Selezione di Sapori | 2023 02

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VIAGGIO IN ANDALUSIA

Novità: dai Bucatini alla Robiola in sac à poche, fino ai nuovi PomUp
Food Cost: tre ricette con Oro Nero al Tartufo

EDITORIALE

È arrivata, prepotente, scompigliando in pochi giorni tutte la carte in tavola. Ha cambiato la luce, i colori, i profumi nell’aria. Ci ha messo addosso un’elettricità che avevamo scordato di avere, la voglia di uscire, di rimetterci in forma, di respirare la natura. Quella natura di cui spesso ci scordiamo, quel legame primordiale che diamo per scontato, proprio come quello con la mamma, salvo accorgerci di quanto sia importante quando ci manca. È arrivata lei, la primavera, a ricordarcelo, risvegliando l’erba, gli alberi, i fiori nel tentativo di farci aprire gli occhi, di farci prendere consapevolezza di quanto sia meraviglioso il mondo in cui viviamo. E magari anche di farci riflettere per provare a ritrovare un equilibrio diverso, a partire dal rispetto.

Non vogliamo parlare oggi di siccità e di tutte le conseguenze che le diverse filiere stanno iniziando a registrare, avremo modo sicuramente, purtroppo, di approfondire l’argomento nei prossimi mesi. Abbiamo iniziato a registrare i primi segnali e stiamo cercando di capire con i diversi produttori cosa succederà.

Per il momento stiamo leggeri, non per superficialità ma perché abbiamo in questi anni imparato ad affrontare i problemi uno per volta, senza l’ansia di quelli che arriveranno, e di goderci il presente. E oggi apprezziamo la Pasqua in arrivo, le temperature più miti, le giornate più lunghe, preparandoci alle prime scampagnate all’aperto. Con qualche proposta per il cambio menù, dalle novità in sac-à-poche ad alcuni suggerimenti basati sul food cost, grazie anche alla nuova collaborazione con lo chef stellato Paolo Cappuccio.

Buona lettura, buona Pasqua e buona primavera.

Martina Iseppon

SELEZIONE DI SAPORI: Il magazine di Valsana

Team editoriale: Giorgia Barbaresco, Giulia Bassetto, Giulia Basso, Vittorio Castellani, Giacomo Chinellato, Elisa Cibien, Alessandro De Conto, Enrico De Conto, Matteo De Santi, Gianluca Di Lello, Danilo Gasparini, Martina Iseppon, Francesca Marini, Anna Maria Pellegrino, Desideria Scilla

Direttore: Giulia Basso

In copertina: Juan Vicente Olmos di Monte Nevado

Editore: Valsana srl Via degli Olmi, 16 Godega di Sant’Urbano Treviso

Registrazione Tribunale di Treviso n. 2422 del 28/04/2017

Viaggio in Andalusia · Alle origini del Pata Negra

Novità a catalogo · Bucatini my Love · Tris sac à poche Pom Up

Notizie da Valsana · Da segnare in agenda

Racconti da Valsana ·

Racconti da Valsana · Visita al Molino

La Voce della Qualità · Vorrei un formaggio magro

Abbinamenti di stagione · Il Tarassaco

Dietro al banco · Iniziamo da zero

ALLE ORIGINI PATA NEGRA

Martina Iseppon

Responsabile Marketing

JAMÓN 100% IBÉRICO

CEBO DE CAMPO

Jamón Ibérico ottenuto da maiali di pura razza Iberica, allevati allo stato brado. Durante la montanera vengono alimentati con ghiande e erba, con un'integrazione di mangimi a base di cereali e legumi. Ha una stagionatura minima di 36 mesi, al palato è dolce e intenso, con note di frutta secca cod 79083 · peso 8 kg circa

4 minuti di lettura

VIAGGIO IN ANDALUSIA

TORNIAMO IN SPAGNA, QUESTA VOLTA CON TUTTA LA NOSTRA RETE VENDITA, PER CONDIVIDERE LA MERAVIGLIOSA ESPERIENZA DELLA MONTANERA E VEDERE

CON I NOSTRI OCCHI DOVE NASCE IL PROSCIUTTO PIÙ FAMOSO DEL MONDO

Arriviamo a Madrid un po' frastornati, grazie alle nostre solite partenze all'alba, per non perdere neanche un minuto di viaggio. All'aeroporto ci accoglie Ulla Kruse, export manager di Monte Nevado, che sarà la nostra guida in questo viaggio. Prima tappa Carbonero el Mayor, sede dello stabilimento di produzione e del Campus del Jamón di Monte Nevado: 1.200 mq dedicati alla formazione e alla ricerca sul Jamón Iberico. Un progetto inaugurato a maggio 2022, che nasce con l'obiettivo di diventare un punto di riferimento in Spagna per accademici e professionisti: conferenze che spaziano dalla chimica alla gastronomia, masterclass dedicate all'analisi sensoriale, corsi di cucina e, ovviamente, corsi di taglio del Jamón Ibérico. Iniziamo la visita con una presentazione per ripercorrere la lunga storia dell'azienda: Monte Nevado è un'azienda familiare giunta oggi alla quinta generazione di Jamoneros. È stata fondata nel 1898 da Juan Olmos, che si trasferì in Spagna per sfuggire alla guerra di Cuba: disoccupato, iniziò a macellare qualche maiale e in pochi anni diventò il più importante produttore di prosciutti della regione. Guidata dal figlio Vicente, prima, e dal nipote Miguel poi, l'azienda è uno dei prosciuttifici di riferimento in Spagna per la produzione di Jamón Serrano di alta qualità. Oggi è guidata da Juan Vicente Olmos (foto di copertina) - che abbiamo avuto il piacere di incontrare in una delle Dehesas che abbiamo visitato - la cui storia personale è indissolubilmente legata al recupero della Mangalica, una razza di maiali ungheresi dal pelo fitto e dalla carne ricca di grasso.

Scendiamo nelle celle di stagionatura: il colpo d'occhio è pazzesco e il profumo decisamente

all'altezza delle aspettative. Nello stabilimento vicino a Segovia vengono lavorate 500.000 cosce all'anno: una cella di stagionatura ne ospita in media 50.000, 7.000 solo nella "cripta", dove ci facciamo subito una foto di gruppo!

Ripassiamo il processo di lavorazione: all'arrivo le cosce vengono salate a secco; dopo 10 giorni vengono lavate e messe in asciugatura per 6 giorni; dopo i primi 6 mesi in cella di asciugatura le cosce vengono trasferite in ambienti naturali di stagionatura e quando raggiungono il grado di stagionatura richiesto per ciascun prodotto vengono valutate una per una e sugnate solo con la manteca (grasso). Il processo di stagionatura è del tutto naturale: non vengono usati additivi ma solo cosce e sale marino del Mediterraneo. Alla fine della stagionatura ogni coscia viene puntata con l'osso di cavallo: qualcuno di noi si cimenta con la puntatura, per capire la differenza tra un Jamón perfetto e uno con difetti, esperienza davvero interessante!

Risaliamo nel campus, in una delle sale di degustazione, per incontrare Alejandro Olmos, responsabile qualità, e Antonio Vidal, production manager di Monte Nevado, con

è la fase finale di ingrasso del maiale iberico, 4-5 mesi da ottobre a marzo,

in cui si nutre solo di erba e ghiande

NOVITÀ

cui facciamo una degustazione a confronto tra Jamón Serrano, 100% Ibérico del Bellota, Cebo de Campo e Mangalica. Uno degli obiettivi di questo viaggio è proprio l'inserimento del Jamón de Cebo Campo. La selezione che abbiamo scelto è sempre 100% di razza Ibérica. La differenza tra Jamón Ibérico de Bellota (etichetta nera) e de Cebo de Campo (etichetta verde) sta nell’alimentazione: durante la Montanera quest’ultimo viene comunque alimentato al pascolo, in libertà, ma l’alimentazione a base di erba e ghiande viene in parte integrata con mangimi (cereali e legumi).

Dormiamo a Madrid e il mattino dopo - sempre all'alba - ci ritroviamo con Ulla ad Atocha, la stazione centrale, dove prendiamo un treno in direzione di Villanueva de Córdoba, provincia di Los Pedroches, nel sud della Spagna. Ritroviamo con piacere José Manuel Jimenez, responsabile della selezione dei maiali iberici: è lui che si occupa di identificare i maiali “pronti per il sacrificio”, visitando ogni giorno le divese tenute con cui

Monte Nevado collabora, per verificare che siano rispettati gli standard di allevamento concordati. Iniziamo la visita con una colazione a base di Jamón in un piccolo locale del paese, intanto Josè ci descrive la Montanera, la fase finale di ingrasso del maiale iberico, la cui qualità dipende da tre elementi: 1) la dehesa, la foresta di querce dove i maiali vivono allo stato brado, nutrendosi solo di erba e ghiande; 2) il cerdo iberico, i maiali di razza iberica; 3) il porquero, l'uomo che si prende cura degli animali e della dehesa.

Un pulmino ci attende per accompagnarci finalmente nella prima finca (fattoria): 450 ettari di foresta per 120 maiali. Solitamente il rapporto è di 2 ettari per ciascun cerdo ma quest'anno, a causa della siccità, si è dovuti arrivare a ben 3,5 ettari per capo. “Vivono allo stato brado e fanno circa 15 km al giorno, sono liberi di muoversi e di alimentarsi in libertà. Ogni maiale mangia 12 kg di ghiande al giorno e da 1 a 3 kg di erba: l’alimentazione è del tutto naturale, senza integrazioni”.

Durante la Montanera ogni maiale ha a disposizione 2-3,5 ettari di dehesa Vive allo stato brado: ogni giorno fa circa 15 km, mangia 12 kg di ghiande in media e 1-3 kg di erba

Spalla di maiale 100% di razza iberica de Cebo de Campo (etichetta verde): durante la Montanera i maiali vengono allevati in libertà nella dehesa ma l’alimentazione a base di erba e ghiande è integrata con mangimi cod 79069 · peso 5,5 kg circa

Ci addentriamo nella tenuta, un'ampia foresta con tre diverse tipologie di querce: la Encina (leccio), che ha una foglia perenne e ghiande molto appetibili per i maiali, con un elevato contenuto di acido oleico; elAlcornoque, la quercia da sughero, le cui ghiande maturano successivamente rispetto al leccio, dando la possibilità di prolungare la Montanera; el Quejigo y el Roble (quercia gallica e rovere) che hanno foglie caduche e ghiande precoci e un po’ più amare, che i maiali mangiano all’inizio della Montanera, quando non hanno alternative.

Seguiamo José, che inizia a chiamare i maiali con un curioso richiamo - che tutti cerchiamo subito di imparare e che ci accompagnerà con molte risate per il resto del viaggio.

L’eccellenza del Jamón Ibérico de Bellota è legata non solo all’alimentazione ma anche alla razza dell’animale, 100% Ibérico, e alle caratteristiche della sua carne, in particolare la proporzione

relativa di grasso e la sua distribuzione all’interno del muscolo dell’animale. Le varietà di maiali di razza 100% Ibérico maggiormente allevati sono quattro: Retinto, Entrepelado, Lampino e Torbiscal. Josè preferisce il Retinto, sono questi infatti i maiali che troviamo nelle dehesas che visitiamo: taglia media, di colore scuro con poco pelo, ben proporzionati, con gambe lunghe e magre e con il caratteristico zoccolo nero, da cui il nome pata negra

La visita alla Montanera si conclude con un pranzo open air nella dehesa: tortilla, Jamón Ibérico e maiale iberico alla brace, un incanto!

Rientriamo in Italia con la voglia di dare il nostro contributo per far comprendere sempre di più il valore del Jamón Ibérico nelle sue diverse sfaccettature, dalla razza ai diversi sistemi di alimentazione, fino alle modalità di taglio e gestione del Pata Negra. Detto fatto! Tre proposte imperdibili per chi ha voglia di farsi tentare...

PALETA DE CEBO DE CAMPO
100% IBÉRICO

JAMÓN DE BELLOTA

100% IBÉRICO

PREAFFETTATO

Jamón de Bellota 100% Ibérico preaffettato a mano, in pratiche vaschette in ATM. Le fette sono ben separate per rispettare al massimo la qualità di questo Pata Negra stagionato almeno 42 mesi cod 79074 · vaschetta da 85 g

PER APPROFONDIRE

Valsana 17 maggio 2023

"Come si taglia un Jamon Iberico" Giornata di formazione con un cortador di Monte Nevado

Carbonero El Mayor · Spagna · 31 luglio 2023

Campus del Jamón di Monte Nevado, visita allo stabilimento e corso di taglio

Spagna Febbraio 2024

Viaggio premio "Scopri la Montanera" 3 giorni in Spagna tra Segovia e l'Andalusia per i tre clienti best seller di Jamón Ibérico 100% Bellota (minimo 15 cosce)

1. LA RAZZA IBERICA

La purezza del suino Ibérico dipende dalla purezza della razza della madre e del padre

2. L’ALIMENTAZIONE

La distinzione dipende dal tipo di allevamento e da cosa mangia il suino

de bellota

si ciba di ghiande ed erba nella dehesa, vive allo stato brado

de cebo

si ciba solo di mangimi, è allevato in stalla de cebo de campo

si ciba di ghiande, erba e mangimi nella dehesa, allo stato brado

3. L'ETICHETTA

Ogni colore riassume delle caratteristiche

Nero Jamón de Bellota 100% Ibérico

Rosso Jamón de Bellota 50%-75% Ibérico

Verde Jamón de Cebo de Campo Ibérico

Bianco Jamón de Cebo de Campo

JAMÓN DE BELLOTA

100% IBÉRICO

Cosce di maiali di pura razza Iberica, alimentati esclusivamente a ghiande ed erba durante la Montanera, stagionate 42 mesi cod 79063 · peso 8,5 kg con osso cod 79068 · peso 4 kg disossato

BUCATINI LOVE my

Alessandro De Conto Responsabile Commerciale

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NOVITÀ A CATALOGO

DUE NUOVI FORMATI DI PASTA DI LIGURI: GLI ICONICI BUCATINI E I DELICATI

TAGLIERINI VERDI AGLI SPINACI

BUCATINI Quante volte abbiamo cercato dei bucatini buoni, non industriali, e non li abbiamo trovati dovendo così ripiegare su uno spaghettone, seppur nobilissimo?

La soluzione da oggi la puoi trovare all’interno della gamma dei classici di Pasta di Liguria, che ha voluto pregiarsi di un formato mitico, citato in diversi film, stropicciato di tanto in tanto in un grottesco “buccatino” quando la cucina italiana viene raccontata all’estero, il più associato al sugo all’amatriciana, tra i più difficili da produrre. E proprio su questo ultimo aspetto mi vorrei soffermare, per far emergere anche la sapiente tecnica del Pastificio Alta Valle Scrivia. Il bucatino, come è noto, ha il foro all’interno da cui prende il nome. Questo elemento complica il lavoro dell’essicazione poichè raddoppia la superficie su cui agire, a quella esterna si aggiunge l’interna. È per questo che il processo viene spezzato in due, dopo mesi di tentativi, per poter prima essiccare lentamente l’interno e poi altrettanto lentamente l’esterno. Tutto questo per evitare rotture, disomogeneità di essicazione o eccesso di umidità che nel tempo può dar problemi di conservazione. Il risultato

Iconico formato di pasta realizzato a partire da solo grano duro italiano biologico e acqua di sorgente, sottoposto a una doppia essicazione cod 98449 · peso 500 g x 6 pezzi

è interessantissimo, un formato romantico che cuoce in circa 12 minuti, la cui superficie porosa trattiene i condimenti e il sapore mette tutti d’accordo: il grano duro nel piatto

TAGLIERINI Ma il bucatino non è l’unico novellino, ci sono anche i taglierini verdi agli spinaci. Formato dell’entroterra ligure, spesso abbinato al Toccu Genovese (sugo di carne con funghi secchi) o ai frutti mare, per la sua estrema delicatezza.

Gli ingredienti di questa pasta sono solo grano duro biologico, spinaci, acqua e tanta cura. Il taglierino, molto sottile, viene annidato in piccole matasse e essiccato sui telai di legno. La cottura è immediata e facilita anche una preparazione espressa, attenzione però a rispettare il tempo di cottura suggerito di 9 minuti, altrimenti tende a scuocere facilmente, visto lo spessore.

In pochi mesi di collaborazione con i fratelli Minaglia, titolari del pastificio, abbiamo già avuto diverse belle sorprese, chissà cosa ancora ci riserva il futuro!

Pasta lunga essiccata, particolarmente sottile e dal sapore delicato, realizzata con cura a partire da grano duro italiano biologico, acqua e spinaci cod 98450 · peso 500 g x 6 pezzi

NOVITÀ
TAGLIERINI VERDI BIO

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NOVITÀ A CATALOGO

Sac à poche

UNA NOVITÀ PER COMPLETARE LA NOSTRA PROPOSTA DI FORMAGGI CREMOSI IN SAC À POCHE: UN PRATICO STRUMENTO DI LAVORO PER MOLTI LOCALI

L’evoluzione del servizio ristorativo ci sta indirizzando verso la proposta di soluzioni pratiche, veloci, che non impegnino molto il personale di cucina, spesso carente, e che offrano immediatezza e facilità di utilizzo Se la sac à poche da decenni fa parte del mondo della pasticceria, solo da un paio d’anni è entrata, in modo deciso, nel mondo dei formaggi. Sicuramente la tendenza a consumare sempre più formaggi morbidi, dolci e cremosi ha accelerato questo processo.

Pertanto eccovi tre comode soluzioni di formaggi in Sac à poche: Squacquerone di Romagna Dop, Ricotta Seirass e Robiola di Capra Perenzin.

SQUACQUERONE

Del primo formaggio non dovremmo raccontare molto, assistito dalla Piadina lo Squacquerone in sac à poche è diventato un valido alleato nelle

cucine di bistrot, food truck, osterie e pizzerie. Grazie alla sua dolcezza, al suo lieve spunto di acidità e alla sua voluttuosa cremosità diventa facilmente abbinabile a prosciutti crudi, verdure o ancora Olive Taggiasche e Regina di San Daniele. Il peso è pari a 1,6 kg.

SEIRASS

Dal Piemonte arriva il Seirass, storicamente spurgato in teli di lino e da molti anni disponibile in piccole sac à poche da 250 g che ne ricordano la tessitura. Ora è disponibile in un nuovo formato da 1 kg. Stiamo parlando di una ricotta mista, vaccina e pecorina, dove al siero si aggiunge un po’ di latte ovino e crema vaccina. La sua consistenza è quella di una ricotta dolce e cremosa, con una texture ruvida e leggermente polverosa. La abbinerei a delle verdure grigliate, dei funghi o dei pomodori confit.

ROBIOLA DI CAPRA

Lascio per ultima una novità assoluta, la Robiola di capra Perenzin, formato 600 g. Ci mancava un formaggio dall’acidità più spiccata per completare la proposta, per dare alle ricette maggior freschezza e aver quindi uno strumento di trasformazione diverso. La sua consistenza è più morbida rispetto alla versione da 250 g, senza essere acquosa riesce a esser ben dosata nelle preparazioni. Il sapore è dolce, ben supportato dalla tipica nota acida di una pasta di robiola. Leggerissime le note caprine, come per tutti i prodotti Perenzin del resto. La vedo bene per bilanciare il ripieno di un raviolo alle erbette, rinfrescare un tramezzino con le verdure grigliate, o ancora farcire una pizza con un carpaccio di Black Angus e rucola.

SQUACQUERONE DI ROMAGNA DOP

Squacquerone di Romagna DOP confezionato in sac à poche; spalmabile e cremoso, al palato risulta dolce cod 21501 · peso 1,6 kg

RICOTTA PIEMONTESE SEIRASS

Ricotta piemontese da latte vaccino e ovino; cremosa e leggermente granusola, ha un sapore dolce e delicato cod 20943 · peso 250 g cod 20939 · peso 1 kg

ROBIOLA DI CAPRA

Fresca e morbida robiola di capra in pratica sac à poche; dolce e leggermente acida, con sentori caprini appena accennati cod 30371 · peso 600 g

NOVITÀ

PROFESSIONE pomodoro

Alessandro De Conto Responsabile Commerciale

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NOVITÀ A CATALOGO

SOTTO IL SOLE INTENSO DELLA SICILIA SI COLTIVA UN FRUTTO CHE VIENE POI

LAVORATO CON MAESTRIA PER CREARE IL POMODORO SEMI-DRIED POM-UP

La Sicilia è terra fertile si sa, ed è per questo che la sua frutta e la sua verdura sono tra le migliori al mondo.

IL PRODOTTO Il prodotto di cui vi parliamo oggi, di base un pomodoro tondo liscio, viene raccolto proprio in questa splendida regione, nella piana tra Catania e Ragusa. Si tratta di un frutto (esatto, il pomodoro è un frutto) coltivato in serra, senza additivi chimici aggiunti, che viene raccolto a mano e selezionato di un calibro medio per ottenere poi un prodotto finito più regolare e omogeneo possibile. Ci sono due passaggi di selezione della materia prima, il primo “sul campo” e il secondo in stabilimento per assicurare che non ci siano imperfezioni e che il vegetale che si va a processare rispetti i criteri produttivi interni.

Dopo il lavaggio il pomodoro viene tagliato in 6/8 spicchi e salato. Seguentemente avviene il passaggio cruciale del processo, la semiessicazione (semi-dried) in forno per circa 1012 ore, al fine di ottenere un prodotto croccante all’esterno e morbido all’interno. Infine, il pomodoro viene condito con aglio e origano e confezionato in olio di girasole. Si tratta di un prodotto lavorato dal fresco senza utilizzo di conservanti o trattamenti termici, questo fa sì che debba esser rigorosamente conservato in frigorifero tra +4 e +7 °C. Il risultato finale è un pomodoro dal colore intatto, rosso vivo, sono ben presenti le erbe aromatiche. In bocca è dolcissimo, carnoso, profondo; i contributi dell’aglio e dell’origano ne smorzano la dolcezza e offrono un’essenza avvolgente e mediterranea

NUOVO FORMATO Ovviamente anche questa volta ci sono dei volti, c’è una famiglia dietro un grande prodotto. Lucia e Vito Amore, due fratelli che han proseguito ciò che i genitori avevano iniziato e che con grande passione e perizia danno consistenza alla loro azienda. Oggi presentiamo una novità in termini di packaging, la vaschetta da 180g viene sostituita da un vasetto in PET da 210 g, che offre una miglior visibilità sul frigo murale e maggior eleganza. Inoltre è più comodo anche l’utilizzo, poichè il vaso ha un comodo tappo a vite che sigilla il prodotto una volta aperto. La shelf-life è di circa 120 giorni.

POMODORO SEMI-DRIED POM-UP

Pomodori 100% siciliani tagliati a spicchi, salati, semi-disidratati in forno, conditi con origano e aglio e confezionati in olio di semi di girasole cod 93628 · vasetto da 210 g

NOVITÀ

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NOTIZIE DA VALSANA

DUE IMPORTANTI APPUNTAMENTI DEDICATI AI PROFESSIONISTI:

IN AGENDA Da segnare

TUTTOFOOD A MILANO E GOURMANDIA, DA QUEST’ANNO IN FIERA A PADOVA

Tuttofood

La più internazionale delle fiere dedicate ai professionisti del gusto, Tuttofood è un appuntamento che permette di raccontare la nostra gastronomia a un’ampia platea di interlocutori provenienti da tutto il mondo. Da quest’anno Tuttofood sarà “powered by Cibus”, con cui è stata finalmente avviata un’alleanza strategica per potenziare la proposta fieristica agro-alimentare dle nostro Paese.

Vi aspettiamo in Fiera Milano a Rho, da lunedì 8 a giovedì 11 maggio, assieme a 1200 espositori da 35 Paesi.

Ci troverai al Padiglione 4, stand P20

Richiedi un ingresso omaggio al tuo agente di riferimento.

FIERA MILANO - RHO 8-11 maggio

lun-mer dalle 9.30 alle 18.00 gio dalle 9.30 alle 17.00

Padiglione 4 · Stand P20

FIERA DI PADOVA 27-29 maggio sab dalle 12:00 alle 20:00 dom dalle 10:00 alle 20:00 lun dalle 10:00 alle 17:00

Padiglione 15

Gourmandia

Gourmandia ritorna e cambia casa! Quest’anno sarà il quartiere fieristico di Padova a ospitare, dal 27 al 29 maggio, le migliori produzioni gastronomiche di nicchia di tutta Italia, i prodotti regionali più inediti, i cooking show di bravissimi chef, le masterclass più interessanti del momento e le tendenze legate al mondo del cibo. Uno spazio centrale, multifunzionale e innovativo, con un ampio parcheggio a disposizione, reso affascinante dall’architettura industriale di inizio Novecento. Richiedi un ingresso omaggio al tuo agente di riferimento.

PANIFICATI Food Service

Martina Iseppon Responsabile Marketing

UN LABORATORIO DEDICATO AI

NOSTRI CLIENTI, PER CONOSCERE

I PANIFICATI DI FORNO FOLLADOR:

COME RIGENERARLI E FARCIRLI,

CON UN OCCHIO AL FOOD COST

Abbiamo da sempre la convinzione che il modo migliore per capire un prodotto sia andare a vedere dove nasce e assaggiarlo assieme a chi lo ha creato. Ecco perché cerchiamo di creare delle occasioni di incontro e alcuni momenti di visita, in primis per la nostra rete vendita, ma anche, quando possibile per i nostri clienti.

Con questo obiettivo abbiamo organizzato assieme ad Antonio Follador e tutto il suo staff un appuntamento dedicato ai nostri clienti, per visitare la produzione ma soprattutto per sperimentare assieme la semplicità di utilizzo dei suoi panificati per il food service.

COME RIGENERARLI

Tutti i panificati di Follador sono dei prodotti parzialmente cotti, abbattuti in negativo e poi confezionati in atmosfera modificata, per poter essere conservati a 0+4°C per circa un mese. Ciò significa che tutti i panificati di Follador devono essere rigenerati prima dell’utilizzo. Ma come?

Innanzitutto che forno utilizzare? Antonio suggerisce un forno statico ma va benissimo anche un forno da casa (utilizzando la griglia

RACCONTI DA VALSANA I 2 minuti di lettura

FOCACCIA RUSTICA BIO

PALA TAVOLOZZA BIO

Focaccia rotonda, da 24 cm di diametro, prodotta con farine bio di tipo 1 e 2 da filiera 100% italiana, lievito madre e olio extravergine di oliva. La focaccia è prodotta sia con biga che lievito madre, viene lasciata lievitare in due tempi e cotta in padellino

cod 95018 · 2 pezzi x 280 g x 5

non la piastra), un forno da brioches o una piastra da toast.

Per quanto tempo? Dipende: 4-5 minuti se voglio farcire e servire subito ad esempio la focaccia, 3 minuti se penso invece di farcirla, metterla a banco e poi riscaldarla un minuto alla fine prima del servizio.

A che temperatura? A 220-250°C in forno rigorosamente preriscaldato. Dopo 4 minuti circa, se la focaccia viene tagliata, aperta subito e farcita, otterrò un effetto crunchy. Se invece la preferisco un po’ più morbida, è sufficiente attendere un paio di minuti prima di tagliarla e aprirla, una volta sfornata, prima di farcirla.

Antonio ci svela un segreto: possiamo anche tagliare a metà le focacce prima di rigenerarle in forno, per evitare scottature, è sufficiente richiuderle per bene prima di infornarle.

E non dimentichiamo l’opzione pizza: tutte le focacce si prestano ad essere farcite semplicemente con pomodoro mozzarella e origano, per una margherita più o meno “focacciosa”.

Antonio ci tiene a far presente che, anche se confezionati in atmosfera modificata, i panificati comunque sono soggetti a un processo di evoluzione, per cui consumati a fine vita sono ancora perfetti, forse leggermente meno soffici che appena confezionati, ma nuovamente morbidi una volta rigenerati. A confezione aperta, i prodotti vanno sempre conservati in frigo richiudendo bene il sacchetto e usati entro 4-5 giorni.

Pizza in pala prodotta con un mix di farine biologiche di grano tenero, farro spelta, grano

Senatore Cappelli, segale, riso e avena; l’impasto è realizzato con biga per garantire una buona friabilità

cod 95030 · 8 pezzi x 650 g

LE PROPOSTE

Siamo partiti con la Focaccia Rustica in tre versioni: rigenerata intera e guarnita come pizza; tagliata a metà e arrotolata per creare un roll con Crema del Doge e verdure grigliate; rigenerata intera, tagliata a metà e farcita con Squacquerone, Prosciutto Crudo e Rucola.

Siamo quindi passati alla Nuvola, sempre in tre versioni: con guarnizione in cottura (mozzarella e pomodoro) a mò di pizza; come base per guarnizione fuori cottura: tagliata a quadratini diventa perfetta come stuzzichino, finita con mortadella e granella di pistacchio; ma può essere anche tagliata a metà per creare, con tre strati, un club sandwich.

Dalla Nuvola al Panciotto, panino perfetto per l’hamburger, soffice all’interno e croccante al morso, ma soprattutto leggero, che ti fa venire voglia di mangiarne un altro.

E per finire la Tavolozza Bio: rigenerata intera e guarnita “a pizza”, per apprezzare le differenze di consistenza, croccantezza e alveolatura tra le tre focacce; tagliata in due e farcita, prima in versione salata e poi - attenzione - in versione dolce: ricoperta con una bagna di acqua, zucchero e pasta aromatica, spolverata con zucchero di canna, passata al forno, quindi farcita con una “crema colomba”: 2/3 di chantilly e 1/3 di colomba classica frullata con il mixer. Semplicemente deliziosa!

NUVOLA GRANDE QUADRATA

Focaccia rettangolare da 22x17cm a lunga lievitazione realizzata con farine di tipo “1”, farro proveniente dal Friuli Venezia Giulia, grano duro proveniente dalla Puglia, grano tenero e lievito madre

cod 95017 · 2 pezzi x 270 g x 5

PANCIOTTO BIANCO BIO

Panino da 12 cm di diametro ad alta idratazione, croccante all’esterno e morbido dentro. Prodotto con farine biologiche di tipo 1 provenienti da filiera certificata e garantita 100% italiana, e impasto con biga e lievito madre

cod 95016 · 3 pezzi x 100 g x 6

VISITA AL Molino

Alessandro De Conto Responsabile Commerciale

UNA VISITA AL MOLINO MORAS, PER CAPIRE COME NASCONO LE LORO FARINE MA SOPRATTUTTO QUALI SONO LE DIFFERENZE TRA LE DIVERSE TIPOLOGIE

Sin da quando abbiamo inserito in assortimento questo produttore ci siamo ripromessi di visitarlo, prima o dopo, con la rete vendita. Così abbiamo fatto il mese scorso, dedicando un venerdì pomeriggio alla visita di questo Molino arrivato alla sesta generazione. Iniziamo facendo le cose come si deve, saluti da parte delle sorelle Moras, registrazione delle persone, divisione in due gruppi e inizio lavori: il gruppo blu inizia subito la visita in produzione con Anna, mentre il bianco si dedica a una formazione teoricopratica sulle farine con Sara.

I CONTROLLI IN INGRESSO

In produzione tutto parte dal ricevimento del grano tenero, proveniente in gran parte da Austria (regione del Burgenland, a ridosso dell’Ungheria) e Italia. Subito all’avvicinamento del camion alla bocca di scarico vengono fatte una serie di analisi sulla materia prima; il responsabile del laboratorio, che peraltro ci ha raccontato le analisi per filo e per segno, campiona in diversi punti del carico il grano e lo controlla sia con analisi visiva e olfattiva (per verificare l’eventuale presenza di corpi

RACCONTI DA VALSANA I 2 minuti di lettura

FARINA 00 PER DOLCI

Farina 00 di grano tenero indicata per preparazioni dolci; consigliata per maturazioni di 24-48 ore.

W 280 - 320

cod 95928 · sacchetto 750 g x 12

estranei e controllare la qualità e il colore dei chicchi) sia per mezzo di un laboratorio analisi ben attrezzato che effettua indagini all’interno del chicco, per valutare il contenuto di proteine, ceneri, umidità e controllare i contenuti di micotossine e/o inquinanti. Pensate che storicamente venivano respinti il 5% delle forniture, mentre l’anno scorso, con lo scossone al mercato del grano provocato dal conflitto in Ucraina, la qualità si è abbassata al punto da dover respingere un carico su cinque, quindi il 20%. Una volta scaricato il grano viene stoccato all’interno di diversi silos per lo stoccaggio e alimentare la produzione.

Ci addentriamo in Molino, il rumore dei macchinari ci colpisce, davvero molto alto. Ma ci colpisce anche la cura con cui non solo è mantenuta ma anche conservata la struttura, fin dai primi del ‘900. Seguiamo tutto il ciclo del grano, dal chicco alla farina, passando dalle macine ai diversi setacci, per capire come vengono classificate le varie tipologie, dall’integrale alla 00: qui servono 12 passaggi, nei grandi molini si arriva anche 40.

LA FORZA DELLA FARINA

Sara ci spiega che la forza della farina dipende dalla percentuale di proteina contenuta nel chicco, con un range dal 10 al 15%, misurato in farina da un indicatore, il famoso W. Volendo dare un’indicazione potremmo far riferimento alla seguente tabella:

PIZZA CROCCANTE

Miscela di farina di grano tenero e semola rimacinata di grano duro, ideale per pane, pizza, focacce e impasti a lunga lievitazione; consigliata per maturazioni di 48-72 ore.

W 320 - 360

cod 95929 · sacchetto 750 g x 12

AMORBIMBI

FARINA TIPO 0

Farina di tipo 0 prodotta con grano tenero da filiera corta del Friuli Venezia Giulia certificata zero glifosato, zero pesticidi, 80% di micotossine in meno rispetto al limite massimo fissato dall’UE

cod 95926 · sacchetto 500 g x 12

120 < W < 220 farine deboli, adatte per pasta frolla, pasta fresca, pizze veloci

220 < W < 280 farine di forza media, adatte a lievitazioni di 24-48 ore

300 < W < 350 farine forti, adatte a lunghe lievitazioni

W > 350 farine di forza elevata come la manitoba

Per comprendere meglio il concetto di forza della farina, Anna ci fa toccare con mano cosa succede se uso una farina forte (che permette di realizzare una maglia glutinica stretta e solida) e non rispetto i tempi di maturazione: l’impasto sarà nervoso e tenace, difficile da stendere e il prodotto finale sarà poco digeribile. Se uso invece una farina forte e, con pochissimo lievito, la lascio maturare a lungo, otterrò un impasto idratato, morbido, facile da lavorare e soprattutto estremamente digeribile.

SEMOLA RIMACINATA DI GRANO DURO

FARINA INTEGRALE

Farina integrale di grano tenero, ricca di fibre, forza medio-alta ed è ideale per maturazioni e lievitazioni di 24-48 ore, perfetta per prodotti da forno e per pani con mollica ben alveolata.

W 280 - 320

cod 95931 · sacchetto 750 g x 12

Rimacinata di grano duro ottenuta da una seconda macinazione della semola; indicata per la pasta fresca o per il pane; tipica è la preparazione del pane pugliese con un’alveolatura uniforme e un gusto saporito

cod 95932 · sacchetto 750 g x 12

PIZZA RUSTICA

Miscela per pizza o pane ai cereali arricchita con un mix di segale, mais, orzo, semi di lino, sesamo e avena. Perfetta per preparazioni a lunga maturazione, fino a 48-72 ore. W 320 - 360 cod 95930 · sacchetto 750 g x 12

VORREI MAGRO un

formaggio

Giorgia Barbaresco

Responsabile Qualità

La natura

del

latte gioca un ruolo fondamentale nel contenuto di grassi

complessivo in un formaggio

3,3-5,4%

di massa grassa nel latte bovino

5,3-9% di massa grassa nel latte bufalino

5-9%

di massa grassa nel latte pecorino

3-7,2% di massa grassa nel latte caprino

3 minuti di lettura

LA VOCE DELLA QUALITA'

SFATIAMO LE CREDENZE FUORVIANTI: NON SEMPRE IL LATTE DI CAPRA

È PIÙ MAGRO DI QUELLO VACCINO, NON TUTTE LE RICOTTE SONO "LIGHT"

Quante volte ho sentito questa richiesta quando lavoravo in negozio, soprattutto nel periodo primaverile durante il quale tanti andavano dal nutrizionista o decidevano di seguire un regime ipocalorico. Offrire al cliente ciò che desidera non è semplice, a maggior ragione se ci obbliga ad avere informazioni di natura tecnica.

Purtroppo, quando l’unica cosa che guardiamo sono le calorie, dimentichiamo di farci alcune domande, ad esempio se il grasso è sempre un nemico o se tutti i grassi sono uguali, quali sono le differenze fra saturi e insaturi.

Spesso i termini “formaggio” e “dieta” sembrano essere lontani anni luce e in particolare il formaggio viene descritto come il nemico della linea, anche se esistono formaggi con un'ottima qualità del grasso che non può essere messa in evidenza con una semplice tabella nutrizionale. Per questo oggi cerchiamo di rispondere alla più classica delle richieste: si può avere un formaggio magro?

I TRE FATTORI DEL GRASSO

Come sapete il formaggio è il risultato della lavorazione del latte intero, scremato o parzialmente scremato: il fatto che il latte venga privato o meno e in che misura della panna, che è la sua componente lipidica, è il primo aspetto che determina la quantità di grasso "di partenza" del formaggio.

Il contenuto di grassi cambia anche tra una tipologia di latte e un’altra: nel latte bovino la percentuale di massa grassa si aggira tra il 3,3 e il 5,4%, mentre nel latte ovino e di bufala varia dal 5 al 9%; il latte caprino, solitamente

considerato "più magro", parte dal 3% ma può arrivare fino al 7,2%.

Il terzo aspetto che determina quanto è grasso un formaggio è la stagionatura, o meglio il grado di umidità.

Natura del latte, eventuale scrematura e grado di umidità sono quindi gli elementi che differenziano i formaggi e che sono in grado di determinarne l’apporto calorico e nutrizionale

% GRASSO O VALORI NUTRIZIONALI?

In base ai criteri citati si trovano formaggi magri, semigrassi e grassi, Ssia freschi che stagionati, tuttavia normalmente la classificazione dei formaggi in base alla materia grassa viene fatta considerando la percentuale di grassi sulla sostanza secca, ovvero rimuovendo completamente l’umidità.

È essenziale considerare solo la materia secca, se si vuole mettere tutti i formaggi sullo stesso livello per poterli confrontare, ma per il nostro scopo non è importante questo tipo di classificazione.

Quando si mangia un formaggio infatti, il parametro da valutare è la percentuale di grasso, e per conoscerla dobbiamo guardare la tabella nutrizionale. Se non lo facessimo la mozzarella risulterebbe un alimento molto più grasso di quanto sia realmente: la percentuale di grasso sul prodotto si abbassa grazie al consistente contenuto in acqua.

È proprio la tabella nutrizionale a dirci quanti grassi introduciamo con 100g di formaggio. Più ricco d’acqua è il prodotto, meno lipidi saranno presenti.

LA CLASSIFICA

Nella tabella accanto abbiamo elencato alcuni formaggi del nostro assortimento in ordine crescente, dal più magro al più grasso, in base alla percentuale di grasso complessivo contenuto per 100 g (non in base al grasso sulla sostanza secca), che tiene quindi conto anche del grado di umidità del prodotto. E' l'informazione che si può leggere nella tabella nutrizionale, assieme ad altre informazioni come ad esempio le calorie per 100g, determinate, oltre che dai grassi, dalle proteine e dagli zuccheri.

I FALSI MITI

Alla luce di queste considerazioni ci rendiamo conto che ci sono diverse credenze che a volte potrebbero essere fuorvianti, ad esempio:

• i formaggi di capra sono più magri di quelli vaccini: la Ricotta Leggera di Perenzin, ad esempio, è più magra della Ricotta di Capra dello stesso produttore;

• i formaggi acidi o gessati sono più magri: il nostro

Castelmagno Fresco di Montagna è equiparabile a un Parmigiano Reggiano, in termini di contenuto di grassi e di apporto calorico;

• le ricotte sono tutte magre: la Fior di Ricotta di pecora del Fiorino ha invece all'incirca lo stesso contenuto di grassi dello Stracchino Mambelli.

Affermazioni come le precedenti ci invitano ad approfondire l’argomento, solo così saremo in grado di dare a tutti il formaggio che cercano.

IN FORMA-GGIO

Non entro nel merito delle tipologie di grasso (saturi e insaturi) o di come la composizione di un formaggio di malga sia differente da quella di uno di pianura, desidero invece condividere una riflessione personale.

Il formaggio è un alimento ricco di elementi nutritivi, non ci sono solo grassi e proteine, ma anche calcio, fosforo, magnesio, numerosi sali e vitamine Perché dovrei scegliere un formaggio magro, spesso rinunciando al piacere di gustare magnifiche prelibatezze stagionate o di alpeggio, solo per poterne mangiare di più? È vero che più un formaggio è stagionato, più contiene grassi, ma ne basta molto meno per sentirsi appagati!

Nella vita è sempre questione di equilibrio, quindi conosciamo i formaggi, definiamone le quantità che possiamo mangiare, chiudiamo gli occhi e assaporiamo tutto ciò che ci racconta un assaggio del nostro formaggio preferito.

Figura 1: Classifica di alcuni formaggi, dal più magro al più grasso

RICOTTA LEGGERA BIO PERENZIN 7,7

I LOVE RICOTTA

FORMAGGINO NELLO

BIO RICOTTA DI CAPRA CAPRE FELICI 16,5 12,4

LATTERIA MOLISE- FIORDILATTE 250 G 18 12

SQUACQUERONE ROMAGNA DOP 19 13,5

ROBIOLA ROCCAVERANO DOP FRESCA 19,5

STRACCHINO MAMBELLI

FIOR DI RICOTTA PECORA PICCOLA FIORINO 22 15

CACIOTTONA DI CAPRA FRESCA

ASIAGO

PECORINO

2: Esempio di tabella nutrizionale, da cui possiamo estrapolare la % grasso

Figura

TARASSACO il

Giacomo Chinellato Commerciale Italia

ABBINAMENTI DI STAGIONE 2 minuti di lettura

O LO AMI O LO ODI: L’AMARO È IL GUSTO CARATTERIZZANTE DEL TARASSACO, ERBA SPONTANEA CHE SPOPOLA SUI NOSTRI PRATI IN PRIMAVERA

Acciuga Marinata

È giunto ormai il momento! Accantonate piumoni pesanti, guanti e sciarpe, rispolverate le classiche giacche in jeans e di pelle. Pulite per bene le lenti dei vostri occhiali da sole. Dite “arrivederci” a un inverno che, nonostante la sua timidezza, anche quest’anno ci ha fatto vivere tre mesi tra mille strati di vestiti, labbra screpolate, tisane e cioccolate calde. Tre mesi e almeno altrettante occasioni per riunirsi attorno a una tavola con parenti, amici e tanto cibo.

Salmone

Affumicato

Legumi Pomodori

Con l’inizio della primavera il panorama cambia, tutto sembra avere colori un po’ più accesi. Le giornate si allungano e sembrano invitarci a rilassanti passeggiate, chi in mezzo ai boschi, chi preferisce gli argini dei fiumi. Ed è proprio durante queste camminate che, se osserviamo bene, possiamo riconoscere innumerevoli erbe spontanee commestibili: malva, cicoria selvatica, ortica, luppolo, rosolaccio, borragine, portulaca... e anche il nostro protagonista, il tarassaco!

Disponibile tra marzo e maggio in qualsiasi prato della nostra penisola, ma solitamente sotto i 1300 mt. Lo si riconosce per le sue foglie allungate, che possono raggiungere facilmente anche i 30 centimetri, mentre i suoi fiori sono grandi e di un bel colore giallo brillante. Foglie e fiori sono completamente edibili e si prestano a numerose preparazioni, entrambi hanno però una caratteristica che li accomuna: l’amaro

Curiosità: è un ottimo alleato per i problemi digestivi!

Caprini
Pecorini
VEGETALI
Guanciale
Pancetta
Lardo
TARASSACO

PECORINO SIGNOR G BIO 30999 · peso 1,3 kg circa

Il cassone

Cassone con tarassaco, spinacino, pancetta e pecorino Signor G Abbiamo scelto uno dei più classici street food emiliani, rivisitando leggermente la farcia! In questo caso l’amaro del tarassaco, piuttosto persistente, diventa piacevole se accostato alla dolcezza dello spinacino e all’acidità del formaggio Signor G. Le classiche note vegetali del pecorino di Volterra, vanno a braccetto con la parte verde del ripieno e la grassezza della pancetta da una gran mano a sostenere la parte amaricante. Per una maggior rotondità, saltate le erbe con del Peperoncino Jalapeno Chipotle!

La pasta

Penne Bio, tarassaco, Pom Up e Robiola di Roccaverano DOP fresca

In questa seconda ricetta andiamo a proporre un primo piatto, utilizzando le penne di Pasta Liguria. Un primo piatto che gioca sempre sul contrasto, dove la dolcezza della pasta, l’acidità del Pom Up e della Robiola di Roccaverano DOP Fresca vanno a ridurre l’amaro del tarassaco. Non buttate l’olio dei Pom Up, un cucchiaio in mantecatura darà ulteriore profumo al piatto!

LARDO DI COLONNATA IGP 82438 · peso 2,7 kg cria

PENNE BIO 98441 · peso 500 g

Il contorno

Insalata di tarassaco e lardo di Colonnata IGP

L’amaro o lo ami o lo odi e questo contorno non ammette vie di mezzo. La ricetta è molto semplice, il tarassaco crudo ne è l’assoluto protagonista, il lardo verrà cotto in padella e sfumato con dell’aceto. Il condimento nel quale si mescolano i gusti contrastanti del lardo e dell’aceto, è usato anche per insaporire il radicchio selvatico. Non lesinate con l’aceto, servirà a sostenere la parte amaricante del tarassaco!

INIZIAMO da ZERO

3 minuti di lettura

DIETRO AL BANCO

QUALI FORMAGGI E COME LI DISPONGO? RACCONTIAMO LA GESTIONE DEL BANCO

FORMAGGI PARTENDO PROPRIO DALL’INIZIO, RISPONDENDO A QUESTE DUE CRUCIALI

DOMANDE CON ROBERTO GUERMANDI

Quando si parla di cibo, si dice che un piatto si mangi due volte, la prima con gli occhi e la seconda con la bocca. Perciò in un banco formaggi l’allestimento non può essere lasciato al caso: deve coniugare estetica, funzionalità e igiene. Permettere al cliente di gustare con gli occhi l’assortimento offerto, ma consentire anche a chi sta dietro il banco di lavorare comodamente e garantire la salubrità dei prodotti. Quando il bancone è lungo la bellezza di 12 metri, poi, è come se il formaggiaio avesse a disposizione un’enorme tavolozza su cui dipingere il proprio personale paesaggio caseario, a base di forme, dimensioni, colori, consistenze tutte differenti. Ma quali sono le regole d’oro per esporre al meglio i formaggi del proprio assortimento? E come aiutare il cliente nella scelta del prodotto più adatto alle sue esigenze? Proseguiamo nel nostro viaggio nello straordinario mondo dei formaggi accompagnati dal nostro Virgilio d’eccezione, Roberto Guermandi, incoronato miglior formaggiaio dello Stivale dalla Guilde Internationale des Fromagers Italia. Dalla sua bottega bolognese, dove siamo andati a

Roberto Guermandi è titolare e gestore del negozio specializzato in formaggi “L‘Angolo della Freschezza” di Bologna. Collabora e rifornisce molti ristoranti segnalati da Guida Michelin, tra cui anche due stellati.

È a capo di un team di giovani appassionati che accompagnano con professionalità i clienti nella scelta dei formaggi, talvolta anche educandoli, proponendo abbinamenti con altri cibi o con alcuni vini.

trovarlo, Roberto ci svela, puntata dopo puntata, i segreti che gli hanno fatto conquistare il premio più ambito da chi ha fatto del formaggio la passione e il lavoro di una vita.

Roberto, come vanno scelti i formaggi da esporre?

A me piace organizzarli in base all’età: dai più freschi ai più stagionati, mantenendo un ordine anche in base all’animale da cui proviene il latte. Se all’estrema sinistra poniamo i freschi allora all’estrema destra finiremo con il Parmigiano Reggiano. Noi abbiamo dedicato una grande porzione del banco al Parmigiano perché culturalmente è un formaggio che qui a Bologna viene consumato molto. [Foto 1] Quindi, quando si fa la selezione, consiglio di prestare attenzione alle abitudini della clientela e del luogo. In generale, per comodità, per i freschi scelgo la parte del banco più vicina al magazzino e ai frighi, perché sono i formaggi che ruotano più rapidamente e vanno rinnovati spesso. Vicino ai freschi inserisco un po’ di confetture e mostarde, per suggerire abbinamenti e dare un po’ di colore al banco. Sono l’unico elemento non caseario presente a banco e la scelta è stata di proporlo sfuso, in modo che il cliente possa scegliere la quantità più adatta alle proprie esigenze. In mezzo ci metto tutti i formaggi vaccini del Triveneto, dell’arco alpino, della zona svizzera. Ho un piccolo angolo con diversi tipi di erborinati e una zona dedicata ai formaggi di pecora del centro Italia, come i pecorini toscani e romani. E’ una scelta che guarda, più che all’estetica, alla funzionalità per chi lavora dietro il banco. [Foto 2]

Quali formaggi scegliere per l’esposizione?

In esposizione metto tutti i formaggi a disposizione, in modo che il cliente possa

Giulia Basso giornalista collaboratrice de Il Piccolo di Trieste

davvero spaziare con lo sguardo. Dei più delicati, come i caprini che mi arrivano dalla Francia, espongo quelli con la data di scadenza più ravvicinata, a meno che non si sia nel periodo di maggior rotazione dell’anno, che nel caso della mia bottega si verifica a novembre e a dicembre. E’ indispensabile giocare le scadenze in modo intelligente, perché i formaggi sono prodotti deperibili.

Quanto conta la stagione nella scelta dei formaggi?

Parecchio. Per le vendite, perché d’estate registriamo un calo importante: vendiamo soprattutto i freschi, a partire dalle mozzarelle. D’inverno invece si vende di più e c’è maggiore rotazione di prodotto. Ma la stagione conta anche per l’allestimento del banco, perché d’estate, vista la temperatura, i prodotti un po’ più grassi e deperibili magari non li metto direttamente a vista.

Ed è importante per la scelta del prodotto: un buon formaggiaio sa spiegare al cliente che i formaggi d’alpeggio freschi vanno acquistati d’inverno, mentre i pecorini freschi sono disponibili in primavera e in estate.

Come decidere quali prodotti mettere in primo piano?

Di solito scelgo qualche prodotto da promuovere e creo un spazio per metterlo in bella vista: l’idea è quella di far assaggiare qualcosa di nuovo al cliente. Inoltre cerco di renderlo disponibile anche già porzionato nel banco a libero servizio, per incentivare l’acquisto.

Come aiutare il cliente a scegliere ciò che fa per lui?

Noi siamo abituati a parlare molto, per accompagnare i clienti e aiutarli a scegliere il meglio. E cerchiamo di spiegare anche come conservare i formaggi, come tagliarli e servirli alla temperatura giusta, in modo che li possano mangiare in condizioni ottimali. [Foto 3]

Come esporre i cartellini dei prezzi?

Da poco abbiamo i cartellini elettronici, siamo passati a un banco 4.0 che ci aiuta moltissimo per la prezzatura. E grazie al collegamento con il gestionale, quando si passa alla cassa il codice a barre del prodotto viene registrata la vendita, così possiamo tenere sempre sotto controllo le scorte. [Foto 3]

Come abbellire il banco?

Per me un banco è bello quando è pieno: mi piace l’abbondanza e l’unico elemento su cui lavoro è l’aggiunta di alzatine per mettere in evidenza alcuni prodotti. Per i formaggi freschi uso dei contenitori in melamina, molto puliti ed eleganti, ma più pratici della ceramica. [Foto 2]

Vanno previsti o no degli assaggi a banco?

Non prevedo il tagliere di assaggi in esposizione, preferisco non tenere i formaggi sopra al banco. Ma l’assaggio è sempre concesso, anzi necessario per aiutare il cliente a capire se un formaggio fa al caso suo. Basta chiedere.

Vanno aggiunti altri prodotti in un banco formaggi?

Io aggiungo soltanto alcune marmellate, mostarde o senapate macinate, quest’ultime ideali quando fa freddo. Di norma propongo gusti piuttosto dolci, che facciano da contrasto con un formaggio saporito, oppure abbinamenti più tradizionali: lo Squacquerone con il fico caramellato, per esempio, è una squisitezza. 1 2 3 4

BURRATE

CONFRONTO a

4 minuti di lettura

ANALISI SENSORIALE

SECONDO APPUNTAMENTO CON IL PANEL DI MAESTRI ASSAGGIATORI ONAF,

A CUI ABBIAMO CHIESTO QUESTA VOLTA UNA VALUTAZIONE A CONFRONTO DELLE

NOSTRE DUE BURRATE PUGLIESI. E UNA NOTA INTRODUTTIVA SULL’APPROCCIO ALLA

DEGUSTAZIONE E SUGLI “STRUMENTI” PER L’ASSAGGIO

È convinzione diffusa che il formaggio sia quell’alimento che offre il meglio di sé tra due fette di pane, ossia nel “panino”, degno sostituto di un pasto frugale, oppure presentato su di un generico tagliere, da porre in mezzo alla tavola durante o a fine cena.

In realtà il formaggio è prima di tutto un alimento estremamente vario, la cui espressività dal punto di vista sensoriale è influenzata da molti fattori quali ad esempio la tecnica di produzione, la stagionatura, la tipologia di latte impiegata. Il suo assaggio è strettamente legato al momento in cui viene effettuato, perchè assaggi dello stesso formaggio in momenti diversi comportano spesso risultati differenti. Ciò avviene anche negli altri alimenti, ma data la prevalente presenza di acqua, grassi e proteine, il formaggio risulta molto più esposto all’azione modificativa di agenti esterni, capaci di trasformarne le caratteristiche espressive. Il formaggio è anche un alimento versatile, usato unitamente ad altri ingredienti nella preparazione di moltissimi piatti. Ovviamente il suo abbinamento richiede una approfondita conoscenza tanto delle caratteristiche gustoolfattive, quanto di quelle degli altri ingredienti; solo così si potranno preparare pietanze dove i diversi sapori risulteranno in perfetto equilibrio.

Gli Assaggiatori ONAF, solitamente riuniti in panel d’assaggio, analizzano i formaggi utilizzando precise tecniche che coinvolgono tutti gli organi di senso: vista, olfatto, tatto e udito. Così come nella degustazione di un vino, la tipologia di bicchiere utilizzato è fondamentale per “indagare” correttamente il campione in esame,

nell’assaggio dei formaggi naso, palato, occhi, orecchie e dita saranno gli strumenti di cui si serve l’assaggiatore che dovrà essere curioso e “affamato” di nuove scoperte sensoriali.

L’abilità nella degustazione del formaggio non è da considerarsi fine a se stessa, né tantomeno relegata al mondo dei concorsi o di proprietà dei giudici sensoriali. Il suo primo impiego, certamente il più frequente e il più utile, è nella quotidiana attività degli addetti alle vendite di negozi specializzati, di generi alimentari, della grande distribuzione. A loro il consumatore finale chiede informazioni precise sulle caratteristiche sensoriali del formaggio per uno specifico utilizzo. A loro compete il difficile compito di indirizzare correttamente la vendita e solleticare la curiosità verso un prodotto piuttosto che un altro, il tutto nell’arco di pochissimi minuti.

Senza la pretesa di voler essere esaustivi, nel prossimo intervento affronteremo le tre fasi della degustazione: visiva, olfattiva e gustativa.

Desideria Scilla Delegata Onaf Treviso
da sinistra Antonio Lodedo, Mauro Gava e Simone Serrajotto Maestri Assaggiatori ONAF Delegazione Treviso, Belluno e

BURRATA CASEIFICIO ARTIGIANA

cod 24833 · in bicchiere da 200 g

Prodotta dal Caseificio Artigiana a Putignano (BA) con latte da allevamenti dalla Murgia barese.

Forma sferica irregolare, un po’ cedevole. Pelle liscia, pulita, umida, lucida, morbida, elastica. Colore avorio uniforme carico.

Colore della pasta bianco uniforme. Struttura cremosa, molle, tenera, umida, elastica, deformabile, fibrosa, liscia.

Odori: lattico, lattico cotto, latte bollito, burro cotto; lattico fresco, panna fresca; fruttato, frutta secca, mandorla e pistacchio. Sapori: dolce medio-elevato, acido medio, salato medio, amaro non percettibile. Aromi: lattico, lattico cotto, latte bollito; lattico fresco, panna fresca; fruttato, frutta secca, mandorla. Sensazioni trigeminali: assenti. Struttura deformabile, solubile, elastica, umida: l’involucro esterno è particolarmente solubile e poco gommoso. Persistenza gustativa media. Note: burrata matura, caratterizzata da una buona complessità gusto-olfattiva.

ASPETTO

ESTERNO

ASPETTO

INTERNO

ESAME

OLFATTIVO

GUSTATIVO

TATTILE

BURRATA CASEIFICIO OLANDA

cod 24899 · in bicchiere da 250 g

Prodotta in modo artigianale dal Caseificio Olanda ad Andria (BT) con latte raccolto sulla Murgia.

Forma irregolare, a saccottino con laccio e ciuffo. Pelle liscia, pulita, lucida. Colore bianco uniforme.

Colore della pasta bianco uniforme. Struttura tenera, umida, elastica, fibrosa, liscia; all’interno presenza di sfilacci di stracciatella, pannosa, cremosa.

Odori: lattico, lattico fresco, panna fresca, latte fresco. Sapori: dolce medio-elevato, acido medio, salato medio, amaro non percettibile. Aromi: lattico, lattico fresco, latte fresco, panna fresca. Sensazioni trigeminali: assenti. Struttura elastica, fibrosa, umida, deformabile, succulenta e grassa. Persistenza gustativa media. Note: invitante, equilibrata, molto bella nella presentazione.

Il TRONCHÓN

L'INTERNAZIONALE 2 minuti di lettura

CACIO DI LUCARDO VENIVA NOMINATO NEL DON CHISCIOTTE. UN FORMAGGIO

SPAGNOLO CON UNA LUNGA STORIA, PERSO PER UN LUNGO PERIODO POI

RITROVATO E CON IMPEGNO E PASTORIZIA RECUPERATO

NOME Tronchón Afinado

PRODUTTORE Queseria Bedon

AFFINATORE Queseria Cultivo

REGIONE Asturie, Spagna

LATTE �� caprino

Crudo

Termizzato

Pastorizzato

STAGIONATURA almeno 3 mesi

SAPORE dolce e raffinato, con note di latte fresco e leggermente agrumate

PESO 1,5 kg circa

CODICE 40219

PRODUZIONE Tra la provincia di Teruel, nota per i prosciutti, e quella di Castellon si estende l’area del Maestrazgo. Una regione montuosa dove si allevano da diversi secoli pecore e capre. Cervantes menziona un queso di queste zone nelle avventure di Don Chisciotte. Veniva offerto insieme al vino come abbinamento accattivante che accoglie la bevuta.

Il formaggio che vi presentiamo ha forma rotondeggiante a facce incavate. Se pur possa essere prodotto sia con latte di pecora che capra, questo è fatto con 100% latte di capra di razza francese alpina, parente della nostra camosciata.

Il queso Tronchón è a latte crudo, prodotto con

Funghi

caglio vegetale (cardo) e stagionato almeno tre mesi. Viene affinato in cantine naturali e, grazie a questo, il colore della crosta e delle piccole macchie cambia meravigliosamente durante l’anno. Dal grigio all’avorio per la crosta, dal giallo al rosso per le macchiette.

La Queseria Bedon lo produce nelle Asturie e dopo dieci giorni la Queseria Cultivo accoglie le forme per portarle a stagionatura.

AL PALATO La pasta è compatta, morbida, ma non elastica. A naso si scopre il latte fresco, leggermente erbaceo e le note della cantina.

In bocca è dolce e raffinato per essere capra. Sprigiona note quasi agrumate, sempre estremamente delicate.

Scegliete voi il veicolo: pasta, riso, pizza, cicchetti... Io vi consiglio il passeggero: i funghi. Le note calde di bosco e terra si sposano benissimo con quelle erbacee e dolci del formaggio. In cottura ha una buona tenuta alla fusione quindi vi suggerisco di utilizzarlo a scaglie come tocco finale di un piatto.

Patate fresche

Le patate si mangiano tutto l’anno, basta cambiare il vestito. Le ricette invernali sono più conosciute, ma come non concedersi una bella insalata fredda di patate anche nelle altre stagioni? Con magari qualche fagiolino, aglio e menta. Se poi ci grattugiate sopra un po’ di queso Tronchón, viene anche Don Chisciotte a stringervi la mano.

Tarta de queso

Se dite a qualcuno che fate la cheese cake potreste vedere le smorfie di chi è dieta. Quindi chiamatela pure tarta de queso che fa pure più figo. Per la tarta unite 200g di Tronchón e 200 g di robiola vaccina oppure ricotta, 150 g di zucchero e 3 uova. Dopo una bella mescolata, guarnite con mele e nocciole e infornate per 40' fino a doratura. Fanculo la dieta, olè!

Matteo De Santi Export Manager

COPPE E #calici

• Barbera Oltrepò Pavese DOC

Abbinamento tra vicini di casa, come spesso ci piace. Un vino potente, dalla spalla acida poco timida e dal corpo medio dove i sentori selvatici di terra e frutti rossi accompagneranno le note di cantina della coppa. Non lasciatevi intimidire dalla poca popolarità di questi vini, c’è solo da divertirsi! Tutto ciò di cui avrete bisogno saranno dei bicchieri e una buona compagnia.

• Etna Rosso DOC

Un abbinamento tra due prodotti caratterizzati da intensità gustativa e olfattiva. Proviamo il Capocollo con un Etna Rosso complesso, dai forti sentori di pietra focaia, cuoio e tabacco; in bocca poi l'affumicatura del salume sarà accompagnata dal ventaglio speziato tipico di questi vini. Il sorso sarà strutturato, niente di meglio per tener testa al capocollo.

• Valle d’Aosta DOC Pinot Nero

Quando taglierete le prime fette di coppa gli aromi di ginepro non tarderanno a farsi sentire e per questo motivo scegliamo un vino capace di esaltare questa caratteristica, non di soffocarla. In bocca si sprigioneranno note balsamiche, di pepe e ribes, mentre la trama tannica e la spiccata acidità bilanceranno la parte grassa della carne di suino.

COPPA PIACENTINA DOP

cod 78240 · peso 1,7 kg circa Tipica coppa DOP del piacentino realizzata con carne di suini allevati tra Lombardia ed Emilia-Romagna. Ha un sapore dolce e delicato, con un caratteristico aroma fragrante

CAPOCOLLO DI MARTINA FRANCA

I SOMMELIER

cod 82560 · peso 2 kg circa Capocollo affumicato prodotto nella Valle d'Itria, in Puglia, a partire da carne di suini italiani. La fetta è dolce e poco sapida, con intense note di tostato e cantina

• Gutturnio DOC

2 minuti di lettura

COPPA AL GINEPRO

cod 82515 · peso 1,3 kg circa Coppa di suino aromatizzata con una concia di spezie, erbe e bacche di ginepro. Al palato risulta dolce e fresca, con un'inconfondibile nota di ginepro

Questo vino viene prodotto tra i colli piacentini da uve Barbera e Croatina. Oltre alla versione ferma, esiste anche la tipologia frizzante, caratterizzata da una vivace acidità e freschezza, bilanciate da profumi delicati di frutta e fiori. L’effetto sgrassante del sorso rende l’abbinamento con il salume un classico, rappresentativo del territorio.

• Cilento Aglianico DOC

Si tratta di un vino rosso realizzato a partire da uve Aglianico in provincia di Salerno. Un vino secco, di corpo e dotato di buona sapidità, caratteristiche che ben bilanciano la componente grassa e dolce del salume. Particolare la nota speziata che emerge subito dopo le note fruttate di ciliegia e ribes nero, anche nelle versioni meno affinate.

• Langhe Rosso DOC

È un vino ottenuto da uve a bacca nera autorizzate in Piemonte nella zona omonima. Abbastanza secco e leggermente tannico, le annate più giovani sono fresche e fragranti, specialmente se tra le uve di partenza ci sono Nebbiolo e Barbera. Tra i sentori principali la ciliegia, la prugna e i frutti rossi, ma non manca la nota speziata e un leggero richiamo balsamico.

Elisa Cibien Ufficio Acquisti
VINI NEL CALICE E COPPA SUL TAGLIERE: UNA COPPIA VINCENTE LASCIATA NELLE
Enrico De Conto Ufficio Acquisti

MARRAKECH express

Vittorio Castellani giornalista “gastronomade” www.ilgastronomade.com

VIAGGIO NELLA “CITTÀ ROSSA”

ALLA SCOPERTA DELLE RADICI

GASTRONOMICHE MARRAKSHI

Da sempre meta cosmopolita e centrocommerciale del paese, terza città del Marocco per numero di abitanti, Marrakesh compete anche sul piano gastronomico con la capitale Rabat e con Casablanca, ma anche con Fès, la sua eterna rivale e principale polo di cultura gastronomica del Marocco, vincendo però su tutte sul fronte della cucina di strada

Patrimonio Mondiale dell’Umanità Unesco, a ridosso dei souks (mercati) della Medina, Place Jeema El-fna ospita il più grande ristorante open air all’aperto del Maghreb, quello animato da decine di chioschi di street food. La piazza è popolata dall’alba al tramonto da un’umanità variegata fatta di acrobati, sputafuoco, incantatori di serpenti, addestratori di scimmie, cavadenti, tatuatrici di hennè, cantastorie, marabutti, finti guaritori, musicisti gnawa e ogni genere di artisti e ciarlatani.

Dai tetti delle caffetterie che vi si affacciano si può godere dello spettacolo di migliaia di visitatori che nelle varie ore del giorno e della notte la affollano per gustare le

ITINERARI GASTRONOMICI I 3 minuti di lettura

sue prelibatezze per pochi Dirham. Si comincia la mattina con le colazioni a base di crêpes (msemmen, baghrir, rgaïf) da gustare con burro e miele, sorseggiando un tè con la menta, una spremuta d’arancio o un frullato d’avocado, e si prosegue fino a notte fonda con brochettes qotbane, stufati nel coccio di tanjia, zuppe di legumi harira, lumache speziate dell’Atlante ghoulal o babouche

Cibo di strada a parte, Marrakesh è la città più amata dai turisti di tutto il mondo. Che si voglia trascorrere un soggiorno lungo la Costa Atlantica a Essaouira o si preferisca perdersi nel fascino del deserto puntando verso Sud, una tappa nella Città Rossa è d’obbligo, anche solo per gustare la sua cucina in alcuni dei migliori ristoranti di tutto il Paese.

LA CUCINA MAROCCHINA

Potrete cominciare con Al Fassia Gueliz (alfassia.com), in assoluto il miglior ristorante di cucina arabo-andalusa. In cucina troviamo solo donne esperte nelle diverse preparazioni, coordinate dalla padrona di casa Saïda Chab. Immancabili la choix de salades fines selectionnées, la pastilla de pigeons, una torta nuziale di sfoglie salé-sucré, farcita di carne di piccione, mandorle e zafferano, e i tajines, i lussureggianti stufati di carne, frutta secca e spezie.

Cenare a lume di candela in un Riad, nelle esclusive dimore arabo andaluse, nel cuore della Medina vi proietterà nelle atmosfere de Le Mille e una notte. La Maison Arabe (mail.lamaisonarabe. com), nella Città Vecchia, è una delle più affascinanti. Fin dal 1946 propone una cucina tradizionale realizzata dalle donne di casa o “Dada”, che oltre a cimentarsi nei grandi classici, animano corsi di cucina e tour gastronomici nel souk. Da provare la Tangia d’agneau Brania d’aubergine et poivrons, cotta nell’hammam, all’interno di un’anfora di coccio!

Se preferite la modernità e la creatività, ma senza rinunciare ai veri sapori del Marocco, consiglio il Dar Moha (darmoha. ma). In uno splendido palazzo d’inizio secolo, tra fiori, alberi e una piscina a

mosaico lo chef Moha propone una cucina marocchina creativa d’impronta gourmet. Da non perdere la Pastilla de pigeon à la cannelle e il Couscous di fois gras all’olio d’argan et sale di Guérande

Le Jardin (lejardinmarrakech.com) è sicuramente il locale più innovativo e moderno di Marrakech, situato all’interno di un giardino, arredato in stile vintage. È un’oasi di relax all’interno di un edificio del XVI sec. dove potrete gustare una cucina sbarazzina, d’impronta fusion, che interpreta i prodotti locali in chiave global. In sintonia con il Café des Épices ospita a rotazione pop up shops di giovani creativi.

Marrakech vanta con La Gran Table il miglior ristorante del Marocco selezionato dai giudici della World’s 50 Best Restaurants del 2022. Per ottenere questo riconoscimento lo splendido Royal Mansour Marrakech Hotel (royalmansour. com) ha affidato al 3 stelle Michelin parigino Yannick Alléno il compito di raffinare i migliori piatti della cucina marocchina mettendo in campo il savoir faire dell’alta cucina francese. Da non perdere: il mix d’insalate sh’hiwates, la pastilla aux fruits de mer, il cous cous aux sept legumes e l’amlou ice cream

Danonperdere

Al Fassia Gueliz alfassia.com

La Maison Arabe mail.lamaisonarabe.com

Dar Moha darmoha.ma

Le Jardin lejardinmarrakech.com

La Gran Table royalmansour.com

FUORI PORTA

Marrakech è anche il punto di partenza per visitare i bei villaggi berberi dell’Alto Atlante, luogo di rifugio della stagione calda. A 840 mt di altitudine, a 35 km a sud-est di Marrakech, nella valle dell’Ourika, non perdetevi il Jardin Bio Aromatique Nectarome (jardinbioaromatique-ourika.com), il primo giardino biologico di piante aromatiche e medicinali del Marocco, che vi accoglie e vi offre l’opportunità unica di scoprire la ricchezza botanica e il tradizionale utilizzo delle piante aromatiche berbere. Qua si organizza un interessante laboratorio sui pani ancestrali khobz, di grano e d’orzo, con spezie di anice e nigella e un interessante workshop sull’olio di Argan, ottenuto da semi di Argan spremuti sotto i vostri occhi nelle macine a pietra dalle donne del villaggio, direttamente nell’orto, per essere gustato appena franto.

Jardin Bio Aromatique Nectarome jardin-bioaromatique-ourika.com

Marrakech

FORMAGGIO STANCO nato

Quale Regione?

Il Taleggio è un formaggio DOP nato storicamente in Lombardia, regione da cui provengono quelli della nostra selezione.

3 minuti di lettura

IN-FORMAZIONE

UN CREMOSO RISOTTO AL TALEGGIO E AGRUMI: IL MIX PERFETTO PER SALUTARE

L’INVERNO E AMMIRARE L’ESPLOSIONE DELLA PRIMAVERA.

MA PRIMA DOBBIAMO CAPIRE DA QUALE TALEGGIO PARTIRE...

LA STORIA

Dall’omonima valle bergamasca il Taleggio storicamente è il frutto di un latte stanco, prodotto dalle mungiture serali delle vacche di rientro dai pascoli. L’esigenza di conservare il latte eccedente il fabbisogno ha creato il suo antenato: lo stracchino di montagna. L’industrializzazione e la necessità di localizzare le produzioni hanno fatto il resto, semplificandone con gli anni la nomenclatura. Il crescente consumo ha portato a un ampliamento della sua zona di produzione, oggi questa DOP comprende quasi tutte le province lombarde; la provincia di Novara in Piemonte, e infine un unicum in Veneto: la provincia di Treviso.

IL TALEGGIO

Un formaggio a latte vaccino intero, pasta molle e cruda, con crosta lavata. Dalla forma parallelepipeda quadrangolare, con crosta sottile dal colore rosato naturale dato dal lavaggio con acqua e sale, può presentare le caratteristiche muffe color grigio e verdesalvia chiaro, frutto dei diversi ambienti di stagionatura. La sua è una maturazione centripeta, dalla crosta verso l’interno.

Spunti di differenziazione: trattamento termico del latte, la maturazione della pasta in cassette di legno e la flora specifica, diversa in ogni locale di stagionatura.

LA DEGUSTAZIONE

Iniziamo dal Taleggio Morbido Valsassina DOP: si presenta con il minimo di stagionatura previsto da disciplinare, 35 giorni, e ha un sapore dolce, delicato, dove troviamo piacevoli note di cantina e sottobosco, molto adatto alla ristorazione.

Il secondo assaggio è il Taleggio Carena, si presenta con una crosta di facile gestione, dolce e aromatico, leggermente piccante col progredire della maturazione; ottimo per chi vuole tenere una doppia scelta: un prodotto più complesso e qualcosa dal sapore più semplice.

Nel Taleggio DOP la Baita Tradizionale troviamo un prodotto più acidulo e fondente, con note di cantina umida; la salatura a mano potrebbe favorire una sapidità lievemente irregolare nella forma.

Con il Taleggio Piacere Naturale abbiamo un ottimo rapporto qualità/prezzo, piacevolmente acidulo al cuore della fetta dove la pasta è ancora gessata, tra note di cantina e sottobosco troviamo un delicato sentore di banana. È il taleggio che più rappresenta la tradizione.

Concludiamo la formazione con l’unica referenza a latte crudo: Taleggio DOP Premium latte crudo. Almeno 60 giorni di stagionatura e il latte crudo ne giustificano il prezzo più elevato; si presenta al palato dolce e leggermente acidulo, fondente, con spiccate note vegetali.

Francesca Marini
Commerciale Italia

TALEGGIO MORBIDO

VALSASSINA DOP

cod 20952 · peso 2 kg circa

TALEGGIO DOP

cod 30939 · peso 2 kg circa

TALEGGIO DOP

LA BAITA TRADIZIONALE

cod 20951 · peso 2,2 kg circa

TALEGGIO DOP PIACERE NATURALE

cod 20947 · peso 2 kg circa

TALEGGIO DOP “PREMIUM” LATTE CRUDO

cod 21254 · peso 2,2 kg circa

vaccino pastorizzato

Carozzi Formaggi Lombardia

Almeno 35 giorni

vaccino pastorizzato

Carena Angelo Lombardia

Almeno 45 giorni

vaccino pastorizzato

Carozzi Formaggi Lombardia

Almeno 45 giorni

vaccino pastorizzato

Carozzi Formaggi Lombardia

Almeno 45 giorni

vaccino crudo

Carozzi Formaggi Lombardia

Almeno 60 giorni

SFUMATURE di ORO NERO

Paolo Cappuccio

Chef stellato e consulente

3 minuti di lettura

A CONTI FATTI

LE PERLE DI TARTUFO, UNO CHEF STELLATO, TRE RICETTE E IL CALCOLO DEL FOOD COST: COME USARE UN PRODOTTO ARISTOCRATICO CON LA DOVUTA

CONSAPEVOLEZZA E UN OCCHIO ALLA PRATICITÀ

ORO NERO AL TARTUFO

Piccole perle di succo di tartufo sferificato, ideali come condimento o guarnizione; da conservare in frigo cod 93461 · peso 50 g

La forma, il colore, la lucentezza e la consistenza potrebbero far pensare a un caviale, ma invece si tratta di Oro Nero: una delle ultime novità al tartufo che abbiamo inserito a catalogo in autunno. Piccole perle di succo di tartufo sferificato che sprigionano in bocca un sapore intenso ma molto elegante.

Il produttore è Savini Tartufi: tartufai di famiglia ormai da 4 generazioni, gestiscono l'intera filiera dalla ricerca del tartufo fresco fino alla lavorazione di una vasta gamma di prodotti a base di tartufo. Come dice sempre Cristiano Savini, il miglior modo di conservare un tartufo fresco è metterlo nella pancia: un modo spiritoso per suggerire di consumarlo in fretta perché è davvero facilmente deperibile e spesso si rischia di rovinarlo a causa di conservazioni prolungate o sbagliate. Da questa consapevolezza Savini ha ideato una linea di prodotti trasformati tra cui questa chicca.

I CONSIGLI DELLO CHEF

Un prodotto che oseremmo definire un po' aristocratico ma che se usato nel modo giusto può incontrare il favore di un'ampia platea. Abbiamo chiesto supporto allo chef stellato Paolo Cappuccio, che ci ha aiutati a capire come usare Oro Nero al Tartufo in cucina, declinandolo in tre ricette che richiedono tempi di preparazione tra loro molto diversi: un finger, un antipasto freddo e una primo piatto. Nella pagina a lato riportiamo i dettagli e il calcolo del food cost per ogni preparazione

Tra gli abbinamenti fortunati quelli tipici del tartufo, tra cui la carne di manzo in tartare

oppure tagliata a fette sottili a mo' di carpaccio, soluzione adottata anche da chef Cappuccio, che adagia delle fette di Black Angus su un letto di misticanze e verdure, arricchendo il piatto con l'Oro Nero. Il Black Angus torna anche nel finger con la patata viola, un altro felice abbinamento con il tartufo. La terza ricetta che sperimentiamo è una pasta con una crema di panna, pecorino e pepe bianco

Ma Oro Nero può essere usato anche per condire dei crostacei o semplicemente per arricchire delle tartine o dei finger con del formaggio erborinato, come un Gorgonzola DOP dolce: un altro grande classico negli abbinamenti con il tartufo. Spazio poi anche a ingredienti grassi, come burro o uova, oppure l'abbinamento con alcune verdure già spesso accostate al tartufo, tra cui cavolfiore e asparagi

Attenzione: il vasetto da 50 g non deve spaventare perché come dimostrano le tabelle a lato bastano pochi grammi di Oro Nero per ottenere un risultato interessante!

PROMEMORIA FOOD COST

Quando si parla di Food Cost si intende il costo della materia prima usata in un piatto. Per essere economicamente sostenibile e consentire di ottenere un margine adeguato, è necessario che rientri in una proporzione ideale, che varia in base al tipo di attività.

Per gastronomie, enoteche e bar dovrebbe essere 1/3 del prezzo finale. Per i ristoranti, per i quali il livello di trasformazione così come i costi di servizio sono maggiori, dovrebbe essere 1/5 del prezzo finale.

Giulia Bassetto Marketing e Comunicazione

La patata lessata viene tagliata a rondelle e usata come base per dei finger su cui disporre mezza fetta tagliata in senso longitudinale di Black Angus affumicato arrotolata su se stessa. Viene aggiunta con una crema di I Love Ricotta realizzata semplicemente stemperando la ricotta con dell'acqua frizzante. Il finger viene completato con alcune perle di Oro Nero al Tartufo e una punta di erba cipollina. Food cost per porzione: € 0,64

BLACK ANGUS CON ORO NERO E PICCOLI ORTAGGI

Alla base viene distribuito il mix di misticanze sulle quali disporre il Black Angus Affumicato tagliato a fette sottili. Vengono aggiunti degli ortaggi freschi come carote tagliate sottili e disposte arrotolate, della cipolla rossa in agrodolce e del sedano. Il piatto è completato con l'aggiunta di Oro Nero al tartufo e guarnito con delle foglioline di aneto. Food cost per porzione: € 3,32

Cuocere la pasta e nel frattempo preparare la crema: grattugiare il pecorino e mettere a tostare 1 g di pepe bianco macinato. In una padella scaldare 30 ml di panna con 50 ml di acqua di cottura della pasta, aggiungere 1 g di maizena e del sale, quindi far legare la crema. Quando la crema è ben legata, aggiungere il pecorino grattugiato e il pepe tostato. Scolare la pasta e finire la cottura in padella saltandola con la crema. Impiattare e guarnire con una spolverata di pepe, del pecorino, erba cipollina e Oro Nero al Tartufo. Food cost per porzione: € 2,62

PATATA VIOLA, ANGUS, RICOTTA E ORO NERO
PENNONI AI MODI CACIO E PEPE CON ORO NERO

COTTO al BASILICO

3 minuti di lettura

IL PRODOTTO DIMENTICATO

UN PROSCIUTTO COTTO PIEMONTESE MOLTO DELICATO: ALTA QUALITÀ, LEGATURA

A MANO, COTTURA IN FORNO CON ERBE PROVENZALI E BASILICO

IL PROTAGONISTA

Parliamo di Prosciutto Cotto al basilico, un cotto alta qualità aromatizzato naturalmente con basilico e erbe di Provenza, legato a mano e cotto al forno dall’azienda piemontese Lenti –Rugger. Per spiegare meglio il valore di questo prodotto faccio un passo indietro: cosa significa prosciutto cotto alta qualità?

CATEGORIA

Nel mondo dei prosciutti cotti e arrosto esistono delle suddivisioni qualitative disciplinate da una specifica norma che si basa sul livello di umidità contenuto nei prodotti, per i tecnici UPSD (Umidità sul Prodotto Sgrassato e Deadditivato).

I livelli e le nomenclature sono tre, qui di seguito elencati in ordine crescente di qualità: Prosciutto Cotto, Prosciutto Cotto Scelto, Prosciutto Cotto Alta Qualità.

Il nostro Prosciutto cotto al basilico fa parte della categoria Alta Qualità ma, grazie a ulteriori attenzioni durante la produzione, il produttore può posizionare questo prodotto nella sua linea “Sana alimentazione”, che comprende cotti caratterizzati dall’assenza di glutammato, polifosfati, lattosio, glutine e OGM, e un contenuto di sale inferiore al 1,84%. Insomma il cotto perfetto per prepararsi alla prova costume.

PROFILO ORGANOLETTICO

La fetta presenta un bel colore rosato, con una leggera speziatura al centro e una colorazione esterna più bruna dovuta alla cottura in forno. Al palato ha un gusto dolce e fresco, con un delicato aroma di basilico.

fetta 23 cm circa

IN CUCINA

Non mi stancherò mai di mangiare toast, quelli buoni. Quattro ingredienti e cinque minuti di cottura: Prosciutto cotto al basilico, Pan Quadro Follador, Robiola di capra e Carpaccio di pomodoro oppure della Rucola fresca… Puro godimento, altro che prova costume!

Gianluca Di Lello Export Manager
PROSCIUTTO COTTO AL BASILICO cod 78029 · peso 7 kg circa
diametro
VALSANA

Coscia lavorata intera

Coscia lavorata intera

Parti di coscia e rifili di lavorazione

Umidità / Carne (UPSD)

Prosciutto Cotto Alta Qualità

Umidità / Carne (UPSD) 75,576,5 P O LIFOS F A IT S OIA

8182

Umidità / Carne (UPSD)

Prosciutto Cotto Scelto

UE 78,579,5

Le cosce usate per produrre il Prosciutto Cotto al Basilico sono di origine UE; questa scelta è orientata dall’intenzione di offrire ai consumatori un prosciutto morbido, più magro e dalle dimensioni contenute. Non italiano non significa di cattiva qualità. I limiti e i pregi ci sono in tutti i casi!

Prosciutto Cotto

PROSCIUTTO COTTO AL BASILICO oltre a essere Alta Qualità è anche privo di:

LATTE

Razze varie

Prosciutto magro < 150 kg 10 mesi

> 170 kg

autoctone Prosciutto variabile 6-8 mesi

Duroc Italiano (circuito Parma e San Daniele)

Prosciutto grasso

Filiera LOCALE
Filiera ITALIA
Razze
Filiera
COTTO AL BASILICO

dolce di

LA PASTIERA: PASQUA

Danilo Gasparini

Docente di Storia e Cultura del Cibo all’Università degli Studi di Padova

4 minuti di lettura

L’ITALIA È SERVITA

FIOR DI RICOTTA DI PECORA

Ricotta di pecora dal gusto molto delicato, prodotta in Maremma con siero e latte ovino di provenienza 100% italiana

cod 31353 · barattolo da 250 g cod 31346 · su richiesta da 2 kg

UN ARTICOLO DEDICATO AL DOLCE DI RITO DELLA PASQUA NAPOLETANA:

COME SPESSO ACCADE, SULLA VERA RICETTA DELLA PASTIERA NAPOLETANA

OGNUNO DICE LA SUA E IL DIBATTITO FERVE ANCHE IN TERRA PARTENOPEA

A Pasqua, come a Natale, vengono proposti in ogni regione dei dolci particolari, spesso carichi di una simbologia forte. Niente da dire sulla golosità dell’uovo di Pasqua, che il cioccolato sia al latte o fondente. Nulla da obiettare nemmeno sul significato simbolico della colomba pasquale. E se vogliamo riesumare un dolce identitario, cosa di meglio di una compatta fugassa veneta, magari da inzuppare. Ma avete mai provato la pastiera napoletana? Ecco, di fronte a lei qualsiasi dolce, pasquale e no, sbiadisce. Ma come nasce questo dolce e questa tradizione unica?

IL DOLCE DELLA PASQUA NAPOLETANA

Da secoli la pastiera è il dolce di rito della Pasqua napoletana. Fino a non molto tempo fa era confezionata solo in questa ricorrenza ed era impossibile reperirla in altri periodi dell’anno sia perché sembrava quasi un sacrilegio mangiarla fuori di quella sacra festività, sia perché il grano bagnato, ingrediente caratteristico della pastiera, veniva preparato e si vendeva solo nelle settimane precedenti la Pasqua.

È un dolce antichissimo che si distingue per la insolita composizione, rimasta immutata fino a oggi nella struttura fondamentale, pur avendo subìto modifiche nel corso dei secoli adeguandosi al gusto dei tempi, come emerge dal confronto delle ricette presenti negli antichi testi di cucina, con versioni di volta in volta più o meno rustiche e più o meno dolci per eventuali aggiunte di brodo, provola, caciocavallo o anche prosciutto.

La pastiera è un dolce tipico napoletano, estraneo alla tradizione di altre regioni o città

italiane, che ha conservato un forte simbolismo nei suoi ingredienti principali, uova, ricotta, e soprattutto il grano in chicchi interi, utilizzo quanto meno emblematico per una torta che in qualche modo ci riporta all’antico culto di Cibele, dea della fertilità, anzi a un mito. La ricchezza degli ingredienti e la complessità dei gusti sembrano in realtà richiamare la cucina di corte

IL MITO

Si diceva del mito. E dobbiamo fare un salto indietro fino all’epoca romana o forse addirittura greca. Quando, secondo la leggenda, la sirena Partenope aveva scelto come dimora il Golfo di Napoli, da dove si spandeva la sua voce melodiosa e dolcissima. Per ringraziarla si celebrava un misterioso culto, durante il quale la popolazione portava alla sirena sette doni: la farina, simbolo di ricchezza; la ricotta, simbolo di abbondanza; le uova, che richiamano la fertilità; il grano cotto nel latte, a simboleggiare la fusione di regno animale e vegetale; i fiori d’arancio (o di altri agrumi, visto che la diffusione delle arance in quell’epoca era molto limitata in Europa: fatto, tra l’altro, che suscita non pochi dubbi sulla reale fondatezza storica della leggenda...), profumo della terra campana; le spezie, omaggio di tutti i popoli; e lo zucchero, per celebrare la dolcezza del canto della sirena. Partenope gradì i doni, ma li mescolò creando questo dolce unico.

LA BIBLIOGRAFIA

Antenata della pastiera può essere considerata quella puls punica descritta da Catone nel suo De re rustica. Ma sono numerose le

ricette di torte che prevedono l’uso di chicchi di cereali, dal frumento al farro. La più antica ricetta col nome di pastiera risale alla fine del Seicento ed è contenuta ne “Lo scalco alla moderna” di Antonio Latini. Si avvicina molto a quella dei nostri giorni la pastiera proposta in dialetto napoletano da Ippolito Cavalcanti nel suo ricettario “Cucina teorico pratica”. Antenate piuttosto incerte, però, del dolce che noi conosciamo. Che, con ogni probabilità, nacque molto più tardi: nel XVI secolo. In un convento, come la maggior parte dei dolci napoletani. Probabilmente, quello di San Gregorio Armeno: un’ignota suora volle preparare un dolce in grado di associare il simbolismo cristianizzato di ingredienti come le uova, la ricotta e il grano, associandovi le spezie provenienti dall’Asia e il profumo dei fiori d’arancio del giardino conventuale. Quel che è certo è che le suore del convento di San Gregorio Armeno erano delle vere maestre nella preparazione delle pastiere, che poi regalavano alle famiglie aristocratiche della città. Si dice che perfino l’ombrosa regina Maria Teresa d’Austria, “la Regina che non ride mai”, consorte del goloso “re bomba” Ferdinando II di Borbone, si fosse lasciata sfuggire un sorriso dopo un morso alla beneamata pastiera. “Per far sorridere mia moglie ci voleva la pastiera, ora dovrò aspettare la prossima Pasqua per vederla sorridere di nuovo”, commentò Ferdinando.

LA RICETTA ORIGINALE

Sulla vera ricetta della pastiera napoletana, però, ognuno dice la sua e il dibattito ferve anche in terra partenopea. La ricetta classica prevede la preparazione di una frolla a base di farina, uova, strutto (o burro) e zucchero semolato da sistemare sul “ruoto”, la tipica tortiera in alluminio dai bordi lisci e leggermente svasati, alta 3-5 cm. Il “ruoto” più antico, però, consentiva di preparare pastiere più grandi visto che era alto addirittura 10 cm! Per il ripieno occorrono invece latte, zucchero, ricotta di pecora, chicchi di grano, burro, frutta candita, uova, scorza d’arancia e di limone, acqua di fiori d’arancio e cannella in polvere. Il tutto da sormontare con le striscioline di frolla e poi da cuocere in forno, con spolverata di zucchero a velo finale. Secondo la tradizione la pastiera va preparata il Giovedì Santo e consumata a Pasqua, per dar modo a tutti i sapori di amalgamarsi.

Quanto alla ricetta: tutti e tanti rivendicano una ricetta originale. Onde evitare divisive discussioni, si fa per dire, ci siamo basati sulla tradizione più diffusa e abbiamo chiesta a Catia Mazzaro, una cuoca di lunga esperienza e sapienza, di prepararcela. Sperando che vi gusti. Buona Pasqua.

La Ricetta

LA PASTIERA NAPOLETANA

Ingredienti per dieci persone.

Per la frolla: 6 uova, 300 g di farina, 150 g di strutto, 100 g di zucchero, sale

Per la farcitura: 350 g di zucchero, 500 g di ricotta di bufala, 500 g di grano cotto nel latte dopo essere stato ammorbidito nell’acqua, acqua di fior d’arancio, cannella, canditi di arancio e cedro

Come si può intuire le operazioni di preparazione sono lunghe e separate per la pasta frolla e per la farcitura e vanno fatte con cura. Serve una teglia a fondo alzabile. Poi composto il tutto sulla teglia, sopra si stendono delle fettucce di pasta frolla in modo da fare un reticolato che verrà pennellato con del tuorlo d’uovo. Si mette in forno a fuoco moderato per tre quarti d’ora. Una volta cotta si lascia raffreddare, si sfila dalla teglia con alcune manovre… poi si spolvera il tutto con dello zucchero a velo.

Ricetta: Catia Mazzaro
Foto: Marina Palpati

TUTTO MAIALE del

Maria Pellegrino Gastronoma e blogger

Il Prodotto

ETRUSCA DI SUINO CON

SALSA AL WHISKY

Taglio dorsale di suini allevati allo stato semi-brado in Toscana, marinato con birra di castagne e aromatizzato al whisky cod 79117 · peso 350 g

I suini sono così simpatici che mi pare davvero ingiusto paragonarli a umani disdicevoli. Forse chi si somiglia si piglia: in effetti sono con noi da più di settemila anni, da quando un Neolitico smise di essere nomade e decise di allevare cereali e maiali. I prodromi del primo panino al prosciutto.

MAIALE SARAI TU

Gli umani stabilirono con i suini un accordo: “Ti tengo vicino a me e ti nutro, onnivoro come sei non mi sarai di gran peso. Una volta adulto e ingrassato ti ucciderò e sarai tu a dare cibo a me”. Non proprio equo, ma è così da allora, con qualche screzio tipico delle convivenze.

Si rotolano nel fango, è vero, ma lo fanno per proteggere la pelle da parassiti vari e, curiosamente, dal sole, nel caso di pelli particolarmente rosee.

In realtà si tratta di mammiferi molto intelligenti, che si addomesticano facilmente, fino a diventare animali da compagnia, affezionandosi ai loro umani, comprese le razze più “selvatiche” come la Cinta Senese o la razza Mangalica, dalle setole così morbide da sembrare addirittura riccioluti.

SALVADANAIO GOLOSO

Allevare anche un solo maiale era come mettere da parte un piccolo capitale, che veniva poi riscosso in inverno, macellando e conservando i vari pezzi. Un salvadanaio. E non a caso i salvadanai da sempre sono stati declinati a forma di maialino.

Ma cosa si può ricavare da un maiale sul quintale? In una parola: tutto! Così sostenne nel 1594 Giulio Cesare Croce nel suo “L’eccellenza e il trionfo del porco”, anche in modo profetico, e come dargli torto?

COCHON À LA CARTE

Educarsi al gusto significa anche approfondire

4 minuti di lettura

INGREDIENTI IN VIAGGIO

culture gastronomiche diverse. Come nel caso del maiale, un animale davvero insostituibile, con il quale viaggeremo nelle cucine della Serenissima Venezia, dell’America del Sud e dell’estremo Oriente.

La carne di maiale è sempre stata ben valorizzata nei territori della Serenissima Repubblica. Ogni contadino aveva il suo maiale, considerato un patrimonio a basso costo; al momento della macellazione, inoltre, non presentava nulla da scartare, nemmeno le setole e il sangue (che veniva cotto per preparare un dolce).

La cucina messicana, ispirazione per il taco, viene considerata la “madre di tutte le cucine dell’America Latina” e conserva in dispensa una varietà davvero unica di ingredienti che già piacevano ai Maya e agli Aztechi, come il mais, i fagioli e il peperoncino. Questi ingredienti vengono utilizzati assieme all’avocado, i pomodorini verdi (tomatillos), tantissime spezie, saporiti latticini e naturalmente il cioccolato, abbinato a piatti sapidi sotto forma di salsa. Le pietanze si preparano utilizzando anche le foglie che fanno da camicia a carni e pesci. Le tortillas, le famosissime “piadine”, sono ricette che hanno varcato i confini d’oltreoceano, così come le enchilladas e i tacos

Nella cucina thai si distinguono fondamentalmente quattro categorie di sapori: piccante, dolce, salato e agro. Un percorso di gusto realizzato con l’insalata di maiale, equilibrata e con una giusta contrapposizione tra il piccante dello scalogno e il dolce della carne, tra il salato della salsa di pesce e l’acido del lime.

Chissà se quel Sapiens, che desiderava tanto un panino al prosciutto nel Neolitico, si sarebbe immaginato tutto ciò.

COSA FANNO DUE MAIALI SUL DIVANO? I PORCI COMODI! (ACHILLE CAMPANILE)
Anna

MAIALE AL LATTE (PORSÈ’LO AL LATTE)

Tra gli svariatissimi modi di cuocerne le carni di maiale (arrosto, in padella, ai ferri, ecc.) il più originale è senz’altro quello descritto di seguito, perché il risultato è un piatto gustosissimo, delicato e insolito, degno di essere preservato anche in tempi in cui si bada molto pure all’equilibrio dietetico. (A Tavola con i Dogi)

DOSI per 2/3 persone

PORTATA: secondo piatto

DIFFICOLTÀ: semplice

PREPARAZIONE: 10’

COTTURA: 1 h

INGREDIENTI

400 g di Etrusca al Whisky 50 g di burro chiarificato 1,2 1 di latte (comunque quanto serve a coprire del tutto la carne) un bouquet garnì qualche bacca di ginepro e pepe in grani sale affumicato

PROCEDIMENTO

Una volta tolta la carne dall’involucro protettivo legala con dello spago da cucina.

Sciogli il burro in una casseruola e fai indorare la carne da tutti i lati. Aggiungi il bouquet garnì, le spezie, una presa di sale fino e copri la carne col latte, facendo sobbollire per un’ora a fuoco basso e a pentola semicoperta.

Di tanto in tanto rivolta la carne, facendo attenzione che il fondo non si asciughi troppo: a cottura ultimata il latte dev’essersi ridotto a un denso intingolo. Passalo al colino e addensalo, se necessario.

Servi la carne tagliata a fette e irrorata con il sugo ristretto.

TACOS CON MAIALE E GUACAMOLE

Nel 2010 l’UNESCO ha attribuito alla cucina messicana, proprio per il suo altissimo valore culturale e di tradizione gastronomica contaminata e tramandata nei secoli, il titolo di patrimonio immateriale dell’Umanità. Il taco non è da meno se si pensa che l’involucro realizzato con il mais, cereale che le popolazioni andine ritenevano sacro, viene preparato con tecniche che si perdono nella notte dei tempi e con infinite declinazioni.

DOSI per 4 persone

PORTATA: antipasto

DIFFICOLTÀ: semplice

PREPARAZIONE: 25’

COTTURA: 1 h

INGREDIENTI

8/12 tacos già pronti

400 g di Etrusca al Whisky 2/4 cipolle di tropea un mazzetto di basilico tritato tabasco olio evo sale misticanza

> PER LA SALSA GUACAMOLE:

2 avocado molto maturi

2 lime

1 pomodoro

1 cucchiaio di coriandolo fresco

PROCEDIMENTO

Rosola la carne in una padella calda per 2’, trasferiscila in una teglia oleata e cuoci nel forno statico già caldo a 180° per 15’. Sforna e fai riposare 15’ avvolgendola in carta d’alluminio. Affetta e taglia le fette a julienne Affetta le cipolle di Tropea e falle appassire in una casseruola con dell’olio evo, aggiungi il basilico e regola il gusto con il sale e con qualche goccia di tabasco.

Taglia il pomodoro a spicchi e privalo dei semi.

Sbuccia gli avocado, elimina il nocciolo, schiaccia la polpa con una forchetta e bagna il tutto con il succo di un lime.

Trasferisci avocado e pomodoro in una ciotola, regola di sale e profuma con il coriandolo.

Farcisci i tacos con la carne, le cipolle, la salsa guacamole e qualche fogliolina verde di misticanza.

NEM CHUA - INSALATA DI MAIALE CON CETRIOLO IN AGRODOLCE

Il connubio perfetto di texture e sapori è senz’altro una delle caratteristiche più entusiasmanti della cucina del Sud-est asiatico, come i sentori che scoprirete con questo piatto.

DOSI per 3-4 persone

PORTATA: antipasto o secondo piatto

DIFFICOLTÀ: semplice

PREPARAZIONE: 20’

COTTURA: 30’

INGREDIENTI

400 g Etrusca al Whisky

1 cetriolo grande

4 scalogni

2 lime, il succo

2 rametti di coriandolo, le foglie

2 rametti di menta, le foglie

50 g di anacardi o arachidi tostati

4 cucchiai di aceto

1 cucchiaio di zucchero

2 cucchiai di salsa di pesce già pronta

sale

PROCEDIMENTO

Una volta tolta la carne dall’involucro protettivo rosolala in una padella calda per 2’, trasferiscila in una teglia spennellata di olio e cuoci nel forno statico già caldo a 200° per 13’-15’.

Sforna e abbatti (raffredda).

Trita grossolanamente le arachidi o gli anacardi.

Affetta finemente gli scalogni, sbuccia il cetriolo, elimina i semi e affettalo a strisce sottili: trasferisci le verdure in una ciotolina.

Ottieni dai lime il succo e mescolalo alla salsa di pesce.

In una casseruola scalda a fuoco dolce l’aceto e lo zucchero, porta ad ebollizione e versalo sulle verdure.

Deglassa il fondo di cottura del maiale con il succo di lime e pesce, filtra e uniscilo alle verdure.

Affetta la carne di maiale.

Al momento di servire distribuisci sul piatto le fette di maiale, le verdure con il condimento, qualche foglia di menta e/o coriandolo e una spolverata di arachidi o di anacardi.

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