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Anno XLIII - giugno/luglio 2024
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Il numero degli infortuni sul lavoro subiti ogni anno dall’Italia è più che triplo rispetto a quello degli incidenti stradali. A spanne, i primi battono i secondi 600 mila a 165 mila. Se però si verifica il numero di persone che perde la vita a causa di questi eventi sinistri, si scopre che la strada ne produce tre volte di più: circa tremila rispetto ai quasi mille che muoiono lavorando. Tutto ciò serve a ribadire un’evidenza: il contesto stradale è di per sé ad alto rischio. E lo è in particolare per chi su questa striscia d’asfalto trascorre le proprie giornate lavorative. Prova ne sia che se un infortunio su cinque avviene «fuori dall’azienda», quando il lavoratore sta conducendo un mezzo di trasporto, circa il 50% delle vittime sul lavoro accertate dall’Inail perde la vita su un veicolo. E il 50% di questo 50% lavora all’interno del settore del trasporto di merci su strada. Facile comprendere, quindi, perché l’incidente stradale sia la prima causa di morte sul lavoro.
La prima riflessione possibile è quella che impone di fornire una corretta definizione alle cose: ogni tipo di lavoro che avviene per strada, a prescindere dal veicolo con cui lo si affronta, è grandemente pericoloso. Espone cioè a un rischio più elevato rispetto ad altre professioni. E quindi andrebbe gratificato anche dal punto di vista dell’indennità di rischio. Credo cioè che un autista di camion debba essere pagato di più non perché svolge un lavoro faticoso, ma perché lavora in un ambiente ad alto rischio. Anche perché la fatica è soggettiva, il rischio è statisticamente oggettivo: ogni giorno, da diversi anni, muoiono in media sulla strada 9 persone e 612 rimangono ferite.
La seconda riflessione è interrogativa: quanto costa tutto questo? Anche qui la risposta nasconde risvolti oggettivi, giacché in Italia – così come richiesto dalla direttiva europea 2008/96 – ogni anno il governo, tramite il ministero dei Trasporti, effettua tale calcolo. E appura che il costo sociale di ogni singola persona sparita sulla strada sfiora gli 1,8 milioni di euro.
A fornire un’idea più puntuale del fenomeno è la comparazione. Quella da stabilire tra i 18-20 miliardi che il nostro paese spende per conseguenze generate da incidenti stradali e i circa 24 che vale la legge di bilancio per il 2024. Una differenza c’è, ma non così rilevante.
Tutto questo porta a una terza riflessione: se la strada è fortemente costosa, tanto da gravare così tanto sui nostri conti pubblici, perché non diventa un ricettacolo di investimenti utili a scongiurarli? Qui la risposta è complicata. Per un verso, il nostro atteggiamento in materia è fatalista: conosciamo l’incidentalità, ma tendiamo a considerarla una sorta di male necessario. Prova ne sia che non insegniamo (o lo facciamo poco e male) educazione stradale nelle scuole, non lavoriamo di prevenzione, focalizziamo il dibattito in materia su questioni legate all’emotività e ai clamori mediatici.
Del tipo: «Ci sono cinque ciclisti che hanno perso la vita a Milano in pochi mesi? Urge imporre sensori anti-angolo cieco a tutti i camion».
Tralascio il merito di questa vicenda (affrontata a p. 41) per sottolineare invece che interventi pianificati e azioni mirate ad accrescere la cultura dei conducenti e la loro consapevolezza sui comportamenti a rischio, ottengono quasi sempre un riscontro, anche economicamente quantificabile. Lo racconta l’Inail, lo riferisce anche una concessionaria autostradale come Autobrennero (a p. 59) e lo testimonia pure (a p. 27) il Gruppo Federtrasporti che anni fa nell’arco di qualche stagione riuscì a tagliare 1.500 incidenti stradali in cui erano coinvolti veicoli degli associati e diversi costi aziendali (dai premi assicurativi a quelli Inail, fino al peso finanziario dei fermi macchina). E a posteriori calcolò che ogni euro investito ne aveva generati 1,56. Ma studi europei stimano che si possa arrivare anche a un ritorno di 2,2 euro.
La conclusione, allora, è netta: avremmo bisogno di più progettualità e di meno emotività. Avremmo bisogno di più normative mirate, come quella – tutta europea – che da luglio impone l’equipaggiamento obbligatorio degli ADAS ai veicoli di nuova immatricolazione, perché sappiamo che il 90% di chi è rimasto coinvolto in incidente, ma era tutelato da questi sistemi, ne è uscito indenne. Avremmo bisogno di più campagne di lungo periodo, corroborate da investimenti, come quella – tutta europea – che punta a dimezzare le vittime da incidenti stradali nel continente entro il 2030 e ad azzerarle entro il 2050. Insomma, avremmo bisogno di più Europa. Anche dopo le elezioni.
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EDITORIALE Avremmo bisogno di più Europa
6 NUMERI PER CAPIRE Tutti i modi di essere sicuri
8 LA SICUREZZA In pochi mesi obbligo di Adas, nuovo Codice della strada, ponti sotto verifica. Estate sicuri
12 LA SICUREZZA I dati per capire. Poche luci e molte ombre
16 LA SICUREZZA I dispositivi «salvavita» da cabina. Come angeli in terra
18 LA SICUREZZA I sistemi di ausilio alla guida sono anche un business da 400 miliardi di dollari. Guida autonoma, volante sicuro
22 LA SICUREZZA Il 7 luglio otto dispositivi di assistenza alla guida diventano obbligatori. Ma i costruttori sono già sul pezzo
26 LA SICUREZZA Quanto impatterà l’introduzione degli Adas sulle tasche degli autotrasportatori? Un costo sicuro? Più che altro un investimento
30 LA TESI DI LAURA Storie di strada che valgono un Master. Quanto insegna un errore
38 ADAS Da luglio scatta l’obbligo di installare sui nuovi veicoli sistemi anti incendi. La sicurezza in formato elettronico
41 ADAS Il regolamento impone i sensori. Angoli ciechi? Un dialogo tra sordi
42 ADAS Le forniture rallentano e la scadenza del 6 luglio potrebbe non essere rispettata. La crisi dei materiali? Non è un’emergenza
44 ADAS Parla Massimo Artusi, presidente di Federauto (concessionari) «Per gli Adas proroga inevitabile»
46 IL NUOVO CODICE La riforma approvata alla Camera è all’esame del Senato. L’autotrasporto inascoltato
48 IL NUOVO CODICE Senza Cqc per 7 o 15 giorni: più probabile di quanto si pensi. Sospensione breve. Lavoro a rischio
50 IL NUOVO CODICE Non ci sono solo le tecnologie, a volte ci vuole anche la prudenza di tutti. Ciclisti a distanza di sicurezza
52 IL NUOVO CODICE Parla la psicologa del traffico, Manuela Bina. «La nostra guida è influenzata dal comportamento altrui»
56 LE INFRASTRUTTURE La caccia alle infrazioni è high tech. Autostrade: Quando la tecnologia aiuta la sicurezza
59 LE INFRASTRUTTURE Parla Carlo Costa, direttore tecnico generale Autobrennero. L’efficacia di una sicurezza a più livelli
60 LE INFRASTRUTTURE I pericoli tra incidenti e cantieri. Lo slalom dalla Liguria alla A2: ecco i punti critici per i camion
61 LE INFRASTRUTTURE I complessi da 60 tonnellate lunghi 25 metri voluti dall’Ue. E se arrivano i gigaliner?
62 LE INFRASTRUTTURE Come è cambiata la logica degli interventi dopo il 14 agosto 2018. Strade e autostrade, la stretta sulla manutenzione
LE RISPOSTE DEGLI ESPERTI
66 L'importante è la salute
NON DI SOLO TRASPORTO
64 Me l’ha detto un camionista: Ristorante Medmèa
65 Voci on the road. 10 domande a…Massimiliano Corletti
ALL'INTERNO
33 L'Agenda del mese. Novità normative
Online. La rivista è presente anche sul web attraverso il sito www.uominietrasporti.it. Ogni giorno vengono pubblicate notizie e approfondimenti, accompagnate da podcast e video, fornendo ai lettori un'informazione puntuale e immediata su quanto accade nel settore. Seguici anche sui Social
3.159
sono i morti in incidenti stradali nel 2022 (+9,9% rispetto al 2021), a cuisi aggiungono 223.475 feriti (+9,2%) e 165.889 incidenti stradali (+9,2%). Tutti valori in crescita rispetto al 2021, ma in diminuzione nel confronto con il 2019
sono i deceduti tra gli occupanti un autocarro nel 2022, con una riduzione dell’1,8% rispetto all’anno precedente 166
73%
è la percentuale degli incidenti che si verifica in ambito urbano provocando, nel 2022, 155.934 feriti e 1.333 morti
è il calo delle vittime in autostrada nei primi 6 mesi del 2023, seppure a fronte di un incremento del traffico del 5,4% -9,7%
190 miliardi di euro
è il costo delle frodi informatiche nella logistica a livello mondiale nel 2022 calcolato da Transcrime (Università Cattolica di Milano), ma il 20% è riconducibile all’Italia
1.625
sono i chilometri di rete ASPI in cui è attivo il Tutor per il controllo della velocità. Nell’ultimo anno si sono aggiunti 160 chilometri di monitoraggio sull’A1 e A14
sono le installazioni attive del sistema Remote Tachograf Monitoring entro fine 2024. Attualmente sono già presenti sull’A1 all’altezza di Fiorenzuola e sulla A14 all’altezza di Rimini Sud. Le altre nasceranno sulla A4 Milano-Brescia e sulla A1 all’altezza di Casale 4
4-5000 euro
è l’incremento medio di prezzo che registreranno i veicoli pesanti con l’introduzione degli ADAS, obbligatori a partire dal prossimo luglio
18 miliardi di euro
è il costo sociale degli incidenti stradali, pari allo 0,9% del PIL nazionale nel 2022 (stima Aci)
è la percentuale di quanti, al volante di vetture e di autocarri equipaggiati con sistemi ADAS,a seguito di un incidente sono rimasti incolumi 90%
è la percentuale dei sinistri generati dalla distrazione alla guida Soltanto il 9,3%, invece, è dovuto a eccessiva velocità 15%
138
sono le morti sul lavoro nel settore dei trasporti e magazzinaggio nel 2022, in diminuzione del 2,8% rispetto al 2018
57.884
sono le denunce d’infortunio sul lavoro nel settore del trasporto e magazzinaggio presentate all’Inail nel 2022, in aumento dell’11,58% rispetto al 2021 e del 42,26% rispetto al 2018
202
sono le morti sul lavoro con un mezzo di trasporto in tutti i settori dell’economia nel 2022, in calo del 12,9% rispetto al 2018
840 mila
sono i chilometri di infrastrutture viarie in Italia, di cui 35.265 di autostrade e strade statali con 2.179 gallerie, 21.072 ponti e viadotti, 6.320 cavalcavia
1.200
sono i chilometri di ponti presenti sulla rete autostradale italiana. A titolo di confronto, in Germania si arriva a 260, in Spagna a 229
500
è l’estensione chilometrica delle gallerie sulla rete autostradale italiana
200 mila/km
è la cifra in euro che investe Autobrennero per la manutenzione autostradale. In media in Italia e in Europa ci si attesta intorno ai 120mila/km
32.000 e 3.000
sono rispettivamente i chilometri di strade e autostrade gestiti da ANAS (su cui si trovano 20.000 ponti e 2.000 gallerie) e da ASPI Nel complesso i chilometri di autostrade sono 6.000
è il tasso di incidentalità registrato da Autobrennero nel 2023, a fronte di una media nazionale che nel 2022 era di 27 15,44
di Umberto Cutolo
Da luglio tutti gli autoveicoli di nuova immatricolazione dovranno avere a bordo una serie di sistemi avanzati di sicurezza – gli ADAS –prescritti dall’Unione europea; poche settimane dopo entrerà in vigore il nuovo Codice della strada, ora all’esame del Senato. Mentre Anas e Aspi sono sempre più impegnate a migliorare la sicurezza della circolazione
Sembrava la parente povera, dimenticata al paese. Eppure, per tutti gli anni Ottanta e Novanta del secolo scorso è stata lei a segnare la qualità degli autoveicoli: prima le cinture di sicurezza e i poggiatesta contro il colpo di frusta, diventati obbligatori sui sedili ante-
IL CALENDARIO DELLA SICUREZZA:
TRE DATE DA CERCHIARE
riori rispettivamente nel 1988 e nel 1989, poi l’airbag diffusosi – non senza polemiche – negli anni successivi, fino a essere presenti anche nei pannelli laterali e ipotizzati addirittura all’esterno a tutela dei pedoni, fino al 2006 con l’obbligo delle cinture anche per i sedili posteriori. Il tutto
accompagnato da un dibattito ad ampio spettro a sostegno di questo o quel marchingegno da introdurre più o meno obbligatoriamente sugli autoveicoli, finendo per alimentare in nome di una sicurezza sempre più avanzata, il ricambio del parco automobilistico. Poi, il posto della si-
• 7 luglio 2024
Entra in vigore il Regolamento UE 2019/2144 che impone a ogni veicolo di nuova immatricolazione in Europa di essere equipaggiato con gli ADAS Per gli altri già omologati per ora non è stato chiarito se e quando dovranno adeguarsi.
• 27 marzo 2024
La Camera dei Deputati, con 163 voti favorevoli e 107 contrari, approva il disegno di legge che introduce il «Nuovo Codice della Strada». Circa un mese dopo il testo è passato all’esame del Senato. L’entrata in vigore è prevista indicativamente nel mese di giugno, dopo la pausa parlamentare prevista per le elezioni europee.
• 14 agosto 2018
Nel corso di un intenso nubifragio, il ponte Morandi, il viadotto della A10 che attraversava il torrente Polcevera collegando la città di Genova al porto, crolla all’improvviso causando la morte di 43 persone. Una tragedia, su cui ancora indaga la magistratura, che ha segnato un momento epocale per la messa a fuoco delle condizioni delle infrastrutture italiane e sullo stato della loro manutenzione.
curezza è stato preso dalla transizione green. È cominciato alla fine del secolo con la marmitta catalitica e oggi il numero dei convegni sull’impatto ambientale (anche qui con un passaggio: prima agli inquinanti, poi ai climalteranti) dei veicoli è più o meno quello dedicato trent’anni fa alla sicurezza. Che, però, come un fiume carsico ha continuato a muoversi sottoterra, per riemergere in questi ultimi mesi e riproporsi all’attenzione del pubblico con una serie di scadenze che nei prossimi mesi – al più tardi entro l’autunno – incideranno fortemente sui veicoli che verranno messi in circolazione e sulle regole della loro guida.
I SISTEMI AVANZATI
Il primo appuntamento è per il 7 luglio. Da quel giorno tutti i veicoli di nuova immatricolazione – automobili, furgoni, camion, autobus, pullman – dovranno montare una serie di sistemi avanzati di supporto al conducente per aumentare la sicurezza della circolazione: gli
Advanced Driver Assistence System (ADAS). Ci saranno i tanto discussi sensori per l’angolo cieco, il regolatore della velocità davanti a eventuali ostacoli, l’avviso di disattenzione, l’interfaccia per installare l’alcolock (il misuratore del tasso alcolemico). Altri sistemi elettronici arriveranno in due fasi successive –nel 2026 e nel 2029 – e porteranno a bordo la scatola nera e (solo nei veicoli pesanti) le telecamere per la visione diretta.Sono passi sempre più veloci verso la guida autonoma a cui i tecnici affidano sempre più la questione della sicurezza dei veicoli, al punto che l’Unione europea ha imposto gli ADAS con l’obiettivo di azzerare le vittime e i feriti gravi per incidente stradale entro il 2050. Traguardo indicato dallo stesso nome del programma europeo: Vision Zero.
Ma già sorgono i problemi. Non solo i veicoli costeranno di più (ancora!), ma gli ADAS sono composti da quelle materie prime e da quei semiconduttori il cui approvvigionamento è difficile per le tensioni nel Far East e
lungo la rotta di Suez. C’è il rischio, perciò, che i sistemi obbligatori non siano disponibili alla scadenza prevista.
Poi c’è il problema dell’applicazione. I Comuni – Milano docet – premono per l’introduzione dei sensori per l’angolo cieco, punto dolente del traffico dei camion in città. Il Regolamento europeo li accontenta per le nuove immatricolazioni. Ma il già immatricolato? Occorrono omologazioni e regole – chiedono le associazioni dell’autotrasporto – per evitare che ogni Comune faccia di testa propria. Quale occasione migliore del nuovo Codice della strada, attualmente all’esame del Parlamento, per introdurre queste regole?
IL NUOVO CODICE
Perché il secondo capitolo di questa estate della sicurezza passa per il Parlamento. Per il Senato, in particolare, dov’è approdata dopo l’approvazione della Camera, la riforma del Codice della strada, che prevede una stretta sulla guida in stato di eb-
brezza o sotto l’effetto di droghe e tante altre novità che toccano anche l’autotrasporto.
Che si è fatto già sentire, tramite le associazioni di rappresentanza, FAI in testa, per ottenere di rendere omogenee le regole per i sensori per gli angoli ciechi. Ma il settore non è stato ascoltato. Il governo sembra intenzionato a stringere i tempi e a far approvare la legge delega a palazzo Madama senza apportare modifiche al testo arrivato da Montecitorio. Il che, com’era prevedibile, non ha fatto piacere alle associazioni del settore che mugugnano a denti stretti anche per un altro paio di questioni: la sospensione «breve» della patente che, poiché colpisce chi ha già meno di 20 punti sulla patente (una settima di sospensione tra 10 e 19 punti; 15 giorni per chi ne ha meno, rischia di essere applicata in continuazione – e quindi di sospendere l’attività lavorativa – a una categoria che circola molto di più degli automobilisti ed è quindi maggiormente esposta a rischi di infrazione.
Oppure, l’introduzione dell’alcolock che diventa obbligatorio per chi è stato già condannato per superamento dei limiti di alcool nel sangue e dunque – obietta la FAI – da una parte non ha senso per una categoria per cui già vige l’obbligo del «tasso zero» e dall’altra obbligherebbe a montare il dispositivo anche sui veicoli già in circolazione, ipotesi della quale bisogna verificare la fattibilità.
DA RIGENERARE
Ma la parola «sicurezza» risuona sempre più spesso anche nel settore infrastrutturale. Dopo la tragedia del Ponte Morandi, avvenuta il 14 agosto 2018, la manutenzione è diventata la principale preoccupazione dei gestori – pubblici e privati – della rete viaria: l’ANAS ha speso 4 miliardi di euro nel triennio 20212023 e altri 5 ne ha stanziati nel contratto di programma 2021-2025, appena approvato. E potrà gestire
altri 275,5 milioni del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) per il monitoraggio delle infrastrutture, con tecnologie all’avanguardia e intelligenza artificiale, che proprio entro quest’anno consentirà il controllo di altre 150 opere che si aggiungerà alle 63 già messe a verifica. Anche sul versante autostrade il lavoro di monitoraggio ferve, con tutto quel che ne consegue. Autostrade per l’Italia, attraverso la controllata Tecne, sta verificando quali viadotti possono essere rigenerati e quali vanno abbattuti e ricostruiti. È quella che il presidente di Tecne, Ennio Cascetta, definisce l’«ingegneria della rigenerazione». Anche in questo caso la tecnologia aiuta: la
piattaforma Argo, di un’altra controllata di Aspi – la Movyon – tiene sotto monitoraggio, con sensori e algoritmi, 2 mila ponti e viadotti sulla rete autostradale, ma è impiegata anche sulla viabilità ordinaria.
Il contraltare di tutto questo fervore d’opere è una rete disseminata di cantieri: più di 3 mila tra ANAS e ASPI che, spesso, restano aperti anche durante i grandi esodi o perché non possono essere spostati o perché occorre fare in fretta. Proprio per questo nella mission di Tecne c’è anche quella di individuare soluzioni per rendere gli interventi il meno invasivi possibile. Tra non molto tempo vedremo se ci sarà riuscita.
Il 28 maggio è arrivato in Gazzetta Ufficiale un altro decreto legato in qualche modo alla sicurezza stradale, quello finalizzato a cambiare le regole del gioco per quanto riguarda l’uso degli autovelox. In particolare, è previsto che non saranno più i Comuni, ma i prefetti a individuarne la collocazione. Di conseguenza, le amministrazioni locali saranno obbligate a trovare un momento di coordinamento con la prefettura anche rispetto ai dispositivi mobili utilizzati dalla polizia locale e a fornire una giustificazione adeguata all’installazione di nuovi autovelox, basandosi anche sul tasso di incidenti rilevato in quella infrastruttura e su quanti possono essere riferiti ai superamenti dei limiti di
velocità. Molto importante poi il divieto di collocare autovelox nei centri urbani in cui il limite è inferiore ai 50 km/h, mentre al di fuori delle città diventa vietato posizionarli su tratti in cui il limite di velocità risulti inferiore di più di 20 km/h rispetto a quello previsto dal Codice della strada. Rispetto invece ai cartelli da porre per segnalare la presenza dell’autovelox, la nuova normativa richiede di sistemarli almeno un chilometro prima sulle strade extraurbane, con 200 metri di anticipo sulle strade urbane di scorrimento e di almeno 75 su tutte le altre.
Per adeguarsi alle nuove disposizioni i Comuni hanno un anno di tempo.
Nuovi motori, nuovi sistemi di assistenza alla guida, nuovi servizi. Tutto ciò che serve a rendere il trasporto più sostenibile, produttivo e a misura di autista. Tutto questo è la nuova gamma IVECO.
Sulle strade gli obiettivi europei rimangono lontani, anche se diminuiscono gli incidenti mortali che vedono coinvolto un autocarro. In calo anche le vittime sul lavoro nel settore dei trasporti e magazzinaggio, mentre esplodono le denunce di infortunio. Sul fronte security, in aumento furti di merce e cybercrime
Se la sicurezza sulle strade stenta a migliorare, per quella sul camion si intravedono timidi segnali positivi. Infatti, dopo la pandemia e con la ripresa del traffico – in aumento anche rispetto al pre-covid – l’obiettivo europeo di dimezzare le morti sulla strada entro il 2030 (rispetto al 2019) sembra allontanarsi. Nel 2022 – ultimo anno completo censito dall’Istat – le vittime di incidenti sono state 3.159, in aumento 9,9% rispetto all’anno precedente (ancora caratterizzato in parte dall’andamento pandemico), ma poco inferiori rispetto al 2019 (-0,4%),
quando i decessi erano stati 3.173. Il tasso di mortalità stradale calcolato dall’Istat passa da 48,6 a 53,6 morti ogni milione di abitanti tra il 2021 e il 2022, mentre nel 2019 era pari a 53,1. In questo scenario arriva però un indicatore meno negativo per i conducenti di mezzi pesanti: i decessi per incidente stradale nel 2022 sono stati 166, in diminuzione dell’1,8% rispetto all’anno precedente, in controtendenza con il dato globale. Inoltre, l’Istat sottolinea nel rapporto 2022 che il 90% dei conducenti sono rimasti incolumi dopo un incidente, perché al volante di una vettura o
sono i deceduti tra gli occupanti un autocarro nel 2022, con una riduzione dell’1,8% rispetto all’anno precedente. Al contrario nello stesso anno i morti complessivi sono stati 3.159, con un incremento del 9,9% rispetto all’anno precedente
di un autocarro dotato di sistemi ADAS, a dimostrazione di quanto la tecnologia possa fornire un supporto concreto alla sicurezza. In parte migliore si presenta la situazione generale del primo semestre del 2023, vista la riduzione dei decessi del 2,5% rispetto allo stesso periodo del 2022 (1.384 in termini assoluti) e visto pure un calo delle vittime in autostrada del 9,7%, seppure a fronte di un incremento del traffico in generale del 5,4% e di quello pesante dello 0,6%.
Oltre ai sistemi di bordo, uno studio presentato recentemente da TTS Italia, l’Associazione per la telematica nei trasporti, ha dimo-
strato che l’implementazione dei sistemi di rilevamento della velocità in ambito autostradale hanno portato a una riduzione del 25% della velocità massima, del 15% della velocità media e una riduzione del tasso di mortalità del 75% rispetto al 1999. Mentre il controllo automatico della velocità, secondo l’Osservatorio Sicurezza stradale della Commissione Europea, può generare una riduzione degli incidenti del 20% con effetti preventivi generalmente maggiori per gli incidenti gravi.
90%
è la riduzione dei decessi sulle strade nel primo semestre 2023, rispetto allo stesso periodo del 2022 (1384 in termini assoluti) -2,5%
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Se dalla circolazione stradale si sposta lo sguardo alla sicurezza sul lavoro, la situazione presenta luci e (molte) ombre. In generale, sono sotto controllo i decessi sul lavoro a bordo di un veicolo (vale a dire, lavorando con un veicolo, da non confondere con quelli in itinere, che interessano un qualsiasi lavoratore mentre si reca sul posto di lavoro). Qui il dato del 2022 (ultimo rilevato dall’Inail) segna 202 esiti mortali su 10.787 incidenti, in diminuzione del 12,9% rispetto al 2018, quan-
do se ne erano registrati 232, ma anche rispetto ai 217 del 2019. I 179 del 2020, invece, trovano una giustificazione nei lunghi periodi di lockdown che hanno segnato quell’anno.
In leggera diminuzione, poi, sono anche le denunce di infortunio con esito mortale nel settore specifico dei trasporti e magazzinaggio: nel 2022 se ne sono registrate 138, in calo del 2,8% rispetto al 2018 quando erano state 142. Anche qui l’andamento leggermente positivo fa pensare a una migliore protezione tecnologica di prevenzione degli infortuni gravi. Cosa che evidentemente manca per gli infortuni più lievi, è la percentuale di quanti, al volante di vetture e di autocarri equipaggiati con sistemi ADAS, a seguito di un incidente stradale sono rimasti incolumi
letteralmente esplosi in 5 anni con un incremento costante che nel 2022 ha fatto registrare 57.884 denunce d’infortunio, in aumento dell’11,58% rispetto al 2021 e del 42,26% rispetto al 2018.
sono le morti sul lavoro nel settore dei trasporti e magazzinaggio nel 2022, in diminuzione del 2,8% rispetto al 2018
La falla nella sicurezza riguarda anche le merci e la responsabilità dell’autotrasportatore rispetto al committente. Secondo l’elaborazione di Transcrime (Università Cattolica di Milano) nel 2022 nel mondo sono state rubate merci per un valore complessivo di 190 miliardi di euro. Il 20% è riconducibile all’Italia dove i furti sono in crescita del 56%, seguiti da manomissioni delle merci, illeciti fiscali e soprattutto truffe informatiche come attacchi per ottenere dati sensibili, frodi finanziarie, phishing e malware. Questo per ora, perché quando sui veicoli aumenteranno sempre di più i sistemi di assistenza alla guida e consentiranno al veicolo di condursi in modo autonomo, un attacco informatico potrà in-
-9,7 %
è il calo delle vittime in autostrada nei primi 6 mesi del 2023, seppure a fronte di un incremento del traffico del 5,4%
dirizzarsi anche a una centralina, andando a minare questa capacità e di conseguenza lasciando il veicolo stesso maggiormente esposto a sinistri e incidenti.
Uno dei rischi maggiori di un autista è trovarsi nella situazione di non riuscire a chiedere aiuto in caso di malore e di non essere soccorso per tempo.
Da qui l’importanza dei dispositivi «man down», anche noti come «uomo a terra», che permettono il riconoscimento immediato di una situazione di emergenza e, di conseguenza, l’intervento di aiuto grazie alla geolocalizzazione integrata
Quello dell’autista, si sa, è un lavoro solitario. E, come ogni lavoratore «solo», nel malaugurato caso in cui sopraggiunga un malore improvviso durante l’esercizio della propria attività (in viaggio, al carico-scarico o quando è a riposo, sia all’interno che all’esterno del veicolo), è difficile che possa essere visto, sentito e quindi soccorso tempestivamente. E se il mezzo non è predisposto di
dispositivi capaci di localizzare il luogo dove si trova l’autista al momento dell’emergenza, inviando per esempio un segnale di aiuto all’azienda o a una centrale operativa dedicata, le possibilità di salvargli la vita diventano ancora più difficili. D’altra parte, parliamo di una professione che, oltre a essere solitaria, è anche usurante e gravosa. Purtroppo, non sono poche le notizie di autisti rinvenuti privi di vita in cabi-
na, deceduti in maniera «silenziosa» per colpa di malori o infarti, spesso indotti dalla stanchezza o dall’eccessivo stress causato da una professione dai ritmi sempre più frenetici.
MAI PIÙ SOLI
In Italia, dal punto di vista normativo, non esiste un testo di legge che disciplina specificatamente il lavoro solitario (anche se l’art. 17 del D.lgs. 81/2008
obbliga il datore di lavoro a valutare tutti i rischi, compresi quelli derivanti dal lavoro solitario). Ecco perché alcune associazioni dell’autotrasporto hanno di recente lanciato una campagna salvavita per i camionisti, chiedendo l’introduzione di dispositivi dentro e fuori la cabina dei camion per il corretto e tempestivo trattamento delle situazioni di emergenza. Fra questi, i cosiddetti sistemi man down (uomo a terra), che permettono di monitorare la posizione del lavoratore. Chi ha fatto un certo battage su questo tema è Domenico Lizzi, oggi responsabile nazionale conducenti per UGL Viabilità e Logistica, che ci ha raccontato perché questo dispositivo è fondamentale per salvare la vita agli autisti.
APPESO ALLA
«Si tratta di una sorta di mini-cellulare – spiega Lizzi – facilmente indossabile, essenziale e pratico. Quello che possiedo io è stato sviluppato da Targa Telematics, in collaborazione con Autovai». Il funzionamento è semplice: in caso di necessità, è sufficiente che l’autista prema il pulsante del dispositivo inviando così automaticamente un segnale alla centrale operativa. La procedura consente quindi la veloce presa in carico della segnalazione e l’arrivo dei mezzi di soccorso nel punto esatto in cui si trova la persona, geolocalizzata grazie al dispositivo che porta con sé. Inoltre, il sistema è dotato di accelerometro che, in caso di caduta o malore, registra il fatto che l’autista non è più in posizione eretta o seduta e provvede ad effettuare una chiamata di emergenza alla centrale. «Può sembrare una banalità – osserva Lizzi – ma se hai un malore e ti si annebbia la vista, con gli smartphone “touch” di oggi riesci a stento a sbloccare il cellulare e avviare una telefonata. E dal momento che il sistema eCall di bordo purtroppo non è ancora diventato obbligatorio per i camion (lo è solo per vetture e furgoni), per la nostra sicurezza diventa imprescindibile affidarci a dispositivi man down di questo tipo, che, un po’ come i cellulari di una volta, al solo tatto e con
Luivieneconme, ovunqueiosia,non solo durante il lavoro ma anche acasa, appesoallacintura oppureaccantoallamia brandinaosullaplancia. Èdiventato il mio angelocustode
solo pulsante sono in grado di far partire una chiamata». Lizzi sottolinea poi come il sistema sia facilmente ricaricabile, ha prestazioni che possono durare anche fino a una settimana, non richiede configurazioni complesse e non ha costi proibitivi. «Da quando ho questo dispositivo ormai non riesco più a farne a meno. Lo porto sempre con me, ovunque io sia, non solo durante il lavoro ma anche a casa, appeso alla cintura oppure accanto alla mia brandina. È diventato il mio angelo custode».
Un de brillatore per le aree di sosta
Oltre ai sistemi man down che permettono di salvare la vita degli autisti, c’è un altro dispositivo di cui non si parla abbastanza e che invece meriterebbe più considerazione: il defibrillatore, la cui installazione, secondo Lizzi, dovrebbe essere obbligatoria all’interno delle nuove aree di sosta per camion. «Nei regolamenti europei per la realizzazione di nuove aree
– afferma – c’è scritto di tutto, da quanti watt devono avere le lampadine dei parcheggi a quanta distanza ci dev’essere tra l’erba e il recinto, ma dei defibrillatori non c’è traccia. È assurdo. Anche perché la nostra professione è tra le più a rischio per gli infarti. E allora: perché non dotare le aree di questo fondamentale dispositivo salvavita?».
L’introduzione degli ADAS consentirebbe di ridurre del 40% le vittime della strada entro il 2040. In attesa della guida autonoma. Perciò la scienza lavora a sensori e processori in grado di fornire le informazioni necessarie a evitare gli incidenti. Oggi al conducente, domani al computer
Giàoggi la strumentazione di un veicolo pesante per trasporto merci somiglia all’abitacolo di un aereo, ma con tutti i congegni elettronici che nel giro di qualche anno dovranno essere installati a bordo – e non solo per migliorare la sicurezza – i camion somiglieranno sempre più a un’astronave. Poco male. Con la crisi delle vocazioni dei conducenti, sempre meno reperibili sul mercato del lavoro, probabilmente a pilotarli saranno dei robot, se non direttamente l’intelligenza artificiale, grazie ai progressi ottenuti sulla guida autonoma.
OGGI È COME L’UOMO
Non è un paradosso. Una ricerca (premiata) del Dipartimento di Ingegneria e Scienza dell’Informazione di Trento in collaborazione con l’Università dell’Arizona, datata 2019, sotto il titolo «A LiDAR Error Model for Cooperative Driving Simulations», garantisce che tra i vantaggi principali dei veicoli a guida autonoma c’è una maggiore sicurezza rispetto alla guida umana. Al momento, tuttavia, scrivono i ricercatori, «questi veicoli condividono una grossa limitazione con l’essere umano: il campo visivo e l’impossibilità di prevedere il comportamento degli altri utenti della strada». Ma la scienza corre e il veicolo, per superare l’uomo, diventerà anche «connesso» e «cooperativo». «I veicoli, scambiandosi informazioni tramite collegamenti radio», continuano gli studiosi (M. Segata, R. Lo Cigno, R. Kumar Bhadani, M. Bunting e J. Sprinkle), «potranno
Un passo dopo l’altro verso la guida autonoma. Ma i passi sono sei, secondo gli ingegneri che li hanno classificati – quelli della SAE International (Society of Automotive Engineering) – partendo dallo zero, perché a quel livello non c’è (quasi) automazione e tutto è nelle mani dell’uomo. Ecco la classificazione con relative spiegazioni.
Livello 0
Il sistema non ha alcun controllo del veicolo ma può emettere indicazioni e allarmi. È il livello base, quello della maggioranza dei veicoli. Il guidatore controlla tutto.
Livello 1
Il pilota deve essere pronto a prendere il controllo in qualsiasi momento. Il sistema automatico può comprendere ACC (Adaptive Cruise Control), assistenza al parcheggio con controllo dello sterzo, LKA (Lane Keeping Assistance) di tipo II in ogni combinazione. La maggior parte delle funzioni sono controllate dal guidatore, ma alcune – come accelerazione/decelerazione e sterzo – possono essere compiute automaticamente dal veicolo.
Livello 2
Il pilota è obbligato a rilevare oggetti ed eventi e ad agire se il sistema automatico non risponde in modo appropriato. Tale sistema controlla accelerazione, frenata e sterzo ma si disattiva se il pilota prende il controllo. Guida e accelerazione/decelerazione sono automatiche, ma il pilota deve essere sempre pronto a intervenire e a prendere il controllo.
In presenza di note e limitate condizioni ambientali (come le autostrade) il pilota può dirottare l’attenzione a cose diverse dalla guida, ma in caso di necessità deve prendere il controllo. Il guidatore è necessario ma può permettersi – in certe condizioni di traffico e ambientali – di lasciare il controllo delle funzioni critiche per la sicurezza al veicolo.
Il sistema automatico può controllare il veicolo in tutto, escluse – per esempio –le condizioni metereologiche avverse. Il pilota deve abilitare il sistema automatico quando sia sicuro farlo. Quando è abilitato non è richiesta l’attenzione del pilota. Inizia il vero veicolo autonomo progettato per svolgere tutte le funzioni e monitorare le condizioni di traffico e stradali. L’autonomia è limitata a quelle che la SAE definisce il «dominio operativo del progetto» del veicolo che quindi non è necessariamente in grado di coprire ogni scenario.
Livello 5
Oltre che avviare il sistema e impostare la destinazione non è richiesto altro intervento umano. Il sistema può guidare in ogni luogo dove tale attività sia legalmente consentita e prendere le relative decisioni. Si considera il sistema completamente autonomo con prestazioni che eguagliano l’essere umano in qualsiasi condizione e scenario compresi gli ambienti estremi.
avere una percezione molto più completa dell’ambiente circostante, anche di quella porzione non direttamente visibile. Ciò permette ai sistemi di guida di avere tempi di reazione ridotti migliorando la sicurezza, riducendo le distanze tra veicoli e aumentando di molto l’efficienza del traffico. Con la riduzione delle distanze fra gli autoveicoli diventa cruciale la precisione dei
sistemi di misura. La precisione dei sensori può influenzare la sicurezza e la stabilità del sistema di controllo del veicolo».
La ricerca, in realtà, è concentrata su uno dei tre tipi di sensori impiegati nelle tecnologie ADAS, il LIDAR (Laser Imaging Detection and Ranging), sistema che utilizza una scansione laser per generare una versione 3D dell’ambiente circo-
stante. Il LIDAR, rispetto ai sensori ottici tradizionali, ha il vantaggio di non essere influenzato dalle cattive condizioni atmosferiche (pioggia, fango, nebbia), ma è ancora ingombrante e costoso. Tanto che la ricerca sta lavorando alacremente al terzo tipo di sensore, i sistemi radar in grado di determinare distanza, velocità e direzione degli oggetti circostanti, ma devono es-
Sono i viaggi effettuati nel 2022 da Waymo, la società del gruppo Alphabet (quello di Google) specializzata in servizi taxi a guida autonoma, senza avere incidenti. Soltanto in un paio di casi, nel 2023, si sono
registrati piccoli sinistri senza conseguenze per le persone. Waymo effettua i suoi servizi con una flotta di circa 700 veicoli attivi a Phoenix, San Francisco, Los Angeles e Austin.
sere tarati su distanza misurabile e angolo operativo, per cui gli Adaptive Cruise Control (in pratica, il pilota automatico della guida autonoma) sono costretti a combinare i dati di due radar, uno a lungo e uno a corto raggio.
Gli ADAS, insomma, sono il cavallo di Troia della guida autonoma, proprio sventolando la bandiera della sicurezza. Gli esperti della Foundation for TrafficSafetydi Washington stimano che solo il loro utilizzo consentirebbe di evitare il 40% delle vittime della strada entro il 2040. Un vantaggio sociale che si accompagna a uno economico, visto che, secondo il McKinsey Center for FutureMobility di Washington, entro il 2035 la guida autonoma potrebbe generare entrate fra i 300 e i 400 miliardi di dollari.
Un sistema entrato in crisi un paio d’anni fa, quando una bambina fu investita e uccisa a San Francisco da un taxi-robot e dopo pochi mesi una donna fu sbalzata da un’altra auto a guida autonoma della stessa compagna, la Cruise, controllata da General Motors. Una concatenazione di eventi che costrinse il CEO e fondatore di Cruise, Kyle Vogt, a fermare i suoi 950 robo-taxi (livello 4 – il penultimo – della scala dell’automazione stilata dalla SAE International) e a dimettersi, lasciando la
società con una perdita di 8 miliardi di dollari.
Ma la scienza non si ferma. Il professor Sergio Savaresi, docente al Dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria del Politecnico di Milano, sostiene che «la domanda giusta dovrebbe essere questa: un umano avrebbe potuto evitare quell’incidente? La risposta è no. I robotaxi di Cruise fanno più incidenti dei taxi normali? No». E, infatti, la Waymo, altra società di taxi di San Francisco ha effettuato oltre 700 mila viaggi, solo nel 2022, praticamente senza incidenti. E adesso è scesa in campo anche Amazon, attraverso la sua controllata Zoox, con sede a Foster City in California, che sta lavorando su un robo-taxi senza volante né pedali, i cui test sulle strade pubbliche sono iniziati lo scorso anno. Una rivoluzione che sta arrivando anche ai camion. La società americana Aurora Innovation ha annunciato che lancerà entro l’anno fino a 20 camion a guida autonoma lungo la Interstate 45 tra Dallas e Houston, in Texas, per trasportare i carichi di partner come FedEx, Uber Freight e Werner, puntando a espandersi lungo i collegamenti coast to coast entro il 2026.
In quanti modi l’intelligenza artificiale (AI) può fornire un contributo alla sicurezza stradale? Gli esempi sono svariati, dalla guida autonoma in giù. Uno lo fornisce WebFleet, tramite una soluzione Video proposta tramite il supporto di una dashcam (la CAM 50) che funziona proprio tramite ricorso all’AI. In pratica, questa telecamera oltre a osservare la strada può guardare anche all’interno della cabina e rendersi conto di quando la persona alla guida è distratto e sta quindi facendo qualcosa di sconveniente o di poco compatibile con la sicurezza. Il caso tipico è quello in cui i suoi occhi stanno guardando in direzione diversa rispetto alla strada. A quel punto cerca di destarla inviandole un avviso video e audio. Il fine dell’AI, quindi, è quello di rimuovere la distrazione, che secondo i dati Istat è il fattore generatore di incidenti nel 15,4% dei casi. Poi è ovvio che spesso questi comportamenti sono anche violazioni del codice della strada. Usare o guardare il telefono, non indossare la cintura di sicurezza o tenere una distanza troppo ridotta dal veicolo davanti sono comportamenti magari adottati per distrazione, ma che comportano anche sanzioni. Fumare o consumare cibo alla guida, invece, non è vietato (il fumo lo è soltanto se ci sono minori e donne in gravidanza all’interno del veicolo, mentre il consumo di cibo lo diventa se diminuisce la capacità del conducente di tenere sotto controllo il veicolo), ma l’AI li rileva comunque come azioni pericolose e quindi le «sconsiglia» perché possono indurre a perdere concentrazione.
20 è il numero di camion a guida autonoma che la società Aurora Innovation lancerà entro l’anno lungo la Interstate 45 tra Dallas e Houston, in Texas, per tra-
sportare i carichi di partner come FedEx, Uber Freight e Werner puntando a espandersi lungo i collegamenti coast to coast entro il 2026.
di Gennaro Speranza
A partire dal luglio 2024 la normativa europea imporrà ai nuovi camion l’installazione di una serie di sistemi di assistenza alla guida. Ma le Case già da tempo si sono mosse in anticipo, equipaggiando le loro gamme con i più avanzati sistemi di sicurezza. E c’è chi è andato anche oltre, accogliendo dispositivi in più rispetto agli standard normativi attuali
Icamion dotati degli otto dispositivi obbligatori previsti nel Regolamento GSR 2 dell’Unione Europea (ne parliamo a pagina 38), in realtà circolano già sulle nostre strade. Molti produttori di veicoli industriali, infatti, hanno già predisposto i loro veicoli di nuova generazione per accogliere i più avanzati sistemi di sicurezza, soprattutto a base di telecamere digitali e sensori. Ecco quali sono i principali e in che modo le Case li hanno proposti.
DAF è stato tra i primi costruttori a dotare i modelli della sua «New Generation» di una serie di dispostivi che, dalla calandra al paraurti posteriori, aiutano l’autista e, al contempo, proteggono gli utenti vulnerabili della strada. Tutti i dispositivi sono ovviamente conformi al pacchetto del Regolamento GSR. Tra questi citiamo, per esempio, il Drive-off Assist, che ha il compito di avvisare il conducente se rileva pedoni o ciclisti nelle vicinanze quando il veicolo si muove a velocità ridotta, oppure il DAF Side & Turn Assist, che rileva gli utenti della strada sul lato del passeggero e informa visivamente il conducente tramite una luce nel montante Sul lato del passeggero. Tra i dispositivi che invece vanno oltre gli standard normativi attuali, citiamo l’Event Data Recorder, che diventerà obbligatorio solo nel 2029, ma i veicoli DAF di Nuova generazione già incorporano tale sistema. Si tratta di una sorta di scatola nera del veicolo che memorizza i filmati di un massimo di cinque incidenti e viene attivata da un’avvertenza anticollisione anteriore (frenata parziale),
La funzione Side & Turn Assist di DAF, attiva a velocità del veicolo inferiori a 30 km/h, rileva gli utenti della strada vulnerabili sul lato del passeggero e informa visivamente il conducente tramite una luce nel montante sul lato del passeggero. Se una collisione è imminente, vengono emessi anche segnali acustici.
un evento di frenata di emergenza AEBS o quando il tempo previsto di collisione con un veicolo o un utente della strada vulnerabile è inferiore a 0,5 secondi. Vengono memorizzate otto immagini dell’evento: cinque prima, una durante e due dopo l’evento.
Anche Daimler Truck è stato da sempre antesignano nelle tecnologie per la sicurezza, investendo importanti risorse nel settore di ricerca e sviluppo (solo nel 2023 l’investimento è stato di 1,9 miliardi di euro, di cui 801 milioni per quanto riguarda Mercedes-Benz Trucks). Già nel 2016, per dare un’idea, l’azienda si era mossa in netto anticipo sui tempi offrendo un assistente alla svolta di primo equipaggiamento, mentre dal 2018 aveva introdotto in un truck di serie l’Active
Drive Assist (ADA) per la guida semi-automatica di livello 2. E ancora, nel 2021, il costruttore è stato il primo a presentare sul mercato un sistema di assistenza alla svolta attivo con intervento frenante: l’Active Sideguard Assist (ASGA). Oggi tutti i nuovi veicoli Mercedes-Benz Trucks elettrici e diesel sono dotati dei sistemi di sicurezza richiesti dal regolamento con un controllo completo del veicolo, ma ce ne sono anche altri che non solo soddisfano gli standard richiesti dalla normativa, ma in alcuni casi li superano dal punto di vista della funzionalità. Tra questi, la frenata di emergenza attiva con riconoscimento dei pedoni, la visualizzazione sul display di più segnali stradali e limiti di velocità con il Traffic Sign Assist, il monitoraggio degli angoli ciechi su entrambi i lati del veicolo e la frenata attiva sul lato del passeggero grazie all’ActiveSideguardAssist 2
Anche Ford Trucks ha «standardizzato» gli Adas in tutta la propria gamma – compresa la serie F-Line lanciata di recente – prima ancora che entrasse in vigore il Regolamento GSR. L’intera gamma, quindi, è già dotata di tutti gli otto sistemi previsti per legge, a cui si aggiungono una serie di Adas in più (opzionali) rispetto agli standard normativi. Si tratta del Pedestrian Advanced Emergency Braking System (sistema
di frenata di emergenza a salvaguardia dei pedoni che evita potenziali collisioni tra utenti stradali vulnerabili fermi o in movimento per ridurre gli incidenti, utilizzando segnali di avvertenza, la frenata parziale o l’arresto del veicolo), dell’Intelligent Adaptive Cruise Control (una combinazione di Adaptive Cruise Control e Intelligent Speed Assistant, con la funzione Stop&Go che adatta la velocità del veicolo in base alle limitazioni del traffico), dell’High Beam Assist (assistenza uso abbaglianti) e del Lane
Keeping Aid (aiuto al mantenimento della corsia).
L’Active Sideguard Assist di Daimler Truck, oltre ad allertare il conducente della presenza di ciclisti o pedoni in movimento sul lato passeggero, può anche frenare autonomamente il veicolo no al suo completo arresto (in caso di velocità di svolta non superiore ai 20 km/h) se il conducente non reagisce ai segnali di avvertimento.
L’innovazione nell’ambito della sicurezza è parte integrante anche del DNA di Iveco Group, che ha messo sul piatto nei prossimi cinque anni circa 5,5 miliardi di investimenti su tutto ciò che riguarda l’avanzamento tecnologico sui veicoli della sua gamma. Si tratta di un investimento importante che riguarda la ricerca e sviluppo non solo di dispositivi di assistenza alla guida, ma anche di tutto ciò che ha a che fare con il processo di produzione dei veicoli in merito alle questioni di sicurezza tecnica: dai serbatoi criogenici di gas naturale agli accumulatori elettrici, fino ai sistemi e agli impianti alimentati da idrogeno, comprese le celle combustibili. In questo investimento rientrano anche le innovazioni in materia di transizione energetica, intelligenza artificiale, software e guida autonoma. Per quanto riguarda gli Adas, Iveco ha di recente introdotto su tutta la nuova gamma Model Year 2024 i più avanzati sistemi di sicurezza di livello 2. Tra questi citiamo, per esempio, l’AEBS di nuova generazione (che misura la distanza dal veicolo che precede, calcola il tempo dell’eventuale collisione e lancia un doppio segnale prima di azionare automaticamente i freni),
Gli airbag laterali a tendina di Scania. Si tratta di sistemi pensati per prevenire una delle conseguenze più gravi degli incidenti da ribaltamento, durante i quali i conducenti o i passeggeri vengono feriti in una collisione o schiacciati mortalmente dal loro stesso veicolo. Sono già disponibili nelle cabine Scania serie P, G, L, R e S, nonché nella cabina Equipaggio.
i sensori laterali di rilevamento dell’angolo cieco (sia lato passeggero che autista) e il sistema di adattamento intelligente della velocità.
Sicurezza e centralità dell’autista sono due elementi chiave anche nella visione di MAN Truck & Bus. Basti pensare che all’interno del Gruppo Traton, di cui MAN è parte (insieme a Scania), circa il 5% del fatturato è investito in ricerca e sviluppo (nel 2023 più di 2 miliardi di euro). A livello di Adas, il costruttore tedesco ha introdotto tecnologie che superano le normative europee obbligatorie da luglio. Tra queste, il MAN LCCPA (Lane Change Collision Prevention Assist), che utilizza sensori radar per monitorare le aree laterali del veicolo, offrendo protezione durante i cambi di corsia e le manovre di svolta. Inoltre, il sistema è in grado di avvisare il conducente in caso di pericolo con segnali visivi e acustici e, se ignorato, corregge la sterzata per evitare collisioni. C’è poi il MAN Cruise Assist (che gestisce automaticamente la catena cinematica, i freni e lo sterzo, mantenendo il veicolo nella corsia di marcia e regolando velocità e distanza dai veicoli precedenti) e il MAN SafeStop Assist Quest’ultimo sistema, in particolare, garantisce l’arresto sicuro di un autocarro in emergenza quando il conducente non può intervenire. In pratica, utilizzando l’ACC Stop & Go, frena autonomamente fino all’arresto completo se il conducen-
te non risponde agli avvertimenti visivi, acustici e tattili. Dopo l’arresto, inserisce la folle, il freno di stazionamento e sblocca le porte per consentire un rapido accesso ai soccorritori.
Altro costruttore ampiamente sul pezzo è Renault Trucks, che ha dotato tutta la sua gamma medio-pesante (quindi dai mezzi per la distribuzione a quelli per il lungo raggio, passando per il cava-cantiere) dei più moderni Adas in linea con il Regolamento GSR. In più, la Casa della Losanga offre un pacchetto di telecamere supplementari (fino a cinque) che si possono installare sul veicolo laddove è più congeniale, in funzione dell’allestimento o delle esigenze del cliente (esemplare la telecamera sul retrocabina per la visione sulla ralla e quindi per il gancio/ sgancio del rimorchio, sul profilo superiore della cabina per vedere, per esempio, come lavorano le attrezzature all’interno di una vasca ribaltabile, ecc.). E questo, evidentemente, serve anche per colmare un vuoto normativo, dal momento che il regolamento obbliga sì di installare una telecamera per la visione posteriore del veicolo, ma solo di quanto accade immediatamente dietro la motrice o il trattore e non oltre. Su rimorchi e semirimorchi, infatti, non è previsto l’obbligo di installazione di telecamere, sebbene alcuni costruttori di trailer stiano già lavorando per offrire soluzioni di questo tipo.
C’è poi Scania, che solo nel 2023 ha realizzato investimenti considerevoli in ricerca e sviluppo, pari a 1,2 miliardi di euro (circa il 6% del fatturato). Già prima del GSR la Casa del Grifone aveva precorso i tempi, introducendo con anticipo alcuni dei dispostivi che diventeranno obbligatori dal 7 luglio, come ad esempio il sistema di monitoraggio della pressione degli pneumatici (introdotto nel 2017), l’avviso di disattenzione e stanchezza del conducente (2018), la segnalazione di arresto di emergenza (2021) e l’allarme collisione pedoni e ciclisti laterale (2023). Ed è lecito pensare che l’offerta attuale di Scania, secondo quanto dichiarato dal costruttore, sia costituita da numerosi altri dispostivi che non sono ancora obbligatori, ma che probabilmente in un prossimo futuro lo saranno, come gli airbag a tendina laterale per lato guidatore e passeggero e alcuni dispositivi introdotti recentemente con la nuova interfaccia Scania Smart Dash, come gli avvisi che rilevano la presenza di utenti deboli della strada nella parte frontale del veicolo, l’avvertimento del superamento dei limiti di velocità e la funzione avanzata di frenata di emergenza (AEBp).
Infine, chiudendo il cerchio delle «otto sorelle», c’è Volvo Trucks, anche lei spinta sempre oltre gli standard normativi, proponendo su tutta la gamma nuovi dispositivi con nuove funzionalità implementate. Tra queste, l’Adaptive Cruise Control con funzione Stop & Go, il Pilot Assist (che utilizza la telecamera per leggere la segnaletica orizzontale e fornisce ai conducenti un supporto attivo e continuo allo sterzo per mantenere la rotta e restare nella corsia), l’avviso di collisione con frenata di emergenza (che ha lo scopo di aiutare il conducente a evitare o ridurre la gravità delle collisioni in scenari di tamponamenti posteriori) e l’avviso di apertura porta (che utilizza sensori radar per scansionare entrambi i lati del camion per rilevare e avvisare la presenza di altri utenti della strada nelle aree a rischio, quando si apre una qualsiasi delle porte della cabina).
Da luglio un incremento dei prezzi dei veicoli è certo. Mediamente dovrebbe viaggiare intorno ai 4-5 mila euro. Il pacchetto complessivo, però, ha un valore maggiore, contenuto dai costruttori visti gli aumenti già registrati negli anni scorsi. Ma siamo sicuri che un euro speso in sicurezza non ritorni in altra forma? Abbiamo fatto due conti
Bè la redditività ottenuta dal Gruppo Federtrasporti investendo in sicurezza. Più precisamente dopo aver speso 1,35 milioni di euro per attuare una serie di azioni di sensibilizzazione su 1.750 autisti e veicoli, ha visto tornare in varie forme 2,937 milioni 118%
ella la sicurezza, ma quanto costa? Prima di rispondere partiamo da una considerazione di fondo. La sicurezza stradale conquistata per il tramite della tecnologia – come quella generata da ognuno degli ADAS con cui dal prossimo luglio saranno equipaggiati tutti i veicoli di nuova immatricolazione – viene per forza di cose impacchettata insieme a un camion. E quindi il suo prezzo si annega nella spesa che si affronta per acquistare un veicolo. Però, un’azienda di autotrasporto che si reca in una concessionaria sa perfettamente che in questi ultimi anni – vale a dire a partire dalla pandemia – la spesa da affrontare per portarsi a casa questo neces-
sario strumento di lavoro è aumentata mediamente tra il 30-40%. Detto altrimenti, per un veicolo che prima si portava a casa con 90100 mila euro, adesso ne occorrono 130-150 mila.
Le ragioni di questo incremento sono varie, ma non c’entrano con la sicurezza. Dipendono, invece, dall’impennata della domanda di trasporto registrata nel momento della ripartenza post-covid, che giocoforza si è portata dietro anche una domanda di veicoli, ma soprattutto dal fatto che a quel punto la catena di fornitura delle materie prime – in parte troppo
allungata, in parte troppo concentrata in pochi punti – si è spezzata. Così, i prezzi sono aumentati (e anche i tempi di consegna dei mezzi sono impazziti) di una percentuale importante, ritoccata ancora più in alto dalla successiva ascesa dei costi energetici, accelerata peraltro dopo l’inizio della guerra in Ucraina.
In più bisogna mettere sul piatto l’effetto «transizione energetica». Perché è evidente che se un’azienda spende tanto in ricerca e in produzione di alcuni veicoli (quelli elettrici, ovviamente) e poi ne vende pochissimi, per riuscire a trovare un equilibrio finanziario deve per forza di cose ottenere un obolo dalle vendite dei prodotti più richiesti (quelli diesel, ovviamente). Quindi, sappiate che quando andate ad acquistare un camion che brucia gasolio, una parte di ciò che pagate serve a tenere in piedi il business dei veicoli che funzionano con la spina.
DAGLI ADAS
Ma questa corsa al rialzo è soltanto una premessa. Perché, quando a luglio sui veicoli comparirà quella nutrita serie di ADAS imposta dalle normative, il prezzo dei veicoli aumenterà ancora. Dire di quanto rispetto a ogni singolo camion è un’operazione complessa. Ciò che abbiamo provato a fare è di prendere il listino prezzi di un anno fa di qualche modello specifico e di confrontarlo poi con quello attuale. In questo modo è venuto fuori un incremento che, mediamente, è quantificabile in circa 4-5.000 euro. E allora, chiediamoci: è tanto o è poco? Anche qui la risposta è articolata. In quanto, parlando con diverse case costruttrici, è emersa evidente la volontà di contenere al minimo questo ulteriore aumento indotto dall’introduzione degli ADAS, proprio perché c’è la consapevolezza che quel 30-40% di incrementi registrato negli anni
scorsi abbia già creato nelle aziende di autotrasporto diversi malcontenti. Anche perché nello stesso lasso temporale, mentre il prezzo del gasolio restava medio-alto e le retribuzioni degli autisti tendevano ad aumentare per cercare di attirarne di nuovi o di trattenere quelli a disposizione, le tariffe di trasporto non hanno conosciuto un andamento sufficiente a colmare questi maggiori oneri.
Se questo è vero, il costo complessivo degli ADAS presenti sui camion dalla prossima estate dovrebbe essere nettamente superiore ai 4-5.000 euro, ma è stato contenuto un po’ perché l’aria che tira consiglia di frenare ulteriori impennate dei costi, un po’ perché si spera che le economie di scala indotte dall’introduzione obbligatoria dei componenti finiranno per contenere nel tempo il prezzo di ogni singolo componente.
Ciò detto bisogna anche chiarire un
4-5.000 euro
è l’incremento medio che subirà il costo di un camion a seguito dell’introduzione da luglio degli
ADAS obbligatori
concetto: è vero che la sicurezza ha un prezzo, ma nell’economia di un’azienda ciò che spende per incrementarla andrebbe definito «investimento», più che costo. Le ragioni sono anche qui diverse. Partiamo da quella assoluta: se un sistema elettronico riesce a salvare anche soltanto una vita umana di fatto non ha prezzo.
Soltanto questo ne consiglierebbe l’adozione. Per comprendere invece le altre ragioni può essere utile fare riferimento a un esempio concreto e in particolare all’esperienza vissuta dal Gruppo Federtrasporti a partire dal 2006, quando mise in atto una serie di azioni di varia natura, tutte finalizzate a contenere gli incidenti stradali provocati dai veicoli delle aziende associate. Così, si puntò sulla formazione per sensibilizzare al rispetto delle regole, si sottoposero a controlli oculistici buona parte degli autisti e in più furono concessi bonus monetari a chi non denunciava sinistri, installate scatole nere sui veicoli, organizzati corsi di guida sicura in autodromi e attivati momenti formativi per incrementare nelle persone la giusta percezione del sé e i modi corretti di alimentazione. L’elenco delle azioni non è esaustivo, ma è certo che la spesa finale per
attuarle tutte arrivò a 1,35 milioni di euro, interessando circa 1.750 veicoli e altrettanti autisti.
La cosa straordinaria fu che, dopo tre anni dall’inizio di questo progetto, i camion del Gruppo registrarono 550 incidenti in meno e la frequenza sinistri/premi – vale a dire il rapporto tra i premi assicurativi pagati e i sinistri registrati – scese dell’11,6%. E tale diminuzione comportò una serie di risparmi, tra cui una riduzione dei premi RCA, un taglio dei fermi macchina e dei conseguenti costi, una mancata applicazione delle franchigie sulle polizze kasko, uno sconto sui premi Inail. Dall’insieme di questi e altri benefici venne fuori un risparmio complessivo di 2,937 milioni. Quindi la spesa iniziale di 1,35 milioni aveva portato una redditività del 118%. Capite, quindi, perché più che di «costi» sarebbe più corretto parlare di «investimenti»?
L’esempio degli altri
Londra è un passo avanti. Dal 1° marzo del 2021 ha obbligato tutti i mezzi con più di 12 tonnellate di massa che vogliano entrare nella Greater London di essere in possesso di un sistema – certificato – Direct Vision Standard (DVS), pena una multa fino a 550 sterline (640 euro) al giorno. La certificazione è gratuita, ma permette di classificare l’apparato con una valutazione che va da una a cinque stelle, in base al livello di visione diretta che un conducente ha attraverso i finestrini della cabina, e non attraverso telecamere e specchietti. Solo i camion che hanno almeno una stella potranno entrare nell’area metropolitana della capitale inglese che comprende oltre alla città, parte delle contee circostanti, ma dal prossimo ottobre le stelle dovranno diventare almeno tre.
In sintesi, per entrare a Londra un veicolo a zero stelle dovrà essere equipaggiato con una telecamera laterale a sinistra (a causa della guida a destra), uno schermo in cabina, un sistema di rilevamento del punto cieco e un segnale d’allarme udibile a sinistra. Oltre a un avvertimento di sicurezza rivolto agli altri utenti della strada, come in Francia, dove però basta un adesivo che segnali il rischio ai ciclisti e ai pedoni. Sul sistema londinese è tarato anche il programma dell’Unione europea per la «Visione diretta dei veicoli pesanti» che sarà introdotto gradualmente a partire dal 2025. Normative di sicurezza analoghe sono state già adottate non solo in alcuni paesi dell’Unione, ma anche, al di fuori di essa, da Norvegia, Svizzera, Turchia e Israele.
Chissà come sarebbe stata la nostra vita se quei segni rossi riportati su un compito in classe fossero stati spiegati e compresi. Chissà quanti minori incidenti ci sarebbero se ognuno, di fronte agli imprevisti critici segnati dalla strada, sapesse già come reagire perché qualcuno glielo ha suggerito
Sei piccolo e chino sui banchi di scuola. Sulla formica verde che li ricopre sono incisi i nomi di chi li aveva occupati prima di te. Le sedie di legno scheggiate e scomode rendono impossibile stare fermo, tranne in quel giorno. Il copione è sempre lo stesso: la porta si apre, la maestra compare e poggia i compiti corretti sulla cattedra. E lì parte l’attesa: tutti in classe restano come sospesi in una apnea generale. La maestra, quasi a prendersi sfacciatamente gioco della tua ansia, ci mette almeno un quarto d’ora prima di consegnare il tuo compito. Quel foglio coperto da una scrittura primitiva contiene la tua primissima responsabilità. E anche la tua prima domanda esistenziale: «Come fanno le maestre a decifrare le bislacche scritture di tutti?».
Scorri con lo sguardo il foglio transitando su parole che quasi non ricordi di aver scritto, per puntare dritto all’unica cosa che conta, quella che ti farà capire se sei stato bravo oppure no: il voto. Le premesse al voto, però, prendono la forma di tanti segni rossi. Ogni segno, un errore; tanti errori, un brutto voto.
Per strada, quando commetti un errore, i segni diventano neri e sono disegnati sull’asfalto dagli pneumatici che reagiscono alla pressione della frenata. Se ti va bene, non ci sarà impatto. Se va male aspetterai con ansia il giudizio, espresso in questo caso dall’assicurazione. Ma è proprio a quei segni che bisognerebbe prestare attenzione.
Per strada, come a scuola, gli errori andrebbero spiegati e compresi, magari corredati di alternativa, perché soltanto così, acquisendo una consapevolezza, si crea una cultura della sicurezza e si edu-
ca chi guida a comportamenti coscienti.
Un segno senza un’analisi, invece, non sedimenta nulla nella scala dell’apprendimento.
Cultura e consapevolezza: ho cercato l’etimologia di queste parole e ho scoperto che la prima ha come radice «coltivare», la seconda «sapere insieme». Appare limpido, quindi, come essere sicuri sia un cammino e non un arrivo, un percorso di apprendimento costante e collettivo che nulla ha a che fare con un giudizio, una prestazione o un voto.
Per essere sicuri, allora, dovremmo provare a essere allievi e maestri contemporaneamente e farci carico di una responsabilità collettiva, perché se a scuola un «tre» pesa solo su di te, per strada un errore grave può ricadere su altri. Noi autisti, per esempio, abbiamo il compito di tramandare alle nuove generazioni ciò che abbiamo appreso, anche tramite l’esperienza: un fissaggio del carico sbagliato, una sbandata rischiosa, una particolare accortezza nell’immissione, sono tutte cose che, raccontate a chi viene dopo di noi, possono seminare il primo livello di conoscenza per diventare
un aiuto quando ci si troverà effettivamente in quelle situazioni.
Abbiamo il dovere di segnare in rosso e di motivare comportamenti scorretti come l’uso del telefono alla guida o il non indossare la cintura di sicurezza. Abbiamo il dovere di educare a comprendere che un professionista dispone di maggiori protezioni all’errore.
Abbiamo la responsabilità di far capire che non è bravo chi non rispetta le regole, ma chi le applica con naturalezza e chi tutela se stesso e gli altri dando l’esempio. Abbiamo il compito di tornare allievi, perché anche la tecnologia, che ci aiuta a essere più sicuri, va imparata per essere usata al meglio.
Abbiamo il dovere di ascoltare gli altri per capire cosa, dei propri schemi, non funziona e farci aiutare a vedere le cose da prospettive diverse.
Forse, per essere più sicuri tra formatori, professionisti e aspiranti tali va instaurato un rapporto di reciprocità, in cui tutti insegnano qualcosa all’altro, fanno tesoro delle proprie esperienze e diffondono cultura e consapevolezza.
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A cura di Anna De Rosa
• Bruxelles boccia i divieti austriaci
• Come e quando va usata la targa prova
• Lavoro irregolare: riferimenti al CCNL
• Elettromobilità: incentivi per ricariche
• Installatori tachigrafo su siti UE
• Aree B e C di Milano: proroga per gli N1
• Nuova autorizzazione per limiti di sagoma
• Quantificati i contributi ART
Con questo parere motivato, la Commissione europea in data 14 maggio 2024 è intervenuta sull’ annoso contrasto tra Italia ed Austria relativo ai divieti di transito introdotti dal Tirolo sull’asse del Brennero. Grazie al riconoscimento nel parere di molte delle ragioni sostenute dal nostro Paese, ora sarà più facile per l’Italia adire direttamente la Corte di Giustizia UE. Il caso: l’Italia, il 14 febbraio scorso, si era rivolta alla Commissione UE sostenendo la violazione da parte dell’Austria della norma (art.259 del TFUE – Trattato funzionamento UE) che consentiva l’applicazione di diversi divieti di circolazione dei veicoli per il trasporto merci in transito sull’asse del Brennero, in particolare: divieto di transito notturno che vieta agli autocarri il transito su un tratto dell’autostrada A12 in determinate ore della notte; divieto settoriale di circolazione che vieta il transito di talune merci su un tratto dell’autostrada A12; divieto di circolazione invernale nelle giornate di sabato che vieta il transito sulle autostrade A12 e A13 agli autocarri diretti in Italia, in Germania o in altro paese raggiunto attraverso l’Italia o la Germania; applicazione del sistema di dosaggio che limita a un massimo di 300 veicoli l’ora il numero di mezzi pesanti autorizzati a circolare sull’autostrada A12, in determinati giorni dell’anno.
Fase del contradittorio e parere Ue. La Commissione, dopo aver sentito le parti in contraddittorio, ha emesso un parere secondo cui i provvedimenti di limitazione della circolazione, giustificati e giustificabili in via di principio con la salvaguardia dell’ambiente e la sicurezza stradale, devono essere comunque motivati, proporzionati e idonei a garantire l’obiettivo perseguito.
La Commissione si è pronunciata anche sulla eccezione sollevata dall’Austria in merito alla validità dei provvedimenti restrittivi che per assicurare il rispetto del valore, stabiliscano un livello di NO2 a una certa distanza dal valore limite, quantificando il margine di
sicurezza in 3 µg/m3. La Commissione ha ritenuto che non rientri nella sua sfera di competenza esprimere parere sull’eventualità che un provvedimento come il divieto notturno e/o il divieto settoriale sia o meno giustificabile, se emanato per evitare il superamento del valore limite annuale di NO2.
Ha invece concluso che l’Austria deve comunque riesaminare tali provvedimenti per sanare le violazioni del diritto dell’Unione europea.
Si fa riferimento alla violazione da parte austriaca degli articoli 34 e 35 TFUE, in particolare:
a) adottando i paragrafi 3 e 4 dell’ordinanza sull’autostrada A12 della valle dell’Inn, divieto notturno per i veicoli pesanti LGBl (n. 64/2010, come modificata dall’ordinanza LGBl n. 141/2021) che vieta la circolazione transfrontaliera di alcuni mezzi pesanti in determinate ore della notte, su un tratto dell’autostrada A12;
b) adottando i paragrafi 3 e 4 dell’ordinanza sul divieto settoriale di circolazione LGBl (n. 44/2016, come modificata dall’ordinanza LGBl n. 48/2023), che vieta il trasporto di talune merci su un tratto dell’autostrada A12 esentando dal divieto i veicoli Euro VI immatricolati per la prima volta dopo il 31 agosto 2018;
c) adottando l’ordinanza sul calendario del divieto di circolazione invernale 2023, BGBl (n. 3/2023), che sulle autostrade A12 e A13 vieta la circolazione di automezzi pesanti diretti in Italia o in Germania, o in un paese da raggiungere attraverso l’Italia o la Germania, in tutte le giornate di sabato dei mesi invernali dalle ore 7.00 alle ore 15.00.
Infine, ha affermato che l’Austria ha violato gli obblighi derivanti dall’articolo 34 TFUE, applicando misure come il sistema di dosaggio, che in determinati giorni limitano a un massimo di 300 veicoli/h il numero di mezzi che possono immettersi sull’autostrada A12, nei pressi di Kufstein. Commissione UE. Parere motivato del
Con questa circolare, il MIT ha modificato la disciplina vigente relativa alla circolazione di prova dei veicoli, normativa già oggetto di revisioni recenti che avevano semplificato la materia (DPR n.229/2023).
Il MIT con questa nota ha ridefinito una serie di istruzioni operative. Vediamole in dettaglio.
Veicoli ammessi in prova. Sono ammessi alla circolazione di prova: tutti i veicoli non ancora immatricolati, vale a dire sia i veicoli nuovi di fabbrica sia i prototipi non ancora omologati; i veicoli immatricolati in Italia compresi quelli già immatricolati in altro Paese UE o extra-UE, nazionalizzati in Italia anche in regime di minivoltura ma comunque già dotati di documenti di circolazione.
Per i veicoli già immatricolati, in Italia, la circolazione di prova è consentita anche in deroga agli obblighi di revisione previsti dall’art. 80 Cds. La circolazione di prova dunque deve ritenersi ammissibile anche nelle seguenti ipotesi:
• la revisione sia scaduta di validità, incluso il caso in cui il veicolo sia stato sospeso dalla circolazione a seguito di controlli da parte degli Organi di Polizia Stradale (art. 80, comma 14, Cds);
• il veicolo sia stato sottoposto a revisione con esito “ripetere”;
• penda un provvedimento di revisione singola.
Condizione essenziale della circolazione di prova.
Requisito essenziale e dunque condizione a carattere perentorio ed inderogabile per la circolazione in prova è che sussista l’esigenza di effettuare prove tecniche, sperimentali o costruttive, dimostrazioni
o trasferimenti, anche per ragioni di vendita o di allestimento.
Limitazione massima di percorrenza. La circolare chiarisce che la limitazione massima di percorrenza fissata in 100 km, riguarda esclusivamente aziende che esercitano attività di trasferimento su strada di veicoli non ancora immatricolati, da/verso aree di stoccaggio, e non anche altri operatori ammessi alla circolazione di prova. I veicoli radiati per esportazione possono raggiungere i luoghi di partenza o i valichi di confine solo se muniti di foglio di via rilasciato ai sensi di legge (art. 99 Cds) e non se in possesso di sola autorizzazione alla circolazione di prova.
Autorizzazione. La circolare precisa che l’autorizzazione può essere utilizzata esclusivamente per la circolazione su strada in territorio italiano, salvi accordi di reciprocità tra lo Stato italiano ed altri Stati. In quest’ultima ipotesi, i veicoli immatricolati all’estero possono circolare sul territorio nazionale solo con la targa prova rilasciata dalla competente autorità estera.
Regime transitorio. La circolare specifica che nel regime transitorio tutte le autorizzazioni alla circolazione di prova rilasciate alla data del 28 febbraio 2024 conservano validità fino alla loro scadenza annuale, mentre tutte le autorizzazioni in scadenza dal 29 febbraio 2024 sono rinnovate sempre che l’operatore, tenuto conto del
numero dei dipendenti e dei collaboratori impiegati, non sia già titolare di un numero complessivo di autorizzazioni che ecceda il numero massimo consentito.
Posizionamento della targa prova. La targa prova su di un veicolo già immatricolato va posizionata nella parte posteriore del mezzo, deve essere ben visibile e tale da non oscurare o rendere illeggibile la targa di immatricolazione o se previsto, la targa ripetitrice. Durante la circolazione di prova, infatti, la targa di immatricolazione o la targa ripetitrice non possono essere mai rimosse. Resta fermo, in ogni caso, che dei danni cagionati dal veicolo in circolazione di prova - anche se già immatricolato - risponde l'assicuratore dell'autorizzazione alla circolazione di prova.
Altre disposizioni. Particolari previsioni contenute nella circolare sono dedicate alla restituzione di autorizzazioni/targhe prova, al rilascio, rinnovo, aggiornamento e revoca delle autorizzazioni, al riconoscimento reciproco delle targhe prova con altri Stati, alla definizione di “sede”.
Abrogazioni. Sono state abrogate le circolari MIT del 4 febbraio 2004 e del 24 giugno 2016, nonché ogni altra disposizione in contrasto con la circolare.
Con la conversione in legge del D.L 19/2024 è entrata in vigore la norma che introduce nuove misure in materia di contrasto al lavoro irregolare e di rafforzamento delle sanzioni di somministrazione, appalti e distacco illeciti con un ampliamento delle fattispecie di rilevanza penale. Vediamo sinteticamente i principali punti.
Oggetto. La legge di conversione modifica la norma in materia di appalti (art. 29, comma 2, lett. a) che stabilisce il contratto collettivo a cui gli appaltatori e i subappaltatori devono fare riferimento per individuare il trattamento economico minimo e normativo per il personale impiegato nell’appalto.
Più precisamente è stato eliminato il riferimento al contratto collettivo nazionale e territoriale maggiormente applicato per indicare, invece, quello stipulato dalle associazioni sindacali
dei lavoratori e dei datori di lavoro più rappresentativi sul piano nazionale nel settore e per la zona strettamente connessi con l’attività oggetto dell’appalto e del subappalto.
Nel settore del trasporto e della logistica il CCNL è ovviamente quello di settore, il cui articolo 42 prevede che le attività di logistica, facchinaggio e movimentazione merci possono essere affidate solo a imprese che applicano lo stesso contratto collettivo e non possono essere oggetto di subappalto. Di conseguenza, il mancato rispetto di tale disposizione in materia di applicazione del trattamento economico previsto dal CCNL configura la fattispecie di appalto privo dei requisiti di legge e quindi l’applicazione delle sanzioni introdotte dallo stesso decreto 19/2024, comprese quelle di natura penale.
Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale di due decreti del 18 marzo scorso in materia, il Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE) ha stabilito i criteri e le modalità per la concessione dei benefici a fondo perduto, previsti dal PNRR per realizzare almeno 13.755 stazioni di ricarica veloce destinate a veicoli elettrici all'interno dei Comuni e un minimo di 7.500 stazioni di ricarica super-veloci sulle strade extraurbane per i medesimi veicoli.
Oggetto. I decreti prevedono quindi in totale la creazione di oltre 21 mila colonnine di ricarica entro il 2026, con il supporto tecnicooperativo del Gestore dei servizi energetici (GSE).
Risorse. Le risorse messe a disposizione delle stazioni di ricarica nei centri urbani ammontano a 353,16 milioni di euro, 254,208 per il 2023 e 98,952 per il 2024, quelle per le strade extraurbane si attestano sui 359,943 milioni -162,982 milioni per il 2023 e 96,961 per il 2024.
Requisiti di potenza. Per le colonnine di ricarica, da acquistare e attivare, sono richiesti almeno 90 kW di potenza nei centri urbani, per quelle invece sulle strade extraurbane i 175 kW. Le strutture complessive dovranno comprendere gli impianti elettrici, le opere edili strettamente necessarie e i dispositivi per il monitoraggio. Il costo massimo per stazione di ricarica previsto nei centri urbani è di 50 mila euro e per extraurbani di 81 mila euro.
Beneficiari. Possono accedere alle agevolazioni le imprese o gli RTI (Raggruppamenti temporanei di imprese), costituiti o costituendi, che dovranno dimostrare, alla data di presentazione dell’istanza di ammissione, di aver gestito stazioni di ricarica operative sul territorio dell’Unione europea in un numero almeno pari al 5% del numero di stazioni di ricarica per le quali si presenta istanza.
Progetti finanziabili. Possono beneficiare dei fondi i progetti che:
a) vengono avviati successivamente alla data di presentazione dell’istanza di ammissione;
b) prevedono la realizzazione del numero minimo di stazioni di ricarica per ciascuno dei lotti appartenenti all’ambito per il quale è proposta istanza al beneficio;
c) necessitino di procedere a una nuova connessione alla rete ovvero all’adeguamento di una connessione esistente, forniti del preventivo di connessione o di altra idonea documentazione relativa alla comunicazione formale con il gestore della rete di distribuzione;
PREZZI EXTRARETE tendenza
a)
a) costi delle unità locali di produzione o stoccaggio di energia elettrica;
b) acquisizione di terreni e di altri beni immobili, nonché eventuali costi correlati a diritti reali e/o personali di godimento (servitù, affitto, ecc);
ammissione sia presentata da un soggetto diverso dal gestore della stazione, siano corredati da un accordo per l’esercizio di diritti sull’area per l’installazione della stazione di ricarica, ovvero siano
d) prevedono che le stazioni di ricarica ubicate presso stazioni di rifornimento di carburanti tradizionali e per le quali l’istanza di ammissione sia presentata da un soggetto diverso dal gestore della stazione, siano corredati da un accordo per l’esercizio di diritti sull’area per l’installazione della stazione di ricarica, ovvero siano in grado di consentire l’installazione e la gestione delle stazioni di ricarica per almeno cinque anni;
e) prevedano che le stazioni di ricarica ubicate presso aree private ad accesso pubblico, siano corredate da un accordo con il soggetto che esercita diritti sull’area per la realizzazione delle nuove stazioni;
f) prevedano che le stazioni di ricarica installate sul suolo pubblico, siano corredati del titolo attestante la disponibilità del suolo pubblico;
g) rispettino il principio di «non arrecare danno significativo» (DNSH);
h) rispettino il divieto di doppio finanziamento (art. 9 del reg.Ue);
i) rispettino i requisiti tecnici individuati nell’allegato 1 al decreto.
Spese. Sono ammissibili al beneficio le spese, al netto di IVA, destinate a:
a) acquisto e messa in opera delle stazioni;
b) costi per la connessione alla rete elettrica, nel limite massimo del 20% del costo totale ammissibile per la fornitura e messa in opera delle stazioni di ricarica, nel caso di colonnine nei centri urbani, e del 40% per quelle su strade extraurbane;
c) progettazione, direzione lavori, sicurezza e collaudi e costi sostenuti per ottenere le pertinenti autorizzazioni, nel limite massimo del 10% del costo totale ammissibile per la fornitura e messa in opera della stazione di ricarica.
c) consulenze di ogni genere;
costi correlati a diritti reali e/o personali di godimento (servitù, consulenze di ogni genere;
d) imposte, tasse e oneri di ogni genere.
Agevolazioni.
Agevolazioni. In tutti i casi le agevolazioni sono concesse in forma di contributo a fondo perduto, per un importo non superiore al 40% delle spese ammissibili e non sono cumulabili con altri incentivi pubblici o regimi di sostegno comunque denominati, qualificabili come aiuti di Stato.
pubblici o regimi di sostegno comunque denominati, qualificabili come aiuti di Stato.
si procederà all’approvazione i bandi per la presentazione dei progetti.
delle stazioni di ricarica, nel caso di colonnine nei centri urbani, e progettazione, direzione lavori, sicurezza e collaudi e costi massimo del 10% del costo totale ammissibile per la fornitura e ciascuna procedura di selezione, assegnando un punteggio massimo delle stazioni di ricarica entro i termini sfissati negli avvisi pubblici del per spese interamente quietanziate entro il 31 dicembre 2025. Inoltre, potranno cedere la titolarità delle stazioni di ricarica a terzi solo dopo
Non sono ammissibili al beneficio, le spese relative a:
Bando. Su proposta del GSE dee approvazione da parte del Ministero, si procederà all’approvazione i bandi per la presentazione dei progetti. Elementi essenziali del bando. Numero minimo di stazioni di ricarica per ambito e per lotto, termini e le modalità di presentazione delle istanze, requisiti dei soggetti beneficiari/attuatori e modalità per la concessione e l’erogazione dei contributi, ulteriori elementi per disciplinare l’attuazione dell’investimento, in coerenza con le disposizioni in materia di PNRR. Graduatoria e aggiudicazione. Il GSE forma una graduatoria per ciascuna procedura di selezione, assegnando un punteggio massimo di 100 punti. Gli aggiudicatari dovranno garantire l’entrata in funzione delle stazioni di ricarica entro i termini sfissati negli avvisi pubblici del MASE. I beneficiari sono tenuti a presentare richiesta di erogazione per spese interamente quietanziate entro il 31 dicembre 2025. Inoltre, i beneficiari, previa comunicazione al Ministero e al soggetto gestore, potranno cedere la titolarità delle stazioni di ricarica a terzi solo dopo la loro realizzazione e messa in funzione.
Con la pubblicazione su GUUE Serie L del 29 aprile 2024 di questo Regolamento, lo scorso 19 maggio sono entrate in vigore alcune modifiche all’obbligo imposto agli Stati membri di comunicare alla Commissione UE le liste degli installatori e delle officine autorizzate a effettuare installazioni, controlli, ispezioni e riparazioni dei tachigrafi e delle carte tachigrafiche rilasciate. In particolare, viene modificata la previsione che attribuisce alle
Delibera del Comune di Milano del 9.05.024
propri siti, le liste degli installatori e delle officine autorizzate e
autorità degli Stati membri di pubblicare e ad aggiornare sui propri siti, le liste degli installatori e delle officine autorizzate e delle carte tachigrafiche.
La Commissione è ora tenuta a pubblicare l’elenco dei siti internet nazionali anche sul proprio sito istituzionale, in modo tale da risolvere il problema del mancato aggiornamento sul sito stesso della Commissione delle carte officina valide un anno.
La delibera del Comune datata 9 maggio proroga al 30 settembre 2028 la possibilità di entrare in Area B e Area C per i veicoli diesel Euro 6 per i quali sarebbe entrato in vigore il divieto tra il 1° ottobre 2024 e il 1° ottobre 2027. Più precisamente In particolare, la proroga riguarda i veicoli per trasporto cose (N1) alimentati diesel Euro 6 A (se acquistati dopo il 31 dicembre 2018) e diesel Euro 6 B-C (se acquistati dopo il 30 settembre 2019). La scelta viene giustificata sia per andare incontro ai costi di investimento per le imprese, sia considerando lo slittamento dell’obbligo di introduzione dell’Euro 7 rispetto ai veicoli di prima immatricolazione solo a partire da fine 2027 per i veicoli leggeri e, per quelli più grandi (M2, M3, N2 e N3) a partire da metà 2029.
Direzione centrale polizia stradale del ministero dell’Interno, nota del 15.05.2024
In base alla normativa l’abbinamento di veicoli che superino singolarmente o o nel complesso superino i limiti di sagoma o di massa (artt. 61 e 62 Cds) possono essere eseguiti soltanto dopo averli sottoposti a visita e prova presso un ufficio della Motorizzazione. Ma se uno dei veicoli in questione è un rimorchio o un semirimorchio eccezionale immatricolato all’estero e quindi da agganciare a un trattore stradale immatricolato in Italia, come ci si deve regolare rispetto alle procedure di annotazione dell’autorizzazione della Motorizzazione? A questo interrogativo ha risposto con una nota datata 15 maggio la Direzione centrale per la polizia stradale del ministero dell’Interno
puntualizzando che nel caso ipotizzato, vista l’impossibilità di effettuare annotazioni su documenti di circolazione esteri, «l’autorizzazione alla circolazione può essere rilasciata su un documento aggiuntivo, da allegare al documento di circolazione del rimorchio/semirimorchio, nel quale viene dato atto dell’avvenuta visita e prova e dell’idoneità tecnica del complesso veicolare».
In ogni caso, aggiunge la nota, l’annotazione non può essere riportata sul documento di circolazione del trattore in quanto non lo consente l’art. 219, comma 3, Regolamento Cds.
Nel mese di riferimento è proseguito un cauto ribasso del prezzo dei carburanti derivante, comunque, dal persistere di una volatilità delle quotazioni, che continuano a presentare oscillazioni consistenti anche in periodi temporali brevi. In ogni caso, l’altalenante andamento, registrato sul mercato in particolare con riferimento al costo del gasolio, ha comunque al termine presentato il raffreddamento citato sia in termini assoluti sia di media ponderata. Si segnala, inoltre, l’incremento del costo del lavoro per l’erogazione della Ice (Indennità di Erogazione Economica per ritardato rinnovo Ccnl). Al momento non presentano variazioni le altre voci di costo.
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Scatola nera, sensori per angolo cieco e retromarcia, segnalazioni per eccesso di velocità e così via. Un primo pacchetto di apparati deciso dall’Unione europea diventa obbligatorio. Riguarda tutti gli autoveicoli, ma alcuni sono obbligatori per i camion, come il «Monitoraggio della pressione degli pneumatici» e la «Visione diretta» che però sarà obbligatoria dal 2027
1. Avvertimento alla partenza di collisione con pedoni e ciclisti (Moving O InformationSystem)
Emissione di un segnale informativo di prossimità nel caso in cui pedoni o ciclisti entrino nell’angolo cieco critico davanti al veicolo nel momento in cui il veicolo stesso si appresta a partire da fermo in linea retta o proceda dritto a bassa velocità fino a 10 Km/h (Regolamento UNECE 159).
2. Monitoraggio degli angoli morti (BlindSpot InformationSystem)
Emissione di un segnale informativo nel caso in cui una bicicletta stia penetrando nell’area critica del lato passeggero di un veicolo pesante nel momento in cui il veicolo inizia una manovra di svolta nella direzione della bicicletta, comprese le situazioni in cui è necessaria una controcurva per aggiustare la manovra di svolta (Regolamento UNECE 151).
3. Rilevamento in retromarcia
Sistema che segnala al conducente la presenza di persone od oggetti dietro il veicolo, con lo scopo principale di evitare collisioni in retromarcia (Regolamento UNECE 158).
Dal prossimo 7 luglio tutti i nuovi camion immessi in circolazione nell’Unione europea dovranno essere dotati di una serie di apparati elettronici che ne aumenteranno la cosiddetta «sicurezza attiva», aiutando l’autista nella guida, in modo che sia sempre in condizione di evitare incidenti, sia con una migliore visione e conoscenza di ciò che avviene intorno a lui, sia con una maggiore attenzione di quanto accade sulla strada. Sensori per l’angolo cieco e per la retromarcia, segnalazioni di
eccesso di velocità e tutta una serie di tecnologie applicate (alcune delle quali già presenti sui veicoli di più recente fabbricazione) diventeranno, dunque, obbligatori fra qualche settimana. E altri lo saranno negli anni a venire – dalla scatola nera alla visione diretta nei veicoli pesanti – in un crescendo di installazioni che è bene seguire passo per passo.
Va premesso che i sistemi di sicurezza previsti dal Regolamento GSR 2 (General Safety Regulation), approvato dalla Commissione europea nel
2019 e in procinto di entrare in vigore al momento delle immatricolazioni (per le omologazioni sono già scattate dal 2022), puntano a raggiungere quella che è stata chiamata «Vision zero», cioè ad azzerare il numero delle vittime e dei feriti gravi dalle strade dell’Unione entro il 2050, con uno step al 2038, anno nel quale si prevede che le nuove norme dovrebbero ridurre in particolare gli incidenti tra gli autocarri e gli utenti più vulnerabili, come i ciclisti e i pedoni, evitando almeno 25 mila vittime.
4. Monitoraggio della pressione degli pneumatici (Tire Pressure MonitoringSystem)
Sistema montato su un veicolo in grado di valutare la pressione degli pneumatici o le sue variazioni nel tempo e di trasmettere le relative informazioni all’utente a veicolo in marcia (Regolamento UNECE 141).
5. Adattamento intelligente della velocità (IntelligentSpeed Assistence)
Sistema che aiuta il conducente a mantenere la velocità più appropriata all’ambiente stradale fornendo un segnale apposito adeguato (Regolamento delegato 2021/1958 della Commissione).
6. Segnalazione di arresto di emergenza
Segnalazione luminosa che indica agli altri utenti della strada che si trovano dietro al veicolo che questo sta decelerando in maniera decisa (Regolamento UNECE 48).
L’obbligo di installare la prima serie di Advanced Driver Assistance System (ADAS) riguarda anche i veicoli sopra le 3,5 tonnellate di massa immatricolati dopo il 7 luglio 2024 che dovranno avere a bordo i seguenti otto apparati.
I testi – pubblicati nel box in questa pagina – sono ricavati direttamente dal Regolamento GSR 2, tranne i primi due che provengono dai Regolamenti UNECE, che dettano le norme per l’omologazione degli apparati. I sistemi sono:
1. l’avvertimento alla partenza di collisione con pedoni e ciclisti;
2. il monitoraggio degli angoli morti;
3. il rilevamento in retromarcia;
4. il monitoraggio della pressione degli pneumatici;
5. l’adattamento intelligente della velocità;
6. la segnalazione di arresto di emergenza;
7. l’interfaccia di installazione di dispositivi di tipo alcolock
8. l’avviso di disattenzione e stanchezza del conducente.
SECONDA
In una seconda fase, dal 7 luglio 2026, i nuovi veicoli commerciali oltre le 3,5 tonnellate di massa dovranno avere a bordo un ulteriore apparato: l’Avviso avanzato della distrazione del conducente, sistema che aiuta il conducente
a continuare a prestare attenzione alla situazione del traffico e che lo avverte nel caso si distraesse. Infine, dal 7 gennaio 2029, i veicoli commerciali oltre le 3,5 tonnellate dovranno essere dotati di sistemi per migliorare la visibilità diretta degli utenti vulnerabili della strada dal posto di guida, riducendo al massimo gli angoli ciechi davanti e al lato del conducente e tenendo conto nel contempo delle specificità delle diverse categorie di veicoli («Visione diretta nei veicoli pesanti») e della famosa «scatola nera» («Registratore di dati di evento»), sistema progettato esclusivamente al fine di registrare e memorizzare i parametri relativi agli incidenti e le informazioni immediatamente prima, durante e immediatamente dopo una collisione.
Il riferimento ai Regolamenti UNECE o ai regolamenti delegati della Commissione è fondamentale in quanto fissano nel dettaglio i requisiti specifici a cui devono rispondere gli apparati con cui equipaggiare i veicoli e che sono costituiti prevalentemente da componenti elettroniche di cui i costruttori devono garantire l’affidabilità, tramite precise procedure di prova. Il regolamento UNECE 159, relativo all’«Avvertimento alla partenza di collisione con pedoni
e ciclisti», per esempio, prevede che l’apparato, basato su sensori (che non devono essere contaminati da fango o altro), emetta «un segnale informativo in caso di presenza di utenti vulnerabili della strada che procedono a velocità comprese tra 3 e 5 km/h dal lato passeggero e dal lato conducente in direzione perpendicolare al piano longitudinale mediano del veicolo» e che tale segnale sia emesso «per mezzo di una combinazione di almeno due modi scelti tra un segnale ottico, un segnale acustico e un segnale tattile». Il Regolamento UNECE 151, relativo al «Monitoraggio degli angoli morti», invece, è più spiccatamente dedicato ai rischi di impatto con biciclette e prevede di informare il conducente «tramite un segnale ottico, della prossimità di biciclette che potrebbero essere messe in pericolo durante una manovra di svolta, in modo che sia possibile arrestare il veicolo prima che questo incroci la traiettoria della bicicletta».
Non è prevista, dunque, almeno per ora, la presenza di telecamere di controllo che però già esistono su alcuni veicoli e che diventeranno anch’esse obbligatorie, probabilmente con l’adozione delle misure per la «Visione diretta nei veicoli pesanti» che dovrebbe entrare in vigore dal 2029, ma di cui ancora non esiste un riferimento normativo che ne descriva le caratteristiche.
7. Interfaccia di installazione di dispositivi di tipo alcolock
Interfaccia standardizzata che semplifica l’installazione postvendita di dispositivi di tipo Alcolock (Regolamento delegato 2021/1243 della Commissione).
8. Avviso di disattenzione e stanchezza del conducente
Sistema che valuta il livello di attenzione del conducente mediante l’analisi dei sistemi del veicolo e, se necessario, avverte il conducente (Regolamento delegato 2021/1341 della Commissione).
Ciclisti a rischio di non essere visti da un autista che curva a destra. Il Comune di Milano ha introdotto a ottobre l’obbligo dei sensori.
Gli autotrasportatori hanno obiettato che la decisione non può spettare ai Comuni, ma che lo Stato deve dettare regole generali e il TAR ha dato loro ragione Poi, però, il Consiglio di Stato ha ribaltato la sentenza. Ma adesso arriva l’Europa.
Quello degli angoli ciechi è un problema per tutti i conducenti di veicoli, ma chi è al volante di un camion ha davvero molte difficoltà a vedere ciò che accade ad altezza strada; mentre i pedoni, però, sono in qualche modo garantiti dalla circolazione avendo come percorso riservato il marciapiedi, i ciclisti corrono maggiormente il rischio di non essere visti in tempo da un camion in movimento. Anche perché, tenendo la destra, si trovano stretti in basso fra la parte posteriore dell’automezzo, invisibile al camionista, e il marciapiede. Secondo l’Asaps, associazione che si occupa della sicurezza stradale, l’angolo cieco è causa di circa 200 decessi l’anno e di fronte all’ennesimo caso di una ciclista travolta da un camion il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, ha emanato un’ordinanza per impedire dal 1° ottobre scorso, la circolazione nell’Area B di Milano (e di conseguenza nell’Area C) – in pratica quasi tutta la zona all’interno della tangenziale – a tutti i mezzi al di sopra delle 3,5 tonnellate privi di apparati per il controllo dell’angolo cieco. Adottata in fretta sull’ondata emotiva causata dall’ennesima vittima, la decisione si è prestata, però, a numerose critiche, più di metodo che di merito.
Mentre Anita ha manifestato la sua preoccupazione per «l’operatività delle imprese di trasporto», Fai-Conftrasporto ha posto subito il problema della competenza decisionale: se deve essere dei Comuni o dello Stato. Tesi non peregrina dal momento che, ha osservato l’associazione, c’è il rischio che su una materia così delicata ogni Comune decida di testa propria, creando un caos normativo nello spazio di pochi chilometri quadrati. Stessa tesi sollevata da Assotir, che pure ha sottolineato gli aspetti demagogici della decisione e ha controproposto di chiudere prima i cantieri edili, che sono i siti di maggior traffico dei veicoli pesanti in città. Ma soprattutto ha presentato un articolato ricorso al TAR della Lombardia, improntato sulla competenza decisionale. E il TAR gli ha dato ragione, annullando gli atti del Comune di Milano perché ordine pubblico e sicurezza sono competenze esclusive dello Stato. Ma Assotir non ha fatto in tempo a rallegrarsi del successo giudiziario che, a fine febbraio, il Consiglio di Stato a ripristinato la validità dell’ordinanza di Sala, in quanto si tratta di provvedimenti limitati «nel tempo, nello spazio e nel contenuto».
La giustizia amministrativa non ha col-
to, invece, l’altra obiezione delle rappresentanze dell’autotrasporto, quella relativa all’omologazione dei sistemi elettronici da installare sui camion che rischiava di costringere le imprese a montare sistemi che magari configgevano con altri apparati elettronici o non erano efficaci allo scopo da raggiungere. Per quanto riguarda i veicoli di nuova immatricolazione, tuttavia, la questione sarà sanata a partire dal prossimo 6 luglio dall’entrata in vigore del Regolamento europeo sugli ADAS. Ma il vuoto normativo resta. Cosa dovranno fare i proprietari di veicoli di immatricolazione precedente? Come si comporteranno i sindaci ora che il Consiglio di Stato ha dato loro mano libera in materia? Per questo il presidente di Conftrasporto, Paolo Uggè, in audizione in commissione Trasporti della Camera, ha insistito sulla necessità che la gestione degli angoli ciechi sia uniformata per tutti, con una nuova norma da inserire nel codice della strada, per evitare che ogni Comune emani ordinanze autonome generando confusione. Il nuovo codice della strada è alle porte e in autunno dovrebbe essere varato dal Parlamento. È un’occasione per mettere ordine alla questione. Sarà colta?
Le componenti elettroniche della maggior parte dei nuovi sistemi di sicurezza continuano a mancare, ma il mistero dei Trasporti non concede rinvii. Ci sono già le deroghe previste da Bruxelles per le quali può essere immatricolato, senza ADAS, un numero di mezzi pari al 30% delle immatricolazioni dell’anno scorso
«Houston, c’è un problema!». Il solito, quando si parla di tecnologie: la crisi dei materiali. Sensori, processori, microchip, circuiti integrati sono tutti realizzati con materiali difficili da reperire in
un mercato sostanzialmente controllato da due paesi, Cina e Taiwan, sempre sull’orlo di un conflitto, ma anche da Giappone e Corea del Sud, che però devono arrivare in Europa percorrendo una rotta – quella del Canale di Suez – infestata dalle
incursioni dei ribelli Houthi e dei pirati somali. Nella migliore delle ipotesi, perciò, le navi che provengono dal Far East devono circumnavigare l’Africa con aumento dei costi di trasporto e ritardi rispetto ai tempi di consegna previsti.
Le prime stelle concesse da novembre. Con qualche di ormità
EURONCAP TESTA GLI ADAS
Ci sono voluti 27 anni. Ma alla fine dal prossimo novembre, Euro NCAP (European New Car Assessment Programme), l’organizzazione di verifica della sicurezza degli autoveicoli, dopo aver dato le sue stelle a centinaia di automobili, testerà i primi camion con un sistema di classificazione dedicato, che si chiamerà «Truck Safe».
«Sebbene gli autocarri rappresentino solo il 3% di tutti i veicoli sulle strade europee», ha spiegato Matthew Avery, direttore dello sviluppo strategico dell’organismo, «sono coinvolti in quasi il 15% degli incidenti mortali del Continente. Per affrontare questa preoccupante tendenza, cominceremo a testare le tecnologie di assistenza alla guida volte a migliorare la sicurezza dei veicoli pesanti. Purtroppo, infatti, le dimensioni e il peso dei mezzi industriali e commerciali li rendono intrinsecamente più pericolosi di quelli più piccoli, soprattutto per gli utenti della stra-
da vulnerabili, come ciclisti e motociclisti».
In realtà è proprio la crescente presenza di tecnologie della sicurezza a bordo dei veicoli pesanti ad aprire a Euro NCAP la strada dei test che – come per le vetture – si propone di andare oltre le normative minime e fornire un sistema di rating utilizzabile in particolare dalle flotte e dagli assicuratori. Soltanto nel 2030, infatti, saranno introdotti i crash test – che hanno reso celebri i test Euro NCAP – ma che comportano un costo rilevante per i produttori che si fanno carico di fornire i mezzi da sottoporre ai crash. Nel frattempo, il «Truck Safe» si sarà consolidato proprio testando gli ADAS: si comincerà dalla frenata di emergenza autonoma (AEB) per l’adattamento intelligente della velocità, l’AEB per gli utenti della strada vulnerabili (pedoni), i sistemi di mantenimento della corsia, gli AEB sulla svolta laterale e prevenzione della collisione con pedoni/ciclisti e i sistemi di monitoraggio con telecamere. Non tutti quelli resi obbligatori dal nuovo Regolamento europeo, cioè, ma anche sistemi che non sono previsti dalla normativa.
L’organismo, intanto, sta stringendo rapporti con i produttori (tra quelli già coinvolti ci sono DAF, Scania, Volvo e ZF), enti locali, assicuratori, società di autotrasporto e decisori politici, proprio per arrivare a un sistema di valutazione che vada oltre la regolamentazione comunitaria. E consentire, ha concluso Avery, «a tutte le parti interessate del trasporto merci a identificare e valutare il livello di sicurezza dei mezzi. Questo garantirà non solo una maggiore sicurezza per i conducenti, ma creerà anche opportunità per quegli operatori che investono nei veicoli più sicuri, rendendo il programma attraente sia per gli assicuratori che per gli spedizionieri».
Per di più il settore dell’automotive è una piccola fetta del mercato mondiale dei semiconduttori: appena l’8% di un giro d’affari da 500 miliardi di dollari, nel quale la parte del leone la fanno computer e smartphone, sui quali ovviamente si concentra la produzione. Il che vuol dire ulteriori ritardi per i componenti destinati all’automotive.
Saranno, tuttavia, proprio i sistemi ADAS – insieme alle applicazioni dell’intelligenza artificiale agli autoveicoli – a richiedere maggiore attenzione ai produttori di semiconduttori e microchip. Secondo le previsioni di IDC, una delle principali società internazionali di market intelligence, «ADAS rappresenta la quota maggiore del mercato dei semiconduttori per autoveicoli, con un tasso di crescita annuale composto del 19,8% entro il 2027, rappresentando il 30% del mercato dei semiconduttori per
autoveicoli». Si presume che fra tre anni, la disponibilità di questi materiali non sarà più tanto complessa. Ma il 2027 è lontano. Lo sa bene chi ha ordinato un veicolo ed è stato costretto ad attendere mesi e mesi prima di entrare in possesso del mezzo. Oggi la situazione è in parte migliorata, ma l’avvicinarsi della scadenza del 7 luglio 2024, da una parte ha fatto esplodere la domanda di questi componenti elettronici per installarli su tutti i mezzi sui cui diventeranno obbligatori, dall’altra ha fatto accumulare sui piazzali dei distributori, a poche settimane dalla scadenza, veicoli – soprattutto commerciali – privi di questi sistemi, arrivati in ritardo rispetto all’ordinazione. Anche volendo inserire i nuovi apparati su questi veicoli ci sarebbe bisogno di un ulteriore passaggio presso la Motorizzazione dal momento che è necessario un nuovo collaudo, poiché vengono apportate modifiche alle caratteristiche costruttive o funzionali che richiedono un duplicato del documento di circolazione.
Che il problema esista lo hanno riconosciuto le stesse autorità comunitarie che hanno previsto un meccanismo abbastanza elastico per applicare le norme. Le case automobilistiche potranno immatricolare, anche dopo la scadenza, veicoli non conformi alle nuove disposizioni nella misura del 30% dell’immatricolato dell’anno precedente o, in alternativa, tutti gli autoveicoli che siano forniti di Codice di conformità datato almeno tre mesi prima della scadenza del 7 luglio.
Una scappatoia che non tutti ritengono soddisfacente. La stessa Unrae, associazione degli importatori di veicoli, si era rivolta al ministero dei Trasporti per ottenere «una deroga con criteri più ampi» di quelli previsti dalle norme comunitarie. Ma si è sentita rispondere picche, nonostante simili deroghe siano state concesse nel recente passato, per motivi di emergenza e di eccezionalità. Ma si trattava del Covid e il ministero evidentemente non ritiene le difficoltà del mercato automobilistico simili a quelle del 2020. Certo che se per ottenere una proroga ci vuole una pandemia...
Maquanto vale, oggi, la sicurezza sul mercato degli autoveicoli?
Per molto tempo a cavallo degli anni Duemila, è stato un valore sul quale gli stessi costruttori, sensibili ai mutamenti d’umore del pubblico, hanno investito massicciamente, facendone un fiore all’occhiello del proprio prodotto. Quel valore, però, negli ultimi anni sembra essere stato gradualmente sostituito, nella sensibilità del consumatore dalle problematiche della transizione green. La pressione delle politiche ambientali europee, così radicali nelle scelte e così ravvicinate nei tempi, stanno creando incertezza e confusione. In questa situazione come reagisce il mercato?
Il cliente presta ancora attenzione alla sicurezza o è troppo preoccupato e confuso dalla transizione green per prendere in considerazione anche questo aspetto nell’acquisto di un veicolo pesante? Lo abbiamo chiesto a Massimo Artusi, che da presidente di Federauto occupa una posizione privilegiata per osservare anche le minime increspature nel mare del mercato degli autoveicoli.
«È vero», risponde Artusi, «che la transizione ecologica sta condizionando il mercato soprattutto a causa dell’incertezza sulle scelte regolamentari e tecnologiche, sui costi che le imprese dovranno affrontare, sui
sostegni da parte dello Stato per accompagnare le imprese al processo di transizione, sui tempi degli spin-off tecnologici e quindi su quelli della programmazione aziendale. Si tratta di un passaggio complesso nel quale, però, non direi che la sicurezza della circolazione occupi un posto secondario. Tutt’altro.
La spinta al rinnovo del parco che proviene dalle imprese è dettata dalla necessità di avere mezzi efficienti in termini di consumi, di ridurre le emissioni e di mettere sulla strada veicoli sempre più sicuri. Per un imprenditore, un mezzo fermo per un problema tecnico o per un incidente – al di là delle conseguenze per le persone – è un danno economico pesante: evitare sinistri grazie a mezzi dotati dei migliori sistemi di sicurezza, perciò, è una componente essenziale della mission aziendale. Purtroppo, le politiche europee per la transizione, influenzate dalla scelta esclusiva della trazione elettrica stanno paradossalmente rappresentando un elemento frenante per il ricambio del parco. E questo vuol dire mantenere in circolazione veicoli obsoleti che non sono soltanto inquinanti, ma sono anche meno sicuri di quelli più recenti. Per questo ci auguriamo che le istituzioni europee che usciranno dal voto di giugno sappiano abbandonare la strada dell’ideologia e imboccare
Gli ADASsonosistemi che puntanoasupportare il conducente nelle situazionicomplesse, facendoinmodochepossa prendereledecisioni giusteneitempigiusti.La cosa fondamentale – e noi concessionari insistiamo moltosu questo–èche nonpassiilmessaggio cheladigitalizzazione siaingradodisostituire al volante l’uomo e lasua professionalità
quella del pragmatismo: l’unica che può garantire la sostenibilità ambientale, economica e sociale e accelerare gli investimenti per il rinnovo tecnologico e migliorare subito la sicurezza». Gli ADAS, che diventeranno obbligatori sui nuovi autoveicoli a partire dal prossimo luglio, stanno avendo problemi di consegna a causa della crisi dei materiali. Quanto e come tale circostanza può incidere sul mercato, in assenza di una proroga?
Il problema c’è e, forse, è ancora sottovalutato da chi potrebbe concedere un’eventuale proroga, perché esiste un rallentamento della produzione a causa delle tensioni geopolitiche nel Far East tra Cina e Taiwan – che sono i maggiori produttori di semiconduttori – e sulla rotta di Suez, interessata da attacchi ai mercantili. A tali ritardi, poi, vanno aggiunti i tempi di allestimento, che sono aumentati per l’accumulo degli ostacoli dei mesi passati e per i collaudi da parte degli organi territoriali della Motorizzazione. È vero che c’è un minimo di elasticità, dal momento che le case costruttrici potranno immatricolare ancora per qualche tempo, dopo il 7 luglio, veicoli pesanti non conformi al Regolamento, nella misura del 30% dell’immatricolato dello scorso anno o, in alternativa, tutti quelli dotati di Codice di conformità rilasciato entro i
Nonostante le incertezze create dalla transizione green, la sicurezza è sempre un valore del quale chi acquista un veicolo pesante tiene conto. Non foss’altro per evitare incidenti o guasti che terrebbero il veicolo fermo, limitando l’attività d’impresa. Quanto alle nuove tecnologie, devono essere un supporto, ma non possono sostituire l’uomo e la sua professionalità
tre mesi precedenti. Ma temiamo che non siano disposizioni sufficienti per rispondere a quei fenomeni che ho ricordato. Sarebbe più utile una proroga di qualche mese, come è avvenuto per scadenze analoghe dopo la pandemia. Mi rendo conto che in questo caso non c’è una pandemia a rendere drammaticamente eccezionale il momento, ma forse con l’avvicinamento della scadenza è possibile che tutti si rendano conto della situazione che sta ancora pienamente scontando le difficoltà iniziate con la pandemia. L’onda non è ancora passata e ritengo che una proroga sull’obbligo dei nuovi sistemi ADAS sarà inevitabile. Il nuovo Codice della strada, in discussione al Parlamento, anticipa in qualche modo l’introduzione di alcuni impianti di sicurezza, rendendo obbligatorio in alcuni casi – per esempio – il misuratore del tasso alcolemico, l’alcolock. Che problemi può avere tale disposizione sul mercato? Tutti i veicoli sono predisposti per l’installazione o c’è il rischio di incontrare difficoltà se un cliente vi chiede un tipo di veicolo dotato di questo sistema?
Naturalmente i veicoli di prossima immatricolazione dovranno essere pronti, a partire dal prossimo 7 luglio, alla General Safety Regulation (GSR) per rispettare il nuovo Regolamento europeo che prevede esplicitamente la predisposizione all’installazione di un’interfaccia per l’alcolock. Quanto a quelli già in circolazione – o quelli che saranno immatricolati in deroga –non credo che ci siano particolari pro-
blemi di installazione del misuratore del tasso alcolemico. Altro discorso, deve essere fatto per quei sistemi che richiedono una più profonda connettività con i sistemi di controllo del veicolo. Ma si tratta di esaminare la questione caso per caso. Per esempio, il BSIS (il sistema angoli ciechi) è «retrofittabile», mentre il nuovo AEBS (Advanced Emergency Braking System) non lo è.
Tutti questi apparati elettronici arricchiranno sempre cruscotto dei veicoli. quelli pesanti già oggi quelle di un aereo di linea. è che troppe strumentazioni rischiano di aumentare zione del conducente, è noto è la causa principale incidenti stradali?
di più il Le cabine di sembrano Non strumentazioni la distrache come degli non messaggio la digitalizzazione sia grado di sostituire e
Il rischio di distrazione c’è sempre, ma gli ADAS più che strumentazioni separate, sono sistemi che puntano proprio a supportare il conducente nelle situazioni complesse, facendo in modo che possa prendere le decisioni giuste nei tempi giusti. La cosa fondamentale – e noi concessionari insistiamo molto su questo – è che passi il messaggio che gitalizzazione sia in grado sostituire al volante l’uomo la sua professionalità. I sistemi aiutano, ma non risolvono. Altro aspetto importante
la conoscenza dei sistemi, perché come per ogni cosa è comunque la conoscenza del funzionamento a ottimizzare il risultato. Infine, è necessario ricordare sempre che le strade sono sistemi altamente complessi e solo il rispetto delle regole da parte di ciascun utente, dal conducente del TIR più grande al pedone, consentirà la riduzione complessiva dell’incidentalità.
Sensori per gli angoli ciechi, sospensione breve della patente, alcolock sono norme sulle quali l’autotrasporto ha qualcosa da dire, anche perché – sempre nel rispetto della sicurezza – l’autotrasporto merci è diverso dal tra co privato.
Ma le proposte di modi che non hanno trovato ascolto. E il governo non sembra voler rischiare un nuovo passaggio parlamentare
Ilministro dei Trasporti, Matteo Salvini, si dice sicuro: il nuovo Codice della strada sarà legge entro l’estate e porterà tante novità agli automobilisti, a cominciare da una stretta sulla guida in stato di ebbrezza o sotto l’effetto di droghe per la quale si rischia il ritiro della patente che – in forma breve – toccherà anche a chi usa il telefonino mentre guida. Alcune delle nuove norme, peraltro, toccano da vicino anche gli autotrasportatori per le problematiche connesse con le regole in vigore per il settore che dovrebbero essere concilianti con le nuove disposizioni. Ma finora le richieste di correzione da parte delle associazioni dell’autotrasporto non hanno trovato spazio.
Approvata alla Camera, lo scorso 27 marzo, con 163 voti favorevoli e 107 contrari, il disegno di legge è a metà aprile all’esame del Senato, dove sono in corso le audizioni delle categorie interessate presso la Commissione Ambiente. Una consultazione che potrebbe portare a qualche modifica, costringendo però, in questo caso, la riforma a tornare alla Camera e dunque allungandone i tempi di esecuzione; ipotesi a cui il governo appare decisamente contrario. Un ulteriore rinvio nell’applicazione di una parte del provvedimento è legato, poi, a tutta la seconda metà della legge che non comporta modifiche dirette ad articoli del Codice della strada, ma delega il governo a emanare norme apposite, prevalentemente di coordinamento e
di gradualità delle sanzioni, anche in previsione dell’introduzione dei nuovi sistemi di sicurezza elettronici (ADAS) obbligatori dal prossimo 7 luglio.Il governo, tuttavia, sembra voler blindare il provvedimento per approvarlo definitivamente nei tempi annunciati da Salvini, ma – a parte la polemica politica con le opposizioni – anche le categorie interessate stanno facendo sentire la propria voce per modificare al Senato il testo approvato dalla Camera.
Il fatto è che le associazioni dell’autotrasporto hanno parecchie obiezioni e le hanno esplicitate da tempo nel corso delle audizioni svolte lo scorso autunno dalla Commissione Trasporti della Camera.
La questione di maggiore attualità per il settore riguarda i sensori per gli angoli ciechi. Questi apparati sono già previsti tra i sistemi ADAS obbligatori per i mezzi pesanti immatricolati dal prossimo luglio, ma dopo l’iniziativa –
Il nuovo codice visto dal settore
• Il nuovo testo prevede una sospensione breve della patente di 7 giorni se, nel momento di accertamento della sanzione, il punteggio sulla patente stessa sia inferiore a 20 punti, e di 15 giorni se è inferiore a 10 punti. Per l’autotrasporto tale sospensione dovrebbe tener conto dei punteggi sia sulla patente di guida sia sulla CQC.
• Il testo inasprisce le sanzioni per guida in stato di ebbrezza, ma quella che prevede l’annotazione dell’azzeramento di alcol sulla patente è ininfluente per l’autotrasporto, vista che per il settore è già «zero». Proprio per questo, la sanzione che prevede l’annotazione sulla patente di usare soltanto veicoli con Alcolock, per l’autotrasporto dovrebbe comportare l’equipaggiamento di serie di questo dispositivo su tutti i veicoli per trasporto merci dalla prima immatricolazione.
con coda di polemiche e di ricorsi alla giustizia amministrativa – del Comune di Milano di imporli a tutti i veicoli sopra le 3,5 tonnellate già in circolazione, pena il divieto di ingresso in città, le associazioni dell’autotrasporto hanno messo in guardia dal pericolo che ciascun Comune potesse deliberare autonomamente, creando un caos normativo da un luogo all’altro e hanno chiesto una norma che uniformasse le procedure, in modo da evitare tale rischio.
In particolare, secondo il presidente di FAI, Paolo Uggè, la norma «dovrebbe prevedere l’obbligo dei dispositivi sui veicoli immatricolati per la prima volta a partire da un anno dall’entrata in vigore della legge, escludendo i veicoli in circolazione a tale data. Per questi ultimi, l’unico adempimento ipotizzabile è quello di dotarsi di specifici adesivi di segnalazione sulla falsariga di quanto avviene già in Francia». In pratica (l’audizione di FAI si è svolta nel novembre scorso) dopo che i sensori per i nuovi veicoli saranno resi obbligatori dalle disposizioni europee.
SOSPENSIONE BREVE DELLA PATENTE
Un altro tasto delicato è quello della sospensione «breve» della patente. Il testo prevede di graduarla in funzione dei punti residui sul documento di guida: una sospensione di 5 giorni per chi ha meno di 20 punti, una di 15 giorni per chi ha meno di 10 punti e una di 30 se la violazione ha causato un incidente. La misura è applicabile in 23 tipi di violazioni alle regole del traffico (precedenze, sorpassi, rispetto della segnaletica, inversione di marcia) o a
quelle di utilizzo delle
del cellulare alla guida, alcool troppo alto nel sangue), ma anche – per gli autotrasportatori – il superamento di oltre il 20% del periodo massimo di guida giornaliero o del tempo minimo di riposo.
Il problema è come applicare la norma agli autotrasportatori, dal momento che questi hanno due tipi di documenti di guida – uno professionale e uno da utente normale della strada – ma soprattutto perché la loro professione li espone a rischi di violazione più frequenti rispetto agli automobilisti. La FAI ha proposto di considerare per i conducenti dei camion il totale dei punti disponibili per le due patenti, in modo da metterli al riparo da uno stillicidio di sospensioni. Ma finora la proposta non stata presa in considerazione.
Anche l’introduzione dell’alcolock –il dispositivo che impedisce l’avvio del motore se rileva in chi si siede al volante un tasso alcolemico vietato – crea difficoltà di applicazione per la diversità delle norme che già regolano l’autotrasporto. Le nuove disposizioni prevedono l’iscrizione sulla patente delle diciture «Limitazione dell’uso –codice 68: niente alcol» e «Limitazione dell’uso – codice 69: limitata alla guida di veicoli dotati di un dispositivo di tipo Alcolock», per chi sia già stato condannato per guida in stato di ebbrezza. Le associazioni non sono contrarie all’inasprimento delle sanzioni per le violazioni del Codice che riguardano la
ha chiesto di punire in maniera più rigorosa il superamento del limite di oltre 40 km/h, in particolare in ambito urbano, con il ritiro della patente per sei mesi e, in caso di recidiva, con la revoca della patente, avendo constatato le violazioni dei limiti di velocità da parte degli autisti di furgoni fino a 3,5 tonnellate (che tra l’altro non sono soggetti al cronotachigrafo e al limitatore di velocità). Ma le rappresentanze ricordano che per gli autisti professionali di veicoli adibiti al trasporto di merci su strada è già in vigore l’obbligo di un tasso alcolemico pari a «0», per cui l’annotazione del codice 68 sulla patente appare superfluo. Per quanto riguarda invece il codice 69 – e cioè la guida con Alcolock – secondo le associazioni, proprio per lo stesso motivo, tutti i veicoli per il trasporto di merci dovrebbero essere forniti di serie del dispositivo, sin dalla prima immatricolazione. Il che vuol dire che finirebbero con l’esserne dotati soltanto i mezzi di prossima immatricolazione. E, anche in questo caso, si ricadrebbe negli obblighi previsti dal Regolamento europeo a partire dal prossimo luglio. Tutti problemi, dunque, ancora da sciogliere, che potrebbero allungare i tempi della riforma, frustrando l’ottimismo di Salvini. Più pragmaticamente Paolo Colangelo, presidente delle autoscuole Confarca, taglia corto: «Intanto partiamo. Poi, da quanto è dato sapere ad oggi, è prevista una legge delega, e in quella sede saranno possibili modifiche. Ma ridiscutere tutto no».
Sotto i 19 punti patente basterebbe una sola violazione per far scattare il fermo. Ma un camionista che percorre molti più chilometri di un automobilista è più esposto al rischio di infrazioni. E Uggè propone di calcolare le penalità sulla somma dei punti di patente e CQC
Lasospensione breve della patente rischia di diventare un vero e proprio stop and go per l’attività degli autotrasportatori. Il meccanismo di agganciare ai punti sulla patente, una mini sospensione di 7 o 15 giorni (a seconda se si hanno meno di 10 o meno di 19 punti), infatti, pur con le migliori intenzioni di migliorare la sicurezza sulle strade, se può apparire valida per gli automobilisti che restano al volante per poche ore al giorno, mette a repentaglio l’attività professionale dei conducenti professionali a cominciare dagli autotrasportatori che hanno un chilometraggio e una tempistica assai superiore e dunque sono maggiormente soggetti a violazioni assai frequenti sulle strade come quelle elencate dal nuovo Codice per l’applicazione della misura. Tra queste ci sono infatti i sorpassi pericolosi, i cambi di direzione, la distanza di sicurezza, la precedenza, ma anche – proprio per gli autotrasportatori – lo sforamento del 20% dei tempi di guida e di riposo.
PIÙ CHILOMETRI,
PIÙ INFRAZIONI
A questo quadro va aggiunta una premessa. In un’attività stressante e sempre in lotta contro il tempo, il superamento dei limiti di velocità – che comporta un taglio da 6 a 10 punti sulla patente – è una delle violazioni più frequenti. L’ultima operazione Truck&Bus, effettuata lo scorso febbraio dalle Polizie stradali di tutta Europa (Roadpol), che hanno controllato 248.498 camion, ha rilevato 95.833 violazioni, per la maggior parte, afferma il sito del network Roadpol, «nell’area del superamento dei tempi di guida, delle impostazioni
o manipolazioni del tachigrafo, della velocità e delle infrazioni tecniche (inclusi il sovrappeso e i carichi non sicuri)». Per avere dati nazionali ed entrare più nel dettaglio delle violazioni, bisogna risalire all’operazione effettuata nel febbraio 2023, quando i controlli su 8.108 mezzi pesanti hanno portato a 5.351 contestazioni: anche se la maggior parte riguardavano il cronotachigrafo (951), i documenti di bordo (728) e carenze tecniche (617), ben 401 – quasi il 10% – erano per il superamento dei limiti di velocità. Nel corso dell’operazione sono stati decurtati 7.865 punti patente.
La decurtazione di punti sulla patente professionale (la Carta di Qualificazione del Conducente) di un autotrasportatore è perciò abbastanza frequente, ma con le nuove norme egli rischia di incorrere in una mini-sospensione perché, magari per concludere il viaggio sfora sui tempi di guida. Oppure è costretto a non lavorare per una settimana per un cambio di direzione o un sorpasso azzardato. È interessante notare che la legge permette a un automobilista al quale sia stata sospesa la patente, di guidare per recarsi al lavoro, chiedendo al Prefetto un permesso di tre ore giornaliere e dimostrando l’assenza di un’alternativa con i mezzi pubblici. La sospensione breve della patente non consentirebbe a un camionista di lavorare neanche con questa scappatoia, proprio perché il suo lavoro è alla guida di un camion. Insomma, quello che vale per gli automobilisti non è detto che debba valere per gli autotrasportatori.
Per questo, il presidente della FAI,
Paolo Uggè, ha avanzato una proposta. Gli autotrasportatori hanno due documenti di guida: oltre alla CQC, la patente C o CE che autorizza la guida di un veicolo pesante. A norma le violazioni commesse durante l’attività professionale comportano una decurtazione dei punti sulla CQC e quelle commesse privatamente sul documento di guida normale. Ciascuno dei due documenti parte da 20 punti. «Chiediamo in sostanza», ha detto Uggè, «che la sospensione breve della patente sia calcolata sulla somma dei punteggi dei titoli abilitativi (patente e CQC)». In questo modo gli autotrasportatori partirebbero da una dotazione di 40 punti, maggiormente congrua con la loro maggiore attività al volante e difficilmente scenderebbero sotto i fatidici 19 punti, dai quali scatterebbe comunque la mini sospensione, con la conseguente temporanea impossibilità di lavorare.
La proposta è stata raccolta da una parlamentare di Fratelli d’Italia, Gaetana Russo, che ne ha fatto oggetto di un ordine del giorno presentato nel dibattito alla Camera sulla riforma del Codice della strada. Ma l’iniziativa è rimasta lettera morta. E Uggè è tornato alla carica rivolgendosi direttamente al ministro Matteo Salvini: «Riteniamo che nel decreto legislativo che sarà emanato dal ministero dei Trasporti il tema debba essere ricompreso e chiaro», perché, ha concluso: «L’attività di autotrasporto, che dai dati non risulta essere la maggior responsabile degli incidenti che si verificano sulle strade, deve potere essere svolta nel pieno rispetto delle regole, ma senza misure che finirebbero solo per complicare una prestazione necessaria al Paese».
Scatta LA SOSPENSIONE BREVE della patente per chi ha meno di 20 e/o 10 punti. In caso di infrazione per mancato utilizzo delle cinture di sicurezza o per uso del cellulare alla guida è prevista una sospensione di 15 giorni per chi ha meno di 10 punti sulla patente e di 7 per chi ne possiede meno di 20.
Per chi GUIDA IN STATO DI EBBREZZA si inseriscono nella patente la «Limitazione dell’uso – codice 68 niente alcool» e la «Limitazione dell’uso – codice 69 – limitata alla guida di veicoli dotati di un dispositivo di tipo Alcolock».
Anche i camionisti devono mantenere una DISTANZA DI 1,5 METRI DAL CICLISTA in caso di sorpasso di una bici, ma solo «ove le condizioni della strada lo consentano». Nelle strade più strette, il nuovo art. 148 parla di sorpasso da effettuare «con adeguato distanziamento laterale, in funzione della velocità reciproca e dell’ingombro del veicolo a motore» e «tenendo conto della ridotta stabilità dei velocipedi».
L’art. 187 prevede che se in caso di controllo tramite test salivare viene rilevata ASSUNZIONE DI SOSTANZE STUPEFACENTI la patente verrà ritirata. E il ritiro si presume valga anche per la patente professionale dei camionisti. Per quella normale non sarà possibile conseguirne una nuova prima dei 3 anni, per la CQC non ci sono indicazioni.
Chi GUIDA CON CELLULARE IN MANO rischia la sospensione della patente da 15 giorni a 2 mesi (con decurtazione da 8 a 10 punti) e una multa fino a 1.000 euro. In caso di recidiva la multa aumenta fino a 1.400 euro.
Sanzione da 173 a 694 euro a chiunque superi di oltre 10 km/h e di non oltre 40 km/h i LIMITI DI VELOCITÀ. Se la violazione è compiuta in centro abitato e per almeno due volte in un anno, la sanzione sale fra 220 e 880 euro, con sospensione della patente da 15 a 30 giorni.
Nel caso in cui si prendano PIÙ MULTE CON AUTOVELOX nello stesso tratto stradale, in un periodo di tempo di un’ora e di competenza dello stesso ente, si paga una sola sanzione: quella più grave aumentata di un terzo (se più favorevole).
Lasicurezza degli «utenti deboli» della strada – ciclisti, pedoni e chi circola in monopattino – è uno dei punti nodali della nuova riforma del Codice della strada. Nel 2022 (ultime statistiche Aci-Istat disponibili) dei primi ne sono morti 205, dei secondi 440, dei terzi 15. Non è registrata la presenza di camion in questi eventi, ma certamente la vicinanza tra i bisonti della strada e un ciclista è un rischio da tenere sotto controllo (come
dimostra l’iniziativa assunta dal Comune di Milano, ma anche le norme per l’introduzione degli Advanced Driver Assistance Systems varate dall’Unione europea) per l’installazione sui camion di sensori per gli angoli morti.
Per questo le nuove norme, oltre all’obbligo di segnali di rilevazione di presenze là dove lo sguardo non arriva neanche con lo specchietto retrovisore, obbligano i camionisti (ma in questo caso anche gli automobilisti) a mantenere in caso di sorpasso di un ciclista una distanza di 1,5 metri «ove le condizioni della strada lo consentano». L’art. 148 prevede anche che nelle strade troppo strette, il distanziamento laterale deve essere «adeguato», in funzione «della velocità reciproca e dell’ingombro del veicolo a motore» e «tenendo conto della ridotta stabilità dei velocipedi».
accanto agli autoveicoli, rischiando di finire nell’angolo morto del mezzo che li affianca, l’art. 40 prevede la creazione di un’area di attesa, davanti agli altri veicoli – denominata «casa avanzata» –con una striscia trasversale continua avanzata e una retrostante dove hanno l’obbligo di fermarsi gli autoveicoli.
Non è stata invece accolta – almeno in questa prima fase di dibattito parlamentare – la proposta di FAI-Conftrasporto di istituire una segnaletica «adeguata e inequivocabile», per biciclette e monopattini, sul divieto di viaggiare contromano, e la confisca del mezzo se viaggia sul marciapiede.
è il numero di ciclisti morti in un incidente stradale in Italia nel 2022, secondo le ultime statistiche Aci-Istat disponibili
giugno/luglio
Un’ulteriore novità riguarda gli incroci con semaforo. Proprio per evitare che biciclette e monopattini sostino in attesa del verde
Che sia necessario un comportamento informato e attento anche da parte dei ciclisti lo rileva anche il Touring Club svizzero che da anni studia il fenomeno dell’«angolo cieco» o «angolo morto», fornendone quella che è considerata la definizione più completa: «Una zona che non è coperta né dal campo dei retrovisori, né dalla
In caso di sorpasso bisogna mantenere uno spazio di un metro e mezzo e, là dove non è possibile, mantenere un «distanziamento adeguato». Prevista anche, per i ciclisti, la creazione di una «casa avanzata» ai semafori. Mentre il Touring Club svizzera raccomanda a chi circola in bici di restare dietro i camion, soprattutto in curva
vista del conducente, a meno che non si giri la testa o non si muova la parte superiore del corpo». Ma gli svizzeri osservano che è un errore limitare la questione all’angolo cieco, perché esiste anche il fenomeno denominato looked but failed to see («guardato ma non visto»). È un problema di percezione: quando l’autista deve occuparsi di moltissime cose contemporaneamente, come eseguire una manovra complessa di sterzata al semaforo, guardando negli specchietti e facendo attenzione al traffico circostante. In questi casi può accadere che il conducente pur essendo il ciclista alla sua destra inquadrato alla sua destra, viene «visto», ma non «percepito». E spesso una sterzata a destra, se la strada è stretta, richiede una manovra complicata. Il Touring svizzero la descrive così: «Il conducente innesta dapprima brevemente gli indicatori luminosi di direzione di sinistra, per avvertire il traffico che sopraggiunge nella direzione opposta, per poi curvare innestando gli indicatori luminosi di direzione di destra. Così facendo, libera uno spazio sul suo fianco destro che può dare al ciclista un falso sentimento di sicurezza, incitandolo a risalire l’autocarro sulla destra. Il ciclista viene successivamente preso in trappola quando il veicolo articolato si ripiega su di lui».
Per questo il TCS conclude con un consiglio ai ciclisti: «In vista di un’intersezione (semaforo rosso, stop, dare la precedenza, preselezione, ecc.), rimanete sempre dietro ad un veicolo pesante».
Il dispositivo che blocca il motore se rileva
Per molti è ancora un oggetto misterioso, una delle tante diavolerie tecnologiche che arricchiscono sempre di più i nostri autoveicoli. Ma l’alcolock, nonostante il nome da supereroe dei fumetti, adesso è diventato ufficialmente, uno strumento adottato dal Codice della strada per impedire la guida a chi ha un tasso alcolico superiore ai leciti 0,5 grammi per litro. La misura si applicherà – se il testo approvato dalla Camera non sarà corretto dal Senato – a tutti i patentati che abbiano subito una condanna per guida in stato di ebbrezza, che dovranno montare il marchingegno per due anni in caso di infrazione lieve (0,5-1,5 g/l) e per tre anni se in caso di infrazione grave (sopra 1,5 g/l). Lo strumento dovrà essere installato all’interno dell’abitacolo, vicino al sedile dal lato del guidatore del guidatore, il quale dovrà soffiare in un apposito ugello prima della partenza: se l’Alcolock verificherà che il tasso alcolemico è nei limiti, sbloccherà l’accensione del motore, in caso contrario non sarà possibile avviarlo.
Il problema è che i veicoli che saranno
immatricolati dal prossimo 7 luglio sono già predisposti per montare l’Alcolock. In quel caso basta acquistarlo e farselo montare da un meccanico. Sugli autoveicoli più vecchi, invece, il montaggio sarà certamente più complesso. Anche perché le caratteristiche tecniche dello strumento non sono state ancora specificate. Benché si tratti in realtà semplicemente di un etilometro collegato al sistema di avviamento del veicolo, bisognerà attendere il decreto attuativo del ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti per conoscere le modalità di installazione e le officine autorizzate a montarlo. Quel che è certo è che l’Alcolock dovrà essere dotato di un sigillo che ne impedisca la manomissione dopo l’installazione.
Il decreto dovrà anche chiarire una serie di dubbi: cosa bisogna fare se il veicolo non è compatibile con l’Alcolock? E come impedire che a soffiare nell’ugello non sia un passeggero sobrio? Per ora quest’ultima eventualità ha solo un raddoppio della sanzione come deterrente. Segno che l’eventualità è stata prevista. Il decreto ministeriale chiarirà il resto.
Azioni virtuose ne attirano altre. Secondo le ultime simulazioni, gli autisti che guidano sapendo di essere a seguito di veicoli autonomi condotti dall’AI, sono più rispettosi del Codice della strada. Occorre elevare la percezione del rischio attraverso una formazione mirata, mentre la tecnologia può incidere sull’errore umano, limitandone le conseguenze
Anche da soli al volante, siamo condizionati dagli altri e dal mondo esterno. Lo siamo perché ci pensiamo, perché interagiamo, magari telefonando e abbassando di conseguenza l’attenzione e la capacità di reazione agli stimoli, ma soprattutto perché quello che fanno gli altri veicoli influenza il nostro modo di muoverci e di rispettare (o no) le regole della strada. La notizia arriva dalla psicologia del traffico, la scienza che studia l’uomo al volante e che sta iniziando a valutare il lungo periodo di passaggio tra la guida umana e quella autonoma. Cosa succederà quando sulle strade circoleranno veicoli con diversi livelli di automazione? «Abbiamo notato – risponde Manuela Bina, psicologa del traffico e collaboratrice dell’Unità di Ricerca in Psicologia del traffico presso l’Università Cattolica di Milano – che gli autisti che seguono veicoli che riconoscono come a conduzione autonoma tendono a rispettare di più le regole». Per quale ragione? Ma perché l’intelligenza artificiale non fa sconti al Codice della strada, così chi è dietro è portato a seguire l’esempio.
Qual è il meccanismo che controlla la nostra percezione del rischio?
La percezione del rischio scatta normalmente in quelle situazioni in cui si avverte la possibilità di
avere conseguenze negative. La guida è sicuramente una di queste, ma per valutare il tasso di rischio di un comportamento dobbiamo far ricorso all’esperienza. Questa ci dice che la maggior parte delle volte che guidiamo e che mettiamo in atto un comportamento rischioso come l’eccesso di velocità, per esempio, non abbiamo conseguenze negative. La nostra percezione del rischio si basa proprio sulla valutazione delle probabilità che si verifichi un esito negativo e grave. Guidando innumerevoli volte senza incidenti, non riusciamo a sviluppare una corretta percezione del rischio rispetto alla possibilità di averne. Siamo incapaci di valutare correttamente la probabilità di
eventi negativi alla guida, consolidando abitudini scorrette, come guidare a una velocità leggermente più elevata di quella consentita, non mantenere la corretta distanza di sicurezza e via dicendo.
Come è possibile intervenire su questi comportamenti?
In primis, avviando una formazione che vada a lavorare proprio sulla percezione del rischio. Analizzando l’effettivo rischio di un’azione, come i tempi necessari per arrestare un determinato veicolo in caso di emergenza in base alla velocità di marcia o l’uso del cellulare mentre si è al volante, diventa più facile capire che cosa effettivamente comporta la distrazione. Si possono fare training in aula;
si parla tanto di formazione permanente dei guidatori, che però nella realtà non viene attuata né in Italia né in Europa. Anche se in alcuni paesi europei esistono delle best practices con esperienze pratico-teoriche che mettono l’autista nelle condizioni di sperimentare, simulando situazioni di pericolo. Si tratta di pratiche che stanno funzionando e, in alcune occasioni, vengono proposte come corsi per il recupero dei punti-patente. È stato osservato, infatti, che le recidive di questi comportamen-
Seunumanoguida
dietro a un veicolo che riconoscecomeautonomo, in linea di massima migliorailproprio comportamento al volante.Se invece non sa di essere dietro a un’auto autonoma fafaticaaprevederne ilcomportamento e puòincorrerepiù facilmente in errori
ti diminuiscono. In Italia qualche azienda sta mettendo in atto questo tipo di formazione per gli autisti, mentre i corsi di guida sicura, più diffusi, guardano soprattutto ad aspetti tecnici, tralasciando il risvolto psicologico ed emotivo. Con un recente provvedimento normativo è stata introdotta nei corsi per il conseguimento della CQC una specifica formazione psicologica su argomenti legati alla consapevolezza dell’importanza dell’idoneità fisica e mentale del conducente. Gli autisti professionisti passano sul camion molte ore andando incontro alla fatica e allo stress da traffico. Abbiamo una legge che impone una sosta dopo un certo numero di ore alla guida, ma secondo lei si possono attuare altre strategie per alleviare la stanchezza?
Sicuramente la legge che impone i tempi di riposo agli autisti è fondamentale ed è importante che sia rispettata. Quando guidiamo per più di due ore consecutivamente i nostri circuiti neuromotori si affaticano e il tempo di reazione e le capacità di attenzione peggiorano. È sufficiente una sosta, anche breve, per ritornare al tempo di reazione e concentrazione ottimale.
È importante cambiare il compito che il nostro cervello è chiamato a svolgere perché è proprio la monotonia della missione ad affaticarci. Un altro problema è invece legato alla sonnolenza, al possibile colpo di sonno, dovuto alla carenza di riposo. Si tende a sopravvalutare la capacità di restare svegli, mentre sono preziosi i segnali del corpo da cogliere e fermarsi, chiudendo gli occhi anche solo per 10 minuti.
Quali sono i segnali da tenere in considerazione?
Se si avverte semplicemente un intorpidimento del collo, delle spalle, del corpo, lo sguardo è fisso e ci si accorge che si fa fatica a concentrarsi, di solito basta una pausa, anche senza dormire. Quando si percepisce che si fa fatica a mantenere una velocità costante, a mantenere la traiettoria e non si rilevano più i segnali, siamo di fronte alle prime indicazioni del colpo di sonno. A questo punto è più probabile che si abbia bisogno di dormire ed è veramente l’unico modo per evitare il colpo di sonno.
Quante ore in media si deve dormire prima di mettersi al volante?
Gli studi dicono che il rischio d’in-
Glistudi dicono che il rischio d'incidenteraddoppiacon meno disette ore disonno e poiprogressivamente sitriplicaconmenodisei ore e diventasei volte maggioreconmenodi5ore diriposoalgiorno
cidente raddoppia sette ore di sonno sivamente si triplica sei ore e diventa giore con meno al giorno.
Parliamo di distrazione, tata la prima causa
La psicologia legata sta valutando logia legata al essere anche questa di distrazione?
Non ho presente ma credo che ricerche fatte quando vengono implementati. mente, se le viene siva attenzione, logia a bordo può di distrazione, comunque è anche in molte situazioni. acquisire consapevolezza stichezza con questi sistemi verso una formazione veicolo da utilizzare. Arriviamo ai veicoli autonoma con tificiale alla guida. orientando la al traffico su questo La ricerca sta studiando ne del lungo periodo che vedrà l’interazione tipologie di veicoli automazione diversi. genza artificiale tire comportamenti codice della strada
Una radiografia dei distretti italiani dal punto di vista del mercato dei trasporti, dei flussi di traffico e dello stato delle infrastrutture.
Guarda le puntate disponibili
Genova Le vie sospese del trasporto
Verona Intermodalità io ti amo
Brescia Le vie circolari del tondino
Catania L’autotrasporto sull’onda del mare
Un autovelox per il tachigrafo. Il nuovo sistema di Autostrade per l’Italia comunica direttamente alla Polstrada manomissioni e irregolarità del tachigrafo digitale dei mezzi pesanti che passano in autostrada. Cresce la rete monitorata dal Tutor, il controllo dei carichi eccezionali e dei trasporti di merci pericolose
Occhio ai limiti di velocità, al funzionamento del tachigrafo, alla distanza di sicurezza, al peso del mezzo e alla marcia in carreggiata. Occhio perché l’autostrada vede, segnala e qualche volta multa. Come nel caso del nuovissimo RTM, ovvero Remote Tachograf Monitoring, un sistema ancora in fase di sperimentazione che Autostrade per l’Italia gestisce in collaborazione con la Polizia e che è in grado di intercettare i mezzi pesanti con tachigrafo manomesso, così da supportare
la Stradale durante i servizi programmati. Il sistema, attraverso dispositivi posti da remoto, come l’autovelox per intenderci, riesce a leggere il tachigrafo per ricavarne le informazioni su tempi di guida e di riposo, velocità, eventi, guasti e li comunica in tempo reale agli agenti che in questo modo possono fare controlli a tappeto nella zona di monitoraggio. Dove? Al momento il sistema è presente con due installazioni: una sulla A1 Milano-Napoli all’altezza di Fiorenzuola e l’altra sulla A14 Bologna-Taranto all’altezza
di Rimini Sud, ma entro la fine dell’anno sono previsti altri due punti sulla A4 Milano-Brescia e sulla A1 Milano-Napoli all’altezza di Casale.
RIMANE ATTIVO
Così, in attesa che le autostrade diventino completamente smart, diversi dispositivi elettronici concentrano l’attenzione alla sicurezza. A partire proprio dal vecchio e caro Tutor per il controllo della velocità con comunicazione diretta delle infrazioni alle forze
dell’ordine. Il sistema, al quale si deve una significativa riduzione della velocità media in autostrada a beneficio della sicurezza e del calo degli incidenti, nell’ultimo anno è stato esteso per ulteriori 160 chilometri sulla A1 e A 14 e attualmente copre più della metà della rete Aspi con 1.625 km in totale.
PESE STATICHE E TELECAMERE
PER MEZZI IN ADR
Altro sistema tutto dedicato al monitoraggio del traffico pesante, sempre in collaborazione con la Polstrada, è quello delle pese statiche, in grado di verificare, tramite sensori, i limiti di massa per i transiti eccezionali oltre le 200 tonnellate e, attraverso il laser scanner, controllare la sagoma del veicolo. Il sistema, per il momento in via sperimentale, è installato sull’A4 Milano-Brescia
Cresce il rischio di attacchi informatici per strade e autostrade: l’uso di tecnologie e sistemi telematici espone maggiormente le infrastrutture al cybercrime. Una criticità riconosciuta dall’Europa con due direttive (la Ue 2016/1148 e la Ue 2022/2555) e confermata anche a livello nazionale dall’Agenzia per la Cybersecurity. Così l’Aiscat, l’associazione che riunisce i gestori autostradali, sta lavorando per costituire il primo Information Sharing and
Analysis Centre (ISAC) per la gestione del traffico tra gli operatori che condividono servizi digitali con elevata criticità come per esempio l’elettronica dei pedaggi, stazioni di ricarica, ITS, gestione del traffico e pannelli a messaggio variabile. Il sistema dovrebbe mettere a punto e normare una serie di contromisure per limitare gli attacchi, superando le buone pratiche che già attualmente i gestori mettono in atto su base volontaria.
SMART ROAD E GUIDA AUTONOMA: A CHE PUNTO SIAMO
Se si parla di tecnologia legata alla strada, nel futuro ci sono le cosiddette smart road in grado di dialogare con i veicoli guidati dall’intelligenza artificiale. Il cammino verso strade intelligenti e connesse è comunque già iniziato con i tanti i progetti e le sperimentazioni già in atto. I primi a mettere in cantiere strade connesse e interoperabili sono stati i tecnici di Anas con un primo step che ha coinvolto alcuni importanti assi stradali in diverse regioni italiane, come la statale 51 di Alemagna nel Veneto, le autostrade A90 e A91 nel Lazio, l’itinerario E45-E55 tra Orte e Mestre e la A2 l’Autostrada del Mediterraneo. «Il modello che stiamo sperimentando – ha detto Mauro Giancaspro, direttore Technology Innovation di Anas – parte proprio dal considerare interoperabilità dei dati e dei sistemi nel controllo del traffico stradale come un aspetto cruciale per garantire una gestione sicura ed efficiente delle strade, mutuando il modello che, ad esempio, è stato messo in essere
nell’ambito della gestione del traffico aereo civile». Molte le sperimentazioni anche sulla rete autostradale. Dopo l’entrata in esercizio dei primi 50 km di Intelligent Roads in A1 tra Firenze Sud e Firenze Nord e sul nodo urbano di Bologna, è partita la sperimentazione di un sistema che consentirà al veicolo di comunicare con l’infrastruttura, mantenendo lo stesso livello di guida autonoma, anche in assenza del segnale satellitare. È il caso dei test nella galleria Le Croci, fra Calenzano e Barberino, attualmente chiusa per riqualificazione della tratta. Prime prove su strada sono partite lo scorso luglio anche sulla A26, dove l’auto a guida autonoma ha percorso 20 km in un tratto dove non erano presenti gallerie. A fine ottobre la sperimentazione è proseguita per altri 30 km, sempre in A26, passando questa volta anche nella galleria Valsesia.
1.625
sono i chilometri della rete ASPI in cui è attivo il Tutor per controllo della velocità. Nell’ultimo anno si sono aggiunti 160 chilometri di monitoraggio in particolare sull’A1 e A14
alla barriera di Milano Est. Attenzione anche al traffico delle merci pericolose in autostrada grazie a speciali telecamere (chiamate ANPR) in grado di leggere il codice Kemler esposto sui veicoli e identificativo, in base all’ADR, del materiale trasportato e del livello di pericolosità. Questi occhi intelligenti sono in grado di analizzare i passaggi tra i diversi punti di installazione delle tele-
camere, ricostruendo il percorso delle merci e riuscendo, in caso di incidenti, code o rallentamenti, a intercettare i convogli e comunicare in modo tempestivo ai soccorsi l’eventuale necessità di intervento. Si tratta di un sistema in grado di tracciare delle mappe degli spostamenti di questi veicoli e monitorarli anche all’interno delle gallerie, più interessate dal transito di merci pericolose e più esposte al rischio.
Anche la segnaletica diventa intelligente e capace di intervenire in caso di disattenzione dell’umano. Come le rumble strips e i microcumuli, oggi presenti su circa 600 chilometri della rete ASPI, realizzati in prossimità della segnaletica orizzontale del margine destro al fine di prevenire invasioni della corsia di emergenza da parte dei veicoli in transito. Oppure i pannelli freccia-croce in
grado di aumentare la visibilità della carreggiata in galleria: si tratta di pannelli luminosi previsti per i tunnel di nuova costruzione, ma installati, per una maggiore sicurezza, anche in molte gallerie riqualificate come quelle sulla A 10 e A 12 in Liguria e in altri 40 fornici su tutta la rete. Infine, intelligenza artificiale e machine learning per prevedere i tempi di percorrenza attraverso l’analisi serie storiche, modelli predittivi incrociati con i dati provenienti da sensori di ultima generazione in grado di prevedere la durata delle code, i tempi di percorrenza e l’ottimizzazione dei percorsi, prendendo in considerazione anche i cantieri, le condizioni meteo e la generazione di flussi di traffico futuri. Un sistema integrato nell’App Muovy, la stessa usata per richiedere i rimborsi del pedaggio in caso di eccessiva congestione delle infrastrutture autostradali.
Sotto la lente 1.200 km di rete stradale
LE ISPEZIONI DI ANSFISA
Nata nel 2018 all’indomani del crollo del Ponte Morandi, con l’obiettivo di mettere in luce le falle del sistema infrastrutturale italiano, Ansfisa (Agenzia nazionale per la sicurezza delle Ferrovie e delle Infrastrutture stradali e autostradali) ha annunciato di aver ulteriormente intensificato il monitoraggio dei tratti di strada da passare sotto ispezione. Solo nei primi quattro mesi del 2024 l’Agenzia ha setacciato 1.200 km di rete, mettendo sotto la lente la rete stradale secondaria, il rischio idrogeologico, l’incidentalità e la vulnerabilità strutturale. Un’attività che, rende noto l’Agenzia, «in prospettiva sarà sempre più supportata anche attraverso l’integrazione di tecnologie di ultima generazione», capaci di «elaborare
analisi previsionali e modelli predittivi, ma anche uniformare e mettere in correlazione dati e valutazioni che provengono da più fonti». L’attività di vigilanza tecnica di ANSFISA, tra l’altro, è anche al centro di un nuovo disegno di legge (attualmente al varo) che mira a potenziarne la struttura organizzativa, attraverso l’innesto di 74 nuove assunzioni e il rafforzamento delle risorse a disposizione dell’Agenzia. Si tratta, specifica la relazione tecnica, di un gettito annuo pari a 6,2 milioni di euro che serviranno a finanziare il potenziamento dei controlli sulla sicurezza delle infrastrutture. In particolare, 1,7 milioni di euro andranno a sostenere i costi del personale, mentre i restanti 4,5 milioni andranno a coprire le ulteriori assunzioni.
Ingegner Costa, quali sono le azioni intraprese da Autobrennero per ridurre l’incidentalità nell’ottica della sicurezza stradale?
Al primo posto c’è l’implementazione delle barriere di sicurezza. Da tempo, infatti, siamo impegnati nella progettazione sperimentale di dispostivi di protezione per resistere agli urti dei veicoli ed evitare l’uscita dalla carreggiata dell’autostrada. Si tratta di barriere realizzate e omologate da noi, sottoposte a crash test e marchiate con certificato di conformità CE. Grande attenzione dedichiamo, poi, alla sicurezza nelle gallerie, con numerosi interventi di adeguamento strutturale, e in generale all’aspetto manutentivo per il quale ogni anno Autobrennero investe circa 70 milioni. Tendendo conto che la nostra autostrada è lunga 314 km, ciò significa che investiamo oltre 200mila euro per km. Dato rilevante se si considera che i dati medi nazionali ed europei si attestano intorno ai 120mila euro a km. Ma c’è dell’altro. Cito, per esempio, il divieto di sorpasso per i mezzi pesanti: una norma dapprima osteggiata dall’autotrasporto, poi apprezzata. Perché garantisce non solo maggiore sicurezza, ma anche un flusso dei mezzi più ordinato, con ricadute positive anche sui tempi di percorrenza.
Quali sono i risultati ottenuti?
chilometro per
nazionale nel 2022 dato sponibile)
Abbiamo calcolato che nel 2023 il tasso di incidentalità di Autobrennero, cioè il numero di incidenti rapportato ai veicoli per chilometro per cento milioni, si è attestato a 15,44, contro una media nazionale che nel 2022 (ultimo dato disponibile) era di 27. Sono convinto che questo straordinario risultato sia il frutto di tutto l’insieme di azioni che abbiamo intrapreso finora per incrementare la sicurezza.
In che misura la digitalizzazione sta entrando nelle attività finalizzate ad accrescere i livelli di sicurezza?
200 mila/km
È la cifra in euro che investe Autobrennero per la manutenzione autostradale. In media in Italia e in Europa ci si attesta intorno ai 120mila/km
in caso
repentino. Non caso il stro centro di controllo
Sulla nostra autostrada abbiamo già un capillare sistema di telecamere e sensori che monitorano lo stato della rete. Ed è anche grazie a questi strumenti che i nostri centri di assistenza sono in grado di monitorare la situazione lungo l’arteria e intervenire in caso di necessità in modo repentino. Non a caso il nostro centro di controllo dell’esercizio autostradale è spesso visto come un punto di riferimento in tutta Europa. Ma il processo di digitalizzazione è solo agli inizi. Abbiamo aderito attivamente a numerosi progetti europei rivolti alla sperimentazione della guida autonoma e alla gestione più efficiente del trasporto pesante. Cito, per fare alcuni esempi, quelli volti a testare casi d’uso autostradali con tecnologia V2X e applicazioni di guida cooperativa come il Truck Platooning (convoglio di camion connessi), o quelli che hanno lo scopo di promuovere la digitalizzazione del sistema di mobilità implementando sistemi e servizi digitali lungo i corridoi di trasporto merci europei più trafficati. Sul piano delle opere, invece, quali sono i nuovi investimenti previsti da Autobrennero?
Abbiamo una proposta di finanza di progetto che ha ottenuto la fattibilità tecnica ed economica e che, a breve, auspichiamo possa finalizzarsi con l’avvio di una procedura di gara. Il progetto
riguarda investimenti importanti sulla realizzazione sia di una terza corsia fisica tra Modena e Verona, ritenuta indispensabile per adeguare il tratto autostradale al traffico costantemente in aumento, sia di una corsia dinamica nel tratto tra Verona e Bolzano. Un progetto già in fase di realizzazione è invece il Centro di controllo per mezzi pesanti: una stazione attiva 24 ore su 24 che sorgerà entro l’inizio del 2025 alla barriera del Brennero e che sarà dedicata ai mezzi in ingresso in Italia. Qui, grazie a uno speciale “occhio” elettronico, saranno indirizzati in maniera selettiva e automatizzata i veicoli ritenuti da verificare da parte di Polizia e Guardia di Finanza. È un progetto che ha previsto un investimento rilevante, pari a oltre 5 milioni di euro, molto apprezzato dall’autotrasporto perché contribuirà a garantire il rispetto delle regole per tutti, sia in termini normativi che tecnici.
Una panoramica delle situazioni più a rischio sulla rete italiana e un’anticipazione di Anas, concessa in anteprima a Uomini e Trasporti, sui punti più caldi durante il «piano esodo» della prossima estate
nche nei prossimi mesi il nodo più difficile per i camion sarà la Liguria. Sia per numero di cantieri – utili a ripristinare le condizioni di sicurezza delle infrastrutture, ma fonte di disagi e code per chi è al volante – sia per l’Aurelia e Aurelia bis, tra le strade più a rischio di incidenti gravi secondo il sistema Aci-Istat per geolocalizzare gli incidenti. Nel 2022 (ultimo anno monitorato) sull’Aurelia e sull’Aurelia bis si sono contati oltre 1.000 incidenti con un tasso di mortalità tre volte più alto della media nazionale e un indice di gravità del 7,14% (a fronte di una media nazionale di 2,31).
DELLA RETE STRADALE
E AUTOSTRADALE
Anche la diramazione Ivrea-Santhià sulla A4-A5 è a rischio: nonostante nel 2022 si siano rilevati solo 11 incidenti, il tasso di mortalità è stato del 36,36%, mentre l’indice di gravità si è attestato al 16,67. Attenzione alta anche sulla A16 Napoli-Canosa dove si sono contati 51 incidenti con un tasso di mortalità del 15,69% e sulla A25 Torano-Pescara dove 19 incidenti nel 2022 hanno avuto un tasso di mortalità del 10,53%. Se si passa alle strade statali, oltre il caso dell’Aurelia, è da segnalare la SS16 Ter Adriatica che con 7 incidenti ha raggiunto un tasso di mortalità pari al 14,29%, la SS 106 Jonica che ha contato 29 incidenti (con indice di
mortalità di 17,24%) e la SS 71 Umbro-Casentinese Romagnola dove 12 incidenti hanno raggiungo un tasso di mortalità del 25%.
Le debolezze della rete, che resteranno tali anche durante la prossima estate perché la maggior parte dei grandi cantieri non potrà essere rimosso, sono prevedibili: la Orte-Ravenna, l’Aurelia e la rete stradale e autostradale ligure, l’Adriatica e la Salerno Reggio-Calabria. Il cosiddetto «piano esodo», concordato tra il ministero delle Infrastrutture e gestori stradali e autostradali, sarà comunicato solo a fine giugno, ma è possibile avere una prima idea per capire quali saranno gli itinerari più difficili, dove i cantieri rimarranno a intasare la rete durante i giorni caldi della prossima estate. Secondo un’anticipazione di Anas per Uomini e Trasporti, infatti, la situazione andrà maggiormente attenzionata sulle seguenti strade statali: S.S.1 Aurelia, S.S. 3 bis/S.S. 675 (Orte – Ravenna), S.S. 51 di Alemagna, S.S. 16 Adriatica, sull’autostrada A2 Autostrada del Mediterraneo, sulle autostrade siciliane A19 e A29. Anche le autostrade sono in procinto di condividere con il ministero di Porta Pia il piano di rimozione dei cantieri durante le festività e l’esodo estivo. Al momento sembra che la situazione possa migliora-
re grazie alla rimozione delle interruzioni più importanti sulla A14 tra Abruzzo e Marche e anche sulla Liguria arrivano assicurazioni per la rimozione in estate dei «cantieri più importanti». Anche se potrebbe allontanarsi la realizzazione dell’autoparco da 5.000 posti per gli autisti che gravitano intorno al maggiore porto italiano, concordato un paio di mesi fa tra le associazioni di categoria e il ministro Salvini, con l’obiettivo di rendere meno gravosa la situazione delle soste. Il progetto rischia di infognarsi nell’inchiesta giudiziaria che ha investito la regione e altre cariche amministrative liguri. «Il cantiere continua a essere molto incisivo, la programmazione anche nei prossimi mesi è massiccia – rivela Giuseppe Tagnocchetti, amministratore delegato di TrasportoUnito Service – Ci sono dei cantieri continuativi che rallentano fortemente il flusso dei mezzi pesanti diretti in particolare ai porti. Noi calcoliamo una perdita di capacità per un’azienda di autotrasporto pari al 30-40%, che si traduce nella perdita di consegne e quindi di fatturato». Ecco perché insieme all’autoparco le associazioni hanno chiesto al ministro anche la regolarizzazione dei tempi di attesa allo scarico nei porti italiani e il ristoro degli extracosti generati dai cantieri autostradali anche per il 2024 e 2025 sul modello attuato con lo stanziamento di 70 milioni riconosciuti per gli anni 2022 e 2023.
Ponti e viadotti ammalorati di cilmente potranno sopportare i carichi degli European Modular System (EMS). Ma Bruxelles vuole introdurli, lasciando agli Stati l’ultima parola. L’Italia ha votato contro, ma se non li accetta le nostre imprese saranno in di coltà rispetto alla concorrenza sui viaggi internazionali. E poi ci sono i trasporti eccezionali...
Conle infrastrutture disastrate che ci troviamo, ora c’è il rischio che l’Europa apra le porte anche ai gigaliner, quei complessi veicolari da 60 tonnellate, lunghi 25 metri, denominati European Modular System (EMS), che metterebbero a dura prova le nostre strade, ma soprattutto i nostri ponti e i nostri viadotti, quasi tutti bisognosi di un bel restauro dopo oltre 50 anni di onorato servizio.
Sono mezzi già in circolazione in Svezia, Finlandia e – sperimentalmente – in Germania, ma il voto con cui lo scorso marzo il Parlamento europeo ha unificato a 44 tonnellate la massa complessiva degli autocarri (molti paesi si fermavano a 40), ha dato il primo OK a questi autocarri – container più rimorchio – con l’intento di ridurre il numero di veicoli pesanti sulle strade, aumentando la capacità di quelli in circolazione.
Le nuove disposizioni – contestate da ambientalisti e operatori ferroviari – non riusciranno, tuttavia, ad essere varate prima del rinnovo delle istituzioni europee di giugno, e comunque dovranno essere recepite dai singoli Paesi membri. L’Italia, consapevole dello stato delle proprie infrastrutture, ha sempre votato contro la risoluzione e, dato che la sua applicazione è lasciata alla potestà dei singoli pesi membri, è assai probabile che in Italia essa non venga mai recepita. Ma in questo caso le imprese nazionali
avrebbero difficoltà a operare all’estero con i gigaliner non potendo impiegarli sulle strade nazionali. Quanto alla sicurezza della circolazione, i parlamentari europei più che dell’incidenza di questi mezzi su strade, ponti e viadotti, si sono preoccupati del loro impatto sul traffico, per cui l’unica misura prevista riguarda i rischi di incidenti e comporta l’obbligo di indicare con un apposito adesivo i mega-camion, in modo da rendere gli automobilisti che tentano il sorpasso consapevoli della lunghezza del mezzo che stanno per superare.
Ma i nostri viadotti, già logorati dal traffico normale – si è tragicamente visto a Genova nel 2018 – sono stressati anche dai trasporti eccezionali. Si tratta di veicoli che superano le dimensioni e il peso standard che possono circolare solo dietro autorizzazione specifica e che generalmente trasportano manufatti indivisibili di grandi dimensioni come macchinari industriali, strutture architettoniche oppure turbine eoliche. Il settore dei grandi manufatti industriali è una delle eccellenze italiane. Vi operano 4.500 imprese con 90 mila addetti per un fatturato-mostre di 90 miliardi di euro, inviando in tutto il mondo – dalla Cina all’Australia – i loro giganteschi prodotti. Ma l’anello debole della catena è raggiungere il porto in cui imbarcarli: generalmente Porto Marghera per i viaggi verso Est, Livorno per quelli verso Ovest, entrambi difficili da
Lo scetticismo delle associazioni della rotaia
IL FERRO CONTRO
raggiungere per la capacità di molte delle infrastrutture di attraversamento. Soltanto di recente, tuttavia, dopo anni di discussioni per semplificare una burocrazia che praticamente costringeva a chiedere per ogni viaggio un’autorizzazione per ciascun ente titolare delle strade percorse, si è finalmente preso di petto il problema dell’usura che questi trasporti procurano alle infrastrutture.
Lo scorso febbraio è stato avviato dal vice ministro dei Trasporti, Edoardo Rixi, insieme alle associazioni di categoria, un Piano nazionale per i trasporti eccezionali, basato sul modello francese che da tempo ha individuato una serie di corridoi dedicati per consentire la circolazione anche ai trasporti fuori norma. Ne dovrà uscire un testo organico di regolamentazione della materia che da una parte semplifichi la burocrazia per il rilascio delle autorizzazioni, dall’altra individui i corridoi dedicati ai trasporti eccezionali, fissando anche procedure specifiche per i controlli periodici delle infrastrutture interessate.
Se il governo facesse presto, forse, gli stessi percorsi potrebbero essere destinati anche ai gigaliner, dal momento he la soluzione è esplicitamente prevista dal nuovo regolamento proposto dalla Commissione. Ma il tavolo, dopo il suo insediamento non si è più riunito. Difficile che faccia in tempo prima dell’OK definito dell’Europa agli EMS.
Le principali associazioni ferroviarie europee (CER, ERFA, UIC, UIP e UIRR) hanno commissionato uno studio alla società di consulenza D-fine da cui emerge che l’introduzione degli EMS porterebbe, in media, a uno spostamento modale verso la strada fino al 21% per tutti i segmenti ferroviari e del 16% per il trasporto combinato. Ciò potrebbe comportare fino a 10,5 milioni di camion aggiuntivi all’anno, producendo fino a 6,6 milioni di tonnellate di emissioni aggiuntive di CO2 e generando costi esterni aggiuntivi fino a 2,2 miliardi di euro. Più di 1,15 miliardi di euro all’anno sarebbero necessari anche per un’ulteriore manutenzione stradale.
Poi improvvisamente crollò il ponte Morandi. E in Italia, come per incanto, ci si rese conto che il nostro patrimonio infrastrutturale era spesso vecchio di almeno 50 anni e costruito con tecniche ormai superate. Rifare tutto era impossibile. Così è partita una s da mastodontica per riuscire a tamponare con interventi di manutenzione. Che nel complesso hanno creato più di 3.000 cantieri
Piùdi 3.000 cantieri solo sulla rete gestita da ANAS e Autostrade per l’Italia (rispettivamente 1.939 e 1.200). Questo dato da solo non basta per capire lo sforzo di rigenerazione delle infrastrutture stradali e autostradali in atto. Dopo lo shock del crollo del ponte Morandi è esplosa l’emergenza legata a un patrimonio infrastrutturale obsoleto, costruito almeno cinquant’anni fa, se non oltre, con tecniche e tecnologie da aggiornare. La sfida è stata quella di capire come intervenire, dando ai gestori di strade e autostrade – dai Comuni alle concessionarie – la responsabilità di individuare i punti critici e le modalità di intervento. Nel frattempo, proprio con il decreto Genova del 2018, è nata ANSFISA, l’Agenzia nazionale per la sicurezza delle Ferrovie e delle Infrastrutture stradali
e autostradali, che ha puntato a un ampio programma ispettivo per mettere in luce le falle del sistema. Tra l’altro, un disegno di legge che il Consiglio dei ministri ha approvato in prima lettura il 24 maggio scorso amplia il perimetro dell’ente pubblico, sia in termini di personale che di competenze, affidandogli il compito di classificare tutte le strade in base alla pericolosità, non soltanto tenendo conto delle rilevazioni statistiche sugli incidenti come già avviene oggi, ma guardando alle criticità oggettive delle infrastrutture e delle opere d’arte esistenti su una determinata tratta. Inoltre, arriva anche la stretta sui piani di investimento dei concessionari, in vista della riforma delle concessioni, che dovranno passare al vaglio dell’Agenzia che potrà prescrivere «eventuali integrazioni delle misure di sicurezza temporanee da applicare
ai tratti interessati dai lavori». In questi anni, oltre all’attività ispettiva condotta da Ansfisa, i concessionari hanno stanziato fondi per la manutenzione ordinaria e straordinaria. Solo nell’ultimo contratto di programma ANAS – approvato qualche settimana fa dal Cipess per il 2021-2025 – la voce della manutenzione può contare su 5 miliardi (su un totale di 44 miliardi), mentre nel triennio 2021-2023 la produzione sul fronte della manutenzione programmata è stata pari a circa 4 miliardi, con oltre 1,1 miliardi nel 2021, 1,3 nel 2022 e 1,5 nel 2023.
Anche il PNRR, pur non finanziando il potenziamento delle strade perché non corrispondente ai criteri green del Piano europeo, ha stanziato 275,5 milioni a beneficio della sicurezza per il monitorag-
gio strutturale delle infrastrutture stradali. Un sistema chiamato SHM
– Structural HealthMonitoring – gestito da ANAS che, grazie a tecnologie all’avanguardia e intelligenza artificiale, è in grado mettere a punto il censimento, la classificazione, la gestione dei rischi e il monitoraggio dinamico di ponti e viadotti. Dal 2021 ANAS ha declinato la strategia di attuazione del Programma in 5 macro-interventi, ha avviato le procedure di gara, aggiudicate entro la metà del 2023. Attualmente sono in corso le attività di progressiva infrastrutturazione e connessione delle opere al sistema di monitoraggio centrale. «Lo sforzo fatto in fase di set-up e il presidio capillare delle attività realizzative – fanno sapere dalla società controllata dal gruppo Fs - hanno consentito il raggiungimento del target prefissato per il 2023 con la connessione di 63 opere alla piattaforma SHM. Entro la fine dell’anno in corso si prevede l’attivazione del monitoraggio per ulteriori 150 opere».
ASPI E LA LOGICA
INGEGNERISTICA DI TECNE
Anche gli altri gestori stanno guardando con interesse a sistemi di manutenzione predittiva e monitoraggio dinamico. Autostrade per
l’Italia, attraverso la società controllata Tecne sta rivedendo la progettazione degli interventi per renderli meno invasivi e più puntuali. «La sfida che si stanno ponendo ASPI e Tecne, che è la società di ingegneria del gruppo – racconta Ennio Cascetta, presidente di Tecne –è come rigenerare le infrastrutture allungando la vita tecnica di altri cinquanta anni. Dove è possibile i viadotti si abbattono e si ricostruiscono, costa meno ed è più rapido. Spesso però non si può e si deve intervenire con parziali chiusure al traffico. Per esempio, sull’A1 costruita nel 1964, stiamo intervenendo su ponti corrosi che non hanno una garanzia di stabilità, ma grazie alla variante di valico, possiamo buttarli giù e ricostruire. In altri casi non è possibile, pensiamo al nodo di Genova e alla Liguria. Là dobbiamo intervenire senza chiudere seppure con molti disagi per la popolazione e per il traffico pesante. Aspettiamo la Gronda per dare maggiore respiro, ma bisogna agire velocemente. Stiamo inventando una nuova ingegneria, l’ingegneria della rigenerazione».
DIGITALE DI MOVYON
Vicino alle opere di intervento,
si accosta la tecnologia come la piattaforma ARGO sviluppata da Movyon (altra società della galassia ASPI) per il monitoraggio e la gestione del ciclo di vita delle infrastrutture, che offre in un’unica soluzione la completa digitalizzazione degli asset, la governance e il controllo dei dati, un’APP a supporto dei tecnici che conducono le ispezioni in campo, sensori IoT per il monitoraggio delle opere e algoritmi di intelligenza artificiale per l’analisi e il riconoscimento dei difetti. È attiva sui 2.000 ponti e viadotti della rete di Autostrade per l’Italia, ma è anche in sperimentazione fuori dal contesto autostradale, come per esempio sul Ponte di Buriano, a seguito di un accordo con la Provincia di Arezzo. Sensori anche nelle gallerie per il rilevamento dei dati come ventilazione e pressurizzazione e alert in caso di incendio o incidenti. Tra gli esempi più all’avanguardia, la galleria Santa Lucia, la più lunga d’Europa a tre corsie inaugurata a marzo 2022 nella variante di valico tra Barberino del Mugello e Firenze Nord.
In Italia ci sono 840.000 km di strade e autostrade di cui 35.265 km di autostrade e strade statali con 2.179 gallerie, 21.072 ponti e viadotti, 6.320 cavalcavia
8.000 sono i gestori delle infrastrutture stradali, tra Comuni, Province e concessionari pubblici e privati
32.000 sono i chilometri di strade e autostrade gestiti da ANAS, sui quali si trovano 20.000 ponti e 2.000 gallerie
6.000 sono i chilometri di autostrade in Italia, di cui 3.000 gestiti da ASPI
1.200 sono i km che si sviluppano sui ponti della rete autostradale italiana: in Germania se ne contano 260 km e in Spagna 229 km
500 km è l’estensione delle gallerie sulla rete autostradale italiana
2.000 km sui totali 6.000 di rete sono costituiti da opere d’arte (ponti, viadotti o gallerie), la gran parte costruita tra il 1960 e il 1980
Per parlare un po’ del ristorante Medmèa ho fatto così due chiacchiere con Antonino Quaranta, uno dei gestori del locale che porta avanti l’esercizio insieme ai fratelli Andrea e Fabio, dopo che il padre Giuseppe aveva lo avviato nel 2006. «Il nome Medmèa –mi spiega – era quello che aveva Rosarno quando era governata dagli antichi Greci. Facciamo cucina tipica italiana, ovviamente virata sulla nostra Regione e quindi con quella piccantezza data dalla ‘nduja, che è un po’ il nostro marchio di fabbrica». Da Medmèa i trasportatori possono scegliere un menu fisso composto da un abbondante
L’amico trasportatore di questo mese è un simpatico ragazzo appassionato del suo lavoro di conducente – il che mi rallegra, data la scarsità attuale di autisti giovani che decidono di intraprendere la professione. In particolare, Marcello Bonifacio, classe 1999, 25 anni appena compiuti, è nato ad Altamura, in provincia di Bari e ha cominciato giovanissimo, sei anni fa, a portare merci lungo le strade italiane per conto della Ciccimarra Trasporti, un’azienda della sua città natale specializzata nella movimentazione di prodotti sfusi destinati all’alimentazione umana.
Il locale che ci segnala, il Ristorante Medmea di Rosarno, in provincia di Reggio Calabria, ha una certa notorietà anche televisiva e Marcello mi conferma l’eccellenza del cibo e del servizio. «L’ho scoperto con il solito passaparola tra colleghi – mi raccon-
secondo, , l’amaro
primo, secondo, contorno e acqua per circa 16 euro, con il caffè e l’amaro offerti (attenzione, l’amaro se dovete guidare lasciamolo lì, mi raccomando). Tra le pietanze proposte segnalo strozzapreti con salsiccia e cipolla di Tropea, pennette alla saracena, linguine zucchine e gamberi, spezzatino con nero di Calabria e ancora stoccafisso arrosto, oltre alla già citata ‘stroncatura allo stoccafisso’. Nessun problema per il parcheggio, che può contenere fino a 50 camion, e ci sono anche le docce per
ta – e mi sono trovato subito bene. Ha un menu saporito e molto vario, anche di pesce, e fa pure la pizza. E soprattutto hanno modi gentili e un approccio molto amichevole e comunicativo col cliente». Bonifacio aggiunge che la posizione vicina alla E45 costituisce un plus per i trasportatori che passano da quelle parti. «Come piatto forte fanno una specialità calabrese deliziosa – continua Bonifacio – la famosa ‘stroncatura allo stoccafisso’ (o per dirla in dialetto struncatura cu piscistoccuNdR)». Si tratta di un primo, originario della Piana di Gioia Tauro, fatto con una pasta tipica calabrese condita col sugo del merluzzo nordico e dal sapore deciso, piccante e avvolgente. «Ma il ristorante – avverte Marcello – lo fa con qualche accorgimento loro, originale, e lo serve in una caraffa di coccio tagliata a metà. Una squisitezza».
i lavoratori della strada, al costo di 1
euro. «I camionisti che ci vengono a trovare – mi dice Antonino – trovano un posto sereno e rilassante. Ormai ci conoscono da anni e siamo sempre pronti a scambiare un po’ di opinioni e farci quattro risate». Un bell’ambiente, insomma, dove il mangiare si accompagna alla buona compagnia. Mi sa che li andrò a trovare...
RISTORANTE MEDMÈA
Via Provinciale, 300 89025 Rosarno (RC)
Tel. 0966.774908
Fascia di prezzo: 16 - 20 euro
Parcheggio: 50 camion
Tipo cucina: italiana, calabrese piccante, pizza
Orari: da lunedì a venerdì: 12 - 15.30 - 19-23.30 sabato e domenica: 18.30 - 00.30 www.ristorantemedmea.it
Quando è nata la passione per il camion?
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Alla nascita, letteralmente. Nel senso che per questioni di minuti sarei potuto nascere davvero dentro la cabina di un camion. Mio padre infatti, anche lui camionista, era di rientro da una trasferta proprio nel momento in cui mia madre stava per partorirmi. E così si precipitarono all’ospedale direttamente col camion. Una questione di destino.
Come mai quel soprannome?
Hai presente quella persona che sa sempre tutto e rompe le scatole? Ecco, sono io. Comunque, me l’hanno imposto i miei colleghi, anche per via delle mie origini partenopee.
Raccontaci delle tue origini… Sono figlio di padre napoletano e madre greca, ma sono nato e cresciuto a Reggio Emilia. Adesso abito in provincia di Padova e lavoro per un’azienda di Verona che trasporta carrelli elevatori e macchinari per la movimentazione merci. Insomma, mi considero un bel fritto misto.
Come era il rapporto con i tuoi genitori?
Speciale. In particolare con mio padre, che mi ha insegnato tutto quello che so del mestiere. È stato un maestro non solo a livello tecnico, ma anche di vita. Purtroppo dal 2015 non è più tra noi e da allora mi manca terribilmente. Quando mi capita una trasferta all’estero, ancora oggi avrei voglia di chiamarlo per dirgli: «Ciao papà, oggi mi trovo in questo posto bellissimo». E sentirlo felice.
Com’è la tua vita oggi?
Sono sereno. Ho tre figli che adoro all’inverosimile, di cui uno (un maschietto di sette anni) che ha già la mania del camion. Appena stacco dal lavoro non vedo l’ora di dedicarmi a loro. Ma non è stata una vita semplice. I sacrifici, il lavoro duro, la lontananza da casa e molte rinunce (in termini di tempo ed energie) mi hanno segnato, così come alcuni traumi.
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Nome Massimiliano
Cognome Corletti
Soprannome O’ Professor Età 48
Stato civile Coniugato
Punto di partenza Verona
Anzianità di servizio 30 anni
Settori di attività trasporto macchinari
Ce ne vuoi parlare?
Purtroppo ho perso un fratello alcuni anni fa, per tragico destino investito proprio da un camion. Ma c’è un altro episodio che mi ha segnato profondamente: la morte del migliore amico di mio padre. Si chiamava Massimo Corsini, anche lui era camionista ed era molto legato alla nostra famiglia. Morì una sera di fine anni ’80 a causa di un incidente stradale. Avevo tredici anni quando successe e ricordo ancora nitida la scena di mio padre strozzato dalle lacrime quando apprese la notizia. Fu uno shock per tutti. Solo in quel momento realizzai quanto fosse pericoloso il mestiere che facciamo.
Parlando di sicurezza, che è poi il tema portante di questo numero, quali sono gli aspetti del tuo lavoro che ritieni critici?
Bisognerebbe investire maggiormente in formazione, sotto tutti i punti di vista: tecnica, conoscenza e rispetto delle regole, consapevolezza dei rischi per la salute associati a questo mestiere (alimentazione scorretta, cattiva qualità del riposo, ecc.).
E dal punto di vista delle infrastrutture?
Siamo messi male. Abbiamo una rete autostradale che è ridotta a pezzi. Di recente, scendendo sull’A1 da Verona con un carico delicato di transpallet elettrici, mi sono reso conto di aver avuto grossa difficoltà nel guidare il camion, proprio a causa dei tanti avvalli e buche.
Siamo quindi ancora così indietro?
Sì, l’Italia ha molta strada da fare. All’estero, ad esempio, non è così. E lo dice uno che ha fatto molta Germania.
Che consiglio daresti alle nuove generazioni?
Studiare, studiare, studiare. Ben venga la passione per il camion, ma oggi serve più che mai un’adeguata formazione.
Alcune volte mi capita di sudare molto ma non per il caldo. E, purtroppo, la sudorazione coinvolge in questi casi anche le mani creandomi non pochi problemi sia nelle operazioni di carico-scarico, sia quando sono alla guida. Ovviamente questa condizione mi mette a disagio e, più ci penso, più aumenta. Dovrei trovare un rimedio, ma non saprei a chi rivolgermi. Come posso fare?
Giovanni F_Pisa
Niente di nuovo sotto il sole: quando fa caldo si suda. La sudorazione è infatti un meccanismo fisiologico che serve a regolare e mantenere costante la temperatura corporea. Quando i rilevatori presenti sulla nostra pelle (termocettori) registrano una temperatura eccessiva, trasmettono il dato al sistema neurovegetativo che invia alle ghiandole sudoripare l’ordine di produrre «gocce di acqua salata» (il sudore). L’evaporazione di queste gocce abbassa la temperatura corporea mantenendola a 37 gradi anche se il termometro ambientale ne registra 40.
In alcuni casi (1-4% della popolazione a seconda delle statistiche) può però accadere che l’ordine impartito dal sistema nervoso autonomo sia anomalo, amplificato e non necessariamente vincolato alla calura. In questo caso si parla di iperidrosi, cioè di sudorazione eccessiva, sproporzionata e persistente. Le forme generalizzate, più rare, sono in genere secondarie, rappresentano cioè il sintomo di altre patologie quali per esempio ipertiroidismo, obesità, menopausa o più raramente malattie del sistema nervoso. Le iperidrosi primarie, invece, non riconoscono una causa nota e sono di solito localizzate. Mani e ascelle sono le zone più colpite. L’eccesso di sudore si presenta continuo anche se talora accentuato dallo stress psico-fisico o dall’aumentata temperatura ambientale e può causare macerazione della cute nelle sedi interessate e sviluppare odori sgradevoli, creando disagio, imbarazzo e ansia.
La situazione psicologica che ne deriva innesca un circolo vizioso che aumenta la sudorazione stessa. Pertanto, pur
Se l’iperidrosi ascellare è la forma più frequente, quella palmare è la più problematica, basti pensare ai casi in cui si ha bisogno di una presa sicura. Il volante di un veicolo, per esempio, può diventare insidiosamente umido e scivoloso. Le cure però sono diverse
non essendo una malattia, ma una condizione con cui si nasce e si convive, l’iperidrosi può diventare un disturbo estremamente fastidioso, psicologicamente e socialmente invalidante, in grado di interferire pesantemente con la vita di relazione. In questo senso se l’iperidrosi ascellare è la forma più frequente, quella palmare è la più problematica, basti pensare alle strette di mano o ad alcune attività lavorative che diventano frustranti o poco praticabili, come quando si ha a che fare con documenti cartacei o quando si ha bisogno di una presa sicura. Il volante di un veicolo, per esempio, può diventare insidiosamente umido e scivoloso.
Le cure per l’iperidrosi sono varie con risultati altrettanto variabili e talvolta
transitori. È necessario, comunque, sempre rivolgersi per un parere a un dermatologo. Si parte da un’accurata igiene con sapone antibatterico. Nei casi meno gravi possono essere utili prodotti antitraspiranti e/o assorbenti in crema, spray o polvere da applicare localmente oppure la ionoforesi, tecnica che consiste nell’immergere le mani o i piedi in una soluzione elettrolitica attraverso la quale passa una corrente continua a bassa intensità con lo scopo di otturare i condotti delle ghiandole sudoripare. La tossina botulinica, largamente utilizzata in medicina estetica per appianare le rughe del viso, rappresenta un nuovo approccio al problema. Si somministra in microiniezioni nell’area interessata, ma ha un’efficacia temporanea (3-4 mesi in genere). Infine, nelle forme più gravi e resistenti, si può ricorrere alla chirurgia sia endoscopica (simpaticectomia) che blocca il collegamento tra innervazione e ghiandole sudoripare, che convenzionale, per esempio asportando una parte della regione ascellare con le annesse ghiandole. Al guidatore, in attesa del parere del dermatologo, si possono consigliare i vecchi guanti con le mezze dita effetto «vintage» che fanno tanto «gentleman-driver» oppure l’uso di polveri simili al borotalco a base di amido di riso o di magnesite come quelle usate dai rocciatori e dai ginnasti. Buon viaggio!
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