SCENA 102

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U N CONTRIBUTO DEL PROFESSOR

RINO CAPUTO

Qualche buon motivo per (continuare a)

LEGGERE DANTE OGGI

A

sette secoli dal definitivo passaggio di Dante Alighieri nell’oltremondo (la morte sembra essere avvenuta il 14 settembre 1321, di ritorno da un’ambasceria a Venezia, assalito da febbri malariche della palude padano-ravennate), ci sono oggi ragioni ben motivate per leggere le sue opere e, in particolare, la Commedia? Vediamo. Innanzitutto è bene ricordare che, come dice coi suoi precisi strumenti la statistica, noi parlanti italofoni usiamo ancora, nella nostra quotidiana comunicazione scritta e parlata, alta e bassa,

formalizzata e sciolta, quasi il 90% di quel ‘grande magazzino’ che è la Divina Commedia. In sette secoli, insomma, siamo stati in grado di aggiungere poco meno del 15% di termini nuovi, per lo più negli ultimi decenni, specialmente a causa dell’irruzione del lessico informatico di estrazione angloamericana. Inoltre la parola di Dante funziona da secoli come ‘memoria poetica’ quasi subliminale: si pensi a Ariosto e al suo primo verso dell’Orlando Furioso: «le donne e i cavalier, l’arme e gli amori», ritagliato su un verso del Purgatorio dantesco: «le donne e i cavalier, gli affanni e gli agi». E, ancora a metà Novecento, Federico Fellini intitola il film che lo renderà famoso nel mondo La Dolce Vita, usando consapevolmente il sintagma dantesco con cui anime purganti e beate indicano, pur con tutte le sue contraddizioni, la terra, sede degli esseri umani viventi.

5Statua di Dante Alighieri in Piazza Santa Croce a Firenze, opera di Enrico Pazzi, 1865

La conferma viene indirettamente. Appena incontrato Virgilio, “che per lungo silenzio parea fioco” ma che è “colui da cui io trassi/ lo bello stilo che m’ha fatto onore”, Dante pone la domanda fondamentale. Chi e perché ha deciso il suo viaggio? È vero che già Enea e san Paolo lo hanno compiuto (ripetendo il percorso salvifico per eccellenza, quello di Cristo); ma Dante? La risposta completa la darà Beatrice, quasi alla fine della seconda cantica, nel Paradiso terrestre, in occasione dell’incontro col suo devoto, dopo la purificazione avvenuta nelle cornici purgatoriali, passando a contrappelo la storia della vita di Dante, fino al baratro quasi irreversibile: “Tanto giù cadde, che tutti argomenti alla salute sua eran già corti,/ fuor che mostrarli le perdute genti”.

Basterebbero questi argomenti per confermare l’appartenenza di Dante al nostro mondo contemporaneo, pur nella diversità incancellabile delle situazioni storiche e delle opinioni teologiche e ontologiche.

Perciò Dante è, si sente, Francesca (tanto che cade come “corpo morto cade”) ma, a differenza dei due cognati, che hanno fatto prevalere il “talento” sulla “ragione”, egli, più e meglio confortato da Virgilio (Ragione e Cultura) e Beatrice (Fede e Grazia), proseguirà oltre la “bufera infernal che mai non resta”, contenitore eterno della smodata passione d’Amore.

Intanto, Dante ‘ci’ ha previsto, per così dire, ovvero sa di parlare ai posteri, a “quelli che questo tempo chiameranno antico”. Per ben 23 volte si rivolge al “lettore” nella Commedia, per assimilarlo al suo racconto, alle sue emozioni sia disforiche che euforiche; fin dall’inizio, dai primi due celebri versi, in cui l’io individuale che compie la peripezia nell’aldilà si sente rappresentante di tutti quelli che hanno la sua stessa natura di creatura umana e la sua stessa condizione di peccatore pellegrino in crisi: “nel mezzo del cammin di nostra vita/ mi ritrovai per una selva oscura”...

Perciò Dante è, si sente, Ulisse, come asserisce fin dalle prime parole del Convivio: “tutti li uomini naturalmente desiderano di sapere”; e Ulisse: “considerate la vostra semenza;/ fatti non foste a viver come bruti,/ ma per seguir virtute e canoscenza”. Ma, a differenza di Ulisse, che vuole attingere la meta del Purgatorio col suo paradiso in terra, quasi trasformando i remi in ali, il suo viaggio non è un “folle volo”, perché voluto da chi dona vita ‘sana’. E, infatti, dalla Terra Dante, accompagnato da Beatrice, volerà ai cieli, fino all’”Amor che move ‘l sole e l’altre stelle”.

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