CURVE VERSO LA TRANSIZIONE
NUMERO MONOGRAFICO www.uominietrasporti.it 389 mensile anno XLII luglio 2023 MENSILETariffa R.O.C. Poste Italiane s.p.a. Spedizione in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1 –CN/BO. caso di mancato recapito inviare al CMP di Bologna per la restituzione al mittente previo pagamento resi. Le istituzioni I costruttori IL DIBATTITO POLITICO SUL FUTURO DEI CARBURANTI Le imprese GLI IMPRENDITORI DI FRONTE AL REBUS ENERGETICO LE STRATEGIE CASA PER CASA prezzo Euro 3,50 In mancato
NODI DA SCIOGLIERE PER CONQUISTARE LE EMISSIONI ZERO
I
Mensile di informazione politica e tecnica. Pubblicazione dell’Associazione professionale di categoria Organo del Gruppo Federtrasporti - gruppofedertrasporti.it
389
Anno XLII - luglio 2023
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STATO: SE CI SEI BATTI UN COLPO
Sono abbastanza sicuro che non esista un mezzo meno inquinante di un veicolo elettrico alimentato a batteria, ricaricata con energia prodotta da fonti rinnovabili. Ma sono ugualmente certo che una media azienda italiana – ma anche molte di quelle grandi, spesso simili a ingombranti piedistalli sorretti da piccoli piedi di cristallo – non sia assolutamente in condizione di acquistare un camion di questo tipo. Non è un ragionamento tecnologico, né antiambientalista, ma soltanto un’evidenza economica: un’azienda che attende ogni anno all’incirca dodicimila euro tra rimborsi per spese non documentate e altri contributi statali per chiudere in nero un bilancio altrimenti in rosso e che fattura ogni mese con un camion intorno ai diecimila euro con un margine che quasi mai supera il 3 per cento, non può permettersi di spendere 400 mila euro per un trattore elettrico e circa 80 mila per una colonnina di ricarica adeguata. Prova ne sia che nel 2022 di questi veicoli ne sono stati immatricolati 19. Praticamente niente, malgrado l’offerta di prodotto esista e diventi sempre più articolata. Stando così le cose per contenere le emissioni da trasporto pesante ci possono essere soltanto due strade: o ci si accontenta di veicoli con motori diesel di ultima generazione alimentati con i più evoluti biocarburanti oppure bisogna che sia lo Stato a finanziare l’acquisto dei camion elettrici, almeno per la parte che eccede il prezzo di un corrispondente veicolo diesel. Certo, una politica di questo tipo richiederebbe un esborso considerevole, pari, secondo uno studio Motus-E realizzato da FIT Consulting, a 6,6 miliardi, necessari soltanto per incentivare l’80% della differenza di prezzo tra veicoli diesel e veicoli elettrici e soltanto per spingere le immatricolazioni dei secondi a quasi il 69% da qui al 2030. Poi, ci sarebbero da aggiungere i miliardi necessari a realizzare le infrastrutture di ricarica. Perché senza questo secondo investimento, il primo risulterebbe completamente inutile: nessuno accetterebbe neppure in regalo un camion elettrico senza disporre di un punto in cui poter fare il pieno di energia. Soldi pubblici per una sfida pubblica: qui, infatti, è in gioco la qualità dell’aria che tutti respirano e, quindi, è giusto che tutti, con soldi statali, contribuiscano a pulirla. In ogni caso sarebbe un investimento. Perché, oltre ai benefici provenienti dall’iva delle vendite e dall’indotto generato dalla produzione dei veicoli e della relativa componentistica, ci sarebbero da quantificare i ritorni generati dal taglio della spesa sanitaria pubblica, conseguente alla riduzione delle malattie respiratorie e dei tumori correlati, e dalla riduzione della spesa emergenziale con cui fronteggiare le conseguenze dei fenomeni climalteranti, ormai tristemente presente – e in misura crescente – nei bilanci di ogni Stato. Questa sarebbe la strada maestra, quella che peraltro stanno battendo con più o meno decisione molti Paesi europei. Ma se non ci fossero le condizioni finanziarie o la volontà politica di investire così tanto sul medio-lungo termine (dimensione temporale, questa, estranea alle normali logiche elettorali), allora diventa obbligatorio battere l’altra via. Nel senso che l’Italia dovrebbe vincere a tutti i costi in Europa la partita sui biorcarburanti, prolungando la vita dei motori endotermici nella loro versione meno inquinante possibile.
Terza via non è data. Anche perché se l’autotrasporto italiano non fosse finanziariamente in condizione di acquistare camion elettrici e normativamente non potesse utilizzare biocarburanti, a quel punto, siccome non produce pantaloni alla zuava (di cui potremmo tranquillamente fare a meno), ma fornisce necessari servizi di movimentazione delle merci, dovrebbe essere il sistema economico – come sostiene il presidente di UETR, Julio Villaescusa – a doversi porre il problema di come garantirli altrimenti. E magari per la prima volta sarebbe costretto a considerare il trasporto e la logistica non come mali necessari, ma come insopprimibili fattori strategici. Ma di questo non sono affatto sicuro.
di Daniele Di Ubaldo
EDITORIALE
NUMERO MONOGRAFICO luglio 2023 3
3 EDITORIALE Stato: se ci sei batti un colpo
6 NUMERI PER CAPIRE Schegge di transizione
8 LE ISTITUZIONI Europa. Il dibattito tra le Istituzioni e i Paesi membri sulla transizione green. Aspettando il 2024
12 LE ISTITUZIONI Italia. La posizione del nostro governo sull’impiego dei biocarburanti. Neutralità tecnologica, contro l’imprevisto
18 LE ISTITUZIONI Dopo la corsa all’elettrico, le Case ora evidenziano difficoltà. Infrastrutture, incentivi, bio
20 LE ISTITUZIONI Gli ambientalisti. La posizione sugli heavy duty divide il fronte full electric. Ci vorrebbero 11 miliardi
22 LE IMPRESE Il mercato. Le statistiche mostrano la reale penetrazione tra i veicoli commerciali. Poco elettrico, nell’incertezza del domani
24 LE IMPRESE Gli imprenditori di fronte al rebus energetico. Il coraggio di saltare
30 LA TESI DI LAURA Storie di strada che valgono un master. Ripulire l’autotrasporto. Non soltanto dalle emissioni…
38 LE IMPRESE Incentivi europei. Solo la Germania ha stanziato una cifra importante: 1,6 miliardi. Per ora il gigante ha partorito un topolino
40 LE IMPRESE Resoconto di un’Assemblea di UETR ospitata da Federtrasporti a Bologna. I camion elettrici? Un lusso accessibile solo da chi fa dumping
44 I COSTRUTTORI Le strategie Casa per Casa. Il cuore oltre l’ostacolo
56 LE INFRASTRUTTURE In deposito la notte, dal cliente di giorno: come ricaricare il camion. La strategia della ricarica
58 LE INFRASTRUTTURE Il vettore energetico del futuro. La lunga corsa dell’idrogeno
60 LE INFRASTRUTTURE Non solo elettrico. La neutralità carbonica dei biocarburanti e degli e-fuel. E il confronto diventa scontro
62 LE INFRASTRUTTURE Le strategie degli operatori energetici. ENI e la scommessa dei biocarburanti
NON DI SOLO TRASPORTO
64 Me l’ha detto un camionista: Trattoria Il nuovo baracchino
65 Voci on the road. 10 domande a…Roberto Zanotelli
LE RISPOSTE DEGLI ESPERTI
32 il salvagente
66 L'importante è la salute
ALL'INTERNO
33 L'Agenda del mese. Novità normative
Online. Larivista è presenteanchesul webattraversoilsito www.uominietrasporti.it. Ognigiornovengonopubblicatenotizie e approfondimenti,accompagnatedapodcast e video, fornendo ai lettori un'informazione puntuale e immediatasuquantoaccadenelsettore. Seguici anche sui Social
SOMMARIO 44
DOPOLAVORO PRODOTTO PROFESSIONE
24 40 58 8
22 18 C M Y CM MY CY CMY K
sono i veicoli commerciali oltre le 3,5 tonnellate a trazione elettrica immatricolati nel 2022, con una quota dello 0,1%.
(Unrae, dati provvisori 2022)
4.264
sono i veicoli commerciali sotto le 3,5 tonnellate a trazione elettrica immatricolati nel 2022, con una quota del 2,7%.
(Unrae, dati provvisori 2022)
24.611
(Unrae, dati provvisori 2022)
SCHEGGE DI TRANSIZIONE
LE SCADENZE
2026
Approvazione di una metodologia per valutare e comunicare i dati sulle emissioni di CO2 durante tutto il ciclo di vita di auto e furgoni.
NUMERI PER CAPIRE
19
2025 LE IMMATRICOLAZIONI
Verifica de «l’efficacia e l’impatto» delle norme adottate e possibilità di «rivedere gli obiettivi», alla luce delle innovazioni tecnologiche e dell’impatto economico e sociale. 6 luglio 2023
sono i veicoli commerciali oltre le 3,5 tonnellate a gasolio immatricolati nel 2022, con una quota del 96,2%.
36
sono i veicoli commerciali oltre le 3,5 tonnellate a trazione elettrica circolanti al 31 dicembre 2022.
(ACI, statistiche automobilistiche)
12.912
sono i veicoli commerciali sotto le 3,5 tonnellate a trazione elettrica circolanti al 31 dicembre 2022.
(ACI, statistiche automobilistiche)
510.818
sono i veicoli commerciali oltre le 3,5 tonnellate circolanti a gasolio nel 2022, con una quota del 96,2%.
(ACI, statistiche automobilistiche)
41.173
6,7 sono i punti di ricarica pubblici installati in Italia a marzo 2023.
(Motus-E: News associative, aprile 2023)
2.650
sono i punti di ricarica pubblici installati in Italia con potenza superiore ai 100 kW.
(Motus-E: Le infrastrutture di ricarica per il trasporto merci elettrico, Febbraio 2023)
2035
Riduzione del 45% delle emissioni di autobus e veicoli commerciali pesanti
(Proposta dellaCommissioneUE)
Riduzione del 50% delle emissioni dei furgoni
(Regolamentoapprovato)
Riduzione del 55% delle emissioni delle autovetture
(Regolamentoapprovato)
Riduzione del 100% delle emissioni di autobus urbani
(Proposta dellaCommissioneUE)
Stop ai motori endotermici per autovetture e furgoni nuovi con deroga per gli e-fuel.
(Proposta della Commissione UE)
sono i punti di ricarica pubblici installati in Italia per ogni 100 chilometri a settembre 2022.
(EAFO - European Alternative Fuels Observatory)
100 km
2040
Riduzione del 90% delle emissioni di autobus e veicoli commerciali pesanti.
2030
(Proposta della Commissione UE) IL PARCO CIRCOLANTE LE INFRASTRUTTURE luglio 2023 7
Ilmuro granitico che l’Unione europea, nella transizione ecologica nei trasporti, aveva innalzato contro i carburanti fossili – e di conseguenza a favore dei soli motori elettrici – sta mostrando le prime crepe. Non si tratta di passi indietro o rinunce anche solo parziali al carbon neutral, ma di una revisione dei modi (e forse anche dei tempi) di fronte alla possibilità di soluzioni che portino allo stesso risultato in maniera realisticamente più praticabile, soprattutto considerando quei settori dove l’impiego della trazione elettrica si presenta problematica, se non impossibile, come l’autotrasporto pesante.
Da quel 14 luglio del 2021, quando la Commissione europea presentò il pacchetto Fit for 55 fissando al 2030 l’obiettivo della riduzione del gas serra del 55% rispetto al 1990 (e il loro azzeramento entro il 2050), sembrano passatinon
due anni, ma due secoli. La proposta,approvata nel giugno del 2022 dal Parlamento europeo, apriva di fatto la strada aun’esclusiva dell’alimentazione elettrica nelle automobili e nei veicoli commerciali leggeri, scatenando studi, ricerche, programmi e piani che – concentrandosi soprattutto sulle automobili che costituiscono il grosso del circolante – calendarizzavano l’agognato traguardo, spesso ignorando le difficoltà dell’attuazione, le incognite della tecnologia e le ricadute sulla economia e sul lavoro, esorcizzando tutti questi problemi con l’aggettivo «ambizioso», affiliato al programma comunitario.
GLI STATI
SONO PIÙ REALISTICI
Tutti temi che, invece, passando dalle mani della Commissione (che detta gli indirizzi politici) e del Parlamento europeo (che li approva)
8 luglio 2023 LE ISTITUZIONI EUROPA. IL DIBATTITO TRA LE ISTITUZIONI E I PAESI MEMBRI SULLA
ASPETTANDO IL 2024
di Umberto Cutolo
Si è aperta una crepa nel muro europeo del full electric. L’accordo sottobanco della Germania con la Commissione per far accettare gli e-fuel, permette all’Italia di insistere sui biocarburanti sostenibili.
Se non ci riuscirà prima, punterà sul nuovo Parlamento che sarà eletto nel 2024
più concrete dei governi in seno al Consiglio dei europei a misurarsi con la quotidiana) hanno cominincrinare il fronte del full Anche perchél’impiego della trazione elettrica sugli autopesanti pone problemi assai rilevanti che non nelle autoneimezzi commerciali
(chiamati Consiglio ministri realtà ciato a electric. perché l’impiego mezzi più vetture e nei mezzi leggeri. Lo ha la stessa do
riconosciuto implicitamente
Commissione, proponencontestualmente per gli heavy duty e i coach una riduzione graduale fino a un massimo del 90% entro il 2040 (con step del 45% nel 2030 e del 65% nel 2035). Un riconoscimento della diversità dei veicoli pesanti, che lascia un minimo spazio ai carburanti fossili e allunga i tempi del target.
LA GERMANIA TRATTA DA SOLA
Ma l’aspetto più rilevante del processo in corso – che rivela come i paesi europei stiano ripensando alle alimentazioni, nel tentativo di raggiungere l’obiettivo senza compromettere le loro economie – è nella tormentata discussione che ha portato a fine marzo, all’approvazione del Regolamento per auto e furgoni. Nel «trilogo» (la trattativa fra Commissione, Consiglio e Parlamento), si era creato un fronte composto da Italia, Germania, Polonia, Romania e Bulgaria, che chiedeva una deroga per biocarburanti ed e-fuel sintetici, entrambi a emissioni zero e entrambi in grado
BIOCARBURANTI: SCHERMAGLIE IN ATTESA DEL 2026
«Ci sarà una trattativa sui biofuel: è mia responsabilità sostenere i produttori, il supporto c’è ed è forte». Questa dichiarazione della commissaria europea Kadri Simson (nella foto) a RaiNews24 appare sicuramente il sintomo di un’apertura. Ma va presa ovviamente con le pinze, anche perché è in corso una trattativa che si scioglierà soltanto nel 2026, quando «la Commissione valuterà i progressi compiuti verso il raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni del 100% e la necessità di riesaminare tali obiettivi tenendo conto degli sviluppi tecnologici». Forse anche per questo alcuni giorni dopo l’intervista, il portavoce della Commissione Ue per l'Energia, Tim McPhie, rispondendo a una domanda sulle dichiarazioni della titolare dell’Energia, ha detto a chiare lettere che la commissaria «non ha aperto al futuro uso dei biocarburanti in deroga allo stop Ue ai motori a benzina e diesel in vigore dal 2035».
di non sconvolgere la filiera produttiva dell’automotive.
Insieme i cinque paesi rappresentavano una «minoranza di blocco», capace di impedire l’approvazione del Regolamento. Berlino, tuttavia, ha avviato una trattativa separata per ritirare le proprie obiezioni in cambio di una deroga sugli e-fuel sui quali la Germania ha investito
massicciamente e la minoranza di blocco è saltata: il Regolamento è stato approvato senza la deroga suibiocarburantichiesta invece dall’Italia, che si è astenuta insieme a Romania e Bulgaria, mentre la Polonia non solo ha votato contro, ma anche annunciato che si rivolgerà alla Corte di Giustizia europea per ribaltare la decisione.
luglio 2023 9
TRANSIZIONE GREEN
LE APERTURE AI BIOCARBURANTI
La deroga concessa inquesto modo rocambolesco agli e-fuel e le proteste italiane a favore dei biocarburanti (che si era astenuta nel voto sul Regolamento) hanno, però, di fatto riaperto il dibattito sulla questione. Dopo il colpo di mano di Berlino, nel giro di pochi giorni si sono succedute una serie di prese di posizione a favore dei carburanti biologici non inquinanti. Ai primi di aprile la commissaria europea all’Energia, la lituana Kadri Simson, si è detta pronta a riaprire la trattativa sui biocarburanti: «Noi sosteniamo le iniziative al riguardo, è mia responsabilità sostenere i produttori, il supporto c’è ed è forte».
Ancora più forte la dichiarazione che ha concluso tre settimane dopo il G7 di Sapporo, il cui documento conclusivo parla di «promuovere le infrastrutture associate e combustibili sostenibili a emissioni zero, compresi i combustibili biologici e sintetici sostenibili». Ed è molto significativo, in questo contesto, che il Dipartimento per le politiche strutturali e di coesione – Direzione generale per le politiche interne del Parlamento Europeo – già nel marzo 2023 abbia elaborato un Rapporto su bio ed e-fuel – definendoli «carburanti sostenibili» – affermando che «dovrebbero essere dedicati principalmente ai sottosettori del trasporto che non possono essere facilmente elettrificati, ossia l’aviazione, il trasporto marittimo ed, eventualmente, parte del trasporto stradale pesante».
IL TAGLIANDO DEL 2026 E LE ELEZIONI DEL 2024
Il dibattito tra tutto elettrico e alternative a emissioni nulle, insomma, è ancora aperto a tre anni da quel «tagliando» che la Commissionesi èimpegnataa mettere in atto, per valutare i progressi di avvicinamento al target everifi-
Il Consiglio dell'Ue a fine maggio ha confermato che le prossime elezioni del Parlamento europeo si terranno dal 6 al 9 giugno 2024.Questeelezionisitengonoognicinqueanni,dagiovedì a domenica,normalmentenellaprimasettimanadigiugno.In taleoccasionel’attualeaccordotraletreprincipalifamiglie politichedell’Eurocamera – ilPartitopopolareeuropeo, i Socialisti&Democratici e i liberali di Renew Europe – potrebbe anche saltare e quindi rimettere in discussione alcune linee politiche.
care gli sviluppi della tecnologia. Nel documento con cui, nel giugno 2022, il Consiglio UE ha confermato lo stop ai motori endotermici al 2035 (mentre l’Italia aveva chiesto uno spostamento al 2040), si legge, infatti, che «nel 2026 la Commissione valuterà i progressi compiuti verso il raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni del 100% e la necessità di riesaminare tali obiettivi tenendo conto degli sviluppi tecnologici».
Ma ciò non vuol dire che è tutto risolto e la strada è spianata. La Commissione, dopo aver aperto agli e-fuel, ha annunciato un Regolamento ad hoc per il prossimo autunno: potrebbe essere l’occasione che il governo italiano attende per inserire le proprie istanze a favore dei biocarburanti. O per non escluderli in vista della verifica del 2026. Quando a decidere non saranno né l’attuale Commissione, né l’attuale Parlamento europeo, governato sostanzialmente da un accordo fra le tre principali fa-
miglie politiche dell’Eurocamera: il Partito popolareeuropeo, i Socialisti&Democratici e i liberali di Renew Europe.
Il votodella prossima primavera per rinnovare gli eurodeputati potrebbe cambiare questo equilibrio. È quello che si augurano, ormai esplicitamente, gli esponenti del governo italiano impegnati a inserire i biocarburanti tra le alimentazioni accettate. In un’intervista a La Stampa su bio-fuel ed Euro7, rilasciata subito dopol’adozione del Regolamento, il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, ha dichiarato testualmente: «Chiediamo alla Commissione europea di affrontare con realismo i due dossier ancora in campo per dare davvero la possibilità ai cittadini di adeguarsi in tempo utile. Se questo non dovesse accadere, siamo determinati a fare in modo che i dossier passino alla prossimaCommissione e al nuovo Parlamento che sarà eletto nel 2024».
10 luglio 2023
Elezioni
LE ISTITUZIONI EUROPA. IL DIBATTITO TRA LE ISTITUZIONI E I PAESI MEMBRI SULLA
6-9 GIUGNO 2024: L’EUROPA AL VOTO
Come avverrà LA VERIFICA DEL 2026
La verifica del 2026 è ormai diventata, per il governo italiano,l’ultimoappuntamentoperriuscire ainserireibiocarburantitralealimentazioni riconosciuteaimpattozerodiCO2 e,dunque, continuareausareimotoriendotermicianche dopoil2035.Lascadenzaèstataconfermata anchenell’ultimamodificaalRegolamentosulle emissioni di climalternati che all’art. 15 affida alla Commissione il compito di riesaminare «l’efficacia el’impatto»dellenormeadottate,valutare«in particolare i progressi compiuti» nel conseguire «gli obiettivi di riduzione» previsti, tenendo conto «degli sviluppi tecnologici, anche per quanto riguarda le tecnologie ibride ricaricabili, e dell'importanza di unatransizioneeconomicamentesostenibileed equa dal punto di vista sociale verso l'azzeramento delle emissioni». Sulla base, di questa valutazione, laCommissionepotrà«rivederegliobiettivi», valutando«l’impattodellafissazionedisoglie minime di efficienza energetica per le autovetture nuove e i veicoli commerciali leggeri nuovi a zero emissioni immessi sul mercato dell’Unione» e – se del caso – proporre modifiche al Regolamento. In realtà, dunque, il campo della verifica non è limitato al calcolo delle emissioni: bisognerà prendere in considerazioneanchelasostenibilitàsociale,il costo per gli automobilisti, l’impatto sulle aziende del settore. In ogni caso la strada non sarà facile. Anche se la norma sulla verifica può far rientrare dalla finestra la neutralità tecnologica uscita dalla porta, il primo passo necessario per far rinascere la neutralità carbonica dei biocarburanti è quello dimodificarelametodologiadiconteggiodelle emissioni, passando dal Tail-pipe (tubo di scarico) al
Life cycle assestment (ciclo di vita). I biocarburanti, infatti, raggiungono la neutralità carbonica perché sottraggono CO2 all’atmosfera in fase di produzione elarestituiscono(anchesoloparzialmentee dunque con un saldo positivo), mentre gran parte dell’elettricità prodotta oggi proviene da centrali alimentate con carburanti fossili.
A tre mesi dal varo del nuovo regolamento, tuttavia, laCommissionenonsembramuoversineppure per redigere gli atti delegati che aveva promesso a seguito dell’accordo con Berlino sugli e-fuel, che per l’Italia costituirebbe la base sulla quale appoggiare la richiesta di inserimenti dei biocarburanti. Come secreasseimbarazzometterenerosubianco quell’espressione«CO2 neutralfuels»riferitaai carburanti sintetici che però rischio di comprendere anche i bio-fuel.
La questione, insomma, più che tecnica è politica. Perquestoilgovernoitalianoconfida,perla verificadel2026,nelnuovoParlamentoenella nuovaCommissionecheuscirannodalleelezioni delprossimoannoechedovrebberoessere maggiormente sensibili alle sue istanze. Per questo l’europarlamentareFI-PPE MassimilianoSalini, relatoredelpareresulnuovoRegolamentoper le emissioni dei veicoli pesanti, ha denunciato a fine maggio il «preoccupante immobilismo» della Commissione. Ma anche per questo s’intensificano levocichelaCommissioneuscente,primadi andarsene,vogliablindareinqualchemodo l’ultimo Regolamento con dentro gli e-fuel e fuori i biocarburanti. Il governo italiano farebbe bene a stare con gli occhi aperti.
luglio 2023 11 TRANSIZIONE GREEN
NEUTRALITÀ TECNOLOGICA, CONTRO L’IMPREVISTO
di Umberto Cutolo
Una volta fissati gli obiettivi è il mercato a decidere le tecnologie per raggiungerli.
un principio che ha sempre regolato le procedure europee, ma era abbandonato per forzare la transizione green. A rilanciarlo, però, era stato già il governo Draghi. Quello attuale sta continuando su quella strada
La
posizione dell’Italia sulla questione delle alimentazioni a zero emissioni è riassunta nell’espressione «neutralità tecnologica». Due parole che sembrano fare il verso alla «neutralità carbonica» – lanciata nel 2016 dall’Accordo di Parigi e prevista dalla legge europea sul clima come obiettivo da raggiungere nel 2050 – che consiste nel raggiungere un equilibrio tra le emissioni e l’assorbimento di carbonio. Ma «neutralità tecnologica» – che suggerisce di lasciare al mercato la scelta delle tecnologie per raggiungere quel risultato – non è un’espressione nuova alle proceduredell’Unione. Accantonata soltanto ultimamente per spingere gli interventi pubblici previsti nel programma Fit for 55, per moltidecenniè stata alla base della regolazione europea del mercato interno. «È un approccio estremamente logico rispetto ai processi di innovazione», ha spiegato in un’intervista al Sole 24 Ore, l’economista Stefano Da Empoli , presidente dell’Istituto per la Competitività, «i cui risultati sono per definizione altamente incerti. Tecnologie oggi potenzialmente promettentipotrebberorivelarsi domani
meno efficaci o più costose del previsto e, all’opposto, tecnologie attualmente sottovalutate svilupparsipiù rapidamente di quanto atteso. Quindi, la neutralità tecnologica è un’assicurazio-
ne contro l’imprevisto, che è sempre dietro l’angolo nei processi innovativi. E in più ha il grande vantaggio di stimolare la concorrenza tra tecnologie alternative e dunque allarga il numero dei
E-fuel: quando nascono
UN CARBURANTE DI GUERRA
Icarburantisinteticinonsonopropriamenteunanovità.Anzi, tutt’altro. La loro prima apparizione data 1925, quando i chimici tedeschi Franz Fischer e Hans Tropsch brevettarono quel processo chimico – che prende il nome dai loro cognomi – utilizzato per produrre combustibili sintetici a partire da una miscela gassosa di monossido di carbonio e idrogeno (il cosiddetto gas di sintesi), che pretende temperature tra i 150 e i 300 °C, pressioni tra 10 e 40 bar e un letto catalitico costituito da ossido di cobalto, cobalto metallico e altri componenti. In questo modo la Germania nazista durante la Seconda guerra mondiale riuscì a realizzare idrocarburi partendo dalla gassificazione del carbone in arrivo dalla regione della Ruhr, in modo da contenere il fabbisogno di petrolio importato dall’estero.
È
12 luglio 2023 LE ISTITUZIONI ITALIA. LA POSIZIONE DEL NOSTRO GOVERNO SULL’IMPIEGO DEI BIO
player in grado di competere nei singoli mercati».
SBLOCCATO DAGLI E-FUEL
Ma l’accantonamento della neutralità tecnologica è saltato di fatto con l’apertura agli e-fuel concessa dalla Commissione
alla Germania. E infatti il principio è stato subito rilanciato dalla stessa presidente del Consiglio, Giorgia Meloni , davanti al Consiglio d’Europa (l’istituzione chiamata a individuare priorità e orientamenti politici dell’Unione): «Stiamo dimostrando che anche i biocarburanti rispettano
le emissioni zero», ha dichiarato la Meloni, «e quindi non c’è neanche bisogno di specificarlo tecnicamente, perché la tecnologia risponde a questi target e può essere utilizzata. Da questo punto di vista, penso le cose stiano andando bene, sono oggetto di discussione e approfondimento.
CARBURANTI
BIO E SINTETICI: SIMILI, MA DIVERSI
Con il termine e-fuel si indica una tipologia di carburante di origine sinteticaprodottotramiteunprocessocheutilizzal’anidride carbonica nell’aria e l’idrogeno ottenuto per idrolisi. Di conseguenza, per ottenerli serve molta energia elettrica e anche molta acqua. I biocarburanti, invece, derivano dalla trasformazione di sostanze origine vegetale o animale, come i rifiuti organici agricoli, animali, domestici e anche industriali.
Mi pare che, rispetto al testo iniziale, il lavoro che si sta facendo per riconoscere la neutralità tecnologica sia già una vittoria».
L’EREDITÀ DI DRAGHI
Né leparole di Giorgia Meloni sono una novità. Era stato già il governo di Mario Draghi a ripro-
I vari metodi per il calcolo
porre la neutralità tecnologica nel campo della transizione green. Il suo ministro della Transizione ecologica, il tecnico Roberto Cingolani (che non a caso ha continuato per qualche tempo a collaborare con l’attuale esecutivo), la indicò subito tra le «scelte di massima» concordate con il
MA COME SI MISURANO LE EMISSIONI?
presidente del Consiglio, in un’intervista alla «Staffetta quotidiana», nella quale delineava anche le ragioni delle posizioni diverse all’interno dell’Unione europea: «I Paesi che non producono macchine e non hanno una filiera automotive dicono: stop ai motori termici al 2030. Per lo più si tratta di Paesi piccoli e benestanti. Paesi che magari vendono petrolio e poi ci dicono che hanno il 60% di Tesla. Però i grandi Paesi che producono automobili e hanno una filiera automobilistica – Francia, Germania, Italia, Spagna – se accelerano troppo su quel fronte fanno unacatastrofe sociale». Aggiungendo, icasticamente a proposito dei primi: «Soprattutto se sono quattro gatti e gli basta mettere sei colonnine». Dunque, la neutralità tecnologica: «Dobbiamo accelerare e vedere cosa ci porta nel frattempo la nuova tecnologia».
Un’impostazione ripresa e rivendicata dal suo successore (non a caso ex vice ministro dello Sviluppo Economico nel governo Draghi), Gilberto Pichetto Fratin , il quale, subito dopo aver giurato da ministro, si premurò di ribadirlo: «La posizione delnuovo governo è di continuità rispetto all’esecutivo Draghi sulla neutralità tecnologica: dobbiamo conciliare le esigenze economiche, in-
Nellapolemicatra i fautoridellatrazioneelettrica e quellidelmotoreendotermicoconcarburantinon climalteranti ha assunto un rilievo particolare il tipo di rilevazione delle emissioni. Entrambe le parti, infatti, promuovono quello che penalizza maggiormente l’altro. Sostanzialmente i tipi di analisi sono quattro e si differenziano a seconda dell’arco di vita del veicolo e della sua alimentazione:
1. LCA Life - Cycle -Assestement. Universalmente riconosciuto come uno degli strumenti di analisi più validi, esamina l’intero ciclo di vita del veicolo (produzione, uso e smaltimento), seguendo un procedimento standardizzato. Molto spesso, tuttavia, un’analisi LCA non è possibile nella sua completezza, per la non disponibilità di qualche elemento. È un metodo che penalizza la trazione elettrica per le difficoltà di smaltimento delle batterie.
2. WTW Well-to-Wheel. Letteralmente «dal pozzo alla ruota» si concentra sulla fase di produzione del combustibile, fino al suo consumo, escludendo la produzione e lo smaltimento del veicolo. È il metodo che penalizza maggiormente
14 luglio 2023
Entrambiquindi,seppuretrovanoorigineinmodidiversi,non derivano da risorse fossili.
Cosa sono
LE ISTITUZIONI ITALIA. LA POSIZIONE DEL NOSTRO GOVERNO SULL’IMPIEGO DEI BIO
dustriali, produttive di un grande Paese come l’Italia e il peso che ha l’automotive, con quello che è obiettivo delle emissioni zero e di passaggio all’elettrico o a carburanti di tipo non inquinante e non climalterante».
L’ITALIA E I BIOCARBURANTI
Ma perché il nostro governo è così interessato ai biocarburanti? Lo spiega con poche parole ancora Da Empoli: «Per un Paese come l’Italia, che ha puntato tra i primi sul gas naturale ed è molto presente nella filiera automotive basata sul motore endotermico, l’adesione a un principio di neutralità tecnologica consentirebbe di non dover rinunciare alla leadership acquisita e contenere i costi della transizione, necessaria per trasformare integralmente il proprio sistema energetico e industriale. Inoltre, disponiamo di eccellenze assolute su tecnologie come i biocar-
la trazione elettrica, dal momento che gran parte della sua produzione è realizzata con carburanti fossili, riducendo grandemente il vantaggio complessivo per l’ambiente.
3. WTT Well-to-Tank. Letteralmente«dalpozzoalserbatoio»,copresololaprimapartedellaprecedente misurazione e si limita a esaminare i processi dall’estrazione dei combustibili (o dalla produzione dell’energia elettrica), fino al serbatoio (o all’accumulatore). È la misurazione che penalizza la trazione elettrica perché considera la CO2 – in positivo – assorbita in fase di produzione dai biocarburanti e – in negativo – quella consumata per produrre elettricità.
TTW Tank-to-Wheel. Letteralmente «dal serbatoio alla ruota», copre la seconda parte della WTW, ma si limita a valutare i processi dalla conversione dell’energia dal serbatoio al tubo di scarico. È il metodo preferito dai sostenitori dell’elettricità, perché penalizza maggiormente i biocarburanti non considerando la CO2 assorbita da questi ultimi in fase di produzione.
luglio 2023 15 CARBURANTI
LE
LA POSIZIONE DELL’ITALIA SUI BIOCARBURANTI
LaGermaniapuntamoltosuglie-fuelperchédatempoalcune aziende tedesche, non soltanto del mondo automotive (come Bosch e Porsche) ci hanno investito molte risorse. Più precisamente il Paese ospita attualmente cinque impianti di dimensioni rilevanti. Quello più grande è a Emsland, in Bassa Sassonia ed è stato dedicato dalla Ineratec alla produzione di e-cherosene. La stessa azienda vorrebbe realizzarne un altro nei pressi dell’aeroporto di Francoforte, anche perché gli e-fuel troveranno con ogni probabilità il loro principale utilizzo nel settore aereo, più in difficoltà nel fare ricorso ai motori elettrici.
AltriimpiantiimponentisonoquellidellaChemieanlagenbau Chemnitz, che mira a produrre un milione di litri all’anno dal 2030, e quello gestito dalla Synhelion Germany, dal Centro Aerospaziale Tedescoedall’IstitutoSolareJülichdell’UniversitàdiScienze Applicate di Aachen, che si trova presso il Brainergy Park Jülich, nella Renania Settentrionale-Vestfalia, dove è stato realizzato con contributo pubblico il primo impianto al mondo per la produzione industriale di combustibili solari.
L’Italia, invece, ha investito da anni sui biocarburanti, affiancando alla produzione di bioLNG (se ne producevano 100 mila tonnellate già nel 2022, tramite una trentina di impianti) anche un olio vegetale idrotrattato (HVO), realizzato da Eni negli impianti di Venezia e Gela (vedi p.62) e distribuito in 50 stazioni di servizio italiane per poter essere utilizzato da solo o miscelato con il gasolio derivato dal petrolio. È prodotto da materie prime di scarto e residui vegetali edaoligeneratidacolturenonincompetizioneconlafiliera alimentare, che Eni ottiene con il ricorso alla tecnologia Ecofining che consente di ottenere un biocarburante di qualità a prescindere dalla materia prima di partenza. È allo studio la fattibilità di una terza bioraffineria, a Livorno, per trattare 500 mila tonnellate di biomassa all’anno, mentre una bioraffineria con impiego di Ecofining è in fase di avviamento anche St. Bernard Renewables, in Louisiana (USA) in partnership con PBF Energy.
buranti, che potrebbero tenere in vita – accanto alla mobilità elettrica – quella attuale, in una prospettiva evidentemente evoluta». E dunque quella dei biocarburanti sembra unapartita che non possiamo permetterci di perdere. Spiegando l’astensione dell’Italia nel votosul Regolamento che ha aperto solo agli e-fuel, lo stesso Pichetto Fratin ha delineato la nostra strategia per i prossimi mesi: «L’Italia si è astenuta perché è stata ammessa la possibilità, come da nostra richiesta originaria, di poter avere dal 2035 una continuità con i motori endotermici. Noi siamo dei produttori di biocarburanti e naturalmente abbiamo ottenuto il fatto che si possa nei prossimi mesi, prima della verifica del 2026, aprire una discussione per provare un bilanciamento delle emissioni deibiocarburanti tra la parte di captazione di CO 2 e il momento del loro utilizzo. Credo che neiprossimimesi naturalmente dovremo valutare quella che è la neutralità tecnologica con delle prove scientifiche. Nel contempo,però, siamo anche nella condizione di dire che i motori endotermici ci saranno anche dopo il 2035».
Del resto, uno spiraglio tecnico nel documento finale c’è. Lo segnala il parlamentare europeo Massimiliano Salini : «Considerando il Regolamento che impone lo stop alle auto diesel e benzina dal 2035, si parla solo di ’ CO2 neutral fuels’ e non dei carburanti sintetici che si vorrebbe far credere essere l’unica soluzione green sostenibile per mantenere in vita il motore a scoppio. Sul piano tecnico è impossibile escludere i biocombustibili, la cui neutralità, come gli e-fuel, si basa su una compensazione tra CO2 sottratta nella produzione e quella emessa nell’utilizzo dei veicoli». Basterà?
16 luglio 2023
Dove li fanno
ISTITUZIONI
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INFRASTRUTTURE, INCENTIVI, BIO
I target fissati da Bruxelles per i mezzi pesanti hanno suscitato un ventaglio di reazioni da parte delle case. I costruttori europei sollecitano le infrastrutture di ricarica, gli importatori e i costruttori italiani chiedono anche incentivi. I concessionari rilanciano i biocarburanti
Chiha capito la tormentata incertezza dell’automotivenazionale ed europeo – dalle case costruttrici alla componentistica –è stato il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti Nel definire «piccoli» i risultati fin qui raccolti dal governo nella trattativa con Bruxelles sui biocarburanti, ha aggiunto, a proposito del full electric: «Quello che è positivo è che negli ultimi tempi questa sorta di dottrina non contestabile è stata messa in discussione: ci sono case automobilistiche che sono tornate sui loro passi e hanno capito che il giusto approccio è la neutralità tecnologica. Non c’è soltanto l’elettrico, ma anche altre forme per raggiungere gli obiettivi di sostenibilità ambientale». Partite di gran carriera nella corsa all’elettrificazione, bruciandosi i vascelli dietro le spalle (l’ACEA, l’associazione europea dei fabbricanti di autoveicoli, si era impegnata autonomamente, nell’aprile del 2021,
a bandire dal 2040 i motori endotermici dalla produzione), i costruttori – man mano che trascorreva il tempo – hanno cominciato a disseminare il loro entusiasmo di congiunzioni avversative, pur contenendosi nella critica all’uso dell’aggettivo «ambizioso» con cui hanno sempre più frequentemente definito il programma dell’Unione. Perché a un governo – nazionale o europeo – non si può dire esplicitamente di «no»: sono troppi i lacci e laccioli che legano qualunque settore industriale a chi decide. Ma un «sì, però…», spesso, è molto più efficace perché lascia margini di trattativa e permette di ottenere qualche contropartita. Meglio, dunque, sottolineare che l’obiettivo è «ambizioso»
I COSTRUTTORI EUROPEI
400 mila
Sono i camion a emissioni zero che, secondo ACEA, dovrebbero arrivare sulle strade per riuscire a ridurre del 45% la CO2 entro il 2030, integrati poi dall’immatricolazione ogni anno di ulteriori 100 mila veicoli a emissioni zero.
Per questo, quando la Commissione ha proposto i suoi target di abbattimento della CO2 per i veicoli pesanti (meno 45% dal 2030, meno 65% dal 2035, meno 90% dal 2040), i costruttori europei dell’ACEA hanno detto chiaro e tondo che «al fine di rispettare gli obiettivi, i produttori dipendono fortemente dal fatto che i responsabili politici e altri settori industriali (come i fornitori di infrastrutture di ricarica e rifornimento) siano all’altezza dello stesso livello di ambizione». Come a dire: noi stiamo facendo la nostra parte, siete voi (o meglio gli stati membri e i produttori di energia) ad essere inadempienti.
Una posizione – sulla quale ha ottenuto la convergenza dell’International road transport union, l’associazione mondiale delle imprese di autotrasporto – mantenuta ancora nell’ultima presa di posizione, a fine febbraio scorso, per sostenere che la domanda dei nuovi camion elettrici «è in rapido aumento, ma rimane gravemente limitata da insufficienti condizioni abilitanti cruciali, soprattutto dalla man-
canza di infrastrutture di ricarica e rifornimento». Per ridurre del 45% la CO2 entro il 2030, come proposto dalla Commissione europea, secondo ACEA dovranno essere in circolazione 400 mila camion a emissioni zero, con un’immatricolazione annua di altri 100 mila. Per alimentare questo numero di veicoli ci vorrebbero 50 mila punti di ricarica 35 mila dei quali ad altre prestazioni e almeno 700 stazioni a idrogeno. Peccato che al 2030 manchino solo sette anni: un problema che le due associazioni hanno scaricato sul trilogo, il tavolo di confronto fra Commissione, Parlamento e Consiglio, che ha già raggiunto un’intesa sul Regolamento per le infrastrutture (AFIR, Alternative fuels infrastructureregulation), scaricando a sua volta il problema sui paesi membri.
18 luglio 2023
LE ISTITUZIONI DOPO LA CORSA ALL’ELETTRICO, LE CASE ORA EVIDENZIANO DIFFICO
GLI IMPORTATORI ITALIANI
Paolo A. Starace, presidente della Sezione Veicoli Industriali dell’Unrae, l’associazione degli importatori italiani di veicoli esteri, mette invece sul tavolo anche biocombustibili e incentivi. Dopo aver ricordato – anche lui – che «tutti i costruttori di veicoli industriali hanno già da tempo abbracciato la transizione ecologica e hanno sostenuto negli anni ingenti investimenti per lo sviluppo di veicoli sempre più rispettosi dell’ambiente e sicuri» e sottolineato che già oggi «consegnano veicoli industriali elettrici con autonomia di oltre 500 km», non ha potuto non aggiungere che «esistono anche soluzioni ecologicamente valide per continuare a sfruttare i motori endotermici di ultima generazione, come ad esempio l’utilizzo di biocarburanti, tra cui il biodiesel HVO, che riducono le emissioni di CO2 fino al 95% rispetto al gasolio tradizionale o soluzioni già in stato avanzato di sperimentazione a emissioni zero come l’impiego di idrogeno sui motori a combustione». Perciò «le tempistiche delineate dalla Commissione UE sono stringenti, ma raggiungibili solo se nei prossimi anni sarà messa in campo dal Governo un’agenda che supporterà efficacemente la transizione energetica del comparto. L’adozione di nuovi veicoli
con tecnologie a zero emissioni, infatti, è al momento limitatissima in Italia perché non opportunamente sostenuta da infrastrutture di ricarica e distributive idonee e da incentivi adeguatamente parametrati». Con altri argomenti, ma come l’ACEA, insomma: noi abbiamo fatto la nostra parte, ora i governi devono fare la loro.
COSTRUTTORI
E CONCESSIONARI ITALIANI
Più palesemente preoccupati i costruttori italiani. È «impossibile», ha affermato l’Anfia commentando la decisione di Bruxelles sui veicoli pesanti, «sviluppare in così pochi anni – appena sette in riferimento al nuovo obiettivo intermedio per il 2030 – soluzioni tecnologiche in grado di dimezzare le emissioni di CO2 degli autocarri. Pur apprezzando l’inclusione dei motori a combustione interna alimentati a idrogeno, l’obiettivo per il 2040 mina il principio di neutralità tecnologica. Resta indispensabile creare le condizioni abilitanti: infrastrutture, incentivi all’acquisto, produzione di energia da fonti rinnovabili, sostenibilità dei costi per gli operatori». E scendono in campo anche i concessionari. Massimo Artusi, vice presidente di Federauto con delega ai Truck&Van, dopo le modifiche al Regolamento comunitario sui carburanti che aprono agli e-fuel, ha
50 mila
Sono i punti di ricarica che dovrebbero essere
installati in sette anni per poter alimentare, secondo ACEA, i 400 mila camion elettrici in circolazione al 2030 per rispettare gli obiettivi UE.
sostenuto che ora «accantonare i biocarburanti di fonte rinnovabile»,sarebbe «una scelta incomprensibile». Tanto più se si parla dei «veicoli commerciali medio-pesanti e autobus, dove il Bio-LNG appare sempre più come l’unica soluzione tecnologica percorribile per sostituire il gasolio in modo ambientalmente ed economicamente sostenibile».
luglio 2023 19 LTÀ
Sei costruttori usano la leva del pessimismo, i fautori dell’elettrico totale premono su quella dell’ottimismo, dando per fattibile, se non addirittura per scontato, il raggiungimento dell’«ambizioso» traguardo. Ma le conclusioni per entrambi sono le stesse: sono i governi che devono intervenire finanziando le infrastrutture di ricarica e l’acquisto dei veicoli (tradotto da «devono fissare traguardi ancor più ambiziosi»). Se però i costruttori, a fronte del loro pessimismo stanno riscoprendo il motore endotermico carbon neutral (biocarburanti ed e-fuel), l’ottimismo dei secondi li fa chiudere a riccio sull’alimentazione elettrica, quasi negando ogni altra possibilità o concedendola soltanto quando è proprio stradimostrato che l’elettricità non è in grado di risolvere il problema. Lungo questa esile linea di confine passano i veicoli pesanti, affrontati spesso dai movimenti ambientalisti fautori del full electric con qualche reticenza.
MOTUS-E: COMINCIAMO
DAI FURGONI
È il caso di Motus-E, associazione che raccoglie industrie e operatori favorevoli all’elettrificazione dei trasporti, e che ha dedicato ai veicoli commerciali (leggeri e pesanti) uno studio approfondito, realizzato da FIT Consulting. Il lavoro – intitolato «Roadmap per l’elettrificazione del trasporto merci su strada» – pur premettendo che quello dei truck è un settore duro da abbattere (pudicamente
Camion elettrici pronti
2035: IL SORPASSO DEL DIESEL IN ECONOMIA
Secondounostudio,realizzatodall’istitutoolandeseTNO e commissionatodaTransport&Environment,nel2035il99,8%dei camion elettrici sarà in grado di trasportare almeno la stessa quantità di merci gestita dai mezzi diesel, a parità di distanza e nel medesimo tempo, a fronte di costi inferiori in termini di possesso e utilizzo. Resterà fuori uno 0,2% di veicoli che dovrà effettuare una sosta aggiuntiva rispetto a quella prevista per legge, per effettuare una ricarica ulteriore.
definito hard to abate) e riconoscendo che vi sono «percorsi di decarbonizzazione concorrenti (es. idrogeno e biocarburanti), afferma che l’elettrificazione dei veicoli medi e pesanti è sempre più riconosciuta come un percorso promettente per ridurre sia l’inquinamento locale che le emissioni di CO2».
È la premessa per dedicarsi a prefigurare uno «Scenario Possibile» che, con il ricorso a incentivi, farebbe registrare al 2030 il 68,85% delle immatricolazioni di veicoli commerciali sopra le 3,5 ton. Per raggiungere questo obiettivo, tuttavia, sarebbero necessari – dal 2023 al 2030 – incentivi pari all’80% della differenza di costo rispetto a un veicolo a gasolio e l’esenzione totale dal pedaggio autostradale per tutto il periodo. In totale un
aggravio per lo Stato di 6 miliardi e 600 milioni di euro in 7 anni.
Per inciso, lo studio si occupa anche dei veicoli commerciali al di sotto delle 3,5 ton, per i quali il costo pubblico per arrivare al 62,12% delle immatricolazioni, comprenderebbe anche l’esenzione dal bollo e costerebbe 4 miliardi e 700 milioni, per un totale di spesa pubblica di 11 miliardi e 300 mila euro. Cifre di fronte alle quali lo stesso studio riconosce che «il primo segmento da avviare verso un processo di completa decarbonizzazionepossa essere quello relativo alle cosiddette consegne dell’ultimo miglio» e indica i veicoli leggeri impiegati dai corrieri per le consegne in città, che non supereranno i 100 chilometri di viaggio totale e percorrono sempre gli stessi itinerari.
20 luglio 2023
LE ISTITUZIONI GLI AMBIENTALISTI. LA POSIZIONE SUGLI HEAVY DUTY DIVIDE IL FRO
CI VORREBBERO 11 MILIARDI
Anche le organizzazioni favorevoli al full electric chiedono sostegni e infrastrutture. Ma mentre uno studio di Motus-E consiglia di partire con l’elettrificazione dei commerciali leggeri perché quella dei pesanti costerebbe troppo, Transport&Environment accusa la Commissione di non aver fissato per questi ultimi una riduzione del 100%
mentre del
PAGA LE COLONNINE?
perché agli incentivi bisogna agcosto delle infrastrutture di un altro recente studio (pecomplesso) di Motus-E, «Le infrastrutture di ricarica per il trasporto elettrico», affronta distinguendo gli investimenti privati da quelli pubblici. Per i primi sono previsti due scenari, uno di Base e uno Accelerato. Nello Scenario base i privati per elettrificare i propri depositi dovrebbero investire, per i mezzi pesanti, circa mezzo miliardo di euro per ottenere una produzione di 0,2 GW; nello Scenario Accelerato, l’investimento salirebbe a 5 miliardi e mezzo per 3,7 GW. La parte pubblicadovrebbe concorrere, invece, con un ulteriore incremento rispetto alla pianificazione di Commissione e Parlamento europeo che «prevedano rispettivamente 0,7 GW – 1,6 GW di potenza installata in Italia», pari secondo le stime di Motus-E a «circa 4.800 – 3.600 punti di ricarica per i veicoli pesanti». In conclusione, l’organizzazione chiede che «i target AFIR vengano approvati prima possibile» e che «si acceleri da subito sulle immatricolazioni dei veicoli pesanti elettrici».
giungere il ricarica che raltro assai merci
ciò, l’organizzazione chiede di innalzare in modo consistente la potenza minima delle stazioni di ricarica lungo le arterie della rete TEN-T e di aumentare a 7-800 kW la potenza minima di ricarica di ogni singola infrastruttura.
E ha confermato le stesse «ambiziose» previsioninella ruvida protestarivolta alla stessa Commissione, quando questa ha avanzato la proposta di fissare al 2040 il target del 90% della riduzione
delle emissioni nei camion nuovi. Alla notizia, Andrea Boraschi, Responsabile Veicoli Puliti di T&E Italia, ha replicato con asprezza: «Entro il 2035 i camion elettrici saranno più economici dei diesel, garantendo la stessa capacità di percorrenza e di trasporto merci. Senza una indicazione chiara da parte della UE, tuttavia, i mezzi diesel potranno continuare a inquinare i nostri polmoni e il Pianeta ben oltre lo stretto indispensabile».
il 97% dei camion viaggia non più di 800 km al giorno
I camion elettrici possono andare lontano
TRANSPORT &ENVIRONMENT: PIANETA A RISCHIO
Più perentoria la posizione di Transport &Environment, aggregazione di 51 associazioni ambientaliste, molto ascoltata dalla Commissione europea che ne è uno dei principali finanziatori. In una memoria presentata un anno fa alla Commissione Ambiente della Camera dei deputati, affermava che la Commissione europea sottostima il numero di camion elettrici a batteria che entreranno in circolazione nel decennio e di conseguenza il numero di infrastrutture previste da Bruxelles sono 4-5 volte inferiori al prossimo fabbisogno. In particolare, per-
AUTONOMIA E PESO: SFIDE VINTE
Quello dell’autonomia, secondo le associazioni ambientaliste, è un finto problema. Perché se si va a calcolare il chilometraggio medio percorso ogni giorno da un camion in Europa si scopre che nel 97% dei casi si rimane al di sotto degli 800 km quotidiani. E per coprire una tratta di questo tipo sarebbe sufficiente, vista l’autonomia media dei camion elettrici in commercio, effettuare una sola sosta, facendola coincidere con quella imposta dalle normative sui tempi di guida. Anche se sarebbe necessario a quel punto poter disporre di colonnine di ricarica veloce, al momento attuale ancora poco diffuse. Anche il problema della tara non sarebbe tale, visto che i camion impiegati nel lungo raggio possono raggiungere la stessa capacità di carico dei diesel, se si tiene conto del differenziale dato dalla sostituzione del motore endotermico e da un abbuono concesso dalle normative europee di 2 tonnellate.
luglio 2023 21
quota percentuale della flotta 10% 8% 6% 4% 2% 0% 1002003004005006007008009001000
media
(km)
distanza
percorsa giornalmente
(fonte TNO 2022)
NTE FULL ELECTRIC
AUTOCARRI AUTOARTICOLATI E AUTOTRENI
di Umberto Cutolo
POCO ELETTRICO, NELL’INCERTEZZA DEL DOMANI
Solo 19 immatricolazioni sopra le 3,5 tonnellate nel 2022, in attesa di idee più chiare su alimentazioni e rete di distribuzione. Crescono, invece, anche se lentamente, i leggeri elettrici, ma soprattutto gli ibridi per la possibilità di circolare liberamente nei centri urbani
C’èqualcosa che non torna negli altisonanti calcoli che annunciano l’immatricolazione di truck elettrici. Per quanto la svolta del camion a batteria venga annunciata dietro l’angolo (spesso ingenerando confusione tra veicoli leggeri e pesanti) e le case si rincorrano nel proporre nuovi modelli, i dati dell’Unrae – l’associazione degli importatori di autoveicoli – sulle immatricolazioni di veicoli commerciali al di sopra delle 3,5 tonnellate, nel 2022 registra soltanto 19 mezzi elettrici. Certo, è quasi il triplo degli 8 immessi in circolazione nel 2019 ma il confronto con i 24.611 a gasolio, in crescita di oltre 2.500 unità dai 22.058 del 2016, è impietoso. Se i fautori dell’elettrico possono vantare un aumento del 137,5%, quelli del diesel possono rispondere con una quota del 96,2% contro lo 0,1.
CRESCONO
I COMMERCIALI ELETTRICI
Diverso è il discorso per i veicoli commerciali al di sotto delle 3,5 tonnellate. Nel 2022, a trazione elettrica ne sono stati immatricolati – sempre secondo dati Unrae – 4.264, che non sono granché rispetto al totale di 160.809 immatricolazioni per quella fascia di peso, ma almeno rappresentano un modesto seppur dignitoso 2,7% del mercato. Per i leggeri, poi, va meglio se l’alimentazione elettrica è ibrida. Abbinata alla benzina (soprattutto) o al gasolio, lo scorso anno ha visto entrare in circolazione 17.487 mezzi commerciali, che rappresentano il 10,9% del totale. Una tendenza confermata nei primi quattro mesi del 2023, con l’immatricolazione di 2.188 BEV (in pratica in quattro mesi ne
sono stati immatricolati la metà dell’intero 2022) e 5.239 ibridi (in linea con lo scorso anno). Anche se assistiamo a un ritorno del diesel (+10,5% rispetto ai primi quattro mesi dello scorso anno) e un’ulteriore crescita del GPL (+26,1%, ma su numeri ridotti: 2.016 contro 1.599), favorito dai bassi costi e dal ridotto impatto ambientale che in genere li esclude dai blocchi della circolazione.
MA I PESANTI NON DECOLLANO
Insomma, mentre il furgone elettrico può sperare di conquistarsi una fetta di mercato sfruttando la sua utilizzabilità nelle aree urbane sempre più disseminate di limitazioni a tutela dell’ambiente, per il camion – quello sopra le 3,5 tonnellate di portata – c’è ancora molto da lavorare per
22 luglio 2023 IL PARCO CIRCOLANTE AUTOCARRI PER PESO E ALIMENTAZIONE (31.12.2022) no a 2,5 t 2,6 t 3,5 t SUBTOTALE no a 3,5 t 3,6 t 7,5 t 7,6 t 12,0 t 12,1 t 14,0 t 14,1 t 16,0 t 16,1 t 32,0 t oltre 32,0 t SUBTOTALE oltre 3,5 t n.d.TOTALE Gasolio 1.480.6301.965.3693.445.999160.562106.31118.624 26.828196.0912.402510.8181.5803.958.397 Benzina 185.70210.510196.2121.535710173 80365292.89225199.129 Benzina e GPL 48.53612.18260.71815510421 211022 4053 61.126 Benzina e Metano 73.0022.78675.788648 3 5121 93 1 75.882 Metano 11.3917.33618.72735418 -15288 - 675 19.402 Elettricità 8.8704.04212.912235 215 - 36 - 12.948 Ibrido Benzina 17.48714617.6331 - - 1 - 17.634 Ibrido Gasolio 1.68614.36116.0476 - - 6 -Non de nito 4941 90 2610236- 47514Altre 2316 39 2 2 --4 - 8 - 47 TOTALE 1.827.3762.016.7893.844.165162.728107.16818.82526.953196.8732.434514.9812.1234.344.565
LE IMPRESE IL MERCATO. LE STATISTICHE MOSTRANO LA REALE PENETRAZIONE TRA
convincere un mercato confuso e incerto che avrebbe bisogno di programmare i propri investimenti, ma non riesce a capire se davvero l’elettrico è dietro l’angolo, non solo con i veicoli, ma anche come costi, autonomia, rete di rifornimento. Nel dubbio, continua a comprare Euro VI (l’anno scorso ne sono stati immatricolati 24.611), con un ritorno di fiamma (un incremento del 3,5% rispetto al 2021) che vede le motorizzazioni a gasolio assorbire parte delle quote di GNL e metano, sperando che, con l’avvicinarsi del fatidico 2040, quando le case dovranno produrre il 90% dei propri veicoli a zero emissioni, le idee diventino un po’ più chiare. Vale per tutti l’aneddoto di un imprenditore dell’autotrasporto che, trovatosi di fronte all’ennesimo pesante elettrico, lo definì un «prototipo», nonostante le proteste del costruttore che lo presentava come di serie. La risposta dell’imprenditore fu inequivocabile: «Un veicolo che costa 380 mila euro, per me è un prototipo». Ma non è che le idee siano così chiare anche tra i veicoli leggeri: quell’incremento degli ibridi HEV (che si ricaricano con il motore a combustione), affiancati dalla crescita del GPL sono un preciso segnale che se da una parte c’è il timore di non poter circolare nei centri urbani (e allora si usa il motore elettrico) e dall’altra di quello di restare senza alimentazione in assenza di colonnine di ricarica a portata di mano (allora meglio il GPL). Timore confermato dallo scarso successo degli ibridi a spina (PHEV) che stentano a raggiungere le 700 immatricolazioni.
luglio 2023 23 IMMATRICOLAZIONI VEICOLI COMMERCIALI LEGGERI (fino a 3,5 t) 2022202120202019% 2022 var% 19-22 Gasolio 122.940153.759140.910166.79476,5-26,3 Benzina 8.7275.8945.4959.2515,4-5,6 GPL 4.8685.2062.5653.8623,0+ 26,0 Metano 1.8543.7754.7696.2961,2-70,5 Elettricità (BEV) 4.2643.6061.1401.0392,7+310,4 Ibrido HEV 17.48712.3395.3401.39210,9+1.156,2 Ibrido plug-in PHEV 6693483920,4 TOTALE 160.809184.927160.258188.636 Unrae (i dati 2022 sono provvisori) IMMATRICOLAZIONI VEICOLI COMMERCIALI PESANTI (oltre 3,5 t) 2022202120202019% 2022 var% 19-22 Gasolio 24.61123.76919.13522.05896,2+11,6 Benzina 0 3 1 10,0-100,0 GNL 673 9997581.0252,6-34,3 Metano 2654273044641,0-42,8 Elettricità (BEV) 19161180,1+137,5 Ibrido (diesel-elettrico) 113254750,0-85,3 TOTALE 25.57925.24620.26323.631
I VEICOLI COMMERCIALI
Congrande premonizione già nel 1999, il sociologo Zygmunt Bauman descriveva il mondo contemporaneo come «liquido», in cui cioè tutto è incerto, mutevole, fluido. A distanza di oltre due decenni, la metafora della «liquidità» è ancora estremamente attuale e dipinge la condizione sociale, economica e politica nella quale ci troviamo: una sorta di zona liminale, intermedia, transitoria e incompiuta, i cui approdi sono ancora un mistero. Il mondo del trasporto ben si presta a interpretare questa sensazione di assoluta incertezza, specie sul fronte del futuro dell’energia. Dove investire nella transizione, in quali tecnologie e in quali tempi, infatti, è per le imprese un rebus estremamente complesso, avvolto dal mistero. Eppure, affiora l’esigenza di una transizione «ordinata», senza ambiguità eapprocci ideologici, ma orientata a un processo serio, realistico, dove l’unica strada percorribile non può che essere quella della sperimentazioneconcreta, sul campo, senza marginalizzare una qualsiasi tecnologia. O almeno è quello che traspare dalle testimonianze di molti imprenditori interpellati dalla nostra rivista, e
che in queste pagine raccontano la loro visione sulla difficile transizione che attende il mondo dell’autotrasporto.
Oscar Zabai, presidente Autamarocchi:
«NON PRECLUDERE TECNOLOGIE VALIDE»
«Noi trasportatori non possiamo
dustria. Vediamo unafortissima accelerazione nello sviluppo tecnologico ma orientata su strade diverse, a testimoniare una scelta nonancora matura,ovvero con uno sviluppo tecnologico ancora in corso. Bisognerà considerare il costo dei nuovi mezzi e dell’energia elettrica o degli eco-carburanti. Sono tutti problemi che divente-
avere oggi la risposta che sta in mano al legislatore europeo, ai governi dei singoli paesi e all’in-
ranno evidenti prima del 2035, ovvero nel periodo della transizione. Importante in questa fase è, a mio
LE IMPRESE GLI IMPRENDITORI DI FRONTE AL REBUS ENERGETICO 24 luglio 2023
IL CORAGGIO DI SALTARE di
Gennaro Speranza
Le aziende si dimostrano pronte e attente a cogliere l’innovazione che porta a ridurre le emissioni inquinanti derivanti dal trasporto su strada. Tutte però hanno lo stesso interrogativo: quale sarà il motore del futuro? Su quali tecnologie andrebbero orientati gli investimenti e su cosa è più sensato scommettere?
trasporto
La strada più promettente passa dalla sperimentazione di un mix di soluzioni avviso, non precludere nessuna scelta, nessuna tecnologia che porti agli obiettivi della «carbon free» post 2035. Ad ogni modo, noi siamo pronti a cogliere quell’innovazione che porta a ridurre le emissioni di gas ad effetto serra, accompagnando la nostra azienda verso il futuro. La nostra flotta continua a essere costantemente aggiornata. A partire dal secondo semestre 2022, sono arrivati i nuovi camion diesel in classe Euro 6e, un ulteriore passo avanti quanto alla riduzione delle emissioni. A inizio anno abbiamo messo in strada anche ai nuovi LNG sempre in classe E6e, con l’opportunità di alimentarli a biometano. Recente-
Il sondaggio di Uomini e Trasporti
Parola a chi guida
Stiamo andando incontro a un trasporto sempre più «green» e pulito, con alimentazioni a zero o a ridotto impatto ambientale. Ma al di là di quelle che saranno le decisioni politiche sulle motorizzazioni, gli autisti come si immaginano il camion del futuro? Abbiamo rivolto questa domanda direttamente ai diretti interessati, attraverso un sondaggio lanciato sui nostri canali social (facebook, instagram, linkedin, twitter). E le risposte vanno in controtendenza rispetto a quanto prospettato dal mondo imprenditoriale. Gli autisti immaginano un futuro in cui sarà ancora il diesel a farla da padrone. Su un totale di circa 150 rispondenti, la maggioranza degli interpellati (il 56,3%) dichiara infatti ancora «lunga vita al diesel, con tecnologie per renderlo sempre più pulito». Tra le altre alimentazioni, prevalgono di poco i biocarburanti e i carburanti sintetici (con il 18%) rispetto alla soluzione elettrica o a idrogeno (17,2%). Solo l’8,6% vede fattibile una coesistenza di più soluzioni per andare incontro alla transizione. Tra i commenti pervenuti in risposta al sondaggio, Simone I. ci scrive: «Io sono pro-diesel e molto legato ai mezzi d'epoca, fatico a relazionarmi con la tecnologia o idee troppo futuristiche, anche se ho 39 anni. Ma capisco che il diesel come lo conosciamo non è per sempre, purtroppo. Ma realisticamente parlando credo sia meglio puntare sui carburanti sintetici, in modo da usare il camion come lo abbiamo sempre usato, senza gli impicci delle ricariche e delle batterie». Per Matteo D., «il motore diesel è un gioiello della tecnologia, anche se l'utilizzo di più soluzioni ottimizzerebbe l'impatto. Indubbiamente il primo step è produrre biocarburanti in economie circolari a bassissimo impatto». Silvia C. sottolinea come si debba trovare «una soluzione ibrida: i mezzi elettrici per trasporti più brevi e i mezzi diesel per i trasporti più lunghi, perché oggi i costi sono ancora molto elevati, si è limitati nel chilometraggio e soprattutto mancano i punti di ricarica. Credo che la valutazione debba essere fatta in base alla tipologia di lavoro».
luglio 2023 25
GLI AUTISTI VEDONO LA TRANSIZIONE DEI CAMION Lunga vita (ancora) al diesel con tecnologie per renderlo sempre più pulito BEV per missioni a corto raggio, idrogeno per il lungo raggio Biocarburanti e carburanti sintetici Promozione di più soluzioni 8,5% 18% 17,2% 56,3%
COME
GLI AUTISTI RESTANO AFFEZIONATI AL CARO VECCHIO DIESEL
In una situazione caratterizzata da grandi incertezze, c’è un elemento che sta attirando l’interesse delle imprese negli ultimi anni: il ricorso al noleggio per la gestione delle flotte di camion. Sempre più aziende di trasporto e logistica la prendono in considerazione come valida alternativa all’acquisto, perché viene visto sia come servizio scaccia-pensieri, dove cioè non ci si deve preoccupare delle questioni amministrative, sia come strumento per testare tecnologie e veicoli sempre nuovi, senza pensare al valore residuo al termine del periodo di utilizzo.
Dino Menichetti, regional manger di Fercam, lo dice espressamente: «Confermo che stiamo valutando lo scenario del noleggio perché ci dà la possibilità di sperimentare le nuove tecnologie. Tra l’altro parliamo di soluzioni, come per esempio nel caso dell’elettrico, che cambiano molto rapidamente in termini di efficienza e durabilità. E quindi diventa problematico investire oggi in un qualcosa che rischia di diventare obsoleto magari già tra un paio d’anni. Per questo con i produttori stessi stiamo valutando scenari di noleggio che vanno dai due ai quattro anni, anche perché mentre con l’acquisto è possibile conoscere sin da subito il valore residuo di un veicolo con motore endotermico, sui mezzi elettrici è difficile azzardare una previsione in questo senso, a causa della svalutazione delle batterie, della disponibilità futura delle infrastrutture di ricarica e così via».
Per Domenico De Rosa, Ceo di Smet, il noleggio è «una modalità operativa per rendere in qualche modo sostenibile la transizione energetica, dal momento che l’acquisto di prodotti la cui vita è sconosciuta in termini di durata renderebbe assolutamente poco competitivo il TCO di un’impesa di autotrasporto. Basti pensare che un camion elettrico costa almeno tre volte uno tradizionale, trasportando circa la metà».
mente abbiamo iniziato a testare i nuovi carburanti HVO; una nuova pagina che abbiamo appena iniziato a scrivere, ma che sembra molto promettente».
Dino Menichetti, regional manager Fercam: «L’APPROCCIO OLISTICO
È LA CHIAVE»
«Rendere concretamente attuabile il passaggio verso modalità di trasporto sostenibili è una sfida complessa. Nei prossimi anni, infatti, con il predestinato addio ai motori termici, ci si troverà a valutare una molteplicità di veicoli alimentati in vario modo e scegliere quello più adatto per la propria missione di trasporto potrebbe non essere
26 luglio 2023 LE IMPRESE GLI IMPRENDITORI DI FRONTE AL REBUS ENERGETICO
A qualcuno piace a noleggio UN’ARMA CONTRO L’OBSOLESCENZA
così semplice. Noi ci stiamo muovendo con un approccio olistico, fatto non di una sola soluzione, ma di molteplici. Per l’autotrasporto sulle lunghe distanze impieghiamo camion alimentati a biodiesel e biometano, mentre per la distribuzione regionale e urbana puntiamo sufurgoni elettrici per la massa di 3,5 tonnellate e a metano per quelli da 7,2 tonnellate. Il nostro impegno per ladecarbonizzazione si riflette anche nella stipula di accordi con differenti stakeholder della filiera dell’idrogeno per collaborare nella ricerca, nello sviluppo e nella sperimentazione non solo di veicoli, ma anche di tecniche di retrofittingdei mezzi. Abbiamo infatti attivato una collaborazione con il Cnr di Messina per la realizzazione di un primo prototipo di veicolo a idrogeno convertendo un veicolo diesel della nostra flotta. Questa è decisamente la parte interessante e complementare della nostra strategia, che prevede quindi non solo l’introduzione di nuovi veicoli a zero emissioni, ma anche attività di conversione della flotta circolante».
Domenico De Rosa,
Ceo Smet:
«IL FUTURO PASSA
DA SCELTE POLITICHE RESPONSABILI»
«In questo mare di incertezze, il maggior rischio è che l’ottimo di-
venti nemico del bene. Ovvero che ponendosi obiettivi troppo ambiziosi, si finisca per ottenere l’opposto di quel che si desidera conseguire perdendo ciò che di buono si ha. Con ciò voglio dire che la transizione energetica nel trasporto pesante non può essere trattata alla stessa stregua della mobilità civile, ma deve essere declinata in maniera ampia, con la necessità di utilizzare tutte le tecnologie che possono portare alla neutralità
carbonica. A mio giudizio, non immagino per il trasporto pesante un futuro elettrico, né tantomeno lo auspico. Ritengo piuttosto che sia fondamentale arrivare all’appuntamento della costituzione del nuovo parlamento europeo nel 2024 con un approccio meno ideologico e più realistico, perché tutto quanto fatto fino ad oggi ha messo in difficoltà e in apprensione sia i produttori, sia le imprese, sia i cittadini, che non sanno quale sia la strada giusta per il futuro. Trovo inaccettabile, ad esempio, che per decreto vengano soppresse delle tecnologie valide come quelle dei biocarburanti. Il mioauspicio è che tutte le misure normative siano ispirate al buon senso. Il futuro prevederà necessariamente un ventaglio di tecnologie, perché è l’unica strada possibile. Non una soluzione, ma più soluzioni per affrontare la transizione».
Luca Chiggiato, AD Chiggiato Trasporti:
«LARGO A SISTEMI IBRIDI E BIOCARBURANTI»
«In Italia non siamo ancora pronti per il tutto elettrico, dal momento che la rete infrastrutturale è ancora deficitaria, specialmente al Sud,
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e i tempi per implementarla sono lunghi. È per questo che crediamo moltonell’ibrido come soluzione-ponte, una tecnologia peraltro che è già disponibile e che da qui a dieci anni potrebbe fare la differenza. Di recente, ad esempio, abbiamo fatto entrare in flotta alcuni Scania ibridi che dispongono di una batteria che si autoricarica in movimento, ma soprattutto il veicolo viaggia in elettrico sotto i 55
km/h e in questa modalità percorre 20 km. Quanto basta per entrare nei centri urbani senza inquinare né produrre rumore. Molto interessante poi è anche il biodiesel HVOlution, prodotto da Eni usando l’olio vegetale idrotrattato. Si tratta di una nuova soluzione che mira a ridurre le emissioni di CO2 fino al 90% nell’intero ciclo di vita. A breve avremo un incontro proprio con Eni per saperne di più. A mio avvi-
so, questa tecnologia potrebbe rappresentare, insieme all’ibrido, una strada concreta da percorrere per decarbonizzare il trasporto, sia per le missioni a corto che a lungo raggio».
Eugenio Zaninoni, presidente Coap Piacenza: «ALL’ORIZZONTE C’È L’IDROGENO»
«Ad oggi non è ancora chiaro come potrà essere la transizione energetica nel trasporto pesante. Si parla di tante tipologie di alimentazione, ma sicuramente una soluzione che considero poco affidabile è l’elettrico a batteria (BEV). Per la semplice ragione che le autonomie non garantiscono lunghe percorrenze, le batterie pesano molto più dei normali motori a combustione interna, andando a penalizzare le capacità di trasporto, e impiegano ancora parecchio per ricaricarsi. L’elettrico magari può aver senso per ladistribuzioneurbana, ma per chi, come noi, effettua trasporti su tratte da 500 o 600 km al giorno, con mezzi da 30 tonnellate, quindi da 44 a pieno carico, è una soluzione impensabile. C’è bisogno di un sistema più efficiente e adeguato allo scopo. Piuttosto,
LE IMPRESE GLI IMPRENDITORI DI FRONTE AL REBUS ENERGETICO 28 luglio 2023
per il futuro sono più propenso per la tecnologia dell’idrogeno (FCEV), dal momento che garantisce maggiori autonomie e un minor tempo di rifornimento. Perché non dimentichiamoci che è questo il punto focale del trasporto: l’ottimizzazione dei tempi e delle distanze. Un camion guadagna quando è in movimento e va in perdita quando è fermo. E se si vuole immaginare il trasporto di domani, bisogna sempre partire da questo principio fondamentale».
Silvio Camanini, presidente GAM Mantova:
«OLTRE ALLA
TRANSIZIONE C’È DI PIÙ»
«Voglio essere schietto e sincero: la grave crisi energetica che stiamo attraversando, esacerbata dal conflitto russo-ucraino, con tutte le speculazioni che ne sono conseguite, è stata per molti una brutta sorpresa. Vedere il prezzo del metano schizzare alle stelle, superando addirittura il gasolio, è stato svilente per chi ha deciso di investire nel rinnovamentodella flotta con veicoli ad alimentazione alternativa. Detto ciò, penso che per i prossimi sette o otto anni la farà da padrone ancora il gasolio.
Poi dopo bisognerà capire bene la direzione delle politiche governative e delle case costruttrici. Ma in ogni caso ci vorranno delle garanzie. Perché non ha senso acquistare un mezzo a caro prezzo se poi l’energia che serve per muoverlo è costosissima.Ma soprattutto, in qualsiasi direzionesi andrà, bisognerà partire con il domandarsi: «Di cosa avrebbe bisogno il trasporto per vivere in modo più tranquillo?». Il mondo si è accor-
to dell’importanza degli autotrasportatori soltanto nel momento dell’emergenza pandemica, poi tutti se ne sono di nuovo dimenticati. E allora, prima di parlare di transizione, di fondi e di incentivi, affrontiamo i problemi più urgenti che abbiamo, come la carenza di autisti e la crisi della professione. Del resto, chi guiderà i camion di domani se nessuno vuole più fare questo mestiere?».
luglio 2023 29
RIPULIRE L’AUTOTRASPORTO. NON SOLTANTO DALLE EMISSIONI
La transizione è utile per chi mira a pulire l’ambiente. Ma qui si tratta anche di eliminare da un settore tanti strati di sporco. Quelli costituiti da richieste “fuori dal tempo” della committenza, da mancanza di piani cazione, da carenza di infrastrutture in cui ricaricare autisti stanchi e da tante altre carenze da sottoporre a metamorfosi
«Leparole che usi dicono da dovevieni, quellechesceglidove vuoi andare». Ho letto questa frase di Paolo Borzacchiello mentre ragionavo su cosa scrivere a proposito di transizione energetica. Ed è stata assolutamente illuminante. Ho capito, cioè, che la transizione è un ponte per arrivare a una sostenibilità, ma affinché tale condizione diventi possibile sono necessari tre pilastri: uno ambientale, uno sociale e uno economico. Cosa vuol dire? Vuol dire che non inquinare potrebbe anche essere facile: se hai una fabbrica che sputa fuori emissioni nocive potrebbe essere sufficiente spegnerla per rispettare l’ambiente. Ma se tutto si riducesse a questo tanti dipendenti di quella fabbrica respirerebbero un’aria migliore, ma non avrebbero di che campare.
Chiavi e metamorfosi
Ecco perché ci vuole la chiave giusta. Perché se è soltanto simile, non ti porterà da nessuna parte. Cosa che ho imparato personalmente quel giorno che ero convinta di aver rotto la serratura del camion, ma in realtà provavo ad aprirlo con la chiave di un mio collega. E ovviamente non si apriva.
La chiave giusta, allora, è quella di scegliere quale autotrasporto condurre verso una transizione. Perché penso che, prima di instradarlo in questo complicato percorso, prima di poter giungere a destinazione, xsia necessario ottenere una metamorfosi di tanti pezzi del settore. Transizione e metamorfosi: apparentemente anche questi due termini sembrano simili. In realtà con «transizione» si indica un passaggio da una situazione a un’altra, sia in senso statico che dinamico, senza portare per forza uno stravolgimento; «metamorfosi», invece, esprime un’autentica trasformazione della forma, presupponendo un mutamento della propria natura.
L’insostenibilità dell’attuale autotrasporto
Il punto è tutto qui: se buona parte dell’autotrasporto non muta la sua natura, se non si libera degli attuali processi, non potrà mai giungere a una transizione. E se anche ci arriverà, molto probabilmente non avrà di che campare. Lo dico ancora più chiaramente: tanto dell’attuale trasporto merci spesso non è sostenibile a causa delle modalità ope-
rative imposte dalla domanda. Quindi, gli si può anche chiedere di diventare sostenibile ricorrendo esclusivamente a veicoli elettrici, ma non ha molto senso. Anzi, finirebbe per essere un approccio semplicistico e fuorviante, perché elimina la scia di emissioni prodotta dall’autotrasporto, ma lascia intatta la sua sostanza. Ci si “adegua” al cambiamento imposto dall’Agenda 2030, senza però interiorizzarlo e condividerlo.
Per rendersene conto basta guardare alla condizione attuale del nostro settore, basata esclusivamente sulla disponibilità di mezzi e autisti e messo in crisi – di conseguenza – dalla loro carenza: pianificazione, organizzazione, visione strategica sono optional che trovano accesso in poche aziende. Prova ne sia che, nel vuoto lasciato dalla mancata programmazione, i tempi di attesa prendono il sopravvento e quasi eguagliano quelli del lavoro. Da qui la domanda: ma l’elettromobilità è compatibile con tale improvvisata condizione? Secondo me è complicato. È complicato perché in un mondo elettrico i veicoli necessiteranno di soste più o meno lunghe per le ricariche, quando già oggi un autista arriva a guidare media-
30 luglio 2023
LA TESI DI LAURA STORIE DI STRADA
VALGONO UN MASTER
CHE
di Laura Broglio Autista e Blogger
mente soltanto il 55% del tempo di una giornata lavorativa. Senza dimenticare che a tenere alta la media ci pensano quegli schiavi della distribuzione, spesso immolati sull’altare della fretta, perché chiamati a caricare frutta e verdura la sera a Bari per consegnare alle 5 del mattino in un qualche mercato generale del Nord. Se vogliamo far ricaricare questi camion ingoiati dalla notte dobbiamo prima sottoporre a metamorfosi questo sistema.
Ma è complicato anche perché il mondo elettrico necessita di ricariche e le apposite colonnine richiederanno spazio all’interno di quelle aree di sosta in cui oggi non riescono a trovare parcheggio nemmeno i camion. Allora non ho nulla contro le colonnine, ma non è possibile che in un’area di sosta diventino in numero superiore rispetto alle docce. Quindi, anche le aree vanno sottoposte a metamorfosi per rendere più dignitosa e umana la sosta di chi vi trascorre un terzo della propria vita lavorativa.
L’inquinamento da capricci della committenza
Ma è complicato soprattutto perché oggi tanta committenza del trasporto predica sostenibilità al mattino presto mostrando un animo quanto mai lindo e poi alle 13 invia gli ordini per avere la merce in consegna la sera stessa.
E a quel punto, spesso, a farsi carico di quegli ordini non è un autista normalmente dedicato a quel giro, con i tempi calcolati insieme al pianificatore di percorso in dotazione con i veicoli elettrici. A caricare è qualcuno rientrato da chissà dove, stanco e provato, che magari raccatta qualche viaggio di ritorno per contenere al minimo i chilometri a vuoto
percorsi. Perché oggi un trasporto è pagato (comunque poco) quasi sempre a percorrenza, anche se per portarlo a termine si brucia nell’attesa un’intera giornata lavorativa e, quindi, si cerca di recuperare qualcosa percorrendo tutti i chilometri previsti nel tempo che rimane.
E allora vogliamo sottoporre a metamorfosi queste modalità organizzative, questi ritmi insicuri e queste tariffe svuotate di margine prima di poter chiedere a un’azienda di pagare il triplo o il quadruplo per un camion elettrico?
Parole a forma di container
Sia chiaro: è giusto, doveroso e anche inevitabile parlare di transizione energetica, ma prima di metterla in pratica bisogna controllare bene con quale chiave si intende aprire la strada e chiedersi se non sia il caso, prima di incamminarsi, di rivedere l’intera filiera logistica, restituendole un assetto coerente – anche qui –con l’etimologia del termine (logistikos in greco significava «con senso logico»).
Le parole non sono bolle di sapone con
cui lavarsi la coscienza o con cui far volare nell’aria discorsi estranei alla realtà. Le parole sono contenitori in cui caricare significati fattuali importanti.
Io non ho nulla contro la parola «transizione» o la parola «sostenibilità», ma se devo immaginare il mio futuro mi piace usare la parola «metamorfosi». Non mi interessa evolvere in qualcosa di simile, continuare cioè a lavorare in modo “sporco”, ma pulito soltanto in termini di emissioni. Mi piacerebbe stravolgere il settore, cancellarne le storture, fare in modo che al suo interno le persone abbiano più valore delle merci, che i ritmi di consegna siano più dilatati e umani e che la logistica faccia della “logica” il suo punto di forza.
In questo modo la transizione sarà non solo energetica, ambientale o sociale, ma globale. Tutte le risorse (anche umane) saranno preservate e avremo, finalmente, un trasporto che potrà compiere la sua funzione: mentre consegna le nostre necessità, ci trasporta verso il futuro che vogliamo davvero costruire.
Oggi ci sono tanti schiavi della distribuzione, spesso immolati sull’altare della fretta, perché chiamati a caricare frutta e verdura la sera a Bari per consegnare alle 5 del mattino in un qualche mercato generale del Nord. Se vogliamo far ricaricare questi camion ingoiati dalla notte dobbiamo prima sottoporre a metamorfosi questo sistema sistema
e notizie su autotrasporto e logistica. Fatti accompagnare nelle tue missioni di trasporto: inquadra uno dei QR Code che trovi in basso e... sei subito sintonizzato.
LA SOSTENIBILITÀ POCO SOSTENUTA
Tutti parlano della necessità di sostenere la transizione ecologica del parco mezzi attraverso un supporto nanziario pubblico alle imprese di autotrasporto. Ma sono davvero su cienti gli attuali strumenti in vigore? Cosa si dovrebbe fare di diverso?
Marcello P_Lucca
Lascelta di gestire la transizione ecologica dei trasporti tramite provvedimenti dirigistici poco compatibili con i fisiologici tempi di adeguamento del mercato sta impattando anche sulla scarsa efficacia degli strumenti finanziari messi a disposizione dallo Stato.
La transizione ecologica, infatti, comporta innanzitutto maggiori costi per le imprese, specie se si imposta il processo quasi esclusivamente verso la cosiddetta “elettrificazione”, che impone investimenti per l’acquisto di veicoli full electric dalle tre alle quattro volte superiori a quelli convenzionali. Infatti, allo stato attuale di maturazione tecnologica del prodotto medio, il delta-prezzo tra un veicolo commerciale superiore alle 16 tonnellate ad alimentazione elettrica rispetto a un analogo diesel di ultima generazione va dai 120 ai 200 mila euro.
Un valore di investimento elevatissimo, a cui non fa da contraltare alcun risparmio operativo in termini di Total Cost Ownership, considerando i considerevoli aumenti dell’energia elettrica di questi ultimi mesi, specie di quella erogata dai (pochissimi) impianti di ricarica di tipo “fast”, che all’atto pratico sono gli unici che si possono considerare relativamente interessanti per le missioni tipiche dell’autotrasporto.
È perciò indispensabile da parte dei ministeri competenti l’attuazione tempestiva di una politica di incentivazione all’acquisto di veicoli innovativi che tenga conto delle reali dinamiche di spesa a carico degli autotrasportatori, se non si vuole correre il rischio di rendere i target della transizione un ulteriore (e forse definitivo) fattore di decrescita competitiva del comparto.
Attualmente, il sistema di incentivazione all’acquisto dei veicoli BEV (Battery Electric Vehicle) appare decisamente insufficiente e poco attrattivo per gli operatori. Dal 26 giugno è operativa la piattaforma RAM per le prenotazioni del Fondo Investimenti regolato con DM 97/23, che mette a disposizione appena 2,5 milioni di euro per l’acquisto di veicoli ad «alimentazione alternativa» (espressione che include, oltre ai
I fondi pubblici messi a disposizione delle aziende di autotrasporto per l’innovazione del parco veicoli si limitano ai 17,5 milioni dei due Fondi Investimenti gestiti da RAM e agli altri 15 milioni gestiti da Invitalia. Si tratta di risorse del tutto ine caci per coprire i maggiori costi dei veicoli commerciali di ultima generazione
BEV, anche i C/LNG e gli ibridi), prevedendo un’intensità d’aiuto per la gamma BEV di 24 mila euro per un pesante superiore alle 16 ton e di 14 mila euro per un medio-leggero tra le 3,5 e le 7,0 ton. Significa una copertura del delta-costo rispetto a un veicolo a combustione interna di poco superiore al 10%. Davvero troppo poco per poter definire l’incentivo «interessante».
La dimostrazione evidente dell’insufficienza e della scarsa attrattività degli incentivi in vigore è data dalle risultanze del cosiddetto Fondo Investimenti Elevata Sostenibilità, regolato dal DM 461/21, che ha messo a disposizione per quest’anno 10 milioni di euro a supporto degli investimenti per l’acquisto di veicoli commerciali ad «alimentazione alternativa». Ebbene, lo scorso 28 aprile è scaduto il periodo di prenotazione e quasi il 30% delle risorse non è stato utilizzato, per complessivi 2,7 milioni di euro che rischiano di essere “recuperati” dal MEF – sottraendoli all’autotrasporto – in maniera analoga a come avvenne nel 2022 con i circa 6,5 milioni di euro non spesi.
Una condizione di totale inefficacia confermata anche dall’Ecobonus per i veicoli commerciali BEV N1 e N2 gestito da Invitalia, che cuba 15 milioni di euro, al punto che il MIMIT sta correndo ai ripari per una profonda revisione.
Come già approfondito in questa rubrica sul n. 388, si tratta di una misura ignorata dalle PMI, a cui eppure è riservata, a causa di meccanismi incompatibili con le dinamiche del mercato, quali la rottamazione obbligatoria
(è inverosimile ritenere che vi siano PMI interessate all’acquisto di veicoli BEV e che abbiano ancora nel parco veicoli ante euro 4/IV da rottamare) e il divieto di leasing e di noleggio a lungo termine (esattamente le modalità con cui viene acquisito il 95% dei veicoli commerciali Full Electric).
E mentre tutti si stanno chiedendo che fine abbiano fatto i 300 milioni stanziati in Legge di Bilancio 2022 (nell’ambito del cosiddetto Fondo per la Mobilità Sostenibile da circa 2 miliardi), riservati al sostegno per gli investimenti per camion e furgoni BEV e per le relative infrastrutture di ricarica, resta diffusa la sensazione imbarazzata di trovarsi di fronte al tipico «matrimonio con i fichi secchi».
Cosa occorre fare, quindi, per accompagnare concretamente le imprese nel processo di transizione ecologica?
Forse sarebbe opportuno che, per accompagnare le imprese di autotrasporto verso investimenti coerenti alla sostenibilità del settore, i ministeri competenti mettessero a terra un piano di investimenti pluriennale, con risorse compatibili con il fabbisogno fondato sul criterio della neutralità tecnologica e regole compatibili con le reali dinamiche di mercato, cumulabile con forme di defiscalizzazione sul tipo Transizione 4.0 e credito d’imposta Beni Strumentali.
32 luglio 2023
IL SALVAGENTE OSSERVATORIO SUGLI AIUTI PUBBLICI
PER
L’AUTOTRASPORTO di Massimo Santori founder MS Italiainvestimenti
L'A L'A l’Agenda di
luglio 2023
A cura di Anna De Rosa
• Il tachigrafo di transizione
• Credito di imposta per acquisti LNG
• Agevolazioni contro il caro bollette
IL TACHIGRAFO DI TRANSIZIONE
ConlapubblicazionedelRegolamentoUE2023/980 –modificativo del regolamento di esecuzione UE 2016/799 e UE 2021/1228 – è entrato in vigore un regime transitorio sugli obblighi di installazione del tachigrafo intelligente sui mezzi immatricolati a partire dal 21 agosto 2023 e sull’utilizzo del servizio aperto di autenticazione dei messaggi di navigazione di Galileo. Considerato che tale sistema non sarà a regime per tutto il 2023. Quando il servizio sarà definitivamente disponibile,basteràeffettuareunaggiornamentodel software del tachigrafo per ottenerne la piena operatività. Nel c.d. “Pacchetto Mobilità” e nel Regolamento di esecuzione
• La comunicazione prezzi dei carburanti
• Incentivi rinnovo parco autotrasporto
UE2021/1228infatti,erastatodispostoche,entroil21 agosto 2023, tutti i veicoli di nuova immatricolazione di peso superiore a 3,5 tonnellate, dovessero installare il tachigrafo intelligente di seconda generazione in grado di registrare automaticamente il momento preciso di attraversamento delle frontiere e di localizzare le attività di carico e scarico attraverso un servizio aperto di autenticazione dei messaggi di navigazione di Galileo (OSNMA).
I tachigrafiditransizionedovrannoaveretuttele caratteristiche tecniche previste per i tachigrafi intelligenti, ad esclusione del suddetto servizio OSNMA.
CREDITO D’IMPOSTA PER ACQUISTI LNG
Con questo decreto il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha dato istruzioni operative in merito alla richiesta del credito d’imposta per l’acquisto di carburante LNG. Una legge del 1° marzo 2022 (la n.17) aveva riconosciuto per l’anno 2022 un credito d’imposta pari al 20% delle spese sostenute al netto dell’IVA, nel limite di spesa di 25 milioni per le imprese aventi sede legale o stabile organizzazione in Italia, iscritte all’Albo degli autotrasportatori e al REN, che esercitano attività di logistica e di trasporto merci in conto terzi con veicoli alimentati con metano liquefatto.
l’anno 2022
credito d’imposta pari al 20% delle spese stata autorizzata della Commissione Europea,
La misura è stata autorizzata della Commissione Europea, con un limite di euro 4 milioni per singola impresa e rientra nellasezione2.4del«Quadrotemporaneodicrisiper misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia a seguito dell’aggressione della Russia contro l’Ucraina».
Nel rispetto di quanto stabilito dalla Commissione europea, il credito d’imposta non può superare il valore determinato con formule specificamente indicate.
Il credito è utilizzabile esclusivamente in compensazione, tramitemodelloF24,senzalimiti, e nonconcorrealla formazione del reddito d’impresa né della base imponibile dell’imposta regionale sulle attività produttive.
L’istanza va presentata tramite la piattaforma dedicata dell’Agenziadelledogane, a decorreredalleore12.00 del 15 giugno 2023 e fino alle ore 24:00 del 6 luglio 2023. Durante questo arco temporale l’azienda può cancellare e ripresentare una nuova istanza. A ogni presentazione dinuovadomandasideterminailriposizionamento
cronologico in graduatoria dell’impresa. Il credito d’imposta è assegnatoneilimitidellerisorsedisponibili,inbase all’ordine cronologico di presentazione delle istanze e nel rispetto dei limiti del Registro Nazionale degli Aiuti di Stato (R.N.A.).
Accedendo alla piattaforma tramite SPID/CNS/CIE, l’utente inserisce un’istanza per ciascuna azienda, vietato delegare ad altri la presentazione dell’istanza, ma ciascuno opera solo in proprio se ditta individuale, oppure per aziende di rappresentante legale o incaricato.
inserisce domande contengono gli identificativi SDI delle fatture di le domande
Le domande contengono gli identificativi SDI delle fatture di acquisto in Italia del gas naturale liquefatto relativamente al periodo ammesso a ristoro (1° febbraio 2022 – 31 dicembre 2022). Possono essere inserite anche le fatture relative ad acquisti effettuati in Italia con carte (netting) e le domande in questo caso devono contenere, quale identificativo, il numero della fattura estera, con il prefisso “net-”.
La piattaforma è articolata in due aree, una per l’inserimento dell’istanza ed un’area riservata per la consultazione dello stato della procedura.
Il soggetto che intende presentare richiesta di contributo, al momento dell’accesso all’area di inserimento dell’istanza, deve inserire alcuni dati nelle apposite caselle disponibili sulla piattaforma:
1. p(t) - Prezzomedioalchilogrammodigasnaturale liquefatto pagato dall’impresa nel periodo per il quale è previsto il ristoro (1° febbraio 2022– 31 dicembre 2022) espresso in euro, al netto dell’IVA. Il valore di p(t) dovrà
Regolamento UE 2023/980 del 16.05.2023 pubblicato in GUUE L 134 del 22.o5.2023
SOMMARIO
Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti - Decreto n. 198 del 15.05.2023
un
essere indicato con due cifre decimali;
2. p(ref) - Prezzo medio al chilogrammo di gas naturale liquefatto pagato dall’impresa nel periodo di riferimento (1° gennaio 2021– 31 dicembre 2021) espresso in euro, al netto dell’IVA. Il valore di p(ref) deve essere indicato con due cifre decimali. Se non esiste nessun acquisto di gas naturale liquefatto nel corso dell’anno 2021 per mancanza di veicoli in dotazione alimentati con questo carburante, l’utente deve indicare 0 quale valore. In questo caso lapiattaformautilizza,perilcalcolodelcontributo spettante, un valore medio determinato come media dei valori p(ref) diversi da 0 presenti nelle istanze presentate sulla piattaforma. Questo valore è determinato il giorno successivo alla chiusura della piattaforma e pubblicato sul portale del Ministero e nella piattaforma dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli;
3. q (set-dic_2021) - Chilogrammi di gas naturale liquefatto acquistati dall’impresa nel periodo 1° settembre 2021/31 dicembre2021perlatrazionedeiveicoli a elevata sostenibilitàindotazioneall’azienda.Ilvaloredeve essere indicato con due cifre decimali. Se l’impresa non ha acquistato gas naturale liquefatto nel periodo compreso tra il 1° settembre ed il 31 dicembre 2021 per mancanza di veicoli in dotazione alimentati con questo carburante, indica 0 quale valore. In tal caso il valore di riferimento
è ricavato dalla media aritmetica di tutti i valori diversi dazerodichiaratidallealtreimprese.Questovalore è determinato il giorno successivo alla chiusura della piattaforma e pubblicato sul portale del Ministero e nella piattaforma dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli;
sostenibilitàindotazioneall’azienda.Ilvaloredeve essere indicato con due cifre decimali.
5. q (sett-dic_2022) - Chilogrammi di gas naturale liquefatto acquistati dall’impresa nel periodo 1° settembre 2022 / 31 dicembre 2022 per la trazione dei veicoli a elevata sostenibilitàindotazioneall’azienda.Ilvaloredeve essere indicato con due cifre.
Alla domanda vanno allegati inoltre: il file fatture e il file targhe.
Il file fatture va compilato riportando una fattura per ogni riga, e deve contenere:
• IdentificativoSDIfattura,ovvero,incasodiacquisti effettuati in Italia con carte (netting), il numero della fattura estera, con il prefisso “net-”;
• Importo totale fattura (al netto dell’IVA);
• Importo fattura relativo acquisto GNL ammesso a ristoro (al netto dell’IVA);
• Chilogrammi di gas naturale liquefatto acquistati.
Il file targhe va compilato una riga per ogni targa indicata in fattura e deve contenere:
• Identificativo SDI fattura;
• Targa;
• Contratto di noleggio (SI/NO);
4. q (feb-ago_2022) - Chilogrammi di gas naturale liquefatto acquistatidall’impresanelperiodo1°febbraio2022
acquistatidall’impresanelperiodo1°febbraio2022
/ 31 agosto 2022 per la trazione dei veicoli ad elevata
• I formato l’istanza verifica di concessione provvede registrare i singoli aiuti
• Codice paese automezzo. I file devono essere trasformati in formato .csv e presentata l’istanza si ottiene un codice identificativo IlMinisterounavoltaacquisiti i datidelleistanze dall’Agenzia delle dogane, procede alla verifica sul R.N.A dell’importo concedibile alla singola impresa per il rispetto dei limiti previsti dalla sezione 2.4 del Quadro temporaneo Russia-Ucraina.All’esitodelleverifiche,ilMinisterocon decreto di concessione provvede a registrare i singoli aiuti individuali sul R.N.A.
AGEVOLAZIONI CONTRO IL CARO BOLLETTE
Con questa legge, è stato confermato il credito di imposta del 20% riconosciuto alle imprese “non gasivore” – quelle che non hanno forte consumo di gas naturale – sulla spesa sostenuta per l’acquisto di gas nel secondo trimestre 2023, per usi energetici diversi da quelli termoelettrici. Tra queste imprese vanno incluse – come chiarito dall’Agenzia delle Entrate con circolare del 29 novembre 2022 – anche quelle con consumi di gas naturale liquefatto (LNG) ad uso autotrasporto. Val la pena riepilogare i principali crediti destinate anche all’imprese del settore.
Vediamo le misure in riferimento alla tipologia di imprese: Imprese non energivore: sono imprese diverse da quelle
a forte consumo di energia, dotate di contatori di energia elettrica di potenza disponibile pari o superiore a 4,5 kWh, che godono di un credito di imposta del 10%, sulla spesa sostenuta per la componente energetica acquistata ed effettivamente utilizzata nel secondo trimestre 2023. I costi per kWh calcolati sulla base della media del primo trimestre 2023 e al netto di imposte e degli eventuali sussidi, devono aver subito un incremento superiore al 30% rispetto al medesimo periodo del 2019.
Imprese energivore: godono di un credito di imposta del 20% sulle spese sostenute della componente energetica acquistata ed effettivamente utilizzata nel secondo trimestre 2023. Per
dallaprogettazionedeikit,allarealizzazione qualitàdelprocesso appassionate,ingradodimigliorarecostantemente intraprendenza,dedizione voglia processo produttivo Dal design all’assistenza post-vendita leesigenzedei Assistenzaimmediata L'A L'A
Legge n. 56 del 26.05.2023 di conversione del DL. n.34 del 30.05.2023 pubblicato in G.U. n. 124 del 29.05.2023
a non
la
da e
usufruire di tale credito, i costi per kWh della componente di energia elettrica, calcolati sulla base della media del primo trimestre 2023 e al netto di imposte e degli eventuali sussidi, devono aver subito un incremento superiore al 30% rispetto al medesimo periodo del 2019.
Imprese gasivore: beneficiano di un credito di imposta del 20% sulla spesa sostenuta per l’acquisto del medesimo gas, consumato nel secondo trimestre 2023, per usi energetici diversi dagli usi termoelettrici, qualora il prezzo di riferimento del gas naturale, calcolato come media, riferita al primo trimestre 2023, dei prezzi di riferimento del mercato infragiornaliero (MI-GAS) pubblicati dal Gestore dei mercati energetici, abbia subito un incremento superiore al 30% del corrispondente prezzo medio riferito al medesimo trimestre dell’anno 2019.
Compensazione crediti. I crediti d’imposta sono utilizzabili in compensazione, entro il 31 dicembre 2023 o ceduti per intero. Non concorrono alla formazione del reddito d’impresa né della base imponibile dell’imposta regionale sulle attività produttive.
La compensazione del credito di imposta vien fatta tramite modello F24, usando i seguenti codici tributo:
• “7015” denominato “credito d’imposta a favore delle imprese energivore (secondo trimestre 2023) – art. 4, c. 2, del decreto-legge 30 marzo 2023, n. 34”;
• “7016” denominato “credito d’imposta a favore delle imprese non energivore (secondo trimestre 2023) – art. 4, c. 3, del decreto-legge 30 marzo 2023, n. 34”;
• “7017” denominato “credito d’imposta a favore delle imprese a forte consumo di gas naturale (secondo trimestre 2023) – art. 4, c. 4, del decreto-legge 30 marzo 2023, n. 34”;
• “7018” denominato “credito d’imposta a favore delle
imprese diverse da quelle a forte consumo di gas naturale (secondo trimestre 2023) – art. 4, c. 5, del decreto legge 30 marzo 2023, n. 34”.
Le imprese non energivore dotate di contatori di energia e le imprese diverse da quelle a forte consumo di gas naturale, possono inviare una richiesta al proprio gestore, a condizione che nel primo e nel secondo trimestre 2023 sia il medesimo di quello del primo trimestre 2019, entro 60 giorni dalla scadenza del periodo oggetto del beneficio, il calcolo dell’incremento di costo della componente energetica e l’ammontare del credito d’imposta spettante per il secondo trimestre dell’anno 2023. Confermata anche la riduzione dell’IVA dal 10 al 5% e gli oneri generali sul gas per usi civili e industriali.
LA COMUNICAZIONE PREZZI DEI CARBURANTI
Con questo Decreto il Ministero delle Imprese e del Made in Italy ha stabilito le modalità dell’obbligo di comunicazione dei prezzi praticati dagli esercenti l’attività di vendita al pubblico di carburanti per autotrazione per uso civile. Gli esercenti sono tenuti ad adempiere l’obbligo di comunicazione al MIMIT dei prezzi praticati con decorrenza dal 23 luglio 2023. Il Ministero elabora i dati e calcola la media aritmetica, su base regionale e delle province autonome, dei prezzi comunicati in relazione agli impianti situati fuori dalla rete autostradale oltre al calcolo della media aritmetica, su base nazionale, dei prezzi praticati dagli esercenti operanti lungo la rete autostradale. I prezzi medi sono calcolati con esclusivo riferimento a gasolio, benzina, GPL e metano. Sono esclusi
dal calcolo, il GNL/GNC e i carburanti speciali. Le modalità di calcolo della media aritmetica sono specificate nell’Allegato tecnico contenuto nel Decreto MIMIT. A partire dal 1° agosto 2023, i prezzi comunicati saranno pubblicati con frequenza giornaliera sul sito Osservaprezzi carburanti del MIMIT e consultabili anche attraverso un’applicazione informatica gratuita su dispositivo portatile. Sempre a partire da tale data, gli esercenti sono tenuti a esporre all’interno dell’area di rifornimento, dandone adeguata visibilità, un cartellone con i rispettivi prezzi medi relativi alle tipologie di carburanti disponibili presso il proprio punto vendita, provvedendo all’aggiornamento con frequenza giornaliera.
Furgokit produce e commercializza in Italia e all’estero un’ampia gamma di kit per furgoni in grado di soddisfare qualsiasi tipologia di trasporto e icace e sicuro, dal prodotto realizzato su misura alla grande otta. realizzazione process produttivo costantementeil produttivo design all’assistenza post-vendita Perpotersiconfermarequalitativamente emiglioramentiperrisponderealleesigenze unico,funzionale performante. Leggero, forte e dinamico Kit in alluminio Assemblaggio Optional qualsiasiesigenza Furgokit Srl Via del Gavardello, 29 - 25018 Montichiari (BS) Italy Tel. +39 030 9962701 - Mail info@furgokit.it www.furgokit.it L'A L'A
LA FEBBRE DEL GASOLIO LA FEBBRE DEL GASOLIO rilevazione del 14.06.2023 NORD CENTRO SUD E ISOLE GASOLIO EURO/ 000L min max min max min max 125112761257128612651323 PREZZI EXTRARETE tendenza APRILEMAGGIOGIUGNO 90 85 80 75 70 ANDAMENTO PETROLIO BRENT A 3 MESI
MIMIT- Decreto del 31.03.2023, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n.118 del 22.05.2023
INCENTIVI RINNOVO PARCO AUTOTRASPORTO
Con questo decreto, il MIT prevede incentivi per il rinnovo degli automezzi per il settore autotrasporto.
Il decreto ricalca le edizioni precedenti, con incentivi pari a 25 milioni di euro per l’anno 2022 – con effetti nel 2023 - per le seguenti tipologie di acquisto:
• 2,5milionidieuroperacquistodiveicoli a nuova motorizzazione (LNG, CNG, ibrido, elettrico);
• 15 milioni di euro per la rottamazione di veicoli a motore diesel con contestuale acquisto di veicoli EuroVI;
• 7,5 milioni di euro per l’acquisto di rimorchi/semirimorchi per il trasporto combinato ferroviario e/o marittimo; rimorchi/ semirimorchi o equipaggiamentiperautoveicolispecifici superiori a 7 ton per il trasporto in regime ATP.
Gliinvestimentifinanziabilidal24maggio2023devono essere ultimati entro la data che sarà indicata dall’emanando decreto di attuazione. È pubblicata anche una tabella incentivi contenente la ripartizione degli importi per le singole misure e per singole tipologie di investimento.
Ildecreto,prevede,inoltreunaseriedicondizionidi ammissibilità:
• importo massimo dei contributi pari a 550.000 euro per singola impresa;
• il contributo non è cumulabile con altri contributi pubblici per le medesime tipologie di investimento ed i medesimi costi ammissibili;
•i beni acquisiti non possono essere alienati, locati, noleggiati fino al 31 dicembre 2026, pena la revoca del contributo;
•i veicoli rottamati devono essere stati detenuti in proprietà o ad altro titolo da almeno 1 anno antecedente l’entrata in vigore del decreto, cioè il 23 maggio 2023;
• leacquisizionianchemediantelocazionefinanziariadi rimorchi e semirimorchi nuovi di fabbrica devono essere rispondenti rispettivamente alla normativa UIC per il trasporto combinato ferroviario o dotati di ganci nave rispondenti alla normativa IMO, ovvero rimorchi e semirimorchi conformi contemporaneamente alle normative UIC e IMO; gli stessi
devono essere muniti di almeno un dispositivo innovativo;
•- laprenotazionedell’incentivoavvienetramite presentazione della domanda, corredata dal contratto di acquisizione dei veicoli secondo le modalità stabilite in un apposito decreto attuativo da parte del MIT;
• lamaggiorazionedelcontributopari a 1.000euro è riconosciuta nel caso in cui l’acquisto di veicoli ad elevata sostenibilità avvenga con la contestuale rottamazione di un veicolo di classe inferiore a EuroVI stepE o Euro6E, detenuto da almeno 1 anno;
• la maggiorazione del 10% dei contributi è riconosciuta alle PMI che ne facciano richiesta.
Successivamente è stato pubblicato il Decreto Direttoriale n. 242 dell’8 giugno 2023 ha definito le modalità di presentazione delledomande,lefasidiprenotazionedegliincentivi,di rendicontazione e istruttoria. È previsto un solo periodo di incentivazione e le istanze dovranno essere presentate con il sistema del click day a partire dalle ore 10 del 26 giugno 2023 e fino e non oltre le ore 16 dell’11 agosto 2023, esclusivamente tramitepostaelettronicacertificata(PEC)dell’impresa richiedente e indirizzata a ram.investimenti2023@legalmail.it. Ogni impresa può presentare una sola domanda di incentivo, relativa anche a più di una tipologia di investimenti. Come in passato, ci sono due fasi del procedimento:
a) la fase di prenotazione dell’incentivo mediante click day;
b) la fase di rendicontazione dei costi di acquisizione dei beni oggetto di investimento.
RAM Spa predisporrà entro l’11 settembre 2023 sulla piattaforma tre contatori per ogni tipologia di investimento per invidividuare le risorse disponibili per le singole tipologie. Anche in caso di esaurimento delle risorse, le domande pervenute vengono accettateconriservanell’eventualitàdiunasuccessiva disponibilità di risorse. Le liste delle domande pervenute e i «contatori» delle somme disponibili saranno visibili al seguente indirizzo sul sito di RAM spa (Sezione dedicata all’incentivo “Investimenti IX edizione).
COSTI DI GESTIONE MAGGIO 2023
A maggio si è nuovamente avuto un calo del prezzo del carburante, registrato sia in termini assoluti sia di media ponderata, che sta calmierando i recenti incrementi generali deicostidel trasporto merci su strada. Purtroppo, permangono le preoccupazioni per la spirale inflazionistica che non presenta segni decisivi di rallentamento e ancora determina tensioni sui prezzi generali dei beni e servizi. Le altre voci di costo sono al momento stabili.
L'A L'A
Km/ Anno Costi di Gestione (€/km) Totale Costi personale (€/km) Totale Ammortamento Gasolio (+IVA) Lubrificanti /AdBlue Pneu-
Manuten-
Autos-
40.000 0,65000,48200,04400,12700,07300,02100,29800,1290 1,8240 1,04400,2050 3,0730 60.000 0,43300,48200,04400,12700,04800,01400,19900,1290 1,4760 0,69500,1370 2,3080 80.000 0,32500,48200,04400,12700,03600,01100,14900,1290 1,3030 0,52200,1030 1,9280 100.000 0,26000,48200,04400,12700,02900,00800,11900,1290 1,1980 0,41700,0820 1,6970 CASSONATO | Trattore + semirimorchio P.T.T. 44 t, prezzo di acquisto € 130.000; consumo 2,9 km/litro. Km/ Anno Costi di Gestione (€/km) Totale Costi personale (€/km) Totale Ammortamento Gasolio (+IVA) Lubrificanti /AdBlue Pneumatici Manutenzione Collaudi/ tassa di possesso Assicurazioni Autostrade Autista Straord Trasf. 40.000 0,80000,45100,04400,12700,10900,05900,37400,1380 2,1020 1,20000,2050 3,5070 60.000 0,53300,45100,04400,12700,07300,03900,25000,1380 1,6550 0,80000,1370 2,5920 80.000 0,40000,45100,04400,12700,05500,02900,18700,1380 1,4310 0,60000,1030 2,1340 100.000 0,32000,45100,04400,12700,04400,02400,15000,1380 1,2980 0,48000,0820 1,8600 Ufficio Studi Federtrasporti CISTERNATO | Trattore + semirimorchio P.T.T. 44 t, prezzo di acquisto € 192.000; consumo 3,1 km/litro.
MIT - Decreto 12.o4.2023 pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 119 del 23.05.2023
matici
zione Collaudi/ tassa di possesso
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Messaggio pubblicitario. Prima della so oscrizione leggere il set informativo pubblicato sul sito internet www.unipolsai.it Le garanzie sono sogge e a limitazioni, esclusioni e condizioni di operatività e alcune sono prestate solo in abbinamento con altre.
Nell’insieme dei Paesi UE, più Svizzera e Norvegia, nel 2022 – secondo i dati di IHS Markit – sono stati immatricolati appena 134 veicoli commerciali pesanti superiori alle 16 ton ad alimentazione BEV.
In alcuni Paesi, Germania e Francia in primis, nei primi mesi del 2023, anche a seguito di un certo ridimensionamento del fenomeno del chip-crunch (la crisi dei semiconduttori), si sta registrando un incremento che dovrebbe portare il parco degli HDV elettrici a raggiungere il dato complessivo di 3 o 4 volte superiore a quello del 2022.
Sono, tuttavia, numeri estremamente piccoli: basti pensare che, nonostante lo «spauracchio» di un futuro phase-out del motore termico anche per gli HDV e a fronte di incentivi in qualche caso di notevole portata, in Europa per ogni camion elettrico immatricolato ce ne sono circa 1.000 ad alimentazione diesel euro VI/E e almeno 10ad alimentazione LNG/ Bio-LNG.
GERMANIA
Lo sforzo più concreto in termini di misure di sostegno alle imprese per gli investimentiin veicoli commerciali «tailpipe zero-emission» (in sostanza, BEV e H2 fuel-cell) è la Germania, che ha stanziato ben 1,6 miliardi per il triennio 2021-24 per attuare il suo piano denominato Erster Aufruf zur Antragseinreichung zur Förderung von klimaschonenden Nutzfahrzeugen unddazugehöriger Tank- und Ladeinfrastruktur.Si tratta di un ambizioso piano a supporto degli investimenti in veicoli commerciali ad elevata innovazione e in infrastrutture di ricarica presso i terminali logistici, che assegna fino ad un massimo di 270 mila euro a fondo perduto alle imprese che acquistano un veicolo commerciale >30 ton BEV e fino a un massimo di 350 mila euro per quelle che acquistano un veicolo commerciale >30 ton H2 Fuel Cell. Si tratta della prima applicazione dell’art.
36 bis, recentemente emendato del Regolamento generale di esenzione per categoria (GBER) della Commissione UE che accorda un’intensità di «Aiuto di Stato» per gli investimenti in veicoli commerciali «tailpipe zero-emission» pari all’80% del delta-prezzo rispetto ad un veicolo termico di pari portata.
FRANCIA
Anche in Francia, lo sforzo per sostenere l’acquisto di veicoli industriali (Truck&Bus) ad alimentazione BEV e FCEV (Fuel Cell Electric Vehicle) è stato notevole, benché il successo parzialedegli incentivi promossi per il 2022 stia inducendoi Ministeri competenti a rivedere l’intero impianto delle agevolazioni. Il Piano denominato Ecosystèmes des Véhicules Lourds Electriques gestito dall’Agenzia ADEME (Agence del la Transition Ecologique) ha stanziato TRE
PAESEMODALITÀ
FRANCIA
Accesso consentito in aree urbane in cui è attiva una sonda che misura le molecole bio del carburante in uso
SVIZZERA Esenzione dalla Mineral Oil Tax (pari a circa 81 centesimi di euro per litro di gasolio)
38 luglio 2023
FORME INDIRETTE
INCENTIVARE
PER
I BIOCARBURANTI
DELL’INCENTIVOTIPOLOGIE
DI ALIMENTAZIONI INCENTIVATE
GERMANIA Esenzioni del pedaggio autostradale Tutte (compresi i veicoli bio-LNG e LNG)
Il bio-diesel e l’HVO
LE IMPRESE INCENTIVI EUROPEI. SOLO LA GERMANIA
STANZIATO UNA CIFRA IMPO
Qualsiasi bio-Fuel di fonte rinnovabile
HA
IL GIGANTE HA PARTORITO UN TOPOLINO
Sono 134 i veicoli commerciali pesanti elettrici immatricolati nel 2022
nell’UE più Svizzera e Norvegia. Un numero che potrebbe crescere una volta superata la crisi dei semiconduttori, ma restando comunque su numeri molto piccoli. Anche perché il sostegno pubblico è labile
per il 2022risorse per complessivi 65 milioni di euro, prevedendo un’intensità di aiuto fino a 150.000 euro per i trattori stradali >16 ton ad alimentazione BEV/FCEV. Gli effetti della misura transalpina sul mercato interno si sono avuti soprattutto per gli autobus urbani e suburbani ad alimentazione elettrica e per le infrastrutture di ricarica presso i depositi delle aziende TPL, mentre il mercato dei veicoli commerciali utilizzati dalle aziende di autotrasporto ha risposto in modo debole e poco convinto, al punto da indurre le istituzioni competenti francesi a prefigurare una riforma complessiva dell’intera struttura delle agevolazioni previste dal Piano.
SPAGNA
Da diversi anni, la Spagna ha in vigore unamisura di supporto agli investimenti per il rinnovo del parco di camion e autobus, che si rinnova di anno in anno, spesso adeguando la struttura e l’intensità degli aiuti. La particolarità del sistema di incentivazione in vigore in Spagna, denominato Real Decreto 983/2021, de 16 de noviembre, por el que se aprueba la concesión directa a las comunidades autónomas de ayudas para la transformación de flotas de transporte de viajeros y mercancías è la gestione affidata alle singole Comunità Autonome che hanno anche una
certa autonomia per definire procedure e destinazione delle risorse ad esse assegnate. Va sottolineato, inoltre, che contrariamente a quanto avviene in Italia, le risorse per il rinnovo del parco (di tutte le tecnologie, si badi bene!) sono di prevalente fonte PNRR (in Spagna si chiama Plan de Recuperación, Transformación y Resiliencia). Nel complesso, le risorse a disposizione sono pari a 174 milioni all’anno per il triennio 2021-24. Nulla di particolarmente ingente, tenendo conto che ci devonorientrare anche i coach, ma che assegnano ben 190.000 euro alle grandi imprese che acquistano un veicolo commerciale BEV (si riducono a 130.000 euro nel caso di piccola impresa).
LE ALIMENTAZIONI ALTERNATIVE
A fronte di un simile scenario, non vi è dubbio che, al momento, siamo di fronte al «gigante che partorisce il topolino», con grandi contesti a favore dell’elettrificazione e piccoli numeri in termini di risposta effettiva del mercato. Ed ecco allora che, dalla pianificazione dei trasporti e della logistica più recente dei vari Stati, sbucano norme che sono frutto di una crescente presa di coscienza dell’insufficienza del «tutto e solo elettrico» per gli obiettivi di decarbonizzazione, tanto più a fronte di un mix dell’energia elettrica che continua inesorabilmente a essere in prevalenza di fonte fossile.In maggiore coerenza con i nuovi indirizzi della
Commissione Europea, espressa nel Programma Green Deal Industrial for the Net-Zero Age, sono diversi i Paesi europei che stanno articolando i propri documenti di pianificazione prendendo in considerazione misure maggiormente focalizzate sulla promozione dei vettori energetici rinnovabili per il comparto dei trasporti. In Germania, il Freight Logistics Masterplan apre a politiche di incentivazione per tutti i veicoli commerciali ad alimentazione alternativa, inclusi gli LNG/Bio-LNG che godono di specifiche esenzioni nel pagamento della LKW MAUT, la tassa di transito autostradale. InFrancia, la Legge LOM (Loi d’Orientation sur les Mobilités) ha recentemente consentito l’ingresso nelle città ai veicoli commerciali Bio-diesel e HVO, controllati mediante una specifica sonda in grado di quantificare le molecole Bio del carburante da quelle convenzionali. In Svizzera, è in vigore una misura di esenzione dalla Mineral Oil Tax di tutti i Bio-Fuel di fonte rinnovabile. Uno scenario di pianificazione che si presenta quindi piuttosto articolato, a dimostrazione che in nessun Paese europeo il processo di transizione ecologica del sistema dei trasporti può essere affrontato con soluzioni semplicistiche e approssimative, ma con indirizzi che tengano conto della complessità sia dei target strategici per l’ambiente che dellavariegata articolazione delle soluzioni tecnologiche in campo, anche in relazione ai costi richiesti a carico del sistema.
luglio 2023 39 PER ORA
RTANTE: 1,6 MILIARDI
di Massimo Santori
I CAMION ELETTRICI? UN LUSSO ACCESSIBILE SOLO DA CHI FA DUMPING
Può suonare come una provocazione, ma non lo è.
ha
di accumulazione di autisti non comunitari da E ha sul
Roberto Parrillo, presidente del sindacato ETF, ha quantificato il processo di accumulazione di autisti non comunitari da parte di Lituana e Polonia. E ha spiegato come le aziende di questi due Paesi, facendo leva sul taglio della contribuzione, stiano accumulando ingenti ricchezze.
Èsostenibile per una media azienda di autotrasporto acquistare veicoli a zero emissioni? E nel caso, gli incentivi potrebberoaiutarla? E comunque, se anche qualche realtà riuscisse in un arco temporale medio-lungo a dotarsi di questi veicoli, siamo sicuri che poi troverebbe braccia a sufficienza per condurli su strada?
A queste e ad altre domande focali ha risposto una vivace assemblea pubblica di UETR, l’associazione delle PMI europee ospitata da Federtrasportia Bologna lo scorso 23 maggio.
I VEICOLI ELETTRICI? UN LUSSO PER CHI FA DUMPING
La risposta al primo quesito l’ha fornita il presidente del sindacato europeoETF, Roberto Parrillo , spiegando che, al momento attuale, «le uniche imprese in Europa in grado di pagare un camion elettrico che costa più di 400 mila euro sono quelle che fanno dumping sociale. Non di certo le aziende regolari che dispongono in media di quattro dipendenti». E il dumping in questa stagione di carenza di autisti è costruito in modo scientifico. In Europa, ha spiegato Parrillo, «lavorano 285 mila autisti non europei. Ma di questi ben 220 mila si trovano
Roberto Parrillo, presidente di ETF
in due paesi, Lituania e Polonia. In Lituania addirittura ce ne sono 80 mila a fronte di 30 mila autisti lituani; è come se in Italia, in rapporto, ci fossero 700.000 autisti non europei». Dieci anni fa si fermavano a 2.500 in Lituania e 4.000 in Polonia, ma poi hanno presoad accumulare manodopera, facendo crescere i flussi
in entrata di quasi il 20% annuo, anche attraverso una formazione organizzata direttamente paesi di partenza, come Lanka. Questi dati, secondo rillo, vanno incrociati «con emersi da una ricerca versità di Vienna secondo 30-40% di autisti non comunitari non percepisce una retribuzione regolare e non beneficia rezza sociale. E comunque, ultimi anni, anche quelli regolari in diversi paesi – ha ricordato
Stretta di mano tra il presidente di UETR, lo spagnolo Julio Villaescusa, e il presidente del gruppo Federtrasporti, Claudio Villa L’intesa tra le due realtà è favorita anche dalla comune esperienza professionale dei due presidenti, entrambi a capo – in Spagna e in
40 luglio 2023
Netto il commento del presidente UETR, Julio Villaescusa: «L’Europa non può risolvere il problema dei trasporti importando degli schiavi» in entrata di il una paesi di partenza, come lo Sri Lanka. secondo Parrillo, vanno incrociati «con quelli emersi una ricerca dell’università cui il 30-40% di autisti non comunitari e non beneficia di sicurezza sociale. E comunque, negli ultimi anni, anche in diversi – ha ricordato il LE IMPRESE COSTI DELLA TRANSIZIONE: RESOCONTO DI UN’ASSEMBLEA DI UETR OS
InEuropalavorano285 milaautistinoneuropei. Madiquestiben220mila sitrovanoinduepaesi, LituaniaePolonia.InLituania addiritturacenesono80 milaautistiafrontedi30mila autistilituani;ècomese in Italia,inrapporto,cifossero 700.000autistinoneuropei
Italia – di società cooperative, realtà imprenditoriali in cui, nell’attuale contesto segnato negativamentedallo sfruttamento degli autisti per contenere i costi e innescare una competizione al ribasso, difende comunque la centralità delle persone.
presidente di ETF – «a partire dal 2018 hanno contenuto la contribuzione sociale a un misero 5%». E quindi va da sé che le aziende impegnate nello sfruttare questi lavoratori siano anche quelle che hanno moltiplicato le dimensioni dei propri parchi veicolari e accumulato nel tempo considerevoli ricchezze. Quindi, in definitiva le realtà meno sostenibili dal punto di vista sociale, saranno tra le poche a poter acquistare veicoli sostenibili. Tanto varrebbe – ha puntualizzato il segretario di UETR, Marco Digioia – se almeno in una lunga fase di transizione «si ammettessero normativamente tutti i carburanti in grado di fornire un contributo nel tagliare le emissioni, per poi arrivare a obiettivi più ambiziosi soltanto in una stagione successiva».
MA DOVE VAI SE GLI INCENTIVI NON CE L’HAI
La seconda questione, legata alla necessità degli incentivi, ha richiesto chiarimenti diversi. Paolo Carri , direttore Driving the Shift di Scania Italia, ha premesso che «il motore a combustione interna resteràin circolazione ancora a lungo, anche perché ha dimostrato livelli di efficienza impensabili, con rendimenti nell’ordine del 50%», anche perché oggi «far quadrare i conti di un veicolo elettrico è molto difficile e quindiserve necessariamente, oltre che una collaborazione con la committenza, anche una corretta incentivazione di questa tecnologia. Non fosse altro perché gli obiettivi di taglio delle emissioni scritti nei regolamenti europei al
luglio 2023 41 PITATA DA FEDERTRASPORTI A BOLOGNA
È interessante notare come il dumping sociale sia una criticità che favorisce una solidarietà inedita tra associazioni datoriali e sindacati dei lavoratori. Perché, detta in sintesi, porta a una corsa al ribasso delle tariffe di trasporto e tende a fare arretrare i diritti di chi guida i camion. D’altra parte è evidente che in una contingenza in cui le imprese faticano a trovare autisti e si rendono conto che la prima leva per attirarne di nuovi sarebbe quella di innalzare le retribuzioni, è anche vero che i loro dipendenti comprendono che un’azienda per poter pagare di più deve prima marginalizzare. Amedeo Genedani, presidente di Confartigianato Trasporti, al riguardo non ha dubbi e ha enfatizzato questo positivo dialogo. In più ha indicato, tra le modalità per rendere attrattiva la professione, il recupero di quello spirito libero, di quell’opportunità di organizzare autonomamente il tempo lavorativo, che costituiva una delle principali motivazioni di chi ieri sceglieva di fare l’autista e che oggi si scontra con gli stretti paletti posti dalle norme sui tempi di guida e di riposo. Genedani ovviamentenondubitadelfattochequestanormativaabbia incrementato il livello di sicurezza di chi lavora su strada, ma auspica deroghe più flessibili per contenere i tanti stress che aggravano il lavoro in cabina. Inoltre, il presidente di Confartigianato Trasporti ha anche auspicato, insieme a un abbassamento a 19 anni dell’età minima per ottenere le patenti superiori, la creazione di percorsi scolastici dedicati, che consentano di diplomarsi avendo già una patente in tasca, in modo da poter scegliere a quel punto se salire su un camion o dedicarsi ad altre attività legate alla logistica.
momento attuale possono essere raggiunti soltanto tramite veicoli elettrici». Però ha continuato Carri, «c’è bisogno che gli incentivi, a livello europeo, non siano così sperequati come lo sono oggi», vale a dire molto più elevati in alcuni paesi come la Germania e assolutamente esigui in Italia.
Parrillo ha puntualizza un aspetto non secondario: per lui, cioè, «gli incentivi, oltre che uguali, vanno anche controllati, nel senso che
non è possibile concedere un sostegno finanziario ad aziende che neppure rispettano le regole». Mentre Carri ha aggiunto che siccome «l’elettrificazione è una transizione di sistema e non soltanto di tecnologia del veicolo, richiederà necessariamente investimenti anche in infrastrutture di ricarica pubbliche», seppure al riguardo ha riferito che, stando alle stime elaborate dal costruttore svedese, «almeno i due terzi delle ricariche
si svolgeranno nel luogo di deposito dei propri veicoli e presso i punti di carico e scarico».
Questa puntualizzazione di Carri va letta in nesso causale, nel senso che incentivare i veicoli senza realizzare le infrastrutture di ricarica potrebbe essere anche inutile. Lo ha sostenuto a chiare lettere il parlamentare europeo, Marco Campomenosi, membro della Commissione Trasporti, ricordando quando, in contesto di trasporto diverso, «il governo Draghistanziò500 milioni per aiutare il mondo degli armatori a migliorare tecnologicamente le proprie navi. Ebbene, vennero soddisfatte domande soltanto per meno di 150 milioni di euro e non perché gli armatori nonfossero interessati all’acquisto dinuove navi, ma perché in quel momento non lo ritenevano economicamente utile, in quanto mancavano le infrastrutture per approvvigionarsi
Farquadrareicontidiun veicoloelettricoèmolto difficileequindiserve necessariamente,oltreche unacollaborazioneconla committenza,unacorretta incentivazionediquesta tecnologia.Mac’èanche bisognochegliincentivi,a livelloeuropeo,nonsianocosì sperequaticomelosonooggi
Paolo Carri, direttore Driving the Shif di Scania Italia
42 luglio 2023
Le proposte di Confartigianato Trasporti
MISURE ATTIRA-AUTISTI
LE IMPRESE COSTI DELLA TRANSIZIONE: RESOCONTO DI UN’ASSEMBLEA DI UETR OS
ilgovernoDraghistanziò 500milioniperaiutare gliarmatoriamigliorare tecnologicamenteleproprie navi,mavennerosoddisfatte domandepermenodi150 milionidieuro.Nonperché gliarmatorinonfossero interessatiall’acquistodi nuovenavi,maperchénonlo ritenevanoeconomicamente utile,inquantomancavano infrastruttureper approvvigionarsidinuove fontienergetiche
Marco Campomenosi, Commissione Trasporti del Parlamento UE
di nuove fonti energetiche». E questo, secondo Campomenosi, pone anche problemi di distribuzione equa delle risorse, perché se uno Stato concede soldi pubblici e di questi possono beneficiare soltanto alcuni, si pongono problemi di uguaglianza, soprattutto a livello privato, perché è molto difficile che la transizione permetterà a tutti di disporre degli stessi strumenti.
LO STATO DELL’AUTOTRASPORTO
È
UN PROBLEMA SOCIALE
Rimane il quesito più importante, quello relativo al futuro dell’autotrasporto e a come riuscirà ad arrivare alla fine di questa difficile transizione, gravato com’è da mali atavici. Al riguardo la tesi del presidente di UETR, lo spagnolo JulioVillaescusa,è relativista,
nel senso che ribalta la prospettiva. Nella sua visione, cioè, «se l’autotrasporto si trova sull’orlo di un precipizio il problema non è suo, ma dell’intera organizzazione sociale». Perché in realtà l’attuale situazione – di aziende di autotrasporto prive di autisti e impossibilitate ad acquistare nuovi camion
è «la conseguenza di uno strabismo evidente di un sistema economico per il quale l’autotrasporto è rimasto sempre invisibile e scarsamente considerato, malgrado gli avesse affidato la movimentazione del 90% delle merci». Ma se oggi questo settore è in affanno nel fronteggiare una serie di problematiche complesse, che sono all’origine delle distorte dinamiche concorrenziali descritte da Parrillo, è lo stesso sistema a doversi svegliare e a considerare in fretta la realtà del trasporto. Anche perché – ha detto a chiare lettere Villaescusa – quando «nei prossimi 7-8 anni un terzo delle persone che attualmente guidano i camion andrà in pensione, se non si riuscirà a sostituirle, sarà la società stessa a collassare e a doversi quindi porre il problema di come far muovere le merci. Il problema cioè è di sistema o se si preferisce della politica chiamata a fornire una soluzione alle attuali criticità».
Dal canto suo l’autotrasporto può soltanto preoccuparsi di costruire strumenti di protezione legale per le aziende. UETR per esempio, individua tali strumenti – ha chiarito Villaescusa – nella definizione di un costo minimo per il trasporto e di puntuali sanzioni per chi ritarda gravemente nei pagamenti, nell’impossibilità di dichiarare lo stato di insolvenza di un committente del trasporto quando la solvibilità può essere garantita dal valore della merce, nel divieto assoluto di carico e scarico per gli autisti – già adottato in Spagna e Portogallo – perché aiuterebbe a rendere più attrattiva la professione, nel prevedere una forma di ri-
sarcimento per gli eccessivi tempi di attesa al carico e scarico e nell’istituire tribunali arbitrali per risolvere rapidamente le controversie in materia di trasporti, come già avviene in alcuni Paesi europei. Villaescusa, poi, commentando quanto espresso da Parrillo, ha sottolineato l’urgenza di far applicare il pacchetto mobilità perché è quanto mai deplorevole che al giorno d’oggi in Europa sia praticata una condizione di schiavitù lavorativa: «Se qualcuno assume un semi-schiavo proveniente da un Paese terzo, se gli garantisce un livello di reddito inferiore a quello dell’Unione Europea per farlo lavorare in modo miserabile – ha puntualizzato – la responsabilità deve essere di chi lo assume e di chi riceve il servizio da chi lo ha assunto. L’Europa non può permettersi di risolvere il problema dei trasporti importando schiavi».
Quandoneiprossimi7-8anni unterzodegliattuali autistiandràinpensione, se non siriusciràasostituirli, saràlasocietàstessaa collassareeadoversiquindi porreilproblemadicomefar muoverelemerci.Ilproblema cioèèdisistema,dellapolitica chiamataafornireuna soluzionealleattualicriticità
Julio Villaescusa, presidente di UETR
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PITATA DA FEDERTRASPORTI A BOLOGNA
IL CUORE OLTRE L’OSTACOLO
Cambiare pelle per adattarsi alla transizione energetica, con tutte le possibilità e le incognite legate al progressivo abbandono dei motori termici. È il destino che accomuna tutti i produttori di camion, chiamati a riorganizzarsi per produrre veicoli sempre più «green», anche per rispettare le stringenti normative sulle emissioni. Ma quali motorizzazioni sopravvivranno in futuro e per quali missioni di trasporto? Quali sono le scommesse delle Case per attuare la svolta e attraverso quali obiettivi intendono raggiungerla? Lo abbiamo chiesto direttamente ai protagonisti del settore. Ecco cosa ci hanno risposto
L’industria dei camion si trova nel pieno della transizione energetica. Il settore è in fermento per i cambiamenti a livello tecnologico, soprattutto in tema di nuovi sistemi di trazione alternativa, che in tempi più o meno lunghi rivoluzioneranno il mondo del trasporto. Anche se al momento non è chiara la direzione per arrivare alle zero emissioni. Nel senso che non c’è un’unica strada per tutti e, a seconda dei campi di applicazione, ciascuno battezza lesoluzioni che sembrano offrire maggiori garanzie sul lungo periodo. Molticostruttori hannoannuncia-
to la progressiva conversione della gamma all’elettrico, implementando in listino già una buona fetta di modelli a batteria. C’è chi sta sperimentando l’idrogeno, tecnologia ritenuta ancora poco matura ma dal grande potenziale di crescita, e chi scommette massicciamente sui biocarburanti, in barba ai decisori politici comunitari che al momento – salvo possibili dietro-front del Parlamento europeo che è chiamato a interrogarsi al riguardo nel 2026 – sono intenzionati a escludere questa soluzione dall’orizzonte dei carburanti ammessi dopo il 2035 o comunque
entro il 2040.Il prossimo decennio sarà, ad ogni modo, decisivo per le Case per portare a compimento le proprie strategie e le fasi di riassetto organizzativo, specie dal punto di vista dei modelli produttivi. Ma intanto flessibilità, ricerca, sviluppo e diversificazione energetica del portafoglio di soluzioni sono già diventati concetti-chiave e lo saranno ancora di più da qui in avanti. In queste pagine vi raccontiamo allora come si stanno muovendo i big player del mercato, raccogliendo opinioni e visionisu come sarà il camion di domani.
44 luglio 2023
I COSTRUTTORI LE STRATEGIE CASA PER CASA
di Gennaro Speranza
I due veicoli DAF XD e XF Electric, entrambi connotati con il design della nuova generazione, sono alimentati dai motori elettrici a magnete permanente Paccar EX-D1 e Paccar EX-D2 con potenze da 170 kW/230 CV a 350 kW/480 CV. Varia è anche l’offerta di batterie, che copre da 2 a 5 pacchi per consentire autonomie di oltre 500 km con una ricarica per la quale si possono utilizzare potenze fino a 325 kW, così da caricare un gruppo batterie a 3 pacchi fino all’80% in 45 minuti. Anche gruppi batterie più grandi si possono caricare fino al 100%, in meno di 2 ore. È disponibile, inoltre, un caricabatteria di bordo opzionale che consente la ricarica in corrente alternata (CA) fino a 22 kW. Una disposizione flessibile e modulare delle batterie sul telaio facilita l’allestimento, lasciando ampio spazio per le sovrastrutture dei caricatori laterali o i supporti delle gru. Una PTO elettrica da 650 V è disponibile come opzione per alimentare attrezzature ausiliarie.
Ilcostruttoreolandese immagina un futuro in cui le quote che potranno avere lesingolealimentazioni dipenderanno in buona parte dalla disponibilità di incentivi, evidentemente necessari per spingere la transizione delle trazioni alternative al diesel.
«Nel post-2035prospettiamoun doppio scenario per il mercato nazionale dei camion, rispettivamente con e senza incentivi»,spiega Mauro Monfredini, responsabile marketing DAF Veicoli Industriali.
«In assenza di un piano di aiuti a sostegno della transizione energetica delle imprese, a nostro avviso a farla da padrone sarà ancora il diesel, che assorbirà il 70% delle quote di mercato. La restante parte della torta sarà composta da un 25% di soluzioni BEV e da un 5% di veicoli a idrogeno». Diversa la distribuzione delle quote, invece, in presenza di incentivi, con l’elettrico che dovrebbeconquistare largamente lo
scettro di soluzione più diffusa (con una percentuale stimata intorno al 60%), seguita dal diesel (25%) e dall’idrogeno (15%). In questa visione, dunque, a prescindere dagli scenari di mercato, il diesel avrà comunque ancora qualcosa da dire.
«Il gasolio – continua Monfredini –sopravviverà ancora per un po’ nelle missioni a lungo raggio, nelle applicazioni speciali o particolarmente energivore, come ad esempio nel settore delConstruction». Ma la direzione intrapresa dalla Casa di Eindhoven è chiara: «DAF intende affrontare il piano della transizione con un approccio di mix tecnologico, fatto di veicoli 100% elettrici, di motori a idrogeno a combustione interna o alimentati a fuel cell, passando per il biodiesel (HVO), mentre non rientrano tra le nostre opzioni l’LNG o il BioLNG. La proposizione dei veicoli passa comunque attraverso una valutazione della mission del cliente, a cui segue una propo-
sta ad hoc nella quale DAF ricopre un ruolo consulenziale nella valutazione e fornitura delle colonnine di ricarica».
Entrando più nel dettaglio, la proposta di DAF vede veicoli elettrici della gamma XF e XD, nelle versioni trattori e carri a 2 e 3 assi, per le missioni di distribuzione locale o regionale, nel puro navettaggio e nel settore dellaraccolta rifiuti. «Per l’idrogeno –conclude Monfredini – abbiamo invece già dei prototipi circolanti sia in Europa, nella versione con motore termico, peraltro premiata con il riconoscimento di Innovation Truck of Year 2022, che negli Stati Uniti,nella versionea fuel cell, sviluppata in cooperazione con Toyota e attualmente in fase di test nel porto di Los Angeles».
Inassenzadiunpianodiaiuti asostegnodellatransizione energeticadelleimprese, a nostroavvisoafarlada padronesaràancoraildiesel, cheassorbiràil70%delle quotedimercato.
Larestantepartedellatorta saràcompostadaun25% disoluzioniBEVedaun5% diveicoliaidrogeno
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Il camion elettrico di Ford Trucks, mostrato in anteprima all’IAA di Hannover e alla fiera Ecomondo di Rimini, sarà introdotto in commercio dal 2024 e proporrà, dietro un design moderno, diverse configurazioni possibili e la predisposizione per allestimenti che vanno dall’ecologia alla distribuzione urbana. L’autonomia raggiunge i 300 km, la potenza massima è di 390 kW di picco (270 kW in continuo) erogata tramite un cambio a quattro rapporti. La batteria agli ioni di litio ha una capacità massima installata di 392 kWh e si ricarica con una potenza massima in corrente continua di 180 kW, garantendo di riportare la riserva dal 20% all’80% in 75 minuti. Il camion è dotato di una presa di forza elettrica E-PTO che eroga 45 kW in continuo e 75 kW di picco.
PerFord Trucks il futuro dei trasportisarà caratterizzato da una progressiva ascesa dell’elettrificazione. «Le nostre proiezioni indicano che entro il 2035 una parte significativadei mezzi pesanti, potenzialmente la maggioranza, sarà alimentata da energia elettrica. La transizione sarà facilitata dai progressi della tecnologia delle batterie, che offriranno un’autonomia maggiore, da tempi di ricarica più rapidi e da una migliore densità energetica», spiegano dalla Casa madre, specificando che queste previsioni sono ovviamente soggette a diversi fattori, tra cui le politiche governative, lo sviluppo delle infrastrutture e le richieste del mercato. Inoltre, sebbene la tecnologia dell’elettrico sia destinata a crescere sia nella sua declinazione a batteria che in quella a celle a combustibile, per l’Ovale Blu i motori a combustione interna che utilizzano
carburantialternativi continueranno ad avere un ruolo anche dopo il 2035. «I motori termici compatibili con l’idrogeno o con l’olio vegetale idrotrattato (HVO), per esempio, offrono una soluzione interessante nella fase di transizione – spiegano da Ford Trucks – dal momento che garantiscono basse emissioni e ampie autonomie, permettendo così di continuare a utilizzare i carburanti tradizionali per le tratte a lungo raggio».
Ma la sfida per il futuro rimane quella di un trasporto a emissioni totalmente azzerate. «Entro il 2030 un veicolo su due che esporteremo in Europa sarà a ‘Zero Emission’, mentre entro il 2040 ci impegniamo a far sì che tutti i nuovi camion venduti siano privi di combustibili fossili». Questo impegno si concretizza nella strategia Generation F, che integra tecnologie a zero emissioni, connesse e autonome. Tra queste, la tecnologia di guida autonoma di livello 4 (che
consentirà ai camion di trasportare autonomamente le attività tra i centri logistici hub-to-hub), un camion 100% elettrico (mostrato in anteprima allo IAA di Hannover dello scorso settembre e in rampa di lancio sul mercato nel 2024) e massicci investimenti sulle soluzioni a idrogeno. «In particolare – aggiunge il costruttore – abbiamo raggiunto importanti traguardi a questo proposito, tra cui la progettazione di un motore a combustione interna monocilindrico alimentato a idrogeno, specificamente concepito per i veicoli pesanti. Inoltre, ci stiamo dedicando allo sviluppo di un trattore F-Max alimentato a celle a combustibile per l’utilizzo nel lungo raggio».
Entroil2035unaparte significativadeimezzi pesanti,potenzialmente lamaggioranza,sarà alimentatadaenergia elettrica.Latransizione saràfacilitatadaiprogressi tecnologicidellebatterie, cheoffrirannomaggiore autonomia,tempidiricarica piùrapidiemiglioredensità energetica
46 luglio 2023
I COSTRUTTORI LE STRATEGIE CASA PER CASA
Ilcostruttorenazionale punta su un approccio il più diversificante possibile, sperimentando e spingendo le trazioni alternative al momento disponibili. «Anche se vanno fatte delle distinzioni, tenendo presente che bisogna adattare la tecnologia a ogni specifica mission, partendo dalle richieste di autonomia da parte dei clienti», precisa Valerio Vanacore, responsabile Trazioni Alternative Iveco Mercato Italia. «Nei prossimi anni, per ciò che riguarda il segmento dei leggeri e dei medi, quindi dalle 3,5 fino alle 16 tonnellate, lì dove la richiesta di autonomia non è eccessiva, come ad esempio nelladistribuzioneurbana o regionale, ci immaginiamo che l’elettrico possa conquistare quote significative di mercato. Mentre per il segmento dei pesanti per il trasporto a lungo raggio, il biometano continuerà a detenere una buona fetta di mercato, superiore al 20%,
affiancato a partire dal 2026 anche da soluzioni a idrogeno». Per Iveco, dunque, la partita della transizione per i veicoli pesanti sarà sostanzialmente affidata al biometano e all’idrogeno, mentre l’elettrico a batteria avrà un ruolo principale nella distribuzione dell’ultimo miglio. «In questo momento la tecnologia BEV presenta delle limitazioni per il lungo raggio
prosegue Vanacore – non solo in termini di autonomia e tempistiche di ricarica, ma anche di portata utile del veicolo, a causa del peso delle batterie, senza tralasciare la sostenibilità economica di questa tecnologia. È per questo che continuiamo a credere nel biometano, una tecnologia già disponibile e consolidata per la transizione energetica. Infatti, tutta la nostra gamma è alimentabile con questa soluzione, dai veicoli leggeri (Daily), passando per i medi (Eurocargo), ai pesanti (Iveco S-Way). Nello specifico, i veicoli pesanti
S-Way LNG è il camion su cui Iveco scommette anche su lungo orizzonte temporale, ma sottolinea come sia l’unico che già oggi è in grado di ridurre le emissioni di CO2 nel lungo raggio. Con l’impiego di biometano, infatti, si può ottenere – stando a uno studio elaborato dal CNR e promosso dal Consorzio Italiano Biogas – una negatività carbonica fino al 121%, sfruttare un ciclo di economia circolare completo e beneficiare di un’autonomia fino a 1.600 km, con una capacità di rifornimento equiparabile al diesel e una portata utile superiore. Adeguata alle consegne notturne è anche la riduzione del rumore grazie ai 71 dB(A) raggiunti nel Piek Quiet Truck Test in Silent Mode. Rispetto ai motori ci sono due opzioni: il Cursor 9, congeniale per la distribuzione urbana e regionale, per la raccolta rifiuti e il settore edile e ideale – grazie a una cilindrata di 8,7 litri – per contenere la tara a vantaggio della capacità di carico; il Cursor 13 che, con la sua cilindrata da 12,9 litri, dispone di processo di combustione ottimizzato e garantisce efficienza in particolare nel lungo raggio.
possaconquistarequote significativedimercato. Mentreperilsegmento deipesantiperiltrasporto alungoraggio,ilbiometano continueràadetenereuna buonafettadimercato, superioreal20%,affiancato dal2026dasoluzioni aidrogeno
sono configurabili sia nelle versioni a metano compresso che liquefatto, a seconda delle necessità dei nostri clienti».
Sul futuro del diesel, invece, le incognite sono tante, specialmente con l’introduzione, a partire dal 2027, dei nuovi standard di emissioni inquinanti per camion e autobus (Euro VII). «Parliamo di una tecnologia che dovrà essere sviluppata e ovviamente, per restare allineati alle normative europee, anche noi presidieremo questo segmento di mercato. Anche se nel filo logico della decarbonizzazione e della riduzione progressiva della quota del diesel fa riflettere che l’Europa abbia inserito uno step evolutivo sui motori termici. Nel ruolo di costruttori, stiamo investendo su tutte le tecnologie, anche se sarebbe utile orientarsi verso lo sviluppo della tecnologia che riesca ad accelerare in modo concreto la transizione energetica».
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Neiprossimianni, perilsegmentodalle3,5 finoalle16tonnellate, immaginiamochel’elettrico
MAN ha pianificato il lancio del suo primo camion elettrico per il 2024. Nel frattempo, ha inaugurato un eMobility Center in cui sono stati realizzati decine di prototipi e soprattutto ha lavorato per riuscire a ottenere da subito un veicolo a batteria in grado di affrontare anche il lungo raggio, grazie a un’autonomia garantita fino a 800 km. In parallelo ha lavorato, insieme a cinque partner, al progetto Nefton, finalizzato a sviluppare un Megawatt Charging System, un sistema di mega-ricarica fino a 3 megawatt in grado di funzionare anche in senso bidirezionale (dal camion alla stazione e viceversa) così da poter usare il veicolo come unità di stoccaggio nella rete elettrica. Infine, sta sperimentando correnti di carica di 3.000 ampere per ricaricare le batterie in soli 15 minuti.
Chiha invece un’idea di futuro inequivocabilmente orientata verso le trazioni elettriche è MAN Truck & Bus. Il costruttore tedesco prevede che in Europa al 2030 un camion nuovo su due sarà elettrico, mentre se si sposta l’orizzonte oltre il 2035, la quota di mercato dei veicoli BEV continuerà a crescere fino a raggiungere il 90%. «Questa stima – racconta Francesco Turati, Future Mobility manager di MAN – è abbastanza omogenea in tutti i segmenti, con lievi scostamenti a seconda dell’ambito di applicazione. Per la distribuzione urbana e regionale, ad esempio, ipotizziamo che l’elettrico possa raggiungere percentuali davvero alte, vicine al 97-98%; mentre per il lungo raggio la quota sarà leggermente inferiore, ma comunque a livelli notevoli, intorno all’87%».
Da cosa sarà composto il resto della torta? Da una spruzzata di idrogeno (in lieve crescita) e da una quota
residuale di diesel (in progressivo declino). «In questo momento la tecnologia delle celle a combustibile non è ancora matura – prosegue il manager – perché il processo di produzione di idrogeno verde è altamente dispendioso dal punto di vista energetico e le infrastrutture non sono pronte. È per questo che pensiamo che una quota di mercato verrà presidiato dall’idrogeno solo allafine della decade del 2030, e comunque non sarà maggioritaria (al massimo 10% nelle missioni a lungo raggio).
Per quanto riguarda il diesel, invece, le nostre aspettative, sempre a livello europeo, sono di mantenere al 2037 ancora 1 o 2 punti percentuali di immatricolato, che via via andranno a calare nel decennio successivo.
Dopo il 2040, infatti, MAN è orientata a mettere su strada solo camion alimentati con propulsioni totalmente a zero emissioni».
Sui biocarburanti invece, pur ribadendo la bontà del principio della
neutralità tecnologica e che, per raggiungere in tempi brevi i target di riduzione delleemissioni, ogni soluzione pensata a tale scopo è assolutamente valida, MAN non pensa che potranno avere un futuro «dominante». «Non precludiamo alcuna tecnologia – puntualizza Turati – ma a nostro avviso la quota dei biocarburanti resterà comunque minoritaria». «Le nostre previsioni – ribadisce il manager – vedono un mercato orientato sui veicoli a batteria. Anche se è chiaro che non possiamo avere la pretesa di convertire all’elettrico già oggi tutto il parco circolante. È una transizione che necessiterà di tempo, di crescita infrastrutturale, di investimenti pubblici anche importanti».
Al2030uncamionnuovo su duesaràelettrico,mentre oltreil2035,laquotadi mercatodeiveicoliBEV cresceràfinoaraggiungere il90%inmedia.
Inparticolare,perla distribuzioneurbana eregionaleipotizziamo chel’elettricopossa raggiungerepercentuali vicineal97-98%, perillungoraggiolaquota saràintornoall’87%
48 luglio 2023 I COSTRUTTORI LE STRATEGIE CASA PER CASA
08·10 MAGGIO 2024 In contemporanea con transpotec.com 8 - 11 MAGGIO, 2024 | fieramilano
Daimler Truck ha lavorato a tutto campo sulle alimentazioni elettriche, variegando l’offerta in modo articolato. Accanto all’eActros in versione carro e trattore (300 e 400), concepiti rispettivamente per missioni di distribuzione o per la tratta stradale di un trasporto intermodale, trova spazio sia l’eEconic, dedicato al trasporto rifiuti, sia il Fuso eCanter – appena lanciato e già ordinabile – reso flessibile con sei lunghezze di passo (da 2,5 a 4,75 metri), con peso totale ammesso tra 4,25 e 8,55 ton e anche, nella versione più leggera, con due larghezze (da 1.695 e da 1.995 mm), così da trovare spazio anche nelle colonnine di ricarica per vetture. Duplice è pure la scelta del motore, da 110 kW o 129 kW da 430 Nm, per una velocità massima di 89 km/h limitata elettronicamente. Per le batterie si può scegliere tra tre taglie: S, M ed L, tutte a celle al litio ferro fosfato (LFP). Ma la grande novità è che il 10 ottobre 2023 sarà lanciato il primo camion elettrico per lunghe percorrenze, l’eActros 600 pronto per la produzione in serie dal 2024 e in grado di percorrere più di 500 km con una carica. Innoverà il design esterno, ma anche l’assale tramite un’architettura basata su un sistema a 800 V progettato per una vita utile di oltre 1,2 milioni di km in 10 anni. Avrà tre pack batterie con celle al litio-ferro fosfato per una capacità totale di oltre 600 kWh. Due motori elettrici forniscono una potenza continua di 544 CV e una di picco superiore agli 816 CV. Per la ricarica sono previsti sistemi da 1 MW capaci di rifornire dal 20% all’80% della capacità delle batterie in appena 30 minuti.
Chigià da qualche anno ha investito importanti risorse nello sviluppo di tecnologie per ridurre le emissioni di CO2 dei camion è il gruppo Daimler Truck, che per il futuro punta a una doppia strategia basata sue due tecnologie: veicoli elettrici a batteria per il corto e medio raggio e veicoli elettrici a fuel cell per il trasporto sul lungo raggio. «Tuttavia, durante questo periodo di transizione i veicoli convenzionali compatibili anche con l’HVO continueranno ad essere di supporto nel medio periodo e ci consentiranno di arrivare all’effettivo utilizzo, nel quotidiano, di soluzioni tecnologiche completamente green anche nei veicoli industriali», afferma Domenico Andreoli, head of Marketing & PR Mercedes-Benz Trucks
Italia, sottolineando però che per concretizzare la rivoluzione energetica «non bastano solo veicoli green, ma serve sicu-
ramente un ecosistema che accompagni questa transizione, fatto di un continuo sviluppo di infrastrutture di ricarica pubblica orientata al trasporto pesante, di investimenti massivi nelle tecnologie e di un robusto programma di incentivi governativi a livello nazionale». Il gruppo, a partire dal 2021, ha cominciato a offrire una gamma completamente elettrica alimentata a batteria, a partire dall’eActros (il primo etruck in versione carro 2 e 3 assi), passando per l’eEconic (truck elettrico in produzione da fine 2022 e dedicato al settore dello smaltimento dei rifiuti e alle applicazioni municipali in ambito urbano) e il Fuso eCanter Next Generation (il light truck elettrico per la distribuzione leggera la cui commercializzazione è prevista per il 2023). E all’orizzonte c’è anche l’eActros 600, il trattore full electric per il trasporto pesante da 500 chilometri di autonomia che sarà prodotto in serie nel 2024. «Per
tutte le altre applicazioni complesse a lungo raggio che richiedono una autonomia di oltre i 1.000 km – prosegue Andreoli – stiamo sviluppando in parallelo il GenH2 Truck, il primo veicolo industriale pesante elettrico con tecnologia fuel cell. Questa tecnologia prevede la produzione di energia direttamente a bordo del veicolo per il tramite di una fuel cell alimentata a idrogeno liquido senza dover ricorrere a sistemi di accumulo che su percorsi a lungo raggio non pianificabili risulterebbero eccessivamente pesanti e costosi. Il Gen H2 Truck sarà disponibile dalla seconda metà di questa decade, ma in strada per la fase di test già a partire dal 2023. Questo veicolo completa la nostra offerta di veicoli a emissioni zero garantendo anche sulle lunghe distanze prestazioni equiparabili ai tradizionali truck alimentati a gasolio».
Ilfuturodeltrasportosi baseràsuduetecnologie: veicolielettriciabatteria perilcortoemedioraggio e veicolielettriciafuelcell perillungoraggio.
Tuttavia,iveicoli convenzionalicompatibili conl’HVOsarannodi supportonelmedioperiodo e consentirannodiarrivare all’effettivoutilizzo, nelquotidiano,disoluzioni tecnologiche completamentegreen
50 luglio 2023
I COSTRUTTORI LE STRATEGIE CASA PER CASA
Nuove tecniche di costruzione
Quando si parla di sistemi di elettrificazione e di efficacia energetica, una componente che gioca un ruolo chiave è senza dubbio quella degli assali. È qualcosa, infatti, a cui produttori di camion devono prestare attenzione, dal momento che un assale elettrico ha un peso ben maggiore rispetto a uno tradizionale. La sfida è pertanto quella di rendere questo componente sempre più leggero e di ridurre l’ingombro sul telaio per lasciare spazio alle batterie (e, di conseguenza, per aumentare l’autonomia) ospitando direttamente il motore. Chi sta lavorando in questa direzione è per esempio Mercedes-Benz Trucks, che ha introdotto sull’eActros una nuova tipolorigido elettrificato.
La caratteristica di questo assale è che integra al suo interno due motori elettrici che riescono a generare una continua di 330 kW e punta di 400 kW. trasmissione è stato fare spazio ai pacchi
batterie, direttamente inseriti nell’interasse dicolare rispetto così da migliorare la distribuzione dei pesi. Soluzione analoga è stata presentata anche da Volvo Trucks all’IAA di Hannover (foto in alto), vale a dire integrando i motori elettrici e la trasmissione nell’assale posteriore, e anche da FTP Industrial, marchio del gruppo Iveco specializzato in sistemi di propulsione, che l’aveva svelata per la prima volta al CES di Las Vegas. Dopo la separazione da Nikola, Iveco acquisirà la contitolarità della proprietà intellettuale di questi assali elettrici.
Cambiando ambito, poi, anche SAF-Holland, costruttore di assali per semirimorchi, ha concepito un particolare di tipo di assale elettrificato, il SAFTRAKr (foto a sinistra), che permette di recuperare l’energia cinetica del veicolo mentre è in marcia per poi convertirla in energia elettrica. Dopo essere stata immagazzinatainuna batteria, l’energia può essere utilizzata per alimentarele utenze del semirimorchio. E anche così si favorisce il passaggio all’elettromobilità.
Elettrico e trasporto in ADR MATRIMONIO (NON SEMPRE) POSSIBILE
L’elettromobilità sta avanzando nel mondo pesante e sono sempre di più i costruttori di camion che scommettono sulla proposizione in gamma di modelli a batteria. Già oggi questi mezzi sono in grado di coprire molti utilizzi, anche se in alcuni settori particolari ne sono preclusi. Nel trasporto di merci pericolose in ADR, ad esempio, i veicoli elettrici sono abilitati soltanto alla classe di tipo AT, ossia quella che fa riferimento al trasporto di merci pericolose non infiammabili (es. materiali tossici provenienti dagli ospedali). Mentre per quanto riguarda i trasporti di materiale sia pericoloso che infiammabile (es. i carburanti), quelli cioè che ricadono nella più restrittiva classe ADR che comprende i veicoli classificati FL, OX, AT, la tecnologia dell’elettrico non è compatibile. Il perché di questa «idiosincrasia» va individuata in ragioni di carattere tecnico e di sicurezza. Dal momento che questi veicoli effettuano solitamente le operazioni di
carico e scarico presso le raffinerie, queste ultime pretendono infatti lo stacco manuale delle batterie, proprio per evitare che ci siano dei circuiti elettrici attivi nel momento in cui si carica o si scarica un materiale infiammabile. Ma esistono anche altri casi per i quali l’elettrico ancora non è ancora idoneo, come ad esempio nelle attività dei vigili del fuoco, per la semplice ragione che i mezzi impiegati per le missioni di soccorso devono rispondere a caratteristiche di prontezza, in qualsiasi momento, orario e luogo. E considerato che la tecnologia dell’elettrico presenta ancora evidenti limiti tecnici, legati soprattutto ai lunghi tempi di ricarica delle batterie, queste caratteristiche di prontezza non possono essere garantite. Ovviamente ciò non vuol dire che in futuro gli impieghi che abbiamo citato non saranno mai compatibili con l’elettrico. Molto dipenderà da come evolverà la tecnologia e da come la normativa la disciplinerà.
luglio 2023 51 nell’interasse di kW.
MENO PESO DAGLI ASSALI
Anche il costruttore francese intende fare la sua parte nel processo che porta alla decarbonizzazione.Da questo punto di vista, la visione del mercato che azzarda Andrea Rossini, Energy Transition specialist Renault Trucks, è molto precisa: «Nel 2035 il veicolo industriale a batteria avrà con molta probabilità la quota maggiore, che potrebbe attestarsi tra un 35 e un 45% sull’immatricolato, mentre tecnologie come le fuel cell a idrogeno cominceranno a svilupparsi con una quota minore, compresa tra il 10 e il 15%. Il resto delle quote sarà appannaggio dei veicoli dotati di motore a combustione interna, che sopravviverà anche grazie all’utilizzo di combustibili fossil free come gli e-fuel, i biodiesel o l’idrogeno criogenico».
Il manager di Renault Trucks precisa poi che l’elettrico, inteso nella sua
declinazione a batteria (BEV), sarà la motorizzazione che si diffonderà maggiormente per il trasporto regionale, l’edilizia, l’igiene urbana, la distribuzione e le consegne ultimo miglio, mentre le altre motorizzazioni che prevedono l’utilizzo del motore termico (in particolare gli e-fuel, il biodiesel e il biometano) garantiranno chilometraggi idonei per il lungo raggio almeno fino al 2035. Dopo quella data, lasceranno progressivamente spazio ai veicoli a batteria e a idrogeno.
Il piano di Renault Trucks prevede comunque già entro il 2025 che il 10% delle vendite saranno esclusivamente di veicoli elettrici, per arrivare a un 50% nel 2030. La tappa successiva sarà poi quella di giungere al 2040 con il 100% delle proprie vendite costituite solo da veicoli alimentati senza l’impiego di energia fossile.
Anche Renault Trucks propone un portafoglio ampio di veicoli elettrici in grado di coprire tante missioni. Lo ha cominciato a comporre con gli autocarri medi D e D-Wide E-Tech, votati alla distribuzione e alla raccolta rifiuti, tipologie di trasporto che si muovono in contesti urbani. Poi dalla fine dello scorso anno è andata oltre con le nuove serie C e T E-Tech, proposte anche in versione trattore fino a 44 ton, per missioni stradali e da cantiere, riconoscibili per un design specifico che contempla una verniciatura integrale della griglia, dettagli come i coprimozzi blu e la striscia verticale sui lati del veicolo, carrozzeria allungata nella parte anteriore di quasi 12 cm, radar laterali e telaio dotato di pedana retrattile per non sottrarre spazio alle batterie. Mentre per l’approccio al cantiere è stato concepito – e mostrato in occasione del Samoter di Verona a maggio – un autocarro elettrico dedicato al trasporto in cantiere (con cassone e gru), per la precisione un D Wide E-Tech 6x2 da 26 ton, con asse posteriore sterzante, dotato di un pacco 4 batterie da 66 kWh. Infine, sulla fascia più leggera vanno ricordate non soltanto il commerciale Master E-Tech, ma anche il Cargo Bike da 650 kg prodotto in collaborazione con Kleuster.
Nel2035ilveicoloelettrico abatteriaavràlaquota maggiore,attestatatraun 35eun45%,mentrelafuel cellaidrogenosisvilupperà conunaquotacompresatra il10eil15%.Ilrestosarà appannaggiodiveicolidotati dimotoreacombustione interna,chesopravviverà grazieall’utilizzodi combustibilifossilfree comeglie-fuel,ibiodiesel ol’idrogenocriogenico
«Ad oggi vantiamo già il 100% della copertura della rete formata su veicoli a batteria E-tech», spiega Rossini. «Strategici in questo senso sono i seminari specifici con la clientela che svolgiamo presso le concessionarie della rete; attività che stanno contribuendo a portare il focus sulla sostenibilità e sull’elettrificazione». Ma la transizione energetica, oltre che dalle case costruttrici, deve prevedere «l’impegno da parte di tutta la filiera, dalla committenza alla rete infrastrutturale, passando per i ministeri di competenza. La sfida è enorme, non impossibile, ma molto stimolante specialmente per noi di Renault Trucks che abbiamo creduto nella tecnologia a batteria sin dai primi anni 2000».
52 luglio 2023 I COSTRUTTORI LE STRATEGIE CASA PER CASA
Gli straordinari per il diesel
Il 10 novembre 2022 la Commissione Europea ha approvato la proposta di Regolamento Euro 7 al fine di ridurre le emissioni inquinanti dei veicoli e migliorare la qualità dell’aria. E ora la proposta è in discussione presso il Parlamento Europeo, in vista del Trilogo e della valutazione del Consiglio, prima della sua adozione finale.
Leprincipalimisurecontenutenellapropostadi Regolamento sono:
• istituzione di un’unica classe di emissione Euro 7validapertuttiiveicoli,aprescinderedalla tecnologia;
• controllo delrispettodeilimitisulleemissioni basate su criteri “real drive“;
• limitazioni maggiori per le emissioni degli ossidi da parte dei veicoli commerciali pesanti (-56% rispetto all’Euro VI attualmente in vigore);
• limitazioni aggiuntiveperleemissioni di particolato da freni e rotolamento pneumatici;
• prolungamento dipercorrenzeedurataentro cui i veicoli devono rispettare i limiti previsti dal Regolamento;
• regolazione sulla durata delle batterie;
• inserimento delcontrollodelleemissioni del singolo veicolo mediante sensori digitali.
Secondo la proposta della Commissione, l’entrata in vigore è prevista al 1° luglio 2027 per i veicoli pesanti nuovi(N2/N3/M2/M3).Tuttavia,visonocrescenti posizionicritichesumoltidegliaspettipresenti
nellapropostadiRegolamento,apartiredalla Commissione Ambiente del Parlamento UE, il cui relatore qualche settimana fa ha chiesto di inserire una serie di emendamenti, relativi in particolare a:
• indicazione secondocuiunveicoloEuro7 alimentatoconCarbonNeutralFuels(per esempio, Bio-GNL) è da considerarsi zero-emission in relazione ai target di emissione di CO2;
• entrata in vigore dell’Euro 7 per gli HDV non più da giugno 2027 – come proposto dalla Commissione –ma48mesidopol'entratainvigoredegli «Implementing Acts», da approvare a loro volta entro18mesidallapubblicazionedelnuovo RegolamentoEuro7(stimabileperl’iniziodel 2030).
Tale ripensamento complessivo della proposta di Regolamento Euro 7 scaturisce anche dalle analisi svoltedaACEA(l’associazionedeicostruttori europei), secondo cui il maggior prezzo per l’utente finale di un veicolo commerciale HDV Euro 7 sarebbe pari a oltre 12.000 euro.
Inoltre, le nuove disposizioni comporterebbero un incremento del consumo medio degli HDV per un valore pari a +3,5%, con un aumento del TCO di circa 17.500 euro/anno.
Sarebbequindisorprendentechelastruttura proposta dalla Commissione possa arrivare integra alla sua approvazione, dopo i passaggi in sede di Trilogo UE.
veicoli elettrici a batteria
veicoli elettrici fuel cell
veicoli diesel o LNG
A COMPLICARE LE COSE POI C’E’ L’EURO 7
ANNUALE
2030: IL MIX DI ALIMENTAZIONI NECESSARIE PER TAGLIARE LA CO2 DEL 50%
UTILIZZO
DELL’ENERGIA
CHILOMETRAGGIO
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Pochi fronzoli e tanta sostanza. Scania propone dei veicoli elettrici con un approccio molto pratico. Esemplare in tal senso il modello 25 P BEV 6x2. Ovviamente oltre che a tre assi è disponibile anche a due, ma soprattutto può essere personalizzato in funzione del lavoro in vario modo. Per la cabina si può scegliere tra la P e la L, quella ribassata a ingresso facilitato, per i passi tra i 3.950 e i 4.350 mm, rispetto al motore la versione da 310 CV con picco di 398 dispone di un cambio a due velocità, ma soprattutto può essere alimentata con pacchi da 5 o 9 batterie agli ioni di litio raffreddate. In questo modo l’autonomia arriva fino ai 250 km. E così lavora e anche in maniera dura. Pensate che in Svezia una società mineraria – la Boliden – lo utilizza per trasportare carichi di 2.000 tonnellate per 19 ore al giorno. Estrae oro, beata lei!
Perarrivare aun’economia decarbonizzata entro il 2050, Scania punta sull’efficienza energetica dei motori a combustione interna, sui combustibili da fonti rinnovabili e sull’elettrificazione.
«Abbiamo di fronte a noi una transizione in cui vedremo presumibilmente l’elettrificazione crescere, ma lacoesistenzadei veicoli con propulsione termica è certa», racconta Paolo Carri, direttore Driving the Shift di Italscania. «La decarbonizzazione non può avvenire rapidamente con una sola soluzione: specifici contesti operativi, applicazioni e aree geografiche utilizzeranno i biocarburanti come il biometano (compresso e liquefatto), il biodiesel e l’HVO, soprattutto in quelle applicazioni che per caratteristichecostruttivedel veicolo, o per la peculiarità del contesto operativo, sono difficilmente elettrificabili. Per questo, auspichiamo che vengano realizzate ulteriori misure per favorire l’utilizzo a me-
dio-lungo termine dei biocarburanti, ad esempio, attraverso una fiscalità specifica. Inoltre, anche la tecnologia FCEV troverà il suo posto nel mercato a zero emissioni».
Per raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni, dunque, il costruttore svedese intende utilizzare tutte le leve disponibili attraverso un approccio strutturato. Per ciò che riguarda inparticolare l’elettromobilità,l’ambizione delcostruttore svedese è comunque quella di raggiungere il 50% di vendite di veicoli elettrificati nel 2030, ma, sottolinea il manager di Scania, è fondamentale creare le condizioni favorevoli. «In futuro il TCO dei veicoli elettrici sarà paragonabile a quello dei veicoli a combustione interna, ma fino ad allora è necessario un sostegno per intensificare il ritmo di introduzione di queste tecnologie. Il supporto deve essere prevedibile, focalizzato sul lungo termine, mentre il processo di gestione deve essere efficiente per consentire decisioni di investimento
tempestive per i clienti. L’accesso all’infrastruttura di ricarica è altrettanto fondamentale, così come l’accesso sicuro all’elettricità dafonti prive di combustibili fossili. C’è una certa prevedibilità su dove saranno richieste opportunità di ricarica ad alta capacità e ciò dovrebbe essere incluso nella pianificazione pubblica e privata per realizzare in tempo le infrastrutture energetiche». Dal punto di vista delle strategie sull’elettrico, Scania punta molto sulla nuova battery factory a Södertälje, in Svezia, dove vengono assemblati i moduli e i pacchi batterie. «Anche l’hardware di ricarica e i nuovi servizi di digitalizzazione del veicolo e per la ricarica privata e pubblica – conclude Carri – sono inoltre strategici per offrire una consulenza a 360° a clienti e committenza».
Nelcorsodellatransizione vedremocrescere l’elettrificazione,mala decarbonizzazionenonpuò avvenirerapidamente
conunasolasoluzione: specificicontestioperativi, applicazioniearee geograficheutilizzeranno ibiocarburantisoprattutto inquelleapplicazionicheper caratteristichecostruttive delveicolo,operlapeculiarità delcontestooperativo,sono difficilmenteelettrificabili
54 luglio 2023 I COSTRUTTORI LE STRATEGIE CASA PER CASA
L’orizzonte temporale secondo la visione di Volvo Trucks non necessita di attendere la fatidica data spartiacque del 2035, «perché già oggi – spiega Giovanni Dattoli, amministratore delegato di Volvo Trucks Italia – stiamo lavorando per la transizione energetica e la riduzione delle emissioni». Allo stato dell’arte attuale, secondo l’AD, «nessuno dei biocarburanti o deicarburantisintetici garantisce una riduzione delle emissioni comparabile dal punto di vista dell’efficienza energetica con l’elettromobilità. Il nostro obiettivo pertanto sarà quello di massimizzare la penetrazione sul mercato di veicoli BEV o FCEV. Va tuttavia sottolineato come oggi la tecnologia delle batterie non ci permette di garantire la totale sostituzione dei veicoli con motore termico, che pertanto man-
terranno una quota soprattutto nel lungo raggio e nei lavori particolarmente pesanti».
Per Dattoli, i veicoli a batteria saranno utilizzati «in tutte le applicazioni sino a 500 km, sempre che l’autonomia delle batterie non aumenti»; mentre i veicoli a idrogeno e quelli termici alimentati con biocarburanti verranno utilizzati per trasporti a lungo raggio e per i lavori più gravosi. Ad ogni modo, il percorso che porterà Volvo Trucks ad azzerare completamente le emissioni di CO2 prevede diverse tecnologie sulle quali il costruttore sta investendo: carburanti alternativi come il biogas o il biodiesel (incluso l’HVO), l’idrogeno (utilizzato sia come carburante per motori termici che in celle a combustibile), veicoli 100% elettrici (con una proposta di veicoli che spazia dalle 26 alle 44 tonnellate, sia trattori che carri).
Un’intera gamma di veicoli, preparati per affrontare ogni sfida di trasporto. La gamma di veicoli elettrici Volvo Trucks, portata in tour per l’Italia nel corso di questa primavera-estate, parte con l’FM, mezzo estremamente flessibile da sfruttare per il trasporto regionale, poi sale con l’FMX, concepito per fornire un supporto ai cantieri e all’edilizia (anche in contesti urbani) e poi si completa con l’FH, da utilizzare per la distribuzione pesante anche su scala nazionale e per la linea. Più in basso in termini di tonnellaggio ci sono gli FL e gli FE, lanciati per primi e concepiti rispettivamente per consegne urbane e, in particolare, per la raccolta rifiuti. Peraltro questi due veicoli sono stati di recente interessati da un incremento della loro autonomia fino a 450 km con una carica per il Volvo FL e di 275 km per l’FE, conquistata grazie al ricorso a nuove batterie in grado di aumentare la loro capacità.
Iveicoliabatteriasaranno utilizzatiintuttele applicazionisinoa500km, semprechel’autonomia dellebatterienonaumenti; mentreiveicoliaidrogeno equellitermicialimentati conbiocarburantiverranno utilizzatipertrasporti alungoraggioeperilavori piùgravosi.Anchese nessunodeibiocarburanti o deicarburantisintetici garantisceunariduzione delleemissionicomparabile dalpuntodivista dell’efficienzaenergetica conl’elettromobilità
Senza dimenticare il diesel, sul quale vi è un continuo efficientamento energetico, con motorizzazioni che garantiscono una significativa riduzione dei consumi e di conseguenza delle emissioni di CO2.
«Per raggiungere le emissioni zero entro il 2050 abbiamo definito degli obiettivi intermedi», conclude Dattoli. «Intendiamo essere il catalizzatore di questa transizione e puntiamo a far sì che il 50% delle nostre vendite globali di camion nuovi sia elettrico nel 2030, aumentando la percentuale al 100% entro il 2040».
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LA STRATEGIA DELLA RICARICA
Asettembre 2022 in Italia secondo i dati di EAFO (European Alternative FuelsObservatory) erano in funzione 32.936 punti pubblici di ricarica (ma a marzo 2023, con rapida crescita, erano già 41.173), pari a 6,7 punti ogni 100 km. Una dotazione che la pone al 15° posto in Europa. Ma un rapido sguardo alla classifica spiega molte cose. Il fatto che in testa ci siano paesi piccoli e ricchi come Olanda e Lussemburgo (con un rapporto impressionante di 72,9 e 68,9 punti ogni 100 km) seguiti da Norvegia, Danimarca, Austria, Svizzera e Belgio fa capire che è più facile realizzare una rete diffusa dove lo spazio è poco, i chilometri di strada sono scarsi e popolazione e autoveicoli sono in proporzione: l’Olanda non raggiunge gli abitanti del nostro Settentrione, il Lussemburgo supera a stento la Basilicata, la Norvegia ne ha meno della Campania.
L’ACCORDO EUROPEO
Eppure, sotto la spinta di quei Paesi, a marzo è stato raggiunto a livello europeo un
60 km
È la distanza entro cui dovranno essere presenti, a partire dal 2025 lungo la rete TEN-T, infrastrutture di ricarica per veicoli pesanti, collocate in aree di parcheggio sicure e con una potenza di almeno 350 kW. Fuori da questa rete la distanza sale a 100 km.
Nella transizione trovano spazio soluzioni diversificate. Il battery swap, vale a dire lo scambio della batteria carica con una scarica, praticamente sconosciuto in Europa (se ne trova traccia in Norvegia, masoltantorispettoallevetture)erelativamentepraticatoin Cina, adesso è stato lanciato da Janus, un’azienda australiana che elettrifica camion diesel (quello della foto è Freightliner Coronado). E in parallelo a questa attività ha pensato di realizzare una rete di stazioni di scambio di batterie lungo la costa orientale del Paese. L’idea è quella di contenere al massimo i tempi di inattività degli autisti, scommettendo cioè sul fatto che il tempo della sostituzione è drasticamente più breve rispetto a quello di una ricarica, anche se veloce. Peraltro in Janus il battery swap allunga pure la vita della batteria, perché una ricarica rapida fatta in strada riesce in genere a utilizzare – secondo i loro calcoli –soltanto il 60% della batteria.
L’AUSTRALIA SCOMMETTE SULLO SCAMBIO DELLE BATTERIE
56 luglio 2023
LEINFRASTRUTTURE IN DEPOSITO LA NOTTE, DAL CLIENTE DI GIORNO: COME RICAR
In Italia a marzo le colonnine elettriche in funzione erano più di 40 mila, ma siamo ancora indietro rispetto ai paesi – piccoli e ricchi – del Nord Europa. A Bruxelles c’è l’accordo per una stazione ogni 60 chilometri. Ma le ricariche dei pesanti sono ancora un grosso problema per la potenza necessaria che costringerà le imprese a finanziare l’elettrificazione dei depositi
Ricarica, società del gruppo Fera, ha siglato un accordo con Autogrill per realizzare charging station lungo il tratto della A6 tra Torino e Savona. Una colonnina è già attiva nell’area di Carcare Est, un’altra aprirà a Rio Ghidone Ovest. Il 26 giugno la stessa società ha inaugurato sempre a Vado Ligure una stazione dotata di 3 colonnine (con potenza da 350 kW) dedicate ai camion e alimentate con energia proveniente da un vicino parco eolico. Tra due anni diventeranno 12.
nuovo accordo sulle colonnine di ricarica che prevede la realizzazione entro il 2026 (cioè in tre anni) di una rete di stazioni lungo le principali direttrici di traffico continentali a non più di 60 km l’una dall’altra. Per autovetture e furgoni, per ciascun veicolo elettrico a batteria immatricolato in uno Stato membro dovrà essere messa a disposizione una potenza di uscita di 1,3 kW nell’infrastruttura di ricarica accessibile al pubblico. Inoltre, a partire dal 2025, lungo la rete transeuropea dei trasporti (TEN-T) dovranno essere installateogni 60 km stazioni da almeno 150 kW. Quanto ai veicoli pesanti a partire dal 2025, bisognerà realizzare infrastrutture di ricarica – in aree di parcheggio sicure – con una potenza di almeno 350 kW, da dislocare ogni 60 km lungo la rete centrale TEN-T e ogni 100 sulla rete globale più ampia, assicurando entro il 2030 la copertura completa della rete.
Il nuovo Regolamento AFIR (Alternative Fuels Infrastructure Regulation) dovrebbe essere approvato prima dell’estate dal Parlamento europeo, ma è difficile che basterà a rispondere a una domanda complessa e
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milaeuro
È la forchetta di prezzo da sostenere per l’acquisto di una singola colonnina, crescente parallelamente alla potenza di ricarica.
turna (sosta prolungata) e una giornaliera (durante il viaggio) a seconda della portata del veicolo e della lunghezza del percorso. La prima dovrebbe aver luogo in sede per i viaggi che prevedono il rientro in giornata e che costituiscono la maggior parte delle missioni; la seconda in hub pubblici, centri logistici e nodi di consegna dotati di un paio di punti di ricarica tra 50 e 150 Kw, oppure in stazioni per il long haul con potenze superiori ai 300 e fino a 1000 kW. Dove, naturalmente, bisognerà anche badare a non far affluire in contemporanea troppi veicoli per non allungare i tempi di attesa (fattore di contemporaneità).
articolata che copre l’intero territorio e non solo gli assi principali del traffico continentale. Se poi passiamo dal traffico passeggeri a quello merci la questione si fa più controversa. In Italia i punti di ricarica con potenza superiore ai 100 kW sono solo 2.650. Ma per ricaricare le batterie di un pesante ci vogliono potenze di 300-350 kW che, pure, richiedono almeno due ore per un «pieno», se non da 600 kW che sarebbero l’optimum, ma che al momento in Europa non esistono.
UNA STRATEGIA COMPLICATA
Tant’è vero che la stessa Motus-E – organizzazione di associazioni, imprese e operatori del settore elettrico tra i principali sostenitori dell’elettrificazione totale dei trasporti –nel suo studio «Le infrastrutture di ricarica per il trasporto merci elettrico» (febbraio 2023), ritenendoevidentemente insufficienti le postazioni pubbliche, segmenta il traffico pesante per chilometraggio, in modo da poter ipotizzare una serie di strategie di ricarica, prevedendone una not-
Accanto a queste «strategie», lo studio consiglia anche il battery swap, lo scambio della batteria carica con una scarica, che però richiede anch’esso una rete organizzata per le ricariche e gli scambi. Tant’è vero che al momento alcune applicazioni di battery swap sono in via di sviluppo solo in Cina.
L’ELETTRIFICAZIONE DEI DEPOSITI
Ma il vero problema è l’elettrificazione dei depositi privati dove i camion elettrici dovrebbero ricaricarsi. Intanto, se il costo della singola colonnina è accessibile per i veicoli leggeri (intorno agli 8.500 euro), diventa impegnativo per i pesanti (tra 42 e 82 mila euro). Riprendendo il suo studio «Roadmap di elettrificazione per il trasporto merci», Motus-E valuta il costo dell’investimento per l’elettrificazione dei depositi per i veicoli pesanti tra il mezzo miliardo di euro (per la produzione di 0,2 GW) e i 5,5 miliardi di euro (per 3,7 GW) a seconda che si scelga lo «Scenario Base» o lo «Scenario Accelerato». Una bella botta per imprese su cui peserebbe anche l’elettrificazione del trasporto pesante, da aggiungere, ovviamente, al costo dei veicoli.
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ICARE IL CAMION
L’idrogeno avrà un ruolo decisivo in futuro nel percorso verso un trasporto sempre più sostenibile, in uno scenario nel quale è ormai evidente che la transizione non sarà realizzata con un singolo vettore energetico, ma grazie a un mix equilibrato di fonti e tecnologie in progressiva evoluzione. Certo, la strada per l’affermazione è ancora lunga, ma sono già previste misure e importanti finanziamenti per promuoverne la competitività. È il messaggio diffuso in occasione della prima «Conferenza Nazionale sull’Idrogeno e gli eFuel», svoltasi
a Torino il 14 giugno scorso alla presenza di esperti di settore, accademici e istituzioni, in cui si è fatto il punto sullo stato dell’arte dell’idrogeno nei trasporti in Italia, con particolare riferimento all’evoluzione della filiera di produzione (anche in utilizzi extra-mobilità) e alla creazione di una rete infrastrutturale adeguata alla distribuzione.
IL NODO DELLA RETE
Dal convegno è emerso come attualmente tra le maggiori criticità che ostacolano la diffusione dell’idrogeno ci sia la carenza delle infrastrutture di rifornimento. Matteo Azzimonti di Hydrogen Europe – l’organizzazione che racchiude le aziende europee della catena del valore dell’idrogeno e delle celle a combustibile – ha ricordato che in Italia ci sono 49 nodi urbani, ma per ora appena due, quelli di Bolzano e di Mestre, sono quelli «meglio attrezzati». Nel capoluogo trentino e in quello veneto, infatti, sono presenti le sole due stazioni di rifornimento
È il numero di stazioni di rifornimento a idrogeno necessarie in Italia lungo le autostrade Ten-T, in base ai requisiti del regolamento europeo AFIR (un distributore in tutti i nodi urbani e ogni 200 km lungo la rete centrale Ten-T).
a idrogeno. «Nel nostro Paese sono necessarie almeno altre dieci stazioni di rifornimento lungo le autostrade TEN-T, tra cui Genova-Prato, Torino-Ventimiglia, Firenze-Roma,Roma-Napoli,Roma-Andria, Napoli-Andria, Salerno-Reggio Calabria, Catania-Palermo. L’obiettivo è avere circa sessanta stazioni aggiuntive entro il 2030». Un obiettivo che va necessariamente perseguito anche per rispettare il regolamento europeo AFIR (Alternative Fuels Infrastructure Regulation), in cui si prevede, in relazione all’idrogeno, che a
Sono le stazioni di rifornimento a idrogeno in Italia che dovrebbero sorgere entro il 2026, grazie a un contributo statale di 103 milioni di euro, finanziati dai fondi del Pnrr.
partire dal 2030 debba essere realizzata un’infrastruttura di rifornimento di H2 in grado di servire sia autovetture che furgoni e camion in tutti i nodi urbani e ogni 200 km lungo la rete centrale TEN-T, con una rete sufficientemente capillare da consentire la circolazione dei veicoli a idrogeno in tutta l’UE.
GLI INVESTIMENTI
Alla conferenza è intervento anche Marcello Capra, Senior Advisor del ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, che ha illustrato le misure in atto da parte del governo per favorire lo sviluppo dell’idrogeno, tema in cima all’agenda del Governo. «Entro il 2025 il programma europeo della Clean Hydrogen
10 58 luglio 2023
36 LEINFRASTRUTTURE IL VETTORE ENERGETICO DEL FUTURO
LA LUNGA CORSA DELL’IDROGENO
A Torino un convegno per discutere dello sviluppo dell’idrogeno nei trasporti in Italia. Al centro del dibattito, lo sviluppo di un’adeguata rete di distribuzione. Che dovrebbe crescere entro il 2030 grazie a un robusto piano di investimenti
Partnership stanzierà circa 200 milioni di euro per il raddoppio delle cosiddette Hydrogen Valley in Europa, mentre il PNRR ha dedicato 3,6 miliardi complessivi per la filiera dell’idrogeno stanziando 1,2 miliardi per finanziare 57 progetti di produzione di idrogeno verde in aree industriali dismesse, 2 miliardi per l’industria ‘hard to abate’, cioè caratterizzati da un’alta intensità energetica e privi di opzioni di elettrificazione, e risorse ingenti anche per la ricerca». Sul fronte della rete di distribuzione, è stato ricordato che il Mit ha già messo sul piatto un contributo di 103,5 milioni di euro, finanziati sempre grazie ai fondi del PNRR, per l’implementazione di 36 punti di rifornimento sparsi sul territorio
nazionale da realizzarsi entro il 2026. Saranno 13, nel dettaglio, le regioni interessate dagli interventi di realizzazione delle nuove stazioni: poco Sud e isole (solo 6 progetti tra Puglia, Calabria, Abruzzo e Sardegna), una spruzzata di Centro (2 Lazio, 1 Toscana) e tanto Nord (27 tra Veneto, Trentino- Alto Adige, Lombardia e Piemonte).
RIVEDERE IL PACCHETTO FIT FOR 55
Dal dibattito, infine, è emerso come la transizione energetica nel trasporto non sia in discussione, ma stanno crescendo perplessità in merito ad alcuni approcci discriminatori alla regolazione dell’uso delle tecnologie.Il riferimento è alla
neutralità tecnologica, principio che, secondo diversi osservatori, è stato disatteso dall’Europa, privilegiando i sistemi elettrici a batteria rispetto ad altre soluzioni. Situazione che ha portato diversi stakeholder a ritenere necessaria una revisione del pacchetto Fit for 55. «Stiamolavorandosull’evoluzionediquel documento – ha commentato Piersandro Trevisan, development advisor del Cluster Lombardo della Mobilità – cercando di capire tutte le esigenze. Il tema della CO2 va comunque visto in un’ottica complessiva. L’elettrico è a emissioni zero a livello locale, ma se si analizza il ciclo di vita esse aumentano e di parecchio».
Sono sette le aziende tedesche attive nella logistica a fare spazio all’interno delle proprie flotte a 27 XCient Fuel Cell, attingendo agli stessi sostegni statali (complessivamente 1,6 miliardi fino al 2024) concessi per l’acquisto di veicoli con alimentazioni ecologiche. A quel punto, il costruttore coreano utilizzando la joint venture creata con la società svizzera H2 Energy (vale a dire la Hyundai Hydrogen Mobility), ha pensato di fornire anche alcuni servizi correlati in grado di facilitare l’utilizzo dei camion. XCient dispone di un motore elettrico da 350 kW, di tre batterie da 72 kWh, di un sistema Fuel Cell da 180 kW e di 7 serbatoi in grado di stoccare quasi 31 kg di idrogeno, utili per raggiungere un’autonomia di 400 km. In base alla temperatura ambientale il rifornimento di idrogeno varia dagli 8 ai 20 minuti circa.
luglio 2023 59
E IL CONFRONTO DIVENTA SCONTRO
Ma fra trazione elettrica e carburanti bio o sintetici, come stanno davvero le cose dal punto di vista del clima? I fautori dell’elettrico sostengono che i biocarburanti inquinano, quelli dei bio ricordano che la CO2 sottratta all’atmosfera pareggia il conto e che ancora oggi il 57,6% dell’energia elettrica è prodotta da carburanti fossili
Madavvero la transizione ecologica dei trasporti deve affidarsi unicamente alla trazione elettrica? E per i settori dove il suo impiego è difficile – come l’autotrasporto pesante – davvero basta trincerarsi dietro la convinzione che entro il 2035 la tecnologia supererà tutti i problemi? E perché la stessa convinzione non dovrebbe valere anche per gli altri carburanti
biologici o sintetici – che hanno un saldo zero in termini di emissioni climalteranti?
I biocarburanti sono carburantiderivati dalle biomasse, materia organica trasformata in energia tramite la fissazione del carbonio contenuto nelle sue molecole. Quelli di prima generazione sono ottenuti direttamenteda colture alimentari (entrando in competizione sul mercato alimentare), mentre quelli di seconda e terza provengono da materie prime che hanno il vantaggio di non competere direttamente con le colture alimentari e foraggere, come rifiuti e residui agricoli (es. paglia di grano, rifiuti urbani) o colture non alimentari e alghe e sono comunque rinnovabili. Gli e-fuel, invece, sono carburanti prodotti in laboratorio miscelando idrogeno e carbonio.
In realtà, dunque, dal punto di vista tecnico, lesoluzioni forniteda elettricità, e-fuel e biocarburanti si equivalgono: sia gli e-fuel che i biocarburanti utilizzano in fase di produzione C02 sottraendolo all’atmosfera e ne rimettono in circolo la stessa quantità (anzi, a volte anche meno). La condizione – che però vale anche per l’elettrico, anzi soprattutto per l’elettrico – è che la produzione non avvenga con combustibili fossili, ma con energia verde.
I CRITERI DI MISURAZIONE
Il problema, a questo punto, è nei criteri di misurazione ai fini dell’impatto della CO2. Per i fautori del full electric i valori vanno misurati allo scarico (Tail-pipe), per i neutral technology va considerato l’intero ciclo di vita (Life cycle assestment) del prodotto.
Non è vero che l’elettricità non produce CO2. In Italia il 50% della produzione di elettricità è fossile.
I veicoli hanno prezzi esorbitanti
La rete di rifornimento, pubblica e privata, è ancora insufficiente per punti e per potenze e ha costi proibitivi
Lo smaltimento delle batterie al litio è costoso, complesso e fortemente inquinante se non fatto a norma
L'autonomia è troppo scarsa
Per ricaricare un camion ci vogliono molte ore
Entro il 2035 l’energia elettrica sarà tutta di origine rinnovabile
Entro il 2025 saranno prodotti in serie, ma i governi devono offrire incentivi adeguati e comunque consumi e manutenzione costano meno dei motori endotermici
Il programma UE copre le reti TEN-T. Occorrono incentivi pubblici per elettrificare i depositi privati.
Sono in costruzione stabilimenti per recuperare i materiali e/o riciclare le batterie
Le batterie del futuro aumenteranno l'autonomia
Nel futuro ci saranno sempre più supercharger
60 luglio 2023
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ALL’ELETTRICO l’accusa la difesa
IL PROCESSO
LE INFRASTRUTTURE NON SOLO ELETTRICO. LA NEUTRALITÀ CARBONICA DEI BIOCAR
Le differenze sono evidenti: con il Tail-pipe, i primi possono dire che i carburanti alternativi inquinano, anche se invece il saldo di CO2 è zero; con il Life cycle assestment i secondi possono includere nella cosiddetta impronta di carbonio dell’elettrico anche l’inquinamentodei combustibili fossili bruciati per produrre energia elettrica. Che non sono poca cosa: in Italia nel 2020 – secondo Terna – ancora il 57,6% dell’energia elettrica viene generata attraverso fonti non rinnovabili tramite le centrali termoelettriche. E si tratta di energia impiegata
da industria, servizi, agricoltura e famiglie, alla quale bisognerà evidentemente aggiungere quellaper l’autotrazione, una volta che si arriverà all’auto elettrica. Il confronto, soprattutto dopo gli ultimi tentennamenti dell’Unione Europea, si è scaldato inparticolaresul lato delle associazioni pro full electric. Quando, lo scorso marzo, il ministro per l’Ambiente e la Sicurezza energetica (MASE), Gilberto Pichetto Fratin, ha firmato il decreto sui criteri e le quantità di utilizzo dei biocarburanti, otto associazioni ambientaliste,
AL BIOCARBURANTE l’accusa la difesa
Emettono CO2 allo scarico molto più del diesel
Sottraggono terreni alle colture alimentari, facendo aumentare i prezzi
Emettono la CO2 sottratta in fase di produzione, in alcuni casi anche di più
Vanno impiegati solo quelli di 2a o 3a generazione, che provengono da rifiuti e residui, ottimizzandone anche lo smaltimento
capeggiateda Transport&Environment, opponendosi al loro impiego hanno affermato che la mancanza di una «credibile certificazione» degli olii vegetali importati per produrli «porta a triplicare le emissioni di CO2 e bruciare le foreste tropicali del sudest asiatico per far posto alla coltivazione delle palme». Evocando uno scenario apocalittico: «A causa dei biocarburanti derivati dall’olio di palma e dalla soia sono a rischio 630.000 ettari di foreste pari a 900.000 campi da calcio». E chi prospetta loro l’uso di biocarburanti di seconda e terza generazione che, provenendo dai rifiuti non impattano sulla produzione agricola, replicano che la loro disponibilità è troppo scarsa: al 2030 potrebbero alimentare appena il 5% – massimo il 10% – del parco circolante, cioè tra i 2 e i 7 milioni di automobili. Sarebbe meglio, sostiene T&E, usare la stessa energia per alimentare auto elettriche (che però costano molto di più).
IL RUOLO DELLA TECNOLOGIA
Spingono alla deforestazione
La deforestazione è legata alla grande crescita dei consumi nelle economie emergenti I biocarburanti provenienti da residui e rifiuti sono pochi e vanno utilizzati per aviazione, marittimo e industria
Anche se sono a saldo zero di CO2, inquinano con particolato e Nox
È difficile controllare che il biocarburante sia davvero puro e non mescolato con nafta
La produzione crescerà notevolmente nel tempo essendo basata su una fonte rinnovabile e inesauribile
Il particolato è zero già nel metano fossile, le emissioni di ossidi sono le stesse dell'elettrico alla sua produzione non green
Sono allo studio sensori di riconoscimento delle molecole che bloccherà il motore se individuano carburante convenzionale
Insomma, i progressi della tecnologia vanno bene (e dunque certamente si realizzeranno) se risolvono i problemi dell’elettrico e non vanno bene se applicati ad altre alimentazioni (e dunque non si realizzeranno mai). È tutta qui la vera debolezza del fronte «tutto elettrico» e la forza della «neutralità tecnologica» che non si chiude nessuna via d’uscita. «L’elettrico», ha osservato il ministro del Made in Italy, Adolfo Urso, «non è una religione, ma una tecnologia. Per raggiungere gli stessi obiettivi si possono usare anche altre tecnologie. Solo in Unione sovietica si piegava la scienza alla ideologia».
luglio 2023 61
BURANTI E DEGLI E-FUEL
Inattesa che arrivi il 2026, anno in cui la Commissione europeadovràriunirsi per decidere le sorti dei biocarburanti, in particolare sui progressi raggiunti da questa tecnologia nel perseguire l’obiettivo del 100% di riduzione della CO2, da più parti è stata richiesta a livello nazionale l’ammissibilità di questo carburante alternativo, su cui l’Italia ha molto investito soprattutto in ricerca. Basti pensare, per esempio, che l’industria italiana è al secondo posto in Europa per capacità produttiva di biodiesel con un valore che si aggira intorno 2.000.000 ton/anno, valore in crescita alla luce dei nuovi investimenti in itinere da parte di aziende nazionali. Tra queste, in prima fila, c’è senza dubbio Eni, che suibiocarburanti fa sul serio, tanto da aver iniziato la distribuzione in Italia delbiodiesel HVOlution, prodotto
210 miliardi di dollari
È il giro d’affari legato al mondo dei biocarburanti previsto per il 2030, in aumento rispetto ai 109 miliardi di dollari del 2021.
(fonte: Precedence Research)
da Eni nelle bioraffinerie (riconvertite) di Venezia e Gela da «materie prime biogeniche, rinnovabili o di scarto non in competizione con la filiera alimentare». Questo diesel rinnovabile, che può abbattere fino al 90% le emissioni di CO2 nell’intero ciclo di vita, è stato lanciato sul mercato nel febbraio di quest’anno, è già sbarcato in 150 stazioni di servizio del gruppo ed è in vendita in 33 province.
IL BIODIESEL DI ORIGINE VEGETALE
Eni è convinta che questa soluzione «possa contribuire all’immediata decarbonizzazione del settore dei trasporti anche pesanti, tenuto conto delle emissioni allo scarico, perché utilizzabile con le attuali infrastrutture e in tutte le motorizzazioni omologate». La società ha sottolineato anche che, prima della commercializzazione nelle sue stazioni di servizio, l’HVO è stato già utilizzato da diversi utenti nell’ambito per la movimentazione di mezzi aeroportuali e di veicoli commerciali della logistica. E anche da tutta la generica fascia di utenza di automobilisti italiani, dato che dal 2016 una piccola parte dell’HVO (il 15%) è già presente nel carburante Eni Diesel+.
UNA PARTERNSHIP NEGLI USA
Una scommessa, dunque, quella in direzione dei biocarburanti, che sembra avere ottime possibilità di successo. Anche perché, guardando i numeri, secondo uno studio di Precedence Research, il giro d’affari dei biocarburanti sembra destinato a
crescere ancora raddoppiando nel corso dei prossimi dieci anni, passando da un valore di 109 miliardi di dollari del 2021 ai 201 miliardi previsti per il 2030. Ecco perché Eni si sta muovendo molto sui biocarburanti, soprattutto tramite l’impegno sulle sue bioraffinerie: a Venezia e Gela, appunto, ma anche con una Joint venture negli Stati Uniti con PBF Energy. Le due società hanno infatti stretto di recente un accordo di collaborazione per l’avvio della produzione di un nuovo impianto nell’area della raffineria di Chalmette della PBF, in Louisiana. Un’operazione che sottende un investimento importante da parte della compagnia italiana, quantificato in 835 milioni di dollari. L’avvio della nuova bioraffineria è previsto nel corso del 2023 e l’obiettivo è quello di produrre principalmente il biodiesel HVO per circa 300 milioni di galloni all’anno.
I PROGETTI DI NUOVE BIORAFFINERIE
Intanto, sono allo studio anche altri impianti, in Italia e in Malesia. A Livorno, in particolare, la società ha confermato di star lavorando alla realizzazione entro il 2025 di «tre nuovi impianti per la produzione di biocarburanti idrogenati: un’unità di pretrattamento delle cariche biogeniche,un impianto Ecofining da 500mila tonnellate/anno e un impianto per la produzione di idrogeno da gas metano». Mentre in Malesia, in partnership con Euglena e Petronas, punta a realizzare una bioraffineria in una delle più grandi aree petrolchimiche del Sud-est asiatico, il Pengerang Integrated Complex. L’im-
62 luglio 2023 LEINFRASTRUTTURE LE STRATEGIE DEGLI OPERATORI ENERGETICI
ENI E LA SCOMMESSA SUI BIOCARBURANTI
Parola d’ordine: bio. La compagnia italiana punta forte sui diesel rinnovabili puntando all’avvio di nuovi impianti di produzione di HVO (olio vegetale idrotrattato). Un prodotto che, secondo la società, può dare già da oggi un contributo importante alla decarbonizzazione della mobilità, anche del trasporto pesante
1,1 milioni di tonnellate
È la capacità di produzione annua di biodiesel delle due bioraffinerie di Eni presenti sul territorio nazionale, a Gela e a Venezia. Entro il 2025 verrà quasi triplicata raggiungendo i 3 milioni di tonnellate all’anno. Una terza bioraffineria è allo studio all’interno dell’area industriale di Livorno.
pianto, che dovrebbe essere operativo dal 2025, è strategicamente vicino alle principali rotte internazionali, e infatti qui si produrrà sia il SAF (Sustainable Aviation Fuel) per il trasporto aereo, sia l’HVO per il trasporto su strada, ferroviario e marino. La capacità di lavorazione prevista è di 650mila tonnellate annue con una produzione fino a 12.500 barili al giorno di biocarburanti, sempre lavorati a partire da materie prime non in competizione con la filiera alimentare.
Fercam, società leader nei trasporti e nella logistica, ha acquistato 50nuovemotriciMercedes-BenzActrosdallaconcessionaria Autoindustriale e contestualmente ha concluso un accordo con Eni per ottenere una fornitura esclusiva di HVO per i nuovi automezzi. Si tratta della fine di un ciclo di test, iniziato nel dicembre 2021 con l’installazione presso la sede di Bolzano di una pompa di distribuzione di questo biocarburante, allora non ancora disponibile sulla rete. Peraltro le nuove motrici Mercedes-Benz sono state equipaggiate conserbatoicapienti,ingradodigarantireun’autonomiafino a 3.000 km, in modo da consentire ai veicoli di fare ritorno in sede per il rifornimento dopo ogni missione.
«Ilnostrocamminoversolezeroemissioni – afferma Hannes Baumgartner, AD Fercam – necessariamente ci richiederà l’adozione di un mix di tecnologie e di carburanti non fossili di derivazione organica, come BioLNG e HVO. E per gli automezzi di distribuzione con percorrenze giornaliere ridotte, l’elettrico sta diventando una tecnologia praticabile, pur con molte problematiche ancora irrisolte».
Camion elettrici pronti
luglio 2023 63
ANCHE FERCAM SCEGLIE L’HVO DI ENI
FABRIZIO CAPRICCIONI
Il nostro “informatore” del mese si chiama Fabrizio Capriccioni ed è nato a Rieti 39 anni fa. Lavora come autotrasportatore da ormai 18 stagioni e oggi è dipendente per un’azienda di trasporti refrigerati, la Eurolinea di Milano. La trattoria di cui mi vuole parlare – Il Nuovo Baracchino – l’ha conosciuta circa 10 anni fa, quando ancora c’era il vecchio proprietario, operando su Cremona con la precedente azienda che aveva un piazzale in zona. Poi la gestione è cambiata, ma Fabrizio ha continuato a frequentarla con lo stesso entusiasmo, anzi di più: «Il locale è stato tutto restaurato – mi
TRATTORIA IL NUOVO BARACCHINO
la possibilità di scegliere tra 5-6 primi e secondi. Abbiamo poi anche la pizza, fatta da noi, e dei fuori lista, come la costata con l’osso, la grigliata mista e altri ancora». Nella stagione invernale, domenica a mezzogiorno, riemerge la cucina tipica cremonese: dai marubini, i tipici tortelli della zona, ai bolliti (manzo, pollo, maiale, vitello e cotechino), accompagnati da mostarda e salsa verde. «Se dovessi però indicare un piatto di cui andiamo particolarmente orgogliosi –mi precisa la ristoratrice – direi la nostra carbonara». Anche sui servizi il Nuovo Baracchino si fa trovare ben preparato. Il
CONSIGLIA…
spiega – e hanno rinnovato la doccia. Le persone che lo gestiscono, poi, sono giovani e alla mano e io mi sono sempre trovato benissimo. Inoltre, la trattoria occupa una posizione lavorativamente strategica, perché si trova sulla strada che collega Cremona ai caselli di Casal Pusterlengo e Basso Lodigiano, in prossimità del porto fluviale e della zona industriale». Una trattoria classica del Nord Italia, precisa il nostro amico trasportatore, dove si mangia bene quasi tutto, «anche se la loro amatriciana – che tra parentesi non è un piatto ‘nordista’ – è veramente ottima».
Il Nuovo Baracchino prende il nome dalla frazione in cui si trova (Baracchino, appunto) e dal fatto che dall’agosto 2018 ha cambiato gestione. Oggi la conduzione del locale è infatti affidata a un ‘matriarcato’, ovvero la signora Terry Cavalleri con le sue figlie, Jessy e Giulia «La nostra trattoria è indirizzata ai lavoratori – mi informa Giulia – e la sera è il regno dei trasportatori. Lavoriamo dal lunedì al venerdì, con un menu fisso di 13 euro che comprende primo, secondo, contorno (con un ricco buffet di verdure) e acqua. Il menu varia tutti i giorni, con
parcheggio è da 20 camion, con un altro park comunale adiacente che può tenere altri 10 mezzi. «Abbiamo anche un servizio doccia, da 3 euro per circa 30 minuti – aggiunge Giulia – e per gli autisti parcheggiati nelle vicinanze, che fanno carico/scarico nei parcheggi delle aziende, facciamo un servizio navetta, andandoli a prendere e riaccompagnandoli ai loro veicoli dopo cena». Negli anni si è concretizzato un rapporto di quasi amicizia con i clienti che frequentano la locanda: «Ci teniamo molto a far sentire a casa i camionisti che ci scelgono – conclude Giulia – Per noi è importante creare le condizioni per permettere ai conducenti di ricaricare le batterie e di ripartire con nuove energie. E in questo il cibo è importante, ma anche il contatto umano è essenziale».
TRATTORIA
IL NUOVO BARACCHINO
via Milano, 6 - Sesto ed Uniti (CR)
tel. 0372 76056 cel.344 1307755
Fascia di prezzo: 13 - 16 euro
Parcheggio: 20 posti camion
Servizi: doccia, navetta
Tipo cucina: italiana, cremonese
Orari: lunedì - venerdì 6.00 - 23.00
domenica 6.00 - 15.00
Giorno chiusura: sabato (solo estivo)
64 luglio 2023
NON DI SOLO TRASPORTO RECENSIONI, SVAGHI, CONSIGLI
Cosa ti ha spinto verso questa professione?
É una passione che ho fin da piccolo, mio papà aveva un’azienda di trasporto e io spesso lo accompagnavo. Insomma sono un figlio d’arte.
Che tratte percorri?
Non ho mai un percorso fisso, giro tutta Italia ed è il bello del mio lavoro. Si viaggia parecchio e a volte si sta fuori tutta la settimana, a volte si rientra; non c’è una regola.
Qual è il trasporto più emozionante che hai fatto?
Sicuramente quando abbiamo caricato la domenica notte un albero di Natale alto 32 m da Fai della Paganella, nel Trentino, e lo abbiamo portato in due giorni fino a Piazza San Pietro, a Città del Vaticano. È stata una bellissima esperienza.
Quali sono le maggiori criticità del tuo mestiere?
Sicuramente quando mi fermo da qualche parte, nelle aree di sosta o altrove, e trovo docce sporche o d’inverno con l’acqua fredda. Quelle sono situazioni veramente difficili da accettare. Solo la passione ti consente di sopportare e andare avanti.
E invece cosa ami di più del tuo lavoro?
Quando trasporto carichi pesanti e passo nei paesini, vedo bambini e anziani che guardano incuriositi quello che porto ed è una grande soddisfazione. Sento di fare un lavoro comunque importante.
Mi dici un episodio buffo che ti è capitato?
Una sera mi sono fermato a mangiare in zona Treviso e c’era un bambino con la sua famiglia. Il ragazzino si è messo a curiosare intorno all’escavatore da 500 quintali che stavo trasportando e allora l’ho fatto salire sopra. Era contentissimo, gli sembrava un enorme giocattolo. Sono le piccole cose che ti migliorano la giornata.
CARTA D’IDENTITÀ
Nome Roberto
Cognome Zanotelli
Età 30
Stato civile Celibe
Punto di partenza Cles (TN)
Anzianità di servizio 6 anni
Settori di attività Trasporti eccezionali pesanti
In questo numero di Uomini e Trasporti parliamo di transizione ecologica. Cosa ne pensi?
Credo che per i pesanti sarà quasi impossibile utilizzare veicoli elettrici. Forse per chi fa linea con tratte sempre uguali potrebbe funzionare, ma per chi come me cambia sempre percorso fare rifornimento diverrebbe un problema. E poi occorre risolvere tante questioni, dallo smaltimento delle batterie all’inquinamento degli stabilimenti di produzione dell’elettricità.
Dal tuo punto di vista, qual è la prima cosa da fare per avvicinare i giovani al lavoro di autista?
Oggi è molto difficile convincere ragazzi e ragazze ad avvicinarsi a questo settore. La mentalità prevalente è quella di stare vicini a casa, fare poche ore e guadagnare molto. Guidare il camion comporta tanti sacrifici e chiedere a un giovane di cominciare a girare l’Italia seduto al volante di un mezzo pesante non suscita certo entusiasmo.
Oltre al camion, hai altre passioni nel tempo libero?
Tiro fuori la mia moto da enduro e vado in giro dalle mie parti, è la mia valvola di sfogo. Abito in una zona di montagna nella provincia di Trento che si presta molto a dei bei percorsi in mezzo alla natura.
Come immagini il tuo futuro?
Continuerò sicuramente a fare questa professione. La mia aspirazione sarebbe quella di aprire un’attività mia, trasportare come libero professionista. Chissà che prima o poi non ci possa riuscire.
luglio 65 TANTI SERVIZI INTEGRATI PER GESTIRE QUALSIASI TIPO DI FLOTTA, ANCHE LA TUA! Piattaforma web Satellitare Download e check dati crono Alta sicurezza Esitazione consegne Controllo consumi 800.729.100 www.viasatfleet.it fleet@viasatonline.it
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di Luca Regazzi
JUST FOR MEN PER SOLI UOMINI
Da qualche tempo avverto l’esigenza di urinare più frequentemente e, siccome ho passato da poco la cinquantina, volevo chiedere se è un sintomo che mi dovrebbe far sospettare problemi alla prostata. Quali sono i principali disturbi urinari e da quale età bisogna sottoporsi a un esame di controllo alla prostata?
Luciano D._Trento
Dolori al basso ventre o alle vie urinarie o al perineo (regioneanatomica che nei maschi è compresa tra ano e scroto) o alla base del pene, talvolta alla schiena, bruciore durante la minzione, bisogno di urinare spesso, febbre, disturbi della sfera sessuale: potrebbe trattarsi di prostatite.
La prostata è una piccola ghiandola dell’apparato genitale maschile che avvolge l’uretra situata nella parte profonda del bacino, sotto la vescica, anteriormente al retto. La sua funzione principale è quella di produrre una parte del liquido seminale espulso durante l’eiaculazione. In linea generale le malattie della prostata sono di tre tipi: prostatite (infiammazione della prostata, si manifesta soprattutto agli under 50), ipertrofia prostatica benigna (ingrossamento della ghiandola prostatica che solitamente si manifesta a partire dai 50-60 anni) e tumori maligni.
In medicina il suffisso «ite» indica infiammazione e la prostatite non fa eccezione; è una malattia piuttosto frequente, annualmente ne soffre circa un terzo della popolazione maschile, e può avere un andamento acuto con febbre elevata, lombalgia, dolore perineale, minzioni frequenti e dolorose, malessere generale o più spesso cronico con sintomi più lievi, ma persistenti o ricorrenti (disturbi urinari, dolenzia al basso ventre o al perineo, fastidio ai testicoli). Le cause sono molteplici e non
sempre facilmente identificabili, ma molto spesso si tratta di infezioni batteriche contratte con i rapporti sessuali o provenienti dalla vescica. A concorrere al processo infiammatorio contribuiscono diversi elementi di ordine generale quali vita sedentaria, abuso di alcol e cibi piccanti, stress, fumo, attività sessuale, ma anche fattori locali. A tal proposito giocano un ruolo importante sia la mancanza di sollecitazione muscolare della regione prostatica, in particolare l’astinenza eiaculatoria che riduce il lavoro secretorio della ghiandola sia, al contrario, l’eccessiva sollecitazione muscolare responsabile di continue vibrazioni o compressioni o microtraumi perineali, come accade nella pratica di alcuni sport (ciclismo, equitazione, motociclismo) o in alcuni tipi di lavoro. Infatti, gli autotrasportatori, così come autisti, taxisti e persone che
viaggiano molto in macchina o che stanno per molto tempo sedute, sono decisamente predisposti alla prostatite. Tra i fattori favorenti, infine, figurano la stipsi e le emorroidi che possono causare congestione pelvica e facilitare il passaggio di microrganismi dall’intestino alla prostata e, dopo i 50-60 anni, la stessa ipertrofia prostaticabenigna che, causando un’alterazione del flusso urinario e un ristagno di urine, può contribuire all’insorgenza di infezioni e processi infiammatori.
È molto importante rivolgersi al medico non appena si manifestano i primi sintomi, soprattutto quelli a carico delle vie urinarie (bruciore, aumentata frequenza delle minzioni) perché curarela prostatite in fase iniziale è molto più semplice e può evitare la cronicizzazione. La cura non è solo farmacologica, ma prevede l’eventuale cambiamento dello stile di vita: dieta sana e bilanciata, ricca di fibre se si soffre di stitichezza, tenere d’occhio la bilancia, fare attività fisica, vita sessuale regolare, smettere di fumare. Se si passa molto tempo seduti il consiglio è quello di alzarsi ogni tanto e almeno per cinque minuti, sgranchire e piegare un po’ le gambe. Buon Viaggio!
66 luglio 2023
L’IMPORTANTE
È LA SALUTE CONSIGLI PRATICI DI PREVENZIONE di AnnagiuliaGramenzi ricercatore Dip. medicina clinica Univ. Bologna
Se si passa molto tempo seduti il consiglio è quello di alzarsi ogni tanto e almeno per cinque minuti, sgranchire e piegare un po’ le gambe
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