Selezione di Sapori | 2017 02

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I L M A G A Z I N E D I VA L S A N A | 0 2 . 2 0 1 7


SOMMARIO

EDITORIALE di martina iseppon

Ci avviciniamo alla primavera: tempo di asparagi, di pecorini freschi, di formaggi di capra. Eccoci allora con: un’intervista di Giulia Basso a Enrico Grandis de La Capreria; una proposta di Pecorini “fermier”, scelti da Gino Magro; una carrellata di formaggi e salumi da abbinare agli asparagi, suggeriti da Alessandro De Conto. E’ anche tempo di Quaresima: abbiamo chiesto a Danilo Gasparini di raccontarci alcune curiosità storiche sul “Vitto Quaresimale”, influenzato nei secoli dalle regole imposte dalla Chiesa. Vi proponiamo il calzone “di magro” della Pizzeria Zero81 con Scarola, Olive Taggiasche, Capperi e Acciughe. E, in vista della Pasqua, vi anticipiamo un’inaspettata novità al cioccolato. Senza dimenticare il nostro percorso di approfondimento sulle etichette e sugli additivi alimentari con un focus sul Glutammato Monosodico, a cura di Giorgia Barbaresco. SELEZIONE DI SAPORI: Il magazine di Valsana Team editoriale: Alessandro De Conto, Giorgia Barbaresco, Giulia Bassetto, Danilo Gasparini, Martina Iseppon

Martina Iseppon

Direttore: Giulia Basso Editore: Valsana srl Via E. Maiorana 3/A - Santa Lucia di Piave TV

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SOMMARIO MARZO | APRILE 2017

visita alle grotte del caglieron 04 intervista al produttore | la capreria 06 ABBINAMENTI DI STAGIONE | GLI ASPARAGI 10 LOVE PIZZA | PIZZERIA ZERO81 12 SCELTI DA GINO | PECORINI FERMIER

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ETICHETTE DA SCOPRIRE | SENZA GLUTAMMATO

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STORIA & STORIE | GUSTARE DI MAGRO

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SORPRESE DI PASQUA 22 RICETTE DA PROVARE | TRIS DI FAGIOLI

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NOTIZIE DA VALSANA | SPECIALE GOURMANDIA

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visita alle grotte del caglieron

le grotte del caglieron Visita alle Grotte del Caglieron a Fregona (TV) per scoprire come matura l’omonimo formaggio

A inizio febbraio abbiamo incontrato Christian Roldo, direttore dell’Agricansiglio di Fregona (TV) che ci ha portato a visitare le Grotte del Caglieron, dove da un paio d’anni hanno iniziato a stagionare l’omonimo formaggio. Il Formaggio Grotte del Caglieron è innanzitutto un formaggio prodotto con latte vaccino crudo di montagna: “Utilizziamo esclusivamente latte proveniente da una selezione di aziende situate in area montana, sull’altipiano del Cansiglio e sulle Prealpi Trevigiane” - ci racconta Christian.

Dopo una maturazione di 10-15 giorni in caseificio, quando si è formata la crosta viene portato in grotta dove rimane circa 60 giorni. Presenta una pasta di colore paglierino, con occhiatura medio piccola e irregolare, elastica, umida, poco adesiva e con buona solubilità. Al naso ha un aroma intenso di burro cotto, yogurt, note minerali, di fermentato e di legno umido. Al palato è dolce, leggermente acidulo, con una buona sapidità.

Formaggio Grotta del Caglieron

Formaggio Grotta del Caglieron piccolo

cod 30601 peso 2 kg circa

cod 30602 peso 700 g circa VALSANA 04


foto: lucianovettorato.blogspot.it

le grotte del caglieron Le grotte del Caglieron sono un complesso di cavità in parte di origine artificiale e parte di origine naturale. Quella naturale è una profonda forra incisa dal torrente Caglieron, con numerose cascate, alte parecchi metri. Sulle pareti si aprono delle grandi cavità artificiali: si tratta di cave, che risalgono al 1500, per l’estrazione dell’arenaria, la tipica “pietra dolza “ (pietra tenera), utilizzata nei palazzi di Vittorio Veneto e dintorni. VALSANA 05


INTERVISTA AL PRODUTTORE

INTERVISTA AL PRODUTTORE

Enrico Grandis e la Capreria di Montegalda (VI): pionieri dei formaggi biologici di capra

Quando decise di puntare tutto sull’allevamento di capre da latte, all’inizio degli anni ’80, Enrico Grandis era un pioniere.

Siamo a Montegalda, in provincia di Vicenza, in una zona pianeggiante a ridosso dei Monti Berici.

Attorno a lui, nella campagna dove aveva deciso di trasferirsi insieme alla moglie, gli unici allevamenti presenti erano quelli bovini. Oggi, a distanza di 35 anni, il panorama attorno è cambiato, ma lui è rimasto lo stesso.

Qui Enrico, aiutato dalla moglie, dalla figlia Arianna e da sei preziosi collaboratori, oggi come ieri si occupa di tutti i passaggi della produzione: dalla stalla al caseificio, dal latte al formaggio.

La sua azienda agricola, “La Capreria”, dove alleva 250 capre e produce una grande varietà di formaggi, tutti biologici, adesso è circondata da colline tappezzate di vitigni.

Con la certezza ormai che la sua scelta pionieristica si è rivelata vincente.

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Abbiamo intervistato Enrico e sua figlia Arianna Cosa l’ha convinto a puntare sul latte di capra in un’epoca in cui gli unici caprini conosciuti erano quelli francesi? La capra è un animale che in Italia è stato bistrattato. Negli anni Trenta fu emanata una legge che imponeva una tassa su questa specie, modificata solo agli inizi degli anni ’80, quando noi avviammo l’attività. A convincermi furono amici esperti e lungimiranti. Ci fu chi mi sottolineò, oltre ai vantaggi organolettici del latte, anche il fatto che causasse meno intolleranze e allergie rispetto al latte vaccino. Chi mi confermò che nelle fiere iniziavano a circolare esemplari da riproduzione. E l’animale mi piaceva: era piccolo, a misura d’uomo, e per un’azienda di dimensioni ridotte come la nostra poteva essere la soluzione perfetta.

Qual è stato il primo formaggio che ha prodotto? Sono partito nell’83, con il Tommasino, un formaggio fresco, molto adatto anche alla prima infanzia per la sua digeribilità. L’ho chiamato come mio figlio Tommaso, che all’epoca aveva tre anni, ed era il bambino con il secchiello che rappresenta ancora oggi il nostro marchio. Lei è stato un pioniere anche nel biologico. Perché ha fatto questa scelta nell’89? Questa è stata la seconda scelta vincente per La Capreria. Nel biologico ci abbiamo sempre creduto, ci stanno a cuore l’ambiente e i nostri animali. All’epoca contribuimmo all’elaborazione delle regole, che alcuni anni dopo divennero legge. Oggi oltre a certificare tutto il nostro ciclo produttivo, ci aggiungiamo anche l’utilizzo di energie rinnovabili, dal fotovoltaico al solare termico, e di un sistema di fitodepurazione. (continua)

VALSANA 07 foto: foodstories.it


INTERVISTA AL PRODUTTORE

Capre e ciclo di lattazione “Il ciclo di lattazione delle capre influisce non solo sulla disponibilità, ma anche sulla qualità del latte”

gen

feb

mar

apr

parto

mag

giu

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ago

set

ott

ciclo di lattazione latte ricco di nutrienti

nov

asciutta

latte più magro

dic parto

poco latte più grasso

formaggi a pasta dura formaggi a pasta molle

formaggi a pasta molle

Il ciclo di lattazione delle capre influisce sul tipo di latte che producono. Come si comporta un buon casaro?

ricco di nutrienti, poi d’estate diventa più magro. A settembre e ottobre è davvero poco, ma più grasso e concentrato.

Abbiamo latte per dieci mesi e mezzo all’anno. Le nostre capre vanno in asciutta e poi partoriscono da metà dicembre a fine gennaio.

Così per produrre i formaggi a pasta dura si privilegia il periodo estivo. Mentre quelli a pasta molle vengono meglio in primavera ed autunno. I formaggi freschi invece si possono produrre per tutto l’anno.

Ma il loro latte varia nei mesi seguenti: a marzo ed aprile c’è il massimo della produzione ed è

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Giulia Basso


foto: foodstories.it

I prodotti Rigorosamente biologici, prodotti con il latte ottenuto da capre allevate nella stessa azienda agricola

crescenza di capra biologica

ricotta di capra biologica

tommasino di capra biologico

verde di montegalda biologico

Un caprino fresco e cremoso prodotto con latte biologico. Dolce, leggermente acidulo con importanti note lattiche

Ricotta di capra prodotta da agricoltura biologica. Dolce e profumata, i sentori di capra sono appena percettibili

Un erborinato veneto biologico prodotto con latte ovino e caprino. Dolce, con leggere note animali e spiccati aromi lattici

cod 21270 peso 250 g circa

cod 21264 peso 200 g circa

Un caprino fresco e cremoso prodotto con latte biologico. Acidulo, con note ircine assolutamente non invadenti, buona la persistenza cod 21271 peso 190 g circa

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cod 21260 peso 600 g circa


abbinamenti di stagione

GLI ASPARAGI Bianchi, verdi, violetti o selvatici: protagonisti in cucina in tutte le loro sfumature

Già raccolto tra Tigri e Eufrate in tempi ben remoti, sembra siano stati gli antichi Romani – altri dicono i Greci – a dare il nome all’asparago. Seguendo il criterio cromatico, possiamo distinguere tra asparagi:

• bianchi, immacolati in quanto coltivati in assenza di luce,

• verdi, che germogliano all’aperto (da cui il colore della clorofilla),

• violetti, originariamente bianchi ma con •

le punte che bucano il rifugio sotterraneo esponendosi così al sole per colorarsi, selvatici, di forma sottile e colore verde uniforme, che crescono spontanei.

Seguendo la scala cromatica si può ricostruire anche quella del gusto: dai bianchi più delicati ai verdi dal gusto più intenso, fino a quelli violetti e selvatici che presentano dei toni di amaro.

Asparagi Bianchi al naturale cod 96224 vaso da 580g | 300g peso sgocciolato

Da: verduredistagione.it VALSANA 10


Bianco

Dolce, delicato e leggermente sulfureo, l’asparago bianco si accompagna a salumi caratterizzati da sensazioni di grasso, sapidità e carattere

prosciutto toscano dop

speck bernardi

pancetta campagnola

Stagionato almeno 18 mesi, dalla caratteristica speziatura con il pepe. Al palato è poco sapido ed equilibrato, con leggere note di tostato

Uno speck artigianale prodotto con passione da Karl Bernardi, dal gusto equilibrato, non troppo sapido, delicato nell’affumicatura e speziatura

Pancetta di suino di dimensioni importanti ottenuta da suini nazionali dal gusto dolce, con note di burro e un leggero aroma di spezie

cod 79165 | peso 11 kg con osso

cod 81050 | peso 5 kg

cod 78249 | a metà s.v. da 5-6 kg

Verde

Intenso, erbaceo, con note tostate, l’asparago verde si abbina a formaggi con buoni spunti di sapidità e con piacevoli note di burro cotto e panna

Pecorino Fresco di Pienza

Castelrosso

Brie de Meaux AOC Donge

Pecorino morbido prodotto dal Caseificio Cugusi con latte ovino proveniente dal gregge dell’azienda e dalla Val d’Orcia. E’ dolce e delicato, con note floreali, di latte e burro

Formaggio piemontese prodotto con latte vaccino dal gusto dolce, a volte un po’ sapido con sentori di erbe e frutta tostata, note di cantina e di fungo

Il Brie per eccellenza, prodotto dalla Fromagerie Dongé con latte vaccino crudo. Ha un gusto dolce e leggermente acidulo, con sentori di noci, erbe, nocciola e frutta

cod 31510 | peso 1,3 kg circa

cod 31041 | peso 3 kg circa

cod 46712 | peso 3 kg circa

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love pizza

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love pizza La pizza napoletana a Treviso, grazie a Sergio Gargiulo della pizzeria Zero 81

Se anche a Treviso si può assaggiare una buona pizza napoletana, il merito è di Sergio Gargiulo della Pizzeria Zero81. Sergio è originario di Castellammare di Stabia, in provincia di Napoli, patria per eccellenza della pizza italiana. Dopo aver lavorato come pizzaiolo nel vicentino, a Bassano del Grappa, decide di tornare nel suo paese di origine, dove, per circa un decennio, si dedica al settore immobiliare. E’ il 2015 quando Sergio decide di lasciare coraggiosamente il suo lavoro per trasformare la grande passione di pizzaiolo, che nel frattempo ha continuato a praticare fra le mura domestiche, in vera professione. Accompagnato e sostenuto dalla famiglia, fa quindi ritorno nel nord Italia, a Treviso, e apre la sua pizzeria: Zero81. Nonostante la distanza da Napoli, il profondo legame con la sua terra e le sue tradizioni emerge con forza nella pizza che produce.

L’impasto: rigorosamente fatto a mano, ogni giorno, con farine biologiche certificate, acqua, sale artigianale di Trapani e lievito di birra. Solo se lavorato a mano, infatti, l’impasto raggiunge i livelli qualitativi desiderati da Sergio. La lievitazione: avviene a temperatura ambiente e dura un’intera giornata. La cottura: solo su forno artigianale napoletano ed esclusivamente con legna proveniente da boschi italiani. Il condimento: la pizza è guarnita con ingredienti italiani di assoluta eccellenza, primi fra tutti il Pomodoro San Marzano Dop schiacciato a mano e il fiordilatte campano. Il risultato di queste scelte è una pizza con un cornicione pronunciato, morbida, scioglievole, leggera e digeribile. Una vera pizza napoletana. Giulia Bassetto

Ecco gli elementi che rendono unica la pizza di Zero81:

La proposta: calzone con Scarola, Olive Taggiasche, Capperi Selargini, Bufala Affumicata, Alici di Cetara e Olio Extravergine di oliva


scelti da gino

pecorini “fermier” Una provocazione, ispirata al concetto francese di “fermier” che presenteremo anche nei prossimi giorni al Taste di Firenze: una selezione di pecorini artigianali a filiera corta • fermier: formaggio “di fattoria” prodotto con

Siamo partiti dall’idea di filiera corta, un aspetto che ha sempre più peso per noi tra i criteri di selezione, e giocando con le parole siamo arrivati al concetto di “fermier”.

In Francia, un formaggio AOC è classificato in quattro categorie, in base al tipo di produzione:

metodi artigianali da un unico produttore, usando solo il latte del proprio allevamento artisanal: formaggio prodotto da un unico produttore, ma con latte proveniente anche da altri allevamenti oltre al suo.

pecorino signor g biologico

pecorino di pienza semistagionato

pecorino crotonese fresco

pecorino mas volterrano

cod 30999 peso 1,3 kg circa

cod 31511 peso 1,3 kg circa

cod 31415 peso 1,5 kg circa

cod 30994 peso 2,5 kg circa

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maschio o bio

• coopérative: prodotto in un unico caseificio •

con latte proveniente da una cooperativa di allevatori industriel: prodotto con metodi industriali con latte proveniente da zone più o meno ampie.

Ecco quindi la nostra selezione di pecorini “fermier”, che rispondono ai tre requisiti dei formaggi “di fattoria”: (1) sono prodotti con metodi tradizionali (2) all’interno dello stesso caseificio aziendale (3) da produttori-allevatori che utilizzano solo il latte del proprio gregge. Il primo è il Signor G, un pecorino a latte crudo a pasta morbida, prodotto a Volterra dalla Fattoria Lischeto. Restiamo in Toscana con il Pecorino Semistagionato di Pienza Rosso, prodotto da Cugusi (che in alcuni periodi dell’anno utilizza anche latte di altri allevatori locali). Un gusto

più sapido, ma con note lattiche e floreali, caratterizza il Pecorino Crotonese Fresco dell’Azienda Agricola Maiorano di Crotone. Torniamo di nuovo alla Fattoria Lischeto con il biologico Maschio Volterrano, un pecorino stagionato dal sapore intenso, con aromi di miele, frutta secca e burro. Continuiamo con gli aromi più fruttati e speziati del siciliano Piacentinu Ennese DOP, dell’Azienda Agricola Di Venti, prodotto con il latte di razze ovine autoctone e l’aggiunta di pepe e zafferano. Nel Pecorino di Fossa della Gastronomia Beltrami, stagionato in un’antica neviera, ritroviamo sentori di frutta matura e cantina. Concludiamo la degustazione con il Fiore Sardo DOP Biologico Stagionato del Caseificio Bussu, formaggio dal sapore deciso e piccante, con sensazioni ovine, note di frutta secca e di affumicato.

Piacentinu Ennese DOP | Di Venti

pecorino stagionato in fossa | beltrami

fiore sardo dop bio stagionato

cod 21433 peso 4 kg circa

cod 31372 peso 2,5 kg circa

cod 31434 peso 3 kg circa

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etichette da scoprire

SENZA GLUTAMMATO Un focus sul glutammato monosodico: se la materia prima è di qualità e il processo di produzione rispettoso l’utilizzo di un “insaporitore” non è necessario

A volte si fa un po’ di confusione e si sente parlare di prodotti senza glutammato senza sapere bene di cosa si tratta. In questo numero ci proponiamo di fare un po’ di chiarezza. Il glutammato monosodico fu scopreto in Giappone nel 1908 all’università di Tokyo, quando il dottor Kikunae Ikeda lo estrasse da un’alga marina (kombu, foto in alto). Il sapore del glutammato in giapponese venne detto “umami” che significa saporito, delizioso. Si tratta di un aminoacido contenuto nelle proteine degli alimenti che spesso consumiamo come latte, formaggi, funghi, carne, pesce e molti vegetali. In natura la presenza non è dannosa come abbiamo visto per i nitrati nel precedente numero - il problema, come spesso accade, è legato alla quantità. Nell’industria alimentare il glutammato monosodico, additivo utilizzato per insaporire i cibi e per la preparazione dei dadi da brodo, rientra nella categoria degli “esaltatori di sapidità” e viene identificato con la sigla E621. Negli ultimi anni sono stati condotti parecchi studi con l’obiettivo di definire l’eventuale

pericolosità per la salute del glutammato monosodico. L’European Food Information Council (Eufic) lo definisce come una sostanza che può essere utilizzata per esaltare il gusto degli alimenti senza rischi per la salute. Non vengono indicati limiti di assunzione o quantità raccomandate e questo farebbe pensare a un ingrediente totalmente innocuo. D’altra parte non ci sono riscontri che possano dichiarare con certezza che il glutammato e’ un additivo sicuro e, di recente, una direttiva della Comunita’ Europea ha bandito l’uso del glutammato nei prodotti per l’infanzia. Il suo consumo è stato correlato alla comparsa di obesità, intolleranze, allergie, sensibilizzazioni, sintomi momentanei e patologie degenerative molto gravi, e come spesso accade si possono trovare ricerche e pareri del tutto favorevoli o del tutto contrari al suo consumo e impiego. Secondo alcuni esperti, nello specifico, sarebbe la precoce esposizione al glutammato, presente quasi ovunque nei moderni cibi industriali, a provocare i problemi sopradescritti.

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Non vogliamo schierarci con l’una o l’altra posizione, non siamo degli esperti. Vogliamo soltanto fare una riflessione sul tema che ci è più caro, la qualità della materia prima e i motivi per cui il Glutammato viene impiegato. Questo additivo viene utilizzato dall’industria per aromatizzare alimenti che ormai hanno perso il loro sapore originario. La domanda che ci poniamo quindi è: “Davvero un brodo di verdure, un sugo di pomodoro, una confezione di funghi o un salume di qualità hanno bisogno di un esaltatore di sapore?” Probabilmente no, se fossero preparati con ortaggi freschi e di stagione e se il processo di produzione non

impoverisse troppo la materia prima (ammesso che qust’ultima sia di qualità). Possiamo quindi concludere che l’impiego del glutammato monosodico è la conseguenza dell’impoverimento della qualità e delle caratteristiche organolettiche degli ingredienti utilizzati. Al di là, quindi, della sua sospetta pericolosità, il glutammato rappresenta di sicuro l’inganno dell’industria nei confronti del consumatore che ama la cucina e i prodotti di qualità, perchè conferisce sapore a cibi che, se pesantemente manipolati, non sanno più di nulla. E questo aspetto diventa importante nella scelta di ciò che desideriamo avere sui nostri piatti. Giorgia Barbaresco

Etichette pulite Prosciutto cotto, mortadella, funghi trifolati, ketchup: quattro tipologie di prodotti che spesso contengono il glutammato monosodico, qui in una versione “pulita”

Cotto Lenti & Lode

Funghi prataioli Ketchup trifolati Classico bio

Mortadella Classica Bonfatti

Cotto preparato secondo la ricetta originale del 1935 di Attilio Lenti con cosce italiane di grossa pezzatura. Come tutti i prodotti Lenti è privo di polifosfati aggiunti e di glutammato, senza fonti di glutine e derivati del latte, OGM free e ha un contenuto di sale < 1,84%

Funghi prataioli coltivati in fungaia, raccolti, lavorati da fresco e semplicemente scottati come si fa a casa, quindi conservati in olio di girasole. I funghi di DelSanto sono privi di additivi aggiunti: senza conservanti, senza glutammato, senza amido

Ketchup denso prodotto con il migliore pomodoro italiano e una ricca miscela di spezie da Tuttovo. Fa parte della linea “Natura è Piacere”: salse prodotte con materie prime biologiche, italiane, no OGM, prive di glutine e lattosio, senza coloranti nè conservanti

Mortadella artigianale prodotta secondo la ricet­ ta bolognese con carne di suini nati e allevati in Italia. E’ priva di caseinati, glutine, glutammato, acido ascorbico, destrosio, fruttosio e polifosfati aggiunti. Contiene Nitrito di Sodio in percentuali molto inferiori ai limiti di legge

cod 78031 peso 11 kg circa

cod 96212 vasetto da 280 g

cod 94488 vasetto da 230 g

cod 78736 peso 5 kg a metà s.v.

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storia & storie

gustare di magro Quaresima, tempo per antonomasia di astinenza e digiuno. Tempo di Aringa con la Polenta e di Baccalà. E di Burro, unico grasso animale concesso dalla Chiesa.

Siamo nel pieno della Quaresima, il tempo per Dal IV secolo “il tempo della Chiesa” condiziona antonomasia dell’astinenza e del digiuno. il rapporto fra uomini e cibo: nel mondo cristiano il digiuno assume carattere propiziatorio o Prima le parole. penitenziale, e si pratica nel corso dell’anno Da un punto di vista etimologico l’italiano per oltre 100 giorni, nelle vigilie delle più Quaresima, come anche il francese carême, importanti feste, nelle quattro tempora (di deriva dal latino ecclesiastico quadragäsëma, primavera, estate, autunno e inverno) nei giorni femminile sostantivato dell’aggettivo di mercoledì, venerdì e sabato. Si alternano così quadragäsëmus “quarantesimo” e pertanto giorni di magro e giorni di grasso. Il digiuno ha significa propriamente “quarantesimo giorno” alla sua radice motivazioni diverse: si diceva (prima di Pasqua). motivi di ordine penitenziale legati all’immagine “pagana” del consumo di carne, che favoriva Digiuno deriva da jejunius, “affamato”, da cui l’eccesso di sessualità ma c’era anche una certa discende il suo contrario dis-jejunare, rompere dose di “Pacifismo” vegetariano di origine greca. il digiuno, che corrisponde al nostro desinare , o disnar e il francese déjeuner… Sarà soprattutto la Regola di San Benedetto (480-547 d.C.) a dettare le norme dietetiche per Nella pratica medica antica esisteva il digiuno il nascente monachesimo, che saranno fatte volontario come auto-disciplina o come terapia proprie dalla Chiesa intera. Da allora il tempo per le indigestioni tra repletio ed evacuatio. della religione condizionerà il regime alimentare.

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Danilo Gasparini insegna Storia dell’Agricoltura e Storia dell’Alimentazione all’Università di Padova, è docente presso il Master di Ca’ Foscari in “Cultura del cibo e del vino” ed è ospite e consulente fisso per Geo&geo, Rai 3, in una rubrica curata da Sveva Sagramola, dedicata alla storia alimentare e del cibo

Il Vitto Quaresimale per eccellenza: il pesce Da qui la necessità di trovare cibi sostitutivi per 100-150 giorni l’anno. Questa la lista: formaggio, uova, pesce, anche d’acqua dolce e non solo di mare, tra cui spiccano il merluzzo (baccalà) e l’aringa. Un tempo, nelle zone povere del Veneto e della Toscana, c’era l’uso di “battere” un’aringa affumicata sopra delle fette di pane per “mangiarne” il profumo, o di appenderla al soffitto e sfiorarla con una fetta di polenta. Nelle occasioni speciali si usava arricchire la polenta di tutta la famiglia con un’aringa, perché un solo pezzettino bastava ad insaporirne una grande quantità. C’è una clip, nel film di Bernardo Bertolucci Novecento, dove la famiglia del bracciante recita questo rito di miseria davanti

all’aringa che oscilla nel vuoto. Il pesce diventa simbolo della dieta monastica e quaresimale, si carica di valori penitenziali, si eleva a simbolo di una “leggerezza” gastronomica, fisiologica. Il tutto viene simbolicamente raffigurato in letteratura e in arte nella battaglia fra Carnevale e Quaresima, tra carne e pesce, che si traduce, ancor oggi, e questo è un retaggio a cui nessuno pensa, nella pratica del menu a base di carne e a base di pesce . I ricettari stessi sono organizzati attorno a questa divisione. Poi il Concilio di Trento sanzionerà con appositi decreti l’obbligatorietà dell’astinenza dalla carne e quindi la liceità del consumo del pesce. (continua)


storia & storie

Il Burro: un grasso animale concesso dalla Chiesa

Gli obblighi di astinenza imposti dalla Chiesa costrinsero giocoforza a sostituire il lardo con l’olio vegetale e il burro.

poi, tra XVI e XVII secolo, una marcia trionfale, quella del burro nelle cucine italiane e non solo, tanto da sostituire via via il lardo.

La contrapposizione fra “regioni dell’olio” e “regioni del burro” si traduce spesso in quella fra la “cucina leggera… magra” e “cucina pesante grassa”, anche se il burro ha le stesse radici culturali del lardo, e come prodotto animale va ricompreso, alla stregua della carne, nei divieti imposti dalla religione nei periodi di astinenza. La dieta quaresimale comporta pertanto la sostituzione dell’olio al lardo e al burro; ma, mentre il lardo è una derrata generalmente diffusa, olio e burro sono fortemente localizzati, l’uno per ragioni geografiche, l’altro per motivi culturali, così che l’alternanza grasso/magro, semplice dove prospera l’ulivo (e dove il burro è pressoché sconosciuto) diventa seriamente problematica in tutto il nord, dove l’olio è una derrata d’importazione, rara e costosa.

Difficile per il burro l’accoglienza nel sistema alimentare regolato dalla medicina. Scrive il medico padovano Michele Savonarola da Padova, medico di Niccolò d’Este: “…molto l’usano in loco de olio…ma el buthiero nuoce al stomeco e ai soi villi, quelli relaxando, e a chi non l’a usato , ge turba el stomeco… forse questo è una dele rasone il perché nel’Alemagna se trova tanti rognosi e leprosi… non è pasto da tua Signoria”.

Alla Chiesa non resta che ritoccare il concetto di grasso, dichiarando che il lardo fuso “oleum lardinum”, e il burro sono canonicamente ammessi come succedanei dell’olio. Anche nelle regioni italiane, all’annuncio di un rincaro del prezzo dell’olio, per cattivi raccolti o per difficoltà di importazione, la Chiesa concedeva delle licenze per usare il burro in Quaresima. Ma soprattutto fu il burro ad essere ammesso come alternativa all’olio. Il sistema integrato è chiaro: olio e burro nella cucina magra, lardo nella cucina grassa. Sarà

Ma il burro poi conquisterà la gastronomia. Nel corso di tale vicenda il burro finì per cambiare statuto, diventando un prodotto “alla moda” anche negli usi delle classi privilegiate del sud. Il momento decisivo di tale svolta pare che avvenne nel XV secolo, come testimonierebbero le ricette di Mastro Martino. Nel Cinquecento la cucina di corte faceva ormai regolarmente uso del burro, e l’Opera di Scappi costituisce un esempio di come scegliere il grasso: lardo e strutto per i giorni di grasso; burro per i giorni di magro (venerdì e sabato); olio d’oliva o di mandorle per le vigilie e le quaresime. 
Il burro poteva però all’occorrenza anche sostituire gli altri grassi. 
Tra Sette-Ottocento l’avanzata del burro continuò. E oggi, riguardo al burro siamo qui, alternando demonizzazioni e riabilitazioni: il burro è nella nostra storia e vi deve rimanere, con orgoglio e magari con avara manus, come consigliavano i medici.

Foto di testi antichi per gentile concessione della Biblioteca Internazionale “La Vigna” di Vicenza

Danilo Gasparini


Concessi in Quaresima Pesce, soprattutto, nelle campagne Venete, Aringa e Baccalà. E burro, rigorosamente fatto con la zangola (baratte)

Aringa Affumicata Sciocca

Baccalà Delicato

Baccalà Mantecato

Beurre de Baratte dolce

Filetti di aringa argentata, affumicati a freddo e delicatamente salati. Si distingue per la delicatezza delle sue carni, dolci e gentilmente affumicate. Pronta all’uso, non necessita di interventi di desalatura.

Baccalà tipo vicentina preparato senza l’uso di farine, addensanti, latte od altri ingredienti meno pregiati, come si usa fare per il merluzzo fresco in preparazioni similari per aumentarne la resa.

Baccalà mantecato ottimo per antipasti sfiziosi. Mantecato con olio di semi di girasole ed olio extravergine di oliva in giusto rapporto, mantiene un’eccezionale delicatezza organolettica.

Burro dolce prodotto in Bretagna con il metodo tradizionale (Baratte). Al naso piacevoli e delicate sensazioni lattiche invitano all’assaggio; al palato è dolce ed elegante, buona la sensazione grassa senza essere untuoso.

cod 94130 filetti da 150 g circa

cod 93696 vaschetta da 130 g circa

cod 93691 vaschetta da 130 g circa

cod 45340 peso 125 g

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sorprese di pasqua


sorprese di pasqua Vi presentiamo due novità: un prodotto tradizionale, il Prosciutto di Agnello, e uno davvero fuori dal comune: il Choco 21, un blu con liquore al cioccolato

L’idea di creare un erborinato al cioccolato è venuta a Sergio e Susanna Moro, vedendo una ricetta dello chef Cannavacciuolo in cui si abbinavano in un dessert Gorgonzola e Cioccolato. All’origine di questo formaggio c’è quindi un abbinamento “stellato”, anche se non è poi così infrequente trovare degli erborinati protagonisti di preparazioni dolci. Il Choco 21 è un erborinato a latte vaccino che prende il nome dall’omonimo liquore di Roberto Castagner a base di cioccolato del Centro America (Ecuador) e Africa (Ghana e Camerun). L’erborinato viene “ubriacato” con questo superalcolico dopo essere stato forato, utilizzando una particolare tecnica di affinamento. L’aspetto è davvero invitante e curioso, la pasta presenta un’ erborinatura ben distribuita

ed evidenti sono le infiltrazioni del liquore al cioccolato; la crosta è completamente ricoperta da cacao in polvere e la superficie superiore è guarnita da chips di cioccolato bianco e fondente. Il sapore è dolce, l’apporto zuccherino e leggermente liquoroso del Choco 21 ben bilancia la leggera sapidità dell’erborinatura e la cremosità della pasta. Un’ esperienza davvero unica, come unica è la creatività di Sergio e Susanna. Il Prosciutto di Agnello arrosto è un salume cotto, prodotto con carne di agnello Neozelandese da Bernardini Gastone, in Toscana. Il cosciotto viene cotto al forno, su griglia, in modo tale che la carne non rimanga a contatto con il grasso. Ne risulta un gusto estremamente delicato, con una buona solubilità. Alessandro De Conto

choco 21 blu al cioccolato

Prosciutto di Agnello arrosto

cod 30798F02 | peso 1,5 kg circa s.v.

cod 82037 | peso 1 kg circa

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RICETTE DA PROVARE

foto: fagiologialetdellavalbelluna.blogspot.it

tris di fagioli Vi proponiamo alcune ricette con tre varietà di fagioli tradizionali del Bellunese, coltivati dalla Cooperativa La Fiorita di Cesiomaggiore (BL) La Cooperativa Agricola “La Fiorita” di Cesiomaggiore (BL) è sorta nel 1977 e ad oggi conta 252 agricoltori associati, che operano principalmente sul territorio della Vallata Bellunese. La Cooperativa è impegnata nella tutela, promozione e valorizzazione del proprio territorio e dei prodotti agricoli tipici e locali.

Fagiolo Gialèt

Sono state recuperate diverse produzioni che rischiavano di andar perdute, e che oggi possono vantare la certificazione IGP. Con particolare attenzione La Fiorita si è dedicata al recupero di varietà di fagioli tradizionali, storicamente presenti nella Val Belluna e nel Feltrino già dal ‘500, oggi produzioni rare e di nicchia.

Fagiolo di Lamon IGP

Fagiolo bala rossa

Un fagiolo anticamente coltivato dai contadini per essere venduto ai ceti più agiati. Presenta dei semi tondeggianti di colore giallo intenso con sfumature verdi. E’ tenerissimo e con una buccia molto fina. Grazie alla cottura, aumenta notevolmente le sue dimensioni e la digeribilità ma tende a perdere parte della caratteristica colorazione. Al palato è molto delicato.

Prende il nome dall’omonimo altopiano su cui è coltivato, al confine con il Trentino. E’ un prodotto unico nel suo genere grazie alle particolari condizioni del terreno e alle tecniche di coltivazione biologica: le piante vengono concimate solo con letame. Presenta una buccia sottile e molto solubile. Lo contraddistinguono la delicatezza del gusto e la grande digeribilità.

Un’antica e importante varietà tradizionale del Feltrino, appartenente alla famiglia dei Borlotti ma decisamente più digeribile grazie alla buccia sottile. Il suo nome “Bala” (palla nel dialetto locale) Rossa” deriva dal particolare colore rosato con striature rosse del seme. La pasta è morbida e il sapore è intenso, con leggere note di castagna.

cod 93720 | sacchetto da 300 g

cod 93722 | sacchetto da 500 g

cod 93721 | sacchetto da 500 g


Quiche di fagioli di Lamon e Radicchio

Quiche saporita con un ripieno di fagioli di Lamon, radicchio, speck, asiago e robiola | foto: salepepe.it

Fagioli di Lamon agrumi e mela renetta Insalata di fagioli di Lamon e mela renetta, con scorze di agrumi, servita con arancia a spicchi | foto: lacucinaitaliana.it

Gialet, garusoli e spinacino

Crema di Gialet con sopressa e schie

Crema di Farro e Borlotti

Polpettine Borlotti e Scarola

Una ricetta di Antonia Klugmann de L’Argine - Dolegna del Collio (Gorizia) | foto: identitagolose.it

Pomodori a dadini, farro e borlotti aromatizzati con salvia e timo, su crema di farro e fagioli | foto: salepepe.it

Ciccioli di sopressa a cubetti soffritta con l’aceto, ditalini al farro e schie cotte al forno su crema di Gialet | foto: masterchef.sky.it

Polpettine di borlotti e scarola saltata in padella, con mollica di pane e finocchietto | foto: salepepe.it

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speciale gourmandia

NOTIZIE DA VALSANA

Valsana è main partner di Gourmandia: vi aspettiamo nell’ex Filanda di Santa Lucia di Piave assieme a una trentina di produttori

Dal 13 al 15 maggio torna a Santa Lucia di Piave (TV) la seconda edizione Gourmandia – Le Terre Golose del Gastronauta. Un evento all’insegna del gusto con centinaia di produttori artigianali, nato dall’intuizione di Davide Paolini - fondatore del Gastronauta e giornalista enogastronomico del Sole 24 Ore e di Radio 24. Dopo Taste a Firenze e Milano Golosa, Davide Paolini ha deciso lo scorso anno di organizzare anche in Veneto, nell’ex filanda di Santa Lucia di Piave (TV), una tre giorni dedicata al buon cibo. Una scommessa vinta, con un’ottima affluenza di pubblico e numerosi operatori del settore. Il format è lo stesso dello scorso anno: degustazione di prodotti artigianali all’interno dell’ex filanda, uno spazio esterno dedicato allo street food con le specialità regionali del cibo di strada, incontri e show cooking con chef e professionisti del gusto. Come ad esempio Emanuele Scarello de Agli Amici di Udine, Nicola Portinari de La Peca, Antonia Klugmann de L’Argine di Gorizia e Giancarlo Perbellini de La Casa di Perbellini. Vi sveliamo in anteprima i produttori che saranno con noi a Gourmandia:

01. Caseificio Castellan di Rosà (VI) 02. Alessandro Meggiolaro di Strà (VE) 03. La Fattoria di Segusino (TV) 04. Tenuta Borgoluce di Susegana (TV) 05. Petit Lorien di Udine (UD) 06. Caseificio Il Fiorino di Roccalbegna (GR) 07. Latteria di Chiuro di Chiuro (SO) 08. Salumificio Santoro di Cisternino (BR) 09. Caseificio Beltrami di Cartoceto (PU) 10. Cascina Oschiena di crova (VC) 11. Carozzi Formaggi di Pasturo (LC) 12. Salumi Trentini Fratelli Corrà di Predaia (TN) 13. Friultrota di S. Daniele del Friuli (UD) 14. Salumificio Lovison di Spilimbergo (PN) 15. Nicoletta di Donnas (AO) 16. La Meiro di Castelmagno (CN) 17. Savini Tartufi di Forcoli (PI) 18. Poggio San Giorgio di Agriano di Norcia (PG) 19. Bisini Gambetti di Modena (MO) 20. Salumificio Bonfatti di Cento (FE) 21. Montenevado di Segovia (Spagna) 22. Meggio di Grigno (TN) 23. Orizzonti del Pescatore di Susegana (TV) 24. Del Santo di S. Giustina in Colle (PD) 25. Grossetti Salumi di Strà di Nibbiano (PC) 26. Kaesekuche di Benningen (Germania) 27. Casa Graziano di Tizzano Val Parma (PR) 28. Latteria Moro Sergio di Oderzo (TV)

Ingresso gratuito per gli operatori di settore. Richiedi l’accredito all’agente di riferimento.



Valsana S.r.l. ∙ Via Ettore Maiorana, 3/A ∙ 31025 Santa Lucia di Piave (TV) ∙ Italy Tel. (+39) 0438 1883125 ∙ Fax (+39) 0438 64976 ∙ valsana@valsana.it ∙ www.valsana.it


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