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Dietro catenacci e serrature, un mondo alla rovescia
Dall’aspetto esteriore alquanto modesto, Castel Palù (Moos) cela dietro alle mura medioevali una realtà totalmente inaspettata, fra giardini dell’Eden e guerre tra gatti e topi.
Insignificante? Modesto? Questi aggettivi avrebbero fatto montare su tutte le furie Wolflin von Firmian, il nobile signore che fece erigere il nucleo centrale del complesso. Quella torre costruita in pietra, ben visibile da lontano, era infatti stata pensata essenzialmente come emblema di prestigio, all’inizio del XIV secolo. Ad Appiano, la zona più ricca di castelli d’Europa, Castel Moos trova oggi però una fortissima concorrenza. “Ma l’aspetto esteriore inganna”, sostiene con veemenza Ingrid H. Klauser che continua asserendo: “abbiamo cose da offrire che nessun altro castello si sogna.” Guidandoci nell’ala museale dell’antica struttura, ce ne fornisce subito le prove: sette ambienti di epoche e stili diversi, dal Romanico al Gotico e al Rinascimento. Termini che potrebbero risultare criptici ai non addetti ai lavori, ma la visita riesce subito a trasportarci in un passato molto lontano “non tanto grigio e buio come potremmo immaginarci pensando al Medioevo.” Al contrario: Castel Moos cela un’introduzione allegra e vivace a un “mondo alla rovescia”.
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Topi che dichiaran guerra ai gatti
Una lampada a piedistallo, quattro pareti dipinte e un soffitto di calce bianca con decorazioni. Non c’è altro ad attendere i visitatori nella sala patronale e della caccia. A ben guardare, tuttavia, accanto alla banale rappresentazione di una caccia allo stambecco, a solo scopo alimentare, o della più nobile caccia al cervo riservata ai signori, si nota una scena insolita: la guerra dei gatti e dei topi. A sorprendere, di questo affresco relativamente ben conservato, non è tanto l’elemento artistico, quanto piuttosto l’origine egizia di questa storia, variamente raccontata, dipinta e disegnata, ma mai messa per iscritto. Il linguaggio iconografico è marziale. Dietro la tenda del re dei topi si scorge un patibolo al quale un topo appende un gatto e una gatta, mentre il sovrano dei felini troneggia in un castello e i suoi gatti soldati respingono l’attacco dei topi. A stabilire un nesso locale con la scena bellica è il corso del fiume Adige, dipinto al margine inferiore.
L’accalappiatrice dei 3 buffoni
Ad avere fatto bottino è anche, sulla destra, una figura di donna cacciatrice, che pur porta al braccio un cuculo, al posto di un falco. Conduce alla fune tre uomini con cappello da giullare. Pare che quando le donne prendano il sopravvento, gli uomini perdano sovranità. Più equilibrato è invece il rapporto nel giardino delle delizie con la fontana dell’amore. Vi passeggiano coppie di giovani ma l’elemento di maggior spicco è un albero dal quale pendono falli, raccolti con evidente piacere da vergini nude. “Se si pensa agli scontri bellici di quei tempi e alle armature che lasciavano scoperta proprio questa parte del corpo maschile, è evidente quanto potesse essere pratica la ricrescita degli attributi”, osserva Klauser filosofeggiando con i visitatori divertiti alla vista dell’albero fallico.
L’inferno del letto a baldacchino
Castel Moos Una Macchina
DEL TEMPO, E NON SOLO
ESTERNAMENTE; ANCHE GLI
INTERNI CONSERVANO INFATTI
TRACCE DELLE SUE DIVERSE FASI
DI SVILUPPO.
Thomas Amonn, Presidente della Fondazione Walther Amonn
Molto meno romantica è la situazione nella stanza attigua, dove il letto a baldacchino rende bene l’idea di quanto fosse scomodo e stretto dormire su irsuti sacchi di paglia avvolti negli indumenti di tela rigida in uso un tempo. Oggi sinonimo di romanticismo, il letto a baldacchino era un tempo l’esatto contrario per molti cavalieri, e soprattutto donzelle, costretti a sposarsi contro il proprio volere. All’angustia del giaciglio si contrappone tuttavia l’ampia veduta apprezzabile dalla latrina, un contrasto capace di strappare risolini fra i partecipanti alla visita.
Che la contessa avesse primariamente il compiuto di procreare, emerge con chiarezza anche dai simboli di fertilità che si rincorrono nella caminata. Malgrado i frequenti passaggi di proprietà della residenza, e i continui ampliamenti della struttura, le stanze sono ancora molto fedeli all’originale. “Castel Moos è una sorta di macchina del tempo, e non solo esternamente. Anche i suoi interni conservano intatti elementi delle diverse fasi di sviluppo. Nonostante i numerosi rimaneggiamenti e interventi eseguiti nel corso dei secoli, non si è mai avuto un adeguamento estetico e funzionale in favore di una maggiore comodità o rappresentatività”, nota compiaciuto Thomas Amonn, presidente della “Fondazione Walther Amonn” che oggi gestisce e amministra il castello. Fu infatti il commerciante e collezionista d’arte Walther Amonn ad acquistare nel 1958 quel castello in rovina, a risanarne la struttura e a renderla accessibile al pubblico allestendovi un museo dedicato alla cultura abitativa e all’arte popolare medioevale.
La Stube e la cucina annerita di fumo
Un elemento di grande richiamo è la saletta gotica, in ottimo stato di conservazione, con il soffitto ligneo a carena e travi intagliate a mano, con tanto di Spirito Santo e angolo del Crocifisso. Di particolare fascino sono anche le grandi finestre con vetrate a rulli e le sedute antistanti.
Molto cupo è invece l’ambiente della cucina annerita dalla fuliggine. L’uso di legna raccolta secondo le fasi lunari ha permesso sinora di evitare incendi del soffitto in legno. “All’occorrenza sarebbero stati pronti i pompieri”, nota Klauser indicando una lunga barra di ferro sul soffitto, solitamente utilizzata per appendervi recipienti di cuoio colmi d’acqua per estinguere l’incendio.
Proprio sotto, si trova una gran varietà di padelle e tegami, piatti e oggetti minuziosamente lavorati, come poggiapentole, padelle per la tostatura dei chicchi di caffè, utensili per preparare le cialde e sbattere il burro, un telaio in legno per conservare il pane e un tagliere a cassetto per tagliarlo a fette. Anche la stanza della servitù ha qualcosa da raccontare sulla società di allora, sul lavoro alla gramola per il lino e alla ruota dell’arcolaio, sull’uso della vaschetta da vendemmia e del coltello da viticoltore, ma anche sulla minuzia di lavorazione delle gabbie per topi e delle borsette ricamate. Un ultimo sguardo attraverso lo spioncino non svelerà magari i segreti più reconditi di questa residenza ma evidenzierà con chiarezza che Castel Moos è un autentico gioiello, troppo modesto, ma tutt’altro che insignificante.
Sulle orme della storia: Castel Moos Schulthaus fu acquistato nel 1958 da Walther Amonn che lo restaurò, rendendolo inoltre accessibile al pubblico con un museo dedicato alla cultura abitativa e all’arte popolare del Medioevo
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Luccichio d’occhi in inverno
È il periodo più buio e al tempo stesso più magico dell’anno: i giorni d’Avvento ci conducono verso lo splendore del Natale, fra luci e leccornie. Un periodo di grande suggestione nel quale usanze e tradizioni sono più vive che mai. Al Mercatino di San Michele come al Natale a Cornaiano (1° dicembre 2023 – 7 gennaio 2024) gli occhi tornano a brillare come quelli dei fanciulli.