EDITORIALE
Sta per finire un altro anno non facile: quando pensavamo di essere più o meno usciti dalla pandemia che ha condizionato i nostri ultimi due anni di vita, ci siamo ritrovati con una guerra alle porte di casa - situazione ancora più surreale - e le conseguenti o concomitanti dinamiche di bollette, gasolio e prezzi delle materie prime, che stanno mettendo in crisi tante filiere dell’agroalimentare e non solo. Alla difficoltà di dover far fronte, come tutti, a dei costi importanti, si è sommata in questi mesi la mancanza di tanti prodotti: una situazione ancora più difficile da affrontare, sia dal punto di vista emotivo che di gestione. Ci dispiace - umanamente prima di tutto - continuare a raccogliere la sofferenza di tanti produttori che si trovano costretti a non produrre più, a vendere gli animali o a vendere il latte, o che scelgono di produrre solo alcuni giorni a settimana perchè i costi sono superiori ai ricavi, e quindi conviene fare a meno di lavorare, gettare la spugna. Ci auguriamo davvero che ci possa essere presto un cambio di rotta, per ricominciare a lavorare tutti con un po’ di serenità. Nel frattempo continuiamo a investire con fiducia nella selezione di nuovi prodotti e nella relazione con i piccoli produttori, per cercare di dare loro uno spazio di racconto in queste pagine e nei nostri eventi. Dal viaggio in Abruzzo per documentare la produzione della Ventricina del Vastese a una ricca selezione di novità per Natale, che in parte vi abbiamo presentato a Sapori, anche questo è un numero denso di proposte, per le feste e non solo; di provocazioni, come gli abbinamenti tra caffè e formaggi; di storie e anche di spunti di riflessione, per chi ha tempo e voglia di approfondire alcune rubriche.
Noi non molliamo, siamo più determinati che mai a portare avanti la nostra attività di selezione, a supporto di quei produttori che ogni giorno scelgono con coraggio di portare avanti la tradizione gastronomica del nostro Paese.
Con i nostri migliori auguri per questa fine anno, sia davvero una buona fine e soprattutto un buon inizio!
Martina Iseppon
Editore:
SELEZIONE DI SAPORI:
Il magazine di Valsana
Direttore: Giulia Basso
Valsana srl
Via degli Olmi, 16 Godega di Sant’Urbano, Treviso
Registrazione
Tribunale di Treviso n. 2422 del 28/04/2017
Di
Iseppon,
Maria
FATTORIE DEL TRATTURO
VENTRICINA DEL VASTESE TONDA
Tipico salume abruzzese, Presidio Slow Food, prodotto nel territorio del medio-alto vastese. Viene prodotto con i tagli più nobili di coscia, lombo e spalla di suini allevati nel centro Italia, tagliati a coltello "a tocchi" e conditi con polvere di peperone rosso dolce essiccato, quindi insaccato nella vescica di maiale e stagionato almeno 4 mesi. Nonostante il colore ha un gusto dolce, con una delicatissima nota piccante cod 78370 | peso 1,1 kg circa
Ci sono viaggi che ti vengono incontro, pochi quelli da cui stai lontano, e altri che cerchi con determinazione, come quello di cui vi racconto oggi. Vi scrivo di un viaggio in Abruzzo, alla scoperta dell’identità della Ventricina del Vastese presso le Fattorie del Tratturo a Scerni (CH).
Decidiamo di partire nel tardo pomeriggio di un giorno di fine luglio, in modo da compiere fino a tarda serata quasi tutto il tragitto e immaginandoci già che lungo l’Adriatica avremmo trovato code o altri disagi che ci avrebbero rallentato. Così accade, ma in ogni caso in tardissima serata ci fermiamo a Lanciano per riposare, l’indomani ci separerà da Scerni solo un’ora di strada.
precedenti. Dovevamo incontrarci ancora ad aprile, ma per i noiosi motivi legati al Covid avevamo rinviato. Siamo felici di avercela fatta. Ci sediamo subito nel loro ufficio e i fratelli ci raccontano un po’ la loro storia.
Nel Vastese era il salume della festa, che veniva "spezzato" nei momenti importanti della vita contadina, come la mietitura. Una tradizione unica, che sopravvive grazie anche alla famiglia Di Lello
Le Fattorie del Tratturo si trovano nel medio-alto vastese, territorio a pochi chilometri dal mare, a spiccata vocazione agricola e un tempo anche pastorale, visto che si incrociano diversi tratturi, ossia i camminamenti dei pastori transumanti. Avvicinandoci a Scerni abbiamo l’impressione di addentrarci in un territorio unico, fitte colline piene di uliveti e campi indorati dalle stoppie del grano già raccolto creano un’alternanza di colori fantastica.
Incontriamo Luigi e Antonio, i fratelli Di Lello, presso lo spaccio dell’azienda, dove si trovano anche l’agriturismo di famiglia, chiamato Fattoria dell’Uliveto, e l’ufficio operativo. L’accoglienza è calda, ci siamo sentiti diverse volte telefonicamente nel corso dei mesi
Nel 1993 ereditano l’azienda agricola dai loro padri con l’idea di valorizzare la produzione della Ventricina del Vastese, questo salume di carne di maiale, impastato con la polvere di peperone rosso e insaccato nel budello del maiale (ventre, da cui il nome ventricina) che al tempo si produceva solo a livello familiare. Nel 1995 fondano l’Accademia della Ventricina, con l’idea di favorire la conoscenza del prodotto e aiutarne la commercializzazione e poi nel 1998, insieme a Slow Food istituiscono il Presidio: al tempo erano quattro i produttori coinvolti, oggi circa una decina. Infine nel 2005 nascono le Fattorie del Tratturo, unione di due aziende agricole, quella a vocazione norcina dei Di Lello e quella a vocazione cerealicola di Alessandro Di Virgilio di cui vi parlerò più avanti; a quel tempo lo scopo era unire la filiera, mettere insieme cioè allevamento dei maiali, loro alimentazione e trasformazione delle carni.
Fino al 2013 si è trovato l’equilibrio, poi si è dovuto cedere sul fronte dell’allevamento dei maiali, troppo impegnativo da gestire per un’azienda piccola. Oggi la società rimane la stessa, tuttavia le carni vengono acquistate da allevamenti del centro italia.
Un viaggio per scoprire come viene prodotta la Ventricina del Vastese, un salume unico fatto con tagli pregiati di coscia e polvere di peperone, stagionato almeno quattro mesi
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Le chiacchiere proseguono, raccontiamo a Luigi e Antonio del nostro evento “Sapori”, ci piacerebbe averli ospiti per raccontare ai nostri clienti la complessità e la bellezza della Ventricina e accettano subito senza tanti ripensamenti.
Ora però abbiamo voglia di vedere dove si produce questo salume unico e quindi ci trasferiamo nell’azienda di Alessandro Di Virgilio, a una manciata di chilometri dalla Fattoria dell’Uliveto. Alla sommità di un colle, nei pressi di un antico insediamento monastico, che aveva anche funzioni difensive, troviamo il piccolo salumifico e l’affascinante stagionatura. Una volta entrati nel laboratorio i fratelli prendono a raccontarci i passaggi della lavorazione della Ventricina. Questo Presidio Slow Food si produce innanzitutto solo nei mesi autunnali e invernali, ossia da ottobre a marzo. E infatti siamo tornati a Scerni pochi giorni fa con la nostra fotografa, proprio per documentarne la produzione.
Si parte sempre dalla mezzena intera del maiale, "la si smonta", come si dice in gergo, ovvero la si seziona e poi vengono divisi i diversi tagli in base alle lavorazioni. La coscia e altri tagli magri, insieme a parti di pancia e gola per la Ventricina, la spalla e altri tagli minori per i salami, la lonza e la pancetta per esser salate a parte e così via.
Concentriamoci tuttavia sulla Ventricina: la coscia del maiale e il suo grasso vengono cubettati a mano e toelettati con cura, quindi impastati con peperone rosso dolce e piccante tritato in polvere, finocchietto, sale e pepe, assieme anche a una parte della pancetta precedentemente macinata, per permettere all'impasto di legare. Non vengono aggiunti conservanti: la potenza antiossidante del peperone, la presenza del sale e la lenta fermentazione delle carni garantiscono una conservazione ottimale. L'impasto viene quindi fatto riposare per una notte, prima di passare alla fase successiva.
Nella famiglia Di Lello la Ventricina è una tradizione di famiglia: Antonio e Luigi hanno imparato l'arte norcina dai genitori Gioconda e Severino. A Luigi ed Antonio, poi, piace pure ricordare i preziosi consigli di Adamo Di Pasquale e Franco Santilli, custodi di tecniche norcine di alta scuola
Presidio Slow Food
02 LA STORIA
01 L'AREA
il medio-alto vastese, una zona collinare e pedemontana, che comprende circa 30 comuni tra Abruzzo e Molise, in provincia di Vasto e Chieti
Ora non resta che insaccare le carni all’interno di un budello naturale e far partire una lenta asciugatura: la prima settimana il prodotto rimane a temperatura controllata, in una cella dedicata, che aiuta ad asciugare il prodotto e a stabilizzare la preparazione. Questa cella, davvero piccola, contiene tutta la ventricina prodotta in una sessione di produzione, quindi di fatto regola la capacità produttiva dell’azienda. Finchè non si svuota la cella, non si produce nuovo prodotto.
la prima documentazione storica, certa, della ventricina risale al 1860; era il cibo dei contadini, un prosciutto "a pezzi" che si poteva portare nei campi; veniva consumata nei momenti importanti della vita rurale, quali la mietitura e la vendemmia
03 LA PRODUZIONE
è prodotta da ottobre a marzo con la coscia del maiale - che solitamente diventa prosciutto, ma l'ambiente non era adatto - sezionata in "tocchi" di 2-3 cm, condita con sale, polvere di peperone dolce e finocchietto selvatico, quindi insaccata in vescica, legata a mano e appesa ad asciugare; dopo un mese viene sugnata, quindi stagionata
Di fatto la Ventricina viene prodotta una volta alla settimana soltanto per circa 6 mesi all’anno. I formati possono variare, tradizionalmente poteva arrivare a pesare anche 10 kg: un ventre intero, che si stagionava oltre 6-8 mesi e al momento della mietitura veniva "spezzato" - si è proprio il caso di dirlo - a mano e mangiato a tocchi con del pane. Oggi le necessità di servizio hanno imposto misure più contenute, attorno a 1,5-2 kg, che in ogni caso, se ben stagionate garantiscono
Reportage fotografico di Beatrice Manciniautenticità e ricchezza di sapori. La stagionatura del prodotto avviene all’interno del cosiddetto “Caveau della Ventricina”, una cantina fresca e dall’alto soffitto che si trova all'interno di un'antica torre dove abita Alessandro Di Virgilio, nello stesso cortile ove si trova il laboratorio.
E’ Alessandro che ci apre le porte del Caveau, all’ingresso l’impatto olfattivo è notevole, tutta l’aromaticità del peperone, del salume maturo e della cantina emergono, ventricine di ogni dimensione e forma sono appese o al soffitto o ai carrelli di stagionatura, notiamo che sono ricoperte di una patina bianca e chiediamo informazioni. Si tratta di sugna, questa forma un guscio dalla consistenza quasi cerata che permette di mantenere morbide le carni e di regolare la fuoriuscita dell’umidità; l’operazione di sugnatura e cura del prodotto è fatta da Kothi, un ragazzo che vediamo all’opera in un locale adiacente alla cantina, dopo il primo mese di stagionatura.
La sugna viene poi rimossa a fine stagionatura e la Ventricina confezionata sottovuoto e pronta a essere spedita ai clienti. Dopo tanta attesa non ci resta che assaggiare il prodotto, rigorosamente tagliato a coltello. La fetta ha un aspetto quasi marmorizzato, parti di magro e parti di grasso sono separate da un sottile reticolo rosso bruno che è il peperone, a naso è semplicemente esplosiva, note di peperone arrosto, quasi affumicato, finocchietto, cantina, umami e carni mature si legano in un matrimonio perfetto che si ritrova ancor più accentuato e bilanciato in bocca. Con l’acquolina in bocca faccio diversi bis, non riesco a trattenermi!
Al termine della degustazione salutiamo Luigi, che ha degli impegni e seguiamo l’invito di Antonio ad andare a mangiare un boccone, il Brodetto alla Vastese ci aspetta! Possiamo esimerci? Assolutamente no, ci sono viaggi che ti vengono incontro e che non puoi evitare!
VENTRICINA
DEL VASTESE - LUNGA
Da provare tagliata grossolamente a coltello; ottima come ingrediente nella farcitura di ravioli con ricotta e formaggio o per condire i cavatelli, con un sugo di pomodoro e basilico; deliziosa sulla pizza, aggiunta a fine cottura a fette sottili cod 78371 | peso 1,1 kg circa
SAPORI 2022
Un’esperienza gastronomica all’interno di Gusto! una mostra dedicata alla cultura italiana a tavola
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Un’esperienza gastronomica all’interno di un’esperienza culturale: è stata questa l’idea che ci ha fatto scegliere M9 - Museo del ‘900 come location per il nostro più importante evento annuale.
Per una coincidenza di date abbiamo avuto l’opportunità, unica, di organizzare Sapori all’interno di Gusto! - mostra dedicata alla cultura italiana a tavola, curata dallo storico Massimo Montanari con la giornalista Laura Lazzaroni e la direzione scientifica di Luca Molinari.
Martina Iseppon Responsabile MarketingUna scelta un po’ folle, per la difficoltà di organizzare un percorso di degustazione all’interno di un museo. Ma quando siamo stati per la prima volta a M9 è stato un colpo di fulmine, a cui non siamo riusciti a resistere.
Sapori è un evento attraverso il quale vogliamo non soltanto farvi incontrare i produttori e assaggiare alcune novità, ma anche raccontarvi qualcosa di noi, del nostro approccio alla gastronomia e alla selezione.
Gusto! è stata la cornice perfetta.
Nel foyer del museo abbiamo allestito la prima parte della degustazione, dedicata ad alcuni produttori internazionali: Monte Nevado, con Jamon Iberico e Paleta, Cropwell Bishop Creamery con Stilton e Shropshire, e Yurrita, con i Boquerones, le acciughe cantabriche marinate in aceto e qualche altra novità. Di respiro internazionale anche la partnership con Milano Sake: abbiamo giocato con gli abbinamenti tra i prodotti in sala e il sake, fantastico l’abbinamento tra Tedorigawa Yamahai e Stilton!
Dal foyer si passava direttamente al terzo piano del museo.
Il primo e il secondo piano di M9 sono infatti dedicati all’esposizione permanente del Museo: due piani di tecnologie avanzate e installazioni immersive per raccontare la storia del Novecento, dalla vita quotidiana ai grandi cambiamenti economico sociali, ambientali e culturali.
Il terzo piano è invece quello dedicato alle esposizioni temporanee: Gusto! si è conclusa
il 23 ottobre per lasciare spazio ad altre due esposizioni dedicate alle grandi passioni italiane. Nove le isole tematiche, dal gusto in cucina agli oggetti culinari di design, dalle produzioni industriali al cibo che cura, dai piatti italiani nel mondo al cibo del futuro, raccontate attraverso video, fotografie, infografiche, libri, pezzi di design, macchinari, materiali di nuova generazione.
Sapori per noi è una sfida.
Il tentativo di stupirvi ogni anno con qualche novità, non solo di prodotto.
L’occasione per raccontarvi i valori in cui crediamo e i progetti che abbiamo scelto di condividere.
Abbiamo cercato di costruire il percorso di degustazione trovando delle connessioni tra i nostri produttori e le installazioni della mostra. Qualcuno degli ospiti ha raccolto le suggestioni, per qualcun altro invece l’ambientazione è risultata un po’ disorientante: sapevamo che sarebbe stata una scelta divisiva, ma per fare qualcosa di originale a volte vale la pena prendersi qualche rischio.
I nostri produttori di alpeggio li abbiamo inseriti a inizio percorso, sotto a una parete dedicata ai paesaggi del gusto, per rafforzare l’idea che fare alpeggio - come Malga Verde - e curare i pascoli - come fa Filippo, del Caseificio Catinaccio - significa anche diventare custodi della montagna e dei suoi paesaggi.
Scudellaro l’abbiamo posizionato di fronte all’isola dedicata al gusto dell’industria: una provocazione, per contrapporre il suo stile di allevamento, rispettoso dei tempi di crescita degli animali, all’allevamento - industriale - in batteria, che oggi rappresenta lo standard dell’avicoltura.
Tra un’esposizione di oggetti di design e la riproduzione dei piatti più famosi di alcuni chef hanno trovato spazio: Bio Alberti, Macelleria Savigni, Salumificio dei Castelli, Pasta di Liguria, Pesto di Prà, Latteria di Branzi, con alcune proposte anche dalla cucina: dalla farinata di ceci alla zuppa di Poggio Aquilone, dall’Etrusca al musetto con una spuma di rafano, dai fusilli con la crema di noci alla lonza con una crema di sedano rapa e polvere di peperone.
Il percorso proseguiva poi con alcune proposte a base di tartufo, dal cremino di Carozzi alle novità di Savini Tartufi. Infine, dopo un assaggio delle farine di Molino Moras, trasformate da Antonio Follador in alcuni panificati - focaccia con la Deliziosa, pan brioche con la Fior Fiore e una pagnotta con la 1R - la degustazione si concludeva con una selezione di lievitati di Antonio, con un tavolo collocato proprio vicino al Gusto del Viaggio, un’isola della mostra che racconta i cibi italiani che si sono affermati all’estero, tra cui, appunto, il panettone.
Al percorso di degustazione libero abbiamo poi voluto aggiungere una ricca proposta di laboratori.
Due workshop per sperimentare alcuni abbinamenti, gestiti in collaborazione con i
nostri partner di quest’anno per il beverage: Sake e Formaggi, con Manuel Bianchi e Marco Massarotto di Milano Sake; Vermouth e Formaggi con Alberto Morosini di Da Pian con cui avevamo già sperimentato un laboratorio di abbinamento in sede da noi con il gin tonic.
Due workshop dedicati al “come si fa”: come si taglia il Pata Negra, con il cortador Fabian Gonzales di Monte Nevado; come si fa il Pesto Genovese e con quali ingredienti, con Matteo Pezzana di Pesto di Prà.
Tre momenti di approfondimento: sui grani antichi, con BioAlberti; sulle caratteristiche tecniche delle farine, con Molino Moras; sul tartufo, con Cristiano Savini.
E infine due appuntamenti dedicati alla valutazione sensoriale: del panettone tradizionale, con Antonio Follador, con una
scheda di analisi sensoriale presa a prestito dai vari concorsi e... dei fieni, con Francesca Pisseri: una provocazione, per parlare dell’importanza dell’alimentazione delle bovine e introdurre il tema dell’agroecologia, che avete già incontrato in queste pagine.
Insomma anche q uest’anno abbiamo voluto sperimentare, sia nella scelta della location, sia nel format dell’evento, con l’obiettivo di raccontarvi in due giorni la vera essenza di ciò che facciamo: la cura con cui scegliamo i prodotti; la voglia di dare uno spazio di ascolto ai produttori, veri pilastri della nostra tradizione gastronomica; l’urgenza di trasferirvi, almeno in parte, ciò che impariamo nel processo di selezione in giro per l’Italia e non solo; il desiderio di condividere le suggestioni che raccogliamo nel nostro meraviglioso lavoro.
partecipato a Sapori?
Le chiediamo di dedicarci 5 minuti per raccogliere la sua opinione: valsana.link/feedback-sapori-2022 Grazie per la collaborazione.
NOVITÀ
FROMAGES DE FRANCE
Imprescindibili nella nostra selezione delle feste, i formaggi francesi giocano sempre un ruolo centrale. Come ogni anno tornano i piccoli formaggi aromatizzati come il Mini Delice d’Argental Cranberry con una copertura di mirtillo rosso. Dolce, cremoso e leggermente acidulo. Un grande ritorno anche per le Mini Gourmandises, piccole praline a latte caprino con varie aromatizzazioni.
Tra i piccoli formati proponiamo un paio di croste lavate a latte vaccino: dopo qualche tempo torna in assortimento il Livarot mentre il Petit Gres cambia formato, non è più adagiato nella paglia ma si presenta in una piccola scatola.
Un grande classico delle feste è il formaggio fuso al forno, e questo ruolo lo assolvono a pieno il Mont d’or AOP a latte vaccino e il Chevrefour per una proposta a latte caprino.
E poi veniamo ai formaggi che ci fanno innamorare, due delle più eleganti DOP francesi dello Jura e dell’Alta Savoia: il Comté di Marcel Petit, stagionato almeno 16 mesi e il Beaufort d’alpeggio di Joseph Paccard, stagionato almeno 12 mesi.
PICCOLI AROMATIZZATI
Mini Delice d’Argental Cranberry 44492 peso 110 g
Mini Gourmandises 44487 peso 125 g
NOVITÀ
CROSTE LAVATE
Petit Gres Chamapagne Boite 44479 peso 125 g
Petit Livarot AOP 46695 peso 250 g
DA FONDERE
Mini Mont d’or AOP 44470 peso 360 g Chevrefour 44478 ∙ peso 120 g
GRANDI DOP
Comté AOP Fort St Antoine Reserve 46747 peso 40 kg circa, anche in 1/16
Beaufort AOP Alpage 46748 Alpage Plan Pichu 46745 peso 40 kg circa, anche in 1/32
NOVITÀ
CROSTE LAVATE LOMBARDE
Taleggio DOP a latte crudo 21254 ∙ peso 2 kg circa Stracchino all’Antica delle Valli Orobiche 31093 peso 2 kg circa
LATTE CRUDO LOMBARDO
STRACHITUNT DOP 31105 peso 6 kg circa disponibile solo su prenotazione
PANNERONE DI LODI 30938
1/8 peso 1,5 kg circa disponibile da ottobre a marzo
GLI ALPEGGI
Storico Ribelle 31047M21 peso 10 kg circa, anche in 1/16 Bagoss di Bagolino ∙ 31090M20 peso 18 kg circa, anche in 1/16
Uno speciale dedicato alla Lombardia, una selezione della selezione con produzioni iconiche e solo a latte crudo. Uno dei simboli caseari lombardi è il Taleggio DOP. Qui una novità di Carozzi Formaggi a latte crudo, stagionato almeno 2 mesi. Restando tra le croste lavate, da Latteria Branzi lo Stracchino all’Antica delle Valli Orobiche: interessantissimo antenato del Taleggio, stagionato circa un mese in cantina. Gessato al cuore, cremoso nel sottocrosta. Nella famiglia degli “stracchini” a latte crudo di Branzi spunta anche un blu, lo Strachitunt DOP, prodotto con il latte di una sola mungitura e con una notevole complessità di aromi. Veniamo al Pannerone, di Carena, ora nuovamente disponibile: un formaggio senza sale, dal gusto dolce e suadente. Infine, se parliamo di produzioni iconiche lombarde, non possiamo lasciar fuori gli alpeggi: dal Bagoss di Bagolino estate 2020 di Francesco Stagnoli, al mitico Storico Ribelle delle Valli del Bitto, in diverse stagionature.
SPECIALE PISTACCHIO
Pistacchio, un frutto prezioso, dal gusto avvolgente, utilizzato sia nei dolci che nelle aromatizzazioni di salumi e formaggi.
Latteria Perenzin ha deciso di sperimentare, usando il pistacchio sia in crema che in granella per farcire il Piccolo Fiore di Bufala. Le note dolci e di sottobosco della costa fiorita si sposano molto bene con le sensazioni sapide e tostate del pistacchio.
Il grande classico natalizio Gorgonzola, mascarpone e noci viene rivisitato da Carozzi Formaggi che al posto delle noci mette una granella di pistacchio e crea il Dolce Paradiso al Pistacchio.
Il Fiorino combina invece il pistacchio verde di Bronte DOP con il latte ovino di Maremma per ottenere un pecorino fresco, bello da vedere e bilanciato.
E infine un pesto di Scyavuru, realizzato esclusivamente con olio evo, pistacchio verde di Bronte DOP, sale e pepe: ideale come condimento per primi piatti, per arricchire focacce e bruschette, o farcire formaggi a pasta molle, come un brie.
NOVITÀ
PICCOLO FIORE DI BUFALA
AL PISTACCHIO
PIccolo formaggio bufalino a crosta fiorita farcito con pistacchio 30370 peso 250 g
DOLCE PARADISO
AL PISTACCHIO
Gorgonzola DOP, mascarpone e granella di pistacchio 21006 peso 1 kg circa solo su prenotazione
PECORINO AL PISTACCHIO VERDE DI BRONTE DOP
Pecorino fresco da latte di Maremma arricchito con pistacchio 31337 peso 1 kg circa
PESTO DI PISTACCHIO SCYAVURU
Pesto a base di pistacchio, olio evo, sale e pepe 92886 ∙ peso 160 g
CREMINO AL CUCCHIAIO AL TARTUFO
Erborinato cremoso a latte vaccino, arricchito con tartufo nero estivo a metà su prenotazione ∙ 6 kg (21251) ottavo 1,5 kg (21252) sedicesimo 750 g (21253)
KINARA AL TARTUFO
Formaggio vaccino a lunga stagionatura a caglio vegetale, arricchito con tartufo estivo 33958 porzione 200 g
ORO NERO
AL TARTUFO
Succo di tartufo sferificato in forma di piccole perle, ideale per guarnizione 93461 peso 50 g
CROSTINO DI FEGATINI CON TARTUFO
Patè di fegatini di pollo, impreziosito con tartufo estivo; ideale su crostini, nei risotti o come salsa di abbinamento 93463 ∙ peso 90 g
NOVITÀ
PROFUMO
DI TARTUFO
Il tartufo è un ingrediente che ha un picco di consumo in questo periodo di avvicinamento alle feste e anche a Sapori ha giocato un ruolo da protagonista, in diverse vesti.
Carozzi Formaggi lo propone in una versione accattivante nel Cremino al cucchiaio al tartufo: erborinato cremoso, arricchito tramite foratura nel formaggio con innesti di tartufo nero estivo in pasta. Dolce e vellutato.
Ma non possiamo parlare di tartufi senza citare Savini, con due novità accolte con entusiasmo. Oro Nero al Tartufo: un vasetto contenente delle sfere di tartufo pensate per guarnire crostini, tartine, carpacci, tartare e persino pizze. E il Crostino di Fegatini con Tartufo: un cremoso e accattivate patè di fegatini di pollo e tartufo estivo.
E infine vi presentiamo in questa sezione anche una novità di Fattorie Fiandino: Kinara, formaggio a caglio vegetale di casa Fiandino, reso ancora più nobile dall’aggiunta di scaglie di tartufo estivo. Equilibrato e raffinato.
NOVITÀ
GALLINA
IN SAOR
L’azienda agricola Scudellaro, che abbiamo presentato a Sapori 2022, si dedica dagli anni Ottanta all’allevamento avicolo: galline, capponi, polli, oche e faraone sono liberi di vivere all’aria aperta, cibandosi di granaglie, leguminose ed erba medica autoprodotte. L’accrescimento dei capi avviene lentamente, senza uso di stimolatori e nel rispetto dei tempi naturali. Scudellaro si occupa direttamente anche della macellazione, preparazione e cottura: una filiera chiusa a garanzia della tracciabilità.
La Gallina in Saor, in due formati, è la grande novità: la carne è cotta a vapore e condita con cipolla, uvetta e pinoli. Un classico della tradizione padovana, pronto all’uso.
GALLINA IN SAOR
PER IL BOLLITO
NOVITÀ
musetto cotto singolo sv da 380 g circa (80102) musetto singolo sfuso crudo da 600 g circa (80103) ∙ lingua salmistrata di bovino adulto da 1,4 kg (80101)
SALUMIFICIO DEI CASTELLI
Nell’ottica della stretta collaborazione con il Salumificio dei Castelli, siamo riusciti a proporre una serie di novità, pensate per il banco e per la cucina, tutte con un denominatore comune: accurata selezione delle carni fresche, lavorazione manuale a coltello dei tagli, assenza di derivati del latte, fonti di glutine e glutammato.
NOVITÀ
LONZA AL VAPORE
80108 peso: 2 kg circa
FESA DI MANZO AFFINATA AL TAI ROSSO DOC
80114
peso: 2 kg circa
Per il bollito ecco il musetto in doppia versione, sia cotto sottovuoto da rigenerare in pochi minuti, che sfuso crudo. Immancabile nel bollito la Lingua di bovino adulto, salmistrata a secco, cotta e spellata. Irresistibile con una salsa verde.
Per i servizi veloci entra in campo la Lonza cotta a bassa temperatura sotto vuoto con un trito di aromi. Perfetta appena intiepidita con una crema di verdure; a Sapori l’abbiamo proposta con una crema di sedano rapa.
L’ultima novità è il cuore di Fesa di manzo affinata al Tai Rosso: succulenta e solubile al palato, perfetta abbinata ai funghi o su una pizza bianca con radicchio rosso di Treviso e Parmigiano Reggiano DOP.
JAMÓN DE BELLOTA 100% IBÉRICO
Crudo da suini di pura razza Iberica, stagionato almeno 42 mesi con osso 79063 peso 8,5 kg circa disossato 79068 ∙ peso 4 kg circa
JAMÓN MANGALICA
Crudo di stile spagnolo prodotto da maiali di razza Mangalica e stagionato almeno 24 mesi con osso 79214 ∙ peso 9 kg circa disossato 79212 peso 5 kg circa
PROSCIUTTO
DEL CASENTINO
Presidio Slow Food da suini di razza Grigio del Casentino, stagionato almeno 24 mesi in cantine naturali con osso 78350 peso 11 kg circa disossato 78355 peso 7,5 kg circa
PROSCIUTTO DI SUINO NERO DEI NEBRODI
Prosciutto crudo da suini neri siciliani, razza Presidio Slow Food, e stagionato almeno 24 mesi con osso 80224 ∙ peso 6 kg circa
CRUDI DI RAZZA
Partiamo dalla Spagna con Monte Nevado e la punta di diamante della sua produzione: il Jamón de Bellota 100% Ibérico, nella versione con osso, disossato e preaffettato. Un crudo stagionato almeno 42 mesi, prodotto con maiali di pura razza Iberica, allevati allo stato brado e alimentati solo con erba e ghiande durante gli ultimi 6 mesi della loro vita. Dolce, intenso, elegantissimo. Ma l’azienda è conosciuta anche per il lavoro di recupero della razza suina ungherese Mangalica con cui producono un crudo sempre in stile spagnolo. Torniamo in Italia e andiamo in Toscana dove Selve di Vallolmo produce un prosciutto, Presidio Slow Food, da cosce di suini di razza Grigio del Casentino allevati allo stato brado: estremamente scioglievole e con un’aromaticità complessa, di ghiande e frutta tostata. Scendendo verso Sud, in Sicilia, da Agostino Ninone incontriamo un altro salume da suini allevati allo stato semi-brado: questa volta di razza Nero dei Nebrodi, da cui si ottiene un prosciutto dolce e poco sapido, ben bilanciato.
DAL MARE
Friultrota: il salmone lavorato artigianalmente da Friultrota, con salagione a secco e affumicatura leggera, non può mancare sulla tavola delle Feste. Nonostante le difficoltà della pesca degli ultimi anni, legate al cambiamento climatico, il salmone selvaggio sarà disponibile anche questo Natale: Sockeye e Red King in primis, che abbiamo scelto di proporvi a un prezzo invariato rispetto al 2021. Immancabile anche il tradizionale salmone Scozzese, di qualità superior, in vari formati per tutte le necessità: in astuccio o in baffa, intera o preaffettata.
Yurrita: la versione marinata delle acciughe del Mar Cantabrico, i Boquerones, marinati in acqua e aceto e conservati in olio evo. Per restare nel panorama del pesce azzurro ecco le Sardinillas, piccole sardine ben pulite, cotte e conservate in olio. E infine la grande novità, i Berberechos: vongole sgusciate di grandi dimensioni, pescate nelle Rias Galiziane, cotte e conservate in acqua e sale, pronte all’uso.
SALMONE SELVAGGIO
IN BAFFA
Red King 94055 ∙ peso 2 - 2,5 kg Sockeye 94056 peso 500 - 800 g
SALMONE SCOZZESE IN BAFFA
in astuccio (intero 94032 preaff 94033) peso: 600 - 900 g medio (intero 94043 preaff 94044) peso: 1,2 - 1,8 kg grande (intero 94052 preaff 94053) peso: 1,8 - 2,5 kg
NOVITÀ
DALLA SPAGNA
Boquerones in vaschetta 100 g (95902)
Boquerones in vaschetta 625 g (95903)
Sardinillas in latta 120 g (95904) Berbereschos in latta 111 g (95905)
FAGIOLI BIO
Cannellini (96237)
Borlotti (96272
Neri (96271) peso: 500 g
LEGUMI BIO
Ceci (interi 96270, decorticati 96275) Ceci neri (96277) Fave (96278 decorticate) peso: 500 g Patè di ceci 195 g (96293)
CEREALI BIO
Farro Monococco perlato (96281
Farro Dicocco perlato (96279) Orzo perlato (96280) Orzo Mondo (96282) peso: 500 g
ZUPPE BIO
Zuppa di Poggio Aquilone (96283) Zuppa Fantasia (96284) Zuppa Ricca (96285) Zuppa del Re (96286) Zuppa Ghiotta (96287) peso: 350 g
FARINE
di ceci (96288) di lenticchie integrale (96290)
di farro Monococco (96289)
di orzo Mondo (96292) peso: 500 g Tendu 1 kg (96291)
NOVITÀ
BIO ALBERTI
Cereali, legumi secchi e zuppe, ma anche farine, sia di cereali che di legumi, e un originale paté di ceci: questa è la selezione Bio Alberti che abbiamo presentato nell'ultima edizione di Sapori.
Tutti prodotti biologici, senza additivi o conservanti, coltivati a Poggio Aquilone, in Umbria, nei 560 ettari di boschi, prati, pascoli e campi seminativi della famiglia Alberti. Un'azienda familiare, guidata da Paola e Guido, con il supporto dei figli Benedetta e Andrea.
L'azienda porta avanti le produzioni tipiche del centro Italia, con una filosofia che ci ha trovati subito in sintonia: recupero di grani e legumi antichi, con il supporto dell'Università di Perugia, e adozione di pratiche biologiche e coltivazioni sinergiche. Una grande attenzione all'ambiente, dalla quale non si potrà prescindere in futuro.
Questa selezione dà risposta alle tante richieste di prodotti secchi, non solo legate ai cereali ma anche alle proteine vegetali, e soddisfa chi cerca delle proposte consapevoli.
NOVITÀ
PASTA DI LIGURIA
La nostra proposta di pasta si arricchisce con dei nuovi formati: siamo in Liguria, dove la famiglia Minaglia produce pasta da quasi quarant'anni con il marchio "Pasta di Liguria".
Grano duro italiano da agricoltura biologica lavorato con acqua della sorgente di San Martino nel Parco dell'Antola; essiccatura tra i 40 e i 50 °C per circa 24-30 ore così da mantenere tutte le proprietà organolettiche del grano e la consistenza tipica delle paste artigianali, e infine la trafilatura a bronzo che regala l'inconfondibile porosità e rugosità della pasta.
La proposta si sviluppa in tre linee di pasta che raccontano le tradizioni della Liguria. Dai grandi classici, con Penne, Fusilli e Spaghetti, fino ai formati regionali come le Trofiette ideali con il pesto alla Genovese o i Croxetti tradizionalmente serviti con il sugo alle noci. Immancabili i formati lunghi come Fettucce e Trenette, e i formati aromatizzati come le Signorine alle castagne e le Foglie d'ulivo con gli spinaci.
LINEA MARE
Trofiette 500 g (98444)
Trenette 500 g (98443) Foglie d’ulivo ∙ 500 g (98445)
LINEA MONTI
Croxetti ∙ 500 g (98446) Fettucce 500 g (98447) Signorine alle castagne 250 g (98448)
LINEA CLASSICI
Spaghetti ∙ 500 g (98440)
Penne 500 g (98441) Fusilli ∙ 500 g (98442)
PANETTONE TRADIZIONALE
Un grande classico, quest’anno nella versione un po’ più bassa, con arance di Sicilia candite e uvette australiane in sacchetto 95013 1 kg x 6 pezzi in scatola 95034 1 kg x 6 pezzi
PANETTONE
CIOCCOLATO E AMARENE
Goloso panettone al cacao, arricchito con gocce di cioccolato fondente, cioccolato bianco e amarene candite in scatola 95035 1 kg x 6 pezzi
PANETTONE
AL PISTACCHIO
Panettone con pasta di Pistacchio di Bronte DOP, glassa al cioccolato bianco e granella di pistacchio in scatola 95036 ∙ 1 kg x 6 pezzi
PANDORO
Il grande classico veronese, morbidissimo e profumato grazie all’uso di vaniglia Bourbon del Madagascar in scatola 95037 1 kg x 6 pezzi
NOVITÀ
PANETTONI FOLLADOR
Oltre alla consolidata linea di panificati, con Antonio Follador abbiamo voluto intraprendere questa nuova avventura nel mondo della pasticceria natalizia. In questo secondo anno di proposta di lievitati per le feste, abbiamo consolidato i grandi classici del Panettone Tradizionale e del Pandoro, aggiungendo però due nuove proposte: il Panettone Cioccolato e Amarene e il Panettone al Pistacchio. Quale sia la versione, tutti i lievitati di Antonio sono il risultato di lavorazione con lievito madre fresco, pazienza, creatività e selezione accurata delle materie prime che vengono valorizzate al meglio, senza aggiunta di additivi o conservanti. Fondamentali sono i tempi di lievitazione, circa 40 ore per i panettoni e ben 50 ore per il pandoro.
Ma non mancano le novità anche dal punto di vista del servizio: da quest’anno i prodotti sono confezionati in scatola ed è disponibile il cartone assortito (cod 95038) contenente 2 panettoni per tipo (Tradizionale, Cioccolato e Amarene, al Pistacchio), per un totale di 6 panettoni. Solo su prenotazione.
Giulia Basso giornalista collaboratrice de Il Piccolo di TriesteNato a Bologna nel 1974, dopo il diploma di ragioneria ha iniziato subito a lavorare nel negozio di famiglia.
Dal 1993 è titolare e gestore del negozio specializzato in formaggi ‘Angolo della Freschezza’.
È giudice del World Cheese Award dal 2018 ed è stato giudice di concorso all’Alma Caseus di Parma. Collabora e rifornisce molti ristoranti segnalati da Guida Michelin, tra cui anche due stellati.
Partecipa a molte fiere del settore, nazionali e internazionali, organizza serate di degustazione casearie e collabora con l’Associazione italiana sommelier di Bologna.
IL RE DEL FORMAGGIO
È il re del formaggio, incoronato lo scorso maggio dalla Guilde Internationale des Fromagers Italia con il titolo di Miglior Formaggiaio d’Italia. Roberto Guermandi, titolare dal 1993 de “L’angolo della freschezza” di Bologna, con la sua esperienza, la sua passione e il suo savoir faire ha conquistato la giuria del Gran Premio del Formaggiaio, evento alla sua prima edizione che dopo una selezione certosina ha visto cinque finalisti affrontarsi, nella cornice di Cibus, in prove tecniche e teoriche, dal taglio alla degustazione alla cieca, dalla composizione di un piccolo tagliere alla presentazione del “formaggio del cuore”. Dopo sette ore di test la giuria ha decretato il vincitore, che per la quantità di prove affrontate potremmo definire un highlander del formaggio. D’altra parte Guermandi, figlio d’arte, ha respirato formaggio fin da giovane, quando ha iniziato a lavorare nel negozio di famiglia. Quando non sta dietro al bancone della sua bottega, appena rinnovata, che con i suoi 12 metri manda in visibilio i nerd dei formaggi, partecipa a fiere di settore e organizza serate di degustazione. Da 29 anni compra formaggi dai migliori produttori e distributori italiani e francesi: “La mia passione per il formaggio non è mai sazia”, ci dice.
Com’è nata la sua passione per il formaggio?
Nel negozio di famiglia, dove ho iniziato a lavorare appena terminati gli studi. Nel corso degli anni ci siamo evoluti, ricercando formaggi sempre diversi: da quando ho 19 anni mi piace lavorare sulla qualità e non saprei fare diversamente.
Come l’ha coltivata e affinata?
Sono un animale da banco, mi piace molto il contatto con i clienti. Quando ti specializzi e diventi una formaggeria di riferimento avrai clienti sempre più esigenti: perciò bisogna essere preparati molto bene. Per imparare sempre di più su questo mondo partecipo spesso a fiere nazionali e internazionali e, come giudice, a competizioni importanti, come il World Cheese Award e l’Alma Caseus. Perché è importante stare in bottega, ma per avere una visione a 360 gradi del mondo del formaggio bisogna anche uscirne e confrontarsi con altri professionisti.
Perché ha deciso di partecipare al Gran Premio del Formaggiaio?
Perché dopo aver provato i concorsi stando dalla parte della giuria ho pensato di mettermi in gioco: è stata un’esperienza che mi ha insegnato molto.
Abbiamo intervistato Roberto Guermandi, detentore del titolo di Miglior Formaggiaio d’Italia e autentico appassionato di formaggi locali e stranieri
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Cosa le è piaciuto di quest’esperienza e come ha conquistato la giuria?
È stata una prova molto lunga e intensa. Credo di aver dato il meglio di me quando ho presentato il mio formaggio del cuore, una Fontina Dop “Estrema d’Alpeggio”, di cui Alessandro (il responsabile commerciale di Valsana, ndr) mi ha trovato un paio di chili. Sono grassi d’alpeggio che hanno una marcia in più. E poi me la sono cavata bene nelle prove di taglio, negli assaggi alla cieca, nella presentazione di un tagliere.
Quali suggerimenti darebbe a chi sta pensando di partecipare alla prossima edizione del concorso?
Di provare a mettersi in gioco, perché anche se si perde si vince lo stesso: vedendo come lavorano gli altri si può migliorare. E più concorrenti ci sono più il ruolo del formaggiaio viene riconosciuto dalla gente: è qualcosa che fa bene a tutto il movimento del formaggio.
Quali sono i segreti per costruire una degustazione di formaggi interessante?
Su una degustazione da 5-6 prodotti ne sceglierei senz’altro uno o due che siano locali, per parlare del mio
territorio. Ma sceglierei anche un formaggio straniero, per far provare al consumatore il prodotto di una realtà diversa. E poi per me è fondamentale l’abbinamento con vino o birra: non si può accompagnare il formaggio con l’acqua.
Meglio il formaggio in purezza o abbinato a confetture, mieli e composte?
Sto con l’Onaf, sono per il formaggio in purezza. Ma credo che una degustazione si possa concludere, arrivati ai formaggi con maggiore struttura, abbinandoli con qualcosa di dolce. Così si prepara la bocca al dessert.
Quali sono a suo avviso i punti di forza del suo negozio e in particolare del suo banco formaggi?
La quantità e la qualità dei formaggi. Nel periodo migliore ne teniamo circa 220 tipi diversi. E poi conta moltissimo la competenza dello staff: ho la fortuna di avere ragazzi giovani e molto appassionati, che hanno sposato il mio progetto e amano il negozio come fosse loro.
IL CONSIGLIO DIROBERTO GUERMANDI
FONTINA DOP ESTREMA D’ALPEGGIO
Fontina DOP a latte crudo prodotta in alpeggio sopra i 2000 metri, quest’anno disponibile in versione prodotta da due diversi produttori disponibilità limitata su richiesta
GLI ESPERTI
CAFFÈ E FORMAGGIO
Sembrano due universi lontani, ma ci hanno regalato abbinamenti emozionanti: ci addentriamo nel mondo degli specialty coffee e delle diverse estrazioni
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COS’È LO SPECIALTY COFFEE
Non si tratta solo di caffè, ma di vere e proprie specialità, letteralmente. Parliamo di caffè coltivati in condizioni di terreno, altitudine e microclima ideali, a seconda della varietà, raccolti a mano per selezionare solo le drupe mature ed essiccati e lavorati in modo uniforme. Quindi conservati al meglio per permettere agli esperti di valutare e classificare il caffè verde.
ELISA URDICH
Inizia il suo percorso professionale grazie alla vittoria a un contest di Latte Art a Sigep 2014. Da lì, l’inizio dell’amore per il caffè che la porta ancora oggi a gareggiare e sperimentare. Nel 2020 è stata campionessa italiana di Brewers Cup.
FABIO TIRALONGO
Dalla Latte Art all’amore per l’estrazione del caffè, con la voglia di non smettere mai di imparare. Segue i clienti con attenzione, indirizzandoli nella scelta del caffè più adatto e facendogli scoprire tutte le sfumature di questa bevanda.
L’esame che il caffè deve superare per diventare specialty è di due tipi: visivo, per verificare l’assenza di difetti primari, e gustativo. Dopo una leggera tostatura viene preparato un caffè a cui viene assegnato un punteggio sulla base di alcuni parametri. Uno specialty non può avere un punteggio inferiore a 80/100.
Attribuita la categoria al caffè verde, sta poi a chi lo tosta, macina e serve, assicurarsi di preservare la straordinarietà di uno specialty Come? Ad esempio individuando la modalità di estrazione che più lo esalta.
ESPRESSO, MOKA O FILTRO?
L’espresso è l’emblema della pausa veloce: macinatura fine, pressione costante in fase d’estrazione, un gusto intenso e un bel corpo, e quella cremina irresistibile.
E il caffè filtro? Per noi è stata una scoperta. Un modo slow di fare e bere il caffè, godendoselo quasi come se fosse un tè. L’estrazione avviene per infusione (il caffè macinato viene lasciato in infusione in acqua calda e poi filtrato) o percolazione (viene versata dell’acqua calda sul caffè macinato posto in un filtro; il caffè viene raccolto in un contenitore posto alla base). Esistono molti strumenti per realizzare il caffè filtro e ognuno garantisce risultati differenti, tenendo conto di variabili come tipo e temperatura dell’acqua, grado di macinatura del caffè e tempo di estrazione. Una vera arte, non a caso esistono dei campionati di Brewers Cup! In generale il caffè filtro è leggero e delicato, con un corpo simile a quello del tè e un profilo aromatico bello complesso. Un’esperienza che cambia il paradigma classico del caffè!
VADEMECUM PER DEGUSTATORI
Elisa e Fabio gestiscono insieme TASTE a Treviso, coffee shop e roastery, un vero laboratorio di sperimentazione e degustazione.
Se dici moka invece pensi al caffè di casa, un’invenzione italiana e un simbolo della nostra cultura, tanto che pure De Andrè cantava “ah, che bell’ ‘o cafè”. La macinatura è meno fine rispetto all’espresso, la pressione in estrazione è minore e regala un caffè ricco e intenso, con un corpo meno avvolgente dell’espresso e per questo più versatile. Attenzione agli errori, uno su tutti: l’acqua non deve raggiungere l’ebollizione (il tipico gorgoglio) perché estrarrebbe le parti più amare e bruciate del caffè. Togliete la moka dal fuoco a tre quarti dell’estrazione: il caffè continuerà a uscire ma in maniera più lenta e delicata.
Per degustare un caffè si inizia dall’olfatto, identificando l’aroma. Poi si passa all’assaggio individuando il grado di acidità, la dolcezza e il corpo, cioè la percezione della consistenza del caffè in bocca. Infine si valuta il retrogusto Per orientarci nell’ampio mondo dei caffè specialty è stata essenziale la guida di Elisa e Fabio, assieme ai loro collaboratori Benedetta e Aurelio: insieme abbiamo identificato varietà, origini ed estrazioni diverse per comporre degli abbinamenti che funzionassero. Abbiamo cercato di creare un gioco armonico tra i due protagonisti: per formaggi più delicati il caffè filtro è un ottimo compagno, capace di esaltare il formaggio ma lasciando anche spazio per apprezzare l’eleganza della bevanda. Formaggi più intensi, come quelli d’alpeggio, richiedono caffè più corposi, e quindi sarà da preferire un caffè moka o azzardare sperimentando con un espresso, magari doppio. Acidità e dolcezza giocano dei ruoli chiave così come la scelta del contenitore: tazza, bicchiere o calice daranno risultati molto diversi in fase d’assaggio!
IL
garmas
Perù
Regione: San Ignazio
Geisha
Metodo: lavato Tostatura: chiara
Luppolo, agrumi, cannella, cardamomo candito
Filtro V60
Balloon in vetro basso
SAN PIETRO IN CERA D’API cod 30339 | peso 2,5 kg ca
Il caffè accompagna in un’esplosione iniziale di intensità, mettendo il formaggio in un piedistallo ma lasciando poi il palato pulito sul finale.
lord durominavoldemort
Etiopia
Regione: Agaro, Quedamesa
Colombia
Regione: Huila Pitalito
Stripped BourbonHeilroom
Metodo: naturale Tostatura: media Metodo: lavato Tostatura: chiara
Noce moscata, toffee, melone giallo, pescaMandarino, floreale, tè nero
Filtro Aeropress Moka
Tazza in ceramica grandeBalloon in vetro basso
FORMAI DE MUT DELL’ALTA VAL BREMBANA DOP 2021 cod 31100M21 | peso 10 kg circa
CHOCO 21 cod 30798 | peso 3 kg circa
L’acidità del formaggio e del caffè inizialmente si esaltano in un gioco che poi però lascia spazio ai sentori di frutta matura riconoscibili nel formaggio.
Le note di frutta matura del caffè intensificano il formaggio che poi esplode con note di cioccolato fondente che ben si sposano con la lieve nota amara del caffè.
veterinaria consulente zootecnica, esperta in alimentazione foraggera e in agroecologia
SERVIZI ECOSISTEMICI
La natura ci offre beni e servizi, che si possono incentivare con le buone pratiche agroecologiche applicate agli allevamenti
4 minuti di lettura
SERVIZI ECOSISTEMICI
Gli ecosistemi della terra forniscono all'umanità beni e servizi quali alimenti, fibre tessili, formazione del suolo, impollinazione. I servizi ecologici o ecosistemici (ES) sono tutti i servizi che i sistemi naturali generano a favore dell'uomo, come cibo sano e aria pulita. Il Millennium Ecosystem Assessment suddivide tali servizi in quattro categorie:
1. servizi di approvvigionamento: forniscono per esempio materie prime e acqua dolce;
E ALLEVAMENTOa scollegare le produzioni animali da quelle vegetali, creando da un lato un problema di eccesso di nutrienti fortemente inquinanti, e dall'altro una carenza di essi, con problemi di fertilità del suolo. Per poter essere sostenibile l'allevamento deve integrarsi con le produzioni agricole in un'ottica di economia circolare SERVIZI ECOSISTEMICI E ALLEVAMENTO
Ecosystem Assessment?
Un progetto di ricerca internazionale sviluppato con gli obiettivi di individuare lo stato degli ecosistemi globali, valutare le conseguenze dei cambiamenti negli ecosistemi sul benessere umano e fornire una valida base scientifica per la formulazione di azioni necessarie alla conservazione e all'uso sostenibile degli ecosistemi. La relazione di valutazione, completata nel 2005, ha evidenziato che due terzi dei servizi ecosistemici della Terra sono in calo o a rischio. www.millenniumassessment.org
Cosa si intende per pratiche agroecologiche?
Pratiche agricole che mirano a produrre quantità significative di cibo valorizzando i processi ecologici e i servizi ecosistemici integrandoli come elementi fondamentali (Wezel et al., 2014). Ad esempio l'integrazione di colture e animali in un'unica azienda agricola; la produzione di leguminose per l'alimentazione animale; lo sviluppo di sistemi misti zoo-agroforestali; il pascolo a rotazione.
2. servizi di regolazione: regolano il clima, quindi aiutano a prevenire dissesti idrogeologici, regolano le malattie di piante e animali;
3. servizi culturali: erogano valori ricreativi, educativi, artistici;
4. servizi di sostegno alla vita: formazione di suolo, fotosintesi e ciclo dei nutrienti, essenziali per garantire gli altri.
Questi servizi sono fondamentali per la vita sulla terra e generano continue produzioni a partire dal capitale naturale della biosfera. L’importanza per l'umanità di tali servizi è notevole in quanto essi sostengono la nostra vita e il nostro benessere; tuttavia non sono ben quantificabili in termini economici e per questo si dà spesso loro un peso ridotto nelle politiche decisionali. L'agricoltura e l'allevamento, quando gestiti tramite pratiche agroecologiche, contribuiscono a erogare servizi ecosistemici, in quanto incentivano i processi naturali.
DISSERVIZI ECOSISTEMICI
Il Millennium Ecosystem Assessment ha valutato che la perdita di servizi ecosistemici contribuisce all'insicurezza alimentare ed energetica, aumenta la vulnerabilità ai disastri naturali, diminuisce il livello di salute, riduce la disponibilità e la qualità delle risorse idriche e intacca l'eredità culturale. La tendenza alla specializzazione produttiva ha portato
Allevare animali domestici può generare servizi ecosistemici, tra cui la produzione di cibo come latte e carne, il contributo alla fertilità del suolo tramite il letame, il mantenimento di paesaggi come i prati. Per esempio la canalizzazione delle acque operata dagli agricoltori contribuisce a un ciclo idrologico efficiente, la corretta gestione dei pascoli dà un supporto alla biodiversità e al sequestro del carbonio, lavorazioni leggere del suolo migliorano la sua fertilità. Un allevamento impostato su produzione di fieni a livello locale determina mantenimento del paesaggio, salute degli animali, oltre a incremento della biodiversità e fertilità del suolo. Fondamentale la corretta proporzione tra numero di animali allevati e risorse del territorio, in quanto eccessivi carichi animali causano degrado, compattamento del suolo, erosione, perdita di biodiversità.
SERVIZI ECOSISTEMICI E PRATI
La funzione delle praterie per l’allevamento è quella di produrre foraggio, tramite pascolamento (erba), sfalcio ed essiccazione (fieno), tuttavia le loro funzioni ecologiche sono molteplici: forniscono servizi ecosistemici di approvvigionamento, generando erba per nutrire gli animali domestici e prodotti per il nutrimento di animali selvatici; forniscono servizi di supporto al benessere animale, favoriscono la formazione di suolo e la funzione antincendio; servizi di regolazione come la mitigazione climatica (fissazione di carbonio nel suolo) e l'adattamento agli eccessi climatici per la resilienza alla siccità e alle forti piogge.
UN ESEMPIO DI PRESERVAZIONE DI SERVIZI ECOSISTEMICI
CASEIFICIO DEGLI ALTIPIANI E DEL VEZZENA
Marisa Corradi produce Vezzena e altri formaggi trentini a lunga stagionatura e dirige una Cooperativa con 13 conferenti. Alleva vacche di razza pezzata rossa a Lavarone, a 1200 metri di altitudine.
La qualità del fieno è una priorità per l'azienda, e si parte dalla cura dei prati da sfalcio: vengono effettuate delle trasemine di sementi adatte all'ambiente montano, precedute da una leggera lavorazione del suolo tramite un arieggiatore. Le lavorazioni leggere sono pratiche agroecologiche fondamentali, in quanto rispettano la struttura del suolo, che è un fitto reticolo di organismi vegetali e animali. Il suolo viene arricchito in sostanza organica tramite la distribuzione di letame maturo: la maturazione del letame è importante al fine di un corretto apporto di nutrienti al suolo.
“Il fieno è un'arte - dice Marisa - e i risultati del buon fieno sono la salute della vacca e il buon formaggio”. Tutto il fieno utilizzato in azienda è di produzione locale, e l'essiccazione avviene utilizzando un essiccatore, in tal modo il fieno conserva gran parte dei profumi e i principi nutritivi dell'erba fresca. Le vacche hanno il fieno sempre a disposizione, e ricevono un'integrazione di mangime tramite alimentatori che riconoscono i singoli soggetti in modo da somministrare la corretta razione.
Marisa è un'allevatrice attenta, dà molta importanza al monitoraggio del benessere degli animali: osserva come riposano nelle cuccette e fa in modo che vi sia sempre paglia pulita; in sala mungitura ha l'ausilio di un sistema computerizzato che analizza indicatori ed elabora grafici per evidenziare eventuali criticità delle mammelle e del latte. Ha compreso come la salute si basi sulla cura dell'ambiente e dell'alimentazione, e infatti le sue vacche sono longeve. Marisa sottolinea come sia importante il “gioco di squadra” per lavorare bene, riferendosi sia a marito e figlio, che lavorano con lei in azienda, sia ai soci della Cooperativa, e pensa che il bene comune debba essere lo stimolo delle loro attività.
VEZZENA DI LAVARONE SAPORI
DI MALGA 2021
Formaggio stagionato almeno 12 mesi, prodotto con latte vaccino crudo raccolto negli alpeggi attorno al caseificio cod 31114M21 | peso 6 kg ca
ETRUSCA AI 4 PEPI
Taglio dorsale da suini allevati allo stato semi brado condito con salsa ai 4 pepi cod 79119 | 350 g circa
L'ETRUSCA SAMBUCANA
Un taglio tutto da grigliare ottenuto da suini allevati allo stato brado nell'Appennino Tosco-Emiliano
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Siamo in centro Italia, nell’Appennino ToscoEmiliano, più precisamente a Pavana, per incontrare Nicolò Savigni e suo fratello Mileto che gestiscono la Macelleria Savigni, con il supporto dei genitori Paola e Fausto.
ETRUSCA AL BBQ
Taglio dorsale da suini allevati sull'Appennino Tosco-Emiliano aromatizzato con salsa al bbq cod 79118 | 350 g circa
L'ALLEVAMENTO La passione della famiglia Savigni per l’arte norcina nasce nel 1985 e parte dal totale rispetto dell’animale durante l’allevamento. La filosofia adottata è quella di una crescita lenta degli animali, per lo più all’aria aperta, seguendo i ritmi della natura e ponendo estrema attenzione al loro benessere, con l'obiettivo di tornare a una dimensione rustica dell'allevamento suino, slegata dalle costrizioni degli allevamenti intensivi, senza antibiotici, OGM e senza l’inseminazione artificiale. A circa 90 giorni dalla nascita, infatti, i suini soprannominati dai Savigni come “sambucani” vengono liberati allo stato semi brado nel territorio circostante la Fattoria Bonaria, un’oasi naturale recintata a 1000 mslm costituita da prati e boschi di querce e lecci. L’alimentazione è costituita da foglie, erba, castagne, bacche e ghiande che la natura offre e che viene integrata solo con foraggi biologici.
IL TAGLIO L’Etrusca è un taglio di carne che si ricava tra il collo e il lombo del suino Sambucano, chiamato anche pluma per la sua bizzarra forma che ricorda una piuma. L'Estrusca è un taglio poco conosciuto, la cui lavorazione avviene ancora oggi manualmente: viene rifilata dall’eccesso di grasso e tagliata in porzioni da 350 g circa che vengono massaggiate con birra di castagne per conferire delicate note tostate
e una spiccata succulenza; viene poi aggiunto il sale, per la conservazione, e una miscela di oli vegetali che rende la carne più mobida; in questo modo è possibile cuocere il prodotto senza l'utilizzo di ulteriori grassi. A questo punto viene aggiunta la salsa aromatizzante: al whisky, al pepe o bbq. Infine, la carne viene fatta riposare tra i 0°C e i +4°C per 48 ore, prima di essere confezionata sottovuoto.
CONSIGLI Questo taglio ha un ottimo rapporto grasso/magro e una marezzatura diffusa, che viene esaltata da una cottura sul barbecue con tecnica hot&fast ed eventuale aggiunta di chips di legno hickory per delicate note affumicate, avendo cura di tamponare il prodotto prima di essere messo in griglia. Consigliamo inoltre, dopo la cottura, di lasciar riposare la carne qualche minuto prima di servirla ai commensali.
In alternativa, optate per una cottura sottovuoto, ad esempio con un roner a 72°C per 9 ore, per mantenere saporita e morbida la bistecca senza disperdere il bouquet aromatico e un successivo passaggio veloce prima del servizio: in forno a 220°C per circa 11/13 minuti.
Il sapore è autentico: la versione al pepe presenta delle leggere note piccanti, mentre quella aromatizzata con salsa al whisky risulta dolce con note di burro e nocciola; infine quella con salsa bbq possiede il classico sapore fumè e un carattere deciso.
Potete servire la porzione intera come piatto principale oppure scaloppata in un antipasto o un secondo piatto.
ETRUSCA AL WHISKY
Taglio di suino aromatizzato con salsa al whisky da 350 g, sottovuoto e pronto all'uso cod 79117 | 350 g circa
ACETO BALSAMICO TRADIZIONALE DI MODENA DOP
Un prodotto figlio dello scorrere del tempo e della tradizione
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È il periodo dell'anno in cui camminando nelle campagne il nostro olfatto viene pervaso dall’intenso odore di mosto. Mosto che in un particolare territorio diventerà un liquido denso e prezioso, forse uno dei prodotti più affascinanti del panorama gastronomico italiano: Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP. Ma perché è così prezioso? Per scoprirlo mi sono rivolto al produttore Bisini e Gambetti, con cui collaboriamo da diversi anni. Chiamo, mi risponde Stefano Bisini che alla mia prima domanda mi consiglia di sentire la mamma Nazzarena dicendomi “la mia mamma saprà raccontarti molto meglio il nostro mondo”. Effettivamente, i successivi dieci minuti sono stati intensi. La signora Nazzarena mi racconta l’aceto da diverse prospettive e pian piano ci lasciamo trasportare da piccoli aneddoti, per concludere con una mia curiosa domanda: qual è il suo ricordo più bello legato all’ aceto? Senza troppi giri di parole mi dice: “i periodi trascorsi in campagna con i miei nonni, quei profumi e quegli odori che sapevano di spensieratezza e vita lenta”. Posso solo immaginare quei tempi, ma nell’Aceto Balsamico di Modena DOP quella lentezza è ancora presente e fondamentale per avere un risultato eccellente.
LA MATERIA PRIMA Facciamo un passo indietro e torniamo alla materia prima: mosto cotto. Non viene aggiunto nient’altro. Le tipologie di uve utilizzate sono a bacca bianca, Trebbiano e Spergola, o nera, Lambrusco e Berzemino, tutte esclusivamente prodotte nelle province di Modena e Reggio Emilia. La prima fase è quella della cottura: il mosto viene cotto a fuoco diretto finchè non sia addensato circa del 40% della quantità iniziale. Il liquido ottenuto si lascia decantare e nel frattempo si fa iniziare sia la fermentazione alcolica naturale che quella di acetificazione. Questa ultima fase sottolinea l’importanza dei lieviti autoctoni e del nostro caro terroir: elementi che lavorano dietro le quinte, essenziali nella riuscita e caratterizzazione del prodotto.
L'AFFINAMENTO
Iniziate le fermentazioni, il prodotto matura lentamente in botte. È qui che entrano in gioco le batterie, ovvero le serie di botti. Si parte dalla botte più grande (75-100 litri) per arrivare alla più piccola (10 – 15 litri). Vengono messe in fila, e sono fatte di legni diversi che normalmente sono cinque: castagno, gelso, rovere, ciliegio e ginepro. Immaginatevi una cantina piena di queste batterie, dove ogni elemento dà il suo contributo e ogni legno caratteristiche organolettiche differenti. Sta al produttore scegliere come disporle in serie e farle lavorare: ogni anno, una piccola quantità di prodotto viene prelevata dalla botte più grande e utilizzata per rabboccare quella successiva, fino ad arrivare all'ultima. A confermare i livelli qualitativi del prodotto sarà poi una commissione d’assaggio: in base agli anni di invecchiamento l’aceto sarà classificato come affinato (>12 anni) o extravecchio (>25 anni).
DOP O IGP?
Le differenze fondamentali, oltre al prezzo, sono tre: ingredienti, processo di lavorazione e tempo di invecchiamento. Se il disciplinare della DOP prevede solo l'utilizzo di mosto cotto, una lavorazione e cottura lenta e un invecchiamento di minimo 12 anni, quello dell'IGP permette l'aggiunta di mosto concentrato e aceto di vino, una lavorazione del mosto (min 20%) veloce aiutata dall'aggiunta di aceto invecchiato 10 anni (min 10%) e una fase di invecchiamento minima di appena 60 giorni.
Gianluca Di Lello Export ManagerL'IMBOTTIGLIAMENTO
L’imbottigliamento viene effettuato solo ed esclusivamente dal consorzio, dopo attente analisi chimiche e qualitative sul prodotto. L’unica bottiglietta utilizzabile è quella progettata dal designer Giorgetto Giugiaro. Verranno apposte su essa il sigillo, l’etichetta del consorzio e quella della casa produttrice. Parliamo di bottiglie da 100 ml e l’azienda Bisini Gambetti ne produce un massimo di 400 all'anno.
ACETO BALSAMICO TRADIZIONALE DI MODENA DOP
Il classico e autentico Aceto Balsamico DOP, vellutato al palato, dolce e con una notevole complessità aromatica cod 93400 | 25 anni cod 93401 | 12 anni
3 cose da ricordare
NON SOLO FILETTO
Per mangiare il cuore ci vuole cervello (Leonardo Romanelli)
Danilo Gasparini docente di Storia dell’agricoltura e dell’alimentazione all’Università di Padova
Amiche del popolo
Partiamo da un ricordo personale: era festa a casa quando, a vendita avvenuta di un capo di bestiame al macellaio del paese, mezza testa dell’animale arrivava nella nostra parca mensa. E così si mangiava carne. E questo si ripeteva ogni santa domenica dove un po’ di carne arrivava in tavola. E se non era la testa era il fegato, i polmoni, il cuore, i “rognoni” alias i reni, la milza, le budella, la trippa, la coda, i piedi, le zampe, le animelle, la lingua, le rigaglie di pollo con cui a Firenze si preparava il cibreo… o altre frattaglie.
Insomma, un universo di carni alternative, quelle che Madeleines Ferrières definisce nourritures canailles e che spesso hanno dato vita a quello che oggi è diventata una moda: lo street food, il cibo di strada praticato da vaccinari, scortichini…
Quello che comunemente si chiama “Quinto quarto”, in barba alle leggi dell’aritmetica: è il fratello sfigato, ma non meno buono, dei quarti pregiati degli animali macellati, i due anteriori e i due posteriori, riservati ai ceti più abbienti, una sorta di razzismo alimentare.
Le frattaglie appartengono da sempre ai ceti popolari delle città e al mondo contadino. Alla base c’è anche una sorta di etica della necessità, della serie non si butta via niente, dal muso al buso ma che oggi, rovesciato il paradigma, suggerisce una riflessione: è più immorale ammazzare un manzo per mangiare solo il filetto o consumarne ogni singolo pezzo?
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Ancora: se vogliamo, le frattaglie rappresentano quasi quel lato oscuro della passione alimentare, da non presentare in società ma che segretamente fanno impazzire di piacere. Se le filano in pochi perché manca un’educazione alimentare al riguardo, perché l’idea di interiora frena il consumo da un punto di vista culturale, e certe consistenze tattili impediscono a qualcuno l’approccio.
Il quinto quarto è un esempio significativo che dimostra l’evoluzione di un cibo, prima trascurato dai palati raffinati e che ora ha cambiato il suo status quo, trasformandosi in boccone prelibato.
Un tuffo nelle tradizioni
Alternativa ai tagli classici, le frattaglie sono ricche di proteine, vitamine e sali minerali ma vanno cotte e consumate fresche a causa del loro veloce deterioramento e hanno bisogno di una particolare cura nella preparazione prima della cottura.
La tradizione ha saputo nobilitarle con inventiva e ingegnose rielaborazioni regionali. Una breve lista da nord a sud: la finanziera in Piemonte a base animelle e di filoni, creste, barbigli, fegatini e ovette di pollo; il lampredotto a Firenze, ricavato da uno dei quattro stomaci dei bovini, l’abomaso; la pajata, nella cucina romana, il cui nome indica la prima parte dell’intestino tenue del vitello da latte; il mporzeddhu, a Catanzaro, un panino fatto quasi sempre con la pitta, un pane tipico calabrese, farcito con un soffritto di frattaglie (milza, esofago, polmone ecc.) e
Fegato alla Veneziana
Harry’s Bar Venezia Le ricette dalla tradizione Firenze 2016, p. 209
Ingredienti per 4 persone: 900 g di fegato di vitello, 10 cl di olio d’oliva, 45 g di burro, 3 cipolle bianche grandi tagliate sottili, pepe appena macinato, sale
Togliere la pelle in superficie e la tuba grigiastra (la vena) del fegato, tagliarlo in 4 pezzi e poi in fettine sottili, tenendolo saldamente pressato sulla tavola: per riuscire a fare le fette quanto più sottili possibiile, il coltello dovrà essere molto affilato. In una grande padella scaldare 6 cl di olio a fuoco medio, aggiungere le cipolle e far rosolare a fuoco lento, girandole spesso finchè non saranno appassite e molto cotte (ci vorrano almeno 60 minuti). Toglierle con un mestolo forato e metterle da parte, aumentare la fiamma e aggiungere l’olio rimanente: quando inizia a sfrigolare, unire il fegato e, muovendolo costantemente con una spatola, continuare a farlo cuocere fino a quando non perde il suo colore tipico e comincia quasi a incresparsi (ci vorranno non più di 3 minuti). Aggiungere una presa di sale e di pepe, le cipolle, mescolare decisamente e cuocere per un altro minuto. A questo punto aggiungere il burro facendolo sciogliere e mescolando.
Il Prodotto
parti meno pregiate della trippa di vitello; e infine il pani ca’ meusa, a Palermo, la patria dei meusari: venditori ambulanti della vastedda (pagnotta al sesamo) imbottita con pezzetti di milza e polmone di vitello, tagliati, bolliti e cotti a lungo nella sugna.
Il fegato
Per ultimo ma non per importanza abbiamo lasciato una frattaglia nobilissima: il fegato.
Il fegato, dal sapore marcato e intenso, è una delle frattaglie più note e utilizzate.
I più richiesti sono il fegato di vitello, di cavallo, il fegato d’oca e i fegatini di pollo. Può essere rosolato, cotto alla griglia o preparato in umido. È la frattaglia più nutriente!
Al momento dell’acquisto deve apparire duro e compatto, di un bruno non troppo
BURRO BRUSSINO
Burro artigianale prodotto con panna fresca centrifugata; è dolce, delicato e vellutato al palato cod 2090 | conchiglia da 125 g cod 2091 | panetto da 250 g
intenso e la membrana che lo riveste deve essere liscia e brillante.
Molte le ricette regionali: i fegatelli alla brace in Toscana, nella Lomellina il fegato di suino cotto a fuoco lento nello strutto, in Abruzzo il fegatazzo grigliato o essiccato come un salame. In tutt’Italia se ne fanno salsicce.
Ma uno dei piatti che ci identifica è il fegato alla veneziana. Si racconta che il grande gastronomo Bepo Maffioli usasse ordinare, alla fine dei suoi pasti per valutare la qualità della del ristorante, il fegato alla veneziana.
E anche noi, a fine di questo pasto letterario, vi proponiamo la ricetta di Arrigo Cipriani, patron dell’Harry’s Bar a Venezia. Buon appetito!
MUFFE E LIEVITI
Cosa succede quando muffe e lieviti si incontrano? Ve lo raccontano Enrico ed Elisa con questi abbinamenti tra erborinati e bevande alcoliche
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Enrico De Conto Ufficio AcquistiTokaji Aszu 5 Puttonyos
Siamo pronti a stordire le papille gustative: note dolci e intense di albicocca, fichi secchi e frutta candita smorzeranno il retrogusto amaro dell’erborinatura. Il sorso fresco poi aiuterà il palato a ripulirsi dalla grassezza del formaggio. Attenzione, sono vini con un tenore alcolico spesso non esagerato, pericolosamente beverini.
Blanc de Morgex et de la Salle Valle d’Aosta DOC
Vi consiglio un vino ottenuto da vendemmia tardiva di uve Priè Blanc. Troverete aromi estremamente concentrati, con note balsamiche e di frutta matura. Il sorso avvolgerà poi delicatamente le spigolosità del formaggio e la sapidità della pasta sarà ben bilanciata dal residuo zuccherino del liquido.
BLUE STILTON CROPWELL BISHOP
Unico formaggio erborinato inglese a denominazione di origine protetta; al palato è burroso, con un gusto rotondo, ricco e maturo cod 46820 | peso 7,5 kg ca
Riesling Beerenauslese
Andiamo Oltralpe in cerca di un abbinamento per contrasto, quello con un Riesling Beerenauslese. Non voglio tediarvi con specifiche tecniche, ma vi lascio un consiglio: fatevi un regalo quest’inverno, stappate il vino, scaldate del pane e aprite il formaggio, i commenti li lascio a voi o ai parenti che vi vedranno svenire dal piacere.
GORGONZOLA PICCANTE DOP CAROZZI
Il più famoso formaggio erborinato DOP stagionato almeno 4 mesi, dal sapore intenso e pungente cod 20975 | peso 12 kg ca
Marsala Soleras DOC
Trovo perfetto l'abbinamento con un vino liquoroso, il Marsala, nella versione Vergine o Soleras. Tra le caratteristiche organolettiche spiccano note di frutta secca, di spezie, di caramello. Un ventaglio di aromi mai stucchevole, quanto piuttosto evoluto nel tempo, proprio come accade per il formaggio.
Cocktail Negroni
Un abbinamento stravagante: quello con un cocktail realizzato durante una competizione di mixologist milanesi. Si tratta di un Negroni speciale: 1/4 di rum bianco agricolo, 2/4 di Sherry e 1/4 di bitter. Le note più amare del bitter e quelle floreali e balsamiche del rum esalteranno il sapore erborinato del formaggio.
ROQUEFORT AOP PAPILLON PREMIUM
Particolare selezione di Roquefort stagionato in cantina 90 giorni; sapido al palato e con una notevole complessità aromatica cod 46728 | peso 1,3 kg ca
Trappista Belga Rochefort 10
Una birra strong ale dall’elevata gradazione alcolica, con schiuma cremosa e corpo pieno. I suoi aromi sono molto complessi e spaziano dalla frutta alle spezie. La sua avvolgente morbidezza si abbina per contrasto al formaggio smussandone le note più pungenti e bilanciandone la sapidità.
made in swiss
TÊTE DE MOINE AOC
Fior di pascolo, fior di formaggio: una delle DOP con i regimi qualitativi più rigidi e una storia di circa 800 anni, di monaci e di rivoluzione francese
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LE ORIGINI Come spesso accade nella storia, si parte da un’abbazia e da un gruppo di devoti che pregano e lavorano, diventando anche casari. Strano che nelle preghiere non si parli mai di formaggio. Ad ogni modo, la storia in questione è avvenuta nella zona nord ovest della Svizzera, a Bellelay: la classica foto svizzera dei prati verdissimi che fanno bene agli occhi, dove ancora si produce il Tête de Moine AOC.
LA STORIA In origine, nel 1200 circa, fu mezzo di scambio, con cui i monaci pagavano il tributo sui loro poderi. Formaggio molto apprezzato per la sua grassezza e pienezza di gusto, è famoso per essere raschiato e poi degustato. Più avanti, con la rivoluzione francese, alcuni soldati assediarono le abbazie cacciando i monaci e trovarono le cantine piene di questo formaggio da raschiare: lo rinominarono testa di monaco, Tête de Moine. Avete presente la testa di un monaco? Non è che sia cilindrica, ma sicuramente i capelli sopra mancano…
IDENTIKIT Facciamo un altro grande salto in avanti nel tempo, nel presente, e adesso vi faccio una piccola “check list”, una lista di qualità, che vi racconta il valore di questo grande formaggio:
• latte crudo di vacca;
• produzione tra i 700 e i 1300 metri;
• pascolo libero obbligatorio da maggio a settembre;
• d'inverno l’alimentazione è a base di fieno che deve essere autoprodotto almeno per il 70%;
• insilati, conservanti e additivi vietatissimi;
• lavaggio in crosta settimanale per 75 giorni per avere la DOP, dopo 4 mesi diventa Reserve
Immaginatevi adesso di mettere insieme una DOP con questo rigore: l'obiettivo è molto nobile e i compromessi sono molto pochi. A ciò, può corrispondere solo un latte eccezionale con elevati livelli di complessità aromatica e un formaggio che li sprigiona tutti a dovere. Anche noi abbiamo scelto zero compromessi, quindi vi offriamo solo la versione Reserve. Se ci facciamo male, lo facciamo per bene.
Appunti gastronomici
E come lasciarvi senza petali o lame per raschiare il Tête de Moine? Abbiamo anche la Girolle (cod. 40690), lo strumento inventato apposta per questo formaggio solo nel 1982. Poche istruzioni per l’uso: 1) tagliate il formaggio a metà in orizzontale 2) disponetelo a faccia in su sul tagliere e penetratelo con la Girolle 3) sistemate bene formaggio e lama, e con poca pressione formate bellissimi petali. Unica raccomandazione: il formaggio deve essere freddo!
Matteo De Santi Export ManagerNOME Tête de Moine AOC
PRODUTTORE Fromages Spielhofer
REGIONE Bellelay, Svizzera
LATTE �� vaccino Crudo
Termizzato
Pastorizzato
PASTA fine ed elastica, di colore avorio CROSTA di colore bruno, con riflessi rossastri
STAGIONATURA almeno 4 mesi SAPORE sapido, intenso, con note di fieno e di fungo
PESO 800 g circa CODICE 40700
GRASSO È BELLO E BUONO
Di maiale o d’anatra, ma anche di foca, balena o dromedario: il grasso animale rappresenta uno degli ingredienti più utilizzati al mondo per le conserve alimentari
4 minuti di letturaCONFIT DI COSCIA D’ANATRA
Coscia di anatre allevate e macellate nel sud ovest della Francia e conservata nel suo grasso; pronta per essere riscaldata e consumata
IL RUOLO DA CONSERVANTE
Il grasso di svariate specie animali è sempre stato utilizzato dall’uomo per scopi alimentari, non solo in cucina come elemento essenziale nelle cotture, ma anche come conservante, ad esempio in quella pratica contadina, adottata dall’industria delle carni nella preparazione del prosciutto crudo, definita “sugnatura”.
Riferendoci all’Europa, parliamo di una tecnica di conservazione originaria dei Paesi del Nord, là dove il maiale era di casa e lo si è sempre allevato. Secondo la tradizione “Del maiale non si butta via nulla”, il grasso, il lardo, lo strutto e i suoi derivati, rappresentano componenti fondamentali per cucinare, per arricchire tanti piatti e preparazioni, oltre a rendere più morbide le carni degli insaccati e a conservarle. Solitamente il grasso animale viene fatto sciogliere riscaldandolo, in modo da renderlo fluido, come l’olio. Una volta filtrato e raffreddato, ma prima che inizi a solidificare, viene versato sul prodotto da conservare, all’interno di un contenitore di vetro, terracotta, legno o grès, in modo da avvolgerlo completamente. In questo modo, analogamente a quanto avviene con la tecnica dei sott’oli, il prodotto può essere conservato a temperatura ambiente per uno/due anni.
Dalle soppressate silane immerse nella salam d’la duja piemontese, fino
alle produzioni lombarde, questo sistema di conservazione si era diffuso tra le regioni fredde del Nord Italia e le aree montane del Centro Sud, dove il ristagno e l’umidità ostacolavano l’essiccazione e favorivano la formazione di muffe.
Sarebbe però un errore pensare che l’unico grasso utile fosse quello di maiale, poiché si recuperava anche quello di cinghiale, di gallina, di oca, addirittura di cane in Germania, ma siamo nel Medioevo!
OCA GRASSA
Dell’oca, il “maiale degli ebrei”, le comunità agricole di origine ebraica della Pianura Padana, fin dal ‘500 erano solite conservare parti delle sue carni essiccate e salate con erbe aromatiche nel grasso d’oca, in quella specialità che in Veneto prese il nome di “oca in onto”, ora Presidio Slow Food. Il lardo d’oca è leggermente più giallo di quello di maiale e ha un sapore molto caratteristico, più raffinato.
È composto dal tessuto adiposo sottocutaneo del volatile. Poiché si scioglie già a 25 °C, viene solitamente mescolato con un po’ di lardo o di sego di manzo per aumentare il punto di fusione. La proporzione di questa miscela deve essere però obbligatoriamente indicata sulla confezione. Il grasso d’oca è caratterizzato da un contenuto relativamente alto di acidi grassi insaturi e per questo molto apprezzato.
Se allarghiamo la nostra ricerca oltre i nostri confini, scopriamo che la Cina è il primo produttore al mondo di grasso di maiale, con due milioni e cinquecento mila tonnellate, mentre l’Italia è al sesto, con duecentoquindicimila tonnellate.
Oltralpe troviamo il grasso con una funzione di conservante nelle rillettes francesi, terrine a base di carne, spesso di maiale, oca o anatra, cotte a lungo a fuoco lento nel loro grasso. Quando la consistenza della carne si sfalda si formano le rillettes che raffreddandosi si conservano in una miscela di grasso e sale. Anche in Germania si produce qualcosa di simile, noto come pottsuse in Sassonia, mentre in Austria e Slovenia prendono il nome di verhackerts.
In Spagna, come in Francia, diverse tipologie di insaccati come alcune varietà di chorizo e lomo vengono conservati in anfore di terracotta (vasijas de barro o orzas) sotto una coltre di manteca de cerdo. Il grasso d’oca, compatibile con le norme kosher, lo troviamo in ogni angolo d’Europa dove si registrava un tempo una presenza delle comunità ebraiche, dalla Francia all’Ungheria.
Al di fuori dell’Europa le tipologie di grasso animale impiegate per la conservazione degli alimenti variano
notevolmente. Si spazia dai cetacei, come le balene, predilette da giapponesi, inuit e scandinavi, alle foche, delfini e trichechi! Un discorso particolare merita il grasso del montone o di agnello nel mondo islamico, dal nord Africa al Medio Oriente dove, oltre a rappresentare uno dei condimenti preferiti per la cottura del tradizionale Döner Kebab, lo si usa per diversi tipi di conserve.
Il khlii ad esempio è una preparazione culinaria tipica della gastronomia nordafricana, utilizzata in particolare nelle cucine algerina e marocchina. È un prodotto a base di carne di agnello o manzo, poiché il maiale è vietato dalle leggi coraniche (haram), insaporito con spezie e conservato nel grasso di ovino o dromedario. La sua origine è antica, lo scrittore Samuel Romanelli, autore ebreo di origine italiana, lo descrive nel suo libro “Massa’ ba-’Arab” come mezzo di conservazione utilizzato in Marocco, dove si recò alla fine dell’800.
Il khlii è particolarmente apprezzato nei Paesi del Maghreb, dove viene servito con le uova, e può essere impiegato anche nella farcitura di alcuni pani ripieni o crépes magrebine (msemen, rghaïf), con piatti di lenticchie, come il petit salé nella cucina francese. Ma può anche accompagnare un semplice tozzo di pane per uno spuntino veloce.
Anna Maria Pellegrino Cuoca e foodbloggerSEDANO RAPA: NON SOLO UN AROMA
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IL SEDANO? UN MITO!
Come la carota, il finocchio e il prezzemolo, il sedano è una specie spontanea, da cui derivano le varietà coltivate, appartenente alla folta famiglia delle Ombrellifere che, oltre a molte piante commestibili o impiegate come sostanze medicamentose, comprende anche erbe velenose quali le varie cicute.
Conosciuto fin dall’antichità, il sedano (sélinon) è citato nell’Odissea di Omero, che lo colloca, assieme alle viole, nel giardino di Calipso, ninfa appassionata di mare e di balli di gruppo, mentre Anacreonte e Teocrito riferiscono che, alla pari dell’alloro, dell’olivo e del pino, era impegnato per incoronare gli atleti vincitori dei giochi. Plutarco invece lo inserisce nelle corone funebri dei romani che lo consideravano, a ragion veduta, una verdura poco ottimista. Durante tutto il Medioevo si smise di intrecciarlo con altri aromi e si iniziò ad apprezzarne le qualità medicamentose mentre Jean-Baptiste de la Quintinie, agronomo alla corte di Luigi XIV, lo porta in cucina per la preparazione delle prime pietanze a base di verdure, assieme al sedano rapa, considerato, a buona ragione, non più un aroma bensì una vera e propria verdura, che troverà nei ricettari regionali maggior riscontro e risalto.
TRASFORMAZIONI...
Oggi parliamo del sedano rapa, il fratello meno conosciuto del sedano. La parte mangereccia del sedano rapa è una radice che sembra un tubero; bitorzoluta, sferica e grinzosa, dalla polpa soda, bianca e molto aromatica. E’ un vero alleato per la salute in quanto ha pochissime calorie, tante fibre, molte vitamine, ricco di ferro, manganese e potassio, reidrata e reminalizza e infine è un ottimo depurativo e diuretico.
L’autunno è la stagione che dà inizio alla raccolta e alla trasformazione in cucina per la realizzazione di piatti in cui riesce a dare il meglio di sé sia cotto che crudo, soprattutto nella gastronomia piemontese, dell’alessandrino e dell’astigiano. Le varietà più conosciute sono il gigante di Praga,
il Palla di Marmo e il Bianco del Veneto, coltivate soprattutto nel Veneto e nel Lazio. L’aspetto esteriore non induce un colpo di fulmine, ma il sedano rapa vi conquisterà appena portato in cucina: si lava e si monda come una patata. Tenete sempre vicino un limone in quanto tende a ossidarsi se lasciato troppo all’aria aperta, reazione che non ne compromette la qualità.
“Come si può preparare, quindi? Recentemente è balzato agli onori della cronaca in quanto inserito, assieme alla barbabietola e ad altre verdure, nel borscht, piatto tradizionale e iconico dell’Europa orientale. “Il calore e il profumo di questa zuppa ha il potere di far sentire a casa, vicini e meno soli”, piatto proposto dai cuochi dell’Alleanza Slow Food con lo slogan “Make borscht not war!” per ricordare tutti i professionisti della cucina ucraini.
...E ABBINAMENTI
Il gusto delicato ma non neutro, quasi di anice e di carciofo, alle volte appena un po’ pungente, consente di declinare il sedano rapa in moltissime preparazioni: a julienne crudo, o appena sbollentato in acqua acidulata, per profumate insalate; a vapore, cottura decisamente light, per un contorno passepartout, o fritto, per chips insolite. Diventa minestra o vellutata, se accompagnato a qualche patata, oppure piatto completo stratificato con altre verdure per lasagne vegetariane o in versione comfort food se coperto di besciamella o formaggi filanti.
Questo menù invernale è una verticale di sedano rapa: crudo per una croccante insalata altoatesina, in un morbido sformatino appena affumicato e in una vellutata leggera e un po’ piccante, per una giornata detox post festività.
“Deve esserci un modo per mangiare il sedano in modo che non suoni come se stessi camminando su un cesto”
INSALATA DI SEDANO RAPA CON MELE, NOCI E SPECK
Che bello, finalmente fa fresco e possiamo trasferire cucine e tavole in montagna per un’insalata croccante e profumata. Trucco del mestiere: potete utilizzare anche il succo di arancia per evitare che il sedano rapa si ossidi oppure sbollentarlo per 1-2 minuti in acqua acidulata con aceto di mele.
DOSI per 4 persone
PORTATA: antipasto o piatto unico (con aggiunta di carboidrati)
DIFFICOLTÀ: minima
PREPARAZIONE: 15’
INGREDIENTI
100 g spinacio fresco o misticanza 100 g sedano rapa 100 g speck Bernardi 2 mele Pink Lady 1 limone 50 g gherigli di noci 2 arance, succo e spicchi olio evo sale in fiocchi semi di girasole, lino e zucca
PROCEDIMENTO
Monda e sbuccia il sedano rapa, lavalo bene.
Con l’aiuto di una mandolina o di una grattugia a maglia larga, grattugia la polpa cruda e riponi la julienne ottenuta in una ciotola con acqua fredda e succo di limone.
Lava le mele, detorsolale e ottieni degli spicchi
Trita grossolanamente i gherigli di noci e tosta i semi.
Lavora le fette di speck, tagliate con uno spessore di 0,5 mm, a julienne anch’esse.
Pela le arance a vivo, metti da parte il succo ottenuto e con olio, sale e pepe realizza una citronette con la quale condire l’insalata.
Dividila in quattro ciotole e procedi arricchendo con gli altri ingredienti a concludere il piatto.
SFORMATINO AFFUMICATO DI SEDANO RAPA
Il sedano rapa è un ortaggio disintossicante e se lo arricchiamo con uova e ricotta affumicata non ci sentiremo in colpa. Così che il giusto accompagnamento, realizzato con pere appena spadellate con il burro semisalato, non ci impensierirà più di tanto.
DOSI per 4 persone
PORTATA: antipasto o secondo piatto DIFFICOLTÀ: minima
PREPARAZIONE: 30’ COTTURA: 20’
INGREDIENTI
600 g sedano rapa 2 pere william o da cottura 150 g ricotta di pecora, sarda o calabrese 2 uova bio 1 scalogno 1 limone, il succo e le zeste curry madras burro semi salato foglioline di timo olio evo sale
PROCEDIMENTO
Monda il sedano rapa, cubettalo e trasferiscilo in una ciotola con acqua fredda acidulata dal succo di limone. Grattugia la ricotta.
In una padella fai imbiondire lo scalogno in un filo d’olio, poi unisci il sedano rapa, aggiungi una tazzina d’acqua e il timo e fai stufare per una decina di minuti coperto, aggiungendo poca acqua se necessario. Il sedano deve risultare morbido e asciutto.
Togli dal fuoco, frulla, regola di sale e profuma con le zeste di limone.
Preriscalda il forno a 180° statico e ungi gli stampini.
Sbatti le uova con il curry, aggiungi la purea di sedano rapa e la ricotta grattugiata, mescola bene e regola di sale. Dividi il composto negli stampini e cuoci per 15/20’
Nel frattempo detersola le pere, dividile in spicchi e falle dorare in padella antiaderente con il burro semisalato e le foglioline di timo.
Sforna gli stampini, fai raffreddare per qualche minuto e servili con le pere morbide.
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VELLUTATA DI SEDANO RAPA CON GORGONZOLA PICCANTE
I primi freddi portano con sé una varietà incredibile di vellutate e minestre di verdura. La presenza o meno di patate le rende più o meno caloriche e, in questo caso, vi consiglio di abbondare con il Gorgonzola piccante, che renderà questa proposta con il sedano rapa elegante e ancor più golosa.
DOSI per 4 persone
PORTATA: primo piatto DIFFICOLTÀ: minima
PREPARAZIONE: 20’
COTTURA: 25’
INGREDIENTI
500 g sedano rapa 2 patate 1 cipolla dorata 100 g Gorgonzola DOP piccante brodo vegetale olio evo sale
pepe nero macinato al momento foglioline di timo pane di segale
PROCEDIMENTO
Monda, sbuccia e taglia a cubetti il sedano rapa e le patate.
Monda e affetta finemente la cipolla.
In una cocotte o casseruola dal fondo pesante rosola la cipolla per qualche minuto, aggiungi le verdure, mescola bene e copri con il brodo vegetale bollente.
Riporta a bollore, copri e continua la cottura per 15’.
Con un mixer a immersione frulla, aggiungi il Gorgonzola, e termina di frullare, ottenendo una vellutata cremosa e profumata. Servi con foglioline di timo fresche, una macinata di pepe nero e qualche fetta di pane integrale o di segale.
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