo modus grafico.45 Lo squallido bordello raccontato dall’esordiente Michele Medda nell’albo Bande Rivali (n. 403 del maggio 1994) con quella vignetta in cui Jesus Blasco raffigurava con freddezza un atto sessuale non passò ad esempio inosservato: dopo che in redazione arrivarono lettere scandalizzate di protesta, Sergio Bonelli espresse le sue più sentite scuse dalle colonne della posta di Tutto Tex. Anche per questo, il modello di donna predominante nell’avventura western è rimasto molto vicino a quello della generazione cresciuta a ca44 Da un informale sondaggio presso alcuni edicolanti di Trento è risultata ad esempio un’esigua percentuale di acquirenti donne, per lo più vedove, che portano avanti la passione del coniuge. Similmente, nei forum d’opinione in internet si trovano spesso frasi del tipo «Mio padre vorrebbe farmi leggere Tex Willer, forse prima o poi cederò». 45 Sui motivi del successo editoriale di Aquila della Notte, Beppe Severgnini, nella sua «Presentazione» a Tex, Milano, BUR, 1999, p. 6, non ha dubbi: «le ragioni per cui questo fumetto del 1948 sopravvive nei bazar postmoderni delle edicole italiane sono le stesse per cui piacciono i film americani: storia avvincente, personaggi familiari, lieto fine, divisione netta tra bene e male, e una certa elasticità sui metodi di conseguire il primo sconfiggendo il secondo».
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vallo tra il decennio ’50 e il ’60, «relativamente anonima e abbastanza silenziosa», in parte perché «non produce comportamenti collettivi propri, né una riflessione particolare su se stessa».46 Sospese tra il periodo della Resistenza e i movimentati anni Sessanta, queste donne sembrano schiacciate fra il ritrovato prestigio della figura femminile tradizionale e i pochi prototipi di emancipazione allora attuali: eppure, «per quanto sembri paradossale, proprio queste giovani donne hanno elaborato nell’ombra una varietà notevolissima di identità nuove, di soluzioni personali e autentiche, pur senza partorire un modello preciso».47 In altri termini, hanno spianato la strada a un futuro prossimo a venire, partecipando di quella «sprovincializzazione» che andava trasformando la cultura italiana e la faccia dell’intero paese. III.1.2 Per Dylan un solo incubo: l’amore Nato negli «anni postpunk, postsettantasettini e postmetal»,48 fenomeno classico di un altro «post», il moderno, e rivisitazione più che originale del genere noir, Dylan Dog abita quelle zone crepuscolari che fanno parte di un quotidiano evaso ma latente e rappresenta una società capace di sentimenti e preda di paure irrisolte. Sviluppando il «motivo che proprio laddove l’occhio umano non è in grado di scorgere che lerciume e contraddizioni rischia di annidarsi un trancio di grazia»,49 il personaggio ideato nel 1986 da Tiziano Sclavi si scontra con tutto ciò che è «diverso» e si mette radicalmente in discussione. L’Altro è il mostro, l’assassino, l’emarginato sociale, la «nera Signora», le donne. E non solo quelle mostruose, assassine, emarginate. Tutte. Credo che il femminile di questo fumetto possa essere, in un certo senso, considerato come «altro», nonostante resti sfuggente e indefinito, qua46 Simonetta Piccone Stella, La prima generazione. Ragazze e ragazzi nel miracolo economico italiano, Milano, FrancoAngeli, 1993, p. 120. 47 Ivi, p. 121. 48 Luca Boschi, Frigo, valvole e balloons. Viaggio in vent’anni di fumetto italiano d’autore, RomaNapoli, Theoria, 1997, p. 93. 49 Brunetto Salvarani, «Noir, e non per caso. Narrare a strisce il male del mondo», in Roberto Festi – Maurizio Scudiero (a cura di), Effetto noir. Un sottile senso di piacevole paura, Trento, Stampalith, 2000, p. 78.
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si a incarnare l’anelito alla relazione più che la concretezza della stessa, e nonostante risulti un elemento abbastanza rigido nello schema narrativo della serie. Perché la donna in Dylan Dog sarebbe presto detta: vittime e carnefici, rappresentanti delle forze dell’ordine e prostitute, studentesse e attempate, clienti e indagate, «sane» e «malate», sono tutte ugualmente attratte dall’indagatore dell’incubo (che Claudio Dell’Orso ribattezza appunto «indagatore d’alcove») e instaurano con lui relazioni sentimentali, per lo più della durata di un episodio, che solitamente «degenerano» nel sesso (argomento rimasto fino a quel momento eluso nei bonelliani). Ma diversamente da altri suoi colleghi «dongiovanni», Dylan si lascia ogni volta trasportare dalla nuova fiamma, se ne innamora con il coinvolgimento emotivo mutevole dell’eterno ragazzone (dell’old boy, per dirla con l’ispettore Bloch, ex capo e padre spirituale del Nostro); e le sue donne, non più avvinte dall’ansia di trovar presto marito e padrone riconosciute del proprio corpo, non subiscono come un abuso la riduzione del rapporto all’incontro dei sessi, ma partecipano della non implicazione sentimentale, temporaneamente intenzionate a non mettere radici, a rinviare matrimonio e figli a un domani indeterminato. L’universo femminile di questo fumetto è dunque disinvolto, capace di prendere l’iniziativa e di intrecciare relazioni strutturate in modo paritario: per esteso, «la figura femminile appare portatrice di habitus consolidati di autonomia e indipendenza nei confronti della figura maschile».50 Nella realtà, questa situazione di avvenuto affrancamento crea non poche esitazioni: diversamente dall’uomo, infatti, che sapeva quel che voleva («conquistare, godersela, o più rozzamente sfogarsi»), la donna contemporanea, nel passaggio dall’identità sessuale passata a quella futura, non ha le idee chiare su ciò che desidera, cioè «non sa se preferisce espugnare il maschio, dominarlo, oppure essere conquistata; non è sicura se deve trovare marito, se è meglio ingaggiare una lotta di potere o più semplicemente vivere un’intimità fondata sulle difficili regole della parità».51 Forse alla luce di questa incertezza di prospettive e atteggiamenti che caratterizza il femminile in carne e ossa, Sclavi sceglie di far scivolare via 50 Milly Buonanno, L’immagine inattesa. Cultura di massa e identità femminile, Torino, ERI, 1982, p. 21. 51 M. Boneschi, Senso, cit., pp. 321-22.
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le «muse» che generosamente appoggia sul letto di Mr. Dog, o consegnandole a un avvenire che al lettore non è dato conoscere, o strappandole alla loro vita di carta. Nello specifico, più Dylan ne è innamorato più il distacco avviene in modo brusco e irreversibile: al pari di Corto Maltese, eroe prattiano di cui si parlerà in seguito, e dell’eroina Bree Daniels. Tiziano Sclavi – Giampiero Casertano, Memorie dall’invisibile, in Dylan Dog, n. 19, aprile 1988. © «satanika» di Bunker e Ma- Sergio Bonelli Editore gnus, infatti, l’indagatore sembra destinato a veder morire o scomparire le donne che veramente gli sono state a cuore, da Marina a Lillie, da Bree a Morgana. Amore infantile, rivoluzionario, socialmente inaccettabile, edipico-incestuoso: tutto si gioca intorno a queste quattro aggettivazioni dell’eros, a quattro indimenticate donne che lasciano l’eroe in uno stato di abbandono malinconico, smarrito, solitario.52 Gli accoppiamenti proposti non sono casuali: le prime due sono donne giovani, segnate da avvenimenti diversi ma allo stesso modo drammatici, che incontrano Dylan nel momento sbagliato, l’una troppo presto, l’altra troppo tardi; le altre due invece sono donne mature, bersagli d’amore assurdo, senza possibilità di realizzazione. Marina Kimball, tenero e incompreso amore di gioventù, è la protagonista di un episodio, Il lungo addio, dedicato espressamente alle donne.53 Incarna un femminile deluso, in cui si contrappongono gli spensierati sogni 52 Dylan vive l’amore come «un raccoglimento profondo, religioso, un rifugio grazie al quale riesce a sottrarsi (quasi del tutto) alle vignette del fumetto e dunque alle parole, al destino, al tempo». Luca Raffaelli, «Introduzione» a Tiziano Sclavi, Dylan Dog, Roma, L’Espresso, 2003, p. 7. 53 «Care socie, questo albo è dedicato a voi. A voi, che pian piano siete diventate la nostra “metà del cielo”, scoprendo Dylan e leggendolo sempre più numerose […] A voi che ogni mese mandate a Dylan centinaia di lettere d’amore. A voi Dylan risponde, con amore, regalandovi questa storia d’amore» si legge nella rubrica «Il club dell’orrore», p. 2, in Mauro Marcheselli – Tiziano Sclavi – Carlo Ambrosini, Il lungo addio, in Dylan Dog, n. 74, novembre 1992, Milano, Sergio Bonelli Editore.
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giovanili e la rassegnazione per ciò che è ormai ineluttabile: morire avendo sposato l’uomo sbagliato e senza aver avuto il figlio tanto desiderato. Diverso il temperamento di Lillie, animo forte e contestatore: appartenente alla frangia armata dell’IRA, la sua incrollabile coerenza interiore vacilla solo quando si innamora, per di più di un uomo che dovrebbe disprezzare, in quanto inglese e poliziotto; la sua morte travolge letteralmente il protagonista, che, incapace di reagire, si rifugia nell’alcol.54 Il dolore, ai limiti dell’autodistruzione, è motivo centrale anche nella storia con Bree Daniels:55 donna perduta già per «professione», è una prostituta dipinta con tratto umanissimo e magnetico, anche se meno bella e meno giovane di altre «conquiste». Bree è, insieme a Lillie, l’unica donna a cui Dylan abbia chiesto di sposarlo, contravvenendo al suo «Ho sempre pensato al matrimonio come a una condanna». «Dailan», così lo rinomina lei, vorrebbe farle cambiar vita, costruire una famiglia e non smette di credere nelle potenzialità della loro unione né quando Bree fa perdere le proprie tracce né dopo aver scoperto che è malata di AIDS e sta per morire. Quando finalmente la ritrova in un ospedale si dispera con Bloch; il dialogo tra i due è particolarmente significativo, perché presenta l’eroe di Sclavi innamorato nuovamente di una donna che non può avere, o se si vuole continuamente sedotto dall’idea dell’amore come essenza inafferrabile. Dylan: «Volevamo sposarci, Bloch». Bloch: «NO! TU volevi sposarla! Come nei film dove l’eroe redime la donna perduta! Ma “Pretty woman” è una favola, ragazzo, SOLO UNA FAVOLA! LEI non ti avrebbe mai detto di sì! Non sarebbe mai cambiata per te, e tu lo sai! Sarebbe sempre rimasta quella che era… UNA PROSTITUTA!».
Le parole di Bloch pesano come un macigno e stridono con l’immagine paterna a cui il lettore naturalmente lo associa: personalmente, non credo che Bloch manchi di rispetto a Bree, nel momento in cui la priva di 54 Cfr. Mauro Marcheselli – Tiziano Sclavi – Bruno Brindisi, Finché morte non vi separi, in Dylan Dog, n. 121, ottobre 1996, Milano, Sergio Bonelli Editore. 55 Cfr. Tiziano Sclavi – Giampiero Casertano, Memorie dall’invisibile, in Dylan Dog, n. 19, aprile 1988, Milano, Sergio Bonelli Editore; Mauro Marcheselli – Tiziano Sclavi – Marco Soldi, Oltre la morte, in Dylan Dog, n. 88, gennaio 1994, Milano, Sergio Bonelli Editore.
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una sua essenza separata dal mestiere che svolge, tenderei piuttosto ad associare a queste parole il tentativo, quasi rabbioso, da parte dell’ispettore di Scotland Yard di proteggere Dylan da una nuova delusione; a parlare è forse la paura che Dylan possa ricadere nella spirale dell’alcolismo. Il desiderio di salva- Dylan al cospetto della Morte. Paola Barbato – Luigi Piccatto, scelta, in Dylan Dog Special, n. 18, ottobre 2004. © Sergio re l’amata è tale infatti da La Bonelli Editore spingere Dog a stringere un patto con la Morte, dando in cambio la sua stessa vita.56 Mentre Bree, orgogliosa e affaticata, farà di tutto per allontanarlo dal suo capezzale, per non lasciargli il dolore di averla vista in quello stato. Il suo resta, a mio avviso, uno dei personaggi femminili meglio riusciti della serie, anche per le riflessioni che inevitabilmente il suo ruolo solleva.57 Discorso a parte merita Morgana:58 strega o fata, in vita o in sogno, basta che la riveda, che ne abbracci il fantasma, e Dylan perde tutto il suo fare baldanzoso con le donne. Lei è madre e amante (di cui il protagonista si innamora, prima di conoscerla: «Io sono innamorato e non so di chi»), figura di donna eterna, modello fermo, in quanto genitrice, nella 56 Quello di Bree comunque è un destino ineluttabile: in un recente speciale (Paola Barbato – Luigi Piccatto, La scelta, in Dylan Dog Special, n. 18, ottobre 2004, Milano, Sergio Bonelli Editore), Dylan ha la conferma che non avrebbe potuto fare nulla per tenerla in vita, perché sia che si fossero sposati sia che non si fossero mai conosciuti, la donna avrebbe contratto il virus. 57 Fumettisticamente parlando, c’è un altro personaggio che, anche se con manifesta ironia, mostra il lato più umano e autentico della figura della prostituta: si tratta di Chiara di Notte, una serie che «riesce a scherzare – magari crudelmente – su tutti quelli che si considerano i valori più sacri, e che qui assumono un valore niente più che grottesco di luoghi comuni, svuotati di ogni significato, tutt’al più buoni per imbastirci sopra qualche effimero gioco di parole». Gianni Brunoro, «Un letto senza tenebre ovvero il cinismo divertente», in G. Brunoro – A. Carboni – A. Vianovi – M. Burattini – F. Fossati (a c. di), op. cit., p. 248. 58 Cfr. Tiziano Sclavi – Angelo Stano, Morgana, in Dylan Dog, n. 25, ottobre 1988, Milano, Sergio Bonelli Editore; Id., La storia di Dylan Dog, in Dylan Dog, n. 100, gennaio 1995, Milano, Sergio Bonelli Editore.
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fissità dell’istante in cui è stata idealizzata. Attraverso la sua presenza è risolta la sindrome edipica che chiude idealmente il fumetto: «Non dovrai più cercare la pace perché la pace ha trovato te… e non dovrai più inseguirmi nel volto di cento altre donne: sei libero dal mistero di tuo padre e tua madre». Nonostante si tratti di un personaggio per molti versi poco chiaro e lineare, è significativo che rappresenti uno dei pochi esempi del fumetto bonelliano in cui il ruolo familiare femminile non è né occultato né deproblematizzato. Infine la morte. In un’ideale estensione eros – thanatos, anche la Grande Consolatrice è donna, e anch’essa sembra subire il fascino di Dylan, salvandolo in più di un’occasione con il rassicurante «non è ancora la tua ora… ritornerò». Conferma di una credenza antica, che vuole il femminile dispensatore di nascita e di morte, incarna «una figura di danzatrice, il cui ritmo oscilla tra la seduzione e la danza macabra».59 Le donne di Sclavi non sono più figure subalterne, custodi degli affetti e creatrici di vita, asimmetricamente «altro» dal maschio, bensì donnepersona, con una biografia unica alle spalle, con un loro spessore psicologico e un certo travaglio emotivo; ciò non toglie che rimangano delle comprimarie, ritratte per la durata di una, forse due, puntate e colte solo nell’interazione con il titolare della testata. Sono rarissimi infatti i rapporti fra sole donne, il che non significa che si voglia «far apparire le donne stesse dotate di minore autonomia e fortemente tributarie dei rapporti con l’altro sesso»,60 ma quantomeno è un elemento che fa riflettere, visto che in una testata come Nathan Never (1991), di pochi anni successiva alla pubblicazione di Dylan Dog, viene spesso affrontata, come si vedrà nel prossimo Capitolo, la tematica delle relazioni in rosa. In conclusione, hanno una consapevolezza fisico-sensuale radicata e resa salda dagli anni della rivoluzione sessuale ma la faccia sfumata, la stessa delle compagne dell’eroe vecchio stampo: compaiono poco, si 59 Piero Ricci, «Tra cronaca e fiction: ossimori femminili», in M. Baroni (a c. di), op. cit., p. 153. Lo sceneggiatore Neil Gaiman e il disegnatore Dave McKean hanno invece pensato alla morte come a un’adolescente palliduccia dai capelli corvini e vestita di nero, sorella maggiore del più celebre Signore dei Sogni: Death infatti è uno spin-off di The Sandman (serie a fumetti della DC Comics del 1988), scelta perfino come testimonial per una campagna anti-AIDS («Death Talks about Life», il titolo dell’opuscolo del 1993). 60 M. Buonanno, op. cit., p. 10.
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perdono subito, non dialogano mai tra loro e a volte lo fanno poco anche con il protagonista; eppure le donne di Sclavi un segno lo lasciano. III.1.3 Il detective dell’amore… possibile La caratterizzazione della donna all’interno della macchina seriale di Martin Mystère è quasi schematica, al punto che Antonio Carboni sottolinea come «a prima vista potrebbe sembrare strano, perfino un po’ azzardato partire da un versante che il serial non sembra particolarmente privilegiare, quello delle donne appunto».61 Tralasciando anche in questo caso le apparizioni fugaci, direi che la «questione» femminile si risolva tutta in Diana, avvenente assistente sociale e fidanzata ufficiale del detective dell’impossibile, e tutt’al più si completi con la svagata amica Angie, protagonista dei cosiddetti numeri «Speciali» (i primi in assoluto della fabbrica bonelliana). Diana compare già nel primo numero, Gli uomini in nero (dell’aprile 1982), precisamente nell’ultima vignetta di pagina 41, dove si vede in primo piano un Martin Mystère alle prese con il computer e lei alle sue spalle, in piedi e sullo sfondo. L’entrata in scena è perfettamente in sintonia con il ruolo secondario in cui il suo personaggio è per lo più confinato, e questa subalternità è peraltro ribadita dalla lunga incertezza nella caratterizzazione grafica: se in alcuni episodi, infatti, è di una bellezza altera e fredda o esibisce un fisico da top model, in altri è tratteggiata in modo assolutamente caricaturale o, peggio, appare anonima e incolore, una non-presenza. A ciò si aggiungano i particolari, per così dire, «autoconclusivi», che emergono nel corso di un numero e sembrano già dimenticati nell’episodio successivo (la si scopre, ad esempio, accanita fumatrice, conferenziera in vece del fidanzato, judoka e karateka): un quadro incerto dunque che non aiuta il lettore nel riconoscimento visivo, anzi gli fornisce un alibi a considerare Diana poco più del mobilio che riempie la vignetta. Un passo indietro, dunque? Non proprio: la bionda signorina Lombard, seppur saltuariamente, si trova anche a negoziare la 61 Antonio Carboni, «La presenza femminile nel fumetto di Martin Mystère», in G. Brunoro – A. Carboni – A. Vianovi – M. Burattini – F. Fossati (a c. di), op. cit., p. 80.
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Diana Lombard. Alfredo Castelli – Giancarlo Alessandrini, La quarta caravella, in Speciale Martin Mystère, n. 9, 1992. © Sergio Bonelli Editore
sua essenza di donna e il proprio desiderio di indipendenza, che esterna con manifestazioni di rivendicata parità sessuale, a testimoniare quanto, nonostante certe battaglie fossero già state fatte, la società sia ancora legata a una certa superiorità del maschio. In Il mistero del nuraghe (n. 34, gennaio 1985), per esempio, al fidanzato che tenta di dissuaderla dall’intraprendere un’impresa rischiosa, Diana risponde: «Te l’ho detto mille volte e te lo ripeto per la mille e unesima volta… il fatto che io sia una donna non mi rende un essere inferiore!». A parte questi occasionali moti d’orgoglio, l’aspetto privilegiato rimane il suo essere donna che ama in modo totale, anche se non incondizionato: è lei a sentirsi intrappolata, prima del segretissimo matrimonio (avvenuto nel 1995),62 nella condizione di fidanzatina63 e a cercare il dialogo nei momenti più critici del suo rapporto con Martin. C’è un albo in particolare, La signora delle vipere (nn. 162-163, settembre-ottobre 1995), che approfondisce i sentimenti e la psicologia della coppia, oltre a presentare una Diana, ritratta dai disegni dell’allora esordiente Lucia Arduini,
62 I lettori hanno appreso la notizia del matrimonio nel numero del ventennale della testata, Vent’anni di mysteri (n. 241, aprile 2002). 63 Quando una studentessa la chiama «Signora Mystère» commenta sarcastica «… solo che io non sono la signora Mystère e questo per cause assolutamente indipendenti dalla mia volontà». Cfr. Alfredo Castelli – Esposito Bros., La vita segreta di Diana Lombard, in Martin Mystère, nn. 164-165, novembre-dicembre 1995, Milano, Sergio Bonelli Editore.
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nel suo splendore di donna matura, assillata da dubbi e incertezze: una distanza fisica (e affettiva) stava logorando un sentimento che, tra alti e bassi, era stato fino a quel momento solido quanto quello di Eva Kant e Diabolik.64 Diana, appesa al ricevitore telefonico, chiariva con il compagno i punti nevralgici di una situazione divenuta ingestibile: Martin, ti rendi conto di che vita abbiamo fatto in questi anni? Ma in fondo che importa? Tu vivi in Italia e io a New York, tra noi vi sono novemila chilometri. Che senso ha, secondo te, continuare questa pagliacciata degli «eterni fidanzati», alla tua età e alla mia? Siamo ridicoli! E per di più ti permetti di fare il geloso se per caso esco con un collega. Ti saluto.
Martin sospende la serie TV dei «mysteri italiani» e ritorna a New York. Happy End, il maschio fa ritorno all’ovile, l’amore trionfa. Credo che in questo ritorno si celi la vera responsabilità narrativa della coprotagonista del «mystero»: Diana rappresenta la normalità perché, essendo legata a un uomo che si occupa di «impossibile», è la più razionale nella coppia e la parte più statica, il «campo base» cui Martin fa sempre ritorno. Non solo, Diana sembra obbedire a un comando inconscio: quello di accaparrarsi un compagno per la vita e di controllarlo a vista, riprendendolo, quasi sempre bonariamente, quando presta qualche attenzione di troppo alle altre donne. Il fatto che Diana abbia «incastrato» Martin è confermato anche dall’impostazione iniziale della serie, in base alla quale il biondo detective doveva accompagnarsi a una compagna meno ingombrante, che vivesse questo amore in modo più libero e leggero, senza diventare quindi la fidanzata ufficiale.65 Nonostante ciò, il suo personaggio non riesce a emergere perché resta vincolato al ruolo di «fidanzata di» e poi «moglie di», per cui qualsiasi allontanamento dal
64 In realtà la fedeltà di Martin è più precaria di quella di Diabolik, almeno in un’occasione: a Vienna, in Il mistero di Stonehenge (n. 16, luglio 1983), perde la testa per Hilda Schmesser, le fa una corte serrata e si abbandona a baci appassionati e romantico relax sul prato. 65 Questo intento iniziale sembra essere stato rispettato nella serie omonima a disegni animati prodotta in Francia dalla Marathon Production nel 2003, dove Diana è la sorellastra di Martin e la sua compagna di studi, oggetto continuo delle sue prese in giro: entrambi infatti hanno più o meno sedici anni e frequentano un liceo nel Québec.
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suo uomo la annulla dal punto di vista narrativo. È curioso inoltre osservare che, nonostante il periodo non lo richieda più, il ménage intimo della coppia è sempre reso con effetti castigatissimi: certo i due dormono nello stesso letto (la prima volta accade, a quanto è dato di sapere dal fumetto, nel 1985), ma anche quando la bella Diana appare nuda sotto la doccia, l’effetto è «del tutto asettico e per Una tentazione di nome Angie. Alfredo Castelli – nulla conturbante»;66 uno dei rari epiGiancarlo Alessandrini, Il tesoro di Loch Ness, Martin Mystère Extra, n. 2, settembre 1996, in in sodi in cui la corporeità viene propoMartin Mystère, Roma, L’Espresso, 2005. © sta in modo, per così dire, sexy è coSergio Bonelli Editore stituito da L’oceano dei veleni (n. 109, aprile 1991), dove, oltre ad avere un non consueto ruolo da primadonna, esibisce, in una solitaria imbarcazione, un topless mozzafiato (con occhialoni neri grandi e squadrati). Spetta comunque ad Angie, di un candore caratteriale da sconfinare nella «stupidità», il compito di esibire in modo più disinibito il proprio corpo: si spoglia innocentemente di fronte a chiunque, si lancia in balli succinti e performance canore sotto la doccia, sfarfalla da un fidanzato all’altro, e riversa su «Martin caro» un caloroso affetto. Molto amata dai lettori e poco da Diana, Angie rappresenta a tutti gli effetti l’alter ego della signora Mystère, incarnando il lato più scanzonato della femminilità, quello più «godereccio», in definitiva quello più giovanile.
III.2 Il gioiello più prezioso della collezione del Re Complice, compagna e amante. Eva Kant è certamente la prima «spalla» di sesso femminile del fumetto italiano che si sia conquistata sul 66
Ivi, p. 109.
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campo la dignità di rivaleggiare con il protagonista a pieno titolo della serie; in altri termini è realmente una coprotagonista. Nasce dalla fervida fantasia di due donne, negli anni del boom economico e delle riviste patinate, nasce dal fascino degli eroi noir di tanti romanzi d’appendice (su tutti il Fantômas di Souvestre e Allain),67 da cui le sorelle Giussani erano rimaste ammaliate. E la sua è un’entrata teatrale: sul tappeto dell’Hotel Excelsior procede con passo sicuro, «cappello a larghe tese, un piccolo beauty case nella mano sinistra, un abitino semplice all’apparenza, ma che si indovina firmato»,68 un décolleté generoso ma non volgare. Aristocratica e grintosa al tempo stesso, esile ma micidiale, colta e sempre composta, questa volta è lei, la donna, a essere attesa: l’aspetta il personale d’albergo che l’accoglie con un «Benvenuta, Lady Kant!»; ma anche Diabolik, che sta portando a termine uno dei suoi colpi. Vedova di Lord Anthony Kant, ambasciatore del Sudafrica morto in circostanze non chiare, conosce il ladro di gioielli quando lo sorprende con le mani nel sacco mentre tenta di rubarle un anello – il celebre diamante rosa – e tra i due è subito colpo di fulmine. Figli di un destino simile, di un passato senza amore,69 creano insieme l’unica situazione affettiva sincera e intensa delle loro vite: già allo stato di ideazione, le sceneggiatrici decisero che Diabolik avrebbe avuto una sola donna, diversa dalla «pupa» del gangster ma anche dalla fidanzata indifesa continuamente in pericolo. Se si pensa che in quello stesso periodo spo67 Questo criminale spietato, abile nel travestimento e a sfuggire al suo nemico giurato, l’ispettore Juve, fu creato nel 1911 e conquistò il pubblico francese, ma non solo, con una serie di 32 romanzi (scritti da Marcel Allain e Pierre Souvestre) e poi una successiva di 11 titoli (scritti dal solo Allain, dopo la morte del collega). La figura del Fantômas letterario ha ispirato numerose versioni, per il cinema, la TV, il teatro, il fumetto, e ha influenzato diversi protagonisti «cattivi» del genere noir e poliziesco. 68 Antonio Carboni, «Eva Kant, dietro la maschera», in G. Brunoro – A. Carboni – A. Vianovi – M. Burattini – F. Fossati (a c. di), op. cit., p. 38. L’albo d’esordio di Eva è il numero 3 del 1963, L’arresto di Diabolik. 69 Diabolik non ha mai conosciuto l’affetto di una famiglia; nel celeberrimo Diabolik, chi sei?, egli racconta in prima persona la sua infanzia e adolescenza in un’isola lontana popolata da una banda di fuorilegge dov’era approdato da bambino, scampato a una tempesta: «Nessuno di loro si occupò di me in particolare. Vivevo ora in una casa, ora in un’altra, fra l’indifferenza di tutti». La vita di Eva è, se possibile, ancor più rocambolesca e intricata di quella del suo compagno: figlia illegittima di un lord inglese, ha girato il mondo (conosce un numero imprecisato di lingue), ha fatto parte di un’associazione malavitosa e di un’organizzazione di spionaggio, ha sposato per odio il cugino del padre e ne è rimasta presto vedova. Cfr. Diabolik , chi sei? (anno VII, n. 5, 1968), in Diabolik. Le ferite del passato, Roma, L’Espresso, 2004; Eva Kant, quando Diabolik non c’era, in Diabolik Speciale, n. 7, ottobre 2003, Milano, Astorina; e il volume Eva Kant, Roma, L’Espresso, 2003.
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polava il fascino libertino di James Bond, la scelta monogamica appare controcorrente, addirittura scandalosa considerato che si tratta di una convivenza more uxorio. Il miracolo economico aveva indubbiamente dato un’impronta nuova alla mentalità del nostro paese e aveva contribuito a sgretolare la gabbia, non più troppo dorata, dell’unione coniugale: le ragazze studiano più a lungo, le mogli più spesso lavorano, le giovani progettano il futuro in modo indipendente. È possibile sopravvivere anche senza la protezione, la guida e lo stipendio del marito. L’orizzonte femminile si popola di attività, interessi e obiettivi; così quell’unico scopo, il matrimonio, perde la sua esclusività e diventa uno dei tanti possibili eventi dell’esistenza.70
Tutto vero, almeno in linea teorica; l’obbligo coniugale è però ancora fortemente sentito e la propaganda a favore del matrimonio è intensa, sicché rimane opinione piuttosto comune (in quanto radicata) che ogni donna abbia come missione naturale la famiglia e come posto esclusivo la casa. È proprio in questi termini che risulta significativo l’approccio alla relazione uomo/donna, così come è stato pensato dalla sensibilità delle madrine di Diabolik: toccando senza slanci di femminismo estremo le tematiche complesse della negoziazione tra i generi, le due autrici hanno contribuito a descrivere il sorpasso dell’obbligo familiare centrato sulla protezione (del marito) e la gratitudine (della moglie). Il matrimonio assume un carattere sentimentale, affettivo e soprattutto facoltativo: sia i «Kriminali» che la loro controparte «giusta», Ginko e Altea, coppia altrettanto solida, sperimentano la via della convivenza. Se l’ispettore non rivolge le sue attenzioni a nessun’altra donna se non alla granduchessa di Vallenberg (se si esclude un recente cedimento di Ginko in La rivale di Altea, anno XL, n. 12, 2001), un po’ più complesso è il caso dei due protagonisti, che in più di un’occasione, complice il meccanismo della serialità, metteranno in discussione il loro amore. Si trovano infatti coinvolti affettivamente da altre persone: in La rivale di Eva (anno IX, n. 4, 1970) Diabolik sembra essere attratto dall’orientale e dolcissima Yama e in Un amore nuovo (anno 70
M. Boneschi, op. cit., p. 86.
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Eva Kant e Diabolik. Angela Giussani – Luciana Giussani – Glauco Coretti – Enzo Facciolo, Ricordo del passato (1969), in Eva Kant, Roma, L’Espresso, 2003. © Astorina s.r.l.
XIII, n. 25, 1974) Eva si innamora, anche se sotto ipnosi, del contorto scrit-
tore Regan. Si allontanano per brevi periodi: in Disperato addio (anno XII, n. 18, 1973) Eva abbandona il suo eroe dicendogli di aver trovato un uomo capace di offrirle una vita tranquilla, mentre in realtà le è stato diagnosticato un tumore (poi rivelatosi un semplice contrattempo di salute). Sono vittime di inganni e insistenti avances: in Nessuno risponde (anno XXVI, n. 10, 1987), la facoltosa Liliana Hemmer cerca di conquistare Diabolik, e mette fuori gioco la sua compagna. Eppure questo amore resiste al tempo, quello del racconto e quello della realtà: certo, i due protagonisti sono sospesi in una dimensione atemporale, per cui non si può propriamente affermare che il loro amore duri da quarantacinque anni, ma resta indubbio il fatto che, anche nei momenti in cui sembra più compromesso e anche nei periodi di più forte liberalizzazione sessuale, il loro rimane un «sentimento pulito, che sa d’antico».71 71 A. Carboni, op. cit., in G. Brunoro – A. Carboni – A. Vianovi – M. Burattini – F. Fossati (a c. di), op. cit., p. 46. Le storie Disperato addio, La rivale di Eva, Nessuno risponde, Un’altra donna sono raccolte nel volume Le rivali di Eva, Milano, Mondadori, 1997.
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Eva e Diabolik possono essere considerati come una coppia sui generis: sono dei fuorilegge, agiscono al di fuori del sistema, trasgrediscono anche nella scelta di «concubinato», eppure la loro intimità di amanti è sconosciuta al lettore. La fisicità sembra cancellata: nessuna posa equivoca e ammiccante, nessuna scena scabrosa. I soli atti d’amore visivi che ci vengono mostrati sono i baci romantici (immancabili alla fine di ogni numero), gli sguardi d’intesa o di adorazione,72 qualche frase sdolcinata («Amore, non li ho osservati, guardavo solo te») e altre, sporadiche, più sibilline: nel finale di Il giorno di San Valentino (anno XXXVI, n. 2, 1997), a Eva che gli chiede di partire subito per un viaggio Diabolik risponde: «Compreremo tutto quello che ci occorre nella tua meravigliosa isoletta dei mari del Sud! Cioè due costumi da bagno… anzi, magari nemmeno quelli…». Un amore metafisico, dunque, al punto che i due dormirono per molto tempo in letti separati,73 dopo l’episodio in cui si vedono appropinquarsi insieme verso un letto matrimoniale e che aveva causato il temporaneo sequestro della testata da parte di un magistrato di Pavia.74 E la solidità di questo rapporto rarefatto, a tratti quasi claustrofobico, affascina ancor oggi: Sono loro che sanno come far funzionare una vita di coppia in maniera perfetta (altro che le eterne fidanzate di certi fumetti!), sono loro a mettere in pratica la perfetta uguaglianza tra uomo e donna, sono loro a non lasciarsi e a rispettare un – peraltro non esplicito – patto d’amore eterno. Che poi le ra-
72 Nel già citato primo incontro, l’intesa tra i due sarà proprio una questione di sguardi: Eva infatti salva Diabolik dalla ghigliottina utilizzando il battito delle palpebre come un alfabeto Morse. 73 «Hanno dormito per anni in letti separati, con lei che indossava camicie da notte tremende… adesso è diverso: letto matrimoniale e camicie che sono una delizia. Ma niente sesso: ai nostri lettori non interessa» racconta Patricia Martinelli, con centinaia di sceneggiature all’attivo, ad Anna Maria Speroni, «45 anni di perfidia vincente», in Io Donna, supplemento settimanale al Corriere della Sera, n. 3, 20 febbraio 2007, p. 30. 74 Nel marzo del ’67 venne sequestrato anche il numero 82, Il tesoro sommerso, a causa della presenza di una ragazza che nuota in bikini. Il clima censorio di quegli anni, che cercava di contrastare il dilagare dei fumetti neri, portò alla stesura di un «Codice morale dei fumetti» nel 1961; trovo interessante in questa sede riportare uno degli articoli: «sono proibite le eccessive nudità e le pose sconvenienti. Ogni personaggio deve essere presentato in abiti accettabili dal buon gusto e dalla decenza; non si deve accentuare o sottolineare qualsiasi parte del fisico, in particolare della donna». Cfr. Federico Mataloni, «La nascita del “fumetto nero”. Diabolik, il “nero” borghese», in «Il “fumetto nero” nell’Italia del boom (1962-1970)», Fuorileidee.com/exp/angoli/federico/nero/DK_immorale.html.
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pine siano la metafora della loro troppo fantasiosa (e dunque illecita) sessualità, è ipotesi che possiamo solo suggerire.75
Diversi studi sulla serie hanno inoltre dimostrato che il segreto della longevità editoriale di Diabolik è proprio la presenza di una controparte femminile con un’identità solida e affascinante. Luigi Allegri, Adelmina Bonazzi e Rossella Ruggeri, in controtendenza a un parere pressoché unanime, affermano invece che Eva «resta comunque un personaggio in condizione di dipendenza dal protagonista a cui non è concessa, all’interno del racconto, nessuna iniziativa propria».76 Si tratta, a mio avviso, di una conclusione quantomeno frettolosa, per almeno due ordini di motivi, uno narrativo e l’altro puramente editoriale. Innanzitutto, sono numerose le situazioni in cui Eva e Diabolik non agiscono insieme ma parallelamente (è il caso, per esempio, di Professione: ladra, anno XIII, n. 23, 1974, o Il colpo di Eva, anno IX, n. 15, 1970), e comunque nella realizzazione di ogni piano Eva si rivela un prezioso e valido aiuto, tanto che in più occasioni progetta autonomamente piani di fuga per il compagno.77 Non solo: se Eva inizialmente poteva sembrare intimidita, spaventata, quasi succuba, atteggiamento dovuto con molta probabilità alla scarsa conoscenza dei modi di operare del compagno, con gli anni si è decisamente emancipata acquisendo una sua autonomia d’azione (in un episodio del 1994, L’ombra della morte, anno XXXIII, n. 4, Diabolik è fuori combattimento in 100 pagine su 120): le sue decisioni sono più istintive di quelle di Diabolik (che pianifica al dettaglio ogni piano), sviluppa un’abilità fisica sorprendente per una donna, e una spiccata sensibilità di entrare nel personaggio di cui assume l’identità, impossessandosi anche delle emozioni altrui;78 ha 75
Luca Raffaelli, «Introduzione» a Angela e Luciana Giussani, Eva Kant , Roma, L’Espresso, 2003,
p. 6. 76 Luigi Allegri – Adelmina Bonazzi – Rossella Ruggeri, «Sexy e neri. Io taglio, tu spari», in A.C. Quintavalle (a c. di), op. cit., p. 83. 77 Anche G. Seveso, op. cit., p. 63, riconosce che «la non inferiorità del personaggio femminile rispetto a quello maschile è evidente nella struttura di molte storie, che presentano una certa specularità nel destino e nel ruolo dei due fidanzati»; e, a proposito di Eva, aggiunge: «il profilo del suo personaggio si è evoluto più di quello del suo temibile fidanzato, è dotato di maggior humour e di un carattere più sfaccettato e complesso», p. 64. 78 La miglior adattabilità di Eva alla maschera è dovuta «ad una innata curiosità femminile, che indaga e scandaglia più a fondo le varie sfaccettature della donna che ha sostituito o che intende sostituire»; non solo, tenendo conto del fatto che questo artificio è opera di donne, l’autore finisce per considerare
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perfino un rifugio segreto di cui Diabolik ignora l’ubicazione. Indipendenza suffragata anche da un’iniziativa editoriale, che testimonia la tenuta del personaggio al di là della rigida gabbia del fumetto seriale: nei tardi anni Settanta, cuore della rivendicazione femminile, il mensile Cosmopolitan dedicò proprio a Eva una breve serie di episodi da protagonista assoluta.79 Il fatto che di recente (nel 2007) quegli otto racconti, per la prima volta a colori e in versione rimontata a due o tre vignette per Non solo Eva Kant… Angela Giussani – Luciana Giussani – pagina, siano stati ripropoPatricia Martinelli – Flavio Bozzoli – Glauco Coretti, Professione: ladra (1974), in Eva Kant, Roma, L’Espresso, sti da Mondadori in un vo2003. © Astorina s.r.l. lume dal titolo Eva Kant. Lontano da Diabolik, è un segnale ulteriore della portata e della popolarità del personaggio. Non solo, di recente è uscito un nuovo volume, in occasione della Festa della donna, in cui Eva Kant insegna alle lettrici come evitare situazioni pericolose o come eventualmente tirarsene fuori, attraverso una serie di consigli «la maschera come gesto rituale quindi, oltre che reale» («chi meglio di una donna – infatti – potrebbe descrivere in modo così attento e indagatore tutti i vari tasselli che compongono il puzzle?»), A. Carboni, op. cit., in G. Brunoro – A. Carboni – A. Vianovi – M. Burattini – F. Fossati (a c. di), op. cit., p. 40. 79 Le strisce sono state pubblicate originariamente a cavallo degli anni ’76-’77 e poi ristampate, ma solo parzialmente, su Il Mago, appena pochi mesi dopo la prima pubblicazione. Gli otto episodi di otto tavole ciascuno costituiscono anche la prima esperienza di collaborazione della futura coppia del «mystero» Alfredo Castelli – Giancarlo Alessandrini (con la collaborazione di Mario Gomboli) e puntano tutto sull’ironia delle situazioni. Inoltre, per festeggiare il quarantesimo compleanno di Eva, una breve storia inedita dal titolo Il fascino della pantera è stata allegata a un altro magazine, Capital, sul numero di marzo del 2003.
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di autodifesa;80 e coi suoi occhi azzurri e i capelli biondi elegantemente raccolti è riuscita a sbarcare anche su altri media: ha fatto ad esempio da testimonial alla Renault Twingo,81 ha posato per il calendario Faac del 2002, e, interpretata da Claudia Gerini, è stata protagonista di un videoclip musicale (Amore impossibile dei Tiromancino, 2004, per la regia, non certo a caso, di Lamberto Bava, che già ne diresse il film nel 1968). Lady Kant, inoltre, è anche «una delle poche figure femminili che non propone difficili o addirittura impossibili conciliazioni tra femminile e maternità»:82 mentre alcune eroine saranno costrette a rinunciare al loro lato materno o dovranno risolverlo su un piano simbolico, e altre si troveranno ad affrontarlo con fatica e non pochi tormenti, la compagna di Diabolik ha una figlia adottiva, Bettina Ramblé, che le permette di appagare il suo istinto materno, ma che le resta sufficientemente lontana da non creare particolari inquietudini nel loro rapporto e nel suo senso di maternità. La rilevanza del femminile nelle sceneggiature di Angela e Luciana Giussani risulta infine rafforzata dalla presenza delle comparse, sempre personaggi di primo piano, con caratteri molto forti e ruoli ben definiti. L’emancipazione di queste «figuranti», a cui peraltro è quasi sempre dedicata la quarta di copertina, emerge non solo dal carattere e dalla biografia individuale, ma anche dal ruolo sociale che, collettivamente, ricoprono: sia che incarnino una figura positiva (la donna romantica, dolce, sensibile) che una negativa (l’audace e caparbia), prendono comunque le distanze dallo stereotipo della donna casalinga,83 ancora la norma anche se non l’esclusiva in quegli anni. Anni che hanno visto la nascita dell’eroe e sembrano fare da sfondo alle sue prime avventure. 80 Cfr. Eva Kant (sic), Senza paura. Tecniche e strategie per proteggersi e difendersi, Milano, BD Edizioni, 2008. Il volume contiene fumetti esplicativi, schede di approfondimento, riferimenti al codice penale, tecniche di combattimento descritte da professionisti dell’autodifesa. Il progetto originale è del 2001, quando, a esclusivo beneficio dei fan, uscì il volume Eva Kant, quando una donna deve difendersi, Rimini Idea Libri, 2001. 81 La campagna pubblicitaria del 2002 dal titolo «Renault Twingo Nuova Collezione, insospettabilmente diabolica» aveva per protagonista la modella francese Sara Anastasia che, nei panni di Eva, usava l’auto pubblicizzata per scappare dopo un furto. 82 G. Seveso, op. cit., p. 69. 83 Difficilmente Eva è colta nell’atto di sbrigare le faccende domestiche: personalmente, soltanto in un episodio (L’altro uomo, anno XIII, n. 2, 1974), ho potuto vederla ai fornelli con un grembiule da cucina mentre è alle prese con un pasticcio di maccheroni; anche in quell’occasione, tra l’altro, sta «lavorando» da ladra: l’invito a cena è infatti per Flavio, nipote della vecchia Edvige, che possiede una favolosa collezione di perle.
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In generale le donne di questo noir in parte rispecchiano e in parte precorrono i tempi, quei primi anni Sessanta, ancora permeati del «bifrontismo» proprio del decennio precedente. Credo che molto sia dipeso dal fatto che le autrici fossero donne: come osserva infatti la fumettista e illustratrice Cinzia Ghigliano, «Eva è come le donne della generazione Giussani vedevano – e forse ancora in parte vedono – la donna ideale. Forte è quindi la presenza, il pensiero di chi l’ha creata».84 Osservatrici privilegiate dei cambiamenti in corso, queste prime «fumettare» ebbero la possibilità di trasferire su carta una rappresentazione del femminile più moderna, non ancora del tutto avvenuta nella realtà, ma caldamente sperata. E sempre dalle pagine di questo fumetto, non dimentichiamolo, invitarono pubblicamente i lettori a votare per il no al referendum per la legge sul divorzio, per poi appoggiare la battaglia femminista.85
III.3 Donne «Prattiane» e «Altaniane» Non è questa la sede per entrare nel dibattito sul cosiddetto fumetto d’autore. Semplicemente si desidera intraprendere una riflessione sulle donne raccontate da una certa scuola di autori: la necessità di operare una scelta ha portato alla decisione di privilegiare due maestri, ciascuno a modo proprio, del fumetto di casa nostra, nella consapevolezza di lasciare aperta la porta ad altre riflessioni, nella convinzione che avremmo potuto avventurarci in altri luoghi altrettanto stimolanti, come scandagliare il femminile nell’opera visionaria di Andrea Pazienza o più in generale perderci tra le pagine delle riviste, «cannibali» o «valvoliniche» che fossero, protagoniste di un ventennio irripetibile.86 Entrambi cittadini del mondo, avendo lavorato anche fuori dai confini italiani, Hugo Pratt e Francesco Tullio Altan incarnano due modi diffe-
Angela e Luciana Giussani, Eva Kant. Lontano da Diabolik, Milano, Mondadori, 2007, p. 104. Cfr. Davide Barzi – Tito Faraci, Le regine del terrore. Angela e Luciana Giussani: le ragazze della Milano bene che inventarono Diabolik, Milano, BD Edizioni, 2007. 86 Cfr. Franco Giubilei, Le donne, i cavalier, l’arme, la roba. Storia e storie di Andrea Pazienza, Reggio Emilia, BD Edizioni, 2005; Luca Boschi, Frigo, valvole e balloons. Viaggio in vent’anni di fumetto italiano d’autore (a cura di P. Pallavicini), Roma-Napoli, Theoria, 1997. 84 85
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renti di coniugare le possibilità espressive della letteratura disegnata: da una parte, un segno grafico essenziale unito a un’indiscussa abilità narrativa che hanno consentito al suo personaggio più fortunato, Corto Maltese, di approdare anche in televisione come protagonista di due serie animate; dall’altra, un pennino, iniziato al fumetto dal mensile per soli uomini Playmen, velenoso ed eclettico, capace sia di plasmare teneri personaggi per bambini sia di fare pungente satira politica. E non poteva che essere diverso anche l’approccio dei due fumettisti al mondo femminile: se Pratt infatti sembra percorrerlo in punta di piedi, insieme al suo marinaio, quasi con l’imbarazzo dell’ospite inatteso, Altan si diverte a mettere in vignetta il «lato B» di ogni donna, la sua veracità e la tagliente ironia, ma anche le sue imperfezioni, fisiche e umane. III.3.1 Nei porti di Corto Nato a La Valletta, sull’isola di Malta, il 10 luglio 1887, Corto Maltese è figlio di una gitana andalusa, prostituta di professione, e di un marinaio bretone di passaggio: dai genitori eredita il carattere zingaresco e l’amore per la libertà, che lo portano a spostarsi di continuo senza mai mettere radici.87 Perennemente infilato nel pastrano blu della Marina Militare e con il cappello bianco in testa, ha lineamenti spigolosi, capelli incolti, basette lunghe quasi fino alla bocca e un vistoso orecchino all’orecchio sinistro. Se le creatrici di Diabolik avevano saputo infondere in Eva un animo autentico di donna, Pratt trasferisce nelle signore e signorine incontrate dal suo gentiluomo di fortuna tutto l’amore che nutre nei confronti dell’altro sesso: queste creature hanno racchiuso tutto il loro fascino nella vitalità dei loro sguardi e sono descritte con toni poetici ed ermetici al tempo stesso, quasi che l’autore volesse sottrarsi al suo «mestiere» di
87 «Lo sanno tutti che Corto Maltese era Hugo Pratt. Non perché gli somigliasse fisicamente ma perché il carattere del marinaio era quello del suo ideatore, un uomo che aveva fatto dell’avventura uno stile di vita. Dotato di grande intuizione e di notevole cultura, Pratt considerava il viaggio una forma di crescita interiore e le vicende del suo personaggio riflettono le sue esperienze in giro per il mondo, dal Brasile, all’Argentina, all’Africa, fino alla sua Venezia»: Marco Bussagli, Fumetto, Milano, Electa, 2003, p. 75.
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narratore, e sparire, nel rispetto dell’intimo rapporto che Corto instaura con ognuna di loro. Per questo, sono un «mistero assoluto, come certe canzoni che ti entrano dentro senza bussare»:88 semplici comparse o vere e proprie deuteragoniste, restano la cornice della vicenda avventurosa, ma non «infastidiscono» per questo ruolo di contorno proprio perché non risultano mai svilite in rappresentazioni scialbe e stereotipate.89 Corto Maltese non è né il tipo con «una donna in ogni porto», né il misantropo alla Tex che per la gran fatica di capire il genere femminile finisce per non considerarlo. È piuttosto un uomo solitario, libero, cosmopolita: il suo continuo vagabondare rende difficile a qualunque donna poterlo seguire ed egli viaggia proprio per questo, per fuggire e ritrovare sé stesso. Nell’avventura Corte Sconta detta Arcana,90 al Barone von Ungern che gli chiede cosa sia andato a fare in Mongolia, Corto risponde: «Forse non mi crederete, ma cerco di dimenticare qualcuno». Una donna, l’avventuriero per eccellenza scappa da una donna: «Lei», non ha né nome, né volto, né storia, ma deve aver lasciato non poche ferite, se il lettore arriva a percepire una vulnerabilità inusuale nel protagonista di fronte a quella che è solo una proiezione immaginaria, un ideale tradito. E questa presenza-assenza potrebbe essere il punto di partenza e quello di approdo di un ipotetico viaggio tra le donne incontrate a partire dalla Ballata, perché è da Lei, e dopo di Lei, che prendono forma tutte le fascinose dei mari del Sud, destinate a loro volta a diventare ricordo e immagine inafferrata. La prima è Pandora Groovesnore, gracile e tenace donna-bambina, inserita da Brunoro nella categoria delle «donne complete», quelle in cui tutte le componenti, fisiche, morali e psicologiche, si equilibrano fra loro, contrapposta al gruppo, più numeroso, delle «donne parziali» che, pur essendo anch’esse autentiche, sono rappresentate in modo tale che una par88 V. Mollica, Le donne di Corto Maltese, cit., p. 7. Per le donne trattate nel presente Paragrafo sono state considerate le seguenti storie: Hugo Pratt, Una ballata del mare salato (1967), in Corto Maltese, Roma, L’Espresso, 2003; Burlesca e no fra Zuydcoote e Bray-Dunes (1972), Roma, Lizard, 1997; La casa dorata di Samarcanda (1980), Roma, Lizard, 1996; Concerto in O minore per arpa e nitroglicerina (1972), Roma, Lizard, 1999; Appuntamento a Bahia (1970), Roma, Lizard, 1997; La giovinezza di Corto Maltese (1981), Roma, Lizard, 1996. 89 «I vari caratteri femminili, sono così ricchi di gradazioni da non potersi nemmeno lontanamente paragonare ai vari “tipi” schematici presenti di solito nei fumetti», Gianni Brunoro, Corto come un romanzo. Illazioni su Corto Maltese, ultimo eroe romantico, Bari, Dedalo, 1984, p. 92. 90 Apparsa per la prima volta sulle pagine di Linus nel 1974.
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La giovane Pandora. Hugo Pratt, Una ballata del mare salato (1967), in Corto Maltese, Roma, L’Espresso, 2003. © 1998 Lizard Edizioni / Eredi Pratt
te prevalga sulle altre e che, per questo motivo, non verranno considerate in questa sede.91 Pandora invece è introdotta nella storia d’esordio di Corto Maltese con un anticipo di quindici vignette sul protagonista stesso, quasi a voler avvertire del vero tallone d’Achille di un personaggio di cui ancora non si conosce il volto o semplicemente per sottolinearne la delicata galanteria. Il che la dice lunga sul posto di tutto rispetto riservato al genere femminile. Pandora, definita da Zeus «adorabile disgrazia» e «letale delizia», e da Voltaire «il peccato originale», diviene in Pratt «inconsapevole oggetto d’amore di tutti i protagonisti maschili».92 Ritratto di una gioventù che verso la fine degli anni Sessanta aveva fatto sentire la sua voce, fa parte di quella generazione che più di altre si pensa abbia lasciato un segno, se non altro per aver smosso le acque: viziata e pretenziosa, si rivela estremamente coraggiosa, divisa tra slanci idealistici e puerili ingenuità, eppure in fondo equilibrata, tanto da non cedere all’attrazione per Corto e rifiutare il suo implicito invito a seguirla. «Proprio perché non assomigli a nessuna avrei voluto incontrarti sempre… in qualsiasi posto» le si di-
91 Basti a ricordarle un commento dello stesso Pratt: «hanno vissuto semplicemente alla pari con uomini ovviamente capaci di reggere il loro confronto», ivi, p. 92. 92 F. Colombo, op. cit., p. 270.
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chiara Corto Maltese; era il 1967 quando uscì la lunga avventura della Ballata e neppure le donne di allora assomigliavano ai modelli del passato, i loro modi di vedere sé stesse e di mostrarsi agli altri erano assolutamente nuovi e «rivoluzionari»: «rivoluzione perché spogliarsi diventa un vestirsi, perché togliere diventa un liberare; perché essere non è più un appartenere; perché la sessualità diviene libera scelta al di là di ogni possibile mercimonio».93 E anche Pratt, che pure preferisce giocare sui primi piani del volto riservando al corpo solo qualche ripresa da lontano, valorizza quei fianchi sottili che danno un colpo di spugna a millenni di iconografia femminile e lascia a vista spalle e gambe. Per questo, a mio avviso, e con le dovute precauzioni, Pandora potrebbe essere una ragazza della contestazione sessantottina:94 «gatta selvatica», «sparacaldo Pandora», «romantica bijou»,95 ragazza di buona famiglia, ha tutta l’aria di una che sa fin dall’inizio quel che vuole e impara a conquistarselo, indefessa sostenitrice della propria dignità, dei propri diritti, della propria libertà. Nel giro di poco più di un decennio comparirà altre due volte nelle avventure dell’uomo con l’orecchino, in una conversazione con il cugino di Pandora e in sogno: in Burlesca e no fra Zuydcoote e Bray-Dunes si scoprirà promessa sposa a quello che per Cain è il «solito imbecille blasonato di dollari», mentre in La casa dorata di Samarcanda Corto la sogna vestita in tailleur. Fiera in gioventù, finisce piegata dalla «soffocante acquiescenza alle tradizioni» e dall’«arroganza del denaro»: segno, forse, che alla fine degli anni Settanta il mondo era già, anche se in parte, un altro, che quel modello di futuro colorato, gioioso, «comune», era ormai vecchio, soffocato dal terrorismo e dal progresso tecnico-scientifico, che da un lato fecero ritrarre, spaventate, le masse, dall’altro, trasformarono ancora una 93 Roberto Masiero, «Quando tutto diventa altro», in C. Chiggio – A. Ziche – C. Tosato (a c. di), op. cit., p. 8. 94 Lo stesso Pratt ammette di essersi rivolto, magari involontariamente, alla generazione che di lì a poco avrebbe avviato la contestazione; in un’intervista di Dominique Petitfaux (cit. in F. Colombo, op. cit., p. 269) dichiara infatti che Corto è «legato a un particolare momento […]. Un anno prima del ’68 ho creato questo personaggio votato alla libertà, impegnato nella ricerca di una nuova verginità politica. Corto Maltese rispondeva alla sensibilità politica dei giovani di quell’epoca». 95 Il primo epiteto è di Rasputin, che dopo aver tentato un approccio si vede respinto con un ceffone, gli altri due invece sono nomignoli inventati da Corto (il primo dei quali è successivo a uno sparo che Pandora gli aveva indirizzato).
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volta il modo di vivere, la coscienza del mondo e i progetti per cambiarlo. La trasformazione di Pandora da ragazza in vestitino «primitivo» a donna di classe è il segno grafico di questo riassetto, nonché il riflesso di conclusioni storiografiche e retrospettive condivise: negli anni Sessanta, prima, all’emancipazione nell’aspetto e nel comportamento fisico non corrisposero, per le donne, profonde innovazioni sociali e politiche, complice una certa resistenza anche da parte dei giovani contestatori maschi a prendere in considerazione la questione femminile; con la fine degli anni Settanta, poi, dopo che il femminismo di matrice culturale statunitense era esploso specificando i propri caratteri nazionali, «il panorama sociale femminile cambia apparenza». Le «uniformi en femme sempre più diffuse», le nuove professioni che «dilatano gli orizzonti di aspettative anche delle più giovani», le «leggi del codice d’onore mediterraneo [che] si fanno desuete» rendono conto del fatto che ormai «sulle più ampie libertà spaziali femminili non si discute, sono acquisite».96 A Pandora, giovane e figlia, si affiancano Banshee, matura e compagna, e Bocca Dorata, saggia e materna: è come se Pratt avesse costruito e interpretato attraverso queste tre figure «complete» l’ideale percorso «biologico» e umano di una donna. In Concerto in O minore per arpa e nitroglicerina del ’72, Corto Maltese conosce il suo corrispettivo femminile, un essere che gli è perfettamente simmetrico per età, carattere, sfaccettature nascoste: Banshee O’Danaan, vedova di un eroe della Resistenza irlandese, ha perso l’ingenuità adolescenziale di Pandora e porta nello sguardo, intenso e teso, i segni di una vita sofferta. La si vede cantare le canzoni tradizionali, raccontare con trasporto di sé e dei suoi affetti, ma anche condurre spietata e vendicativa le azioni di guerriglia; un personaggio complesso dunque, in cui la quotidianità si interseca con l’utopia, la sofferenza personale con l’ideologia collettiva, che ricorda, almeno personalmente, la recente caratterizzazione cinematografica di una terrorista dei nostri «anni di piombo», la brigatista Chiara, carceriera di Moro in Buongiorno notte (Italia 2003, di Marco Bellocchio): anche in quel caso gli occhi sono l’elemento che con più immediatezza lascia trapelare lo smarrimento misto a determinazione, la paura intrisa di razionale freddezza. 96 Michela De Giorgio, Le italiane dall’Unità a oggi. Modelli culturali e comportamenti sociali, Roma-Bari, Laterza, 1992, pp. 516-17.
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La giovane Pandora. Hugo Pratt, Una ballata del mare salato (1967), in Corto Maltese, Roma, L’Espresso, 2003. © 1998 Lizard Edizioni / Eredi Pratt
Quanto alla decade sfociata nel Movimento del ’77, considerata sul versante «rosa», Passerini annota: Sul piano sociale il decennio comprende mutamenti in varie direzioni. Si può segnalare l’accentuarsi per molti versi del processo di parità: le donne occupano posti di lavoro di ogni genere [e vedono approvata] la legge sulla parità uomo/donna in materia di lavoro […]. Contemporaneamente quel processo include aspetti difficili e inquietanti; tra essi, la presenza delle donne nel terrorismo, in misura superiore a quella registrata in altri periodi di lotta armata che avevano avuto ben altre giustificazioni ideali e politiche.97
Coscienza politica a parte, resta il fatto che Banshee è l’unica a cui Corto chiede esplicitamente di seguirlo: il suo «… Vuoi venire con me?» e il rifiuto di lei sono carichi di un coinvolgimento emotivo di cui partecipa anche il lettore, ritrovandosi immerso ancora una volta nell’irrimediabile allontanamento tra maschile e femminile. Solo con Bocca Dorata, donna intelligentissima, il rapporto non risulta né deludente né doloroso: lei «è tutto, è la madre e la sorella, l’amante e l’amica prodiga di consigli, la strega e la candida consolatrice, è colei che sa dare la pace nella tormenta e assorbire il risentimento senza rancori, 97
L. Passerini, cit., in N. Tranfaglia (a c. di), op. cit., p. 241.
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giustificandolo».98 Un po’ maga e un po’ saggia dunque, dovrebbe avere più di cent’anni (dice di aver conosciuto il bisnonno del protagonista durante la seconda invasione inglese a Buenos Aires) e incarna alla perfezione la fumosità entro cui alla fine è ricacciato il genere femminile, tracciato con estremo garbo come se fosse poco più che un segno: «alle donne di Corto Maltese si addicono piccoli tasselli di pensiero, come monili discreti, che non hanno la presunzione di svelare, semmai di celare, coltivando così l’illusione di una complicità possibile».99 III.3.2 L’irriverenza è donna La scelta di inserire in questo Paragrafo, accanto a Pratt, un altro punto saldo del fumetto italiano quale Francesco Tullio Altan,100 trevigiano di nascita e padre della celebre cagnolina Pimpa, nasce dalla grandezza di certe sue azzeccatissime vignette che descrivono la nostra società con battute amare e realiste insieme, enunciate proprio da donne. L’attrice Lella Costa, nella prefazione al mini cofanetto101 Nude e Crude, afferma che «sono le donne il vero punto di forza di Altan; è quando parla di donne – anzi: quando fa parlare le donne – che diventa davvero sublime».102 Queste figure femminili spesso sono state, e hanno a loro volta generato, figlie bruttine, goffe, oneste e problematiche; e una volta cresciute si sono trovate di fronte a un bivio: sposarsi o rimanere sole. Se hanno intrapreso la prima strada, decidendo di accompagnarsi a un uomo, si sono immediatamente trasformate in «vecchie», saltando ogni passaggio intermedio: in altre parole, hanno consumato più in fretta le loro energie, si sono logorate presto. Fisicamente però mantengono le stesse caratteristiche di quand’erano bambine: continuano infatti a essere goffe, disarmoniche nei lineamenti e trasandate; se da questo punto di vista sono quindi «irrecupe98 G. Brunoro, op. cit., p. 105. Il personaggio di Bocca Dorata appare negli episodi Appuntamento a Bahia (1970), Samba con Tiro fisso (1970), Un’aquila nella giungla (1970), La conga delle banane (1971). 99 V. Mollica, op. cit., p. 47. 100 Le riflessioni su Altan sono di Samanta Zaghini. 101 Mini per le dimensioni, visto che tutti e quattro i volumi stanno in un palmo di mano: «1. Donne in rivolta», «2. Donne in politica», «3. Donne in amore» e «4. Donne in polemica». 102 Francesco Tullio Altan, Nude e Crude, Torino, Lo Scarabeo, 1994. Cfr. la presentazione di Lella Costa dal titolo «Invece Altan è un uomo» in Donne in rivolta.
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rabili», di contro hanno di frequente un guizzo, si distinguono per quella marcia in più, si differenziano in positivo dai loro tristissimi partner. Possiedono dalla loro un’arma contundente, il sarcasmo: «incoronate dai bigodini, ammantate di grembiuli da cucina, armate di mestoli e di asciuga capelli, sibilano mezze frasi, allusioni mozze, battute dai doppi e tripli sensi, staffilate e colpi di matterello».103 Quando sono sole, invece, le donne di Altan sono molto belle, colte, spiritose e consapevoli. Non solo, sempre secondo Lella Costa, nel corso degli anLa schiettezza delle donne di Altan. Francesco Tullio Altan, Nude e Crude, Torino, Lo Scarabeo, 1994. © ni, sono anche cambiate graficaFrancesco Tullio Altan / Quipos / Lo Scarabeo s.r.l. mente: le prime infatti erano in qualche modo indefinite, spesso comparivano nude, ma erano vagamente imperfette, come se fossero consapevoli di avventurarsi su un terreno a loro sconosciuto e di conseguenza apparivano impaurite; anche i loro volti erano più geometrici, gli occhi orientali e i seni appuntiti. Col tempo invece si sono trasformate, anche se non sorridono, oggi come allora: le labbra piene e gonfie, le narici africane, e i capelli «barocchi», spesso raccolti in acconciature inconsuete ma anche sciolti, talora crespi. Sono donne formose, non grasse: spesso nude, ma di una nudità mai volgare né mirata al voyeurismo. Questo probabilmente per sottolineare il fatto che sono sincere, che esprimono verità senza veli né ipocrisie, che elaborano e trasmettono pensieri reali, anche se non sempre positivi. Insomma, pronunciano la nuda e cruda verità, esattamente come quel 103
Ivi.
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che mostrano. E lo fanno in modo sintetico, dote che spesso manca alle donne reali. Si prenda ad esempio, da Donne in rivolta: «Sono disoccupata, ci ho detto. Beata te, dice. Pensa a me, che sono disoccupato, invece!»; in queste parole c’è tutto: la misoginia, l’incomprensione, l’incapacità di ascoltare le parole dell’altro, la certezza invincibile e indistruttibile della superiorità dell’uomo, superiorità in tutto, sempre e comunque, anche nella sfortuna. Altan ama le donne e le disegna come protagoniste del mondo contemporaneo: a loro egli riconosce il bene più raro e prezioso, la libertà assoluta, impudica, irriverente, senza restrizioni né condizioni. Una libertà che può essere anche sconfitta, amarezza, solitudine («Il mio matrimonio è fallito; per sapere il perché si attende il recupero della scatola nera»104 oppure «Il futuro mi sorride, coi suoi denti cariati») o che non fa mistero del peso della bellezza («Glielo ripeto alla mia bimba: donna è bello, ma donna bella è più funzionale» o «Al giudizio universale ci ridaranno il nostro corpo. Speriamo che non mi diano il mio di quando avrò settant’anni»). Donne raccontate senza tanti giri di parole, quindi, schiette e vere. Va ringraziato Altan, perché forse ci ha descritte meglio di quanto noi stesse avremmo potuto fare, riuscendo a cogliere delle sfumature che forse non tutti notano e soprattutto non sono in grado di riprodurre.
104 Tratta da Nude e crude, cit., «Donne in amore»; le altre battute invece sono estrapolate da «Donne in rivolta».
Le donne del fumetto
L’altra metà dei comics italiani: temi, autrici, personaggi al femminile
® Le donne del fumetto è una panoramica sulle donne a fumetti e sulle donne che fanno fumetti. Il volume indaga sia il vissuto fumettistico di adolescenti delicate come Valentina Melaverde e combattive come Sprayliz, delle mamme della patria nel ventennio fascista e delle professioniste emancipate nelle storie degli anni Settanta; sia le firme prestigiose al femminile del fumetto italiano come Cinzia Leone, Grazia Nidasio o Cinzia Ghigliano e le emergenti come Mabel Morri o Nicoz. Le autrici del saggio – avvalendosi degli strumenti mutuati dalla sociologia della cultura, dagli studi sui media e da quelli di genere, dall’analisi testuale, dalla teoria femminista e dagli studi storici – descrivono le tante femminilità della narrativa disegnata e le situano nel loro contesto culturale di produzione e di consumo.
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