I L M A G A Z I N E D I VA L S A N A
LUG | AGO 2022
NOVITÀ A CATALOGO Tante news, dal Parma in tranci alla burrata affumicata, fino alla trota marinata ABBINAMENTI Formaggi e Gin Tonic? Noi lo abbiamo fatto!
EDITORIALE 4
Tanta voglia di uscire, divertirsi, incontrarsi. Nonostate la guerra, nonostante i rincari di prezzi e bollette, nonostante i contagi che stanno ricominciando a rialzarsi. O forse proprio per questo. Abbiamo voglia di rifarci del tempo perduto e di vivere l’oggi con intensità, vista l’incertezza su cosa succederà domani. E’ la spiegazione che ci siamo dati per l’euforia che stiamo vivendo in queste prime settimane d’estate, in cui la ristorazione sta finalmente lavorando bene dopo tanti mesi di vacche magre e un po’ tutto il settore sta raccogliendo delle belle soddisfazioni. Vogliamo cavalcare l’onda, con tantissime proposte perfette per la stagione: dalle novità - il Fil Rosè, la Stracciatella Affumicata, il Parma di Casa Graziano in tranci, solo per citarne alcune all’Asado di Piemontese per il barbecue, dalla ricetta della Panzanella - di cui Danilo Gasparini ci racconta la storia - alle ricette con i ravanelli che ci propone Anna Maria Pellegrino. Ma come sempre abbiamo tante cose che bollono in pentola! In primis riprendiamo la collaborazione con Da Pian, un’azienda che fa il nostro lavoro ma nel beverage di eccellenza, con cui stavamo organizzando un evento nel 2020, prima che il Covid sparigliasse le carte. Riprendiamo da dove ci eravamo lasciati e vi proponiamo alcuni abbinamenti tra formaggi e Gin Tonic, pensati per un aperitivo fresco, e molto trendy! Vi raccontiamo anche un paio di viaggi, uno con la rete vendita a Genova Pra’, per visitare l’azienda agricola Serre sul Mare, che coltiva il Basilico Genovese DOP e produce il Pesto di Pra’, e uno a Crova, in provincia di Vercelli, per vedere l’Oasi Naturale delle Pittime e, con l’occasione, presentarvi i nuovi formati da 500 grammi del riso di Cascina Oschiena.
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Buona lettura e buona estate!
Martina Iseppon
SELEZIONE DI SAPORI: Il magazine di Valsana Team editoriale: Giulia Bassetto, Giulia Basso, Vittorio Castellani, Alessandro De Conto, Elisa Cibien, Enrico De Conto, Matteo De Santi, Gianluca Di Lello, Danilo Gasparini, Martina Iseppon, Sara Mazzucco, Anna Maria Pellegrino, Francesca Pisseri
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Direttore: Giulia Basso
In copertina: Stefano Bruzzone de Il Pesto di Pra’ Foto di Beatrice Mancini Editore: Valsana srl Via degli Olmi, 16 Godega di Sant’Urbano Treviso Registrazione Tribunale di Treviso n. 2422 del 28/04/2017
SOMMARIO LUGLIO | AGOSTO 2022
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Viaggio a Genova Pra’ · Pesto di Pra’
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Viaggio in Cascina · L’oasi delle pittime
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Novità a catalogo · Novità formaggi, salumi e pesce
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Facciamo il punto · Dov’è finito il Pecorino Romano?
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Dietro le quinte · Gestire la crescita
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I sommelier · Spagnoli per le vacanze
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L’internazionale · Feta Greca DOP
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20 Dialoghi · Più sani e più buoni 22 Percorsi di agroecologia · Qualità di pascoli e formaggi 24 Conserve cosmopolite · Conservare in apnea 26 Affinità di coppia · Gin e formaggio 28 L’Italia è servita · Acqua e pane 30 Chiedilo al macellaio · El asador! 31
Il prodotto dimenticato · Il fiocchetto
32 La cucina di QB · Il ravanello fa il viso bello
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viaggio a genova pra'
PESTO DI PRA' Alessandro De Conto Responsabile Commerciale
Il colore verde ci accompagna in tutta la visita, dai percorsi pedonali ai cartelli alle divise degli operatori: una cura per i dettagli che ritroviamo nell'accoglienza e nei prodotti 4 minuti di lettura
Genova ha il suo profumo, odora di mare, di strade, di focaccia e di basilico. Ed è proprio in quest’ultima fragranza che ci siamo tuffati con tutta la rete vendita, nelle bellissime serre dell’azienda Il Pesto di Pra'. Pra' si trova pochi chilometri dopo il centro di Genova, lungo la direzione della Riviera di Ponente; è un vecchio borgo marinaro, che ha dato in prestito la sua porzione di costa a un hub di scarico navi container e le sue colline a orti e serre.
PESTO DI PRA' VASETTO 90 G Pesto preparato secondo la tipica ricetta genovese con soli sette ingredienti, tra cui Basilico genovese DOP, pinoli italiani e Pecorino Romano DOP cod 93425 | con aglio cod 93427 | senz'aglio
Poco prima l’autobus ci aveva lasciato vicino al porto, dove Matteo Pezzana, il nostro commerciale di riferimento, ci attende per accompagnarci "su" in azienda. Si, dico “su” perché si deve salire, e lo si fa percorrendo due "crose", ovvero quello strade strette, circondate da muri, che dal mare salgono in collina. Quelle stesse “crêuze” che De Andrè ha immortalato per sempre in uno dei suoi capolavori, “Creuza de ma”. Arrivati in cima tiriamo il fiato e diamo una sbirciatina ansimanti al panorama, da un lato la costa di ponente, dall’altro un complesso e lucente sistema di serre a picco sul mare: eccoci al Pesto di Pra'.
La pendenza dei rilievi, L'azienda agricola Serre sul Mare l’esposizione al sole, nasce con la coltivazione l’aria delle montagne retrostanti e quella del basilico, venduto ancora del vicinissimo mare oggi fresco, per diventare poi creano da anni quel mix pedoclimatico produttori del Pesto di Pra' necessario a rendere floride Sbirciamo all'interno delle serre, la visita vera le coltivazioni, in particolare di quel e propria è prevista per domani, ma Matteo “Basilico Genovese Dop” che dal primo ci anticipa che la luce rosa che vediamo nelle dopoguerra in poi ha fatto la fortuna de serre è la luce di crescita, che mantiene “I Cini”. leggermente illuminate le serre anche di So che vi suona strano, ed è giusto così. notte per favorire la crescita del basilico. Questo è infatti il soprannome della famiglia Incontriamo Roberto, suocero di Matteo e di Stefano Bruzzone, uno dei titolari responsabile commerciale, e subito dopo ad dell’azienda insieme ad Alessandro Ferrari, aspettarci all’interno di una serra allestita ad suo cognato. arte, Stefano e Alessandro, insieme al resto Il Pesto di Pra' è una questione di famiglia, del team. lo capiamo mano a mano che visitiamo La serata è davvero uno spasso, facciamo l’azienda nel corso delle due mezze giornate reciproca conoscenza in una serra dove per che passiamo insieme. Tuttavia avremmo metà giace del basilico e per l’altra metà ci sono potuto capirlo sin da subito per il modo in cui tavoli preparati per la cena e un ricco buffet. ci accolgono il venerdì sera per la cena. Assaggiamo delle fantastiche preparazioni Ora seguitemi però in un veloce flashback. VALSANA | 04
e carpiamo nuove idee, ovviamente a base di pesto genovese e salsa di noci, seconda referenza di casa. Una crocchetta di baccalà mantecato e pesto, una focaccina con burrata, pomodori e pesto, o ancora una polpettina di rapa rossa, gorgonzola e salsa di noci. La sfida con il pesto è quella della diversificazione. E poi ci sediamo a tavola, il clima è fantastico e le sacrosante trofie al pesto ci aspettano, fatte a regola d’arte! È come essere in famiglia, incontrando parenti che non vedi da una vita e con cui indaghi i vari gradi di parentela. La serata si conclude con un evento nell'evento: viene richiesto un volontario per provare a fare il pesto live. Pestello, mortaio e olio di gomito: pochi minuti e Giacomo ha imparato perfettamente a "rumesciare"! Dopo il caffè ci diamo l’appuntamento per l’indomani mattina, quando faremo la visita approfondita dell’azienda.
Ritorniamo in serra di buonora e l’impatto è quello che si ha quando si visita un’azienda moderna, organizzata e pulita. Un’azienda che cerca di trarre vantaggio dalle risorse della natura e allo stesso tempo compensarle o smorzarle con l’apporto della tecnica, cerca di riconoscere il valore aggiunto dell’esperienza umana e di abbinarlo alle potenzialità dell’automazione. La visita inizia dalla semina, che avviene tramite una seminatrice automatica su un substrato fertile inserito in una cassettina da 84 fori (25 semi per ciascun foro); il seme viene fatto germinare nel giro di 48 ore in un camera a umidità massima, finché diventa bello gonfio e pronto per dar vita ai primi germogli. Questa prima fase avviene nelle serre chiamate “vivai”, deputate a ospitare le piantine nei primi 10 giorni del loro ciclo di vita, sono serre a pavimento riscaldato, come tutte le altre del resto.
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Stefano Bruzzone, della famiglia de’ I Cini, è uno dei titolari dell'azienda, assieme ad Alessandro Ferrari, suo cognato
viaggio a genova pra'
Successivamente è il momento del diradamento, che avviene attraverso una macchina ad alta automazione, che dispone le piantine in altre cassette con vani a maggior distanza l’uno dall’altro: si passa da 84 a 21 fori per ciascuna cassettina. Questo permette una miglior crescita della pianta ed evita effetti ombra o di competizione tra le piante stesse.
PESTO DI PRA' VASCHETTA 1 KG Pesto di Pra' prodotto seguendo la ricetta genovese; profumato e non troppo sapido, sprigiona tutto il profumo del basilico fresco cod 93426 | con aglio cod 93428 | senz'aglio
La parte seguente del ciclo di crescita ha una durata che cambia a seconda della stagione, nei mesi estivi può durare solo 8-10 giorni e nei mesi invernali addirittura il doppio, a causa di una minor esposizione alla luce del sole. Le serre in cui avviene quest’ultimo passaggio sono riscaldate a pavimento, irrigate per mezzo di un impianto automatizzato e nei mesi invernali riscaldate da lampade ad acqua oppure da termoconvettori nei momenti più rigidi. La temperatura che si cerca di raggiungere VALSANA | 06
all’interno delle celle è pari a 26°C. Al contrario nei mesi estivi entrano in gioco le tende oscuranti o smorza raggi del sole, per evitare che il basilico si ossidi e le foglie diventino troppo scure, perchè devono sempre restare di un bel verde brillante. L’automazione in questo caso è di grande aiuto, un tempo le famiglie aprivano e chiudevano centinaia di finestrelle sulle coperture delle serre, un tempo in vetro oggi in policarbonato. Chiaramente è solo l’occhio di Alessandro, responsabile delle serre, a decidere quando è il momento o di vendere le piantine di basilico al mercato o di utilizzarle per iniziare la produzione del pesto. Lo stabilimento produttivo è adiacente alle serre e ha come input le foglie del basilico che solo e rigorosamente al mattino presto vengono tagliate da una macchina taglia basilico: al taglio il basilico deve essere freddo, altrimenti deperisce.
Le foglie vengono subito lavate per una quarantina di minuti, quindi risciacquate con acqua e infine asciugate in una grande centrifuga. Il mattino seguente entreranno nel grande cutter, che per comodità chiameremo mortaio automatico. Il "mortaio" accoglie per primi la pasta d’aglio e i pinoli, rigorosamente italiani. In un secondo momento il basilico, l’olio extravergine, il sale e il formaggio. Quest’ultimo è un altro ingrediente fondamentale e si compone, nel caso del Pesto di Pra', di tre elementi: Trentingrana Dop, Parmigiano Reggiano DOP e Pecorino Romano DOP già grattugiato. Gli ingredienti del Pesto Genovese sono infatti rigorosamente sette. Le operazioni all’interno del mortaio avvengono a temperatura controllata: il freddo è infatti l'unico conservante utilizzato nel Pesto di Pra'. All’uscita del mortaio ci sono subito le diverse linee di confezionamento e poi lo stoccaggio.
Tutta la visita è stata accomunata da un fattore comune, il colore verde. Verdi i corridoi pedonali, le canaline elettriche, i pulsanti e le scritte sulle varie macchine, i cartelli, pure spiritosi, su ogni punto cruciale dello stabilimento, e ovviamente le divise dei diversi operatori. Si chiama "cultura del dettaglio", una cura che ci ha accompagnato in tutta la visita. Bravi "pestiferi"! Il giro è terminato, un ultimo assaggio dell’accoglienza genovese lo abbiamo nel loro shop, dove ci viene offerta la merenda (pane burro e acciughe) prima di partire per le Langhe. Che bella visita, che belle persone. Ah, non credete a quelli che vi dicono che i genovesi hanno il braccino corto, non è assolutamente vero, lo abbiamo sperimentato!
Reportage fotografico di Beatrice Mancini
PESTO DI PRA' MORTAIO Pesto genovese prodotto a Pra' in versione con o senza aglio e in pratico formato da 150 g, confezionato in atm cod 93424 | con aglio cod 93429 | senz'aglio
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viaggio in cascina
L'OASI DELLE PITTIME Martina Iseppon
La visita all'Oasi Naturale della Pittima Reale diventa l'occasione per presentarvi i nuovi formati da 500 grammi di Carnaroli, Apollo ed Ermes di Cascina Oschiena
Responsabile Marketing
4 minuti di lettura
RISO CARNAROLI CLASSICO Varietà storica da semente certificata, considerato uno dei migliori risi italiani, ideale per risotti pregiati grazie a un’eccellente tenuta di cottura. I chicchi rimangono di consistenza perfetta e ben sgranati. Cottura: 14-16 minuti cod 93827 | da 500 g cod 93825 | confezione da 1 kg
Era da un po' di tempo che volevo visitare l'Oasi di Cascina Oschiena, non l'avevo mai vista dal vivo: un progetto meraviglioso che mi emoziona ogni volta che lo devo raccontare, così come la storia di Alice e Simone. Due ragazzi che hanno scelto di dedicare la propria vita a un progetto. Non è "solo" una risaia, dietro c'è una visione, un proposito - come si usa dire oggi - realizzato con dedizione, impegno, e tanti sacrifici. Perchè si sono innamorati di un luogo, perchè vogliono portare avanti la storia di famiglia, perchè credono che si possa fare agricoltura in modo diverso, in modo davvero sostenibile, non solo a parole ma con i fatti. La storia di Alice ve l'abbiamo raccontata tante volte, ma vale la pena ripercorrerla brevemente: laurea in Economia, un anno a Bruxelles, un lavoro prima in Ferrero come marketing manager poi a New York. I weekend nella cascina di famiglia nel vercellese, in cui si sente davvero a casa. E così, quando nel 2008 la mamma vuole vendere la tenuta, Alice decide di lasciare la sua carriera e rientrare in Italia per prendere in mano la cascina di famiglia. Si iscrive a un corso serale all'Istituto Agrario di Vercelli, impara a seminare il riso, a guidare il trattore, a lavorare la terra, a coltivare il riso, a farsi prima rispettare e poi stimare dai suoi vicini, agricoltori di lungo corso, nonostante sia giovane, inesperta e donna. In questa impresa - forse folle, ma sicuramente coraggiosa - la segue Simone, al tempo suo fidanzato, oggi suo marito. Simone è un chimico ambientale, oltre ad essere un appassionato di storia. Come chimico, Simone ha un ruolo fondamentale nell'aiutare Alice nella scelta delle tecniche colturali, per ridurre ad esempio l'utilizzo di fertilizzanti e fitofarmaci; come appassionato di storia ha seguito la ristrutturazione della VALSANA | 08
cascina cercando di rispettare l'architettura di un tempo: l’essiccatoio e i silos sono stati armoniosamente inseriti all’interno della cascina mentre la stalla dei cavalli da tiro è stata riconvertita per il rimessaggio di trattori e attrezzature agricole. "I caseggiati antichi, ristrutturati con cura, sono un archivio della memoria: gli alloggiamenti delle mondine, la scuola per i bambini, la stalla, l’osteria, la bottega e la chiesetta campestre. Il Tenimento di Oschiena è fra i più antichi del territorio: le strutture attuali risalgono alla fine del ‘500, anche se il primo documento che ne parla è un Consegnatum del 1202, quando era in proprietà del Marchesato del Monferrato e venne dato in concessione all’Abbazia di Santo Stefano di Vercelli" - racconta Simone. Per vedere la sommersione delle risaie durante la semina, tra fine aprile e inizio maggio, l'unica data che riusciamo a incrociare con Beatrice, la fotografa, è il week end del 25 aprile: decido di portare con me le mie ragazze, due preadolescenti, felicissime - si fa per dire di partecipare a una trasferta con la mamma! Arriviamo in cascina al tramonto. Alice e Simone ci accolgono assieme a Mario, il loro bimbo che ha appena compiuto 4 anni. Decidiamo di fare subito una passeggiata nell'oasi: con la luce della golden hour è uno spettacolo che non ci possiamo perdere. E qui il nostro week end ha una svolta: incontriamo Grisù, il "cavallo domestico" di Alice e Simone, un cavallo bianco da tiro che pesa quasi 900 kg ma pensa di essere un cane. Grisù era destinato al macello ma è stato adottato da Alice e ora vive nell'oasi. Ci corre incontro al galoppo - bellissimo ma terrificante - si avvicina e ci fa le coccole. Le mie ragazze se ne innamorano all'istante, e passano dalla lamentela all'entusiasmo per questa viaggio.
Chiudo il cancello che separa la cascina dall'oasi e lascio fuori la frenesia e il rumore di tutti i giorni: l'oasi è un luogo di pace, lo sguardo si perde tra le distese d'acqua e di vegetazione, gli argini e i boschi, le nuvole e gli uccelli, in un momento di riconciliazione con la natura e con sè stessi. "La cascina si estende su 109 ettari, di cui 25 sono stati convertiti a oasi nel 2018; l'Oasi Naturale della Pittima Reale è tra le più grandi aree umide private in Europa realizzate mediante la conversione di superfici agricole; se aggiungiamo i 6,5 ettari di bosco possiamo dire che oggi circa il 30% della superficie dell'azienda è stato restituito all'ambiente e dedicato alla biodiversità, mentre il 70% alla coltivazione del riso". Nell'oasi sono stati ricostruiti diversi ambienti di acqua bassa e zone prative, canneti e giuncheti, per la nidificazione della Pittima Reale in primis, ma anche del Cavaliere d’Italia e della Pavoncella, specie sempre più a rischio a causa delle tecniche di lavorazione
della risicoltura intensiva. I risultati dei primi anni in termini di biodiversità sono stati straordinari. Arpa Piemonte, il Parco del Po, l'Università di Torino e del Piemonte Orientale eseguono costanti studi e monitoraggi su suolo, botanica, erpetologia, entomologia, avifauna. Il ripopolamento di farfalle, libellule e uccelli è stato davvero eccezionale. Anche per quanto riguarda la superficie destinata alla coltivazione del riso, l’obiettivo è stato quello di perseguire un’agricoltura sostenibile, creando un sistema di coltivazione che potesse unire alla garanzia delle produzioni la tutela dell’ambiente: tecniche di produzione integrata per ridurre l’utilizzo di fertilizzanti e fitofarmaci, realizzazione di oltre 10 km di fossi in risaia per garantire aree adacquate tutto l’anno, mantenimento delle risaie allagate, soprattutto nei periodi primaverili, per facilitare gli insediamenti e la nidificazione delle specie avicole migratorie. Nel periodo invernale viene inoltre praticata la semina di colture da sovescio, cioè la semina VALSANA | 09
Alice e Simone si sono sposati alla Madonna del Tabalino, una chiesetta campestre che si trova all'interno del Tenimento di Oschiena
viaggio in piemonte
RISO AROMATICO APOLLO Riso bianco italiano lungo, simile al Basmati. È ottimo bollito o al vapore, ma anche saltato in padella o in accompagnamento a piatti a base di verdure, carne e pesce. Cottura: 12-14 minuti cod 93828 | da 500 g cod 93820 | confezione da 1 kg
di specie vegetali che permettono di arricchire naturalmente la fertilità del terreno. L’utilizzo di attrezzature di minima lavorazione, che non prevedono il rivoltamento della terra, consente inoltre di ridurre notevolmente il consumo di gasolio rispetto ad altre pratiche, come per esempio l’aratura. La semina viene effettuata a fine aprileinizio maggio, a seconda delle varietà, mediante la tecnica tradizionale ossia in risaia rigorosamente allagata. La sommersione delle risaie a cavallo tra marzo e aprile è una tecnica storica e virtuosa che permette al tempo stesso sia di ottimizzare la risorsa idrica, addirittura restituendo acqua all'ambiente, sia di creare aree sommerse fondamentali come stop over dei flussi migratori primaverili e più in generale per l'incremento di biodiversità, essendo l'acqua vita! La semina in asciutta è più facile perché la sommersione viene posticipata di oltre due mesi riducendo quindi la mano d'opera oltre alla possibilità di utilizzare alcuni fitofarmaci VALSANA | 10
non consentiti nella semina tradizionale in acqua. “E' stato difficile trovare nel tempo dei collaboratori che condividessero il nostro metodo di lavoro, purtroppo la “normalità” consiste in un'agricoltura convenzionale sempre più lontana dai nostri standard.” Ceniamo con Andrea, un ragazzo, figlio di un medico, che a 14 anni ha scelto di fare il pastore. Da un paio d'anni, nella sua transumanza da Gressoney alla pianura, trascorre circa un mese nel Tenimento di Oschiena. "Le pecore mangiano i sovesci e forniscono un concime naturale alle risaie, è uno scambio sinergico per entrambi". Il mattino dopo usciamo presto per vedere le risaie. Passeggiamo sugli argini, arriviamo fino alla chiesa e al bosco. Tra i rami degli alberi tantissimi nidi, il richiamo degli uccelli è così forte che dobbiamo alzare la voce per sentirci. Impariamo come funzionano i soglini, cosa sono i fontanili e come funzionano le camere delle risaie.
"La gestione dell’acqua è stata la cosa più difficile che ho dovuto imparare. L'acqua, di cui il Tenimento gode grazie a fontanili e bocche di presa ad uso esclusivo,, viene gestito per caduta. Ogni campo di risaia è composto da diverse camere, collegate tra loro da una rete di canali, chiuse e bocchette che permettono di far defluire l’acqua per caduta da una camera all’altra e sommergere progressivamente i campi. Le camere hanno una leggera pendenza che permette di far defluire l’acqua da un campo all’altro semplicemente aprendo o chiudendo le chiuse con i “soglini”, assi di legno che interrompono o regolano il flusso dell’acqua. Nelle risaie l’acqua è sempre in movimento e il livello va sempre monitorato in base a quanto fa caldo, quanto beve il terreno, quanto è alta la falda". Basta guardare gli argini per capire dove finisce il Tenimento di Oschiena: totalmente verde con una vegetazione rigogliosa l'uno, gialli e secchi per il diserbo gli altri.
Simone ci viene a prendere alla chiesetta con un trattore con un rimorchio con le panche. Facciamo salire anche Mauro Della Toffola, un ornitologo che collabora da anni con Cascina Oschiena, che ci accompagna in un tour guidato delle risaie, dove proviamo a riconoscere le diverse specie di uccelli - oltre 35 specie diverse - e anche a imitare il verso della Pittima. La salvaguardia della Pittima Reale è il primo obiettivo dell'Oasi, una specie a rischio a causa dell'intensificazione agricola. Ma anche i Cavalieri non sono messi meglio: -82% della popolazione in 10 anni a causa della coltivazione in asciutto, numeri davvero impressionanti. "In questi giorni stiamo seminando il Carnaroli, poi continueremo con le altre varietà: l'Apollo, l'Ermes, il Selenio, l'Arborio. E c'è anche una novità, nelle prossime settimane semineremo una nuova varietà di riso nero, l'Ebano". Ma questa è un'altra storia, ci riserviamo di raccontarvela in autunno, quando sarà pronto da assaggiare! VALSANA | 11
Reportage fotografico di Beatrice Mancini
RISO ERMES INTEGRALE Riso integrale dal chicco allungato e dal pericarpo rosso, volutamente creato mediante tecniche naturali. Delizioso con un filo d’olio evo o in insalata con verdure crude e cotte, pesce e carne. Cottura: 35-40 minuti cod 93829 | da 500 g cod 93822 | confezione da 1 kg
novità a catalogo
NOVITÀ BIANCHE, COME IL LATTE Alessandro De Conto Responsabile Commerciale
NOVITÀ
La stracciatella affumicata del caseificio Artigiana in due formati, e il nuovo formaggio a pasta dura Selezione Fiandino 2 minuti di lettura
STRACCIATELLA AFFUMICATA Stracciatella affumicata con legno di faggio, dal sapore dolce e avvolgente, con note di fumo evidenti ma ben bilanciate cod 24838 | peso 150 g cod 24839 | 1 kg | su prenotazione
FORMAGGIO SELEZIONE FIANDINO Formaggio a pasta dura, prodotto con latte crudo vaccino italiano, senza lisozima, e stagionato almeno 14 mesi 33957 | in 1/8 da 4,5 kg circa disponibile anche la forma intera
STRACCIATELLA AFFUMICATA
SELEZIONE FIANDINO
Un nuovo potenziale ingrediente si aggiunge alla nostra selezione: la Stracciatella affumicata del Caseificio Artigiana di Putignano (BA). Si tratta della già nota stracciatella di burrata che viene affumicata con legno di faggio all’interno di camere del fumo appropriate, senza apporto di fumo liquido. Il sapore dolce è avvolgente e cremoso, evidenti ma bilanciate le note di fumo e legna arsa, ben equilibrate la sapidità e l’acidità.
Da qualche mese sapevamo che saremmo rimasti orfani dell’Oro del Maso, la cui produzione è stata interrotta l’anno scorso. Abbiamo quindi cominciato a cercare un formaggio italiano a pasta dura, di grande pezzatura e pensiamo di aver trovato una nobile alternativa nel Selezione Fiandino del noto produttore piemontese di burro e formaggi a caglio vegetale.
Due i formati inseriti: il barattolo da 150 g lo troverete sempre a stock, mentre la confezione da 1 kg sarà disponibile solo su prenotazione. Non diventa difficile immaginarsi degli abbinamenti, adatti a tutte le stagioni. Chiaro, è facile cominciare dall’estate, e quindi fatevi sotto con melanzane, peperoni arrostiti, salumi leggermente affumicati come lo Speck o il Capocollo di Martina Franca. Provate anche ad accostarci un pomodoro confit o della paprika anch’essa affumicata. E se la nota affumicata vi dovesse sembrare eccessiva, ammorbiditela aggiungendo un po’ di stracciatella al naturale.
Il formaggio è prodotto con latte vaccino crudo 100% italiano, è privo di lisozima e ha una stagionatura di circa 14 mesi. Il caglio utilizzato in questo caso è di origine animale. La consistenza è dura e compatta, tuttavia lascia intravedere una pasta giustamente grassa, non troppo secca. In bocca il formaggio ha la sua complessità, è dolce, persistente, con note di frutta secca, erba e burro cotto. Ne descrivo il gusto perché il Selezione Fiandino non è soltanto un grande formaggio da utilizzare in cucina, bensì una valida alternativa da proporre a scaglie per arricchire aperitivi o taglieri. Disponibile in tagli da circa 4,5 kg, preparati settimanalmente nel nostro laboratorio di frazionamento interno e quindi sempre freschi e fragranti.
DI COTTE E DI CRUDE
NOVITÀ
Una porchetta pancettata firmata Karl Bernardi e un crudo di Parma di Casa Graziano in comodi tranci 2 minuti di lettura
PORCHETTA PANCETTATA
PROSCIUTTO DI PARMA 20 MESI
E’ l’ultima creatura di Karl Bernardi, si tratta di una porchetta, o meglio una pancetta che contiene un lombo di maiale, marinata e cotta lentamente nei forni della macelleria di Brunico. Una sorta di porchetta alla moda altoatesina potremmo dire per brevità, molto vicina come stile a una pancetta cotta.
Al Prosciutto di Parma della famiglia Casa abbiamo dedicato l’ultimo numero dei nostri magazine e avremmo ben poco da aggiungere.
Il suo inserimento è durato il tempo di un incontro, un po’ casuale, con Karl. Venuto a trovarci in azienda ci ha portato una serie di campionature frutto delle sue ultime riflessioni e ci ha conquistato con questa preparazione cotta, non arrosta, badate bene. Si tratta di pancette provenienti da quegli stessi maiali tedeschi da cui ottiene le cosce per lo speck, hanno una buona frazione magra e una quantità di grasso non esagerato. Vengono conciate dolcemente in una salamoia delicata, condite con spezie e aromi naturali, e prima dell’infornata arrotolate attorno a dei lombi di maiale. La cottura è dolce, mantiene le carni tenere e rosate. In bocca il sapore è dolce, suadente, avvolgente e accompagna delle gentili note di forno a legna e miele.
Tuttavia qualcosa di nuovo da raccontare ce lo abbiamo: un Prosciutto di Parma DOP Casa Graziano, stagionato 20 mesi e tagliato in 3 tranci. La coscia a stagionatura ultimata viene tagliata a “T” (come nella foto); il gambuccio con la parte finale della coscia viene lasciato intatto e separato dalle due parti più pregiate, la culatta e il fiocco. Certo, la divisione non è così netta, segue più delle regole geometriche che le linee delle fasce muscolari.
PORCHETTA PANCETTATA Pancetta da suini tedeschi, arrotolata attorno a un lombo di maiale, marinata e cotta cod 81057 | peso 6,5 kg
Quali sono i vantaggi e a chi è destinato il prodotto? L’abbiamo pensato per due profili di clienti: il bar o la piccola ristorazione che fanno fatica a far ruotare una coscia intera e possono trarre vantaggio dal lavorare un trancio alla volta, avendo così una fetta sempre fresca e riducendo lo scarto dato dal rinfresco; anche la gastronomia o il negozio possono trovare utile questa referenza, visto il peso contenuto il trancio può essere acquistato per consumo domestico o anche come souvenir gastronomico.
PROSCIUTTO DI PARMA DOP 20 MESI TRANCI Crudo stagionato 20 mesi, suddiviso in gambetto, culatta e fiocco 78294 | box da 3 tranci peso 7/8 kg circa
novità a catalogo
ITTICO: ECCO LE BUONE NUOVE
NOVITÀ
Giulia Bassetto Marketing e Comunicazione
Dalla Campania al Friuli: le alici di Acquapazza Gourmet e il Fil Rosè di Friultrota 1 minuto di lettura
FILETTI DI ALICI ACQUAPAZZA Filetti di alici pescate nel Golfo di Salerno maturate circa 9 mesi sotto sale, ripulite e conservate in olio di girasole cod 94005 | vaso 150 g peso netto sgocciolato 80 g
FIL ROSÈ DI TROTA Baffa di trota Iridea salmonata, marinata a bassa temperatura con sale, aceto e pepe nero: delicata e aromatica al palato cod 94111 | baffa da 500 g circa
FILETTI DI ALICI DI CETARA
FIL ROSÉ DI TROTA
Le alici di Cetara lavorate da Acquapazza Gourmet le conosciamo bene, nella versione sotto sale, nella colatura e a filetti nella busta sottovuoto. Ma ora facciamo un passo in più e scegliamo di aggiungere i filetti di alici conservati in olio, quindi già pronti all’uso.
Lo abbiamo assaggiato per la prima volta quest’inverno con Mauro Pighin, durante una visita da Friultrota a San Daniele del Friuli. Siamo stati coinvolti in una sorta di prova alla cieca, assaporandolo senza sapere di cosa si trattasse. La sensazione è stata quella di addentare una fetta di roastbeef... ma di trota. E in effetti, non ci siamo sbagliati di molto.
Le alici vengono pescate nel golfo di Salerno con reti da circuizione. Ogni volta che le barche giungono al porto, le alici appena pescate vengono trasportate nello stabilimento di Acquapazza Gourmet per le operazioni di selezione e controllo: un passaggio che richiede attenzione e rapidità, e che solo chi ha lunga esperienza sa compiere in modo accurato. Le alici più piccole vengono avviate alla produzione di colatura, mentre quelle di dimensioni più grandi vengono eviscerate, decapitate e messe sotto sale, lasciate maturare per circa 9 mesi e poi sfilettate. In questa versione le alici sono conservate in olio di girasole in vasetto da 150 g (50 filetti circa) da conservare in frigo. Ideali su un crostino con del burro montato per l’aperitivo, oppure per condire degli spaghetti magari con passata di pomodoro, capperi, basilico e crostini di pane abbrustoliti, come nella ricetta tipica cetarese add’or e mar’.
Parliamo di una trota Iridea salmonata, marinata a bassa temperatura con aceto di vino, sale, zucchero e pepe nero. La carne ha una consistenza incredibilmente morbida ma compatta, quindi facilmente affettabile, e un invitante colore rosa aranciato acceso, con un bellissimo contrasto dato dal pepe nero macinato sulla superficie. Il sapore è delicato con spiccate note aromatiche date del pepe nero che donano una deliziosa rotondità di gusto al palato. Da consumare rigorosamente a temperatura ambiente, tagliato in fette sottili e con un filo d’olio per un aperitivo, o a piccoli tranci accompagnato da verdure di stagione per un secondo piatto. Noi lo abbiamo assaggiato anche in un finger, tagliato a cubetto con una goccia di aceto balsamico e un lampone: irresistibile.
facciamo il punto
DOV’È FINITO IL PECORINO ROMANO? Tutte le cause che hanno portato al calo della produzione e le ragioni di un prezzo stratosferico
Alessandro De Conto Responsabile Commerciale
1 minuto di lettura
Tra le tante situazioni critiche degli ultimi mesi vi è la carenza di una delle DOP più importanti, il Pecorino Romano. Un formaggio bistrattato in Italia fino a 5 anni fa perché considerato salato e non degno di esser degustato in purezza, ma in realtà fondamentale per realizzare i più famosi primi piatti della gastronomia italiana, la pasta cacio e pepe e la carbonara.
risultati li vediamo oggi a stagionatura minima raggiunta. Si produce meno formaggio perché si raccoglie meno latte, si raccoglie meno latte perché alcuni allevatori gettano la spugna poiché con certi costi fissi in aumento (energia, carburanti, mangimi, concimi, ecc) non ha senso produrre latte che vien venduto a un prezzo che non ha valore aggiunto. E chi continua a produrre è costretto a indebitarsi.
AUMENTO DELLA DOMANDA
LE ALTRE CAUSE
Grazie al gran diffondersi di queste ricette anche a livello casalingo si è generata una domanda interna crescente che, abbinata a una domanda da sempre importante proveniente dagli Stati Uniti, ha squilibrato il famoso bilanciamento tra la domanda e l’offerta. Ora è disponibile meno Pecorino Romano di quanto serva, e ve ne siete sicuramente accorti negli ultimi due mesi visto che spesso non siamo riusciti ad accontentare il fabbisogno di tutti.
Inoltre c’è stata una recrudescenza tra le greggi della “lingua blu”, una malattia virale che colpisce i ruminanti e che ha ridotto la popolazione ovicaprina, e un ritardo dei parti degli agnelli che ha fatto partire in ritardo i cicli di lattazione e quindi la produzione di formaggio. Se poi ci vogliamo aggiungere la carenza di pascoli legata alla siccità invernale e primaverile, e che il lavoro del pastore non lo vuole più fare quasi nessuno allora abbiamo creato la tempesta perfetta.
E questo vale anche su scala internazionale per i produttori che, come sempre accade in questi casi, alzano il prezzo.
Il prezzo raggiunto dal Pecorino Romano Dop non ha eguali, ci aspettiamo che dopo l’estate possa fare retro marcia, tuttavia nel frattempo ci sembrava opportuno darvi una spiegazione di quanto sta accadendo, dandovi qualche spunto di riflessione che vi faccia meglio comprendere la dinamica di mercato che si è instaurata in questo momento su questo prodotto.
CALO DELLA PRODUZIONE: IL LATTE Per amor di completezza dovrei però aggiungere che nei mesi invernali è stato prodotto il 10% in meno (in kg) di Pecorino Romano rispetto all’annata precedente, e i
Prezzo in partita registrato sulla Piazza di Milano del Pecorino Romano con stagionatura 5 mesi e oltre da produttore
Fonte: CLAL.it
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PECORINO ROMANO DOP CROSTA NERA Formaggio DOP prodotto in Sardegna con latte di pecore di razza Sarda, stagionato almeno 5 mesi cod 31542 | 1/8 | 3,5 kg cod 31540 | forma | 28 kg
L’ALTERNATIVA
GRAN CAO Pecorino prodotto in Sardegna con latte di pecore di razza Sarda, stagionato almeno 9 mesi, dal sapore tendenzialmente dolce, con note di tostato e fiori cod 31545 | peso 15 kg disponibile anche in frazioni
dietro le quinte
GESTIRE LA CRESCITA Martina Iseppon Responsabile Marketing
Negli ultimi anni siamo cresciuti tanto e abbiamo inserito molte persone nuove: più si cresce, più diventa importante dedicare tempo, impegno e risorse per fare squadra 4 minuti di lettura
60 40 persone in staff e 20 agenti
1.400 ore/anno dedicate ad attività di formazione e team building
40,7 età media delle persone che lavorano con noi
Oggi vogliamo raccontarvi le idee che ci guidano e le iniziative che stiamo cercando di portare avanti per fare in modo che le persone che lavorano con noi siano soddisfatte del proprio lavoro. I nostri ragazzi sono infatti i primi nostri stakeholder e sulla loro soddisfazione si fonda la capacità di Valsana di dare un buon servizio al cliente. Questo perché: 1) Valsana è un'azienda di servizi; 2) la qualità del servizio dipende dalle persone che lo erogano; 3) le persone lavorano con cura se hanno le competenze, gli strumenti organizzativi e la giusta motivazione per farlo. Di quanto sia importante per noi la formazione e la competenza, non solo della rete vendita, abbiamo già parlato in un altro articolo. In questa sede vogliamo focalizzarci in particolare su alcune scelte organizzative e su alcune iniziative che cerchiamo di promuovere per cercare di far lavorare bene la nostra squadra.
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PROPOSITO
Partiamo dal perché, come suggerisce Simon Sinek. Cerchiamo di condividere con tutte le persone che lavorano con noi un proposito, una motivazione che vada oltre il fare. Non vogliamo soltanto "spostare dei prodotti", ma cerchiamo di valorizzare le piccole produzioni di qualità che contraddistinguono la nostra gastronomia e supportare i produttori che, con cuore e sacrificio, portano avanti le tradizioni. Tantissimi dei ragazzi che lavorano con noi, dal commerciale al marketing, dalla rete vendita al magazzino, sono davvero appassionati di gastronomia, hanno la curiosità e la voglia di conoscere i prodotti, ma soprattutto le persone e le diverse realtà che fanno parte del nostro assortimento. Lavorare per arrivare a fine giornata o lavorare perché si crede in ciò che si fa e perché ci piace, fa decisamente una bella differenza.
☛ 2 SELEZIONE
Negli anni abbiamo costruito molteplici collaborazioni con diverse scuole ed enti di
formazione con cui gestiamo stage e tirocini: il Master in Cultura del Cibo e del Vino di Ca' Foscari a Venezia, il Corso di Laurea in Scienze e Cultura della Gastronomia e della Ristorazione dell'Università di Padova, l'Istituto Tecnico Cerletti di Conegliano. In questo modo abbiamo alimentato un bel vivaio di ragazzi, che oltre ad avere competenze sia di tecnologia alimentare che di cultura del cibo, hanno soprattutto tanta passione e tanta curiosità. Ma abbiamo anche un bel passa parola: spesso sono i nostri stessi ragazzi a presentarci i loro amici da inserire in azienda. E questo, oltre a darci molta soddisfazione, aiuta moltissimo a costruire il gruppo, e a creare un ambiente di lavoro basato anche sulle relazioni personali. "In Valsana mi sono sentito subito a casa e ho trovato non solo dei colleghi, ma tanti amici" ha detto Gianluca, un ragazzo abruzzese che lavora da tre anni con noi nell'export, nel raccontare la sua esperienza ai masterini che ci sono venuti a trovare qualche giorno fa in azienda. Consolidare il gruppo di lavoro e favorire le relazioni personali richiede tempo, risorse ed energia. Siamo consapevoli di avere ancora molto da fare da questo punto di vista, ma nell'ultimo anno abbiamo iniziato a darci un calendario di appuntamenti per creare occasioni di incontro, di confronto e di socialità per tutte le persone che lavorano con noi. È un inizio!
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COMUNICAZIONE INTERNA
Cerchiamo innanzitutto di condividere con tutti i nostri collaboratori gli obiettivi dell'anno, i risultati raggiunti, il calendario di attività. In primis attraverso delle riunioni periodiche. Ma da qualche anno utilizziamo anche uno strumento mensile di comunicazione interna che abbiamo chiamato "Il Bollettino", una piccola newsletter stampata e consegnata a tutti assieme alla busta paga, che diventa un canale diretto per commentare il trend delle vendita, presentare i nuovi assunti o invitare tutti alle diverse feste, cene e aperitivi che organizziamo internamente.
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Fare squadra FESTE
Il Covid ci ha tolto per due anni tantissimi momenti di socialità, a partire dalla pausa pranzo condivisa che è un'occasione di relazione tra persone che lavorano in diversi reparti. A partire dalla scorsa estate, con l'attenuarsi della pandemia, abbiamo voluto recuperare il tempo perduto, organizzando qualche festa. Il Cocktail Party a fine estate, promosso dai nostri due bartender, Giacomo e Stefano. E poi la festa di pre-Natale: non riuscendo mai a fare la cena di Natale, perché da noi a dicembre sono tutti stressati, abbiamo anticipato i tempi e organizzato una festa di pre-Natale a fine novembre, prima di arrivare al picco di lavoro, con tanto di premio all'accessorio natalizio più trash. Abbiamo rilanciato con la Festa di Carnevale, rigorosamente in maschera, con un premio per il gruppo di lavoro con il travestimento più originale, vinto dalle nostre ragazze della qualità. Sono stati giorni di lavori top secret nei diversi uffici!!
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VIAGGI E DEGUSTAZIONI
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SCAMBIO DI RUOLI
Per la prima volta quest'anno abbiamo dato a tutti la possibilità di partecipare al Taste, per vedere come ci presentiamo in fiera, incontrare qualche produttore, assaggiare alcuni prodotti del nostro assortimento e soprattutto trascorrere una giornata assieme al di fuori dalle dinamiche del lavoro. Abbiamo organizzato un pullman per gestire la trasferta in giornata a Firenze e ci ha fatto davvero piacere aver raccolto tante adesioni, non solo dalla rete vendita ma anche da qualche ragazzo del magazzino, dell'amministrazione e dai nostri autisti! I nostri collaboratori sono poi sempre tutti invitati a Sapori, il nostro più importante evento annuale, e di tanto in tanto anche a qualche evento di degustazione organizzato magari da qualcuno dei nostri clienti.
Un'altra attività in cui crediamo molto è lo scambio di ruoli: sperimentare per una giornata il lavoro di un collega aiuta tantissimo a mettersi nei panni degli altri, e capirne le esigenze. Abbiamo fatto alcuni esperimenti facendo lavorare in magazzino gli agenti e mandando in visita con qualche agente i nostri ragazzi del magazzino. L'esperimento sembra riuscito: alcune delle richieste prima vissute con frustrazione ora sono capite, così come viceversa alcune difficoltà nell'evasione degli ordini. Resta la sfida di riuscire a organizzare questi momenti di scambio, incastrandoli con la pressione della quotidianità, ma il progetto verrà sicuramente portato avanti! La relazione tra le persone incentiva e supporta la comunicazione interna tra diversi uffici e reparti, ma deve poi trovare nell'organizzazione gli strumenti e i processi in cui incanalarsi in modo fluido. Anche su questo stiamo cercando di lavorare: utilizzando nuovi strumenti di collaborazione e condivisione; lavorando sui processi con il nostro ufficio qualità; organizzando momenti di formazione su temi come lean e project management. La strada è sicuramente ancora lunga, ma l'importante è avere una direzione, un piano di miglioramento e la consapevolezza del percorso, sia di quello che abbiamo già fatto, e di quello che possiamo ancora fare.
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Non basta dichiararlo come obiettivo, bisogna spenderci del tempo: in riunioni, incontri personali, attività dedicate. Abbiamo ancora molto da fare, ma abbiamo iniziato a darci un calendario per creare occasioni di incontro, confronto e di socialità per tutte le persone che lavorano con noi: dalle riunioni alle feste ai viaggi.
i sommelier
SPAGNOLI PER LE VACANZE Un viaggio insieme ai nostri sommelier di fiducia: destinazione Spagna... passando dal Sud d'Italia alla regione dello Champagne Enrico De Conto Ufficio Acquisti
Cava Brut
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JAMÓN SERRANO 24 MESI
In questo abbinamento, il delicato sapore della carne non verrà sovrastato da un’aromaticità spinta, al contrario il vino è molto fine e le leggere note di erba e croissant lasceranno parlare il prosciutto. Un bell’abbinamento da aperitivo, con la bollicina a completare il sorso e la pulizia del palato.
Prosciutto crudo Serrano stagionato almeno 24 mesi, dolce, pulito e leggermente sapido, al palato sprigiona note di nocciola tostata
Vinos De Madrid D.O.
JAMÓN MANGALICA
Vi propongo un vino a base Garnacha prodotto nella Sierra de Gredos, le montagne a ovest di Madrid. Un abbinamento divertentissimo, tutto giocato sul contrasto tra l’acidità del vino e la grassezza del prosciutto, tra le note pepate del vino e i sentori nocciolati del Mangalica.
Sherry Fino Un abbinamento affascinante che ruota attorno alla complessità. Lo Sherry Fino accompagnerà da un punto di vista aromatico il prosciutto grazie alle note di mandorla ed erba. L’acidità relativamente bassa e il carattere iodato del vino gli permetteranno poi di esprimersi a pieno.
cod 79211 | peso 6 kg circa disossato
Prosciutto crudo ottenuto da maiali di razza Mangalica e stagionato almeno 24 mesi; dolcissimo e fondente al palato, con note di tostato e cantina cod 79214 | peso 9 kg circa cod 79212 | peso 5 kg | disossato
JAMÓN DE BELLOTA 100% IBERICO Prosciutto crudo ottenuto da maiali di pura razza Ibérica e stagionato 42 mesi; al palato è dolce e intenso con note di frutta secca e nocciola cod 79063 | peso 8,5 kg circa
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Elisa Cibien Ufficio Acquisti
Terre Siciliane IGT Un vino a base di uve nerello cappuccio coltivate sull’Etna che regalano un vino semplice, ma con una certa ampiezza, un’acidità media e tannini delicati. La freschezza del frutto rosso al naso e sentori leggermente mandorlati accompagnano le note più dolci del prosciutto.
Negroamaro di Terre d’Otranto rosato DOC Vi invitiamo ad abbinare questo spumante in versione brut o extra brut. Un vino dal profumo intenso di frutti rossi e di bosco, con spiccate note balsamiche e di sottobosco. La bollicina fine e persistente accompagna la dolcezza del salume e ne bilancia la parte più grassa.
Blanc de Blancs Un metodo classico della regione dello Champagne, a base Chardonnay, valorizzerà al meglio le note di questo salume. La delicatezza dei profumi che ricordano la nocciola, la mela e il burro accompagnati da una struttura morbida ed elegante renderanno l’abbinamento davvero armonioso.
l’internazionale
made
e
ec in gre
FETA GRECA DOP
Un formaggio greco che viaggia e ha viaggiato molto, avvolto dal fascino del mito di un gigante con un occhio solo come primo produttore della storia
Matteo De Santi Export Manager
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IDENTIKIT
IL PRODUTTORE
La Feta è un formaggio a base di latte di pecora almeno per il 70%, che nel caso di Papathanasiou è il 90%, e per la restante parte il disciplinare DOP permette l’uso di latte di capra. È possibile trovarlo anche 100% pecora, ma la pastorizia greca storicamente ha sempre avuto qualche capra nei greggi di pecore. La pasta è semidura e il passaggio fondamentale che la contraddistingue è la stagionatura in salamoia per almeno 2 mesi, nel nostro caso, in barrique di legno.
Questo impatto trasversale sulla gastronomia noi lo affrontiamo in squadra con Papathanasiou, il nostro produttore artigianale di formaggi della Grecia. Sono situati vicino a Agrinio, zona di pascoli rigogliosi nella parte ovest della penisola, e dal 1999 producono in stabilimenti moderni e con metodi classici i più noti formaggi greci. Ancora oggi utilizzano barrique in legno di faggio per la produzione della Feta dove il formaggio non solo stagiona in salamoia, ma respira.
TRA MITO E TENDENZA Il buon Polifemo ne segnò la memoria nell’Odissea di Omero, che menziona per la prima volta appunto una tecnica di produzione molto simile a quella odierna. In contrapposizione a questa citazione di alta letteratura mitologica potremmo mettere i video delle ricette con la Feta pubblicati su TikTok, altamente discutibili. Senza sembrare un conservatore, credo vi servirà una certa voglia di trasgredire la tradizione per fare una pasta al forno con la Feta! Allo stesso tempo però non è da sottovalutare questo boom social che ha fatto crescere in maniera esponenziale i consumi della Feta, arrivando in mercati in cui prima questo formaggio non aveva mai brillato. PERCHÉ L'AMIAMO Tendenze a parte la Feta resta sempre un protagonista delle estati, con la sua immancabile presenza in insalate chiaramente, ma sempre di più anche in altri utilizzi: dallo street food più vario alla fine cuisine.
NOME Feta DOP stagionata in botte PRODUTTORE Papathanasiu
Appunti gastronomici Ci facciamo dare una mano dal Pesto di Pra' con una ricetta insolita, ma molto interessante della chef Valentina Scarnecchia. Creare la granella di pistacchio da pistacchi interi non salati. Prendere una Feta intera, passarla nella farina, nell’uovo sbattuto e infine impanarla con la granella. Friggerla da entrambi i lati in un dito di olio evo: quando la granella sarà ben dorata scolare la Feta dall’olio e adagiarla su un letto di Pesto di Pra’. Finire con qualche goccia di miele e foglie di basilico.
REGIONE Grecia Occidentale, Grecia LATTE 🐑🐐 ovino e caprino Crudo Termizzato Pastorizzato PASTA bianca, leggermente granulosa, solida ma friabile, con piccole occhiature CROSTA assente STAGIONATURA almeno 2 mesi, in salamoia in botti di faggio SAPORE prevalgono le sensazioni lattiche, integrate da una buona sapidità, da note citriche e speziate PESO 1,4 kg (peso sgocciolato 900 g) CODICE 42097
dialoghi
PIÙ SANI E PIÙ BUONI Giulia Basso giornalista collaboratrice de Il Piccolo di Trieste
Perché scegliere i formaggi naturali? L’abbiamo chiesto a Piero Sardo, presidente della Fondazione Slow Food per la Biodiversità e giornalista appassionato di gastronomia 3 minuti di lettura
Il protagonista Nato a Bra nel 1946, Piero Sardo è presidente della Fondazione Slow Food per la Biodiversità dal 2004. Tra i fondatori di Slow Food e membro del primo direttivo nazionale Radio Libere, è giornalista e si occupa, tra le altre cose, di enogastronomia. Curatore di volumi su formaggi e prodotti tipici (come “Il buon paese”, “Formaggi d’Europa”, “Formaggi d’Italia” e “Verso i cru del Roccaverano”), è stato per lungo tempo assaggiatore e redattore per la Guida Vini d’Italia. Ha cominciato l’attività giornalistica nei primi anni ’90 con la collaborazione alle Guide dell’Espresso e a l’Unità, per poi proseguire su numerose testate.
Fatta eccezione per il Parmigiano Reggiano, presente nella maggior parte delle tavole italiane, i formaggi naturali sono un prodotto di nicchia: rappresentano solo il 3-4% del totale dei formaggi prodotti e consumati in Italia. Non si trovano sui banchi dei supermercati, ma si stanno facendo lentamente strada nelle gastronomie più attente alla qualità dei cibi proposti, e sono il fiore all’occhiello di piccoli e piccolissimi produttori sparsi per tutt’Italia, che hanno scelto di muoversi controcorrente rispetto al mercato di massa. Hanno bisogno di essere tutelati e conosciuti: è il lavoro portato avanti con convinzione da alcuni anni da Piero Sardo, presidente della Fondazione Slow Food per la Biodiversità, che è diventato il portavoce di questa battaglia per il loro riconoscimento. Grazie al suo impegno per farli conoscere, attraverso eventi e libri che li raccontano, oggi non sono più una realtà ignota: “I consumatori iniziano lentamente a comprendere le differenze tra un formaggio naturale e uno industriale, cosa non semplice perché i nostri gusti si sono omologati a ciò che va per la maggiore: formaggi sempre uguali,
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facili da reperire e a basso costo”, spiega Sardo. Cosa s’intende naturali?
per
formaggi
È una definizione un po’ ambigua, perché la parola naturale è tra le più abusate. Si tratta di formaggi prodotti con latte crudo e senza addizione di fermenti non autoctoni. Se per produrre un formaggio si usano fermenti che non appartengono al suo territorio di provenienza si perde gran parte del pregio del latte crudo, perciò ci siamo battuti perché almeno i presidi smettano di usare fermenti acquistati all’estero. Come si fanno i formaggi di questo tipo? Ci sono alcuni produttori che riescono ancora a farli senza aggiungere nulla, come il Bitto Storico Ribelle, Presidio Slow Food, o il Maccagno biellese. Oggi però la presenza di fermenti autoctoni è ridotta, perché all’interno della stalla e del caseificio l’igiene è maggiore. Perciò la tendenza è quella di produrli a partire dal latte (latte innesto, la pratica più diffusa) o dal siero (siero innesto): avranno comunque caratteristiche strettamente legate al territorio.
Quali i vantaggi e le criticità per chi li produce? I vantaggi sono legati alla qualità del formaggio. La maggior parte dei formaggi industriali che si consumano in Italia hanno un gusto standardizzato, mentre i formaggi naturali hanno un gusto complesso, lungo, piacevole. Certo chi fa formaggi naturali deve prodursi autonomamente il latte innesto o il siero innesto, e questo è un lavoro in più. Ma si risparmia sui costi d’acquisto, perché una bustina di fermenti olandesi, molto usati per la produzione industriale, non è così economica. Quali i pro per chi li consuma? La qualità, ma bisogna essere in grado di riconoscere la differenza: per questo noi ci impegniamo a evidenziarla, attraverso le etichette e i racconti dei produttori. Il consumatore è abituato ad acquistare sempre i soliti formaggi al supermercato, e sono le abitudini a plasmare il gusto. Perciò è difficile che i piccoli produttori che fanno questo sforzo vengano premiati con il giusto prezzo per il lavoro in più che si sobbarcano.
Noi italiani siamo grandi produttori e consumatori di formaggio, ma lo conosciamo poco nelle sue mille declinazioni. Perché? Perché è più comodo ed economico comprare i formaggi al supermercato, che offre sempre gli stessi prodotti, con gusti omologati. Ma la nostra battaglia per i formaggi naturali, su cui non abbiamo grandi compagni di squadra, è cominciata da poco: servirà del tempo per vedere i risultati.
IL CONS IGLIO D I PIERO S ARDO
Come si evolverà il mercato dei formaggi nei prossimi anni? Mi piacerebbe che la tendenza fosse quella per cui stiamo lavorando. Ma non è sicuro, perché i capisaldi dei consumi italiani continuano a essere rappresentati dalle mozzarelle, dal gorgonzola e dall’Asiago di produzione industriale. Quanto è importante per lei il tema dell’alpeggio? È fondamentale. Gli alpeggi vanno assolutamente preservati: garantiscono un allevamento rispettoso dell’animale, formaggi più salutari e una montagna più viva e curata. Ma fortunatamente su questo tema l’attenzione, anche delle amministrazioni pubbliche, è alta.
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STORICO RIBELLE Un grande formaggio prodotto secondo tradizione nei Calècc con latte crudo e senza aggiunta di fermenti. Ha un sapore intenso e marcato, con piacevoli note di burro e floreali conferite dal latte di alpeggio cod 31047M19 | peso 10 kg circa
percorsi di agroecologia
Francesca Pisseri veterinaria consulente zootecnica, esperta in alimentazione foraggera e in agroecologia
QUALITÀ DI PASCOLI E FORMAGGI Cosa collega un bel prato fiorito a un buon formaggio? Aromi e colori sono i segnali del legame tra produzioni zootecniche e pascolo 3 minuti di lettura
QUALITÀ DEL PASCOLO E SALUTE ∙ Animali felici Allevare animali erbivori ruminanti come pecore, capre, bovini al pascolo dà loro un elevato benessere, permette l'espressione di caratteristiche importanti come le libere interazioni sociali, e lo stesso nutrirsi di erba costituisce per gli animali un momento molto appagante.
∙ Perché il formaggio è giallo? Il carotene è il pigmento che dà il colore giallo tipico della parte grassa del latte di animali allevati al pascolo. Il colore giallo rappresenta quindi un aspetto benefico dei prodotti, correlato a una dieta degli animali ricca in erba e in fieni di qualità.
∙ Omega-6 e Omega-3 Nella dieta tipica dei Paesi occidentali, il rapporto tra omega-3 (derivanti principalmente da alimenti di origine animale) e omega-6 (derivanti principalmente da oli vegetali) è di circa 1:10, mentre, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, dovrebbe essere almeno 1:5.
∙ Le erbe dei pascoli La maggior parte delle erbe dei pascoli appartengono alle seguenti famiglie botaniche: Graminacee, Leguminose, Composite, Ombellifere, Labiate.
Le qualità del formaggio, gastronomiche e nutrizionali, sono correlate con la dieta degli animali dai quali si munge il latte: una dieta ricca di erba o di ottimi fieni influisce positivamente su tali qualità. L'erba, tuttavia, non è tutta uguale, e lo stesso dicasi per i fieni. Le praterie permanenti (o prati stabili), sono distese erbose caratterizzate da presenza di flora autoctona ed elevata biodiversità. Sono aree non sottoposte a lavorazioni e concimazioni, a eccezione dell'apporto dato dal letame. L'erba di tali aree, presenti in prevalenza in montagna e collina, è ricca di aromi e sostanze nutraceutiche. Al contrario, i prati coltivati, più frequenti in pianura, contengono poche specie botaniche. Inoltre l'allevamento al pascolo, quando vi sia una corretta gestione, comporta una promozione della salute degli animali in quanto l'erba è ricca di importanti sostanze nutritive ed è un alimento fibroso, che assicura un equilibrato funzionamento della ruminazione. Al contrario diete contenenti troppi alimenti concentrati, ricchi di amido, causano squilibri ruminali, fino a patologie vere e proprie. La salute nostra, degli animali e dell'ambiente sono strettamente collegate, e vi sono buone pratiche che permettono di promuoverla. QUALITÀ NUTRIZIONALI DEI FORMAGGI I formaggi derivati da animali alimentati prevalentemente con erba e fieni di qualità presentano un'elevata presenza di composti con effetti benefici sulla salute umana. Essi contengono, rispetto ai formaggi derivati da animali con alimentazione a prevalenza di mangimi concentrati, una quota maggiore di acidi grassi polinsaturi, in particolare della serie omega-3, componenti fondamentali di tutte le membrane cellulari. Gli isomeri dell'acido linoleico coniugato (CLA) aiutano la riduzione dello sviluppo dell’aterosclerosi e sono un aiuto per le difese immunitarie. L’alimentazione al pascolo VALSANA | 22
Bibliografia disponibile presso l'autrice
determina inoltre una presenza significativa di composti a proprietà antiossidante come carotene e vitamina E, e di vitamine D e K2. AROMI DELL'ERBA E DEL FORMAGGIO Gli aromi dell'erba sono legati alla presenza di oli essenziali, che sono frazioni volatili del materiale vegetale. Sono sostanze che le piante producono a vari scopi come attrarre gli insetti o difendersi dai parassiti, molti hanno infatti azioni medicinali. Achillea Millefolium, per esempio, contiene diversi composti volatili che conferiscono importanti aromi al latte e al formaggio. Anche piante come Timo, Santoreggia, Melissa contengono grandi quantità di oli essenziali. Il Trifolium repens, così come altre erbe leguminose, contiene diversi composti aromatici. I fieni presentano, in minor misura, le caratteristiche dell'erba ma i fieni ricchi di biodiversità vegetale come quelli di montagna e di collina presentano una maggiore quantità di sostanze aromatiche. GESTIONE DEI PASCOLI I prati stabili hanno molta biodiversità vegetale e animale, per esempio vi sono moltissimi insetti e uccelli. La gestione delle aree a pascolo deve essere curata e organizzata, in modo che vi sia rispetto dell'ambiente e un'equilibrata razione alimentare per gli animali. Si verifica il sovra pascolo quando vi è un eccessivo numero di animali per unità di superficie, causando degrado ambientale con fenomeni quali compattamento del suolo, comparsa di aree scoperte dall'erba, erosione, perdita di biodiversità. Un pascolamento ben gestito, con tecniche quali il pascolo a rotazione (o turnato) consente di incrementare la fertilità del suolo e la biodiversità, con benefici per l'ambiente, gli animali e le persone che si nutrono dei loro prodotti. La qualità di un pascolo determina le caratteristiche delle produzioni: un cotico erboso ricco di biodiversità e pascolato nei periodi adeguati assicura i giusti apporti alimentari al bestiame e conferisce ai latticini ottime caratteristiche organolettiche e nutrizionali.
LE AZIENDE E LA QUALITÀ DEI PASCOLI DONATO PETITJACQUES Donato Petitjacques, la cui azienda risiede nel comune di Bionaz (Aosta), produce Estrema d'alpeggio Fontina DOP, una produzione legata esclusivamente al pascolo estivo in montagna. Gli animali infatti non ricevono integrazioni alimentari al pascolo, ma solo un integratore salino. Gli animali iniziano a pascolare nel mese di maggio a 1700 metri, a metà giugno si spostano a 1800-1900 m, quindi a luglio a 2100 m, ad agosto a 2575 metri, a Plan di Vajont, arrivando a pascolare fino a 2700 m, quindi fanno il percorso inverso e il pascolamento dura fino a novembre, ma solo la Fontina prodotta sopra i 2000 m può essere chiamata Estrema d'Alpeggio. L'erba in alta montagna è bassa, e vi sono molte rocce, tuttavia l'allevatore la definisce “erba di valore”, in quanto ricca di sostanza e di profumi. Le vacche investono molte energie per i movimenti in pendio, producono quindi poco latte: 7-8 litri al giorno, ma molto ricco, ha infatti una resa che arriva all'11%. La Fontina viene lavorata in loco, dopo la mungitura; alcuni alpeggi sono accessibili solo a piedi, quindi i prodotti vengono trasportati in spalla. Le vacche hanno tutte le corna, e la monta avviene in modo naturale, con la presenza di un toro. L'allevatore produce il fieno necessario per l'inverno, e nei mesi invernali utilizza un piccola integrazione di mangime. Da studi effettuati la Estrema d'Alpeggio è risultata ricca di acidi grassi della serie omega-3.
ESTREMA D'ALPEGGIO FONTINA DOP Fontina prodotta nei pascoli a 2578 metri di altitudine cod 31298 | 9 kg circa (disponibilità limitata, solo in inverno)
FRANCESCO STAGNOLI L'azienda di Francesco Stagnoli e figli si trova a Bagolino, in provincia di Brescia, e produce il formaggio Bagòss, un prodotto a lunga stagionatura che contiene zafferano nella ricetta tradizionale, in quanto il territorio era collegato alla Serenissima, e fu volontà dei Dogi produrre un formaggio contenente una spezia preziosa. Ancor più preziose sono le erbe dei pascoli di montagna, di cui le vacche si nutrono da giugno a settembre: da rilievi effettuati si sono evidenziate più di 50 diverse specie, la biodiversità del luogo è quindi elevata. Per mantenere i pascoli sani e rigogliosi i gestori della malga praticano la tecnica del pascolo turnato, spostano gli animali ogni giorno tramite l'utilizzo di recinzioni mobili. Essi, inoltre, mettono in opera la strigliatura, che consiste nella rottura delle feci delle vacche tramite un leggero trattore o un quod che traina dei rami d'albero: il risultato è una distribuzione sui pascoli dei nutrienti contenuti nelle feci. L'azienda ha due malghe, una a 1700 m e una a 2000 m sul livello del mare, questo permette di pascolare l'erba seguendone la maturazione che è collegata all'altitudine. La mungitura avviene tramite carrello mobile direttamente al pascolo, le vacche sono quindi in libertà giorno e notte, potendo scegliere le erbe più appetitose. Il Bagòss estivo contiene tutti i profumi delle erbe di montagna, ma anche quello invernale non ne è privo, infatti le vacche ricevono nella razione fieno del territorio. Le vacche, di razza Bruna Alpina e Pezzata Rossa Italiana, nascono in azienda tramite riproduzione naturale grazie alla presenza di un toro.
BAGOSS DI BAGOLINO Formaggio Presidio Slow Food, a lunga stagionatura cod 31090M20 | 18 kg circa
conservazioni cosmopolite
CONSERVARE IN APNEA Vittorio Castellani giornalista “gastronomade” www.ilgastronomade.com
Tra le tecniche di conservazione degli alimenti, quella del sottolio è una delle più antiche: la praticavano i Greci e gli Antichi Romani utilizzando l’olio d’oliva, come testimoniano numerosi reperti archeologici, giunti fino a noi 4 minuti di lettura
Prosegue il nostro viaggio nelle pratiche più antiche e diffuse di conservazione dei cibi. Questa volta ci soffermeremo sulle conserve sottolio. PERCHÈ L’OLIO
PEPERONI SALENTINI PICCANTI I tipici peperoni salentini coltivati in Puglia e lavorati a mano; vengono maturati sotto sale e poi conservati in olio evo cod 93902 | 230 g x 6 pezzi
Che si tratti d’olio d’oliva o uno dei tanti tipi di olio di semi, parliamo di preparazioni alimentari che basano il loro processo di conservazione sull’assenza di ossigeno, ossia attraverso l’immersione degli ingredienti in un olio adatto alla lunga conservazione. L’olio impedisce la formazione di muffe negli alimenti circondandoli con una pellicola protettiva. Essendo, poi, anche un antiossidante naturale blocca l’ossidazione degli alimenti. Di queste sue proprietà si erano accorte le civiltà del Mediterraneo, che spesso aggiungevano erbe aromatiche come la salvia e il rosmarino e spezie ai sottoli in modo da insaporire piacevolmente i loro cibi. In questo modo gli oli essenziali di questi additivi si sommavano al sapore dell’olio d’oliva. In realtà, queste aggiunte servivano anche per coprire i difetti di oli che spesso deterioravano con il passare del tempo. Verso il medioevo si cominciò a trattare alcuni alimenti prima di conservarli sott’olio, utilizzando l’essiccazione, come accadrà in epoche più recenti, ad esempio con i pomodorini essiccati, oppure scottandoli velocemente in una sostanza acida, nell’aceto o nel succo
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di limone, per ridurre la carica batterica, o mettendoli in salamoia per un breve periodo. Ovviamente, la conservazione sott’olio a crudo non ha alcun effetto sui batteri che per vivere e riprodursi non hanno bisogno e non tollerano l’ossigeno (anaerobi); pertanto, a fini prettamente igienici e organolettici, è indispensabile sottoporre l’alimento a un trattamento termico, prima e/o dopo l’immersione in olio, in modo da limitare il più possibile il rischio di contaminazione da Clostridium botulinum, il batterio responsabile dell’intossicazione alimentare nota come Botulismo, e dalle muffe. Se oggi sono ben noti questo tipo di rischi, un tempo lo erano molto meno e spesso causavano seri problemi di salute tra la popolazione. Il tipo di oli che si possono utilizzare nelle conserve alimentari sono diversi: si spazia dall’extravergine d’oliva, considerato il migliore, per le sue proprietà organolettiche e antiossidanti a quelli di semi di arachide, girasole, mais o di semi vari, se rimaniamo in Europa. In altri Paesi invece si usano anche quello di cotone, di cartamo, di canola, di senape e molti altri. EREDITA’ DAL MEDITERRANEO La civiltà contadina, insieme a quella marinara, ci ha tramandato una grande varietà di prodotti da conservare sott’olio, dai prodotti dell’orto, come carciofi, melanzane o zucchine, alle stesse olive, ma anche funghi, formaggi e prodotti ittici:
tonno, sgombro, acciughe o insalate di mare. Viaggiando intorno al mondo ci si rende conto quanto in realtà le conserve sott’olio rappresentino una tecnica di conservazione in origine prettamente mediterranea, diffusasi in altre parti del mondo solo in epoche più recenti. A parte l’area occidentale del Mare Nostrum con Italia, Francia e Spagna in cima alla classifica, il Paese che vanta la tradizione più ricca di conserve sott’olio è indubbiamente il Libano.
conserve, sia da un punto di vista antropologico, come rivelano gli studi della ricercatrice Aida Kanafani-Zahar, nel suo volume “Mûne, la conservation alimentaire traditionnelle au Liban”. La lista dei prodotti conservati dalle donne della mûne è lunghissimo, ma parlando di sottoli non possiamo non ricordare due eccellenze: le melanzane mignon makdous, farcite con noci, peperoncino e aglio e le boulettes alle erbe di yogurt sgocciolato sott’olio labné bi zayt.
DAL LIBANO...
...AI BALCANI
È in quest’angolo di Medio Oriente che fin dai tempi dei Fenici si tramanda una tradizione che vede le donne contadine protagoniste di un rito irrinunciabile, quello della mûne. Il termine deriva dall’arabo mana, e significa “scorta”, “rifornimento” e fa riferimento a tutti quei prodotti raccolti durante l’estate e alla loro trasformazione alimentare da cibo deperibile in cibo sostenibile. La mûne è una pratica comune, che si concentra nella Valle della Békaa, in piccoli centri come il villaggio cristiano di Deir el-Ahmar o nelle campagne intorno al capoluogo Zahlé. Parliamo di un’attività molto importante, sia dal punto di vista socio-economico, poiché diverse donne hanno deciso di costituirsi in cooperative per organizzare la produzione e la vendita delle loro
Se dal Medioriente aprissimo lo sguardo verso i Balcani o il Maghreb ci accorgeremmo che, parlando di sottoli, a farla da padrone sono spesso i peperoni. Gli amanti del piccante potranno deliziarsi con i peperoni verdi grigliati méchouïa, una specialità tunisina indispensabile per la preparazione dell’insalata omonima, mentre dalla Macedonia alla Serbia si preferiscono quelli rossi, dolci e carnosi, che danno il meglio di sé una volta grigliati, tritati e spadellati con olio extravergine d’oliva. Li trovate in conserva sottolio con il nome di ajvar, una vera squisitezza, spesso servita a colazione con pane di campagna e crema di latte kaymak.
affinità di coppia
GIN E FORMAGGIO Giulia Bassetto Marketing e Comunicazione
Cavalcando la moda del gin, ecco tre abbinamenti con i formaggi pensati per l’aperitivo, con il gin miscelato in versione Gin&Tonic 2 minuti di lettura
LA NOSTRA GUIDA STORIA E MODA
ALBERTO MOROSINI Responsabile della sezione Spirits, si occupa in Da Pian della parte commerciale ma anche della formazione, a professionisti e non solo.
DA PIAN 1904 Da Pian identifica, seleziona e commercializza prodotti beverage d’eccellenza, grazie alla passione, alla conoscenza tecnica e culturale del settore, derivante da una storia molto lunga alle spalle e che vede oggi la quarta generazione della famiglia Da Pian all’opera. Non solo fornitura, ma anche consulenza, formazione e supporto alle attività di comunicazione: un partner a cui ci sentiamo molto affini!
IL PARTNER
Il gin è la bevanda alcolica tra le più cool del momento: una moda cresciuta moltissimo dalla fine degli anni ‘80 dopo un periodo di scarsa gloria dovuto alle preferenze accordate alla vodka. Ma la storia del gin va ben oltre gli anni Ottanta: nato in Olanda nel XVII secolo come rimedio medico, approda in Inghilterra dove, apprezzatissimo, trova terreno fertile per dar vita a nuove produzioni. Dopo non poche peripezie storiche che hanno portato ad alti e bassi nel suo consumo e nella sua produzione, ritrova la sua gloria nel ‘900. MA COS’È
Gin&Tonic. Con le toniche è possibile giocare un po’: in generale una tonica neutra sarà in grado di dare il giusto ruolo al gin, ma per gin particolarmente puliti è possibile osare anche con toniche aromatizzate, facendo attenzione a scegliere aromatizzazioni in linea con le botaniche presenti nel gin! Infine, nel Gin&Tonic sono importantissime le proporzioni: 4,5 cl di gin e 150 cl di tonica. Se rispettato quest’equilibrio si otterrà un cocktail che non supererà gli 8 gradi alcolici circa, ideale quindi anche per un aperitivo. E proprio da qui nasce l’idea di abbinamento con i formaggi. DEGUSTAZIONE
Il gin è una bevanda alcolica prodotta dalla ridistillazione di alcool etilico neutro di cereali, aromatizzato con bacche di ginepro e arricchito con altre “botaniche”, ad esempio coriandolo, agrumi, liquirizia e molti altri.
Ecco alcuni consigli per affrontare la degustazione del gin; infatti anche se miscelato con la tonica, spesso può essere utile assaggiarne prima una goccia in purezza per identificarne bene le sfumature.
Il mondo del gin si distingue in 6 tipologie principali: London Dry, Distilled, Jenever, Plymouth, Old Tom, Bathub Cold Compound. Noi abbiamo deciso di concentrarci sulle prime due perché meno di nicchia e permettono un approccio più facile all’abbinamento, obiettivo di quest’articolo. Per chiarire, lo stile London Dry fa riferimento a un metodo che prevede la ridistillazione dell’alcool con le botaniche, senza possibilità di aggiungere altri ingredienti dopo la ridistillazione, se non zucchero, ma in quantità molto ridotte. Questo è il gin secco per eccellenza. Lo stile Distilled invece permette l’aggiunta dopo la ridistillazione di altri ingredienti, tra cui dolcificanti o altre sostanze aromatizzanti o coloranti.
Essendo una bevanda molto alcolica (siamo sui 40% Vol circa) va tenuto non troppo vicino al naso, oppure avvicinato un po’ dal lato. All’assaggio tenente il gin sulla lingua per una decina di secondi per verificare di non sviluppare la reazione di voler sputare il liquido e coglierne le note aromatiche. Infine, provate e passare con la lingua una goccia di gin sulla parte alta della gengiva: lo sviluppo di calore dovuto all’alcool se non risulta fastidioso rivela la buona qualità del gin.
GIN & TONIC O LISCIO? Ci sono alcuni gin considerati da meditazione che possono essere sorseggiati anche lisci. L’alternativa è la miscelazione con altri liquidi, uno su tutti la tonica, creando così l’iconico VALSANA | 26
ABBINAMENTI CON I FORMAGGI Nell’abbinamento sono da tenere in considerazione il gusto e la texture dei formaggi per trovare il giusto equilibrio con lo stile del gin e delle note aromatiche derivanti dalle botaniche. Nella ricerca dell’abbinamento abbiamo usato sempre delle toniche neutre per non rubare la scena ai due protagonisti, e abbiamo tenuto come faro l’armonia e la capacità di lasciare la bocca leggera così da suggerire un nuovo assaggio. Infine, curiosità e voglia di sperimentare!
naturÆ london dry gin REGIONE TIPO GRADO BOTANICHE
seri pervas dry gin
sox soxhlet gin
Lombardia
Friuli Venezia Giulia
Veneto
London Dry
Distilled
43% Vol.
42% Vol.
42% Vol.
Ginepro, arancia, bergamotto, mela, rosa canina, semi di coriandolo, pepe cubebe
Ginepro, foglie di ulivo, rosmarino, acqua di mare
Ginepro, vaniglia Bourbon, fava tonka
CARATTERE
Secco, fresco, in grado di esaltare le note fruttate e aromatiche delle botaniche
CONSIGLI
Dà il meglio di se con una tonica neutra che lasci alle botaniche un ruolo da protagonista
Molto secco, risaltano note di piante mediterranee, con un sentore balsamico e sapido
Distilled (metodo Soxhlet)
Elegante, con note dolci iniziali che lasciano spazio a note più speziate nel finale
IL NOSTRO ABBINAMENTO
Versatile, ottimo con una tonica neutra per chi non ama fronzoli oppure da sperimentare anche con toniche particolari
Da meditazione se sorseggiato in purezza, oppure miscelato con una tonica secca che ne esalti l’eleganza
CUOR DI BURRATA ‘STRACCIATELLA’
ROBIOLA DI ROCCAVERANO DOP AFFINATA
PECORINO ROSSO BIO
cod 24915 | peso 250 g
cod 30911 | peso 250 g circa
cod 31000 | peso 1,5 kg circa
La buona persistenza e la texture avvolgente della robiola richiedono il sostegno di un gin secco che alleggerisca il palato e lo prepari all’assaggio successivo
Il gin in purezza, con i suoi sentori vanigliati, accompagna alla perfezione questo pecorino dal sapore dolce e molto pulito, un matrimonio ben riuscito!
La nota leggermente fruttata del gin si sposa molto bene con le note di panna e latte dalla stracciatella, creando una bella armonia che lascia la bocca pulita
l’italia è servita
ACQUA E PANE Ad acqua e pane: per la rivincita della fame nascono numerose minestre della tradizione, come la Panzanella Danilo Gasparini docente di Storia dell’agricoltura e dell’alimentazione all’Università di Padova
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Il Prodotto
Sembra il menu di un carcerato, eppure, per secoli il destino alimentare di generazioni di contadini è stato legato alla presenza di questi due elementi: pane e acqua. La lotta quotidiana che per secoli è stata quella della conquista dell’essenziale e del necessario, del guadagnarsi il pane, l’acqua per inzupparlo era quasi gratis.
Liquido...
FRISELLE DI GRANO DURO Pane biscottato realizzato a mano, a doppia cottura, prodotto da I Contadini secondo la ricetta tradizionale pugliese cod 95011 | 500 g in box da 9 pezzi
Perché parlare di acqua? Perché senza acqua non c’è ne minestra, né polenta, né pasta che tenga. L’acqua tutto cuoce, diluisce, scioglie: assorbe umori e sapori, “allunga” e permette anche di fare massa, volume. Minestre dense o liquide, bollenti o fredde, di acquacotta o di brodo di carne, saporite o insipide, adorate o subite e sopportate, minestre asciutte o in brodo. Minestra è una parola strana, deriva dal latino minister, servire, ed ha in sé il corpo del servizio di mensa. L’acqua è il mezzo con il quale si trasforma e si aumenta quello che si ha.
... e solido La minestra di verdure è tanto cara e accogliente da accettare qualsiasi cosa, anche il pane duro e vecchio, sopravvissuto agli altri pasti; l’acqua che bolle, che accoglie tutto quello che è commestibile, lo trasforma e lo rende morbido e masticabile, digeribile e assimilabile, mantenendo in sé quello che gli ingredienti cedono. Due ingredienti, per creare tutte le minestre possibili che sono da condividere, non da dividere: qualcuno potrà averne di più ma non la parte migliore, che non esiste.
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Diverse versioni La minestra si adatta, non ha una forma, prende quella del contenitore dove viene servita e non ha bisogno di sponde, solo di essere contenuta. La minestra, la zuppa, il pancotto, tutti diluiti con acqua: e allora vai con panade, acque cotte, ribollite e panzanelle. La lombarda panada – il pancotto - il pane duro, bagnato in abbondante acqua e fatto bollire sino a disfarsi, condito poi alla fine con un po’ di parmigiano – che in Lombardia si chiama grana – e un po’ di grasso che poteva essere burro, un po’ di strutto o, quando andava bene, un po’ di fondo grasso di arrosto. Nelle Alpi il più delle volte è il pane di segale a farla da padrone per le minestre dei contadini, non solo negli alpeggi, dove il pane doveva durare ed era duro. Prodotto quasi sempre di sola segale e solo raramente con una parte di frumento, si ottengono – ancora oggi - pani schiacciati di difficile rottura, tanto che nelle Alpi si trovano strumenti particolari per rompere questi “pani da conserva”. È alla mia infanzia che devo il ricordo della colazione di mio padre con un po’ di acqua e sale, pane e un uovo che si cuoceva al calore dell’acqua versata bollente. Numerose sono le ricette, il più delle volte mai scritte ma tanto diffuse da diventare patrimonio comune di donne, escluse dalla titolarità delle grandi cucine nobili, che nel mondo comune del popolo rurale, e non solo, erano la base della fantasia gastronomica della sussistenza.
La Ricetta
La Panzanella Toscana Come per tutti i piatti popolari non esiste una ricettazione codificata e scritta. Ci si affida alla memoria, alla pratica. È come se chiedessero a un veneto o lombardo come si fa la polenta.
Panzanella per 4 persone 200 grammi di pane casalingo raffermo (da tagliare a fette, immergere in acqua fredda per dieci minuti, strizzare, sbriciolare e adagiare in una zuppiera) 2 pomodori maturi 1 cipolla rossa e 1 cetriolo (da aggiungere dopo averli sbucciati e tagliati a fette) Condire poi con olio e sale, mescolare il tutto e mettere in frigo. Al momento di servire la panzanella aggiungere un po’ d’aceto e guarnire con qualche foglia di basilico. Un piatto estivo!
L’origine del nome
La provenienza
Gli ingredienti
Anche se non si può considerare una vera e propria zuppa o minestra, la panzanella, anche se cruda, parte da una base di pane e acqua e vegetali “popolari” come le cipolle. L’incertezza sulle origini della panzanella regna anche per quanto riguarda il nome. C’è chi sostiene sia la sintesi di “pane” e “zanella”, termine dialettale che sta a indicare un contenitore concavo, come appunto una zuppiera. Un’altra teoria vuole invece che sia legato a “panzana”, che deriva da “pappa”. Un’ultima ipotesi, infine, è che si tratti dell’anagramma di “zampanella”, da cui ha origine anche una specialità della cucina povera emiliana come il borlengo. Altri collocano invece la nascita della panzanella a bordo dei pescherecci dove i marinai portavano del pane indurito, qualche pomodoro e bagnavano il tutto con acqua di mare.
Dire “panzanella” fa pensare subito alla Toscana, sia per la tradizione di impiegare il pane raffermo come base per piatti poveri che sono diventati simbolo della cultura locale, sia per le citazioni letterarie cui abbiamo accennato sopra. Ma la panzanella non è patrimonio esclusivo di Firenze e, oltre ad altre province toscane, è diffusa pressoché in tutta l’Italia centrale: in Umbria, Marche e Lazio, ad esempio, dov’è protagonista di numerose sagre di paese. Al Sud al posto del pane si usano le friselle, bagnate in acqua e guarnite con pomodoro ed eventualmente acciughe. A Napoli il piatto si chiama «caponata dei marinai».
Trattandosi poi fondamentalmente di una zuppa, ognuno aggiunge o toglie ingredienti assecondando il proprio gusto.
La ricetta Come abbiamo detto, non esiste un’unica ricetta codificata della panzanella. La sua preparazione varia non soltanto da una provincia all’altra, ma anche all’interno dello stesso territorio. Del resto, è un piatto talmente diffuso e radicato nella cultura popolare che ogni famiglia ha la sua ricetta e i suoi piccoli segreti. VALSANA | 29
L’unico elemento cardine è il pane raffermo, che nella tradizione toscana viene bagnato con acqua e aceto, e sbriciolato insieme al resto degli ingredienti. La cipolla è immancabile, solitamente accompagnata da pomodori, cetrioli tagliati a tocchetti, basilico, aceto di vino rosso, sale e olio evo a crudo. Non è raro tuttavia trovare, in aggiunta, uova sode, tonno, sottaceti e acciughe (specie nel livornese), o erbe aromatiche come il timo. Pare che nemmeno il pomodoro, oggi considerato irrinunciabile, fosse presente nelle più antiche preparazioni. Appena importato dall’America, era infatti considerato un frutto prevalentemente ornamentale. All’epoca trovavano invece spazio erbe di campo. In Umbria e Marche, invece, le fette di pane inzuppato vengono lasciate intere solitamente alla base del piatto.
chiedilo al macellaio
¡EL ASADOR! Inaguriamo l'estate, la stagione delle grigliate, con una novità interessante: l'Asado di Fassone Piemontese di Coalvi 2 minuti di lettura
Sara Mazzucco Ufficio Qualità
ASADO Taglio di Fassone Piemontese dalla carne saporita e con un buon livello di marezzatura cod 84761 | 6 x 400 g circa su prenotazione
Quali abbinamenti? • Salsa Chimichurri, immancabile salsa originaria dell’Argentina preparata mescolando prezzemolo, origano, aglio fresco, cumino, peperoncino, aceto, olio, sale e pepe. Potete regolare a vostro piacimento l’aglio e il peperoncino, da cui dipende il grado di piccantezza della salsa.
LA STORIA Partiamo dal principio: la parola Asado significa letteralmente arrostito, cotto alla brace e identifica un metodo di cottura che affonda le radici nelle pampas sudamericane, in particolare in Argentina. Furono proprio i mandriani, o gauchos, i primi asadores: essi pascolavano il bestiame allo stato brado nelle vaste praterie, per poi commercializzarlo nei centri cittadini. La loro dieta era basata quasi esclusivamente sulla carne, una risorsa che avevano appunto in abbondanza, e che impararono a cucinare affinando la tecnica con il passare del tempo. Nasce così l’Asado alla cruz, ossia alla croce, che prevede la cottura indiretta di grossi pezzi di carne per molte ore su una croce di metallo infilata nel terreno e intorno alla quale brucia il fuoco. Non tutti potevano permettersi di cucinare l’asado con questa tecnica, che necessitava di spazi ampi, perciò iniziò a prendere piede anche la cottura alla parilla ovvero alla griglia, che sfrutta il calore delle braci e non della fiamma. IL TAGLIO L’asado di Fassone Piemontese è ricavato dal 4 coste di pancia ed è proposto in strisce larghe circa 4 cm da 400 g l’una tagliate perpendicolarmente alle ossa. Questo taglio, a differenza di altre parti di Piemontese, è abbastanza marezzato e si presta bene per la cottura alla griglia. asado
• Se volete uscire dagli schemi, potete abbinare un gustoso Chutney Mango, Peperoni e Basilico che conferisce note fresce e agrumate che si sposano molto bene con il sapore intenso della carne.
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CONSIGLI Attenzione: il produttore raccomanda una prima cottura a bassa temperatura (sottovuoto) e poi un’arrostita finale direttamente sulle braci prima di servirlo al tavolo. Questo perché le peculiarità di pregio della carne di Piemontese, legate all'ipertrofia muscolare e alla ridotta presenza di grasso, potrebbero non sostenere una cottura troppo 'violenta' come quella diretta su braci, che potrebbe rendere la carne troppo tenace. Tuttavia, se sentite di essere dei bravi asadores potreste lo stesso mettervi in gioco con la cottura solo su brace. In ogni caso, il sapore che otterremmo sarà rotondo, con note leggermente ferrose e una piacevole dolcezza. Per un tocco ancora più argentino? Provate una marinatura della carne con sale, pepe e olio e spezie tra cui coriandolo, cumino, aglio, peperone e del succo di arancia o limone. Altrimenti potete cuocere e condire in cottura con Fior di Sale di Trapani e Pepe Tellicherry. CURIOSITÀ “¡Un aplauso para el asador!” Ancora oggi, come vuole la tradizione argentina, se alla fine del pasto i commensali sono soddisfatti elogiano l’asador tutti insieme esclamando questa frase tipica.
il prodotto dimenticato
IL FIOCCHETTO Fiocchetto e Culatello di Zibello DOP della famiglia Carraglia: fratelli separati alla nascita 2 minuti di lettura
Gli appassionati di gastronomia quando sentono parlare di Emilia-Romagna pensano subito ad alcuni territori, centri pulsanti della produzione agroalimentare italiana, ricchi di eccellenze gastronomiche, espressione di storie, culture e tradizioni. Oggi esploriamo la Bassa Parmense per riscoprire uno dei nostri cari prodotti dimenticati, uno stretto parente del Culatello di Zibello DOP: il Fiocchetto.
LA PRODUZIONE La lavorazione, del tutto artigianale, è identica a quella del Culatello: il fiocco viene rifilato e poi trattato con sale, pepe e aglio. Una volta salato, il Fiocchetto viene lasciato riposare per qualche giorno prima di procedere all’insacco e alla legatura: un'importantissima e critica fase della lavorazione. I fiocchetti vengono insaccati in vesciche o budelli naturali e poi legati; la legatura deve essere precisa, le mani esperte tessono intorno al budello gli spaghi e li stringono al punto giusto; la giusta pressione, insieme al microclima delle cantine in terracotta, aiuteranno il drenaggio e scandiranno il ritmo, lento e costante, della stagionatura che dura almeno 12 mesi. IL RISULTATO Il prodotto che ne deriva è un salume totalmente naturale, magro, dolce e scioglievole: insomma, degno di qualsiasi tagliere che si rispetti.
PRODUTTORE La storia dell’azienda CroceDelizia è intrecciata con quella della famiglia di Ernerstino Carraglia, che rinnova e preserva nel tempo la tradizione norcina della Bassa Parmense. Erede dell’antica professione dei “masalen”, che si dedicavano alla lavorazione del maiale nelle antiche cascine del territorio, Ernestino Carraglia, gestisce oggi un laboratorio per la lavorazione e stagionatura dei salumi della tradizione parmense più autentica.
TAGLIO Il Fiocchetto della tradizione emiliana nasce dalla stessa coscia del Culatello: dopo l'estrazione della culatta per la realizzazione del famoso salume DOP, infatti, rimane il Fiocchetto, pezzo muscolare utilizzato per l'omonimo prodotto.
TERRITORIO
4 cose da ricordare
Il Fiocchetto e il Culatello sono due salumi che possono essere definiti fratelli separati alla nascita poiché oltre alla stessa provenienza anatomica (coscia suina) hanno diversi tratti in comune, come la tecnica di produzione, gli ambienti di stagionatura e, nel nostro caso, anche il produttore: Ernestino Carraglia dell’azienda CroceDelizia.
Gianluca Di Lello Export Manager
Ci troviamo nel territorio del Culatello di Zibello DOP, zone caratterizzate da inverni freddi, lunghi e nebbiosi, ed estati torride e assolate, intorno alle rive del Po nei paesi di Busseto, Polesine Parmense, Zibello, Soragna, Roccabianca, San Secondo, Sissa e Colorno. I periodi secchi e umidi si alternano e consentono la lenta maturazione dei salumi, durante la quale si sviluppano gli inconfondibili profumi e sapori che li hanno resi celebri nel mondo, tra i quali spiccano il Culatello e lo Strolghino. CURIOSITÀ Come si taglia e come si conserva il Fiocchetto? Per prima cosa bisogna liberarlo dalle corde e lavarlo sotto l’acqua fredda. Successivamente bisogna spazzolarlo per eliminare le muffe e immergerlo per un giorno in un recipiente con del vino bianco. Togliere la pelle, ripulire il salume dalle impurità e tagliare a fette sottili. Una volta aperto, per evitare che si secchi, va avvolto in un panno bagnato prima di essere riposto in un luogo fresco e asciutto.
FIOCCHETTO CROCEDELIZIA Fiocco ricavato dalla coscia del suino e insaccato in vescica; ha un sapore dolce e pulito
cod 78403 | 2,5 kg circa
la cucina di qb
“IL RAVANELLO FA IL VISO BELLO” Anna Maria Pellegrino Cuoca e foodblogger
L’ortaggio un po’ piccante, cugino del cavolo, re dei pinzimoni e delle insalate 4 minuti di lettura
Da aprile a ottobre i rossi ravanelli, con la loro chioma verde, fanno bella mostra di sé dal fruttivendolo mentre nel reparto ortofrutta della GDO li potrete trovare in forma di snack, già lavati e mondati all’interno di bicchieri di plastica: hanno dimensioni più piccole e sono, a sensazione, meno piccanti di quelli più “rustici”, con ancora le foglie, la sabbia e la “codina” finale.
Le origini nel ravanello, o rapanello e rafanello, si perdono nei campi della Cina ed è uno degli ortaggi più coltivati al mondo. Le cucine orientali infatti sono molto più fantasiose della nostra nella valorizzazione dei ravanelli, forse perché dispongono di più varietà, come il giapponese daikon, lungo e bianco.
CUGINO LONTANO DEL CAVOLO Il ravanello è la radice del Raphanus sativus, specie appartenente alla famiglia delle Brassicaceae o Crocifere, la famiglia allargata che comprende cavoli, rape, senape ma anche il rafano orientale, più noto come cren o barbaforte. La scienza ci spiega che è un ortaggio molto prezioso e alleato della salute soprattutto nella bella stagione, quando abbiamo bisogno di verdure leggere e facilmente digeribili: 100 g di ravanelli apportano solo 15 calorie e sono un’importante fonte di betacarotene. Freschi sono una buona fonte di vitamina C che, con i carotenoidi presenti, è importante per la sintesi del collagene, proteina amica dei tessuti connettivi: insomma sono meglio di una crema antirughe! Aiutano inoltre a garantire un buon metabolismo apportando vitamine del gruppo B; il potassio presente protegge il cuore e il calcio le ossa. Infine, dotati di proprietà diuretiche e depurative, fin dai tempi antichi venivano sgranocchiati per conciliare il sonno. TRATTAMENTI... Il ravanello dal gusto un po’ piccante, che ricorda vagamente la senape, viene solitamente consumato crudo, essenziale nei pinzimoni estivi, come il bagnè ‘nt l’euli in VALSANA | 32
Piemonte e il cazzimperio laziale, e per dare un tocco croccante alle misticanze. Una volta lavato e affettato, ricordatevi di immergerlo per qualche minuto in acqua e ghiaccio per mantenerlo bello croccante. Ci ricordiamo del rosso corpo centrale dimenticando completamente le foglie che in alcune aree del Nord ed Est Europa vengono valorizzate in golose zuppe, anche estive. Le foglie sono un’importante cartina tornasole della freschezza dell’ortaggio: afflosciate ci suggeriranno di non consumare il ravanello, che va acquistato con parsimonia nel senso che non bisognerebbe lasciarlo troppo tempo in frigorifero; le preziose qualità organolettiche svaniranno in due o tre giorni. ...E ABBINAMENTI Il ravanello cotto è altrettanto saporito e insolito nelle preparazioni, il gusto vi consentirà di utilizzarlo in una più ampia varietà di piatti in quanto perde parzialmente la sua caratteristica piccantezza. Assume infatti una valenza più elegante, abbinabile, per esempio, a scalogni e cipolle rosse appena stufate e glassate, da servire come contorno di carni e pesci cotti al vapore, magari con qualche seme di zucca o nigella a impreziosire ogni singolo boccone. Anche le foglie, come si diceva, diventano un ingrediente prezioso: crude come fresco condimento di pasta o in insalata. Cotte, protagoniste di pesti, frittate e zuppe; anche vellutate, grazie all’aggiunta di patate o zucchine (meno caloriche e ricche di amido). Le ricette di questo numero, che accoglie la stagione più calda, sono decisamente veloci e vi consentiranno di far viaggiare i vostri commensali nel gusto. Buon appetito!
FATTOUSH: L’INSALATA PALESTINESE... ALL’ITALIANA
FETA DOP STAGIONATA IN BOTTE DI LEGNO cod 42097 | peso 1,4 kg (peso sgocciolato 900 g)
Il fattoush è l’insalata palestinese per eccellenza della quale esistono mille varianti, quante sono le famiglie che la preparano. Si declina in mille modi e in tutte le stagioni, in quanto gli ingredienti si possono sostituire, eliminare, aggiungere a proprio piacimento con una sola costante: pane arabo ammorbidito dallo yogurt. In questa versione non ho messo il pomodoro così da lasciarla al gusto più morbida, fresca e gradevolmente piccante. DOSI per 4 persone PORTATA: piatto unico DIFFICOLTÀ: facile PREPARAZIONE: 20’ più il riposo INGREDIENTI 250 g di pane arabo o panuozzo o pita 150 g di kefir o yogurt bianco appena diluito con latte 250 g di feta stagionata 200 g di cetriolo 150 g di cipolla rossa foglie di basilico sale affumicato in fiocchi pepe di Timut
PROCEDIMENTO Cubetta il pane e lascialo riposare 15’ mescolandolo in una ciotola di vetro con il kefir. Sbuccia i cetrioli e cubettali. Monda e affetta finemente i ravanelli. Taglia a striscioline molto sottili la cipolla rossa. Sgocciola e cubetta la feta. Lava le foglie di basilico. Aggiungi al pane ammorbidito con il kefir la feta, metà degli ortaggi e delle foglie di basilico. Assaggia e regola di sale. Dividi il fattoush in quattro ciotole e termina la preparazione con i restanti ingredienti e una macinata di pepe prima di servire.
LA QUICHE ESTIVA LEGGERA E PICCANTINA Una quiche anche in piena estate? Certo, basta che gli ingredienti siano leggeri, come la brisée realizzata con acqua, la farcia con ricotta light e i ravanelli appena glassati e golosissimi. Ne basta una fettina... e si porta anche al mare! DOSI per 4 persone PORTATA: secondo piatto o piatto unico DIFFICOLTÀ: minima PREPARAZIONE: 30’ più il riposo COTTURA: 40’ INGREDIENTI > PER LA BASE: 170 g di farina di tipo 1 80 g di burro salato 3 cucchiai di acqua fredda > PER IL RIPIENO: 200 g di ricotta leggera Perenzin 300 g di ravanelli una decina di foglie di ravanello un cucchiaio di zucchero di canna 40 g di mandorle a lamelle tostate 40 g di mandorle intere tritate 1 uovo bio olio evo e sale in fiocchi PROCEDIMENTO Per la brisée: nel frullatore mescola il burro con la farina fino a ottenere un composto sabbioso, aggiungi l’acqua e frulla ancora per qualche secondo. Lavora brevemente il composto, forma un panetto, avvolgilo con la pellicola e fai riposare in frigo per 30’. Monda e taglia a spicchi i ravanelli. Lava e trita le foglie. In una padella rosola con l’olio i ravanelli a fuoco vivace, facendo sì che si formi una leggera doratura, aggiungi il sale, lo zucchero e un paio di cucchiai d’acqua. Abbassa il fuoco e lascia consumare l’acqua: saranno cotti ma croccanti. Preriscalda il forno statico a 190°. In una ciotola mescola la ricotta con l’uovo, le foglie tritate, le mandorle, regola di sale e pepe.
RICOTTA LEGGERA BIO cod 30320 | peso 350 g circa
Stendi l’impasto con il matterello e fodera una tortiera dl diametro di 20-22 cm, distribuisci la farcia, ripiega e decora con la pasta restante. Inforna nel forno già caldo, portalo a 180° e cuoci per 30’ o fino alla doratura della superficie. Sforna, fai raffreddare, distribuisci in superficie i ravanelli caramellati, spolvera con le mandorle a lamelle e servi con dell’insalata leggera.
L’INSOLITA INSALATA DI POLLO
PETTO DI POLLO AFFUMICATO cod 84407 | peso 400 g circa
Il tempo di spadellare in due tegami distinti gli scalogni e i ravanelli et voilà: la vostra elegantissima insalata che rievoca Nizza è pronta. Il pollo affumicato e impreziosito dalle erbe aromatiche sarà l’ingrediente principe e il tocco di luce, assieme alla croccantezza delle nocciole, crea un piatto sano, buono e anche cromaticamente accattivante. DOSI per 4 persone PORTATA: secondo piatto DIFFICOLTÀ: facile PREPARAZIONE:15’ COTTURA: 10’ INGREDIENTI 250 g di scalogni 250 g di ravanelli 400 g di petto di pollo affumicato 120 g di misticanza 50 g di nocciole due cucchiaini di zucchero di canna olio evo sale affumicato in fiocchi pepe nero macinato al momento
PROCEDIMENTO Monda e taglia a spicchi lo scalogno e ripeti l’operazione con i ravanelli. In due padelle distinte rosola con dell’olio evo e a fuoco vivace gli ortaggi, facendo sì che si formi una leggera doratura, aggiungi il sale, lo zucchero e un paio di cucchiai d’acqua. Abbassa il fuoco e lascia consumare l’acqua: saranno cotti ma croccanti. Affetta il petto di pollo. Tosta e trita grossolanamente le nocciole. In una ciotola condisci appena la misticanza, aggiungendo metà degli ortaggi e procedi alla composizione del piatto: dividi in quattro ciotole, termina con gli ortaggi rimasti e il pollo, decora con le nocciole e una macinata di pepe nero. Accompagna il piatto con sfoglie di pane o con del farro cotto a vapore.
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