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UNICUSANO DOCET UNIVERSITÀ E METAVERSO: UNICUSANO TRA I PIONIERI DELL’INSEGNAMENTO
UNIVERSITÀ E METAVERSO: UNICUSANO TRA I PIONIERI DELL’INSEGNAMENTO
L’Università Niccolò Cusano è tra le prime al mondo nell’esplorare la possibilità della didattica universitaria nel Metaverso. L’inerzia ontologica del metodo didattico tradizionale, la cosiddetta didattica in presenza, corre il rischio di non comprendere e di non essere più compresa dalle future generazioni. Ciò che oggi viene distinto tra “in presenza” e “a distanza”, tra tradizionale e telematico, tra locale e remoto si basa de facto su un concetto fordiano di lavoro, ovvero la preistoria della concezione di lavoro. Ciò che realmente ha valore (oltre i beni materiali) è il trasferimento di informazione, non la fisicità della materia che la veicola. La Unicusano comprende ciò prima della maggior parte delle altre Università, aggiungendosi nel Metaverso per offrire nell’immediato futuro la possibilità di trasferire conoscenza con tecnologie all’avanguardia. Il Metaverso è ormai presente, inevitabile. E l’Unicusano sta già disegnando il suo futuro. La realtà virtuale (Virtual Reality, VR) ha necessità di uno specifico strumento che è il visore personale (HeadMountedDisplay, HMD). Tale dispositivo è la chiave delle tecnologie emergenti del XXI secolo e lo sviluppo della VR è intimamente connesso all’evoluzione tecnologica del visore: nell’istante storico in cui i visori fossero divenuti commerciabili su larga scala la VR avrebbe preso sempre più piede nell’industria del gioco e, verosimilmente, dell’educazione. Non è una sorpresa dunque che il mondo accademico internazionale è stato recentemente attratto dalla possibilità di utilizzare la VR nella didattica universitaria non appena gli HMD sono divenuti prodotti accessibili al grande pubblico. Le sole spedizioni commerciali globali di HMD passeranno dalle circa 17 milioni di unità odierne a più di 90 milioni nel 2027 mostrando di fatto una prospettiva di crescita esponenziale. È solo questione di tempo prima di vedere ogni aula universitaria del globo dotata di visori personali per apprendimento in immersione nel Metaverso. Ma andiamo per ordine: anche se la possibilità teorica di sperimentare un mondo simulato a livello multisensoriale fu proposto a partire dai primi anni sessanta riadattando sostanzialmente la tecnica cinematografica (cosa oggi comunque considerata come uno sforzo pionieristico allo sviluppo della VR), il primo vero sistema di realtà virtuale con visore si deve a Ivan Sutherland sul finire degli anni ’60. Il visore era così pesante da dover essere ancorato al soffitto. Da quel momento divenne cosa chiara che la possibilità di muoversi in una simulazione immersiva di un mondo reale (o meno) era inscindibilmente legata alla realizzazione di HMD portatili e che la VR fosse la sfida del secolo della computer grafica. Bisognerà attendere il 1977 per la realizzazione del primo dispositivo VR in senso moderno realizzato dal MIT. Curiosamente nel mondo dei Sistemi Informativi (IS) la VR è stata finora praticamente ignorata fatta eccezione per articoli di nicchia sulle riviste principali specializzate. Questo anche a causa della scarsa diffusione dell’hardware necessario a fruire dei contenuti del Metaverso.
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Il recente boom tecnologico legato ai visori per gaming e la necessità di modificare la modalità d’erogazione dei contenuti didattici durante la pandemia di Covid-19 ha brutalmente interrotto questa paralisi da parte delle università nel valutare la VR nell’ambito dell’istruzione superiore e dell’apprendimento in situazione. Se atenei statali, cosiddetti tradizionali, ancora si trattengono nell’applicare le tecnologie di frontiera (forse per paura di critiche inevitabili da chi non vuole superare il recinto del conosciuto oppure semplicemente per il fisiologico disinteresse per l’innovazione dell’amministrazione pubblica), il settore privato minacciato fatalmente dal libero mercato e così obbligato a primeggiare con ogni mezzo possibile, trova il naturale spazio vitale dove ancora non ci sono competitori. Ed è innegabile che la corsa all’università nella VR sarà vinta da chi oggi comincia a capirne le possibilità e le opportunità e non da chi, mosso ormai dall’inevitabile, correrà ai ripari fra dieci o vent’anni. Nonostante la necessità di possedere un HDM per immergersi nella VR è possibile anche consumare l’esperienza di realtà aumentata nel mondo non immersivo del desk top based VR e cioè di un mondo su terminale che, seppur tridimensionale, resta confinato alla bidimensionalità della schermo. Questa possibilità ulteriore rende le attività nel Metaverso incredibilmente versatili, fermo restando che la caratteristica fondamentale della VR è l’immersione dell’utente che
ha in tutto e per tutto l’illusione sensoriale di trovarsi in un luogo diverso da dov’è il suo corpo.
Per comprendere appieno come sarà la lezione nel Metaverso è necessario meditare su cosa è veramente una lezione, universitaria o meno: il senso della lezione erogata da un docente a uno o più discenti si fonda sulla caratteristica che un certo quantitativo d’informazione viene trasferito da una mente ad altre. È la comunicazione di un pensiero, di un’idea che può essere applicata ad un mestiere, ad una procedura, ad un modus cogitandi che rende, alla ne del percorso, lo studente abile a rappresentare una classe professionale col suo sapere e con i suoi metodi di risoluzione dei problemi. La lezione è solo ed esclusivamente un trasferimento di informazione, per quanto interattivo. Tale trasferimento sarebbe certamente ostacolato se l’informazione fosse degradata, incomprensibile o semplicemente interrotta. Ma da nessuna parte è richiesto il trasferimento nello spazio di materia nella forma del corpo dei docenti o degli studenti. Chiedete a voi stessi se è veramente necessario essere presenti sicamente nello stesso luogo per comunicare. Poi telefonate ad una persona cara. La recente pandemia ci ha insegnato che moltissimi dei compiti lavorativi possono essere svolti senza la presenza sica dell’impiegato in una determinata sede di lavoro. È una cosa che si sapeva da molti decenni, ma l’inerzia e la dif denza generale hanno nora fatto sì che fosse radicata la credenza secondo la quale la persona che non si vede sicamente imprigionata nella postazione di lavoro non produce oppure produce di meno di chi ha passato terribili ore nel traf co, inquinando e perdendo tempo e soldi per spostare di decine di chilometri se stesso e qualche tonnellata di lamiere. È un concetto preistorico che risale a quando l’operaio in catena di montaggio avrebbe fermato la produzione semplicemente allontanandosi dalla sua postazione. Il cartellino da timbrare per dimostrare la presenza sica in un edi cio non è e non può più essere un metro di giudizio per stabilire la suf cienza dell’opera svolta. Chi vive in questo tempo e non è rimasto alla rivoluzione industriale ha capito che ciò che veramente importa nel terziario avanzato sono i risultati e gli obiettivi raggiunti e che questi non sono quasi mai legati alla presenza sica in un luogo. Ciò è specialmente valido nell’ambito didattico. Ci sono ovviamente delle condizioni severe da rispettare: una su tutte che lo studente abbia una forte motivazione nel perseguire il suo corso di studi. La mancanza di presenza sica in un luogo formale può infatti indebolire le forme e le strutture mentali che sostengono l’apprendimento. Il Metaverso coniuga la praticità del teleinsegnamento con la possibilità di riacquisire quella formalità di comportamenti che si avrebbero in una sede sica, garantendo così più motivazione e perseveranza e coniugandola al divertimento.
Le possibilità tecnologiche sono poi limitate solo dall’immaginazione. Non c’è simulazione che non può essere vissuta o che non sia in via di sviluppo. Il Metaverso sarà per l’accademia ciò che la radio fu per le comunicazioni. Uno strumento irrevocabile. L’Unicusano è già nel Metaverso, voi dove sarete?
Ing. Pietro Oliva