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L’ultimo conte di Appiano
Dulcis in fundo: un’espressione che calza a pennello per i conti di Appiano. La nobile dinastia governò sulle terre d’Oltradige, e oltre, per ben 157 anni. Fino a chiudere in bellezza, 750 anni fa.
Intorno al 1200 d.C. erano solo i conti di Appiano e il principe vescovo di Trento a comandare da queste parti. Un dato che sottolinea il peso avuto da questa stirpe nobiliare. “Dal punto di vista politico era impossibile non tenere conto degli Appiano”, spiega il barone Carl Philipp von Hohenbühel. Nella funzione di presidente dell’Associazione Castelli Alto Adige (Südtiroler Burgeninstitut) e del consiglio di amministrazione di Burg Hocheppan S.r.l. è costantemente impegnato a promuovere la conoscenza della storia e la sua rilevanza odierna. Più che mai nel 2023, anno dedicato alla figura di Egnone (cfr. riquadro).
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Da terzogenito a conte di Appiano
Perché se c’è una figura a distinguersi nei 157 anni di storia dei conti di Appiano, è sicuramente quella del loro ultimo rappresentante: Egnone II. Un conte nel quale i diritti ereditari degli Appiano si congiunsero con quelli concessi dall’imperatore al principe vescovo. Al di là dell’imperatore, del re e del papa “non c’erano molti altri ruoli così alti”, chiarisce il barone Hohenbühel spiegando la posizione raggiunta da Egnone II. L’aspetto tragico racchiuso nella gloriosa ascesa consiste nel fatto che, con Egnone, si estinse anche la stirpe dei conti di Appiano. Comunque sia, il decesso dell’ultimo conte di Appiano, avvenuto 750 anni fa, fornisce lo spunto per un approfondimento della storia di questa dinastia. Gli Appiano controllavano e amministravano una zona di transito, interessata da traffici commerciali, ma anche soggetta a continui passaggi di potere e di proprietà. E quindi tutt’altro che tranquilla. Guardando alle origini della stirpe emerge che il fondatore della linea, Ulrico I (nato intorno al 1085 e morto nel 1150/55) passò
1170
Lo scontro militare dall’essere semplice terzogenito dell’ancora poco importante conte Federico di Bolzano a diventare l’illustre e facoltoso “Comes de Piano”, come documentato per la prima volta in un atto del 1116.
Fondatore di Castel d’Appiano Ulrico I frequentava ambienti di alto rango; a un dibattimento in corso al tribunale di Venezia si presentò in compagnia dell’imperatore Enrico V e del vescovo Ghebardo di Trento. Fondò il monastero agostiniano di San Michele all’Adige (1144/45) e, presupponendo una corretta interpretazione delle fonti, pare che anche l’odierno stemma di Appiano debba essere ricondotto alla sua figura. Con la costruzione di Castel d’Appiano (Burg Eppan, oggi Burg Hocheppan), datata fra il 1123 e il 1131, e la scelta di un punto molto esposto per la sua ubicazione, il segnale mandato era chiaro: struttura difensiva sì, ma anche dimostrazione di potere, perché “chi costruisce lassù non può che essere il signore di questa terra.” Del resto da quel castello si poteva dominare a vista d’occhio tutta la zona. “Dal mastio pare si arrivi a vedere 36 castelli”, aggiunge il barone. Con l’apertura al pubblico della torre maestra in occasione dell’anno celebrativo di Egnone si potrà accertarsene personalmente, oltre a godere di una magnifica vista panoramica. “È tutto in muratura, un manufatto edilizio antico che affonda le radici nel romanico”, si illumina il barone, ricordandone il pregio storico e i segni ancora oggi
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Disputa
1240 visibili e tangibili dell’origine signorile. Guardando a una storia tanto lunga, Hohenbühel parla di privilegio. “È estremamente importante esserne consapevoli, rispetto ad altri luoghi in cui i primi documenti sono solo del 1900 o giù di lì.”
Due “fratelli-coltelli” e la spartizione di un’eredità Ulrico I morì presumibilmente durante una crociata in Terra Santa. Meno gloriosi appaiono i destini dei suoi successori. I fratelli Federico I ed Enrico I passarono infatti alla storia come litigiosi e cocciuti.
L’assalto compiuto a una missione papale scatenò una spedizione punitiva capeggiata da Enrico di Baviera, detto il Leone. Le proprietà dei conti di Appiano vennero distrutte, senza per questo comprometterne però minimamente il prestigio. Una svolta si ebbe tuttavia all’epoca della successione ad Arnold III von Morit-Greifenstein, conte che aveva destinato i due fratelli ad esserne gli eredi. Mentre la loro successione non veniva messa in discussione per i territori facenti capo al monastero maggiore di Bressanone, nella zona di Bolzano le cose andarono diversamente: sia il vescovo di Trento che i conti di Tirolo rivendicarono infatti queste terre. Ne derivarono dispute sanguinose, scontri militari e una “violenta malvagità” degli Appiano, culminata nel rapimento del vescovo. Il dignitario ecclesiastico venne però liberato dai Trentini e gli Appiano finirono in disgrazia. “Una cosa che non dovrebbe mai accadere. Ma, se non ci si attiene alle regole, si finisce per perdere”, commenta il barone Hohenbühel.
Messa del vescovo & altri eventi in onore di Egnone
Il 1° giugno 2023 ricorre il 750° anniversario della morte del conte Egnone II di Appiano, principe vescovo di Bressanone e poi di Trento. La sua persona riunisce come nessun’altra le terre da cui sarebbe poi nato il Tirolo. Ultimo dei conti di Appiano, Egnone aiuta a puntare nuovamente i riflettori su una dinastia messa in ombra dai conti di Tirolo. “È nostro compito accrescere anche la consapevolezza di queste vicende storiche perché utili a richiamare alla memoria ponti e collegamenti dimenticati”, afferma il barone Carl Philipp von Hohenbühel, iniziatore dell’Anno di Egnone.
L'evento più importante del 2023 è la celebrazione solenne officiata il 22 ottobre nel "duomo di campagna" a San Paolo. Ivo Muser e Lauro Tisi, rispettivamente vescovi di Bressanone e di Trento, ricorderanno insieme il loro celebre predecessore.
Programma Celebrazioni
1° giugno: Inaugurazione degli spazi residenziali, conferenza di esperti
1° giugno, a seguire il 1° di ogni mese fino al 1° ottobre: Ciclo di conferenze
Dal 1° giugno: Esposizione all’aperto nel Triangolo dei Castelli e negli spazi residenziali di Castel d’Appiano
Estate 2023: Serate di lettura a Castel d’Appiano (programma per bambini)
21 ottobre: Convegno di esperti
22 ottobre: S. Messa solenne a San Paolo
28 ottobre: Concerto di gala della Brass Band Oltradige e tanto
Con la spartizione dell’eredità paterna, i fratelli diedero origine a due rami familiari separati. Federico I, energico e piuttosto duro, trasferì il ramo principale dei conti di Appiano ad Ultimo, facendo costruire un castello a San Pancrazio (oggi rovine di Castel d’Ultimo/Eschenlohe). Enrico I rimase invece unico proprietario di Castel d’Appiano/Hocheppan e ampliò Castelvecchio di Caldaro/Altenburg a cui era connessa l’autorità giudiziaria su Appiano.
Tentativi di salvare la linea principale La Val d’Ultimo deve al conte Federico I il popolamento delle sue terre. Fu infatti questo nobile a mettere gratuitamente a disposizione terreni a chi fosse disposto a renderli coltivabili, fu lui a rifornirli di cibo e bestiame, a consentire l’apertura
La famiglia PrandstetterTheimer detiene il castello fino al 1914
Il castello viene acquistato dal comune di Appiano
Ultimi rimaneggiamenti ad opera della famiglia Fuchs von Fuchsberg (detentori del castello negli anni 1494-1550, 1614-1668 e 1715-1828)
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Martin Teimer, eroe della sollevazione popolare guidata da Andreas Hofer, acquista il castello di vie di transito e la costruzione di ponti. Mentre la zona fioriva, non si poteva dire altrettanto per il suo patrimonio ereditario, malgrado i sei figli. “I figli rimasti laici morirono giovani, due erano religiosi e la figlia era maritata”, riassume il barone smorzando gli entusiasmi.
Per riuscire comunque a salvare in extremis la dinastia nobiliare, Egnone I depose la carica ecclesiastica di canonico di Trento e, unitosi in matrimonio con la marchesa Irmengard von Ronsberg estese l’influenza degli Appiano oltre la Venosta e il Tirolo settentrionale fino alla Germania meridionale. Parevano così gettate le basi per una nuova era. Ereditate molte ricchezze, Ulrico IV figlio di Egnone si comportò di conseguenza. Avventuratosi in una faida con il conte Alberto di Tirolo, nel 1235, restò infine con poche briciole e quando nel 1248 morì senza avere figli si estinse con lui, in quarta generazione, la linea più antica e principale degli Appiano.
I conti di Enzenberg nuovi proprietari del castello
“Ci sono sempre esponenti che accrescono ed altri che assottigliano il patrimonio. Brutto è solo quando la stirpe si estingue. Un segnale del fatto che gli Appiano non furono molto accorti nella gestione della politica familiare”, commenta il barone.
Morte da crociato e combattente Mentre diversi discendenti dei conti morirono dunque in tenera età, sia il conte Ulrico I che i figli Federico I ed Enrico I, e finanche i discendenti maschi di quest’ultimo, raggiunsero età (60-70 anni) che potremmo definire pressoché bibliche per l’epoca. E questo nonostante il fatto che Ulrico III (figlio di Enrico I) si fosse più volte recato in crociata nel corso della sua vita. “Andava molto di moda, a quei tempi”, spiega il barone. Lo scambio culturale che ne derivava si ripercuoteva poi nella terra natia, per esempio nelle decorazioni artistiche della cappella di Castel d’Appiano che presenta affreschi in stile bizantino. “Sono oggi opere di grande pregio per le nostre zone”, aggiunge Hohenbühel “a prescindere dalla validità o meno del paragone avanzato con la Cappella Sistina di Roma.” Ulrico III era considerato un uomo di mondo, gran viaggiatore e signore distinto. Morì nel 1232 in Italia settentrionale. Il figlio di prime nozze era deceduto ancora prima di lui; gli altri due figli nati dalla seconda moglie sparirono ben presto dai documenti storici.
Il vescovo Egnone, ultimo esponente della sua stirpe
Dei nipoti di Enrico I rimase fino alla fine solo e unicamente Egnone II, un religioso. Nel 1240 era appena stato nominato principe vescovo di Bressanone. Quando però nella querelle fra l’imperatore Federico II e il papa Gregorio IX prese le parti dell’autorità secolare, fu scomunicato e costretto a cedere tutti i suoi feudi. Egnone II cambiò dunque tattica, mostrandosi remissivo nei confronti del pontefice successivo, Innocenzo IV, e assicurandosi così, dieci anni più tardi, la nomina a vescovo di Trento. “Ci sono storicamente solo altri due vescovi detentori di questa carica sia a Bressanone che a Trento”, sottolinea Hohenbühel. Con la scomparsa di Egnone II termina, in quinta generazione, l’unica linea ancora superstite degli Appiano. “Si estingue dunque il ceppo maschile di questa stirpe nobiliare.” Gli eredi della progenie femminile, fra cui i nobili liberi di Tures e i signori di castel d’Enn, titolari di proprietà ad Appiano, conservarono sì l’eredità del “Comes de Piano” (i diritti di contea ad Appiano e Ultimo) ma erano ormai privi di significato. La tragicità si concentra nella figura di Egnone II, divenuto ultimo conte di Appiano. Nelle funzioni di vescovo di Trento fu costretto nel 1253 a concedere al conte di Tirolo gli antichi feudi degli Appiano. Questo memorabile episodio alimenta ancora oggi la fantasia di qualcuno convinto che, in altre circostanze, quello che sarebbe poi divenuto il Tirolo avrebbe potuto invece chiamarsi Appiano. Sta di fatto che il subentro dei conti di Tirolo nella contea degli Appiano contribuì significativamente alla nascita del Tirolo. A spianargli la strada fu l’ultimo conte di Appiano.
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