I ♥ PDZ // I Love Piani di zona // MICROECONOMIE IN CERCA DI CITTA’
♥
ISBN 978-1-4709-7100-7
90000
9 781470 971007
I ♥ PDZ
I love Piani di zona // MICROECONOMIE IN CERCA DI CITTA’ // roma 2010 2011
I
PDZ
I love Piani di zona // microeconomies lookng for their own city // roma 2010 2011
I ♥ PDZ - I love piani di zona. Microeconomies looking for their own cities by Daniele Mancini
Selection of the best projects from: Architecture and Urban Design Studio 2010-2011 Laboratorio di Progettazione Architettonica e Urbana I ♥ PdZ - I love piani di zona // Microeconomie in cerca di città Corso di Laurea Specialistica in Progettazione, Scenografie, Allestimenti e Architetture di Interno Facoltà di Architettura di Roma La Sapienza Class blog http://ilovepdz.wordpress.com Design Studio teacher PhD, Arch. Daniele Mancini Tutor Arch. Irene Rinaldi Thanks to: Matteo Costanzo, Carlo Prati, Giampiero Sanguigni, Mattia Darò, Barbara del Brocco, Simone Nicastro, Romolo Ottaviani, Nina Artioli, Alessandra Glorialanza Photocredits: Oronzo Scalone (cover, pp.46-47,50-51,52-53,56-57,64-65,66-67, 70-71, 72-73, 76-77, 80-81, 104-105,140-141,142-143) Book Editing Daniele Mancini Graphic Giulio Frittaion (layout and template) Margherita Cardoso (color palette, callouts) Fonts Caecilia, PF Din Text Pro First Edition May 2012 Copyright © 2012 Exhibition Design Lab - Daniele Mancini http://exhibitiondesignlab.unpacked.it edl@unpacked.it Publisher and Print Lulu.com www.lulu.com ISBN 978-1-4709-7100-7
Indice
Senza centro non c’è periferia
9
Barbara del Brocco
Microeconomie in cerca di città
13
Daniele Mancini
Progetti
34
Laboratorio
138
* Barbara Del Brocco è PhD in progetto urbano sostenibile presso La facoltà di Architettura di Roma Tre con una tesi sui quartieri ecologici in Europa che riceve il premio EUROSOLAR 2003. Nel 2007-2008 è titolare di un assegno di ricerca sul tema del recupero del patrimonio edilizio esistente a Roma con un’applicazione su Tiburtino III. Nel 2010 ha un contratto per il Coordinamento scientifico e la redazione del Documento Preliminare alla Progettazione per l’espletamento del bando di Concorso internazionale di Progettazione PASSprogetto per abitazioni sociali e sostenibili del Piano di Zona Tiburtino III a Roma. Da diversi ha contratti di docenza al Master in ecoefficienza energetica dell’Università di Camerino e al Master Housing dell’Università di Roma Tre dove fa parte del comitato scientifico.
Senza centro non c’è periferia Barbara Del Brocco*
Senza centro non c’è periferia. La condizione della periferia è resa peggiore dal fatto che la madre è ancora viva. Le ruba la battuta, mette in evidenza le insufficienze della prole.
Con queste parole Koolhaas interpreta il pensiero comu-
le periferie; concretamente si ricerca in loco il progetto
ne della dicotomia perenne tra centro e periferia. Nel caso
più appropriato. A Corviale si lavora sul tetto e non sul
dei Piani di Zona non si tratta però di junkspace, lo spazio
famigerato quarto piano, a Quartaccio e Torrevecchia si
spazzatura che l’umanità ha lasciato sul pianeta con l’en-
cerca una connessione verde tra i due, a Tor Bella Monaca
trata in vigore delle legge 167. Nonostante le critiche non
ci si occupa dello spazio pubblico inventandone un altro a
siano mai state generose con i quartieri romani realizza-
misura d’uomo. In ciascuna delle aree selezionate la criti-
ti con il Primo Piano per l’Edilizia Economica e Popolare,
cità è interpretata come un’opportunità per il progetto di
Daniele Mancini con ILOVEPDZ, parte dalla convinzione
riqualificazione. Appare interessante il contributo al dibat-
che la città pubblica possa configurare nuovi scenari della
tito sul tema della rigenerazione urbana con una ricerca
contemporaneità a partire proprio da quelle criticità che
accurata che parte dall’analisi delle differenti situazioni e
si esprimono con il degrado, l’abbandono, la marginalità.
che nel booklet non compare ma ne è parte integrante. Gli
Alla maniera dei guerrilla gardening che lanciano bombe
studenti operano dapprima una selezione dei problemi
piene di semi con l’intento di far fiorire anche gli spazi re-
del contesto con ricognizioni, interviste, foto e schemi e
siduali, Mancini sguinzaglia i suoi studenti nella periferia
del tutto privi di pre-giudizi costruiscono il progetto ad
romana alla ricerca di soluzioni suggerite direttamente dal
hoc, non preconfezionato. Scorrendo la piccola pubblica-
problema; con una metodologia del tutto originale i ragaz-
zione emerge palesemente la forza propulsiva delle pro-
zi leggono, interpretano, metabolizzano e propongono pro-
poste che inventano nuovi quartieri nelle periferie dei
getti dal forte carattere innovativo con l’obiettivo di inne-
tanto vituperati Piani di Zona, dando loro una ventata di
scare in ciascuna delle aree nuove economie a filiera corta.
freschezza ed esprimendo un insperato sentimento posi-
In ILOVEPDZ si eludono fin dal principio tutte le facili ba-
tivo, l’amore, richiamato anche dal titolo del lavoro!
nalità e si cancellano gli ovvi giudizi che accompagnano 9
* Daniele Mancini (Roma, 1974), architetto, è Ph.D. in Teorie dell’Architettura presso la Facoltà di Architettura di Roma La sapienza dove svolge attività di insegnamento e di ricerca. Ha lavorato in Olanda e in Francia prima di aprire il suo studio a Roma. Dal 2009 è socio fondatore di Mancini Architetti & Associati con cui si occupa di architettura e urbanistica. All’attività professionale affianca l’attività di ricerca praticando la commistione di diverse discipline creative tramite interventi effimeri, microtrasformazioni ed esperimenti di appropriazione urbana. Dirige inoltre il laboratorio open source Exhibition Design Lab e coordina le attività del collettivo Urban Fields. Scrive libri, intervista personaggi curiosi, insegna in Italia e all’estero e documenta la sua attività sul blog al sito http://unpacked.wordpress.com
Microeconomie in cerca di città Microeconomies looking for their own cities Daniele Mancini*
Abstract
This book selects the best final projects from the Design Studio
Questa pubblicazione contiene i progetti elaborati con gli
at the IV year of the School of Architecture in Roma La Sapienza
studenti del Laboratorio di Progettazione Architettonica ed
♥ PdZ // I Love Piani di Zona”. The
urbana IV che ho tenuto presso la Facoltà di Architettura di
theme of the year was about strategies of urban and social reno-
Roma La Sapienza durante il semestre invernale 2010/11.
I held in 2010/11 called “I
♥ PdZ // I Love Piani di
vation of the “law 167 neighborhoods”- the social and economic
Il laboratorio è stato intitolato ““I
development of residential area according to the law n.167/1962
Zona”. Il tema d’anno ha riguardato progetti e strategie
in the outskirts of Roma - focusing on unexpressed requests
di riqualificazione urbana nei quartieri 167 della periferia
of space and services from communities involved in microeco-
romana che hanno cercato di “dare spazi e architetture”
nomic processes of self-sustainability by the local Authorities.
alle (in)espresse potenzialità delle comunità locali attivate
The subtitle we gave to this research project was “microecono-
dalle amministrazioni comunali tramite processi microe-
mies looking for their own cities”, meaning the challenge of ar-
conomici ed auto organizzativi. Il sottotitolo che abbiamo
chitects to shape not just architecture but also interpreting the
scelto è stato “Microeconomie in cerca di Città” sottinten-
ever changing social and economic trends heavily affecting the
dendo appunto la sfida che l’architettura si deve porre
contemporary urban condition.
nell’interpretare le richieste di nuove e vecchie comunità in trasformazioni alla ricerca di più efficienti ed equi modelli di sostenibilità nel mondo in crisi di oggi.
Keywords
Community and Architecture, Design, Architecture, Participa-
Architettura, Comunità e Progetto, Partecipazione, Processi
tion, Weak Processes, Urban Design
Deboli, Progetto Urbano
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Schizzo del progetto per le Barene di San Giuliano by Ludovico Quaroni
1. Alphabetic city: la figurazione come strumento di controllo del progetto urbano
Prima che il tema del laboratorio fosse messo a punto compiutamente a corso già iniziato, mi sono trovato a riflettere su una immagine che avevo costruito mentalmente da qualche tempo. L’immagine era la mappa di un territorio fittizio in cui si trovano accostati senza alcuna discontinuità i segni urbani forti e all’epoca carichi di aspettative degli interventi di edilizia residenziale pubblica realizzati in attuazione della legge 167 [1] tra gli anni ’60 e gli anni ’70 nella periferia Romana: le insule di Laurentino 38, la sequenza degli omnibus di Spinaceto, le corti quadrate di Val Melaina, il ventaglio di Casilino 23, le stecche spigolose di Vigne Nuove, la configurazione raggiata di Serpentara, i crescents di Tor de’ Cenci, la libellula di Torrevecchia, il fuso di Quartaccio, la stecca infinita di Corviale, il serpente del comparto R5 di Tor Bella Monaca, le corti di Tiburtino III. Questa immagine, una sorta di “città alfabeto”, si era venuta componendo per cogliere con un unico sguardo la complessità di una vicenda romana sicuramente molto controversa soprattutto per quello che riguarda il ruolo dell’architettura e le responsabilità dell’architetto nei fenomeni di trasformazione del territorio nella dimensione pubblica, economica, sociale. Da una parte infatti c’è il disegno dell’architettura degli edifici, la forza espressiva del segno urbano rispetto al piano [2], la composizione di volumi e masse su paesaggi ver-
13
gini, l’accuratezza tipologica e talvolta la sperimentazione
adeguatamente sostenuti da una riflessione sulla relazione
costruttiva cioè il senso della disciplina architettonica pra-
con il contesto in cui si inserivano, né da una organizzazio-
ticato dal professionismo romano alto e coinvolto di que-
ne gestionale dello spazio pubblico. Eppure se, come scrive
gli anni che ha interpretato a suo modo il town design. Si
Sandro Veronesi, questi quartieri fossero stati progettati per
consideri in questo senso per esempio l’innovativa ricerca
altre persone, ovvero non per i ceti meno abbienti della socie-
di Barucci sulla prefabbricazione, oppure il sintetico e mo-
tà, non si sarebbero esasperati i difetti e queste esperienze
dernissimo segno di Vigne Nuove dello studio Passarelli.
sarebbero state forse più positive. Vi è infatti un difetto nella programmazione politico sociale, più ancora che in quella
Dall’altra il frustrante degrado ambientale e sociale in cui
architettonica, di aver voluto concentrare in grandi insedia-
versano attualmente alcuni di questi quartieri (non tutti!)
menti gli strati più problematici della società.
che non combacia affatto con la visione ottimistica social
[Capuano, A. (2005), pag. 113-114]
liberale dei pianificatori, dei progettisti, dei politici, dei tecnici coinvolti nell’attuazione delle direttive del piano regolatore tutti protesi al rinnovamento sociale e alla mo-
2. Economie in cerca di città
dernizzazione. L’immagine di questa città ri-combinata, con i suoi violenti Alessandra Capuano fornisce una sintesi molto chiara di
e certi (di)segni urbani - figurazioni misurate e composte
questo fenomeno, dedicando diverse pagine all’influsso
su carta che collocavano però sul territorio centinaia di mi-
delle ricerche di Ludovico Quaroni sull’architettura roma-
gliaia di vani e tonnellate su tonnellate di ferro e cemento
na degli anni ’60 e ’70 nel suo libro Temi e figure nell’architet-
e quindi attivavano importanti meccanismi economici - ,
tura romana. 1944-2004:
è a mio parere la rappresentazione di quella città che la classe dirigente (romana) degli anni ’60 e ‘70 ha cercato,
Da questa idea [La figurazione come controllo della proget-
trovato e costruito a vantaggio proprio e della classe pic-
tazione adoperato da Quaroni nel progetto delle Barene di
colo borghese di cui ne rappresentava le istanze (e i vizi).
San Giuliano] nacquero, in anni successivi, i quartieri del-
Semplificando si può dire che i segni del town planning
la periferia romana, che recepirono l’intenzione di forma del
romano sono i simulacri, la forma che gli architetti e gli
progetto Quaroniano a Mestre, senza tuttavia averne la stes-
urbanisti hanno dato alla “richiesta di città” da parte dei
sa forza metaforica ed evocativa del contesto. Esibendo la
poteri economici dell’epoca.
volontà di rifondare i luoghi e affermando la novità come
14
valore, finirono per non essere sempre realizzazioni riusci-
Questa interpretazione è mutuata dalla prospettiva di in-
te, avendo consegnato solo alla forma d’insieme il successo
dagine sulla questione urbana contemporanea chiamata
del progetto e recependo del concorso veneziano il fuori sca-
“economie in cerca di città” indagata da Antonio G. Cala-
la e la concentrazione demografica da grand ensamble, non
fati nel suo omonimo libro del 2009:
Considerare la territorializzazione del processo di investi-
da parte delle autorità locali aggiornate e illuminate e ten-
mento dalla prospettiva delle “economie in cerca di città”
tativi di innescare processi di riqualificazione urbana dei
è oggi fondamentale. […] Di fronte a economie che si sono
quartieri degradati a basso costo.
messe “in cerca di città” , molte città si sono messe, a loro volta “in cerca di economie”- come è sempre stato - […]
Dunque, gli architetti, ritrovando il senso della loro missio-
sono diventate “città strategiche”, capaci di definire e at-
ne sociale e riscattandosi dalle seppur vagamente ambi-
tuare sequenze di investimenti orientati a mantenere ed
gue responsabilità delle generazioni precedenti, si devono
accrescere la loro competitività.
far carico di dare forma e spazi a questa ecosfera di micro-
[Calafati, A.G. 2009: pp 4,5]
sostenibilità. Questo è stato il senso del laboratorio.
Ma allora, se l’immagine dell’economia dei quegli anni è
Lo spazio mentale e di libera discussione del laboratorio
appunto questa “alphabetic city” di cui si è detto, qual è
ha dunque fornito in prima battuta l’opportunità di assog-
l’immagine dell’economia attuale? Più precisamente, qual
gettare a verifica alcune interpretazioni e punti di vista che
è l’immagine possibile di quei sistemi micro-economici
mano mano sono stati condivisi e approfonditi assieme
basati sull’autorganizzazione delle comunità locali che, in
agli studenti relativamente al ruolo dell’architettura nel-
questo momento di crisi di valori sociali oltre che econo-
la società contemporanea avendo come sfondo il dibattito
mica, vivono il vero senso della solidarietà condividendo
sulle periferie e al loro degrado (o non degrado!).
risorse e attivando processi partecipativi? Affrontando l’inevitabile dialettica tra centro e periferia ci Qual è l’immagine di quell’ “altra città” che è fatta di cit-
siamo accorti che in termini urbani ed architettonici non
tadini responsabili, che non demanda le decisioni alla
ha molto senso contrapporre due identità così vaghe poi-
politica ma si fa carico di autodeterminarsi attraverso la
ché non ci sembra che ci sia più un centro dato che la pe-
partecipazione e l’impegno diretto che qualcuno chiama
riferia è sparsa ovunque. Pertanto ci siamo concentrati su
antipolitica e che invece è semplicemente una alternativa
altre tematiche che sono state affrontate discutendo alcu-
alla democrazia rappresentativa?
ni esempi paradigmatici.
Quali sono gli spazi che vengono richiesti da Terzo Settore per mettere in atto le proprie missioni, quali i servizi?
3. Comunità e progetto
Gli emergenti esperimenti di co-housing, le esperienze di
I progetti evocati durante il corso sono stati molto circo-
co-working, la creazione di incubatori di impresa e il so-
scritti. Sono progetti proposti non come esempio formale,
stegno di cooperativi e associazioni senza fini lucrativi (il
figurativo o tipologico, piuttosto come spunti di riflessione
terzo settore appunto) sono assunzioni di responsabilità
attorno ad una serie di tematiche legate al senso del pro-
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Piano di Zona Casilino 23 by Ludovico Quaroni
16
getto nella nostra contemporaneità: il ruolo dell’architetto nei confronti di nuove e vecchie comunità in trasformazione, il progetto come processo di trasformazione debole, l’azione creativa non più astratta ma condivisa a partire dall’evidenza di “criticità” socioeconomiche, etc. Dunque, innanzitutto il Quartiere Matteotti (1969-1975) per gli operai e gli impiegati delle acciaierie di Terni progettato da Giancarlo De Carlo attraverso un processo partecipativo alquanto controverso e discusso [3] tuttavia in grado di coniugare il dialogo e l’ascolto della comunità con una cura del dettaglio negli spazi comuni del quartiere [4]. Questo esempio introduce la riflessione sul ruolo civile dell’architetto che traduce in forme architettoniche e spazio le richieste di comunità alle quali viene dato modo di esprimersi e di acquisire in tal modo consapevolezza ed identità. Anche l’unità residenziale Ovest chiamata Talponia (19691971) a Ivrea progettato da Gabetti e Isola per i dipendenti della Olivetti è l’incarnazione dello stesso spirito. Ma nel nostro caso vale più come esempio eterodosso ed eccezionale rispetto al panorama delle architetture olivettiane sopratutto nel dialogo con la natura ed in fondo anche per segnalare l’idea che la città tutta intera (e non solo la singola architettura) si può conformare ad una certa idea di economia capitalistica social democratica divenendone il simulacro. La nota ricerca di Aldo Cibic per la Biennale di Venezia del 2010 dal titolo Rethinking Happiness, fai agli altri quello che vorresti fosse fatto a te. Nuovi stili di vita per nuove realtà, introduce invece un altro tema, quello del progetto che
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nascendo da riflessioni critiche sulle condizioni socioeco-
strategia e processo di trasformazione debole e reversibile:
nomiche della nostra società, diviene parte di una filiera produttiva più complessa che coinvolge molti altri soggetti
Non più dunque le cattedrali forti e concentrate della vecchia
oltre all’architetto [5]
modernità, ma processi conoscitivi articolati, trasformazioni ambientali reversibili, sistemi in rete invisibili e penetranti.
In questo senso ci è sembrata più attrezzata l’agile com-
Una modernità capace di utilizzare energie deboli e diffuse
petenza di un designer che quella di un architetto compo-
che non producono il frastuono della meccanica, ma piuttosto
sitivo. Il designer capace di sconfinare da supposti recinti
forze simili a quelle sviluppate dalle stelle, dalla luna e dai
disciplinari si cimenta in azioni creative che riguardano
pianeti, capaci di sollevare ogni notte tutti gli oceani del mon-
non solo la produzione di artefatti, ma anche di processi
do, senza produrre un solo rumore.
complessi in cui intervengono nuove o vecchie tecnologie,
[Branzi, 2006: p. 4]
sviluppa scenari d’uso mettendo al centro sempre l’uomoutente nel suo habitat, immagina servizi innovativi, comu-
Per questo viene menzionata Agronica (1995), un modello
nica sinteticamente oppure “narra” attraverso i più diversi
di urbanizzazione debole per Eindhoven sviluppato in Do-
media, candidandosi a divenire un creativo totale e quindi
mus Academy da Branzi ed altri per Philips, in cui oggetti
un referente privilegiato nell’organizzazione del consenso
urbani reversibili sono dispersi in un parco agricolo semi-
e nell’orientamento di opinioni e stili di vita.
urbanizzato. [6]
Aldo Cibic, nelle varie comunicazioni pubbliche del suo
Stefano Boeri è debitore sotto molti aspetti, del progetto di
progetto, relega l’architettura, intesa come artefatto, ad
Branzi quando elabora le sei proposte di BioMilano (2011) [7]
una dimensione di “sfondo”. All’interno del laboratorio è
: l’Orto Botanico Planetario per Expo 2015, il Metrobosco, il
nato quindi un dibattito sul ruolo della composizione ar-
Bosco Verticale, la Casa Bosco, le Cascine, le Ruralità Urba-
chitettonica ( e dell’architetto! ) e sul rapporto con altre
ne – che illustrano quali possano essere
forme di creatività che ovviamente si è risolto nel continuo interrogarsi sulla opinabilità o meno delle scelte proget-
le energie economiche e territoriali necessarie per raggiunge-
tuali e le ricerca di un orizzonte di senso più profondo.
re un nuovo equilibrio tra la sfera urbana, la sfera rurale (la natura coltivata) e la sfera naturale. Biomilano è un progetto
L’orizzonte più ampio e stimolante sul senso del progetto
politico per moltiplicare le comunità di impresa che nei campi
nella contemporaneità, al quale il laboratorio ha cercato di
dell’agricoltura di prossimità, della forestazione, delle energie
aderire, è quello offerto da Andrea Branzi con il testo del
rinnovabili possono rigenerare l’economia urbana, offrendo
2006 intitolato Modernità debole e diffusa. Il mondo del pro-
integrazione e lavoro a migliaia di cittadini.
getto agli inizi del XXI secolo, in cui l’autore spiega come il
[Boeri, 2011: p.1]
progetto si sta trasformando da azione forte e assertiva a
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Stefano Boeri, incarnando il ruolo complesso di agitatore
4. I quartieri dei PEEP
culturale in grado di orientare opinioni politiche e gestire consenso, insieme a Lucia Tozzi e Stefano Mirti cura, in oc-
I quartieri presi in considerazione sono stati nove e, senza
casione di Torino Capitale dell’Architettura 2008, l’evento
pregiudizio, essi offrono uno spaccato interessante, seppu-
Torino Geodesign. La mobilitazione dell’intelligenza collettiva –
re parziale, del professionismo romano tra gli anni ‘60 e gli
48 progetti per Torino, che esplora l’idea di processi proget-
’80 e del suo rapporto con la politica.
tuali sociali, condivisi, partecipati che nascano da esigenze di comunità locali reali investite da sollecitazioni gloabli
Il primo quartiere è il Casilino 23 tra i primi complessi ad
[8]. Questo progetto ha avuto valore nel nostro laboratorio
essere realizzati in applicazione alla legge 167, progettato
per lo spirito sociale generale e l’impostazione culturale
da Ludovico Quaroni a partire dal 1964, e anello di con-
soprattutto laddove è risultata sovvertita e rimescolata la
giunzione tra le esperienza delle Barene di San Giuliano e
tradizionale ripartizione dei ruoli di committente, proget-
la stagione dei grandi segni urbani romani.
tista e consumatore. Il secondo è Spinaceto (1965), citato da Insolera come il più Dell’idea politica di una partecipazione collettiva ai pro-
riuscito della stagione degli interventi di edilizia residen-
cessi di progettazione e autocostruzione è emblema il
ziale romana di quegli anni. [10]
Quartiere Tiburtino (1951-1954) di Quaroni e Ridolfi, realizzato non con i processi industrializzati del super moderni-
Poi i quartieri IACP di Torrevecchia (1978) e Quartaccio (1981-
smo più aggiornato d’oltralpe (per esempio Siedlung Halen
1988) entrambi progettati da Barucci insieme ad altri. In-
di Berna (1955-1961 progettato da Atelier 5), ma con le abi-
terventi al margine della città consolidata, a ridosso della
lità e le competenze locali di fabbri, muratori, artigiani che
borgata di Primavalle in un contesto orografico abbastanza
sarebbero stati essi stessi abitanti del quartiere.
articolato che come vedremo darà spunto a ragionamenti sul paesaggio e su una possibile vocazione semirurale del-
Sicuramente un atteggiamento di emergenza ai tempi del-
la periferia romana.
la ricostruzione post bellica, ma carico di un valore che nella nostra epoca di crisi è sbiadito per colpa dell’edoni-
Ancora di Barucci, il Laurentino 38 (1973), un insediamento
stico individualismo catodico: quello della solidarietà che
dal punto di vista urbano complesso, realizzato con una
qualcuno in maniera laica e globalmente più comprensibi-
tecnica di prefabbricazione già precedentemente spe-
le chiama empatia. [9]
rimentata, oggetto negli ultimi anni di ripensamenti e battaglie politiche che sono culminate nel 2006 con l’abbattimento di tre ponti (il IX, il X e XI ) sotto la giunta veltroniana e lo sgombero delle famiglie che li occupavano abusivamente.
19
Soggetto di altrettante discussioni è Tor Bella Monaca (1981) tornata alla ribalta nel 2011 per la proposta della giunta Alemanno di demolirne le torri e di realizzare al loro posto un quartiere sul modello della città giardino progettato da Leon Krier. Nel nostro laboratorio si è considerato non tutto l’impianto di questo quartiere ma solo il comparto R5 progettati ancora una volta di Barucci. Anche in Tiburtino Sud interviene con spirito sperimentale Barucci che dal 1971 comincia a realizzare i primi interventi residenziali con la tecnologia delle struttura cementizia a setti portanti, gettata in opera, con componenti secondati prefabbricati e piè d’opera. Il segno sintetico di Vigne Nuove (1972-1979) nell’area nord est di Fidene, progettato dallo studio Passarelli viene messo in relazione con gli altrettanto sintetici piani di zona di Val Melaina (1978) e Serpentara (1979) per contiguità urbana. E poi il segno più simbolico di tutti, quello del kilometro di Corviale (1972-1982), progettato da un team guidato da Fiorentino, che come vedremo risulterà interessante nella dialettica del laboratorio per un ragionamento del gruppo di progettazione, in negativo. Il Corviale è stato concepito come un atto d’amore sterminato, infinito, verso l’idea della “comunità”, della fiducia totale nella capacità della popolazione di autodeterminarsi ed adattarsi a condizioni abitative (infernalmente) standardizzate ed omologate. Come di fatto è successo. Che poi il giudizio moralistico sulla residenza pubblica degli anni 70 lo condanni (il manufatto e tutti gli operatori che l’hanno voluto – architetti, politici, assessori, tecnici etc.) è un’altra storia.
21
Per finire le torri di Valle Aurelia, intervento Ater degli anni
Dapprima ci siamo cimentati nella raccolta di dati stati-
’80, di cui non viene registrata alcuna notizia rilevante nei
stici, dimensionali, numerici, astratti, oggettivi (anche in-
regesti sugli interventi di edilizia residenziale pubblica ro-
terpolati) come densità, popolazione, costo delle unità im-
mana, ma che spicca, all’ombra del cupolone di San Pietro
mobiliari, età dei residenti, servizi pubblici, ma soprattutto
a poche centinaia di metri di distanza, tra tutti gli altri per
relativi alla presenza di comunità, gruppi, associazioni alla
qualità costruttiva e architettonica, contesto urbano, infra-
ricerca di spazi per attivare progetti collettivi di socializ-
strutturale, storico e paesaggistico: si tratta infatti di un
zazione etc. . Questi dati sono stati messi poi in relazione
intervento a ridosso del monte Ciocci, una estrema propa-
con altri contesti urbani non necessariamente romani. In
gine dell’agro romano (parco del Pineto) che si incunea fino
maniera creativa sono stati elaborati per ciascun quartiere
a Via delle Fornaci dove erano presenti fin dall’800 fornaci
delle grafiche che hanno smentito i noti pregiudizi sulle
di laterizio vaticane.
periferie. Conseguentemente abbiamo cominciato a “guardare” i
5. Il laboratorio
quartieri. Poiché crediamo che lo “sguardo” cioè la scelta del punto di vista (concettuale, mentale) sia già un atto di
Nel laboratorio non si è disgiunta l’attività dell’analizzare,
emancipazione dal mondo noto e quindi un atto creativo,
capire, raccogliere dati da quella progettuale. Si è cerca-
una intenzione già progettuale, prefigurativa, abbiamo co-
to di cogliere immediatamente le “criticità” percependole
struito per ogni quartiere una sorta di atlante raccogliendo
intuitivamente dall’osservazione diretta oppure desumen-
i walkingscapes, cioè i paesaggi fotografati camminando,
dole da dati obietti raccolti da fonti di informazioni le più
passeggiando. Per esempio per Laurentino 38 sono state
disparate. Si è cercato di guardare in maniera tendenzio-
catalogate le forme più disparate di appropriazione degli
sa e pregiudiziale ad un solo fenomeno preciso, anche se
spazi pubblici (essendo quello il fenomeno più evidente)
parziale, e di restituirne in maniera già propositiva le pro-
oppure nell’area di Fidene, si è costruito un catalogo di so-
blematicità attraverso comunicazioni narrative, grafiche o
luzioni architettoniche di dettaglio, una sorta di gramma-
fotografiche.
tica, di segni linguistici ricorrenti.
I vari gruppi, dopo una prima fase informativa, hanno co-
A questo punto, attraverso una presentazione powerpoint
struito un loro percorso di ricerca personale documentan-
ed un breve video ogni gruppo ha cercato di dare un titolo,
dolo ognuno su un proprio blog (in particolare usando la
di proporre una tematica su cui costruire una strategie di
piattaforma tumblr.com) che poi sono confluiti sul blog
intervento sulla falsariga del modello di Rethinking Happi-
principale del corso, una sorta di diario di bordo.
ness di Aldo Cibic. La modalità operativa è stata quella individuare delle filiere microeconomiche a scala locale i cui
(http://ilovepdz.wordpress.com)
22
soggetti possibilmente fossero le comunità già presenti nel
quartiere e proporre dei processi di trasformazione a volte
7. Commento ai progetti
più fisica ed architettonica a volte più urbana e strategica. Gruppo Laurentino 38 // Margherita Cardoso, Giacomo BevaPer ogni quartiere dunque, i gruppi di cinque, sei studenti
nati, Giada Spera, Flavia Verre, Silvia Quaranta
hanno prodotto tre pannelli A1 verticali, in cui sintetizzare il progetto tendenzialmente “narrativo”, proceduarale, ed
Il gruppo Laurentino 38 si è soffermato sul fenomeno
un plastico in scala 1:1000 del loro settore di intervento
dell’appropriazione spontanea degli spazi pubblici inter-
della dimensione di un metro per un metro, bianco. Questi
stiziali, documentando con una serie fotografica una vi-
plastici sono stati poi assemblati in una griglia di tre per
talità sociale inaspettata e una sorprendente capacità or-
tre ricomponendo l’immagine della città alfabeto romana
ganizzativa delle micro comunità di quartiere. Il progetto
di cui si diceva all’inizio.
proposto che si intitola DIY NEIGHBORHOOD. Self Managed parasites for urban appropriation consiste dunque in una se-
Nella ricomposizione l’idea generale del corso si è pale-
rie di microarchitetture mobili, trasportabili e variamente
sata: su distese urbane bianche, anonime, i progetti risul-
aggregabili, con lo scopo di attivare la partecipazione so-
tavano delle minuscole, insignificanti presenze colorate.
ciale e fornire nuovi spazi autogestibili.
Contrariamente al modello della composizione urbana e del town design che ha svolto un ruolo decisivo nell’eco-
Gruppo Casilino 23 // Giulia Giampiccolo, Tiziana Morello,
nomia degli anni tra il ‘60 e l’80, nel senso dello stimolare il
Marco Cappelletti, Fabio Rocco, Arturo Caione
settore edilizio trainante per il sistema paese, gli interventi basati su principi di partecipazione e autoproduzione mi-
Il gruppo Casilino 23 ha rilevato il processo di progressivo
cro-economica, sono processi, strategie, innesti quasi en-
invecchiamento del quartiere dovuto alla permanenza fin
zimatici, in grado di catalizzare le energie delle comunità
dagli anni ‘60 degli abitanti originari ed ha quindi ipotiz-
locali, e quindi invisibili, immateriali, reversibili.
zato uno scenario d’uso per i prossimi 25 anni: le tipologie degli appartamenti vengono rimodulate e il piano pilotis ospiterà una serie di spazi per attività sociali e microproduttive per soddisfare le richieste delle generazioni più giovani. Gruppo Tor Bella Monaca // Dario Loscialpo, Licia Ugolini, Sara Pellegrini, Chiara Passarotti, Gino Iannibelli Questo progetto intitolato ONLINE. Connect the parts, define the boundary si sofferma sull’opportunità che l’area dell’a-
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BioMilano by Stefano Boeri
gro romano a ridosso del settore R5 di Tor Bella Monaca fornisce per costruire una circolazione lenta (pedonale e ciclabile) alternativa e quindi di connettere una serie di spazi pubblici al momento estremamente frammentati e disarticolati. L’agro romano viene trasformato in terreno produttivo e parco urbano secondo schemi di urbanizzazione debole, mentre i due poli individuati come possibili fulcri di questo sistema ospitano servizi e spazi per incubatori di imprese. Gruppo Tiburtino Sud // Donatella Pavia, Valentina Dessì, Michele Finardi, Giorgio Francolini, Stefano Esposito La “Green City” prefigurata per Tiburtino Sud è lo scenario di un progetto di riqualificazione che sfrutta la dotazione di verde inaspettatamente sopra la media rispetto ad altri quartieri. Un orto botanico fornisce piante e fiori che possono essere impiantati sui “giardini verticali” delle abitazioni circostanti di cui è prevista la rimodulazione tipologica. Mentre un laboratorio di ceramica affiliato all’istituto d’arte di quartiere già presente, permette di realizzare in autocostruzione componenti per personalizzare balconi e porzioni di facciate. Gruppo Corviale // Matteo Albanese, Ilaria Castellani Perelli, Josef Arbau, Simone Alessi, Grazia Di Pinto, Lucia Addabbo Questo progetto WE DON’T NEED ANOTHER HERO !!! A fictional world where everybody is the main character che rischiava di cadere nella ripetizione delle innumerevoli proposte elaborate negli anni, si è smarcato dalla realtà e l’ha indagata, come succede in letteratura, attraverso un progetto che si può definire di “fictional architecture”: le architetture si
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riferiscono ad un mondo fittizio, collocato in un universo
Gruppo Vigne Nuove // Stella Passerini, Benedetto Turcano,
parallelo, dove gli abitanti sono superumani, trasfigurazio-
Giulia Peruzzi, Claudia Pirozzi, Gaia Lupo
ne in eccesso delle personalità che realmente abitano Corviale – Tranquillo (che muore in certa nota maniera e le cui
Il gruppo di Vigne nuove, introduce una modalità d’inter-
ceneri alimentano un orto botanico), AbusivoMan (che ru-
vento interessante: il progetto SHARE A ZONE. How a buil-
bando stanze al proprio vicino di casa quando è in vacan-
ding can be conceived as an evolutionary organism prevede una
za, in realtà applica un elementare principio di conviven-
serie di azioni di costruzione e riconversione che durano
za social democratica), Wonder-woman/Super-man (che
per i prossimi 25 anni, fornendo un framework temporale
necessitando di riscatto sociale, trova soddisfazione nella
preordinato per gestire l’indeterminatezza degli eventi.
produzione di energia palestrandosi) e molti altri ancora. Gruppo Spinaceto // Rachele Cacciani, Lorenzo Carità Morelli, Le architetture, perfettamente coerenti in un ragionamen-
Marcella Cusumano, Salvatore Falbo, Maria Gerardi
to di intervento debole e diffuso – (la palestra che produce energia con l’attività dei Wonders, l’orto botanico/cimitero
Il gruppo Spinaceto propone un intervento intitolato Spina-
che ricicla le ceneri dei morti, le residenze ricombinabili
ceto Smart Power. Rethinking Spinaceto as an energy and social
per gli Abusivi, etc.), sono collocate sul tetto del Kilometro,
power plant in cui appunto ogni spazio e servizio pubblico
sotto un cielo a due soli e due lune. In questo universo
attraverso delle micro installazioni concorrano a a genera-
dove il decadimento urbano e sociale sembra riscattarsi
re forme di energia alternative, una sorta di griglia energe-
grazie alla finzione, non c’è bisogno dunque di nuovi eroi
tica open source.
(gli architetti, gli operatori sociali) che vengano a redimere una realtà incolpevole.
Gruppo Torrevecchia – Quartaccio // Romina Carniato , Federico Caserta, Valentina D’ambrosi, Mauro La Giglia, Arianna
Gruppo Valle Aurelia // Oronzo Scalone, Olimpia Grasso, Ben-
Manni
venuta Laura Pollina, Graziano De Sanctis, Valentina Ciani Questo progetto intitolato Urban Farm. A bridging eco-village Come si è detto le torri di abitazioni dell’intervento Ater di
trae spunto dalla disconnessione tra i due quartieri cau-
Valle Aurelia rappresentano un caso peculiare rispetto agli
sata dalla presenza di una vera e propria vallata: questa
altri quartieri. Il progetto, intitolato FROM HELL TO HEAVEN.
viene riconvertita in parte in fattoria con una capacità
How to unfold relational opportunities alludendo al toponimo
produttiva commensurata al un bacino d’utenza locale,
della Valle dell’Inferno, si concentra sulla presenza del
in parte in parco urbano dotato di un ponte pedonale con
ponte ferroviario abbandonato riattivandolo con una serie
molteplici funzioni: connettere i due quartieri in quota,
di microarchitetture parassite e un sistema di funzioni di-
raccogliere e stoccare acqua piovana, trasportare a diverse
sperse nel quartiere.
quote i prodotti della fattoria.
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Note [1] La legge 167 del 1962 consente ai Comuni di espropriare aree di proprietà privata a prezzi contenuti, con lo scopo di assegnarli ad enti, imprese o cooperative per realizzare residenza in regime agevolato. Lo strumento operativo è stato e continua ad essere quello del PEEP ovvero del Piano di Edilizia Economica e Popolare, vero e proprio piani di zona, attuativo delle previsioni del Piano Regolatore. Questa legge ha consentito di affrontare l’annoso problema della casa attuando quanto previsto dal PRG di Roma del 1962. Il piano con l’individuazione delle prime aree PEEP è del 1964 e prevedeva 70 nuove zone residenziali per circa 700.000 abitanti. Per quello che riguarda le varie fasi dei PEEP e le informazioni di base dei vari quartieri, si possono consultati i seguenti volumi: - Rossi, P.O. (1991) nei paragrafi: Il Piano Regolatore del 1962 pp. 238-249 ; Il Primo Piano PEEP pp.258-261; Varianti del Piano Regolatore 1974 e 1978 pp.309312 ; - CCIAA (a cura di) (2007) in particolare il Capitolo 5 “L’esperienza Romana della 167/1962”, pp.95-149; Box 1 - 12 P.d.Z. per raccontare la città pp. 173-209; Box 2 - 12 P.d.Z. come mercato per nuovi servizi, pp.242-276; - Insolera, I. (1962), Capitolo ventunesimo. La grande Roma degli anni ’60, pp. 282-306 [2] Capuano, A. (2005), pag. 98 (scheda): Attraverso il disegno del territorio e della città si risolvono fondamentalmente due ordini di questioni: da un lato sottrarre la progettazione alla grande scala alla logica della zonizzazione di carattere prevalentemente funzionale, dall’altro legittimare la domanda estetica nella contemporaneità. L’idea di una pianificazione figurativa della città e del territorio, espressa per la prima volta da Quaroni ne La Torre di Babele, consiste nell’assumere il disegno come metodo di lavoro, tecnica di progettazione e comunicazione delle idee, come strumento di controllo e verifica della pianificazione stessa. [3] Schlimme, H. (2004), pp.1: Le fonti finora mai considerate fanno vedere però che l’architettura del villaggio era stata ben definita da De Carlo già prima di interpellare i futuri abitanti. Senza nulla togliere all’ovvia qualità architettonica del quartiere, dobbiamo smettere di usare lo slogan “partecipazione” nel contesto del “Nuovo Villaggio Matteotti” e ridurlo a quello che era: “partecipazione” era un mero motore di lancio per il quartiere, usato solo in un momento successivo alle elaborazioni del progettista; “partecipazione” era il concetto di moda del momento, ma non è la chiave per capire il “Nuovo Villaggio Matteotti”. [4] Schlimme, H. (2004), pp.6: Il “Nuovo Villaggio Matteotti” è stato studiato ponendo l’attenzione soprattutto sul suo aspetto esterno. Mentre De Carlo controllava minuziosamente, come emerge dalle fonti (ARCHIVIO DELLE ACCIAIERIE “ACCIAI SPECIALI TERNI”, Nuovo Villaggio Matteotti), la realizzazione delle scale aperte, dei ballatoi, degli spazi verdi comuni, quasi trascurava al contrario la progettazione e realizzazione dell’interno degli alloggi. [5] Dal Manifesto del progetto di ricerca, in Cibic, A. (2010): L’azione creativa in una prospettiva multidisciplinare consiste nel produrre, rispetto alle realtà che si osservano, idee, riflessioni, proposte in grado di delineare processi progettuali specifici rispetto a più tematiche, per elaborare dei brief approfonditi e articolati. Questa modalità è più simile a una produzione cinematografica che all’approccio professionale tradizionale del mondo dell’architettura, dell’urbanistica e del design, nel senso che non c’è necessariamente un cliente che richiede una prestazione, ma invece un gruppo composto, per fare un esempio, da economisti, sociologi, architetti, designer, urbanisti, paesaggisti e semplici cittadini in grado di proporre progetti specifici, che vadano a toccare una o più tematiche nello stesso tempo, per produrre l’intero ciclo progettuale prevedendo sia l’aspetto del progetto tradizionalmente inteso, che l’attivazione di dinamiche sociali ed economiche
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Agronica by Andrea Branzi
[6] Branzi, A., Bartolini, Lani (2002): Questi eventi poco vistosi cambiano in profondità i fondamenti del progetto contemporaneo; essi portano in luce nuove categorie di riferimento sulle quali i modelli di urbanizzazione debole si fondono, dando inizio a una lunga stagione di sperimentazione e di riformismo. Una sperimentazione che introduce il concetto di reversibilità delle destinazioni d’uso; di inespressività dei manufatti; di assenza di significato globle della forma urbana; di integrazione totale tra ambiente progettato e ambiente naturale; di separazione tra tipologia e funzione. […] Questa linea di ricerca, nei progetti qui illustrati , ha origine nei primi sistemi a rete interni a No-Stop City (1969-72) degli Archizoom Associati, e all’esperienza di Agronica di Domus Academy per Philips (1995) che sperimenta l’idea di una architettura trasformata in libera disponibilità di componenti costruttive mobili, disperse in un parco agricolo semi-urbanizzato. [7] Boeri, S. (2011): BioMilano è la visione di una città che smette di estendersi nel territorio rurale e sceglie di crescere rigenerandosi e aumentando la presenza di superfici vegetali e biologiche. Biomilano è l’idea di una un’agricoltura di nuova generazione che cinge la città, offre lavoro e produce beni per il mercato agroalimentare locale. BioMilano è la scommessa che una natura non sottomessa trovi – dentro e fuori i confini della città – territori e foreste dove esprimere la sua biodiversità. BioMilano è un progetto politico per moltiplicare le comunità di impresa che – nei campi dell’agricoltura di prossimità, della forestazione, delle energie rinnovabili – possono rigenerare l’economia urbana, offrendo integrazione e lavoro a migliaia di cittadini. [8] Dal manifesto del progetto, in Boeri, S., Mirti, S., Tozzi, L. (2008): Il design autorganizzato, prodotto in piccole serie dalle comunità che popolano le grandi megalopoli globalizzate. Un design che nasce da comunità di utenti che organizzano produzioni in serie ristrette per rispondere in tempi rapidi a domande circoscritte e puntuali, destinate a una diffusione istantanea. Un design vitale, energico e intensamente sperimentale, prodotto con tecnologie e materiali poveri – grazie a economie informali – e spesso dotato di un alto contenuto simbolico. Un design ad altissimo tasso creativo, che sfugge al circuito ristretto della produzione internazionale del lusso, e risponde a precise esigenze legate alla sopravvivenza immediata o a stili di vita in continua trasformazione. Il progetto Torino Geodesign si fonda sulla collaborazione di quaranta comunità presenti sul territorio con altrettanti designer internazionali e aziende italiane. Focalizzando l’attenzione sulle persone invece che sugli oggetti, Torino Geodesign si pone l’obiettivo di attivare nuove forme imprenditoriali nelle comunità presenti sul territorio, attraverso la costruzione di una rete complessa di relazioni nella quale sfumano le distinzioni tra committenti e utenti, produttori e beneficiari della progettazione. In un sistema dinamico, lontano dalle logiche assistenziali, il designer diventa il catalizzatore di sperimentazioni e reazioni eterogenee che scaturiscono dalle nuove tipologie di interazione. [9] Rifkin, J. (2010) p.3: We are on the cusp, I believe, o fan epic shift into a “climax” global economy and a fundamental repositioning of human life on the planet. The Age of Reason is being eclipsed by the Age of Empathy. The most important question facing humanity is this: Can we reach global empathy in time to avoid the collapse of civilization and save the Earth? [10] Insolera, I., (1962) pp.290-291: L’unico quartiere popolare realizzato è naturalmente nel quadrante sud, tra l’Eur e le aree industriali a ridosso di Castel Porziano: Spinaceto per complessivi 25.970 abitanti su una estensione di 185 ettari di proprietà comunale (piano urbanistico di Moroni, Di Cagno, Barbera, Battimelli, Di Virgilio Francione). Come sempre quando si tratta di una iniziativa unitaria e non di speculazione, c’è un’aria diversa che nella restante periferia della città. C’è spazio per le attrezzature pubbliche, per le scuole, gli asili, il verde: c’è spazio per respirare e vivere. Ma Spinaceto è lontano, lontanissimo da ogni altra zona periferica: sarà così più difficile per i romani accorgersi che può anche esistere un modo civile di vivere, di abitar e che questo può avvenire a Roma ed è lo Stato, il Comune che possono realizzarlo.
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Progetti
I ♥ PDZ / LAURENTINO 38
I ♥ PDZ / TIBURTINO III I ♥ PDZ / CASILINO 23
I ♥ PDZ / TIBURTINO SUD
I ♥ PDZ / QUARTACCIO
I ♥ PDZ / VALLE AURELIA
I ♥ PDZ / TOR I ♥ PDZ / CORVIALE
I ♥ PDZ / SERPENTARA 1
I ♥ PDZ / VAL MELAINA
I ♥ PDZ / SPINACETO I ♥ PDZ / VIGNE NUOVE
I ♥ PDZ / TOR BELLA MONACA
RREVECCHIA
LAURENTINO 38 Piano di zona n. 38 Urban Design: 1973 Designers: P. Barucci, A.De Rossi, L.Giovannini, P.Silvagni, A.Sostegni Building: 1974 - (on going) Rooms: n. 30.948 Residential: m3 2.475.840 Residential: ha 63,2 Public service: ha 22,4 Public green: ha 47,6 Density: in/ha 194
I ♥ PDZ / LAURENTINO 38
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DIY NEIGHBORHOOD Self-managed parasites for urban appropriation
Numbers of movable microarchitectures can be set all around the neglected spaces of the neighborhood in order to reactivate social partecipation. New services can be provided.
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Margherita Cardoso Flavia Verre Giada Spera Giacomo Bevanati Silvia Quaranta
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QUARTACCIO Piano di zona n.13v Designers: P. Barucci Building: 1981 Inhabitants: n. 2.433 Residential: ha 74,39 Public service: ha 15,84 Public green: ha 12,78 Density: in/ha 80
TORREVECCHIA Piano di zona n.74 Designers: P. Barucci, M. Vittorini con G. Gandolfi, T. Leonori, P. Pizzinato, G. Squadrilli Building: 1978 Inhabitants: n. 1.000 Residential: m3 70.000 Residential: ha 27,5 Public service: ha 36,3
I ♥ PDZ / TORREVECCHIA - QUARTACCIO
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URBAN FARM An eco-village to bridge the two neighborhood of Quartaccio and Torrevecchia Some microrealities are developed inside an in-between green valley: a museums and teaching facilities, a farm, some productive gardens, a market, some playgrounds, some green fields. Foothpaths connect all the functions for a slow way of life. A pedestrian bridge also connects at an higher level the two neighborhoods.
Romina Carniato Federico Caserta Valentina D’ambrosi Mauro La Giglia Arianna Manni
I ♼ PDZ / VALLE AURELIA
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FROM HELL TO HEAVEN How to unfold relational opportunities
In this complex neighbourhood where the past persists through the phisical presence of many relics of industrial archeology, the plan focuses on social partecipation strategies. Some functions have been included: a theater, some sport facilities, an house for elderly people, an internet cafè, a slow food market under multicoloured canopies, a coworking factory in the shape of a parasite like microarchitecture on the abandoned railways bridge.
Valentina Ciani Graziano De Sanctis Olimpia Grasso Benvenuta Laura Pollina Oronzo Scalone
CORVIALE Piano di zona n. 61 Urban Design: 1975 Designers: M. Fiorentino, F.Gorio, P. M. Lugli, G.Sterbini, M. Valori Rooms: n. 8.512 Residential: m3 680.960 Residential: ha 22,1 Public service: ha 6,2 Public green: ha 25,6 Density: in/ha 140
I ♼ PDZ / CORVIALE
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WE DON’T NEED ANOTHER HERO !!! A fictional world where everybody is the main character
The roof as metaphor of life. A parallel universe where the urban decay dignifies itself. Where the space doesn’t need architecture and people don’t need new heroes.
Lucia Addabbo Matteo Pio Albanese Simone Diego Alessi Josef Arbau Ilaria Castellani Perelli Grazia Di Pinto
VAL MELAINA Piano di zona n. 6 Urban Design: 1978 Designers: Bonamico, Costa, De Feo, Maltese Rooms: n. 15.800 Residential: m3 1.137.600 Residential: ha 33 Public service: ha 32,5 Public green: ha 32,6 Density: in/ha 130
VIGNE NUOVE Piano di zona n. 7 Urban Design: 1972 Designers: Studio Passareli Rooms: n. 8.333 Residential: m3 666.640 Residential: ha 15,6 Public service: ha 8,1 Public green: ha 22,6 Density: in/ha 152
SERPENTARA 1 Piano di zona n. 4 Urban Design: 1979 Designers: Tecnark Italia Rooms: n. 8.915 Residential: m3 713.000 Residential: ha 14,7 Public service: ha 8,5 Public green: ha 12,3 Density: in/ha 195
I ♥ PDZ / VIGNE NUOVE - VAL MELAINA
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SHARE A ZONE How a building can be conceived as an evolutionary organism.
This project arises from the consideration that the urban landscape is going to be modified by continuous transformations due to social changings. What if we plan how an intervention should be transformed during the next 25 years and beyond? This project is about designing the change of the landscape.
Gaia Lupo Stella Passerini Giulia Peruzzi Claudia Pirozzi Benedetto Turcano
TOR BELLA MONACA Piano di zona n. 22 Urban Design: 1980 Designers: F.Canali, A. M. Leone, P. Visentini Rooms: n. 28.000 Residential: m3 2.240.000 Residential: ha 70,6 Public service: ha 28,5 Public green: ha 51,6 Density: in/ha 149
I ♼ PDZ / TOR BELLA MONACA
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ON LINE Connect the parts, define the boundary
The main idea is to link disconnected areas around the neighborhoods through a pedestrian path. This intervention could make order in the public space at moment extremely fragmented and disarticulated. Designing the ground use is also another way to give a more clear ierarchy of the spaces. Some new functions are also provided: Startup facilities, Zero Km markets, playground and others to stimultate social interactions.
Gino Iannibelli Dario Loscialpo Chiara Passarotti Sara Pellegrini Licia Ugolini
TIBURTINO SUD Piano di zona n. 15 Urban Design: 1965 Designers: L. Biscogli, G. Gigli, A. Moraggi, G.L. Rolli, G.Zama Rooms: n. 37.080 Residential: m3 2.966.400 Residential: ha 20,2 Public service: ha 26 Public green: ha 68,2 Density: in/ha 198
I ♼ PDZ / TIBURTINO SUD
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GREEN CITY Appropriation and customization
Despite the expectation this neighborhood is provided by an interesting amount of green areas beyond the standard. This project focuses on this peculiarity to develop a soustainable strategy of intervention. An intensive garden centre could provide flowers and vegetations to be implanted on vertical facades of the existing building. Also a ceramic laboratory could provides tiles and other basic components to customize balconies and facades.
Valentina Dessi Stefano Esposito Michele Finardi Giorgio Francolini Donatella Pavia
CASILINO 23 Piano di zona n. 23 Urban Design: 1964 Designers: G. Esposito, R. Maestro, L. Quaroni, L. Rubino Residential: ha 18,81 Public service: ha 6,8 Public green: ha 10,52 Density: in/ha 270
I ♥ PDZ / CASILINO 23
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CASILINO 23 Rechargeable Strategies for renewing
This project aims to reverse the aging process of the neighborhood. The early inhabitants, in fact, has been living in the same apartments since the ‘60. First of all some pavillons can be set at the pilotis level to host social and productive activities. Second the apartments can be changed in size and typologies to match new way of life of yunger generations.
Arturo Caiono Marco Cappelletti Giulia Giampiccolo Tiziana Morello Fabio Rocco
SPINACETO Piano di zona n. 46 Urban Design: 1965 Designers: P. Moroni, N. Di Cagno, L. Barbera, F. Bettinelli, D. Di Virgilio Francione Rooms: n. 26.120 Residential: m3 2.089.600 Residential: ha 54,6 Public service: ha 27,9 Public green: ha 74,3 Density: in/ha 140
I ♼ PDZ / SPINACETO
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SPINACETO SMART POWER Rethinking Spinaceto as an energy and social power plant
Spinaceto is one of the most interesting among the first piani di zona. It has been considered for a long time a model of urban expansion: well planned, typological concerns, huge green space, all the public area well designed. Our proposal is about activating social interaction with diffuse but minimal interventions.
Rachele Cacciani Lorenzo CaritĂ Morelli Marcella Cusumano Salvatore Falbo Maria Gerardi
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Laboratorio
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A moment before the final critic
Visiting Laurentino 38 with Simone Nicastro
Comments before the final critic
Project review at Auditorium cafè (the school was not open that day...)
Project review at Auditorium cafè (the school was not open that day...)
Project review at Auditorium cafè (the school was not open that day...)
Exhibition at Forte Fanfulla
Showing the final results to Matteo Costanzo
Showing the final results to Barbara del Brocco
Students with Aldo Cibic on the stairs of IED Roma
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I ♥ PdZ – I Love Piani di Zona. Microeconomie in cerca di città by I ♥ PdZ – Daniele Mancini is licensed under a Creative Commons Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 3.0 Unported License. Based on a work at http://issuu.com/unpacked/docs/ilovepdz Permissions beyond the scope of this license may be available at http://unpacked.wordpress.com.