N. 250 ANNO XXV Ottobre 2016
Alimentazione
Tutti i segreti dei prodotti di stagione
Psico
Attacchi di panico: come affrontarli
Bellezza
Le maschere ad hoc per i capelli deboli
Dossier
Tutte le interazioni tra farmaci e cibo
in questo numero
PATOLOGIE INVERNALI
In arrivo le temute forme influenzali: l’importanza della prevenzione e della vaccinazione
Sommario
Anno XXV n. 250 Ottobre 2016
Direttore responsabile Claudio Sampaolo Coordinamento editoriale Roberta Stagno Grafica e impaginazione Enrico Marinelli email: info@studiorocchetti.com Redazione Studio Rocchetti Comunicazione Strada Lacugnano Giardino, 3 06132 Perugia e mail: redazione@studiorocchetti.com Tel. 075 5170247 Fax 075 5171430 Marketing e pubblicità Francesca Capalbo Tel. 06 41481370 Fax 06 41481383 Gabriele Iannella Tel. 06 41481292 email: optima@comifar.it
Collaboratori Francesca Aquino, Chiara Baldetti, Benedetta Ceccarini, Stefano Ciani, Pompeo D’Ambrosio, Melissa Finali, Francesco Fioroni, Andrea Giordano, Maria Mazzoli, Roberto Moraldi, Simona Peretti, Maria Pia Pezzali, Giuseppe Rinonapoli, Rolando Rossi, Gelsomina Sampaolo, Filippo Tini Consulente scientifico Dottor Pompeo D’Ambrosio Fotografie AGF Creative - Fotolia - iStock Illustrazioni Sabrina Ferrero Editore Comifar Distribuzione S.p.a. Via Fratelli Di Dio, 2 20026 Novate Milanese (MI) Registrazione del Tribunale di Milano n.727 del 04/12/2008 Fotolito e Stampa Charterhouse in collaborazione con Rotolito Lombarda S.p.A. Via Sondrio, 3 20096 - Seggiano di Pioltello (MI) Prezzo per copia € 1,00 Costi di abbonamento: copie 50 € 250,00 copie 100 € 365,00 copie 150 € 505,00 copie 200 € 655,00 copie 300 € 950,00 copie 500 € 1.545,00 Rivista ceduta esclusivamente in abbonamento attraverso il canale Farmacia Info e abbonamenti: www.optimasalute.it
omaggio del tuo farmacista
Post-it
Rubriche
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Attualità in Farmacia La hit parade delle novità
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Post-it Pro-memoria della salute
di Francesca Aquino
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Hobby House Cinema, musica e libri
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Ultima pagina Oroscopo, ricette, appuntamenti, curiosità
di Gelsomina Sampaolo
Testata associata
www.optimasalute.it
OPTIMASALUTE
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Sommario
Anno XXV n. 250 Ottobre 2016
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Dossier
Tutte le interazioni tra farmaci e cibo Per assumere dei medicinali esistono regole ben precise, che non riguardano solo tempi e modi, ma anche possibili interferenze con l’alimentazione, che potrebbero vanificarne o diminuirne l’efficacia terapeutica. Ecco tutto quello che c’è da sapere, sulle possibili interazioni con i farmaci più comuni a cura di Benedetta Ceccarini
Terza Età: l’unione fa la forza Allenarsi in gruppo aiuta la regolarità e sconfigge la monotonia
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I “tesori” dell’autunno Dall’uva alle zucche i prodotti di stagione che prevengono i malanni invernali
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di Melissa Finali
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Il sonno? Comandato dal Dna La genetica influisce anche su risvegli precoci e lunghe dormite di Francesca Aquino
Allattamento al seno Solo vantaggi per mamme e neonati, ma viene abbandonato troppo presto Filippo Tini
Dalla paura al... panico Gli “attacchi” colpiscono milioni di italiani. Servono diagnosi tempestive
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di Pompeo D’Ambrosio
di Francesco Fioroni
Capelli in maschera I trattamenti di bellezza per le deboli chiome secche, grasse o sfibrate di Gelsomina Sampaolo
Italia, l’identikit della salute Meno fattori di rischio, ma prevenzione e vaccinazione non vanno bene di Filippo Tini
Attualità in Farmacia
INFORMAZIONE PUBBLICITARIA
Le novità e i prodotti in vendita in Farmacia
Quando l’intestino diventa irritabile
La causa precisa dell’intestino irritabile non è completamente nota. Ricerche recenti lo attribuiscono ad un cattivo stato delle pareti intestinali che perdono la dovuta permeabilità selettiva lasciando entrare sostanze e microrganismi che in condizioni normali non potrebbero passare. Questo si traduce in una ridotta capacità della funzione di barriera intestinale che porta ad un’attivazione del sistema immunitario con conseguente infiammazione in quell’area. Tale aumento di permeabilità contribuisce in modo significativo a generare quell’alterata sensibilità intestinale che è alla base di tutta la sintomatologia. Non esiste ancora una cura risolutiva. Tra gli approcci più recenti vengono sempre più considerati quelli mirati alla protezione della mucosa, al cui scopo si sono rivelate promettenti sostanze naturali come resine, polisaccaridi e complessi polifenolici.
“Ho la cistite, devo correre e ogni volta... che bruciore!”
Urogermin Rapid è il nuovo integratore frutto della ricerca Pool Pharma utile per il benessere delle vie urinarie a base di Mirtillo rosso americano (cranberry) Ibisco (Utirose) Uva ursina, Zinco, Selenio e Vitamina C. La sua formulazione è un’esclusiva Pool Pharma. Urogermin Rapid, infatti, è l’unico che contiene tutte queste sostanze attive per un approccio naturale e completo all’infiammazione delle vie urinarie come supporto al trattamento antibiotico in fase acuta e per la prevenzione delle ricadute, sia nella donna che nell’uomo. In astuccio da 15 capsule. Da Pool Pharma in Farmacia.
Be-Total, un aiuto per le normali difese immunitarie. Il giusto mix di vitamine B sin dall’infanzia L’autunno è per antonomasia la “stagione della ripresa”: non solo della scuola e delle attività sportive, ma anche dei focolai di malattie da raffreddamento di cui l’influenza è la massima espressione. Il sistema immunitario, per operare in piena efficienza e reagire prontamente alle aggressioni esterne, necessita di alcuni componenti che devono essere introdotti con l’alimentazione. Tra questi spiccano le vitamine del gruppo B. Be-total è un integratore alimentare di vitamine del gruppo B che presiedono alla formazione di energia per l’organismo. In particolare, Be-Total è consigliato per: • la normale trasformazione del cibo in energia (B2,B3,B5,B6,B12); • per contribuire alle normali funzioni del sistema immunitario (B6,B12); • in tutti quei casi in cui vi è un maggiore dispendio di energia (B2,B3,B5,B6,B12).
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Haliborange Immunostimolante: scegli le difese giuste!
Per affrontare al meglio il cambio di stagione e i primi freddi, Eurospital presenta l’integratore alimentare Haliborange Immunistimolante, indicato dai 3 anni in su. A base di Vitamina D, la cui integrazione può risultare particolarmente utile nel periodo invernale, è arricchito con Echinacea ed Astragalo in grado di favorire le naturali difese dell’organismo, oltre a Zinco, Vitamina B6 e 7 miliardi di fermenti lattici tindalizzati non vitali. La praticità dei flaconcini monodose e il gradevole sapore d’arancia ne fanno una soluzione buona e pronta all’uso. Da Eurospital.
Non contare sulla fortuna, conta su Paranix Prevent
Non si può evitare di essere attaccati dai pidocchi! Ciò che possiamo fare è creare un ambiente sfavorevole e poco gradito ai nostri parassiti. L’importante è non farsi trovare mai impreparati facendo una corretta attività di prevenzione con i giusti rimedi. Proteggi attivamente la tua famiglia e il tuo bambino con Paranix Prevent che: • Crea un ambiente sfavorevole all’insediamento dei pidocchi • Riduce la possibilità di adesione delle lendini • Aiuta a prevenire eventuali re-infestazioni.
Diabetic Knee-High by Solidea
Nuovi arrivi da Solidea! Dopo un’attenta ricerca l’azienda leader nel settore delle calze a compressione graduata ha messo a punto un nuovo prodotto, un gambaletto indicato per il piede diabetico: Diabetic Knee-High in maglia molto fine per il massimo comfort, con una leggera compressione che fa aderire bene la calza all’arto. La cucitura della punta è realizzata appositamente all’esterno della calza affinché il tessuto all’interno a contatto con il piede rimanga liscio, per evitare attriti che possano procurare lesioni alla pelle. È realizzato in filato Coolmax® che asciuga rapidamente: il piede e la gamba si mantengono sempre asciutti grazie all’ottima gestione dell’umidità corporea che trasporta il sudore all’esterno per un comfort ottimale, mantenendo freschezza prolungata insieme ad un ottimo potere traspirante.
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Post-it salute
di Francesca Aquino
Automedicazione responsabile
L’automedicazione è una tendenza in crescita, ma deve essere supportata e guidata da chi può fornire informazioni professionali al cittadino. Con questo obiettivo si terrà una campagna di sensibilizzazione a bordo delle Frecce di Trenitalia. L’obiettivo, secondo Andrea Mandelli, presidente della Federazione degli Ordini dei Farmacisti Italiani, “è far sì che si raggiungano i livelli europei, con l’indispensabile opera di guida e di consulenza al paziente forniti dal farmacista. Solo attraverso l’uso corretto e responsabile dell’automedicazione è possibile raggiungere il successo terapeutico che è l’elemento fondamentale per far sì che i cittadini si rivolgano con sempre maggiore fiducia al farmaco da banco, evitando il ricorso improprio a prestazioni più costose e liberando così risorse per il trattamento delle condizioni che devono invece essere affrontate dal medico nel percorso di cura convenzionale”.
Palestra: meglio la sera
Se le palestre affollate vi scoraggiano, Fitbit ha realizzato un’indagine per scoprire quali sono i momenti di minore affluenza. In Italia, durante la settimana lavorativa (lunedì-venerdì), 19-20 è l’orario più comune in cui vengono registrate attività in palestra. L’orario con meno afflusso è invece quello tra le 15 e le 16. Potrebbe sembrare banale, eppure la differenza tra un orario e l’altro è davvero notevole, tanto che la fascia oraria tra le 19 e le 20 è 8 volte più popolare rispetto a quella 15-16. Per chi preferisce andare in palestra durante il fine settimana, invece, la mattina, in particolare nell’orario tra le 11 e le 12, è il momento preferito. Dopo le 17, invece, sabato e domenica troverete locali semideserti.
In Italia mangiamo poco pesce
Confrontando il consumo di pesce stimato dalla FAO con le porzioni consigliate dalla Dieta Mediterranea, emerge che la quantità giornaliera ottimale di proteine derivanti dal pesce non viene sempre raggiunta, neppure in Italia, patria della dieta stessa. Secondo le stime, infatti, nel nostro Paese l’effettivo consumo di proteine di pesce raggiungerebbe i 40 g a settimana rispetto ai 60 raccomandati. Male anche gli Stati Uniti e gran parte dei paesi Europei, tra i quali l’unico esempio virtuoso è dato dalla Spagna con oltre 70 grammi di proteine di pesce assunte a settimana.
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Post-it salute
Meno calorie contro i tumori
Una dieta molto povera di calorie aiuterebbe a combattere i tumori. Questo il risultato di uno studio svolto dal ricercatore italiano Valter Longo presso l’Università della California Meridionale (Los Angelese) su topolini malati. “Considerando che l’immunoterapia (ovvero la terapia anti-tumore basata su tattiche per far reagire il sistema immunitario del paziente) è l’intervento anti-cancro al momento più promettente - spiega Longo - ma anche più costoso, questa nuova scoperta ha il potenziale di accompagnare l’immunoterapia con un intervento low cost basato proprio su una dieta ad hoc, che stimoli il sistema immunitario del paziente”.
Aspirina liquida: passo avanti della ricerca
Potrebbe essere l’aspirina in forma liquida una nuova ‘arma’ per combattere il tumore al cervello. Una speciale versione di questo farmaco, sviluppata in collaborazione con una piccola start up di Manchester, detta ‘IP1867B’con due ingredienti aggiuntivi (non rivelati), sembra infatti essere dieci volte più efficace della chemio nell’uccidere le cellule tumorali secondo i risultati preliminari di uno studio condotto dall’Università inglese di Portsmouth, presentato alla conferenza ‘Brain Tumors 2016’ a Varsavia. Lo studio dovrà essere confermato da altri test, ma sviluppare l’aspirina in forma liquida è sempre stato un obiettivo importante a livello scientifico.
Anziani: test salvavita
Basterebbe un semplice test della velocità del cammino per individuare gli anziani maggiormente a rischio di morte. Secondo la Società Italiana di Cardiologia Geriatrica (Sicge), che cita uno studio pubblicato da Jama Neurology, i pazienti che camminano ad una velocità tra 0,83 e 1 metro al secondo hanno una mortalità 1,77 volte superiore, e quelli con velocità inferiore a 0,83 metri al secondo hanno una mortalità 3,16 volte superiore, rispetto a chi cammina con una velocità superiore a un metro al secondo. Il test può essere fatto cronometrando il tempo impiegato a percorrere cinque metri. “Il test del cammino è una ‘variabile riassuntiva’ - spiega Niccolò Marchionni, vicepresidente Sicge - sulla quale convergono molte caratteristiche associate all’invecchiamento, come la perdita di massa muscolare, le modificazioni dell’assetto ormonale, ma anche molte malattie”.
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Post-it salute
Nasce la prima playlist per non udenti
Un’azienda di impianti uditivi, grazie all’esperienza della musicologa Johanna Pätzold, ha lanciato la prima playlist su Spotify creata appositamente per i pazienti con problemi uditivi. In particolare, la playlist è pensata per i portatori di impianti cocleari e comprende diversi brani, sia per autore che per genere musicale, perché ogni portatore di impianto è diverso e ognuno ha il suo gusto musicale. La scelta ha compreso musiche e suoni facilmente riconoscibili, arrangiamenti in cui viene posta particolare enfasi sulla voce, un limitato numero di distorsioni, brani con attiva l’opzione “testo” di Spotify in modo che i pazienti possano seguire le parole. Per accedere alla playlist basta collegarsi su www.spotify.com, loggarsi, o creare il proprio account gratuito e inserire “medelcochlearimplants” nella barra di ricerca.
Un vaccino anti-celiachia
I celiaci in Italia sono oltre 170mila e la comparsa dei sintomi della malattia potrebbe essere accelerata anche da alcune infezioni virali intestinali, tra cui la più nota è il rotavirus, responsabile delle più diffuse forme di gastroenterite virale nei bambini fino ai cinque anni. Un gruppo di ricercatori, tre dei quali del dipartimento di scienze mediche traslazionali dell’Università Federico II di Napoli, è partito da questa scoperta per sviluppare un vaccino specifico, che fin qui è stato diffuso su larga scala soltanto in Austria, Belgio, Francia, Germania e Regno Unito. In Italia, l’unica regione a offrirlo gratuitamente a tutti i bambini è la Sicilia, mentre in Puglia viene garantito soltanto a chi vive in comunità. Il vaccino viene somministrato al terzo mese di vita, con un richiamo al quinto.
Stanchezza cronica: le cause nell’intestino
Un gruppo di ricercatori della Cornell University (Ithaca, NY) in uno studio pubblicato sulla rivista «Microbiome » ha affermato che la sindrome da stanchezza cronica nascerebbe dall’intestino, non dalla testa. Gli studiosi hanno identificato alcune alterazioni del microbiota intestinale comuni a tutte le persone coinvolte nello studio (48) che segnalavano sintomi riconducibili alla sindrome da stanchezza cronica (rispetto ai 39 soggetti inseriti nel gruppo di controllo). L’osservazione, riferibile all’83% delle persone che segnalavano i sintomi caratteristici della condizione (stanchezza protratta, difficoltà di concentrazione, dolori articolari, mal di gola e mal di testa che non si attenuano con i farmaci), è avvenuta attraverso il campionamento delle feci e un semplice prelievo.
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Terza Età: l’unione fa la forza Trovarsi in gruppo è importante anche per svolgere una blanda attività fisica: regolarità della pratica, compagnia e mancanza di monotonia le armi vincenti di Pompeo D’Ambrosio medico sportivo, cardiologo
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Si
fa presto a dire che l’età più bella è quella che stiamo vivendo: se abbiamo 20 anni siamo nel periodo della spensieratezza, mentre a 30 c’è quello della concretezza, a 40 della maturità, a 50 del massimo splendore, a 60 della consapevolezza, a 70 del ringiovanimento, a 80 del ritorno...
Beh, allora si potrebbero tranquillamente ribaltare le carte in tavola e affermare che i 20 anni non tornano più, che i 30 portano i primi acciacchi, i 40 li consolidano, a 50 non si può per nessun motivo guardare avanti, a 60 comincia la vecchiaia, ma quella “vera”. Come si vede, ciò che conta non
è il dato oggettivo, ma i punti di vista. Altrimenti, che senso avrebbero le categorie sportive in cui sono organizzati gli atleti master a partire dai 35 anni, o le limitazioni a guidare certi veicoli dopo i 65 e via discorrendo? Certamente, nel corso degli ultimi decenni, abbiamo spostato
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la vecchiaia molti anni in avanti rispetto al passato (tanto è vero che anche l’età pensionabile è stata portata oltre) e la qualità della vita è migliorata, ma, se non si adottano misure e comportamenti adeguati, una serena vecchiaia libera da malattie, disagi e disturbi la possiamo considerare pura illusione. In medicina, tutte le parole che terminano con il suffisso “osi” descrivono implicitamente una degenerazione, una patologia che inizia in maniera più o meno misconosciuta e poi si concretizza nel tempo. La psicosi sottintende problemi alla psiche, l’artrosi alle articolazioni, la tendinosi alle strutture che sono l’anello di congiungimento tra muscoli e ossa; insomma, quando un termine finisce con queste tre benedette lettere dobbiamo iniziare a preoccuparci. A ben vedere, la preoccupazione non è il giusto comportamento da adottare in queste situazioni. Si è detto e sentito tante volte che la prevenzione è la migliore arma a disposizione per non ammalarsi, ma, arrivati a
un certo momento, è inevitabile che quanto non doveva accadere è invece successo; a quel punto, più che prevenire, dobbiamo “raccogliere i cocci” e procedere a un tentativo di riparazione o di miglioramento della situazione.
Vecchi a 40 anni, giovani a 70?
Corpo e mente vanno di pari passo, e abbiamo ricordato spesso come il detto “mens sana in corpore sano” sia una delle più belle affermazioni mai sostenute dall’uomo nel corso della sua storia. A maggior ragione, nella vecchiaia, questo connubio va incoraggiato e sostenuto con forza. Si è vecchi dentro anche solamente a 40 anni, come pure un soggetto di 70-80 anni che affronta la vita con il coraggio e la spensieratezza di un ventenne, se è anche aiutato dalla salute fa immediatamente trasparire l’immagine di un giovanotto. Sarà capitato a tutti di vedere una persona improvvisamente invecchiata dopo un lutto, una notizia terribile o perché inesorabilmente schiacciata da
un carico insopportabile in quel momento. Che fare? Bisogna combattere con coraggio e su più fronti. Prima di tutto, ogni battaglia, ogni situazione complicata, ma anche ogni gioia, è più facile da affrontare o da apprezzare se si ha la possibilità di condivisione con qualcuno. Del resto, non a caso una delle frasi più celebri del genere umano, ripresa anche in una canzone dei Pink Floyd, è: “uniti riusciamo a resistere, divisi cadiamo”. Quel “cadiamo” può essere interpretato in tanti modi: sotto i colpi del nemico, del destino, oppure in preda alla depressione. Insomma, dato che l’unione fa la forza, bisogna creare una specie di gruppo di fedelissimi, di persone accomunate dalla stessa voglia di vivere e iniziare a percorrere una strada comune. Corpo e mente, si diceva. Giusto. Anche in vecchiaia, non tutto il tempo deve essere dedicato a formare dei Rambo della terza e quarta età; non va nemmeno bene, viceversa, diventare dei cultori esclusivamente di attività intellettuali. Una gran mente deve accompagnare un fisico in piena efficienza, così come un organismo perfettamente funzionante deve essere sostenuto da uno spirito critico, vigile e sempre animato da una grande curiosità per ciò che lo circonda. La via di mezzo è sicuramente il compromesso migliore, escludendo a priori inedia, pigrizia e immobilità.
Le palestre, territorio femminile
Sul piano pratico, perciò, bisogna prima creare un gruppo di persone, non necessariamente omogeneo, ma abbastanza vasto da far sì che ad ogni uscita ci sia sempre la possibilità di non rimanere soli. Il gruppo deve essere aperto e disponibile ad accogliere di volta in volta nuovi soggetti, in modo che, maggiore è il numero
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dei componenti, più alta la possibilità di svolgere più attività e di formare ulteriori “sottogruppi di lavoro”. A dirlo sembra più complicato di quello che in realtà è. Non è così. Penso ad esempio ai genitori di un mio amico, ultrasettantenni. Hanno una decina di amici e sono più o meno coetanei. Due o tre volte la settimana, a giorni e orari abbastanza fissi, si incontrano e si organizzano per un’attività fisica, non necessariamente la stessa. La domenica, ad esempio, gli uomini che amano il calcio vanno a vedere la partita, ma non si comportano da tifosi standard: prima di tutto, niente pranzo, ma colazione abbondante a casa e successivo aperitivo in un bar del centro, distante almeno una mezz’ora di cammino veloce dallo stadio. Da lì, gambe in spalla diretti allo stadio, mentre le donne, anch’esse senza pranzo tradizionale, vanno a camminare o a trovare un’amica o... ogni volta a impegnarsi in un’attività diversa. Questo comporta che dopo due ore si riprenderà la macchina dal parcheggio e... via, di corsa a riprendere gli uomini al termine della partita. L’attività fisica, come si vede, non è esasperata, ma ciò che conta è la regolarità della pratica, la compagnia, la mancanza di monotonia che prima o poi farebbe desistere dall’impegno. A prima vista potrebbe sembrare l’immagine di una famiglia da “Mulino Bianco”, ma non è esattamente così, perché le potenzialità sono pressoché infinite, sia dal punto di vista fisico che intellettuale. La partita di calcio invece che di pallavolo, andare a trovare a piedi l’amico o riprendere a scuola il nipotino. Per i più fortunati o con maggiore salute, c’è la possibilità di andare in bicicletta (ormai le piste ciclabili sono
diventate comuni anche in Italia), a correre o in piscina a nuotare. Stiamo parlando di persone non necessariamente sportive in gioventù o che debbano allenarsi per competizioni. Le donne sopra i 70 anni difficilmente hanno avuto la possibilità, in un passato più o meno remoto, di svolgere attività sportiva, per tabù culturali ed oggettive difficoltà organizzative.
Le donne Over 70 sono più inclini dei maschi ad avviare una attività sportiva In tempi successivi, però, non solo la differenza si è colmata, ma addirittura il famoso gentil sesso è passato in vantaggio nei confronti del maschio: gli uomini sono più restii ad iniziare un’attività fisica, per non parlare poi di fare sport in forma organizzata come nelle palestre. Lì il rapporto donna/uomo è “tanto a poco”, forse anche per l’innato senso di vergogna del maschio a confrontarsi in un ambiente sconosciuto e apparentemente ostile (in base sempre al retaggio culturale).
Al cervello serve energia a colazione
Corpo e mente, si diceva. Va stimolato anche il cervello, organo nobilissimo che si ciba prevalentemente di zucchero. A questo proposito, subito un consiglio, anzi un imperativo: fare colazione la mattina appena alzati, e non li-
mitarsi alla tazzina di caffè secondo le migliori tradizioni italiane. Le possibilità sono tante, dal latte con i biscotti a una fetta di dolce o al pane con miele o marmellata, senza poi parlare delle bevande. Insomma, in questa vasta gamma, bisogna trovare la forma più congeniale per apportare un po’ di energia al nostro cervello, affinché lavori nelle migliori condizioni. Anch’esso deve essere allenato secondo metodologie applicate allo sport. Ci spieghiamo meglio: se si ripete quotidianamente lo stesso esercizio, alla stessa intensità e con le stesse modalità, l’organismo si adatta, ma poi non migliora più; allo stesso modo, se nel corso della giornata si ripete, con la stessa abitudine, la serie di attività cerebrali, senza la minima fantasia o la possibilità di cambiamento, la situazione si sclerotizza e il cervello si adagia a svolgere le stesse cose, ma con minore coinvolgimento, minore attenzione e risultati sempre più sconfortanti. “Sentire” significa utilizzare meccanicamente l’orecchio, mentre “ascoltare” presuppone in modo attivo il coinvolgimento del cervello. Analogamente, bisogna spezzare, interrompere l’abitudine a fare qualcosa in maniera ripetitiva e automatica. 1) La televisione non va lasciata accesa. 2) Vanno guardati i programmi solo se c’è interesse specifico per uno in particolare. 3) La radio è senz’altro preferibile allo schermo, perché permette anche di fare altre cose. 4) Meglio ancora leggere un libro o un giornale. 5) Avendone la possibilità, giocare a carte con una certa regolarità; questo presuppone un’interazione con il prossimo e obbliga a un ragionamento costante, finalizza-
to al conseguimento del risultato. Anche in casa, se le forze e la salute lo consentono, il movimento ci deve accompagnare tutta la giornata. Per favorire questo, la temperatura interna deve essere confortevole, ma soprattutto non troppo alta in inverno: meglio spalancare le finestre quotidianamente, per consentire il ricambio dell’aria e favorire l’eliminazione dell’anidride carbonica, nociva all’organismo.
Muscoli: più pesetti, meno tv
In questo eterno dualismo psicosomatico, diamo ora la parola ai muscoli. Con l’attività del cammino o della bicicletta, le gambe assumono una posizione privilegiata, perciò dobbiamo dare voce ai muscoli del tronco e delle
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braccia. Come sollecitarli? Portare la spesa con entrambi gli arti superiori può essere una possibilità, così come afferrare la maniglia del ferro da stiro a mo’ di bilanciere e fare un certo numero di flessioni del braccio sull’avambraccio. Lo si è detto anche in passato, è importante sollecitare sia la resistenza che la forza di un individuo anziano. Per la prima componente è intuitivo che le possibilità sono infinite, mentre per la forza bisogna vincere qualche remora. A volte sono gli stessi medici a complicare le cose, partendo dal presupposto che il cuore, spesso coinvolto nelle patologie dell’anziano a causa dell’ischemia, possa essere danneggiato dagli esercizi per la forza. Tutto è relativo. I bambini che vanno all’asilo portando il cestino
della merenda utilizzano sovraccarichi, ma nessuno se ne accorge o lo sottolinea negativamente in alcun modo, pur sapendo che in teoria i pesi devono essere banditi nello sport fino alla pubertà. Ugualmente deve essere per i modesti sovraccarichi che sollecitano la scarna muscolatura dell’ultrasettantenne; in questa maniera, lo si è sottolineato altre volte, viene combattuta la sarcopenia, cioè la perdita, qualitativa e quantitativa, del tessuto muscolare. Vari studi hanno dimostrato che un programma di forza, adeguato ai soggetti e portato avanti per sei settimane con sedute trisettimanali, ha consentito a un gruppo di anziani un recupero della forza pari mediamente al 40%. Una disciplina che sta muovendo i primi passi in Italia, ma che è diffusa ampiamente nel nord Europa, potrebbe fare al caso nostro. Stiamo parlando del Nordic Walking, che, al di là del nome all’apparenza complicato, in realtà è una delle attività più immediate, semplici e produttive che si conoscano. Ai meno esperti spieghiamo in che consiste. Si tratta di camminare (o correre) con l’ausilio di due bastoncini telescopici (che possono variare in lunghezza a seconda dell’altezza del soggetto) con l’estremità appuntita in modo da trovare presa su qualsiasi tipo di terreno. In questo modo, vengono sollecitati anche i muscoli della parte superiore e si migliora la coordinazione motoria; oltretutto, è più facile superare le asperità del terreno. A questo punto, di suggerimenti ne abbiamo dati. Ora è importante che ognuno colga l’aspetto che gli è più congeniale e ne faccia tesoro. Mi raccomando, però! Il mondo non ha bisogno né di scienziati tutto cervello e niente muscoli, né di Tarzan nemmeno in grado di comunicare verbalmente con i propri simili. Esercitate corpo e mente, in un indissolubile legame... n
I“tesori” dell’autunno I prodotti stagionali aiutano (anche) a prevenire i malanni invernali. I tanti pregi di melograni, funghi, zucche, carciofi, cachi, agrumi, carote, uva, pere, mele & C. di Melissa Finali biologa, nutrizionista
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L’estate, ormai terminata, ha portato via con se anche certi prodotti di stagione che vanno inevitabilmente sostituiti con altri alimenti, per preparare le difese immunitarie al cambio di temperatura. Fare bene questo passaggio aiuta ad affrontare l’inverno e anche la primavera, possiamo quindi in un certo senso “vaccinarci” contro le influenze anche utilizzando l’alimentazione e lo stile di vita. Di solito le sensazioni
che accompagnano questo cambiamento sono stanchezza, lieve malessere, ma anche mancanza di concentrazione: le tipiche manifestazioni dei cambi di stagione. La “colpa” sarebbe della diminuzione delle ore di luce, i raggi del sole infatti favoriscono la produzione di serotonina (neurotrasmettitore che controlla l’umore e la produzione della melatonina, che regola il ciclo sonno-veglia) a livello nervoso;
va da se che quando il bel tempo finisce per lasciar spazio a minor luce e alle nuvole, anche il nostro umore cambia. A quest’ultimo proposito, il primo consiglio potrebbe essere proprio quello di lavorare sulla produzione di serotonina: il minerale che ne regola la formazione è il magnesio, agendo sui recettori specifici del cervello in modo da svolgere azione analgesica, antidepressiva e stabilizzante del
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tono dell’umore. Gli alimenti ricchi di magnesio, che si possono trovare anche in autunno, sono il cioccolato (meglio quello fondente, dal 70% in su), legumi e cereali integrali (gran parte del magnesio viene rimosso dai processi di raffinazione) come l’avena, il riso, il miglio e il grano saraceno, le verdure a foglia verde, le mele, i semi oleosi tipo quelli di zucca, noci e mandorle. In generale le diete ricche in vegetali e cereali integrali hanno quindi un contenuto di magnesio maggiore rispetto a quello di diete ricche di carni, prodotti caseari e alimenti raffinati. I bambini e gli anziani sono spesso quelli più colpiti dal cambio di stagione, perché il loro organismo è tendenzialmente più sensibile agli sbalzi di temperatura e all’attacco di virus e batteri, quindi la prevenzione è ancora più importante, per meglio superare i mesi freddi; gli effetti di raffreddori e influenze possono essere più potenti e possono protrarsi più a lungo debilitando molto il corpo, nonostante il nostro sistema immunitario sia in grado di rispondere a ogni esigenza. È nota, infatti, la sua capacità di distinguere tra le strutture “self”, endogene o esogene che non costituiscono un pericolo, e le strutture “non self”, endogene o esogene che invece possono essere pericolose per l’organismo e che devono quindi essere eliminate. In ogni caso occorre metterlo in condizione di svolgere il suo lavoro nella maniera più adeguata, fornendogli i giusti nutrienti adatti a sostenere la stagione all’interno della quale deve agire; rinforzando la flora batterica intestinale per contrastare le infezioni e sostenere il sistema immunitario attraverso l’uso di probiotici da prendere come integratori o attraverso prodotti fermentati (kefir, yogurt, crauti, verdure fermentate). Nell’immaginario comune l’autunno viene identificato con la
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caduta delle foglie dagli alberi e i colori dominanti sono l’arancio, il giallo, il rosso ai quali il verde della clorofilla lascia più spazio rispetto all’estate. Quindi la prima cosa da fare è quella di seguire i messaggi di madre natura: nella scelta di verdura e frutta da mettere nel nostro piatto scegliamo quelle caratterizzate dai colori sopra citati, i colori dei carotenoidi e degli antociani, colori di alimenti ricchi di vitamina A e C. In questo periodo, troviamo melograni, cachi, agrumi, zucche, carote, rape, radicchio, uva, pere, mele.
La frutta secca è ricca di grassi Omega 3 importanti per la prevenzione cardio vascolare Frutta e verdura autunnale rappresentano un vero e proprio carico di salute: ricche di vitamine, minerali, fibre e antiossidanti contrastano l’invecchiamento e prevengono malattie come arteriosclerosi e infarto. Addirittura, il melograno, contribuendo a regolare i livelli di colesterolo, è in grado di offrire una buona protezione anche in caso di disturbi cardio-vascolari. Dalla zucca invece possiamo ricavare un altro alimento le cui dimensioni sono inversamente proporzionali ai benefici nutrizionali, ovvero i semi, che presentano un elevato contenuto di triptofano, un aminoacido precursore della serotonina, che contribuisce ad assicurarci non soltanto di vivere le nostre giornate all’insegna del buonumore,
ma anche ad aiutarci nel riposo delle ore notturne. Contengono acidi grassi essenziali omega 3 (i semi sono fondamentali per chi non mangia pesce), la cui presenza permane in un alimento estratto da essi a freddo: l’olio di semi di zucca. Abbassano i livelli di colesterolo nel sangue, essendo ricchi di fibre e di fitosteroli e hanno proprietà antinfiammatorie. Relativamente al discorso omega 3 (acidi grassi estremamente importanti per la prevenzione ma anche per la terapia delle patologie cardio-vascolari) un altro alimento autunnale fondamentale per avere il loro apporto è la frutta secca (mandorle, nocciole, noci, anacardi) che non deve mancare sulle nostre tavole. È ottima anche come spuntino spezza-fame, soprattutto per chi è inappetente, ad esempio i bambini, oppure per chi è sempre di fretta e grande fonte di energia per gli sportivi. Tornando al discorso “colore”, anche il verde permane in autunno, seppur in maniera meno “eclatante”, pertanto possiamo far riferimento a frutti come i kiwi, tanto amati da chi ha bisogno di regolarità intestinale. Sono una bomba di vitamina C, quindi ottimi per potenziare il sistema immunitario e prevenire i raffreddori. Consumarli al mattino è una mossa intelligente per affrontare al meglio la giornata e per regolarizzare l’intestino. Tra le verdure invece troviamo i carciofi, il cui contenuto in cinarina (la sostanza che li rende amarognoli) conferisce a questo alimento proprietà digestive. Gli organi emuntori, in particolare il fegato, traggono grande beneficio dal consumo di questo alimento dell’autunno che favorisce la secrezione degli acidi biliari oltre che la diuresi. Altre verdure a foglia verde su cui possiamo far cadere le nostre scelte culinarie sono gli spinaci, le bietole e le verze, che sono un vero e proprio serbatoio vitaminico.
Contengono vitamina A, C, E, B5 e K (indispensabile per favorire la coagulazione del sangue, quindi non proprio adatta per chi prende farmaci anticoagulanti). Hanno anche un elevato contenuto di antiossidanti che aiuta a contrastare l’insorgenza di radicali liberi e come abbiamo detto prima, sono verdure ricche di magnesio per la produzione di serotonina. Sono inoltre alimenti ricchi di ferro, in particolar modo gli spinaci, carciofi, broccoli e cavoli. Per chi ha una dieta vegetariana o vegana, è importante affiancare il ferro dei vegetali (ferro noneme), meno biodisponibile rispetto al ferro proveniente da prodotti animali (ferro-eme), a una buona fonte di vitamina C, che aiuti a fissare al meglio questo minerale, ad esempio spinaci con qualche goccia di limone come condimento. Anche i legumi come
ceci, fagioli e lenticchie giocano un ruolo molto importante in questa stagione, apportando una
La radice di zenzero ottima per aiutare la digestione e alleviare i disturbi gastro intestinali buona quantità di proteine che, anche se contengono qualche amminoacido limitante (ovvero in quantità lievemente inferiori rispetto agli aminoacidi delle
proteine nobili dei prodotti di origine animale), associate a cereali integrali ci permettono di consumare un pasto leggero e nutrizionalmente completo, anche dal punto di vista aminoacidico, visto che tale associazione permette di ottenere un profilo proteico completo con il beneficio di un pasto ipocalorico. Si quindi a pasta e fagioli e zuppe di cereali e legumi misti.Per concludere, non dimentichiamoci le radici, come lo zenzero, ottimo per combattere disturbi gastrointestinali, regolare la digestione e contrastare la nausea, ma soprattutto un valido alleato anche per i malanni stagionali come influenza, raffreddore e dolori reumatici. Basta far bollire due o tre rondelle di radice nell’acqua insieme a una scorza di limone e avrete un ottimo infuso digestivo e protettivo.
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Sua Maestà il Fungo Il re indiscusso della tavola autunnale è il fungo, alimento gustoso e prelibato, “frutto” del bosco. Composto per la maggior parte da acqua è un alimento ipocalorico, contiene minerali e svariate proteine diverse a seconda delle specie, oltre ad alcune vitamine come la B e la D (anche se la fonte principale di quest’ultima non sono gli alimenti ma l’attivazione tramite raggi solari). È purtroppo vero che i funghi sono anche uno degli alimenti meno digeribili in assoluto; vanno conosciuti e saputi scegliere se si vuole andare “a caccia”. Nella loro preparazione è consigliata la cottura per evitare possibili rischi, migliorarne la digeribilità, ma soprattutto eliminare eventuali parassiti presenti. Evitate inoltre di conservarli in contenitori di alluminio o rame, per scongiurare lo sviluppo di composti tossici, dovuti al contatto del fungo con questi metalli. Meglio la terracotta o il vetro. Il Ministero della Salute dà dei consigli per non correre rischi. Eccoli in sintesi: 1. Che siate esperti oppure no, fate controllare i funghi raccolti da un ispettore micologo della ASL di zona. 2. Per una maggiore digeribilità, van-
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no consumati cotti. 3. La presenza della chitina rende i funghi particolarmente indigesti. Ecco perché andrebbero evitati laddove ci sono problemi di digestione, dalle persone anziane, dai bambini sotto ai 10 anni, dalle donne incinta e durante l’allattamento. 4. Evitare il consumo di funghi raccolti in zone industriali, particolarmente inquinate o nei pressi di discariche. 5. Prima di congelarli, andrebbero sbollentati per qualche minuto, asciugati con cura e, quindi, messi nel congelatore. Questo evita eventuali contaminazioni batteriche. 6. L’odore dei funghi deve essere gradevole o nullo. Quando invece inizia ad assumere un sentore di fermentazione, andrebbero buttati. Si conservano in frigo per un paio di giorni. Se cotti, possono essere riscaldati. 7. I funghi in vendita presso supermercati, fruttivendoli o rivenditori autorizzati, per legge, devono avere superato i controlli della ASL. 8. È necessario rivolgersi immediatamente al pronto soccorso se dopo il consumo di funghi si avvertono sintomi quali nausea, vomito o diarrea. n
Il sonno? Comandato dal Dna
Preferite svegliarvi presto o dormire fino a tardi? Per voi potrebbe aver deciso la genetica: lo dimostra una ricerca USA su un campione di quasi 90mila persone di Francesca Aquino
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Siete
persone mattiniere o nottambule? Gufi o allodole? Qualunque sia la risposta, la ragione potrebbe non essere solo questione di buone o cattive abitudini, ma di DNA. Secondo una recente ricerca pubblicata sulla rivista scientifica Nature Communications, infatti, ci potrebbe essere una causa cronobiologica, ovvero legata alle abitudini orarie che determinano i nostri cronotipi, iniziato anni
fa attraverso l’analisi combinata di semplici questionari e indagini genetiche. Gli studi sul sonno sono generalmente importanti anche per gli effetti che questo ha sul nostro organismo ed eventuali malattie ad esso correlate, come l’obesità, la depressione e disturbi cardiocircolatori. Quest’ultimo studio, in ordine di tempo, però, è particolarmente significativo per il numero di sog-
getti coinvolti: si tratta di un campione di ben 89.283 persone, prestatesi volontariamente attraverso il sito di studi genomici 23andMe (www.23andme.com/en-int), società Californiana di Mountain View, sostenuta da Google. In questo caso, in particolare, i ricercatori americani, coordinati da David Hinds, hanno sottoposto agli intervistati (per i quali non sono state fatte distinzioni di sesso, età o razza) dei questionari
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online relativi alle loro abitudini in tema di sonno, confrontandoli in seguito con il loro Dna, analizzato contestualmente, ed hanno identificato tutte le varianti genetiche relative alle abitudini del sonno. La ricerca ha prodotto ben 15 varianti genetiche associate al fatto di essere mattinieri o meno. La cosa interessante è che 7 di queste 15 varianti sono molto vicine, a livello genomico, ai geni che regolano il ritmo circadiano (quello che gestisce il nostro ritmo sonno-veglia). L’essere mattinieri, dunque, non sarebbe solo un comportamento appreso dai propri genitori, da orari imposti da scuola e lavoro o dalle condizioni ambientali fatte di suoni e luci che disturbano il sonno dopo un certo orario. È sicuramente plausibile che anche un genitore mattiniero può influenzare i comportamenti dei propri figli in materia di sonno, magari costringendoli ad alzatacce finché queste non diventa-
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no la prassi. Ma poi, a lungo andare, se l’abitudine deriva da una imposizione tende ad attenuarsi ed a scomparire.
L’essere mattinieri non deriva soltanto da impegni o abitudini di famiglia Molto più probabile, invece, che quando in una famiglia queste abitudini si perpetuano di padre in figlio entra in gioco il DNA. Come dicevamo poco sopra, questo studio si rivela importante anche per altri aspetti, come ad esempio il fatto, provato, che chi si alza presto la mattina tende a soffrire meno di disturbi quali de-
pressione, insonnia e obesità (è stato dimostrato che l’indice di massa corporea dei mattinieri è inferiore a quello dei nottambuli). Lo scopo ultimo di “23andMe” è quello di approfondire lo studio per mettere a punto nuovi farmaci che regolino il nostro orologio biologico e ci aiutino a raggiungere tutti, chi più chi meno, lo status di allodole. “23andMe” solitamente si occupa di ricerche sul DNA per rintracciare origini familiari e storie cliniche o anche solo per soddisfare le curiosità genealogiche degli utenti. Il funzionamento è molto semplice: a chi ne fa richiesta tramite il sito viene inviato un kit con istruzioni dettagliate per la raccolta del campione genetico, il quale va poi rinviato all’azienda che provvede a stilare un profilo genetico in breve tempo per rispondere alle domande del donatore. La società americana, inoltre, come in questo caso, si serve dei dati ottenuti per aiutare la ricerca scientifica.
Chi si alza presto dorme meglio… Dallo studio è emerso che: • il 60% degli intervistati ha dichiarato di essere nottambulo; • con l’avanzare dell’età è del tutto naturale svegliarsi prima al mattino; • chi si alza presto vanta una migliore qualità del sonno; • chi dorme meno tende a soffrire di RLS (Restless Leg Syndrome, sindrome
delle gambe senza riposo), un disturbo che comporta un bisogno urgente e incontenibile di muovere le gambe, spesso accompagnato da crampi e legato ad una carenza di ferro; • i nottambuli possono soffrire di eccessiva sudorazione o altri disturbi del sonno (compreso il sonnambulismo e le apnee notturne).
… e chi dorme poco altera i geni Se è vero, come è vero, che il Dna influisce sul sonno, si può sostenere che è valida anche la tesi opposta. Tre anni fa, infatti, gli scienziati del Surrey Sleep Research Centre presso la University of Surrey (Inghilterra), guidati dal professor Derk-Jan Dijk stabilirono che uno stato di veglia protratto troppo a lungo è in grado di alterare l’attività di una serie di geni fondamentali per le funzioni immunitarie. La ricerca inglese, è stata effettuata sottoponendo i volontari ad un test che prevedeva per un gruppo una dormita inferiore alle sei ore a notte e per l’altro una superiore alle dieci, per
la durata di una settimana. Dopodiché i pazienti “campione” sono stati tenuti svegli, sottoposti ad un ventaglio di prelievi per fornire vari campioni di sangue. L’analisi del materiale genetico presente nel sangue (Rna, che è lo stampo su cui è letta l’informazione contenuta nei geni) ha rivelato l’effetto della carenza di sonno sull’attività di ben 711 geni. Fra i soggetti che avevano dormito meno di sei ore a notte il numero dei geni la cui attività risultava alterata era sette volte maggiore rispetto ai soggetti che avevano invece dormito fino a 10 ore per notte. n
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I benefici del latte materno L’allattamento al seno apporta vantaggi alla mamma e al neonato, in termini di prevenzione di varie patologie e miglioramento del processo evolutivo del bambino di Filippo Tini
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Proprio
in questi primi giorni di ottobre (1-7) si tiene in tutta Italia l’edizione 2016 della “Settimana per l’Allattamento Materno”, che tutti gli anni riunisce sforzi, idee e proposte di tutti i promotori dell’allattamento materno (Governi, enti, associazioni...) con l’intento di sensibilizzare l’opinione pubblica. Proprio a questo proposito abbiamo ascoltato il dottor
Mauro Stronati, Presidente della Società Italiana di Neonatologia (SIN), che in questa occasione si fa portavoce di alcune semplici indicazioni, da seguire anche con l’aiuto del pediatra/neonatologo e di tutto il personale sanitario che accompagna mamma e neonato fino alla dimissione dall’ospedale ed oltre. Il dottor Stronati è direttore della
struttura complessa di Neonatologia, Patologia Neonatale e Terapia intensiva neonatale dell’IRCCS del Policlinico San Matteo di Pavia. Dottor Stronati, definiamo anzitutto l’allattamento al seno in termini di benefici per la mamma e il neonato. “Consumato direttamente al seno o offerto dopo essere stato estrat-
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to, il latte materno rappresenta, con poche eccezioni, l’alimento principale nell’età infantile con importanti e positivi effetti sulla salute della madre che allatta e su quella del bambino allattato. I benefici che l’allattamento al seno assicura alla mamma sono davvero numerosi, sia a breve che a lungo termine. Le madri che allattano vanno incontro a minori perdite ematiche e ad una più rapida involuzione dell’utero dopo il parto. Le mamme che non allattano o che smettono precocemente sono inoltre più esposte alla depressione puerperale. La durata dell’allattamento è inversamente correlata al rischio materno di sviluppare diabete di tipo II, questo però non vale per le mamme che hanno avuto il diabete gestazionale. Anche per altre malattie dell’età adulta, quali ipertensione, iperlipidemia, patologie cardiovascolari, e per alcuni tumori, quali il cancro del seno o il tumore dell’ovaio, sembra esserci una riduzione del rischio correlata alla durata ed al numero dei figli allattati. Il latte materno protegge il neonato dalle patologie infettive, ne migliora crescita e sviluppo oltre a ridurre il rischio di insorgenza di patologie croniche. La nutrizione con latte materno reca benefici ben documentati non solo al nato a termine, ma anche e soprattutto al neonato pretermine (assistito nelle Unità di Terapia Intensiva Neonatale), che protegge da gravi patologie quali sepsi, meningite, enterocolite necrotizzante oltre a migliorarne il processo neuroevolutivo”. Eppure, nonostante queste evidenze, nonostante per ogni singolo bambino non allattato al seno si stima un incremento annuale per cure ambulatoriali ed ospedaliere di circa 140 euro, i dati sono sconfortanti. Se è vero che oltre il 90% delle donne italiane allatta al seno il neonato nei primi giorni di vita, alla dimissione dall’ospedale la percentuale
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scende al 77% per poi crollare al 31% a 4 mesi e solo il 10% continua ad allattare oltre i 6 mesi di vita. C’è una spiegazione razionale a questi comportamenti? “Tante e diverse sono le motivazioni, differenti in base al livello economico, sociale e culturale e all’etnia o alla regione geografica di appartenenza.
Dopo i primi giorni di vita l’allattamento al seno crolla drasticamente sotto al 31% Anche in Italia le differenze socioeconomiche e territoriali condizionano l’accettazione e la prosecuzione dell’allattamento al seno da parte delle madri; infatti, allatta per un minor numero di mesi quella parte di popolazione nazionale con livello di istruzione e condizione socioeconomica più bassi e quella residente nelle regioni meridionali”. Che cosa si può fare in concreto per far capire l’importanza dell’allattamento al seno alle neomamme? “Al fine di sostenere l’allattamento, che rappresenta una pratica semplice, non costosa ed efficace per promuovere la salute del bambino e della mamma, la Società Italiana di Neonatologia (SIN), assieme ad altre società scientifiche pediatriche (SIP, SIGENP, SICuPP e SIMP) ha sottoscritto un importante documento chiamato “Position Statement sull’Allattamento al seno e uso del latte materno/ umano”, che nasce dalla necessità di tracciare una linea d’azione comune agli operatori del settore,
offrendo dei riferimenti professionali precisi in materia di alimentazione infantile, e che serva di riferimento anche alle famiglie. Inoltre è stato firmato con il Ministro della Salute Beatrice Lorenzin, il documento “Promozione dell’uso del latte materno nelle Unità di Terapia Intensiva Neonatale (TIN) ed accesso dei genitori ai reparti” che punta a rafforzare l’impegno dei neonatologi italiani e delle istituzioni nella promozione dell’allattamento al seno favorendo la presenza dei genitori con il piccolo 24 ore su 24. Durante tutto l’anno, poi, la SIN è impegnata in iniziative specifiche, rivolte alle donne e alle mamme, come la recente Baby Pit Stop, una mappatura, consultabile attraverso un’App da scaricare sullo smartphone, che permette ad ogni mamma, nel momento in cui ne ha più bisogno, di verificare qual è il posto più vicino, e più raccomandato dalle altre mamme, dove fare un baby pit stop, ovvero una sosta, per poter allattare il proprio bebè in uno spazio confortevole”. Quando e quanto allattare? Meglio darlo quando è richiesto o a orari precisi? “È importante allattare a richiesta del bambino, senza limiti di numero e durata delle poppate, cogliendo i segni precoci di fame, più che il pianto. Ciò faciliterà la fisiologia della lattazione. Questo vale anche nei primi giorni di vita nel caso in cui il bambino sia itterico, e sia sottoposto a fototerapia. Per i bambini “più esigenti” spesso si tende a richiedere la famosa aggiunta di latte artificiale, ma eventuali piccole aggiunte vanno prescritte solo previa valutazione delle condizioni del bambino, dell’entità del calo di peso e la reale possibilità della mamma di rispondere alle esigenze del piccolo”. Che cosa sono le banche del latte, chi ne può usufruire? “Quando il latte materno non è di-
sponibile, in particolare nel primo periodo dopo il parto, si può ricorrere al latte umano donato. Nonostante il trattamento termico, necessario per inattivare batteri e virus, ne alteri parzialmente le proprietà biologiche e nutrizionali, il latte umano donato rappresenta la prima scelta nutrizionale subito dopo quello della propria madre. Rispetto alla alimentazione con formule nei pretermine, infatti, il latte umano riduce l’incidenza di enterocolite necrotizzante e migliora la tolleranza alimentare; inoltre contribuisce alla riduzione del rischio di sepsi e previene lo sviluppo di ipertensione arteriosa e insulino-resistenza nell’età adulta. Il latte materno estratto può rappresentare anche la principale integrazione laddove si verifichi una condizione di eccessivo calo ponderale nei primi giorni di vita. Le Banche del latte sono attive grazie alla generosità di donatrici volontarie, accuratamente sele-
zionate, che offrono il proprio latte a titolo gratuito”. A questo proposito: si può conservare in casa il latte materno? E cosa possiamo dire alle donne che hanno timore della cosiddetta “spremitura” del seno e dei tiralatte?
L’uso del tiralatte è utilissimo, semplice, indolore “Non c’è assolutamente da aver timore nell’uso del tiralatte, si tratta di una procedura quanto mai semplice e indolore. Una volta estratto il latte materno può essere mantenuto a temperatura ambiente (max 25°C) se utilizzato entro 6- 8 ore (d’estate è preferibi-
le non superare le 4 ore). Più in generale esistono delle precise linee guida, riassumibili in alcuni punti fondamentali: il latte raccolto in più riprese nell’arco delle 24 ore può essere aggiunto ad un unico contenitore se vengono prese adeguate precauzioni igieniche e se fra una raccolta e l’altra il recipiente è mantenuto nella zona più fredda del frigorifero (D); si sconsiglia di aggiungere latte appena estratto a quello già congelato (D); prudenzialmente si raccomanda di conservare il latte appena estratto nel frigorifero per un periodo non superiore alle 24 ore; dopo tale periodo occorre comunque mettere il contenitore nel congelatore (A*). Infine per l’alimentazione del neonato pretermine, il latte può essere tenuto in congelatore per un periodo massimo di tre mesi, ed anche se su questo tema non c’è unanimità, è certo che le proprietà biologiche non si alterano”. n
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INSERTO GOLD OTTOBRE 2016
Le patologie invernali Ogni anno, in questo periodo, milioni di italiani sono colpiti da patologie simil influenzali e più avanti dall’influenza. Nel campo della prevenzione un ruolo fondamentale è quello giocato dalla vaccinazione, ma anche l’igiene ed altre importanti norme comportamentali vanno tenute attentamente in conto a cura delle Farmacie Valore Salute
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Sembra
ieri che eravamo distesi su una sdraio in riva al mare o felicemente sudati e stanchi in cima a qualche vetta dolomitica. Eppure l’inverno è già alle porte, con il suo consueto carico di patologie da raffreddamento, dai semplici malanni, pur fastidiosissimi come tosse, raucedine, mal di gola, mal di testa, occhi arrossati... all’influenza vera e propria. Forche caudine sotto le quali siamo passati più o meno tutti se si calcola che ogni anno si ammalano
22 milioni italiani. Ma è evidente che le due cose non sono equiparabili, come ben spiega l’Istituto Superiore di Sanità: “sono due malattie causate da diversi microrganismi. Virus, in entrambi i casi. Ma virus influenzali di tipo A o B nel caso dell’influenza e uno tra gli oltre duecento diversi tipi di virus (adenovirus, virus parainfluenzali, metapneumovirus, ecc.) nel caso della sindrome parainfluenzale”.
Prevenzione, la miglior cura La cosa più importante, pur se sottovalutata, è la cura dell’igiene, cominciando da cose apparentemente piccole, ma fondamentali, come lavarsi le mani, non frettolosamente, ma con la necessaria cura, prima dei pasti, o dopo aver frequentato comunità o persone presumibilmente già influenzate, usato i servizi igienici o di trasporto pubblico. Parliamo, per intenderci, dall’intervento preventivo di prima scelta, riconosciuto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità tra i più efficaci per il controllo della diffusione delle infezioni anche negli ospedali. Tecnicamente sarebbe sempre meglio usare acqua calda e sapone, strofinando le mani tra di loro per almeno 15-20 secondi. In assenza di acqua è consigliabile l’uso di gel alcolici, sempre avendo cura di strofinare fino a che le mani non ritornino asciutte.
Importante poi è l’igiene respiratoria, cioè coprirsi bocca e naso quando si starnutisce o tossisce, ed usare preferibilmente fazzolettini di carta, gettandoli nel contenitore dei rifiuti subito dopo l’uso. Chi preferisce affidarsi ai “vecchi” fazzoletti di stoffa, dovrebbe avere comunque l’accortezza di non usarli più volte e lavarli, dopo ammollo, in acqua molto calda, almeno 60°C. Evitare, per quanto possibile, di avere contatti con persone che presentano sintomi di influenza: la distanza di “sicurezza” è di almeno 50 cm, che diventano 1,5 - 2 metri se la persona tossisce o starnutisce. Ricordatevi che le goccioline di secrezioni respiratorie che contengono il virus si muovono a una velocità di 150 km l’ora. Proprio per questo bisogna assolutamente evitare di toccare occhi, naso e bocca perché i germi si diffon-
dono inderogabilmente compiendo questi gesti. In caso di influenza, ma questo vale come precauzione verso... il resto del mondo, rimanere a casa e limitare i contatti con altre persone per evitare di infettarle. Un altro dei fattori di rischio da ridurre al minimo è relativo agli sbalzi di temperatura, sempre in agguato quando si entra e si esce da case, uffici e luoghi pubblici. Per non parlare delle metropolitane, vero “rifugio” di virus e batteri all’interno delle città. In particolare a soffrire di questi cambi improvvisi sono le vie respiratorie (trachea e bronchi), proprio perché esposte di continuo ai numerosi microrganismi presenti nell’aria, possiedono un sistema di protezione, un tessuto di rivestimento, capace di bloccare e allontanare gli “ospiti inattesi” prima che possano fare danni. Ma se andiamo incontro ad un colpo di freddo, il muco protettivo prodotto dalle nostre cellule, una sostanza viscosa preposta ad intrappolare le particelle estranee (polveri, germi) che penetrano con l’aria inspirata, non funziona più. Ecco allora piombarci addosso dolori articolari, mal di gola, crampi addominali, mal di testa, nevralgie, persino torcicollo. Ma evitare di prendere freddo non significa, per esempio, mandare il termosifone di casa al massimo della temperatura. L’eccesso di calore, oltre alle controindicazioni suddette, può provocare debolezza, sonnolenza, vertigini e disidratazione se l’aria non è sufficientemente umidificata. Tutti malanni riconducibili alla difficoltà di mettere in atto i giusti meccanismi di termoregolazione che il corpo ha a disposizione. La cosa migliore da fare è mantenere la temperatura interna prodotta dai caloriferi non oltre i 20°, ricordandosi di aprire ogni tanto le finestre per dare aria
ed umidificare le stanze con essenze di timo, verbena, eucalipto. Un altro consiglio facile da seguire: nella stagione fredda è sempre meglio fare un bagno caldo in luogo della doccia, preferibilmente la sera prima di andare a letto. Il vostro corpo, caldo e rilassato, pronto per mettere il pigiama e dormire, vi ringrazierà.
La “magia” di verdure e vitamine Una delle forme di prevenzione più importanti è l’assunzione di vitamine, come la C e la A che rinforzano il sistema immunitario, tenendo anche a mente che la C funziona benissimo anche come coadiuvante alle cure. Naturalmente saranno il vostro medico o il farmacista di fiducia a consigliarvi la migliore integrazione possibile, ricorrendo, per particolari necessità, ad un prodotto da banco, ma tenendo anche presente che molte vitamine le possiamo trovare nell’alimentazione
quotidiana, specialmente in frutta e verdura. Infine, sempre a proposito di alimentazione e cure, un rimedio efficace per avere un po’ di sollievo durante la notte, specialmente per chi ha problemi di deglutizione è quello di portarsi del miele in una tazzina di caffè, ed ogni tanto assumerne un cucchiaino, cercando di tenerlo in bocca il più a lungo possibile. È anche importante bere molto e mangiare essenzialmente degli alimenti liquidi per diminuire il dolore nel momento della deglutizione.
Tutte le terapie, occhio agli antibiotici Prima di addentrarci nello specifico, sarà bene ricordare, ancora una volta la differenza tra virus e batteri. I batteri sono microbi che hanno la capacità di colonizzare il nostro corpo, si dividono in buoni (per esempio si riproducono nel tratto intestinale e producono vitamine del gruppo B) e cattivi (responsabili di infezioni quali le faringo-tonsilliti di natura streptococcica e le polmoniti). I virus invece, sono anche più piccoli dei batteri, ma hanno la stessa capacità di colonizzare il nostro corpo e provocare infezioni come l’influenza e la varicella. Differenza fondamentale: i batteri vengono uccisi dagli antibiotici, i virus no. In ogni caso è sempre bene ricordare che sia la similinfluenza che la vera e propria influenza stagionale, sono malattie a guarigione spontanea (il tempo necessario all’organismo per debellare l’attacco dei virus), ma è opportuno rivolgersi al proprio medico di famiglia, che potrebbe prescrivere farmaci antinfluenzali per ridurre intensità e durata dei sintomi più fastidiosi. L’uso di antipiretici è generalmente consigliato in tutte le persone in presenza di una temperatura esterna
superiore a 38,5°. Nei bambini, soggetti al rischio di convulsioni febbrili, i farmaci antipiretici vanno utilizzati già a 37,5°. La terapia si basa su paracetamolo e ibuprofene nelle formulazioni che consentono il dosaggio in base al peso corporeo. Il Ministero della Salute, invece, sconsiglia, nelle sue linee guida, l’uso dell’acido acetilsalicilico, perché nei bambini è associato all’insorgenza della sindrome di Reye, una malattia rara ma grave, che può danneggiare fegato e cervello.
I farmaci antinfluenzali riducono intensità e durata dei sintomi più fastidiosi Nell’adulto, contro febbre e dolore si usano farmaci a base dei principi attivi paracetamolo, ibuprofene e diclofenac, dei quali si conoscono perfettamente i
loro possibili effetti collaterali, essendo in commercio ormai da molti anni. Dunque, il trattamento sintomatico e il riposo (per 24-48 ore dopo la scomparsa della febbre) sono sufficienti nella maggior parte dei casi di influenza non complicata; in presenza di complicanze (polmonari o di altro tipo) va naturalmente prescritta e somministrata una terapia specifica sotto controllo medico. Anche sull’uso degli antibiotici, le linee guida stilate dall’Istituto Superiore della Sanità sono molto chiare: “farmaci che agiscono in modo specifico contro
i batteri, mentre non hanno alcun effetto sui virus. Dato che l’influenza e la sindrome influenzale sono di natura virale, non serve curarsi con antibiotici, a meno che il medico dopo una visita accurata non riscontri la presenza di complicanze batteriche. Un antibiotico, oltre a non essere necessario, può essere anche dannoso. Come tutti i farmaci, perché ci si espone ad inutili rischi di effetti collaterali, come nausea e diarrea. Ma vale in particolare nel caso degli antibiotici, perché si contribuisce allo sviluppo del fenomeno della resistenza, che ne annulla l’efficacia”.
I vantaggi della campagna vaccinale Come ogni anno in questo periodo il Ministero della Salute ha diffuso le linee guida ed i consigli per la popolazione in vista dell’arrivo dell’influenza stagionale, puntando forte sulla vaccinazione antinfluenzale “che rappresenta un mezzo efficace e sicuro per prevenire la malattia e le sue complicanze, tenendo anche conto che l’Organizzazione Mondiale della Sanità indica quale obiettivo primario della vaccinazione antinfluenzale la prevenzione delle forme gravi e complicate di influenza e la riduzione della mortalità prematura in gruppi ad aumentato rischio di malattia grave: una strategia vaccinale basata su questi presupposti presenta un favorevole rapporto costobeneficio e costo-efficacia”.
Per ciò che concerne l’individuazione dei gruppi a rischio rispetto alle epidemie di influenza stagionale, ai quali la vaccinazione va offerta in via preferenziale, esiste una sostanziale concordanza, in ambito europeo, sul fatto che principali destinatari dell’offerta debbano essere le persone di età pari o superiore a 65 anni, nonché le persone di tutte le età con alcune patologie di base che aumentano il rischio di complicanze in corso di influenza. Pertanto, gli obiettivi della campagna vaccinale stagionale contro l’influenza sono: • riduzione del rischio individuale di malattia, ospedalizzazione e morte • riduzione dei costi sociali connessi con morbosità
e mortalità. Per ridurre significativamente la morbosità per influenza e le sue complicanze, nonché l’eccesso di mortalità, è necessario raggiungere coperture elevate nei gruppi di popolazione target della vaccinazione, in particolare nei soggetti ad alto rischio di tutte le età. D’altra parte, per quanto detto a proposito delle ricadute della vaccinazione antinfluenzale e del razionale per la sua implementazione, è necessario riconfermare gli obiettivi di copertura già stabiliti dalla pianificazione nazionale (Piano Nazionale Prevenzione Vaccinale) e individuare tutte le modalità necessarie per il raggiungimento di tali obiettivi, soprattutto quelle utili per il raggiungimento dei gruppi a rischio. Gli obiettivi di copertura, per tutti i gruppi target, sono i seguenti: • il 75% come obiettivo minimo perseguibile. • il 95% come obiettivo ottimale. La Circolare Prevenzione e controllo dell’influenza emessa dal Ministero ricorda, per cominciare, che “l’influenza, malattia che ricorre in ogni stagione invernale, può avere un andamento imprevedibile e, ogni anno, impegna importanti risorse del SSN” e prosegue ricordando che “lo scorso anno sono stati segnalati 89 casi gravi e 32 decessi da influenza, ma solo il 9,7% dei casi gravi segnalati riferiva di essersi vaccinato all’inizio della stagione. Tre donne erano in gravidanza al momento della segnalazione, tutte sono state ricoverate in terapia intensiva, due presentavano una condizione di rischio preesistente, nessuna era vaccinata”. Anche partendo da questi esempi concreti, il Ministero raccomanda l’avvio tempestivo della vaccinazione antinfluenzale, che viene offerta attivamente e gratuitamente ai soggetti che per le loro condizioni personali corrano un maggior rischio di andare incontro a complicanze nel caso contraggano l’influenza (vedi tabella esplicativa a pagina seguente). Il periodo destinato alla conduzione delle campagne di vaccinazione antinfluenzale è, per la nostra situazione climatica e per l’andamento temporale mostrato dalle epidemie influenzali in Italia, quell o autunnale, a partire dalla metà di ottobre fino a fine dicembre, fatte salve specifiche indicazioni, che saranno fornite se particolari eventi legati ai vaccini e/o l’andamento epidemiologico stagionale dell’influenza lo richiederanno. Occorre sottolineare che la protezione indotta dal vaccino comincia due settimane dopo l’inoculazione e perdura per un periodo di sei-otto mesi, poi tende a declinare. Per tale motivo, e perché possono cambiare i ceppi in circolazione, è necessario sottoporsi a vaccinazione antinfluenzale all’inizio di ogni nuova stagione influenzale. Una sola dose di vaccino antinfluenzale è sufficiente per i soggetti di tutte le età, con esclusione dell’età
infantile. Infatti, per i bambini al di sotto dei 9 anni di età, mai vaccinati in precedenza, si raccomandano due dosi di vaccino antinfluenzale stagionale, da somministrare a distanza di almeno quattro settimane (come esplicitato in tabella). Il vaccino antinfluenzale, va somministrato per via intramuscolare ed è raccomandata l’inoculazione nel muscolo deltoide per tutti i soggetti di età superiore a 2 anni; nei bambini fino ai 2 anni e nei lattanti la sede raccomandata è la faccia antero-laterale della coscia. Il vaccino influenzale trivalente intradermico (0,1 ml) è preconfezionato in siringa speciale per inoculazione intradermica. Il sito di somministrazione raccomandato è la regione del deltoide. Questo vaccino è indicato nella profilassi dell’influenza nei soggetti di età pari o superiore a 60 anni. Il vaccino antinfluenzale deve essere conservato a temperature comprese tra +2°C e + 8°C, e non deve essere congelato. I vaccini inattivati contro l’influenza, se conservati a una temperatura corretta, tra 2 e 8°C, rimangono stabili per almeno un anno. Per un mantenimento ottimale si raccomanda di assicurarsi che il vaccino permanga il meno possibile fuori dal frigorifero e che non venga interrotta la catena del freddo; deve essere anche evitato il congelamento. Il vaccino deve essere trasportato in busta o contenitore per farmaci/alimenti refrigerati nei quali sia presente un elemento refrigerante, con il quale va evitato accuratamente che il vaccino venga a diretto contatto.
Categorie per le quali la vaccinazione stagionale è raccomandata Categoria 1
Soggetti di età pari o superiore a 65 anni
2
Bambini di età superiore ai 6 mesi, ragazzi e adulti fino a 65 anni di età affetti da patologie che aumentano il rischio di complicanze da influenza
3
Bambini e adolescenti in trattamento a lungo termine con acido acetilsalicilico, a rischio di Sindrome di Reye in caso di infezione influenzale
4
Donne che all’inizio della stagione epidemica si trovino nel secondo e terzo trimestre di gravidanza
6
Individui di qualunque età ricoverati presso strutture per lungodegenti Medici e personale sanitario di assistenza
7
Familiari e contatti di soggetti ad alto rischio
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Dettaglio
a) malattie croniche a carico dell’apparato respiratorio (inclusa l’asma grave, la displasia broncopolmonare, la fibrosi cistica e la broncopatia cronico ostruttivaBPCO) b) malattie dell’apparato cardio-circolatorio, comprese le cardiopatie congenite e acquisite c) diabete mellito e altre malattie metaboliche (inclusi gli obesi con BMI >30) d) insufficienza renale/surrenale cronica e) malattie degli organi emopoietici ed emoglobinopatie f) tumori g) malattie congenite o acquisite che comportino carente produzione di anticorpi, immunosoppressione indotta da farmaci o da HIV h) malattie infiammatorie croniche e sindromi da malassorbimento intestinali i) patologie per le quali sono programmati importanti interventi chirurgici j) patologie associate a un aumentato rischio di aspirazione delle secrezioni respiratorie (ad es. malattie neuromuscolari) k) epatopatie croniche
Soggetti addetti a servizi pubblici di primario interesse collettivo e categorie di lavoratori
a) Forze di polizia b) Vigili del fuoco c) Altre categorie socialmente utili potrebbero avvantaggiarsi della vaccinazione, per motivi vincolati allo svolgimento della loro attività lavorativa; a tale riguardo, è facoltà delle Regioni/PP.AA. definire i principi e le modalità dell’offerta a tali categorie d) Infine, è pratica internazionalmente diffusa l’offerta attiva e gratuita della vaccinazione antinfluenzale da parte dei datori di lavoro ai lavoratori particolarmente esposti per attività svolta e al fine di contenere ricadute negative sulla produttività.
Personale che, per motivi di lavoro, è a contatto con animali che potrebbero costituire fonte di infezione da virus influenzali non umani
a) allevatori b) addetti all’attività di allevamento c) addetti al trasporto di animali vivi d) macellatori e vaccinatori e) veterinari pubblici e libero-professionisti.
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Tutte le interazioni tra farmaci e cibo
Per assumere dei medicinali esistono regole ben precise, che non riguardano solo tempi e modi, ma anche possibili interferenze con l’alimentazione, che potrebbero vanificarne o diminuirne l’efficacia terapeutica a cura di Benedetta Ceccarini
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Nello scorso numero di Optima Salute vi abbiamo elencato dettagliatamente un identikit completo di tutte le forme medicinali che si trovano sul mercato: dalle compresse alle supposte, dalle gocce alle po-
mate, fino a chewingum, sciroppi, unguenti e siringhe predosate senza ago. Questo mese, proseguendo su questa traccia divulgativa parleremo dell’interazione tra farmaci e alimenti, dell’utilità e della comprensibi-
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Dossier lità delle prescrizioni, dell’aderenza dei pazienti alle terapie prescritte e anche delle eventuali carenze informative, che qui speriamo di colmare nel modo più esauriente possibile, rifacendoci alle linee guida dell’Aifa, l’Agenzia Italiana del Farmaco, cioè l’istituzione pubblica competente per l’attività regolatoria dei farmaci in Italia.
Biodisponibilità
È un termine con il quale pochi hanno familiarità, ma è determinante nel contesto di una terapia. La biodisponibilità, in termini pratici, è la percentuale di farmaco che raggiunge realmente la circolazione sistemica, rendendosi “disponibile” per svolgere la sua azione. Ciò dipende, dunque, dalla quantità e dalla velocità con cui raggiunge la circolazione sanguigna, dalla quale verrà poi indirizzato al fegato, alle sedi di azione, di nuovo al fegato per essere inattivato ed eliminato attraverso i reni. Ogni forma medicinale segue percorsi diversi. I farmaci assunti per bocca, per esempio, vengono assorbiti a livello intestinale. Compresse o capsule, dopo essere state inghiottite, all’arrivo nello stomaco vengono disintegrate per far sì che il farmaco in esse contenuto possa essere liberato. Uno “step” che viene saltato con le formulazioni già liquide (gocce, sciroppi, compresse solubili, bustine), mentre quelle gastroresistenti liberano il farmaco direttamente nell’intestino. Una volta libero, il farmaco
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deve attraversare la parete intestinale per passare attraverso i capillari sanguigni nella circolazione generale e raggiungere così le sedi dove dovrà esercitare la sua azione. Questo processo si chiama assorbimento.
Pasti
Una delle domande più frequenti che vengono poste a medici e farmacisti è “quando devo prendere questa medicina?”. Molto spesso, specialmente con i pazienti più anziani, è opportuno scrivere questa importante informazione bene in vista sulla confezione, anche con un pennarello nero o rosso, anche attaccandoci sopra una bella ed evidente etichetta adesiva. L’importante sarà il risultato finale. Per tornare al quesito iniziale, cosa significa “lontano dai pasti” oppure “a stomaco vuoto”? Quante ore dobbiamo aspettare per evitare che la digestione interferisca con la medicina prescritta? Per convenzione si intende almeno tre ore dopo l’ultimo pasto della giornata o mezzora/un’ora prima di colazione. Tutto questo inciso ha valore unicamente per le terapie orali, nelle quali i farmaci vengono deglutiti e dunque seguono la stessa strada degli alimenti, possibilmente senza trovare “intralci”. Non hanno dunque alcun limite temporale di assunzione gli altri tipi di somministrazione, neppure quelle sublinguali, nelle quali il farmaco, pur essendo ingerito dalla bocca, posto sotto la lingua, passa direttamente nel sangue
in quanto viene assorbito attraverso la vascolarizzazione della mucosa orale. Perché assumere la vostra medicina a stomaco vuoto? La risposta, come già accennato, è semplice: bisogna evitare che farmaci e cibo interagiscano durante il transito comune nel tratto gastrointestinale ed assumere un farmaco a stomaco vuoto consente una più rapida comparsa dell’effetto atteso, una migliore “biodisponibilità”. Le interferenze, come si può intuire, sono diverse: i liquidi, accelerando il passaggio del farmaco attraverso lo stomaco riducono l’intervallo di tempo fra la sua assunzione e la comparsa degli effetti positivi. I cibi solidi rallentano invece lo svuotamento gastrico e diminuiscono la velocità e la quantità di assorbimento, circostanza che viene accentuata quando si mangiano cibi grassi, caldi e viscosi. Vanno invece assunti a stomaco pieno, per esempio, gli antiinfiammatori non steroidei come ibuprofene, diclofenac, naproxene, per ridurre la loro ben conosciuta gastrolesività. Mettere d’accordo biodisponiblità e rapida azione del farmaco, che diminuiscono se presi a stomaco pieno, con eventuali problemi di stomaco, non è facile. Chiedete consiglio al vostro medico, ma di solito si può assumere una prima dose a stomaco vuoto con acqua abbondante e le successive a stomaco pieno. Sempre calcando questo terreno sappiamo che un antibiotico come la tetraciclina viene disturbato nella sua azione dal calcio presente nei latticini, mentre l’assorbimento di un gruppo di antibatterici detti chinoloni è ostacolato dalla presenza di ferro negli alimenti, mentre i sostituti del sale interferiscono con gli ACE-inibitori utilizzati per abbassare la pressione e nell’insufficienza cardiaca. Sulle interazioni cibo-farmaci, in ogni caso, torneremo dettagliatamente più avanti in questo articolo.
Liquidi
Abbiamo constatato personalmente, a conferma di numerose rilevazioni statistiche, che un gran numero di pazienti non fa caso assolutamente al liquido col quale assume le medicine. Basta che adempia al suo compito, che è quello di far scivolare la pastiglia lungo la gola. Ma la circostanza non è indifferente, anzi, il tipo di liquido usato può a volte interferire in maniera determinante e negativa. Valga per tutti l’esempio del succo di pompelmo; numerosi studi hanno confermato che la naringina, sostanza contenuta al suo interno, che gli conferisce il caratteristico gusto amaro, può modificare l’attività di alcuni farmaci, interferendo con gli enzimi che il nostro organismo usa per metabolizzarli. E se gli enzimi non fanno il loro dovere, la concentrazione nel sangue supera quella prevista, portando anche alla comparsa di effetti tossici.
Da alcune fonti si consiglia, per schermare l’eventuale sapore sgradevole di un farmaco, il succo di arancia, ma anche in questo caso esistono delle precise controindicazioni, che sconsigliano di usare succhi di frutta e bevande acide in generale se si devono assumere alcune penicilline. Alla fine dei conti, il miglior “liquido” per ingoiare la nostra medicina quotidiana resta sempre l’acqua, mai di frigo e sempre abbondante, per impedire al farmaco di aderire alle pareti dell’esofago, facilitando al contempo scioglimento e assorbimento. Quasi pleonastico ribadire, a questo punto, che i farmaci non vanno assolutamente presi con bevande alcoliche, ma neppure con tè e caffè. Ed a questo proposito giova ribadire la pericolosità del mix alcool-farmaci, che andrebbe sempre evitata accuratamente, in special modo se si assumono farmaci come tranquillanti, antidepressivi, antistaminici che agiscono sul Sistema Nervoso Centrale con i quali l’alcol potenzia e amplifica gli effetti sedativi.
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Aifa: tutte le interazioni tra farmaci e alimenti Come abbiamo visto fin qui, un’importanza fondamentale per il buon esito di una terapia è data dalle interazioni del farmaco con altri medicinali, alimenti, integratori e persino alcuni prodotti erboristici. Le linee guida dell’Aifa (Associazione Italiana del Farmaco) che vi proponiamo, redatte seguendo l’indirizzo dell’Agenzia Europea dei Medicinali (“Guideline on the Investigation of Drug Interactions”), forniscono raccomandazioni e suggerimenti, tenendo ben presente che cibo e bevande possono influire sull’assorbimento, il metabolismo, la biodisponibilità e l’escrezione del farmaco, renderlo inefficace, potenziarne la tossicità o un particolare effetto collate-
rale o creare effetti indesiderati anche gravi. Ben sapendo che alcune medicine agiscono più rapidamente (o lentamente), meglio (o peggio) se assunte a stomaco vuoto (o pieno), si deduce che un regime alimentare adeguato consentirà di ridurre gli effetti collaterali associati all’interazione farmaco-alimenti e massimizzare l’efficacia della terapia. La guida dell’Aifa, riporta le principali interazioni di alimenti e bevande con i più comuni farmaci impiegati per il trattamento di allergie, artriti, dolore e febbre, ansia, disturbi cardiovascolari, malattia da reflusso gastroesofageo (GERD) e ulcere, ipotiroidismo, infezioni, disturbi psichiatrici e osteoporosi.
Allergie Antistaminici (bromfeniramina, cetirizina, clorfeniramina, clemastina, desloratadina, difenidramina, fexofenadina, levocetirizina, triprolidina). Evitare l’assunzione di alcol che potrebbe aumentare la sonnolenza indotta da questi farmaci.
Artrite, Dolore e Febbre Analgesici/antipiretici Paracetamolo. Il paracetamolo può causare danni al fegato. La possibilità di gravi danni al fegato è più elevata se si bevono tre o più bevande alcoliche al giorno. Anti-infiammatori non steroidei (FANS) (aspirina, celecoxib, diclofenac, ibuprofene, ketoprofene, naproxene). In caso di disturbi gastrici possono essere assunti con cibo o latte. Bere tre o più bevande alcoliche al giorno può accrescere le probabilità di sanguinamento gastrico.
Analgesici narcotici
Alcuni di questi farmaci possono essere associati ad altri non narcotici, come il paracetamolo, l’aspirina, o sciroppi per la tosse (codeina + paracetamolo, idrocodone + acetaminofene, meperidina, morfina, ossicodone + paracetamolo). Non bere alcolici durante l’utilizzo di sostanze narcotiche. L’alcol può aumentare la probabilità di effetti collaterali pericolosi, coma o morte.
Asma Broncodilatatori (salbutamolo, teofillina). Il cibo può
avere effetti diversi in base alle differenti formulazioni di teofillina (a rilascio controllato, a rilascio prolungato e in polvere). Verifica con il farmacista quale formulazione di farmaco stai assumendo e se c’è rischio di interazione con il cibo. Segui attentamente le indicazioni per la formulazione in polvere. Puoi deglutire le capsule intere oppure aprirle, mescolarle con alimenti come la salsa di mele o il budino e ingoiarle senza masticare, e poi bere un bicchiere d’acqua o di succo di frutta. L’assunzione di broncodilatatori con alimenti e bevande che contengono caffeina può aumentare la probabilità di effetti collaterali, come eccitabilità, nervosismo e tachicardia. Evita l’alcol se stai usando farmaci a base di teofillina perché può aumentare il rischio di effetti collaterali, come nausea, vomito, mal di testa, irritabilità.
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Disturbi Cardiovascolari ACE-inibitori (captopril, enalapril, lisinopril, moexipril, quinapril, ramipril). Assumi captopril e moexipril un’ora prima dei pasti. Gli ACE-inibitori possono aumentare la quantità di potassio nell’organismo. Troppo potassio può essere dannoso e può causare battito cardiaco irregolare e palpitazioni. Evita eccesso di cibi ricchi di potassio, come banane, arance, verdure a foglia verde e sostituti del sale che contengono potassio. Informa il medico se stai assumendo sostituti del sale contenenti potassio, integratori di potassio o diuretici. Beta-bloccanti (carvedilolo, metoprololo). Assumi carvedilolo durante i pasti per ridurre la probabilità che abbassi troppo la pressione sanguigna. Prendi le capsule a rilascio prolungato al mattino con il cibo; non schiacciare, masticare o dividere la capsula. Assumi metoprololo in concomitanza con i pasti o subito dopo il pasto. Diuretici (bumetanide, furosemide, idroclorotiazide, metolazone, triamterene, triamterene + idroclorotiazide). Assumi il diuretico con il pasto se avverti mal di stomaco. Alcuni diuretici causano perdita di minerali come potassio, calcio e magnesio. Altri diuretici, come triamterene (non insieme a idroclorotiazide), riducono la capacità dei reni di eliminare il potassio, aumentandone eccessivamente il livello nel sangue (iperkaliemia). Troppo potassio può essere dannoso e può causare un battito cardiaco irregolare o accelerato. Quando utilizzi diuretici che possono aumentare il potassio nell’organismo, evita di eccedere con cibi ricchi di potassio. Glicosidi (digossina). Assumi la digossina un’ora prima o due ore dopo il pasto. Prova a prenderla alla stessa ora ogni giorno e segui attentamente le indicazioni del foglio illustrativo e del medico. Gli alimenti ricchi di fibre possono ridurre la digossina nell’organismo, per cui è preferibile assumerla almeno due ore prima o due ore dopo aver mangiato cibi ricchi di fibre (come la crusca). Senna e iperico possono ridurre la quantità e l’azione della digossina nell’organismo. Evita l’assunzione di digossina con la liquirizia nera (che contiene la glicirrizina usata in alcune caramelle, torte e altri dolci). L’associazione della digossina con la glicirrizina può causare aritmia cardiaca e infarto. Statine (atorvastatina, fluvastatina, lovastatina, pravastatina, simvastatina, rosuvastatina). La maggior parte delle statine può essere assunta a stomaco pieno o vuoto. Alcune agiscono meglio se si assu-
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mono con un pasto serale. Non eccedere con il succo di pompelmo (non più di un quarto di litro) se stai assumendo atorvastatina, lovastatina, simvastatina. Grandi quantità di succo di pompelmo possono aumentare i livelli di statine nell’organismo e quindi la probabilità di effetti collaterali. Alcune statine non interagiscono con il succo di pompelmo. Chiedi al medico o al farmacista se hai dei dubbi. Evita l’alcol perché può aumentare il rischio di danni al fegato. Nitrati Vasodilatatori (isosorbide dinitrato o nitroglicerina mononitrato). Puoi assumerli a stomaco pieno o vuoto. Evita l’alcol, che può aumentare l’effetto di rilassamento dei vasi e ridurre pericolosamente la pressione del sangue. Antagonisti della vitamina K/anticoagulanti (warfarin). Puoi assumere warfarin a stomaco pieno o vuoto. La vitamina K contenuta negli alimenti può rendere il farmaco meno efficace. I cibi ricchi di vitamina K sono: broccoli, cavoli, spinaci, cime di rapa e cavoletti di Bruxelles. Evita il succo di mirtillo o i prodotti a base di mirtillo durante l’utilizzo di anticoagulanti, perché possono modificare gli effetti del warfarin. Molti integratori alimentari e vitamine possono interagire con gli anticoagulanti e ridurne il beneficio o aumentarne i rischi. Evita aglio, zenzero, glucosamina, ginseng, ginkgo perché possono aumentare il rischio di sanguinamento. Informa il medico e il farmacista se bevi alcol o hai problemi di abuso di alcol.
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Malattia da Reflusso Gastroesofageo e Ulcere Inibitori della pompa protonica (rabeprazolo, dexlansoprazolo, esomeprazolo, lansoprazolo, omeprazolo, pantoprazolo). Dexlansoprazolo e pantoprazolo possono essere assunti a stomaco pieno o vuoto. Esomeprazolo deve essere assunto almeno un’ora prima del pasto. Lansoprazolo e omeprazolo dovrebbero essere assunti prima dei pasti. Chiedi al medico o al farmacista come assumere rabeprazolo. Informa il medico se non riesci a ingerire medicinali a rilascio ritardato interi, perché non vanno divisi, schiacciati né masticati. Alcuni di questi farmaci possono essere miscelati con il cibo, ma è necessario seguire attentamente le indicazioni del medico o del farmacista.
Ipotiroidismo Farmaci della tiroide (levotiroxina). Informa il medico se sei allergico a qualche alimento. Assumi la levotiroxina una volta al giorno al mattino a stomaco vuoto, almeno mezz’ora o un’ora prima di assumere qualsiasi cibo. Informa il medico se mangi farina di soia (che si trova anche nel latte artificiale di soia), farina di semi di cotone, noci e fibra alimentare; potrebbe essere necessario modificare la dose del farmaco.
Infezioni Antibatterici
Antibatterici chinolonici (ciprofloxacina, levofloxacina, moxifloxacina). Puoi assumere ciprofloxacina e moxifloxacina a stomaco pieno o vuoto. Le compresse di levofloxacina possono essere assunte a stomaco pieno o vuoto, la soluzione orale invece va presa un’ora prima o due ore dopo il pasto. Non assumere ciprofloxacina solo con prodotti lattierocaseari (come il latte e lo yogurt) o succhi di frutta arricchiti di calcio, ma puoi farlo con un pasto completo che contiene anche questi prodotti. Informa il medico se assumi cibi o bevande con caffeina quando sei in cura con ciprofloxacina, perché la caffeina può accumularsi nell’organismo. Antibatterici tetraciclinici (doxiciclina, minociclina, tetraciclina). Assumi questi farmaci un’ora prima o due ore dopo il pasto, con un bicchiere d’acqua. Puoi prendere la tetraciclina in concomitanza con i pasti se avverti mal di stomaco, ma evita il latte e i latticini (formaggio, yogurt, gelato) un’ora prima o due ore dopo. La minociclina e alcune forme di doxiciclina possono essere assunte con il latte se il farmaco causa mal di stomaco.
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Antibatterici ossazolidinonini (linezolid). Evita grandi quantità di alimenti e bevande ricchi di tiramina durante l’utilizzo di linezolid. Alti livelli di tiramina possono causare un improvviso pericoloso aumento della pressione del sangue. Segui le indicazioni del medico con molta attenzione. Gli alimenti avariati, non refrigerati, manipolati o conservati correttamente, i cibi stagionati, in salamoia, fermentati o affumicati possono contenere tiramina. Alcuni di questi sono: formaggi stagionati, manzo o fegato di pollo, salsiccia secca, caviale, aringhe secche o in salamoia, acciughe, estratti di carne, avocado, banane, fichi in scatola, frutta secca (uvetta, prugne), lamponi, frutta troppo matura, crauti, fagioli di soia e salsa di soia, estratto di lievito (tra cui il lievito di birra in grandi quantità), fave, quantità eccessive di cioccolato. Contengono tiramina anche molti alimenti e bevande con caffeina. Chiedi al medico se evitare o limitare la caffeina. Evita l’alcol. Molte bevande alcoliche contengono tiramina, compresa la birra alla spina, il vino rosso, lo sherry e i liquori. La tiramina può anche essere presente nella birra analcolica o a ridotto contenuto di alcol.
Metronidazolo
Non bere alcolici durante l’assunzione di metronidazolo e per almeno un giorno intero dopo aver terminato il farmaco; alcol e metronidazolo insieme possono causare nausea, crampi allo stomaco, vomito, vampate di calore e mal di testa. Antimicotici (fluconazolo, itraconazolo, posaconazolo, voriconazolo, griseofulvina, terbinafina). Le capsule di itraconazolo agiscono meglio se assunte durante o subito dopo un pasto completo. Itraconazolo soluzione deve essere assunto a stomaco vuoto. Posaconazolo agirà meglio se assunto in concomitanza con un pasto, entro 20 minuti da un pasto completo, o con un supplemento nutrizionale liquido. Non mescolare voriconazolo sospensione con altri medicinali, acqua o altri liquidi. Griseofulvina agisce meglio se assunta con cibo grasso. Gli altri antimicotici qui elencati possono essere assunti indifferentemente a stomaco pieno o vuoto. Evita l’alcol se stai assumendo griseofulvina. Insieme possono causare un aumento del battito cardiaco. Antimicobatterici (etambutolo, isoniazide, rifampicina, rifampicina + isoniazide, rifampicina + isoniazide + pirazinamide). L’etambutolo può essere assunto con o senza cibo. Prendi gli altri farmaci un’ora prima o due ore dopo i pasti, con un bicchiere d’acqua. Evita cibi e bevande con tiramina e alimenti che contengono istamina (tonnetto striato, tonno e altri pesci tropicali) se assumi isoniazide da solo o in combinazione con altri antimicobatterici. Alimenti con istamina possono causare mal di testa, sudorazione, palpitazioni, vampate
di calore e ipotensione. Segui le indicazioni del medico con molta attenzione. Evita l’alcol.
può aumentare la quantità di farmaco nel sangue e causare effetti collaterali. Evita l’alcol.
Antiprotozoari (metronidazolo, tinidazolo). L’alcol associato a questi farmaci può provocare nausea, crampi allo stomaco, vomito, vampate di calore e mal di testa. Evita di bere alcolici durante l’assunzione di metronidazolo e per almeno un giorno intero dopo aver terminato il medicinale. Evita alcolici durante l’assunzione di tinidazolo e per i tre giorni successivi al termine del trattamento.
Sedativi e ipnotici (eszopiclone, zolpidem). Per consentire un effetto più rapido, non assumere questi farmaci durante o subito dopo i pasti. Non bere alcolici.
Disturbi Psichiatrici Farmaci Anti-Ansia e panico (alprazolam, clonazepam, diazepam, lorazepam). Evita l’alcol, che può accrescere gli effetti collaterali causati da questi farmaci, quali la sonnolenza. Antidepressivi (citalopram, escitalopram, fluoxetina, paroxetina, sertralina). Puoi assumere questi farmaci a stomaco pieno o vuoto. Inghiotti la paroxetina intera; non masticare nè schiacciare. Evitare l’alcol. Antidepressivi-Inibitori della monoaminoossidasi (fenelzina, tranilcipromina). Evita cibi e bevande che contengono tiramina. Non bere alcolici durante l’utilizzo di questi farmaci. Antipsicotici (aripiprazolo, clozapina, olanzapina, quetiapina, risperidone, ziprasidone). Assumi le capsule di ziprasidone in concomitanza con i pasti, gli altri indifferentemente a stomaco pieno o vuoto. Evita la caffeina quando assumi la clozapina perché
Farmaci per il disturbo bipolare (carbamazepina, valproato di sodio, lamotrigina, litio). Il valproato può essere assunto con il cibo se si avverte mal di stomaco. Assumi il litio subito dopo il pasto o insieme a cibo o latte per evitare disturbi gastrici. Il litio può causare perdita di sodio per cui è bene mantenere una dieta regolare, che comprenda anche il sale; bevi molti liquidi (da 8 a 12 bicchieri al giorno) durante l’assunzione del farmaco. Evita l’alcol.
Osteoporosi Bisfosfonati (alendronato sodico, alendronato sodico + colecalciferolo, ibandronato, risedronato, risedronato sodico + carbonato di calcio). Questi farmaci agiscono se assunti a stomaco vuoto. Prendili al mattino, appena sveglio, con un bicchiere di acqua naturale (non minerale), da seduto o in piedi. Non assumere antiacidi o qualsiasi altro medicinale, cibo, bevande, calcio, vitamine o altri integratori alimentari per almeno 30 minuti dopo l’assunzione di alendronato o risedronato, e per almeno 60 minuti dopo l’assunzione di ibandronato. Non andare a letto per almeno 30 minuti dopo aver assunto alendronato o risedronato e per almeno 60 minuti dopo l’assunzione di ibandronato. Non distenderti prima di aver assunto il primo pasto della giornata.
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La difficile aderenza alle terapie Conoscere e rispettare le interazioni con gli alimenti, i dosaggi, le tempistiche, costituisce la base essenziale per definire una cura “appropriata”, per testare quella che si definisce “aderenza del paziente nei confronti della terapia prescritta”. Che si raggiunge, secondo l’Aifa quando si ottiene “il coinvolgimento attivo, volontario e collaborativo del paziente, finalizzato a produrre un risultato terapeutico”. Ma purtroppo non è sempre così, se è vero, come è vero, che la scarsa aderenza alle prescrizioni del medico è la principale causa di non efficacia delle terapie farmacologiche ed è associata a un aumento degli interventi di assistenza sanitaria, della morbilità e della mortalità, rappresentando un danno sia per i pazienti che per il sistema sanitario e per la società. Maggior aderenza significa, infatti, minor rischio di ospedalizzazione, minori complicanze associate alla malattia, maggiore sicurezza ed efficacia dei trattamenti e riduzione dei costi per le terapie. Basterà citare un dato per tutti: in Italia il 28,3% della popolazione assistibile risulta affetto da ipertensione, ma il trattamento antipertensivo viene assunto con continuità in poco più della metà dei pazienti (55,5%). Per ovviare, soprattutto quando si tratta di popolazione anziana e problemi essenzialmente di memoria, si possono adottare strategie molto semplici, per esempio le confezioni pro-memoria dove inserire i medicinali a seconda dell’ora e del giorno di assunzione (ne esistono manuali o dotati di segnali di alert elettronici).
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In caso di regime terapeutico con più farmaci, il medico di base dovrà cercare, per quanto possibile, di raggrupparli, idealmente concentrarli in una sola volta al giorno. È statisticamente certo che più farmaci vengono prescritti a un paziente, maggiore è la probabilità di non conformità, soprattutto se si tratta di un anziano con capacità visive o funzione cognitive ridotte. Una recente ricerca ha dimostrato che il tasso medio di aderenza per i pazienti che assumono un farmaco una volta al giorno è dell’80%, ma il dato diminuisce rapidamente se vengono prescritti più farmaci o se li devono assumere più di una volta al giorno; ad esempio, l’aderenza è solo il 50% per i farmaci che devono essere assunti 4 volte al giorno. n
Dalla paura al...panico Gli attacchi che colpiscono ogni anno milioni di italiani, sono curabili con farmaci e psicoterapia, ma a patto di essere subito individuati con una diagnosi tempestiva di Francesco Fioroni medico psichiatra, psicoterapeuta
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Non è l’ansia all’ennesima potenza. E neppure l’esplosione della timidezza. L’attacco di panico è la paura di avere paura. La paura di
impazzire, di perdere il controllo, di morire. Un disturbo che quando si affaccia riesce ad annientare chi ne soffre. Tachicardia, ansia,
palpitazioni, tremori e sudorazione: tutti sintomi che arrivano all’improvviso, immobilizzando la persona. Di attacchi di panico ne
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Tutta colpa dell’anidride carbonica… Secondo molti ricercatori, l’attacco di panico è espressione dell’innesco di un fisiologico meccanismo di reazione all’annegamento o soffocamento, presente diffusamente nei mammiferi, che si innesca quando l’ossigeno nel sangue cala e l’anidride carbonica sale. In molti esperimenti si è osservato che l’utilizzo di sostanze che mimavano un aumento di quest’ultima erano in grado di scatenare in soggetti affetti degli attacchi di panico. E pare sempre più credibile che, qualunque sia la causa di questo disturbo, il meccanismo finale passi per questo sistema di “allarme biologico” che produce un’alterazione del funzionamento di diversi apparati. soffrono tutti indistintamente: vip, musicisti, star del cinema. Pare anche Van Gogh. E se guardiamo tempi più recenti persino cantanti del calibro di Adele (che ha dichiarato di essere terrorizzata dal pubblico prima di ogni show), Madonna (che ha imparato a gestirli), Justin Bieber, Robbie Williams, Emma Stone, Barbra Streisand. Tutto questo per dire che nessuno può esserne immune. Si stima che siano circa 10 milioni gli italiani che hanno vissuto almeno una volta l’esperienza di un attacco di panico, mentre oltre 2 milioni di persone hanno sviluppato un vero e proprio disturbo di panico con attacchi ripetuti, ansia e fobie.
Che cos’è
Il “disturbo di panico” viene classificato tra i “disturbi d’ansia”, perché è questo il sintomo principale che si manifesta sotto la sfera fisica, emotiva e cognitiva. Le persone accusano episodi in cui si sentono letteralmente travolti dall’ansia. Di conseguenza, l’impulso forte è quello di fuggire
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o chiedere aiuto. E di cadere nel vortice di un progressivo malessere, un disagio che finisce per compromettere anche la qualità della vita di tutti i giorni: spesso si tende ad evitare alcuni luoghi, a rinunciare ad alcune attività, a sentire il bisogno di essere accompagnati. Allontanarsi da soli, spesso anche di poco, è per molti praticamente impossibile, inimmaginabile affrontare i percorsi in autostrada ove le uscite sono sporadiche, c’è il rischio di imbattersi in una lunga galleria buia e povera d’aria o di salire su un “terribile viadotto”, non è possibile invertire la marcia, la sosta in caso di malore è pericolosa, l’accesso per eventuali soccorritori non è agevole. Oppure entrare in un supermercato o un grande magazzino: luoghi spesso affollati, ove l’aria condizionata rende l’atmosfera più rarefatta, dove le casse per il pagamento, considerate possibili vie di fuga, hanno spesso lunghe file di attesa, trasformandosi in posti praticamente infrequentabili. Per questo, l’attacco di panico spes-
so è difficile da gestire, soprattutto in luoghi chiusi che inducono la sensazione di non avere, appunto, una via di fuga. I sentimenti di profondo malessere e di catastrofe imminente, che costituiscono un elemento centrale del vissuto di panico, il penoso senso di impotenza, di mancanza del controllo, di intensa paura, di minaccia per la propria integrità fisica e/o psichica, configurano una sensazione che non è paragonabile ad una normale esperienza emotiva, anche intensa. Come tale, risulta difficilmente descrivibile da parte della persona e comprensibile da parte di chi non l’ha vissuta. In generale, sono identificabili dei gruppi di sintomi che caratterizzano l’attacco di panico e che ne testimoniano la peculiarità e la drammaticità della presentazione clinica. Esiste una chiara differenza col disturbo d’ansia generalizzato, che è compreso dentro un’ansia cronica, ma più sfumata, mentre l’attacco di panico porta improvvisi acuti di ansia estrema, senza che in realtà ci sia un reale pericolo. Può anche insorgere in seguito a circostanze stressanti eventualmente non riconosciute dal soggetto.
Tutti i sintomi
Quelli tipici sono tachicardia, quindi battito accelerato, senso di oppressione al petto, aumento della sudorazione, brividi o vampate di calore, tremore, intorpidimento o formicolio di alcune parti, respiro affannoso e corto, sensazione di soffocamento, sbandamento, nausea e vertigini. Sensazioni di irrealtà, di stranezza, di distacco dall’ambiente. Paura di stare sempre peggio e di non riuscire a riprendersi. Paura di morire. In molti non manca un senso di vergogna e di timore di attrarre l’attenzione, che può essere la premessa per lo sviluppo di una fobia sociale secondaria.
Tra i sintomi comportamentali, va evidenziato che la gestualità è esaltata, la stessa tonalità della voce cambia diventando più stridula. Talvolta, possono verificarsi comportamenti scoordinati, tentativi di fuga, manifestazioni di apparente marca “isteroide”. Le caratteristiche, quindi, della sintomatologia rendono evidente come l’attacco di panico non possa considerarsi una semplice variante quantitativa delle esperienze di ansia o di paura, ma un vissuto qualitativamente diverso, assimilabile forse alle sensazioni che accompagnano l’evento traumatico che precede il disturbo da stress post traumatico. Un’esperienza travolgente e stravolgente che, al di là dei sintomi somatici che evocano la malattia e la morte (senso di precarietà della vita), scardina improvvisamente ed inavvertitamente la per-
sona da quei pilastri fondamentali dell’esistere che, agganciando il soggetto a se stesso, al proprio corpo ed alla realtà, danno sicurezza.
L’attacco di panico sorge improvviso, a prescindere da ciò che lo scatena, e non dura più di mezz’ora Come se improvvisamente acquisisse la consapevolezza della fragilità dell’esistenza in tutti i suoi
piani costitutivi (Io, corpo, realtà esterna), la persona rimane travolta, annullata, distrutta dal crollo di questa impalcatura rassicurante, indispensabile difesa di fronte alla sostanziale, drammatica precarietà dell’essere umano. L’attacco sorge improvviso, indipendentemente da ciò che lo scatena, e non dura più di mezz’ora. Ma alcuni sintomi possono durare molto più a lungo. La fase post critica può esaurirsi in poche ore, ma può perdurare anche giorni. In quest’ultimo caso, specialmente se gli attacchi sono frequenti, il malessere perde il carattere improvviso per diventare stabile, ponendo talvolta problemi diagnostici.
Le conseguenze: cosa fare
La persona non è in grado di prevedere dove e quando si verifi-
Rimedi light per attacchi soft E se un attacco di panico arrivasse in treno, in aereo o in nave? Ecco che la natura ci può venire incontro, con “antidoti” da tenere a portata di mano. Un ottimo rimedio arriva dal mondo dei fiori di Bach: è il Rescue remedy, una miscela da assumere in gocce, sotto la lingua, ogni volta che se ne ha bisogno (su indicazione del farmacista). Si tratta di un rimedio “di pronto soccorso” ideato proprio per le situazioni di emergenza. Oppure c’è l’olio essenziale di lavanda, un’essenza molto attiva nei confronti del sistema nervoso, utile per alleviare stati di ansia e panico nel giro di breve tempo. Il beneficio lo si ottiene cospargendo delle gocce su un fazzoletto di stoffa da inalare al bisogno
oppure respirando direttamente l’essenza dalla boccetta. Tra i rimedi fitoterapici più indicati per fronteggiare gli attacchi di panico ci sono la valeriana, la passiflora, la melissa e il biancospino: assunti sotto forma di tisana o di tintura madre, danno anche loro un valido beneficio. Si può provare con tecniche di respirazione profonda, strategie che usate sotto la guida di un professionista consentono di donare un po’ di relax a mente e corpo, anche nei momenti critici. Una volta apprese, queste tecniche si possono praticare ovunque, nel momento stesso in cui insorge l’attacco di panico. Addirittura praticarle giocando d’anticipo, quando ci si trova in una situazione di potenziale rischio.
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Il panico in pellicola, secondo... Verdone Per capire meglio cosa sono, ma anche per confrontarsi con chi si ritrova a viverli (simulati), basta mettersi comodi sul divano e accendere la tv selezionando, a scelta, un film. A partire da quelli proposti da Carlo Verdone, il protagonista per eccellenza nell’interpretazione dei disturbi più comuni (ipocondria, ossessivo-compulsivo, ansia, ecc.): ne il Maledetto il giorno che t’ho incontrato, del 1992, l’ansia viene raccontata in modo quasi tragicomico. Da annotare: lo stesso attore romano ha confessato più volte di essere lui stesso vittima di attacchi di panico e di manie che gli impediscono di vivere una vita tranquilla. Un cult di Alfred Hitchcock è invece Vertigo, uno dei suoi film più celebri nella lista delle pellicole cinematografiche dedicate agli attacchi di panico. Potremmo poi proseguire la serie con un altro grande autore scegliendo Provaci ancora Sam, film del
cherà l’attacco successivo e, tra un episodio e l’altro, può preoccuparsi profondamente nell’attesa e nel terrore del nuovo episodio. Quando si è avuto un attacco di panico, in molti iniziano a preoccuparsi del fatto di poterne avere altri in futuro e cadere in un circolo vizioso noto come “paura della paura”. Si può essere talmente spaventati dalla paura di rivivere un simile evento, che alcuni finiscono per chiudersi in casa. Una condizione, questa, nota come agorafobia, che porta ad evitare attività e contesti potenzialmente scatenanti. Un comportamento che lì per lì
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1972, diretto da Woody Allen, dove il protagonista Sam Felix è un soggetto particolarmente ansioso e colpito di frequente da attacchi di panico. Colpa della separazione improvvisa dalla moglie che gli ha tolto quelle poche sicurezze che era riuscito a costruirsi nel corso degli anni. Oppure, selezionando dalla cineteca Copycat-Omicidi in serie, del 1996, tratto da una storia vera. Protagonista è la psicologa criminale Helen Hudson, che in conseguenza di un attacco subito da un maniaco, soffre di attacchi di panico e di agorafobia, e vive perciò rinchiusa in casa, munita di attrezzature d’avanguardia. La selezione “psyco-pellicole” propone infine Parole, parole, parole, film del 1997, dove i protagonisti, tutti parigini, soffrono di forte ansia e di conseguenti attacchi di panico che influenzano in modo molto significativo le loro esistenze.
può sembrare rassicurante, ma che non fa altro che alimentare maggiormente la paura di un attacco, spingendo la persona all’isolamento, alla chiusura, aumentando lo stato di ansia che incrementa la possibilità di un successivo attacco di panico. Chi ne soffre spesso si ritrova a cambiare medico per anni, a recarsi più volte al pronto soccorso, prima che la patologia venga diagnosticata. Una cosa che non dovrebbe accadere, perché ci troviamo di fronte ad uno dei disturbi d’ansia più trattabili. In molti casi risponde bene a determinati farmaci o a determinati approcci di psicotera-
pia cognitiva, utili per affrontare il problema alla radice, modificando gli schemi di pensiero che provocano la paura e l’ansia. La cosa che spesso si riscontra è che il disturbo da attacchi di panico è collegato ad altri problemi gravi, come la depressione, l’abuso di alcol o di stupefacenti, tutte patologie concomitanti, queste che richiedono una cura. I farmaci e gli antidepressivi possono prevenire o ridurre di molto l’ansia anticipatoria, l’evitamento fobico e la frequenza e intensità degli attacchi di panico. Di fatto, la diagnosi e la terapia più sono precoci più sono in grado di prevenire l’agorafobia. n
Capelli in maschera Una carrellata sugli specifici trattamenti di bellezza, per combattere e risolvere il problema di capigliature secche, grasse, deboli o sfibrate di Gelsomina Sampaolo
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Mettersi una maschera non è mai stato considerato un buon consiglio di bellezza: significa nascondersi, travestirsi, coprire quello che c’è sotto. Ma oggi vogliamo rivelarvi quanto di buono c’è in re-
altà nelle maschere se parliamo di emulsioni cosmetiche per capelli. Lo facciamo in autunno, perché proprio ora le nostre chiome possono risultare più spente e deboli, aumenta il rischio di caduta (pro-
prio come per le foglie sugli alberi) ed è quindi il momento ideale per agire. Cominciamo con il chiarire la differenza esatta che c’è tra un balsamo e una maschera.
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La maschera è una formulazione specifica, studiata per essere applicata su capelli e cuoio capelluto, con agenti (spesso di origine vegetale) che conferiscono lucentezza, nutrimento e pettinabilità. A differenza del balsamo, la maschera va lasciata in posa un periodo di tempo più lungo (solitamente 5-10 minuti) ed esercita anche per questo un’azione ristrutturante più intensa. Non esiste un momento migliore per iniziare ad usare questo rimedio, ma molti esperti consigliano l’estate, quando i capelli sono sottoposti a stress ambientali come acqua, salsedine e raggi solari che possono sfibrarli e stancarli. Ma questo non significa che l’autunno (o l’inverno, o la primavera) non siano stagioni altrettanto valide per applicare la vostra prima maschera: dovrà innanzitutto essere scelta in base al vostro tipo di capello e allo stato in cui versa: colorato, liscio, riccio, secco, grasso, spento, fragile... una buona idea è chiedere consiglio al parrucchiere di fiducia per un primo approccio.
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Esattamente come le maschere per il viso, anche quelle per capelli sono a tutti gli effetti un trattamento cosmetico e possono contenere sostanze di vari tipi: di origine chimica o naturale e a dosaggi variabili. Ecco perché per non sbagliare acquisto è sempre bene chiedere al farmacista che studierà con voi la formulazione migliore a seconda delle necessità.
Ad ognuno la sua
Come abbiamo visto, il tipo di maschera varia a seconda del problema da risolvere e della natura del capello. Vediamo i casi più diffusi e qualche consiglio:
1) Capelli secchi
Appaiono in questo modo perché necessitano di nutrimento intensivo, ma vanno trattati comunque con accortezza. Prima di procedere con la maschera, dunque, fate attenzione anche al tipo di shampoo e balsamo che scegliete: dovranno essere sempre delicati e i lavaggi mai troppo frequenti (ogni 2/3 giorni va bene). Dovrete avere
un occhio di riguardo anche per il trattamento post-maschera: evitate di usare eccessivamente phon, spazzola e piastre per non scioccare ulteriormente il capello e, se lo fate, cercate di adottare una giusta distanza tra la fonte di calore e il capello. Venendo alla maschera vera e propria, dovrete sceglierne una possibilmente a base di cheratina e oli essenziali, oltre che vitamine (come la E e la B) responsabili della buona crescita del capello. Se la maschera non dovesse bastare, esistono anche formulazioni multivitaminiche pensate apposta per il nutrimento del capello, integratori alimentari che danno una mano in più agendo dall’interno.
2) Capelli grassi
All’opposto di una capigliatura secca, quella grassa si presenterà oleosa e pesante, con un fastidioso effetto di capello sporco anche se appena lavato. Questo tipo di capello va dunque “sgrassato”, ad esempio con l’uso di oli essenziali (timo, limone, origano,
La ricetta fai-da-te Se volete provare a fare una maschera per capelli a casa vostra, vi basterà fare la spesa giusta. Le maschere faida-te, infatti, sono di solito costituite da prodotti alimentari, di cui sfruttano le sostanze nutritive. I più usati sono: • Yogurt: all’interno del quale potete mischiare gli oli essenziali antimicrobici e sgrassanti di cui abbiamo parlato nell’articolo (altrimenti di difficile applicazione). • Uovo: sia intero che soltanto l’albume è uno dei rimedi più antichi contro i capelli secchi. Occhio a sciacquarlo bergamotto, rosmarino...) dalle preziose proprietà disinfettanti e antimicrobiche.
3) Capelli spenti
Se il vostro problema è la perdita di lucentezza del capello, che appare spento e sfibrato, avete sicuramente una carenza di cheratina (come nel caso dei capelli secchi), la proteina che costituisce la struttura del fusto. Oltre alle maschere che contengono cheratina pura, potete usare anche prodotti di origine vegetale che svolgono comunque un’azione rinforzante, come l’olio di jojoba, il burro di karitè, l’olio di mandorle e anche lo yogurt.
L’applicazione: da 3 a 10 minuti
Come abbiamo visto esistono moltissimi tipi di maschere per capelli, ma come vanno usate? Quasi tutte prevedono la stessa modalità di utilizzo: dopo aver accuratamente lavato e risciacquato i capelli, si applica la maschera nella quantità consigliata (solitamente una noce) dalla radice alla
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bene però, per evitare cattivi odori! • Piante aromatiche: per le loro proprietà antisettiche, purificanti e stimolanti sul microcircolo, sotto forma di olio essenziale come rosmarino, salvia, timo, origano, ecc. • Aceto: da usare per dare lucentezza alla chioma. • Frutta: dall’azione vitaminizzante. Fragole, banane, limoni, avocado. • Olio d’oliva: per le sue proprietà emollienti e nutrienti. Contiene vitamina E e vitamina A, oltre agli acidi grassi essenziali come l’acido linoleico. • Miele: lucida e fortifica i capelli spenti.
punta, per tutta la lunghezza del capello. Attenzione a non esagerare con le quantità perché poi potrebbe essere difficile la rimozione completa del prodotto e il capello ne risulterebbe inevitabilmente appesantito. Per facilitare l’operazione aiutatevi con un pettine a denti larghi che distribuirà uniformemente il prodotto su tutto il capello. Dopodiché non vi resta che attendere il tempo di posa consigliato dal produttore, ricordando che per i capelli sottili possono bastare anche 3 minuti, mentre per quelli spessi si può arrivare a 10. Esistono anche delle maschere a posa rapida, che possono essere risciacquate quasi subito dopo l’applicazione, come un balsamo, ma hanno un risultato meno intenso. Se desiderate potenziare l’effetto, aumentando l’assorbimento delle sostanze presenti nella maschera, potete raccogliere i capelli in un asciugamano inumidito con acqua calda o avvolgerli con della pellicola trasparente. Al termine del tempo di posa,
massaggiate il cuoio capelluto ed infine sciacquate con abbondante acqua tiepida, facendo attenzione a non lasciare residui. Per quanto riguarda la frequenza d’uso, potete applicare la maschera una volta alla settimana o due in situazioni normali, mentre in caso di capelli particolarmente sfibrati e danneggiati si può arrivare a 3-4 applicazioni a settimana.
Nutrire i capelli... a tavola
Oltre alle maschere cosmetiche, i capelli vanno curati e nutriti anche seguendo un’alimentazione completa ed equilibrata. Più in particolare, per avere una chioma sana e brillante dovrete: • eliminare o ridurre al minimo i cibi spazzatura; • ridurre l’assunzione di grassi insaturi; • acquisire il giusto apporto proteico da fonti vegetali (legumi) e animali (carne e pesce); • mangiare almeno 5 porzioni al giorno di frutta e verdura, ricche di vitamine, minerali ed elementi antiossidanti. n
La salute degli italiani
Tracciato il profilo sanitario del Paese: diminuiscono alcuni fattori di rischio, aumentano gli sportivi praticanti. Ma prevenzione e vaccinazione non vanno affatto bene di Filippo Tini
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Sarà anche vero che secondo le
ultime statistiche note camperemo un po’ di meno, ma 80,1 anni per gli uomini invece di 80,3 e 84,7 per le donne invece di 85, sono tutto sommato inezie. In compenso buone notizie arrivano sul miglioramento di alcuni stili di vita. Secondo il Rapporto Osservasalute 2015, analisi approfondita dello stato di salute della popolazione e della qualità dell’assistenza sanitaria nelle Regioni italiane, infatti, “si fuma meno e si riduce la
sedentarietà... anche se nel complesso gli italiani risultano ancora poco attenti alla propria salute e non adottano strategie preventive e stili di vita adeguati a proteggerli dalle malattie evitabili”. Un rapporto in chiaroscuro, quello pubblicato recentemente dall’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane, che ha sede presso l’Università Cattolica di Roma ed è coordinato dal professor Walter Ricciardi, Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità e Direttore dell’Osservatorio Na-
zionale sulla Salute nelle Regioni Italiane, e dal dottor Alessandro Solipaca, Segretario Scientifico dell’Osservatorio stesso. Sulla diminuzione dell’aspettativa di vita (0,2 punti per gli uomini e 0,3 per le donne) hanno inciso un mix composto da “tagli che hanno diminuito i servizi dati ai cittadini insieme ad una scarsa prevenzione, al calo delle vaccinazioni, ai pochi screening oncologici”. Il Rapporto si deve al lavoro di 180 ricercatori distribuiti su tutto il territorio italiano che opera-
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no presso Università e numerose istituzioni pubbliche nazionali, regionali e aziendali (Ministero della Salute, Istat, Istituto Superiore di Sanità, Consiglio Nazionale delle Ricerche, Istituto Nazionale Tumori, Istituto Italiano di Medicina Sociale, Agenzia Italiana del Farmaco, Aziende Ospedaliere e Aziende Sanitarie, Osservatori Epidemiologici Regionali, Agenzie Regionali e Provinciali di Sanità Pubblica, Assessorati Regionali e Provinciali alla Salute). Vediamo a grandi linee questo identikit made in Italy.
Una “vecchia” Nazione
Oltre un italiano su 5 ha più di 65 anni, con un aumento dei “giovani anziani” (ossia i 65-74enni): sono oltre 6,5 milioni, pari al 10,7% della popolazione residente. I valori regionali variano da un minimo del 9,3% della Campania a un massimo del 12,9% della Liguria. Il peso relativo dei 65-74enni sul totale della popolazione varia sensibilmente se si considera la cittadinanza: i 65-74enni rappresentano l’11,5% della popolazione residente con cittadinanza italiana contro il 2,2% registrato per gli stranieri. In aumento anche gli “anziani” (75-84 anni): sono oltre 4,7 milioni e rappresentano ben il 7,8% del totale della popolazione, con le consuete differenze geografiche che vanno dal 10,5% della Liguria al 6,1% della Campania. Le differenze per cittadinanza si fanno, in questo caso, ancora più marcate: gli anziani sono l’8,5% degli italiani, appena lo 0,7% i residenti stranieri. Quasi di conseguenza, vorremmo dire, è in crescita la popolazione dei “grandi vecchi” (over 84), pari a oltre 1 milione e 900 mila unità che corrisponde al 3,2% del totale della popolazione residente. Quasi inutile dire che le due punte sono sempre rappresentate da Liguria (4,6%) e Campania (2,2%). Infine il dato sugli ultracentenari:
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al 1° gennaio 2015 oltre tre residenti su 10.000 hanno 100 anni e oltre, una “popolazione” passata dalle 5.650 unità del 2002 alle oltre 19.000 nel 2015. La componente femminile è la più numerosa: rappresenta l’83,8% del totale.
Cause di morte
Le più frequenti sono le malattie ischemiche del cuore, responsabili da sole di 75.098 morti (poco più del 12% del totale dei decessi). Seguono le malattie cerebrovascolari (61.255 morti, pari a quasi il 10% del totale) e le altre malattie del cuore non di origine ischemica (48.384 morti, pari a circa l’8% del totale).
In crescita il numero dei “grandi vecchi” (over 84): ora sono oltre 1 milione e 900 mila La quarta causa più frequente è rappresentata dai tumori maligni di trachea, bronchi e polmoni, che negli uomini determina 24.885 decessi (seconda causa di morte), poco più del triplo di quelli osservati nelle donne (decima causa di morte). I decessi dovuti a malattie ipertensive (20.367), nonché a demenza e malattia di Alzheimer (18.226), causano tra le donne il doppio dei decessi osservati tra gli uomini. La situazione territoriale mostra, comunque, un’evidente eterogeneità geografica. Infatti, i tumori maligni di trachea, bronchi e polmoni, la demenza, la malattia di Alzheimer e l’influenza e la polmonite mostrano un’importanza relativa maggiore nelle aree set-
tentrionali, mentre nell’area meridionale la maggiore rilevanza in termini relativi si riscontra per i decessi per diabete e malattie ipertensive.
Sovrappeso: diminuisce quello infantile
Si conferma elevata, e in aumento, la quota di italiani sovrappeso e obesi, problema in crescita anche al Nord. Il sovrappeso nel 2014 riguardava più di un terzo della popolazione adulta (36,2%), mentre poco più di una persona su 10 è obesa (10,2%). Considerevoli le differenze rilevate sul territorio con le regioni meridionali che presentano la prevalenza più alta di persone obese (Molise 14,6%, Abruzzo 13,1%; Puglia 11,9%) e in sovrappeso (Campania 41,5%, Calabria 39,6% e Puglia 39,4%) rispetto alle regioni settentrionali, che mostrano i dati più bassi (obesità: PA di Trento 7,5% e PA di Bolzano 8,1%; sovrappeso: PA di Trento 28,5% e Valle d’Aosta 31,5%). Un dato importante: la percentuale di popolazione in condizione di eccesso ponderale (in sovrappeso o obesa) cresce all’aumentare dell’età. Nello specifico, il sovrappeso passa dal 14,9% della fascia di età 18-24 anni al 46,5% tra i 65-74 anni, mentre l’obesità dal 2,4% al 15,7% per le stesse fasce di età. Buone notizie per l’obesità infantile: i bambini obesi sono attualmente il 9,8% (compresi quelli gravemente obesi che da soli arrivano al 2,2%) rispetto al 12% degli anni passati. Idem per il sovrappeso, passato dal 23,2% al 20,9%. Il rapporto rileva che “se mamma e papà hanno studiato, i bimbi sono più in forma: all’aumentare del grado di istruzione dei genitori diminuisce infatti la quota di figli in eccesso ponderale”. Di converso “nelle famiglie in cui vi è almeno un genitore obeso la prevalenza di bambini in eccesso di
Il 23% della popolazione con più di 3 anni si dedica allo sport in modo continuativo
peso è maggiore”. Si stima che nella popolazione di 6-11 anni il numero di coloro che presentano un eccesso ponderale sia pari a circa 1 milione e 50.000 bambini, di cui 336 mila obesi.
Più sportivi, meno sedentari
Altra buona notizia: gli sportivi sono in aumento e, ovviamente, i sedentari in calo. Secondo le statistiche rilevate ben il 23% della popolazione con età superiore a 3 anni si dedica allo sport in modo continuativo. Nel 2013 era il 21,5% e nel 2012 il 21,9%. Nell’ultimo biennio sono in crescita anche coloro che, pur non praticando uno sport, svolgono un’attività fisica (passeggiare per almeno 2 km, nuotare, andare in bicicletta...). Sono il 28,2% della popolazione nel 2014, mentre erano il 27,9% nel 2013. La sedentarietà cala in maniera significativa per entrambi i generi: passando dai 24 milioni e 300 mila (41,2%) del 2013 ai circa 23 milioni e 500 mila (39,9%) del
2014. L’analisi territoriale mostra una differente attitudine alla pratica sportiva tra le diverse regioni, che, probabilmente, riflette anche una diversa disponibilità di strutture organizzate. Le regioni settentrionali, in particolare la PA di Bolzano (38,7%), la PA di Trento (30,7%), la Valle d’Aosta (30,2%) e la Lombardia (28,5%), rappresentano la zona del Paese con la quota più elevata di persone che praticano sport in modo continuativo. Le regioni del Meridione si caratterizzano per la quota più bassa di persone che dichiarano di dedicarsi allo sport nel tempo libero, fatta eccezione per la Sardegna dove il 30,8% dichiara di praticare attività sportiva in modo continuativo o saltuario. Le regioni che registrano la più bassa quota di praticanti sportivi sono la Campania (17,9%), la Basilicata (21,7%), la Calabria (23,3%) e la Sicilia (23,4%).
In calo consumi di alcol e sigarette
Aumenta la percentuale dei non
consumatori di alcol (astemi e astinenti negli ultimi 12 mesi), pari al 35,6% degli individui di età con più di 11 anni rispetto al 34,9% dell’anno precedente. In calo anche i fumatori, con un trend in lenta ma costante decrescita: nel 2010 fumava il 22,8% degli over-14, nel 2011 il 22,3%, nel 2012 il 21,9% e nel 2013 il 20,9%, ora siamo scesi al 19,5%. Anche il numero medio di sigarette fumate al giorno diminuisce in un trend continuo dal 2001, passando da una media di 14,7 all’attuale 12,1. Rispetto al 2013 è invece aumentato il numero di regioni che superano o eguagliano il dato nazionale in termini di prevalenza di fumatori sulla popolazione di 14 anni e oltre. Si tratta, infatti, di 12 regioni con Campania (22,1%) e Umbria (21,2%) che registrano la più alta prevalenza di fumatori. Un allarme arriva dai giovani fumatori: le fasce di età che risultano più critiche sia per gli uomini che per le donne sono quelle tra i
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20-24 e 25-34 anni in cui, rispettivamente, il 28,8% e 33,5% degli uomini e il 20,5% e il 19,3% delle donne si dichiarano fumatori. Ma i più accaniti sono gli over 50, in particolare nella fascia dì età 55-59 anni: gli uomini fumano mediamente 15 sigarette al giorno, le donne 12,3.
Antidepressivi: Toscana e PA di Bolzano da record
Crescono i consumi di antidepressivi, ora sono pari a 39,30 “dosi definite giornaliere” (unità di misura standard della prescrizione farmaceutica) ogni 1.000 abitanti. Il trend in aumento può essere attribuibile a diversi fattori tra i quali, ad esempio, l’arricchimento della classe farmacologica di nuovi principi attivi utilizzati anche per il controllo di disturbi psichiatrici non strettamente depressivi (come i disturbi di ansia), la riduzione della stigmatizzazione delle problematiche depressive e l’aumento dell’attenzione del Medico di Medicina Generale nei confronti della patologia. I consumi più elevati nell’anno 2014 si sono avuti in Toscana (59,50), nella PA di Bolzano (53,30), in Liguria (51,30), in Emilia-Romagna (49,40) e in Umbria (49,40), mentre i consumi minori in Basilicata (30,30), Campania (30,50), Puglia (31,20) e Sicilia (31,20). Il Lazio (da 35,80 a 34,80) e l’Umbria (da 50,20 a 49,40) sono anche le due regioni che hanno registrato il maggiore calo dei consumi nell’ultimo anno.
Prevenzione e... cittadini disattenti
La spesa per la prevenzione, che comprende, oltre alle attività rivolte alla persona come, ad esempio, vaccinazioni e screening, la tutela della collettività e dei singoli dai rischi negli ambienti di vita e di lavoro, la Sanità Pubblica veterinaria e la tutela igienico-sanitaria degli alimenti, ammonta in Italia a circa 4,9 miliardi di euro e rappresenta il 4,2% della spesa sanitaria
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pubblica (dati dell’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali). La percentuale di spesa per la prevenzione prevista dal Piano Sanitario Nazionale (livello fissato nel Patto per la Salute 2010-2012) è del 5%. Sono poche le regioni che raggiungono tale livello e mancano “all’appello” 930 milioni di euro da dedicare alla prevenzione.
In cinque anni fumatori scesi dal 22,8% al 20,9 della popolazione con più di 14 anni “Secondo dati OCSE - rileva il Rapporto Osservasalute - la spesa per la prevenzione è cresciuta del 5,6% annuo nel periodo 20052009, mentre si è poi ridotta mediamente dello 0,3% annuo tra 2009 e 2013. Anche in Italia uno dei settori che fino ad oggi ha subito di più le politiche di razionamento è quello della prevenzione: infatti, è facile tagliare gli investimenti alle politiche di prevenzione che, come si sa, danno spesso il loro ritorno a distanza di anni, tempo giudicato incompatibile con l’orizzonte temporale di chi è costantemente alle prese con i bilanci annuali o le campagne elettorali. Eppure è ben conosciuto l’impatto in termini economici della “mancata prevenzione”: un’imponente lievitazione della spesa sanitaria per il peggioramento delle condizioni di salute della popolazione e, quindi, un aumento della domanda e dei bisogni socio-sanitari, in particolare per la disabilità legata all’aumentata prevalenza delle patologie croniche”.
Nel Rapporto anche una tirata d’orecchie ai cittadini che denotano “scarsa attenzione alla tutela della propria salute, segnata da una scarsa percezione del rischio e/o da una irresponsabilità personale alquanto diffusa che può, per questo, essere annoverata tra i problemi che negli ultimi decenni stanno contribuendo a orientare la “nave” della sanità nella direzione della “tempesta perfetta”, ossia una situazione in cui, a causa dei diversi fattori, il nostro SSN potrebbe incontrare seri rischi di non servire adeguatamente”.
Scarsa attenzione alle vaccinazioni
Nel 2013, per le vaccinazioni obbligatorie (tetano, poliomielite, difterite ed epatite B) si è registrato il raggiungimento dell’obiettivo minimo stabilito nel vigente Piano Nazionale Prevenzione Vaccinale, definito, in accordo con le raccomandazioni dell’OMS, pari ad almeno il 95% di copertura entro i 2 anni di età. Nel periodo 2013-2014, invece si sono registrati valori di copertura al di sotto dell’obiettivo, anche se al di sopra del 94%. Lo stesso andamento in diminuzione si è evidenziato anche per le coperture di alcune vaccinazioni raccomandate, quali anti-Hib e pertosse. Quanto al vaccino antinfluenzale, è significativo il calo delle adesioni tra gli anziani, che sono peraltro proprio una delle fasce di popolazione più a rischio di complicanze dell’influenza. Negli ultra 65enni la copertura antinfluenzale non ha raggiunto i valori considerati minimi (75%) e ottimali (95%) in nessuna regione. Nell’arco temporale 20032004/2014-2015, per quanto riguarda la copertura vaccinale degli ultra 65enni, si è registrata una diminuzione a livello nazionale del 22,7%, passando dal 63,4% al 49% di questo gruppo. n
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Libreria Bambini
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Ricordati del gatto
Le mani degli dei
Di armonia risuona e di follia
Le macchine in questo libro hanno un cuore. Un elicottero innamorato, un gokart timido, un traghetto triste. Una volta una nave aveva il singhiozzo perché l’aveva fatta ridere una barzelletta... Bordiglioni S.; Einaudi Ragazzi; Euro 6,90
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Eugenio Borgna indaga sulla natura della follia interrogando grandi pensatori come Nietzsche o Kierkegaard, scrittori come Virginia Woolf, pittori come Friedrich e registi come Bergman o Lars von Trier. Borgna E.; Feltrinelli; Euro 9,50
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Regia: P. Virzì; con V. Bruni Tedeschi e M. Ramazzotti. Trama: due pazienti di una clinica psichiatrica fanno amicizia e fuggono. Giudizio: ironia, buonumore e dramma in un road movie al femminile.
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Musica Saudade Selton
Un gruppo di polistrumentisti brasiliani a Milano. Brani allegri e malinconici con la collaborazione di Dente, per chi ha nostalgia dell’estate appena passata.
Ultima pagina
ricette
Zuppa di farro con fagioli • 200 gr farro • 600 gr fagioli rossi freschi o 400 gr secchi • mezza cipolla • una costa di sedano • 200 gr pomodoro • aglio, salvia, maggiorana, sale, pepe, olio extravergine q.b. Lessate i fagioli per creare un crema che aggiungerete ad un soffritto di cipolla, sedano, salvia, maggiorana e pomodoro. Mescolate anche il farro e fate cuocere per 30 minuti. Servire con olio a crudo.
W. Oscar
Sogno e realtà “Sogna come se dovessi vivere per sempre; vivi come se dovessi morire oggi”. (Oscar Wilde)
Lo Sapevate?
La castagna ha 10 milioni di anni La castagna, frutto ottobrino per eccellenza, avrebbe avuto origine nel Terziario, in Asia, più o meno 10 milioni di anni fa, mentre lo “sbarco” in Italia risalirebbe a circa 10.000 anni fa, nella zona delle Alpi Apuane. Oggigiorno la sua diffusione è vasta su tutto il nostro territorio, tanto che ne esistono ben 14 diverse tipologie, tutte con marchio Dop o Igp.
Web Zone
Il futuro è dei chatbot Dopo Telegram, Slack, Line e Skype, anche Facebook li ha recentemente integrati nel proprio sistema di messaggistica e in futuro ne sentiremo sempre più parlare. I chatbot altro non sono che degli assistenti virtuali programmati per rispondere via chat agli utenti, fornendo servizi e informazioni al posto di persone in carne ed ossa. In futuro potranno eseguire operazioni più complesse per conto degli utenti, (recapitare oggetti a domicilio, prenotare viaggi o ristoranti...) fino a diventare del tutto simili a noi nel 2029, ha ipotizzato il loro inventore Ray Kurzweil, di Google.
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Oroscopo Segno del mese Bilancia 24/08 - 22/09
Forse è il momento giusto per cambiamenti importanti, soprattutto negli affari e nel lavoro, ma stabilite prima, esattamente, le vostre priorità. E parlatene col partner e gli amici più fidati.
Scorpione 23/10 - 22/11
Cercate di essere meno testardi, provate a mediare. Non tutti sono in guerra con voi.
Raccolta fondi no profit Si aggiunge un altro tassello alle iniziative benefiche di Facebook: la possibilità di raccogliere soldi per beneficenza, grazie al tasto “dona”, per ora attivo solo negli Stati Uniti. Le pagine potranno indicare l’obiettivo della raccolta fondi e far sapere ai propri amici perché dovrebbero aderire alla causa. La campagna attivata in seguito al terremoto in Nepal ha permesso di raccogliere 17.8 milioni di dollari in questo modo.
Sagittario 23/11 - 21/12
Non insistete con affetti e lavori che vi procurano stress. Dateci un taglio.
Capricorno 22/12 - 20/01
Nella vita e davanti alla Tv non serve fare zapping. Scegliete solo quel che vi piace.
Acquario 21/01 - 19/02
Vi piace parlare molto dei dettagli, ma ogni tanto puntate al sodo.
Pesci 20/02 - 20/03
Evitate di ripescare vecchi rancori, guardate avanti con fiducia.
Ariete 21/03 - 20/04
Subite troppe pressioni sul lavoro, cercate serate d’evasione con gli amici.
Toro 21/04 - 20/05
Un incontro importante per il lavoro. Ma tenete a freno l’entusiasmo.
Gemelli 21/05 - 21/06
Provate ad essere più premurosi, con i colleghi e con il partner.
Cancro 22/06 - 22/07
Negli affetti troverete la persona giusta, ma usate un po’ di prudenza.
Leone 23/07 - 23/08
Sapete alternare umorismo e saggezza. Stupirete tutti.
Vergine 24/08 - 22/09
Un po’ di diplomazia e savoir-faire vi farà riconciliare con la vostra metà.
Venduta la prima auto via social Nissan ha risposto alla sfida di un utente Twitter di Barcellona, che ha chiesto ai marchi automobilistici di tutta la Spagna di aiutarlo nell’acquisto di un veicolo usando esclusivamente i social media. Ad accontentarlo è stata una concessionaria, che ha sfruttato Periscope per mostrare tutte le caratteristiche fondamentali della vettura in streaming. L’auto è poi stata messa ai voti dei follower (2,6 milioni) ed ha vinto X- con il 43% delle preferenze. Anche le chiavi dell’X-Trail sono state consegnate da remoto tramite corriere.
CONCERTI
Le date del mese The Cure: 29 Casalecchio di Reno, 30 Roma. Pooh: 28 e 29 Eboli. PJ Harvey: 23 Milano, 24 Firenze. Alessandra Amoroso: 7-8 Napoli, 10 Firenze, 11 Assago, 13 Torino, 15 Roma, 18 e 19 Bari, 21 e 22 Acireale, 24 Reggio Calabria, 27 Casalecchio di Reno, 29 Padova. Samuele Bersani: 14 Padova, 15 Bologna, 18 Bergamo, 21 Milano, 23 Roma, 25 Firenze, 28 Bari, 29 Cosenza, 31 Catania. Francesco Renga: 15 Assago, 20 Padova, 22 Roma, 23 Bari. Selena Gomez: 26 Assago. Paolo Conte: 22 Roma, 29 Brescia.