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Fra gusti, sfumature ed eccellenze

Taverne, locande contadine e ristoranti fra le mura di antichi castelli. Da dove cominciare?

La vasta gamma di ristoranti appianesi si presta a ospitare ogni evento e a soddisfare tutti i palati. Nel suo firmamento gastronomico brillano oggi anche due locali stellati che non potrebbero essere più diversi.

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Apochi metri dal municipio, nella sua Osteria Acquarol, Alessandro Bellingeri è pieno di slancio. Con la consorte Perla, nel 2018 è arrivato in centro a San Michele dalla Val di Fiemme, portandosi dietro un’idea nel campo della ristorazione. Nel 2022 è stato insignito della stella Michelin, conducendo Appiano nel firmamento gastronomico, con ben due locali stellati nello stesso comune. “Continuiamo ad essere Alessandro e Perla, ma siamo anche consapevoli del nostro potenziale. Senza per questo negare l’impegno costante che comunque richiede verso la clientela”, afferma Bellingeri. Dal tavolo del ristorante, una finestra apre letteralmente uno spiraglio sull’attività in cucina, mostrando lo chef all’opera, impegnato a trasformare in eccelse creazioni gli ingredienti comprati alle bancarelle del mercato, o dagli agricoltori della zona, e le erbe raccolte personalmente in lunghe passeggiate. Una buona dose di apertura, dunque, realmente vissuta dal cuoco e richiesta anche ai propri commensali. Come il locale, l’Acquarol è un vino piacevole da bersi, ma dietro c’è dell’altro. Per esempio l’invito a scegliere fra tre diversi menù degustazione. “La novità 2023 sarà un menù totalmente green”, svela il cuoco stellato. La stessa Appiano è ormai da tempo molto più di un luogo di lavoro. “La natura fuori dall’uscio e la vicinanza alla città ne fanno un cocktail accattivante”, spiega Bellingeri. La buona concentrazione di locali di qualità genera inoltre una scelta per la clientela, sia in termini di ristorazione che di alloggio.

NON SIAMO UN RISTORANTE PER TUTTI I GIORNI.

MA

Danilo D’Ambra, Schloss Freudenstein

Una cucina eccellente

“Dove capita mai di vedere un ristorante stellato dalla vetrina di un altro?”, si chiede un energico Herbert Hintner, titolare e chef del Ristorante Zur Rose, detentore da ormai 28 anni della stella Michelin. Con una cucina creativa e un’eccelsa cultura enoica, Hintner e la moglie Margot sanno come conquistare i palati.

“Senza rinnegare specialità locali come Schlutzkrapfen e Tirtlan, ne proponiamo varianti al passo con i tempi”, illustra lo chef stellato sapendo che mai potrà rinunciare ai classici della sua cucina, come la testa di vitello, il soufflé di canederli al formaggio, il rotolo di pasta o i ravioli al ripieno di pere secche.

Con le sue 500 etichette, la lista dei vini (principalmente altoatesini) è assai lunga. Vini invecchiati e annate particolari vengono proposti anche al bicchiere. Nella cantina del locale, Margot Rabensteiner custodisce 5000 bottiglie dei migliori vini.

Ma anche a uno come Hintner non sfuggono i vantaggi di uno scenario gastronomico possibilmente vario che vede Appiano proporre, accanto ai templi della ristorazione, anche locande genuine con piatti tradizionali: “perché non tutti i giorni si ha voglia di un menù di cinque portate.” Nel firmamento gastronomico, dunque, la stella Hintner non si fa alcun problema a fare spazio al vicino dell'Osteria Acquarol perché “le nostre cucine sono fondamentalmente diverse.”

Momenti speciali

“A mancarci davvero, fra queste nostre montagne, è il mare”, sostiene Danilo D’Ambra, chef del ristorante Schloss Freudenstein. Cresciuto in Alto Adige, riesce con i suoi piatti a compensare lo squilibrio che le sue origini meridionali gli fanno sentire: “noi lavoriamo molto con il pesce.”

Ma ama affidarsi anche agli ingredienti che crescono intorno al castello, nei 200 metri quadri di verde coltivato in proprio, e forniti dagli agricoltori della zona o raccolti nei boschi dei dintorni. “Non creo un menù per poi andare alla ricerca degli ingredienti; prendo invece quel che la terra offre in un dato momento e ne faccio creazioni da portare in tavola”, spiega D’Ambra nel riassumere la sua modalità di lavoro. Nascono così marshmallows alle rape rosse, ravioli di carne in salamoia e il “brodo del bosco”. Le castagne del podere del castello si sposano con il ragù alla genovese. Non è una cucina semplice. Non siamo un ristorante per tutti i giorni. Ma per momenti unici e speciali”, asserisce consapevole Danilo D’Ambra. L’antica residenza nobiliare consente di fondere i piatti con l’ambiente, la ricettività alberghiera con la proposta di eventi, andando a proporre un tutt’uno in grado di emozionare. E momenti coronati dalle bollicine dello spumante della cantina del castello.

Il fascino dell’antico

Storiche sono anche le mura fra cui opera Manuel Ebner della Residenza Rungghof a Cornaiano.

“Avendo un albergo, non posso non fare anche da mangiare ai miei ospiti. È il principio su cui si fonda la ristorazione”, ricorda pensando al legame gastro-ricettivo. Già la bisnonna Rosa cucinava alla residenza. Una volta rilevata dalla nuova generazione di albergatori, la struttura signorile sotto tutela architettonica è andata incontro a cambiamenti. Ebner ha deciso molti interventi di modifica e ampliamento, pur rimanendo sempre attento a “mantenere intatto il fascino dell’antico”.

“È importante saper cogliere le opportunità della struttura che hai a disposizione. Non puoi certo abbattere secoli di storia”, osserva deliziandosi al ricordo dei “20.000 giochi d’ombre che la luce riesce a disegnare su un muro storto.”

Guidando la cucina in quella che è l’azienda di famiglia è ovviamente indaffarato, tra proposte raffinate, Fine Dining nel luminoso salone del Ristorante 1524 e piatti genuini e tradizionali nell’ambiente dell’omonimo bistrot. Una sola firma, ma stili diversi, che gli consentono di lavorare tutto l’anno e con oculatezza nell’uso delle risorse. Eccolo allora comprare un intero animale da un contadino e lavorarne ogni singola parte. “Per me non ci sono parti meno buone, o da scartare. È invece importante portare rispetto al prodotto”, chiosa Ebner.

È così che, anche in cantina, troviamo vini accuratamente selezionati, sinceri, che si sono aggiudicati un posto non solo in virtù dell’etichetta.

Vino protagonista

“Appiano senza vino? Impossibile”, conferma senza esitazioni l’enologa Kathrin Oberhofer. Da quasi vent’anni gestisce l’enoteca-ristorante Ansitz Vinothek Pillhof a Frangarto. La posizione, proprio all’ingresso dell’Oltradige, ne fa una gradita prima tappa lungo la Strada del Vino dell’Alto Adige. “Su richiesta, sono pronta a servire al bicchiere qualsiasi vino e questa disponibilità è molto apprezzata dagli avventori”, afferma la ristoratrice mostratasi pronta, fin dall’inizio, a servire sfusi anche vini di qualità. I piatti abbinati sono studiati con cura e gli ingredienti attentamente selezionati.

“Anche in ambito turistico il vino occupa un posto di primo piano. Nel bagagliaio di chi torna a casa da una vacanza ci sono spesso bottiglie delle cantine della zona”, sa per esperienza la signora Oberhofer. I vini locali sono molto richiesti, ultimamente. “E ci sono continuamente piccoli e nuovi produttori capaci di risvegliare grande interesse”, si rallegra la sommelière pensando già ai suggerimenti da dare al prossimo cliente. Ma anche pensando al successo a cui stanno andando incontro i vini biologici e biodinamici.

Dove Capita Mai Di Vedere

Un cuore sincero

Kathrin, come si lascia amorevolmente chiamare, conosce una per una tutte le 700 etichette dell’enoteca Ansitz Vinothek Pillhof. Ma i clienti vengono qui anche appositamente per lei, l’anima bella del ristorante. “Si ricordano sempre più spesso delle persone. Che sia un sommelier attento o una cameriera gentile”, osserva la ristoratrice, consapevole delle esigenze della clientela, e sempre pronta a consigliare un abbinamento con il sorriso sulle labbra.

A sapere cosa vuol dire essere il volto, o il marchio, di un’azienda è anche Elke Schwarzer. Assieme al marito Stefan, gestisce a San Paolo il Paulser Hof; senza la “padrona”, come la chiamano nelle recensioni, tutto questo non sarebbe possibile, oppure solo in parte. “È vero, ho una specie di fanclub”, ammette la responsabile del servizio ai tavoli e della cantina.

Quando lei non c’è, quell’ambiente fra antiche mura, uno stupefacente soffitto a cassettoni e una tradizionale saletta dell’Oltradige, non è più lo stesso. Manca lei, e anche i deliziosi piatti della tradizione tirolese non hanno lo stesso gusto. E sì che vengono da lontano apposta per la gustosa testina di vitello, il fegato di vitello alla veneziana o la zuppa acida! La padrona di casa si considera un anello di congiunzione: fra clienti, cucina, cantina, produttori, fornitori e partners. “Un’eccellente qualità di servizio consente di fidelizzare la clientela”, afferma convinta. Tanto quanto la bontà dei canederli, dell’arrosto con cipolle o delle specialità di selvaggina. O dell’eccellenza dei vini locali, delle rarità enologiche e delle annate speciali servite dalla sommelière al bicchiere.

Qualità e savoir vivre

“La qualità ha molti volti. Non significa necessariamente fregiarsi di una stella. Anche la cucina casareccia può essere di ottima qualità”, afferma convinto Thomas Pichler, giovane titolare della locanda Lipp a Predonico. Cuoco di formazione, punta sulle specialità tirolesi fatte in casa, come le mezzelune ripiene, le diverse varietà di canederli e i piatti di stagione, con gli asparagi o i finferli, la salsiccia della casa e i crauti acidi. “Nell’insieme è il pacchetto a dover essere perfetto, non solo la buona tavola”, sottolinea Pichler. La terrazza soleggiata e l’incredibile veduta panoramica sulle montagne circostanti non sono certo un dettaglio a margine.

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