Uomini e Trasporti n. 391 Ottobre

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Aggregazioni

Test: DAF XD CARATTERE VERSATILE E DI AMPIE VEDUTE

LA GRANDE CORSA PER CONQUISTARE IL MERCATO

VALICHI ALPINI: I FRENI CREATI DA FRANE, MANUTENZIONI E DIVIETI

NON PASSA L'ITALIANO

www.uominietrasporti.it 391 mensile anno XLII ottobre 2023 MENSILE Tariffa R.O.C.Poste Italiane s.p.a. Spedizione in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1 –CN/BO. In caso di mancato recapito inviare al CMP di Bologna per la restituzione al mittente previo pagamento resi.
nell'autotrasporto Batterie QUALE FUTURO?
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Mensile di informazione politica e tecnica. Pubblicazione dell’Associazione professionale di categoria Organo del Gruppo Federtrasporti - gruppofedertrasporti.it

391

Anno XLII - ottobre 2023

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NON MI AGGREGO PERCHÉ…

NON PAGO LE TASSE

La scorsa estate ho attraversato per qualche giorno la Francia. Sono rimasto colpito da una cosa: quando arrivi in una qualunque cittadina, le prime architetture che ti saltano agli occhi sono, insieme all’Hôtel de Ville e alla prefettura, il tribunale (almeno nei centri più grandi) e il Liceo. Attirano l’attenzione perché sono esteticamente inattaccabili, posizionati in punti nevralgici e sempre manutenuti ad arte. E quando ho fatto notare a un cittadino locale che lo Stato con ogni evidenza spende molti soldi per ottenere quel risultato, mi ha risposto secco: «Lei non sa che soddisfazione ho provato quando ho accompagnato mio figlio in quella scuola, quando per la prima volta l’ho visto entrarci dentro». Così ho avuto chiaro che il senso dello Stato va coltivato. A parole e nei fatti. E che sentirsi parte di un paese che ti fa percepire come tuo un istituto scolastico, aiuta a coltivare il senso civico. E che giustamente ciò che è di tutti deve essere più bello di ciò che è soltanto di qualcuno. Poi torni in Italia e partecipi a un convegno sull’aggregazione come àncora di salvezza per l’autotrasporto nazionale (losiraccontaap.24). È una prospettiva impossibile da criticare, a maggior ragione se venisse fatta propria da piccole realtà impossibilitate a competere con realtà sempre più grandi e sempre più frutto di acquisizioni. I vantaggi generabili da una realtà aggregativa, infatti, sono troppo evidenti: evita di bussare alle porte delle agenzie di intermediazione; consente di recuperare la percentuale che evapora nei passaggi di subvezione per incrementare il margine di chi si assume l’onere del trasporto; genera economie di scala sotto forma di acquisti collettivi; permette di investire tali risorse in infrastrutture logistiche e digitali; aiuta a trattare con la committenza in modo più orizzontale; mette in condizione chi guida di gestire pratiche complesse, come il recupero delle accise, i rimborsi autostradali, la concessione di un credito di imposta. E l’elenco potrebbe continuare a lungo...

Eppure, l’aggregazione oggi qui da noi non incontra molta fortuna. Per quale motivo è difficile da dire. Qualcuno ritiene che le norme adottate per incoraggiarla siano state zoppe, non prevedendo sanzioni per il divieto di subvezione (oltre il primo passaggio). Qualcuno ritiene che alcune forme aggregative – prima tra tutte la cooperativa – siano ormai bruciate dal punto di vista semantico, nel senso che evocano qualcosa di poco pulito a cui si ricorre, in particolare nella logistica, per contenere il costo del lavoro a sacrificio di qualche disperato. Qualcuno ritiene, sulla scorta della lezione pandemica, che ci si metta insieme, che ci si senta parte di un tutto soltanto quando si è in tangibile difficoltà. Per capire meglio bisogna chiedere al titolare di una piccola impresa il perché preferisca lavorare come subvettore di un’altra azienda più grande (che magari è subvettrice di un’altra ancora maggiore), piuttosto che diventare socio di un consorzio o di una cooperativa. La risposta è sempre quella: perché non sopporta che queste strutture aggregative tengano per sé stesse una percentuale di quanto lui fattura con il suo trasporto. Non conta se sia il 5 o il 10%, conta il fastidio che prova nel vedere una parte dei guadagni che considera propri, finire a beneficio di una struttura collettiva che fatica a percepire come propria. Che gli trovi i viaggi, che gli curi l’amministrazione, che stia dietro a tutte quelle incombenze burocratiche di cui lui a malapena conosce l’esistenza, non conta. Preferisce lavorare come quarto vettore, piuttosto che stare in cooperativa. D’altra parte, non c’è da stupirsi: in Italia quasi il 50% dei cittadini asseconderebbe la richiesta di una prestazione professionale in nero o la mancata emissione dello scontrino non chiedendo la fattura e praticamente tutti vanno da un commercialista anche per pagare meno imposte. Salvo poi lamentarsi se i processi durano troppo, se le liste di attesa per un esame diagnostico in ospedale sono infinite o se nelle scuole cadono, oltre ai soffitti, i livelli di competenza degli insegnanti. Esattamente ciò che quel signore francese non farà mai: pagherà le tasse perché è troppo fiero della scuola che frequenta suo figlio.D’accordo, la Francia è diventata uno Stato diversi secoli prima di noi. Ma non è che fatichiamo ad aggregarci anche perché siamo poco avvezzi a sentire come nostra la cosa pubblica?

di Daniele Di Ubaldo EDITORIALE
ottobre 2023 3

3 EDITORIALE Non mi aggrego perché...non pago le tasse

14 POLITICA Un nuovo problema nei rapporti tra le associazioni di categoria e il governo. Come ti taglio 37 milioni

16 VALICHI La frana al Fréjus e le difficoltà per le nostre esportazioni. Non passa l’italiano

24 IDEE IN CAMBIAMENTO L’urgenza con cui l’autotrasporto deve fare una scelta. Aggregazione o morte

28 NUOVO TACHIGRAFO Bruxelles rinvia a fine settembre, ma lascia decidere agli Stati. Una proroga in attesa della proroga

30 ART Il versamento soppresso dal decreto «Omnibus», dopo dieci anni di contenzioso. Contributo ART, ciao ciao

38 LA TESI DI LAURA Storie di strada che valgono un master. La patente a 18 anni? Un vuoto da colmare

40 ANCHE IO VOLEVO IL CAMION La prima donna Segretario generale di FAI-Conftrasporto. Autotrasportatrici si nasce

42 A PROVA DI LAURA DAF XD 450 FAN 6x2. Visione chiara, amicizia lunga

46 BATTERIE Il mercato europeo: i numeri dietro ai dubbi. È elettrico 1,3 camion ogni 100

48 BATTERIE Le regole UE per il posizionamento delle colonnine di rifornimento. Ricariche elettriche ogni 120 km

50 BATTERIE Le strategie di produzione in house. Scania a la svolta «fai da te»

52 BATTERIE La grande corsa all’efficienza. Il metodo Swap

54 BATTERIE La sfida al monopolio cinese. Alleanze elettriche

56 PNEUMATICI Come i costruttori si preparano alla scossa. La sfida elettrica pretende gomme evolute

58 MERCATO ALLESTIMENTI I trend della prima parte del 2023. Come spaccare il numero in quattro

62 MONDO LEGGERO Come sta andando il mercato degli LCV Elettrici. Qualcosa è cambiato

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SOMMARIO 52
DOPOLAVORO PRODOTTO PROFESSIONE
40 42 58 16
ALL'INTERNO 33 L'Agenda del mese. Novità normative
DI SOLO TRASPORTO
Me l’ha detto un camionista: Trattoria
Barabasca
Voci on the road. 10 domande a…Cristian
LE RISPOSTE DEGLI ESPERTI 6 Ministeri & co 8 Parole diritte 10 Intorno all’azienda 12 Sicuri e certificati 32 Il salvagente 66 L'importante è la salute 28 24
NON
64
Veranda
65
Gorini

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È GIUNTO IL TEMPO DELLA MULTIMODALITÀ

Si sente spesso parlare dei numerosi vantaggi che il trasporto multimodale è in grado di offrire: riduzione dei costi, consegne più rapide, meno sforzi logistici. Ma perché allora questa modalità di trasporto sembra ancora non essere sufficientemente diffusa?

Una recente indagine che l’ITF (International Transport Forum) ha dedicato alla decarbonizzazione, al trasporto marittimo intracontinentale ed alla multimodalità, ha rilevato come le diverse politiche adottate dagli Stati, volte a favorire modalità di trasporto diverse da quella stradale, non abbiano finora avuto successo, sia perché non sono allineate fra loro, sia perché i Governi continuano simultaneamente a supportare il trasporto su gomma, adottando diverse forme di esenzioni fiscali sul carburante ed evitando di recuperare gli elevati costi causati alla manutenzione delle strade dai veicoli pesanti. Ricordiamo che il trasporto multimodale, a differenza di quello intermodale (stessa unità di carico con più vettori diversi), abbraccia almeno due modi di trasporto (ferroviari, marittimi, stradali), è affidato alla responsabilità di un unico operatore e può comportare rotture di carico.

Nel nostro Paese, ad approfondire il tema e le problematiche connesse alla multimodalità ha pensato il Freight Leaders Council, libera associazione di studi, ricerche e proposte inerenti l’industria logistica, cui aderiscono imprese di primaria importanza della filiera logistica e non solo, e che da sempre promuove il riequilibrio modale e la sostenibilità del settore. Il FLC ha dato vita al Quaderno 31, dal titolo «Multimodalità: più efficienza, meno costi, maggiore velocità di consegna», che sarà presentato il 19 ottobre in un apposito Convegno convocato sotto l’egida dell’Università degli Studi di Trieste, dove si auspica anche che dal PNRR arrivi una forte spinta alla sostenibilità dell’industria logistica.   A differenza di quanto avvenuto nelle precedenti indagini sulla ripartizione modale del trasporto merci, il nuovo Quaderno ha inteso coinvolgere, accanto ai tradizionali operatori del settore, anche le imprese di produzione e di trasformazione, nonché gli stessi

Il Freight Leaders Council ha dato vita al Quaderno 31, dal titolo «Multimodalità: più efficienza, meno costi, maggiore velocità di consegna», che sarà presentato il 19 ottobre in un apposito Convegno convocato sotto l’egida dell’Università degli Studi di Trieste, dove si auspica anche che dal PNRR arrivi una forte spinta alla sostenibilità dell’industria logistica

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cittadini, in quanto destinatari e possibili «influencer» delle scelte di trasporto multimodale.

In sintesi, dal Quaderno ci aspettiamo, oltre alla consueta e accurata indagine sulle quote di traffico suddivise per modi di trasporto:

• un’analisi compiuta dei dati, ma anche dei possibili scenari inerenti le diverse forme di trasporto merci multimodale, che tengano conto delle modifiche subite negli ultimi anni dai trend economici globali, e delle conseguenti sfide per l’industria logistica, prima a causa della pandemia da Covid 19, e poi per la crisi indotta dalla guerra di invasione russa in Ucraina, che tuttora appare lontana da soluzioni pacifiche;

• un esame «ragionato» della dotazione infrastrutturale riconducibile ai trasporti multimodali (rete autostradale, ferrovie, porti, interporti, aeroporti) e dei principali componenti di un sistema logistico multimodale;

• un approfondimento sull’importanza delle tecnologie innovative, la digitalizzazione e la semplificazione delle procedure, nell’ottica della maggiore efficienza della supply chain;

• un focus obiettivo e completo sui consumi energetici dei diversi modi di trasporto merci (ivi compreso il cargo aereo), in funzione della riduzione delle emissioni inquinanti e, conseguentemente, di una maggiore sostenibilità ambientale dell’intero

comparto, da raggiungere nei tempi previsti dalle autorità comunitarie;

• la valutazione dell’impatto e dell’efficacia degli incentivi attivati in Italia a favore delle diverse forme di co-modalità e multimodalità (ferrobonus e marebonus);

• la spinta verso una effettiva integrazione del sistema di trasporto multimodale, fondata sulla collaborazione fra i diversi attori coinvolti, siano essi istituzioni pubbliche o operatori economici privati;

• l’esame delle politiche volte a promuovere la multimodalità e le soluzioni di trasporto a basso impatto ambientale, con spunti di riflessione sulle possibili iniziative da adottare a livello politico, sia di regolazione sia incentivanti, magari anche cogliendo le opportunità offerte dal PNRR, e comunque nella consapevolezza del cammino non breve da percorrere per ottenere un reale riequilibrio fra modi di trasporto.

C’è, quindi, da augurarsi che il lavoro del Freight Leaders Council trovi opportuno ascolto da parte degli organi competenti del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, in quanto sede istituzionale deputata a favorire le operazioni logistiche multimodali.

6 ottobre 2023
MINISTERI & CO COME DISTRICARSI TRA I FILI DELLA BUROCRAZIA
Cesare B_Latina di Clara Ricozzi ex direttore di dipartimento c/o ministero Trasporti

QUALICONTROTUTELE UNA RITENZIONE IMPROPRIA?

Il trasportatore o lo spedizioniere non pagato può beneficiare del diritto di ritenzione delle merci che gli sono state affidate nel caso in cui non sia pagato. Quindi, in tempi ristretti, può anche venderle. Ma chi subisce una tale procedura in che modo e con quali forme può difendersi?

Maurizio F_La Spezia

Inquesta rubrica si è già avuto modo di illustrare come il diritto di ritenzione rappresenti un efficace strumento di tutela dei crediti di vettori e spedizionieri, in quanto modalità di tutela del credito molto più immediata ed efficace rispetto alle procedure previste in genere per il recupero dei crediti: si tratta, infatti, di uno strumento alternativo di soddisfacimento del credito, esercitabile a prescindere dal preventivo ottenimento di un titolo esecutivo. Il diritto di ritenzione che spetta al vettore consente, infatti, a quest’ultimo di trattenere le merci che gli vengono affidate per il trasporto, con conseguente possibilità di utilizzarle per soddisfare il proprio credito con preferenza rispetto ad altri eventuali creditori. Una volta esercitata la ritenzione sulle merci, il creditore può vendere le merci per soddisfare il proprio credito e gli interessi dovuti.

L’utilizzo di un simile strumento di “autotutela”, caratterizzato da modalità di soddisfacimento del credito estremamente rapide ed efficaci, potrebbe prestarsi tuttavia a potenziali strumentalizzazioni da parte di coloro intenzionati a far valere crediti contestati o contestabili. Vi è, pertanto, da interrogarsi su quali siano le tutele in capo al soggetto che subisca la ritenzione delle merci trasportate.

Molto spesso i proprietari delle merci indebitamente ritenute dal vettore o dallo spedizioniere tendono a utilizzare lo strumento cautelare rappresentato dal ricorso d’urgenza ex art. 700 cod. proc. civ. Vi è, tuttavia, da

Nel caso di indebito esercizio del diritto di ritenzione da parte di uno spedizioniere, lo strumento processuale al quale, in via cautelare, è possibile fare ricorso è il sequestro giudiziario ex art. 670 cod. proc. civ. e non già il ricorso ex art. 700 cod. proc. Civ

dubitare che si tratti del rimedio più idoneo dal punto di vista processuale. Tale tipologia di ricorso, infatti, ha natura residuale ed è esperibile solo laddove non siano individuabili altri rimedi tipici.

E proprio con riferimento alla non utilizzabilità del ricorso ex art. 700 cod. prod. civ., in quanto è individuabile un diverso strumento processuale tipico, si è pronunciato il Tribunale di Livorno con un interessante provvedimento (Ordinanza collegiale n. 698/23 dd. 22.06.2023), in cui si afferma che, nel caso di indebito esercizio del diritto di ritenzione da parte di uno spedizioniere, lo strumento processuale al quale, in via cautelare, è possibile fare ricorso è il sequestro giudiziario ex art. 670 cod. proc. civ. e non già il ricorso ex art. 700 cod. proc. civ. A parere del Collegio, «colui il quale agisce per ottenere la restituzione di beni da altri detenuti in ragione di un rapporto contrattuale […] può infatti agire ai sensi dell’art. 670 c.p.c. Come è noto, il sequestro giudiziario è misura cautelare strumentaleallaconservazioneoallagestionedibenicontroversisuscettibili di apprensione materiale laddove la controversia cada non solo sulla titolarità della proprietà (incontroversa in questa sede) o di diritti reali sui

beni stessi, ma anche ove debba proporsiun’azionecontrattualeche, se accolta, importi la condanna alla restituzione di un bene, come nelle ipotesi di azioni personali aventi ad oggettolarestituzionedellacosada altri detenuta, ovvero quando non può dubitarsi del fatto che l’azione di merito sia teleologicamente indirizzata ad ottenere una pronuncia sul contratto stipulato che vada ad incidere direttamente sui tempi del diritto alla restituzione alla parte proprietaria»

Ulteriore strumento, alternativo rispetto al sequestro giudiziario, potrebbe essere rappresentato dalla richiesta di decreto ingiuntivo per riconsegna. Tale rimedio tuttavia (salvo che non sussistano i presupposti per la concessione della provvisoria esecutività) appare meno incisivo, in quanto potrebbe rivelarsi inidoneo a sospendere la vendita delle merci assoggettate a diritto di ritenzione che, come si è detto, possono essere alienate con tempistiche potenzialmente estremamente celeri.

8 ottobre 2023
PAROLE DIRITTE DIZIONARIO GIURIDICO APPLICATO AL TRASPORTO
670 art. o ex art. 7 ebito eser artediu
di Massimo Campailla avvocato senior partner studio Zunarelli

COME CONTABILIZZARE UNA PARTITA IVA INTRACOMUNITARIA

Sono un imprenditore di trasporto che svolge attività commerciali all’interno dell’Unione Europea. Mi piacerebbe fare chiarezza su come debba essere contabilizzata la partita Iva italiana esposta su una fattura emessa da una società con sede in un Paese membro UE.

Per rispondere a questa domanda, è necessario prima di tutto verificare la partita Iva indicata sulla fattura per sapere se il soggetto estero ha una stabile organizzazione in Italia oppure è solo identificato tramite una partita iva italiana.

Analizziamo quindi i due casi indicati:

• stabile organizzazione in Italia;

• identificazione in Italia.

Soggetto estero stabilito in Italia

È il caso in cui la partita Iva italiana riportata tra i dati anagrafici del cedente estero corrisponde a una stabile organizzazione italiana di tale soggetto.

Più specificatamente, il fornitore estero possiede una sede operativa in Italia, per cui è tenuto ad emettere regolari fatture con Iva. Tale posizione equivale a un soggetto stabilito in Italia tenuto ad emettere fatture elettroniche con la propria partita Iva italiana, avvalendosi del Sistema di Interscambio dell’Agenzia delle entrate. Il cessionario acquirente italiano, che riceve la fattura elettronica con Iva, deve registrarla regolarmente sul registro Iva acquisti come un acquisto da un fornitore italiano. La fattura non dovrà essere inserita nell’esterometro, trattandosi di una compravendita tra soggetti stabiliti in Italia soggetta a fatturazione elettronica. Un caso molto frequente è rappresentato dagli acquisti su Amazon quando la fattura viene emessa dalla succursale italiana.

Soggetto estero non stabilito ma identificato in Italia

È il caso in cui la partita Iva italiana ri-

Per verificare la partita Iva italiana del fornitore estero, è necessario consultare l’elenco VIES (VAT Information Exchange System) collegandosi al link telematici. agenziaentrate.gov.it/VerificaPIVA. Inserita la partita Iva, il sistema evidenzia se a quella determinata partita Iva corrisponde una stabile organizzazione in Italia o la sola identificazione senza sede

portata tra i dati anagrafici del fornitore estero corrisponde alla situazione di identificazione in Italia. Nel dettaglio, il fornitore estero non ha una stabile organizzazione in Italia ma si è semplicemente identificato in Italia. Quando l’acquirente è un’impresa italiana, il cedente estero non residente e non stabilito, anche se identificato in Italia, deve fatturare al proprio acquirente utilizzando la propria posizione Iva estera, senza applicare l’imposta: sarà il cessionario acquirente italiano ad applicare l’Iva in Italia tramite reverse charge (applicando l’Iva nel registro delle vendite e in quello degli acquisti). In tale caso la fattura non sarà elettronica e quindi sarà da inserire nell’esterometro. Come effettuare la verifica della partita Iva italiana del fornitore estero? Per farlo, è necessario consultare l’elenco VIES (VAT Information Exchange System) collegandosi al link telematici.agenziaentrate.gov.it/VerificaPIVA. Inserita la partita Iva, il sistema evidenzia se a quella determinata partita Iva corrisponde una stabile organizzazione in Italia o la sola identificazione senza sede.

Riepilogo

Prima di contabilizzare una fattura di un fornitore UE con partita iva italiana è necessario seguire i seguenti passaggi:

• collegarsi all’elenco VIES e inserire la partita iva italiana del fornitore per avere notizie precise circa la stabile organizzazione o la semplice identificazione;

• in caso di stabile organizzazione, contabilizzare regolarmente la fattura come se fosse fattura italiana (nel registro Iva acquisti) e non dichiararla nell’esterometro;

• in caso di semplice identificazione, contabilizzare la fattura in reverse charge (nel registro Iva acquisti e nel registro Iva vendite) e dichiararla nell’esterometro.

10 ottobre 2023
tita ece a par è n one i ne se zazio azio
INTORNO ALL'AZIENDA CONSIGLI DI FISCO E AMMINISTRAZIONE
di Marco Mancini dottore commercialista e business coach

E’ORA DI IMPARARE

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LA REGISTRAZIONE CORRETTA DA FARE SUL TACHIGRAFO

Se effettuo trasporto solo a livello nazionale, come mi devo comportare con l’inserimento della nazione di inizio e fine turno sulla carta tachigrafica?

Vittorio R_Salerno

Iconducenti, oltre al rispetto dei periodi di guida e riposo previsti dal Regolamento 561/2006, devono porre particolare attenzione al corretto uso del tachigrafo e della carta tachigrafica al fine di non incorrere contestazioni, spesso spiacevoli, da parte delle autorità preposte ai controlli. Oltre alle anomalie più significative (come eccesso di velocità, guida senza tessera, ecc.) è necessario prestare attenzione alla corretta registrazione di alcuni dati o informazioni che spesso, per eccessiva fretta o non completa conoscenza o sottovalutazione della loro importanza, sono tralasciate.

Con l’avvento del tachigrafo digitale, molti dati, ma non tutti, sono inseriti e registrati nella memoria in modo automatico. In particolare, il regolamento 165/2014 all’art. 34 «utilizzo delle carte del conducente e dei fogli di registrazione» al comma 7 prevede: «il conducente introduce nel tachigrafo digitale il simbolo del Paese in cui inizia il suo periodo di lavoro giornaliero e il simbolo del Paese in cui lo termina».

Questa disposizione richiede quindi che la registrazione del Paese di inizio e di fine attività lavorativa venga svolta quotidianamente anche se il conducente non cambia il Paese.

Le modalità per l’inserimento e la registrazione sono le seguenti:

• in modo automatico: a ogni inserimento ed estrazione della tessera, il tachigrafo chiede di inserire o confermare il Paese di inizio e di fine tramite gli appositi comandi. Eseguendo questa procedura il tachigrafo registra l’ora di inserimento e di estrazione, i km iniziali e finali nonché il Paese di inizio e di fine attività. Nell’esempio riportato sono rappresentate rispettivamente un caso di registrazione corretta e una errata.

La memoria della carta tachigrafica ha un certo limite e se non viene scaricata nei tempi previsti (ogni 28 giorni), si corre il rischio di perdere dei dati in quanto vengono sovrascritti compreso proprio il Paese di inizio e di fine. Pertanto, è importante scaricare i dati con le frequenze previste on freq

• in modo manuale: in questo caso il conducente accedendo al menu «entrata conducente 1» trova, a seconda della circostanza, Paese inizio o Paese fine e dovrà solo confermare il simbolo del Paese. Questa procedura è da attuare giornalmente, anche se il Paese non è variato, soprattutto se la carta tachigrafica è lasciata inserita nei casi previsti. Questa procedura è la medesima da attuare in occasione dell’effettivo passaggio di frontiera, dove si ricorda che, dal 02.02.2022, deve essere effettuato alla prima sosta utile ma che sia il più vicino possibile alla frontiera stessa.

Le registrazioni sono ovviamente visibili anche nei report estratti con gli appositi software per l’analisi dei dati tachigrafici. Altro aspetto importante a cui prestare parecchia attenzione è la sovrascrizione dei dati. Infatti, la memoria della carta tachigrafica, come sappiamo, ha un certo limite e se non viene scaricata nei tempi previsti (ogni 28 giorni), si corre

il rischio di perdere dei dati in quanto vengono sovrascritti compreso proprio il Paese di inizio e di fine. Pertanto, è importante scaricare i dati con le frequenze previste e, in caso di controllo da parte delle Autorità che richiedono periodi più o meno lunghi, è necessario avere l’accortezza di trasmettere tutti i file del periodo richiesto e non solo, ad esempio, quello più recente e successivo al periodo richiesto.

Le suddette mancate registrazioni sono oggetto di sanzione a carico del conducente con una sanzione pecuniaria da 52 a 102 euro per ogni infrazione, come previsto dall’art. 19 della Legge 727/78. È pertanto utile, oltre che obbligatorio, per l’azienda verificare anche questo tipo di anomalia segnalandola al proprio conducente.

12 ottobre 2023
SICURI
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COME TI TAGLI

Nel decreto per l’alluvione in Emilia-Romagna sono stati pesantemente ridotti i fondi per incentivi al rinnovo del parco dell’autotrasporto, che le imprese avevano già impegnato rendicontando i loro

Abbiamo scoperto come dev’essere fatto il tavolo delle regole per l’autotrasporto: rotondo e con tre piedi, come quelli delle sedute spiritiche di una volta. Perché, dopo essere stato promesso per anni, da tutti i governi di tutti i colori, per affrontare e risolvere con le associazioni di rappresentanza i continui problemi del settore, questo magico oggetto d’arredamento sembra essersi dissolto nell’aria, come gli spiriti che era chiamato a evocare.

Convocato una sola volta nel luglio scorso, il tavolo delle regole si è infatti subito dissolto nell’afa ferragostana e, al momento, non se ne hanno più tracce. Anche perché il governo ha concesso al settore un paio di benefit niente male: la definitiva esclusione dal contributo all’Autorità per la regolazione dei trasporti e lo sblocco delle risorse per compensare gli aumenti del gasolio del secondo trimestre 2022. Due atti capaci di far dimenticare l’urgenza di una consultazione continua

UN’AMARA SORPRESA

Ma anche in un governo che si presenta con il sorriso alle istanze dell’autotrasporto, il groviglio normativo in cui i vari dicasteri – a cominciare dal MEF – si avvitano alla ricerca di risparmi genera spesso amare sorprese. Come quella, scoperta quasi per caso a metà settembre, e denunciata subito da Unatras con una lettera al ministro dei Trasporti, Matteo Salvini, di un «taglio lineare imposto dal MEF per un importo pari a 37 milioni di euro a valere sul capitolo degli incentivi per la sostituzione e il rinnovo del parco veicolare relativo all’annualità 2021, dopo che le imprese hanno effettuato e rendicontato investimenti per la transizione ecologica e a favore dell’ambiente, contando su risorse previste da una legge

Ultimaora

RIXI: «I FONDI PER L’AUTOTRASPORTO SONO STATI RIPRISTINATI»

I fondi scomparsi sarebbero stati ritrovati. Non sono stati ancora reindirizzati verso l’autotrasporto, ma dovrebbero prendere presto questa direzione. Così almeno ha promesso il viceministro alle Infrastrutture e ai Trasporti, Edoardo Rixi, durante il convegno organizzato da Assotir a Roma lo scorso 19 settembre, spiegando che «il problema era di cassa, nel senso che quando ci siamo trovati a chiudere le procedure per l’erogazione dei fondi è venuto fuori che mancavano 160 milioni di euro destinati a sostenere le aziende di autotrasporto. E questo è inaccettabile. Così siamo andati al MEF e abbiamo individuato una serie di fondi già stanziati e rimasti non spesi con cui recuperare la cassa». Lo

dello Stato». Una procedura che Unatras non ha esitato a definire «inaccettabile», ma che ormai può essere corretta solo con un’ altra legge.Certo, ci si sarebbe potuto pensare prima, visto che la norma è contenuta nel decreto legge per la ricostruzione delle aree alluvionate in Emilia-Romagna pubblicato in Gazzetta il 5 luglio scorso. E quindi c’era tempo per intervenire in sede

stesso viceministro ha anche anticipato che è imminente la pubblicazione di un decreto interministeriale che chiuderà definitivamente la partita. Ma non è tutto perché anche i 37 milioni di euro per finanziare il rinnovo del parco veicolare e spariti perché assorbiti nel decreto con cui fronteggiare l’alluvione in Emilia-Romagna, dovrebbero essere recuperati. In proposito lo stesso Rixi ha anticipato che provvederà a presentare un emendamento in discussione in Senato – e del quale è relatore – per ripristinare lo stanziamento venuto meno. In questo caso la conversione del decreto dovrebbe avvenire entro il 10 ottobre. Sempre che – va detto – nel percorso parlamentare non incontri degli ostacoli.

di conversione del decreto. Ma, in mancanza di una comunicazione costante con il governo, non era facile scovare la tabella dell’Allegato I, con le somme «revocate rispetto alla finalità» dall’art. 4, comma 3 (che in totale toglie al ministero dei Trasporti 235 milioni di euro), tra cui, appunto, quelli destinati ad «Autotrasporto ed intermodalità», per la missione «Diritto

14 ottobre 2023
POLITICA UN NUOVO PROBLEMA NEI RAPPORTI TRA LE ASSOCIAZIONI DI CATEGORIA

O 37 MILIONI

investimenti. «Inaccettabile», ha tuonato Unatras che ha chiesto un urgente incontro al ministro dei Trasporti per recuperare le risorse. E per chiedere più comunicazione

alla mobilità e sviluppo dei sistemi di trasporto». Forse un tavolo di confronto continuo e costante (che non a caso Unatras nella sua lettera sollecita) avrebbe evitato.

UN INCONTRO URGENTE

Ora Unatras ha chiesto al ministro un incontro «urgente», definendo «indispensabile recuperare queste risorse». È probabile che in qualche modo ci riesca, ma il come e il quando è difficile da prevedere, tante sono le giravolte che tutti i governi hanno compiuto nei rapporti – soprattutto economici – con l’autotrasporto. Proprio

i 37 milioni «spariti» fanno parte di un pacchetto di 122 milioni per il 2021 (già questi frutto di un mix di stanziamenti riconvertiti), parte dei quali avrebbe dovuto sostenere la categoria nel 2022, mentre tardava l’attuazione dello stanziamento (strutturale) di 25 milioni per il rinnovo del parco, approvati con legge di Bilancio (31 dicembre 2021) e sbloccati 16 mesi dopo, il 12 aprile 2023, con l’emanazione del decreto attuativo. Un quadro di confusione che tocca i trasportatori nel portafogli, proprio mentre l’inflazione non accenna a rientrare e il gasolio riprende ad aumentare,

come, con «forte preoccupazione», rileva la stessa lettera di Unatras. Ma in questo clima di imbarazzata confusione, c’è una preoccupazione ancor più forte. Che nella legge di Bilancio per il 2024, qualcuno possa pensare di toccare anche i 240 milioni annui per il settore, riaprendo un discorso che sembrava ormai superato con la loro strutturalizzazione. Perché quando si tratta di tagliare per raschiare il fondo del barile, i governi – di qualunque colore – rispettano pienamente il precetto evangelico: la sinistra non sa quello che fa la destra. E, soprattutto, non glielo dice.

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NON PASSA L’ITALIANO

Le Alpi sono sempre più un problema per la nostra economia. Rinviati di un anno i lavori al Monte Bianco, per scongiurare una crisi dell’interscambio con la Francia, i divieti unilaterali austriaci al Brennero e le limitazioni - stradali e ferroviarie - del Gottardo riducono le possibilità di transito alle frontiere alpine verso un mercato centro europeo che vale 190 milioni di euro

Alla fine ha prevalso il buon senso: i lavori di manutenzione straordinaria del traforo del Monte Bianco cominceranno solo quando sarà ripristinato completamente il transito sul Fréjus, interrotto a causa della frana che il 27 agosto ha investito la direttrice francese della val Moriana, travolgendo l’autostrada A43 per Lione e la ferrovia parallela. Per maggior sicurezza, i cantieri che avrebbero dovuto aprire il 4 settembre e durare fino al 18 dicembre, riapriranno invece fra un anno – come chiedeva l’Italia – nel settembre del 2024, salvo brevi chiusure per lavori non rinviabili (vediboxp.19)

Inizialmente Parigi non intendeva rinviare i lavori di oltre una settimana, ma la situazione al Fréjus si è presto rivelata più grave dell’ottimismo francese: il tunnel autostradale ha riaperto a metà settembre per i veicoli pesanti, ma con una sola corsia sulla carreggiata investita dalla frana, sulla quale pendono ancora almeno

3 mila metri cubi di roccia che vanno stabilizzati o fatti cadere. Ancora più lungo il

ripristino della ferrovia, previsto per metà di novembre.

A far prevalere il buon senso anche da parte francese, alla luce di tali rilevazioni, è stato il timore di compromettere un interscambio con l’Italia dell’ordine di quasi 100 miliardi di euro, messi a rischio dalla chiusura contemporanea di Fréjus e Monte Bianco, i due trafori dove transita la gran parte delle nostre e delle loro merci. Ma, mentre si chiudeva quell’accordo, si bloccavano i trafori del Gottardo – ferroviario e stradale – per un grave deragliamento sul primo e una crepa sul soffitto del secondo Dunque, l’intesa tra Italia e Francia è solo un momentaneo pannicello caldo sullo scenario drammatico per la nostra economia che si sta disegnando sui confini del paese. La vicenda ha infatti rivelato drammaticamente la fragilità dell’arco alpino, dove si accavallano lavori di adeguamento, frane, incidenti, cantieri di manutenzione, divieti ambientali che stanno trasformando le Alpi in un filtro sempre più difficile da superare per i nostri prodotti.

16 ottobre 2023
VALICHI LA FRANA AL FRÉJUS E LE DIFFICOLTÀ PER LE NOSTRE ESPORTAZIONI
CAMION E MERCI IN VIAGGIO PER Frejus Moncenisio Monte Bianco Gran San Bernardo Gottardo Ventimiglia Monginevro 3,4% 96,6% 100% 80,2% 19,8% 100% 100% 100% 100% 91,5% 8,5% 34,6% 65,4% FERROVIE STRADE Sempione

TRE AREE DI TRANSITO

Perché ogni anno attraversano (o tentano di attraversare) la barriera alpina 160 milioni di tonnellate di merci (il 60% del nostro export totale che ammonta a 266 milioni di tonnellate), dirette soprattutto in Germania, Francia, ma anche verso i porti di Olanda e Belgio e, comunque, verso tutti gli altri paesi europei. Il 66% di queste merci viaggia su strada e quasi tutto il resto su ferrovia attraversando le Alpi, soprattutto in sette aree dove (a dati 2019 del ministero degli Affari esteri, su italiaindati.com) transitano su strada più di 100 milioni di tonnellate di prodotti. In ordine da Ovest a Est sono: Ventimiglia, Fréjus, Monte Bianco (solo stradale), Sempione, Gottardo, Brennero, Tarvisio. Se si escludono il primo e l’ultimo (rispettivamente 23 e 21 milioni di tonnellate in transito) che non presentano particolari problematiche, ma coprono direttrici lontane dai ricchi mercati del Centro Europa, il grosso dell’export si può dividere in tre aree: la Fréjus-Monte Bianco (25 milioni di tonnellate, di cui 20 su strada) diretta verso il Nord della Francia e i porti del Northern Range; l’attraversamento svizzero Gottardo-Sempione (più di 45 milioni di tonnellate, di cui 10 su strada) a metà fra le altre due direttrici; il Brennero (quasi 54

milioni di tonnellate, di cui 40 milioni su strada) che segue la direttrice del corridoio Mediterraneo-Scandinavo. Sono state proprio queste tre aree di transito a entrare contemporaneamente in crisi negli ultimi giorni di agosto: la frana del Fréjus in concomitanza con la partenza dei lavori al Monte Bianco, la chiusura del traforo stradale del Gottardo (riaperto il 15 settembre) e quella che durerà mesi per un incidente in quello ferroviario; la costante quanto illegittima limitazione dell’attraversamento dell’Austria con i camion, imposta – alla faccia delle norme europee – dalle autorità di Vienna e di Innsbruck. Una tempesta perfetta (ma di terra) che ha fatto temere (e continua a farlo in prospettiva) per il nostro export. Perché, anche se il valore delle merci non coincide con il loro peso, i milioni di euro che viaggiano ogni anno attraverso le Alpi – su strada o su ferro – sono davvero tanti e qualunque ostacolo su queste rotte costituisce un danno pesante per i nostri scambi commerciali.

IL DANNO ECONOMICO

Difficile calcolarne con esattezza l’entità, anche perché non ci sono da anni studi organici che offrano statistiche omogenee sui transiti dell’intero arco montano.

Con la crisi Fréjus-Monte Bianco si sono lette le stime più disparate: un danno di 11 miliardi, ma per l’insieme di logistica e turismo; un calo del PIL della sola Val d’Aosta del 9,8% e del 5,4% per l’intero Nord Ovest (fonti che citano l’Osservatorio territoriale delle infrastrutture del Piemonte, organismo creato da Confindustria, Unioncamere e Regione). Ma le percentuali non sono convincenti, ammontando la prima a meno di mezzo miliardo e la seconda addirittura a quasi 75. Per tornare con i piedi sulla terra basterà ricordare l’incendio del traforo del Monte Bianco del 1999, rimasto poi chiuso per tre anni, con un danno economico – calcolato dal nostro governo – in 3 miliardi di euro. Quanto al Brennero, non si può parlare di un blocco continuo, ma lo stop and go delle limitazioni (chiusure notturne, contingentamenti, divieti settoriali, giornate proibite) incidono sui tempi di consegna e, dunque, finiscono per privilegiare merci che arrivano più velocemente da altri Paesi. Anche in questo caso, dunque, l’entità del danno è quantificabile solo con stime: uno studio di Conftrasporto del 2019, diffuso al Forum di Cernobbio, ha valutato che ogni ora di ritardo al Brennero costa all’economia italiana più di 370 milioni l’anno, ma più o meno la stessa cifra (360 PAESEVALICOTRANSITI x 1.000 camion ton. merci

Rispetto ai 155,7 milioni di tonnellate di merci trasportate su strada attraverso le Alpi, il 66% prende la direzione dell’Austria, il 26% della Francia e meno dell’8% della Svizzera. Il numero totale di veicoli pesanti che hanno attraversato le Alpi sfiora gli 11,5 milioni di veicoli pesanti.

ottobre 2023 17
FRANCIA Ventimiglia1.57220.961.4 Monginevro63,3651,8 Frejus/Moncenisio771,711.598,3 Monte Bianco6289.544,7 TOTALE Francia3.035,042.756,2 SVIZZERA Gd St-Bernardo34,4406,4 Sempione69,41.078,1 Gottardo642,97.983,2 San Bernardino131,41.673,3 TOTALE Svizzera898,111.140,9 AUSTRIA Reschen100,1843.3 Brennero2.559,739.918,9 Felbertauern64,4717,2 Tauern1.183,415.387 Schoberpass1.638,820.320,8 Semmering529,66.144.9 Wechsel1.486,918.447.9 TOTALE Austria7.562,9101.780.0 TOTALE dei tre Paesi11.495.9155.677.1 LE ALPI San Bernardino Reschen Brennero Felbertauern Tavern Schoberpass Semmering Wechesel 100% 0,4% 34,5% 65,5% 25,7% 74,3% 36,7% 63,3% 19,9% 80,1% 99,6% European Commission DG MOVE e Swiss Confederation Federal Office of Transport

VALICHI LA FRANA AL FRÉJUS E LE DIFFICOLTÀ PER LE NOSTRE ESPORTAZIONI

milioni) è stata indicata, in occasione della crisi di fine agosto, da Antonello Fontanili, direttore di Uniontrasporti, società consortile delle Camere di commercio, come danno complessivo (e non orario). Nessuna stima invece per l’incidente del 10 agosto scorso sulla linea del traforo del Gottardo che ha bloccato il transito ferroviario di 15 milioni di tonnellate di merci attraverso la Svizzera. Il fermo è durato solo 15 giorni, ma il traffico merci è stato ripristinato solo su una delle due canne e i lavori di risistemazione per tornare ai ritmi di traffico precedenti l’incidente dureranno mesi.

L’EXPORT ATTRAVERSO I VALICHI

Tutta questa sequela di incidenti, crolli, limitazioni vanno a colpire un export verso i paesi europei – da Ovest a Est, dalla Spagna alla Russia – che in valore nel 2021 è arrivato a 272 miliardi di euro, pari al 52,8% del totale delle nostre esportazioni (516 milioni). Il grosso sono le merci destinate alla Germania (67 milioni) e alla Francia (53 milioni), dove i transiti alpini hanno un ruolo rilevante, anche se non esclusivo (ma francamente il trasporto marittimo e quello aereo non sembrano avere quote rilevanti). Se aggiungiamo Svizzera (27 milioni) e Austria (11 milioni), destinazioni verso le quali i valichi non hanno praticamente concorrenza, il valore totale delle merci maggiormente a rischio è di 158 milioni di euro. Che sal-

18 ottobre 2023
di Umberto Cutolo
DOVE VANNO E DA DOVE ARRIVANO LE MERCI L’INTERSCAMBIO ITALIANO (2021) (milioni di euro) EXPORTIMPORT PAESI DELL’ARCO ALPINO Germania66.90275.673 Francia52.76639.186 Svizzera27.25211.147 Austria11.42110.763 SUBTOTALE158.341136.769 PAESI SULLA DIRETTRICE ALPINA NON RAGGIUNGIBILI VIA MARE Polonia16.14811.889 Repubblica Cecan.d7.612 Romania8.234n.d. Russia7.69613.948 SUBTOTALE32.07833.449 TOTALE 190.419170.218 PAESI SULLA DIRETTRICE ALPINA RAGGIUNGIBILI VIA MARE Spagna25.54224.177 Regno Unito23.4508.068 Paesi Bassi15.15727.669 Belgio17.87921.020 TOTALE 82.02880.934 TOTALE SCAMBI CON PAESI EUROPEI 272.447251.152 TOTALE SCAMBI CON PAESI EXTRAEUROPEI 82.219 TOTALE INTERSCAMBIO ITALIA 516.130466.000
Italiaindati.com

La commissione intergovernativa Italia-Francia nel momento in cui ha deciso di rinviare di un anno i lavori di manutenzione nel traforo del Monte Bianco, previsti inizialmente per il 4 settembre, ha anche chiarito che in ogni caso aluni interventi erano comunque non rinviabili. E in effetti, proprio nel momento in cui nella prima settimana di settembre è ripresa la circolazione nel traforo del Frejus, se n’è approfittato per portare avanti la manutenzione necessaria sotto alla montagna più alta d’Europa. Per la precisione la società TMB-GEIE ha comunicato che, a partire da lunedì 18 settembre 2023, sono

state pianificate interruzioni totali della circolazione infrasettimanali che vanno dal lunedì al giovedì, rigorosamente in orario notturno, vale a dire dalle 22.00 alle 6.00.

Interruzioni che andranno avanti fino a quando possibile e, di conseguenza, eventuali stop saranno comunicati successivamente. In un secondo tempo, invece, diventerà necessario chiudere completamente il traffico all’interno del traforo per un periodo che è stato quantificato in sette settimane, ma non è stato ancora individuato sul calendario nel momento in cui andiamo in stampa.

MONTE BIANCO: IL CALENDARIO DEI LAVORI NECESSARI La manutenzione non rinviabile nel traforo

VALICHI LA FRANA AL FRÉJUS E LE DIFFICOLTÀ PER LE NOSTRE ESPORTAZIONI

gono a 190 mila se aggiungiamo anche una serie di destinazioni più lontane ma che non hanno alternative sostanziali al trasporto terrestre come i Paesi dell’Est europeo, dalla Polonia alla Russia.

Meno rischi corrono le merci dirette a destinazioni europee più lontane, ma raggiungibili anche via mare (come Spagna, Regno Unito, Olanda, Paesi Bassi), per le quali solo una quota degli 82 milioni di valore – non distinguibile, né calcolabile – delle nostre esportazioni verso questi Paesi ha bisogno del transito alpino. Ma anche non considerando quest’ultimo gruppo – solo per avere un’idea approssimativa – 190 milioni di euro divisi per i 250 giorni lavorativi convenzionalmente calcolati su un anno, significa che se tutti i valichi chiudessero per un solo giorno, la perdita in valore sarebbe di 760 mila euro. Una settimana di chiusura ed ecco che rischierebbero di sparire 5 milioni e 320 mila euro di esportazioni.

L’AGROALIMENTARE SPAGNOLO

Naturalmente si tratta di calcoli sommari, utili solo a valutare le dimensioni del problema in un insieme che probabilmente in questi termini (ci auguriamo) non si verificherà mai. Più concreto, anche se parziale, il danno relativo alle tipologie di prodotti esportati. Per esempio, l’agroalimentare che sostanzialmente non ha alternative al trasporto su gomma, trovando poco spazio su quello ferroviario, specialmente nel settore dell’ortofrutta, dove la tempestività della consegna è essenziale. Appena esplosa la crisi di fine agosto, Coldiretti si è affrettata a ricordare che il 63% delle esportazioni agroalimentari italiane interessano i Paesi dell’Unione europea, che questi vengono raggiunti soprattutto attraverso i valichi alpini e che l’88% delle merci in Italia viaggia su gomma. Blocchi e rallentamenti alla frontiera, ha sostenuto l’organizzazione, «mettono a rischio

il record dell’export agroalimentare Made in Italy che ha raggiunto i 60,7 miliardi nel 2022 e che è cresciuto dell’8% che nei primi cinque mesi di quest’anno», favorendo la concorrenza soprattutto dalla Spagna. «Occorre intervenire nell’immediato con accordi che consentano di ridurre al minimo i disagi, ma occorre anche investire sulla logistica in termini infrastrutturali», ha protestato il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini, consapevole – come tutti gli operatori del settore – del rischio che un Fréjus possa ripetersi anche sulle altre direttrici di valico. Ma cosa sta facendo per evitare questo rischio? Vediamo la situazione e le prospettive per i valichi più a rischio.

IL FRÉJUS VERSO

LA DOPPIA CANNA

Al valico si transita attraverso due trafori, uno stradale e uno ferroviario, percorsi ogni anno rispettivamente da 11 milioni e 3 milioni di tonnellate di

I transiti contingentati in Tirolo

AUSTRIA, I GIORNI DEL DOSAGGIO

Ecco le giornate del primo semestre 2024 in cui il Tirolo applicherà, sui veicoli pesanti provenienti dalla Germania, in transito sull'autostrada A12 Inntal nell'area del valico di frontiera Kufstein/Kiefersfelden e diretti a Sud, il cosiddetto dosaggio. Vale a dire consentirà, a partire dalle 5 del mattino, il passaggio di 300 veicoli ogni ora.

• Lunedì 8 gennaio 2024

• Lunedì 5 febbraio 2024

• Lunedì 12 febbraio 2024

• Lunedì 19 febbraio 2024

• Lunedì 26 febbraio 2024

• Lunedì 4 marzo 2024

• Lunedì 11 marzo 2024

• Giovedì 28 marzo 2024

• Venerdì 26 aprile 2024

• Giovedì 2 maggio 2024

• Venerdì 3 maggio 2024

• Lunedì 6 maggio 2024

• Martedì 7 maggio 2024

• Mercoledì 8 maggio 2024

• Venerdì 10 maggio 2024

• Venerdì 17 maggio 2024

• Sabato 18 maggio 2024

• Martedì 21 maggio 2024

• Mercoledì 22 maggio 2024

• Giovedì 23 maggio 2024

• Lunedì 27 maggio 2024

• Martedì 28 maggio 2024

• Mercoledì 29 maggio 2024

• Venerdì 31 maggio 2024

20 ottobre 2023

merci. La frana del 27 agosto ha interrotto entrambi, dirottando il traffico stradale pesante verso il Monte Bianco, con conseguente filtraggio che ha provocato attese fino a tre ore, mentre è stato sospeso il trasporto combinato tra Orbassano e Chambery. Per il traforo stradale è in avanzato corso di realizzazione la seconda canna che dovrebbe entrare in funzione nel giugno 2024. In attesa della TAV Torino-Lione, la ferrovia del Fréjus è l’unico collegamento ferroviario tra Italia e Francia se si esclude quello di Ventimiglia, poco utilizzato per le merci.

IL RADDOPPIO DEL MONTE BIANCO

Circa 4.600 camion attraversano ogni giorno il traforo del Monte Bianco (transito soltanto stradale) che assorbe il 5,4% del traffico pesante alle frontiere alpine. Secondo le previsioni dei tecnici, il 90% di questo traffico si sarebbe dovuto spostare sul Fréjus, per consentire una lunga serie di lavori (72 mesi in tutto spalmati fino al 2040), ma la frana del 27 agosto ha fatto saltare i programmi che prevedevano, nei prossimi anni, mesi interi

di chiusura della circolazione per altri lavori di ristrutturazione. Nel corso dei colloqui intergovernativi sulla crisi del Fréjus, l’Italia ha rilanciato la proposta della seconda canna del traforo, alla quale Parigi si è sempre detta contra-

ria, sotto la pressione delle comunità locali, fin da quando l’ipotesi era stata messa sul tavolo, dopo il rogo del 1999 che provocò la morte di 39 persone. Il secondo tunnel potrebbe essere realizzato in cinque anni, con altri 18 di

La quota modale della ferrovia sull’intero arco alpino è andata diminuendo nel corso degli anni fino a raggiungere un livello prossimo al 30%. Nonostante le intenzioni dichiarate a livello politico, negli ultimi venti anni la ferrovia non è riuscita ad aumentare la sua quota di mercato nel traffico merci transalpino. Nel 1999, infatti, assorbiva più di un terzo (34,7%) di tutto il traffico, grazie soprattutto alla Svizzera, arrivata a una quota ferroviaria superiore al 70%. In Austria, invece, la ferrovia ha perso circa un sesto della sua quota di mercato, scendendo fino al 27%, mentre in Francia si è più che dimezzata toccando livelli vicini al 7%.

Il trasporto in sicurezza diventa facile

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VALICHI LA FRANA AL FRÉJUS E LE DIFFICOLTÀ PER LE NOSTRE ESPORTAZIONI

interruzioni annuali di quattro mesi per la messa in sicurezza.

IL BRENNERO INTERDETTO

Con quasi 40 milioni di tonnellate, il valico del Brennero è la principale via d’uscita delle merci italiane verso i ricchi mercati nel cuore dell’Europa. Due milioni e mezzo di camion l’anno trasportano il 37,5% delle tonnellate di merci esportate dal nostro Paese. Ma questo flusso viene costantemente rallentato da limitazioni decise unilateralmente dall’Austria o dal land del Tirolo, con blocchi notturni, pedaggi più elevati, divieti per settore merceologico, contingentamento degli attraversamenti, arrecando danno all’economia italiana.

Le iniziative austriache sono state duramente contestate da tutte le associazioni dell’autotrasporto e il ministro dei Trasporti, Matteo Salvini, dopo aver investito più volte della questione la Commissione europea (che ha tentato una blanda mediazione), ha annunciato a giugno che formalizzerà presso la Corte di Giustizia europea la richiesta di procedura d’infrazione nei confronti di Vienna. La Commissaria europea ai trasporti, Adina Valean, si è detta «delusa» dall’atteggiamento di Vienna e la presidente della Commissione europea, Ursula Von der Leyen, ha lanciato un monito, offrendo «un ultimo colloquio» per cercare un compromesso. Per tutta risposta, in piena crisi del Fréjus, Vienna ha comunicato un nuovo calendario di dosaggio dei transiti per il 2024 (24giorni, quelli elencati nella tabella a p.20) e un sistema di gestione digitale del traffico coordinato con Baviera e Alto Adige per adottare il contingentamento nei periodi di maggior traffico.

Quanto ai transiti ferroviari, in attesa del tunnel di base, la cui apertura è prevista per il 2032, la linea attuale, sulla quale transitano 14 milioni di tonnellate di merci, è rimasta chiusa per due settimane in pieno agosto, aggravando la situazione.

LE CHIUSURE DEL GOTTARDO

Una legge approvata nel 1994 dal Parlamento svizzero prevede che i camion in transito nel Paese non debbano essere più di 650 mila, ma l’obiettivo non è stato mai raggiunto: nel 2022 soltanto sull’autostrada del Gottardo sono passati 880 mila veicoli pesanti con un carico di merci in uscita che supera gli 8 milioni di tonnellate. Numeri che sembravano dover aumentare quest’anno, non solo per le difficoltà alla frontiera francese e per le limitazioni austriache, ma anche perché la ferrovia del traforo svizzero, dove transitano più di 15 milioni di tonnellate di merci è entrata in crisi per un incidente che il 10 agosto ha rischiato di provocare una tragedia: un vagone del merci Chiasso-Mannheim è uscito dai binari a uno scambio in galleria, portandosi appresso altri sedici vagoni per otto chilometri, prima che il capotreno si accorgesse del disastro. Pesantissimi i danni: divelte 20 mila traversine e traffico merci interrotto per 15 giorni, prima di riprendere su una sola galleria. Ci vorranno mesi prima che la circolazione possa tornare ai ritmi di prima e le merci che viaggiavano su treno finiranno per intasare il già intasato traffico stradale di mezzi pesanti ai pochi valichi dove si transita.

Come se non bastasse esattamente un mese dopo, il 10 settembre, una crepa di 25 metri nel soffitto del traforo autostradale, a 700 metri dall’imbocco setten-

trionale, ha costretto a chiudere il tunnel per una settimana e a riaprirlo con limite di velocità a 60 Kmh, deviando il transito sul colle del San Bernardino, dove il traffico è peraltro rallentato da lavori di manutenzione.

Per di più sono stati sospesi i lavori per la costruzione della seconda canna del tunnel stradale perché proprio quella potrebbe essere stata la causa della crepa nel traforo che ne ha fatto decidere la chiusura. Lavori per il raddoppio della galleria autostradale che, iniziati nel 2020, sarebbero dovuti terminare nel 2029.

CONCLUSIONE

Con il Fréjus a traffico ridotto, il Monte Bianco e il Gottardo sovraccarichi, il Brennero contingentato, le nostre merci hanno sempre maggiore difficoltà a raggiunge i loro mercati. E il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, ha avuto buon gioco, subito dopo l’esplosione della crisi del Fréjus, a mettere il dito nella piaga con la sua consueta franchezza: è un problema annunciato, ha detto; dov’erano quelli che se ne dovevano occupare? Sugli attraversamenti sull’arco alpino «sta succedendo quello che è un classico male italiano. Dopo che dal 2022 ad oggi, e per ogni mese, abbiamo denunciato il problema Monte Bianco che avrebbe avuto ripercussioni non solo per la Val D’Aosta ma per tutto il Nord, arriva la frana e improvvisamente ci svegliamo e diciamo: cosa succede al Monte Bianco? Ma dov’erano tutti quelli che se ne dovevano occupare in questi mesi? Come sempre, serve l’evento catastrofico per accorgersi che avevamo un problema di infrastrutture».

22 ottobre 2023

AGGREGAZIONE O MORTE

Quandoipadroncini ando ipad sperimentanolostareinsieme, lostarei netoccanoconmanoibenefici, comerimuovereilgiogodelle agenziediintermediazione, contenerelaconcorrenza reciproca,generareeconomie discalatramiteacquisti collettivi,costruireservizi personalizzati.

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son Clau Feder

udio Villa, presidente Federtrasporti

Il

19 settembre, lo stesso giorno in cui Assotir organizzava a Roma, all’interno del ministero delle Infrastrutture, un convegno su «L’Aggregazione nell’Autotrasporto: solo storia o anche futuro?», Il Sole 24 Ore pubblicava due articoli che sembravano propedeutici all’argomento trattato. Il primo riportava dati Cerved relativi all’incremento del 5,2% nel secondo trimestre del 2023 dei fallimenti aziendali, precisando che a soffrire di più sono le ditte individuali (per le quali l’aumento è stato del 27,7%) e quelle più piccole con fatturato tra i 2 e i 10 milioni (per le quali l’impennata sale al 44,8%).

Il secondo articolo era dedicato alla diminuzione dei prestiti concessi dalle banche alle PMI, delle loro difficoltà crescenti a ottenere finanziamenti e, tra le altre statistiche, riportava quella di Confcommercio secondo cui i rincari dei tassi hanno accresciuto di 6,7 miliardi i costi delle piccole imprese. Basterebbero questi dati per rispondere, tramite la seconda opzione, all’interrogativo presente nel titolo del convegno. Con la puntualizzazione che l’aggregazione nell’attuale frangente non è una scelta, ma un obbligo. In quanto, almeno per chi dispone di dimensioni contenute, è la sola alternativa alla chiusura. Perché se è vero che quando l’economia tira, quando – com’è accaduto dal post-pandemia in poi – la domanda di trasporto supera l’offerta e le tariffe del servizio prendono ossigeno, tutti riescono a trovare spazio. Ma nei momenti

di difficoltà, in quelli gravati da crescenti costi di gestione e dal rallentamento dell’economia, le prime aziende a subire ferite sono sempre quelle piccole. Quelle che, appunto, farebbero meglio, invece di perire, a battere la strada aggregativa. Ma questo è

Enrico Finocchii, nocch presidente Albo teAlbboAuAutotrasporto

24 ottobre 2023
di Daniele Di Ubaldo
IDEE DI CAMBIAMENTO L’URGENZA CON CUI L’AUTOTRASPORTO DEVE FARE UNA SCE
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Le realtà aggregative hanno svolto un ruolo decisivo nella strutturazione dell’autotrasporto italiano. Ma domani, a fronte della concentrazione presente sul mercato, potranno svolgere ancora una funzione?

La domanda, posta da un convegno organizzato a Roma da Assotir, ha ottenuto una risposta unanime: stare insieme per le piccole imprese è la sola alternativa alla chiusura

lo spoileraggio di un convegno giunto a tale conclusione. Proviamo a percorrere a ritroso il percorso con cui ci si arrivati.

QUANTI SONO I CONSORZI DI AUTOTRASPORTO IN ITALIA?

Cominciamo da una fotografia dell’esistente e da una quantificazione dei consorzi. Il presidente dell’Albo degli autotrasportatori, Enrico Finocchi, ha riferito che «l’Albo ha verificato la regolarità di 43 mila imprese iscritte (su circa 100 mila complessive) e tra queste c’erano fino a oggi 2.600 consorzi, per la maggior parte esterni». Quindi – aggiungiamo noi – se le imprese del settore sono almeno il doppio di quelle verificate, anche il numero dei consorzi può essere stimato attraverso analoga moltiplicazione. Altro dato significativo fornito da Finocchi riguarda il contesto in cui queste forme aggregative hanno dato prova di funzionalità pratica, visto che – ha spiegato – «i consorzi costituiscono i due terzi dei richiedenti il rimborso dei pedaggi autostradali, ma di fatto percepiscono più del 90% dello stanziamento».

COSA SPINGE ALL’AGGREGAZIONE?

È la domanda chiave, ma non presenta risposte edificanti. Nel senso che il padroncino italiano in genere non si aggrega per cultura, ma per induzione esterna. Il presidente di Federtrasporti, Claudio Villa, lo ha dimostrato chiaramente chiedendo supporto alla storia. Quella che insegna come i primi consorzi di autotrasportatori, sorti intorno agli anni 60, siano nati il più delle volte per iniziativa di grandi imprese committenti, in particolare del petrolifero, che stanche di trattare con pletore di piccoli trasportatori, li convinsero a mettersi insieme e a individuare un rappresentante comune. Ciò non toglie che il circolo virtuoso si innesti dopo, quando i padroncini sperimentano lo stare insieme e toccano con mano i benefici conseguenti.

Primo tra tutti – sono parole dello stesso Villa – quello di «rimuovere il giogo delle agenzie di intermediazione», ma anche di «contenere la concorrenza reciproca, di generare economie di scala tramite acquisti collettivi, di costruire servizi personalizzati per gli associati». Tutti vantaggi elevati alla potenza

quando con la nascita di Federtrasporti nel 1971, fiorì la prima realtà di secondo livello –aggregatrice degli aggregatori – che investì i risparmi prodotti dagli acquisti collettivi, in particolare nelle assicurazioni, nella costruzione di immobili logistici e di un’organizzazione comprensiva di realtà dedicate alla formazione, alla consulenza e all’editoria. «Tutte cose – ha sottolineato Villa con orgoglio – che nemmeno la più grande delle società del settore è in grado di concedersi».

PERCHÉ NON C’È ALTERNATIVA ALL’AGGREGAZIONE?

Per aggregarsi ci vuole motivazione e questa, spesso, giunge dall’esterno. Ma in alcuni casi potrebbe essere sufficiente guardarsi allo specchio e constatare la propria condizione. È quanto ha sostenuto il presidente del Freght Leaders Council, Massimo Marciani, fornendo una diagnosi del settore simile a quella di un malato terminale, che si scopre tale, però, soltanto se si interviene in profondità. In superficie, infatti, si può essere tratti in inganno, perché l’autotrasporto conto terzi – stime Polimi – vale 50 miliardi l’anno e la logistica 116, ma soprattutto perché il 30% del PIL va oltre frontiera. Cosa che dovrebbe fare la gioia di chi movimenta merci.

In realtà, ha spiegato il numero uno del FLC, chi produce vende franco fabbrica e quindi affida le merci a operatori stranieri che, giunti in Italia, possono pure fare cabotaggio, senza preoccuparsi dei controlli, visto che non esiste una lettera di vettura digitale e la polizia ferma più i trasportatori italiani che gli altri.

In più, secondo Marciani, il trasporto merci italiano soffre di un sovradosaggio di modalità stradale – attestata all’88% a fronte di una media europea del 77 – assunta tramite un parco di trattori ridotto (sono appena 190 mila, circa la metà rispetto a Polonia e Germania) e poco sicuro, visto che per il 45% ha più di 10 primavere alle spalle. Ma il paradosso è che lo Stato, consapevole di queste patologie croniche, concede da tempo all’autotrasporto sussidi ingenti che, nel 2020, hanno raggiunto 1,6 miliardi. Il problema è che il malato fa i capricci e invece di assumere le cure, le rigira ai propri committenti sotto forma di sconti. E altri soldi che stanno arrivando nella logistica sospinti dai fondi di investimento,

non guardano all’autotrasporto a causa della sua ridottissima redditività. «Perché quando un’azienda ha un Ebitda inferiore al 2% – ha concluso il presidente FLC – significa che è tecnicamente fallita, al punto che se anche aumentasse il numero di veicoli, finirebbe per guadagnare meno». Davanti a un quadro così sconsolante secondo Marciani ci sono due cose da fare: creare raggruppamenti di aziende individuando forme di differenziazione e puntando a trattare alla pari con la committenza; pretendere dagli organi deputati dello Stato l’espulsione dal settore di chi lavora in modo scorretto. Perché «più vi rimane – ha concluso – maggiore è il rischio di fallire tutti».

PERCHÉ L’AGGREGAZIONE COMBATTE L’INTERMEDIAZIONE

La storia citata da Villa non insegna soltanto che la spinta all’aggregazione proviene da fattori esogeni, ma dimostra pure l’esistenza di un rapporto di proporzione

ottobre 2023 25
LTA
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inverso, tale per cui più si realizza un’aggregazione, tanto meno l’intermediazione trova terreno su cui attecchire. Ragion per cui la stessa aggregazione diventa, come ha sottolineato la presidente di Assotir, Anna Vita Manigrasso, lo strumento con cui accrescere la capacità concorrenziale di realtà piccole e attive su «un mercato in cui le regole sono dettate da società divenute sempre più grandi». Una leva che la politica dovrebbe attivare sia perché – ha puntualizzato – «non richiede ingenti risorse», sia perché il sostegno economico alle piccole imprese aggregate potrebbe derivare indirettamente dalla «liberazione» di quei 5 miliardi che, secondo il segretario di Assotir, Claudio Donati, drena la subvezione.

IN QUANTI LAVORANO COME PRIMI VETTORI

La stima dei 5 miliardi, peraltro, andrebbe ritoccata verso l’alto visti i risultati di due indagini di mercato emerse nel corso del convegno. Dalla prima, citata dallo stesso Donati e condotta in Sicilia, emerge che negli ultimi 10 anni le 500 imprese di capitali con almeno 4 milioni di fatturato, hanno aumentato

L’intervento del viceministro alle Infrastrutture e ai Trasporti, Edoardo Rixi

«IL 55% DELLE AUTOSTRADE È DEGLI ANNI 70: SERVE AGGIORNARLE SENZA CREARE CODE»

L’aggregazioneèlostrumento

Il viceministro alle Infrastrutture e ai Trasporti, Edoardo Rixi, ha chiuso il convegno, ma più che sull’aggregazione si è concentrato su quei fattori in grado di mettere in difficoltà l’autotrasporto e quindi di aggravarne la condizione. E qui, ha fatto riferimento innanzi tutto alla condizione dei valichi alpini, sospesi in un equilibrio precario e sui quali c’è bisogno di recuperare molto del tempo perduto. Rixi, al riguardo, ha invitato a ragionare su un paradosso: «Il fatto che la frana del Frejus ci sia stata il 27 agosto è stata una grande fortuna. Perché se si fosse verificata una settimana dopo, oltre il 4 settembre, data in cui sarebbero dovuti iniziare i lavori di manutenzione della galleria del Monte Bianco (poi rinviati), a quel punto tutti i flussi verso la Francia si sarebbero in pratica interrotti». Per non

il giro d’affari del 50%, ma diminuito il valore aggiunto del 22%. Segno inequivocabile che hanno incrementato l’affido ad altri di viaggi propri. Dalla seconda, riportata dal presidente di Consat, Fabio Locascio, e condotta tra aziende di autotrasporto con 50 camion, emergerebbe come queste agiscano in veste di primo vettore soltanto nel 30% dei trasporti, mentre viaggiano come secondo nel 70%.

correre rischi di questo tipo bisogna lavorare in prospettiva, raddoppiando, per esempio, il transito nel Monte Bianco». Ma un numero particolarmente efficace espresso dal viceministro è quello che gli impone anche una sfida estremamente complicata: «Il 55% delle opere infrastrutturali è stato realizzato negli anni 70 e va modernizzato. Ma in che modo?». Il problema è trovare il modo di aprire i cantieri senza determinare congestionamenti di traffico. Anche perché – ha constatato – «con i camion fermi il nostro autotrasporto non sarebbe più in condizione di lavorare. E noi non possiamo lasciare questo settore in mano a operatori che potrebbero avere interessi diversi dai nostri. In questo senso la lezione fornita dal settore dell’energia è eloquente». Un aiuto secondo Rixi potrebbe arrivare dalla tecnologia e, in particolare, dai navigatori predittivi, in grado di calcolare l’insorgere di una coda prima che si formi, basandosi sui flussi di traffico, ma mettendo in condizione chi è in viaggio lungo quella strada di trovare per tempo un’alternativa. Lo ha definito un aiuto importante, con buona probabilità incentivabile, ma ovviamente non esaustivo. Al resto ci sta lavorando.

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Anche Consat ha sperimentato come la spinta aggregativa possa fronteggiare l’intermediazione crescente quando, dopo una ventennale esperienza come consorzio finalizzato a ottenere il massimo rimborso dei pedaggi e dopo essersi misurato con una gamma di servizi riservati agli associati al sistema Assotir, dal 2020 si è misurato direttamente con l’attività di trasporto. Così, si è confrontato con vari settori merceologici (dalle biomasse al collettame fino alla

temperatura controllata) sbarcando anche nel trasporto intermodale marittimo. E nel porto di La Spezia ha trovato un mercato fortemente filtrato dalle agenzie, in quanto spesso il trasportatore non ha le dimensioni sufficienti a gestire le tante pratiche richieste da questa attività. Eppure, ha raccontato soddisfatto Locascio, quando «abbiamo assunto commesse dirette insieme agli spedizionieri, molti autotrasportatori del luogo si sono subito avvicinati a Consat». D’altra parte, questo consorzio garantisce pagamenti in 60 giorni, solidità finanziaria, possibilità di diversificare i settori di attività e di ottimizzare l’impiego dei veicoli. Il tutto in cambio di un contributo di gestione variabile tra il 3 e il 4% e, quindi, molto inferiore al 10-20% trattenuto da un’agenzia di intermediazione e di tariffe migliori, garantite dall’opportunità di gestire come primo vettore il 56% dei viaggi.

26 ottobre 2023 IDEE DI CAMBIAMENTO L’URGENZA CON CUI L’AUTOTRASPORTO DEVE FARE UNA SCE
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COME LO STATO FRONTEGGIA LA SUBVEZIONE

È un esempio virtuoso, ma non basta a frenare l’intermediazione. A tale scopo – lo chiede esplicitamente Donati – serve un intervento dello Stato finalizzato a rimuovere anche una stortura evidente: i grandi trasportatori che fagocitano il mercato non si confrontano con il committente, così come non lo conosce colui che fornisce i servizi di trasporto, limitandosi ad assecondare chi gli dice dove andare». Una situazione perversa e che, con ogni probabilità, non soddisfa nemmeno chi domanda trasporti. In realtà, lo Stato al problema dell’intermediazione ha già prestato attenzione, rendendo possibile normativamente un solo passaggio di subvezione. Soltanto che, ha constatato il professore di diritto dei Trasporti e della Navigazione all’università di Trieste, Massimo Campailla, quella normativa, introdotta nel dicembre 2015, è stata pochissimo applicata perché non contempla sanzioni per chi la viola. Soltanto all’indomani della sua introduzione ci fu, oltre che un leggero sussulto del numero di consorzi e di cooperative, un piccolo boom dei contratti di rete. Ma queste forme ag-

gregative, oltre a essere poco unificanti (in particolare nella forma della rete-contratto), sono state create – ha ricordato il professore – in maniera poco «genuina», per mitigare cioè l’impatto della normativa. Prova ne sia che quando poi ne è stata constatata la non punibilità, anche i contratti di rete hanno preso a scemare, malgrado siano trattati alla stregua di un consorzio, visto che, come l’associato a questa struttura, anche «il retista che riceve ordine di trasporto rimane primo vettore al pari di colui che glielo ha passato». Molto di più si può fare oggi recependo la direttiva europea che, nella dimostrazione del requisito di stabilimento, fissa una proporzione tra fatturato e veicoli a disposizione. Un ragionamento integrato dal presidente Finocchi, puntualizzando che se è vero che il divieto di andare oltre il primo passaggio di vezione non ha sanzioni, è anche vero che il contratto di trasporto sottoscritto a prescindere da tale vincolo è nullo. E la qualcosa in termini civilistici produce conseguenze rilevanti (come quella, per esempio, di vedersi applicata una rivalsa assicurativa). Magari non in grado di frenare il fenomeno, ma comunque rilevanti.

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Fabio Locascio, presidente Consat o, pre cascio

LTA

UNA PROROGA IN ATTESA DELLA PROROGA

Il d-day doveva scattare il 21 agosto, ma i nuovi strumenti ancora non sono disponibili e l’IRU ha chiesto una proroga a fine anno. Ma la DG Move della Commissione ha concesso poche settimane e ogni Stato ha fatto per conto suo.

Ora Bruxelles dovrà cercare una soluzione condivisa

Meraviglioso il nuovo tachigrafo intelligente. Si chiama «SMT2» e permette – fra le altre funzioni – di registrare automaticamente e, soprattutto, da remoto (ma, attenzione, le sanzioni possono essere comminate solo dopo un’ispezione del veicolo) i passaggi di frontiera, i tempi di guida e di riposo e la posizione al carico/scarico della merce, di collegarsi al sistema di autenticazione fornito da Galileo ed è dotato di un meccanismo anti-manomissione. Un gioiellino, insomma, fondamentale per contrastare il cabotaggio abusivo e i distacchi illegittimi, ma anche per controllare il rispetto dei tempi di guida e di riposo. E tutto questo è scattato dallo scorso 21 agosto, da quando, cioè, per volontà della Commissione europea, i nuovi veicoli per il trasporto di merci e persone superiori alle 3,5 tonnellate di portata, devono essere consegnati agli acquirenti con il nuo-

vo straordinario strumento. Peccato che la crisi dei microchip abbia rallentato la produzione dei nuovi tachigrafi e che non ce ne siano abbastanza per rifornire le nuove immatricolazioni: secondo l’IRU, l’organizzazione internazionale degli autotrasportatori, in tutta Europa ne mancherebbero tra i 20 e i 40 mila. In Italia, il mistero dei Trasporti ne stima un fabbisogno tra i 7 e i 9 mila pezzi

BRUXELLE S : LA PROROG A DE C IDETEVELA VOI

Dunque – verrebbe da pensare – ci sarà una proroga, almeno fino a fine anno (come chiesto da tutti gli operatori) per evitare ai camionisti che effettuano trasporti internazionali una multa di quasi 3 mila euro (art. 179 del Codice della strada, fino a 2.853 euro per la messa in circolazione di un veicolo sprovvisto di cronotachigrafo op-

pure dotato di tachigrafo non omologato). Macché. Nonostante da mesi le associazioni degli autotrasportatori, dei costruttori di veicoli commerciali, dei concessionari facciano presente la contraddizione in termini e l’impossibilità di mettere su strada veicoli conformi alle disposizioni, la Direzione generale Move della Commissione UE se ne lava le mani e ribalta il problema sui Paesi membri, per non toccare il calendario già approvato che prevede altre tre scadenze: il 31 dicembre 2024 per la sostituzione dei vecchi tachigrafi analogici o digitali con i nuovi sui veicoli già immatricolati; il 19 agosto 2025 per la sostituzione dei tachigrafi di prima generazione; il 2026 per l’adeguamento dei veicoli commerciali tra le 2,4 e le 3,5 tonnellate

A fine luglio, dopo un mese di febbrili trattative a Bruxelles, la DG Move ha emanato una circolare di compromesso: nessuna proroga generalizzata;

28 ottobre 2023
NUOVO TACHIGRAFO BRUXELLES RINVIA A FINE SETTEMBRE, MA LASCIA DECIDERE

ogni Stato membro potrà lasciare la libera circolazione sul proprio territorio ai nuovi veicoli anche se con il tachigrafo 4.0. E il ministero dell’Interno italiano si è adeguato, con una circolare (datata 9 agosto 2023) che fissa un regime di tolleranza fino al 30 settembre, ma la data è citata in una nota – quasi che fosse di secondaria importanza – ed è motivata con il fatto che «alla fine di settembre è prevista una nuova riunione del Comitato del trasporto stradale in seno alla DG Move». Dalla quale evidentemente si sperava scaturisse un’indicazione unitaria.

UN CAOS NORMATIVO

La partita, dunque, è ancora aperta. Anche perché altri otto Paesi dell’U-

nione hanno subito sfruttato l’apertura offerta da Bruxelles: Irlanda, Norvegia e Lituania hanno rinviato il termine come l’Italia a fine settembre; di 4/6 mesi l’ha posticipato la Francia; al 31 dicembre 2023 l’hanno spostata Germania e Spagna; addirittura a fine aprile e a fine maggio 2024, la Svezia e l’Austria.

Anche Regno Unito e Svizzera, che pur non essendo nell’Unione ne condividono i problemi della circolazione internazionale, hanno introdotto un regime di tolleranza (ma solo per il traffico interno) rispettivamente fino al 21 febbraio e al 31 maggio 2024. Un caos normativo, insomma, che difficilmente può conciliarsi con un’entità che vorrebbe essere il più possibile

unitaria come l’Unione europea. Al quale caos rischia di aggiungersi un nuovo problema: quello dei retrofit da installare sui veicoli immatricolati prima del 21 agosto 2023 se attivi nel trasporto internazionale. L’IRU prevede che anche in questo caso non sarà possibile rispettare la scadenza del 19 agosto 2025. I dispositivi non saranno disponibili per la retro installazione prima della fine del 2024 e bisognerà dotarne, secondo l’IRU, tra 1,5 e 2 milioni di veicoli. Difficile, dunque, rispettare anche quella scadenza. E il problema dei retrofit, ha scritto l’IRU nel convocare una riunione interna, «potrebbe diventare ancora più grande di quello attuale».

LE PROSSIME SCADENZE

Entro il 31 dicembre 2024

Il tachigrafo analogico o digitale (GEN1) dovrà essere sostituito con la seconda versione del tachigrafo intelligente (GEN2) se installato a bordo i veicoli con portata massima superiore a 3,5 tonnellate e che effettuano attività di trasporto internazionale.

Entro il 19 agosto 2025Dal 1° luglio 2026

I veicoli utilizzati nel trasporto internazionale con una portata massima consentita superiore a 3,5 tonnellate e dotati della prima versione di tachigrafo intelligente dovranno essere aggiornati alla seconda versione del tachigrafo intelligente (GEN2).

I veicoli commerciali che svolgono trasporto internazionale e con una portata massima consentita superiore alle 2,5 tonnellate saranno equipaggiati con la seconda versione del tachigrafo intelligente (GEN 2).

ottobre 2023 29 AGLI STATI
Nuovi veicoli e retrofit

CONTRIBUTO ART,

CIAO CIAO

L’autotrasporto è stato finalmente escluso dal pagamento della quota annuale all’Autorità di regolazione dei trasporti. La richiesta era stata annullata dal TAR, fino al 2019, quando una «manina» aveva inserito, nel decreto per il crollo del Ponte Morandi, un obbligo (controverso e difficile da calcolare) per gli autotrasportatori che operavano con strutture soggette a controllo

Pochi temi hanno tenuto compattamente unito l’autotrasporto italiano negli ultimi anni. Da sempre diviso dagli interessi spesso contrastanti di aziende strutturate da una parte e imprese artigiane dall’altra, le associazioni di rappresentanza hanno trovato una coesione intaccabile solo in due occasioni: sul SISTRI e sul contributo ART. Eliminato nel 2019 – sotto il peso di inefficienze e di inchieste giudiziarie – il controverso sistema di tracciabilità dei rifiuti, non restava che il versamento richiesto dall’Autorità per la regolazione dei trasporti (ART) a un settore che non è regolato ma liberalizzato.

L’AUTOTRASPORTO VIENE ESCLUSO

Nell’afa di questo agosto si è sciolto anche il secondo problema. Quasi a sorpresa, il ministro dei Trasporti, Matteo Salvini, è riuscito a inserire nel decreto legge «Omnibus», varato dal Consiglio dei ministri martedì 8 agosto (e pubblicato due giorni dopo in Gazzetta Ufficiale) un articolo – il 20 – che esclude l’autotrasporto dal contributo annuale e – per maggior sicurezza – sopprime il contributo stesso «per gli operatori eco-

nomici dell’autotrasporto». Un salasso (ingiustificato) in meno per il settore che, seppure limitato alle imprese di maggiori dimensioni, finiva per incidere in maniera significativa sui bilanci delle aziende. Dopo un balletto di variazioni tra quota da versare e tetto da cui partire, negli ultimi anni la richiesta colpiva per lo 0,6 per mille le aziende con fatturato minimo di 3 milioni di euro (ma dal 2022 il tetto era stato alzato a 5 milioni e nell’ultima richiesta – per il 2023 – la quota era scesa allo 0,5 per mille) e dunque la somma più bassa che un’impresa era costretta a versare ammontava a

1.800 euro Ma una società da 100 milioni di euro di fatturato (e in Italia ce ne sono decine) finiva per dover pagare un contributo di 600 mila euro. Ciononostante, più che la spesa, a irritare il settore era la completa infondatezza del contributo. Per questo tutte le associazioni di categoria ne avevano chiesto la soppressione (ottenendo, finora, soltanto la sospensione del pagamento, spesso dopo che lo stesso era stato effettuato e comunque non quella del 2019), sostenendo – per usare le parole della lettera inviata da tutte le rappresentanze pre-

La proposta di Fiap Ma i contributi fin qui versati, ora che l’autotrasporto viene definitivamente esonerato da obblighi in tal senso, che fine fanno? Secondo Fiap, essendo versamenti mai incassati dall’ART, devono essere restituiti alle imprese. Per essere più precisi, in un documento presentato dall’associazione al Senato, si suggerisce di attivare un processo che consenta alle imprese munite di documentazione del versamento, di ottenere un corrispondente credito di imposta.

TRASFORMARE I CONTRIBUTI VERSATI IN CREDITI DI IMPOSTA

30 ottobre 2023
ART IL VERSAMENTO SOPPRESSO DAL DECRETO «OMNIBUS», DOPO DIECI ANNI DI CO

senti nell’Albo a Salvini e al suo vice, Edoardo Rixi, lo scorso marzo, determinando probabilmente lo sblocco della situazione – che le imprese del settore «non sono interessate dal concreto esercizio di competenze attribuite all’Autorità e il contributo assertivamente dovuto è utilizzato per finanziare attività non regolatorie, bensì competenze amministrative di tipo generico, che debbono essere a carico della fiscalità generale».

LA «MANINA»

NEL DECRETO GENOVA

Così come ulteriore elemento di irritazione era stata la pervicacia con cui l’ART ha richiesto ogni anno il contributo fin dal suo insediamento – nel 2013 – nonostante le bocciature inflittegli – appunto ogni anno – dal TAR del Piemonte (l’ART ha sede a Torino), fino al 2019, quando una «manina» era riuscita a infilare, nel decreto legge per la ricostruzione del ponte Morandi di Genova e i sostegni alle popolazioni colpite, un emendamento che obbligava al pagamento del contributo «gli operatori economici operanti nel settore del trasporto e per i quali l’Autorità abbia concretamente avviato, nel mercato in cui essi operano, l’esercizio delle competenze o il compimento delle attività previste dalla legge». Una definizione contorta e tirata per i capelli che aggiungeva ulteriore confusione a una richiesta già tormentata da variazioni continue dell’entità e delle imprese soggette.

Sulla base di tale dizione, infatti, l’ART avrebbe dovuto richiedere il contributo, calcolandolo soltanto sulla quota di fatturato realizzato come «fruitori» di servizi soggetti a regolazione nel settore dei trasporti: terminal portuali, scali ferroviari, aeroporti e interporti, e così via. Il che ha creato confusione – con conseguenti azioni giudiziarie – sull’entità del contributo. Tant’è che ai primi del 2022, l’ART si è rivolta alla Guardia di Finanza per acquisire i dati relativi al fatturato delle imprese di trasporto degli anni 2017, 2018 e 2019, su cui calcolare i contributi degli anni successivi, quelli che il decreto Genova aveva reso richiedibili e che il Consiglio di Stato aveva santificato.

UN’INDAGINE SURRETTIZIA

Non riuscendo neanche con le Fiamme Gialle a venire a capo della quota di fatturato da tassare, alla fine dello scorso anno l’Autorità presieduta da Nicola Zaccheo ha deciso di avviare un’indagine conoscitiva su autotra-

sporto e logistica, alla quale però molte associazioni si sono rifiutate di partecipare. «Sembra finalizzata ad acquisire surrettiziamente elementi puramente formali di strumentalità regolatoria», ha protestato il presidente di Confetra, Carlo de Ruvo, e il segretario generale di Fiap, Alessandro Peron, gli ha fatto eco: «Nessun suggerimento occulto all’Autorità». Ma è stato l’ultimo colpo di coda. Il decreto di Ferragosto ha reciso di netto quel nodo che l’autotrasporto cercava di sciogliere da dieci anni.

Tutto finito, allora? Macché. Resta uno strascico doloroso: se ne è fatto carico de Ruvo. «Il Governo», ha detto, «ha accolto solo parzialmente l’istanza della Confetra che aveva richiesto che tale esonero comprendesse tutte le attività di trasporto e logistica unitamente a una risoluzione delle contribuzioni pregresse oggetto di contenzioso, nonché una necessaria nuova e chiara ridefinizione della relativa disciplina e dei criteri applicativi». E Peron si è associato anche su queste richieste.

Non è escluso, perciò, che le istanze avanzate da De Ruvo e da Peron siano raccolte nel dibattito sulla conversione del decreto Omnibus e diventino un emendamento che allarghi la platea degli esentati dal contributo per evitare una discriminazione tra autotrasporto merci e altri settori contigui che potrebbe essere letta da Bruxelles come un aiuto di Stato. Insomma, il contributo all’ART a carico del trasporto merci su strada è sparito, ma ha portato con sé anche la compattezza – occasionale –del settore. Perché, da qualche parte, la saga continua.

Devo,congranderammarico, registrarecheleimprese erogantiattivitàdi autotrasportomercilo scorsoagostosonostate definitivamenteesonerate dall'obbligocontributivo… Devoaltresìsottolineare chel'esonerodall'obbligo contributivoperunasola categoriadioperatori,avrà ripercussionisullacapacità diprogrammazionedelle attivitàdell'Autoritàe, soprattutto,porràincapo adessal’impossibilitàdi valutarelaprogressiva riduzionedellamisura dell'aliquotaperlatotalità deisoggettiinteressati Dalla relazione annuale al Parlamento del presidente ART, Nicola Zaccheo

POST SCRITTUM

Forse «pervicacia» (Treccani: «perseveranza ostinata; insistere con p. nell’errore») è un’espressione troppo misurata. Pochi giorni dopo il decreto governativo, il presidente Zaccheo, nel presentare in Parlamento il rapporto 2023 dell’ART, ha chiesto di riapplicare il contributo all’autotrasporto, minacciando di scaricare la perdita sulle altre categorie. O, meglio, di non applicare loro le riduzioni ventilate.

Furibonde le reazioni del settore. Il presidente di FAI, Paolo Uggè, ha ribattuto a caldo: «Non siamo il vostro bancomat», aggiungendo che «è poco dignitoso ventilare ripercussioni sull’aliquota per gli altri». E Peron, in vista del dibattito sulla conversione del decreto, ha messo le mani avanti rispetto ad altre «manine» come quelle entrate in funzione per il decreto Genova, affermando di «ritenere non esaurita la nostra azione di lobby». Perciò, ha avvertito, su questo tema «l’attenzione della Fiap è massima».

ottobre 2023 31 NTENZIOSO

LE OPPORTUNITÀ DELLA NUOVA SABATINI PER LE PMI

Le risorse previste per finanziare gli investimenti mediante le agevolazioni della «Nuova Sabatini» per il 2023 sono ormai quasi esaurite. Quali sono le prospettive per il prossimo futuro?

Negli ultimi anni sono stati diversi – seppur in modo non sempre efficiente e sufficiente – gli strumenti normativi e finanziari che lo Stato ha messo a disposizione degli operatori dell’autotrasporto per l’adeguamento tecnologico dei beni strumentali con cui operano sul mercato, a partire da quelli funzionali ad agevolare il rinnovo del parco dei veicoli commerciali. Al tradizionale Fondo Investimenti Autotrasporto – di cui si attende una nuova tranche da 25 milioni di euro entro la fine dell’anno – si sono affiancate misure di incentivazione allargata anche alle imprese in conto proprio, come l’ecobonus di agevolazione fiscale per i veicoli N1 e N2 (di cui si attende un rilancio entro l’anno), come il credito d’imposta «Beni Strumentali» e «Transizione 4.0» e misure di credito altamente agevolato come quelle previste dal Decreto «Beni Strumentali per le PMI», meglio conosciuto come Nuova Sabatini, introdotta dal DL n. 69/2013 e più volte rifinanziata. Sono molti gli operatori che considerano quest’ultima misura come quella più efficace, grazie al suo profilo di strumento dedicato agli investimenti delle PMI e alla sua relativa agibilità in termini di accesso al credito. Con la Nuova Sabatini, infatti, sono ammissibili alle agevolazioni le spese sostenute per l’acquisto, anche mediante contratti di leasing finanziario, di beni strumentali nuovi di fabbrica a uso produttivo, inclusi i veicoli commerciali. Con la legge di Bilancio 2020, il successivo DM 22 aprile 2022 e la circolare attuativa del 3 luglio scorso, dopo un prolungato iter, si sono introdotte alcune novità importanti, in particolare la cosiddetta «Nuova Sabatini Green», che prevede un incremento del 30% del contributo pubblico rispetto a quello previsto per l’acquisto a partire dal 1 gennaio 2023 di beni strumentali ordinari per le PMI che fanno investimenti per l’acquisto di beni strumentali a basso impatto ambientale – veicoli commerciali inclusi – nell’ambito di programmi finalizzati a migliorare l’ecosostenibilità dei prodotti e dei processi produttivi. Nello specifico, l’importo del contributo

Il 2023 è l’anno di applicazione di una nuova importante linea di intervento nell’ambito della c.d. Nuova Sabatini Beni Strumentali di cui al D.L. n. 69/2013, ossia la cosiddetta Nuova Sabatini Green, che prevede un’agevolazione incrementata del 30% per le PMI che investono in beni strumentali a ridotto impatto ambientale, inclusi i veicoli commerciali N1-N2-N3.

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gestito dal MIMIT – Ministero delle Imprese e del Made-in-Italy – è fissato in misura pari agli interessi calcolati sull’importo di un finanziamento di cinque anni, ad un tasso d’interesse annuo pari al 3,57% per gli investimenti «green», con un plus del 30% rispetto al 2,75% previsto per gli investimenti in beni strumentali ordinari. Relativamente alle capienze finanziarie per l’attuazione della misura al 2024 e al 2025, vi sono già stanziate risorse per complessivi 160 milioni di euro all’anno, a cui si potrebbero aggiungere – in sede di legge di Bilancio 2024 – i circa 270 milioni di euro inizialmente prefigurati nel DDL Made-in-Italy come rifinanziamento della misura per il 2023, mai portato in attuazione.

Entrando nel dettaglio della Nuova Sabatini per l’acquisto di veicoli commerciali N1, N2, N3, va evidenziato che, per rientrare nell’agevolazione «green», le PMI sono chiamate ad esporre un’idonea certificazione ambientale di processo oppure di prodotto, che nel caso dei veicoli commerciali significa che deve rientrare nella classificazione europea di «clean vehicle», ai sensi della Direttiva 2014/25/UE. In particolare, rientrano in questa classificazione tutti i veicoli commerciali ad alimentazione alternativa, ossia le tecnologie C-LNG e biometano, oltre a quelle definite «zero emission» al terminale di scarico.

Inoltre, sono riconosciuti come «clean vehicle» anche quelli alimentati con biocarburanti, a partire da HVO e biodiesel. Per queste ultime categorie, ci sono tuttavia ancora alcune criticità da chiarire in merito alla loro incentivabilità, non essendo ancora stata formalizzata alcuna

procedura di idonea certificazione per i veicoli diesel di ultima generazione, che sono già oggi compatibili con l’alimentazione Bio. Si tratta di un vulnus che sarebbe auspicabile venga rimosso dalle istituzioni competenti, che – prima del rifinanziamento della Nuova Sabatini –dovrebbero individuare una procedura idonea a certificare la compatibilità di prodotto con i biocarburanti, magari prevedendo un’autocertificazione da parte del costruttore o del dealer, salvo opportune verifiche da parte delle autorità di controllo relative all’utilizzo del veicolo commerciale acquistato con l’agevolazione della Nuova Sabatini Green esclusivamente mediante l’alimentazione con biocarburanti.

Si tratterebbe di un passaggio provvisorio, in attesa di una procedura regolamentata a livello europeo, anche prefigurando l’uso di specifiche molecole-sonda in grado di individuare just-in-time la presenza nel serbatoio di gasolio fossile, mandando in blocco o in protezione il motore del veicolo.

In conclusione, i prossimi 2 anni si prospettano come positivi per l’attuazione della misura della Nuova Sabatini Beni Strumentali, specie se applicata ai veicoli commerciali, essendo previsti un adeguato rifinanziamento e un’agevolazione aggiuntiva (+30%) per gli investimenti in veicoli a basso impatto ambientale.

32 ottobre 2023
Danilo S_Fidenza
IL SALVAGENTE OSSERVATORIO SUGLI AIUTI PUBBLICI PER L’AUTOTRASPORTO di Massimo Santori founder MS Italiainvestimenti

con permesso multilaterale CEMT sempreché l’impresa disponga di veicoli di classe Euro V ed Euro VI, in numero almeno pari alle autorizzazioni CEMT di cui chiede il rinnovo.

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La restituzione dei fogli contenuti nei Libretti di viaggio utilizzati va effettuata entro 15 giorni del mese successivo. Rinnovo assegnazione fissa autorizzazioni a viaggio: è ammesso rinnovo in presenza di almeno 24 percorsi effettuati per relazione di traffico (media 2 percorsi/ mese); i viaggi presi in considerazione sono quelli da ottobre dell’anno precedente a settembre dell’anno in corso. Le autorizzazioni bilaterali in assegnazioni fisse sono rilasciate di regola in due quote, mentre in un’unica soluzione, solo fino ad un massimo di 30 autorizzazioni. La seconda quota va consegnata una volta utilizzata per almeno il 40% della prima e comunque entro il 31 ottobre dell’anno di riferimento.

Autorizzazioni a viaggio a titolo precario: queste autorizzazioni a titolo precario possono essere richieste durante tutto l’anno, tramite apposita domanda; la quantità di autorizzazioni ottenibili su singola domanda è rapportata al parco veicolare di proprietà dell’impresa ma non a titolo

Restituz laterali ut vers

idi locazione di veicoli inammissibile negli accordi bilaterali. Le imprese che hanno ottenuto ed utilizzato autorizzazioni a titolo precario possono chiederne la conversione in assegnazione fissa per l’anno successivo se vi siano almeno 24 percorsi effettuati per relazione di traffico, in media 2 percorsi/mese . I viaggi presi in considerazione sono quelli da ottobre dell’anno precedente a settembre 2023. Restituzione permessi bilaterali: le autorizzazioni bilaterali utilizzate nel 2023 beneficiano del rinnovo/conversione solamente se restituite al MIT entro e non oltre il 15 ottobre dell’anno in corso; mentre le autorizzazioni utilizzate nell’ultimo trimestre dell’anno precedente vanno restituite entro il 15 marzo dell’anno successo al loro rilascio.

E’ obbligatorio restituire le autorizzazioni ottenute, utilizzate o meno, una volta scadute; la mancata restituzione comporta la sospensione della domanda di rilascio di ulteriori titoli, per l’anno successivo.

Pagamento diritti dovuti al MIT: i diritti fissi e di bollo devono essere pagati solo tramite il Portale dell’Automobilista o tramite Pago PA.

COME FARE L’AGGANCIAMENTO DEGLI ECCEZIONALI

Con questa circolare, la DG Motorizzazione ha precisato che è possibile effettuare l'agganciamento per i veicoli eccezionali sia per targa sia per numero di telaio, riportando sui documenti/certificato di approvazione delle motrici eccezionali la seguente dicitura: «I rimorchi/ semirimorchi eccezionali trainabili, devono essere identificati a seguito di visita e prova per agganciamento ai sensi dell'articolo 63 del CdS»

Relativamente all’agganciamento con visita e prova dei veicoli eccezionali, infatti, il Codice della Strada stabilisce che sul documento unico di circolazione e proprietà dei rimorchi e semirimorchi venga annotato il tipo di mo-

trice idonea al traino, senza specificare se per targa o per numero di telaio.

Gli agganciamenti solitamente vengono fatti per targa, favorendo così un controllo immediato da parte degli organi di polizia.

La recente circolare precisa che l'agganciamento per targa costituisce una prassi, ma non un obbligo. Aggiunge poi che l'identificazione tramite il numero di telaio garantisce meglio il riconoscimento del veicolo, rispetto invece alla targa, che è soggetta a possibili modifiche nel tempo come ad esempio quando si verifica un furto o uno smarrimento.

CAMBIA LA LOCAZIONE SENZA CONDUCENTE

Con questa legge, che converte il cd. DL Salva-Infrazioni (DL n.69 del 13/6/2023), sono state introdotte importanti misure per il settore.

In particolare, in attuazione della Direttiva UE 2022/738

e della conseguente modifica dell’art. 84 del CdS, è stata modificata la disciplina della locazione di veicoli senza conducenti nel trasporto di merci su strada. Si prevede attualmente che anche nel trasporto nazionale sia am-

LL'A 'A L'A
Circolare MIT 11.08.2023 Legge n. 103 del 10.08.2023, pubblicata in G.U. n. 186 del 10.08.2023; Circ. MINT n. 30769 del 05.09.2023

messa l’utilizzazione di veicoli locati in qualsiasi Stato membro.

Elenchiamo le altre principali novità:

• possono essere locati senza conducente anche i trattori, precedentemente esclusi;

• la locazione di veicoli senza conducente è consentita sia tra imprese iscritte al REN, sia a imprese che effettuano professionalmente attività di locazione di veicoli;

• sono state aggiornate le varie discipline di riferimento e di rinvio;

• vengono confermate le misure in materia di circolazione stradale destinate al miglioramento della qualità dell’aria.

Poi, con una successiva nota del 5 settembre sono riepilogate e chiarite tutte le novità sul noleggio dei veicoli senza conducente.

a successiva e e chiarite tutte le nov za

La circolare precisa che, per quanto riguarda il trasporto di merci su strada in conto di terzi, è ammesso l’uso di autocarri, trattori, rimorchi e semirimorchi, autotreni e autoarticolati locati senza conducente, dei quali sia locataria un’impresa stabilita in uno Stato comunitario, solo nel caso in cui tali veicoli siano stati effettivamente immatricolati o messi in circolazione secondo quanto stabilito dalla legislazione di uno degli Stati membri.

Inoltre, stabilisce che possono essere destinati alla locazione senza conducente:

1. veicoli ad uso speciale, la cui massa complessiva a pieno carico non superi le 6 tonnellate;

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2. veicoli destinati al trasporto di cose. Non possono, invece, essere destinati al noleggio senza conducente i veicoli in conto proprio con una massa a pieno carico superiore alle 6 tonnellate.

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In linea con il vincolo di destinazione previsto dall’ articolo 88 CdS, di norma il veicolo per poter essere noleggiato deve essere immatricolato per uso di terzi, ma secondo il Ministero, in considerazione del fatto che in alcuni Stati membri non è prevista la distinzione sulla destinazione dell’uso dei veicoli, verrebbe a cadere la limitazione al conto proprio nel caso in cui un’impresa di autotrasporto merci per conto terzi italiana, intenda noleggiare un veicolo di un Paese comunitario dove non è prevista la distinzione tra conto proprio e conto terzi.

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Nella nota il ministero chiarisce altri importanti questioni, in particolare:

a. il contenuto del co lll enuto d te il veic àd ca dell’a tala

La circolare ribadisce che con la modifica dell’articolo 84 del codice della strada, è stata eliminata la possibilità di utilizzo dei veicoli acquisiti in locazione senza conducente da Paesi Comunitari solo nell’ambito dei trasporti internazionali, mentre è possibile utilizzare veicoli presi in locazione da Paesi Comunitari anche per effettuare trasporti nazionali, inclusi i trasporti in regime di cabotaggio. La nota del ministeriale, in sostanza conferma la possibilità prevista dalla norma di acquisire veicoli da qualsiasi impresa avente sede sia sul territorio nazionale sia in altri Stati comunitari senza il vincolo di dover esercitare l’attività di autotrasporto merci per conto di terzi.

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a. il contenuto del contratto di locazione deve riguardare solamente il veicolo senza conducente, escludendo così la possibilità di abbinarlo ad un contratto di servizio concluso con la stessa impresa e riguardante il personale di guida o di accompagnamento. Pertanto l’impresa locatrice non potrà distaccare lavoratori presso l’impresa locataria;

uida o di accompagnamento. Pertanto l’impres rice l’impres ataria;

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durata del contratto di locazione. Ne consegue sione del e la concessione in locazione a più imprese dello stesso veicolo;

b. il veicolo locato deve essere messo a disposizione dell’impresa che lo utilizza, in via esclusiva e per tutta la durata del contratto di locazione. Ne consegue l’esclusione del sub-noleggio e la contemporanea concessione in locazione a più imprese dello stesso veicolo;

c. il veicolo locato deve essere guidato dal personale dell’impresa che lo utilizza. Per personale proprio dell’im-

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presa deve intendersi anche quello impiegato in somministrazione o distacco e in particolare il personale distaccato non deve essere quello dell’impresa locatrice. Sanzioni sono previste (nel nuovo art 84 cds) in riferimento al noleggio senza conducente, come l’obbligo di tenuta del contratto di locazione a bordo del veicolo e della copia del contratto di lavoro tra il dipendente e l’azienda locataria. Le sanzioni sono comminate a chi ha adibito un veicoli alla locazione senza conducente sebbene non destinato a tale uso ma anche a chi ha messo in circolazione tale veicolo, in quanto in entrambi i casi

si profila una responsabilità in concorso (ex art 197 CdS) In caso di responsabilità per aver adibito un veicolo a locazione come nel primo caso, potrà essere contestata la violazione sia al locatore sia al locatario; se si tratta di responsabilità per aver messo in circolazione un veicolo la cui locazione non poteva essere ammessa, le sanzioni si fanno via via più pesanti e i verbali saranno addirittura nei confronti del locatore, del locatario, e se il conducente è persona diversa dal locatario anche verso quest’ultimo, per aver circolato con un veicolo adibito a locazione senza conducente e non destinato a tale uso.

CAMION: I GIORNI DI DOSAGGIO DEL TIROLO

Il Tirolo ha reso noto l’elenco delle giornate del primo semestre 2024 durante le quali si applica il c.d. “sistema di dosaggio” sui veicoli pesanti provenienti dalla Germania, in transito sull'autostrada A12 Inntal nell'area del valico di frontiera Kufstein/Kiefersfelden – asse del Brennero – e diretti a sud.

Il filtro dei veicoli pesanti ammette fino a un massimo di 300unità/h e scatta dalle ore 05 nelle seguenti date:

• Lunedì 8 gennaio 2024

• Lunedì 5 febbraio 2024

• Lunedì 12 febbraio 2024

• Lunedì 19 febbraio 2024

• Lunedì 26 febbraio 2024

• Lunedì 4 marzo 2024

• Lunedì 11 marzo 2024

• Giovedì 28 marzo 2024

• Venerdì 26 aprile 2024

• Giovedì 2 maggio 2024

• Venerdì 3 maggio 2024

• Lunedì 6 maggio 2024

• Martedì 7 maggio 2024

• Mercoledì 8 maggio 2024

• Venerdì 10 maggio 2024

• Venerdì 17 maggio 2024

• Sabato 18 maggio 2024

• Martedì 21 maggio 2024

• Mercoledì 22 maggio 2024

• Giovedì 23 maggio 2024

• Lunedì 27 maggio 2024

• Martedì 28 maggio 2024

• Mercoledì 29 maggio 2024

• Venerdì 31 maggio 2024

COSTIDIGESTIONE AGOSTO 2023

Nel periodo di osservazione estivo si è consolidata la tendenza al forte e robusto rialzo del prezzo del carburante, già registrata sia in termini assoluti sia di media ponderata, che ad agosto ha raggiunto valori decisamente elevati. Tale trend ha anche riguardato, in modo deciso, il mercato dell’extra rete. A quanto detto si aggiunge l’incremento dei pedaggi autostradali, rilevato sempre in luglio, con le conseguenti e ulteriori ricadute negative sul totale costi dell’impresa di autotrasporto. Le altre voci di spesa sono al momento stabili

Km/ Anno Costi di Gestione (€/km) Totale Costi personale (€/km) Totale Ammortamento Gasolio (+IVA) Lubrificanti /AdBlue Pneumatici Manutenzione Collaudi/ tassa di possesso Assicurazioni Autostrade Autista Straord Trasf. 40.000 0,65000,53000,04400,12700,07300,02100,29800,1300 1,8730 1,04400,2050 3,1220 60.000 0,43300,53000,04400,12700,04800,01400,19900,1300 1,5250 0,69500,1370 2,3570 80.000 0,32500,53000,04400,12700,03600,01100,14900,1300 1,3520 0,52200,1030 1,9770 100.000 0,26000,53000,04400,12700,02900,00800,11900,1300 1,2470 0,41700,0820 1,7460
Km/ Anno Costi di Gestione (€/km) Totale Costi personale (€/km) Totale Ammortamento Gasolio (+IVA) Lubrificanti /AdBlue Pneumatici Manutenzione Collaudi/ tassa di possesso Assicurazioni Autostrade Autista Straord Trasf. 40.000 0,80000,49500,04400,12700,10900,05900,37400,1390 2,1470 1,20000,2050 3,5520 60.000 0,53300,49500,04400,12700,07300,03900,25000,1390 1,7000 0,80000,1370 2,6370 80.000 0,40000,49500,04400,12700,05500,02900,18700,1390 1,4760 0,60000,1030 2,1790 100.000 0,32000,49500,04400,12700,04400,02400,15000,1390 1,3430 0,48000,0820 1,9050 LL'A 'A L'A Ufficio Studi
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LA PATENTE A 18 ANNI?

UN VUOTO DA COLMARE

Lo ammetto: quando ho sentito per la prima volta parlare di patenti superiori a 18 anni ho storto il naso. Anche perché nutro una repulsione naturale verso chi aff ronta i problemi con lo stesso approccio con cui si infila un tappo. Poi, ci ho pensato e ho immaginato che, se il conseguimento del permesso di guida si accompagnasse ad altro, se fosse parte di un progetto formativo più completo, potrebbe portare molto lontano. E allora, perché non provarci?

Da tempo, a livello europeo, si discute sulle possibilità di colmare un vuoto, quello causato da una carenza notevole di autisti. Dopo l’essere ricorsi ai contributi per scontare il prezzo della patente e al decreto flussi per tentare di reperire manodopera straniera, non mi meraviglia che si sia arrivati all’idea di abbassare l’età del conseguimento della patente a diciotto anni, anziché ventuno. Inizialmente, lo ammetto, non ero molto convinta di questa idea. Così come, in realtà, non mi piacciono le iniziative volte a tamponare un’urgenza, senza che parallelamente venga messo in atto un progetto che migliori la situazione sul lungo periodo.

Ho provato sulla mia pelle, nella mia brevissima esperienza da istruttore di scuola guida, la totale inesperienza di chi si avvicina al volante per la prima volta (e

sì, mi sono chiesta se fossi anche io così impacciata). Se le persone chiamate a gestire il traffico delle nostre strade stando a bordo di un veicolo pesante avessero tutte l’esperienza di un novellino spaesato, alla fine non potrebbero che produrre disastri e la durata media della patente sarebbe equivalente alla mia esperienza nel mondo delle autoscuole: poco meno di un anno.

Non si aspetta senza fare nulla

È altrettanto vero, però, che i diciotto anni sono lo spartiacque tra il presente e il futuro e arrivare a quell’età senza un progetto può essere molto pericoloso, ma arrivarci sapendo di dover aspettare altri tre anni, senza fare nulla nel mezzo, è di certo distruttivo.

Se a diciotto anni vuoi diventare autotrasportatore, ma sei costretto ad aspettare

di compiere ventuno anni, inevitabilmente ti avvicinerai al mondo del lavoro tramite altre vie che, con altissima probabilità, ti metteranno nelle condizioni di racimolare esperienze senza un effettivo ritorno di investimento o ti allontaneranno dalla tua idea iniziale.

Tre anni di esperienza, nel mondo lavorativo, non sono pochi. Soprattutto quando sei così giovane, perché automaticamente ti poni su un piano di maggiore competitività rispetto chi, a vent’anni, è appena uscito dall’università.

E allora, mi sono detta, forse non è un male abbassare l’età della patente a diciotto anni.

Ma in che modo? E qui la risposta non è secondaria, perché mai e poi mai vorrei vedere ragazzi sfruttati per tamponare un’urgenza e in questo modo prosciugati del loro futuro.

38 ottobre 2023
LA TESI DI LAURA STORIE DI STRADA CHE VALGONO UN MASTER

Un passo indietro per guardare avanti

La questione allora è: come si fa a trasformare un’idea, l’anticipato di una stagione, in un progetto a lungo termine?

E se il conseguimento delle patenti, diventasse un vero e proprio percorso formativo professionale, alla stregua del diploma di laurea o degli Istituti Tecnici Superiori?

Se, usciti dalle superiori, si iniziasse una formazione di due anni sul trasporto e la logistica che però non si fermasse solamente alla formazione di disponenti e gestori di magazzino, ma contemplasse anche le conoscenze per diventare veri e propri operatori del settore?

In questo modo, nel tempo effettivo che serve per conseguire le patenti di categoria superiore (legate comunque all’ottenimento della patente di categoria B e, di conseguenza, alla perdita comunque di un anno), i giovani verrebbero formati su tutte le materie inerenti al settore.

Esattamente quelle previste per il conseguimento delle patenti di categoria, affrontate però in maniera più approfondita e dettagliata (perché – diciamolo – il programma ministeriale è claudicante) e integrate con l’insegnamento della lingua

inglese professionale, allo scopo ultimo di inserire i giovani in un contesto europeo e di dotarli di quei fondamenti di logistica, utili a dare loro, qualora subentrino necessità aziendali o personali, la possibilità di potersi reinserire nel mondo del lavoro senza dover abbandonare il settore (come stava per succedere a me, dopo la maternità).

Del resto, se un autista dovesse decidere di scendere dal camion per qualsiasi ragione, cosa andrebbe a fare? Al massimo finirebbe in un magazzino a guidare qualche transpallet, se non ha il patentino per i carrelli elevatori, dovendo (nuovamente) partire dal basso per arrivare a ricoprire una posizione compiacente.

I vantaggi del vuoto reso rinnovo

In questo modo si otterrebbero più effetti:

• un’integrazione nel programma formativo italiano, migliorando così anche la percezione che l’opinione pubblica ha degli autisti, rilevando dei professionisti qualificati;

• la garanzia di un proseguimento di carriera, in maniera simile a quanto avviene in tantissime altre professioni, che di fatto equivarrebbe a un titolo spendibile

nell’intero mercato del lavoro, analogamente al diploma di laurea;

• la preparazione di un personale qualificato e veramente formato (a maggior ragione se si utilizzasse il periodo formativo della Cqc – oggi una semplice ripetizione del programma della patente C – come tirocinio in azienda) che permetterebbe alle imprese di aumentare la loro competitività e, magari, di investire maggiormente nella logistica, quanto mai strategica per l’intera economia.

Se, quindi, al posto di colmare un vuoto per recuperare un’urgenza, cercassimo di colmare un vuoto generazionale?

Se provassimo a riempire di professionalità un settore che ne ha sempre più bisogno colmando al tempo stesso un vuoto formativo?

Se questo vuoto venisse riempito di competenze, sogni, aspettative e possibilità per giovani animati da un desiderio che rischia di svanire in quel vuoto temporale?

Certo, tutto ciò non sarebbe comunque sufficiente a riempire gli altri vuoti del nostro settore, ma avere nuove visioni, nuove energie e nuove leve potrebbe aiutarci a colmare anche vuoti culturali, comunicativi e generazionali.

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ConlacreazionedellasezioneFAIUmbria,mi vennechiestodiricoprireilruolodiSegretario. All’inizioledifficoltànonsonomancate:permolti erosemplicementeunasegretaria.Quellache sembravaesseresolounadifferenzasemantica, inrealtà,èunadiversitàsostanzialechemisono trovataadoverspiegarepiùvolte

Perla prima volta nella storia di FAI-Conftrasporto il Segretario generale è una donna. Si chiama Carlotta Caponi e dal marzo dello scorso anno ricopre la seconda carica della più grande associazione imprenditoriale del trasporto merci per conto di terzi su strada in Italia. Classe 1982, umbra, è cresciuta nell’azienda di famiglia, storica impresa della provincia di Perugia specializzata nel trasporto bestiame. L’autotrasporto l’ha respirato fin da piccola e se è riuscita ad arrivare fino a dove si trova oggi è perché «le donne, quando si mettono in testa un obiettivo, ce la fanno sempre».

Di donne nel settore, però, ce ne sono ancora poche. Come stimolare quindi la loro presenza?

Dobbiamo ammettere che alcuni mestieri sembrano ancora oggi di appannaggio prettamente maschile, soprattutto quello di autista che è complesso, faticoso, anche per esigenze fisiologiche. Credo però che alle donne oggi non sia precluso niente, non c’è la volontà di tenerle lontane da questo settore

Eppure, ci sono poche donne anche nelle Associazioni, perché?

Dobbiamo ricordare che fino a non molto tempo fa le donne nel settore erano ancora meno che oggi. Nelle aziende di trasporto era raro trovare figure femminili e di conseguenza anche nei luoghi della rappresentanza la loro presenza scarseggiava. Oggi qual-

cosa sta cambiando: a livello di relazioni e di trattamento siamo perfettamente allineati.

Lei in questo settore ci è nata, crescendo nell’azienda di famiglia. Cosa l’ha spinta a rimanere?

Questo mondo fa parte di me, quindi la scelta è stata molto naturale. Mio padre rappresenta la terza generazione di un’impresa di autotrasporto e io sono cresciuta tra camion e autisti Anche se non ho mai avuto il desiderio di guidare un camion, ho sempre dato una mano in azienda quando ce ne era bisogno, anche durante gli studi universitari. In totale onestà, questo lavoro mi piace molto. Diverse persone mi hanno detto che è un lavoro “da uomini”, io rispondo che è un lavoro dinamico che porta a doverti confrontare quotidianamente con persone e problemi diversi

Com’è iniziato invece il suo impegno a livello associativo?

Mio padre ha sempre creduto nel ruolo delle associazioni e mi ha sempre coinvolta molto nei momenti assembleari, che sono stati, fin da quando ero più giovane, l’occasione per condividere del tempo con lui. Undici anni fa, con la creazione della sezione FAI Umbria, mi venne chiesto di ricoprire il ruolo di Segretario Chiaramente all’inizio le difficoltà non sono mancate: per molti ero semplicemente una segretaria. Quella che sembrava essere solo una differenza semantica, in realtà, è una diversità sostanziale che mi sono trovata a dover spiegare più volte, ma sempre

con tranquillità e umiltà, perché ciò che fa la differenza, a mio avviso, è anche l’approccio. Con il tempo hanno capito tutti che potevo essere un punto di riferimento, che potevo condividere con loro sia momenti di gioia che di difficoltà, finchè non hanno iniziato a percepirmi semplicemente come una professionista

Ha iniziato la sua gavetta giovanissima e il tema della carenza di giovani è sicuramente un altro problema che oggi il settore sconta. Si sono cercate tante motivazioni, ma le soluzioni quali sono?

AUTOTRA ANCHE IO VOLEVO IL CAMION LA PRIMA DONNA SEGRETARIO GENERALE DI
40 ottobre 2023

SPORTATRICI SI NASCE

Classe 1982, umbra e imprenditrice del settore, Carlotta Caponi è cresciuta nell’azienda di famiglia, storica impresa di trasporti nazionali e internazionali su gomma.

Undici anni fa un gruppo di imprenditori ha fondato FAI Umbria di cui lei ha ricoperto e ricopre il ruolo di Segretario. Poi, nel marzo 2022 il salto verso la segreteria nazionale

Ci troviamo in una fase storica in cui l’approccio al lavoro è sicuramente cambiato, così come è cambiata l’immagine del mestiere a cui bisognerebbe ridare un po’ di smalto. Recentemente un imprenditore ha proposto di fare una fiction dedicata all’autotrasporto, sulla scia di quanto accaduto con il settore della ristorazione e Masterchef. Sicuramente una bella idea, ma penso che prima di tutto sia necessario ripensare, come sistema Paese, la questione del lavoro. Dal punto di vista pratico, invece, tra le altre cose in FAI stiamo collaborando con alcuni Its per formare gli operatori di domani, oltre a monitorare la “direttiva patenti” che mira a ridurre l’età per poter conseguire le patenti, e stiamo cercando di reperire i fondi per la formazione.

Il costo delle patenti per molti, e molte, infatti rappresenta un problema… Come FAI riteniamo che il tema dei costi sia legato essenzialmente alla durata dei corsi. Le scuole guida si trovano a dover fare corsi di formazione di centinaia di ore ma con pochi iscritti, di conseguenza i costi vanno coperti in qualche modo. Se si riducesse il tempo di formazione, soprattutto per quanto riguarda la CQC, di conseguenza anche i costi si ridurrebbero.

E se a coprire i costi fossero le aziende? Non credo sia un problema per tanti imprenditori finanziare le patenti dei propri autisti, ma occorre innanzitutto trovare giovani interessati, far sì che seguano tutto il periodo di formazione e incentivare poi le persone formate a spese dell’azienda a restare effettivamente legate all’impresa. Le aziende possono farlo se in qualche modo sono tutelate, se c’è volontà da parte del lavoratore di arrivare in fondo al percorso di formazione e di portare poi avanti il rapporto.

Ha citato il tema dell’immagine del settore, di cui ultimamente si è parlato soprattutto in riferimento ai tragici fatti di cronaca nelle aree urbane. A tal proposito è intervenuta in Commissione Trasporti della Camera sul nuovo Codice della strada. Quali sono le soluzioni proposte?

A seconda dei casi gli autisti sono considerati eroi o bruti. Durante il Covid non potevano e dovevano fermarsi per nessuna ragione; oggi siamo tornati a essere quelli che danno fastidio, che creano problemi e che si devono fermare nel weekend. Bisogna far capire che noi ci siamo sempre, tutto l’anno e quindi serve trovare soluzioni per convivere sulle strade.

Un grande tema è quello delle piste ciclabili: non siamo contrari al fatto che ci siano, ma al loro selvaggio proliferare anche dove non se ne ravvisino le condizioni. Occorre evitare quanto più possibile la persistenza sulla stessa strada di mezzi pesanti e biciclette. Per quanto riguarda la revisione del Codice della strada, come sottolineato in Commissione, è importante non agire sulla scorta di un impatto emotivo, ma verificare dove si può intervenire. Ben venga quindi una normativa che sia preceduta da un confronto serrato tra le parti allo scopo di garantire tutti gli utenti della strada.

Qual è la sfida più importante che il settore dovrà affrontare nel prossimo futuro?

Il tema della decarbonizzazione sarà centrale, ma le imprese hanno bisogno di certezze. Il cambiamento non ci spaventa

e i dati lo dimostrano: il settore dell’autotrasporto, più di altri, è riuscito ad abbattere le proprie emissioni di Co2 grazie al passaggio dalle flotte a gasolio a quelle a metano, ma l’incertezza non aiuta la transizione. Lo abbiamo visto lo scorso anno con la crisi del prezzo del gas, quando le imprese che avevano fatto scelte green si sono trovate a subire maggiormente le difficoltà dettate dalla guerra in Ucraina e dall’aumento smisurato del prezzo del gas. Diciamo no a norme assurde e ideologiche, nella ferma convinzione che la sostenibilità ambientale debba coniugarsi con quella sociale ed economica.

Per quanto riguarda invece la digitalizzazione?

Aiuterà, sotto diversi punti di vista: sia per quanto riguarda la transizione verso un trasporto più green sia per la qualità della vita degli autisti, per esempio aiutando a ridurre i tempi di attesa al carico e allo scarico. Gran parte degli elementi che oggi scoraggiano gli autisti potrebbero quindi venire meno. Siamo quindi favorevoli alla digitalizzazione volta a efficientare l’intero sistema della logistica e dei trasporti: penso quindi ai trasporti “combinati” gomma/treno o gomma/nave che potrebbero avere benefici enormi dall’implementazione di questa tecnologia.

Anchesenonhomaiavutoil desideriodiguidareuncamion, hosempredatounamanoin azienda,anchedurantegli studiuniversitari.Intotale onestà,questolavoromipiace molto.Diversepersonemi hannodettocheèunlavoro “dauomini”,iorispondoche èunlavorodinamicoche portaadoverticonfrontare quotidianamenteconpersone eproblemidiversi

FAI-CONFTRASPORTO
ottobre 2023 41
In FAI-Conftrasporto Carlotta Caponi occupa il ruolo del Segretario generale. Qui, accanto allo storico presidente, Paolo Uggè.

VISIONE CHIARA, AMICIZIA LUNGA «F

inalmente a casa», avevo pensato (e anche scritto su queste pagine) la prima volta che mi ero trovata di fronte al DAF XD, quale rappresentante in ambito distributivo della New Generation della casa olandese. Ribadisco quel commento, anche se stavolta non è giustificato soltanto dalla somiglianza con il resto della gamma, ma per una sorta di affinità generazionale. Mi spiego. «Finalmente a casa» per me è un’espressione che esprime un sentimento. Equivale cioè alla sicurezza di potersi rapportare con qualcuno che conosci meglio di te stesso, che ti garantisce ampie vedute e parla la tua stessa lingua: quella dell’ambizione, del coraggio, dell’irriverenza. L’ambizione di voler dare il proprio contributo

al mondo, il coraggio di provarci davvero, l’irriverenza di farlo seguendo proprie regole.

Ed è con questo sentimento che per una settimana sono andata, in compagnia di DAF XD, alla (ri)scoperta del mondo della distribuzione, delle sue insidie e delle sue meraviglie. E se in ogni viaggio non conta cosa incontri, ma come lo affronti, in questo caso è stato importante anche con chi.

LA CARTA DI IDENTITÀ DEL VEICOLO

Un autocarro 12 metri, tre assi con ultimo sterzante, cassa frigo Ifac con paratia e sponda idraulica: un DAF XD, nella migliore versione di se stesso, è un partner ideale. Esteticamente lineare, elegante e raffinato, anche grazie

alla continuità stabilita con il frigo, risulta affabile agli occhi e versatile e intraprendente nell’anima da 450 Cv. Così, si può affrontare qualsiasi viaggio ti venga richiesto: dalla consegna al punto vendita al viaggio di linea. A volte anche entrambi lo stesso giorno. Ed è qui che si colloca la scelta dell’allestimento, perché per una buona intesa con il proprio camion, non conta solo la cabina.

UNA VERSATILE CAPACITÀ DI CARICO

Nella distribuzione la capacità di carico è un requisito fondamentale, che trova versatilità nella versione tre assi sia perché di fatto la incrementa, sia perché aiuta a gestirla in modo efficiente chiedendo aiuto alla paratia che, in

42 ottobre 2023
A PROVA DI LAURA DAF XD 450 FAN 6X2
di Laura Broglio

SCHEDA TECNICA

DAF XD 450 FAN 6x2

• Versione Cabinato con gruppo frigo a telaio

• Motore Paccar MX-11 da 449 CV

• Alimentazione Diesel e HVO

• Passo 6.100 mm

• Cambio Traxon ZF a 12 marce

• Frigo Thermo King UT-1200

• Allestimento Isotermico IFAC

• Sponda Dhollandia retrattile a singolo ripiegamento 30 q

uno stesso viaggio, permette di movimentare classi merceologiche che pretendono temperature differenti. Gestione agevolata anche per l’attività di carico e scarico, ormai intrinseca alla distribuzione, dovuta alla sponda idraulica. Visto che il peso grava sull’autista, tanto vale farglielo portare in sicurezza.

Un carattere versatile, franco, diretto, di ampie vedute. In grado di sopportare i carichi in modo variabile, di muoversi agevolmente anche in spazi ristretti e di accompagnarti nella guida come un ballerino a ritmo di valzer. Insomma, un carattere che non fai fatica a percepire come un amico fedele, come una guida capace di consegnarti un punto di vista diverso del trasporto

LA MANOVRABILITÀ NELLO STRETTO

Peraltro, le esigenze di carico non fanno fare alcun passo indietro alla stabilità e alla manovrabilità, per merito essenzialmente dell’asse sterzante che aiuta a sopperire a condizioni

non sempre idilliache di presa e di consegna. Nella distribuzione a temperatura controllata o in quella diretta ai punti vendita, infatti, non è sempre facile trovare ampi spazi di manovra. Questa maniera di vivere la distribuzione un approccio resiliente, rende l’XD una specie di amico camaleonti-

UN VESTITO PER OGNI OCCASIONE

Quando si prepara un veicolo è come dover andare a una festa, avendo cura di scegliere l’abito adatto. Nella distribuzione in ATP è un po’ la stessa cosa, nel senso che diventa fondamentale avere un allestimento isotermico efficiente sia per garantire al massimo la catena del freddo e quindi mantenere intatte le qualità organolettiche della merce trasportata, sia per contenere i costi in termini economici e di sostenibilità. Mentre le aziende ricercano la performance, gli autisti guardano a dotazioni concrete, che si traducono in un pavimento antisdrucciolo adeguato al tipo di trasporto e quindi in grado di scongiurare scivolamenti, ancoraggi per i sistemi di fissaggio del carico predisposti a seconda delle proprie preferenze e un sistema di controllo della temperatura rapido e intuitivo.

In questo caso, per la distribuzione in ATP il “sarto” di DAF è stato Ifac che ci ha elencato le caratteristiche più richieste e raccontato la sua sfida più entusiasmante, in termini di allestimenti particolari, in una serie che potete vedere sul canale YouTube di K44Risponde

ottobre 2023 43
L’allestimento isotermico firmato IFAC

co, in grado di funzionare come interlocutore diretto con cui stabilire subito una conversazione e con cui passare pindaricamente da un argomento all’altro, ma anche come un orecchio in ascolto, capace all’occorrenza di spronarti nella vita reale, conservando sempre un approccio pacato e gentile.

A BEN VEDERE

Ma un buon amico – a ben vedere – è colui che guarda, oltre il tuo campo d’azione, i lati positivi come quelli negativi e, all’occorrenza, ti fa cambiare prospettiva.

E con l’XD – a ben vedere – la prospettiva si amplia come i tramonti dentro al parabrezza più basso e lasciati intatti anche dal cruscotto sagomato che non interferisce con lo sguardo. È così che si amplifica la visibilità diretta, essenziale per riuscire ad avere una visuale completa della situazione attorno a noi e per stabilire punti di

Per accedere all’interno del DAF XD bisogna salire due gradini. Volendo, nelle versioni equipaggiate con pneumatici più grandi, si può optare per un terzo gradino che consente un’ascesa più facile. Da notare, pure, nella foto l’ampia apertura della portiera, i due maniglioni a cui aggrapparsi durante la salita, la posizione del volante in verticale per creare più spazio durante la seduta.

contatto visivo con ciclisti e pedoni, protagonisti indiscussi di tutti gli incubi degli autisti da distribuzione.

Il sistema di telecamere che prevede le mirror cam e il corner view (quella posizionata sull’angolo anteriore del lato passeggero in grado di ampliare la visuale di 285°), insieme al radar e all’oblò panoramico sulla porta di destra (tutto di serie) fanno sì che tu rie-

sca letteralmente a vedere oltre il tuo naso, e che possa affrontare le insidie del traffico misto con tempestività e sicurezza. Per te e per gli altri.

UN CAVALIERE

A PASSO DI VALZER

Perché noi autisti di nuova generazione – anzi, sono certa, tutti – vogliamo relazioni sicure e trasparenti. Esattamente quelle caratteristiche che cerchiamo quando si è al volante. E qui la guida scorre via leggera, perché DAF XD è anche un ottimo ballerino, un cavaliere che ti accompagna a ritmo di valzer, rendendo la tua giornata decisamente più leggiadra.

Nei modelli XD con Sleeper Cab e Sleeper High Cab, la cuccetta è lunga 2.220 mm e larga 750 mm nella zona centrale e 600 dietro i sedili. Il materasso ha uno spessore da 150 mm e può essere integrato da un topper di 50 mm per incrementare il comfort. La seconda cuccetta presente nella Sleeper High Cab – come quella in prova – ha un materasso da 100 mm di spessore e può essere sfruttata anche come portabagagli. Anche da queste posizioni l’autista è in grado di governare le funzioni più utili per la sua vita quotidiana, dalla climatizzatore all’illuminazione, dall’impianto audio ai finestrini e alla botola spingendo i tasti del pannello posto sulla parete posteriore.

44 ottobre 2023
A PROVA DI LAURA DAF XD 450 FAN 6X2

Il sedile passeggero del DAF XD dispone di un poggiatesta pieghevole in modo da fungere da tavolino di servizio per quando ci si trova nella zona notte o anche come supporto per lavorare al computer. Inoltre, questo sedile è sempre pieghevole in modo da lasciare più spazio libero ai movimenti interni.

Sterzo, posizione di guida e gestione degli Adas sono identici ai suoi fratelli maggiori e questo è l’ennesimo punto a vantaggio di questo veicolo: quello di farti sentire a casa anche in un camion da distribuzione. Una carezza al cuore e all’ego da camionista.

IN CONCLUSIONE

Provo a mettere insieme tutti gli aggettivi con cui descriverei un amico del calibro del DAF XD: fedele, attento, caparbio, resiliente, coraggioso di confrontarsi con tutti i settori. Magari chiedendo supporto a tutte le configurazioni possibili, visto che DAF XD si propone anche in versione trattore, coniugate in tre allestimenti cabina. Ma soprattutto la compagnia dell’XD infonde sicurezza nell’essere te stesso e nel salire in cabina facendoti guidare dall’ambizione di cambiare prospettiva a un trasporto che, per troppo tempo, ha aumentato gli angoli ciechi. Ecco quindi la lezione con cui saluto questo nuovo amico: un trasporto può essere gestito in modi diversi, usando molteplici punti di vista, dettando nuove regole, compresa quella di allungare la cabina quando serve. Ma soprattutto oggi più che mai è tempo di sentirsi parte di una nuova generazione, più attenta agli altri, più pronta alla collaborazione e comunque decisa ad affermare una propria identità.

I sedili dell’XD sono comodi, rivestiti di materiali che appaiono di qualità anche soltanto al tatto e con una gradazione di colori molto tenue e tranquillizzante e comunque non così chiara da essere esposta a macchie. Estremamente generosa la regolazione che ha una corsa di 250 mm di lunghezza e di 145 di altezza.

ottobre 2023 45

È ELETTRICO 1,3 CAMION OGNI 100

I camion per trasportare merci in Europa si vendono. E molto. A dispetto dell’economia, dei prezzi, degli alti tassi di interesse. Ma per quasi il 96% sono diesel. Anzi, questo tipo di alimentazione vede lievitare le immatricolazioni del 19,2%. All’elettrico viene lasciato un 1,3%. Che è poco, ma è molto di più dello 0,4% dello scorso anno. Eppure, sulla base di questi numeri, le case costruttrici vanno avanti. E dopo i motori, si concentrano sulle batterie. Vediamo come

Èun mondo complicato quello del veicolo pesante. E la transizione lo confonde ulteriormente, spingendo in direzioni diverse e contraddittorie, indotte per lo più dalla politica. Sia chiaro: sul fatto che l’ambiente vada salvaguardato tutti sono d’accordo. Ma sulle modalità con cui raggiungere tale obiettivo e sui tempi della transizione non c’è una posizione unanime. Ecco perché per comprendere il contesto conviene fare piazza pulita dei fattori emotivi e chiedere aiuto ai numeri. Ragioniamo su quelli raccolti da Acea a livello continentale. La prima cosa evidente è che, a dispetto della debole economia e dell’aumento dei prezzi e dei tassi di interesse, i veicoli con cui trasportare merci si comprano. Spesso si immatricolano oggi quelli venduti ieri, ma comunque il portafoglio delle case costruttrici, svuotato dagli investimenti necessari per sostenere la transizione, incassa un ossigeno che – paradossalmente – profuma di diesel. Perché nella prima metà del 2023 le immatricolazioni di furgoni e autocarri in Europa hanno avuto un incremento significativo. Ma se per i leggeri l’incremento viaggia nell’ordine dell’11,2% con a 730.969 unità, per i pesanti va più su, registrando una crescita del 20% con 179.508 immatricolazioni. E non ci sono campioni nazionali particolari, perché tutti, a partire dai quattro principali mercati, crescono a doppia cifra: Germania (+24,8%), Francia (+12,3%), Italia (+12,6%) e Polonia (+10,8%).

Ma come anticipato, la quasi totalità di questi numeri, in particolare rispetto ai pesanti, sono espressi da veicoli diesel. Se infatti nei furgoni le alternative ai motori a gasolio trovano crescente spazio, relegandoli a un 83,5% (vedi articolo a p. 62), negli autocarri il diesel resta quasi monopolista, esprimendo il 95,6% del mercato. Ma ciò che colpisce è la sua capacità di continuare a far breccia, aumentando la sua penetrazione del 19,2%, che diventa un +23,7% in Germania. I camion elettrici cominciano timidamente a spuntare: erano lo 0,4% lo scorso anno e adesso, con 2.384 pezzi, presidiano l’1,3% della torta, con un incremento – dal pochissimo al poco – del 351,5%. Basta questo a dare fiducia ai costruttori? È certo che i pochi esemplari in circolazione siano come la «moneta numero 1» di Zio Paperone, che troverà negli anni nutritissima compagnia?

L’uomo della strada non è in grado di rispondere. Ma chi produce veicoli è obbligato ad andare avanti, perché ormai gli investimenti sono tanti e tali che anche soltanto frenarli sarebbe doloroso. Così, dopo aver realizzato veicoli, si pone il problema di produrre batterie. Anche se, come vedremo nelle pagine successive, qui le scelte sono variegate. Perché qualcuno, come Scania, decide di assemblarsi il prodotto in casa, altri, come Paccar e Daimler, creano alleanze produttive guardando a una scala più grande, rispetto alla quale hanno bisogno di distribuire l’investimento.

46 ottobre 2023
BATTERIE IL MERCATO EUROPEO: I NUMERI DIETRO AI DUBBI
DOVE SI VENDONO I CAMION ELETTRICI PAESEsem ‘23sem ‘22diff.% Austria 19 2213.6 Belgio 87 5 +1.640 Bulgaria _ _ _ Croazia 0 0 0 Cechia 5 0 Danimarca 156 42 +271,4 Estonia 1 1 0 Finlandia 20 10 +100 Francia 271 85 +218,8 Germania 864 199 +334,2 Grecia 0 0 0 Irlanda 11 5 +120 Italia 22 10 +120 Lettonia 0 0 0 Lituania 5 0 0 Lussemburgo 6 1+500 Malta _ _ _ Olanda 530 35 +1.414,3 Polonia 49 2 +2.350 Portogallo 0 1-100 Romania 3 0 0 Slovacchia 2 0 0 Slovenia 1 0 0 Spagna 172 29 +493,1 Svezia 140 81 +72,8 Ungheria 16 0 UE 2.384 528 +351,5 Irlanda 11 0 0 Norvegia 321 97 +230.9 Svizzera 158 49 +222,4 EFTA 490 146 +235,6 Regno Unito 686 268 +156 UE+EFTA+UK 3.560942+277.9

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RICARICHE ELETTRICHE OGNI 120 KM

Le stazioni dovranno essere installate su metà delle strade principali dell’UE entro il 2028 e avere una potenza da 1400 a 2800 kW a seconda delle strade. Per l’idrogeno la distanza tra le stazioni sale a 200 km e l’obiettivo temporale è il 2031

Unavettura o un camion europeo ogni quanti chilometri deve incontrare una stazione per ricaricare le batterie? Adesso è una legge a rispondere a questa domanda. Il Parlamento europeo, con 514 voti favorevoli, 52 contrari e 74 astenuti, ha stabilito che i punti di ricarica elettrica per le auto con una potenza minima di 400 kW siano installati almeno ogni 60 km lungo i percorsi principali della rete Ten-T entro il 2026, con la potenza della rete che aumenterà a 600 kW entro il 2028.

Per i camion e gli autobus, invece, le stazioni di ricarica dovranno essere posizionate ogni 120 km su metà delle strade principali dell’UE (quelle che si vedono nella cartina) entro il 2028 e con una potenza da 1400 kW a 2800 kW a seconda della strada.

In prospettiva, poi i paesi dell’Unione garantiranno che le stazioni di rifornimento di idrogeno lungo la rete centrale Ten-T siano installate almeno ogni 200 km entro il 2031. Nella normativa ci si preoccupa anche di garantire agli utenti dei punti di ricarica di pagare facilmente con carte o

dispositivi contactless e senza necessità di abbonamento, visualizzando il prezzo per kWh, kg o per minuto/ sessione.

I deputati hanno ottenuto anche che, entro il 2027, la Commissione creerà una banca dati dell’UE sui carburanti alternativi per fornire ai consumatori informazioni sulla disponibilità, sui tempi di attesa o sui prezzi nelle diverse stazioni.

Adesso è necessario che il Consiglio adotti formalmente la normativa, destinata a essere applicata entro sei mesi dalla loro entrata in vigore.

A SORPRESA I BIOFUEL ENTRANO TRA I CARBURANTI CO2 NEUTRI

A proposito di politica a strappi… Il 19 settembre, due mesi dopo l’approvazione del parlamento UE della normativa sulle stazioni di ricarica elettrica, la Commissione trasporti e turismo (TRAN) dello stesso parlamento, ha adottato il proprio parere sulla proposta della Commissione di revisione degli standard di CO2 per i nuovi veicoli pesanti. Gli eurodeputati hanno suggerito modifiche sostanziali alla proposta per quanto riguarda il campo di applicazione, l’ambizione degli obiettivi e i meccanismi di incentivazione. Nel suo parere, la commissione TRAN ha proposto anche di escludere gli autocarri più pesanti, ovvero i gruppi di veicoli 11, 12 e 16, dal campo di applicazione del regolamento, con ogni proba-

bilità considerando il potenziale di elettrificazione di tali veicoli pesanti non ancora maturo. Gli eurodeputati hanno poi riconosciuto il contributo a lungo termine dei biocarburanti e degli e-fuel alla decarbonizzazione del settore, tramite l’introduzione di un solido fattore di correzione del carbonio e con la loro inclusione nella definizione di carburante neutro dal punto di vista della CO2. A questo punto la parola passa prima alla Commissione per l’Industria, la Ricerca e l’Energia (ITRE) e poi alla Commissione per l’Ambiente, la Salute Pubblica e la Sicurezza Alimentare (ENVI) del Parlamento europeo che saranno chiamate a confermare gli emendamenti della Commissione TRAN rispettivamente il 12 e il 23 ottobre.

48 ottobre 2023
BATTERIE LE REGOLE UE PER IL POSIZIONAMENTO DELLE COLONNINE
La relazione della Commissione Trasporti del PE
08·10 MAGGIO 2024 In contemporanea con transpotec.com 8 - 11 MAGGIO, 2024 | fieramilano

Il Grifone ha inaugurato lo scorso 5 settembre una nuova fabbrica per l’assemblaggio delle batterie all’interno del proprio quartier generale di Södertälje, in Svezia, proprio accanto all’impianto di assemblaggio dei telai. Una mossa strategica che ha come obiettivo la produzione in serie di camion elettrici su larga scala

Ilprocesso di elettrificazione nel mondo dei camion è ormai avviato e, seppur ancora lentamente, sono molti i costruttori che hanno annunciato la progressiva conversione della propria gamma all’elettrico, con tappe variabili – il 2035 è genericamente indicato come l’anno spartiacque – e con già modelli a batteria implementati in gamma. Ma per arrivare a quella data servirà attrezzarsi. I prossimi anni saranno infatti fondamentali per capire in che modo portare avanti questo processo, soprattutto dal punto di vista produttivo, perché bisognerà riassettare le vecchie fabbriche e costruirne di nuove. Ma, soprattutto, occorrerà organizzare al meglio l’approvvigionamento dei componenti, in primis delle batterie, dal momento che la drammatica esperienza del chip shortage ha insegnato a molte Case a muoversi per cercare di essere (al-

meno parzialmente) autosufficiente. Tra queste, in prima fila, c’è sicuramente Scania, che di recente ha presentato una nuova cella agli ioni di litio per batterie di veicoli elettrici pesanti, sviluppata «in casa» congiuntamente con Northvolt (società svedese specializzata nella produzione di batterie).

DALLA CELLA ALLA FABBRICA

La cella, prodotta nella gigafactory di Northvolt, nel nord della Svezia, ha dimostrato in fase di test un’eccezionale durabilità: 1,5 milioni di chilometri di vita utile, praticamente una distanza che di solito viene coperta da un camion nel suo intero ciclo di vita. Finora nessuno si era mai spinto fino a tanto, in termini di durabilità, nella progettazione di una batteria di un veicolo elettrico pesante. Ma la notizia è anche un’altra. Scania ha deciso

non solo di prodursi le componenti per batterie in house, ma anche di assemblarle. Come a dire: produco le mie cose per divenire parte della loro catena del valore. Prova ne sia che la stessa Casa svedese ha annunciato che questa speciale cella agli ioni di litio verrà ora assemblata in moduli e pacchi batteria direttamente nel proprio quartier generale, a Södertälje, in uno nuovo stabilimento da 18.000 metri quadrati entrato in funzione lo scorso 5 settembre. Per realizzare questo impianto, costruito a tempo di record (due anni e mezzo), Scania ha messo sul piatto un investimento

50 ottobre 2023
BATTERIE LE STRATEGIE DI PRODUZIONE IN HOUSE
Christian Levin, presidente e Ceo di Scania e del Gruppo Traton

• Formato della cella: Prismatica

• Capacità: 157 Ah

• Tensione nominale: 3,6 V

• Durata: 1,5 milioni di chilometri nel trasporto pesante

«SUPER» ANCHE NELLA BATTERIA: 1,5 MLN DI CHILOMETRI DI VITA

Sviluppata insieme a Northvolt, la nuova batteria per i veicoli elettrici di Scania è dotata di una particolare cella agli ioni di litio che, in fase di test, ha dimostrato un'eccezionale durabilità: 1,5 milioni di chilometri di vita utile. Le celle sono del tipo prismatico con una capacità individuale di 157 Ah e una tensione nominale di 3,6 Volt. La batteria, inoltre, è anche «green», dal momento che

è prodotta con energia elettrica da fonti rinnovabili al 100% (energia idroelettrica ed eolica). Scania afferma che, grazie anche all’integrazione di ulteriori caratteristiche di produzione sostenibile, «l’impronta carbonica stimata della cella è circa un terzo di quella di una cella di riferimento del settore».

importante: 1,5 miliardi di corone svedesi, pari a circa 125 milioni di euro. Peraltro, questo impianto è stato collocato proprio accanto allo stabilimento di assemblaggio dei telai, sempre a Södertäljie. Una scelta altamente strategica in termini logistici, perché in questo modo si creano le condizioni per flussi di produzione rapidi ed efficienti. In particolare, all’assemblaggio delle batterie Scania ha destinato 550 persone, che d’ora in avanti opereran-

no in un ambiente altamente automatizzato, dall’ingresso delle merci alla produzione fino alla consegna.

PRODUZIONE SU LARGA SCALA

Nel 2030 Scania ha dichiarato l’obiettivo di arrivare a vendere il 50% di veicoli elettrici. Per quella data, ogni tipologia di trasporto potrà essere elettrificata. Come confermato da Christian Levin, presidente e Ceo

di Scania e del Gruppo Traton, «con la messa in funzione della nuova fabbrica Scania per l’assemblaggio delle batterie, ci dotiamo di un fondamentale strumento per accelerare l’elettrificazione. Stiamo vivendo la più grande trasformazione nella storia dei trasporti e il 2023 è l’anno in cui decollerà. Questo investimento rappresenta solo uno dei tasselli della strategia Scania per l’elettrificazione del trasporto».

ottobre 2023 51
Il nuovo impianto di assemblaggio batterie nel quartier generale di Scania a Södertälje, in Svezia, occupa una superficie di 18.000 metri quadrati, impiega 550 dipendenti ed è stato costruito con un investimento pari a circa 125 milioni di euro.

Chi ha detto che per ricaricare un camion elettrico alla colonnina bisogna per forza aspettare?

E se la soluzione più semplice fosse quella di scambiare «al volo» una batteria scarica con una carica, tagliando così drasticamente le lunghe attese? Alcuni colossi dell’automotive come Catl e Ample stanno lavorando all’applicazione di tale soluzione al mondo dei camion. Si chiama «Battery Swap» e consente la sostituzione della batteria in soli cinque minuti

L’idea è semplice: sostituire ogni volta una batteria scarica con un’altra carica, anziché ricaricare il veicolo elettrico alla colonnina, così da contenere al massimo i tempi di attesa. In verità non è un’idea nuova (le prime applicazioni di questo metodo risalgono già agli inizi del ‘900), ma solo negli ultimi tempi sta ritornando in auge. Si chiama battery swap (dall’inglese swap, ovvero «scambio») e molti costruttori la stanno sperimentando per applicarla ai veicoli elettrici. Nel mondo delle auto, ad esempio, lo ha fatto Nio, casa automobilistica cinese che sta portando avanti lo sviluppo di questa tecnologia attraverso la realizzazione di una capillare rete di stazioni appositamente dedicata per lo scambio delle batterie. L’obiettivo è arrivare entro la fine del 2023 a quota 2.300 stazioni attive all’interno del Paese, prevedendo anche di costruirne circa un migliaio al di fuori della Cina entro il 2025, la maggior parte delle quali in Europa. E ora c’è chi sta progettando di estendere questo concetto anche al mondo dei camion.

52 ottobre 2023
IL
La startup californiana Ample sta collaborando con Mitsubishi Fuso per testare la tecnologia di scambio della batteria per i camion elettrici. La partnership è iniziata con un progetto pilota in Giappone, dove le batterie di un Fuso eCanter sono state automaticamente sostituite in cinque minuti nelle stazioni Ample.

ME TODO SWAP

Il concetto di batterie intercambiabili fu proposto già agli inizi del ‘900 dall’americana Hartford Electric Light Company, che tra il 1910 e il 1924 fornì questo servizio alla General Vehicle Company per ricaricare in pochi minuti i veicoli elettrici del loro parco. Tuttavia, questa soluzione cadde presto in disuso a causa dell’abbandono dei motori elettrici a favore di quelli endotermici, salvo sporadiche sperimentazioni come ad esempio quella di Mercedes-Benz, che negli anni ’70 testò il metodo battery swap sui suoi pulmini elettrici per trasporto persone. Ma è solo in tempi recenti che si è riportata alla luce questa tecnologia con maggiore continuità, in concomitanza con l’ascesa – o sarebbe meglio dire «il ritorno» – dell’auto elettrica. Nel 2011, la start up americana Better Place realizzò la prima stazione moderna di scambio

CATL, DALLA CINA CON L’ELETTRONE

Il produttore cinese di batterie Catl, ad esempio, ha ideato un sistema per la sostituzione della batteria sui camion elettrici. Si chiama Qiji Energy e utilizza pacchi batteria da 171 kWh che possono essere sostituiti rapidamente in una stazione di scambio, evitando così il problema della lunga ricarica durante il viaggio. Quanto rapidamente? Secondo Catl appena cinque minuti, rendendo di fatto equivalente il tempo di rifornimento rispetto a quello impiegato per un pieno di gasolio. Il sistema si completa di una piattaforma cloud, utile per connettere tra loro gli operatori delle stazioni di scambio batterie, gli autisti e i gestori di flotte, così da ottimizzare i percorsi e la gestione dei veicoli. Catl stima che questo servizio potrebbe ridurre

STORIA DI UN'IDEA CENTENARIA

di batterie in Israele, a Kiryat Ekron, pensata per ricaricare in cinque minuti gli esemplari elettrici della Renault Fluence ZE, grazie a un accordo speciale con il gruppo Renault-Nissan.

Anche Tesla, nel 2013, aveva annunciato il suo interesse nello sviluppo di una propria stazione di scambio, salvo abbandonare l’idea nel 2015 «per mancanza di interesse – così disse Elon Musk – da parte dei clienti». Poi è stata la volta delle aziende cinesi, che si sono interessate al battery swap mettendo sul piatto massicci investimenti.

Su tutte, la casa automobilistica Nio, che nel 2018 è riuscita a mettere a punto il suo sistema di Battery Swap, contando ad oggi una rete di circa 1.200 stazioni di scambio in Cina e puntando ora ad espandersi anche in Europa.

i costi operativi annui di un camion dai 30.000 ai 60.000 yuan (equivalenti, al cambio attuale, ai 3.850 e 7.690 euro), assumendo una percorrenza annua di 200.000 chilometri e prezzi del carburante e dei veicoli invariati.

I PROGETTI DI AMPLE E FUSO

Anche Ample – colosso statunitense che dalla sua fondazione nel 2017 ha già raccolto 270 milioni di dollari di capitale di rischio ed è stata nominata dalla rivista Time una delle 100 aziende più influenti al mondo nel 2023 – sta sperimentando un nuovo metodo di fornitura di energia attraverso il rapido scambio modulare delle batterie. Di recente, ad esempio, ha stipulato un accordo con Mitsubishi Fuso (affiliata di Daimler Truck) su un progetto pilota in Giappone di scambio batterie sull’eCanter, il nuovo camion

elettrico leggero di Fuso. Grazie alla tecnologia di battery swap brevettata da Ample, il processo di sostituzione dei moduli batteria eCanter all’interno di una stazione di scambio avverrebbe in soli cinque minuti, offrendo così una soluzione di mobilità rapida ed efficiente che ben si sposa con le esigenze sempre più stringenti degli operatori che lavorano nella distribuzione dell’ultimo miglio. Le due società affermano che «per ricaricare un camion elettrico leggero in Giappone ci vogliono circa 10 ore con ricarica CA e alcune ore con ricarica CC» e sono convinte che la loro partnership mirerà ad «aggirare questo problema grazie alle batterie intercambiabili, supportando i tempi di attività del veicolo fornendo una carica completa in pochi minuti e, più in generale, incoraggiando il passaggio ai veicoli elettrici nel settore dei trasporti».

BATTERIE LA GRANDE CORSA ALL’EFFICIENZA
ottobre 2023 53
di Gennaro Speranza Battery Swap

ALLEANZE ELETTRICHE

Daimler Truck, Paccar e Cummins hanno siglato una joint venture per sviluppare catene di approvvigionamento e produzione di batterie per camion elettrici. Una mossa di rafforzamento competitivo a livello tecnologico e, al contempo, di contrasto all’egemonia di Pechino

Èampiamente noto come la Cina abbia una posizione pressoché dominante nel mercato e nella produzione di batterie di tutti gli oggetti elettronici di consumo. Se parliamo poi soltanto di accumulatori per veicoli elettrici, l’egemonia di Pechino è ancora più lampante. Secondo dati di fonte Standard & Poor’s, il Paese asiatico è infatti il principale produttore al mondo di batterie per veicoli elettrici con il 79% di tutti i gigawattora prodotti a livello globale. Una leadership conquistata negli anni a colpi di ricerca, sviluppo e sforzi tecnologici, ma anche – secondo gli analisti di Benchmark Mineral Intelligence – «da velocità di costruzione di infrastrutture e fabbriche, nonché da vantaggi in termini di manodopera». Tutti fattori che hanno permesso di creare una vera e propria catena di valore completa, dall’attività chimico-mineraria fino alla produzione di veicoli elettrici, assicurandosi così un vantaggio competitivo. E l’Europa e gli

Stati Uniti? Per anni sono rimasti a guardare, accettando forse un po’ troppo passivamente il monopolio cinese, salvo poi rendersi conto, con l’interruzione delle catene di approvvigionamento causate dalla pandemia, che era arrivato il momento di reagire. Tant’è che la stessa presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, aveva lanciato l’allarme lo scorso dicembre, sostenendo che «l’Europa e gli Stati Uniti possono costruire un’alternativa a questo monopolio istituendo un club delle materie prime critiche. L’idea alla base è semplice:

la cooperazione con partner e alleati per l’approvvigionamento, la produzione e la lavorazione ci dà la possibilità di superare il monopolio».

UNA POLTRONE PER TRE

La sbandata del Covid, unita alla mancanza di componenti e alle pressioni sulla supply chain, ha insomma ridestato con vigore la volontà di emanciparsi dal monopolio cinese nel dominio tecnologico delle batterie per veicoli elettrici. Una delle testimonianze più eclatanti di questo processo è arrivata con l’an-

54 ottobre 2023 BATTERIE LA SFIDA AL MONOPOLIO CINESE
Accelera (società del gruppo Cummins), Daimler Truck e Paccar: i loghi delle tre società coinvolte nella joint venture.

nuncio, il 7 settembre scorso, di una triplice alleanza tra tre nomi «pesanti» del mondo dei veicoli industriali, ovvero Paccar, Daimler Trucks & Bus US (gruppo Daimler Truck) e Accelera (brand del gruppo Cummins), che hanno siglato una joint venture per accelerare – come si legge in una nota congiunta delle tre società – «la produzione di celle per batterie e localizzare la catena di fornitura negli Stati Uniti». L’obiettivo, in particolare, è «produrre celle per batterie per veicoli commerciali elettrici e applicazioni industriali, creando posti di lavoro nel settore manifatturiero statunitense». Sul piatto sono stati messi investimenti importanti. Si parla di tre miliardi di dollari per realizzare un nuovo stabilimento negli Stati Uniti che produrrà batterie al litio-ferro-fosfato (LFP) per camion elettrici. Si tratta di batterie che, come puntualizzato dalle società, «saranno realizzate con costi inferiori rispetto agli attuali, con una maggiore durata nel tempo e una maggiore sicurezza di utilizzo, senza la necessità di ricorrere a materie prime come nichel e cobalto», evidentemente più costose.

I DETTAGLI DELL’OPERAZIONE

La nuova joint venture sarà detenuta in maniera paritaria dalle tre aziende. Ciascuna, infatti, sarà proprietaria del 30% delle quote. La particolarità dell’operazione, però, è che il restante 10% – una quota minoritaria, ma sicuramente non marginale – sarà detenuto da una società cinese, la Eve Energy, leader mondiale nella produzione di celle per LFP rivolte all’industria automobilistica. Una mossa che può essere letta come il tentativo di acquisire dall’estremo Oriente il know how e la tecnologia necessari a sfidare il primato orientale stesso. Una sorta di legittimazione del primato tecnologico asiatico e di come non si possa fare a meno della Cina per la produzione di batterie. Del resto, stando alle recenti indiscrezioni diffuse dall’agenzia Bloomberg, anche altri colossi del mondo automotive occidentale come Stellantis e Volkswagen starebbero puntando ad allearsi con la cinese Zhejiang Leapmotor Technologies, specializzata nel settore delle auto elettriche.

UN’ALLEANZA PRAGMATICA

Ad ogni modo, quali che siano le cordate, nelle intenzioni di Paccar, Daimler Truck e Cummins c’è la volontà di dare uno scossone al mercato, anche per rispondere alla crescente domanda di elettromobilità e alla necessità, sempre più stringente, di soluzioni energetiche sostenibili. La stessa Jennifer Rumsey, presidente e amministratore delegato di Cummins, commentando la joint venture ha parlato di «responsabilità di decarbonizzare» la filiera, portando avanti «una soluzione tec-

nologica chiave per i nostri clienti». Il tutto con l’obiettivo di «accelerare la transizione energetica negli Stati Uniti». Preston Feight, amministratore delegato di Paccar, ha sottolineato invece come la vision comune sia quella di dar vita a una «tecnologia delle batterie della massima qualità, prodotta localmente», mentre per Martin Daum, Ceo di Daimler Truck, «le partnership, una rigorosa attenzione ai costi e un’allocazione intelligente del capitale sono le leve chiave per avere successo nel percorso verso il trasporto sostenibile».

IL DOMINIO INCONTRASTATO DELL’ASIA

La Cina, elettricamente parlando, è avanti. Lo dicono i numeri, in particolare quelli che servono a stilare la classifica del mercato mondiale delle batterie, così come ha fatto SNE Research. A suscitare particolare clamore, infatti, non è tanto il fatto che sul podio appaiono tre aziende cinesi – rispettivamente CATL, BYD e LG Energy Solution –quanto il fatto che soltanto queste realtà da sole assorbono il 67% del mercato. E comunque, nella top 10, ben sette aziende sono a marchio cinese. Le uniche outsider sono la giapponese Panasonic, che si piazza al quarto posto con il 7,3% di market share, e le sudcoreane SK e Samsung (rispettivamente quinta e settima nella graduatoria). Ecco la classifica completa, riferita al periodo gennaio-luglio 2023, in base ai GWh di batterie consegnate.

• CATL: 132,9 GWh (36,6% di market share)

• BYD: 58,1 GWh (16% di market share)

• LG Energy Solution: 51,4 GWh (14,2% di market share)

• Panasonic: 26,6 GWh (7,3% di market share)

• SK On: 19 GWh (5,2% di market share)

• CALB: 16,4 GWh (4,5% di market share)

• Samsung SDI: 15 GWh (4,1% di market share)

• EVE: 8 GWh (2,2 % di market share)

• Guoxuan: 7,8 GWh (2,1% di market share)

• Sunwoda: 5,4 GWh (1,5% di market share)

• Altri: 22,4 GWh (6,2% di market share)

ottobre 2023 55
La classifica dei produttori di batterie

LA SFIDA ELETTRICA PRETENDE GOMME EVOLUTE

Tra spunto in partenza più vivace, pesi aggiuntivi e carico più alto i mezzi a batteria pongono una nuova serie di problemi anche agli pneumatici tradizionali. Un’incognita al momento ancora in sordina per la poca diffusione di autocarri BEV, ma che presto diventerà un problema da affrontare per l’avvento delle norme comunitarie sulla riduzione del CO2

Dipesanti elettrici ce ne sono in giro ancora pochi – percentualmente parlando - concentrati perlopiù nel Nord Europa. Ma nei prossimi anni il loro numero aumenterà sensibilmente e allora si presenteranno una serie di problemi da risolvere che riguarderanno sia la struttura del camion che la componentistica. Anche gli pneumatici dovranno affrontare questa rivoluzione e, in questo senso, esiste qualche incognita su quali saranno le soluzioni che verranno scelte. Il veicolo elettrico, infatti, ha uno spunto in partenza molto importante che potrebbe portare a un’usura più accentuata delle gomme, senza dimenticare i problemi di peso delle batterie e del posizionamento del carico molto più in alto. Vediamo dunque come i principali produttori stanno cercando di risolvere il puzzle.

PROMETEON

MISURE PIÙ GRANDI E NUOVE

MESCOLE PER COMBATTERE L’USURA

«È noto che il battistrada di un veicolo elettrico si consuma molto di più per effetto dell’aumento di potenza e dell’incremento del peso del carico – commenta

Alexandre Bregantim, chief technical officer di Prometeon – Come risolvere?

Innanzitutto, bisogna permettere di fare

misure più larghe e grandi in modo da compensare, se no la gomma durerebbe veramente solo tre mesi. Cinque anni fa c’era poca apertura su questa proposta, ma oggi va meglio e stiamo testando misure abbastanza insolite come la 385/55. Seconda mossa: lo sviluppo di mescole nuove che possano durare di più, fare più chilometri. La resistenza al rotolamento qui diventa fondamentale perché più è bassa, più dura la batteria del veicolo. Altrimenti usare un battistrada con alta resistenza al rotolamento può provocare

un minor chilometraggio che non riuscirebbe nemmeno a far completare le otto ore di guida dell’autista».

«È comunque una sfida molto complicata – ammette Bregantim – Oggi non abbiamo ancora soluzioni tecniche pronte, ma credo che ci saranno nel giro di 2-3 anni. Del resto sul segmento city bus abbiamo già sviluppato un prodotto ad hoc e da lì partiremo per le coperture dei veicoli pesanti». È un riferimento al Prometeon MC:01TM e-urban, studiato appositamente per autobus urbani (nellafotosopra)

56 ottobre 2023 PNEUMATICI COME I COSTRUTTORI SI PREPARANO ALLA SCOSSA

GOODYEAR I PRODOTTI DI PUNTA

SONO «ELECTRIC READY»

«Ultimamente abbiamo riscontrato che, dopo l’emanazione delle ultime normative europee sull’emissione di CO2, molte aziende stanno comprando veicoli elettrici per abbassare la media di emissione ai limiti consentiti – osserva Margherita , marketing manager di Goodyear – per cui anche il problema della gommatura degli EV diventa sempre più attuale. Noi ci stiamo lavorando, considerando la coppia maggiore e la trazione più significativa verso il terreno, l’accelerazione più alta, il peso maggiore delle batterie e una rumorosità esterna della gomma che, con la silenziosità del motore elettrico, va indubbiamente gestita. I nostri prodotti di punta – il KMax Gen-2, il FuelMax Gen-2 e il Fuelmax Endurance – sono comunque adatti a tutti i tipi di veicolo, compresi quelli elettrici. In questo modo, snelliamo anche la gestione dello stock di pneumatici per i nostri clienti. Il Kmax e il Fuelmax Endurance hanno performato bene su strade regionali e urbane, in situazioni in cui si chiedono emissioni ridotte». «Per il futuro sarà fondamentale la collaborazione tra produttori di veicoli e di pneumatici – aggiunge – Abbiamo ottimi rapporti con produttori di primo equipaggiamento e quello è il primo momento di contatto per un discorso di collaborazione comune».

a partire dalla seconda metà del 2023. Finora è stata applicata su 27 modelli OE dal 2021, inclusi 7 veicoli elettrici, poi cresciuti nel 2022 a 45 modelli, tra cui 16 mezzi elettrici.

«Recentemente abbiamo poi lanciato per auto il Turanza 6 – completa Marchisio –che è adattabile anche ai veicoli ibridi ed elettrici (EV ready). C’è da dire che la ricerca e lo sviluppo fatti direttamente con gli OEM aiuta moltissimo a trovare soluzioni, perché ci permettono di studiare a priori le configurazioni dei mezzi e di mettere a punto uno sviluppo di pneumatici secondo esigenza».

MICHELIN

X INCITY EV, DAI BUS AI CAMION?

più nello specifico – prosegue Bianchi – e rifacendoci a gommature specifiche per elettrici, abbiamo realizzato per autobus destinati al trasporto urbano lo pneumatico Michelin X Incity EV. Commercializzato nella misura 275/70 R 22.5 152/149J, ha un elevata capacità di carico, una bassa resistenza al rotolamento e un alto rendimento chilometrico, tutte caratteristiche pensate per soddisfare le esigenze di questa nuova tipologia di veicoli». Nulla osta, dunque, che un ulteriore sviluppo di questa gomma possa applicarsi agli autocarri.

CONTINENTAL

BRIDGESTONE

TECNOLOGIA ENLITEN DISPONIBILE DA METÀ 2023

«Per l’autocarro la scelta sarà indubbiamente guidata da quello che si è finora sviluppato con la vettura – chiosa Alessandro Marchisio, director commercial products di Bridgestone - Inoltre abbiamo in corso anche importanti partnership con alcuni OEM (produttori di apparecchiature originali) come Volta Trucks e Nikola. La nostra risposta è comunque pronta e si chiama Enliten, una nuova tecnologia che permette di sviluppare uno pneumatico capace di gestire le coppie importanti del motore elettrico e i maggiori pesi, anche per l’autocarro».

Enliten dovrebbe essere disponibile anche sulla gamma autocarro Bridgestone

«Affrontiamo la sfida dello pneumatico per veicolo elettrico – afferma Arianna Bianchi, direttrice marketing B2B di Michelin Italia – correlandola allo sviluppo sostenibile, sia economico che ambientale. L’obiettivo di ridurre la resistenza al rotolamento degli pneumatici è sicuramente in linea con una delle necessità dei veicoli elettrici pesanti: diminuire l’assorbimento di energia per prolungare l’autonomia della batteria». «Entrando

GIÀ PRONTO UN PROTOTIPO PER SEMIRIMORCHI ELETTRIFICATI

«L’evoluzione del prodotto è continua – spiega Giorgio Cattaneo, PR e communication manager di Continental Italia – L’avvento dei mezzi pesanti elettrici sta portando ad un adattamento di alcune componenti della struttura e del battistrada. Abbiamo certamente sviluppi in grado di supportare le nuove tecnologie e ottimizzare pesi, misure e resistenza al rotolamento, tutti fattori che è necessario sviluppare al meglio. In questo senso seguiamo anche nuove strade, come per esempio il prototipo di pneumatico sviluppato con Trailer Dynamics per semirimorchi elettrificati, presentato in IAA. Si tratta di un prodotto che ha richiesto uno studio specifico necessario a modificare uno pneumatico trailer facendolo diventare anche trattivo, da montare su un asse elettrificato del semirimorchio. La questione, quindi, è in continuo divenire; stiamo lavorando a quattro mani con i costruttori dei mezzi e rispondendo ai nuovi requisiti».

ottobre 2023 57

COME SPACCARE UN NUMERO IN QUATTRO

L’anno in corso nel mercato dei trailer fa segnare una flessione dell’8%. Ma se si guardano i dati, regione per regione, ci si accorge che ci sono aree in cui le vendite vanno in controtendenza, così come singoli costruttori o specifici allestimenti marciano in direzione opposta. Allo stesso modo se a livello generale primeggiano i tre marchi storici tedeschi, nelle singole regioni non soltanto qualche italiano, ma anche qualche outsider si toglie alcune soddisfazioni

Partiamo dal dato generale: le vendite dei primi otto mesi del 2023 hanno segnato un calo dell’8%, con 10.647 trailer venduti rispetto agli 11.569 dello stesso mese del 2022. A leggere in dettaglio le analisi Anfia sugli immatricolati nazionali (vedi box 1 sucome leggere i dati) due regioni si confermano

come motore economico della penisola: Lombardia e Veneto. Ma procedono in territorio positivo anche Lazio e Sardegna e, in maniera più modesta anche Basilicata e Calabria. Ma come si sa la statistica è la media di Trilussa, nel senso che fornisce un dato medio. Se poi però si va a guardare dietro a quel numero percen-

Dietro il metodo di raccolta delle statistiche

COME LEGGERE I DATI

L’effettiva immatricolazione del veicolo avviene con il rilascio della targa. L’aggiornamento dell’archivio del CED (Centro Elaborazione dei dati) della Motorizzazione avviene solo quando viene emessa la carta di circolazione. Le informazioni nell’archivio ministeriale hanno quindi una data di rilascio targa e una di rilascio libretto di circolazione.

Per i veicoli completi le due date coincidono o sono comunque riferite allo stesso mese; i veicoli per

i quali è stata rilasciata una targa, ma necessitano di un allestimento, confluiscono nell’archivio ministeriale solo quando è stato anche rilasciato il libretto. Questi veicoli hanno una data “targa” antecedente a quella del libretto e confluiscono quindi nell’archivio alcuni mesi dopo. Per ovviare a tale ritardo ed evitare di fornire dati parziali e in progress, che non sarebbero comparabili con quelli dello stesso periodo dell’anno prima, Anfia rende pubblici solo dati elaborati per data di emissione libretto.

58 ottobre 2023 MERCATO ALLESTIMENTI I TREND DELLA PRIMA PARTE DEL 2023
di Massimiliano Barberis

SEI MESI 2023:

tuale unico, si scopre che in realtà qualcuno è in salute e qualcun altro ha la febbre alta. Vediamo chi entrando nel dettaglio delle singole regioni.

Innanzi tutto tracciamo i confini. Il Nord Ovest comprende Liguria, Lombardia, Piemonte e Valle D’Aosta. Il Nord Est copre Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige e Veneto. Il Centro circonda Lazio, Marche, Toscana e Umbria. Infine Sud e isole marcano Abruzzo, Molise, Puglia Basilicata, Campania, Calabria, Sardegna e Sicilia.

Il primo Gruppo a metà di quest’anno ha immatricolato 2.986 semirimorchi, rispetto ai 2.743 del 2022 e quindi viaggia con un discreto vento in poppa, che soffia con una forza appena inferiore – in termini di incremento di mercato – al 9%. La parte del leone la fa ovviamente la Lombardia con 2.254 mezzi, a fronte dei 1.837 di un anno fa. Il Piemonte, invece, immatricola poco e segna una frenata (574 oggi e 671 un anno fa), così come la Liguria (152 su 226) e la Valle D’Aosta (6 su 11).

Una sorpresa giunge dal Nord Est, dove nel complesso il mercato fa registrare una contrazione di quasi il 16% (15,8), pari in termini assoluti a 3.215 mezzi venduti nel 2023 rispetto ai 3.818 di un anno fa.

E qui, se il Veneto tiene il passo (immatricola 1.366 trailer a fronte dei 1.356 del 2022), tutte le altre regioni fanno segnare una débacle. L’Emilia-Romagna piazza 739 vendite rispetto alle 820; il Friuli Venezia Giulia scende a 180 partendo da 285, il Trentino crolla a 930 a fronte dei 1.357.

Ugualmente male procede il Centro, che segna una flessione ancora maggiore, pari a un -17,5%, che in termini assoluti

significa che delle 1.691 immatricolazioni registrate nel 2022 oggi ne restano 1.395. Qui è il Lazio ad andare controtendenza, perché – seppure di poco – sale da 562 a 593 allestimenti. Tutte le altre regioni scendono: le Marche da 174 a 145 mezzi, la Toscana da 697 a 449, l’Umbria da 258 a 208.

Il Sud rallenta, ma nel complesso meno di Centro e Nord Est, visto che la flessione si assesta a un -8% generale con 3.051 allestimenti immatricolati rispetto ai 3.315

di un anno fa. Qui in controtendenza viaggiano Basilicata, Calabria e Sardegna, che passano rispettivamente da 99 a 104 trailer, da 202 a 217 e da 205 a 293. E almeno in quest’ultimo caso l’incremento percentuale risulta veramente importante. Tutti gli altri scendono: l’Abruzzo da 243 a 276, la Calabria da 1.285 a 1.232, il Molise da 61 a 57 mezzi, la Puglia da 450 a 371 e la Sicilia da 737 ad appena 534. Con una flessione, quindi, decisamente drastica.

ottobre 2023 59 I MARCHI PREVALENTI REGIONE PER REGIONE Abruzzo Koegel56 Basilicata Menci 5 Calabria Viberti e Tecnokar9 Campania Krone 59 Emilia RomagnaKrone135 Friuli Venezia GiuliaKässbohrer 30 Lazio Schmitz 44 Liguria Viberti e Serin18 Lombardia Schmitz 857 Marche Tecnokar 14 Molise Schmitz 5 Piemonte Koegel 186 Puglia Krone 18 Sardegna Krone 59 SiciliaKrone48 ToscanaSchmitz80 TrentinoKrone 222 UmbriaKoegel29 Veneto Schmitz16
LA TOP TEN DEI MARCHI Schmitz 1.554 Koegel 1.152 Krone 962 Menci 948 Viberti 732 Tecnokar 695 Lecitrailer 590 Lamberet 408 Kässbohrer 206
PRIMI

GLI ALLESTIMENTI PRINCIPE

Passiamo ad analizzare le singole tipologie di trailer. L’allestimento-campione rimane il centinato con 1.973 immatricolazioni, che assorbe da solo il 18,6% delle 10.647 vendite complessive. A seguire ci sono gli isotermici a 1.373 con poco meno del 13% e, appena più sotto, i portacontainer con 1.203 pari a circa l’11,3%. E poi nell’ordine arrivano i ribaltabili (869), i furgoni (573), i pianali (564), i cassoni (371), le cisterne (354), a cui fanno seguito i piani mobili (212), i mezzi scarrabili (133), gli eccezionali (113), le botti isolate (94), i semirimorchi per trasporto animali (16), i caravan (3), il trasporto persone (9) e infine il trasporto lastre (40).

I MARCHI LEADER

Andiamo ora a vedere quali marchi campeggiano su questi allestimenti. E qui si scopre che, un po’ come accadeva qualche anno fa, la parte del leone la tornano a fare i costruttori stranieri Schmitz e Koegel con una quota del venduto del 60,3% pari a 6.420 trailer, rispetto al 39,7% degli allestitori italiani con 4.227 semirimorchi. Tutti e due comunque in un calo quasi parallelo rispetto al 2022, visto che gli stranieri registrano un -8% (nel 2022 gli immatricolati erano 6.986), i “nostrani” un -7,8% (erano a 4.583). Anche qui andiamo a vedere chi procede in controtendenza, prendendo un nome da una parte e uno dall’altra: Krone incrementa le sue vendite del 4,9% e Viberti del 4,3%. Anche se, come trend generale, sono da segnalare le crescenti performance dei marchi turchi spalmati nella maggioranza delle regioni e che diventano sempre di più una presenza considerevole.

E poi ci sono le singole performance regionali. Krone è in testa a ben 6 regioni (Campania, Emilia Romagna, Puglia, Sicilia, Sardegna, e Trentino), Schmitz in 5 (Lazio, Lombardia, Molise, Toscana e Veneto), Koegel in 3 (Abruzzo, Piemonte e Umbria), Viberti e Tecnokar in 2 (Calabria insieme e poi, singolarmente, in Liguria la prima e nelle Marche la seconda). Poi con una regione c’è non soltanto Menci (Basilicata), ma anche Kässbohrer (Friuli Venezia Giulia) e Serin che in Liguria, insieme a Viberti – terra di porti – piazza 18 portacontainer.

Ma se si vuole uno spaccato interessante e ad alto tasso concorrenziale è alla Lombardia che bisogna guardare, perché è qui che prevale chi dispone dell’offerta di prodotto più variegata. Non a caso Schmitz raggiunge le 857 immatricolazioni sfondando soprattutto nei furgoni con 352 unità, mentre Krone e Koegel traguardano rispettivamente le 466 e le 401 vendite, entrambe molto frastagliate, con la prima casa che sfonda con 231 portacontainer e 157 centinati e la seconda con 254 allestimenti vari, 134 centinati. Ma dietro tiene il passo sia Menci con 287 immatricolazioni con 63 ribaltabili, 60 allestimenti vari e 48 portacontainer, sia Tecnokar attestato sulle 269 vendendo dai ribaltabili (122) ai centinati (65), dalle cisterne (20 normali e 7 iso) ai pianali (18) fino agli eccezionali (10). Nell’isotermico, invece, la battaglia francese in terra lombarda vede prevalere Lamberet (127) davanti a Chereau (83), anche se entrambe vengono batture da Schmitz con 175 immatricolazioni. Degne di nota anche le 50 unità di Krone. Certo è un quadro ancora parziale, ma non è detto che da qui a fine anno cambi qualcosa. Anzi, forse tra gasolio che raggiunge i due euro al litro e i tassi di

interesse che non si arrestano, portando il prezzo di un leasing intorno all’8-9%, è più facile che il mercato conosca una contrazione che non il contrario. Anche se sulle immatricolazioni pesa ancora uno sfalsamento, con tempistiche di consegna che, seppure più contenute rispetto a qualche tempo fa, restano comunque a scoppio ritardato. E i numeri questo non lo

sanno… 60 ottobre 2023 MERCATO ALLESTIMENTI I TREND DELLA
PARTE DEL 2023 L’IMMATRICOLATO PER REGIONE Abruzzo 276 Basilicata 99 Calabria 202 Campania 1.285 Emilia Romagna739 Friuli Venezia Giulia285 Lazio 593 Liguria 226 Lombardia 2.254 Marche 174 Molise 61 Piemonte 574 Puglia 371 Sardegna 205 Sicilia534 Toscana449 Trentino930 Umbria258 Valle d’Aosta6 Veneto 1.360 CLASSIFICA ALLESTIMENTI Centinati 1.973 Isotermici1.373 Portacontainer1.203 Ribaltabili869 Furgoni573 Pianali 564 Cassoni371 Cisterne354
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I dati sulle vendite di veicoli commerciali nella UE nel primo semestre 2023 evidenziano il momento positivo delle alimentazioni elettriche, che cominciano a conquistare modeste quote di mercato. In totale le immatricolazioni sono state circa 50.000, in aumento del 100% sul 2022 e in crescita a tripla cifra in molti mercati europei, inclusi i più grandi: Francia (+118,9%), Spagna (+138%) e Italia (+111,7%)

QUALCOSA È CAMBIATO

Ilsettore dei veicoli commerciali è nel pieno di una vivace fase di trasformazione tecnologica, in particolare sul fronte delle propulsioni elettriche. Le autonomie raggiunte da van e furgoni a batteria consentono ormai di muoversi in città senza patemi da ricarica e senza comportare perdite in fatto di carico e portata rispetto alle equivalenti versioni termiche. Una vivacità testimoniata non solo dall’ampia offerta commerciale delle case automobilistiche, ma anche dal fatto che un po’ in tutta Europa sta crescendo in modo costante il numero degli eLCV. A dimostrarlo sono i numeri diffusi da Acea nella prima metà del 2023, che vedono le propulsioni di van e furgoni a batteria rosicchiare quote di mercato, determinando un modesto spostamento del market share. Certo, il diesel rimane al primo posto con una quota maggioritaria

dell’83,5%, ma risulta in calo di quattro punti percentuali rispetto all’87,2% del 2022. La quota di furgoni elettrici si attesta invece al 6,9%, in crescita rispetto al 3,8% di un anno fa. Si tratta di 50.708 unità

immatricolate (+100,4% sul 2022), un risultato trainato principalmente dalla crescita a tre cifre nel primo e nel terzo mercato più grande del continente: Francia (+118,9%) e Spagna (+138%). Bene anche l’Italia,

100 80 60 40 20 0 Benzina Diesel Elettrico Ibrido/ Elettrico Altre alimentazioni 6% 83,3% 6,9% 2,3% 1,3%
62 ottobre 2023 MONDO LEGGERO COME STA ANDANDO IL MERCATO DEGLI LCV ELETTRICI
MARKET SHARE DEL MERCATO DI VEICOLI COMMERCIALI IN EUROPA (1° SEMESTRE 2023)

QUANTI SONO I VEICOLI COMMERCIALI ELETTRICI IN EUROPA (1° SEMESTRE 2023)

1° sem 20221° sem 2023var. %

Austria9871.44045,9

Belgio5921.384133,8

Bulgaria5691280,0

Croazia42124195,2

Cipro19800,0

Repubblica Ceca80193141,3

Danimarca9061.39256,3

Estonia3227-15,6

Finlandia233847263,5

Francia6.61014.468118,9

Germania5.7138.99557,4

Grecia52461786,5

Irlanda24345888,5

Italia2.1124.471111,7

che ha immatricolato 4.471 eLCV (in aumento del 111,7% rispetto alle 2.112 dell’anno precedente).

SORRIDE STELLANTIS

I risultati del primo semestre del 2023 sorridono in particolare a Stellantis, forte del fatto che il Gruppo, almeno in Europa, detiene una larga fetta del mercato dei veicoli commerciali. Nel dettaglio, nel segmento dei van 100% elettrici, Stellantis guida il mercato in diversi Paesi come Francia, Italia, Spagna e Regno Unito. Anche in mercati più piccoli come Austria, Belux, Portogallo e Paesi Bassi, Stellantis mantiene la sua posizione di leadership, mentre in Polonia l’Opel Vivaro-e è il furgone completamente elettrico più venduto. In Italia, secondo i più recenti dati elaborati da Dataforce, nel mese di agosto Stellantis ha ottenuto il 57,8% di quota di mercato nel settore dei veicoli commerciali elettrici. Il marchio che ha registrato il risultato migliore è stato Fiat Professional con il 25,6% di quota (+6,1% rispetto ad agosto 2022). Seguono Opel (24,7%), Citroën (4,1%) e Peugeot (3,4%).

VOLA MERCEDES-BENZ VANS

Anche Mercedes-Benz Vans vive un momento positivo. Il produttore tedesco ha allestito una squadra di van a propulsione elettrica in tutti i segmenti: dall’EQV, destinato all’utilizzo privato o al noleggio con conducente, all’eVito in doppia configurazione Tourer e Furgone, fino al più grande eSpritner, indicato per chi trasporta ampi volumi di carico. Gamma che ha fatto letteralmente «volare» la Stella nel settore degli eLCV, raggiungendo quota 5.100 unità immatricolate a livello globale nel primo semestre del 2023 (+18% rispetto all’anno precedente). E l’obiettivo è quello di crescere ancora, anche perché il costruttore si è posto il traguardo di raggiungere il 20% di quota BEV entro il 2026 e oltre il 50% entro il 2030.

Lettonia213357,1 Lituania2353130,4 Lussemburgo63184192,1 Malta1943126,3 Paesi Bassi2.2274.834117,1 Polonia4891.185142,3 Portogallo 3421.148235,7 Romania9717378,4 Slovacchia61155154,1 Slovenia2048140,0 Spagna2.1415.096138,0 Svezia2.0213.09853,3 Ungheria17632081,8 UNIONE EUROPEA 25.30850.708100,4 Islanda76196157,9 Norvegia2.6894.51567,9 Svizzera7591.564106,1 EFTA 3.5246.27578,1 Regno Unito9.1929.8687,4 UE + EFTA + UK 38.02466.85175,8 Acea ottobre 2023 63

GIOVANNA RABBIOSI CONSIGLIA...

La trasportatrice che ci suggerisce oggi il locale dove sostare per rifocillarsi e rilassarsi un po’ si chiama Giovanna Rabbiosi, anche se tutti la conoscono come “La Gio”. Nata a Morbegno (Sondrio), ha da poco compiuto 57 anni e ha cominciato a fare l’autista di autocarri piuttosto tardi, in età adulta, 18 anni fa. Un mestiere che ha voluto con grande determinazione, fin da quando il padre la portava in giro da piccola con il suo camion. Purtroppo, nella vita di Giovanna c’è anche una tragedia: la scomparsa del fratello maggiore a soli 20 anni, investito proprio da un veicolo pesante. Nonostante il dolore, Giovanna voleva comunque “guidare il camion”, anche se suo padre era contrario. Finite le scuole, sposata a 20 anni e poi separata, Giovanna ha aspettato che le sue due figlie crescessero e poi ha deciso di riprendere il suo percorso, conse-

TRATTORIA VERANDA BARABASCA

guendo la patente C a 39 anni e la E a 48 anni. Ora è riuscita a coronare il suo sogno e lavora per il Gruppo Maganetti di Tirano, in provincia di Sondrio, guidando in compagnia del suo fedele cagnolino.

Tra i tanti ristoranti frequentati da Rabbiosi, la scelta cade sulla Trattoria Veranda Barabasca, a Fiorenzuola d’Arda. «É una locanda/albergo che è stata presa in gestione da una famiglia di origine albanese circa due anni fa – mi spiega – L’hanno completamente ristrutturata e oggi è veramente un bel posto, con una grande scelta di piatti e prezzi molto competitivi. È molto comoda perché è attaccata all’autostrada. Lì prendo spesso l’arrabbiata, l’aglio, olio e peperoncino, il pesce. E poi sono gentili, è una famiglia molto unita. Del resto alle 7 di sera è già tutto pieno, qualcosa vorrà dire...».

Il gestore di Veranda Barabasca si chiama Michele , ha cittadinanza italiana e da 25 anni vive nel nostro Paese. «Ho comprato il locale in piena pandemia – mi racconta – Una scelta un po’ folle, ma ho avuto fortuna e oggi siamo molto contenti di come sta andando». Nella trattoria/pizzeria, che è anche albergo, lavora tutta la famiglia, tutti i giorni dalle 5 a mezzanotte (domenica sera esclusa),

ognuno con un compito specifico. Si può mangiare alla carta, con 10 primi (la specialità della casa) e 15 secondi variabili , ma per i lavoratori c’è anche il menù fisso a 15 euro , con primo, secondo, contorno, acqua e caffè. «Abbiamo un parcheggio di proprietà molto grande da 10 mila mq – aggiunge poi Michele – e adesso ne stiamo costruendo un altro da 25 mila mq , lo spazio serve sempre». Tra i servizi ci sono le docce al costo di 2,50 euro E il rapporto con i clienti? «È molto buono. Per esempio, avevo un locale a Piacenza che ho chiuso il 1° genna- io e molti clienti si sono spostati qui. La cosa mi fa un piacere immenso. I camionisti a volte cambiano strada per venirci a trovare, sono tanti e persone molto alla mano. Da noi trovano un’atmosfera familiare. Abbiamo anche sistemato il verde fuori dall’edificio, dove c’è un piccolo parco, e lì si può passeggiare, rilassarsi e staccare dal lavoro. Insomma, una pausa per rigenerarsi».

TRATTORIA PIZZERIA ALBERGO VERANDA BARABASCA

Località Barabasca, SP462, n. 201 29017 Fiorenzuola D’Arda (PC) Cel. 389.9352339

Fascia di prezzo: 15 - 20 euro

Parcheggio: 100 posti camion

Servizi: doccia

Tipo cucina: italiana

Giorno chiusura: domenica sera

Orari: lunedì - sabato 5.00 - 24.00

domenica 7.o0 - 15.00

64 ottobre 2023
NON DI SOLO
TRASPORTO RECENSIONI, SVAGHI, CONSIGLI

Come è nata la passione per il camion?

Sono figlio di due generazioni di trasportatori. Sono cresciuto in mezzo ai camion e di conseguenza avvicinarmi a questa professione è stata una scelta naturale.

Come mai questo soprannome?

L’ho ereditato da mio padre. Sin da quando era ragazzo lo chiamavano «Polverone», probabilmente perché lavorando nel settore del trasporto bestiame e frequentando piazzali terrosi, alzava parecchia polvere con il camion. Ed è così che sono diventato Polverone Jr.

Di cosa ti occupi in particolare?

Lavoro per un’azienda di trasporto groupage (centinato e frigo). Solitamente parto da Latina per arrivare in Francia, ma spesso capita di scaricare anche in Belgio. Se tutto fila liscio, riesco a fare in una settimana tre o quattro prese in Italia e altrettante consegne all’estero. Ma tutto dipende dalla tipologia di viaggio, dai carichi particolari, dagli imprevisti.

Quali sono gli imprevisti?

Lavorando con molti clienti, anche nuovi, e dovendosi rapportare in contemporanea con diverse aziende, è probabile che non riesci ad arrivare per tempo allo scarico. Può capitare, ad esempio, che sei costretto a rimandare al giorno successivo il secondo o terzo scarico preventivato in giornata. E questo ti costringe a modificare i programmi. Insomma, le difficoltà sono prevalentemente di tipo logistico-organizzativo.

Come ti trovi a lavorare in Francia?

Benissimo. Rispetto all’Italia il lavoro è molto più scorrevole, sia a livello di rapporto con i clienti che di servizi lungo la rete autostradale. Le aree di sosta, per dire, sono di un altro livello: sicure, ben attrezzate, dotate di tutti i servizi necessari.

CARTA D’IDENTITÀ

Nome Cristian

Cognome Gorini

Soprannome Polverone Jr.

Età 26

Stato civile Coniugato

Punto di partenza Latina

Settore di attività Frigo, centinato

Anzianità di servizio 5 anni

Cosa ti piace oltre al camion?

La mia passione principale è il mondo delle auto. Ma mi piace anche fare video. Ho un canale YouTube dove pubblico contenuti sulla mia vita on the road.

Che tipo di contenuti?

Racconto la mia esperienza, le mie idee, i miei viaggi, le mie giornate trascorse sul camion. È una sorta di diario di bordo, ma senza alcuna pretesa di «fare scuola» o di dire cosa è giusto o sbagliato nel fare questo lavoro. Resto abbastanza sulle mie. Al limite consiglio qualche posto comodo dove fermarsi.

Il viaggio più bello?

Quando ho girato mezza Europa in una settimana. Doveva essere un viaggio di routine, ma si è trasformato in un’avventura. Partendo dalla Francia, sono andato in Belgio e poi in Olanda. Lì poi c’è stato un imprevisto e per tornare in Italia ho dovuto fare un altro percorso, toccando Germania e Austria. Quindi in totale ho attraversato sei nazioni in cinque giorni. È stata una settimana particolare. Ci ho fatto anche un video sul mio canale YouTube.

Perché i giovani, oggi, fanno fatica ad avvicinarsi al camion?

I tempi sono cambiati. Un tempo c’era molto più guadagno e più flessibilità sul lavoro, mentre oggi bisogna fare i conti con basse retribuzioni, spese elevate per l’accesso alle patenti, condizioni di lavoro sempre più stressanti e mancanza di servizi. Ci credo siano in pochi a voler fare questa professione.

Il bilancio di questi primi cinque anni di attività? Molto positivi. Certo, è un lavoro di impegno e sacrificio, che porta via tanto tempo alla sfera privata. Ma, allo stesso tempo, se sei bravo a gestirlo, è in grado di darti soddisfazione e anche un buon ritorno economico.

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Gennaro Speranza

di AnnagiuliaGramenzi ricercatore Dip. medicina clinica Univ. Bologna

L’IMPORTANTE È LA SALUTE CONSIGLI PRATICI DI PREVENZIONE

Spesso mi accorgo che quando mi trovo in situazioni un po’ rumorose (succede spesso quando sono allo scarico della merce in stabilimento) fatico a capire quello che mi viene detto dagli addetti. Il rumore può davvero danneggiare le mie orecchie?

Danilo G_Massa Carrara

L’ ipoacusia, ovvero avere disturbi all’udito, in Italia è un fenomeno in costante crescita e riguarda tutte le fasce d’età. Le cause possono essere tante, tra cui l’inquinamento acustico ambientale e l’invecchiamento. Secondo recenti stime, circa 7 milioni gli italiani soffrono di disturbi uditivi (il 12,1%), con percentuali che superano il 25% dopo i 60 anni e arrivano a sfiorare il 50% tra gli over 80. Nonostante l’Organizzazione Mondiale della Sanità abbia dichiarato che il 50% dei casi di ipoacusia potrebbe essere prevenuto attraverso misure di sanità pubblica e che la sordità è una tra le cause principali di disabilità, il problema e le conseguenze derivanti da questo handicap «invisibile» sono spesso sottovalutati.

In materia di sicurezza stradale, lo dimostra uno studio condotto dai ricercatori della Clinica Otorinolaringoiatrica dell’Università di Torino presso le strutture Aci di alcune province italiane, dove automobilisti sopra i 50 anni si sottoponevano volontariamente a un esame audiometrico per valutare la capacità uditiva. Dall’indagine è emerso che il 65% dei partecipanti presentava disturbi uditivi di varia intensità, di cui però la metà non ne aveva alcuna consapevolezza. Un dato che, in realtà, non stupisce in quanto nelle fasi iniziali chi sviluppa un’ipoacusia tende a ignorarla.

Eppure, a detta degli esperti, tale mancanza di percezione che spesso si associa ad altri deficit

do g rti, econ spe me alia ua It

(visivi, di vigilanza e attenzione), sarebbe responsabile del 30% degli incidenti stradali registrati annualmente in Italia. A conferma dello stretto legame tra problemi acustici e distrazione, la ricerca torinese sulle capacità uditive degli automobilisti italiani over 50, ha documentato che il 20% circa dei conducenti ipoacusici aveva difficoltà nel comprendere i notiziari radiofonici sul traffico e il 17% la conversazione tra gli altri passeggeri. Infine, solo il 43,5% dei partecipanti dichiarava di essere stato sottoposto a un accertamento audiometrico al momento del rilascio o del rinnovo della patente. I risultati di questo studio hanno contribuito a rafforzare

le iniziative che da qualche anno, anche in considerazione dell’invecchiamento della popolazione, si propongono di ampliare e aggiornare la valutazione sanitaria necessaria ad attestare l’idoneità fisica dei conducenti al momento del rilascio/rinnovo della patente, integrandola con un esame audiometrico.

Da un punto di vista strettamente medico, prevenzione e diagnosi precoce sono le armi fondamentali per contenere anche le conseguenze dei problemi acustici. Nel momento in cui si percepiscono i primi disturbi – sensazione di ovattamento o di pressione nell’orecchio, sensazione di sentire senza capire ciò che viene detto, aver bisogno di alzare il volume di radio e TV, avere la sensazione che gli altri parlino con poca chiarezza, avere più difficoltà nel comprendere le voci femminili e quelle dei bambini, doversi sforzare nel seguire le conversazioni e stancarsi più facilmente a causa dello sforzo richiesto per sentire –è bene rivolgersi allo specialista otorinolaringoiatra. E siccome prevenire è meglio che curare, resta sempre valido il consiglio di evitare di esporsi ad ambienti troppo rumorosi per lunghi periodi e di utilizzare mezzi di protezione acustica quando prescritti o consigliati.

Secondo gli esperti, la mancanza di percezione uditiva, che spesso si associa ad altri deficit (visivi, di vigilanza e attenzione), sarebbe responsabile del 30% degli incidenti stradali registrati annualmente in Italia 66 ottobre 2023

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La risposta diventa complessa quando si parla di un veicolo Reload di Vrent tutti sottoposti a severi controlli di

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