Optima Salute Gold - Ottobre 2015

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N. 239 ANNO XXIV Ottobre 2015

Bambini

Non sottovalutare l’emicrania infantile

Bellezza

Tutti i trucchi per un viso a pennello

Donne e celiachia

Guida a una malattia al femminile

Dossier

A proposito di infarto

in questo numero

ETICHETTE ALIMENTARI: GUIDA A TUTTE LE INFORMAZIONI



Sommario

Anno XXIV n.239 Ottobre 2015

Direttore responsabile Claudio Sampaolo Coordinamento editoriale Roberta Stagno Grafica e impaginazione Enrico Marinelli email: info@studiorocchetti.com Redazione Studio Rocchetti Comunicazione Strada Lacugnano Giardino, 3 06132 Perugia e mail: redazione@studiorocchetti.com Tel. 075 5170247 Fax 075 5171430 Marketing e pubblicità Francesca Capalbo Tel. 06 41481370 Fax 06 41481383 Gabriele Iannella Tel. 06 41481292 email: optima@comifar.it Collaboratori Francesca Aquino, Chiara Baldetti, Benedetta Ceccarini, Stefano Ciani, Pompeo D’Ambrosio, Francesco Fioroni, Andrea Giordano, Maria Mazzoli, Roberto Moraldi, Simona Peretti, Maria Pia Pezzali, Giuseppe Rinonapoli, Rolando Rossi, Gelsomina Sampaolo, Filippo Tini Consulente scientifico Dottor Pompeo D’Ambrosio Fotografie AGF Creative - Fotolia - iStock Illustrazioni Sabrina Ferrero Editore Comifar Distribuzione S.p.a. Via Fratelli Di Dio, 2 20026 Novate Milanese (MI) Registrazione del Tribunale di Milano n.727 del 04/12/2008 Fotolito e Stampa G. Canale & C. S.p.A. Via Liguria 24, 10071 Borgaro Torinese Prezzo per copia € 1,00 Costi di abbonamento: copie 50 € 250,00 copie 100 € 365,00 copie 150 € 505,00 copie 200 € 655,00 copie 300 € 950,00 copie 500 € 1.545,00 Rivista ceduta esclusivamente in abbonamento attraverso il canale Farmacia Info e abbonamenti: www.optimasalute.it

omaggio del tuo farmacista

Post-it

Rubriche

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Attualità in Farmacia La hit parade delle novità

8

Post-it Pro-memoria della salute

di Francesca Aquino

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Hobby House Cinema, musica e libri

66

Ultima pagina Oroscopo, ricette, appuntamenti, curiosità

di Gelsomina Sampaolo

IL PIÙ DIFFUSO MENSILE DI SALUTE IN FARMACIA

Testata associata

N. 239 ANNO XXIV Ottobre 2015

Bambini

Non sottovalutare l’emicrania infantile

Bellezza

Tutti i trucchi per un viso a pennello

Donne e celiachia

Guida a una malattia al femminile

www.optimasalute.it

Dossier

A proposito di infarto

OPTIMASALUTE

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Sommario

Anno XXIV n.239 Ottobre 2015

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Dossier

A proposito di infarto Ogni anno circa 120mila italiani hanno a che fare con questo temibile “avversario”, ma le terapie mediche e gli interventi chirurgici, oltre ad una efficace prevenzione, stanno riducendo i molto gli indici di mortalità. Tutti i fattori di rischio modificabili da eliminare ed i consigli per attività fisica e alimentazione di Pompeo d’Ambrosio medico sportivo, cardiologo

L’oroscopo delle malattie Uno studio della Columbia University, eseguito su quasi 2 milioni di persone, lega il periodo di nascita ad una serie di disturbi ben definiti

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di Gelsomina Sampaolo

Donne e celiachia Come affrontare le incognite di una malattia molto femminile. Una guida per prevenire e curare

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di Maria Mazzoli

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L’aiuto della Vitamina D Il suo fondamentale apporto legato a patologie ossee, di natura neurologica, immunitaria e cardiaca di Francesca Aquino

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Mamma, ho mal di testa Il 9% dei bambini è colpito da emicrania: sintomi e rimedi di Chiara Baldetti

Un viso a pennello Addio alle imperfezioni in pochi, semplici passi e usando i prodotti giusti di Gelsomina Sampaolo

Alla scoperta dei farmaci biologici Usati soprattutto in caso di malattie reumatologiche, sono in arrivo anche in Italia quelli contro l’orticaria cronica di Filippo Tini

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Anche i cani sentono freddo I malanni autunnali non colpiscono solo gli umani, ecco precauzioni e cure per aiutare Fido ad affrontare il cambio stagione di Chiara Baldetti

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Attualità in Farmacia

Le novità e i prodotti in vendita in Farmacia

INFORMAZIONE PUBBLICITARIA

Lady Presteril Cotton Power Una scelta sicura, anche per la tua pelle

La vulvite è un’infiammazione dei genitali esterni femminili, ossia delle grandi e piccole labbra e degli orifizi uretrale e vaginale. Il primo approccio alla vulvite irritativa è di tipo preventivo, essendo possibile attuare dei comportamenti che aiutano a ridurre o eliminare i fattori di predisposizione esogeni. Lady Presteril Cotton Power è una linea completa di assorbenti esterni ed interni e proteggi slip la cui composizione 100% in cotone rispetta i criteri di traspirabilità senza alterare la triade temperatura umidità - pH responsabile del mantenimento di un corretto microclima vulvare. La linea Lady Presteril Cotton Power è composta da cotone non sbiancato che assicura massima traspirabilità e le caratteristiche di ipoallergenicità del cotone si associano infine ad assenza di cattivi odori, morbidezza e un elevato comfort oltre ad un buon potere assorbente legato alle caratteristiche naturali della fibra.

Physiogel Sollievo Calmante Viso, per pelle secca, sensibile e arrossata Grazie alla tecnologia brevettata BioMimic + PEA, i prodotti Physiogel Sollievo Calmante Viso lavorano in modo naturale con la tua pelle per reintegrare la barriera idrolipidica. Leniscono e ridonano comfort, per un’idratazione duratura e un colorito omogeneo. Non contengono conservanti, né profumi o coloranti. La linea comprende due articoli: Sollievo Calmante Detergente Crema Delicato e Sollievo Calmante Crema Lenitiva Flacone Viso. Il primo deterge in modo delicato senza alterare la barriera idrolipidica e rimuove efficacemente make-up, sporco e impurità, mentre la crema, utilizzata quotidianamente, dona un sollievo immediato e duraturo e restituisce alla pelle un colorito più omogeneo. Di facile assorbimento ridona comfort rendendo la pelle visibilmente più sana.

Sebolas, l’antidoto alla seborrea

Il pericolo pubblico numero uno per la salute della nostra pelle ha un nome preciso: seborrea. Una patologia che si verifica per la produzione in eccesso di sebo, la sostanza grassa che in condizioni normali protegge la cute dalla disidratazione e svolge una funzione antibatterica. La seborrea si presenta con sintomi come prurito alla testa e dolore al cuoio capelluto, ma può evolvere in dermatite seborroica e causare la caduta dei capelli. Per ovviare a questi fastidiosi inconvenienti, Candioli Farmaceutici ha presentato Sebolas™, rimedio ideale perché assolve funzioni antisettiche, antiinfiammatorie e lenitive, esercitando inoltre un’azione sulle ghiandole sebacee in modo da impedire la produzione eccessiva di sebo. La gamma Sebolas™ è composta da: crema viso in tubo, 50 ml e shampoo mousse in flacone con dispenser, 100 ml.

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Phytologist 15 l’anti-caduta globale

Phyto reinventa il trattamento anti-caduta e crea un nuovo trattamento ad ampio meccanismo d’azione che si ispira ai 15 fattori biologici che giocano un ruolo fondamentale nel favorire la bellezza e la resistenza dei nuovi capelli in crescita e nel ridurre l’eccessiva caduta. La caduta risulta frenata (1) e i capelli appaiono più forti e più resistenti (2). Grazie ad un aumento significativo del volume dei bulbi (1) i nuovi capelli sono più spessi (2). (1) Studio clinico su 74 volontari, per 3 mesi. (2) Valutazione soggettiva su 74 volontari, per 3 mesi.

Proporal, a difesa dell’organismo naturalmente

Proporal è una linea di prodotti a base di Propoli arricchita con ingredienti naturali per grandi e piccini. Scegliere la linea Proporal vuol dire: • Propoli Extrapura proveniente da ambienti incontaminati. • Propoli depurata con tecniche naturali: decerazione a temperatura controllata, lunga decantazione dell’estratto e filtrazioni successive che eliminano le impurità. • Propoli dalle proprietà organolettiche gradevoli ad alta concentrazione di principi attivi. • Propoli garantita da oltre 100 controlli. • Titolazione Synergic Flavonoid Complex: complesso di flavonoidi ad alta biodisponibilità che garantiscono le naturali proprietà officinali della Propoli. La linea comprende: Sciroppo Adulti e Bambini, Spray Nasale, Spray gola e voce adulti e bambini, Estratto idroalcolico, Propoli e Pappa Reale, Tavolette Masticabili, caramelle e chewing gum, stick labbra SPF 15.

Be-total Immuno Plus! Il giusto mix di vitamina B a sostegno del sistema immunitario

Be-Total Immuno Plus è l’integratore della linea Be-Total che aggiunge alle Vitamine B lo Zinco, l’Echinacea e l’Acerola per aiutare l’organismo ad adattarsi all’arrivo della stagione fredda e per rafforzare le difese immunitarie. Le Vitamine B agiscono come supporto concreto nella trasformazione dei principi nutritivi del cibo in energia, ma anche come sostanze determinanti per la salute e l’efficienza generale del sistema immunitario. Lo Zinco, l’Echinacea e l’Acerola sostengono le nostre difese naturali rinforzandole per prevenire o rendere meno aggressivi gli attacchi dei più comuni fastidi stagionali. Be-total Immuno Plus: una sinergia formulativa che unisce all’azione delle Vitamine del Gruppo B una specifica attività sul sistema immunitario rendendolo più efficace nel contrastare le malattie di stagione.

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Post-it salute

di Francesca Aquino

Cocktail proteico anti-diabete 1

Secondo uno studio pubblicato sul Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism da ricercatori americani del Medical College della Georgia, chi soffre di diabete di tipo 1 (che si manifesta durante l’infanzia e richiede una terapia insulinica a vita) ha livelli ematici significativamente più bassi relativamente a quattro proteine che aiutano a proteggere il tessuto dall’attacco da parte del loro sistema immunitario. Si sta perciò studiando un cocktail proteico ad hoc, per aiutare i bambini a rischio ad evitare lo sviluppo della malattia.

Farmaci stampati in 3D

Con le nuove stampanti 3D sarà possibile produrre farmaci di forme e dimensioni diverse a seconda delle esigenze del paziente. Secondo uno studio dell’University College di Londra, pubblicato dall’International Journal of Pharmaceutics, attraverso la forma si può variare la velocità con cui il principio attivo si dissolve. Gli esperimenti eseguiti usando il paracetamolo hanno dimostrato che la forma a piramide si scioglie più velocemente delle altre. Il futuro della fabbricazione dei farmaci, secondo gli studiosi, probabilmente si allontanerà dalla produzione di massa verso la produzione estemporanea di dosi personalizzate per i pazienti.

Depressione post-partum nel dna

La predisposizione alla depressione post-partum, che colpisce una neomamma su 5, ora si può individuare con un marcatore del sangue scoperto da un gruppo di ricercatori della University of Virginia. Se i livelli di ossitocina, che svolge un ruolo positivo sull’umore e la regolazione delle emozioni, erano bassi la donna, pur senza particolari fattori di rischio, è maggiormente a rischio.

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Post-it salute

di Francesca Aquino

Un robot in sala operatoria

Si chiama Da Vinci il nuovo robot da sala operatoria presentato dalla Clinica Santa Canterina da Siena, a Torino: quattro braccia in grado di eseguire movimenti millimetrici con la massima precisione, limitando la perdita di sangue e riducendo al minimo il fabbisogno trasfusionale. Da Vinci è manovrato dal chirurgo attraverso una consolle, mentre la microcamera posizionata su un endoscopio gli permette di visualizzare immagini 3D su uno schermo. Potrà essere utilizzato in particolare in Urologia, Chirurgia Generale, Ginecologia, Otorinolaringoiatria, Cardiochirurgia e Chirurgia Toracica.

Musica per il cuore

Le note di Verdi, Puccini o Beethoven possono funzionare da anti-ipertensivi per chi le ascolta. Secondo uno studio dell’Università di Oxford presentato al congresso della British Cardiovascular Society di Manchester, grazie a queste musiche rilassanti la frequenza cardiaca rallenterebbe e migliorerebbe anche la pressione sanguigna. Lo studio, riportato dal “Telegraph”, ha interessato diversi tipi di musica, stabilendo che quella classica ha il maggiore impatto sulla riduzione della pressione sanguigna.

Digiunare gonfia

Saltare i pasti, si sa, non è mai una buona idea. E lo prova anche uno studio della Ohio State University effettuato su topi da laboratorio: quelli che consumavano un unico pasto con metà delle calorie giornaliere hanno sviluppato grasso localizzato a livello addominale, l’equivalente della nostra pancetta. Un eccesso di questo tipo di grasso è associato a insulino-resistenza, rischio di diabete di tipo 2 e malattie cardiache. «Questo supporta l’idea che i piccoli pasti durante la giornata possano essere utili per la perdita di peso, anche se questo potrebbe non essere pratico per molte persone», spiega Martha Belury, autrice dello studio.

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L’oroscopo delle malattie Secondo una ricerca della Columbia University, eseguita su quasi 2 milioni di persone, il periodo di nascita ci esporrebbe ad una serie di disturbi ben definiti di Gelsomina Sampaolo

s

Quando vi lamentate del cambio

di stagione e dei disturbi che questo porta con sé potreste non avere tutti i torti. Ora c’è una ricerca dell’illustre Columbia University di New York a darvi manforte. Lo studio, guidato dal Dr. Nicholas Tatonetti e pubblicato sul Journal

of American Medical Informatics Association (JAMA), si spinge anche oltre: soffrire di alcune patologie croniche potrebbe essere direttamente legato al periodo di nascita. Non stiamo parlando certo di astrologia, ci tengono a sottoline-

are i ricercatori, bensì di stagionalità e maggiore predisposizione ad alcuni disturbi ad essa associati: “L’astrologia non ha prove scientifiche a sostegno delle sue tesi dice Tatonetti - ma la stagionalità ha influenza sui fattori ambientali variabili presenti al momento della

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nascita, e stiamo approfondendo le nostre conoscenze sul ruolo che l’ambiente e le interazioni gene-ambiente giocano nel nostro sviluppo. Questo studio potrebbe essere l’inizio di una mappatura degli effetti gene-ambiente”. Il team di studiosi americani ha analizzato per 14 anni il vasto database del Columbia Medical Center, prendendo in esame le date di nascita e le anamnesi di 1,7 milioni di pazienti trattati al Presbyterian Hospital di NewYork tra il 1985 e il 2013. Il risultato mostra che ben 55 malattie sarebbero direttamente correlate al mese di nascita. L’argomento era già stato trattato da ricerche precedenti e questo studio ha confermato i 39 collega-

menti già riportati nella letteratura medica, scoprendone altri 16. Tra le malattie associate per la prima volta al mese di nascita, anche quelle cardiache, fatto particolarmente importante in quanto sono tra le prime cause di morte. Tatonetti ha anche spiegato che: “non solo era sorprendente che nessuno avesse ancora studiato la relazione tra le malattie cardiache e il mese di nascita, ma abbiamo trovato più di una associazione con lo stesso trend di aumento del rischio di malattie cardiache per i nati nel tardo inverno e all’inizio della primavera. Questo è indicativo di una relazione meccanicistica, anche se non sappiamo ancora di cosa si tratta”.

Lo studio ha confermato la tendenza a sviluppare asma o problemi respiratori tra i nati a fine estate/inizio autunno, collegato molto probabilmente al fatto che le donne in gravidanza durante l’inverno sono più a rischio di influenza o altre infezioni respiratorie. L’obiettivo ultimo della ricerca è quella di creare una banca dati a livello mondiale che colleghi i fattori ambientali, non solo stagionali (si pensi anche a inquinamento, fumo…), a determinate patologie che possono svilupparsi nei feti. Per questo il team di ricercatori ha avviato collaborazioni con 40 istituzioni per raccogliere dati clinici in maniera anonima da poter analizzare.

La mappa delle anamnesi Se siete curiosi di sapere a quali malattie vi espone maggiormente la vostra data di nascita date un’occhiata allo schema riassuntivo pubblicato nella ricerca. Riassumendo: • I nati a maggio sono i più sani, quelli nati in ottobre i più a rischio. • I nati in luglio e ottobre sono maggiormente a rischio asma. • I bambini che nascono a novembre hanno maggiori probabilità di sviluppare un disturbo da deficit di Attenzione/Iperattività. • Chi nasce a marzo potrebbe sviluppare problemi cardiaci come fibrillazione atriale, insufficienza cardiaca o disturbi della valvola mitrale. • Chi nasce durante l’inverno rischia problemi neurologici. n




Donne e celiachia Per affrontare le incognite di una malattia molto femminile è nato Progetto Donna, guida per sensibilizzare le donne a rischio. I consigli dell’Associazione italiana celiachia di Maria Mazzoli

s

“Soffrono di anemia, hanno avuto qualche problema a diventare mamme, sono giovani ma hanno

già qualche segno di osteoporosi o sono entrate in menopausa troppo presto”. È l’identikit stilato dall’Aic,

l’Associazione italiana celiachia, delle donne che potrebbero soffrire di questa malattia ma che anco-

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ra non lo sanno. Stando alle stime riportate nell’ultima Relazione sulla Celiachia, presentata al Parlamento dal Ministero della Salute, le italiane che ne soffrono sono il doppio degli uomini, un esercito di 400.000 pazienti che però nel 70% dei casi ancora ignorano di non tollerare il glutine. Nel nostro Paese, infatti, appena 115.000 donne hanno ricevuto la diagnosi e tutte le altre, oltre 280.000, sono esposte alle complicanze della celiachia come osteoporosi o menopausa precoce, anemia, problemi di fertilità. Conclusione: la celiachia sembra manifestarsi nel gentil sesso con sintomi del tutto “atipici”, senza generare alcun minimo sospetto. «Due celiaci su tre sono donne, c’è quindi una predilezione nel genere femminile», spiega Marco Silano, Primo ricercatore e direttore del reparto di alimentazione, nutrizione e salute dell’Istituto Superiore di Sanità, nonché coordinatore del board scientifico di Aic. Una tendenza che ha dato vita al Progetto Donna, una guida nata con l’obiettivo di sensibilizzare il mondo femminile a rischio, nel caso specifico, la donna anemica, con osteoporosi precoce, con infertilità. «La sterilità senza altra causa, l’endometriosi, un menarca tardivo o una menopausa precoce, le alterazioni del ciclo e l’amenorrea - sottolinea Silano - sono tutti disturbi frequenti nelle donne celiache non diagnosticate, così come l’anemia da carenza di ferro che

si manifesta alla diagnosi di circa una celiaca su due. Una celiachia non riconosciuta, inoltre, aumenta il rischio di problemi in gravidanza come aborti spontanei ripetuti, ritardo di crescita intrauterino, prematurità, basso peso alla nascita, taglio cesareo. In presenza di queste condizioni è opportuno chiedersi se non si soffra di celiachia e quindi sottoporsi alle indagini cliniche per verificarlo, evitando sia l’autodiagnosi sia di intraprendere una dieta gluten-free senza la certezza della diagnosi». Nei casi specifici sopra citati, con una rimodulazione del regime alimentare che risultati si possono ottenere? «Una dieta senza glutine, permanente e rigorosa, è efficace, nella quasi totalità dei casi, a determina-

Donne celiache non a dieta Pochi dati per comprendere a pieno l’importanza della diagnosi precoce e della dieta nell’universo femminile. Età media menopausa: 48 anni (rispetto a 50). Rischio di frattura per osteopenia/osteoporosi: aumentata di 3,5 volte. Rischio aborto spontaneo: da 3 a 9 volte maggiore.

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re la remissione dei sintomi». Mangiare senza glutine è l’ultima moda in fatto di diete. Cosa comporta eliminarlo dalla tavola senza essere celiaci? «Il glutine fa male solo a chi è celiaco. Chi non lo è non ha nessun motivo per eliminarlo dai pasti. Seguire le tendenze dei vip, di atleti famosi, che mostrano di essere più in forma senza glutine, è sbagliato. La dieta senza glutine, anzi, potrebbe far ingrassare, perché contiene mais e patate, ricche di calorie e con alto indice glicemico. Può essere addirittura pericoloso seguirla senza una diagnosi di celiachia, perché, qualora se ne soffrisse, può celare i veri sintomi e predisporre il soggetto alle complicanze della celiachia. Anche mangiare il glutine ogni tanto è sufficiente per determinare le complicanze della celiachia stessa (come alcuni tipi di neoplasie)». Nel caso si sospettasse di essere celiaci, cosa occorre fare? «Prima di tutto andare dal proprio medico, dire che si pensa di esserlo perché si ha magari un’anemia, ci sente sempre stanca, ecc. Il medico prescriverà delle analisi del sangue specifiche. Se l’esito è positivo, la donna viene inviata ai centri di riferimento regionali per fare ulteriori approfondimenti».



Una guida alla ricerca della celiachia nascosta Progetto Donna dell’Aic nasce con l’obiettivo di far emergere l’iceberg sommerso di pazienti che non tollerano il glutine, perché una volta avuta una diagnosi certa si può stare finalmente meglio: una dieta senza glutine basta quasi sempre a determinare la recessione di tutti i sintomi e permette alla donna di tornare a una normale vita riproduttiva, familiare, sociale e lavorativa. Una guida che, inoltre, offre consigli anche per chi scopre di essere celiaca affrontando la donazione del sangue da cordone ombelicale, un gesto di generosità che anche le donne celiache possono fare, e come gestire il divezzamento (più comunemente detto svezzamento) del proprio bambino a rischio di celiachia. Nella guida sono descritte tutte quelle condizioni per cui una donna dovrebbe sospettare di essere celiaca e rivolgersi al proprio medico curante per eseguire gli accertamenti diagnostici del caso. La diagnosi della celiachia deve essere posta dal medico, ma la consapevolezza dei propri disturbi e una corretta descrizione di questi al curante possono permettere una diagnosi più rapida e precisa. Consultabile direttamente sul sito celiachia.it, un portale utile per trovare tante altre informazioni a proposito, la riportiamo di seguito nei passi salienti.

Fertilità

La sterilità senza altra causa, l’endometriosi, lo sviluppo di menarca tardivo e/o di menopausa precoce, l’amenorrea e le alterazioni del ciclo mestruale sono tutte condizioni frequenti nelle donne celiache non diagnosticate. In presenza di una o più di queste patologie, è opportuno sottoporsi ai test diagnostici, e in caso di esito positivo, iniziare al più pre-

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sto la dieta senza glutine. Questo trattamento determina un miglioramento delle condizioni cliniche, fino al ristabilimento di una normale vita riproduttiva.

Gravidanza

La celiachia non diagnosticata può indurre molte problematiche durante la gravidanza. Alcuni studi riportano che la prevalenza di aborti ripetuti, ritardo di crescita intra-uterino, basso peso alla nascita, prematurità e taglio cesareo è più alta in donne celiache non trattate rispetto a donne non celiache e a donne celiache in rigoroso trattamento dietetico. Infatti, il rischio di queste complicanze della gravidanza si riduce quando viene intrapresa una dieta senza glutine. È stato dimostrato che gli anticorpi anti-transglutaminasi che si producono nella donna celiaca che consuma glutine attaccano la superficie di alcune cellule della placenta, attivando così una risposta immunitaria tra la mamma e il feto. Inoltre, il malassorbimento di ferro, di cui soffrono le celiache non trattate, è causa di una severa anemia in gravidanza quando le richieste di ferro raddoppiano. L’anemia è causa del ritardo nella crescita del feto. Infine, la donna celiaca non trattata va incontro a malassorbimento intestinale che riguarda anche l’acido folico, una vitamina il cui apporto è fondamentale per prevenire lo sviluppo di difetti del sistema nervoso del nascituro. Per la gravità dei disturbi sopra descritti, effettuare i test sierologici di screening della celiachia in tutte le donne che iniziano una gravidanza dovrebbe essere una pratica di routine, per la protezione della coppia mamma-feto.

Anemia

Circa un caso su due di celiachia

si presenta con anemia, cioè livelli di emoglobina nel sangue inferiore ai limiti della norma. La forma più frequente associata alla celiachia non trattata è quella da carenza di ferro (nota anche come anemia sideropenica), dovuta a due fattori: il primo è il malassorbimento intestinale; il secondo è l’infiammazione cronica, che determina la produzione di citochine che a loro volta impediscono la mobilizzazione del ferro dai depositi corporei. Altri fattori che possono contribuire allo sviluppo di anemia nel soggetto celiaco sono il deficit di acido folico e, più raramente, di vitamina B12, necessari alla sintesi dell’emoglobina e dei globuli rossi. La donna celiaca è maggiormente a rischio di sviluppare anemia rispetto all’uomo celiaco in quanto soggetta a fisiologiche perdite di sangue mensili. L’anemia si presenta con pallore cutaneo e delle mucose, debolezza muscolare, facile affaticabilità.

Osteoporosi

L’osteoporosi è una condizione caratterizzata da una diminuzione della massa minerale ossea e da alterazioni dello scheletro. Clinicamente si può manifestare con un’aumentata frequenza di fratture, per lo più spontanee. Normalmente, durante la menopausa la donna è soggetta a sviluppare osteoporosi per la variazione dei livelli ormonali che si verifica in questa fase della vita. Tuttavia l’osteoporosi è frequentemente associata alla celiachia. Infatti, i pazienti celiaci non trattati presentano fratture spontanee anticipate e più frequenti rispetto alla popolazione generale. La correlazione tra osteoporosi e celiachia è dovuta innanzitutto al malassorbimento intestinale del calcio e vitamina D. Inoltre, la pro-



duzione di citochine dovute all’infiammazione intestinale provoca un aumento del riassorbimento di calcio dall’osso. Infine, tra i vari autoanticorpi che si producono nella celiachia, ve ne sono alcuni che inattivano una proteina che serve a favorire il deposito di

calcio sulle ossa. La diagnosi di osteoporosi si effettua mediante mineralometria ossea computerizzata (MOC), un accertamento che permette di misurare la quantità di calcio contenuto nelle ossa. Tale misurazione nella pratica clinica viene effettuata più

frequentemente a livello del femore e del rachide lombare. Da sapere: la dieta senza glutine, la terapia medica e stili di vita adeguati riducono il rischio di fratture nelle pazienti celiache in maniera tanto più efficace quanto più si agisce precocemente.

Mamme celiache: quando dare ai bambini alimenti con il glutine Il divezzamento (o svezzamento) è il periodo durante il quale il bambino passa gradualmente da un’alimentazione esclusivamente a base di latte materno, artificiale (o entrambi) ad una che prevede anche cibi solidi. Solitamente inizia tra il quarto e il sesto mese di vita. Il momento dell’introduzione del glutine in questa fase può influenzare il futuro rischio di sviluppare celiachia, soprattutto nei bambini a rischio familiare. Un recente studio epidemiologico multicentrico italiano, sostenuto da Aic (Associazione italiana celiaci), ha evidenziato che introdurre il glutine a 12 mesi piuttosto che a 6, come avviene di norma, non modifica il rischio globale pur ritardando la comparsa di celiachia; ma potrebbe ridurre il rischio di sviluppare questa

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condizione nei bambini ad alto rischio genetico. Pertanto, l’Aic consiglia alle mamme dei bambini con familiarità per la celiachia di consultare il pediatra per la decisione su quale sia il momento più opportuno per somministrare al proprio bambino alimenti contenenti glutine per la prima volta. Questo stesso studio, inoltre, ha confermato che l’allattamento al seno non protegge dallo sviluppo futuro di celiachia. Allattare al seno il più a lungo possibile è importante per molti vantaggi che così si offrono al proprio piccolo. Tuttavia le mamme che per diversi motivi non riescono a farlo, non devono pensare che la mancanza di latte materno possa essere una causa dello sviluppo della celiachia.



La dieta del celiaco La gestione “alimentare” del celiaco, come abbiamo visto fin qui, può essere molto complicata, ma anche molto facile se ci si abitua a mangiare solo ciò che è consigliato e se ci si rivolge ai tanti prodotti senza glutine disponibili in Far-

macia (pasta, biscotti, pane, pizza, merendine e persino panettone). Per capire ancora meglio di cosa parliamo ecco un dettagliato elenco di cibi proibiti, sconsigliati o permessi secondo il sito www.celiachia.it.

Alimenti permessi: alimenti che possono essere consumati liberamente, in quanto naturalmente privi di glutine o appartenenti a categorie alimentari non a rischio per i celiaci, poiché nel corso del loro processo produttivo non sussiste rischio di contaminazione crociata. Questi prodotti non sono inseriti nel Prontuario AIC degli Alimenti. Alimenti a rischio: alimenti che potrebbero contenere glutine in quantità superiore ai 20 ppm o a rischio di contaminazione e per i quali è necessario conoscere e controllare l’ingredientistica ed i processi di lavorazione. Alimenti vietati: alimenti che contengono glutine e pertanto non sono idonei ai celiaci. Tali alimenti, ovviamente, non sono inseriti nel Prontuario.

Cereali, Farine e derivati

Riso in chicchi Mais (granoturco) in chicchi Grano saraceno in chicchi Amaranto in chicchi Manioca Miglio in semi Quinoa in semi Sorgo in chicchi Teff in chicchi Prodotti sostitutivi presenti nel registro del Ministero della Salute Farine, fecole, amidi (es. maizena), semole, semolini, creme e fiocchi dei cereali permessi Farina per polenta precotta ed istantanea, polenta pronta Malto, estratto di malto dei cereali permessi Estratto di malto dei cereali vietati Tapioca Amido di frumento deglutinato (unicamente come ingrediente dei prodotti dietetici senza glutine appovati dal Ministero della Salute) Prodotti per la prima colazione a base di cereali permessi (soffiati in fiocchi, muesli) Cialde, gallette dei cereali permessi Crusca dei cereali permessi Fibre vegetali e dietetiche Popcorn confezionati Risotti pronti (in busta, surgelati, aromatizzati) Tacos, tortillas, couscous da cereali permessi Prodotti sostitutivi (es. mix di farine, pane o sostituti del pane, pasta) Frumento (grano), segale, orzo, avena, farro, spelta, kamut, triticale, monococco Farine, amidi, semola, semolini, creme e fiocchi dei cereali vietati Paste, paste ripiene, gnocchi di patate, gnocchi alla romana, pizzoccheri, crepes (preparati con i cereali vietati)

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Pane e prodotti sostitutivi da forno, dolci e salati, preparati con i cereali vietati (pancarrè, pan grattato, focaccia, pizza, piadine, panzerotti, grissini, crackers, fette biscottate, taralli, crostini, salatini, cracotte, biscotti, merendine, pasticcini, torte) Germe di grano Couscous (da cereali vietati), tabulè, bulgur (boulgour/burghul), seitan, frik, cracked grano, greunkern, greis Crusca dei cereali vietati Malto dei cereali vietati Prodotti per prima colazione a base di cereali vietati (soffiati, in fiocchi, muesli, porridge) Polenta taragna(se la farina di grano saraceno è miscelata con farina di grano).

Carne, Pesce e Uova

Tutti i tipi di carne, pesce, molluschi e crostacei tal quali (freschi o congelati) non miscelati con altri ingredienti Pesce conservato: al naturale, sott’olio, affumicato, privo di additivi, aromi e altre sostanze (ad esclusione dei solfiti) Uova (intere, tuorli o albumi) liquide, pastorizzate, prive di additivi, e altre sostanze (non aromatizzate) Prosciutto crudo Lardo di Colonnata IGP e d’Arnad DOP Salumi (bresaola, coppa, cotechino, mortadella, pancetta, prosciutto cotto, salame, salsiccia, speck, würstel, zampone, ecc.) Conserve di carne (carne in scatola, in gelatina), pesce, prosciutto Hamburger Pesce conservato: al naturale, sott’olio, affumicato, addizionato di altre sostanze (a esclusione dei solfiti) Omogeneizzati di carne, pesce, prosciutto Piatti pronti o precotti a base di carne

o pesce Uova (intere, tuorli o albumi): liquide, pastorizzate, aromatizzate, in polvere Surimi Carne o pesce impanati (cotoletta, bastoncini, frittura di pesce, ecc.) o infarinati o miscelati con pan grattato (hamburger, polpette ecc.) o cucinati in sughi e salse addensate con farine vietate

Latte, Latticini, Formaggi e sostitutivi vegetali

Latte fresco (pastorizzato) ed a lunga conservazione (UHT, sterilizzato, ad alta digeribilità) non addizionato di vitamine, aromi o altre sostanze Latte per la prima infanzia (0-12 mesi) Latte fermentato, probiotici (contenenti unicamente latte, yogurt, zucchero e fermenti lattici) Yogurt naturale (magro o intero) Yogurt bianco cremoso senza aggiunta di addensanti, aromi o altre sostanze (contenenti unicamente latte, zucchero e fermenti lattici) Yogurt greco (contenenti unicamente latte, zucchero e fermenti lattici) non addizionato di aromi o altre sostanze Panna fresca (pastorizzata) e panna a lunga conservazione (UHT) non miscelata con altri ingredienti, a esclusione di carragenina (E 407) Formaggi freschi e stagionati Panna a lunga conservazione (UHT) condita (ai funghi, al salmone, ecc.), panna montata, panna spray, panna vegetale Yogurt alla frutta “al gusto di...”, cremosi Yogurt bianco cremoso con aggiunta di addensanti, aromi o altre sostanze Yogurt greco con aggiunta di addensanti, aromi o altre sostanze Yogurt di soia, riso Formaggi a fette, fusi, light, spalmabili, grattuguiati, vegetali (es. tofu) Creme, budini, dessert, panna cotta



a base di latte, soia, riso Latte in polvere Latte condensato Latte addizionato/arricchito con fibre, cacao, aromi o altre sostanze (ad eccezione di vitamine e/o minerali) Latte di crescita (1-3 anni) Bevande a base di latte, soia, riso, mandorle Omogeneizzati di formaggio Piatti pronti a base di formaggio impanati con farine vietate Yogurt al malto, ai cereali, ai biscotti Latte ai cereali, ai biscotti Bevande a base di avena

Verdura e Legumi

Tutti i tipi di verdura tal quale (fresca, essiccata, congelata, surgelata, liofilizzata) Verdure, funghi conservati (in salamoia, sott’aceto, sott’olio, sotto sale) se costituiti unicamente da: verdure e/o funghi, acqua, sale, olio, aceto, zucchero, anidride solforosa, acido ascorbico, acidi citrico Funghi freschi Tutti i legumi tal quali (freschi, secchi e in scatola): o costituiti unicamente da acqua, sale, zucchero, anidride solforosa, acido ascorbico, acido citrico, concentrato di pomodoro, carrube, ceci, fagioli, fave, lenticchie, lupini, piselli, soia Preparati per minestrone (surgelati, freschi, secchi) costituiti unicamente da ortaggi tal quali Preparati per minestrone costituiti da ortaggi e miscelati con altri ingredienti Passate di verdura Zuppe e minestre con cereali permessi Patatine confezionate in sacchetto (snack) Piatti pronti a base di verdura surgelata precotta (es. verdure e formaggio) Purè istantaneo o surgelato Patate surgelate prefritte, precotte Verdure conservate e miscelate con altri ingredienti Omogeneizzati di verdure Verdure (minestroni, zuppe, ecc.) con cereali vietati Verdure impanate, infarinate, in pastella con ingredienti vietati

Frutta

Tutti i tipi di frutta tal quale (fresca e surgelata) Tutti i tipi di frutta secca con e senza guscio (tostata, salata anche se addizionata di oli vegetali) Frutta disidratata, essiccata non infarinata (datteri, prugne secche, uva sultanina, ecc.) Frutta sciroppata Frutta candita, glassata, caramellata Frullati, mousse e passate di frutta costituiti unicamente da frutta, zucchero, acido ascorbico (E300 o

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vitamina C) e acido citrico (E330) Frullati, mousse e passate di frutta miscelati con altri ingredienti Omogeneizzati di frutta Frutta disidratata infarinata (fichi secchi, ecc.)

Bevande

Nettari e succhi di frutta non addizionati di vitamine o altre sostanze (conservanti, additivi, aromi, coloranti, ecc.), a esclusione di: acido ascorbico (E300) o vitamina C, acido citrico (E330) e sciroppo di glucosio o di glucosio-fruttosio Bevande gassate e frizzanti (aranciata, cola, ecc.) Bustina, filtro di: caffè, caffè decaffeinato, camomilla, tè, tè deteinato, tisane Vino, spumante Caffè, caffè decaffeinato, caffè in cialde Distillati (cognac, grappa, rhum, tequila, whisky, gin, vodka) non addizionati di aromi o altre sostanze Bevande light Bevande a base di frutta Bevande a base di latte, soia, riso, mandorle Birre da cereali consentiti e alcune tipologie di birra da malto d’orzo e/o frumento Caffè solubili Bevande al gusto di caffè al ginseng Bevande alcoliche addizionate con aromi o altre sostanze (es. liquori, distillati addizionati con altre sostanze) Cialde per bevande calde Frappè (miscele già pronte) Integratori salini (liquidi, in polvere) Nettari e succhi di frutta addizionati di vitamine o altre sostanze Preparati per bevande al cioccolato/cacao, cappuccino Sciroppi per bibite e granite. The, camomilla, tisane (liquidi e preparati in polvere) Effervescenti per bevande Caffè solubile o surrogati del caffè contenenti orzo o malto Bevande contenenti malto, orzo, segale (orzo solubile e prodotti analoghi) Bevande all’avena Birra da malto d’orzo e/o di frumento

Dolciumi

Miele, zucchero (bianco e di canna) Radice di liquirizia grezza Maltodestrine e sciroppi di glucosio, incluso il destrosio anche di derivazione da cereali vietati Fruttosio puro Marmellate e confetture Marrons Glacees Zucchero a velo, aromatizzato Dolcificanti Cioccolato (con e senza ripieno), creme

spalmabili al cioccolato e/o alla nocciola Cacao in polvere Gelati industriali o artigianali, semilavorati, per gelati casalinghi/gelateria Caramelle, canditi, confetti, gelatine, chewing gum Torrone, croccante Pasta di zucchero, marzapane Decorazioni per dolci (praline, codette, coloranti alimentari) Cioccolato con cereali Torte, biscotti e dolci preparati con farine vietate e/o ingredienti non idonei

Grassi, Condimenti e varie

Burro, lardo da cucina, strutto e burro di cacao Oli vegetali Aceto Balsamico tradizionale DOP: di Modena, Reggio Emilia; Aceto Balsamico di Modena IGP Aceto di vino non aromatizzato Aceto di mele Passata di pomodoro, pomodori pelati e concentrato di pomodoro non miscelati con altri ingredienti ad esclusione di acido ascorbico (E300) e acido citrico (E330) Pappa reale, polline Pepe, sale, zafferano, spezie ed erbe aromatiche tal quali Estratto di lievito Lievito fresco, liofilizzato, secco (di Birra) Agar Agar in foglie Succo di limone non addizionato di altri ingredienti (ad eslusione di metabisolfiti e olio essenziale) Aceto aromatizzato, condimento balsamico (aceto balsamico non DOP non IGP) Besciamella Burro light, margarina e margarina light Condimenti a composizione non definita Sughi (ragù, pesto, ecc.) pronti Salse (maionese, senape, ketchup), paté, pasta d’acciughe Mostarda Dadi, preparati per brodo, estratti (di carne e vegetali) Insaporitori aromatizzanti Agar Agar in polvere, in barrette Aromi-vanillina Colla di pesce Gelatina alimentare Lievito chimico (agenti lievitanti) Lievito fresco liquido di Birra Lecitina di soia Miso, tamari, salsa di soia Curry Tofu Lievito naturale o lievito madre o lievito acido Seitan

Integratori alimentari Integratori alimentari. n




L’aiuto della vitamina D

Il suo fenomenale apporto alla salute è legato non solo alle patologie ossee ma anche a quelle di natura neurologica, immunitaria e cardiaca di Francesca Aquino

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Che l’apporto vitaminico fosse fondamentale per la nostra salute e il funzionamento dell’organismo, non è certo una novità. Ma su una vitamina in particolare, e sulle sue carenze soprattutto, si sa ancora poco. Stiamo parlando della vita-

mina D, scoperta nel 1919 quando lo studioso Huldschinsky evidenziò che bambini affetti da rachitismo guarivano se esposti alla luce ultravioletta. Da allora associamo questo gruppo vitaminico (D1, D2, D3, D4 e

D5) al sole e ai suoi effetti benefici soprattutto su ossa e muscoli, ma recentemente sono state individuate altre importanti proprietà della vitamina D. La carenza di vitamina D, infatti, è stata associata a patologie di

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natura neurologica, immunitaria e cardiaca e va ricordato come questa non si produca solo attraverso l’esposizione al sole, ma anche per mezzo di una dieta equilibrata che preveda l’assunzione di pesce (es. olio di fegato di merluzzo, aringa, salmone, sardina), latticini e derivati, rosso d’uovo e fegato. Ecco perché, in ambito alimentare, i più a rischio carenza sono i vegani, che non introducono nella propria dieta nessun alimento di origine animale, latticini e uova compresi. Il professor Pierluigi Meroni, direttore del Dipartimento di Reumatologia dell’Istituto Ortopedico

Gaetano Pini e della Scuola di Specializzazione di Reumatologia dell’Università degli Studi di Milano spiega: “Per troppo tempo si è pensato che la vitamina D potesse dare un contributo solo alle patologie ossee; studi internazionali attuali hanno invece dimostrato che sono possibili nuove applicazioni ad alto beneficio anche in altri ambiti e utilizzi farmacologici innovativi. Gli studi hanno confermato come la Vitamina D riesca anche a modulare le risposte immuni. Patologie quali malattie cardiovascolari, depressione, schizofrenia, malattie intestinali e infiammatorie trattate anche con

Vitamina D hanno dato esiti positivi”. “Un deficit di Vitamina D nel tessuto muscolare - sottolinea un altro esperto, il professor Alberto Panerai del dipartimento di Scienze Farmacologiche e Biomolecolari dell’Istituto Pini - produce una debolezza muscolare che aumenta il rischio di cadute; un deficit, relativo o assoluto, di Vitamina D è stato posto in relazione con diversi tipi di neoplasie, colon, pancreas, prostata, ovaio, mammella; al linfoma di Hodgkin e all’aumentato rischio di malattie autoimmuni come sclerosi multipla, artrite reumatoide, diabete mellito

Tutti i rischi da carenza Una carenza di vitamina D mette a rischio tutto il nostro organismo. Nel dettaglio, tra le conseguenze più note di una bassa assunzione di questa vitamina troviamo: 1) Patologie ossee. Nei bambini una delle conseguenze più gravi e note della carenza di vitamina D è rappresentata dal rachitismo. Ecco perché è fondamentale che le donne durante la gravidanza e l’allattamento presentino livelli adeguati di vitamina D. Negli adulti la carenza di vitamina D può portare a deformazione delle ossa, inarcamenti anomali a livello degli arti inferiori e della colonna vertebrale.

di Alzheimer, con particolare riferimento alle popolazioni che vivono in aree poco soleggiate. 4) Patologie cardiache. Secondo uno studio pubblicato sulla rivista “Medicine” da un gruppo di ricercatori del Centro Cardiologico Monzino di Milano una carenza di vitamina D peggiorerebbe esiti e conseguenze dei problemi cardiaci, in particolare dell’infarto. Gli esperti hanno scoperto che l’80% dei pazienti analizzati in seguito a infarto mostravano un deficit parziale o totale di vitamina D.

5) Depressione. Nei Paesi nordici dove l’esposizione al sole è scarsa per diver2) Malattie autoimmuni. Alcuni esempi si mesi durante l’anno sono stati rilevasono l’artrite reumatoide, il Lupus e il dia- ti numerosi casi di depressione, alcuni bete di tipo 1. particolarmente gravi e legati al rischio di suicidio. Si ipotizza che simili condizio3) Patologie cognitive. Uno studio con- ni possano essere legate anche ad una dotto recentemente in Scozia ha messo carenza di vitamina D e alla sua funzioin correlazione la carenza di vitamina ne di stimolo per la produzione di serotoD all’aumento del rischio di ammalarsi nina, l’ormone della felicità.

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di tipo I”. Come fare per non rischiare una carenza da vitamina D? Oltre all’esposizione ai raggi solari ultravioletti (spesso definiti dannosi, ma fondamentali per la produzione di questa importante vitamina) e all’alimentazione, possiamo rivolgerci agli integratori, nelle dosi consigliate dal medico, secondo parametri come sesso, età e stile di vita. Ad esempio si consiglia un’integrazione alle donne in gravidanza o durante l’allattamento, ai bambini piccoli a rischio di rachitismo e agli anziani per prevenire l’osteoporosi. Una strada obbligata nelle carenze importanti, visto che il contenuto di vitamina D in numerosi cibi, come vedremo, è così scarsa che bisognerebbe mangiarne in quantità troppo elevata.

Per accertare i corretti livelli di vitamina D basta un semplice esame del sangue Per essere più chiari: per garantirci la salute delle nostre ossa (e non solo), fino a 50 anni la dose giornaliera è di 400-800 unità internazionali, pari a 0,4-0,8 grammi, di vitamina D3 (colecalciferolo), la forma di vitamina D più utile all’assorbimento del calcio nelle ossa. Dai 50 anni in poi occorre arrivare a 1 grammo, più o meno un litro e mezzo di latte o sette vasetti di yogurt... di sicuro si può però fare riferimento a molti alimenti, a partire dall’olio di fegato di merluzzo, passando per pesci come aringa, tonno, anguilla, trota, salmone, sgombro, al tuorlo d’uovo e persino funghi porcini,

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succo d’arancia, uova, fegato e formaggi. Ma come facciamo a capire se non produciamo o assumiamo abbastanza vitamina D? Tra i sintomi più comuni che indicano uno stato di carenza troviamo: dolori alle ossa e debolezza muscolare, ma anche umore altalenante, tristezza immotivata (legata spesso a bassi livelli di serotonina, “l’ormone della felicità” anch’esso legato all’esposizione al sole), sudorazione delle mani apparentemente inspiegabile... fino a problemi cardiaci, asma

(soprattutto nei bambini) e disturbi cognitivi negli anziani. Per accertare i nostri livelli di vitamina D basta un semplice esame del sangue che quantifica i livelli di 25 (OH) D presenti esprimendone la concentrazione o in nanogrammi per millilitro (ng/ml). Gli intervalli di misurazione sono i seguenti: • Carenza: <20 ng/ml • Insufficienza: 20-30 ng/ml • Sufficienza: >30 ng/ml • Eccesso: >100 ng/ml • Intossicazione: >150 ng/ml.

In mancanza di sole Per evitare il rischio di carenza di vitamina D, gli esperti raccomandano un’esposizione alla luce del sole di almeno 20 minuti al giorno. Purtroppo al giorno d’oggi molti di noi sono costretti a vivere e lavorare in locali chiusi (a volte anche di notte) ed indossare abiti che impediscono l’esposizione della pelle ai raggi solari. Pensiamo ad esempio ai lavoratori notturni, ai turnisti, a chi viaggia molto per lavoro (i vetri dei finestrini, infatti, non lasciano filtrare i raggi Uv) o chi vive in zone del mondo che raramente sono irradiate dal sole. Tutto questo ha portato a riscontrare un forte aumento nella diffusione delle malattie autoimmuni quali: psoriasi, vitiligine, ma anche colite e molte altre legate alla carenza di Vitamina D. Come correre ai ripari nel caso in cui il nostro lavoro o stile di vita ci impedisca la sufficiente esposizione al sole? Oltre alle cure integrative e alimentari di vitamina D, da alcuni anni sono disponibili trattamenti di fototerapia Uvb a banda stretta, una radiazione che regola l’attività immunitaria, già ben conosciuta in ambito dermatologico, per riportare il livello di Vitamina D nella normalità, e fornire dunque una risposta immunitaria adeguata. Questi trattamenti sono possibili sia in centri professionali che con l’uso di apparecchiature domiciliari, dietro prescrizione medica. n




INSERTO GOLD OTTOBRE 2015

Occhio all’ etichetta Come interpretare le informazioni contenute sugli alimenti, dal peso alla presenza di additivi e allergeni, fino alle modalità di conservazione e alla interpretazione della data di scadenza

a cura della redazione di Optima Salute

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L’etichetta è un vero e proprio biglietto da visita dei prodotti alimentari, ma non sempre è facile decifrarla, tra caratteri minuscoli e indicazioni poco chiare. Eppure è uno strumento fondamentale per assicurare al consumatore una scelta d’acquisto informata e consapevole. Insomma, che possiate dedicare tempo e pazienza ai vostri acquisti, che siate di corsa, che amiate cucinare o che compriate il primo piatto pronto che vi


capiti sott’occhio giusto per non saltare il pasto, chi di voi legge e soprattutto sa capire che cosa dice l’etichetta di un alimento? Finché acquistiamo alimenti semplici e di base, la questione non si pone. L’indicazione degli ingredienti contenuti in un prodotto alimentare confezionato è obbligatoria, deve essere presente, sempre e ben visibile, sulla confezione. Un sacchetto di farina contiene solo farina, su questo siamo piuttosto sicuri, e tranquilli. Ma come debbono essere le informazioni di prodotti più complessi? L’operazione di trasparenza messa in atto a livello europeo ha prodotto un regolamento in materia cui tutti gli operatori si sono obbligatoriamente adeguati dalla fine del 2014. Per quanto concerne gli ingredienti, l’ordine in cui appaiono in etichetta non è assolutamente casuale, ma è decrescente in relazione al peso. Quindi il primo alimento indicato è quello quantitativamente più rappresentato e via via seguiranno gli altri. Per fare un esempio pratico, su una confezione di biscotti al miele gli ingredienti sono: farina di grano tenero, uova, miele, zucchero; sarà quantitativamente più presente il miele che lo zucchero. Un occhio di riguardo va anche rivolto alle preposizioni, perché la grammatica è importante! Se leggete un’etichetta che riporta la dicitura “gnocchi di patate”, le patate sono, effettivamente, l’ingrediente principale. Ma se la scritta riporta “gnocchi con patate”, è molto probabile che al primo posto troverete farina di grano tenero, e poi le patate. Vediamo nel dettaglio che cosa è bene sapere per orientarsi fra le varie etichette. Anzitutto si chiede un’assoluta chiarezza del testo e l’espresso divieto di qualunque tipo d’illusione qualitativa e nutrizionale. I requisiti da garantire tramite l’etichetta alimentare sono dunque: chiarezza, leggibilità (tipografia e dimensioni), facilità di lettura (grafica) e indelebilità. Ma andiamo per ordine:

1) Quantità. Indica la quantità netta di prodotto, mi-

surata in volume per liquidi (litri, centilitri) e in massa per gli altri prodotti.

2) Denominazione. É la descrizione del prodotto: gli può essere anche dato un nome di fantasia, ma deve comunque comparire la denominazione univoca (maionese, farina 00, ecc.) in modo che l’acquirente non sia tratto in inganno. Deve comprendere informazioni relative alle condizioni fisiche del prodotto alimentare o al trattamento specifico che ha subito (prodotto in polvere, congelato, concentrato, affumicato, ecc.). Se il prodotto ha subito un trattamento ionizzante, occorre indicarlo. 3) Ingredienti. È l’elenco di tutte le sostanze impiegate nella produzione, in ordine decrescente di peso

(fanno eccezione i preparati a base di frutta o verdura mista), compresi quelli che possono provocare reazioni allergiche (p. es. noccioline, latte, uova, pesce). Per quanto riguarda gli ingredienti descritti con la denominazione del prodotto (p. es. “minestra di pomodoro”), con immagini o con parole (ad esempio: “con fragole”), o che sono essenziali per caratterizzare un prodotto alimentare (p. es. % di carne presente nel “Chili con carne”), occorre indicarne anche la percentuale. Una delle novità più importanti riguarda l’indicazione degli allergeni (cioè sostanze solitamen-


te innocue per la maggior parte delle persone, ma che nei soggetti allergici può produrre manifestazioni allergiche di varia natura) che deve essere evidenziata con carattere diverso rispetto agli altri ingredienti per dimensioni, stile o colore, in modo da permettere di visualizzarne rapidamente la presenza. Anche i prodotti sfusi devono riportare obbligatoriamente l’indicazione della presenza degli allergeni che troveremo segnalata anche sui prodotti somministrati nei ristoranti, mense, bar ecc. Nel caso di presenza di “oli vegetali” o “grassi vegetali” ci sarà un apposito elenco che ne indicherà l’origine specifica (es. olio di palma, olio di cocco, grassi idrogenati ecc.). Gli allergeni sono: cereali contenenti glutine (grano, segale, orzo, avena, farro); crostacei e prodotti a base di crostacei, uova e prodotti a base di uova, pesce e prodotti a base di pesce, arachidi e prodotti a base di arachidi, soia e prodotti a base di soia, latte e prodotti a base di latte. Inoltre la frutta a guscio: mandorle, nocciole, noci, noci di acagiù, noci di pecan, noci del Brasile, pistacchi, noci macadamia e i loro prodotti. Inoltre: sedano e prodotti a base di sedano, senape e prodotti a base di senape, semi di sesamo e prodotti a base di semi di sesamo, anidride solforosa e solfiti, lupini e prodotti a base di lupini, molluschi e prodotti a base di molluschi.

4) Scadenza, conservazione e utilizzo. Le date che corrispondono alle indicazioni “da consumarsi entro” e “da consumarsi preferibilmente entro” indicano per quanto tempo l’alimento rimane fresco e può essere consumato senza alcun rischio. • “Da consumarsi entro” viene utilizzato per alimenti che si degradano facilmente (p. es. carni, uova, latticini). Tutti i prodotti freschi confezionati hanno una data di scadenza preceduta dalla dicitura “da consumarsi entro”. Dopo la data indicata i prodotti non devono essere consumati poiché possono causare intossicazioni alimentari. • “Da consumarsi preferibilmente entro” si usa per gli alimenti che possono essere conservati più a lungo (p. es. cereali, riso, spezie). Non è pericoloso consumare un prodotto dopo la data indicata, ma l’alimento può aver perso sapore e consistenza.

5) Fabbricante/Importatore. Il nome e l’indirizzo del fabbricante, del confezionatore o dell’importatore devono essere chiaramente indicati sulla confezione in modo che il consumatore sappia chi contattare in caso di reclamo o per ottenere ulteriori informazioni sul prodotto. 6) Lotto di appartenenza. É determinato dal produttore o dal confezionatore del prodotto alimentare. Esso è preceduto dalla lettera “L”, salvo si indichi la data di scadenza con la menzione almeno del giorno

e del mese. Il Codice lotto può essere il giorno di scadenza oppure un codice alfanumerico che consenta, comunque, di risalire in modo inequivocabile al giorno di produzione e alle materie prime impiegate. Il Lotto è indispensabile per gli obiettivi della tracciabilità nei casi in cui sia necessario ritirare dal mercato i prodotti alimentari non conformi al consumo umano.

7) Prodotto biologico o meno. L’uso del termi-

ne “biologico” sulle etichette è sottoposto a una rigorosa normativa comunitaria. La denominazione è permessa soltanto con riferimento a metodi specifici di produzione alimentare conformi a standard elevati di protezione dell’ambiente e di benessere degli animali. Il logo europeo “agricoltura biologica regime di controllo CE” può essere usato dai produttori che rispettano i requisiti richiesti.

8) OGM. L’indicazione sull’etichetta è obbligatoria per i prodotti che hanno un contenuto di OGM superiore allo 0,9 %. Tutte le sostanze di origine OGM devono essere indicate nell’elenco degli ingredienti con la dicitura “geneticamente modificato”. 9) Origine. L’indicazione del paese o della regione d’origine è obbligatoria per alcune categorie di prodotti quali la carne, la frutta e la verdura. È inoltre obbligatoria se il nome commerciale o altri elementi sull’etichetta, quali un’immagine, una bandiera, o il riferimento ad una località possono indurre in errore il consumatore sull’esatta origine del prodotto.

10) Indicazione del valore nutritivo. Descrive il valore energetico nonché gli elementi nutritivi di un prodotto alimentare (p. es. proteine, grassi, fibre, sodio, vitamine e minerali). Queste informazioni devono essere fornite nel caso in cui al prodotto sia associata un’indicazione nutrizionale. Sono obbligatorie indicazioni su: valore energetico, grassi, acidi grassi saturi, carboidrati, zuccheri, proteine e sale. La dichiarazione nutrizionale può essere integrata con l’indicazione su acidi grassi monoinsaturi, acidi grassi polinsaturi, polioli, amido, fibre. L’indicazione del valore energetico è riferita a 100 g/100 ml dell’alimento, oppure alla singola porzione. Il valore energetico è espresso come percentuale delle assunzioni di riferimento per un adulto medio ossia circa 2000 kcal al giorno. 11) Modalità di conservazione/utilizzazione. Si trovano solo sui prodotti che necessitano di particolari accorgimenti (ad esempio il latte). Laddove presenti, è importante rispettarle per preservare intatte tutte le caratteristiche organolettiche e nutrizionali dell’alimento.


Indicazioni complementari Oltre a quanto già visto ci sono altri elementi da tener in considerazione affinché si possano scegliere i prodotti in modo davvero consapevole, senza perdere di vista la sana alimentazione.

Caffeina

I prodotti con un quantitativo di caffeina superiore a 150 mg/l che non siano tè o caffè, oltre all’indicazione “tenore elevato di caffeina”, riporteranno la dicitura “Non raccomandato per bambini e donne in gravidanza o nel periodo di allattamento”.

Steroli vegetali

Gli alimenti con aggiunta di fitosteroli e fitostanoli riporteranno la dicitura “addizionato di steroli vegetali” o “addizionato di stanoli vegetali”. Sarà evidenziato che l’alimento è destinato esclusivamente a coloro che intendono ridurre il livello di colesterolo nel sangue. Inoltre, verrà indicato che il prodotto potrebbe non essere adeguato per le donne in gravidanza, in allattamento e i bambini di età inferiore a cinque anni.

Liquirizia

I dolciumi o bevande ai quali viene aggiunta la liquirizia ad una concentrazione pari o superiore a 100mg/ kg o 10mg/l, riporteranno la dicitura “contiene liquirizia” subito dopo l’elenco degli ingredienti.

Senza zucchero

Questo slogan spesso ci attrae ma può anche ingannarci. Se infatti prestassimo maggiore attenzio-

ne a quanto riportato nelle etichette, ci renderemmo conto che prodotti che si dichiarano senza zucchero (e quindi senza saccarosio, il comune “zucchero da tavola” composto da una molecola di glucosio e una di fruttosio), in realtà possono contenere sciroppo di glucosio, di fruttosio, di cereali, amidi di mais, maltosio, che innalzano i livelli di glucosio nel sangue (la glicemia) con conseguenze liberazione di insulina (l’ormone che regola il flusso di glucosio all’interno delle cellule) con un comportamento analogo (anche se a volte in misura superiore o inferiore) al saccarosio. Impariamo a preferire ad esempio i prodotti dolcificati con succo di mele o d’uva!

Dietetico/Light/Senza calorie

Con queste diciture si distinguono gli alimenti che presentano un quantitativo ridotto di grassi in generale o di colesterolo, oppure di zucchero (saccarosio). Dietro a queste diciture può nascondersi però il ricorso a sostanze additive senza significato nutrizionale, come emulsionanti, dolcificanti sintetici (o edulcoranti), addensanti o conservanti. Impariamo quindi a leggere attentamente l’etichetta soprattutto se il prodotto è destinato all’alimentazione infantile, per la quale i cibi light possono essere utilizzati solo dietro controllo medico.

Oli e grassi

La dicitura “oli e grassi” deve per legge essere sempre abbinata alla tipologia utilizzata. Prestiamo grande attenzione a quanto riportato nell’etichetta quindi e optiamo per prodotti che utilizzano i grassi migliori, l’olio d’oliva e il burro, piuttosto che indistinti grassi o oli vegetali, grassi idrogenati o parzialmente idrogenati, margarina, oli di semi senza specificazione o di colza, mais, soia, macadamia, strutto, sego.

Immagine sulla confezione

Quella presente sul fronte della confezione può spesso essere rappresentativa ed evocativa del prodotto, aspetto che viene comunque precisato con la dicitura “L’immagine ha il solo scopo di presentare il prodotto”.

Materiale e smaltimento

Anche a tavola occorre un occhio di riguardo per il nostro prezioso ambiente: leggiamo bene le indicazioni sul materiale utilizzato per le confezioni/imballaggi (AL alluminio, CA cartone, ACC acciaio, PE plastica, PS polistirolo, VE vetro ecc.) e facciamoci guidare anche dai simboli e dai pittogrammi spesso presenti per aiutare il consumatore a smaltire e differenziare in modo “ecologico” il rifiuto.


Una guida per riconoscere gli additivi parirebbe come un ammasso grigiastro di liquido e grasso; le caramelle sarebbero bianche o traslucide; le patatine senza gli antiossidanti non rimarrebbero croccanti a lungo; la birra industriale senza lo stabilizzatore di schiuma non farebbe alcuna schiuma nel bicchiere; molti altri alimenti sarebbero insapori e avrebbero un aspetto tutt’altro che appetitoso. Quando sull’etichetta di un prodotto compare la lettera “E” seguita da un numero a 3 cifre, per esempio E212, significa che quel prodotto contiene un additivo chimico autorizzato dall’Unione Europea, nel caso specifico un conservante (il benzoato di potassio). Gli additivi alimentari sono classificati in diverse categorie, in base alla loro funzione. Ci sono sostanze che impediscono agli alimenti di deteriorarsi, quali conservanti e antiossidanti. Ci sono additivi che modificano il gusto, il colore e la consistenza dei cibi, come gli emulsionanti e gli stabilizzanti, aggiunti prevalentemente per non far separare gli ingredienti tra di loro (per esempio la lecitina, E322, emulsionante) e per mantenerne la consistenza. Poi vi sono gli addensanti, gli edulcoranti per dare al cibo il sapore dolce, e gli esaltatori di sapidità. Solo a pochi alimenti non è consentito addizionare additivi: olio extravergine di oliva, latte fresco pastorizzato, yogurt al naturale, zucchero, miele, paste alimentari secche. In generale, gli alimenti che più necessitano di additivi sono quelli che hanno subito molte lavorazioni e processi tecnologici.

Le sigle di quelli autorizzati

Gli additivi autorizzati sono contrassegnati da una sigla numerica preceduta dalla lettera “E” e sono classificati in base alla loro funzione

Come sappiamo, più elaborato è l’alimento che mettiamo nel carrello, e più numerosi possono essere non solo gli ingredienti che lo compongono, ma anche possibili sostanze aggiunte, come per esempio gli additivi, che vengono utilizzati dall’industria alimentare per mantenere il più possibile intatte le qualità nutrizionali dei cibi, per poterli conservare più a lungo e per rendere l’aspetto degli alimenti più invitante per il consumatore. Molti alimenti a noi familiari ci apparirebbero diversissimi se non fossero presenti gli additivi: per esempio le bevande analcoliche, senza i coloranti, apparirebbero incolori; il budino senza gelificanti sarebbe liquido; la margarina senza coloranti ed emulsionanti ci ap-

Numero di autorizzazione

Tipo di sostanza

da E100 a E199 da E200 a E299 da E300 a E399

Coloranti Conservanti Antiossidanti e regolatori di acidità Addensanti, stabilizzanti ed emulsionanti Altri additivi che agiscono correggendo l’acidità ed evitando l’agglomerazione Esaltatori di sapidità Additivi vari con funzioni diverse, tra cui gli edulcoranti

da E400 a E499 da E500 a E599

da E600 a E699 da E900 a E999


Etichette leggibili senza lente d’ingrandimento Il regolamento interviene sulle modalità in cui le informazioni vengono fornite. Alla leggibilità delle informazioni in etichetta concorrono diversi fattori, tra cui “le dimensioni del carattere, la spaziatura tra lettere e righe, lo spessore, il tipo di colore, la proporzione tra larghezza e altezza delle lettere, la superficie del materiale nonché il contrasto significativo tra scritta e sfondo”. Tutto quello che dovrebbe servire a non fare la spesa con la lente d’ingrandimento. La grande novità è infatti costituita dall’altezza minima dei caratteri delle informazioni obbligatorie in etichetta, fissata in 1,2 millimetri (riferita alla lettera “x” minuscola) e di 0,9 mm per le confezioni più piccole (la cui superficie più ampia è inferiore a 80 cmq). Inoltre, le informazioni obbligatorie devono essere posizionate in un punto evidente, chiaramente leggibili, e altri elementi non devono né nasconderle, né distogliere l’attenzione del consumatore.

Il boom dei prodotti bio: regole di produzione e vendita Mangiare bio è diventato finalmente una realtà consolidata, dopo anni di difficile presenza sul mercato (nicchie nascoste nella grande distribuzione, prezzi troppo alti, poca informazione…) e di pari passo con l’aumento dei prodotti presenti sui banchi e della nascita di molti negozi e catena specializzate sono stati affinati anche i regolamenti di vendita ed etichettatura. Anzitutto la definizione dettata dalla UE: “La produzione biologica è un sistema globale di gestione dell’azienda agricola e di produzione agroalimentare basato sull’interazione tra le migliori pratiche ambientali, un alto livello di biodiversità, la salvaguardia delle risorse naturali, l’applicazione di criteri rigorosi in materia di benessere degli animali e una produzione confacente alle preferenze di ta-

luni consumatori per prodotti ottenuti con sostanze e procedimenti naturali”. Per questo nel giugno 2007 è stato adottato un nuovo regolamento CE, relativo specificamente alla produzione biologica e all’etichettatura dei prodotti biologici sia di origine vegetale che animale. Il campo di applicazione riguarda dunque i prodotti agricoli (compresi i prodotti dell’acquacoltura) non trasformati o destinati all’alimentazione umana, i mangimi, il materiale di propagazione vegetativa e le sementi per la coltivazione, i lieviti utilizzati come alimenti o come mangimi. Ribadite le norme generali di produzione biologica, che vietano l’uso di qualsiasi tipo di organismo geneticamente modificato (OGM). Le norme in materia di etichettatura


degli alimenti consentono agli operatori di vigilare sul rispetto di tale divieto. È altresì vietato l’uso di radiazioni ionizzanti per il trattamento degli alimenti. Gli operatori che intendono far coesistere i due tipi di produzione agricola (biologica e non biologica) devono mantenere separati gli animali e i terreni. La produzione vegetale biologica deve rispettare una serie di norme riguardanti:

1) I trattamenti del suolo, che devono rispettarne la vita e la fertilità naturale.

2) La prevenzione dei danni, che deve essere basa-

le alghe marine sono assimilabili a prodotti biologici subordinatamente al rispetto di determinate condizioni riguardanti la zona di produzione e la raccolta. La produzione animale biologica deve rispettare una serie di norme riguardanti:

1) L’origine degli animali, che devono essere nati ed essere stati allevati in aziende biologiche.

2) Le pratiche zootecniche, con particolare riguardo

a determinate condizioni di stabulazione degli animali (confinamento in spazi controllati; ndr).

ta su metodi naturali, con la possibilità di ricorrere a un numero limitato di prodotti fitosanitari autorizzati dalla Commissione.

3) La riproduzione degli animali, che di norma deve

3) Le sementi e i materiali di propagazione vegeta-

gica.

avvenire con metodi naturali.

4) I mangimi, che devono essere di origine biolo-

tiva, che devono essere prodotti secondo il metodo biologico.

5) La prevenzione delle malattie.

4) I prodotti per la pulizia, che devono essere auto-

6) La pulizia e la disinfezione, per le quali devono

Anche i vegetali selvatici raccolti in determinate zone sono classificati come prodotti biologici, sempre che rispondano a una serie di requisiti in materia di raccolta e di zona di provenienza. Analogamente,

Analoghe norme specifiche si applicano alla produzione di animali d’acquacoltura. La Commissione autorizza l’impiego di un numero

rizzati dalla Commissione.

essere utilizzati esclusivamente prodotti autorizzati dalla Commissione.


limitato di prodotti e di sostanze nell’agricoltura biologica. Si tratta di prodotti fitosanitari o di prodotti destinati all’alimentazione degli animali e alla pulizia degli impianti utilizzati per la produzione animale e vegetale. La Commissione può inoltre fissare le condizioni e i limiti per l’utilizzo di tali prodotti. Le aziende che avviano un’attività di produzione biologica devono completare un periodo di conversione disciplinato dalle norme fissate dal regolamento. I mangimi biologici trasformati devono essere composti da materie prime biologiche e non possono essere trasformati con l’ausilio di solventi ottenuti per sintesi chimica. Gli alimenti trasformati devono essere principalmente costituiti da ingredienti di origine agricola. L’aggiunta di altri ingredienti è subordinata a un’autorizzazione della Commissione. I lieviti biologici devono essere ottenuti da substrati biologici e da altri ingredienti autorizzati. La Commissione può concedere eccezioni alle di-

sposizioni riguardanti gli obiettivi, le norme di produzione e l’etichettatura. Si tratta tuttavia di eccezioni limitate nel tempo e riservate a determinati casi particolari.

Etichettatura

Abbreviazioni quali “eco” e “bio” possono essere utilizzate nell’etichettatura, nella pubblicità e nei documenti commerciali per caratterizzare un prodotto biologico, i suoi ingredienti o le sue materie prime. L’etichettatura di un prodotto biologico deve essere facilmente visibile sull’imballaggio e contenere un riferimento all’organismo di controllo che certifica il prodotto. A partire dal 1° luglio 2010, l’utilizzo del logo dell’Unione europea sui prodotti alimentari provenienti da agricoltura biologica è reso obbligatorio, nonché l’indicazione del luogo di provenienza delle materie prime che compongono il prodotto. Tale indicazione dovrà figurare nello stesso campo visivo del logo comunitario.


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A proposito di infarto

Ogni anno circa 120mila italiani hanno a che fare con questo temibile “avversario”, ma le terapie mediche e gli interventi chirurgici, oltre ad un’efficace prevenzione, stanno riducendo di molto gli indici di mortalità di Pompeo d’Ambrosio medico sportivo, cardiologo

s

Ancora ricordo il mio maestro di quarta elementare andare alla lavagna e, con un’aria tra il divertito e lo spiritoso, mormorare: “Tra pochi secondi saprete come si calcola l’area del rettangolo, e questa nozio-

ne vi accompagnerà per tutta la vita”. Detto questo, iniziò a scrivere: area uguale al prodotto della base per l’altezza! Bene, io non so se questa scoperta sia stata impor-

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tante per il prosieguo della vita, probabilmente sì; quello che è certo è che sicuramente quella regola non è mai uscita dalla mia mente. Tutto ciò per dire che certe verità, o perché spiegate perfettamente, o perché di facile comprensione, rimangono comunque scolpite nella memoria in modo indelebile. L’argomento di questo mese, che sicuramente susciterà l’attenzione e sarà ricordato in tutte le sue parti, si chiama infatti “infarto” (colpisce circa 120mila italiani ogni anno secondo l’Istat; ndr). A questo punto i lettori ancora rimasti a leggere l’articolo non lo abbandoneranno più, perché è l’oc-

casione per capire, in modo non scientifico ma comunque appropriato, tutto ciò che riguarda questo problema… di cuore. Prima di tutto, da cosa deriva questa parola? Come sempre, o quasi, dal latino. Significa “infarcito”, e sta a significare che la zona colpita, è stata, in seguito alla sofferenza delle cellule, riempita da una sorta di “pappa” in cui sono mescolate cellule morte, sostanze di degradazione, liquidi, enzimi e globuli bianchi che cercano di ripulire il tutto. Insomma, una gran confusione, che, come in un coniglio o in un tacchino ripieni, infarcisce l’organismo con un contenuto non certo invidiabile! Che cosa si intende per infarto? Alla base di tutto c’è la vita dell’organismo e degli organi che lo compongono. Questi sono nutriti attraverso la circolazione, il flusso sanguigno, che trasporta ossigeno dal centro alla periferia. Per i più vari motivi, la circolazione può essere rallentata o ostruita, in modo parziale o completamente. L’ossigeno trasportato, che è legato nei globuli rossi alla emoglobina, può pertanto non essere sufficiente al fabbisogno di un organo, specie se le richieste sono aumentate; a questo punto la zona irrorata dall’arteria ostruita va in sofferenza e, per lo squilibrio che si crea tra domanda e offerta di ossigeno, si determina una condizione d’ischemia, che altro non è che una insufficiente ossigenazione. Se l’ostruzione perdura, il danno si fa permanente, e tutto il tratto a valle (cioè al di sotto) dell’ostruzione va incontro ad infarto, una situazione definitivamente irreparabile.

“Dal pericolo di morte alla vita normale” Impropriamente la parola “infarto” è collegata al cuore, ma non è precisamente così: tutti gli organi, nel caso di un’ostruzione del circolo arterioso che porta loro ossigeno, possono andare incontro a degradazione e morte di una loro parte. Perciò possiamo parlare di infarto renale, intestinale, cerebrale, polmonare a seconda della zona colpita. Le sedi sono diverse, il meccanismo che lo causa sempre lo stesso. A proposito del cuore, la corretta definizione è pertanto “infarto del miocardio”. La situazione, nel corso del tempo, è però radicalmente cambiata: coloro che un tempo erano soggetti considerati “perennemente a rischio di morte” ora, nella maggior parte dei casi, sono persone che conducono “una vita del tutto normale”, in cui lo sforzo fisico non solo è concesso, ma addirittura raccomandato. Sono ormai sbiaditi ricordi del passato i ricoveri della durata di settimane in unità coronarica, con i pazienti immobili sotto la tenda ad ossigeno, in attesa di

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una concessione a muoversi che tardava sempre ad arrivare, con la paura della morte ad incombere in ogni momento. Ora sono migliorate le conoscenze in materia, è cambiata la strategia terapeutica, sia da un punto di vista medico che chirurgico, e l’infarto del miocardio quasi sempre non è più il punto di arrivo di una vita sfortunata, ma “la ripartenza, in termini positivi, verso traguardi che la routine condotta fino a quel momento non lasciava minimamente presagire”. Come detto, alla base del problema c’è una discrepanza tra richiesta e offerta di ossigeno: se il cuore non è in grado di assecondarla, inizialmente si verifica un fenomeno pericoloso, ma transitorio, l’ischemia; se la situazione si protrae a lungo, i danni diventano irreversibili, perché le cellule che dovrebbero essere nutrite dall’arteria ostruita muoiono e iniziano contemporaneamente i processi di cui si è parlato all’inizio, con il relativo “infarcimento” di liquidi e cellule di cui si è parlato prima (infarto).


“Prevenzione contro i fattori di rischio” Quanto detto ci permette di comprendere come si arriva a questa drammatica situazione, rendendo necessario addentrarci nei particolari. Perché alcune persone conducono una vita dissoluta, priva di attività fisica, bevendo alcolici e fumando, senza necessariamente subire un infarto? E perché invece altri individui più “morigerati”, pur sottoponendosi a delle regole più sane, nel corso degli anni sviluppano delle condizioni tali da farli inciampare e cadere nel burrone dell’infarto? Abbandoniamo il concetto di fortuna e sfortuna, o riponiamolo in un cassetto (vedremo come in un certo senso la sorte giochi un ruolo anche in questo caso), per prendere in considerazione un altro aspetto, i “fattori di rischio”. Di cosa si tratta? Facendo riferimento alle malattie cardiovascolari, dobbiamo parlare di particolari condizioni che ne favoriscono l’insorgenza. Possedere un alto numero di questi fattori equivale ad avere maggiori possibilità di sviluppare un incidente cardiaco, un infarto per l’appunto. In questo si è legittimati a parlare di fortuna e sfortuna, ma non in senso lato, e vediamo il perché. Prendiamo ad esempio il fumo. Non si può invocare la sorte per spiegare che, se da giovani non si fosse incontrato il compagno di scuola che ci ha infilato in bocca la prima sigaretta, non si sarebbe iniziato a fumare: sarebbe una giustificazione stupida e puerile. Lamentarsi invece del fatto che molti componenti della propria famiglia hanno prima o poi sviluppato un infarto, oppure che, indipendentemen-

te dall’alimentazione, soffrono di ipercolesterolemia, questo sì ha un senso e giustifica la relativa imprecazione contro il destino avverso. Ciò detto, però, non si è autorizzati a una mera recriminazione senza tentare di risolvere il problema. Abbiamo a questo punto affrontato il concetto di fattori di rischio, e soprattutto della loro differenziazione in “modificabili e non modficabili”; si tratta di condizioni che statisticamente creano i presupposti del perché un episodio (le malattie cardiovascolari, nel nostro caso) si verifichi con una determinata probabilità. • modificabili sono quelli su cui si può intervenire cambiando certe condizioni, come lo stile di vita, o assumendo una specifica terapia; • immodificabili sono al contrario quelli su cui non è possibile operare alcun intervento: l’età, il sesso, la razza, la familiarità. Dunque la migliore strategia, direi l’unica, consiste nell’eliminazione dei fattori di rischio modificabili.

Vediamo quali sono: 1. fumo 2. sedentarietà 3. stress 4. ipertensione 5. dislipidemia 6. obesità

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è importante anzitutto agire sui fattori di rischio modificabili come fumo, sedentarietà e stress

Si intuisce facilmente come l’abolizione del maggior numero di tali fattori comporti a breve un miglioramento delle condizioni di salute generale e un abbassamento del rischio di sviluppare un infarto. Con queste poche parole abbiamo messo sul piatto tanti argomenti, senza dimenticare che una buona (o comunque migliore) salute influisce positivamente anche sull’umore della persona, e contribuisce a rafforzare la convinzione che continuando nella giusta direzione i risultati si stabilizzeranno. Questa interpretazione permette di introdurre il concetto di “prevenzione”. Anche in questo caso viene in aiuto la letteratura classica, per spiegare che questa parola significa “fare in modo di arrivare prima che si verifichino determinate condizioni negative”. Come attuare gli interventi di prevenzione? Premesso che è del tutto inutile piangere sul latte versato, possiamo parlare, a seconda della tempestività con cui si attuano queste misure, di prevenzione primaria, secondaria e a volte anche terziaria delle malattie cardiovascolari, secondo questo schema.

Primaria

è basata sulle strategie adottate per ridurre il rischio di avere il primo infarto; astensione dal fumo, aumento dell’attività fisica, riduzione dei grassi saturi nell’alimentazione sono solo alcuni aspetti del cambiamento del proprio stile di vita. A volte la prevenzione primaria fa parte di programmi intrapresi su vasta scala da governi, istituzioni e associazioni che intervengono non sul singolo individuo ma su un’intera popolazione.

Secondaria

si basa sulla diagnosi precoce della malattia, che consente un intervento rapido, anche di tipo terapeutico, per ridurre il rischio della progressione; ugualmente, la strategia può essere collettiva, come nel caso delle campagne contro il cancro del colon (ricerca sulla popolazione sopra i 50 anni del sangue occulto nelle feci) o del cancro del seno (mammografia).

Terziaria

è costituita dalle misure utilizzate per contrastare le complicanze di una malattia; nel nostro caso il cambiamento dello stile di vita dopo un infarto, pur se fatto tardivamente, contribuisce a limitare sempre i danni e a migliorare lo stato di salute. Non esiste necessariamente una relazione lineare tra l’insorgenza di una patologia e il peggioramento della qualità della vita. A volte, pur se in maniera

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drammatica, un infarto del miocardio contribuisce a dare una scossa e a far riflettere l’individuo sulla

propria vita, condotta in maniera errata fino a quel momento.

Attività fisica, le regole da seguire A proposito di attività fisica, ecco delle regole che, per chi ci segue da tempo, saranno forse noiose e ripetitive, ma rappresentano il fondamento per ottenere risultati: 1) Iniziare il prima possibile, tenendo conto che per i primi passi, successivi a una valutazione medica, è consigliabile avvalersi di personale specializzato. 2) Non bisogna seguire la teoria del “tutto e subito”, ma scegliere la via della progressione del carico.

ha un valore puramente statistico, su cui non fare riferimento in modo assoluto: la frequenza cardiaca è un parametro del tutto individuale, che risente delle caratteristiche metaboliche e muscolari del soggetto e del grado, intensità e tipo di allenamento cui si è finora sottoposto. L’intervallo di lavoro dovrebbe essere compreso tra il 65 e l’80% del valore riscontrato nel corso di un test da sforzo massimale.

3) L’attività fisica deve essere svolta con costanza, con una frequenza anche giornaliera; in ogni caso il minimo indispensabile per ottenere 6) L’orario ha la sua importanza e risultati è una cadenza trisettima- si dovrebbero far trascorrere divernale. se ore dall’ultimo pasto, prima di sottoporsi a una seduta fisica; la di4) La durata di ogni singola seduta gestione costituisce uno sforzo per dovrebbe essere intorno a 50 minu- l’organismo, e il sangue utilizzabile ti, comprensivi di riscaldamento e dai muscoli è invece deviato verso defaticamento. l’apparato digerente. 5) Il tipo di sforzo deve essere prevalentemente aerobico, cioè costante e senza picchi; per monitorare meglio la situazione è utile un cardiofrequenzimetro. L’intensità dell’attività aerobica va difatti di pari passo con l’incremento della frequenza cardiaca. La famosa formula basata su 220-X (X sta per il numero di anni del soggetto) per ottenere il massimo valore teorico

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7) L’abbigliamento non dovrebbe essere trascurato, particolarmente nelle stagioni estreme, in cui il caldo e il freddo eccessivo costituiscono un rischio. La tecnologia attuale mette a disposizione una serie di tessuti che permettono nel contempo la traspirazione, l’isolamento termico e l’impermeabilità, soprattutto nel caso di attività svolta all’aperto.



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“Segni e sintomi per allarmarsi” Ma quali sono i segni e i sintomi che dovrebbero mettere in allarme una persona? L’errore più grande è l’immobilismo: se si è preso coscienza del fatto che nel corso della vita si possa incappare in un episodio tanto grave per la propria incolumità, non bisogna rimanere a guardare la terra che gira, il sole che quotidianamente sorge e tramonta, senza fare nulla per cercar di cambiare il proprio destino. Dando questo per scontato, e lasciando alla seconda parte di questo articolo le indicazioni su cosa fare per attuare una buona prevenzione, forniamo alcune indicazioni utili... per la “corretta sopravvivenza”. Come accade anche in altre patologie, la sintomatologia dell’infarto miocardico è quanto mai variabile, e questo può dipendere dalla soglia di sopportazione del dolore, dall’estensione della zona colpita, dal fatto di essere o no diabetici. Esaminiamo per un attimo quest’ultima probabilità. Il diabete è una malattia che coinvolge anche i nervi periferici, che trasmettono la sensibilità tattile, termica e dolorifica: in qualche caso, pertanto, è aumentata la soglia del dolore, che addirittura non viene nemmeno percepito. In questi casi, a volte, la diagnosi di infarto è successiva all’episodio e avviene in maniera del tutto casuale, sem-

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plicemente con un elettrocardiogramma che evidenzia l’evento avvenuto in precedenza. In ogni caso, il dolore rappresenta un sintomo importante; indipendentemente dall’intensità, la sede può essere variabile: classicamente viene riferito al petto, in sede retrosternale, con un’irradiazione al braccio sinistro. A volte, però, può presentarsi come un dolore più basso, “alla bocca dello stomaco”, più alto, alla mandibola, o riferito posteriormente, come una “fitta” alle spalle. Non vuole questo essere un trattato di medicina, perciò ci limitiamo a ricordare che altri due sintomi sono importanti e spesso presenti contemporaneamente: 1) una sensazione di malessere generale, di disagio psicofisico, che impedisce di continuare l’attività che si stava facendo fino a quel momento; 2) una sudorazione fredda e abbondante, sproporzionata alla temperatura del luogo e al grado di attività praticata. Orbene, quando si verificano queste condizioni, meglio se associate, deve scattare un campanello di allarme. Senza abbandonarsi al panico, il comportamento più corretto non è recarsi dal proprio medico, ma consiste nel farsi accompagnare al pronto



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soccorso o richiedere l’intervento del 118, il servizio medico di emergenza. Se si è cardiopatici, si ha certamente a disposizione il vasodilatatore da sciogliere sotto la lingua in casi come questo, ma queste righe hanno solo scopo divulgativo senza la pretesa di impartire istruzioni specifiche al riguardo. È fondamentale sottolineare l’importanza della precocità dell’intervento. Tanto più velocemente si interviene, tanto maggiori sono le possibilità di risolvere in modo radicale il problema. Perché? Si è detto fin dall’inizio del flusso sanguigno: il sangue porta ossigeno ai tessuti attraverso la ritmica contrazione del cuore che lo spinge nell’aorta e da questa giunge nelle più sottili e periferiche diramazioni capillari; il cuore stesso, attraverso il flusso coronarico, deve essere irrorato. Se questo è limitato o addirittura interrotto a causa di una placca che ostruisce l’arteria, si crea il danno, cioè l’ischemia, che inizialmente è transitoria; permanendo invariate le condizioni, la situazione diventa drammatica, perché i tessuti a valle dell’ostruzione non ricevono più ossigeno e si ha l’infarto di quella zona. Saltiamo a piè pari tutto l’iter dell’arrivo in ospedale e delle successive indagini diagnostiche, volte a confermare o escludere la patologia. Diamo per scontato il fatto che l’infarto sia in atto e che si sia verificato il trasferimento in unità coronarica. A questo punto il più importante mezzo terapeutico a disposizione consiste nella “rivascolarizzazione miocardica”, cioè nella ricanalizzazione della coronaria ostruita. Questo può avvenire con due possibilità: • utilizzando farmaci che “sciolgono” il tappo di colesterolo, piastrine, fibrina che si era formato nel tempo (trombo), ripristinando la circolazione; • introducendo, mediante un catetere, un palloncino

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che, arrivato nel tratto dell’occlusione (tutto avviene nel corso di un’indagine radiologica particolare, la coronarografia), viene gonfiato con una pressione di diverse atmosfere, permettendo anche in questo caso la riapertura del vaso, cioè l’angioplastica (il trombo viene schiacciato contro la parete). Nel primo caso l’ostruzione viene “sciolta” dal farmaco (definito fibrinolitico), nel secondo l’azione è più propriamente meccanica. Le due possibilità possono anche essere utilizzate contemporaneamente, ma è importante intervenire nel più breve tempo possibile, per impedire che la sofferenza (ischemia) sfoci nella morte delle cellule miocardiche (infarto). Poiché la sede è condizionata dal luogo dell’ostruzione, ne consegue che tanto più è periferica l’occlusione, tanto minore sarà l’estensione del danno. C’è anche da considerare che un vaso coronarico si chiude generalmente in un periodo molto lungo, e questo permette all’organismo di ovviare in parte al problema con la formazione di “circoli collaterali”, una specie di piccoli vasi di emergenza che si creano a monte e a valle del territorio a rischio, formando una circolazione che sostituisce o integra quella originale. Il flusso non è il medesimo, ma, se la richiesta di ossigeno non è imponente o improvvisa, rappresenta un utile (anche se non risolutivo) meccanismo di compenso. Detto questo, spicchiamo decisamente il volo per portarci al di là di questa fase e parlare di prevenzione terziaria. Invertendo la situazione, partiamo dal fondo. Ormai l’episodio è avvenuto, c’è stato il ricovero, si è prescritta la terapia ed è iniziata la successiva fase di riabilitazione sotto la guida di personale specializzato. A questo punto, tutto ciò che era nelle possibilità altrui è terminato. Ora si è nelle mani… non della provvidenza, ma di se stessi.



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“Terapia medica e interventi mirati” Non tutto il male viene per nuocere, è davvero così: spesso gli infartuati, dopo un iniziale e comprensibile stato di depressione e sconforto, cambiano radicalmente atteggiamento e si rendono conto che la qualità della vita può migliorare decisamente. Alla base c’è l’eliminazione dei fattori di rischio modificabili: tanto è maggiore, più alte sono le possibilità di successo. Non è corretto stilare una scala di importanza, è fondamentale iniziare. Così facendo si ottiene un effetto sinergico, direi quasi esponenziale, nel senso che il beneficio ottenuto, sopprimendo contemporaneamente più fattori, è superiore alle aspettative. Il fumo forse rappresenta il pericolo maggiore, ma con l’attività fisica si incide, oltre che sulla sedentarietà, sulla riduzione dei valori pressori e del colesterolo, sulla glicemia, sul calo ponderale. È importante iniziare per rendersi conto, oltre che del tempo perduto in precedenza, del fatto di essere entrati in una nuova dimensione, sconosciuta fino a poco prima e decisamente promettente e ricca di aspettative per il futuro. Del resto, il cuore è un muscolo, e come tale va considerato. Al pari di quello scheletrico è soggetto ad infortuni: possiamo paragonare l’infarto a uno strappo muscolare di dimensioni più o meno grandi a seconda della quantità di tessuto coinvolto. Allo stesso modo, la cicatrice che si forma in seguito alla riparazione del danno è più o meno elastica a seconda della bontà e tempestività delle strategie terapeutiche e riabilitative impiegate. Come il muscolo scheletrico, anche il tessuto miocardico è allenabile: maggiori sono gli stimoli somministrati, migliore sarà la risposta in termini di performance (a patto, naturalmente, che gli stimoli siano proporzionati). La capacità di adattamento allo sforzo del cuore può essere valutata in modo specifico con l’ecocardiogramma, un esame ormai di routine e senza rischi; attraverso questa indagine si valuta visivamente la contrattilità del muscolo, globalmente e in tutti i suoi distretti. Inoltre può essere calcolata la “frazione di eiezione”, che esprime in termini precisi la forza con cui il cuore si rilascia e si contrae ad ogni battito, per spingere in circolo il sangue contenuto nelle sue cavità (atrio e ventricolo). L’adattamento del cuore è la base della prevenzione primaria e secondaria, cioè dei comportamenti necessari, in termini di stile di vita e di scelte terapeutiche, prima che si arrivi alla comparsa della malattia. La difficoltà, se non si possiedono giuste motivazioni e determinazione, è nel ragionare in prospettiva

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e capire che, come sempre, prevenire è meglio che curare. Anche la terapia medica si basa sul presupposto di compensare la riduzione (parziale o completa) del flusso coronarico. Pur senza addentrarci nei particolari, possiamo affermare che ogni farmaco ha in fondo lo scopo di favorire l’ossigenazione miocardica. Una volta superata la fase acuta, sono a disposizione del cardiologo vasodilatatori, beta bloccanti (che, risparmiando il lavoro del cuore, ne riducono il consumo di ossigeno), ACE inibitori (oltre ad avere un effetto antipertensivo, impediscono al muscolo miocardico di perdere la sua conformazione geometrica, responsabile della migliore azione contrattile), statine (farmaci che riducono la formazione del colesterolo LDL, primo artefice della formazione della famigerata placca arteriosclerotica), antitrombotici o anticoagulanti (riducono la possibilità di formazione del trombo o, una volta che si è formato, lo sciolgono). Questi sono i capisaldi della terapia, cui ogni medico può aggiungere, di volta in volta, a secondo delle necessità, antiaritmici, antipertensivi e via dicendo. Se non è sufficiente la terapia medica, si interviene chirurgicamente: alla base della scelta c’è l’interpretazione diagnostica. L’indagine gold standard, cioè il riferimento più attendibile e oggettivo, è la coronarografia: se da questo esame dinamico si evidenzia che l’ostruzione dei rami coronarici è importante, ma non può essere risolta con la sola terapia medica o con l’angioplastica, la risoluzione è riservata alla rivascolarizzazione mediante by-pass aorto coronarico. Con questo intervento, come mirabilmente espresso dal termine anglosassone, si supera l’ostacolo dell’ostruzione creando un collegamento tra il tratto a monte e a valle del tratto occluso, mediante un vaso arterioso (la mammaria) o venoso (safena), che cortocircuitano l’ostacolo e fanno da ponte oltre l’ostruzione. È preferibile utilizzare l’arteria mammaria, perché dotata di una parete più resistente, che garantisce una durata notevolmente maggiore nel tempo. Anche in questo caso, però, non bisogna rimanere con le mani in mano. Del resto, se nel corso degli anni precedenti si sono realizzate le condizioni per determinare la stenosi (restringimento) del diametro coronarico, si deve interrompere il circolo vizioso, eliminando, lo ricordiamo ancora una volta, i fattori di rischio modificabili.



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L’alimentazione post-infarto Un ruolo importante lo gioca anche l’alimentazione, il peso corporeo corretto, che rappresentano uno dei capisaldi della salute dell’uomo, a maggior ragione dopo un infarto del miocardio. Non bisogna perciò trascurare alcune regole: • distribuire la quantità calorica su 5 pasti • dare importanza alla prima colazione • consumare molta frutta e verdure fresche di stagione • preferire la carne bianca alla rossa, mai più di 3 volte la settimana • limitare l’uso dei formaggi • introdurre il pesce almeno 3 volte la settimana • utilizzare grassi insaturi e ridurre al minimo quelli saturi • limitare (non abbandonare) il consumo di vino e birra, eliminando invece i superalcolici

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Non bisogna dimenticare, a proposito di alimentazione, che il colesterolo è il principale responsabile della formazione della placca arteriosclerotica. Nella terapia del cardiopatico è spesso presente la statina, un farmaco che ha lo scopo di abbassare il colesterolo totale e quello cattivo (LDL), contribuendo invece ad innalzare quello buono (HDL, che ha la proprietà di “ripulire”la parete interna delle arterie). Questo non significa che assumere le statine equivalga a un’autorizzazione a mangiare a proprio piacimento; è come se un diabetico, per consumare più dolci e sentirsi autorizzato a farlo, aumentasse il dosaggio dell’insulina. Purtroppo non è così. Rivedo il mio maestro appoggiare il gesso nell’apposita vaschetta, guardare compiaciuto la classe e mormorare: “Ora avete capito la lezione? Ricordate questa regola per tutta la vita!”. n




Mamma, ho mal di testa Il 9% dei bambini è colpito da emicrania, attenzione a non sottovalutare i sintomi. Anche saltare la colazione è un rischio di Chiara Baldetti

s

Quando

un bambino dice di avere mal di testa spesso non viene preso sul serio: sarà alla ri-

cerca di attenzioni, non vorrà andare a scuola, forse non è niente di grave, è solo stanco...

Ma attenzione a sottovalutare questo sintomo, perché, secondo quanto dichiarato dall’Os-

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servatorio Nazionale sulla salute dell’infanzia e dell’adolescenza Paidòss, il 9% degli under 12 soffrirebbe di emicrania vera e propria. Ciò che differenzia questa patologia da un “normale” mal di testa (cefalea) sono la ripetitività degli episodi, la localizzazione isolata ad un solo lato della testa, la natura pulsante e la durata, che varia da 2 a 72 ore. Possono inoltre comparire anche altri sintomi associati come: nausea, vomito, fotofobia (maggiore sensibilità alla luce), fonofobia (sensibilità al suono) e aggravamento del dolore a seguito di attività fisica. Ci sono genitori che hanno trascorso fino a tre anni tra medici tradizionali e ‘alternativi’, farmaci ed esami clinici, prima di arrivare a una diagnosi corretta dell’emicrania nei propri bambini. Uno studio, coordinato dal professor Bruno Colombo, responsabile del centro per la cura e la diagnosi delle cefalee dell’età pediatrica ed adulta dell’università Vita- salute, ospedale San

Raffaele di Milano, pubblicato qualche anno fa su Headache ha determinato un’attesa media per la diagnosi di 20 mesi con punte di 36.

Attenzione alla familiarità: può aumentare dal 40 al 70% il rischio che anche il bambino soffra di emicrania Ma con un po’ di attenzione da parte dei genitori e un semplice questionario per i pediatri, avvertono gli esperti, è possibile ridurre questo ritardo, evitando sofferenze inutili per i bimbi e spese a volte ingenti per tutta la famiglia. Ma come riuscire a cogliere i

campanelli d’allarme dell’emicrania in tempo? “Il genitore dovrebbe iniziare a preoccuparsi innanzitutto se anche lui soffre di emicrania - sottolinea il neurologo - la familiarità, infatti, aumenta del 40% il rischio, e del 70% se a soffrirne sono entrambi i genitori”. Anche osservare il comportamento generale del bambino può essere un metodo: se il mal di testa lo costringe a ritirarsi dalle attività sociali, evitare gli sforzi, lo sport e i giochi siamo probabilmente di fronte ad un caso di emicrania. Utile anche tenere un “diario del mal di testa” dove segnare gli eventi, la concomitanza di assunzione di alcuni cibi o altre sostanze, attività e ricorrenze legate a particolari fatti. “Abbiamo visto recentemente che un incremento si è avuto solo perché si salta di fatto la colazione mattutina; si manifestano fenomeni di emicrania durante le ore scolastiche per una semplice ipoglicemia”, segnala Colombo.

Le 5 domande da farsi Se si supera il limite di 4 attacchi al mese è il caso di intervenire terapeuticamente e la “palla” passa al pediatra, che, con 5 semplici domande al bambino può confermare il sospetto: 1) Dove senti il dolore? 2) Com’è il dolore? Batte o schiaccia (cefalea tensiva)? 3) Quanto dura? (emicrania da 1 a 72 ore; cefalea tensiva anche una settimana). 4) Quanto è forte? 5) Peggiora con lo sforzo? (segno di emicrania). Secondo i dati diffusi da Paidòss i bambini che soffrono di emicrania sperimentano generalmente l’esordio dei sintomi tra i 7 e gli

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11 anni, con almeno tre-quattro episodi al mese. Tra i più piccoli i maschi sono maggiormente colpiti, mentre, con la pubertà, le femmine diventano la maggioranza. Una volta ottenuta una diagnosi certa, si possono scegliere varie alternative terapeutiche. “Dal punto di vista della terapia - spiega Colombo - stiamo ottenendo buoni risultati con sostanze naturali come la Ginkgolide B insieme a coenzima Q10, vitamina B12, Partenio e Magnesio, mentre in casi più gravi si possono usare gli antidolorifici a minore impatto. Ci sono poi dei cambiamenti di stili di vita, a comin-

ciare dall’eliminazione di alcuni cibi, che possono aiutare. L’importante è non affidarsi al “fai da te”, come fanno ad esempio certe mamme che danno al figlio i loro stessi farmaci”. Per quanto riguarda la medicina alternativa o complementare, secondo un altro studio sempre firmato dal prof. Colombo, pubblicato un anno fa su Neurological Sciences, sono state usate dall’80% dei piccoli pazienti. Ma gli esperti avvertono: è fondamentale discuterne l’uso con il medico curante, perché questo tipo di rimedi può avere delle interazioni pericolose con i farmaci tradizionali. n




Un viso a pennello

Come dire addio alle imperfezioni in pochi, semplici passi, usando i prodotti giusti di Gelsomina Sampaolo

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I mperfezioni… già la parola ci fa rabbrividire! Quante volte l’abbiamo dovuta sentire, riferita al nostro viso, ai nostri fianchi, alle gambe, ai capelli?

Arrendiamoci: nessuna è perfetta. Ma questo non vuol dire che i piccoli difetti che ci attanagliano davanti allo specchio ogni mattina non si possano “camuffare”

con qualche piccolo accorgimento. Oggi vogliamo concentrarci sulle imperfezioni del viso. Chi non ne ha? Bollicine, brufoletti, rossori, occhiaie, rughe di

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espressione, ecc... c’è una soluzione a tutto. La prima, fondamentale regola è quella di stabilire una routine di bellezza che ci permetta innanzitutto di conservare la salute della pelle e per farlo, a costo di essere banali, la base è la corretta idratazione. Dobbiamo nutrire la nostra pelle sia dall’interno, con una dieta equilibrata e ricca di liquidi, vitamine e sali minerali (frutta, verdura), che dall’esterno, con una crema idratante specifica per il nostro tipo di pelle ed uno struccante idratante da applicare ogni sera. Quando si parla di salute della pelle dobbiamo bandire pigrizia e prodotti economici dal nostro vocabolario.

Se è secca, infatti, niente di quello che ci metteremo sopra ci rimarrà a lungo, trucco compreso.

Dobbiamo bandire pigrizia e prodotti economici dal nostro vocabolario In seconda battuta, ricordiamo che c’è un ordine da seguire anche nel trucco: crema idratante, base fissante (primer), corret-

tore, fondotinta e blush o cipria finale. Variando l’ordine degli elementi il risultato cambia notevolmente... e non sempre per il meglio! Quando stendiamo il primer o la base, infatti, creiamo le condizioni ottimali per la “costruzione” del trucco che applicheremo in seguito. Spianiamo la pelle, ne riempiamo i solchi e la uniformiamo come a creare una tela perfetta su cui dipingere. Il correttore va applicato subito dopo perché spesso è colorato, a seconda dell’imperfezione che vogliamo minimizzare e, perciò, andrà poi coperto dal fondotinta per uniformare il tutto, senza lasciare segni e macchie che altrimenti evidenzierebbero il difetto invece di coprirlo.

Per quanto riguarda la scelta del correttore, riportiamo una semplice tabella con una lista di difetti e i colori più indicati per coprirli:

rossori, bollicine occhiaie, macchie scure colorito spento o tendente al giallo

(carnagioni olivastre o da fumatore)

cicatrici, segni della pelle

(scegliere il colore più vicino a quello della propria pelle o leggermente più scuro per mascherare eventuali gonfiori). Si passa poi alla stesura del fondotinta: in crema per le pelli più secche, in polvere per quelle più grasse. La scelta del suo colore è fondamentale per non avere troppa differenza tra il vostro incarnato naturale e il trucco, per capirci meglio: viso e collo non devono sembrare di due persone diverse. Per l’applicazione del fondotinta, poi, c’è chi preferisce usare le dita e chi il pennello. Non c’è una regola aurea, ma si tratta piuttosto di abitudini: chi è alle prime armi o sempre di corsa userà le dita, chi mira ad un ef-

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fetto più professionale e di precisione il pennello specifico. L’ordine e il metodo di applicazione devono procedere in ogni caso dai 5 punti “nevralgici” del viso, ovvero: fronte, naso, mento e guance allargandosi verso l’alto e l’esterno spalmando il prodotto e non massaggiandolo come una crema, per ottenere un effetto naturale e usarne la giusta quantità (vedi tecnica per spalmare la crema nel numero di Optima di settembre; ndr). Unica accortezza: se usate le dita scaldate prima il fondotin-

ta tra le mani, se invece usate il pennello applicate il prodotto sul dorso della mano usandola come una sorta di tavolozza, poi procedete con tocchi leggeri, premendo con il pennello solo sulle zone che richiedono un maggiore intervento. Infine possiamo passare al tocco finale: che sia di fard, terra, blush o cipria l’obiettivo è sempre quello di conservare il trucco il più a lungo possibile ed evitare lucidità indesiderate, opacizzando con la giusta quantità di prodotto soprattutto su zigomi, fronte e naso. n




Alla scoperta dei farmaci biologici Usati soprattutto in caso di malattie reumatologiche, sono in arrivo anche in Italia quelli contro l’orticaria cronica di Filippo Tini

s

Esiste una categoria non ancora

del tutto esplorata e conosciuta nel mondo della farmacologia: quella dei farmaci biologici. Al contrario di quello che potrebbe suggerire il nome, non si tratta di farmaci prodotti con sostanze naturali, bensì medicinali di nuova generazione prodotti a partire da sostanze naturalmente presen-

ti nel nostro corpo, modificati in laboratorio per agire soltanto su una singola struttura aumentando l’efficacia della terapia. Visto il metodo di produzione di tali farmaci, che prevede tecniche di ingegneria genetica, sarebbe più esatto chiamarli “biotecnologici”. Ad oggi sono disponibili farmaci biologici pensati per contrastare

soprattutto malattie autoimmuni (lupus, artrite reumatoide, psoriasi), infiammatorie croniche dell’intestino (morbo di Crohn, rettocolite ulcerosa) e alcuni tipi di tumore (della mammella, del fegato, del rene e del colon). Anche se molti sono ancora in fase di sperimentazione, studi clinici dimostrano che la loro ef-

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ficacia è in aumento: nella cura dell’artrite reumatoide, ad esempio, inducono alla remissione completa della patologia nel 60% dei casi e un italiano su dieci li utilizza in caso di malattie reumatologiche (dati SIAAIC, Società Italiana di Allergologia Asma ed Immunologia Clinica). I farmaci biologici sono stati creati con l’obiettivo di curare le cellule o strutture malate, senza danneggiare quelle sane. La loro azione si basa perciò sugli anticorpi del nostro organismo, che vengono modificati in modo tale da saper riconoscere le strutture malate o le proteine coinvolte nel processo patologico, attaccandole. Esistono ovviamente degli effetti collaterali, i più frequenti sono: infezioni dovute alla riduzione della risposta immunitaria indotta dai

farmaci biologici, reazioni nella sede di iniezione (arrossamento, prurito e gonfiore) e in alcuni casi è stata osservata la comparsa di autoanticorpi. Per questo gli specialisti avvertono: è fondamentale la fase dello screening del paziente, perché il soggetto potrebbe avere una tubercolosi latente che potrebbe aggravare il suo quadro clinico. Altre situazioni preoccupanti possono essere quelle causate da un eventuale scompenso cardiaco, ed è anche importante la fase di follow-up a seguito del trattamento per rilevare l’eventuale insorgenza di complicazioni. In occasione dell’ottava edizione del congresso “Biological therapies in medicine” organizzato dalla SIAAIC a Ischia, è stato annunciato lo sviluppo di farmaci

biologici per la cura dell’orticaria cronica. I farmaci in questione, già disponibili negli Stati Uniti da qualche tempo, sono stati pensati per quella fetta di popolazione (in Italia il 2%) che soffre di questa patologia cutanea. L’orticaria cronica colpisce maggiormente le donne e la fascia di età che va dai 35 ai 45 anni, in forme più o meno gravi. Si manifesta con pomfi, prurito intenso e, nei casi più gravi, anche con angioedema (soprattutto sulle mucose del labbro, delle vie aeree superiori e del tratto intestinale). In particolare, il farmaco biologico approvato anche in Italia contro l’orticaria, negli USA è già in uso da tempo per la cura dell’asma allergica grave. La FDA (Food and Drug Administration) statunitense ne ha autorizzato l’uso nel

Che cosa sono? I farmaci biologici sono una particolare categoria di terapie mirate. Sono chiamati così perché mimano sostanze presenti nell’organismo, ma sono prodotti in laboratorio. Comprendono: 1) I fattori di crescita detti anche colony stimulating factors (CSF): sostanze che stimolano la produzione delle cellule del sangue da parte del midollo. Si usano spesso dopo la chemioterapia per ristabilire il numero adeguato di cellule nel sangue.

3) Le interleuchine e l’interferone, sostanze naturali che partecipano al processo d’infiammazione. Comprendono numerosi varianti e alcune di queste sono in grado di contrastare diverse forme di cancro. Per esempio, l’interleuchina 2 agisce contro il tumore del rene mentre l’interferone è efficace in caso di melanoma, mieloma multiplo, tumore del rene e alcune forme di leucemia.

4) Vaccini: sono in fase avanzata di sperimentazione vaccini per curare il 2) Gli anticorpi monoclonali: sono cancro. L’idea di base è stimolare il simolecole in grado di riconoscere un stema immunitario a riconoscere il tubersaglio presente sulle cellule tumo- more come estraneo per poi distrugrali, ma non su quelle sane. Il loro uti- gerlo. Due esempi riguardano la cura lizzo permette quindi di indirizzare la del melanoma in fase avanzata e la cura soltanto contro il tumore, rispar- terapia del cancro della prostata con miando il più possibile i tessuti sani. metastasi. (Fonte: AIRC)

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trattamento “dell’orticaria cronica idiopatica, negli adulti e negli adolescenti dai 12 anni di età, che non rispondono adeguatamente agli antistaminici anti-H1”. Al momento il medicinale viene somministrato per iniezione sottocutanea ogni 4 settimane in ambiente ospedaliero e sotto controllo medico per il rischio di shock anafilattico. “Quelle biologiche sono terapie innovative che permettono di ottenere ottimi risultati - ha spiegato Amato de Paulis, professore di medicina interna del Dipartimento di Scienze mediche traslazionali di Napoli e membro del direttivo della SIAAIC - tramite meccanismi immunologici: con queste nuove modalità possiamo approcciare a diverse patologie umane. Come l’angioedema ereditario, per il quale esiste un farmaco apposito, o l’orticaria cronica, il cui farmaco sarà presto sul mercato e i cui dati preliminari confermano un’altissima risoluzione. Nell’asma grave è fondamentale il contributo di un alleato biologico, stesso discorso per altre malattie finora ritenute incurabili, mentre sono in corso ancora studi per incentivare la produzione di nuovi farmaci biologici per altre patologie, che spesso sono curate con il semplice cortisone”. Sempre in occasione del convegno SIAAIC di Ischia, la professoressa Maria Triassi (Ordinario Igiene Generale e Applicata Direttore Dipartimento Sanità Pubblica Università Federico II Napoli) ha sottolineato la necessità, soprattutto per le malattie croniche come l’artrite reumatoide, di una maggiore chiarezza e facilitazione dell’accesso a questo tipo di cure per i pazienti. “I pazienti spesso hanno dei sintomi ma non sanno a chi rivolgersi, quindi è fondamentale che venga instaurato nei singoli distretti sanitari il percorso diagnostico terapeutico assistenziale, che prevede la presa in carico del

paziente, centri di primo livello e quelli di secondo livello (…). Bisogna puntare su un percorso assistenziale che riduce i costi per il Sistema Sanitario Nazionale. Il primo contatto, quello fondamentale, deve essere con il medico di medicina generale, che accompagna il paziente presso la prima porta di questo percorso

diagnostico terapeutico. Uno degli obiettivi delle singole regioni è cercare di abbassare i costi delle terapie, ma i veri problemi sono l’effettiva equivalenza del biosimilare con il farmaco, l’accordo con i professionisti e la compliance (cioè la perfetta adesione del paziente alla cura; ndr)”. n

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Anche i cani sentono freddo I malanni autunnali non colpiscono solo gli umani, ecco precauzioni e cure per affrontare il cambio di stagione del vostro amico peloso di Chiara Baldetti

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Purtroppo la bella stagione è fini-

ta ormai da un po’, cominciano le piogge e le temperature più rigide

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e tutti si preparano all’inverno e ai malanni che il cambiamento climatico porterà con sé.

In questa fase di prevenzione non dobbiamo scordarci dei nostri amici a quattro zampe, perché


anche i cani soffrono di questi cambiamenti e in questo periodo sono maggiormente esposti alle forme influenzali e da raffreddamento, ma anche ad acciacchi di stagione come disturbi dell’apparato digerente e dolori articolari.

Affrontare il freddo

Ovviamente non tutti i cani, come non tutte le persone, sono uguali. Alcune razze prediligono le basse temperature, soprattutto se a pelo lungo (pensiamo agli Husky, ma anche i cani da pastore, i Retrivier, il Terranova o il San Bernardo), mentre altre soffrono di più. Specialmente i cani a pelo raso o di taglia piccola andrebbero maggiormente protetti dal freddo, limitando le uscite, mettendo una coperta in più nella cuccia e usando un cappottino per la passeggiata quotidiana. Durante i cambi di stagione, sia estivi che autunnali, avviene la muta del pelo, che diventa più fitto in vista dell’arrivo del freddo. Per favorire la crescita di un mantello forte e folto ed evitare che la nostra casa si riempia di peli (anche “invisibili” nel caso di cani a pelo corto o rado) il consiglio è quello di spazzolare il cane più spesso e più a fondo del solito. Anche la spazzola deve essere quella adatta: più fitta e con denti rigidi per i peli lunghi e folti, più morbida e con denti in plastica o lattice per quelli più radi. Approfittate del cambio stagione anche per le pulizie generali, lavando tutte le sue coperte, cuscini e copridivani a 90°C per eliminare germi e parassiti.

L’alimentazione

Un altro aspetto da non sottovalutare in questo periodo è quello della dieta. Variando le temperature esterne, soprattutto se il cane vive all’aperto (giardino o terrazzo), dovremo adottare qualche accorgimento in più anche nell’alimentazione. Perciò, se nella stagione estiva si prediligono

pasti leggeri e ricchi di verdure, in autunno bisognerà far fronte alle carenze fisiologiche e alla richiesta di maggiori scorte per l’organismo con pasti più ricchi di proteine, grassi e carboidrati. Perciò si a croccantini, riso e pasta e cibi umidi, meglio se serviti tiepidi. E non dimentichiamo di conservare la ciotola dell’acqua al coperto per evitare che si raffreddi troppo o si congeli causando problemi intestinali.

I sintomi da tenere sotto controllo sono molto simili a quelli umani Prevenzione e integrazione

Prevenire è meglio che curare, anche per i nostri amici pelosi. Per questo può essere utile, per supportare il fisiologico abbassamento delle difese immunitarie, un’integrazione vitaminica. Fatevi consigliare dal vostro veterinario sui prodotti e i dosaggi più adatti a seconda di taglia e attività del cane, anche nel caso in cui questo presenti già i primi sintomi influenzali vitamine e minerali possono essere utili. Sono disponibili anche rimedi naturali e omotossicologici per cani, come Echinacea, Propoli, fermenti lattici, ecc… che stimolano e supportano il sistema immunitario.

Abitudini quotidiane

In linea generale è sempre meglio mantenere invariate le abitudini di vita del nostro cane: pasti, passeggiate, gioco e riposo nei tempi a cui è abituato sin da cucciolo. In questo periodo, però, ai padroni si richiede un pizzico di attenzione in più per evitare eccessivi

sbalzi di temperatura ai propri animali. Perciò meglio prediligere le passeggiate nei momenti più caldi della giornata o in zone protette dalle intemperie.

In caso di influenza

Per capire se il vostro cane è vittima dell’influenza stagionale basta osservare i sintomi, molto simili a quelli umani: spossatezza, inappetenza, naso che cola, occhi lucidi o lacrimanti, starnuti, tosse, febbre e in alcuni casi anche diarrea e vomito. Per avere una diagnosi certa, comunque, consigliamo sempre di rivolgervi al veterinario di fiducia che effettuerà una visita e delle analisi del sangue per escludere altre patologie. Una volta accertato che si tratta di influenza, fondamentale, oltre alla terapia prescritta, sarà prendervi cura di lui, per assicurargli il riposo e la tranquillità di cui ha bisogno: acqua fresca sempre a disposizione (per evitare la disidratazione, se si rifiuta di bere aiutatelo con una siringa senza ago), cuccia morbida e calda, alimentazione bilanciata e ricca di sostanze nutritive. Per quanto riguarda la terapia, proprio come per l’influenza umana anche quella canina non ha una vera e propria cura. Nell’attesa che il sistema immunitario svolga le sue funzioni per ristabilire lo stato di salute normale, possiamo adottare delle terapie di supporto per evitare l’attacco di altri virus e batteri che potrebbero approfittare del calo di difese. In questo caso solitamente si ricorre a terapia antibiotica, ma anche i trattamenti naturali e olistici si sono dimostrati efficaci. Tra questi segnaliamo le foglie di verbasco e i fiori di sambuco (per rafforzare e mantenere le vie respiratorie aperte), la vitamina C (per rafforzare il sistema immunitario, anche a livello preventivo) e l’argento colloidale (come antisettico per alleviare i sintomi dell’influenza). n

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Hobby House

di Gelsomina Sampaolo

Libreria Bambini

Il mio ciuccio per te

Dire addio al ciuccio non è un’impresa facile, ma se diventa un regalo per il compleanno dell’amica orsacchiotta, non è più un problema. Nava M.; Lapis; Euro 11,00

Storie dopo le storie

Cos’ha combinato Cappuccetto Rosso nella vita? E quella stravagante Principessa sul pisello? Le storie dei personaggi delle fiabe, dopo che le fiabe sono finite. Masini B.; Einaudi Ragazzi; Euro 6,90

In Salute

Manuale di omeopatia nel cane e nel gatto

Un volume presenta sulle tipologie psicologiche di cani e gatti e sulle loro relazioni con il contesto di vita, nell’ottica di una prescrizione omeopatica mirata. Rigamonti B.; Apogeo; Euro 29,00

Che stress!

La “malattia del nostro tempo” può condizionare la nostra vita con modalità talvolta positive, costruttive come strumento per sfuggire le malattie. Panerai E.A.; Tecniche Nuove; Euro 16,00

Best Seller

Le donne

Storie e figure femminili indimenticabili. Realmente esistite oppure no. Il loro fascino rinasce in queste pagine in cui, insieme al maestro, sorridiamo, desideriamo e ci innamoriamo. Camilleri A.; Rizzoli; Euro 15,00

Cinema La Famiglia Bélier

Regia: E. Lartigau con K. Viard, F. Damiens, E. Elmosnino Trama: Paula Bélier ha 16 anni e genitori sordomuti. Incoraggiata dal suo Prof., si iscrive a un concorso canoro. Giudizio: brillante commedia che mescola umorismo, pregiudizi e musica.

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La piuma

Faletti saluta i suoi lettori con la sua opera più bella, originale e dolente. Una favola morale, attraverso le bassezze degli uomini, per comprendere il senso profondo delle cose. Faletti G.; Baldini & Castoldi; Euro 13,00

Musica Last Of Our Kind The Darkness

Rumorosi, pazzi e sguaiati. I rocker sono così e quando si prendono poco sul serio sono i Darkness. Niente di nuovo, ma puro e semplice hard rock da cui farsi trascinare.



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Sagittario 23/11 - 21/12

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Goditi l’ascesa nel lavoro: nuovo stile di vita e più contatti.

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Basta insidie, s’intravede un futuro radioso: spiccate il volo.

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Ora nessun pianeta vi è ostile: potete concedervi degli extra.

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Profili più agili Con la nuova anteprima profili di Twitter, muovendo il mouse sull’immagine profilo sarà possibile visualizzare più velocemente le bio, seguire o smettere di seguire utenti.

Lavoro: se hai seminato bene, inizierai a raccogliere i frutti.

L’idromassaggio è Made in Italy La più famosa azienda produttrice di vasche idromassaggio, diventata sinonimo del prodotto che commercializza, è stata fondata nel 1915 dai sette fratelli Jacuzzi, emigrati dal Friuli, a Chino Hills in California. Inizialmente l’attività riguardava eliche per velivoli, ma quando l’azienda tornò in Italia, vicino a Pordenone, nacque (1956) la prima pompa di irrigazione per vasca da bagno. La “Roman Bath” (ispirata alle antiche terme romane) venne invece commercializzata dal 1968 e fu la prima vasca idromassaggio al mondo.

Tumblr trova lavoro agli artisti La piattaforma di blogging fotografico Tumblr, di proprietà Yahoo, si pone come intermediario tra mondo dell’arte e mercato. Attraverso l’agenzia interna Creators Network, nei soli primi sei mesi di vita ha selezionato ben 300 artisti.

Video, ancora più funzioni Maggiore controllo e personalizzazione per chi pubblica video su Facebook: adesso sarà possibile scegliere la data di estinzione di un video, gestirne di privati e cambiare i metadati dopo l’upload.

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Lavoro: se serve, fate pure un passo indietro. Non rischiate.

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Dopo tanto, nel lavoro e in amore potete pure vivere di rendita.

Vergine 24/08 - 22/09

I tanti sforzi ripagano: benefici per portafogli, lavoro e amore.

CONCERTI Le date del mese Morrissey: 7 Napoli Crosby Stills & Nash: 1 Milano, 3 Padova, 4 Roma Eros Ramazzotti: 7, 9 e 10 Assago, 12 Firenze, 14 e 16 Roma, 18 Castel Morrone, 20 Casalecchio di Reno Mario Biondi: 8 Napoli Max Pezzali: 2 Firenze, 6 Livorno, 8 Roma, 13 Perugia, 15 Bari, 17 Acireale, 20 Eboli, 22 Casalecchio di Reno, 24 Torino, 27 Genova, 29 Modena, 31 Verona Cesare Cremonini: 21 Mantova, 23 Torino, 24 Genova, 27 Roma, 30 Pesaro, 31 Casalecchio di Reno Stereophonics: 20 Milano Take That: 13 Assago Nek: 13 Mantova, 14 Mestre, 16 Bologna, 17 Senigallia, 19 Pescara, 20 Napoli, 22 Palermo, 23 Catania, 25 Reggio Calabria, 30 Firenze, 31 Santa Croce sull’Arno.




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