Selezione di Sapori | 2022 02

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I L M A G A Z I N E D I VA L S A N A

MAR | APR 2022

NOVITÀ A CATALOGO Molino Moras: una nuova selezione di farine e un nuovo progetto VIAGGIO IN ANDALUSIA Alle origini del Pata Negra assieme a Monte Nevado


EDITORIALE 4

Il secondo numero del nostro magazine è quello che ci traghetta verso la primavera. La natura inizia a risvegliarsi e pian piano anche noi ci scrolliamo di dosso il torpore dei primi mesi dell’anno. Abbiamo voglia di riavvicinarci ad alcuni sapori più leggeri, diversi buoni propositi per rimetterci in forma e una rinnovata energia per far sbocciare tanti nuovi progetti. E, qualche novità, in effetti, ce l’abbiamo da raccontarvi. In primis una collaborazione che parte un po’ più tardi del previsto a causa di un incidente sulle piste da sci: quella con Francesca Pisseri, che abbiamo conosciuto grazie ad Alte Imprese; veterinaria e consulente zootecnica, che ci ha avvicinato al mondo dell’agroecologia. Ci ha fatto riflettere sul legame tra allevamento e sostenibilità, tra alimentazione degli animali e biodiversità: temi oggi molto caldi, a cui abbiamo pensato di dedicare una rubrica di approfondimento. Iniziamo una nuova collaborazione anche con Molino Moras, un’azienda friulana, tutta al femminile, che ci ha colpito per l’attenzione alla filiera, alla genuinità del prodotto e alla sostenibilità del ciclo produttivo. Partiamo con quattro farine d’impianto che consentono un approccio trasversale a diversi utilizzi e diverse produzioni, con l’idea di ampliare poi la proposta. Un altro set di novità arriva invece da Monte Nevado, in Spagna: dal nostro viaggio in Andalusia di inizio gennaio, in visita ad alcune Dehesas durante la Montanera, vi abbiamo portato, tra le altre cose, un nuovo Jamón de Bellota 100% Ibérico, stagionato almeno 42 mesi e disponibile anche preaffettato. Un’idea per la Pasqua che si avvicina, per la quale ci siamo permessi di suggerirvi anche qualche altra proposta.

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Buona lettura. Martina Iseppon

SELEZIONE DI SAPORI: Il magazine di Valsana Team editoriale: Giulia Bassetto, Giulia Basso, Vittorio Castellani, Alessandro De Conto, Elisa Cibien, Enrico De Conto, Matteo De Santi, Gianluca Di Lello, Danilo Gasparini, Martina Iseppon, Sara Mazzucco, Anna Maria Pellegrino, Francesca Pisseri Direttore: Giulia Basso

In copertina: Mauro Pighin di Friultrota Foto di Beatrice Mancini Editore: Valsana srl Via degli Olmi, 16 Godega di Sant’Urbano Treviso Registrazione Tribunale di Treviso n. 2422 del 28/04/2017


SOMMARIO MARZO | APRILE 2022

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Viaggio a San Daniele · Dal calcestruzzo alla trota

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Viaggio in Andalusia · La Montanera

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Novità a catalogo · Molino Moras

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Speciale Pasqua · Uovo di capra

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Percorsi di Agroecologia · Introduzione all’Agroecologia

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Chiedilo al macellaio · Codone per tutti

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Il prodotto dimenticato · Pancetta Tesa Bertolin

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20 Dialoghi · La Guilde des Fromagers 22 Dietro le quinte · Fornitori o partner? 24 Economia al forno · Rustica e trasformista 26 L’Italia è servita · Il bollito è donna 28 I sommelier · Lavati in crosta 29 L’internazionale · Chaurce AOP 30 Conservazioni cosmopolite · L’affumicatura 32 La cucina di QB · La cenerentola degli agrumi

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viaggio a san daniele

DAL CALCESTRUZZO ALLA TROTA Alessandro De Conto Responsabile Commerciale

La famiglia Pighin negli anni ‘70 era nota nell’ambito di cave, ghiaie e calcestruzzi, poi un hobby di Bepi Pighin diede vita nel 1984 a Friultrota 3 minuti di lettura

Mauro Pighin lo conosciamo da oltre 25 anni, tuttavia ogni volta che gli facciamo visita la conoscenza si rinnova, ci sembra di scoprire nuovi aspetti, nuove evoluzioni e rientriamo in azienda con la consapevolezza di aver moltissimi punti in comune: passione per la gastronomia, attenzione al dettaglio, voglia di crescere e migliorare... e pure l’anno di fondazione. Infatti sia Friultrota sia Valsana sono nate nel 1984, a pochi mesi di distanza.

LA REGINA DI SAN DANIELE Trota di varietà iridea, allevata nelle risorgive del Friuli e delicatamente affumicata. Presenta carni di colore rosso arancio, compatte, sode e particolarmente magre. Al palato risulta dolce, con note di affumicato delicate e molto ben bilanciate 94090 | 900 g circa | baffa intera 94091 | 700 g circa | baffa preaff. 94095 | 100 g | busta

Mauro, la figlia Erica che conosciamo appena arriviamo, e poi ancora l’altro figlio Angelo, ci raccontano la nascita di Friultrota tenendo in mano un mosaico che narra la storia dell’azienda stessa (foto in basso a destra, pagina 5). L’opera è stata regalata alla famiglia Pighin dai dipendenti in occasione del trentesimo anniversario dell’azienda e riassume sapientemente le fasi salienti del percorso aziendale. Ma dopo aver letto il titolo vi starete chiedendo: “che c’azzecca il calcestruzzo con la trota?”. Beh in effetti non hanno molto in comune, tuttavia per la famiglia Pighin il legame è concreto. Il padre di Mauro, Giuseppe detto Bepi Pighin, che lavorava nell’ambito di ghiaie e cave nei pressi del fiume Tagliamento a San Daniele del Friuli, aveva l’hobby della pesca e un giorno, come si usa esordire nelle favole, buttò quasi per scherzo un migliaio di avanotti di trota in un laghetto. Se ne prese cura e dopo qualche anno si ritrovò pesci di 7/8 kg di cui doveva decidere le sorti.

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La qualità del pescato era ottima, tuttavia il prodotto non si poteva vendere fresco, era fuori standard per il mercato. Quindi Bepi disse: “ma perchè non lo trasformiamo in un prodotto pronto? Come possiamo pensare che una sposina che vive in un appartamento possa avere il tempo di prendere il pesce, deliscarlo e cucinarlo?“. Una vera e propria visione, era la fine degli anni Settanta.

Passione per la gastronomia, attenzione al dettaglio, voglia di crescere e migliorare: sono questi gli aspetti alla base della lunga amicizia che unisce Friultrota e Valsana

Prima di fondare un‘azienda sente l’esigenza di mettere a punto, anche se in modo rudimentale, un metodo che gli permetta di scaricare a terra la brillante idea, e qui arriva un’altra intuizione, ovvero il vagone di un treno. Sì, un vagone vero e proprio, uno di quelli che era servito come ricovero per gli oggetti salvati dalle abitazioni dopo il terremoto del 1976. Bepi lo riveste di acciaio inox e lo fa diventare un laboratorio di ricerca


e sviluppo, accanto al laghetto delle trote che si stava trasformando in allevamento. Chiudete gli occhi, immaginatevi la scena, fantastica! Ore e ore all’interno del vagone iniziano a dare frutti, il metodo di affumicatura è pronto. Nel 1984 viene fondata l’azienda nella sede di un ex-pantofolificio e nasce ufficialmente la Regina di San Daniele, per far compagnia al re, il prosciutto di San Daniele. Fin dal principio grande enfasi viene data alla salubrità dell’allevamento: acqua fresca attinta dal Tagliamento e da sue risorgive, bassa densità di pesci per metro cubo d’acqua, rispetto dei tempi di crescita naturali, utilizzo di mangimi che abbiano all’interno olio di pesce e farine di pesce, più simili possibile all’alimentazione naturale.

La ricerca e la valorizzazione della naturalità emergono anche sul prodotto finito, abbiamo modo di intuirlo passeggiando in produzione con Mauro: maniacale la cura nella spinatura a mano dei filetti, sapiente il metodo di affumicatura a base di legno di faggio (a freddo per la Regina e il Salmone, a caldo per Fil di Fumo e le Trote dello Chef), assenti i conservanti. Mauro e il responsabile di produzione Daniele ci confessano che una buona affumicatura non deve essere aggressiva, non deve essere protagonista. Incredibile vedere come camere di affumicatura di 30 anni siano ancora intatte e pulitissime: ti aspetti di vedere nero ovunque e invece una pulizia regolare e certosina ci restituisce alla vista un aspetto lindo e brillante, lo vedete voi stessi in copertina.

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Mauro Pighin ci racconta la storia di Friultrota illustrata in un mosaico donato dai dipendenti all’azienda: tutto nasce sulle rive del Tagliamento, dalla passione di suo padre per la pesca e una visione che ha precorso i tempi


viaggio a san daniele

Superfluo dire che non esiste aggiunta di fumo liquido e che il processo di produzione è lento e si compie in 4/5 giorni per la Regina di San Daniele.

TARTARE DI REGINA DI SAN DANIELE Tartare di trota di varietà iridea, leggermente affumicata e tagliata a cubetti di 4-5 mm circa; ottima tal quale o per arricchire una pasta, rigorosamente a crudo cod 94109 | peso 100 g

Uno splendido filetto di trota affumicato a freddo, ricco di Omega-3 e proteine nobili e scarico di grassi. Al palato è elegante e assolutamente non meno degno di un salmone; dolce e morbido all’ingresso in bocca, rivela gradualmente una leggera sapidità e una bilanciatissima affumicatura in totale assenza di sentori sgradevoli di fango o pesce stantio. Assolutamente apprezzabile in purezza, ma validissima anche in cucina, su una pizza bianca con misticanza, squacquerone e olive taggiasche o servita in semplicità su

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Prodotti buoni da mangiare ma anche ottimi per la salute, metodi di lavorazione appositamente studiati per preservare al meglio la ricchezza nutrizionale del pesce


Reportage fotografico di Beatrice Mancini

un crostino imburrato o ancora leggermente scottata per arricchire un orzotto con le verdure di stagione.

FIL DI FUMO Filetto monoporzione di trota salmonata, affumicato a caldo con legno di faggio, senza spine. Ottimo come secondo piatto o per arricchire pasta e risotti cod 94106 | peso 160 g circa

Ed è proprio quest’ultimo che mangiamo insieme in una osteria di San Daniele, ogni buon incontro si sa che termina con un buon piatto a tavola. Le chiacchiere scorrono veloci, qualche nuova idea, un po’ di sano amarcord, due scambi di opinioni su situazioni di mercato o le prossime fiere insieme ad Andrea, loro Responsabile Commerciale. E una certezza, ossia quella di essere di fronte a persone serie, che non a caso ci accompagnano in questa fantastica avventura da tantissimi anni. Lunga vita alla nostra collaborazione!

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TROTA DELLO CHEF SALMONATA Filetto monoporzione di trota salmonata cotto al vapore e affumicata a caldo, senza spine. Disponibile al naturale o in diverse aromatizzazioni cod 94103 | peso 150 g circa cod 94118 | alla mediterranea cod 94102 | alle erbe cod 94134 | agli agrumi


viaggio in andalusia

LA MONTANERA Martina Iseppon

Una visita guidata nella Dehesa a Villanueva de Cordoba, durante la stagione della Montanera, per scoprire come nasce il famoso Jamón Ibérico, a partire dall’allevamento

Responsabile Marketing

4 minuti di lettura

“Ale che facciamo? Partiamo lo stesso domattina oppure rimandiamo?” “Partiamo!” È la sera dell’11 gennaio di quest’anno, il giorno dopo alle 6.45 abbiamo il volo da Venezia a Madrid. Da qualche giorno in azienda è un disastro tra contagi e quarantene, siamo nel pieno della quarta ondata. Sono in ansia all’idea di lasciare l’azienda in un momento di difficoltà, anche perché dobbiamo fare il tampone a Madrid prima di rientrare, con il rischio di restare bloccati in Spagna. D’altra parte è un’opportunità unica, programmata da tempo: una visita nella Dehesa durante la stagione della Montanera, per toccare con mano l’allevamento del maiale iberico. Alessandro mi solleva dalla mia crisi di coscienza e alle 5.30 passa a prendermi a casa assieme a Enrico, destinazione Madrid!

JAMÓN DE BELLOTA 100% IBÉRICO Jamón Ibérico ottenuto da maiali di pura razza Iberica, alimentati esclusivamente a ghiande ed erba durante la Montanera. Ha una stagionatura minima di 42 mesi, al palato è dolce e intenso, piacevolmente tenace alla masticazione ma perfettamente solubile, con note di frutta secca e nocciola cod 79063 | 8,5 kg con osso cod 79068 | 4 kg disossato

È il primo viaggio internazionale dopo tanti mesi, finalmente un po’ di ossigeno. Arriviamo a Madrid e ci prendiamo un paio d’ore per fare una passeggiata nel centro storico, in attesa di incontrare Ulla Kruse - export manager di Monte Nevado - ad Atocha, la stazione centrale, dove prendiamo assieme un treno in direzione di Villanueva de Córdoba, provincia di Los Pedroches, nel sud della Spagna. Qui un pulmino ci attende per accompagnarci alla Dehesa del Rey, letteralmente “il pascolo del re”, la prima delle tre tenute di allevamento partner di Monte Nevado che visiteremo nel corso della giornata. Ci accompagna nella visita José Manuel Jimenez, responsabile della selezione dei maiali iberici. È lui che si occupa di identificare i maiali “pronti per il sacrificio”, visitando quotidianamente le diverse tenute VALSANA | 08

con cui Monte Nevado collabora, anche per verificare che siano rispettati gli standard di allevamento concordati. Entriamo nella Dehesa del Rey: 120 ettari di foresta per 65 maiali. Non ci posso credere: ciascun maiale ha a disposizione 2 ettari di pascolo, in un luogo meraviglioso.

La Dehesa è la foresta di querce dove i maiali vivono allo stato brado durante la Montanera Ci addentriamo nella tenuta, tra diverse tipologie di quercie: la Encina (leccio), che ha una foglia perenne, ghiande molto appetibili per i maiali e con un elevato contenuto di acido oleico; el Alcornoque, la quercia da sughero, sempre a foglia perenne, le cui ghiande maturano successivamente rispetto al leccio, dando la possibilità di prolungare la Montanera; el Quejico y el Rovere (quercia gallica e rovere) che hanno foglie caduche e ghiande precoci e un po’ più amare, che i maiali mangiano all’inizio della Montanera, quando non hanno alternative. Seguiamo José, che inizia a chiamare i maiali con un curioso richiamo - che Enrico non manca di imparare e sperimentare subito - e dalle querce più distanti li vediamo arrivare al trotto, a piccoli gruppi. “Sono abituati all’uomo - spiega José - perché la Montanera è fatta da tre elementi che si completano: la dehesa, il cerdo ibérico e il porquero”.


Il porquero è l’allevatore, colui che si prende Le fasi dell’allevamento del cerdo (maiale) cura dei maiali allevati al pascolo, li riconosce ibérico sono quattro. Lechón, maialino da uno a uno, li chiama per nome, li coccola. latte: fino ai 3 mesi viene allevato in recinto Sono incredibilmente socievoli e curiosi; con la madre. Marrano, tra i 4 e i 9 mesi: all’inizio si avvicinano con prudenza, ma poi, alla fine della Montanera i maiali più piccoli dopo aver verificato prendono il posto di quelli che sono che non siamo pericolosi, iniziano a stati macellati nella Alla Dehesa del Rey ciascun dehesa e iniziano la seguirci, controllando quello che facciamo. stagione del pascolo; maiale ha 2 ettari di pascolo: Sono anche super da ora in poi i maiali mangia circa 12 kg di ghiande vivranno sempre scattanti, nonostante liberi, alimentati con peso e dimensioni. al giorno e 1-3 kg di erba le ghiande rimaste, “Vivono allo stato erba e cereali. brado e fanno circa Primal, tra i 10 e i 15 km al giorno, sono liberi di muoversi e di 15 mesi: si nutrono principalmente di erba alimentarsi in libertà. Ogni maiale mangia e stoppie durante la primavera-estate, fino circa 12 kg di ghiande al giorno e da 1 a 3 kg di all’autunno, quando inizia la Montanera: in erba, per questo ogni capo ha a disposizione questa fase, da ottobre a marzo, il Gordo, 2 ettari di pascolo, perché l’alimentazione è mangia solo erba e ghiande per 4-5 mesi, del tutto naturale, senza integrazioni”. fino a raggiungere un peso di 180 kg. VALSANA | 09

José Manuel Jimenez è responsabile per la selezione dei maiali iberici per Monte Nevado. È stato lui la nostra guida durante il tour della Dehesa in Andalusia


viaggio in andalusia

L’eccellenza del Jamón Ibérico de Bellota è legata non solo all’alimentazione ma anche alla razza dell’animale, 100% iberico, e alle caratteristiche specifiche della sua carne, in particolare la proporzione relativa di grasso e la sua distribuzione all’interno del muscolo dell’animale.

JAMÓN DE BELLOTA 100% IBÉRICO PRE-SLICED Jamón de Bellota 100% Ibérico preaffettato a mano, in pratiche vaschette in ATM. Le fette sono ben separate e non sono a contatto con la plastica per rispettare al massimo la qualità di questo Pata Negra stagionato almeno 42 mesi cod 79074 | vaschetta da 80 g

le ghiande e, attenzione: le sbucciano! Mangiano solo il frutto e sputano il guscio!

Ci spostiamo in un’altra Dehesa, Enebrillo, dove abbiamo modo di capire come funziona l’intero ciclo di allevamento del maiale iberico. Qui infatti vediamo anche un piccolo gruppo di maialini da latte Le varietà di maiali La Montanera è il periodo tra e di marrano, che di razza 100% iberico vivono in grandi maggiormente allevati ottobre e marzo, durante il quale recinti ma che sono quattro: Retinto, periodicamente Entrepelado, Lampino i maiali iberici sono alimentati vengono liberati e e Torbiscal. Josè solo con erba e ghiande mandati al pascolo. preferisce il Retinto, Assistiamo alla sono questi infatti i “ricreazione” dei maiali che troviamo piccoli: quando José apre il recinto e li nella Dehesa del Rey: taglia media, di colore chiama corrono tutti tra le querce a rotolarsi scuro con poco pelo, ben proporzionati, con sull’erba e a rincorrersi. Sono davvero carini! gambe lunghe e magre e con il caratteristico zoccolo nero, da cui il nome pata negra. Ma qui ci attende anche un’altra bella sorpresa: un tavolo imbandito tra le querce e È fantastica la velocità con cui mangiano VALSANA | 10


1. LA RAZZA IBERICA La purezza del suino Ibérico dipende dalla purezza della razza della madre e del padre +

+

+

=

=

=

75%

50%

100%

2. L’ALIMENTAZIONE La distinzione dipende dal tipo di allevamento e da cosa mangia il suino

de bellota

de cebo de campo

de cebo

si ciba di ghiande ed erba nella dehesa, vive allo stato brado

si ciba di ghiande e mangimi, vive allo stato semibrado

si ciba di mangimi, è allevato in stalla

3. L'ETICHETTA Ogni colore riassume delle caratteristiche

un cortador (tagliatore) che ha aperto per noi un Jamón Ibérico 100% Bellota di 48 mesi di stagionatura: dolce e intenso, piacevolmente tenace al morso ma perfettamente solubile, con note di frutta secca e nocciola. Mentre ci cimentiamo con il taglio a coltello, scopriamo che Monte Nevado ha scelto di proporre il suo Jamón de Bellota 100% Iberico con almeno 42 mesi di stagionatura, perché solo dopo questo lungo periodo raggiungere la sua migliore espressione. Inoltre non contiene conservanti, a differenza di molti altri Jamón Iberici, ed è disponibile anche disossato e preaffettato in vaschetta, una proposta che ci sembra interessante. In questo viaggio abbiamo avuto modo di toccare con mano gli standard di allevamento definiti da Monte Nevado: attenzione al benessere animale, alla qualità dell’alimentazione, alla sostenibilità ambientale, che si traduce in materia prima di qualità eccellente, a cui viene dedicata

Nero Jamón de Bellota 100% Ibérico

Verde Jamón de Cebo de Campo Ibérico

Rosso Jamón de Bellota 75% Ibérico

Bianco Jamón de Cebo de Campo

una cura maniacale nella stagionatura. Decidiamo di allargare la nostra gamma e aggiungere al Serrano e al Mangalica un Jamón de Bellota 100% Iberico, con osso, disossato e preaffettato, ma anche una Paleta de Cebo de Campo 100% ibérica. La differenza tra Jamón Ibérico de Bellota (etichetta nera) e de Cebo de Campo (etichetta verde) sta nell’alimentazione: durante la Montanera quest’ultimo viene sempre alimentato al pascolo, in libertà, ma l’alimentazione a base di erba viene in parte integrata con mangimi (cereali e legumi). Dopo una passeggiata nell’ultima Dehesa, Cerro Caldito, riprendiamo il treno per Madrid, dove ci aspetta il tampone per il rientro. Per fortuna è negativo, possiamo tornare a casa, con la consapevolezza di aver fatto un viaggio meraviglioso, che ci ha permesso di capire fino in fondo come nasce l’eccellenza del prosciutto più famoso del mondo. VALSANA | 11

PALETA DE CEBO DE CAMPO 100% IBÉRICO Spalla di maiale 100% di razza iberica de Cebo de Campo (etichetta verde): durante la Montanera questi maiali vengono allevati in libertà nella dehesa ma l’alimentazione a base di erba e ghiande viene integrata anche con mangimi cod 79069 | peso 5,5 kg circa


novità a catalogo NOVITÀ

MOLINO MORAS Alessandro De Conto Responsabile Commerciale

Vi facciamo conoscere un nuovo produttore, un molino friulano che ci ha colpiti per l’attenzione alla filiera, alla genuinità del prodotto e alla sostenibilità del ciclo produttivo 3 minuti di lettura

Quanta forza? La forza della farina è uno degli aspetti a cui il Molino Moras fa molta attenzione: il Molino ha deciso di dichiarare tramite infografica “a spiga” la forza delle sue farine.

LE RADICI DEL MOLINO Il Molino Moras si trova a Trivignano Udinese, pochi chilometri a nord di Palmanova, ed è in funzione dal 1905. È quello l’anno in cui il mulino comunale viene preso in gestione da Geremia Moras e che dà il via a una gestione “di Moras“ che è ora alla sesta generazione. Il molino ha una vocazione alla crescita e una ricerca innovativa della naturalità delle produzioni che respiriamo sin dalla prima telefonata e che subito ci fa trovare le motivazioni per andare a conoscerli di persona. L’impianto valoriale aziendale subito ci investe e ci lascia intravedere scelte di filiera e di trasformazione del prodotto di altissima qualità organolettica.

UN’AZIENDA AL FEMMINILE Nicoletta Moras è la prima donna ad assumere, nel 2010, un ruolo direzionale nell’azienda di famiglia con una storia ultracentenaria. 10 anni dopo l’azienda fa un salto in più, con la creazione di un nuovo consiglio di amministrazione in rosa: Nicoletta è affiancata dalle due figlie Anna e Sara. Non solo la direzione, ma anche il team è un esempio tangibile di questa visione aziendale: il 50% delle risorse di Molino Moras sono infatti donne. La sostenibilità d’impresa, intesa non solo come attenzione all’ambiente (promozione di filiere locali, riduzione dei consumi energetici e dell’impatto ambientale dell’attività molitoria) ma anche come responsabilità sociale (pari

Una comunicazione diretta e trasparente, per aiutare il consumatore nella scelta. Ma cos’è la forza? La forza della farina è la capacità di assorbire acqua durante l’impastamento e di trattenere anidride carbonica, di conseguenza più forte è la farina più si addice a preparazioni che prevedono lunghe lievitazioni. La forza è strettamente legata al contenuto proteico di una farina e viene espressa tramite un indice di forza (W).

FARINA TIPO 00 FIOR FIORE

FARINA TIPO 0 MEDIA FORZA

Farina 00 di grano tenero ottenuta da una miscela di grani con ottimi valori proteici che aiutano la panificazione. Immancabile in dispensa, si adatta a tutte le preparazioni dolci e salate. Disponibile in colli da 10 pezzi cod 95920 | peso 1 kg

Farina di grano tenero di media forza che si caratterizza per la sua versatilità; è perfetta per impasti diretti e prodotti che non richiedono lievitazioni lunghe. Ideale per pizza, focacce e dolci lievitati. Disponibile in colli da 10 pezzi cod 95921 | peso 1 kg

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opportunità, valorizzazione delle risorse umane, welfare aziendale), è tra i valori cardine della famiglia Moras. La redazione del bilancio sociale, disponibile online nel sito web dell’azienda, è solo l’ultimo passo in questa direzione. COME NASCE LA FARINA L’azienda acquista grano tenero di alto livello dal territorio nazionale e non solo, che viene lavorato in purezza senza aggiunta di enzimi o miglioratori, non prima di esser sottoposto a rigidi controlli qualitativi all’ingresso in azienda. Successivamente vengono estratte le impurità, la polvere, la paglia, i sassolini, i semi di cereali diversi; i chicchi vengono trattati con acqua e depositati in celle di riposo per un periodo variabile dalle 12 alle 40 ore in base alla durezza del chicco. Seguono la macinazione a cilindri e la setacciatura, si ottengono così: farina, farinaccio, crusca, cruschello e tritello. Ora è il momento del riposo e della stabilizzazione del prodotto finito, solo una farina riposata avrà modo di esprimersi al meglio in lavorazione. Manca solo il confezionamento, che avviene rigorosamente a mano in sacchetti di carta sigillati a mano. LA NOSTRA SCELTA Ma quali prodotti abbiamo scelto? Non è stato facile, la gamma è estremamente ampia, ma abbiamo bisogno di fare un passo alla volta, acquisire una prima conoscenza dell’azienda e

del prodotto e poi ampliare il range di prodotti. Ci siamo fatti aiutare anche da Sara Pantanali, responsabile commerciale del Molino, per individuare quattro farine d’impianto che consentono un approccio trasversale a diversi utilizzi e diverse produzioni. FIOR FIORE 00 Farina tipo 00 ottenuta da una una miscela di grani con alti valori proteici, di forza medio alta. Immancabile in dispensa, è perfetta per tutte le necessità di panificazione, e per preparazioni dolci e salate con una maturazione di 24/48 ore. FARINA TRADIZIONALE TIPO O Farina di grano tenero di media forza, per impasti diretti e risultati più immediati, richiede maturazioni di 12-20 ore al massimo. Molto versatile, si può utilizzare per pizze, focacce e dolci lievitati. DELIZIOSA Si tratta di una miscela per pizza o pane ai cereali: oltre a farina di grano tenero contiene mais, orzo, segale, semi di lino, sesamo, avena. Di grande forza, perfetta per lievitazioni lunghe, esprime sul prodotto panificato leggerezza, profumo e croccantezza. INTEGRALE Farina di grano tenero integrale di forza medio-alta, la più completa dal punto di vista nutrizionale: ricca di fibre, si caratterizza per il profumo che sprigionano gli impasti dopo la cottura. Adatta per preparazioni dolci e salate e pani con una mollica ben alveolata. Ideale per maturazioni e lievitazioni di 24/48 ore.

FARINA INTEGRALE

FARINA DELIZIOSA

Farina integrale di grano tenero ricca di fibre e caratterizzata da un profumo intenso; è ideale per preparazioni dolci e salate, per tutte le tipologie di prodotti da forno e per pani con una mollica ben alveolata. Si suggerisce di utilizzarla miscelata con la Fior Fiore o la Tipo 0. Disponibile in colli da 10 pezzi cod 95922 | peso 1 kg

Una miscela di farine arricchita con semi e cereali come orzo e segale. È ideale per realizzare prodotti gustosi e leggeri. Ha grande forza, è perfetta per preparazioni con una maturazione di 48/72 ore ed è adatta per realizzare pizza, focacce, pane e dolci lievitati ricchi di sapore. Disponibile in colli da 10 pezzi cod 95923 | peso 1 kg VALSANA | 13


speciale pasqua

UOVO... DI CAPRA Una piccola robiola, con un cuore che sorprende, deliziosa da vedere ma anche al palato La nostra selezione pasquale è capitanata da un formaggio molto evocativo: l’uovo di capra. Una robiola prodotta con latte crudo di capra, per l’appunto, e un cuore aromatizzato allo zafferano. Una chicca ideata da Lavialattea, piccolissimo caseificio a Gera d’Adda con cui collaboriamo da diversi anni. Il caseificio è guidato da Valentina Canò assieme al marito Roberto Facchetti e lavora il latte caprino proveniente da un unico allevamento situato a pochi chilometri. Il latte è lavorato subito dopo il suo arrivo e per la produzione, Lavialattea si rifà alle tecniche francesi, imparate durante i numerosi di viaggi dai nostri cugini d’oltralpe, grandi maestri nella lavorazione del latte di capra. E il risultato si vede!

UOVO DI CAPRA Robiola di capra a forma di uovo che racchiude un sorprendente cuore di caprino aromatizzato allo zafferano cod 21215 | peso 150 g in box da 6 pezzi

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CREMA SPALMABILE NOCCIOLA cod 92889 | peso 200 g

CROCCOLOSI MIX Non è Pasqua senza cioccolato: la selezione di Gardini con cioccolato al latte o fondente, arricchito da nocciole o mix di frutta secca cod 94222 | box da 4 kg

SELEZIONE DI PASQUA

Tre formaggi molto diversi tra loro ma dallo spirito primaverile, realizzati ognuno con un latte diverso: vaccino, ovino o caprino. FORMAGGIO TROYES ALLE ERBE cod 46720 | 2,5 kg circa

GRAN CULATTA cod 78293 | 5 kg circa

ASPARAGI BIANCHI AL NATURALE cod 96224 | 530 g in box da 6 pezzi

CACIO MARZOLINO DI PURA PECORA cod 31330 | 900 g

COSCIA DI AGNELLO COTTA cod 82038 | 1,2 kg circa

L’ANTIPASTINO BBQ cod 93882 | 230 g in box da 6 pezzi

ROBIOLA DI ROCCAVERANO DOP AFFINATA cod 30911 | 250 g

RUFFIANA GRIGIO DEL CASENTINO cod 78354 | 2,5 kg circa

IL PESTO DI CARCIOFI cod 93885 | 100 g in box da 6 pezzi

L’agnello, immancabile nei menù di Pasqua, ma assieme ad altre due proposte: il ritorno della Gran Culatta e i profumi di finocchietto della Ruffiana

Le belle giornate sono un richiamo per tutte le verdure in conserva: iniziamo con alcune proposte di DelSanto e I Contadini


percorsi di agroecologia

Francesca Pisseri veterinaria consulente zootecnica, esperta in alimentazione foraggera e in agroecologia

INTRODUZIONE ALL'AGROECOLOGIA Allevamento e sostenibilità, la visione dell’agroecologia: osservare i legami delle aziende col territorio e con l'ambiente evidenziando sinergie e scambi 3 minuti di lettura

L’AGROECOLOGIA ∙ Quali sono i principi dell’agroecologia? High Level Panel of Experts on Food Security and Nutrition (FAO) 1. Riciclo 2. Riduzione degli input 3. Salute del suolo 4. Salute degli animali 5. Biodiversità 6. Sinergia 7. Diversificazione economica 8. Co-creazione di conoscenza 9. Valori sociali e diete sostenibili 10. Giustizia ed equità 11. Connessione 12. Gestione di terra e risorse naturali 13. Partecipazione

∙ Allevamenti e obiettivi di sviluppo sostenibile I modelli di gestione degli allevamenti influiscono in modo rilevante sugli obiettivi di sviluppo sostenibile, basti pensare che 15 miliardi di ettari sul pianeta sono dedicati all’allevamento e alle produzioni di alimenti per il bestiame. I sistemi zootecnici basati sulla cerealicoltura e sul largo impiego di fonti vegetali proteiche edibili dall’uomo, quali ad esempio la soia, entrano inevitabilmente in competizione per le terre arabili con la produzione di cibo per l’alimentazione umana (FAO, 2018). Vanno ri-collegati animali e produzioni agricole per ottenere sinergie e prestazioni più elevate con salvaguardia della fertilità del suolo.

L’agroecologia è “l’applicazione di concezioni e principi ecologici alla progettazione e gestione di agroecosistemi sostenibili” (Altieri, 1995), essa è un approccio scientifico, un movimento su scala mondiale e un insieme di pratiche. Le pratiche agroecologiche preservano le risorse naturali, danno benessere alle persone e agli animali e giusto reddito, restituiscono bellezza ai paesaggi degradati e riconnettono l'umanità ai territori nei quali si attua la produzione di cibo. Uno dei concetti-chiave dell'agroecologia è la sovranità alimentare intesa come “il diritto dei popoli a un’alimentazione sana e culturalmente appropriata, prodotta con metodi ecologicamente sani e sostenibili, e il loro diritto a definire i propri sistemi alimentari e agricoli”. Gli approcci agroecologici mirano a trasformare i sistemi alimentari e agricoli, affrontando le cause alla radice dei problemi e fornendo soluzioni olistiche e a lungo termine (FAO, 2018), e sono sempre più considerati come possibili alternative al modello industriale. L’allevamento è una componente chiave della vitalità di molti territori, esso contribuisce al benessere umano attraverso il patrimonio paesaggistico, la gastronomia e il turismo. Il punto di partenza per l’organizzazione dell’allevamento è l’etologia, il riconoscimento LE DIMENSIONI DELLA SOSTENIBILITÀ Ambientale (fisica, biologica)

Socio territoriale

Etica (benessere delle persone e rispetto degli animali) Economica

VALSANA | 16 Bibliografia disponibile presso l'autrice

delle esigenze degli animali, in quanto esseri senzienti (De Benedictis et al, 2015), è quindi fondamentale che gli animali godano di spazi ampi in modo da poter esprimere i propri naturali comportamenti. PRATICHE AGROECOLOGICHE NEGLI ALLEVAMENTI Sono molte le pratiche agroecologiche, per esempio le lavorazioni agrarie leggere e gli avvicendamenti colturali, che migliorano la salute del suolo; l’azienda agricola, inoltre, deve dare più spazio possibile alle cosiddette “infrastrutture ecologiche”: siepi, boschi, prati. Far pascolare gli animali su praterie permanenti, oltre a dare elevato benessere agli animali, mantiene il paesaggio e favorisce la biodiversità in quanto le praterie, a differenza delle colture, contengono molte specie di piante e sono nicchie ecologiche per svariati organismi come uccelli e insetti. E’ bene utilizzare il pascolo a rotazione, che contiene le parassitosi animali e preserva erba e suolo dal degrado, e permettere agli animali di usufruire di aree alberate, che danno benessere legato al microclima e foraggi ricchi di sostanze nutraceutiche. Gli alimenti per gli animali devono provenire dall’azienda o dal territorio circostante, attivando quindi anche le relazioni sociali locali. Ridurre l’utilizzo di mangimi concentrati (costituiti prevalentemente da mais e soia) a favore dei foraggi contiene la competizione alimentare umanità/animali e permette di ottenere prodotti legati ai territori, in quanto l’erba e i fieni danno al latte e ai formaggi profumi e sapori tipici degli areali di provenienza. Per essere sostenibili è bene utilizzare in modo marginale molecole farmacologiche, tale obiettivo è raggiungibile con un approccio veterinario preventivo, allevando razze con caratteri di rusticità e adattamento all’ambiente, curando alimentazione e benessere degli animali. E’ fondamentale ridurre i consumi energetici da fonti non rinnovabili e organizzare l'azienda in una ottica sistemica, disegnata sulle risorse locali.


LE AZIENDE E LE SFIDE DELLA SOSTENIBILITÀ AZIENDA AGRICOLA STUTZ L’azienda di Jerome Pfister alleva in Val Bormida (AT) capre di razza camosciata delle Alpi per la produzione di Roccaverano D.O.P. Le capre da latte pascolano per 9 mesi l’anno, utilizzando la tecnica del pascolo a rotazione, nutrendosi di frasche di alberi, erba, arbusti. Jerome conosce bene la natura intorno alla sua azienda: vi sono tante specie di orchidee selvatiche, numerosi uccelli, alberi e prati. È attento all’ambiente e al benessere degli animali: sa che senza una precisa organizzazione del pascolo questo rischia di danneggiare l’agroecosistema, e quindi il pascolamento viene guidato in aree sempre diverse con il metodo della rotazione. Le capre necessitano di integrazione alimentare per sostenere la produzione lattea, vengono quindi somministrate alcune materie prime come orzo e avena, oltre a fieno di erba medica e mangime pellettato. Parte di questi alimenti vengono autoprodotti, e parte vengono acquistati da piccoli produttori locali, contribuendo in tal modo a mantenere un presidio in territori che soffrono di spopolamento e abbandono. Pur essendo la sua famiglia arrivata da fuori, in Valle hanno stretto buoni legami e hanno tanti amici. La sostenibilità socio-territoriale è un aspetto fondamentale per l’azienda agricola.

ROBIOLA DI ROCCAVERANO DOP Versione fresca della famosa robiola, con note di yogurt, buccia di limone ed erba fresca cod 30910 | peso 300 g circa

AZIENDA AGRICOLA DIACCIALONE ∙ LA MAREMMANA L’azienda agricola Diaccialone alleva bufale per la produzione di mozzarelle e altri latticini, e si impegna su diversi aspetti della sostenibilità come il contenimento dell’utilizzo della plastica per le confezioni, evitando il polistirolo, e il contenimento dei consumi energetici; produce inoltre biogas a partire dalle deiezioni animali e residui di lavorazioni. Un altro elemento di economia circolare aziendale consiste nel fatto che i residui di lavorazione del caseificio, dopo la depurazione, vengono utilizzati come fertilizzanti. L’azienda utilizza tecniche agronomiche rispettose del suolo come la semina su sodo e la riduzione dei fertilizzanti. Guido Pallini racconta che sono molti i legami dell'azienda con il territorio in quanto vengono acquistati in ambito regionale prodotti destinati all'alimentazione degli animali, anche se la maggior parte di questi viene coltivata in azienda, la quale comprende oltre 500 ettari di boschi; si evidenzia quindi cura del territorio sia dal punto di vista agricolo che forestale. Le bufale sono longeve essendo la loro età media di 8 anni, e questo è indicativo di benessere degli animali. Esse, pur non potendo usufruire dei pascoli, hanno ampi spazi in stalla e hanno accesso a paddok esterni quando le condizioni meteo lo consentono.

NOV

ITÀ

FRANCESCANO Formaggio a latte di bufala crudo, stagionato almeno 4 mesi; elegante, con note di yogurt e muschio cod 21086 | peso 9 kg circa


chiedilo al macellaio

CODONE PER TUTTI Eccezionale alla griglia e valido alleato per le lunghe cotture: il codone mette d’accordo diverse cucine e palati 2 minuti di lettura

Sara Mazzucco Ufficio Qualità

IL TAGLIO Oggi vi presentiamo il codone, pregiatissimo e succulento taglio di prima categoria proveniente da Fassone di razza Piemontese, direttamente dal Consorzio di Tutela Coalvi. Ricavato dal quarto posteriore dell'animale, in prossimità delle vertebre vicino alla coda, il codone è la parte terminale della sottofesa ed è posizionato sopra lo scamone (è definito infatti anche ‘copertina di scamone’). Si presenta con una forma triangolare ed è ricoperto su un lato da un sottile strato di tessuto connettivo. Il peso si aggira attorno ai 2,5 kg, ma può variare notevolmente in base alle dimensioni del bovino da cui viene ricavato.

CODONE DI SOTTOFESA Taglio di carne di prima categoria ottenuto da sottofesa di bovini di razza Piemontese cod 84755 | 2,5 kg circa

ENTO

DIM

N IL CO

LA CARNE Ricordiamo che la carne di Fassone Piemontese può essere definita come una tra le carni più salubri dal punto di vista nutrizionale per il ridotto apporto di colesterolo e grasso (< 3%) e come una tra le più tenere sia per la finezza delle fibre muscolari, sia per una minore quantità di tessuto connettivo (ipertrofia e iperplasia muscolare genetica). COME CUCINARLO Conosciuto anche come ‘Punta di sottofesa’ o ‘Picahna’, il codone trova largo impiego un po' in tutte le cucine regionali a partire dalle preparazioni dei classici brasati e stracotti fino alla cottura

codone

quarto posteriore

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alla griglia come pezzo intero o a fette più spesse come tagliata. Può essere utilizzato anche per il roast-beef o tagliato a fettine sottili per ricavarne delle scaloppine. Oltre oceano, è uno dei tagli principali utilizzati nella preparazione del churrasco, la famosa grigliata brasiliana. In questo caso il pezzo intero viene tagliato a fettine spesse qualche centimetro, le quali sono infilzate a “v” in particolari spiedi posti direttamente sulle braci a una distanza di 50 centimetri. CONDIMENTI Per il codone ecco alcune proposte di condimento per valorizzarlo: • Sale rosso delle Hawaii, pepe Timut, erbe di provenza, curcuma: un condimento delicato e raffinato che conferisce note botaniche e agrumate. • SPG (Salt, Pepper, Garlic): una classica e intramontabile miscela composta unicamente da sale, pepe, aglio per un gusto deciso e rotondo. • Per un tocco sudamericano: marinate la carne per alcune ore con Fiore di Trapani, pepe lungo del Bengala, paprika dolce, peperoncino jalapeno chipotle, zucchero di canna, aglio, salsa Worcestershire e senape.


il prodotto dimenticato

PANCETTA TESA BERTOLIN Dolce e con un inconfondibile profumo di erbe di montagna: la pancetta Maison Bertolin che nasce ad Arnad Gianluca Di Lello Export Manager

2 minuti di lettura

Continuando il nostro viaggio alla riscoperta dei prodotti dimenticati, le tracce del secondo prodotto ci portano vicinissimo alle vette più alte d’Italia, In Valle d’Aosta, ad Arnad. In questo piccolo comune, famosissimo per il suo prestigioso Lardo d’Arnad DOP, si trova il salumificio Bertolin, produttore della protagonista di questa rubrica: la pancetta tesa Bertolin.

LA PRODUZIONE Per capire meglio il prodotto vediamo un po’ le fasi salienti della lavorazione. Il primo step è la selezione delle pancette che vengono prima private della loro cotenna, e poi rifilate in forme quadrate per essere disposte nei contenitori dove avverrà il processo di aromatizzazione e di stagionatura. Qui le pancette vengono poste distese e condite con la concia, si procede per strati alternando pancette e concia fino al riempimento delle vasche. La ricetta è composta da sale, spezie, erbe di montagna e Chardonnay. Il mix e il tempo affinano la carne e le donano un aroma dolce con spiccate note di erbe. Durante il processo di aromatizzazione e stagionatura, che dura circa un mese, le pancette vengono massaggiate ogni dieci giorni per permettere alle spezie e al vino di penetrare meglio tra le fibre. Dopo questo ultimo step le pancette vivranno una nuova esistenza: "Il grasso di panza diventa golosa sostanza!"

Nel 1957 Guido Bertolin, assieme a sua moglie Osvalda, aprì la prima macelleria di paese. Poco dopo l'attività viene eredita dal figlio Rinaldo, e proprio in questa fase l’azienda si specializza nella produzione di salumi tipici valdostani, cresce e diventa un punto di riferimento della norcineria della Valle d’Aosta. Oggi Maison Bertolin è alla terza generazione con Guido, Alexandre e la mamma Marilena.

4 cose da ricordare

Come per tutti i prodotti di Bertolin, anche per questo si parte da una importante selezione della materia prima, del tutto italiana, che insieme alla minuziosa cura durante l’evoluzione del prodotto porta a un risultato di tutto rispetto.

PRODUTTORE

TERRITORIO Situato sulle rive della Dora Baltea, il piccolo e accogliente borgo di Arnad è caratterizzato dalla presenza di case medievali, chiese e il bellissimo Chateau Vallaise. Il borgo è circondato da natura incontaminata... e se vi piace passeggiare potete percorrere la via Francigena che passa nel piccolo comune valdostano.

CURIOSITÀ Ogni anno, durante l’ultima settimana di agosto, nel piccolo comune d’Arnad si tiene la Festa del Lardo d’Arnad DOP. La kermesse è ormai tradizione, è nata più di 50 anni fa e oggi ospita circa 50.000 persone. La festa si svolge in una radura che ospita piccoli chalet in legno, decorati per l’evento con fiori e panni di canapa ricamati. Da alcuni anni si svolgono anche dei laboratori del gusto che consentono di conoscere meglio i prodotti e di assaporarli con i loro abbinamenti ideali.

IN CUCINA La dolcezza è la caratteristica di spicco di questo prodotto. Per esaltarla vi suggerisco di preparare degli involtini di pancetta: prendete una fetta di pancetta e farcitela con un ripieno di ricotta e cicoria saltata in padella; arrotolatela, mettete uno stuzzicadenti per tenerla ferma e infornate. Il risultato: un morso croccante e un cuore cremoso.

PANCETTA TESA BERTOLIN Dolcissima pancetta valdostana stagionata con erbe di montagna

cod 82510 | 2,5 kg circa


dialoghi

LA GUILDE DES FROMAGERS Giulia Basso giornalista collaboratrice de Il Piccolo di Trieste

Armando Brusato e la confraternita che valorizza i professionisti della filiera lattiero-casearia: il ruolo de La Guilde International des Fromagers in Italia 3 minuti di lettura

La Guilde International des Fromagers è una sorta di Rotary Club del mondo lattiero caseario. Nata negli anni ’60 in Francia con l’obiettivo di trasmettere il savoir-faire dei casari, oggi è diffusa in 33 paesi europei ed extraeuropei.

La Guilde International des Fromagers italiana sta organizzando la prima edizione italiana del concorso che promuoverà il Miglior Formaggiaio d’Italia! Una serie di prove sulle competenze professionali, la conoscenza delle tecniche casearie e la capacità di raccontare i formaggi e la loro storia decreterà il vincitore del concorso. Quando e dove? Il concorso si terrà il 6 maggio 2022 al Cibus di Parma Per maggiori informazioni: guildedesfromagers.it

Nel 2015 è stata aperta la costola italiana della confraternita, presieduta da Armando Brusato, che abbiamo intervistato per farci raccontare la storia, gli scopi e le iniziative che l’associazione porta avanti nel nostro Paese.

L’intervistato Armando Brusato è un esperto di formaggi a tutto tondo. La passione per il mondo lattiero-caseario gliel’ha trasmessa suo padre e, come lui, Brusato è diventato un espertizzatore di Grana Padano e Parmigiano Reggiano. Dal 2018 è presidente italiano della Guilde International des Fromagers e dal 2019 è assaggiatore certificato Onaf (Organizzazione nazionale assaggiatori di formaggio).

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Grazie alla loro storica ricchezza casearia, Francia e Italia si contendono il titolo di Patria mondiale del formaggio. Ma dai cugini d’Oltralpe noi italiani abbiamo senz’altro da imparare in termini di valorizzazione della professione: non a caso mentre il termine “fromager” designa un mestiere considerato nobile, l’analogo italiano, “formaggiaio”, ha una valenza che non rende giustizia a chi opera con passione, cultura e competenza in questo settore. La Guilde Italia si propone dunque di pareggiare i conti, prendendo spunto dai francesi e dalla loro valorizzazione della figura del fromager per crescere in professionalità anche a livello italiano e riuscire a emergere nel contesto lattierocaseario mondiale.


Com’è nata la Guilde? È stata creata in Francia nel 1969 da Pierre Androuet, conosciuto come “il Papa del formaggio”. È un’organizzazione no-profit che vuole riunire tutti i professionisti del settore lattiero-caseario: allevatori, casari, produttori trasformatori, affinatori e rivenditori. È collegata alla Confraternita di St. Uguzon, riservata a gourmet, ristoratori, giornalisti legati al mondo lattiero-caseario. Chi è St. Uguzon? In italiano lo chiamiamo San Lucio: è un pastore vissuto nel ‘600, che aveva scoperto l’importanza della caseificazione termica. È considerato il santo patrono dei casari. Quali sono gli obiettivi della sezione italiana della Guilde? La valorizzazione delle professionalità che operano nella filiera lattiero-casearia, dal campo alla tavola, anche per favorire il ricambio generazionale in questo settore. La creazione di sinergie tra le diverse associazioni di settore, inclusi i professionisti dell’arte culinaria e del mondo dei vini, e la promozione del consumo consapevole dei derivati del latte e dei formaggi, in particolare di quelli provenienti da zone disagiate e marginali.

Cosa manca all’Italia per valorizzare il mestiere del fromager? Siamo molto bravi nella produzione, un po’ meno nella valorizzazione e presentazione dei nostri prodotti. A supporto del lavoro dei Consorzi di tutela e dei professionisti della filiera lattierocasearia non esistono in Italia, come invece accade in Francia, scuole riconosciute a livello nazionale per i fromagers. Eppure gli addetti che stanno dietro il banco dei formaggi e si occupano di presentarli, di tagliarli e raccontarli, o gli affinatori, che si preoccupano di far esprimere appieno la personalità di ogni singola forma, sono figure fondamentali per il successo del comparto. È anche una questione di mentalità? Senz’altro. Probabilmente pecchiamo perché pensiamo che avere buoni prodotti sia sufficiente per venderli. Invece dovremmo imparare dall’altro comparto che, come l’agroalimentare, ci ha resi celebri nel mondo, la moda, e dare spazio alla creatività anche nel presentare i nostri prodotti lattiero-caseari. Quali le vostre iniziative per migliorare la situazione? Organizziamo corsi di formazione, dibattiti, conferenze e concorsi caseari.

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L’anno scorso a Cibus abbiamo proposto una conferenza sul mestiere del banconista. Quest’anno ci piacerebbe organizzare un concorso e dare la possibilità al vincitore di rappresentare l’Italia al prossimo Mondial du Fromage, in programma nel 2023. Il suo formaggio preferito? Sono moltissimi, ma quelli a cui sono legato affettivamente, perché rappresentano le mie origini, sono il Grana Padano e il Parmigiano Reggiano. È stato mio padre a trasmettermi questa passione: lui faceva l’espertizzatore, colui che usando un apposito martelletto batte la forma di Parmigiano Reggiano o Grana Padano e, in base al suono, capisce se il formaggio è scelto. Quando è mancato l’ho sostituito io e così è iniziata la mia carriera nel mondo lattierio-caseario.


dietro le quinte

FORNITORI O PARTNER? Martina Iseppon Responsabile Marketing

L'ufficio acquisti ha un ruolo centrale nella nostra organizzazione. Ma la relazione con i fornitori non è solo logistica o commerciale: è fatta innazitutto di rispetto, valori e scelte condivise 4 minuti di lettura

97,7% livello di servizio 2021 (n. prodotti disponibili su 100)

500 referenze a magazzino con shelflife inferiore a 30 gg

225 fornitori attivi per un totale di oltre 2.500 referenze

Nello scorso numero abbiamo parlato di ricerca e selezione e vi abbiamo raccontato come funziona in Valsana il processo di scelta e inserimento di un nuovo prodotto o di un nuovo produttore. Ci siamo lasciati con l'inserimento del codice articolo e proprio da qui ripartiamo.

qualità verifica periodicamente l'andamento di resi e reclami proprio per cercare di tenere sotto controllo la gestione delle scorte e la loro corretta movimentazione: solo una rotazione adeguata permette infatti di fare arrivare al cliente il prodotto in condizioni ottimali.

Una volta che il prodotto "sale a bordo", la palla passa innanzitutto all'ufficio acquisti, per la gestione di scorte e riordini, ma non solo. E' necessario infatti monitorare come viene accolto dal mercato, sicuramente in termini di sellin ma anche di sell-out, monitorare la qualità delle forniture, soprattutto nelle fasi iniziali di assestamento e supportare con un adeguato piano di comunicazione i nuovi prodotti, nella fase di lancio ma anche nel medio periodo.

Ma l'ufficio acquisti ha un ruolo centrale anche dal punto di vista organizzativo, perchè la disponibilità oppure, viceversa, la mancanza di un prodotto che deve essere caricato in urgenza quando arriva, ha un impatto rilevante sia sul processo di ingresso della merce che sull'evasione degli ordini.

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SCORTE E LIVELLO DI SERVIZIO

L'ufficio acquisti ha un ruolo centrale per la nostra organizzazione, sia in termini di servizio al cliente che di impatto sui processi interni. Il livello di servizio che riusciamo a dare ai nostri clienti, inteso come disponibilità dei prodotti ordinati e shelflife adeguata alla consegna, dipende sicuramente da tante dinamiche di mercato, ma anche da quanto siamo bravi a monitorare le scorte, coordinare la logistica in ingresso e in uscita e intercettare la stagionalità e i picchi di domanda. L'indicatore principale che ci permette di misurare se stiamo facendo bene nella gestione delle scorte è il livello di servizio, definito come numero di righe spedite sul totale di righe ordinate: ad esempio, se ordino 10 prodotti e me ne vengono consegnati 8 il livello di servizio sarà l'80%. Il 20% restante è quello che noi chiamamo "inevaso" e che fa tanto arrabbiare la nostra rete vendita: nell'esempio di prima i 2 prodotti mancanti sui 10 ordinati. Allo stesso modo, per monitorare che livello di servizio in termini di shelflife riusciamo a dare ai nostri clienti, registriamo quotidianamente i reclami, in particolare quelli per scadenza breve e non idoneità della merce. Il nostro ufficio

Ci diciamo sempre che "la scorta è una coperta corta: da qualsiasi parte la tiri qualcosa resta sempre fuori": la scorta di un prodotto deve essere infatti sufficientemente alta per minimizzare la rottura di stock e non avere inevasi sull'ordinato, ma anche sufficientemente bassa per non far sostare troppo il prodotto a magazzino e riuscire a gestirne correttamente la shelflife. Quello di Enrico De Conto ed Elisa Cibien è forse il lavoro più difficile e sfidante tra i vari ruoli che ci sono nella nostra azienda, proprio per le caratteristiche del nostro assortimento: • la numerosità dei prodotti che gestiamo a magazzino - oltre 2500 referenze - molte delle quali con una shelflife breve: 500 articoli circa hanno una una shelflife inferiore a 30 giorni, e di questi più di 120 hanno meno di due settimane di vita all'arrivo; • la piccola dimensione di tanti produttori, super artigianali, con cui lavoriamo: spesso si tratta di pastori, allevatori, malgari o microcaseifici; persone fantastiche, innamorate dei loro prodotti e concentrati soprattutto sulla realizzazione di prodotti di qualità; un po' meno, soprattutto i più piccoli, sulle dinamiche logistiche e commerciali; il che rende difficile, a volte, il nostro lavoro di approvvigionamento.


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Croce e Delizia RISPETTO E PIANIFICAZIONE

Lavorare con piccoli produttori artigianali è una scelta di campo per Valsana. Il nostro assortimento è fatto di prodotti "vivi" che cambiano ogni giorno, che dipendono dalla stagione e dagli animali. Comprendere e apprezzare che un caprino non sia disponibile tutto l'anna significa rispettarne la stagionalità e rispettare il ciclo di lattazione degli animali. Accettare che un formaggio a latte crudo, magari senza fermenti, non sia disponibile perchè un lotto di produzione è andato male significa rispettare la scelta di un produttore e il suo coraggio di portare avanti produzioni autentiche, a volte a discapito della sua resa economica. Saper attendere che un salume raggiunga le condizioni ottimali di stagionatura, perchè magari pur avendo i giorni di maturazione previsti non è ancora pronto, ad esempio perchè la materia prima era diversa o le condizioni di umidità degli ambienti sono variate, significa dare valore a scelte produttive non standardizzate e non industriali, a prodotti che hanno un legame con il territorio e la microflora dove nascono. Alla base della nostra relazione con questi produttori c'è innanzitutto il rispetto, per la passione e il coraggio con cui portano avanti le tradizioni, e la comprensione del contesto in cui lavorano. Nell'ultimo anno, per cercare di facilitare il loro e il nostro lavoro, con i più piccoli abbiamo cercato di pianificare assieme gli acquisti, e di conseguenza la produzione, con un orizzonte temporale di qualche mese, per dare loro la possibilità di lavorare in modo sereno e gestire correttamente le stagionature, e per garantirci un flusso di ingresso il più possibile regolare, in modo da riuscire a soddisfare la domanda.

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QUALITÀ E SVILUPPO DEL PRODOTTO

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CO-MARKETING

Un altro ambito di collaborazione importante nella relazione con i produttori, soprattutto quelli più piccoli, è quello della qualità. Spesso ci troviamo ad aiutarli a sistemare le etichette, le schede tecniche e tutti quei requisti normativi imprescindibili nel momento in cui si trovano a passare da una vendita diretta, ad esempio allo spaccio aziendale, ad un rapporto più strutturato, come può essere quello con un partner come noi. Ma lavoriamo con i produttori anche sul prodotto, magari per metterlo a punto, a partire dai feedback che raccogliamo dal mercato, o per "ripulire le etichette" da alcuni additivi, o ancora per sistemare il packaging in modo da riuscire a farlo viaggiare più facilmente.

Un'ultima area di lavoro condivisa con i produttori, quella che, tra l'altro, mi riguarda più da vicino, è il marketing. Qui ci bastano poche righe, perchè è un lavoro che ci viene facile e che facciamo da sempre: raccontare e dare valore alle persone, alle loro storie, ai loro prodotti attraverso il nostro magazine e online, ma anche organizzando assieme degli eventi o "portandoli" direttamente in fiera con noi. Ci viene facile perchè ci piace farlo, e perchè crediamo sia giusto dare un corretto riconoscimento a chi, spesso con tanti sacrifici, porta avanti il patrimonio di tradizioni gastronomiche del nostro meraviglioso Paese.

"Se cerchi un posto dove tutto è sotto controllo sei nel posto sbagliato": è una frase dei ragazzi che gestistono gli acquisti, Enrico per i formaggi, Elisa per salumi, pesce e conserve. Lavorare con i piccoli produttori spesso ci fa dare di matto, ma è ciò che ci contraddistingue, e in fondo, ci piace...


economia al forno

RUSTICA E TRASFORMISTA Giulia Bassetto Marketing e Comunicazione

Una focaccia tra le più versatili, una base affidabile che abbiamo declinato in tre proposte, per le quali trovate anche il calcolo del food cost 3 minuti di lettura

FOCACCIA TRASFORMISTA Rustica e trasformista: stiamo parlando di proposte per il forno o di una persona particolarmente eclettica? Confesso che avrei molto interesse a conoscere una persona con tali caratteristiche, ma noi oggi parliamo di pane, o meglio, della Focaccia Rustica Biologica del Panificio Follador. Una delle proposte forse più pratiche e semplici da usare (da qui l'aggettivo "rustica" che ritroviamo anche nella sua denominazione commerciale) e proprio per questo una delle più versatili e quindi trasformiste (aggettivo che ci siamo permessi di associarle noi). DAL LABORATORIO Viene prodotta con farine biologiche di tipo 1 e 2 provenienti dal Veneto e dal Friuli Venezia Giulia. L'impasto viene lavorato partendo dalla biga, una sorta di pre-impasto preparato quotidianamente, poi viene spezzato e pirlato per via meccanica, quindi affidato alle mani dei panettieri che avviano il prodotto alle successive lievitazioni, spezzature e riposi.

FOCACCIA RUSTICA BIOLOGICA La più versatile delle focacce del Panificio Follador, soffice, friabile e gustosa, prodotta con farine bio di tipo 1 e 2 da filiera certificata e garantita 100% italiana cod 95018 | peso 280 g in box con 5 buste da 2 focacce

La Rustica compie un ciclo di lievitazione in due tempi e prima di essere cotta riposa in un padellino che le conferisce la sua forma rotonda e piuttosto regolare, dal diametro di circa 24 cm. Infine la cottura a 280 °C per 4-5 minuti e il confezionamento in ATM. Questo ormai un segno distintivo delle produzioni di Antonio Follador, una sicurezza a cui ci siamo abituati e che garantisce prontezza di risposta di fronte a flussi di lavoro particolarmente intensi o imprevisti. PARLIAMO DI RIGENERAZIONE La Rustica, così come gli altri prodotti del Panificio Follador, è parzialmente cotta, quindi dopo essere stata tolta dal frigo (dove ricordo che va conservata!) richiede solo una

rigenerazione in forno ventilato, su teglia (meglio se forata) a circa 220 °C per circa 4 o 5 minuti. Se rigenerata prima di essere farcita, la focaccia assicurerà un risultato finale dal piacevole effetto crunchy. In alternativa, per le preparazioni che richiedono una base più morbida, può essere prima farcita e successivamente finita in forno. IN TAVOLA Penso alla Rustica come a un passpartout che permette di risolvere svariate situazioni: dal piccolo trancio con una fetta di fesa marinata e qualche scaglia di pecorino ideale per l'aperitivo, alle proposte più golose con farce ricche e formaggi filanti, perfette per il cliente che intende pranzare o cenare. Noi qui proponiamo tre versioni: la classica focaccia versione pizza impreziosita da filetti di acciughe cantabriche; la focaccia farcita, altro grande classico, intramontabile e garanzia di successo; infine una versione roll che rende la rustica quasi irriconoscibile, si camuffa a mo' di piadina arrotolata... ma con più sostanza. Il tutto affiancato da una tabella che ci sta molto a cuore: quella del food cost.

PROMEMORIA: IL FOOD COST Per essere sostenibile economicamente il costo degli ingredienti necessari per realizzare un piatto dovrebbe mantenersi attorno al 30% del prezzo finale. Per accertarsi di questa proporzione c'è lo strumento del food cost che consiste nell'elencare tutti gli ingredienti utilizzati in un piatto assieme alle relative grammature e al costo. La somma dei costi dovrà essere circa 1/3 del prezzo di vendita. F

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RUSTICA ROLL Dopo aver tagliato orizzontalmente la focaccia (come per farcirla), ogni metà è stata spalmata con Crema del Piave e quindi ricoperta di valeriana e cotto Rustichello. È stata quindi arrotolata su stessa e sigillata con della pellicola per tenere la forma (meglio il sottovuoto). Al momento della cottura il roll è stato messo in forno intero a 230 °C per 5 minuti e quindi tagliato a metà. Da una rustica si ottengono 2 roll interi, quindi 4 porzioni. Food cost per porzione: € 1,78

ingrediente

costo d'acquisto

rustica bio

ingrediente

costo acquisto

q.tà porzione

rustica bio

€ 2,37 al pezzo

1/4

€ 0,59

crema del piave

€ 10,16 al kg

65 g

€ 0,66

cotto rustichello

€ 11,57 al kg

40 g

€ 0,46

valeriana

€ 4,50 al kg

15 g

€ 0,07

costo porzione

RUSTICA VERSIONE PIZZA

q.tà

costo

€ 2,37 al pezzo

1

€ 2,37

la dolce ∙ passata di ciliegino 500 g

€ 2,2 al pezzo

80 g

€ 0,35

bocconcini borgoluce (9 x 27 g cad)

€ 3,92 a busta

3 pezzi

€ 1,30

acciughe cantabriche 270 g

€ 12,78 al pezzo

15 g

€ 0,71

RUSTICA IMBOTTITA La focaccia è stata tirata fuori dal frigo e rigenerata in forno a 230 °C fino a doratura. È stata quindi tagliata a metà e farcita con un formaggio morbido che fermi per bene la farcia, noi abbiamo usato Squacquerone DOP, rucola e Gran Culatta Casa Graziano. Un consiglio: farcite con più generosità il centro così al taglio sarà più invitante! Food cost per pozione: € 2,43

La focaccia è stata tolta dal frigo e cosparsa di passata di pomodoro lasciando libera una parte di bordo, quindi è stata cotta in forno a 230 °C per circa 5 minuti così da far dorare il cornicione. Finita la cottura è stata arricchita con mozzarella di latte di bufala Borgoluce e alcuni filetti di acciughe del Cantabrico. Un filo d'olio e il gioco è fatto! Questa Rustica può essere divisa in 8 spicchi (per una porzione aperitivo) oppure in porzioni più grandi. Food cost per pizza intera: € 4,73

ingrediente

costo acquisto

q.tà porzione

rustica bio

€ 2,37 al pezzo

1/4

€ 0,59

squacquerone dop sac a poche

€ 10,87 al kg

75 g

€ 0,82

gran culatta

€ 25,93 al kg

38 g

€ 0,99

rucola

€ 4,5 al kg

7g

€ 0,03

costo porzione


l’italia è servita

IL BOLLITO È DONNA! Il gran bollito piemontese …per grandi stomaci Danilo Gasparini docente di Storia dell’agricoltura e dell’alimentazione all’Università di Padova

3 minuti di lettura

Il Prodotto

PUNTA DI PETTO DISOSSATA COALVI Taglio di anteriore, già disossata, appartenente al petto di bovini di Fassone Piemontese; si presta a lunghe cotture come il bollito codice 84773 - peso 5 kg su prenotazione

Il confronto

Il bollito in Piemonte

Parlando del bollito, piatto cult non solo della cucina piemontese, non possiamo non ricordare le suggestioni straordinarie dell’antropologo francese Claude LevisStrauss che individuava nel confronto arrosto-bollito un contrasto tra natura (arrosto) e cultura (bollito). Il bollito sta dalla parte della cultura in quanto esige l’uso di un oggetto culturale, la pentola. Inoltre la cottura per ebollizione, a causa della presenza di un liquido, è una mediazione tra il cibo e il fuoco, mentre i cibi arrostiti stanno dalla parte della natura poiché esposti direttamente al fuoco e realizzano con esso una relazione senza mediazioni.

Pagato il debito alle radici simboliche, per avere contezza di che cosa rappresenti il bollito per la cucina piemontese, basta andare alla Fiera del bue grasso a Carrù, in Piemonte, che arriverà quest’anno, a dicembre, alla 112a edizione (ma si citano radici dal 1473). Ogni santo secondo giovedì del mese di dicembre le Langhe, il Roero, il Monferrato si fermano a celebrare questo bovino che può arrivare ai 14 quintali, noto per la sua ipertrofia muscolare e attorno il quale si celebra una festa che ha del pagano: ma si celebra anche a Moncalvo, a Nizza Monferrato… Così, di buon mattino, all’alba, potete entrare in una trattoria e consumare, invece di una scontata colazione con cappuccino e brioche, dei gran piatti fumanti di bollito accompagnati dalle rispettive salse. O potete mettervi in coda per gustare sotto una tensostruttura, una sorta di “palabollito”, dove campeggia un’insegna con scritto “Bollito no stop”. È una festa di popolo!

Al femminile Cuocere in pentola, anziché direttamente sul fuoco, significava anche non disperdere i succhi nutritivi delle carni, trattenerli e contrarli nell’acqua. Il brodo così ottenuto si poteva utilizzare per altre preparazioni, assieme a nuove carni, a cereali, legumi e verdure. Nell’uso della pentola difficilmente manca l’idea del risparmio, della conservazione da cui deriva, sempre per l’antropologo, un’altra opposizione, di genere: l’arrosto è maschile, il bollito è femminile. C’è da pensare: chi cuoce il nostro spiedo o la carne ai ferri? Una curiosità: in molte società esotiche, nota Lévi-Strauss, si ritrovano le stesse opposizioni. Nelle culture primitive del Paraguay il bollito è riservato solo alla cerimonia del battesimo, in quelle del Brasile meridionale il bollito è proibito ai vedovi e alle vedove. VALSANA | 26

La tradizione a tavola Ma veniamo al piatto. Tenetevi pronti! La ricetta tradizionale del gran bollito misto alla piemontese, legata ai mercati di bestiame, chiamato anche “Bollito sette tagli”, è decisamente impegnativa per il fisico di chi lo consuma e lo prepara, ma una volta all’anno si può fare, previo digiuno. Era il piatto preferito di Camillo Benso Conte di Cavour, gran forchetta e di Vittorio Emanuele II, noto buongustaio e ottimo bevitore, oltre che superbo cacciatore. Il piatto farà il suo ingresso nella letteratura


La Ricetta

Gran Bollito alla Piemontese Confraternita del Bollito e della Pera Madernassa La regola del sette 1.groppa o capocollo o tenerone, 2.gamba o stinco, 3.pancia o scaramella o biancostato o grasso-magro, 4.culatta, 5.cappello da prete o “arrosto della vena” o sottopaletta, 6.punta col suo fiocco, 7.rolata, “copertina di petto arrotolata e legata su un ripieno di lardo o prosciutto, salame cotto, due uova e una carota intere, erbe aromatiche e pepe, che viene poi tagliata a fette”. I sette “ammenicoli o ornamenti” 1.la Testina “completa di musetto, orecchio ed occhio, bocconi del buongustaio”, 2.la Lingua, 3.lo Zampino, 4.la Coda, “è buonissima, inoltre fa il brodo gustoso e perfetto”, 5.la Gallina, 6.il Cotechino 7.la Lonza, “una copertina di petto grassa arrotolata sui suoi aromi e arrostita a fuoco forte, unico pezzo arrosto che fa parte del Bollito”. I sette bagnetti o salse 1.salsa verde ricca, 2.salsa verde rustica, 3.salsa rossa, 4.salsa al cren, 5.salsa cugnà, 6.salsa al miele, 7.mostarda. I sette contorni 1.cipolline al burro o insalata di cipolle rosse, 2.patate lesse, 3.rape lesse, 4.foglie di verza al burro, 5.zucchine al burro, 6.finocchi al burro, 7.carote lesse.

Al termine è consigliata una tazza di brodo ben caldo.

gastronomica, nel testo “Cucina Borghese. Semplice ed economica” di Giovanni Vailardi del 1887.

Ma visto il lavoro richiesto, spesso, in quasi tutti i locali, il bollito misto alla piemontese si prepara con soli cinque tagli di carne e si accompagna con la salsa verde (prezzemolo e acciughe la caratterizzano), quella rossa (anzi, rubra, che è l’antenata del ketchup) e quella al cren.

Comprende sette tagli principali di manzo, cotti insieme nella pentola più grande: tenerone, scaramella, muscolo di coscia, muscoletto, spalla, fiocco di punta, cappello del prete. Poi sette ammennicoli ovvero tagli di carne da cuocersi in pentole separate: lingua, testina col musetto, coda, zampino, gallina, cotechino, rollata. E ancora sette bagnèt o salse (verde rustica, verde ricca, rossa, cren, mostarda, cugna, al miele) e sette contorni: cipolline al burro o insalata di cipolle rosse,patate lesse, rape lesse, foglie di verza al burro, zucchine al burro, finocchi al burro e carote lesse.

Logo della Confraternita del Bollito e della pera Madernassa

Giustamente, non sazi, a metà servizio serve un richiamo: lonza di maiale arrostita con pepe e aglio.

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E, come spesso accade, attorno a questo piatto non potevano non nascere le rispettive ed esclusive confraternite: una, storica, nata nel 1984, la Confraternita del Bollito e della Mela Madernassa (dal 2005) e l’altra più recente, la Confraternita del Bue grasso di Carrù e del Gran Bollito. E allora, almeno una volta nella vita, provatelo!


i sommelier

LAVATI IN CROSTA Le note inconfondibili e avvolgenti dei formaggi a crosta lavata in abbinamento a vini e birre, secondo le proposte dei due nostri sommelier Enrico De Conto Ufficio Acquisti

Moscato di Scanzo DOCG Iniziamo a osare con un vino passito: il punto di sale spiccato del Taleggio va bilanciato e il residuo zuccherino del vino in questo caso è fondamentale. Inoltre, la cremosità del formaggio verrà tenuta a bada dalla buona acidità. Il “matrimonio” olfattivo poi, sarà sicuramente riuscitissimo!

Arbois AOC Vi consiglio di abbinare alla Raclette questo vino a base Chardonnay dello Jura. Le note tostate, di spezie dolci e frutta matura ben si accompagneranno al formaggio, con le sue note di crosta lavata e cantina. L’acidità prorompente del vino poi controbilancerà la pasta burrosa.

Lugana DOC Riserva Un formaggio di piccole dimensioni, ma grande carattere. Vi consiglio una Lugana che abbia fatto un passaggio in legno, il connubio aromatico ne gioverà sicuramente in complessità. Dal punto di vista gustativo, la forte sapidità del vino contrasterà la dolcezza del formaggio.

2 minuti di lettura

TALEGGIO DOP LA BAITA TRADIZIONALE Taleggio tradizionale prodotto dal caseificio Carozzi, dal sapore dolce e leggermente acidulo, fondente, con note di cantina umida cod 20951 | peso 2,5 kg circa disponibile anche in 1/4

RACLETTE DE SAVOIE IGP LAIT CRU Il classico formaggio Raclette prodotto con latte vaccino crudo e affinato da Paccard; dal sapore dolce ma intenso, con note di tostato, burro cotto e crosta lavata cod 40719 | peso 6 kg circa disponibile anche in 1/2

Elisa Cibien Ufficio Acquisti

Chenin Blanc di Vouvray Dalla Val de Loire, un vino bianco dotato di grandi acidità e mineralità, che mantiene però equilibrio e finezza, specialmente dopo qualche anno di affinamento. I profumi fruttati, accompagnati da note di miele e paglia, lo rendono adatto a un formaggio dal profilo intenso e pungente.

Pinot nero Alto Adige Doc Vino fine, di medio corpo, con profumi di frutti rossi e di bosco, e delicate sfumature floreali. La bevuta è piacevole, non invadente, grazie al tannino particolarmente vellutato e a un'acidità spiccata, ma mai pungente. Una freschezza che ben accompagna questo formaggio dalla consistenza avvolgente.

Chimay Dorèe

STEINER Piccolo formaggio a crosta lavata, dalla pasta morbida e suadente, prodotto con latte vaccino crudo ottenuto da vacche allevate in Valle Aurina, da Eggemoa cod 31602 | peso 280 g circa VALSANA | 28

Birra belga prodotta dai monaci trappisti dell’Abbazia di Notre Dame de Scourmont. Questa versione light è caratterizzata da un ricco bouquet di sentori floreali e di frutta fresca; la luppolatura delicata la rende fresca e fragrante, perfetta con un formaggio saporito e goloso.


l’internazionale

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CHAOURCE AOP

Potremmo definirlo il fratello perduto del più famoso Brie: un'altra denominazione protetta, che nasce un po’ più a sud, nella terra dello champagne Matteo De Santi Export Manager

2 minuti di lettura

ATTUALITÀ Questo formaggio prende il nome dal paese in cui viene prodotto, Chaource, che si trova fortunatamente e sfortunatamente vicino alla zona di produzione dello champagne, a un centinaio di chilometri da Reims. Fortunato perché, che ve lo dico a fare, con un calice come quello non serve neanche spiegarlo, va giù da sé. Sfortunato perché la presenza vicina di due pilastri produttivi come il Brie e appunto lo Champagne hanno gettato un po’ di ombra a livello europeo su questo formaggio, che quindi non è altrettanto conosciuto. Peccato. COM'È FATTO È un formaggio apprezzabilissimo, credo possa trovare davvero pochi haters. In fondo parliamo di latte vaccino, quindi alla portata di tutti. Con una stagionatura breve, quindi alla portata di tutti. E una muffa delicata, quindi alla portata di tutti. È una AOP e significa che può essere prodotto solo nei dipartimenti di Aube e Yonne. Ma entriamo un po' più nello specifico: parliamo di latte intero vaccino termizzato prodotto con una tecnica similare a quella del Brie, vale a dire moulé a la louche, la famosa gestione delicatissima della cagliata. Per lo Chaource si tratta di una coagulazione lattica di almeno 12 ore, dove spontaneamente, con del sale, le piccole forme sgrondano via i liquidi. Lo Chaource può essere prodotto in due dimensioni (300 g o 600 g circa; noi proponiamo a catalogo solo la versione più piccola) quindi ci possono volere dai 2 ai 4 litri a forma. In seguito, grazie alla aggiunta della muffa penicillum candidum, si prosegue verso la stagionatura su

griglie sovrapposte dove il formaggio viene capovolto ogni 3 giorni. Il minimo di stagionatura per la vendita è di 14 giorni e in questo caso presenterà una pasta gessata con toni leggermente più erbacei, mentre verso i 30 giorni di vita diventa prepotentemente e meravigliosamente cremoso. In questi casi infatti non fatevi venire strane idee sulla scadenza: quando è corta c’è da godere! NOME Chaource AOP

Appunti gastronomici Per apprezzare al meglio la cremosità la tradizione vuole che si consumi semplicemente con il pain de campagne, ossia un pane a lievito naturale. Ottimo nella preparazione di tramezzini, per guarnire piatti caldi come bignè, quiche, crostate e pasta gratinata. Tagliato a cubetti, in Francia è spesso presente nelle insalate. Infine dulcis in forno: Chaource Rôti. Adagiate una metà formaggio tagliata orizzontalmente in una terrina bagnata con del vino bianco, fate una croce sopra e macinate del pepe nero. Cuocere a bagnomaria in forno a 180 °C per 15 minuti.

PRODUTTORE Nouvelle Fromagerie de Vaudes REGIONE Grand Est, Francia LATTE 🐄 vaccino Crudo Termizzato Pastorizzato RAZZE Prim'Holstein da tradizione, permesse anche altre razze PASTA molle, particolarmente cremosa nel sottocrosta CROSTA bianca, rugosa e fiorita STAGIONATURA almeno 14 giorni SAPORE sentori di fungo e frutta secca tostata, sensazioni cremose e avvolgenti al palato PESO 250 g circa CODICE 44215


conservazioni cosmopolite

TRA LE PIÙ ANTICHE: L’AFFUMICATURA Vittorio Castellani giornalista “gastronomade” www.ilgastronomade.com

Fin dagli albori, l’uomo ha avuto la necessità di conservare gli alimenti. Il nostro viaggio tra le tecniche di conservazione intorno al mondo prosegue con la pratica dello smoking 4 minuti di lettura

LE ORIGINI

SPECK BERNARDI Speck artigianale prodotto in Alto Adige e affumicato con un metodo ciclico di riposo che rende l’aromatizzazione uniforme e delicata cod 81050 | 5 kg circa | intero cod 81052 | 2,5 kg circa | a metà

La tecnica dell’affumicatura dei cibi risale probabilmente al Paleolitico, quando l’uomo viveva in abitazioni primitive, prive di camini e quindi molto fumose. Pare che l’affumicatura degli alimenti non venne studiata a tavolino ma fu una piacevole scoperta, conseguente alla necessità di sistemare le derrate alimentari appese nella parte più alta delle dimore, al riparo da animali e insetti. Accidentalmente l’uomo si rese conto che la carne conservata in ambienti saturi di fumo aveva un sapore migliore e risultava meglio conservata rispetto a quella che veniva semplicemente essiccata. Con l’osservazione e la pratica si capì che da sola l’affumicatura non era sufficiente per conservare i cibi, occorreva prima essiccarli e salarli. LA DIFFUSIONE Da quel momento in poi l’affumicatura divenne una pratica sperimentata da quasi tutti i popoli del globo. Ancora oggi viaggiando nei cinque continenti ci s’imbatte nelle decine di varietà di pesci di lago, di fiume o di mare che vengono essiccati e affumicati, come accade a Saint Louis du Senegal, per produrre una sorta di “dado naturale”. Con i pesci, i gamberetti o i molluschi affumicati s’insaporiscono in buona parte dell’Africa nera un gran numero

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di piatti tipici. Anche nelle campagne e nelle regioni montuose della Cina, come il Tibet, le carni d’anatra, d’oca e di maiale vengono messe ad affumicare a ridosso del camino, al cospetto della famiglia. COSA E COME AFFUMICHIAMO? La lista degli alimenti che i popoli hanno iniziato ad affumicare è lunghissima e non riguarda solo i cibi di origine animale. Oltre a salumi, carni secche e insaccate, prosciutti, pesci, uova e formaggi si affumicano i peperoncini come il chipotle messicano o il pimenton spagnolo, radici come il daikon in Giappone nella ricetta del Iburi-gakko financo il tofu e il té, come il lapsang souchong cinese. Viaggiando nel mondo variano i prodotti che si affumicano ma anche i combustibili impiegati per generare il fumo. Se in Europa vanno per la maggiore il legno d’ontano, di quercia o di faggio, in Scozia si brucia la torba per asciugare e affumicare il malto d’orzo impiegato per fare il whisky scozzese e alcune tipologie di birra. Nei miei viaggi ho visto anche affumicare a freddo aringhe, spratti, montone e carne di balena con lo sterco di pecora essiccato alle Isole Farøer, piuttosto che con quello di lama, di vicuña, o d’alpaca, nella regione andina, a Cuzco.


IN OCCIDENTE L’affumicatura è una tecnica di conservazione molto diffusa nel nord Europa, dai Paesi scandinavi, alle coste Atlantiche di Francia e Portogallo, fino ai Paesi Baltici, dall’Europa continentale ai Paesi dell’est. Nelle aree Mediterranee invece, per le differenti condizioni climatiche (più caldo, meno umidità, sole e vento) si sono sviluppate maggiormente la semplice essicazione, la salamoia, la salatura e le fermentazioni. Fino al secolo scorso quasi ogni casa di campagna aveva una smokehouse: un semplice capanno o una costruzione in pietra adibita all’affumicatura, per la conservazione domestica. In Germania le case contadine di un tempo erano dotate di un’apposita camera di affumicazione (räucherkammer) o delle stufe di Altona (altonaer öfen) che garantivano un’affumicatura dorata agli insaccati tradizionali di schinken, jagdwurst e salsicce frankfurter würstchen. Dalla Polonia alla Romania le tecniche di affumicatura ancora oggi sono assai simili a quelle che si usavano dall’ex impero austro-ungarico e germanico ai Paesi slavi e possono essere di due tipi, a caldo oppure a freddo. L’AFFUMICATURA A CALDO Se la carne cruda o il pesce crudo vengono cotti e conservati per alcune

ore a una temperatura compresa tra 50 e 85 °C si parla di affumicatura a caldo. Gli alimenti trattati in questo modo si conservano solo per pochi giorni e sono destinati al consumo a breve. Un’intensa affumicatura secca calda a temperature di 80 °C porta a un’elevata perdita d’acqua e a una concentrazione del sapore che diventa più intenso. L’AFFUMICATURA A FREDDO L’affumicatura a freddo avviene a 1525 °C con legni speciali o trucioli di conifere. Gli alimenti che devono essere conservati per un periodo di tempo più lungo, come salsiccia, prosciutto, pancetta o salmone affumicato, vengono affumicati con questa tecnica. L’affumicatura a freddo è un procedimento che prevede varie fasi e che può durare anche un giorno. A queste due tecniche, nei Paesi di lingua tedesca vicini al nostro confine si aggiungeva un tempo l’affumicatura da pavimento, attraverso un sistema di circolazione dell’aria da pavimenti listellati, in una grande stanza chiamata selche in Austria e Baviera. Era una tecnica legata a un microclima molto particolare, molto influenzata dalle condizioni metereologiche stagionali. Il processo di affumicatura poteva richiedere dai quattro ai cinque mesi e per questo è caduta in disuso.


la cucina di qb

LA CENERENTOLA DEGLI AGRUMI Anna Maria Pellegrino Cuoca e foodblogger

“L’unica ginnastica che faccio è la spremitura manuale dei pompelmi.” 4 minuti di lettura

STORIA E VARIETA’ I frutti appartenenti alla famiglia degli agrumi portano con sé un bellissimo racconto mitologico, che in parte ne spiega l’origine del nome: il frutto degli agrumi, infatti, si chiama esperidio, mentre le esperidi sono i suoi oli essenziali. I termini hanno origine proprio dal mito greco delle Esperidi, la narrazione che vede protagonisti Gea, la dea terra, un matrimonio blasonato, delle ninfee dalla splendida voce, le fatiche di Ercole e un serpente insonne.

Il genere Citrus, quello che a noi interessa di più in cucina, comprende: arancio, arancio amaro, bergamotto, cedro, chinotto, clementina, combava, lice (un agrume ibrido risultante dall’incrocio tra limone e cedro), limetta, limone, mandarancio, mandarino, mapo, pomelo e pompelmo.

Gli agrumi appartengono alla famiglia delle Rutacee. La sottofamiglia degli agrumi comprende tre generi: il Citrus, la Fortunella, la Poncirus Trifoliata. Ma tre generi e diciotto specie definite non riescono a comprendere tutte le mutazioni naturali, e per mano dell’uomo, che hanno dato vita a specie a sé stanti e “modaiole”. RECENTE E PREZIOSO Originario delle Barbados il pompelmo è stato introdotto in Italia molto tardi, tra gli anni ’60 e ’70. Si tratta di un antico ibrido e di mutazione in mutazione si è arrivati alla dimensione e alle varietà che conosciamo. Grazie alla moderna nutraceutica del pompelmo si è scoperto l’altissimo valore nutritivo: non è solo ricco di vitamina C e di sali minerali, poco calorico, men che meno zuccherino e decisamente dissetante ma i fitonutrienti dalle proprietà benefiche, come i polifenoli, i limonoidi e il licopene tra i tanti, lo stanno trasformando in un super-food da poter utilizzare nella routine quotidiana di prevenzione, visto che la stagionalità lo rende disponibile da novembre a maggio. Recente il frutto, quindi, e recente anche l’utilizzo in cucina, declinato mimando le caratteristiche aromatiche comuni a tutti gli altri appartenenti alla famiglia degli agrumi: VALSANA | 32

note fruttate e tropicali, l’amarezza appena accennata data dalle note erbacee e di legno e la sua vera nota distintiva ovvero il carattere sulfureo e di muschio che lo rendono unico. ABBINAMENTI Niki Segnit, nel suo “La grammatica dei sapori” (Gribaudo, 2010) definisce il pompelmo “un vecchio zio sonnacchioso” e lo inserisce nei sapori agrumati, assieme agli agrumi più conosciuti, come è ovvio, e in compagnia di zenzero e cardamomo, caratterizzati da legno, erba (più o meno fresca) e note piccanti. Analogamente, quindi, è possibile lavorare in cucina, e non solo, trasformando la cenerentola degli agrumi in un bel cigno. Il succo, da bere in purezza al mattino, diventa interessante nella realizzazione di smoothie e centrifughe, abbinato a ingredienti ugualmente freschi e sulfurei, come mela (meglio le croccanti e le verdi), asparagi, papaia e pittaia, accentuando le note fresche con erbe aromatiche come la menta e quelle legnose con la cannella. Succo e polpa diventano facilmente chutney e gelatine da personalizzare ulteriormente grazie all’utilizzo di zenzero e cardamomo, per accompagnare piatti che richiamano consuetudini gastronomiche dell’Oriente e del Medio Oriente. Sempre succo e polpa diventano ingredienti fondamentali per caratterizzare marinate e salse crude con le quali valorizzare carni come il maiale e pesci grassi. Gli spicchi a vivo possono vivacizzare piatti unici, come insalate realizzate con foglie verdi, legumi e cereali cotti al vapore. Infine, un bravo bartender saprà abbinare il succo di pompelmo a distillati, anche torbati, per cocktail con i quali accompagnare piatti di pesce crudo. Un caleidoscopio di possibilità, quindi, con un’ultima accortezza: i pompelmi gialli sono meno zuccherini di quelli rosa.


QUASI UN GRAVLAX DI TROTA

REGINA DI SAN DANIELE cod 94090 | peso 1 kg circa

Una proposta che potrete declinare in un secondo o, in quantità minori, come antipasto. Il grasso presente nella trota vede nella salsa chermoula un escamotage per essere meno presente. La polpa così delicatamente marinata può essere ridotta a tartare e servita con un’insalata croccante di finocchi, che ben sposa la freschezza del pompelmo donandole il sentore di anice. DOSI per 4 persone PORTATA: secondo piatto/antipasto DIFFICOLTÀ: facile PREPARAZIONE: 10’ (più il riposo) INGREDIENTI 500 g di Regina di San Daniele 2 pompelmi rosa 1 finocchio foglie di basilico per decorare olio evo e sale in fiocchi pepe bianco macinato al momento bacche di pepe rosa in salamoia pane di segale e burro salato per accompagnare > PER LA SALSA CHERMOULA: 2 pompelmi rosa 1 mazzetto di coriandolo e 1 di prezzemolo 1 cipolla rossa 1 cucchiaino di cumino in polvere 1 cucchiaino di coriandolo in polvere 1 cucchiaio di paprika affumicata o dolce 3 dl di olio extra vergine d’oliva pepe nero macinato al momento e sale PROCEDIMENTO PER LA SALSA: Lava e asciuga prezzemolo e coriandolo, gambi compresi, e tritali finemente con un coltello. Trita finemente anche la cipolla. Pela a vivo i pompelmi e frullali con le spezie. In una ciotola mescola la crema di pompelmo speziato con le erbe aromatiche e la cipolla. Regola di sale e abbonda con il pepe. PER IL PIATTO: Copri una baffa di trota con la salsa chermoula, proteggi con pellicola e fai riposare in frigorifero almeno 30’. Elimina la salsa, affetta la falda e servi le fettine di trota con pane tostato impreziosito da un po’ di burro salato e con la salsa chermula restante. La stessa baffa marinata può essere servita in tartare: trita la polpa, condiscila con un filo d’olio e del pepe. Nel frattempo pela a vivo i pompelmi, affetta con la mandolina il finocchio, condiscilo con una citronette di pompelmo e crea l’insalata, distribuendola sulla tartare di trota composta con l’aiuto di un coppapasta.


INSALATA TIEPIDA DI PANCETTA, CAVOLETTI E POMPELMO Volete invitare a cena il vostro nutrizionista ma non volete rinunciare al profumo inebriante della pancetta? Allora seguite passo passo la ricetta e vedrete che diventerete il suo gastro-consulente. Perchè se è vero che il cibo è la nostra medicina, mica dev’essere così amara! Abbinate il piatto con dei cereali lessati per una proposta completa. DOSI per 4 persone PORTATA: secondo piatto DIFFICOLTÀ: facile PREPARAZIONE: 20’ COTTURA: 10’ INGREDIENTI 200 g di pancetta tesa Bertolin 4 pompelmi 80 g di spinacino 100 g di cavoletti di Bruxelles 100 g di scalogni aceto di mele pepe nero macinato al momento sale in fiocchi qualche foglia di prezzemolo olio evo PROCEDIMENTO Taglia a julienne la pancetta, pela a vivo i pompelmi, monda i cavoletti e gli scalogni, che cucinerai al vapore per 5’. Con il succo di pompelmo, olio, pepe e poco sale crea una citronette. Nel frattempo rendi croccante la pancetta e mettila da parte al caldo, mentre nel grasso profumato che resterà nella padella dora le verdure cotte al vapore, sfumando con un paio di cucchiai di aceto di mele e aggiungi infine la pancetta croccante. Condisci lo spinacino e mescola metà degli spicchi di pompelmo, distribuisci in fondine individuali, continua con il resto degli ingredienti caldi e termina con il pompelmo rimasto. Decora con qualche foglia di prezzemolo e servi immediatamente.

PANCETTA TESA BERTOLIN cod 82510 | peso 2,5 kg circa


CHEESECAKE AL FORNO CON CURD DI POMPELMO ROSA

ROBIOLA DI ROCCAVERANO DOP FRESCA cod 30910 | peso 300 g circa

Non c’è viaggio a New York che non preveda un assaggio goloso come quello di un’ottima fetta di cheesecake, accompagnata da topping colorati. Nella nostra versione uniamo il curd di pompelmo al profumo di cannella, per un abbinamento insolito che esalterà il gusto intenso dei formaggi utilizzati per la farcia. DOSI per 8 persone PORTATA: dessert DIFFICOLTÀ: minima PREPARAZIONE: 40’ (più il risposo) COTTURA: 1 h 20’ INGREDIENTI > PER LA TORTA (stampo da 18 cm): 160 g di biscotti secchi 80 g burro fuso 250 g di Robiola di Roccaverano DOP fresca 250 g di ricotta di pecora Il Fiorino 3 uova bio 3 pompelmi rosa 150 g di zucchero integrale di barbabietola 1 baccello di vaniglia 1 cucchiaino di cannella cassia in polvere > PER IL CURD: 2 pompelmi rosa: 100 ml di succo e la scorza 3 uova bio 150 g di zucchero semolato 100 g di burro a temperatura ambiente 1 cucchiaio di fecola di patate 1 pizzico di sale PROCEDIMENTO PER IL CURD: Sbatti le uova in una ciotola. Setaccia la fecola e scioglila nel succo di pompelmo. Cubetta il burro morbido e scioglilo sul fuoco, unisci le uova, lo zucchero, il succo e la scorza del pompelmo e continua a mescolare fino a quando la crema non si addenserà. Lontano dal fuoco, poi, mescola con un frustino per ottenere una crema liscia. PER LA TORTA: Porta il forno statico a 160° C, imburra o fodera con carta forno lo stampo. Frulla i biscotti, aggiungi il burro precedentemente fuso mescolando con una forchetta, versa nello stampo livellando bene e trasferisci in freezer per 20’. Ottieni da un pompelmo il succo e dai restanti gli spicchi, facendoli sgocciolare bene. Sbatti le uova, mescola allo zucchero la vaniglia, la cannella e unisci il tutto. Con un cucchiaio di legno amalgama i formaggi con il succo di pompelmo, aggiungi il composto di uova e spezie e versa nello stampo. Cuoci per almeno 1h e 10’. Sforna, lascia intiepidire sopra una griglia e fai riposare in frigo per almeno 3 ore. Prima di servire copri con un abbondante strato di curd, decora con gli spicchi di pompelmo.


Valsana S.r.l. ∙ Via degli Olmi, 16 ∙ 31010 Godega di Sant’Urbano (TV) ∙ Italy Tel. (+39) 0438 1883125 ∙ Fax (+39) 0438 64976 ∙ valsana@valsana.it ∙ www.valsana.it


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