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Generazione Futuro: quo vadis?

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È una gran fortuna che in molte realtà appianesi vada affacciandosi una nuova generazione di imprenditori. Da una chiacchierata con alcuni di loro trapelano indizi sui futuri sviluppi delle aziende a gestione familiare, ma anche sul nuovo orientamento turistico, comprensivo del forte legame con il territorio.

Potremmo considerarli esponenti di una nuova generazione di imprenditori, già al comando di aziende appianesi o pronti a rilevare gradualmente l’impresa di famiglia. Abbiamo incontrato Thomas Pichler (28 anni; Cucina) della locanda Lipp, Katja Tschigg (47 anni; Reception, Contabilità, Marketing) degli Appartamenti Villa Montis, Hannes Meraner (30 anni, Cucina) della Pizzeria Meraner, Marion Bologna (30 anni; Reception e Marketing) dell’Hotel Sigmundskron, Felix Leimgruber (23 anni; Produzione, Marketing, Vendite) della Distilleria St. Urban e Andreas Spitaler (45 anni; Ufficio, Acquisti, Servizio) dell’Hotel Spitaler.

Sono ormai 150 anni che questo angolino di paradiso viene scelto per le vacanze. Cos’è a rendere Appiano tanto speciale?

Katja: Innanzitutto la buona posizione geografica. Poi il fatto di avere tanto da offrire a chi voglia camminare o fare trekking, girare in bicicletta o nuotare, giocare a golf e gustare la proverbiale cucina altoatesina. A questo si aggiunge ovviamente un bel clima. Ma ad affascinare la maggior parte dei turisti è l’incrocio fra il vecchio, dei castelli e delle antiche residenze, e il nuovo. E poi anche il fatto che i paesaggi siano ben curati.

Andreas: La posizione di Appiano è molto centrale, nel cuore di un paesaggio di vigneti e frutteti, e punto di partenza ideale per andare alla scoperta del nostro bel territorio. Le città di Bolzano e Merano sono raggiungibili in poco tempo, anche con i mezzi pubblici. Anche le Dolomiti e il Lago di Garda sono a un tiro di schioppo.

Felix: Esiste un’ottima collaborazione fra aziende di vari settori, alberghi, grandi cooperative o piccole distillerie, come la nostra. I turisti avvertono che dietro c’è una passione sincera. Per questo amano tornare e ritornare. Apprezzano il trattamento, attento e personale, che ricevono in tutte le nostre realtà. Frequentano con piacere piccoli locali nei quali i residenti chiacchierano con i turisti e, ancor di più, i turisti scambiano due chiacchiere con la gente del posto. È un bello scambio.

Com’è per le nuove generazioni prendere in mano le redini di un’azienda?

Hannes: Ci deve essere innanzitutto la voglia e il piacere di farlo. Se si prende in mano il timone solo per fare un favore ai genitori, si parte subito con il piede sbagliato. È un’attività che richiede tanti sforzi, tanto tempo e comporta tanto stress, ma che può anche dare tanto.

Felix: Quando accompagno qualche gruppo di turisti amo ripetere che sono davvero fortunato ad essere nato qui. Ho sempre saputo che prima o poi avrei fatto questo passo, ma i genitori non mi hanno mai fatto pressioni. Sono animato dalla stessa passione di mio padre. E i clienti lo sentono.

Marion: È vero che sono cresciuta nell’albergo, ma prima ho studiato per diventare infermiera. Alla passione per la ristorazione ci sono arrivata per vie traverse. Adesso non riuscirei ad immaginarmi da nessun’altra parte.

Thomas: Per me è stato simile. Ho seguito la formazione per diventare fabbro e sono entrato nell’azienda di famiglia solo in un secondo momento, entrando direttamente in cucina. Ecco, adesso posso ripararmi le pentole da solo (ride).

Katja: Io vengo, a dire il vero, dal settore contabile. Ma abbiamo sempre affittato appartamenti per le vacanze, da oltre 40 anni. E quindi sono praticamente cresciuta in questa realtà. Nel settore ricettivo c’è la possibilità di mettere a frutto tutte le proprie abilità. Il lavoro è molto vario. Non si è mai solo cuochi, o solo camerieri, o solo addetti alla reception. Bisogna avere un occhio per tutto, anche per gli aspetti economici e per il marketing. Non basta la sola forza lavoro: ci vuole testa e, ovviamente, cuore.

È faticoso seguire le orme di qualcuno?

Thomas: È stato il mio bisnonno a compiere il primo passo. Mi sento di dire, senza falsa modestia, che è davvero un onore poter portare avanti quanto cominciato da altri membri della famiglia. Certo, è una responsabilità e un impegno, riuscire a fare altrettanto, o addirittura meglio. Bisogna realmente volerlo. Altrimenti la pressione e la concorrenza diventano troppo forti.

Hannes: Si sente sempre dire dai genitori: “Abbiamo faticato molto più di voi e avevamo molto meno tempo libero. A voi va tanto meglio, adesso”. E io dico che oggi, invece, siamo sottoposti a maggiori pressioni. I genitori hanno costruito qualcosa e ora è nostro compito mantenerlo vivo. Poi siamo chiamati a migliorarci continuamente, a dare di noi un’immagine sempre migliore. È molto più difficile oggi riuscire a soddisfare i clienti. La qualità è un criterio. Ed è anche il minimo che dobbiamo

Non Forse Pi Autentico Anche Per Il

TURISTA SE LE COSE NON SONO SEMPRE PERFETTE?

offrire. Non solo rispetto al prodotto, ma anche nel servizio, nella comunicazione, nell’immagine che do di me su Internet. È inevitabile sottrarsi a questa pressione.

Thomas: È tutto il pacchetto, nel suo insieme, a dover essere perfetto. Non è sufficiente proporre buoni piatti.

Il fatto che le aspettative siano cresciute è anche colpa dell’offerta che ha portato l’asticella sempre più in alto?

Hannes: Guardando oltre il proprio orticello, cosa che bisogna assolutamente fare, si notano i progressi fatti dagli altri. E se si vuole continuare ad aggiudicarsi una fetta di quella torta bisogna mantenere il passo.

Marion: Non lo so se prima o poi ci sarà un ripensamento. Mi auguro in ogni caso che possa nuovamente contare la normalità, l’aspetto umano. Non deve essere per forza tutto sempre più grande e lussuoso. Una finestra panoramica ancora più grande, o una piscina ancora più grande, non sono necessariamente meglio.

Thomas: Oggi è un certo tipo di clientela a stabilire cosa devi avere. Nel segmento 5 stelle ti senti dire: “Sono ormai stato per due anni nella stessa camera. Cosa c’è di nuovo?”

Marion: Ma davvero è solo questo che conta? Non è questo il futuro che voglio. La chiave di tutto, secondo me, sta nella differenziazione e nella personalizzazione. Se ci rivolgiamo a una clientela giusta per come siamo noi, abbiamo automaticamente clienti più soddisfatti. Trovo che sia molto meglio fare così, piuttosto che tentare di tenere il passo con qualcuno che con noi non ha nulla a che fare. Noi siamo una piccola azienda a gestione familiare. E diciamo subito, con chiarezza, cosa abbiamo. I clienti che ci scelgono apprezzano proprio quel che abbiamo da offrire.

Parliamo ora del personale: è questa oggi la più grande sfida del settore?

Thomas: Trovare personale qualificato è un grosso problema. Se vuoi assumere un addetto qualsiasi, non hai difficoltà a trovarlo. Ma non ti fai di certo un favore, e anche il cliente non si aspetta di essere servito da una persona qualsiasi. Sono tante le cose da cambiare in questo ambito. La settimana da cinque giorni lavorativi diventerà prima o poi la norma.

Hannes: Cinque giorni non vuole dire però tenere aperta la struttura solo cinque giorni, bensì doversi in qualche modo barcamenare con il personale in modo da tenere comunque aperto sempre. Per un grande albergo è sicuramente più facile che per una piccola struttura a gestione familiare. Noi, in cucina, riusciamo forse a farcela un giorno in più con una persona in meno. Un cameriere può anche essere sostituito da un altro, ma se il pizzaiolo mi lavora solo cinque giorni, vuole dire non avere pizza da proporre per due giorni.

Katja: Dopo la pandemia di coronavirus è diventato in generale molto più difficile trovare personale. L’idea di fare dei tagli ai servizi appare a un primo esame senz’altro plausibile, ma è difficoltoso tradurla in realtà. Il cliente paga per avere un servizio e vuole che sia come si aspetta: a tavola, in camera e nei piatti che gli vengono serviti.

La pandemia ha paralizzato tutto: riusciamo adesso ad apprezzare di più ciò che abbiamo?

Marion: Abbiamo apprezzato, per esempio, la possibilità di tornare a lavorare (ride). Ma anche le cose

Per I Genitori

CERTAMENTE BELLO CHE semplici che abbiamo intorno. Personalmente mi sono resa conto che non occorre andare a cercare le bellezze chissà dove e che spesso basta allontanarsi pochissimo da casa.

QUALCUNO DI FAMIGLIA PORTI AVANTI L’ATTIVITÀ.

Hannes: Abbiamo apprezzato anche il fatto di avere tempo libero a disposizione. Per passare la Pasqua insieme, o festeggiare in famiglia la festa della mamma, come quando eravamo giovani. Insomma, per trascorrere bei momenti insieme. Il primo lockdown sarà anche stato necessario, ma il secondo mi sa di no.

Felix: Dopo quella pausa forzata eravamo grati per ogni singolo amico, ospite o cliente che tornasse a trovarci. C’erano anche quelli che volevano venire a tutti i costi in Alto Adige. Ci ha fatto davvero tanto piacere. I turisti sono i nostri principali clienti e se i ristoranti non lavorano, è davvero dura per la distilleria. Perché ci andiamo a braccetto.

Quanto bene funziona un’azienda familiare?

MANTENERE VIVE TRADIZIONI E CULTURA LOCALI È FRA LE COSE PIÙ IMPORTANTI, SECONDO ME.

Hannes Meraner, Pizzeria Meraner

Thomas: Sui membri della famiglia puoi contare al 100%. Danno una mano e si danno da fare ogni volta che serve. Questo ha dei vantaggi, ma può avere anche svantaggi. Ovvio che la struttura potrebbe funzionare anche con la presenza di dipendenti. Ma funzionerebbe in un altro modo.

Andreas: Il grande vantaggio sta nel poter suddividere i compiti. Stabilendo chi sia responsabile di una certa cosa. E beneficiando dell’esperienza già maturata e degli spunti che vengono da ognuno.

NON BASTA LA

Sola Forza

LAVORO: CI VUOLE TESTA E, OVVIAMENTE, CUORE.

Hannes: La famiglia è quella cosa che rinsalda l’azienda, che ti rafforza. Con un dipendente non si riesce sempre a sfogarsi, ad aprirgli il cuore. In quei momenti puoi parlare con i genitori, stando certo che ti capiscono perché condividono, oltre allo stesso lavoro, anche la stessa passione.

E che ne è della famiglia nella quotidianità del lavoro?

Marion: Io stessa ho famiglia, adesso, e il mio principale obiettivo è fare in modo che si stia bene insieme. Che funzioni. Certo, è diverso se i genitori fanno un lavoro da 40 ore a settimana e l’impegno finisce lì. In tutte le cose ci sono vantaggi e svantaggi. Ma si tende anche sempre a immaginare che l’erba del vicino sia più verde della nostra. Personalmente ritengo sia importante concedersi delle pause e ritagliare spazi a sufficienza per la famiglia. Ma anche per ricaricare le batterie.

Felix: La vita familiare è organizzata in modo diverso. Noi lavoriamo assieme tutta la settimana. Ma in piena stagione capita di rado di ritrovarci a mangiare assieme o di condividere del tempo libero. Di solito approfittiamo dell’inverno, quando c’è più calma, per dedicare più tempo alla famiglia. Diciamo che il tempo viene distribuito diversamente ma, a conti fatti, passiamo tanto tempo con i familiari.

Andreas: Negli otto mesi di apertura, il tempo per la famiglia è ovviamente limitato. Si mangia assieme e, d’estate, i bambini vengono qualche volta a fare compere con noi oppure a camminare con gli ospiti, quando andiamo in escursione. D’inverno, per contro, ci godiamo molto di più il tempo che passiamo assieme.

Quanto è importante il passaggio di consegne in azienda e il sostegno dei genitori?

Thomas: Per i genitori è certamente bello che qualcuno di famiglia porti avanti l’attività. Il passaggio di consegne non è una cerimonia ufficiale bensì, piuttosto, un processo lento e continuo.

Katja: È il grande vantaggio delle aziende di famiglia: continuare l’attività tenendosi per mano. Siamo cresciuti tutti in questa realtà, vivendola fin da piccoli. Sappiamo cosa ci aspetta e sappiamo anche di poter sempre contare sui nostri genitori.

Felix: Se dopo il passaggio di proprietà i genitori si ritirassero completamente dall’attività, non sarebbe certo facile e non funzionerebbe nemmeno, nella maggior parte dei casi. Quando arrivano clienti e sono io a servirli, mentre la volta prima era stata mia madre, noto che sono contenti che a portare avanti l’attività sia il figlio.

Veniamo al passaggio generazionale nella clientela. Ci sono ancora fedelissimi che scelgono la struttura da 50 anni?

Marion: I clienti fissi non devono essere per forza quelli che ritornano ogni anno, prenotando la stessa stanza nello stesso periodo. Il nuovo cliente fisso può anche essere un giovane che torna nella struttura duetre volte per un paio di giorni, prenotando magari senza grande preavviso. Credo sia anche nostro compito rendere l’Alto Adige interessante per i giovani, attirare maggiormente questa fascia di età.

DOPO QUELLA PAUSA FORZATA

ERAVAMO GRATI PER OGNI

SINGOLO AMICO, OSPITE O

CLIENTE CHE TORNASSE A TROVARCI.

Felix Leimgruber, Distilleria St. Urban

Thomas: Sì, io sto notando un certo ricambio nella clientela. I giovani non avevano ancora scoperto l’Alto Adige…

Marion: … e poi è arrivato il Coronavirus a dare una mano.

Katja: Nell’ultimo anno sono venute tante persone nuove che avevano rinunciato ai voli aerei e cercavano mete di vacanza più vicine. In generale si può dire che è cambiata l’immagine del cliente fisso. Nella nostra seconda stagione di apertura avevamo clienti che tornavano per la terza volta. Magari lo fanno ancora un paio di volte e poi si cercano una nuova sistemazione…

Parliamo ora della limitazione dei posti letto. La Provincia ha posto un limite all’aumento delle capacità ricettive. Che conclusione trarne?

Felix: Era solo questione di trovare il momento giusto per farlo. Neanche ai vacanzieri piace stare in coda sulle strade in alta stagione. Fintanto che non si trovano altre soluzioni si è dovuto agire così adesso.

Katja: Uno sviluppo eccessivo va sicuramente fermato, soprattutto per quanto attiene alla costruzione di grandi complessi alberghieri che andrebbero a snaturare il nostro paesaggio, ancora fortemente rurale, e in parte originario, rischiando di soppiantare molte realtà familiari.

Marion: Bisogna pur evolversi in qualche modo. Sarebbe sbagliato parlare delle nuove generazioni e non dare loro la possibilità di crescere e svilupparsi.

Andreas: Sì, che in certe zone turisticamente poco sviluppate si possa ampliare e costruire, entro un certo limite, lo trovo giusto. Degli enormi casermoni con tantissimi letti non rispecchierebbero invece l’immagine che evoca solitamente l’Alto Adige. Non avremmo più strutture familiari, bensì realtà imprenditoriali gestite da manager.

Thomas: Lo stop ai posti letto significa che adesso non si possono aggiungere altri letti. Non vuol dire che dopodomani arriveranno meno persone, bensì che è stato raggiunto un numero ritenuto sufficiente. E attualmente contiamo tanti turisti ad Appiano. Secondo me non è male limitarsi un po’.

Felix: Se Appiano riesce a mantenere la qualità delle sue strutture, degli hotels e degli appartamenti per le vacanze, continueranno a venire ancora tante persone come ora, con vantaggi per tutti. Appiano non ha bisogno di ancora più turisti e quindi non credo che questa decisione sia un grosso problema.

Immaginiamoci Appiano nel 2050: come sarà (dal punto di vista turistico)?

Katja: Credo che nel campo del turismo l’obiettivo deve rimanere quello della qualità… Non si viene in vacanza per vivere lo stesso stress che si ha sul lavoro. Gli operatori turistici dovrebbero quindi cercare di mantenere lo spirito familiare e ospitale dell’Alto Adige.

Andreas: Il settore alberghiero altoatesino dovrebbe richiamarsi al territorio e alle tradizioni, aprendosi però anche al nuovo. È questo il nostro elemento distintivo. Le nostre idee e le nostre azioni, e finanche l’attività costruttiva, dovrebbero

Andreas Spitaler, Hotel Spitaler

mirare a preservare questa bellezza, non solo per il turista, bensì soprattutto per le generazioni future.

Hannes: Appiano dovrebbe preservare una certa qualità di vita. Mantenere vive tradizioni e cultura locale è fra le cose più importanti, secondo me. Con locali gestiti da persone del posto. Con canederli e gulasch nei piatti dei ristoranti. Con tanti produttori locali di vini e spumanti. Con le mele appese agli alberi e gente che gira con i pantaloni alla zuava per andare a una festa paesana. Con il turista capace di cogliere l’autenticità di Appiano. Insomma, dovrebbe rimanere più o meno com’è.

Marion: Sì, è vero che è bello così. Però credo che dovremmo anche rimanere al passo con i tempi, sperimentare nuove idee e guardare un po’ oltre. Forse potremmo essere più flessibili, adattandoci singolarmente alle diverse fasce di clientela. Anch’io, comunque, mi auguro che i valori continuino ad essere importanti. E non solo le cose moderne, gigantesche ed esagerate.

Felix: Io mi auguro che la gente continui a venire ad Appiano perché apprezza la qualità dei prodotti che offriamo.

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