TheBAG - VENICE BIENNALE ARCHITETTURA GUIDE 2023 - The Laboratory of the Future

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published by Venezia News
18. INTERNATIONAL ARCHITECTURE EXHIBITION

ICÔNES a Punta della Dogana

Josef Albers / James Lee Byars / Maurizio Cattelan / Étienne Chambaud / Edith Dekyndt

Sergej Eisenstein / Lucio Fontana / Theaster Gates / David Hammons / Arthur Jafa / Donald Judd

On Kawara / Kimsooja / Joseph Kosuth / Sherrie Levine / Francesco Lo Savio / Agnes Martin

Paulo Nazareth / Camille Norment / Roman Opałka / Lygia Pape / Michel Parmentier

Philippe Parreno / Robert Ryman / Dineo Seshee Bopape / Dayanita Singh / Rudolf Stingel

Andrej Tarkovskij / Lee Ufan / Danh Vo / Chen Zhen

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Mostra 02.04.23 — 26.11.23 Venezia
della Dogana
Grassi
Agnes Martin, Blue-Grey Composition 1962. Pinault Collection © Agnes Martin Foundation, New York / SIAE, 2023. Ph: Marco Cappelletti © Palazzo Grassi Punta
Palazzo
Pinault Collection
pinaultcollection.com/palazzograssi
5 MAG 18. INTERNATIONAL ARCHITECTURE EXHIBITION pinaultcollection.com/palazzograssi CHRONORAMA a Palazzo Grassi Mostra 12.03.23 — 07.01.24 Venezia Tesori fotografici del 20° secolo Gian Paolo Barbieri, Benedetta Barzini, with a Valentino Poncho and Coppola e Toppo Jewelry 1969, Vogue © Condé Nast Punta della Dogana
Grassi Pinault Collection
Palazzo
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7 MAG 18. INTERNATIONAL ARCHITECTURE EXHIBITION
A MAJESTIC SETTING FOR CONTEMPORARY CUISINE Immerse yourself in a dining adventure of infinite tastes at Restaurant Club del Doge, where an authentic gourmet cuisine pairs perfectly with an attentive service and a stunning location on the Grand Canal. FOR INFORMATION AND RESERVATIONS, PLEASE CALL +39 041 794611 OR VISIT CLUBDELDOGE.COM ©2021 Marriott International, Inc. All Rights Reserved. All names, marks and logos are the trademarks of Marriott International, Inc., or its affiliates. THE LUXURY COLLECTION HOTELS & RESORTS

RADIALS

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Presenta 18.05.2023 10.11.2023
11 MAG 18. INTERNATIONAL ARCHITECTURE EXHIBITION

After all, this is just an exhibition and these are just practitioners who express ideas, concepts, and I did what any other curator of an exhibition would have done Lesley Lokko

Roberto Cicutto p.14

Lesley Lokko p.20

Demas Nwoko p.39

Christopher Turner p.49

Fosbury Architecture p.54

The Laboratory of the Future p.69

MAG 18. INTERNATIONAL ARCHITECTURE EXHIBITION Global Time Accra at the centre of the globe © Alice Clancy

Le scelte più lontane dal politicamente corretto possono per certi aspetti essere paradossalmente anche quelle più vicine al politicamente corretto. Da Presidente non ho pensato di affidare la curatela a Lesley Lokko in quanto “donna africana”, designazione che potrebbe essere facilmente etichettata come politicamente corretta, ma ho scelto quello che una donna africana come Lesley Lokko mi ha trasmesso

LA SCELTA

The choices which may seem the furthest from political correctness may in some respects paradoxically also be the ones which are the closest to it. As President of the Biennale I haven’t chosen Lesley Lokko as curator of the exhibition just because “she is an African woman”, but I have chosen what an African woman like Lesley Lokko has passed on to me

Roberto Cicutto

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Presidente La Biennale di Venezia ROBERTO CICUTTO
18. INTERNATIONAL ARCHITECTURE EXHIBITION

La scelta di Lesley Lokko nasce da una riflessione profonda e dall’aver considerato come delle vere e proprie “scuole” le mostre curate da Hashim Sarkis prima e Cecilia Alemani poi, che hanno fin qui scandito il mio mandato e che mi hanno insegnato molto in termini di esperienza. Avendole vissute dall’interno, pur con due curatori che non avevo nominato io, ho avuto la possibilità di analizzare soprattutto le reazioni dei diversi pubblici nei confronti di queste due esposizioni, ovviamente diverse per tematiche e contenuti, ma ugualmente capaci di arricchirmi in maniera davvero significativa. Ho potuto concentrarmi sull’impatto che hanno avuto sul mondo degli addetti ai lavori, su quello dei ricercatori o di chi si occupa di formazione, con occhio attento al forte aumento di giovani visitatori che si è registrato in entrambe le esposizioni internazionali. La mostra di Sarkis ha rafforzato in me la convinzione che, a prescindere dal loro status vero o presunto di ‘archistar’, fosse importante rivolgersi a professionisti che nel ruolo di curatori si interrogassero profondamente sulle esigenze del mondo contemporaneo, naturalmente portando poi manufatti o modelli di edifici come espressioni tangibili delle proprie riflessioni e convinzioni. Il mondo contemporaneo ci ha mostrato in brevissimo tempo tante e diverse criticità, partendo dalla pandemia, passando poi per lo scoppio di una guerra tragica come quella ancora in corso in Ucraina e sfociando dunque in un inasprimento della crisi climatica in tutti i suoi drammatici e sempre più evidenti risvolti energetici. Il contesto mondiale attuale sembra quindi averci dato parecchi spunti per poter agilmente individuare quali siano i temi sui quali dovremmo focalizzarci prioritariamente. Prima di scegliere la nostra curatrice abbiamo steso una lunga lista di architetti, sentendo diverse persone e guardandoci bene attorno. Avevo avuto già modo di conoscere di persona Lesley Lokko, essendo stata membro della Giuria Internazionale proprio della Biennale diretta da Sarkis. Tra il novero dei potenziali candidati compresi nella lista che avevamo stilato è stata quella che certamente mi ha convinto di più. In lei ho trovato una professionista capace di occuparsi di architettura in maniera teorica ma non ideologica, con una mentalità aperta, con una visione precisa sul senso più profondo del fare architettura oggi nella quale ho ritenuto che il mondo, in primis la comunità dell’architettura internazionale, avrebbe trovato molti stimoli vivi nell’atto di confrontarsi con essa. Portando alla ribalta il contesto africano Lesley ci mette in contatto con la parte del mondo anagraficamente più giovane, ma che paradossalmente ha già affrontato nella propria storia le criticità che il mondo occidentale oggi ritrova drammaticamente nella propria agenda quotidiana. Quando mi ha raccontato quello che avrebbe voluto fare mi sono reso conto di come le materie trattate nel suo racconto si sarebbero dimostrate universali, trasversali, stimolanti per diversi pubblici e assolutamente doverose di attenzione e risalto su un ideale tavolo di discussione e confronto. Credo che la cosa più interessante in questo momento sia proprio avere una posizione chiara e definita su cui potersi confrontare, oltre che fornire una panoramica su quello che nel mondo sta succedendo.

Dall’intervista pubblicata su «VeNews», maggio-giugno 2023

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Lesley Lokko and Roberto Cicutto Photo Jacopo Salvi - Courtesy of La Biennale di Venezia
ROBERTO CICUTTO
L

THE CHOICE

Lesley Lokko’s choice is the result of a deep reflection as well as of having considered the last two exhibitions curated respectively by Hashim Sarkis and Cecilia Alemani as real schools because they have taught me a lot in terms of experience. Having experienced them from the inside, even if I hadn’t appointed myself the two curators, I had the opportunity to analyze the reactions of the different audiences towards these two exhibitions which were very different in themes and contents, but equally capable of enriching me in a significant way. I was able to focus on the impact they had on the world of insiders, researchers or those involved in training and in particular on the strong increase in young visitors in both international exhibitions. Sarkis’ exhibition strengthened my conviction that it was important to turn to professionals who, in their role of curators, regardless of their real or supposed status as “starchitects”, could deeply question the needs of our contemporary world and bring artifacts or models of buildings as a concrete expression of their reflections and beliefs. The contemporary world has shown us in a very short time many different critical issues, starting from the pandemic, then going through the outbreak of a tragic war like the one still underway in Ukraine and thus resulting in an exacerbation of the climate crisis in all its tragic and increasingly evident energy implications. The current world context therefore seems to have helped us to identify quite easily the priority issues to focus on. Before choosing our curator, we drew up a long list of architects, listening to different people. I had already had the opportunity to meet Lesley Lokko in person, as she was a member of the International Jury of the Biennale directed by Sarkis. She was the one who certainly convinced me the most among the potential candidates included in the list we had drawn up as, in my opinion, she is a professional capable of dealing with architecture in a theoretical but not ideological way. I was particularly impressed by her open mindedness and her precise vision on the meaning of making architecture today. By bringing Africa to the fore, Lesley puts us in contact with the youngest continent in the world which paradoxically has already addressed in its history many of the big issues the Western world is facing today. When she told me what she wanted to do, I soon realized that the subjects she was dealing with would be universal, transversal, stimulating for different audiences and absolutely deserving the attention of all the participants in the table. I think the most interesting thing right now is to have a clear and defined position open to discussion, not only to give an overview of what is happening in the world.

From the interview published on «VeNews», May-June 2023

Roberto Cicutto A born-and-bred Venetian, Roberto Cicutto’s career has been based around the film industry, where for three decades he has worked as an independent producer and distributor (Mikado Film, Sacher Distribuzione, Cinemaundici). He was President and Chief Executive Officer of Istituto Luce-Cinecittà. Since 2020 he has been President of the Venice Biennale.

16 President of La Biennale di Venezia ROBERTO CICUTTO
Roberto Cicutto
18. INTERNATIONAL ARCHITECTURE EXHIBITION
17 MAG 18. INTERNATIONAL ARCHITECTURE EXHIBITION
18 comeinpairs Thuswavescome Thuswavescome wavescome wavescome Thus waves come in pairs Curated by Barbara Casavecchia Simone Fattal Mer – Dom / Wed – Sun 11:00 – 18:00 Ingresso gratuito / Free entrance Ocean Space Chiesa di San Lorenzo, Venezia ocean-space.org | tba21.org/academy
19 MAG 18. INTERNATIONAL ARCHITECTURE EXHIBITION 22.4 — 5.11.23 Thuswavescome comeinpairs comeinpairs Petrit Halilaj & Mer – Dom / Wed – Sun 11:00 – 18:00 Ingresso gratuito / Free entrance Ocean Space Chiesa di San Lorenzo, Venezia ocean-space.org | tba21.org/academy Álvaro Urbano Co-commissioned by TBA21-Academy and Audemars Piguet Contemporary

When I started thinking about the opportunity to put Africa centre stage in the Biennale, I began to think about an expanded Africa, because the truth of our existence in Africa is that we are always in the mirror of the diaspora Lesley Lokko

For this interview with Lesley Lokko we have prepared some questions by focusing on a couple of keywords. The five keywords we have chosen are: otherwise, future, narratology, and the two binomials theory/practice and time/imaginary

MAG 18. INTERNATIONAL ARCHITECTURE EXHIBITION LESLEY LOKKO 21
My City As far as the eye can see, Accra, Ghana © Alice Clancy Umbrella Kaneshie market from the air, Kaneshie, Accra, Ghana © Festus Jackson Davis After the Rain Woman dancing across puddles, Osu, Accra, Ghana © Festus Jackson Davis

Per esplorare a fondo il progetto di Lesley Lokko abbiamo pensato a delle domande sotto forma di parole chiave. Le 5 parole chiave che abbiamo scelto sono: ALTRIMENTI, FUTURO, NARRATOLOGIA e i due binomi TEORIA/PRATICA e TEMPO/IMMAGINARIO. La nostra analisi continua con un approfondimento per ciascuno degli 89 practitioner (vedi p.69), per conoscere più da vicino il loro modo di concepire la pratica architettonica e per integrare attraverso il loro contributo la nostra riflessione sul Laboratorio del Futuro

Lesley Lokko Non so se intendo il termine “altrimenti” proprio nel modo in cui lo descrive lei. Per me non implica solo un’alternativa ma anche qualcosa di diverso: “avrei fatto questa cosa diversamente” per me può significare “avrei fatto qualcosa di diverso”. Il che implica una certa contingenza. La questione è che molti dei partecipanti non si pensano “altrimenti” rispetto alle pratiche contemporanee dell’architettura, bensì come a figure centrali del dibattito. In un certo senso è vero che molti di loro rientrano nella categoria dell’“altrimenti”, anche se non necessariamente nella modalità del “diverso”. Come ho già detto molte altre volte, però, appartenere all’Africa rende molto complesso definirsi nella dimensione di un “altrimenti”, in quanto si è semplicemente se stessi. È come se i partecipanti a questa mostra, per potersi esibire, stessero cercando di mantenersi in equilibrio su una fune tesa tra il sentirsi sufficientemente sicuri e il sentirsi sufficientemente a proprio agio, tra l’essere sufficientemente consapevoli di essere osservati attraverso altri occhi e l’essere sufficientemente coraggiosi da non permettere a questo sguardo di alterare quello che si vuole esprimere. È un modo molto complesso per dire, più semplicemente, che si è nello stesso tempo “altro” e “non altro”. Non so se questa riflessione complichi o semplifichi la domanda. Credo sia stato Frantz Fanon ad affermare che una delle prime cose che capì quando si interrogò sul significato di essere nero fosse proprio il fatto di essere oggetto dello sguardo altrui [cfr. Pelle nera, maschere bianche, Frantz Fanon, cap. 5, n.d.r.]. La consapevolezza di essere osservati e di essere nello stesso tempo se stessi è un processo estremamente complesso. Penso che molti dei partecipanti a questa Biennale procedano su questa fune tesa con estrema attenzione.

Michele Cerruti But La sua risposta mi ha fatto tornare alla mente un lavoro di Fred Moten e Stefano Harney, Undercommons. Pianificazione fuggitiva e studio nero. Mi sembra che la loro accezione di “undercommons” racchiuda già in parte gli aspetti che lei ha appena evidenziato. Si prova a suggerire qualcosa, si tenta di vivere in maniera diversa, ma in fondo la differenza è già qui, in un presente sotterraneo e condiviso, e non tanto in un altro mondo utopico.

Quando si prova a proporre delle voci nuove, che non sono mai state al centro dell’attenzione prima d’ora, la gente si aspetta di trovare qualcosa di radicalmente diverso. In fondo questa è solo una mostra e questi sono solo practitioner che esprimono idee, concetti, e io ho fatto ciò che avrebbe fatto qualsiasi altro curatore di una mostra.

Penso che le persone che verranno a visitare Il laboratorio del Futuro con l’aspettativa di trovare qualcosa di completamente estraneo rimarranno deluse, perché noi non veniamo da un altro pianeta. La differenza sta piuttosto nella disposizione, forse anche nell’impiego delle risorse, nell’atteggiamento verso il modo di costruire, verso l’architettura in senso lato, verso il potere. Credo, insomma, che saranno le sfumature dell’approccio che potranno evidenziare delle differenze nel fare e pensare architettura rispetto a come tradizionalmente si è fatto e pensato sino ad oggi.

_1 Ci sembra che il concetto di “altrimenti” (“otherwise”) sia un tema ricorrente per la Biennale. Ma mentre in italiano il termine “altrimenti” sembra riferirsi a una alternativa, a un “pianeta B”, la maggior parte dei partecipanti sembra attribuire a “otherwise” un significato diverso. Conseguenza di un processo di riformulazione della Storia, “otherwise” sembra essere inteso più come un “altrove”, come se nel ripensare il passato ci trovassimo in un presente che è già qui, ma è appunto altro, senza esserne un’alternativa. Alcuni partecipanti in particolare, come ad esempio atelier maso¯mı¯, Theaster Gates Studio e Cave_ bureau, stanno sviluppando a fondo questo aspetto. Abbiamo chiesto a L.L. qual è la sua idea di “altrimenti”.

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THE LABORATORY OF THE FUTURE
ALTRIMENTI_1
Curatrice LESLEY LOKKO intervista di Michele Cerruti But
Lesley Lokko Photo Jacopo Salvi - Courtesy of La Biennale di Venezia
LESLEY LOKKO

L.L. La necessità di attribuire un nome a un concetto è profondamente radicata in tutti noi. Per afferrare il significato di qualsiasi cosa è necessario poterlo innanzitutto ben articolare. Etichette quali laboratorio, Afrofuturismo, futuro, Africa possono in una certa misura essere utili nella comunicazione in quanto scorciatoie per restituire ad operatori e pubblico un’idea assai più articolata e complessa del fare e pensare, nel nostro caso, architettura. Personalmente sono però più interessata a lavorare sulla comprensione a lungo termine, in quanto è proprio in questo esercizio condotto con scavo e convinzione adeguati che si trova un possibile punto d’incontro tra diversi mondi, tra diversi modi di pensare e vivere in società e quindi di fare, conseguentemente, architettura. Tutti noi ci tormentiamo nel disperato tentativo di capire da dove veniamo, dove stiamo andando, che cosa facciamo e perché lo stiamo facendo. È un enigma universale. Invitando al tavolo di discussione voci, persone e luoghi che normalmente ne erano esclusi spero si possa capire meglio in che cosa effettivamente consista questo tavolo.

FUTURO_2

La Biennale ha una durata di sei mesi, un tempo relativamente lungo che permette di sviluppare a fondo un discorso su un argomento che si colloca tra la vulgata dell’Afrofuturismo, che evoca in qualche modo la magia, e la realtà delle concrete condizioni di vita, sia qui che altrove, in luoghi “altri”. Questa tensione tra l’“altro” e il “sé”, che rimanda peraltro alla prima domanda che mi ha posto, è presente in ogni cosa. Non considero Il laboratorio del Futuro una risposta a qualcosa, ma piuttosto un tentativo di porre un’intelligente serie di domande. Forse da un progetto come questo ci si aspetta una risposta, ma per me questa mostra si pone a monte della risposta, perché, prima di tutto, cerca di capire come formulare delle domande.

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Si potrebbe quasi parlare di un “minore” che, per dirlo in termini kafkiani, prende una lingua maggiore per farne un altrimenti. Un “minore consistente” che in qualche modo corrisponde anche a quello di cui ci avvaliamo per capire meglio il futuro. L.L. ha affermato che il suo Laboratorio del Futuro è qualcosa di molto pratico, ma in cosa consiste esattamente il futuro? Molti dei partecipanti suggeriscono un futuro inesistente o, al massimo, un futuro fatto di un insieme di memorie ancestrali e di scenari basati sulla pratica. Ciò che Lokko suggerisce è un’idea molto concreta e pragmatica, l’idea di un futuro inteso come un vero e proprio laboratorio collettivo, una sorta di atelier aperto. Forse qualcuno potrebbe definire questa Biennale una sorta di riflessione sull’Afrofuturismo, anche se guardando al modo di lavorare, per esempio, di Hood Design Studio, di MASS Design Group o di Craig McClenaghan possiamo affermare che ciò è solo in parte vero e che una definizione di questo tipo risulta alquanto riduttiva.

24 THE LABORATORY OF THE FUTURE Curatrice
LESLEY LOKKO intervista
Una mostra di architettura è il connubio perfetto di questi due processi ideativi: da un lato il desiderio dello scrittore di esplorare e dall’altro il desiderio dell’architetto di creare

Opening: 19 May 2023, 7pm

Thursday — Monday 10am — 6pm

Complesso dell’Ospedaletto

Barbaria de le Tole 6691

Venice

VENEZIA FABRICA FUTURA

An ecocritical laboratory projecting present Venice into the future

L.L. Quando ho iniziato a scrivere romanzi, circa trent’anni fa, ero mossa dal senso di rabbia che provavo nei confronti dell’architettura. Avevo la sensazione che non mi lasciasse abbastanza spazio per esplorare, che mi chiedesse semplicemente di spiegare me stessa. Ciò che invece ho cercato di dimostrare fin da studentessa era l’estrema difficoltà di riuscire ad esplorare qualcosa cercando nello stesso tempo di spiegarla. Ho deciso dunque di abbandonare temporaneamente l’architettura per dedicarmi alla scrittura perché ho ritenuto che quest’ultima fosse capace di rispondere meglio agli stimoli e alle domande che avvertivo più urgenti. L’esplorazione fa parte della narrazione, è un dato assodato. Il modo in cui l’architettura mi veniva insegnata, raccontata sostanzialmente come una storia solida, escludeva invece l’idea di esplorare; si trattava ‘solo’ di memorizzare e di creare qualcosa di materiale e di concreto. All’inizio della mia attività di scrittrice sono rimasta sorpresa nel riscontrare una grande similitudine tra la scrittura di un romanzo e la realizzazione di un’architettura: per me erano due attività che seguivano uno stesso processo ideativo. L’esperienza maturata durante i dieci o quindici anni passati a scrivere romanzi mi ha dato la fiducia necessaria a considerare l’architettura stessa come una forma di narrazione, anche se ovviamente si avvale di strumenti diversi, quali lo spazio, il disegno, i materiali, e così via. In un certo senso una mostra di architettura è il connubio perfetto tra questi due processi ideativi: da un lato il desiderio dello scrittore di esplorare e dall’altro il desiderio dell’architetto di creare. Penso siano due facce di una stessa medaglia. In questa mia prima esperienza di curatrice posso affermare che mettere insieme questi due mondi è stato l’aspetto più intrigante e coinvolgente del lavoro sin qui svolto.

M.C.B. È come trovarsi di fronte a una riconciliazione formale tra teoria e pratica…

Sì, è proprio così. Penso anche di non aver mai capito appieno la differenza tra pratica e mondo accademico o tra quest’ultimo e lo scrivere romanzi. I confini tra questi mondi non mi sono ancora del tutto chiari. Sono anche pienamente consapevole che il mio approccio verso l’architettura è solo uno fra i tanti possibili. Vi sono svariati modi di affrontare questa materia, ma ciò che mi affascina di più dell’architettura è proprio la sua poliedricità. Ho scelto questa disciplina sperando che essa mi potesse fornire l’opportunità di studiare dei temi specifici in modo molto approfondito; è stata questa aspettativa ad attrarmi inizialmente. In realtà quando poi mi sono allontanata dall’architettura per avvicinarmi ad altre discipline mi sono resa conto di aver appreso molte pratiche e formulazioni teoriche rilevanti, ma al contempo ho capito che le avevo attraversate assai superficialmente.

M.C.B. In Italia diciamo spesso che gli ingegneri sanno tutto di una cosa sola mentre gli architetti sanno solo qualcosa, ma di un po’ di tutto…

Non era questa l’idea che mi ero originariamente fatta della figura dell’architetto. Pensavo che sarei diventata un po’ come un ingegnere o un dottore, che avrei maturato delle conoscenze disciplinari molto approfondite. Ma non è andata affatto così.

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Ciò che colpisce di più della linea curatoriale di questa Biennale è quanto l’architettura si intrecci strettamente con il concetto di “narrazione”. Ciò si ricollega anche alla specifica attività della curatrice, che è decisamente poliedrica, occupandosi non solo di spazi ed immagini ma anche di scrittura. E lo stesso vale per molti dei partecipanti. Basti pensare, ad esempio, allo straordinario lavoro sulla “città giusta” (“the just city”) di Toni L. Griffin e il suo Urban American City Studio (urbanAC), o a Project Detroit o, ancora, alle immagini fantastiche di Olalekan Jeyifous. Qual è allora il ruolo della narrazione in un settore decisamente fondato sulla pratica costruttiva, quale è quello dell’architettura e dell’urbanistica? In altre parole, qual è la “pratica del narrare”?

27 MAG 18. INTERNATIONAL ARCHITECTURE EXHIBITION LESLEY LOKKO Curatrice LESLEY LOKKO intervista
NARRAZIONE_3

L.L. Quando iniziai a pensare a quali potessero essere i potenziali partecipanti a questa Biennale stavo leggendo The Black Atlantic [The Black Atlantic: L’identità nera tra modernità e doppia coscienza di Paul Gilroy, n.d.r.], un saggio che parla di una sorta di identità del futuro, uno spazio-nazione o identità nazionale che va al di là del tradizionale concetto di stato-nazione. Ho trovato questa idea molto interessante, ancor di più connettendola ad altri scritti di Paul Gilroy sulla musica nera. In sintesi, in questo saggio le persone sono accomunate non dal luogo geografico di appartenenza o di nascita, bensì da una serie di esperienze condivise. Quando ho iniziato a pensare alla possibilità di porre al centro della scena l’Africa, pensavo ad un’Africa allargata, perché in effetti quando si parla di Africa si pensa inevitabilmente anche alla diaspora. Quando si opera nel mondo dell’architettura e dell’arte è molto raro che si viva e lavori in un medesimo luogo, anche se in passato è invece sembrato che la condizione pressoché esclusiva del nostro stare al mondo fosse quella di esistere in un luogo specifico. Oggi più che mai, invece, siamo messi in relazione ad altri luoghi grazie alla tecnologia informatica, a internet, o anche semplicemente come conseguenza di trasformazioni di tipo culturale o ideologico. Per me era quindi molto importante riuscire a catturare questo specifico, nodale aspetto della contemporaneità nel Laboratorio del Futuro. La natura stessa del modo di lavorare dei practitioner invitati spiega in parte la presenza simultanea di molti di loro sia nella mostra all’Arsenale che in quella al Padiglione Centrale ai Giardini. Lo stesso vale in certa misura anche per i padiglioni nazionali. Quando ho incontrato i vari curatori – gran parte dei quali hanno accolto positivamente l’idea di Laboratorio del Futuro – uno degli aspetti interessanti emersi dalle nostre conversazioni è stato proprio il fatto che tutti stavamo creando nuovi territori di comunanza. Se a Grenada, per fare solo un esempio, si sta lavorando su un progetto che ha a che fare con l’acqua e ad Abu Dhabi si sta lavorando sulle risorse idriche in riferimento a qualcosa che sta succedendo in Finlandia, allora si viene a definire un concetto di territorio che non ha più nulla a che vedere con una sua specifica ubicazione geografica, riferendosi estesamente ad orizzonti concettuali di più ampio spettro nel segno di alcune globali criticità condivise, vedi nello specifico, in questo caso, il cambiamento climatico. Ed è così che ho iniziato a pensare alle grandi questioni legate alla decolonizzazione e alla decarbonizzazione, chiedendomi se potessero essere proprio queste ad anticipare, predeterminandole, nuove forme identitarie del vivere il nostro Pianeta. Recentemente stavo leggendo di quanto il concetto di genere sia vissuto in forme decisamente fluide tra i giovani della cosiddetta Generazione Z. È un modo di vivere la propria identità nuovo e decisamente diverso rispetto ai canoni seguiti nei secoli alle nostre spalle. Ora ci stiamo muovendo teoricamente verso un’idea molto più ibrida e fluida, per l’appunto, ma è come se il nostro comportamento, il nostro linguaggio, la nostra stessa architettura non si fossero ancora compiutamente adeguati a questa disposizione mentale. Ecco, diciamo allora che per certi aspetti il gruppo di practitioner invitati alla nostra esposizione esplora in particolare proprio questo nuovo concetto d’identità.

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Parliamo del binomio teoria/pratica, polarità che forse non è propriamente corretto considerare in una chiave meramente oppositiva; si tratta piuttosto di un modo olistico di considerare l’architettura nella sua disseminazione di pratica e di teoria, o di pratica e di ricerca. Analizzando i lavori dei singoli partecipanti emerge un quadro che restituisce una prospettiva ancora più ampia. In passato in Europa è maturata una profonda riflessione sulla capacità di trasformare lo spazio condotta da Jeremy Till, Tatjana Schneider e Nishat Awan in Spatial Agency: Other Ways of Doing Architecture, 2011, un lavoro davvero eccezionale, un’analisi a dir poco strabiliante sulla nostra capacità di intervenire sullo spazio e sulla realtà. Ma prendendo in esame alcuni partecipanti della mostra, come ad esempio Ibrahim Mahama o Kibwe Tavares (Basis), sembra emergere qualcosa di diverso e di ulteriore. Probabilmente lo stretto legame con KNUST ad Accra e Kumasi ha influenzato enormemente il loro modo di lavorare: una pratica che combina architettura e arte che è decisamente qualcosa di molto diverso da quello cui eravamo sinora abituati. L.L. ci parla del contributo che secondo lei la diaspora africana ha dato a questo nuovo approccio verso la polarità teoria/pratica.

TEORIA/ PRATICA_4

Lesley Lokko Nata a Dundee, Scozia, cresciuta in Ghana e in Scozia. Ha insegnato nel Regno Unito, negli Stati Uniti, in Europa, in Australia e in Africa. Nel 2015 fonda la Graduate School of Architecture all’University of Johannesburg. Nel 2020 apre ad Accra, in Ghana, l’African Futures Institute, che tuttora dirige. Direttrice di «Folio: Journal of Contemporary African Architecture», autrice di White Papers, Black Marks: Race, Space and Architecture, scrittrice di numerosi bestseller. Curatrice della Biennale di Architettura 2023.

28 THE LABORATORY OF THE FUTURE
Curatrice LESLEY LOKKO intervista

L.L. L’età media in Africa è al di sotto dei vent’anni, vale a dire la metà dell’età media in Europa e negli Stati Uniti. Ciò significa che la stragrande maggioranza delle persone nel nostro continente ha ancora tanti anni di vita davanti a sé. In un contesto di questo tipo se si dà a una popolazione così giovane la possibilità di agire – e per agire non intendo “autorizzare le persone a fare qualcosa”, come gli americani spesso intendono – è evidente che ciò può rappresentare un potenziale enorme, perché si tratta di un vasto insieme dinamico di persone che ha tutto il tempo di esplorare, di fare errori, di riprovare e di rielaborare proprie idee e progettualità. Ricordo di essermi trovata una decina di anni fa ad una conferenza dove un architetto austriaco aveva parlato di un suo progetto attorno al quale aveva riunito studenti e senzatetto proprio perché i primi avevano ancora tutta la vita davanti a sé, mentre i secondi consideravano la loro vita ormai finita. Mettendo insieme queste due categorie il suo obiettivo era quello di analizzare la tensione che viene a crearsi tra l’avere a disposizione molto tempo e l’averne poco o, meglio, tra l’averne molto e il non averne più. Nello stesso modo per me portare così tante voci giovani alla Biennale è un modo per dire: «abbiamo tempo, il tempo è dalla nostra parte». Quello che affermiamo a 24 o 27 anni è spesso molto diverso da quello che affermiamo poi a 57 anni. Quando si è giovani si ha l’opportunità di dire qualcosa e di poterla rivedere in continuazione. Può sembrare strano che io dica questo considerando la mia età, 59 anni. Ho davanti a me forse solo una decina d’anni per portare avanti un progetto di questo tipo. Ma ho anche la sensazione di dire oggi la stessa cosa che dicevo trent’anni fa, solo che all’epoca il mondo dell’architettura non era ancora pronto a questo ascolto. È come se stessi dicendo la stessa cosa già da molto tempo, insomma; l’unica differenza è che in questo momento ho di fronte un pubblico pronto ad ascoltarmi.

M.C.B. I miei studenti vorrebbero chiederle come diventare practitioner del futuro…

L’unico consiglio che mi sento di dare agli studenti che mi chiedono come diventare dei practitioner è di cercare di esprimere la loro voce più autentica. Qualsiasi essa sia. Ho passato molto del mio tempo a studiare architettura cercando di essere quello che pensavo un architetto dovesse essere. Ma è solo quando ho realizzato che quella voce doveva essere la mia voce che mi sono sentita davvero libera.

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La nostra prossima domanda, che voleva aprire una discussione sull’immaginario e sui modi per superare l’onnipresente immaginario occidentale, andrebbe ora riformulata in ragione delle possibilità che L.L. ci ha prospettato di trovarci già di fronte a un immaginario decoloniale e postcoloniale, sostenendo che «la storia dell’architettura non è sbagliata, è semplicemente incompleta perché al suo tavolo mancano vaste fasce di umanità». I nuovi territori di comunanza che L.L. mette in evidenza fanno emergere il fatto che non si tratti tanto di cercare un altro immaginario, un immaginario decoloniale che ci permetta di superare i problemi del passato, quanto di riconoscere che questo immaginario altro è invece già qui, in quanto la presenza di practitioner neri è di per sé un immaginario esistente, contemporaneo. Significativo in tal senso è trovare ad esempio fra i partecipanti Courage Dzidula Kpodo, il quale, con la sua opera Postbox Ghana, osserva e descrive in modo personale e pregnante le varie forme in cui le persone si relazionano con l’architettura moderna. Se inizialmente la domanda era: “qual è l’immaginario che lei propone?”, preferiamo ora invece chiederle: “qual è il tempo dell’immaginario in cui sta cercando di addentrarsi?”.

29 MAG 18. INTERNATIONAL ARCHITECTURE EXHIBITION LESLEY LOKKO ENG
IMMAGINARIO_5
TEMPO/

For this interview we have prepared some questions by focusing on a couple of keywords. The five keywords we have chosen are: OTHERWISE , FUTURE , NARRATOLOGY, and the two binomials THEORY/PRACTICE and TIME/IMAGINARY. Further on (see p.69) we also tried to unpack Lesley Lokko’s programme by deepening one by one all the 89 practitioners, to understand what kind of contributions they may give to our reflections on The Laboratory of the Future

Lesley Lokko I don’t know if I understand “otherwise” in quite the same way you are describing it. For me “otherwise” implies not just an alternative but also something different. So I understand it in this sense: “I would have done this otherwise, I would have done something else”. There is a kind of contingency involved. And I think the point with most of the practitioners is that they don’t think of themselves as “otherwise”, they think of themselves as central to architectural practice. There is a way in which many of these practitioners are framed not necessarily as “otherwise”, but just as “other”. As I have said many times, when you are inside Africa it’s very difficult to think of yourself as “other”. Because you just are. The exhibition, I think, is trying to walk that tightrope between being confident and comfortable enough to take place, to take the stage. Being aware enough that you are always viewed from the lens of someone else. But also, being brave enough not to allow the gaze on you to alter what you want to say. It’s a very complex way of saying that we are both otherwise and not otherwise simultaneously. I don’t know if that complicates the question or if it simplifies it. I think it was Frantz Fanon who said that one of the first things he understood about being black in the world was the fact of being the object of other people’s gazes [editor’s note: check especially the fifth chapter of F. Fanon, “Black Skin, White Masks”]. That awareness of being looked at as well as being at the same time one’s own self, I think is a complicated and quite complex condition. I’m sure many of the practitioners who are taking part in the Biennale straddle that tightrope carefully.

OTHERWISE_1

Michele Cerruti But You just reminded me of the work The Undercommons: Fugitive Planning & Black Study by Fred Moten and Stefano Harney. Within this “undercommons” there is much of that framework: somehow you are already there. You suggest something, you can live differently, but the difference is already in the present and not somewhere else.

When you try to do something different or you bring voices that have not previously been in the centre, there is always a huge expectation that you are going to say something that is radically different. After all, this is just an exhibition and these are just “practitioners” who express ideas, concepts, and I did what any other curator of an exhibition would have done. So, on the one hand, I think people who come to this exhibition expecting to see something otherworldly or otherwise will probably be disappointed because we are not otherworldly, we are not from somewhere else, we are from here. I think the difference is really in the approach. Possibly also in the use of resources, in the attitude towards building, towards architecture, towards power. It is more in the nuances and in the subtlety of approach that one will find a difference.

_1 We think that the Biennale is focusing many times on the very concept of the “otherwise”. Nevertheless, while in Italian the word “otherwise” seems to refer to a planet B, we must find another solution, “an alternative”, since most of the selected practitioners deal with the otherwise differently. It seems that, as a result of a process of reframing history, the otherwise is more about “somewhere else”, another place, rather than about an alternative. Pratictioners such as atelier masōmī, Theaster Gates Studio, and Cave_bureau are deeply working on this aspect.

30 THE LABORATORY OF THE FUTURE ENG
Curator LESLEY LOKKO interview by Michele Cerruti But
31 LESLEY LOKKO
Accra © Lesley Lokko

L.L. The desire to name something in order to understand it is very deep in all of us. To grasp something, you have to be able to articulate it. And labels like Afrofuturism, laboratory, future, Africa are useful in one sense, because they are a kind of shortcuts to comprehension. But I am actually interested in the gap between the shortcut and the long understanding, because it is in that long and deep understanding where the common lies. We all grapple with trying to understand where we are from, where we are going, what we are doing, and why we are doing what we’re doing. This is a universal conundrum. And so, by bringing voices and people and places that have not generally been invited to the table, I’m hoping that we will have an expanded sense of what the table actually consists of. An exhibition is quite an interesting space because its time is quite finite. The Biennale lasts for six months, which is quite a long time to engage with something. So it’s somewhere between the sound bite of Afrofuturism (which conjures up magic, if you like), and the reality of the concrete conditions of life in other places, as well as of life here. This relationship between minority and majority is interesting because, quite frankly, the practitioners who are invited are the global majority. It is only here that we are seen as a minority. This tension, which comes back to the first question that you raised, this tension between “other” and “self” is present in almost everything. I don’t see it so much as an answer to something. I see it more as an attempt to ask an intelligent set of questions and maybe that’s not what an exhibition is supposed to do. An exhibition, I think, is supposed to give you a sense of an answer to something. This exhibition for me comes before the answer, trying to understand how to frame the questions.

_2 We may describe it with Kafka, with a sort of “consistent minority”, which is somehow what we also try to use to understand the future. You said that The Laboratory of the Future is something very practical. But what is the matter of the future? We see that many practitioners suggest a non-existing future or possibly a future made of both ancestor memories and practice-based scenarios. What L.L. suggests is a very concrete and pragmatic idea of the future, the future like a collective workshop, an atelier. Maybe someone could label this Biennale like a sort of reflection on Afrofuturism. But we also think that, by looking at the practices of, for instance, Hood Design Studio, MASS Design Group, or Craig McClenaghan , this is only partially true, as this labelling is definitely not enough.

FUTURE_2

MAG 18. INTERNATIONAL ARCHITECTURE EXHIBITION 33 LESLEY LOKKO Curator LESLEY LOKKO interview
An architecture exhibition is an almost perfect marriage of these two things: the novelist’s desire to explore and the architect’s desire to make

NARRATOLOGY_3

L.L. When I started writing fiction, I went to fiction out of anger. I was angry with Architecture as a discipline because I felt it didn’t allow me at the time, and we are talking about 30 years ago, the space to explore anything. I felt like Architecture simply wanted me to explain myself. And the point I kept trying to make, even as a student, was that it is very difficult to explore something and at the same time trying to explain it. So, I moved away from Architecture to fiction because I thought fiction would be more forgiving as the role of the explorer in fiction was already understood. When Architecture was told to me as a story, my job was not to explore, my job was to fix it, was to make things and material concrete and real. But when I started writing fiction and literally sat down to start writing a novel, I was amazed at how similar writing a novel is to do an architectural project, for me they were almost the same process. So I think the experience of writing fiction for 10 or 15 years, or however long it was, gave me enough confidence to think that I could approach Architecture in the same way, that I could see Architecture as a form of narration even if its tools, to a certain extent, are slightly different, as they involve space, drawing, materials, surfaces and temperature, and so on. But the impulse to try to say something, to me, has always been at the heart of Architecture and in some ways an exhibition is an almost perfect marriage of those two things: the novelist’s desire to explore and the architect’s desire to make. I think they are two sides of the same coin. This is the first time I’ve ever curated anything, and it may as well be the last, but it was very interesting bringing together these two worlds.

M.C.B. It is like a formal reconciliation between practice and theory...

Yes, and I also think that I had never fully understood the difference between practice and academia or between academia and novel writing, those boundaries to me are not very clear. I recognise that my approach to architectural practice is only one of many. There are many ways to approach this subject matter, but I think the thing that keeps me fascinated by Architecture is its plurality. I went into architecture hoping that I would know something very, very deeply. This was the initial attraction but, by the time I left, I actually knew lots and lots of things but very, very shallow.

M.C.B. In Italy we often say that engineers know everything about one thing and architects know something about everything.

That’s true and that was not what I thought the architect would be when I went into it. I went into it thinking I would be a little bit like an engineer or a doctor. I would know one thing really, really well but it didn’t happen.

_3 Lokko’s approach is interesting because it is really about trying to deeply enter in each of the aspects that she pointed out. It can be used as an opportunity for having a larger view on reality. And what is even more interesting is this crossing between architecture and what we may call “narratology”. Of course, this is also related very much to her specific practice, which is multifaceted, dealing not only with spaces, images, but also with narratives. This is true also for the practitioners, if we just think for instance about the amazing work by Toni L. Griffin and her Urban American City (urbanAC): The just city, the just urbanism is all about narrations. Let’s think about Project Detroit, for instance. Or even about the fantastic images by Olalekan Jeyifous. What is the role of narratology in Architecture and Urbanism, in a world which is practice-based. In other words, what is the “practice of narrating”?

34 THE LABORATORY OF THE FUTURE Curator LESLEY LOKKO interview

L.L. At the time when I first started thinking about who this exhibition would encompass, I was reading The Black Atlantic [editor’s note: The Black Atlantic: Modernity and Double-Consciousness by Paul Gilroy] about this idea of a nation space or a national identity that is beyond the nation state. And this was very interesting to me. Also thinking about it in terms of Paul Gilroy’s writings on black music and how he conceived the Black Atlantic as a kind of identity of the future. In other words, people are joined not by geography or birth, but by a set of experiences. When I started thinking about the opportunity to put Africa centre stage in the Biennale, I began to think about an expanded Africa, because the truth of our existence in Africa is that we are always in the mirror of the diaspora. So, especially for people who operate in the Architecture and Art worlds it is very rare that you only practise, and you only exist in one location. You always exist in relation to somewhere else as well. Whether it’s through information technology or through the Internet or through culture, whatever it is, even ideology, we are also in reflection of other places, so it was very important for me to somehow capture this aspect. And that is partly why both in the Arsenale and in the Central Pavilion at the Giardini there are so many practitioners who are here and there simultaneously, because this is the nature of their practice and it is also the nature of their references. When I met the curators from the national pavilions, one of the things which was so interesting in our conversation - since a lot of them actually responded to the statement “the laboratory of the future” - was that they seemed to be inventing new territories of commonality. Somebody in Grenada as well as in Abu Dhabi, for instance, might be working with water resources, referencing something that is happening in Finland. You begin to get this territory, this kind of geography that has nothing to do with the location, but it has to do with climate change. So I began to think about these big questions of decolonization and decarbonization. Could they actually be the forerunners of new forms of not just solidarity, but actually identity? I was recently reading something about Gen Z. The concept of gender is so fluid amongst Gen Z because they understand it as a spectrum of possibilities. And I kept thinking: “This is also very interesting because, at its core, it is a quest for identity”. And unlike the identities of the 19th and maybe even 20th century, which tended to be quite fixed, quite located, quite defensive, we’re now moving into a much more hybrid and fluid understanding. It is as if our behaviours, our language, our architectures haven’t quite caught up to that. So maybe in some ways this exhibition and this group of practitioners are a way to explore that.

_4 The binomial theory/practice is maybe not even a binomial, but rather a holistic way of seeing Architecture, spreading practice and theory, or practice and research. Going through the practitioners we find something that suggests an even larger perspective. In the past in Europe we had this huge reflection on agency driven by Jeremy Till, Tatjana Schneider and Nishat Awan [Spatial Agency: Other Ways of Doing Architecture, 2011]. Their reflection about the attitudes towards our capabilities to impact on space and reality is amazing. Nevertheless, when we look at practitioners such as Ibrahim Mahama or at the work of Kibwe Tavares with Basis, we may think there is something else. Probably the strong relation with KNUST in Accra and Kumasi had a big effect on these practices: they are doing architecture and art at the same time, and this is definitely something different. We asked L.L. what is the specific contribution that the African diaspora is giving to this new attitude of practice/theory.

THEORY/ PRACTICE_4

35 MAG 18. INTERNATIONAL ARCHITECTURE EXHIBITION
LESLEY LOKKO

TIME/ IMAGINARY_5

L.L. As I have said so many times before, we are the world’s youngest continent. The average age is under 20. We are half the age of Europe and the United States. For the vast majority of people on our continent, the bulk of their lives has yet to come. In that context, if you give agency – and I don’t mean it in the rather sort of American way of “I want to empower people” –,if you give agency to a population who has the bulk of their life in front of them it’s a very powerful force, because they have time to explore, make mistakes, reframe, re-attempt, re-frame again. I remember, maybe about 10 years ago, being at a conference where there was an Austrian architect talking about a project where he had brought the homeless and students together in the same programme. His reasoning was that students have most of their life ahead, while many of the homeless feel as if their lives were over. By bringing these two constituencies together, he wanted to explore that tension between long time and short time, or long time and no time. And so for me, bringing so many young voices to this Biennale was an opportunity to say: “We have time. Time, in a sense, is on our side.” What you say at 24 or 27 may not be the same thing you say at 57. Here’s the opportunity to say something because you can continuously come back to it. You know, I’m 60, so this is also a strange time in a way to do this, because I’m also very conscious that maybe there’s another 10 years of this kind of production left. I also feel in a way that I’m saying the same thing today that I said 30 years ago. Except 30 years ago, Architecture wasn’t ready to hear it. So it’s a kind of a strange time to understand that now there is an audience for it.

M.C.B. My students would like to ask you how to become practitioners of the future…

The only real answer I can give to students who ask me how to become practitioners is to encourage them to have an authentic voice. Whatever that voice is. I spent a lot of my time studying Architecture, trying to be like what I thought an architect should be. But I think that when I realised that that voice had to be my voice was the moment that, in a way, I was free.

We have to refigure out this question, which was meant to discuss about imaginaries. It was based on the idea that we are always coping with the Western imaginary, but in this Biennale, in a way, L.L. is suggesting that there is a hopefully decolonial or post-colonial imaginary. What she is saying now is moving forward: “The history of Architecture is not wrong, it is just not complete! It just doesn’t consider all the people around the table.” What she is saying now, talking about new territories of commonality, is that the point is not to figure out another imaginary, something that is de-colonial so we can overcome the past, but that the imaginary is already there, since the presence of the Blackness is itself a contemporary imaginary. Extremely significant is, for instance, the choice of Courage Dzidula Kpodo with his work Postbox Ghana. Observing how people are coping with modern Architecture, and how they relate to it since it is already there, is a great idea. The question we meant to ask her was: What is the imaginary you are suggesting? But now we would rather ask: What is the time of the imaginary you are trying to delve into?

Lesley Lokko Born in Dundee, Scotland and raised in Scotland and Ghana, she has taught in the UK, USA, Europe, Australia and Africa. In 2015 she founded the Graduate School of Architecture at the University of Johannesburg. In 2020 she opened the African Futures Institute in Accra, Ghana, which she still directs. She is the editor of “Folio: Journal of Contemporary African Architecture” and author of White Papers, Black Marks: Race, Space and Architecture and numerous bestsellers. She is the curator of the Architecture Biennale 2023.

36 THE LABORATORY OF THE FUTURE Curator LESLEY LOKKO interview
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37 MAG 18. INTERNATIONAL ARCHITECTURE
38 SHOWCASE PANDORA, DESIGN RITSUE MISHIMA OTTART.IT
Photo © Enrico Fiorese — Gallerie dell’Accademia di Venezia/su concessione del Ministero della Cultura

IL POETA

DEMAS NWOKO
Demas Nwoko © Titi Ogufere

Marisa Santin_Nell’idea classica di architettura l’immaginazione creativa e l’architettura vengono viste come due entità separate, mentre nella sua pratica professionale vivono in una dimensione prossima, sembrano addirittura essere la stessa cosa. Pensa che vi sia oggi ancora una differenza costitutiva tra arte e architettura? Si tratta di una domanda particolarmente pertinente qui a Venezia visto che abbiamo la Biennale Arte e la Biennale Architettura: non siamo tanto interessati a trovare una differenza tra le due, quanto piuttosto a mettere a fuoco entrambe. Secondo lei perché l’architettura ha bisogno dell’immaginazione?

Demas Nwoko_Nella cultura africana, cui appartengo, non vi è una netta separazione tra arti plastiche e architettura, perché qui da noi la cultura non è prerogativa di una determinata classe sociale e appartiene, quindi, a tutti indistintamente. Noi africani apprezziamo molto le arti creative, siano esse arti plastiche o dello spettacolo. Tutti vi partecipano allo stesso livello; non è affatto costoso, visto che fanno parte integrante della nostra vita quotidiana. Nella nostra cultura c’è spazio per tutti; chiunque può esprimere liberamente la propria creatività e per vederla non devi pagare. Per esempio quando qualcuno finisce di costruirsi la casa non affida la tinteggiatura ad un imbianchino, perché è la moglie stessa a occuparsene e a rioccuparsene molto probabilmente ogni mese o ogni due mesi. Tinteggiando la sua casa esprime tutta la sua creatività nei motivi monocromatici realizzati con le proprie mani. Anche i ragazzi che tutte le mattine spazzano l’esterno delle case con scope artigianali di paglia involontariamente disegnano dei motivi che rimangono impressi sul terreno quasi tutto il giorno, per poi scomparire solo verso sera dopo essere stati calpestati per tutta la giornata. Il mattino successivo bisogna rifare tutto daccapo: si tratta di veri e propri disegni artistici tracciati sul terreno. In questo senso intendevo dire che la nostra cultura dà spazio a tutti di esprimersi liberamente. Nella cultura artistica africana non esiste alcuna definizione collegata ad un determinato periodo storico per definire le varie correnti artistiche come viceversa avviene nel resto del mondo. Se qui in Africa i risultati dell’attività artistica sono meno innovativi, il modo di fare arte è per contro molto più vivace. Quindi per me la creazione di un’opera architettonica permanente è inscindibile da questo spirito artistico insito nella nostra cultura. Se prima si trattava di qualcosa di temporaneo ma ripetitivo, ora tutto viene fotografato e postato sui social ed è come se i miei lavori fossero delle creazioni sempre nuove. La differenza tra le nostre città e quelle europee è che quest’ultime sono in qualche modo più fossilizzate. Tornare a Parigi adesso a distanza di 50 anni dalla prima volta è come se nulla fosse cambiato. Qui in Africa invece stiamo costruendo ora le nostre città, per cui abbiamo maggiori possibilità di scegliere in qualunque momento i modelli offertici dal resto del mondo.

40 Leone d’Oro
LEONE D’ORO ALLA CARRIERA
DEMAS NWOKO intervista di Marisa Santin
Mio padre mi ripeteva sempre: “Ci reggiamo sulle spalle di qualcun altro”, vale a dire che dobbiamo essere sempre consapevoli che i nostri risultati non sono solo il frutto del nostro lavoro individuale, ma anche del lavoro di chi ci ha preceduti. Ed è così che ho pensato a Baba
Demas Nwoko
Lesley Lokko
DEMAS NWOKO
New culture studio, Private family residence, 1967-ongoing Ibadan Nigeria © Joseph Conteh Impluvium Water collection vessel-drainage beneath impluvium Amphitheatre

Il suo lavoro, benché moderno, si ispira all’estetica africana e ai metodi di costruzione tradizionali. Secondo lei il resto del mondo che cosa può imparare dal design africano?

Vi è un problema globale che riguarda le culture cui è consentito esistere. È normale che tutti noi accettiamo che ciascuno viva secondo la propria cultura, quindi assecondando e sviluppando l’estetica della propria arte e della propria architettura. Ma la maggior parte dei paesi del Terzo mondo si sono venuti a trovare in una situazione in cui la loro cultura estetica identitaria è stata rifiutata, trovandosi costretti ad abbandonare le proprie tradizioni e a seguire il design disponibile sul mercato globale. Il rapporto tra le varie culture è ancora fondamentalmente di tipo economico. Mentre i paesi europei si tengono stretta la propria cultura, il Terzo mondo non ha la fortuna di poter fare la stessa cosa. Il che va contro il processo naturale dell’evoluzione e contro la libertà di scegliere il proprio modo di vita. Perché si è arrivati a questa situazione? Prendiamo per esempio il problema della casa in Africa. In passato vi era un’ampia scelta, oggi invece la situazione si fa sempre più difficile al punto che trovare un alloggio adeguato è diventato quasi un miraggio. Questa situazione è stata determinata da molti fattori, primo fra tutti il costo dei materiali sul mercato globale. Si continua a dire che si dovrebbe abbassare il costo dei materiali per renderli più accessibili ai paesi del Terzo mondo. L’unica via d’uscita da questo problema è trovare il modo di consentire a questi paesi di continuare a portare avanti la loro tradizione. Il che significa fare un passo indietro, ricomporre i cocci e sviluppare un sistema per iniziare di nuovo a creare il proprio habitat.

Il modo migliore per raggiungere questo obiettivo è ritornare alle proprie origini e sviluppare una propria tecnologia in base alle proprie necessità, senza doversi avvalere per forza di cose di una determinata tecnologia solo perché è fortemente presente sul mercato o perché si hanno i mezzi finanziari per acquistarla. Ritorniamo all’esempio degli alloggi: se per migliaia di anni siamo stati in grado di affrontare questa necessità, perché non dovremmo più essere in grado di affrontarla a modo nostro oggi? Questo è il motivo per cui ho deciso di persistere sulla mia strada. Sono sicuro che la tradizione, così importante un tempo, può continuare a sopravvivere anche oggi; per questo ho preso dei modelli dalla tradizione dimostrando che quello che sto cercando di raggiungere è del tutto fattibile. Per essere più chiaro, io utilizzo materiali moderni, ma per fare in modo che il mio lavoro sia sostenibile è necessario ripensare e produrre con metodi moderni avvalendosi dell’industria locale. Alla fine si tratta di una situazione che va a vantaggio di tutti. L’industria tecnologica va sviluppata utilizzando tutti i materiali possibili, visto che in fin dei conti i materiali che vengono generalmente utilizzati in tutto il mondo provengono per la maggior parte dal Terzo mondo. Noi qui in Africa siamo in teoria i più avvantaggiati da questo punto di vista, ma per una serie di molteplici ragioni non abbiamo quasi mai potuto approfittare appieno di questa situazione vantaggiosa. Ciò sicuramente è dovuto in buona parte al vincolante retaggio del colonialismo o alla dominazione razzista; si tratta in ogni caso di nuovo di un fenomeno non naturale. Oggi sono convinto che abbiamo tutte le qualità e le possibilità per poter ricostruire un mondo sostenibile per noi stessi, dato che il nostro mondo in passato era perfettamente sostenibile.

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Leone d’Oro DEMAS NWOKO intervista
D’ORO
Dominican Institute Chapel, 1975, Ibadan Nigeria © Joseph Conteh
LEONE
ALLA CARRIERA

Lesley Lokko afferma: «Nel Laboratorio del Futuro non stiamo cercando di correggere, bensì di completare alcune pagine vuote della storia dell’architettura». Se dovesse riempire una di queste pagine vuote che cosa scriverebbe? Che cosa manca secondo lei?

Non lo scriverei in una sola pagina: sto finendo di scrivere un libro su alcuni parametri di progettazione architettonica nei Tropici dove illustro quelli che secondo me dovrebbero essere l’essenza e gli sviluppi della progettazione architettonica. Credo che l’architettura presenti le stesse caratteristiche in tutti i luoghi appartenenti ad una determinata area geografica; per cui l’architettura nelle zone tropicali di tutto il mondo è necessariamente la stessa. Da questa mia analisi ho dedotto che anche i modelli tradizionali che vengono ripetuti sono importanti per lo sviluppo dell’architettura, poiché ritengo che, in particolare nelle zone tropicali come quella in cui io vivo, si sia sviluppata nei secoli una storia molto importante anche per quanto riguarda la tecnologia. Quello che mi propongo in questo libro è di continuare a sviluppare questa tecnologia proponendo delle soluzioni che non sono affatto teoriche, in quanto le ho già messe in pratica nel mio lavoro. Spero che questo libro possa contribuire a demistificare l’idea secondo cui l’architettura debba per forza di cose diversificarsi da una zona geografica all’altra. Si parla inoltre di come gli spazi interni debbano essere progettati esclusivamente in funzione delle esigenze delle persone che li utilizzeranno.

Demas Nwoko Artista, designer e architetto nigeriano. Di origini nobili, figlio dell’Obi (il Re) Nwoko Secondo, è cresciuto a Idumuje Ugboko. Formatosi al Nigerian College of Arts, Science and Technology di Zaria, è stato uno dei più importanti membri fondatori della Zaria Art Society. Nel 1961 ha ottenuto una borsa di studio per il Centre Français du Théâtre di Parigi, dove ha studiato architettura teatrale e scenografia. Dopo essere tornato in Nigeria, ha insegnato presso la neonata Scuola di Recitazione dell’Università di Ibadan. Nel 1970, come primo incarico, ha costruito l’Istituto Domenicano di Ibadan. Sempre a Ibadan ha fondato il New Culture Studios. Leone d’Oro alla carriera della Biennale Architettura 2023.

43 MAG 18. INTERNATIONAL ARCHITECTURE EXHIBITION
La scelta di assegnare il Leone d’Oro a Demas Nwoko rappresenta per me essenzialmente la combinazione di due elementi: da un lato sentire la voce di mio padre e dall’altro vedere la poliedricità di una produzione che spazia dalla pittura al disegno, dalla costruzione di edifici alla religione, dalla tradizione culturale alla contestazione
DEMAS NWOKO
p.33
Lesley Lokko
Giardini PADIGLIONE STIRLING Vedi GUIDE
ENG

I was reminded of something that my father always used to say to me: “You always stand on the back of somebody else”. One way to behave in the world is to make that known all the time, so that it's never about your individual achievements, it's about the labour of people who came before. This makes me think about Baba Demas Nwoko. He is 80 something now and if he were slightly younger, maybe his work would have reached a wider audience, because it would have coincided with an explosion in media and interest. But it didn't. And he's from a very particular period of Western African history. But for me, he was the original Renaissance architect. He has worked in theatre and has moved very, very fluidly across a whole range of creative disciplines. I thought that if I wanted to be really serious about the use of the word “practitioner”, I would find somebody in the Golden Lion shortlist who really embodied that. So for me it was a combination of two things. On the one hand hearing my father's voice and on the other hand seeing this body of work that moved between painting and drawing and making and building and religion and culture and protest in really interesting ways.

44 Golden Lion DEMAS NWOKO
GOLDEN LION FOR LIFETIME ACHIEVEMENT
interview by Marisa Santin

Marisa Santin_In the classical notion of architecture, creative imagination and architecture are often perceived as two distinct entities, whereas in your professional practice, they coexist in a similar realm, and can even be seen as the same thing. Do you believe that today there is still an inherent difference between art and architecture? This question is particularly relevant here in Venice, as we have both the Biennale Arte and the Biennale Architettura. Rather than seeking to establish a dichotomy between the two, our aim is to have a more precise look at both. In your view, why is imagination crucial in the field of architecture?

Demas Nwoko_In the culture where I come from, the African culture, there’s not much separation between the plastic arts and architecture because in the African culture the art culture is very much democratised. It’s not a prerogative of a class. We enjoy creative arts, be it in plastic arts or in theatrical arts. Everybody enjoys it on the same platform, it’s not expensive. To enjoy a good plastic art, you don’t have to be rich. You enjoy it, everybody enjoys it equally because it’s present automatically in everything we do. Our culture is much more exhibitionist. What I mean is that everyone participates. There’s room for the highly creative. Persons are free to express their own creativity and you don’t have to pay to enjoy it. For instance, when you build a house the painting of the wall is not done by a professional painter, it is done by the housewife herself and you have to repeat it, because of its temporary nature,

maybe monthly or bimonthly. So while she’s doing that you find her creative patterns on the same wall, monochromatic patterns made by her hands as she is doing the normal job of just polishing the wall. Even the young boys who every morning sweep the floor outside with a long broom, finally are making patterns on the ground, which remain almost throughout the whole day. They are fresh in the morning then as people walk over it they get erased, so next morning you have to do it again, and these are definite artistic patterns. So our culture allows everybody to express themselves. If you look at the variety of art, plastic art and their styles all over the world which are given names of periods, I can show you that none of them existed in the African art culture. Once the people have evolved their own architecture and have the space they need, they don’t change it. If our result is less innovative the activities of man on it is more vibrant in our part of the world. To me, you can’t really create a permanent architecture without having this art part. Before it was temporary but repetitive, and it could be refreshed every day. But now you have to make a photo, include it in the social so that it looks as if my works are continuously new creations. I’m trying to adapt to the more fossilised modern towns and cities which are very much fixed. It’s like knowing Paris 50 years ago and going back there now, it looks as if nothing has changed, because it has been built up and what is built cannot be really destroyed. But in our own place we are just building our cities, they’re new so it also gives more chance of choosing models from all over the world at any given time.

45 MAG 18. INTERNATIONAL ARCHITECTURE EXHIBITION
NWOKO
Demas’ office, 1976, Idumuje Ugboko, Nigeria © Joseph Conteh
DEMAS

Your work, while modern, is inspired by African aesthetics and traditional construction methods. In your opinion, what can the rest of the world learn from African design?

There is a global problem of cultures being allowed to exist. It is normal the whole world accepts that everybody live according to their own culture. This includes aesthetic culture in the art and architecture. But most of the Third World have found themselves in a position where their own traditional and aesthetical culture have been rejected, or better they’ve been told that they should abandon their own tradition and go along with the global design as global design is what is available in the global market. Relationship between cultures is still essentially an economic one. So while the European cultures hold onto their own culture and keep moving it as a live demand, the Third World don’t have the luck of being allowed to do that. This is very unnatural. This is against the natural evolution processes. This is against the freedom of choice of how to live and enjoy by everybody. So what has happened? For example African culture has completely collapsed in the Third World. Housing, which was once upon a time, very ample and adequate, it’s now hard to be found. Today having a decent housing looks like a mirage. There are many factors that caused this because to build a house now depends exactly on the cost of material that is in the global market. Everybody says that you should make this material cheaper, especially in the Third World so that it can be affordable to them. So the only way that this problem can be solved is to find a way of allowing them to continue their tradition which was well within their reach. This means step backwards and pick up their broken ends and find how to begin develop the way of providing habitat for themselves. The surest way is to go back to what you used to know and start from there. You should build your own technology according to your need and not acquiring things because they are available or because you have money. For example you are in need of housing, if for thousands of years you were able to meet it, why wouldn’t you be able to meet it now? So that’s why I decided to persist. I’m sure that long tradition, which was once viable. is still viable today. So I’ve

taken models from tradition and I have proved that what I’m trying to reach is very possible. To put it in a simple way, I’m using modern materials. To be viable, you have to reengineer and produce with modern processes using local industry, which is a win-win situation. You have to develop your own technology industry with all material, because after all, the materials that are being used all over the world are sourced mostly from the Third World. Most of the time we have the advantage but this has been abandoned. I don’t know why, this is a situation that arose maybe from details of colonialism or racial domination, which again is not a natural phenomenon. We can build a sustainable world for ourselves once again, because our world used to be very sustainable before.

In Lesley Lokko’s words: “At the Laboratory of the Future we’ll try not to correct but to complete some unwritten pages in the history of Architecture”. If you were to write one of these blank pages what would you write? How would you fill these missing pages?

I’m just completing a book on some design parameters for architecture in the Tropics. In this book I put together exactly what I think are the essence, the settings and what should be happening in architectural design. I believe that architecture is a regional art. So architecture in the Tropics all throughout the world is the same. From my survey I found that even the traditional models that we are repeating are important for the development of architecture because, maybe this is not true for the whole world, but in my own zone, which is the Tropics, I think there’s a strong history concerning technology as well. This means that we can continue to develop it and provide some solutions in this book which are not theoretical ones. These are solutions that I have already incorporated in my actual work. So I hope that this will demystify the assumption of the parameter that architecture should differ from the geographical zones. Moreover the shape of the interior will be determined entirely by the kind of life of the people who use it. I don’t have to say it in two pages, I’ve already said it in the handbook.

Demas Nwoko Nigerian artist, designer and architect. Of noble origins, son of Obi (King) Nwoko II, he grew up in Idumuje Ugboko and was educated at the Nigerian College of Arts, Science and Technology in Zaria, where he was one of the leading founding members of the Zaria Art Society. In 1961 he was awarded a scholarship to the Center Français du Théâtre in Paris, where he studied theatre architecture and scenography. After returning to Nigeria, he taught at the newly formed Acting School at the University of Ibadan. In 1970, for his first assignment, he designed the Dominican Institute of Ibadan, where he also founded the New Culture Studios. Winner of the Golden Lion for Lifetime Achievement at the Architecture Biennale 2023.

47 MAG 18. INTERNATIONAL ARCHITECTURE EXHIBITION Golden Lion DEMAS NWOKO interview DEMAS NWOKO
STIRLING PAVILION See GUIDE p.33
Giardini
48 ARTS BAR The St. Regis Venice Hotel San Marco 2159 - 30124, Venice +39 041 240 0001 artsbarvenice.com Discover an artistic mixology experience where art turns into cocktails.

As European influence decreased, architects began to adapt the principles of Tropical Modernism to incorporate more African styles. They attempted to combine traditional local architecture with modernist designs

LONDON/ ACCRA

MAG 18. INTERNATIONAL ARCHITECTURE EXHIBITION CHRISTOPHER TURNER
Ghana Independence Arch Accra by Public Works Department, 1961 © Victoria and Albert Museum, London

Christopher Turner Curatore d’arte, architettura, fotografia e design presso il V&A. È stato direttore della London Design Biennale e vice direttore del London Design Festival e redattore di riviste quali «Icon» e la newyorkese «Modern Painters».

Ha curato mostre presso la Galleria Cabinet di Brooklyn, Manifesta 7 in Tirolo, la Galleria Arnolfini di Bristol e l’Architecture Association di Londra.

Curatore della mostra Modernismo tropicale: Architettura e Potere in Africa occidentale, progetto speciale del Padiglione delle Arti Applicate a La Biennale Architettura 2023.

V&A Il Victoria and Albert Museum di Londra è il principale museo al mondo di arte, design e performance, con collezioni che abbracciano 5000 anni di creatività umana.

È stato istituito nel 1852 per rendere le sue opere d’arte pubblicamente fruibili e per ispirare designer e produttori britannici. Oggi, il suo scopo è sostenere l’industria creativa, ispirare le generazioni future e stimolare l’immaginazione di tutti.

Marisa Santin_ll progetto V&A centra perfettamente uno dei temi nodali del Laboratorio del Futuro di Lesley Lokko, la decolonizzazione. La mostra ruota attorno all’influenza che il Modernismo Tropicale ebbe in molti paesi dell’Africa occidentale e in particolare in Ghana. Che percorso segue la vostra narrazione?

Christopher Turner_La mostra approfondisce il modo in cui le invenzioni e le innovazioni del Modernismo tropicale influirono sull’architettura dei paesi dell’Africa Occidentale, concentrandosi sulle figure di Maxwell Fry e Jane Drew, due architetti inglesi che dopo la Seconda guerra mondiale lavorarono in Paesi quali Gambia, Sierra Leone, Nigeria, Ghana. In particolare Maxwell Fry, che ebbe l’occasione di lavorare con Walter Gropius durante una breve visita di quest’ultimo a Londra, riuscì a perfezionare lo stile internazionale appreso dall’architetto e urbanista tedesco adattandolo alle condizioni calde e umide del clima tropicale. Insieme a Jane Drew, Fry contribuì in seguito a diffondere il nuovo stile architettonico in Africa grazie ad un fondo, calcolato in sei miliardi di sterline al valore odierno, destinato a progetti di sviluppo nei possedimenti coloniali britannici. Un capitale talmente consistente da permettere a Fry e Drew di costruire scuole, università e altri edifici a ritmo incalzante, una situazione favorevole che non si sarebbe mai potuta allora verificare nel loro paese e che, in un certo senso, trasformò le colonie in una sorta di laboratorio del Modernismo.

Ci siamo concentrati anche sul contesto politico dell’epoca, un momento di grandi spinte anticoloniali: boicottaggi, rivolte e scioperi si stavano moltiplicando ovunque in Africa occidentale. Kwame Nkrumah, il primo Presidente della neonata Repubblica del Ghana, si mise a capo di un movimento politico che invitava le persone a contrastare l’oppressione coloniale. Molti degli edifici disegnati da Fry e Drew in quel periodo sono stati costruiti proprio in seguito ad alcuni degli avvenimenti più cruenti in atto allora nel Paese. Il Community Centre di Accra, ad esempio, fu costruito dopo che il quartiere generale della United Africa Company era andato distrutto dal fuoco durante una rivolta particolarmente violenta.

È interessante notare come il Modernismo tropicale abbia resistito a questa transizione, agendo come simbolo della nuova nazione africana, internazionale e progressista che stava per irrompere sul proscenio mondiale. Ci sembrava importante rilevare anche alcuni dati più specifici attorno ai percorsi professionali degli architetti modernisti rimasti a lavorare in quell’area dopo il 1957, anno in cui in Ghana divenne il primo paese indipendente dell’Africa sub-sahariana: quanti di loro si formarono localmente? Quanti impiegarono il cemento, materiale non comune nelle pratiche locali, per le loro costruzioni?

La nostra ricerca si sofferma inoltre sulla decisa politica di africanizzazione operata da Kwame Nkrumah, il quale fece costruire una grande quantità di edifici ad uso comunitario, come scuole o chiese ma anche grandi monumenti per celebrare l’indipendenza, stabilendo che ad ogni singolo progetto dovesse

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MODERNISMO TROPICALE: ARCHITETTURA E POTERE IN AFRICA OCCIDENTALE Progetto Speciale PADIGLIONE DELLE ARTI APPLICATE
di
intervista
Marisa Santin
Man mano che l’influenza europea si faceva meno forte, anche dal punto di vista estetico, gli architetti iniziarono ad adattare i canoni del Modernismo tropicale a stili più africani. Si cercava di combinare l’architettura tradizionale del luogo incorporandola nei progetti modernisti

partecipare almeno un architetto ghanese. Man mano che l’influenza europea si faceva meno forte, anche dal punto di vista estetico, gli architetti iniziarono ad adattare i canoni del Modernismo tropicale a stili più africani. Si cercava di combinare l’architettura tradizionale del luogo incorporandola nei progetti modernisti. Nkrumah credeva fortemente nell’ideale panafricano e questi edifici dovevano rappresentare un segnale di speranza per la nuova Africa libera che aveva immaginato e che intendeva contribuire a costruire. Voleva che il Ghana fosse di esempio per il resto dell’Africa e affermava che il conseguimento della libertà nel suo Paese non avrebbe avuto pieno senso se non avesse fatto parte di un più ampio processo di emancipazione, di lotta attiva per la libertà in tutto il Continente. Immaginava, in sostanza, degli “Stati Uniti” d’Africa in grado di ben prosperare una volta sconfitto il colonialismo.

Dopo gli ideali pan-Africani di Nkrumah, cosa rimane oggi dell’eredità del Modernismo tropicale in Ghana?

Abbiamo fortemente voluto che l’Architectural Association (AA) di Londra e la Kwame Nkrumah University of Science and Technology (KNUST) di Kumasi collaborassero con noi a questo progetto, perché negli anni ‘50 e ‘60 entrambi avevano iniziato un programma di scambio sull’architettura tropicale, per insegnare l’architettura tropicale in Ghana e per formare una nuova generazione di architetti locali seguendo i canoni del Modernismo tropicale. Ci sono perciò sembrati gli interlocutori ideali per tracciare l’evoluzione di questo movimento nel grande continente africano. L’opera di diffusione attuata da Maxwell Fry, Jane Drew e un gruppo di altri architetti modernisti, fra cui James Cubitt e Kenneth Scott, rappresentò solo la prima fase dell’influenza che il Modernismo tropicale ebbe nei paesi dell’Africa occidentale. Da lì in poi il nuovo stile architettonico si radicò e venne assorbito entusiasticamente nel lavoro progettuale soprattutto dopo l’avvento dei sistemi di aria condizionata, quando alcune delle tecniche che avevano svolto sino ad allora una funzione fondamentale nell’architettura tropicale, come il controllo delle correnti d’aria naturali o l’uso di strutture estese per minimizzare l’esposizione solare, non risultarono più necessarie.

Oggi molti degli edifici costruiti all’epoca versano in uno stato di abbandono e sembrano sul punto di essere demoliti. Tuttavia penso che lentamente si stia ritornando ad apprezzare l’eredità del Modernismo tropicale. Ci sono oggi dei tentativi apprezzabili di salvare alcune di queste strutture. Solo per citare alcuni esempi, si sta rinnovando la Fiera di Accra mantenendone il nucleo originario e il Museo Nazionale è appena stato ristrutturato facendolo tornato al suo antico splendore. Più diffusamente sono le case private e altri edifici più comuni ad essere demoliti o a versare in

stato di abbandono: entrare in alcune aree di Accra è come visitare un vecchio archivio.

Una delle domande alle quali il nostro progetto cerca di dare una risposta è: “Quali lezioni possiamo imparare da questo periodo della storia dell’architettura, specialmente ora che stiamo vivendo un’età di profondi cambiamenti climatici?”. Questi edifici sono stati progettati concordemente all’evoluzione della scienza delle costruzioni e della scienza ambientale. Oggi disponiamo di strumenti di costruzione molto più sofisticati, ma recuperando e integrando le nostre tecniche moderne con i principi dell’epoca possiamo arrivare a costruire edifici che si raffreddano passivamente, il che rappresenterebbe una soluzione di grande efficienza e progresso per l’Africa e per altre zone calde del pianeta. Penso che molti architetti di oggi in Africa si stiano ponendo gli stessi problemi: come usare materiali locali e sostenibili e come lavorare col clima in modo responsabile ed ecologico?. L’architettura che abbiamo analizzato aveva già dato risposte sofisticate a queste domande e penso che i principi adottati allora possano risultare molto utili anche oggi.

Come viene rappresentato il progetto all’interno del Padiglione delle Arti Applicate?

Il nostro lavoro di ricerca è stato tradotto in un film di 25 minuti che viene proiettato all’interno del Padiglione. Il video mostra le interviste ad alcuni protagonisti del Modernismo tropicale che abbiamo la fortuna di avere ancora fra di noi. È stato ad esempio molto interessante parlare con John Owusu-Addo, che oggi ha 95 anni e una memoria fantastica! Si tratta di documenti preziosi; sono storie che nessuno ha mai trascritto, quindi sono testimonianze molto importanti. Abbiamo intervistato anche Samia Nkrumah, politica e figlia del primo Presidente del Ghana, interrogandola su come visse e ricordasse il colpo di stato che esautorò suo padre. Abbiamo intervistato il professor Henry Wellington, che visitò la AA negli anni ’60, chiedendogli in particolare che cosa ricordasse di Londra e del suo viaggio in Gran Bretagna. Questo film restituisce in sostanza la fase di ricerca del percorso di costruzione progettuale della mostra. L’installazione è costituita inoltre anche da un lungo frangisole di 35 metri il cui progetto è basato su un altro simile frangisole all’epoca disegnato da Fry e Drew. Congiuntamente, il film e la struttura murale, racconteranno la storia del Modernismo tropicale inserita nel quadro politico d’insieme del tempo. Nella mostra, che avrà luogo nel 2024 a Londra presso il V&A Museum, allargheremo inoltre la nostra indagine anche all’Asia meridionale.

51 MAG 18. INTERNATIONAL ARCHITECTURE EXHIBITION
CHRISTOPHER TURNER ENG Arsenale PADIGLIONE DELLE ARTI APPLICATE Vedi GUIDE p.44

Marisa Santin_The V&A project revolves around one of the main themes of the Laboratory of the Future, namely, decolonization. Your focus is on the influence of Tropical Modernism on Ghana and on other west African Countries. How was the project conceived, and what path does it follow?

Christopher Turner_The exhibition explores how the inventions and innovations of Tropical Modernism influenced the architecture of West African countries. It focuses on the figures of Maxwell Fry and Jane Drew, two British architects who worked in countries such as the Gambia, Sierra Leone, Nigeria, and Ghana after WWII. Maxwell Fry, in particular, who had the opportunity to work with Walter Gropius in London, later perfected the international style learned from the German architect and urban planner, adapting it to the hot and humid conditions of the tropical climate. Along with Jane Drew, Fry helped spread the new architectural style in Africa using a fund estimated at six billion pounds in today’s value, intended for development projects in British colonial possessions. The large fund allowed Fry and Drew to build schools, universities, and other buildings at an incredible rate, a situation that could never have occurred in their home country and which, in a sense, transformed the colonies into a sort of laboratory of Modernism.

We also focused on the political context of the time, a time of great anti-colonial thrusts: boycotts, riots and strikes were multiplying everywhere in West Africa. Kwame Nkrumah, the first president of the newly formed Republic of Ghana, headed a political movement calling on people to stand up to colonial oppression. Many of the buildings Fry and Drew designed in that period were built following some of the bloodiest events taking place in the country. The Community Center in Accra, for example, was built after the headquarters of the United Africa Company burned down during a particularly violent uprising. Interestingly, Tropical Modernism resisted this transition, acting as a symbol of the new, international, progressive African nation that was now competing in the world stage. It seemed important to us to also note some more specific data on the professional paths of the modernist architects who remained to work in that area after 1957, the year in which Ghana became the first independent country in sub-Saharan Africa: how many of them trained locally? How many used concrete for their constructions?

Our research also focuses on the Africanization policy implemented by Kwame Nkrumah, which involved the construction of numerous community buildings, such as schools and churches, as well as large monuments to celebrate independence. Nkrumah established that every project had to involve at least one Ghanaian architect. As European influence decreased, architects began to adapt

the principles of Tropical Modernism to incorporate more African styles. They attempted to combine traditional local architecture with modernist designs.

Nkrumah was a strong believer in the pan-African ideal and these buildings were meant to be a beacon of hope for the new free Africa he had envisioned. He wanted Ghana to set an example for the rest of Africa and argued that the achievement of freedom in his country would not make full sense if it were not part of a larger process of emancipation, of active struggle for freedom throughout the Continent. He envisioned, in essence, a “United States” of Africa capable of thriving once colonialism had been defeated.

After Nkrumah’s pan-African ideals, what is left today of these projects? What specific legacy has Tropical Modernism left to the new generations of African architects?

We strongly desired the collaboration of Architectural Association (AA), London, and of the Kwame Nkrumah University of Science and Technology (KNUST), Kumasi, Ghana, as they both initiated an exchange program on tropical architecture during the 1950s and 1960s. The program aimed to teach tropical architecture in Ghana and train a new generation of architects who followed the principles of Tropical Modernism. Thus, they appeared to be the perfect partners to track the development of this movement across the vast African continent.

The dissemination of Tropical Modernism by Maxwell Fry, Jane Drew, and a group of other modernist architects, including James Cubitt and Kenneth Scott, was only the first phase of the influence that this architectural style had in West African countries. After this initial phase, the new style was adopted and embraced in the design work, particularly after the introduction of air conditioning systems. Some of the techniques that had played a fundamental role in tropical architecture until then, such as controlling natural drafts or using extended structures to minimize solar exposure, were no longer necessary. Today, many of the buildings built during that time are in a state of decay and are at risk of being demolished. Nevertheless, the legacy of Tropical Modernism is slowly being rediscovered and appreciated once again. There are significant efforts being made to preserve some of these structures. For instance, the original core of the Accra Fair is being renovated, while the National Museum has recently undergone restoration to return it to its former glory. However, it is more common to see private homes and other more common buildings being demolished or abandoned. In some areas of Accra, it feels like walking through an old archive.

One of the questions that our project aims to answer is, “What lessons can we learn from this period in the history

52 TROPICAL MODERNISM: ARCHITECTURE AND POWER IN WEST AFRICA Special Project APPLIED ARTS PAVILION
ENG

Christopher Turner Art, architecture, photography and design curator at the V&A. He was director of the London Design Biennale and deputy director of the London Design Festival as well as editor of magazines such as “Icon” and the New York publication “Modern Painters”. He has curated exhibitions at Cabinet’s event spaces in Brooklyn, Manifesta 7 in Tyrol, the Arnolfini Gallery in Bristol and the Architecture Association in London. Curator of the exhibition Tropical Modernism: Architecture and Power in West Africa, special project of the Applied Arts Pavilion at the Architecture Biennale 2023.

V&A The Victoria and Albert Museum in London is the world’s leading museum of art, design and performance, with collections spanning 5,000 years of human creativity. It was established in 1852 to make its collections publicly available and to inspire British designers and manufacturers. Today its purpose is to support the creative industries, inspire future generations and spark the imagination of all its visitors.

of architecture, particularly in light of the current era of significant climate change?” These buildings were designed in accordance with advancements in building and environmental science. Although we now have much more sophisticated construction tools, by recovering and integrating our modern techniques with the principles of the time, we can build structures that cool passively, which would represent a highly efficient and progressive solution for Africa

and other warm regions of the planet. Many architects in Africa are probably asking themselves similar questions today: how to use local and sustainable materials, and how to work with the climate in a responsible and ecological way? The architecture we have analyzed had already provided sophisticated answers to these questions, and I believe that the principles adopted then can be very useful even today.

How is Tropical Modernism displayed to visitors at the Arsenale, and how will the research started in Venice continue in the exhibition scheduled for 2024 at the Victoria and Albert Museum in London?

Our research has been translated into a 25-minute film that is projected inside the Pavilion. The video features interviews with some of the protagonists of Tropical Modernism who are still among us today. For example, it was fascinating to talk to John Owusu-Addo, who is 95 years old and still has an incredible memory. These interviews are precious documents and provide testimonies that have never been transcribed before, making them important sources of information. We also interviewed Samia Nkrumah, a politician and daughter of the first President of Ghana, and asked her about her experiences and memories of the coup that overthrew her father. We spoke with Professor Henry Wellington, who came over to the AA in the 1960s on an exchange programme as part of this partnership between Kumasi and the AA and has memories of London and travelling around the UK. This film essentially documents the research phase of the exhibition’s design and construction process. The installation also includes a 35-metre long brise-soleil wall installation whose design is based on another similar brise-soleil wall designed by Fry and Drew. Together, the film and the mural installation will tell the story of Tropical Modernism and its place within the political landscape of the time. In the exhibition, which will take place in 2024 at the V&A Museum in London, we will also expand our investigation of Tropical Modernism to include South Asia.

MAG 18. INTERNATIONAL ARCHITECTURE EXHIBITION CHRISTOPHER TURNER
Arsenale APPLIED ARTS PAVILION See GUIDE p.44

porta nel Padiglione

Fosbury Architecture

Italia le istanze di una nuova generazione di progettisti cresciuta e formatasi in uno scenario di crisi permanente e che per questo ha fatto della collaborazione, della condivisione e del dialogo la base di ogni propria attività. Il collettivo si fa portavoce di quei progettisti italiani “nativi sostenibili” che hanno già accettato tutte queste sfide e per i quali la transdisciplinarietà è uno strumento per espandere i limiti dell’architettura, un’architettura in cui il manufatto costruito è un mezzo e non un fine ultimo

54 SPAZIALE | OGNUNO APPARTIENE A TUTTI GLI ALTRI
Fosbury Architecture - Photo Giacomo Bianco

IL SALTO

MAG 18. INTERNATIONAL ARCHITECTURE EXHIBITION FOSBURY ARCHITECTURE
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Fosbury Architecture (F.A.)

Collettivo fondato nel 2013 a Milano da Giacomo Ardesio (1987), Alessandro Bonizzoni (1988), Nicola Campri (1989), Claudia Mainardi (1987) e Veronica

Caprino (1988). Sviluppano strategie urbane, riuso di edifici esistenti, installazioni temporanee, design di mostre, progetti editoriali, attività curatoriali e programmi didattici. Hanno preso parte a numerose Biennali di Architettura tra cui quelle di Lisbona (2019), Versailles (2019), Chicago (2017) e Venezia (2016). Hanno curato con Alterazioni Video la pubblicazione Incompiuto. La Nascita di uno Stile (2018), premiata con la menzione d’onore per il Compasso d’Oro 2020.

Curatori del Padiglione Italia a La Biennale Architettura 2023.

www.fosburyarchitecture.com

IG: @fosburyarchitecture

Mariachiara Marzari_Il vostro modo alternativo di pensare l’architettura, o meglio collaterale, si dichiara immediatamente attraverso l’omaggio a Dick Fosbury, recentemente scomparso. Quale significato assume nel vostro percorso professionale questo riferimento a uno straordinario campione “volante”? Quale il vostro pensiero collettivo e quali invece le sfumature che ognuno di voi apporta a questo approccio condiviso verso l’architettura?

Fosbury Architecture_Abbiamo scelto di riconoscerci nella bellissima storia di Dick Fosbury, consumatasi negli storici Giochi Olimpici di Città del Messico del 1968, non tanto per la medaglia d’oro da lui vinta in quell’occasione, quanto per l’ispirazione che ci ha fortemente suscitato quella sua idea rivoluzionaria di stravolgere la tecnica tradizionale di salto, il ventrale, prima di allora da tutti seguita. Una suggestione che ci ha spinto, attraverso un attento studio delle regole del gioco della nostra professione, a trovare, o perlomeno a cercare di trovare, a nostra volta una tecnica alternativa nel pensare e nel progettare l’architettura. Quando abbiamo fondato il collettivo nel 2013, dieci anni fa, quel rivoluzionario gesto sportivo è stato da noi scelto ed interpretato come un invito a fare altrettanto nella nostra disciplina, in un momento in cui l’ostacolo impervio da superare era rappresentato dalle forti difficoltà a praticare in un mercato povero di occasioni per via dalla crisi economica. Ci siamo sin da subito organizzati con una struttura orizzontale che permettesse di collaborare attraverso una piattaforma condivisa, in modo da poter preservare passioni ed interessi di ciascuno di noi. Ogni progetto nasce sempre da una discussione che ci coinvolge tutti ed è forse per questo che emerge costantemente nei nostri lavori una forte componente narrativa, che ci serve a costruire quel terreno comune per poter conciliare le nostre diverse individualità.

57 MAG 18. INTERNATIONAL ARCHITECTURE EXHIBITION
FOSBURY ARCHITECTURE
Padiglione Italia FOSBURY ARCHITECTURE intervista di Mariachiara Marzari

* La frase “Ognuno appartiene a tutti gli altri” scelta da Fosbury Architecture, tratta dall’opera Il mondo nuovo di Aldous Huxley, fa esplicito riferimento all’inevitabile interconnessione tra le persone e i loro destini, tra tutti gli attori coinvolti in un grande e ambizioso progetto come il Padiglione Italia, e, in ultima istanza, tra tutti noi.

Ilvostro pensiero architettonico pare fondarsi su una visione dello spazio inteso come luogo fisico e simbolico insieme, area geografica e dimensione astratta, sistema di riferimenti conosciuti e territorio delle possibilità. Come definite il vostro approccio alla pratica architettonica?

Siamo stati educati a pensare al manufatto come il fine ultimo da perseguire, ma in un contesto come quello italiano, già ampiamente urbanizzato, e in risposta alla crisi ambientale con cui dovremo fare sempre più i conti, forse il lavoro degli architetti dovrebbe prendersi cura dell’esistente limitando l’uso delle risorse al necessario. Per questa ragione abbiamo voluto allargare lo sguardo allo spazio, ovvero a quel tessuto di relazioni tra comunità e luoghi che dovrebbe costituire il punto di riflessione primo per qualsiasi progetto di architettura. Una nozione espansa della disciplina, che vede gli architetti come mediatori tra diversi saperi contrariamente alla retorica che li vorrebbe come i soli registi del processo progettuale, condizione peraltro molto distante dalla concreta realtà della professione. Negli anni abbiamo affrontato progetti di natura molto diversa: dalla progettazione di architetture effimere ed allestimenti al restauro di labirinti storici, da lavori progettati in collaborazione con aziende alla realizzazione di libri e fanzine indipendenti, dalla catalogazione di opere pubbliche incompiute alla curatela. Nonostante questo ampio ventaglio di attività su cui ci siamo cimentati, l’approccio è sempre stato e continua ad essere lo stesso: sfruttare ogni occasione, commerciale o indipendente che sia, per osservare criticamente il contesto in cui operiamo e produrre ricerca che possa informare il prodotto finale.

Una disposizione eterogenea ed eclettica, quindi, connotata da una continua tensione verso la ricerca. Quali sono i pro e i contro di questa attitudine professionale?

Nonostante l’autorialità di una pratica, ovvero la riconoscibilità del tratto distintivo del progettista, sia considerata dai più come un valore da perseguire oltre che una componente fondamentale del successo dei singoli, sin dall’inizio abbiamo preferito seguire i nostri interessi e le nostre inclinazioni puntando piuttosto su un approccio alla progettazione riconoscibile. Il nostro percorso può sembrare incoerente, eppure ci ha permesso di espandere progressivamente il nostro campo di osservazione in una prospettiva costantemente aperta i cui effetti si sono concretizzati in una produzione diremmo inaspettata. Per contro è molto difficile far capire esattamente di cosa ci occupiamo, sia ai clienti che agli esperti di settore. Da questo punto di vista, però, non ci consideriamo affatto un’eccezione. Apparteniamo ad una generazione che ha dovuto reinventarsi professionalmente, ma anche il mercato dell’architettura è in costante mutamento per via delle fluttuazioni congiunturali e per un cambio culturale che sta spingendo i progettisti ad interrogarsi sulla sostenibilità oltre gli slogan.

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Padiglione Italia FOSBURY ARCHITECTURE intervista SPAZIALE | OGNUNO APPARTIENE A TUTTI GLI ALTRI
Spaziale. Ognuno appartiene a tutti gli altri* si fonda sulla visione dell’architettura come pratica di ricerca multidisciplinare al di là dei manufatti e della progettazione, come risultato di un lavoro collettivo e collaborativo che supera l’idea dell’architetto-autore.
In questa visione lo spazio è inteso come luogo fisico e simbolico, area geografica e dimensione astratta, sistema di riferimenti conosciuti e territorio di possibilità

Come nasce l’idea di Spaziale. Ognuno appartiene a tutti gli altri e quale significato assume nel contesto specifico del Padiglione Italia alla 18. Biennale Architettura?

Abbiamo immaginato Spaziale. Ognuno appartiene a tutti gli altri come l’occasione per rappresentare una generazione di progettisti che a nostro avviso sta cercando di immaginare nuovi campi per l’architettura, seppur con approcci differenti. Sin da subito abbiamo inteso la mostra come un’occasione di progetto per le pratiche coinvolte, oltre che un’opportunità di utilizzo virtuoso delle risorse stanziate. Si tratta di progetti pionieristici, di azioni concrete, siano esse effimere o invece permanenti, sempre rivolte a comunità locali che in diversi casi ne saranno poi custodi. È un lavoro pensato su un orizzonte temporale espanso, che guarda oltre la durata semestrale della Biennale 2023, dove ciascun intervento rappresenta solo l’inizio di un processo da svolgersi nel tempo in forme condivise sui territori. L’impatto di queste azioni, di queste progettualità dev’essere duraturo, almeno questo vuole essere nelle nostre intenzioni programmatiche. In questa complessa organizzazione, in questa composita teoria di idee progettuali abbiamo deciso di ritagliarci un ruolo di tessitori di una rete di intelligenze a servizio di un progetto collettivo di cui noi stessi facciamo parte.

La prima fase del progetto per La Biennale 2023 rappresenta la sintesi formale e teorica dei processi innescati in nove distinti territori nei mesi precedenti, restituendo una diversa e originale immagine dell’architettura italiana nel contesto internazionale. Perché sono stati scelti questi specifici territori/progetti? Quali caratteristiche significative sono emerse? Quali infine i risultati di questi lavori che sono ora parte integrante del Padiglione Italia?

Sono nove territori rappresentativi di condizioni di fragilità o trasformazione del nostro Paese. Ciascun sito incarna un tema urgente del dibattito contemporaneo calato nel contesto italiano. Sfide impossibili se affrontate globalmente come la convivenza con il disastro ambientale, il recupero delle opere pubbliche incompiute, la transizione alimentare e molto altro, ma che alla scala dei contesti locali possono dare dei riscontri tangibili. Sono luoghi in cui i partecipanti hanno già lavorato e ai quali sono quindi legati da un’affinità in termini di ricerca o di provenienza geografica. Spaziale presenta rappresenta una sorta di osservatorio sull’attivazione dei diversi progetti che ha documentato il processo collaborativo tra progettisti e comunità locali. In alcuni casi si è trattato della realizzazione di eventi e performance, in altri di strutture temporanee, in altri ancora, infine, di un’infrastrutturazione permanente di un determinato sito. Il risultato più evidente di questa sfida curatoriale è che il Padiglione Italia non sarà solamente a Venezia, ma anche in tutti i luoghi che sono stati attraversati, interessati dal progetto espositivo complessivo.

Confini, tetti, incompiuti, eco-mostri, dispositivi, contaminazioni, giungle metropolitane, foreste totali, sistemi alimentari e installazioni ricreative. Attraverso i nove progetti e gli altrettanti studi coinvolti in queste ‘azioni architettoniche’ avete creato un laboratorio diffuso sul presente al fine di immaginare un altro domani nel pensare e nel realizzare architetture. Quale potrà davvero essere, allora, a vostro parere il futuro Spaziale di un Paese come l’Italia?

Il desiderio è che queste azioni rappresentino l’innesco di processi di lungo periodo nei nove luoghi scelti, ma anche ispirazione per progetti simili in altri territori da parte di attori differenti. In un contesto quale quello della pratica architettonica in Italia, caratterizzato da problematicità croniche come la sovrabbondanza di progettisti e la difficoltà nell’intercettare commesse, riteniamo sia importante rendere evidente il fatto che gli architetti oggi possono cimentarsi in più direzioni, anche le più impreviste, con nuove idee e soluzioni sostenibili. Come ricordato da Lesley Lokko, i practitioner sono tra le poche figure in grado di dare forma a nuove politiche pubbliche e di immaginare diversi modi di abitare in risposta all’attuale crisi ecologica, crisi che produrrà da qui in avanti un impatto sempre maggiore sulle nostre vite quotidiane. Per questa ragione, piuttosto che impegnarci in una sorta di mera celebrazione dell’architettura italiana recente, abbiamo inteso definire questa mostra come l’occasione per identificare una serie di campi nei quali gli architetti potrebbero esercitare la propria azione, sia in termini di ricerca che in senso più specificamente pratico. Una serie di traiettorie lungo le cui direttrici la disciplina potrebbe evolvere il suo percorso, le sue funzioni nella società contemporanea.

59 MAG 18. INTERNATIONAL ARCHITECTURE EXHIBITION
FOSBURY ARCHITECTURE ENG Arsenale PADIGLIONE ITALIA Vedi GUIDE p.44

DESIGNERS Giuditta Vendrame

ADVISOR Ana Shametaj

INCUBATOR

1 TARANTO, PUGLIA

Post Disaster Rooftops

EP04

DESIGNERS Post Disaster

ADVISOR Silvia Calderoni and Ilenia Caleo

INCUBATOR Municipality of Taranto

DESIGNERS BB (Alessandro Bava and Fabrizio Ballabio)

ADVISOR Terraforma

INCUBATOR FAI – Fondo per l’Ambiente italiano

Uccellaccio

DESIGNERS HPO

ADVISOR Claudia Durastanti

INCUBATOR MAXXI L’Aquila and Municipality of Ripa Teatina

9 PRATO - PISTOIA, TOSCANA

BELVEDERE RN-MG-M/G-Clt UNI EN 13163:2013

DESIGNERS (ab)Normal e Captcha Architecture

ADVISOR Emilio Vavarella

INCUBATOR Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci di Prato

60
Photo Sara Scanderebech 3 TRIESTE FRIULI-VENEZIA GIULIA Sot Glas Trieste Film Festival Photo Eleonora Agostini 4 RIPA TEATINA (CHIETI) ABRUZZO Photo Barbara Rossi Photo Mattia Balsamini 2 BAIA DI IERANTO (MASSA LUBRENSE, NAPOLI) Siren Land
SPAZIALE | OGNUNO APPARTIENE A TUTTI GLI ALTRI 1 4 4 2 3 3 2
Photo Luca Campri

5 TERRAFERMA VENEZIANA Concrete Jungle

DESIGNERS Parasite 2.0

ADVISOR Elia Fornari (Brain Dead) INCUBATOR Associazione SgrafaMasegni; M9 – Museo del ’900

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Sea Changes

DESIGNERS Lemonot

ADVISOR Roberto Flore

INCUBATOR Cabudanne De Sos Poetas

Tracks

DESIGNERS Orizzontale

ADVISOR Bruno Zamborlin

INCUBATOR La Rivoluzione delle Seppie and Municipality of Belmonte Calabro

7 LIBRINO (CATANIA), SICILIA

The Soft Palace

DESIGNERS Studio Ossidiana

ADVISOR Adelita Husni Bey INCUBATOR Associazione

Talità Kum and Fondazione dell’Ordine degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori della Provincia di Catania

Photo Giacomo Bianco 8 BELMONTE CALABRO (COSENZA), CALABRIA BelMondo Photo Adrianna Glaviano MONTIFERRU-SINIS (ORISTANO, CABRAS), SARDEGNA
FOSBURY ARCHITECTURE 6 6 7 5 9 8 8
Photo Giovanni Emilio Galanello Photo Alessandro Iovino

THE COLLECTIVE

Fosbury Architecture brings to Venice the demands of a new generation of designers who grew up and were trained against a backdrop of permanent crisis and who have therefore made collaboration, sharing, and dialogue the basis of all their activities. The collective is a voice for those Italian designers who are “sustainable natives” and have already accepted all these challenges, for whom transdisciplinarity is a tool for expanding the boundaries of architecture, and for whom the built artifact is a means and not an end in itself

Fosbury Architecture (F.A.) A collective founded in 2013 in Milan by Giacomo Ardesio (1987), Alessandro Bonizzoni (1988), Nicola Campri (1989), Claudia Mainardi (1987) and Veronica Caprino (1988), Fosbury Architecture develops urban strategies, the reuse of existing buildings, temporary installations, exhibition design, editorial projects, curatorial activities and educational programs. They have taken part in numerous Architecture Biennials including those of Lisbon (2019), Versailles (2019), Chicago (2017) and Venice (2016). Together with Alterazioni Video they edited the 2018 publication Incompiuto. La Nascita di uno Stile, which received an honourable mention for the 2020 Compasso d’Oro. Curators of the Italian Pavilion at the 2023 Architecture Biennale. www.fosburyarchitecture.com | IG: @fosburyarchitecture

62 SPAZIALE | EVERYONE BELONGS TO EVERYONE ELSE ENG
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© Gabriele Fanelli © Alessandro Vitali © Pietro Bertora © Piercarlo Quecchia DSL Studio Ph. Gianluca di Ioia © La Triennale Ph. David Salafia

Mariachiara Marzari_Your way of looking at alternative, or rather collateral, architecture is immediately communicated by the homage in your name to Dick Fosbury (who recently passed away). What significance does this reference to an extraordinary “flying” sporting champion have in your professional career? What is your collective vision and what are the nuances that each of you brings to this shared approach to architecture?

Fosbury Architecture_We chose to identify ourselves with the beautiful story of Dick Fosbury, which took place at the historic 1968 Mexico City Olympic Games, not so much because of the gold medal for the high jump he won on that occasion, when he certainly wasn’t seen as one of the favourites, but for the way his revolutionary idea of overturning the traditional jumping technique that everyone had followed until then inspired in us. It was an idea that prompted us, through careful study of the rules of the game of our profession, to find, or at least to try to find, an alternative way of thinking of and designing architecture. When we founded the collective in 2013, ten years ago, we chose and interpreted that revolutionary sporting event as an invitation to do the same in our discipline, at a time when the greatest obstacle was represented by the immense difficulties of practicing in a market lacking in opportunities because of the recession. We immediately organised ourselves into a horizontal structure that would allow us to collaborate through a shared platform so as to be able to preserve the passions and interests of each of us. Each project arises from discussion that involves us all and that is perhaps why there is always a potent narrative component to our work which we need to find the common ground that allows us to reconcile our individual differences.

MAG 63
FOSBURY ARCHITECTURE 2 3 3 4 5 6 7 7 6 5 4 3
Ph. Eleonora Angelini Fosbury Architecture © Luca Campri Ph. Jean-Baptiste Béranger © Andrea Bighi Ph. Dimitri D’ippolito Ph. Manuele Geromini © Vogue Ph. Märta Thisner © ArkDes Ph. Luca Grottoli © Civitella Ranieri Ph. Luca Chiaudano

Your architectural approach seems to be based on a vision of space understood as both a physical and symbolic place, a geographical area and an abstract dimension, a system of known references and a landscape of possibilities. How do you define your approach to architectural practice?

We were brought up to think of the building as the ultimate goal to pursue, but in a context like Italy, which is already widely urbanised, and in response to the environmental crisis with which we will increasingly be dealing, the architect’s job should perhaps be more that of caring for existing structures and limiting the use of resources to what is strictly necessary. For this reason we wanted to widen our vision to space, or rather to that fabric of relationships between communities and places which should constitute the first point of reflection for any architectural project. An expanded notion of the discipline which sees architects as mediators between different fields of knowledge quite unlike the rhetoric that depicts them as being solely responsible for the design process, something which is very far from the concrete reality of the profession. Over the years we have tackled projects of very different types: from the design of ephemeral architecture and installations to the restoration of historic mazes, from work developed in collaboration with companies to the creation of independent books and fanzines, and from the cataloging of unfinished public works to curatorship. Despite this wide range of activities we have ventured into, our approach has always been and continues to be the same: take advantage of every opportunity, whether commercial or independent, to critically observe the context in which we operate and to produce research that can inform the final product.

A heterogeneous and eclectic approach, then, characterised by a continuous drive towards research. What are the pros and cons of this professional attitude?

Even though the authorship of a practice, i.e. the recognition of the distinctive traits of the designer, is considered by most to be a value to pursue as well as a fundamental component of individual success, we have always preferred to follow our interests and our inclinations, focusing instead on a personal approach to design. Our path may at first seem perhaps incoherent, but it has allowed us to progressively expand our field of observation with a consistently open perspective which has produced unexpected results. On the other hand, it is very difficult to explain to both clients and industry experts what we do exactly. From this point of view, however, we do not consider ourselves an exception. Indeed, we belong to a generation that has had to reinvent itself professionally; the architecture field itself is constantly in flux because of shifts in the economy and cultural change that is forcing designers to question themselves ever more incessantly about building sustainability, avoiding slogans that would perhaps have worked in other times.

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SPAZIALE | EVERYONE BELONGS TO EVERYONE ELSE
Spaziale. Everyone belongs to everyone else* is based on the vision that architecture is a research practice beyond the construction of buildings and that design is always the result of collective and collaborative work that goes beyond the idea of the architect-author. According to this vision, space is understood as a physical and symbolic place, a geographical area and abstract dimension, a system of known references and a territory of possibilities

M9 – Museo del ’900 | Venezia Mestre

Una casa aperta alle comunità, dove la storia aiuta a leggere il presente e offre strumenti per entrare nel futuro. A house open to communities, where history helps read the present and offers tools to step into the future.

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m9museum.it I G/ FB/TW @m9museum
ENTRA NE LL A ST OR IA STEP INTO HISTORY

How did you come up with the idea of Spaziale. Everyone belongs to everyone else and what meaning does it assume in the specific context of the Italian Pavilion at the 18th Architecture Biennale?

We imagined Spaziale. Everyone belongs to everyone else as an opportunity to represent a generation of designers who we feel are trying to devise new fields for architecture, albeit using different approaches. Right from the start we saw the exhibition as a design opportunity for the practices involved, as well as an opportunity for the virtuous use of the resources allocated. These are pioneering projects, concrete initiatives, whether ephemeral or permanent, all aimed at the local communities which in many cases will then be their custodians. It is work envisioned over a long timeframe which looks beyond the six-month duration of the 2023 Biennale, and each project represents only the beginning of a process to be carried out over time in shared forms across the territories. The impact of these projects must be lasting, or at least this is what our plan is. In this complex organization, in this composite theory of design ideas, we have decided to carve out the role of weavers of a network of intelligences at the service of a collective project of which we ourselves are part.

The first phase of the project for the 2023 Biennale represents the formal and theoretical synthesis of the processes initiated in nine distinct territories in the previous months, providing an unexpected and original image of Italian architecture in the international context. Why were these specific territories/projects chosen? What significant features emerged? And finally, what are the significant results of these initiatives which are now an integral part of the Italian Pavilion?

The nine territories are representative of the conditions of fragility or transformation in our country. Each site embodies an urgent topic of contemporary debate in the Italian context. Challenges that are impossible if faced globally, such as living with environmental disasters, the resumption of unfinished public works, food transition etc. can instead provide tangible results if tackled on a local scale. They are places where the participants have already worked and to which they are therefore linked by research or geographical affinity.

Spaziale presenta represents a sort of observatory on the activation of the various projects that documents the collaborative process between designers and local communities. In some cases it was the realization of events and performances, in others of temporary structures, in still others, of a permanent infrastructure in a given site. The most evident result of this curatorial challenge is that the Italian Pavilion will be not only in Venice but also in all the places that have been visited and affected by the exhibition project.

Borders, roofs, unfinished buildings, eco-monsters, devices, cross-fertilisation, metropolitan jungles, total forests, food systems and recreational installations. Through the nine projects and the nine studios involved in these “architectural initiatives” you have created a diffused laboratory on the present in order to imagine another way of conceiving of and creating architecture tomorrow. In your opinion, what could the “Spatial” future of a country like Italy really be?

Our hope is that these initiatives trigger long-term processes in the nine chosen places, but that they also act as inspiration for similar projects to be implemented in other areas by other people. In a context like that of architectural practice in Italy, characterized by chronic problems such as the overabundance of designers and the difficulty in procuring work, we believe it is important to highlight the fact that architects today can try their hand in several fields, even the most unexpected, with new ideas and sustainable solutions. As Lesley Lokko points out, practitioners are among the few figures able to shape new public policies and to devise different ways of living in response to the current ecological crisis, a crisis that will have an ever greater impact on our daily lives. For this reason, rather than merely celebrating recent Italian architecture, we wanted this exhibition to be an opportunity for identifying a series of fields in which architects could work, both in terms of research and in a more specifically practical sense. A series of trajectories along which the functions of the discipline could evolve in contemporary society.

* The title line “everyone belongs to everyone else” chosen by Fosbury Architecture, taken from Aldous Huxley ’s Brave New World, makes explicit reference to the inevitable interconnection between people and their destinies, between all the actors involved in a large and ambitious project such as the Italian Pavilion, and, ultimately, between us all.

MAG 18. INTERNATIONAL ARCHITECTURE EXHIBITION 67
FOSBURY
ARCHITECTURE
Padiglione Italia FOSBURY ARCHITECTURE interview Arsenale PADIGLIONE ITALIA See GUIDE p.44

Exhibition by gmp

von Gerkan, Marg and Partners Architects

Tue – Sun 10:00 am –6:00 pm

Admission free Salone Verde Venice umbau. gmp.de

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19.5.
26.11.23

PRACTITIONERS

MAG 18. INTERNATIONAL ARCHITECTURE EXHIBITION
From the Air Explaining the story of Accra, Ghana © Alice Clancy A cura di Michele Cerruti But Luz J. Carollo, Stefano Garro, Parsa Mojtaba Goudarzi, Leonardo Narvaez Martin, Clara Ribaudo, Starlite Talma, Rita Ventimiglia, Matteo Zoccolo

GIARDINI

FORCE MAJEURE

CENTRAL PAVILION

Adjaye Associates

WHERE Accra, Ghana; London, UK; New York, USA

PARTICIPANT Sir David Adjaye OBE (b. Dar es Salaam, Tanzania, 1966)

Primo tra gli architetti africani ad aver ricevuto la Medaglia d’Oro dal RIBA, il Royal Institute of British Architects, Adjaye sostiene che il lavoro di un architetto non sia quello di perfezionare il proprio stile personale, ma quello di ingaggiare se stesso in profondità con la società. I progetti di questo grande studio impiegano la diversità culturale per catalizzare stili di vita alternativi e molteplici. È proprio la sua specifica attitudine verso l’ibridazione, il cambiamento e la multidisciplinarietà a rappresentare il cuore di questa pratica, tanto in edifici iconici come lo Smithsonian African Museum quanto in indumenti intimi a sostenibilità allargata per PACT, tanto in sedute come la post-deco Double Zero per Moroso quanto negli iconici edifici religiosi della Abrahamic Family House ad Abu Dhabi. Cofondatore, con Lesley Lokko, dell’African Future Institute, Adjaye è in questa Biennale una presenza costante, talent scout di straordinarie pratiche, voce tra le più raffinate di una architettura che è già Laboratorio del Futuro

ENG The first African architect to be awarded the Royal Gold Medal by the Royal Institute of British Architects, David Adjaye employs his creativity in projects varying in locality, scale, and style. In his words, the business of being an architect is not about perfecting one’s style, but about a very profound engagement with society. The projects of his firm adopt cultural diversity to catalyze new and diverse lifestyles. His unique attitude for hybridization, change, and multi-disciplinary action are core the studio’s practice, in works such as the Smithsonian African Museum as well as in the sustainable underwear designed for PACT, in the post-deco Double Zero seatings created for Moroso as well as the iconic Abrahamic Family House in Abu Dhabi. Co-founder, with Lesley Lokko, of the African Future Institute, Adjaye is a talent scout for extraordinary practices and one of the most refined voices of an architecture that is already a laboratory of the future.

SIGNS

. TIME100 Impact Award, 2022

. RIBA Royal Gold Medal, 2021

. National Museum of African American History and Culture, Washington D.C., USA, 2016

atelier masōmī

WHERE Niamey, Niger

PARTICIPANT Mariam Issoufou Kamara

(b. St Etienne, France, 1979)

Un’architettura di possibilità, il cui centro è caratterizzato da due prioritari valori: da una parte la volontà di fare della materia del costruire una rappresentazione dell’esistenza e della memoria ancestrale, dall’altra la missione per una forte valorizzazione della dignità dell’uomo, quindi per un miglioramento delle sue condizioni di vita quotidiana. Progetti in grado di “fare società” con la materia centrale dell’architettura: lo spazio e la sua prossemica. Adottando una declinazione in grado di superare la mera accezione di specifica provenienza geografica, sia essa occidentale, africana, o di altre identità territoriali, per proporre piuttosto un “altrove” che è già presente.

ENG An architecture of possibilities, whose two core values are building material as a representation of existence and ancestral memory and the enhancement of human dignity as a mission – meaning the improvement of human living conditions in everyday life. Their designs build social fabric using the essential material of architecture: space and proxemics. atelier masōmī’s philosophy transcends any specific geographical provenance, whether western, or African, to rather seek an “otherwise” that is already present.

SIGNS

. Niamey Cultural Center, Niamey, Niger, current

. Hikma Community Complex, Dandaji, Niger, 2018

. Gold LafargeHolcim Award for Africa and Middle East , 2017

Basis with GKZ

WHERE London, UK; Los Angeles, New York, USA

PARTICIPANTS Zenna Tavares (b. London, UK, 1986), Kibwe Tavares (b. London, UK, 1983), Gaika Tavares (b. London, UK, 1982), Eli Bingham (b. New York, USA,1993), Emily Mackevicius (b. Massachusetts, USA, 1989)

La pratica di questa organizzazione di ricerca non-profit si fonda sul ripensare l’Intelligenza Artificiale come “macchina che ragiona”. Due gli obiettivi: da una parte sviluppare modelli tecnologici avanzati, dall’altra rendere la società capace di occuparsi dei “problemi intrattabili”. L’approccio nello sviluppo della tecnologia si fonda quindi non tanto sull’elaborazione di pattern a partire da enormi quantità di dati,

quanto piuttosto sull’ipotesi di Bayes, cioè sul far funzionare la macchina attraverso l’abduzione, lo stesso processo di ragionamento utilizzato dall’uomo, tenendo conto delle probabilità che qualcosa accada per davvero. Nei progetti di city making la modellizzazione urbana è frutto di continue interazioni tra stakeholders ed esperti e la rappresentazione è il cuore del dialogo. Per questo durante la Biennale, Zenna Tavares collabora con il fratello Kibwe, fondatore di Factory Fifteen, un “architectural animation studio” che lavora all’intersezione tra narrazione, architettura e nuove tecnologie, con il quale si confronta sull’idea di futuro entro una dimensione sci-fi.

ENG A non-profit research group which works on re-thinking AI as a ‘reasoning machine’. Their two goals are to develop advanced technological models and to make society able to tackle ‘intractable problems’. Their approach to technology is founded less on pattern elaboration than on the Bayes’ hypothesis, the ability of machines to work on abductive reasoning, which is the same used by the human mind. Two city-making projects model cities after interaction between experts and stakeholders, and representation is at the heart of the dialogue. For this reason, Zenna Tavares works together with his brother, Kibwe, who runs an architectural animation studio, on their idea of a sci-fi future.

SIGNS . Machine Reasoning: Insights from the Copernican Revolution (Z. Tavares), forthcoming . AutumnSynth (algorithm), 2023 . Polaris (cinematic trailer by Factory Fifteen), 2020

Cave_bureau

WHERE Nairobi, Kenya

PARTICIPANTS Kabage Karanja (b. Nairobi, Kenya, 1979), Stella Mutegi (b. Nairobi, Kenya, 1979)

Lo studio kenyota ha sviluppato nella sua ricerca una pratica di indagine fondata su una sorta di “futurismo a ritroso”, in cui l’infrastruttura della vita è data da una riscoperta della caverna come archetipo dell’abitare. La caverna, la miniera, il guscio ctoneo rivelano in questo senso una possibilità “altra” ad un presente postcoloniale che ha le sue radici in una misura “geologica” dell’antropocene, sia per quel che riguarda gli interventi urbani che i progetti domestici, dove l’ancestrale animismo riscopre un diverso rapporto con il “più-cheumano”.

ENG This Kenya-based studio researches reverse futurism, where infrastructure for life comes from the idea of cave as the archetype of a living space. Caves, mines and chthonic shells reveal a possible otherwise to the post-colonial present which has its roots in a ‘geological’ measure of the Anthropocene as far as both urban initiatives and domestic projects are concerned, where ancestral ani-

70 PRACTITIONERS The Laboratory of the Future PRACTITIONERS

mism rediscovers a different relationship with the more-than-human.

SIGNS

. Anthropocene Museum 5.0 Reinscribing New York City (public lecture), Columbia GSAPP 22, New York, USA, 2022

. 17. Biennale Architettura, Venice, Italy, 2021

. The Anthropocene Museum 4.0: Maasai Cow Corridor (short film), 2021

Hood Design Studio

WHERE Oakland, USA

PARTICIPANTS Walter Hood (b. Fort Bragg, USA, 1958), Alma Du Solier (b. Monterrey, Mexico, 1972)

La pratica dello studio è divisa in tre ambiti: arte e produzione, progetto e paesaggio, ricerca e urbanistica. Tratto comune: la pratica come ingaggio sociale. È questo che lo studio di Walter Hood mette in campo, misurandosi con quel che lui stesso definisce “Black Landscapes”: un modo di vivere idiosincratico, controculturale e non-normativo da cui è possibile sviluppare un linguaggio estetico “profetico”, capace di fare memoria e allo stesso tempo di costruire nuovi futuri dalla potenza del passato. Un altrove fatto di paesaggi “che dicono la verità”, su cui definire nuove narrative del molteplice e della differenza.

ENG The studio works in three fields: art and production, landscape and design, and research and urban planning. The trait common to all three is practice as social engagement. This is what Walter Hood’s studio offers, engaging with what Hood himself defines Black Landscapes: a way of life that is idiosyncratic, counter-cultural, and non-normative, which can foster a prophetic aesthetical language to build memories as well as new futures based upon the power of the past. An elsewhere made of landscape that ‘tell truths’ and define new narratives of the multiple and the diverse.

SIGNS

. International African American Museum, Charleston, USA, 2023

. NVIDIA Campus, Santa Clara, USA, 2022

. President’s Medal, The Architectural League of New York, 2021

. Black Landscapes Matter, W. Hood, G. Mitchell Tada, UVA Press, 2021

Ibrahim Mahama

WHERE Tamale, Ghana

PARTICIPANT Ibrahim Mahama (b. Tamale, Ghana, 1987)

Artista ghanese di fama internazionale, lavora attraverso installazioni di grande dimensione e impatto alla scala urbana. Riconosciuto soprattutto per una pratica di ricerca fondata sui tessuti e sulla loro relazione sociale quando vengono impiegati in opere pubbliche (come quella di Porta Venezia a Milano nel 2019), dove risultano in grado di aprire un dibattito

su diversità e inclusione, Mahama ha fondato il Savannah Centre for Contemporary Art (SCCA), un istituzione che si occupa di immaginare una diversa forma di coesistenza attraverso il dialogo con le arti.

Koffi & Diabaté Architectes

WHERE Abidjan, Ivory Coast

A Ghanaian artist of international fame, Mahama works on large-scale installations that impact deeply on an urban scale. The artist is known for his work in textiles and on their social relations when employed in public works (like the one at Porta Venezia, Milan, 2019) where they are able to spark debate on diversity and inclusion. Mahama also founded the Savannah Centre for Contemporary Art (SCCA), a place to imagine a different form of coexistence using art to foster dialogue.

ENG

SIGNS . The Parliament of Ghosts, Red Clay Studio, Tamale, Ghana, 2020 . Ghana Freedom, 58. Biennale Arte, Venice, Italy, 2019 . 56. Biennale Arte, Venice, Italy, 2015

Kéré Architecture

WHERE Berlin, Germany

PARTICIPANT Diébédo Francis Kéré (b. Gando, Burkina Faso, 1965)

Con un approccio locale e partecipativo caratterizzato da una duplice attenzione all’eccellenza progettuale e all’impegno sociale, lo studio opera dal 2005 in geografie sconosciute a gran parte dell’architettura contemporanea.

L’architettura è anzitutto uno strumento di emancipazione che abilita persone e comunità, fatta di memorie ancestrali e di spazialità radicalmente semplici: un tetto, un volume, un muro. La creatività ingegnosa e pragmatica di questo studio si contraddistingue per un sofisticato senso della struttura e per un uso pionieristico dei materiali, con un profondo lavoro sull’interpretazione delle influenze culturali.

ENG A local, participative approach that makes use of a dual focus on design excellence and social commitment. Since 2005, the studio has been working on geographies that are largely unknown to modern architecture. Architecture is a tool of emancipation that empowers people and communities. It is made up of ancestral memories and radically simple spatiality: roofs, volumes, walls. The studio’s ingenious, pragmatic creativity excels in its sophisticated sense of structure and pioneering use of materials as well as in their thorough research into the interpretation of cultural influences.

SIGNS

. Pritzker Architecture Prize, 2022

. 16. Biennale Architettura, Venice, Italy, 2018

. Gando Primary School, Burkina Faso, 2001

PARTICIPANTS Guillaume Koffi (b. Gagnoa, Ivory Coast, 1959), Issa Diabaté (b. Abidjan, Ivory Coast, 1969)

Lo studio ivoriano ricerca incessantemente soluzioni in sinergia con il clima tropicale del territorio africano considerando tutte le prospettive percorribili, dall’integrazione con il contesto naturale a una progettazione consapevole sia dal punto di vista energetico che dei materiali, tanto da definire l’obiettivo della propria architettura come un “abitare altrimenti”. Il tutto caratterizzato da una fortissima attenzione al tema della durabilità. In mostra lo studio si concentra in particolare sull’urgenza di una riflessione su un nuovo tipo di architettura che possa rispondere alle istanze della contemporaneità attraverso l’adozione di soluzioni locali.

ENG This Ivorian studio researches solutions that work in synergy with the African tropical climate considering all feasible perspectives, from integration with the natural context to aware design from the points of view of energy and materials, both employed to the end goal of an architecture which empowers people to inhabit otherwise. Durability is at the core of each of these designs and the studio’s exhibit focuses on the urgent need to reflect upon a new kind of architecture that may give answers to modern issues by using locally-oriented solutions.

SIGNS

. Orange Village, Abidjan, Ivory Coast, 2022

. Best of the year – Africa / Architizer

A+Awards, 2021

. Blaise Pascal Secondary School

Gymnasium, Abidjan, Ivory Coast, 2018

MASS Design Group

WHERE Boston, USA; Kigali, Rwanda

PARTICIPANT Christian Benimana (b. Rwanda, 1982)

Nell’opera di MASS il motto è “giustizia è bellezza”. Il lavoro dello studio si focalizza infatti su iniziative di giustizia e uguaglianza in cui, attraverso l’architettura, si indagano collettivamente nuove possibilità per il futuro costruendo nuove narrazioni. Acronimo di Model of Architecture Serving Society, MASS è un’organizzazione senza scopo di lucro la cui convinzione e il cui impegno risiedono nell’idea che la bellezza non debba in alcun modo essere riservata solo a chi può permettersela. Per questa ragione cerca di sviluppare un modello di pratica trasversale che, attraverso design, istruzione e ricerca, ottimizzi il proprio impatto nelle comunità a cui presta servizio.

ENG For MASS, ‘justice is beauty’. The firm focuses on justice and equality issues initiatives where a collective investigation is conducted through architecture into new possibilities and new narratives for the future. MASS – Model of Architecture Serving

71 THE LABORATORY OF THE FUTURE MAG 18. INTERNATIONAL ARCHITECTURE EXHIBITION

GIARDINI

Society is a not-for-profit organization whose members believe that beauty should not be reserved only for those who can afford it. For this reason, they work to develop a transversal model of practice that uses design, education and research to optimize their effects on the communities they serve.

SIGNS

. AIA Architecture Firm Award, 2022

. Justice is Beauty, Monacelli Press, 2019

. The National Memorial for Peace and Justice, Montgomery, Alabama, USA, 2018

Olalekan Jeyifous

WHERE Brooklyn, USA

PARTICIPANT Olalekan Jeyifous (b. Ibadan, Nigeria, 1977)

Ripensare al rapporto tra architettura, contesto e comunità ha portato Olalekan Jeyifous ad approfondire il ruolo che lo spazio gioca nella costruzione di uguaglianza all’interno delle comunità afroamericane e della diaspora africana. Al loro interno, infatti, la percezione del mondo secondo Jeyifous è essenzialmente futurista, considerata l’innata loro capacità di reinvenzione nella costante lotta per creare un nuovo rifugio dal nulla. L’artista rappresenta la propria visione attraverso una grande varietà di tecniche quali la modellazione 3D, il fotomontaggio, la scultura o le grandi installazioni, in cui sono frequenti i richiami alla tecnologia e all’estetica sci-fi.

ENG Re-thinking the relationship between architecture, context, and community led Olalekan Jeyifous to investigate the role that space plays in the building of equality in African-American communities and those of the African diaspora. The perception of the world within them is, according to Jeyifous, essentially futuristic, considering their innate ability to reinvent themselves in their constant struggle to build shelters out of nothing. The artist represents his vision through a wide range of techniques including 3D modelling, photo montage, sculptures, or large-scale installations that evoke hi-tech or sci-fi aesthetics.

SIGNS

. 17. Biennale Architettura, Venice, Italy, 2021

. Fellowship by the United States Artists, 2021

.

Reconstructions: Architecture and Blackness in America, MoMA, New York, USA, 2021

SOFTLAB@PSU

WHERE State College, USA

PARTICIPANT Felecia Davis (b. Michigan, USA, 1959)

Il laboratorio della Pennsylvania State University guidato da Felecia Davis indaga una delle traiettorie più avanzate del design contemporaneo dei materiali, ovvero quello fondato su una dimensione computazionale ( compu-

tational design ). Al cuore di questa pratica di ricerca, che si avvale del lavoro sperimentale di docenti e studenti e delle commistioni tra didattica e studio laboratoriale, è lo sviluppo di materiali – soprattutto tessili – frutto di una progettazione basata sull’implementazione di algoritmi in grado di controllare e generare processi complessi di produzione di forme. Alta complessità, leggerezza estrema e strutture profondamente articolate che sono tuttavia l’esito di una interazione intensa con i materiali tradizionali e il saper fare umano.

ENG The Laboratory of the Pennsylvania State University guided by Felecia Davis investigates one of the most advanced paths of modern material design, namely, computational design. At the heart of this research practice, which makes use of experimental work by teachers and students and of the mingling of teaching and laboratory study, is the development of materials – especially textiles – resulting from algorithm-controlled production processes. The resulting materials possess high complexity, extreme lightness, and deeply articulated structures, all achieved through an intense interaction between traditional materials and human knowhow.

SIGNS

. Liquid Wall, Haefele Showroom, New York, USA

. Patterning by Heat: Responsive Tension Textiles, Keller Gallery, MIT, Cambridge, USA

. The New York Architectural League’s Emerging Voices Award 2022

Studio Sean Canty

WHERE Boston, USA

PARTICIPANT Sean Canty

(b. Philadelphia, USA, 1987)

Ideatore del progetto 200+ Black Creators, avviato come risposta al movimento Black Lives Matter, Sean Canty insegna ad Harvard ed è cofondatore di Office III, collettivo di architetti finalista al MoMA PS1 Young Architects Competition 2016. Con una pratica estremamente plastica fondata sull’intersezione tra volumi e luce, attraverso i suoi lavori introduce nuove geometrie e materiali che arricchiscono il quotidiano. L’interesse di Canty è rivolto a modellare i diversi modi dell’abitare insieme in cui è possibile sperimentare la prossimità verso le persone di cui ci prendiamo cura, muovendoci tra connessione e distanza, nella combinazione e giustapposizione di scale diverse, esplorando un ampio campo di archetipi programmatici.

ENG The man behind 200+ Black Creators, founded in response to Black Lives Matter, Sean Canty teaches at Harvard and is a co-founder of Office III, an architects’ collective nominated for the 2016 MoMA PS1 Young Architects competition. Their practice makes use of the intersection of volumes and light to introduce new geometries and materials that enrich the everyday. Canty’s interests

lie in the modelling of the different ways we have of living together, where we can experience proximity towards those we care about, moving between connection and distance in the combination and juxtaposition of different scales, and exploring a large array of programmatic archetypes.

SIGNS

. Double Dutch ADU proposal, 2022

. Richard Rogers Fellowship Award, 2020

. Governors Island Welcome Center, New York, USA, 2017

Sumayya Vally and Moad Musbahi

WHERE Johannesburg, Republic of South Africa; London, UK; Tripoli, Libya; New York, USA

PARTICIPANTS Sumayya Vally (b. Pretoria, Republic of South Africa, 1990), Moad Musbahi

La fondatrice dello studio collettivo Counterspace, Sumayya Vally, e l’artista e curatore Moad Musbahi raccontano attraverso opere video, mostre, scritti e architetture i territori africani e islamici ibridi in cerca di una propria espressione, concentrandosi spesso su luoghi periferici o marginali come le discariche delle miniere. Le loro pratiche convergono sulla necessità di intersecare l’arte con la giustizia sociale, l’archivio e l’ecologia, prediligendo una narrativa alternativa per i luoghi trascurati e dismessi, facendone emergere l’aspetto sacro e rituale e le dimensioni performative e animiste. L’architettura così intesa, a differenza di come in passato sia stata sin troppo praticata come strumento per separare e segregare, può ora agire da aggregante inclusivo, da amplificatore di identità multiple.

ENG The founder of collective studio Counterspace Sumayya Vally and artist and curator Moad Musbahi use video, exhibitions, written work and architecture to tell the stories of hybrid African and Islamic territories seeking ways to express themselves, often focusing on peripheral or marginal places like mining landfills. Their practices converge on the need to intertwine art with social justice, archive, and ecology, preferring an alternate narrative for neglected, overlooked places and highlighting whatever is sacred and ritualistic in them as well as their performative, animistic dimension. Understood thus, architecture can be inclusive and aggregative and can amplify multiple identities, no longer working as a tool to separate and segregate.

SIGNS

. An Architecture in the Maqam, «Log 54:Coauthoring», 2022

. Serpentine Pavilion (Counterspace), London, UK, 2021

. Sharjah Architecture Triennial (Moad Musbahi, curator), Sharjah, Emirates, 2019

72 PRACTITIONERS The Laboratory of the Future PRACTITIONERS

Building a Creative Nation: Qatar 2005 – 2030

Biennale Architettura 2023

Palazzo Franchetti, Venice

May 14 – November 26

Qacreates.com/venice
74 PRACTITIONERS The Laboratory of the Future PRACTITIONERS GIARDINI Wilmotte Foundation Fondamenta dell’Abbazia, Cannaregio 3560 I 30121 Venezia Open 10:00am-1:30pm - 2:00pm-6:00pm Vaporetto: Ca’D’Oro - Madonna dell’Orto T: + 39 041 476 1160 fondation@wilmotte.fr

GIARDINI

Thandi Loewenson

WHERE London, UK

PARTICIPANT Thandi Loewenson (b. Harare, Zimbabwe, 1989)

Il programma Race, Space & Architecture è solo uno dei polisemici e articolati progetti di Thandi Loewenson, artista, progettista e ricercatrice che lavora con la transmedialità per catalizzare la cultura dell’emancipazione e dare voce ad “altrimenti possibili”, riflettendo in particolare sui territori dell’Africa del Sud. Lo spazio è una delle sue principali chiavi di lettura: talvolta lente di osservazione delle dinamiche di disuguaglianza e segregazione razziale, talaltra (come in BREAK//LINE ) soglia da indagare per scoprire le materializzazioni del capitale o le frontiere dell’oppressione. Una pratica all’intersezione tra design, performance, grafica, produzione musicale e video che mira nel suo pluralismo all’impegno collettivo e all’azione condivisa.

ENG The Race, Space & Architecture programme is only one of the polysemic projects of Thandi Loewenson, artist, designer, and researcher who works to catalyze emancipation culture and to give voice to the ‘possible otherwise’ focusing in particular on southern African territories. Space is one of the many keys to understanding her work: at times a magnifier of inequality and racial segregation dynamics, at others (as in BREAK// LINE) a threshold to investigate to discover the materialization of capital or the borders of oppression. A practice at the intersection of design, performance, graphic art and music and video production whose goals are pluralism, collective commitment, and shared action.

SIGNS

. Fiction, Feeling, Frame (research collective), 2023, online

. Race, Space & Architecture (open access curriculum), with Huda Tayob and Suzi Hall, 2020, online

. BREAK//LINE , The Bartlett School of Architecture, London, UK, 2018

Theaster Gates Studio

WHERE Chicago, USA

PARTICIPANT Theaster Gates

(b. Chicago, USA, 1973)

La pratica di Theaster Gates Studio può essere definita “arte socialmente impegnata”, “urbanismo”, “pratica spaziale”, “sviluppo della comunità”… Ciò che comunque conta per Gates è muoversi liberamente attraverso discipline, istituzioni e media per affrontare questioni di disuguaglianza, oblio e abbandono, offrendo una dimensione “altra” che è già qui e ora. Lo fa con robusti tentativi di recupero degli archivi della storia africano-americana, impiegando i sistemi e i metodi dell’arte contemporanea per condurre politiche di inclusione e di responsabilizzazione. Ma anche attivando progetti educativi come il programma Arts+Public Life, che a Chicago si occupa di quartieri spesso abbandonati a loro stessi, poco finanziati o mal supportati, cercando di attivare innovazioni innervate in nuove, condivise prospettive culturali. È senza dubbio una “black practice” che mette in luce un modo di costruire un futuro fondato sulla commistione del linguaggio, delle voci, della presenza.

ENG Theaster Gates’ practice may be defined as ‘socially engaged art’, ‘urbanism’, ‘spatial practice’, ‘community development’… For Gates what’s important is to move freely accross different disciplines, institutions, and media to address issues of inequality, neglet, and abandonment. He offers an otherwise that is already in the here and now by engaging in extensive work on the archives of African-American history and by using the systems and methods of modern art to actuate inclusion and accountability policies as well as by working in underserved and underfinanced Chicago neighbourhoods. An unquestionably ‘black practice’ that highlights one way of building a future based upon a combination of language, voice, and presence.

SIGNS

. Urban Land Institute J.C. Nichols Prize for Visionaries in Urban Development , 2018

. Dorchester Art + Housing Collaborative (DAHC) , Chicago, USA, 2014

. Rebuild Foundation, Chicago, USA, 2009

urban american city (urbanAC)

WHERE New York, USA

PARTICIPANT Toni L. Griffin (b. Chicago, USA, 1964)

Il lavoro di urbanAC, particolarmente dedicato alla pianificazione urbana, muove dai principi della Giustizia Urbanistica: come sarebbero le città se mettessimo al primo posto equità, uguaglianza e inclusione? Da questa idea Toni L. Griffin ha sviluppato non solo un laboratorio di ricerca e di didattica (The Just City Lab), ma anche uno studio che lavora su modelli transcalari di pianificazione ponendo le comunità al centro di processi cogenerativi. Dati, storie, contenuti sono elementi essenziali nella ricostruzione delle narrative. È seguendo questo processo che lo studio costruisce una pratica architettonica fondata sulla collaborazione e sulla condivisione dei “valori”, visione che informa ogni progetto dello studio.

ENG The studio’s work builds upon the principles of Just Urbanism: what would cities look like if we were to prioritise equitability, equality, and inclusion? From this idea, Toni L. Griffin has developed not only a research and education workshop (The Just City Lab), but also a studio that works on trans-scale planning models and puts communities at the centre of co-generative processes. Data, stories and content are essential elements in the reconstruction of narratives, and by following this process the studio constructs architectural practices founded on cooperation and the sharing of ‘values’, a vision that we can find in all their designs.

SIGNS

. Edmund N. Bacon Urban Design Award, 2022

. MKE United: A Greater Downtown Action Agenda, Milwaukee, USA, 2013-2015

. Detroit Future City Strategic Framework Plan, 2009-2013

OUTDOOR INSTALLATION Adjaye Associates

WHERE Accra, Ghana; London, UK; New York, USA

PARTICIPANT Sir David Adjaye OBE

(b. Dar es Salaam, Tanzania, 1966)

Vedi See p. 70

75 THE LABORATORY OF THE FUTURE MAG 18. INTERNATIONAL ARCHITECTURE EXHIBITION
The Laboratory of the Future PRACTITIONERS

GIARDINI

SPECIAL PROJECTS

PADIGLIONE CENTRALE

GUESTS FROM THE FUTURE

Ainslee Alem Robson

WHERE Los Angeles, USA

PARTICIPANT Ainslee Alem Robson

(b. Cleveland, USA, 1993)

Regista etiope-americana e scrittrice che indaga le frizioni tra identità, percezione, vocazione digitale, disposizione nostalgica, attraverso strategie di narrazione speculative ed emancipatorie, con una lente transculturale, femminista e post-coloniale. Ainslee ha sviluppato un linguaggio narrativo e visivo sperimentale in Ferenj: A Graphic Memoir in VR, il suo debutto alla regia. Questa esperienza afrosurrealista, memoir grafico-sperimentale ambientato in un paesaggio onirico, esplora il significato di “casa” valorizzando l’identità mista etiope-americana dell’autrice, cresciuta a Cleveland, Ohio, e poi vissuta ad Addis Abeba.

ENG An Ethiopian-American author and filmmaker who investigates the friction between identity, perception, digital vocation, and nostalgia using speculative and emancipative narratives. Her view is transcultural, feminist, and post-colonial. Ainslee developed an experimental narrative and visual language in Ferenj: A Graphic Memoir in VR, her directorial debut. This Afro-surrealist experience is a graphic/experimental memoir set in dreamland which explores the meaning of ‘home’ with a focus on the Ethiopian-American mixed identity of the author, who was born in Cleveland, Ohio, and later lived in Addis Abeba.

SIGNS

. Kandaka and the Black Pharaohs, film, 2021

. Imaginary Nostalgias, e-flux architecture, film, 2021

. Ferenj: A Graphic Memoir in Virtual Reality, film, 2020

Banga Colectivo

WHERE Luanda, Angola; Lisboa, Portugal

PARTICIPANTS Yolana Lemos

(b. Luanda, Angola, 1995); Kátia Mendes

(b. Lubango, Angola, 1995); Elsimar Freitas

(b. Luanda, Angola, 1993); Mamona Duca (b. Luanda, Angola, 1993); Gilson Mendes (b. Malanje, Angola, 1993)

Collettivo di architetti e artisti angolani che nasce dall’idea di preservare l’autoconoscenza e l’identità culturale del proprio Paese. La parola “banga” rappresenta per i membri del gruppo un sentimento di grande apprezzamento verso se stessi, che si traduce nel compito di conoscere e preservare la storia del luogo e delle persone che lo abitano. La progettazione di Banga mira a incoraggiare una “angolizzazione” dell’architettura prodotta nel Paese non solo fornendo soluzioni pratiche per la realizzazione dei progetti, ma sviluppando anche una componente teorica fondamentale per registrare pensieri, realtà, modi di vivere, bisogni e carenze. La convinzione del gruppo è che guardando al passato si possano trovare suggerimenti per intervenire in modo efficace negli anni a venire.

ENG A collective of Angolan architects and artists that came together to preserve the self-knowledge and cultural identity of their country. The word banga means to them a feeling of self-appreciation which resolves in their commitment to knowing and preserving the story of a place and of the people who live in it. Banga’s design work pushes for a sort of ‘Angola-ization’ of Angolan architecture, not only by offering practical solutions for the realization of projects, but also by developing a theoretical component which is essential for recording thoughts, realities, lifestyles, needs, and scarcities. The group’s conviction is that by looking at the past, we will be able to find inspiration for how to act more effectively in the years to come.

SIGNS

. Bienal de Arquitetura de São Paulo, 2022

. Cabana de Arte Project , 2020 . Clínica em Luanda, Benfica, Luanda, Angola, 2020

Blac Space

WHERE Johannesburg, Republic of South Africa

PARTICIPANT Kgaugelo Lekalakala

(b. Mpumalanga, Republic of South Africa, 1994)

Kgaugelo Lekalakala è cresciuta nella casa della nonna nella zona rurale di Seabe, nel Mpumalanga, a tre ore e mezza di macchina da Johannesburg. È a partire da questa esperienza che la sua pratica esplora il corpo nero nello spazio, utilizzando la grafica e l’architettura per criticare i costrutti spaziali. Il progetto Tales of Vulnerability, in particolare, utilizza un originale collage surrealista come tattica architettonica critica al fine di catturare ed esporre la vulnerabilità dei corpi femminili neri negli spazi di transito urbano-rurale.

ENG Kgaugelo Lekalakala grew up in her grandmother’s house in rural Seabe, Mpumalanga, a three-plus-hour drive from Johannesburg. It is thanks to this experience that her practice explores black bodies in space, using graphic art and architecture to critique spatial constructs. Her project Tales of Vulnerability in particular uses an original surrealist collage as a critical architectural tactic to capture and show the vulnerability of black female bodies in urban-rural transit areas.

SIGNS

. Tales of the Vulnerability of African Black Women in Transit Spaces. Analysis of Urban Change, Theory, Action, Volume 24 (Issue 1-2), 2020

Cartografia Negra

WHERE São Paulo, Brazil

PARTICIPANTS Raissa de Oliveira

(b. São Bernardo do Campo, Brazil, 1993); Carolina Vieira (b. São Paulo, Brazil, 1993); Pedro Alves (b. São Paulo, Brazil, 1992) Collettivo che nasce per indagare e ripensare alcuni storici territori neri a San Paolo. Luoghi di resistenza o spazi che venivano usati per la vendita, la tortura o l’esecuzione di persone schiavizzate e che oggi hanno nomi e significati che cancellano, o addirittura contraddicono, queste stesse storie. Ripercorrerli, raccontarli, descriverli è parte di un processo di presa di coscienza collettiva necessario a combattere un nuovo genocidio, quello fatto di cancellazioni e nascondimenti.

ENG A collective founded to investigate and rethink historically black territories in São Paulo, Brazil. Places of residence or spaces used for the sale, torture, and execution of enslaved people. Places whose current names

76 PRACTITIONERS The Laboratory of the Future PRACTITIONERS

erase, or even contradict, those very stories. Going back there and telling these stories is part of a process of collective awareness which is necessary to combat a new genocide of cancellations and concealment.

SIGNS

. PIPA Prize 2023, nominee

Faber Futures

WHERE London, UK

PARTICIPANT Natsai Audrey Chieza (b. Harare, Zimbabwe, 1985)

Fondato nel 2018, Faber Futures è uno studio che opera all’intersezione tra design, biotecnologia e società. Natsai Audrey Chieza, la sua fondatrice, è una designer, imprenditrice e scrittrice nata in Zimbabwe e residente a Londra. Nel corso di un decennio di sperimentazione ha stabilito nuovi processi di progettazione e quadri concettuali per la colorazione dei tessuti batterici, collocandosi all’avanguardia nel campo emergente del biodesign.

ENG Founded in 2018, Faber Futures is a studio that works at the meeting place of design, biotechnology, and society. Founder Natsai Audrey Chieza is a Zimbabwe-born, London-resident businesswoman and author. Over the span of a decade of experimentation, she has established new processes of digitalization and conceptual frameworks for bacterial cloth-dying which put her on the cutting edge of the emerging field of biodesign.

SIGNS

. BIO STORIES Report Download, (publication), World Economic Forum 20212022

. INDEX Award, 2019

. OkayAfrica’s 100 Women, 2018

Folasade Okunribido

WHERE London, UK

PARTICIPANT Folasade Okunribido (b. Lincoln, UK, 1995)

Partendo dalla riscoperta delle proprie radici, Folasade Okunribido esplora nuovi modi di abitare che celebrano la storia africana. L’architettura Yoruba, originaria della Nigeria, diviene la lente attraverso cui esplorare lo spazio: nel suo lavoro Ààfin Awon Eniyan il tipico “afin”, palazzo caratteristico abitato dalle élite sociali, viene restituito ad un gruppo di emarginati, liberi di sovvertire la gerarchia tradizionale celebrando la vita collettiva. Il colore blu è anch’esso espressione di libertà dalle ideologie e dai preconcetti, assumendo qui il ruolo vitale tipico degli elementi strutturali.

ENG Starting with the rediscovery of her roots, Folasade Okunribido explores new ways of inhabiting spaces that celebrate African history. Yoruba architecture, which originates in Nigeria, is a lens through which to explore space: in her Ààfin Awon Eniyan, the typical afin, a style of palace built for the local elite, is given back to a group of marginalized people, who will be free to subvert traditional hierarchy and celebrate collective life. The colour blue is also an expression of freedom from ideology and prejudice, which here assumes the vital role typical of structural elements.

SIGNS

. Ààfin Awon Eniyan (The People’s Palace) , Ibadan, Nigeria, 2020

. The Yoruba Kingdom: Memories of a Sixth Wife, 2020

. RIBA West Student Prize, 2019

Riff Studio

WHERE New York, USA

PARTICIPANTS Rekha Auguste-Nelson (b. Philadelphia, USA, 1991); Farnoosh Rafaie (b. Los Angeles, USA, 1988); Isabel Strauss (b. Chicago, USA, 1990)

Con una pratica da loro stesse definita di “riff”, questo studio nasce nel 2021 ed è fondato anzitutto su un terreno comune “altro”, il riff per l’appunto, spazio libero di incontro di tre distinti background, rispettivamente la costruzione di edifici, la ricerca storica e la pedagogia architettonica. È dal dialogo tra queste competenze che emerge la riflessione intorno alla complessa funzione dell’architettura nella società contemporanea, riflessione ben condotta nell’importante progetto presentato a Chicago, Architecture of Reparations

ENG This studio was established in 2021, born out of what its members call a ‘riff’ – a free meeting space to work on designing buildings, researching history and teaching architecture. From the dialogue between these skills, a reflection on the complex function of architecture in contemporary society emerges: one which is clearly laid out in the important design project presented in Chicago: Architecture of Reparations

SIGNS

. Architecture of Reparations, Large Print Book; Chicago Architecture Biennale, 2021

Tanoa Sasraku

WHERE London, UK

PARTICIPANT Tanoa Sasraku

(b. Plymouth, UK, 1995)

Giovane artista vincitrice dell’AFFA 2021 che si muove tra scultura, disegno e filmmaking, giustapponendo e interpretando storie culturali britanniche, nere, ghanesi e queer. Tanoa Sasraku esamina i compositi strati della propria identità di giovane donna gay di razza mista cresciuta a Plymouth e gli sforzi per unire questi strati in un tutt’uno nell’Inghilterra del XXI secolo. Le sue opere, cucite e strappate su carta di giornale o messe a mollo in paludi inglesi, si ispirano alle bandiere di guerre passate, ai tartan, a torri e pinnacoli di roccia. Con un immaginario che si ispira all’Harlem Renaissance e alle maschere, sembra qui emergere la profezia di un nuovo canone estetico radicalmente Nero.

ENG Sasraku is a young artist who won the 2021 edition of AFFA. She uses sculpture, design, and film to interpret British, Black, Ghanaian, and queer cultural histories. She also examines the composite layers of her identity as a young gay woman of mixed race who grew up in Plymouth, and the effort to compose these layers into a single identity in twenty-first-century Britain. Her art, which is made from sewn or ripped newspaper or soaked in local swamps, draws inspiration from Ghanaian war flags, tartans, stone towers, and cairns. Her pieces recall the Harlem Renaissance and its masks, and seem to point towards a new and radically Black aesthetical canon.

SIGNS

. Terratypes (solo exhibition), Spike Island, Bristol, 2022

. Arts Foundation Futures Awards, 2021

. Whop, Cawbaby, film, 2018

77 THE LABORATORY OF THE FUTURE MAG 18. INTERNATIONAL ARCHITECTURE EXHIBITION

ARSENALE

DANGEROUS LIAISONS

CORDERIE

D—WO

WHERE New York, USA

PARTICIPANTS Emanuel Admassu (b. Addis Ababa, Ethiopia, 1983); Jen Wood (b. Melbourne, Australia, 1984)

I lavori di Admassu e Wood (architetture, prodotti di design, installazioni, ricerche) insistono sulla peculiarità della riflessione spaziale della diaspora africana, intendendo definire lo studio come “terreno operativo” dell’incontro tra guscio e contenuto, tra architettura e dinamiche sociopolitiche. L’architettura è reduce di un disconoscimento e di una violenza che hanno come conseguenza «un’eredità di quartieri segregati, infrastrutture compromesse, tossine ambientali e disparità di accesso alle istituzioni finanziarie ed educative». È su queste premesse che lo studio individua ibridazioni e specificità dei mercati postcoloniali in Etiopia, o che raccoglie l’eredità blackness in un Occidente spesso disaggregato, costruendo possibilità, opportunità per pensare a intersezioni esperienziali di nuova efficacia. ENG The work of Admassu and Wood (architecture, design, installation, research) focuses on the peculiarity of spatial reflection in the African diaspora, defining the studio as the operational terrain for the meeting of container and content, of architecture and socio-political dynamics. Architecture has been subject to disenfranchisement and violence that have resulted in an “inheritance of segregated neighbourhoods, compromised infrastructures, environmental toxins, and unequal access to financial and educational institutions”. Working on this premise, the studio identifies hybridizations and specificities in Ethiopian post-colonial markets, or the heritage of blackness in a western world that is often non-cohesive.

SIGNS

. Reconstructions: Architecture and Blackness in America, MoMA, New York, USA, 2021

. Spotlight Award by the Rice Design Alliance, 2021

. Architecture Without Measure: Notes on Legibility, e-flux Architecture, 2021

AMAA Collaborative Architecture Office for Research and Development

WHERE Venice, Italy

PARTICIPANTS Marcello Galiotto

(b. Arzignano, Italy, 1986); Alessandra Rampazzo (b. Mirano, Italy, 1986)

Giovane studio italiano con base in Veneto, precisamente ad Arzignano, in un edificio grazie al quale hanno ottenuto il premio Young Italian Architects nel 2020. Quasi un manifesto del pensiero spaziale, della formazione professionale, della densa ricerca accademica di cui lo studio è imbevuto. Un’architettura agile, che si definisce in purissimi dettagli materici e che fa i conti con la durezza del contesto italiano: un luogo dove vale la pena “restare per dimostrare” e dove l’elaborazione del progetto passa attraverso mediazioni, negoziazioni, dialogo e simbiosi. Una pratica collaborativa, in cui il singolo lascia pieno spazio al molteplice, adagiato su sintesi materiche che gli splendidi modelli restituiscono con eloquente efficacia.

ENG A young Italian studio based in the very building that earned them the Young Italian Architects Award in 2020: practically a manifesto of the spatial thought, professional education, and dense academic research around which the studio is based. Agile architecture that defines itself in pure material details and that works against the grain in the challenging context of Italy, where the simple fact of not leaving is itself a statement and where architecture must be mediated, negotiated and debated. A collaborative practice where the individual leaves room for the whole, resting on material synthesis that the splendid designs return with eloquent effectiveness.

SIGNS

. Atipografia Threshold and Treasure Gallery, Arzignano, Italy, 2022

. Barn VS Pavilion, Breda di Piave, Italy, 2022

. Young Italian Architects Award, 2020

Andrés Jaque / Office for Political Innovation

WHERE New York, USA; Madrid, Spain

PARTICIPANT Andrés Jaque (b. Madrid, Spain, 1971)

Largamente acclamato e riconosciuto tanto dal mondo dell’architettura (da poco nominato Dean del Columbia GSAPP) quanto da quello dell’arte (la sua dirompente mostra sulla standardizzazione IKEA è stata acquisita dal MoMA dopo aver ottenuto il Leone d’Argento), Jaque fa dell’architettura un atto politico non-ideologico. Tre le chiavi interpretative: l’idea di “spazio” lascia il campo al tema della “composizione”, dove la composizione non è quella estetica, delle forme, ma è «una pratica cosmopolitica che si dedica ai modi in cui corpi, tecnologie e territori sono costruiti come interconnessi e indipendenti»; centralità dei dispositivi relazionali: non tanto in senso funzionalista, quanto in senso organico, di alternativa al delirio urbanistico in cui abitiamo, consci che la tabula rasa non esiste non essendo percorribile, e che quindi è solamente concentrandosi su quel che c’è che si possono pensare, elaborare alternative più congrue alle esigenze di un vissuto insediativo dignitoso di una data comunità; l’architettura infine, terza e ultima chiave, deve essere “trans”: transscalare, transspecista, transmediale, una transizione continua di tempi, spazi e materialità al fine di prefigurare un presente “più che umano”.

ENG Acclaimed and renowned both in the world of architecture and in the world of art, Jaque turns architecture into a non-ideological political act. His work can be interpreted in three ways: the idea of ‘space’ yielding to the theme of ‘composition’ – not only aesthetical, shape composition, but “a cosmopolitical practice dedicated to operating on the way bodies, technologies, and territories are constructed as interconnected and interdependent”; the centrality of relational devices, less in a functionalist sense than in an organic sense, as an alternative to the urban delirium we live in, aware that there is no blank slate anywhere and that it is only by focusing on what we have that we will be able to come up with better alternatives for dignified living; that architecture must be ‘trans’: trans-scalar, trans-species, transmedial – a continuous transition of time, space, and materiality to prefigure a more-than-human present.

SIGNS

. Reggio School, El Encinar de los Reyes, Madrid, Spain 2022

. Rambla Climate-House, Molina de Segura, Murcia, Spain, 2021

. Superpowers of Scale, Columbia Press, 2020

. Frederick Kiesler Architecture and Art Prize, 2016

. 14. Biennale Architettura (Silver Lion), Venice, Italy, 2014

78 PRACTITIONERS The Laboratory of the Future PRACTITIONERS

Paulo Tavares / autonoma

WHERE Brasília, Brazil

PARTICIPANT Paulo Tavares

(b. Campinas, Brazil, 1980)

Collaboratore di Forensic Architecture e ricercatore nel 2018-2019 al CCA, Tavares fonda nel 2017 lo studio autonoma con l’obiettivo di decolonizzare l’architettura attraverso la ricerca e l’azione nei contesti urbani. Ricerche che attraversano territori, geografie sociali e molteplici mezzi espressivi, spesso svolte a cavallo di diverse discipline, come gli importanti lavori sui diritti del non-umano, e in particolare delle foreste, o sui conflitti derivanti dalla violenza della pianificazione in Amazzonia, che aprono a una “architettura riparativa”, pratica attraverso la quale poter rendere forse possibile un abitare l’Antropocene in forme più intelligenti e rispettose.

ENG An associate of Forensic Architecture and a 2018-2019 researcher at the CCA, Tavares founded studio autonoma in 2017 with the aim of decolonizing architecture through research and initiatives in urban contexts. Research that traverses territories, social geographies, and multiple expressive means, often straddling multiple disciplines, like their important work on the rights of the non-human, in particular forests, or on the conflicts engendered by the violence of planning in the Amazon. All open to ‘reparative architecture’, a practice that makes more intelligent, respectful ways of living in the Anthropocene possible.

SIGNS

. Derechos no humanos: Y otros ensayos acerca de la arquitectura del bosque, Paperback – Unabridged, 2022

. Des-Habitat , K. Verlag Publishing, 2019

. Chicago Architecture Biennial (co-curator), Chicago, USA, 2019

. Forest Law (installation and publication), 2014

BDR bureau e carton123 architecten

WHERE Turin, Italy; Brussels, Belgium

PARTICIPANTS Simona Della Rocca (b. Moncalieri, Italy, 1985); Alberto Bottero (b. Cuneo, Italy, 1984); Els Van Meerbeek (b. Leuven, Belgium, 1974); Joost Raes (b. Leuven, Belgium, 1979)

I due giovani studi (uno di Bruxelles e l’altro di Torino) hanno ottenuto il primo premio all’Open Call OO4103, importante concorso delle Fiandre, per la riprogettazione di un complesso scolastico pluripadiglione a Zwevegem. Il progetto rivela una raffinata capacità di gestione della materia, dello spazio e delle sue intersezioni, approccio al fare architettura che accomuna le identità dei due studi, contraddistinta da una leggerezza di segno che peraltro caratterizza indistintamente tutte le produzioni autonome dei due studi. Nella scuola di Zwevegem emerge l’idea di una “architettura aperta”, che offre la possibilità di vivere uno spazio

generoso, multidisciplinare, che si lascia attraversare e influenzare da modi dell’abitare e da forme dell’apprendimento lontani da ogni prevedibile, consolidato standard.

ENG The two young studios (one based in Brussels, the other in Turin) won first prize at the Open Call OO4103, an important Flemish competition, to redesign a school compound in Zwevegem, Belgium. Their project shows a refined ability to manage matter and space and its intersections, and an approach to architecture that highlights the common identity of both studios: a lightness of touch that is also to be found in their individual works. In this Belgian school, we appreciate the idea of ‘open architecture’, a way to enjoy a generous, multi-disciplinary space that is traversed and influenced by lifestyles and learning practices that adhere to no given standard.

SIGNS

. Korbeek Winners (carton123), Leuven, Belgium, ongoing

. EUmies van der Rohe Award (BDR bureau finalist), 2022

. Fermi Secondary School (BDR bureau), Turin, Italy, 2019

. Standaertsite (carton123), Ledeberg Gent, Belgium, 2018

DAAR - Alessandro Petti and Sandi Hilal

WHERE Stockholm, Sweden; Bethlehem, Palestine

PARTICIPANTS Alessandro Petti (1973); Sandi Hilal (1973)

Collettivo che si occupa della decolonizzazione dell’architettura con una pratica impegnata socialmente a cavallo tra arte, spazio, ricerca, DAAR lavora essenzialmente sul terreno della giustizia sociale. Progetti come l’Ente di Decolonizzazione di Borgo Rizza (Siracusa), la Concrete Tent, la Tree School, Campus in Campus definiscono immaginari, forme di apprendimento, spazi critici di riflessione e scambio sulla pratica concreta della democrazia, della condivisione esistenziale, sociale in luoghi di frizione, aprendo strade di ripensamento su temi nodali del vivere in uno spazio urbano comune quale quelli della mobilità, dell’identità, del bene comune e dell’eredità della condizione di rifugiati.

ENG A collective that works on decolonization of architecture with a socially engaged practice combining art, space and research, DAAR focuses mainly on social justice.

Projects like the Decolonization Institution of Borgo Rizza (Siracusa, Italy), the Concrete Tent, the Tree School and Campus in Campus define images, educational philosophies and spaces for reflection and exchange on the material practice of democracy and on existential and social sharing in inhabited friction points, promoting a re-thinking of crucial themes of inhabiting shared urban spaces such as those related to mobility, identity, and the legacy of the status of refugee.

SIGNS . Prince Pierre Foundation Prize for artistic research, 2022

. Refugee Heritage, Art and Theory Publishing, 2021

. Permanent Temporariness, Art and Theory Publishing, 2019

David Wengrow and Eyal Weizman with Forensic Architecture and Nebelivka project

WHERE London, UK

PARTICIPANTS Eyal Weizman (b. Haifa, Israel, 1970); David Wengrow (b. UK, 1972)

La collaborazione tra Wengrow, uno dei maggiori esperti di archeologia comparata del mondo e autore del famosissimo L’alba di tutto: una nuova storia dell’umanità, ed Eyal Weizman, fondatore del progetto Forensic Architecture, che impiega lo spazio nell’indagine di conflitti per fare luce su crimini e violazioni dei diritti umani commessi da Stati, forze di polizia e aziende, intende mettere a fuoco la definizione stessa di “urbanizzazione”. In modo assai prossimo archeologia comparata e architettura forense mettono in discussione le narrative “di Stato” per far emergere controarchivi e nuove letture. Il caso qui preso in analisi è Nebelivka, città di 6000 anni fa sviluppatasi nell’attuale Ucraina.

ENG This collaboration between David Wengrow, one of the most respected experts on comparative archaeology and the author of The Dawn of Everything: A New History of Humanity, and Eyal Weizman, the founder of Forensic Architecture, which uses space to investigate conflict, crime, and human rights violations at the hands of police and businesses, aims to focus on the definition of ‘urbanization’ itself. Comparative architecture and forensic architecture both challenge the official narrative and propose counterarchives and new readings. This case study is Nebelivka, a city that existed 6000 years ago in the territory of modern Ukraine.

SIGNS . Peabody Award (Forensic Architecture), 2022

. The Dawn of Everything: A New History of Humanity, D. Wengrow, A. Lane, Farrar, Straus and Giroux, 2021

. 15. Biennale Architettura (Forensic Architecture), Venice, Italy, 2016

79 THE LABORATORY OF THE FUTURE MAG 18. INTERNATIONAL ARCHITECTURE EXHIBITION

18 maggio - 26 novembre 2023

Mostra a cura di | Exhibition curated by AMDL CIRCLE e Michele De Lucchi

Esposizione dei 10 progetti finalisti del Concorso Internazionale per l’Architettura d’Ingresso DoorScape Exhibition of the 10 finalist projects of the Entrance Architecture International Contest DoorScape

80 Fondazione
Campo
Martedì-Domenica | Tuesday-Sunday | 10 am - 6 pm fondazione@querinistampalia.org | www.doorscape.eu
Querini Stampalia
S. Maria Formosa, Castello 5252, Venezia
oltre la
the
beyond the
in collaborazione con
lo Spazio
Soglia
Space
Threshold

Dream The Combine

WHERE Ithaca, Minneapolis, USA

PARTICIPANTS Jennifer Newsom

(b. Norwich, USA, 1979); Tom Carruthers

(b. Vancouver, Canada, 1978)

Pratica creativa che esplora metafore, ambienti immaginari e incertezze percettive a cavallo tra architettura e arte nello spazio pubblico, mettendo in dubbio le forme tradizionali di comprensione del mondo. Le installazioni sitespecific, i lavori audio e video di Dream The Combine sono framework percettivi che mirano a complicare la relazione tra corpo, spazio e immagine. Creano infrastrutture sociali come piattaforme per esperienze che riuniscono le persone, processi la cui esplorazione erode certezze consolidate, sfidando l’idea che informa i tradizionali contesti urbani.

ENG A creative practice that explores metaphors, imaginary environments, and perceptual uncertainties in the fields of architecture and art in public spaces. Questioning the traditional forms of understanding, these site-specific installations and the audio/video work by Dream The Combine are perceptual frameworks that aim to complicate the relationship between body, space, and image. They create social infrastructures as experience-enabling platforms that allow people to come together – processes whose exploration erodes certainties and challenge the ideas that inform traditional urban contexts.

SIGNS

. Emerging Voices Award, Architectural League of New York , 2023

. Columbus Columbia Colombo Colón, Columbus, USA, 2021

. HIDE & SEEK , Long Island City, New York, USA, 2018

Dualchas

WHERE Isle of Skye, Glasgow, UK

PARTICIPANTS Neil Stephen (b. Glasgow, UK, 1969); Alasdair Stephen (b. Glasgow, UK, 1969); Rory Flyn (b. Inverness, UK, 1978)

Lo studio di Glasgow nasce dalla volontà di contrastare lo spopolamento delle Highlands scozzesi attraverso dei principi molto chiari, a partire dal forte legame con l’architettura vernacolare – infatti il modello di ispirazione iniziale è quello delle blackhouse di tradizione nordeuropea –, e quindi con il territorio e le sue caratteristiche fisiche, e dalla ricerca di soluzioni per minimizzare l’impronta ecologica. Dalle Highlands lo studio si muove anche nelle zone più urbane della Scozia, con progetti capaci poi di oltrepassare i ristretti confini del Regno Unito.

ENG The Glasgow-based studio was founded to combat the depopulation of the Scottish Highlands using clear principles, starting with a strong bond with vernacular architecture – in fact, their initial model of inspiration is the blackhouse of north-European

tradition – and hence, with territory and its physical features as well as with research to minimize the ecological footprint. The studio also works in urban Scotland on projects whose potential goes beyond the borders of the United Kingdom.

SIGNS

. RIAS Awards (finalist), winners will be announced in June, 2023

. Best New Buildings in Highlands, 2022

. National Award RIBA , 2014

ESTUDIO A0

WHERE Quito, Equador

PARTICIPANTS Ana María Durán Calisto (b. Quito, Ecuador, 1971); Jaskran Kalirai (b. Derby, UK, 1974)

L’obiettivo principale di questo studio è la perseveranza nell’impegno di una progettazione e di una costruzione ecologicamente responsabili a tutte le scale, concentrandosi sulle possibilità di riciclo, sulla produzione di energia pulita in situ, sulla raccolta e il riutilizzo dell’acqua, sugli ibridi ad alta e bassa tecnologia, sull’indagine dei materiali locali e sulla riattivazione delle ecologie territoriali. Premiato proprio per la capacità di “decarbonizzare” l’architettura e la città, lo studio è anche impegnato in una importante ricerca sull’urbanizzazione precolombiana.

ENG The main goal of Estudio A0 is a commitment to designing buildings that are ecologically responsible at all scales, focusing on recycling, locally-sourced energy, water recycling, high- and low-tech hybrids, locallysourced materials, and the reactivation of territorial ecologies. The winner of awards for their ability to decarbonize architecture and cities, the studio also carries out research into pre-Columbian urbanization.

SIGNS

. Water-Wise, River Breath: Reframing design’s role with water, Art Gallery of Alberta, Canada, 2022

. Ecological Urbanism in Latin America, Mostafavi, M., Doherty, G., Correa, M., Durán Calisto, A. M. & Valenzuela, L., Harvard University Graduate School of Design, 2019

. The Quito Publishing House, Quito, Ecuador, 2014

Flores & Prats Architects

WHERE Barcelona, Spain

PARTICIPANTS Eva Prats (b. Barcelona, Spain, 1965); Ricardo Flores (b. Buenos Aires, Argentina, 1965)

Con una pratica fondata sulla responsabilità del fare e del costruire, lo studio è caratterizzato da un modus operandi quasi “artigianale”, che ribalta l’idea di collage city attraverso una cura di microcosmi spaziali e sociali. Rigenerazione, edilizia sociale o spazi pubblici diventano occasioni di pensare un’architettura fatta di materia plasmata finemente, risultato di un lavoro di cesellatura che avviene attra-

verso il disegno – quasi sempre a mano – e la modellizzazione plastica. Lo studio ha anche sviluppato progetti mobili o portatili, impiegando mezzi che vanno dal film all’architettura commestibile.

ENG A practice founded on the responsibility of making and building, the studio features a quasi-artisanal modus operandi that overturns the idea of collage cities through care for spatial and social microcosms.

Regeneration, social housing or public space become an opportunity to think of architecture as a practice of carefully shaped material, the result of painstaking work that starts with drawing – almost always by hand – and modelling. The studio also develops mobile, or portable, projects, using media that ranges from film to edible architecture.

SIGNS . Flores & Prats – Drawing Without Erasing and Other Essays, Walther König, 2023 . Biennale Architettura, Venice, Italy, 2018, 2016, 2014 . EUmies van der Rohe Award (nomination), 2017, 2016, 2015, 2005

Gbolade Design Studio

WHERE London, UK

PARTICIPANTS Tara Gbolade (b. Kaduna, Nigeria, 1985); Lanre Gbolade (b. Ota, Nigeria, 1985)

Lo studio parte da una dichiarazione/manifesto: l’architettura è responsabile del 40% delle emissioni nocive, contribuendo pesantemente al degrado climatico e all’erosione della biodiversità. È per questo che ha sottoscritto l’Architects Declare e la 2030 Climate Challenge di RIBA, distinguendosi per un proprio, preciso tentativo olistico di intendere la sostenibilità nella direzione di un’idea possibile di decarbonizzazione del Pianeta capace di coinvolgere, di attraversare tutte le componenti della nostra società e dell’ambiente in cui l’uomo si trova a vivere.

La mostra Breaking Ground: A Regenerative Approach in particolare esplora le possibilità dell’architettura di farsi attività non più “estrattiva” ma rigenerativa, contribuendo a risollevare positivamente le sorti del Pianeta adottando idee e soluzioni più sostenibili e socialmente inclusive.

ENG The studio is founded on a manifesto/declaration: architecture is responsible for the 40% of toxic emissions, contributing gravely to climate degradation and biodiversity erosion. This is why it undersigned the Architects Declare proclamation and the 2030 RIBA Climate Challenge, distinguishing itself for its holistic attempt to see sustainability as a possible way to decarbonize the planet and involve all components of society and the environment in which people live. The exhibition Breaking Ground: A Regenerative Approach in particular explores the possibility of architecture not being merely an ‘extractive’ activity but a regenerative one that can

81 THE LABORATORY OF THE FUTURE MAG 18. INTERNATIONAL ARCHITECTURE EXHIBITION
The Laboratory of the Future PRACTITIONERS
ARSENALE

ARSENALE

contribute positively to the well-being of the planet by employing sustainable, socially inclusive ideas and solutions.

SIGNS

. Breaking Ground: A Regenerative Approach, The Africa Centre, London, UK, 2023

. Waterloo Station Masterplan, London, UK, 2022

. Urban Design Awards (finalist), 2021

Gloria Cabral and Sammy Baloji

WHERE Guarda do Embau, Brazil; Brussels, Belgium

PARTICIPANTS Gloria Cabral (b. São Paulo, Brazil, 1982); Sammy Baloji (b. Lubumbashi, Democratic Republic of the Congo, 1978) with

Cécile Fromont

WHERE New Haven, USA

PARTICIPANT Cécile Fromont (b. Schœlcher, Martinique, 1980)

Caratterizzati da background ed esperienze assai diverse, Gloria Cabral, architetto di origini paraguaiane, e Sammy Baloji, fotografo e artista di origini congolesi, pongono la memoria e la cultura al centro della costruzione collettiva della società. Le loro visioni qui si intersecano all’insegna di un proficuo dialogo tra le proprie rispettive identità professionali e culturali: da un lato lo studio dell’eredità architettonica e industriale congolese che permette a Baloji di reinterpretare l’impatto del colonialismo, dall’altro la comprensione dei valori sociali e ambientali locali che permette a Cabral di utilizzare in modo creativo i materiali tradizionali. In mostra una intersezione curata dalla storica dell’arte Cécile Fromont, che ha già potuto affiancare lo stesso Baloji per i suoi lavori sul Congo.

ENG Gloria Cabral, a Spanish architect of Paraguayan ancestry, and Sammy Baloji, photographer and artist of Congolese ancestry, centre memory and culture in the collective building of society. Their visions intersect under the idea of productive dialogue between their professional and cultural identities: on one side, the study of Congolese architectural and industrial heritage, which allows Baloji to reinterpret the effects of colonialism, and on the other, the understanding of local social and environmental values that allows Cabral to use traditional materials creatively. Cécile Fromont presents an intersection on works made with Baloji.

SIGNS

. KU Leuven Culture Prize (Baloji), 2022

. Moira Gemmill Prize for Emerging Architecture (Cabral), 2018

. 15. Biennale Architettura (Golden Lion to Cabral with Gabinete Arquitectura), Venice, Italy, 2016

. Dak’Art Biennale (Baloji), 2016

Grandeza Studio

WHERE Madrid, Spain; Sydney, Australia

PARTICIPANTS Amaia Sánchez-Velasco (b. Salamanca, Spain, 1985); Jorge Valiente Oriol (b. Madrid, Spain, 1984); Gonzalo Valiente Oriol (b. Madrid, Spain, 1982)

Attraverso una pratica di architettura speculativa, lo studio si concentra sui fenomeni della contemporaneità tardo-capitalistica con due obiettivi: da un lato muovere una approfondita lettura critica attorno alle urgenze e alle dinamiche delle violenze socio-spaziali e ambientali, dall’altro avviare altre, possibili modalità operative in grado di disinnescare l’imperturbabile tossicità normalizzata e strutturale del reale. Pluripremiato ed esposto in innumerevoli biennali e mostre, lo studio, fondato a Madrid, fa base a Sydney.

ENG Using speculative architecture, the studio focuses on the phenomena of late capitalist societies with two goals: on one hand, a critique of the urgency and dynamics of socio-spatial and environmental violence, and on the other, the triggering of possible operative modalities for defusing the normalized, structural toxicity of the real. A worldrenowned prize-winning studio, they started their practice in Madrid and are now based in Sydney.

SIGNS

. National Gallery of Victoria (permanent collection), Melbourne, Australia

. Mars Interruptus, 2022

. Australian Pavilion, XXII Triennale Milano, Milan, Italy, 2019

Huda Tayob

WHERE Cape Town, Republic of South Africa; Manchester, UK

PARTICIPANT Huda Tayob (b. Cape Town, Republic of South Africa, 1986)

La ricerca di Huda Tayob, attivista e storica dell’architettura, si concentra sulle architetture minori, migranti e subalterne e su come la letteratura possa portare alla luce le parti invisibili della memoria e restituire dignità alle pratiche spontanee che riformulano lo spazio.

In progetti come Archive of Forgetfulness e Race, Space and Architecture, Tayob e altri curatori affrontano domande riguardanti il modo in cui le città africane sono state progettate per rispondere a situazioni di segregazione, ingiustizia sociale e spazializzazione del capitalismo razziale.

ENG Huda Tayob is an activist and architecture historian focusing on minor, migrant, subordinate architectures and on how the literature can bring to light invisible fragments of memory and restore the dignity of natural space-reformulating practices. In projects such as Archive of Forgetfulness and Race, Space and Architecture, Tayob and other curators examine the way African cities have been planned in order to seek answers on issues of segregation, social injustice, and spatialisation of racial capitalism.

SIGNS

. Archive of Forgetfulness, digital exhibition and podcasts series, online

. Graham Foundation Grant , 2022

. Mellon Fellowship, Canadian Centre for Architecture, 2019

Kate Otten Architects

WHERE Johannesburg, Republic of South Africa

PARTICIPANT Kate Otten

(b. Durban, Republic of South Africa, 1964)

La pratica di Kate Otten, i cui progetti sono stati premiati, riconosciuti e pubblicati in tutto il mondo per l’originalità con cui sanno combinare tradizioni costruttive, materiali, culture, colori e modernità insieme a spazialità di estrema rilevanza, è fondata sulla felicità. Valore che non si fonda solo su aspetti generosamente architettonici, definendosi attraverso un lavoro di attenzione, ingaggio, scouting, supporto e testimonianza di architetti, soprattutto donne, del Sud Africa.

ENG Kate Otten’s designs have won prizes and been published all around the world thanks to the originality of a practice which blends building traditions, materials, cultures, colours, and modernity with extremely relevant spatiality and which is based around happiness, a value deriving only partly from generously architectural aspects and which finds its definition in a combination of attention, engagement, scouting, support, and testimony of architects, especially women, in southern Africa.

SIGNS

. Gabriel’s Garden Pavilion, Johannesburg, Republic of South Africa

. Lulu Kati Kati, Johannesburg, Republic of South Africa

. Art Therapy Center, Johannesburg, Republic of South Africa

. Regional Finalist Business Women of the Year, 2002

Killing Architects

WHERE Rotterdam, The Netherlands

PARTICIPANT Alison Killing

(b. Newcastle upon Tyne, UK, 1979)

In questo studio olandese, architettura e stampa convergono in un lavoro di ricerca che, attraverso l’uso innovativo di strumenti intrinseci all’architettura e all’urbanistica, affronta e racconta situazioni sociali caratterizzanti diverse geografie urbane del mondo in un’ottica giornalistica. Mappe, immagini satellitari e modelli architettonici tridimensionali sono alcune delle tecniche di storytelling utilizzate da Killing Architects per localizzare infrastrutture di detenzione e incarceramento nella regione cinese di Xinjiang o per ricostruire i percorsi e le esperienze dei migranti nel loro viaggio verso l’Europa.

ENG Architecture and press converge in this Dutch studio, using the tools of architec-

82 PRACTITIONERS The Laboratory of the Future PRACTITIONERS

ture and urban planning in innovative ways to research social situations in urban geographies around the world with a reporter’s eye. Maps, satellite imaging, and 3D architectural models are just some of the storytelling techniques employed by Killing Architects to locate prisons in the Xinjiang region of China or to reconstruct the experience of migrants as they make their way into Europe.

SIGNS

. China Secretly Built a Vast New Infrastructure to Imprison Muslims, Pulitzer Prize, M. Rajagopalan, A. Killing, C. Buschek, 2021

. How Your Instagram Story Lets the Cops Follow You Around a City, BuzzFeed News, 2019

. Migration Trail (multimedia project), 2017

Le laboratoire d’architecture

WHERE Geneva, Switzerland

PARTICIPANTS Vanessa Lacaille (b. Paris, France, 1980); Mounir Ayoub (b. Tunis, Tunisia, 1980)

Studio ginevrino che lavora tra Svizzera e Tunisia, ha curato nel 2021 in occasione della 17. Biennale Architettura il Padiglione Svizzero, oræ – Experiences on the Border, esplorando le forme dell’abitare negli spazi di confine. Impegnati fortemente anche nell’attività di didattica e di ricerca, Lacaille e Ayoub riflettono largamente sulla condizione nomade del mondo, di vita nomadica proprio, in riferimento alla quale costruiscono spazi, architetture, dispositivi. Confine e nomadismo sono luoghi di osservazione della contemporaneità, sfide per l’architettura del futuro e spazio di poesia.

ENG A Geneva-based studio that works in both Switzerland and Tunisia, they curated the Swiss Pavilion at the 17th Venice Architecture Biennale in 2021. The architects believe deeply in educational and research activity, and Lacaille and Ayoub reflect on nomadic conditions around the world in their construction of spaces, architectures, and devices. Borders and nomadic life are the observation platform of modernity as well as challenges for the future of architecture and spaces of poetry.

SIGNS

. 17. Biennale Architettura, Venice, Italy, 2021

. BIG - Biennale des espaces d’art de Genève, Geneva, Switzerland, 2019

. Albums of Young Architects and Landscape Architects, 2014

Liam Young

WHERE Los Angeles, USA

PARTICIPANT Liam Young (b. Australia, 1979) Introdotto dalla BBC come “l’uomo che progetta il nostro futuro”, Liam Young è uno dei fondatori del think tank Urban Futures Tomorrows Thoughts Today e dello studio di ricerca nomade Unknown Fields, progetto il cui fondamento è quello di non intendere il ruolo dell’architetto come quello di un mero progettista di edifici, considerandolo viceversa insieme come uno stratega, un pianificatore, un attivista, un regista e un curatore. Le nuove tecnologie, come droni e laser scanner, diventano nelle visualizzazioni e nelle architetture speculative di Young esse stesse oggetto della narrazione, capaci di restituire nuovi tipi di storie connesse alle problematiche urbane e alle implicazioni sullo spazio che queste nuove soluzioni tecnologiche producono sui temi dell’oggi e del domani. È forte, in Young, la ricerca sull’Accelerazionismo. Non tanto, però, nel progetto di pacificate “smart cities” in cui la tecnica diventa la salvezza del quotidiano. Quanto, piuttosto, nella lettura del reale attraverso i “paesaggi delle macchine”, luoghi di straordinaria complessità in cui l’uomo deve essere in grado di negoziare il suo spazio.

ENG Introduced by the BBC as the man designing our futures, Liam Young co-founded the Urban Futures Tomorrows Thoughts Today think tank and the Unknown Fields nomadic research studio, a project that sees the architect not as a mere designer of buildings but rather as a strategist, planner, activist, director, and curator. In Young’s speculative architectures and visualisations, new technologies like drones and laser scanners become objects of narration themselves, capable of writing new stories connected to urban issues and the implications of technology on space both today and in the future. Young’s research on Accelerationism is robust. However, it is not reflected in the idea of pacified “smart cities,” where technology is viewed as the savior of daily life. Rather, Young’s work focuses on the interpretation of reality through “machine landscapes” - places of extraordinary complexity where individuals must learn to negotiate their space.

SIGNS

. Planet City (McEoin E., Young L.), Andrew Mackenzie, 2021

. Machine Landscapes: Architectures of the Post Anthropocene, Architectural Design, 2019

. In the Robot Skies (short film, winner at the Mexico International Film Festival 2017), 2016

Low Design Office

WHERE Austin, USA; Tema, Ghana

PARTICIPANTS Ryan Bollom (b. Spring, USA, 1979), DK Osseo-Asare (b. State College, USA, 1980)

Il motto dello studio è semplice: “more with less”. Bollom e Osseo-Asare nascono come ingegneri, ed è la precisione tecnica ad accompagnare la loro visione a grande scala. Concentrandosi sull’aspetto ecosistemico inteso in senso esteso, pongono l’attenzione sul rapporto tra paesaggio, ambiente costruito e comunità con la forza del loro dinamismo nel tempo, sorretti dalla convinzione che la performatività massima si raggiunga in condizioni di stress minimo. Convinti che la radicalità necessaria sia oggi fatta di costruzione, si muovono tra progetti caratterizzati da un’estrema intensità in termini di competenze e di abilitazione, come il premiatissimo AMP ad Accra, e precisi e puntuali architetture climate responsive, dispiegatesi in particolare in lavori svolti negli Stati Uniti.

ENG The studio’s motto is simple: more with less. Bollom and Osseo-Asare are trained engineers, and it is technical precision that accompanies their large-scale vision. Foregrounding eco-systematic aspects in a broad sense, the two focus on the relationship between landscape, built environment and community with the strength of their dynamism. They believe that maximum performance can only be achieved in conditions of minimal stress and that the necessary radicality derives from construction. Their work encompasses both projects which are extremely intensive in terms of competence and ability, like their award-winning AMP in Accra, and the exact climate-responsive architecture found in several of their projects in the USA.

SIGNS

. Le Monde Smart Cities Awards, 2020

. AIA Austin Design Awards, 2020

. Dakota Mountain Residence, Dripping Springs, USA, 2019

. Agbogbloshie Makerspace Platform (AMP) , Accra, Ghana, 2017

MMA Design Studio

WHERE Johannesburg, Republic of South Africa

PARTICIPANT Mphethi Morojele

(b. Maseru, Lesotho, 1963)

Questa pratica consiste nel creare spazio per nuovi modi di sperimentare la città o per riscoprire vecchi modi di viverci. Sotto la guida del suo direttore, Mphethi Morojele, lo studio mira a migliorare la condizione africana e a rispondere alle sue urgenze riconoscendo la sua storia e la continua costruzione della sua identità. Per raggiungere questo obiettivo, MMA esplora la conoscenza tradizionale indigena attraverso un’ottica contemporanea, provando in questo modo a superare l’invisibilità storica dell’architettura africana stimolando l’acquisi-

83 THE LABORATORY OF THE FUTURE MAG 18. INTERNATIONAL ARCHITECTURE EXHIBITION

ARSENALE

zione di una crescente consapevolezza dello spazio circostante.

ENG MMA’s practice consists of creating new space and new ways to experience the city or rediscover older ways of living in it. Under the guidance of its director Mphethi Morojele, the studio works on improving African life standards and giving answers to Africa’s problems by acknowledging its history and the ongoing construction of its identity. To this end, MMA explores indigenous, traditional knowledge in from a modern perspective, attempting to overcome the historical invisibility of African architecture by stimulating awareness of the surrounding space.

SIGNS

. Freedom Park, Phase 1, Pretoria, Republic of South Africa, 2008

. Between Ownership and Belonging, 10. Biennale Architettura, Venice, Italy, 2006

. South African Embassy, Berlin, Germany, 2003

Neri&Hu Design and Research Office

WHERE Shanghai, People’s Republic of China

PARTICIPANTS Lyndon Neri / Guo Xi-En (b. Ozamiz, Philippines, 1965); Rossana Hu / Hu Ru-Shan (b. Kaohsiung, China, 1968)

Internazionale, multiculturale e interdisciplinare come la città in cui ha la sua sede principale, Shangai, lo studio si muove tra tutte le scale del progetto, da meravigliose lampade a grandi edifici pubblici. Ha ottenuto negli anni innumerevoli premi e riconoscimenti per l’impatto culturale e il rilievo spaziale della sua pratica. Al centro del suo lavoro la forma, la luce e la generosità dello spazio, ricercate entro una architettura che è sempre, allo stesso tempo, molteplice e sintetica, ancestrale e poetica: in qualche modo il frutto della nostalgia, attitudine vissuta in chiave contemporanea che rappresenta il fondamento positivo del pensiero dello studio.

ENG As international, multi-cultural, and multi-disciplinary as the city they call home – Shanghai – the studio works on projects of every scale, from wonderful lamps to large public buildings. Over the years, they have received awards and recognition for the cultural impact and spatial relevance of their work, which centres shape, light, and generosity of space sought in an architecture that is at once and always multiple and synthetic, ancestral and poetic: in some way the result of nostalgia, a modern-day aptitude that represents the fundamental positivity at the heart of the studio’s practice.

SIGNS

. Qujiang Museum of Fine Arts (extension), Xi’an, China, 2021

. The House of Remembrance | Singapore Residence, Singapore, 2021

. Incision | Nantou City Guesthouse, Shenzhen, China, 2021

Office 24-7 Architecture and Lemon Pebble Architects

WHERE Johannesburg, Republic of South Africa

PARTICIPANTS Nabeel Essa (b. Polokwane, Republic of South Africa, 1971); Tanzeem Razak (b. Benoni, Republic of South Africa, 1973)

L’ufficio 24-7 nasce nel 2022 e si concentra sulla combinazione di studi dello spazio e modi innovativi di reinterpretare luoghi di aggregazione, come musei e spazi culturali ed espositivi. Lo studio Lemon Pebble, fondato da donne cresciute nelle township sudafricane segregate ad est e ovest di Johannesburg, nasce invece nel 1992 e sviluppa la sua pratica in progetti che si concentrano precipuamente sulla coscienza di sé, radicati in un passato importante, quindi nella memoria viva, ma al contempo capaci di esprimere una visione ampia, aperta verso un futuro innovativo.

ENG Office 24-7 was established in 2022 to combine studies on space and innovative ways of reinterpreting places of aggregation, like museums and cultural venues. Lemon Pebble is a studio founded by women who grew up in segregated South African townships to the east and west of Johannesburg. It was founded in 1992, and developed a practice focused on self-awareness, ample vision, and innovative future.

SIGNS

. Finalist in a joint venture with Lemon Pebble architects in the Sol Plaatjie University Graduation Hall competition –Kimberley, 2022

. Landwalks Across Palestine and South Africa (Lemon Pebble, co-author), Dream Press, 2022

. Moruleng Cultural Precinct (Office 24/7), Moruleng, South Africa, 2015

orizzontale

WHERE Rome, Italy

PARTICIPANTS Nasrin Mohiti Asli (b. Rome, Italy, 1987); Margherita Manfra (b. Rome, Italy, 1985); Giuseppe Grant (b. Caserta, Italy, 1987); Roberto Pantaleoni (b. Rome, Italy, 1987); Stefano Ragazzo (b. Rome, Italy, 1987); Juan López Cano (b. Cardeña, Spain, 1981); Jacopo Ammendola (b. Fiesole, Italy, 1983)

Collettivo multidisciplinare di Roma che lavora su infrastrutture pubbliche, ossia dispositivi capaci di interagire con gli abitanti e i beni comuni urbani, quindi di attivare relazioni ingaggiando nuovi attori sociali. “Spazi pubblici relazionali”, come essi stessi li definiscono, spesso autocostruiti e frutto di processi collettivi che rivelano altre possibili funzioni dei complessi insediativi, catalizzando esperienze, costruendo nuove modalità di aggregazione sociale, seguendo consolidate pratiche partecipative per nuove connessioni relazionali tra persone, tra comunità.

ENG A Rome-based multi-disciplinary collective that works on ‘public infrastructure’, meaning initiatives able to interact with local citizens and shared urban environments, activating relationships and engaging new social actors. What they call ‘public relational spaces’ are often self-built and are the result of a collective process that reveals other possible functions for housing: they catalyse experience, build new modes of social aggregation and follow consolidated, participative practices to create new connections between people and between communities.

SIGNS . Prossima Apertura, Quartiere Toscanini, Aprilia, Italy, 2021

. 16. Biennale Architettura, Venice, Italy, 2018 . Casa do Quarteirão, São Miguel Island, Portugal, 2016

. 8 ½, MAXXI, Rome, Italy, 2014

Rahul Mehrotra with Ranjit Hoskote

WHERE Mumbai, India; Boston, USA

PARTICIPANTS Rahul Mehrotra (b. New Delhi, India, 1959); Ranjit Hoskote (b. Mumbai, India, 1969)

Rahul Mehrotra, architetto, e Ranjit Hoskote, teorico culturale e critico d’arte, combinano lo studio del passato e l’evoluzione dell’architettura in India come strategia per affrontare ed assecondare al meglio le aspirazioni riguardanti il pluralismo e l’alterità dell’architettura contemporanea indiana. Processo di estrema complessità esplorato attraverso mostre come State of Housing – Aspirations, Imaginaries and Realities in India e The State of Architecture SOA, le quali hanno rappresentato delle importanti occasioni per esaminare retrospettivamente questioni legate alla pratica architettonica, alla teoria e alla politica, con l’obiettivo di immaginare un nuovo futuro dell’architettura indiana.

ENG Architect Rahul Mehrotra and cultural critic and theorist Ranjit Hoskote combine the study of the past and the evolution of architecture in India as a strategy to tackle and support their aspirations on pluralism and alterity in modern Indian architecture. A process of utmost complexity explored in exhibitions like State of Housing – Aspirations, Imaginaries and Realities in India and The State of Architecture SOA, which have been welcome occasions to retrospectively examine issues of architectural practice, theory, and politics, with the goal of imagining a new future for Indian architecture.

SIGNS

. State of housing – Aspirations, imaginaries and realities in India, Gallery MMB, Goethe-Institut, Mumbai, India, 2018

. 16. Biennale Architettura (special mention to Rahul Mehrotra & RMA Architects), Venice Italy, 2018

. State of Architecture – Practices and processes in India, National Gallery of Modern Art, Mumbai, India, 2016

84 PRACTITIONERS The Laboratory of the Future PRACTITIONERS

For over 50 years, the overall view of architecture and landscape has been an integral part of the designs and plans of Gerber Architekten. A holistic understanding shapes the context from which a design interplay of build-ing and landscape or citylandscape emerges. On the basis of national and international projects, including a competition entry currently being implemented, the exhibition is dedicated to this subtly formulated basic idea. The range of examples, from cultural and leisure buildings to administrative and high-rise buildings to universities and research buildings, illustrates the elementary signifi-cance of this conceptual approach in the work of Gerber Architekten. We look forward to your visit!

20 May to 26 November 2023

Opening hours: 10 am to 6 pm

Closed on Tuesdays

www.gerberarchitekten.de

presse@gerberarchitekten.de

85 THE LABORATORY OF THE FUTURE
Bembo
del Carbon
Palazzo
Riva
4793 30124 Venice/Italy

ARCHIcommunity Architetture x la

20.05 – 26.06.2023

InteriorDESIGN

orari 10-12 16-19

Magazzino Gallery Palazzo Contarini Polignac Dorsoduro, 874 VENEZIA

Magazzino

orari / timetable 10 - 12 ____ 16 - 19

Magazzino Gallery

Palazzo Contarini Polignac

Dorsoduro, 878 Venezia Accademia

86 PRACTITIONERS The Laboratory of the Future PRACTITIONERS ARSENALE ARCHIcommunity Architetture x la comunità 20.05 – 26.06.2023 ARCHIbusiness Architetture x il business 29.06 – 27.08.2023 ARCHIhospitality Architetture x l’ospitalità 31.08 – 28.09.2023 InteriorDESIGN Dettagli x l’Interior Design 30.09 – 15.10.2023 orari 10-12 16-19 Magazzino Gallery Palazzo Contarini Polignac Dorsoduro, 874 VENEZIA ARCHIcommunity Architetture x la comunità 20.05 – 26.06.2023 ARCHIbusiness Architetture x il business 29.06 – 27.08.2023 ARCHIhospitality Architetture x l’ospitalità 31.08 – 28.09.2023 InteriorDESIGN Dettagli x l’Interior Design 30.09 – 15.10.2023 orari 10-12 16-19 Magazzino Gallery Palazzo Contarini Polignac Dorsoduro, 874 VENEZIA ARCHIcommunity Architetture x la comunità 20.05 – 26.06.2023 ARCHIbusiness Architetture x il business 29.06 – 27.08.2023 ARCHIhospitality
Architetture x l’ospitalità 31.08 – 28.09.2023
InteriorDESIGN Dettagli x l’Interior Design 30.09 – 15.10.2023 orari 10-12 16-19
Gallery Palazzo Contarini Polignac Dorsoduro, 874 VENEZIA
comunità
ARCHIbusiness Architetture x il business 29.06 – 27.08.2023
ARCHIhospitality Architetture x l’ospitalità 31.08 – 28.09.2023
Dettagli x l’Interior Design 30.09 – 15.10.2023
design33.it -
Xiqu
E.
photo
Centre, Revery Architecture, Xiqu China by
Peter

ARSENALE

SCAPE Landscape Architecture

WHERE New York, USA

PARTICIPANT Kate Orff (b. Silver Spring, USA, 1971)

Lo studio di New York lavora sulla dimensione territoriale del paesaggio seguendo la traiettoria del Landscape Urbanism, con l’obiettivo di perseguire una sostenibilità sia sociale che ecologica capace di connettere qualitativamente persone e ambiente. Il progetto ha inoltre anche un risvolto educativo, arricchito da pubblicazioni e installazioni. Già alla Biennale 2018 lo studio era presente con il progetto Ecological Citizens, in cui applicava il concetto di “agency” sia a “cittadini umani” che a cittadini “non umani” utilizzando come caso-studio la laguna veneta e la sua regione mareale minacciata dal cambiamento climatico.

ENG The New York-based studio works on the territorial aspect of landscape following ideas of Landscape Urbanism with the goal of attaining social and ecological sustainability able to establish quality connections between people and the environment. The project also has an educational mission producing publications and installations. At the 2018 Venice Biennale, the studio showed Ecological Citizens, where they applied the concept of agency to a case study on the Venetian Lagoon and the threats it faces due to climate change.

SIGNS

. Cooper Hewitt National Design Award, 2019

. National Planning Achievement Award, 2019

. Ecological Citizens, 16. Biennale Architettura, Venice, Italy 2018

Stephanie Hankey, Michael Uwemedimo and Jordan Weber

WHERE Berlin, Germany; Port Harcourt, Nigeria; New York, Boston, St. Louis, Minneapolis; USA

PARTICIPANTS Stephanie Hankey (b. Manchester, UK, 1973); Michael Uwemedimo (b. Calabar, Nigeria, 1972); Jordan Weber (b. Des Moines, USA, 1985)

Stephanie Hankey è designer e attivista che lavora all’intersezione tra tecnologia e diritti umani esplorando il loro impatto sociale e politico e combinando arte, design e tecnica con un focus su privacy, dati personali ed etica. Michael Uwemedimo è direttore del CMAP (Collaborative Media Advocacy Platform) e visiting scholar presso l’UCI in California e si occupa di come il genere documentaristico sia un mezzo per abilitare il pensiero critico su storie di violenza politica impunite. Jordan Weber è uno scultore e attivista che lavora all’incrocio tra giustizia ambientale e diritti sociali. Tutti e tre sono stati Loeb Fellows nel 2022.

ENG Stephanie Hankey is a designer and activist who works at the intersection of technology and human rights, exploring their social and political effects, and combines art, design, and technology with a focus on privacy, personal data, and ethics. Michael Uwemedimo is the director of CMAP (Collaborative Media Advocacy Platform) and visiting scholar at UCI in California. He works on the role of documentaries as a tool to enable critical thought on unpunished occurrences of political violence. Jordan Weber is a sculptor and activist who works on the intersection of environmental justice and social rights. All three were Loeb Fellows in 2022.

SIGNS

. Prototype for poetry vs rhetoric (deep roots) (Jordan Weber), North Minneapolis, USA, 2021

. Human City Project (Michael Uwemedimo), Port Harcourt, Nigeria, 2018

. The Glass Room (Stephanie Hankey), HKW, Berlin, Germany, 2016

Studio Barnes

WHERE Miami, USA

PARTICIPANT Germane Barnes (b. Chicago, USA, 1985)

La ricerca condotta da Germane Barnes indaga la relazione tra architettura e identità, con una particolare attenzione ai contributi e all’eredità della diaspora africana. Lo studio dei rituali, delle narrazioni e degli elementi comuni della vita domestica delle comunità nere fa emergere nuove possibilità architettoniche che esplorano gli apporti poco rappresentati della loro presenza in America. L’analisi intende dimostrare come l’ambiente costruito possa essere determinato da soluzioni altre rispetto alle pratiche costruttive tradizionali: verande, sedute, elementi temporanei, materiali di recupero, tutte soluzioni utili nel loro insieme, nel loro infinito comporsi possibile, a definire installazioni ed architetture per nuove modalità di coesistenza comunitaria.

ENG Germane Barnes’ research investigates the relationship between architecture and identity, with a particular attention on the contribution and heritage of the African diaspora. The study of rituals, narratives, and common elements of the domestic lives of African-Americans reveals new architectural possibilities that make use of underrepresented African-American contributions in the US. Her analysis aims to show how the built environment may be determined by other solutions than established practices: porches, chairs, temporary furniture, reclaimed materials – all useful solutions in their infinite possible combinations for defining installations and architectures for new modes of communal coexistence.

SIGNS

. Architecture League Prize, 2021

. Harvard GSD Wheelwright Prize, 2021

. Delray Beach Pop-Up Porch, 2019

. Made in Opa-locka, Opa-locka, USA, 20142017

Suzanne Dhaliwal

WHERE Croatia; UK

PARTICIPANT Suzanne Dhaliwal

(b. Birmingham, UK, 1982)

Tra le figure più riconosciute nell’attivismo per la giustizia climatica, Suzanne Dhaliwal sviluppa strategie creative che affrontano il tema della mancanza di rappresentanza delle popolazioni indigene nel movimento per la giustizia climatica nel Regno Unito. È cofondatrice di UK Sand Network, soggetto che esamina l’intersezione tra attività estrattive e diritti delle popolazioni indigene. Attraverso interventi artistici, come la scultura di un autobus a grandezza naturale realizzata in collaborazione con l’artista britannico-nigeriano Sokari Douglas Camp e dell’attivista Ken Saro-Wiwa in occasione dell’anniversario dell’esecuzione dei nove Ogoni, muove una propria ragionata e insieme dirompente forma di contestazione nei confronti degli investimenti petroliferi nell’Artico e in Nigeria, professando e sostenendo attivamente il diritto delle popolazioni all’autodeterminazione.

ENG One of the best-known figures in climate justice activism, Suzanne Dhaliwal develops creative strategies to fight the underrepresentation of indigenous population in the UK climate justice movement in the UK. Dhaliwal is the co-founder of the UK Sand Network, an organization that studies the intersection of mining and the rights of indigenous populations. Using art – like the fullscale bus sculpture she made in cooperation with Nigerian-British artist Sokari Douglas Camp and activist Ken Saro-Wiwa – Dhaliwal promotes her own reasoned, disruptive form of protest against oil drilling investments in the Arctic and in Nigeria as well as the right to self-determination of indigenous people.

SIGNS

. Green Tease: Decolonial Perspectives on Climate and Culture, 2022

. All Eyes on Wet’suwet’en, Red Pepper, 2020

. Bus (with artist Sokari Douglas Camp), Lagos, Nigeria, 2006

Sweet Water Foundation

WHERE Chicago, USA

PARTICIPANT Emmanuel Pratt (b. Richmond, USA, 1977)

Fondata per lavorare su uno sviluppo urbano rigenerativo, la Sweet Water Foundation impiega «metodi di giustizia sociale, creativi e rigenerativi, che producano spazi sicuri e vibranti, a partire dall’azione delle comunità, trasformando l’ecologia dei quartieri cosiddetti “degradati”». Così avviene, per esempio, in uno dei quartieri del South Side di Chicago, il “Commonwealth”, in cui si prova a dare una risposta alternativa al caos quotidiano fatto di difficoltà economiche, violenza, povertà e razzismo sistemico, restituendo alla comunità nuovi paesaggi produttivi urbani da tempo spogliati delle loro originarie funzioni e

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The Laboratory of the Future PRACTITIONERS

ARSENALE

abbandonati. È l’ibridazione tra architettura, agricoltura, residenza, servizi e tessuto urbano ad agire in forma di agopuntura nel quartiere rigenerandone lo statuto, l’identità.

ENG Founded to work on regenerative urban development, the Sweet Water Foundation uses “creative and regenerative social justice methods that build safe, vibrant spaces starting with community action and transforming the ecology of so-called ‘rundown’ neighbourhoods”. This is what took place, for example, in the Commonwealth neighbourhood in Chicago’s South Side: an attempt to build an alternative to the everyday chaos of financial instability, violence, poverty and systemic racism, returning to the community renewed, productive urban landscapes that had previously lost their original function and been abandoned. This hybridization of architecture, agriculture, housing, services, and urban fabric acts as a kind of acupuncture for the neighbourhood, rehabilitating its status and its identity.

SIGNS

. The Thought Barn, Commonwealth, Chicago, USA, 2020

. Think-Do House, Commonwealth, Chicago, USA, 2014

. [Re]Construction House, Commonwealth, Chicago, USA, 2019

The Funambulist

WHERE Paris, France

PARTICIPANT Léopold Lambert

(b. Paris, France, 1985)

Piattaforma fondata nel 2010 da Léopold Lambert che si occupa della “politica dello spazio e dei corpi”. Un progetto che fa incontrare le voci di attivisti, accademici e practitioner per indagare le questioni critiche della contemporaneità, concentrandosi in particolare sulla violenza intrinseca dell’architettura sui corpi e sulla sua strumentalizzazione politica a varie scale e in vari contesti geografici. Attraverso articoli, interviste, podcast, saggi ed eventi culturali il progetto assembla un archivio continuo di lotte anticoloniali, antirazziste, queer e femministe fruibile su una rivista bimestrale cartacea e digitale (dal 2015), integrata da un blog e da un podcast.

ENG A platform established in 2010 by Léopold Lambert that deals with the ‘politics of space and body’ – a project that brings together the voices of activists, scholars, and practitioners to discuss critical issues of modernity, focusing in particular on the intrinsic violence that architecture perpetrates on bodies and on architecture’s political instrumentalization on various scales and in various geographical contexts. Using articles, interviews, podcasts, essays, and cultural events, the project has assembled an ongoing archive of anti-colonial, anti-racist, queer, and feminist struggle memorialized on a bimonthly paper and web magazine (since 2015), together with by a blog and a podcast.

SIGNS

. States of Emergency: A Spatial History of the French Colonial Continuum, Premiers Matins de Novembre, 2021

. The Funambulist by its Readers: Political Geographies from Chicago and Elsewhere, commissioned by Chicago Architecture Biennial, 2019

. Topie impitoyable. Politiche corporali riguardo l’abbigliamento, le mura e le strade, Deleyva editore, 2015

Twenty Nine studio

WHERE Brussels, Belgium

PARTICIPANT Sammy Baloji (b. Lubumbashi, Democratic Republic of the Congo, 1978)

Fondato nel 2017 da Rosa Spaliviero e Sammy Baloji, lo studio lavora sul terreno dello scambio tra le arti visive e multimediali e in particolar modo sul campo della produzione di film e documentari, attività quest’ultima sviluppata grazie all’impegno diretto di Baloji, capace altresì di promuovere progetti di coproduzione a cura di giovani filmmaker della diaspora africana. È soprattutto sul Congo, in particolare per quel che riguarda più nello specifico l’attività di Baloji, che si concentrano maggiormente questi lavori. Partendo dalla ricerca sul patrimonio culturale, architettonico e industriale di questo grande Paese si esplorano i modi attraverso cui le pratiche coloniali possano plasmare, trasformare, deformare e reinventare le identità, incluse quelle contemporanee.

ENG Founded in 2017 by Rosa Spaliviero and Sammy Baloji, the studio works in the terrain between visual and multimedia art, in particular on film and documentary production. Thanks especially to the work of Sammy Baloji, their work focuses especially on the Congo. Starting with research into the cultural, architectural, and industrial heritage of Congo, they explore the ways colonial practices may have shaped, transformed, deformed, and reinvented identities – including modern ones.

SIGNS

. Style Congo, Heritage & Heresy, CIVA, Brussels, Belgium, 2023

. Kinshasa (N)tóngá: Between Future and Dus, Kanal – Centre Pompidou, Brussels, Belgium, 2022

. K(C)ongo, Fragments of Interlaced Dialogues. Subversive classifications, Palazzo Pitti, Florence, Italy, 2022

Ursula Biemann

WHERE Zurich, Switzerland, and internationally

PARTICIPANT Ursula Biemann

(b. Zurich, Switzerland, 1955)

Artista, autrice e video essayist fonda la sua pratica nella ricerca sul campo, spesso in luoghi remoti come la Groenlandia o l’Amazzonia, dove indaga i cambiamenti climatici e le ecologie connessi alle attività estrattive di idrocarburi, allo scioglimento del ghiaccio, alla deforestazione e alle criticità connesse al tema dell’acqua. Centrali sono, in questo lavoro, la voce e i diritti del non-umano, che si raccontano entro forme di narrazione audiovisiva estremamente raffinata, esito di un lavoro fatto di tempo, relazione, confronto e ascolto, secondo una pratica che rivendica certamente una profonda e forte agency politica.

ENG The practice of artist, author, and video essayist Ursula Biemann is based around field research, often in remote places such as Greenland or the Amazon, where she studies climate change and ecologies connected to fossil fuel mining, ice melting, deforestation, and water criticalities. In her work, Biemann gives a prominent place to the voices and the rights of non-human subjects, which speak about themselves in extremely refined forms of audio/video narrative constructed through working with time, relationship, discussion and listening in accordance with a practice that can claim deep and potent political agency.

SIGNS . Forest Mind, On the Interconnection of All Life, Spector Books, 2022

. Forest Law (video installation), São Paulo Biennial, Brazil, 2016

. Becoming Earth (website and book)

White Arkitekter

WHERE Gothenburg, Sweden

PARTICIPANT Alexandra Hagen (b. Malmö, Sweden, 1972)

Per questo grande studio scandinavo l’architettura è un’arte attraverso cui è possibile guidare la nostra vita verso un processo di totale decarbonizzazione. Attraverso grattacieli con strutture lignee, centri culturali in cui la relazione con piante e paesaggio è determinante, insediamenti residenziali in cui si ripensa il rapporto tra casa e lavoro, lo studio propone architetture che rappresentano a tutti gli effetti una sorta di manifesto dell’abitare sostenibile, caratterizzate come sono da soluzioni progettuali il cui obiettivo primario sta nell’annullamento delle emissioni e nella definizione di uno spazio rigenerativo.

ENG For this large Scandinavian studio, architecture is an art we can use to guide our lives into a process of total decarbonization. Wooden skyscrapers, cultural centres built around the relationship between greenery and landscapes, housing estates which

88 PRACTITIONERS The Laboratory of the Future PRACTITIONERS

re-think the relationship between home and workplace… The studio shows architectures that are to all intents and purposes a manifesto of sustainable life, featuring design solutions whose primary goal is emission neutrality and the definition of a regenerative space.

SIGNS . Kiruna masterplan, Kiruna, Sweden (ongoing)

. Government’s Export Prize, 2022

. Sara Cultural Centre, Skellefteå, Sweden, 2021

Wolff Architects

WHERE Cape Town, Republic of South Africa

PARTICIPANTS Ilze Wolff (b. Cape Town, Republic of South Africa, 1980); Heinrich Wolff (b. Johannesburg, Republic of South Africa, 1970)

Il design, la ricerca e l’attivismo sono gli strumenti che permettono allo studio Wolff di approcciare il passato in una chiave il cui fine ultimo è quello di intervenire in modo riparativo nel presente, attraverso quella che viene definita una “architettura di conseguenza”. Questo approccio, basato sullo sviluppo di una pratica spaziale inclusiva e non egemonica, si ispira ad atteggiamenti quali la giustizia riparativa e la ricerca integrata, accompagnate da un’estetica accattivante. In questo modo lo studio si propone di creare un’architettura che tenga ben presente il peso delle conseguenze prodotte dalle decisioni passate al fine di creare spazi inclusivi ed equi.

ENG Design, research, and activism are the tools that enable Wolff to approach the past in a way that will help to heal the present, using what is called ‘consequential architecture’. This approach, based on the development of inclusive, non-hegemonic spatial practice, takes inspiration from reparative justice and integrated research, accompanied by an intriguing aesthetic. In this way, Wolff Architects create architecture that is fully aware of the weight and consequences of past decisions with an end goal of creating equitable, inclusive spaces.

SIGNS

. Bahá’í House of Worship, Kinshasa, Republic of the Congo, 2022

. African Mobilities – This is not a Refugee Camp, Architekturmuseum der TU München in the Pinakothek der Moderne, Munich, Germany, 2018

. Cheré Botha School, Cape Town, Republic of South Africa, 2017

. Vredenburg Hospital, Vredenburg, Republic of South Africa, 2017

ZAO/standardarchitecture

WHERE Beijing, People’s Republic of China

PARTICIPANT Zhang Ke (b. Anhui, People’s Republic of China, 1970)

Lo studio nasce prendendo le distanze dalla frenesia mediatica che caratterizza troppi architetti delle nuove generazioni. Con un’importante produzione di lavori in Himalaya, la sua pratica si concentra su soluzioni architettoniche semplici e dirette, che fanno riferimento ai concetti spaziali tradizionali della Cina senza però imitare l’ambiente costruito esistente. Il suo obiettivo è quello di iniettare nuova vita nei vecchi spazi attraverso un dialogo rispettoso e fruttuoso, seguendo una reinterpretazione dei valori tradizionali dei vecchi quartieri, così da creare nuove soluzioni architettoniche capaci di dialogare con la storia e la cultura del luogo. ENG Since its founding, the studio has kept its distance from the frenzied relationship with media that characterizes too many of the younger generations of architects. Working extensively in the Himalayas, their practice focuses on simple, direct architecture that references Chinese traditional spatial concepts, though without imitating what already exists. Their goal is to inject new life into old spaces through a respectful, productive dialogue, using a reinterpretation of the traditional values found in old neighbourhoods: architecture that speaks to the history and the culture of its surroundings.

SIGNS

. Micro Hutong Renewal, 16. Biennale Architettura, Venice, Italy, 2018

. Niangou Boat Terminal, Linzhi, Tibet, China, 2013

. Niyang River Visitor Centre, Nyingchi, Tibet, China, 2009

OUTDOOR INSTALLATION

Serge Attukwei Clottey

WHERE Accra, Ghana

PARTICIPANT Serge Attukwei Clottey

(b. Accra, Ghana, 1985)

Clottey è un artista ghanese che lavora utilizzando oggetti e materiali di uso quotidiano scartati e abbandonati nella città (Accra), come ad esempio i “galloni kufuor”, taniche gialle con cui la popolazione locale conserva l’acqua, così chiamati dal nome del presidente Kufuor attivo nei primi anni 2000. Le taniche, tagliate, ricucite, fuse, forate, riutilizzate, unite ad altri elementi (molto spesso grazie a un proficuo lavoro di comunità), ricoprono un ruolo essenziale nella costruzione dei suoi lavori, esposti oggi a New York, Los Angeles, Accra, Berlino, Dakar. Così essenziale da arrivare a definire la sua cifra artistica come “Afrogallonismo”.

ENG Serge Attukwei Clottey is a Ghanaian artist who works with found items and discarded material he collects around his hometown of Accra. For example, the “Kufuor gallons” – large yellow tanks used to store water locally, which in turn earned their name from former president John Kufuor. The tanks are cut, sewn, melted, pierced, recycled and joined to other items (often thanks to a community effort) and play an essential role in the production of his pieces, which today are exhibited in New York, Los Angeles, Accra, Berlin, Dakar.

SIGNS

. Gold Falls, Desert X AlUla, Saudi Arabia, 2022

. The Wishing Well, Desert X, Coachella Valley, USA, 2021

. Yellow Brick Road, Accra, Ghana, 20162021

OUTDOOR INSTALLATION (FORTE MARGHERA)

Sweet Water Foundation

WHERE Chicago, USA

PARTICIPANT Emmanuel Pratt (b. Richmond, USA, 1977)

Vedi See p. 87

89 THE LABORATORY OF THE FUTURE MAG 18. INTERNATIONAL ARCHITECTURE EXHIBITION

ARSENALE

SPECIAL PROJECTS

CORDERIE

BothAnd Group

WHERE Dublin, Ireland

PARTICIPANTS Jarek Adamczuk (b. Zamość, Poland, 1992); Alice Clarke (b. Summerhill, Ireland, 1992); Andrew Ó Murchú (b. Limerick, Ireland, 1991); Kate Rushe (b. Galway, Ireland, 1992)

Formatosi nel 2019, BothAnd Group è un collettivo di ricerca e progettazione spaziale che mira ad ampliare la portata della pratica architettonica in un’epoca di consapevolezza ecologica. La motivazione principale del loro lavoro è comprendere il comportamento dei sistemi viventi e progettare ambienti che favoriscano una maggiore equità tra tutte le forme di vita. La loro pratica è critica nei confronti dei metodi contemporanei di produzione architettonica e riconcettualizza il design spaziale al di là dell’interesse per l’oggetto costruito, facendo propria la logica dei sistemi biosferici. ENG Founded in 2019, BothAnd Group is a research and spatial design collective that works on expanding architectural practice at a time of ecological awareness. The principal motivation for their work is a desire to understand the behaviour of living beings and design environments that are conducive to equality among all forms of life. Their practice critiques modern methods of architecture and reconceptualizes spatial design beyond the purview of the built item, embracing the logic of biospherical systems.

SIGNS

. Meat + Two Veg, Food narratives, research, 2021

. I-Portunus Award Creative Europe, 2021

. Through Thinning Landscapes, film, Galway, Ireland, 2020

Gloria Pavita

WHERE Cape Town (Republic of South Africa)

PARTICIPANT Gloria Pavita (b. Kinshasa, Democratic Republic of Congo, 1995)

Nel suo osservare la quotidianità invisibile delle persone a cui non è garantito il privilegio di poter scrivere o parlare per se stesse, Pavita esplora, indaga, racconta. Le sue sono narrazioni etnografiche, disegnate e scritte, dei rituali di preparazione della casa attraverso il cibo nelle cucine congolesi in Sud Africa. Piccoli video che descrivono la quotidiana violenza psico-fisica, materiale e spaziale dell’immobilità, dell’attesa del diritto di appartenenza e del riconoscimento della propria cittadinanza. Testi e racconti in prima persona che narrano una lotta di emancipazione in Sud Africa.

ENG Pavita observes, explores, investigates, and speaks about the invisible daily existences of those who are not granted the privilege of writing or speaking for themselves. She drafts ethnographical narrations, both drawn and written, of the rituals of domestic preparations, using the example of food in South African Congolese kitchens. Short videos describe the daily physical, psychological, material, and spatial violence of immobility, the waiting for the right to belong, and the recognition of citizenship. First-person written work telling the story of a struggle for emancipation in South Africa.

SIGNS

. Acts of keeping, in Survivance, Solomon

R. Guggenheim Museum and e-flux Architecture, New York, 2021

. Kota - Vol.1, Graduate School of Architecture

University of Johannesburg, South Africa, 2019

.

Archiving Forgetting Architecture, Graduate School of Architecture University of Johannesburg, South Africa, 2019

Margarida Waco

WHERE Stockholm, Sweden; London, UK

PARTICIPANT Margarida Waco

(b. Cabinda, Angola, 1992)

Architetto angolese che si colloca all’intersezione tra architettura, ricerca, editoria e curatela, Margarida Waco è anzitutto un’attivista che si occupa della condizione contemporanea dei nuovi colonialismi attraverso una lettura di quella che lei chiama “anatomia dei corpi ecologici”, indagando le varie geografie e le specificità della diaspora africana. Collaboratrice e curatrice di «The Funambulist», docente della Royal College of Arts, i suoi lavori sono apparsi al Palais de Tokyo, al Malmö Art Museum, al Nyansapo Afrofeminist Festival, all’Archive of Forgetfulness, oltre che in riviste specializzate.

ENG An Angolan architect who works at the intersection of architecture, research, publishing, and curatorship, Margarida Waco is, above all, an activist with an interest in the modern conditions of new colonialisms using the interpretation of what she calls ‘anatomy of ecological bodies’. Waco investigates the various geographies and specificities of the African diaspora. She cooperates with and curates “The Funambulist”, teaches at the Royal College of Arts, and her work has appeared at the Palais de Tokyo, the Malmö Art Museum, the Nyansapo Afrofeminist Festival, and in the Archive of Forgetfulness.

SIGNS

. Counterpoints - On African Spatial Futures and their Entanglements with Global Capitalism, Archive of Forgetfulness, 2021

. Sino-African Flirtations, Master thesis work, 2020

. 32. Pan-Africanism, curated by C. Honorien, M. Waco, L. Lambert, «The Funambulist», 2020

GENDER & GEOGRAPHY

Caroline Wanjiku Kihato, Mareli Stolp, Clare Loveday

WHERE Johannesburg, South Africa

PARTICIPANTS Caroline Wanjiku Kihato (b. Nairobi, Kenya, 1971); Mareli Stolp (b. Pretoria, South Africa, 1980); Clare Loveday (b. Johannesburg, South Africa, 1967)

In questo progetto speciale emerge il lavoro di tre donne: la scrittrice Caroline Wanjiku Kihato (urbanista, con un PhD sulle donne migranti a Johannesburg e su come abbiano plasmato la città), la famosa compositrice Clare Loveday e la musicista sudafricana Mareli Stolp. L’opera collettiva You will find your people here, performata al piano e con la voce dalla Stolp, raccoglie le storie di cinque donne migranti a Johannesburg. Una sorta di testimonianza, di esperienza fisica e di espressione immersiva che restituisce il modo in cui la migrazione, in particolare quella femminile, “produce lo spazio”.

ENG In this special project, we will see the work of three women: author Caroline Wanjiku Kihato (an urbanist with a PhD on migrant women in Johannesburg and the way they have shaped the city), famous composer Clare Loveday, and South African musician Mareli Stolp. Collective artwork You will find your people here, a performance for piano and voice (Stolp’s), is a collection of five stories of as many migrant women in Johannesburg. It is a sort of testimony of physical experience and an immersive expression that shows the way migration, especially female migration, ‘builds space’.

SIGNS

. You Will Find Your People Here, performance, 2022

. Migrant Women of Johannesburg: Everyday Life in an In-between City, Palgrave Macmillan, 2013

90 PRACTITIONERS The Laboratory of the Future PRACTITIONERS

A Mosaic of Styles & Arts

THE ORIGINAL ATMOSPHERE OF VENICE IS BROUGHT TO LIFE HERE IN THE MARRIAGE OF MODERN DESIGN AND THE ENCHANTING ARCHITECTURE OF THE PAST: ART AS A BRIDGE TOWARDS PEOPLE. SHAPES, STYLES, EPOCHS AND ARTS ARE COMPOSED LIKE THE TILES IN A MOSAIC AND THEY BRING LIFE TO A HARMONIOUS WORK IN WHICH THEY SUPPORT AND REINFORCE EACH OTHER. HOTEL HEUREKA VENEZIA Cannaregio 3534 · 30121 Venezia ‭ T 00 39 041 5246460 · www.hotel-heureka.com

Il Camping Fusina conserva un’opera dell’architetto Carlo Scarpa unica nel suo genere. Diversi manufatti relazionati da un lungo viale rettilineo alberato, oltre alla sistemazione di un’ampia area verde sulla laguna (alla foce del Naviglio Brenta), con vista su Venezia, alla quale oggi Fusina è collegata tramite un servizio di trasporto acqueo. I manufatti di Scarpa, sono stati oggetto di attenta e costante manutenzione e adeguamento impiantistico, al ne di preservarne l’originaria concezione. Sono stati coinvolti gli stessi artigiani che avevano collaborato all’originaria costruzione.

Camping Fusina preserves an unique masterpiece by the architect Carlo Scarpa. It is about many different artifacts, related each other by a long straight trees avenue and a wide green area on the lagoon (at the beginning of the Brenta Canal) with wiew of Venice, connected to Fusina today by a public water transport service. These Scarpa’s artifacts have been carefully and constantly mainentanced through times, in order to preserve their original design and function. The same craftsmen who had cooperated in the original construction have been involved on that.

linea CIRCOLARE in partenza dalle Zattere ogni ora dalle 8.30 alle 20.30 www.carloscarpa-fusina.it www.terminalfusina.it

@kirchmayr

ARSENALE

Gugulethu Sibonelelo Mthembu

WHERE Johannesburg, Republic of South Africa

PARTICIPANT Gugulethu Sibonelelo

Mthembu (b. Soweto, South Africa, 1992)

L’architetta e progettista sudafricana esplora i pregiudizi e le paure che a partire dall’epoca del colonialismo, ma ancora oggi, hanno condizionato restrittivamente la rappresentazione delle donne nel mondo arabo, in particolare marocchino. Nel lavoro The Port of Sihr utilizza riconfigurazioni dell’elemento architettonico tipico del mondo arabo, il mashrabiya, sistema di ventilazione naturale a griglia edificato per proteggere le donne dagli sguardi degli uomini negli harem, come dispositivo per esprimere e criticare alcuni codici sociali islamici e arabi, rinforzando il potenziale dell’immagine delle donne nell’ambiente costruito.

ENG Gugulethu Sibonelelo Mthembu explores the prejudice and fear that have conditioned and restricted the representation of women in the Arab world, especially in Morocco, since the time of colonialism. In her The Port of Sihr , she reconfigures an architectural element that is typical of the Arab world, the mashrabiya or grilled window, as a device to critique several Islamic and Arabic social codes, reinforcing the potential of the female image inside buildings.

SIGNS

. The Port of Sihr (master thesis), MTech, University of Johannesburg, South Africa, 2019

Ines Wiezman

WHERE London, UK

PARTICIPANT Ines Weizman

(b. Leipzig, Germany, 1973)

Fondatrice del Centre for Documentary Architecture, Ines Weizman percorre attraverso i suoi lavori cinematografici, espositivi e di ricerca i limiti, i paradossi e le teorie che caratterizzano il concetto di dissidenza, esplorando nuove frontiere per l’azione. Il lavoro presentato in Biennale attraversa lo sguardo della straordinaria Joséphine Baker, sempre affascinata dall’architettura moderna ed esploratrice di diverse geografie mediterranee. Un molteplice punto di vista che permette di ridefinire influenze ed egemonie culturali dell’architettura nei Paesi arabi colonizzati.

ENG The founder of the Centre for Documentary Architecture, Ines Weizman uses cinema and exhibitions to show the limits, the paradoxes and the theories that characterize the concept of dissidence, all the while exploring new frontiers for action.

The work on display at the Biennale focuses on the extraordinary Joséphine Baker, who

was fascinated by modern architecture and loved exploring the Mediterranean. A diverse point of view that allows a redefinition of the influences and cultural hegemony in the architecture of colonized Arabic countries.

SIGNS

. Children’s Forest Pavilion, Lithuanian Pavilion (commissioner), 18. Biennale Architettura, Venice, Italy, 2023

. Architectural Modernism in Erfurt and Haifa, Mbooks, 2023

. Arquitectura Documental. Disidencia a Través de la Arquitectura, ARQ Editiones, 2020

. Dust & Data. Traces of the Bauhaus across 100 Years, Spector Book, 2019

J. Yolande Daniels

WHERE New York, Boston, Los Angeles, USA

PARTICIPANT J. Yolande Daniels

(b. New York, USA, 1962)

Il lavoro di ricerca e progettazione della fondatrice di studioSUMO affronta le conseguenze spaziali che l’idea di razza e di genere produce sul costruito attraverso la narrazione dei luoghi soggetti alla dominazione dei sistemi di potere. Daniels percepisce l’architettura come una cartina di tornasole del modo in cui ci relazioniamo con noi stessi e con il mondo che ci circonda. In questo senso la diaspora africana, nella sua radice schiavizzata ancora sanguinante, si relaziona con l’architettura rifiutandola, in quanto strumento eurocentrico di esclusione e limitazione. Nei suoi lavori J. Yolande Daniels ci offre una visione della storia che non si connette però solo con il sentimento di esclusione, ma anche con quello dell’orgoglio di una comunità all’interno di spazi inaspettati.

ENG The research and design work carried out by the founder of studioSUMO tackles the spatial consequences the idea of race and gender have on what is built. Daniels sees architecture as a litmus test of the way we relate to ourselves and the world around us. In this sense, the African diaspora, still bleeding from the memory of slavery, relates with architecture by refusing it altogether as a Eurocentric tool of exclusion and limitation. In her work, J. Yolande Daniels offers a vision of history that connects not only with the feeling of exclusion, but also with that of the pride of a community within unexpected spaces.

SIGNS

. Black City: The Los Angeles Edition, Reconstructions: Architecture and Blackness in America, MoMA, New York, USA, 2020

. The Rome Prize – American Academy in Rome (AAR) , 2003-2004

MNEMONIC

Adjaye Associates

WHERE Accra, Ghana; London, UK; New York, USA

PARTICIPANT Sir David Adjaye OBE (b. Dar es Salaam, Tanzania, 1966) with Kiran Nadar Museum of Art, New Delhi, India

In questa installazione lo studio Adjaye (vedi p.70) riflette sul progetto del Museo Kiran Nadar di Nuova Delhi, di cui venne annunciata la vittoria della gara internazionale durante la Biennale del 2019. ENG In this installation, Adjaye Associates (see p.70) reflect on the Kiran Nadar Museum project in New Delhi, which was announced as the winner of the international competition during the 2019 Biennale.

Craig McClenaghan Architecture

WHERE Johannesburg, Republic of South Africa

PARTICIPANT Craig McClenaghan (b. East-London, South Africa, 1977)

Lo studio sudafricano basa la propria pratica sulla ricerca costante di una nuova correlazione tra elementi spaziali, le parole che usiamo per descriverli e l’immagine mentale che proiettiamo su di essi. La ricerca architettonica di Craig McClenaghan ha come fulcro le fluide stratificazioni e gli intrecci che compongono i luoghi africani contemporanei, soffermandosi sui temi dell’origine, dei consolidamenti, della razza e dell’identità. Il disegno, la rappresentazione, la descrizione costituiscono nel loro insieme lo strumento principe di questo viaggio spaziale nella memoria. Memoria che è archivio, promenade nelle stratificazioni, apertura di un altrove già presente.

ENG A South African studio which bases its practice on the continuous search for a new correlation between spatial elements, the words we used to describe them, and the mental image we project on them. Their architectural research builds on the fluid layers and interactions that make up modern African spaces, focusing on themes of origin, consolidation, race, and identity. Drawings, images and descriptions are the tools of choice for this spatial journey into memory as an archive opening onto an elsewhere that already exists.

SIGNS

. Award for Merit , Regional Award for Architecture, 2018

. What Lies Beneath, Architecture South Africa, 83, 32-37, 2017

. Walkway Through Wonderwerk Cave, Kuruman district, Northern Cape, South Africa, 2016

.

3. Istanbul Design Biennial: Craig McClenaghan, Lesley Lokko, Eric Wright and students from the GSA at the University of Johannesburg, installation, Maropeng Acts 1 & 2, Istanbul, 2016

93 THE LABORATORY OF THE FUTURE MAG 18. INTERNATIONAL ARCHITECTURE EXHIBITION
The Laboratory of the Future PRACTITIONERS

ARSENALE

Looty

WHERE London, UK

PARTICIPANT Chidirim Nwaubani

(b. London, UK, 1988)

Looty è un progetto di “rimpatrio digitale di arte” che avviene nel metaverso. Per sfidare le istituzioni museali che si rifiutano di restituire opere saccheggiate ai legittimi Paesi di appartenenza, il gruppo anonimo di artisti, filosofi e pensatori del futuro ne crea e vende versioni NFT per devolvere poi il ricavato a Looty Fund, un fondo che eroga sovvenzioni a creativi africani di età compresa tra i 15 e i 25 anni per aiutarli nelle loro attività. Per la prima volta la Blockchain e la tecnologia NFT offrono una concreta possibilità di riscattare il valore delle proprietà sottratte dalle depredazioni colonialiste.

ENG Looty is a ‘digital art repatriation’ project that takes place in the metaverse. To challenge the refusal of museums to return looted art to its legitimate owners, an anonymous group of artists, philosophers, and futurologists creates and sells NFT versions, the funds raised going to the Looty Fund, which in turn will support young African creators aged 15 to 25. For the first time, blockchain and NFT technology offer a concrete opportunity to pay for that which was looted under colonialism.

SIGNS

. The Benin Bronzes, 2021

. The Rosetta Stone, 2021

Studio& and Höweler + Yoon

WHERE New York, Boston, USA

PARTICIPANTS Mabel Wilson

(b. Neptune, USA, 1963); Meejin Yoon

(b. Seoul, Korea, 1972); Eric Höweler

(b. Cali, Colombia, 1972)

in collaboration with Josh Begley e Gene Han

Mabel Wilson (Studio&) è una storica dell’architettura che si è largamente occupata degli spazi di segregazione, più nello specifico dei carceri americani. Il suo interesse si concentra in particolare sulla reclusione che interessa gli africano-americani, oggetto di ricerca dei suoi studi sulla diaspora africano-americana, disciplina di cui è docente alla Columbia University dove dirige l’Institute for Research in African American Studies (IRAAS) e il Global Africa

Lab. Suo, in collaborazione con lo studio Howeler+Yoon, è il progetto per il Memorial to the Enslaved Laborers nell’Università della Virginia. Sull’architettura e i territori del carcere ha nel tempo lavorato anche Begley, artista che opera sui dati e sulla relazione con la tecnologia. Nella collaborazione è attivo anche il giovane Gene Han, diplomato al GSAPP e cofondatore dello studio Canvas a New York.

ENG Mabel Wilson is an architecture historian who has worked extensively on

segregated spaces, specifically in American prisons. Her main interest is African-American inmates, part of her research into the African-American diaspora. Wilson teaches African American and African Diasporic Studies at Columbia, where she also directs the Institute for Research in African American Studies (IRAAS) and the Global Africa Lab. Her project, designed together with the Howeler+Yoon studio, is for the Memorial to the Enslaved Laborers at the University of Virginia. Josh Begley, an artist who works with data and its relationship with technology, has also worked on prison architecture and territories. The team also includes Gene Han, a graduate of the Columbia Graduate School of Architecture, Planning and Preservation and a co-founder of Canvas studio in New York.

SIGNS

. Building Race and Nation: Slavery and Dispossessions Influence on American Civic Architecture, forthcoming

. Race and Modern Architecture, University of Pittsburgh Press, 2022

. Memorial to Enslaved African American Laborers, University of Virginia, Charlottesville, USA, 2020

GUESTS FROM THE FUTURE

Anusha Alamgir

WHERE London, UK; Dhaka, Bangladesh; New York, USA

PARTICIPANT Anusha Alamgir

(b. Dhaka, Bangladesh, 1995)

Artista visiva multidisciplinare, Anusha Alamgir indaga la standardizzazione dei valori sociali in Bangladesh frutto diretto della globalizzazione imperante e dello strapotere dei media, in particolare di internet, innervando questo lavoro attraverso la narrazione delle sue esperienze personali e dei suoi ricordi. Il corpo, soprattutto quello femminile, è qui un luogo politico, spazio di relazione, violenza e memoria.

ENG A multi-disciplinary visual artist, Anusha Alamgir investigates the standardization of social values in Bangladesh brought about by globalization and unfettered media power, especially the internet. Alamgir brings her art to life by weaving into it her personal experiences and memories. Here, the body, especially the female body, is a political place and a space for relations, violence, and memory.

SIGNS

. Porda, film, 2023

. Body as a Site, performance, 2022

. Bubur Basha, film, 2021

Arinjoy Sen

WHERE London, UK

PARTICIPANT Arinjoy Sen

(b. Kolkata, India, 1996)

Straordinario disegnatore che ripercorre gli stilemi dei tappeti del Kashmir per definire le proprie letture spaziali, Sen si muove osservando lo spazio nella sua sovradeterminazione politica ed estetica. Così, per esempio, si è sviluppato il lavoro sulla crisi socio-politica in corso nella regione militarizzata del Kashmir. Il disegno gioca un ruolo cruciale nel lavoro di Arinjoy, vero e proprio spazio alternativo per l’esplorazione e la successiva proiezione dei processi elaborativi del pensiero e del fare architettonici.

ENG An extraordinary illustrator who takes up the style of Kashmiri rugs to define his own spatial awareness, Sen observes space in all its political and aesthetical overdetermination. In this way he has, for example, developed work on the socio-political crisis currently ongoing in Kashmir. Drawing plays a central role in his art, which is a true alternative space for the exploration and projection of the elaborative processes of architectural thought and practice.

SIGNS

. Rituals of Resistance: Narratives of Critical Inhabitation, University College, London, UK, 2021

. Productive Insurgence, Bartlett Summer Show, The Bartlett School of Architecture, London, UK, 2020

. RIBA Eye Line Drawing Competition, 2020

Aziza Chaouni Projects

WHERE Fez, Morocco; Toronto, Canada

PARTICIPANT Aziza Chaouni

(b. Fez, Morocco, 1977)

Attraverso l’implementazione di tecnologie sostenibili e del riuso adattivo in contesti in via di sviluppo, lo studio Aziza Chaouni Projects cerca di integrare architettura e paesaggio grazie ad un lavoro che coinvolge utenti e stakeholder durante il processo di progettazione. Il risultato di questa collaborazione interdisciplinare è una serie di soluzioni progettuali che affrontano il problema del cambiamento climatico promuovendo la preservazione della cultura, incoraggiando le comunità a rimanere radicate al proprio luogo di appartenenza e alle proprie tradizioni.

ENG Using sustainable technology and adaptive recycling in developing contexts, Aziza Chaouni Projects integrates architecture and landscape by involving final users and stakeholders through the entire design process. The result of this inter-disciplinary cooperation is a set of design solutions that tackle climate change by promoting preservation of culture and encouraging communities to remain rooted in their local area and their own traditions.

SIGNS

. Cultural Interlude in Morocco-Music school and ecoturism center, Holcim Awards Bronze, 2020

94 PRACTITIONERS The Laboratory of the Future PRACTITIONERS

. Ecotourism, Nature Conservation and Development: Re-Imagining Jordan’s Shobak Arid Region, Birkhauser Verlag, 2014

. Arena Calcetto, 13. Biennale Architettura, Venice, Italy, 2012

Black Females in Architecture

WHERE London, UK

PARTICIPANTS Akua Danso (b. London, UK, 1991); Selasi Setufe (b. London, UK, 1990); Neba Sere (b. Cologne, Germany, 1990); Ama Ofori-Darko (b. London, UK, 1998)

Black Females in Architecture è una rete globale di architetti, un’impresa fondata da Danso, Setufe, Sere e Ofori-Darko nel 2018 con la volontà di sostenere e lavorare sull’equità di genere, sul riconoscimento delle diversità e sull’inclusione delle minoranze all’interno delle reti di lavoro internazionali, per valorizzare ed accrescere in particolar modo la visibilità delle donne nere nel settore dell’architettura e in altri, ulteriori campi connessi alla disciplina. L’organizzazione BFA si propone da anni di affrontare attivamente i problemi di disuguaglianza e diversità all’interno dei diversi settori lavorativi; nello specifico femminile, si impegna ad individuare ed assicurare degli spazi comunitari fisici e digitali nei quali le donne possano condividere e rafforzare le proprie capacità e competenze partecipando attivamente a laboratori creativi qualificati, conferenze e progetti.

ENG Black Females in Architecture is a global network founded by Danso, Setufe, Sere, and Ofori-Darko in 2018 to support and work on gender equality, diversity appreciation and the inclusion of minorities into international work networks with a focus on Black women in architecture and related fields. BFA fights for communal physical and digital space where women can share and develop their abilities and competence via participation in qualified creative workshops, conferences, and projects.

SIGNS

. BFA x Soho House: Architects

Interrogating Cultures (lecture), London, 2022

. House of Wisdom, HOME, London, UK, 2021

Courage Dzidula Kpodo with Postbox Ghana

WHERE Accra, Ghana; Boston, USA; Milan, Italy

PARTICIPANTS Courage Kpodo (b. Kumasi, Ghana, 1999); Manuela Nebuloni (b. Rho, Italy, 1986); Nana Ofosu Adjei (b. Accra, Ghana, 1993)

Ghanese, con un curriculum costruito a cavallo tra l’arte e l’architettura, formatosi al KNUST, oggi studente al MIT e già collaboratore dello studio Adjaye, Courage Dzidula

Kpodo sviluppa radicali visioni di contro-

paesaggio per invertire lo sprawl delle città africane. Insieme a un artista e a una curatrice ha avviato Postbox Ghana, progetto di ricerca che si occupa di disseminazione della cultura architettonica, della storia e della politica del Ghana attraverso la lente delle cartoline degli anni ‘60 e ‘70. È attraverso azioni installative di poster nello spazio urbano, con un confronto visivo ravvicinato tra passato e presente, e con l’indagine spaziale svolta realizzando interviste e incontri che il progetto collettivo riflette su cosa sia oggi lo spazio pubblico, su come venga colonizzato il modernismo postcoloniale, su quale futuro sia possibile costruire stimolando attività di interazione con la società locale.

ENG An artist and architect from Ghana educated at the Kwame Nkrumah University of Science and Technology, a collaborator with Adjaye, and now a student at MIT, Courage Dzidula Kpodo develops radical counter-landscape visions with the goal of inverting the sprawl around African cities. Together with an artist and a curator, he started Postbox Ghana, a research project that aims to raise awareness of Ghana’s architectural culture, history, and politics through the lens of postcards dating back to the 1960s and 1970s. Using poster installations in urban spaces that draw a visual comparison between the past and the present, and adopting a spatial investigative practice that makes use of interviews and meetings, this collective project reflects on what public space is today, on the colonization of post-colonial modernism, and on what future can be built by stimulating interaction with local societies.

SIGNS

. Postbox Ghana, 2022

. Startup Re:Stacks, Cofounder, 2018

Dele Adeyemo

WHERE London, UK; Lagos, Nigeria

PARTICIPANT Olubamidele Adeyemo

(b. Kaduna, Niger, 1985)

Artista, architetto e teorico urbano. Le sue ricerche connettono i Black studies con gli studi urbani e si interrogano su quali siano le logiche che guidano i processi di urbanizzazione, concentrandosi in particolare sulla logistica e su quello che lui stesso definisce “schiavitù contemporanea”. Il suo lavoro mobilita una “black aesthetics’; attraverso la scrittura, il cinema, l’attenzione al movimento e alle esperienze sensoriali, in primis quella uditiva, si propone il superamento dei meccanicismi della logica, riscoprendo le basi ‘carnali’ delle cose. Il concetto di Black Horizon, coniato dallo stesso Adeyemo, dimostra come, nel riconoscimento della precarietà della vita delle persone nere, sia possibile individuare delle potenziali alternative attraverso le quali rompere le dinamiche di sfruttamento degli individui, così come dello spazio.

ENG Dele Adeyemo is an artist, architect, and urban theorist whose research links Black Studies with urbanism and focuses on

the logics that guide urbanization processes, in particular logistics, and what he calls ‘modern slavery’. His work mobilizes ‘black aesthetics’ – writing, cinema, motion, sensorial experiences – and aims at overcoming the mechanisms of logic by rediscovering the bodily origins of things. The concept of Black Horizon, initiated by Adeyemo, shows how recognizing the precariousness in black people’s lives may help us see potential alternatives through which to shatter the dynamics of exploitation of individuals and spaces.

SIGNS . Wey Dey Move: Imagining New World’s through Dance and Masquerade, Het Nieuwe Instituut, Rotterdam, The Netherlands, 2022-2023

. Design Biennale, Istanbul, Turkey, 2020

. Pidgin Perfect , 13. Biennale Architettura, Venice, Italy, 2012

Elementerre with Nzinga Biegueng Mboup and Chérif Tall

WHERE Dakar, Gandigal, Senegal

PARTICIPANTS Doudou Deme (b. Dakar, Senegal, 1982); Nzinga Biegueng Mboup (b. Maputo, Mozambique, 1989); Chérif Tall (b. Dakar, Senegal, 1991)

Al centro di questa partecipazione, che a fianco di Elementerre, produttore di mattoni, vede attivi Nzinga Mboup, fondatrice del collettivo Worofila, e il regista Chérif Tall, è la terra cruda. Ovvero il tentativo di rispondere alla crisi climatica e al tema della decarbonizzazione attraverso un’architettura capace di recuperare materiali e tecniche di costruzione tradizionali, al fine di progettare città riscoprendo soluzioni ancestrali capaci di ben adattarsi alle necessità bioclimatiche contemporanee, che si tratti di costruire ville, hotel o palazzi pluripiani.

ENG The heart of this initiative is like ‘raw earth’: the attempt to counter the climate crisis by adopting traditional building materials and techniques. This type of architecture seeks to design cities and employ ancestral solutions to meet modern bio-climatic needs, whether it is for houses, hotels, or apartment buildings.

SIGNS

. Dakarmorphose, Dakar Art Biennale 2022, Senegal . Immeuble d’habitation R+4, NgorAlmadies, Dakar, Senegal, 2021

. Habiter Dakar (online exhibition), 2019

Ibiye Camp

WHERE London, UK

PARTICIPANTS Ibiye Camp (b. London, UK, 1991)

Artista che lavora attraverso media diversi (moda, pittura, new media, architettura) sull’impatto delle nuove tecnologie nel quoti-

95 THE LABORATORY OF THE FUTURE MAG 18. INTERNATIONAL ARCHITECTURE EXHIBITION

ARSENALE

diano, in particolare della diaspora africana, Ibiye Camp ha fondato Xcessive Aesthetics, un collettivo interdisciplinare di architettura composto da sole donne, che indaga realtà alternative e nuovi immaginari combinando dati e installazioni spaziali. Approfondisce qui l’importante lavoro svolto nel 2019 sui mercati in Nigeria e Sierra Leone, in cui attraverso dati generati dagli utenti si descrivevano meccanismi articolati e funzionamento di quelle complesse infrastrutture spaziali. La tecnologia è, per i “nativi digitali”, possibilità di prendere consapevolezza delle discrepanze tra realtà e digitale lavorando su quei bug di sistema per immaginare futuri altri. Forme contemporanee di un cybefemminismo Black.

ENG Ibiye Camp engages with various forms of media, including fashion, painting, new media, and architecture, to explore the impact of new technologies on daily life, with a particular focus on the lives influenced by the African diaspora. Camp is the founder of Xcessive Aesthetics, an all-female interdisciplinary architecture collective that seeks to investigate alternative realities Through the combination of spatial data and installations. In this exhibit we will see an extension of the work she carried out in 2019 on markets in Nigeria and Sierra Leone, which used usergenerated data to describe the mechanisms and functioning of these complex spatial infrastructures. For digital natives, technology offers an opportunity to become aware of the gap between reality and the digital realm and to address those glitches in order to imagine alternate futures. Modern instances of black cyber-feminism.

SIGNS

. Minji, The Shape of Owu, film, 2021

. Data: The New Black Gold, film, 2019

. Sacred Forests of Ethiopia, installation, Sharjah Architecture Triennale, 2017

Juergen Strohmayer and Glenn DeRoché

WHERE Accra, Ghana

PARTICIPANTS Juergen Strohmayer (b. Istanbul, Turkey, 1990); Glenn DeRoché (b. New York, USA, 1985)

Strohmayer è un giovane architetto impegnato in un incessante dialogo con discipline diverse come il fashion design o l’attivismo sociale, segnatamente operante qui tra Vienna e Accra. Glenn DeRoché, invece, è il responsabile dei progetti in Africa di Adjaye Associati. Entrambi protagonisti di una pratica architettonica che si muove tra continenti e immaginari. Questi i due progetti recenti di Strohmayer: la Fair Trade Zone, un polo produttivo, agricolo ed ecoturistico sostenibile ad Akuse, in Ghana; l’estensione della galleria Nubuke, sviluppata insieme a Baerbel Mueller. A tenere insieme i mondi ci sono le idee fondamentali di comfort e fiducia. Essenziali per disegnare e costruire spazi di maggiore e migliore equità.

ENG Young architect Strohmayer is committed to an ongoing dialogue with vari-

ous disciplines, like fashion design or social activism, in Vienna and Accra. Glenn DeRoché is the manager of the Adjaye studio’s activities in Africa. Both work on architecture that moves across continents and imaginations. Among his recent works are the Fair Trade Zone, a complex in Akuse, Ghana designed for production, farming, and eco-tourism, and the Nubuke Gallery extension, which he developed with Baerbel Mueller. Holding the two worlds together are the ideas of comfort and trust which are essential to imagining and building more and better equitable spaces.

SIGNS

. Eco-Monument , film, 2022

. Fair Trade Zone, Juergen Strohmayer, Chrili Car, Akuse, Ghana, 2021

. Nubuke Extension, Juergen Strohmayer, Baerbel Mueller, Accra, Ghana, 2020

Lauren-Loïs Duah

WHERE London, UK

PARTICIPANT Lauren-Loïs Duah

(b. Mulhouse, France, 1998)

Al confine tra architettura e narrazione, Lauren-Loïs Duah concentra il suo lavoro su due temi topici: da una parte il ruolo svolto dall’architettura nei momenti di forte trasformazione sociale; dall’altra la geografia e le implicazioni del fast-fashion. Così nascono due potenti serie di podcast: The Youtopia Podcast e When the Sites Speaks Back: Crosscontinental Clothescapes. Le proposte spaziali intersecano tessile e design, arte e letteratura, prefigurando modalità narrative in cui il coinvolgimento delle comunità nel sapere dei mestieri produce un impatto fortemente positivo nella società tutta.

ENG A blend of architecture and narration, the work of Lauren-Loïs Duah focuses on two themes: on one hand, the role architecture plays in moments of accelerated social transformation; on the other, the geography and effects of fast fashion. Her work has resulted in two podcast series: The Youtopia Podcast and When the Sites Speaks Back: Crosscontinental Clothescapes. Her spatial designs bring together textile industry, design, art and literature, thus imagining narrations where the involvement of communities in production and trades brings about positive change for society at large.

SIGNS

. The Youtopia Podcast , 2021

. When the Sites Speaks Back: Crosscontinental Clothescapes, 2022

Miriam Hillawi Abraham

WHERE Addis Ababa, Ethiopia

PARTICIPANT Miriam Hillawi Abraham (b. Addis Ababa, Ethiopia, 1994)

Designer e artista multidisciplinare di Addis Ababa che impiega i media digitali e il progetto come strumenti di esplorazione del futuro nell’ottica del femminismo intersezionale. Il lavoro in mostra è composto da una serie di

narrazioni visive che si sviluppano sulle chiese scavate nella roccia di Lalibela, in Etiopia. L’obiettivo è quello di scoprire e reintegrare la presenza di coloro i quali sono stati emarginati dall’etica conservatrice dominante nella società etiope contemporanea. Tre sono i fili narrativi che connotano il progetto: la parodia di Indiana Jones come salvatore bianco; l’uomo etiope cristiano ortodosso conservatore; l’Hotep, uomo-cisgender a favore dei neri ma non poi così progressista.

ENG Miriam Hillawi Abraham is a designer and multi-disciplinary artist from Addis Abeba. She uses digital media and design as tools to explore the future from an intersectional feminist perspective. On show are a series of visual narratives developed upon rock-hewn churches in Lalibela, Ethiopia. Her goal is to discover and integrate the presence of those who have been marginalized by the dominant conservative ethics in modern Ethiopian society. Three narratives characterize the project: a parody of Indiana Jones as white saviour, the Ethiopian conservative orthodox Christian male, and Hotep, a cis man who supports black people without being particularly progressive.

SIGNS . Museum of Monstrology, with Heejoon June Yoon, Backwater, Pocoapoco, Oaxaca, Mexico, 2023

. Khaliya: Future Domesticities, 2021

. Abyssinian Cyber Vernaculus, 2019-2022

MOE+Art Architecture

WHERE Lagos, Nigeria

PARTICIPANTS Papa Omotayo (b. Ijebu Ode, Nigeria, 1975); Mosun Ogunbanjo (b. Lagos, Nigeria, 1959); Dami Akinniyi (b. Lagos, Nigeria, 1987) Studio con alle spalle oltre quarant’anni di esperienza, lavora da molti anni concentrando il suo interesse sulla possibile elaborazione di una sorta di “modernismo africano” per l’architettura individuando due possibili percorsi: da una parte la possibilità di impiegare tecnologie avanzate e ricerca tecnica soprattutto per quanto riguarda gli ambiti commerciali e gli edifici di servizio; dall’altra il recupero della tradizione costruttiva e soprattutto tipologica africana. In entrambi i casi l’obiettivo comune è quello di definire un’architettura in grado di rispondere dinamicamente alle urgenze climatiche.

ENG A studio with over four decades of experience which has been working for many years on the possible development of a sort of ‘African modernism’ for architecture, identifying two possible paths forward: on one side, the chance to make use of advanced technology and research, especially as regards commercial and service environments; on the other, the recovery of the African tradition of construction and architectural types. In both cases, the common goal is to define architecture that can respond dynamically to the climate crisis.

96 PRACTITIONERS The Laboratory of the Future PRACTITIONERS

SIGNS

. Guest. Artists. Space. (GAS) Foundation Ecology Green farm house, Lagos, Nigeria, 2023

. Africa Fintech Foundry Headquarters, Lagos, Nigeria, 2017

New South

WHERE Paris, France

PARTICIPANTS Meriem Chabani

(b. Algiers, Algeria, 1989); John Edom (b. Portsmouth, UK, 1983)

I fondatori di New South, piattaforma internazionale per la pratica architettonica sulla decostruzione e ricomposizione della rappresentazione e dell’immaginario del Sud globale, utilizzano un approccio antropologico nella progettazione in contesti post e neocoloniali al fine di sperimentare nuove soluzioni abitative. La sfera pubblica delle città è percepita come un fondamentale elemento democratico dove la rivendicazione e l’espressione dei diritti debbono trovare piena e libera espressione, quindi come punto di partenza per la progettazione di ambienti aperti ad un confronto con le forze politiche, sociali, linguistiche ed economiche.

ENG New South is an international platform for the practice of architectural deconstruction and reorganization of the representation and images of the global south. Its founders adopt an anthropological approach in their designs in post- and neo-colonial contexts to develop new housing solutions. The public sphere of cities is understood as an essential democratic element where civil rights activism and expression must find full and free expression. This is the cornerstone of new, open environments and a debate with political, social, linguistic, and economic forces.

SIGNS

. Reassessing the conditions for hospitality in public space in City, (pubblication), 2020

. Europan 14 Winner, Guebwiller, France, 2017

. Lafarge Holcim Next Generation Award, 2014

Rashid Ali Architects

WHERE Hargeisa, Somaliland; London, UK

PARTICIPANT Rashid Ali

(b. Hargeisa, Somaliland, 1978)

Alla guida di uno studio attivo tra Hargeisa, la capitale del Somaliland, e Londra, Rashid Ali porta avanti un coraggioso tentativo di comprensione del ruolo dell’architettura quale nodale strumento di ripensamento della socialità. Azioni minime, costi ridotti all’osso, attenzione verso culture locali caratterizzate da un forte senso di identità: questi i fondamentali della visione e del dettato professionale di uno studio impegnato a progettare spazi che vogliono essere al contempo oggetti iconici e piattaforme di restanza che garantiscano a individui e comunità il diritto di non migrare.

ENG Heading a studio that works in Hargeisa, the capital city of Somaliland, and

London, Rashid Ali represents a bold attempt to understand the role of architecture as an essential tool for rethinking socialization. Minimal actions, costs reduced as much as possible, attention to local cultures and a strong sense of identity: these are the pillars of Ali’s vision and the guidelines for a studio committed to designing spaces which are both iconic objects and platforms for the right to stay.

SIGNS

. Courtyard Pavilion, Hargeisa, Somaliland, 2022

. Garden Tea Pavilion, Hargeisa, Somaliland, 2022

. Common Room, Hargeisa Town Hall, Somaliland, AJ Small Projects Award, 2021

SPECIAL PARTICIPATIONS CORDERIE

Amos Gitai

(b. Haifa, Israel, 1950) Figlio di un architetto della scuola Bauhaus, intraprende gli studi di architettura in California. Dopo aver partecipato alla guerra del Kippur nel ’73 come membro di una squadra di soccorso, abbandona quel percorso di studi per dedicarsi totalmente alla carriera cinematografica, scegliendo spesso la forma del documentario e scontrandosi ancora più spesso con la censura. Uno dei massimi registi israeliani viventi, Amos Gitai viene regolarmente invitato da decenni a tutti i più importanti festival cinematografici del mondo. Dal 1993 è rientrato in Israele dopo quasi vent’anni di lontananza. Rivendica il diritto di criticare il proprio Paese proprio perché profondamente innamorato delle proprie origini e indissolubilmente legato al suo destino, personalmente e professionalmente.

ENG The child of a Bauhaus architect, Gitai studied architecture in California. He served in the Kippur War in 1973 as rescue crew, and later abandoned architecture to dedicate himself to filmmaking. Gitai often chooses the form of documentary and even more often clashes with censors. One of the greatest living Israeli filmmakers, Gitai participates regularly in the world’s most important film festivals. He moved back to Israel in 1993, after a twenty-year absence, and is vocal about his right to criticize his own country, given his love for its heritage and his attachment to its destiny – both personal and professional.

SIGNS . Rabin, The Last Day, film, Biennale Cinema, Venice, 2015

. Kippur, film, Festival de Cannes, France, 2000

. Kadosh, film, Festival de Cannes, France, 1999

James Morris

(b. Griffithstown, Wales, UK, 1963)

Fotografo interessato principalmente all’ambiente urbanizzato, James Morris attraverso il proprio lavoro riflette su questioni di identità, emarginazione, sfruttamento e rigenerazione, tematiche trattate raffigurando il natio Galles come altri territori della mappatura mondiale. Le sue immagini riflettono spesso i contrasti visivi e strutturali tipici delle zone oggetto delle sue raffigurazioni, che Morris riesce a cogliere grazie ad uno sguardo calibrato dagli studi di storia medievale e moderna portati avanti allo University College di Londra.

ENG A photographer working primarily in urban areas, James Morris uses photography to reflect on identity, marginalization, exploitation, and regeneration, both in his native Wales and in other localities around the world. His images mirror visual and structural contrasts, which Morris is able to identify thanks to his education at the London University College as a modern and medieval historian.

SIGNS

. Parhaus, photos, 2014

. Atlantikwall, photos, 2006

. Natura morta, photos, 1998

Lionheartfelt

Rhael ‘LionHeart’ Cape Hon FRIBA (b. London, UK, 1987)

Artista multidisciplinare, poeta e conduttore radiofonico per la BBC di Londra, Lionheartfelt è stato uno dei primi artisti associati della Royal Albert Hall e il primo poeta in residenza alla Saatchi Gallery. Attraverso l’uso del mezzo poetico il suo principale interesse è quello di indagare sugli effetti che gli spazi architettonici producono sulla salute mentale. Lavorando a stretto contatto con architetti, intervistandoli, Lionheartfelt ha dedicato una serie di componimenti poetici, performance e articoli all’impatto impresso sul nostro intimo da materiali, forme e illuminazioni nei più disparati contesti architettonici.

ENG A multi-disciplinary artist, poet, and radio host for the BBC in London, Lionheartfelt is one of the first associate artists at the Royal Albert Hall and the first poet in residency at the Saatchi Gallery. Lionheartfelt uses poetry to investigate the effects that architectural spaces have on mental health. He works with architects, interviews them, and has dedicated a collection of poetry, performance art and articles to the impact materials, forms, and lighting in the most diverse architectural conditions have on our inner being.

SIGNS

. Davidson Prize, 2021

. Documenting: Emotional Inhabitance, Architecture+Design Film Festival Winnipeg, Canada, 2020

. London Design Festival, UK, 2019

97 THE LABORATORY OF THE FUTURE MAG 18. INTERNATIONAL ARCHITECTURE EXHIBITION

Venice Design Biennial

Discover the exhibition programme online 4 th edition May 19 → June 18 Venice 2023
www.venicedesignbiennial.org
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published by Venezia News THE BIENNALE ARCHITETTURA GUIDE 2023
PU_GUIDE Venice 2023 Architecture Biennial  Strada Nova, 3659  Ca’ D’Oro ACTV Stop Palazzo Mora  Riva del Carbon, 4793  Rialto ACTV Stop Palazzo Bembo  Riva dei Sette Martiri  Giardini ACTV Stop Marinaressa Gardens Open Daily 10-18h Closed on Tuesday Free Entry Visit us: www.timespaceexistence.com www.ecc-italy.eu ig @ecc_italy fb @europeanculturalcentre yt @europeanculturalcentre

20.5 —

26.11.2023

5
Edmondo Bacci Avvenimento #247 , 1956 (particolare). Tempera grassa e sabbia su tela, 140,2 x 140 cm.
Collezione Peggy Guggenheim, Venezia © Archivio Edmondo Bacci, Venezia La mostra è resa possibile da I programmi collaterali sono resi possibili da Grazie a Con il sostegno di Dorsoduro 701, 30123 Venezia guggenheim-venice.it
01.04 18.09.2023
7
9
12 www.m9museum.it
Exhibition conceived and developed by Mostra ideata e prodotta da M9 is a project by M9 è un progetto di
18. International Architecture Exhibition EXHIBITIONS GIARDINI NATIONAL PARTICIPATIONS p.23 SPECIAL PROJECTS p.33 ARSENALE NATIONAL PARTICIPATIONS p.35 SPECIAL PROJECTS p.44 AROUND TOWN NATIONAL PARTICIPATIONS p.47 COLLATERAL EVENTS p.55 NOT ONLY BIENNALE p.61 GUIDE 18. INTERNATIONAL ARCHITECTURE EXHIBITION CONTENTS
14 INFOPOINT DEPOSITO BAGAGLI CHECKROOMS BAR RESTAURANT CAFFETTERIA BOOKSHOP TOILET WI-FI FIRST AID
LABORATORY OF THE FUTURE entrata/entrance STOP Giardini STOP Giardini Biennale STOP Sant’Elena uscita/exit Padiglione Centrale Stirling Pavilion ASAC entrata/entrance 1 2 3 4 5 6 7 8 16 32 9 10 11 12 13 14 15 17 18 19 26 20 21 22 23 24 25 27 48 GIARDINI Rolex Pavilion
Overview BIENNALE MAP
THE
Leone d’Oro alla carriera Demas Nwoko

THE LABORATORY OF THE FUTURE

15
Isolotto Gaggiandre Arsenale
Sale d’Armi entrata entrance entrata entrance entrata entrance STOP Arsenale gr F L O O R Padiglione Arti Applicate 1st F L O O R Free Shuttle Free Shuttle Corderie Artiglierie a b c c c 28 37 40 35 41 31 32 45 33 39 50 34 42 44 47 46 38 48 43 29 36 30 49 ARSENALE GUIDE 18. INTERNATIONAL ARCHITECTURE EXHIBITION
Giardino
delle Vergini
Tese
delle Vergini Teatro alle Tese Nord a Adjaye Associates Force Majeure b Serge Attukwei Clottey Dangerous Liaisons c Sumayya Vally & Moad Musbahi Force Majeure

TOWN

AROUND TOWN

COLLATERAL EVENTS (pp. 53-56)

66 DOCKS CANTIERI CUCCHINI A Fragile Correspondence. Scotland + Venice

67 DOCKS CANTIERI CUCCHINI

Catalonia in Venice. Following the Fish

68 IUAV

Climate Wunderkammer

69 PALAZZO DELLE PRIGIONI

Diachronic Apparatuses of Taiwan. Architecture as On-going Details Within Landscape

70 PALAZZO MORA

EUmies Awards. Young Talent 2023. The Laboratory of Education

71 IUAV Radical yet Possible Future Space Solutions

72 PALAZZO ZENOBIO DEGLI ARMENI S tudents as Researchers. Creative Practice and University Education

73 CAMPO DELLA TANA

Transformative Hong Kong

74 CA’ ASI

Tracé Bleu. Que faire en ce lieu, à moins que l’on y songe?

AROUND TOWN

NOT ONLY BIENNALE (pp. 59-82)

75 A PLUS A GALLERY MONILOLA OLAYEMI ILUPEJU Gymnasia

76 ACP | PALAZZO FRANCHETTI/1 Building a Creative Nation

77 ACP | PALAZZO FRANCHETTI/2

KENGO KUMA

Onomatopeia Architecture

78 AEROPORTO MARCO POLO

BAGLIONI HOTEL LUNA

Frank&Frank. flying city leather maps | Grand Tour

79 AKKA PROJECT

ALLAN KIOKO Mangbetu People

80 BEATRICE BURATI ANDERSON

EMILIO FANTIN, MARZIO ZORIO

An Unexpected Space of Freedom

81 BEL-AIR FINE ART Untitled

82 BERENGO STUDIO SAM BARON Sacrum Unguentum

16
THE LABORATORY OF THE FUTURE PADIGLIONE CENTRALE NATIONAL PARTICIPATIONS (pp. 21-31) 1 AUSTRALIA 2 AUSTRIA 3 BELGIO 4 BRASILE 5 CANADA 6 Repubblica di COREA 7 DANIMARCA 8 EGITTO 9 FINLANDIA (Padiglione Alvar Aalto) 10 FRANCIA 11 GERMANIA 12 GIAPPONE 13 GRAN BRETAGNA 14 GRECIA 15 ISRAELE 16 PAESI BASSI 17 PAESI NORDICI (Finlandia, Norvegia, Svezia) 18 POLONIA 19 ROMANIA/1 20 SERBIA 21 SPAGNA 22 STATI UNITI D’AMERICA 23 SVIZZERA 24 UNGHERIA 25 URUGUAY 26 Repubblica Bolivariana del VENEZUELA 27 PADIGLIONE VENEZIA ARSENALE THE LABORATORY OF THE FUTURE CORDERIE NATIONAL PARTICIPATIONS (pp. 33-43) 28 ALBANIA Artiglierie 29 ARABIA SAUDITA Sale d'Armi 30 ARGENTINA Sale d'Armi 31 Regno del BAHRAIN Artiglierie 32 REPUBBLICA CECA Artiglierie 33 CILE Artiglierie 34 CINA Repubblica Popolare Cinese Magazzino delle Vergini 35 CROAZIA Artiglierie 36 EMIRATI ARABI UNITI Sale d'Armi 37 FILIPPINE Artiglierie 38 Granducato di LUSSEMBURGO Sale d'Armi 39 IRLANDA Artiglierie 40 Repubblica del KOSOVO Artiglierie 41 LETTONIA Artiglierie 42 MESSICO Sale d'Armi 43 PERÙ Sale d'Armi 44 SINGAPORE Sale d'Armi 45 Repubblica di SLOVENIA Artiglierie 46 Repubblica del SUDAFRICA Sale d'Armi 47 TURCHIA Sale d'Armi 48 UCRAINA Sale d'Armi 49 Repubblica dell’UZBEKISTAN Tese Cinquecentesche 50 PADIGLIONE ITALIA Tese e Giardino delle Vergini
NATIONAL PARTICIPATIONS (pp. 45-50) 51 BULGARIA 52 Repubblica di CIPRO 53 ESTONIA 54 GEORGIA 55 GRENADA 56 KUWAIT 57 LITUANIA 58 Repubblica della MACEDONIA DEL NORD 59 MONTENEGRO 60 NIGER 61 Repubblica di PANAMA 62 PORTOGALLO 63 ROMANIA/2 64 SANTA SEDE 65 Repubblica di SAN MARINO
GIARDINI
AROUND
18. INTERNATIONAL ARCHITECTURE EXHIBITION Biennale & Not Only Biennale EXHIBITIONS

83 CA’ PESARO/1

La donazione Gemma De Angelis Testa

84 CA’ PESARO/2

AFRICA 1:1. Cinque artisti africani a Ca’ Pesaro

85 CA’ REZZONICO

LINO TAGLIAPIETRA

I colori del vetro

86 CASTELLO 925

ROB MANGO Eterno ritorno

87 CASTELLO 2093

Parasite 2.0 – Lunar per Crash

88

90

92

105 IKONA GALLERY/2 New York, New York Berenice Abbott, Ilse Bing, Margaret Bourke-White, René Burri,

126 PALAZZO FORTUNY GIOVANNI SOCCOL Riflessioni notturne

127 PALAZZO GRASSI CHRONORAMA

Tesori fotografici del 20° secolo

128 PALAZZO GRIMANI INGE MORATH

da Venezia in poi

129 PALAZZO MOCENIGO/1 MATTHIAS SCHALLER

130 PALAZZO MOCENIGO/2 Tramalogie Donazione Anna Moro-Lin

131 PALAZZO PISANI REVEDIN VENTRONE

132 PROCURATIE VECCHIE/1

THE HUMAN SAFETY NET A World of Potential

133 PROCURATIE VECCHIE/2

THE ART STUDIO

134 PUNTA DELLA DOGANA ICÔNES

135 SALONE VERDE UMBAU. Nonstop Transformation by gmp · von Gerkan, Marg and Partners Architects

136 SCALA DEL BOVOLO LUIGI MANCIOCCO

Dal lato dell’immaginario

137 SPAZIO BERLENDIS

ALDO GRAZZI Evanescenze

138 THE 2212

The Object Beyond the Object

139 THE VENICE GLASS WEEK

7. Festival internazionale del vetro

140 THE VENICE VENICE HOTEL/1

L’Utopia dell’Architettura

Libri, riviste, manifesti, fotografie, disegni e progetti

141 THE VENICE VENICE HOTEL/2

Venice M’Art

142 UNIVERSITÀ CA’ FOSCARI/1

The Cooling Solution

143 UNIVERSITÀ CA’ FOSCARI/2

Cercando il cuore

144 VATICAN CHAPELS

Sacred Landscapes

145 VENICE DESIGN BIENNIAL Auto-Exotic

146 VENICE DESIGN WEEK Synaesthesias

147 VENICE PHOTOGRAPHY MICHELE ALASSIO

Casa de Retiro Espiritual

17
Baggage
CATERINA TOGNON MEL DOUGLAS Luminance
EDMONDO
L’energia della luce
89 COLLEZIONE PEGGY GUGGENHEIM/1
BACCI
COLLEZIONE
Marcel Duchamp e la seduzione della copia
COMPLESSO DELL’OSPEDALETTO Venezia Fabrica Futura
PEGGY GUGGENHEIM/2
91
EUROPEAN CULTURAL CENTRE (ECC) PALAZZO
PALAZZO MORA, GIARDINI DELLA MARINARESSA Time Space Existence 93 EX CONVENTO SS. COSMA E DAMIANO DNA Ucraino 94 FONDACO DEI TEDESCHI RADIALS 95 FONDATION VALMONT EGO 96 FONDATION WILMOTTE Prix W 2023. Un toît pour tous 97 FONDAZIONE BEVILACQUA LA MASA PASCAL SENDER 98 FONDAZIONE GIORGIO CINI LUCIANO BALDESSARI Architetture per la scena 99 FONDAZIONE DELL’ALBERO D’ORO/1 Nicolò Manucci, il Marco Polo dell’India. Un veneziano alla corte Moghul nel XVII secolo 100 FONDAZIONE DELL’ALBERO D’ORO/2 NIKOS ALIAGAS Regards Vénitiens 101 FONDAZIONE MARCHESANI I Am the Earth 102 FONDAZIONE PRADA Everybody Talks About the Weather 103 FONDAZIONE QUERINI STAMPALIA DoorScape. Lo spazio oltre la soglia 104 IKONA GALLERY/1 Mercanti e stracciaioli nel Ghetto di Venezia
BEMBO,
Andreas Feininger, Dorothea Lange, Francesca Woodman 106 IN’EI GALLERY/1 JIN HEE PARK 박진희 Bearable Lightness of Being: Hanji Tables 107 IN’EI GALLERY/2 ART STUDIO h220430 The Floating Realm 108 IN’EI GALLERY/3 FUMIHIKO SANO Grafting 109 ISOLA DI SAN SERVOLO VID - Venice Innovation Design 110 LE STANZE DEL VETRO/1 Vetro boemo: i grandi maestri 111 LE STANZE DEL VETRO/2 Installazioni di Venini: Luce 1921 – 1985 112 LE STANZE DELLA FOTOGRAFIA/1 UGO MULAS L’operazione fotografica 113 LE STANZE DELLA FOTOGRAFIA/2 ALESSANDRA CHEMOLLO Venezia alter mundus 114 LE STANZE DELLA FOTOGRAFIA/3 PAOLO PELLEGRIN 115 LINEADACQUA GALLERY ANDREA AVEZZÙ 116 M9 – MUSEO del ‘900 RIVOLUZIONE VEDOVA 117 MUSEO CORRER/1 CARLA ACCARDI Gli anni Settanta: i lenzuoli 118 MUSEO CORRER/2 L’arte della Giustizia La Giustizia nell’arte 119 MUSEO DEL VETRO Cento anni di NasonMoretti Storia di una famiglia del vetro muranese 120 NEGOZIO OLIVETTI Massimo Micheluzzi al Negozio Olivetti 121 OCEAN SPACE SIMONE FATTAL PETRIT HALILAJ & ÁLVARO URBANO Thus Waves Come in Pairs 122 PALAZZO CINI L’Ospite a Palazzo: Cleopatra di Artemisia Gentileschi 123 PALAZZO CONTARINI POLIGNAC 100 progetti x 100 identità 124 PALAZZO DIEDO BERGGRUEN ARTS & CULTURE STERLING RUBY A Project in Four Acts 125 PALAZZO DUCALE VITTORE CARPACCIO
Dipinti e disegni
Fotografare
Tessuto urbano
NATIONAL PARTICIPATIONS | COLLATERAL EVENTS | NOT ONLY BIENNALE GUIDE 18. INTERNATIONAL ARCHITECTURE EXHIBITION

GIARDINI, ARSENALE, AROUND TOWN

Solo Only Arsenale fino until 30 set Sept

venerdì e sabato apertura prolungata fino alle ore 20 (ultimo ingresso 19.45) on Fridays and Saturdays extended opening until 8 pm (last admission 7.45 pm)

Chiuso il lunedì Closed on Mondays

Escluso Exept 22/5, 14/8, 4/9, 16/10, 30/10, 20/11 www.labiennale.org

FORTE MARGHERA

18 93 122 123 102 89 104 95 82 92 96 75 79 81 83 84 127 134 105 136 129 130 76 77 126 139 90 80 81 85 88 93 97 99 100 106 107 108 101 115 124 131 135 138 142 142 143 145 145 145 146 140 92 72 68 71 71 70 59 63 58 62 56 51
20 maggio May 26 novembre November 2023
apertura Opening times
e Arsenale 20 mag May > 30 set Sept 11-19 (ultimo ingresso 18.45) 11 am-7 pm (last admission 6.45 pm) 1 ottOct > 26 novNov 10-18 (ultimo
10 am-6
Orari
Giardini
ingresso 17.45)
pm (last admission 5.45 pm)
VIA PIAVE VIA FELISATI VIA QUERINI VIA CAPPUCCINA ALEARDI CORSO DEL POPOLO VIA BRENTA VECCHIA VIA ANTONIO DA MESTRE RIVIERAXXSETTEMBRE VIAPALAZZO VIA CARDUCCI VIA POERIO VIAEINAUDI VIACOSTA VIAMESTRINA VIA CIRCONVALLAZIONE PIAZZA DONATORI DI SANGUE DUOMO DI MESTRE PIAZZA FERRETTO PIAZZA XXVII OTTOBRE MESTRE 116 18. INTERNATIONAL ARCHITECTURE EXHIBITION
Overview BIENNALE MAP
19 ARSENALE GIARDINI 125 94 118 117 120 132 133 92 121 110 113 112 114 111 128 121 86 134 91 109 103 136 78 119 161 137 82 87 88 98 144 147 140 141 73 66 67 74 61 60 66 55 57 52 53 54 64 65 AROUND TOWN GUIDE 18. INTERNATIONAL ARCHITECTURE EXHIBITION
www.fondationvalmont.com Fondation Valmont Palazzo Bonvicini Calle Agnello, 2161/A 22.04.23-25.02.24 Contemporary art exhibition

GIARDINI

23
Australia
Padiglione

AUSTRALIA 1

unsettling Queenstown

COMMISSIONER Janet Holmes à Court AC CURATORS Ali Gumillya Baker, Anthony Coupe, Emily Paech, Julian Worrall, Sarah Rhodes La storia australiana è indissolubilmente legata al concetto di “decolonizzazione”. Suoni, voci e immagini immersive mettono al centro del Padiglione una città modello, un’ipotetica Queenstown intesa come simbolo dell’imperialismo britannico nel mondo e qui descritta attraverso una video-installazione. Lo spazio è inoltre occupato da una grande cornice metallica formata da tubi di rame che racchiude un frammento spettrale di architettura coloniale, facendo entrare il visitatore in contatto con nomi e simboli britannici impressi su terre e materiali indigeni.

ENG Australian history cannot be detached from the concept of decolonization. Immersive sound, voice, and imagery put at the centre of the Pavilion a model city, an imagined Queenstown that will be the symbol of British imperialism in the world, here shown in a video installation. The Pavilion is also house to a large metal construct built with copper tubes that frame a spectral fragment of colonial architecture. www.architecture.com.au

AUSTRIA 2

Partecipazione / Beteiligung

COMMISSIONER The Arts and Culture Division of the Federal Ministry for Art, Culture, the Civil Service and Sport of Austria CURATORS/EXHIBITORS AKT (Fabian Antosch, Gerhard Flora, Max Hebel, Adrian Judt, Julia Klaus, Lena Kohlmayr, Philipp Krummel, Gudrun Landl, Lukas Lederer, Susanne Mariacher, Christian Mörtl, Philipp Oberthaler, Charlie Rauchs, Helene Schauer, Kathrin Schelling, Philipp Stern and Harald Trapp) & Hermann Czech

Il contributo austriaco, affidato al collettivo AKT & Hermann Czech, renderà visibile il dibattito sul rapporto tra la città di Venezia e la Biennale, tentando di riconvertire in area pubblica una sezione del Padiglione austriaco ai Giardini. Il progetto coinvolge necessariamente diversi organi di competenza e la cittadinanza stessa, attivando una riflessione sulla questione del potere di disporre dello spazio e sugli spostamenti sociali che l’architettura determina quando acquisisce forma costruita.

ENG The Austrian exhibit has been entrusted to collective AKT & Hermann Czech, who will visualize the relationship between the Biennale and the City of Venice by trying to convert a section of the Pavilion at Giardini into a public space. This attempt naturally needed to be run through several offices and the citizenry itself, thus activating a reflection on the issue of authority and power over public space and social movements that architecture determines when it materializes.

www.labiennale2023.at

BELGIO 3

In Vivo

COMMISSIONER Fédération Wallonie-Bruxelles

CURATORS/EXHIBITORS Bento e Vinciane Despret

Come ripensare l’Architettura in un mondo di risorse finite? Il Padiglione belga risponde a questo interrogativo individuando un’alternativa al sistema estrattivista nell’utilizzo di materiali edili provenienti da organismi viventi che abitano le nostre città. L’installazione – una spettacolare struttura in legno e pannelli di micelio (la parte vegetativa dei funghi) che poggia su un pavimento in terra cruda ricavato da terreno di scavo – offre ai visitatori una singolare esperienza sensoriale, tattile e acustica. Il terreno, il micelio e il legno, tutti provenienti dall’area urbana di Bruxelles, sono la prova della completa sostenibilità di questo processo di sviluppo in vivo

ENG How to re-think architecture in a world of finite resources? The Belgian Pavilion responds to this issue by identifying an alternative to the mining paradigm: using organic building materials that can be found in our cities. The installation is a spectacular timber frame clad in mycelium (the vegetative body of fungi) panels that sits on a pressed soil foundation left after excavation works. The exhibit offers visitors a tactile and acoustic experience. Soil, mycelium, and timber – all coming from the urban area of Brussels – prove just how sustainable this in vivo process can be.

www.belgianpavilion.be

BRASILE 4

Terra [Earth]

COMMISSIONER José Olympio da Veiga Pereira, president of the Fundação Bienal de São Paulo

CURATORS Gabriela de Matos e Paulo Tavares EXHIBITORS Ana Flávia Magalhães Pinto, Ayrson Heráclito, Day Rodrigues with the participation of Vilma Patricia, Fissura, Ilê Axé Iyá Nassô Oká (Casa Branca do Engenho Velho), Juliana Vicente, MbyaGuarani Indigenous People, Tukano, Arawak e Maku Indigenous Peoples, Tecelãs do Alaká (Ilê Axé Opô Afonjá), Thierry Oussou, Vídeo nas Aldeias

Il Brasile riflette sul significato di Terra [Earth] nella sua doppia accezione di “terreno, suolo, humus” e di “luogo cosmico”, Pianeta che ospita il genere umano al di là di ogni confine geografico e politico. Nella prima sezione viene riproposta la storia della capitale Brasilia, costruita in mezzo al nulla su un terreno precedentemente occupato da popolazioni indigene, allontanate in epoca coloniale per poi essere ricollocate forzatamente nella periferia della nuova città modernista. La seconda sezione concentra l’attenzione su cinque simboli architettonici che in Brasile costituiscono memoriali di riferimento, contestualizzati nelle dinamiche di decolonizzazione che ne hanno determinato la costruzione.

ENG Brazil reflects on the double meaning of Terra [Earth]: soil and planet. The planet that houses the human race, beyond any geographical or political distinction. In the first section, the history of Brazil’s capital city, Brasilia, is shown. The city has been built in the middle of nowhere, on land formerly inhabited by indigenous people, pushed away in colonial times to be later placed back in the suburbs of the new modernist town. The second section focuses on five architectural symbols that, in Brazil, are taken as memorials, contextualized as they are in the decolonization dynamics that were behind their construction.

www.bienal.org.br

CANADA 5

Not for Sale!

COMMISSIONER Canada Council for the Arts

CURATORS Architects Against Housing

Alienation (AAHA)

EXHIBITORS A Better Tent City Waterloo Regio, Affordable Housing Association of Nova Scotia, Alex Wilson, University of Saskatchewan, At Home in the North; Atelier Big City; Bâtir son quartier; Black Urbanism TO; Canadian Cohousing Network; Centre d’ecologie urbaine de Montréal (CEUM); CP Planning; David T Fortin Architect Inc; FBM architectureinterior design - planning; Gentrification Tax Action; Grounded Architecture Inc.; Haeccity Studio Architecture; Idle No More; Ipek Türeli, McGill University; Katlia Lafferty, National Indigenous Housing Network; Keele Eglinton Residents; L’OEUF Architects; Lancelot Coar, University of Manitoba; LGA Architectural Partners; Luugigyoo, Patrick R. Stewart Architect, Nisga’a Nation; Navigator Street Outreach Program; One House Many Nations; Ouri Scott, Urban Arts Architecture Inc.; Parkdale Neighbourhood Land Trust; Sarah Silva, Hiyam Housing; SOCA (Studio of Contemporary Architecture); SOLO Architecture; SvN Architects and Planners; Sylvia McAdam, Windsor University; Table de concertation du Faubourg Saint-Laurent; Toronto Tiny Shelters; tuf lab; Xalek/Sekyu Siyam Chief Ian Campbell, Skwxwu7mesh Uxwumixw (Squamish Nation)

Il Canada pone al centro del progetto espositivo la crisi abitativa fortemente radicata in diverse comunità del Paese, percepita chiaramente anche su scala globale. Una crisi che secondo i curatori mostra forti riflessi su un piano sociale, compromettendo la capacità degli architetti di concepire spazi accoglienti, creativi, polifunzionali. Il collettivo AAHA coinvolge il pubblico in una riflessione su quanto temi quali razzismo, sessismo e classismo siano sempre più connessi ad un mercato immobiliare intossicato da dinamiche distorte, a cui l’Architettura è chiamata a dare nuove e durature risposte.

25
GIARDINI National Participations GIARDINI GUIDE 18. INTERNATIONAL ARCHITECTURE EXHIBITION

ENG Canada focuses on the housing crisis faced in several of the country’s communities, though also clearly understood globally. According to the curators, this crisis reflects on society, compromising architects’ ability to design welcoming, creative, multi-functional spaces. Collective AAHA involve the public in a reflection on how issues like racism, sexism, and classism are deeply entrenched in a tainted real estate market. Architecture must provide new, long-lasting stimuli.

www.canadacouncil.ca

Repubblica di COREA 6

2086: Together How?

COMMISSIONER Arts Council Korea

CURATORS Soik Jung, Kyong Park

EXHIBITORS Yerin Kang (Seoul National University), Lee Chi-hoon (SoA) x Zoosun Yoon (Chungnam National University, UDTT lab.), Ahram Chae (Studio UDTT), Nahyun Hwang, David Eugin Moon (N H D M) x Wolsik Kim, Yehre Suh (Urban Terrains Lab) x WoonGi Min, Jaekyung Jung, Sunhee Yang (Gute form), Chris Ro (A Dear Friend), OUR LABOUR

Le proiezioni demografiche suggeriscono che il 2086 sarà l’anno in cui la popolazione mondiale raggiungerà il suo picco massimo. Un videogioco partecipativo invita il pubblico a prendere decisioni attorno a tre diversi scenari eco-culturali attuali e futuri. Piuttosto che concentrarsi sui dati climatici, il Padiglione coreano incoraggia in questo modo i visitatori a comprendere quanto le questioni ambientali globali siano espressione di infelici scelte sbagliate da parte dell'umanità.

ENG Demographic projections suggest that 2086 will be the year when global population will reach its peak. A participative videogame invites the public to make decisions in three eco-cultural scenarios, both present and future. Rather than focusing on climate data, the Korean Pavilion encourages us to understand how global environmental issues are rooted in humankind’s past choices. www.korean-pavilion.or.kr

DANIMARCA 7

Coastal Imaginaries

COMMISSIONER Kent Martinussen, Danish Architecture Centre

CURATOR Josephine Michau

EXHIBITORS Schønherr Landscape

Architects, David Garcia, Giacomo Brusa Cattaneo, Laurits Sporon Bøving Genz, Dejle Zaradesht Mohamad, Iisa Eikaas, Katrina Wiberg, Anna Aslaug Lund and Christian Friedländer

«Un laboratorio di speranza in un mondo di disillusione virale». Così la curatrice Josephine Michau definisce il progetto danese, che si sviluppa attorno ad una dicotomia tra il desiderio

di voler edificare centri abitati in prossimità del mare e le sfide imposte dai cambiamenti climatici e dalla natura stessa, in relazione ai possibili, quasi inevitabili futuri scenari che andranno presto a trasformare i profili degli ambienti costieri. Attraverso grandi diorami utilizzati come scenografie teatrali in 3D viene messa in scena l’impressionante rappresentazione di un probabile paesaggio litoraneo futuro, mentre in spazi più raccolti si sperimentano le concrete possibilità di progettare le zone umide traendo esempio dalla lezione della natura.

ENG “A laboratory for hope in a world of viral hopelessness” – thus curator Josephine Michau defined the Danish project, which develops around a dichotomy between our desire to build town close to the sea, and the challenge imposed by climate change and by nature itself viz. the future of coastal environments. Using large dioramas, almost three-dimensional theatre scenes, the Pavilion displays an impressive representation of a future coastal village. In lateral exhibits, we will see experiments on humid areas architecture, and learn something from Nature.

www.dac.dk

EGITTO 8

NiLab - The Nile as Laboratory

COMMISSIONER Ministry of Culture, Egypt; Accademia d’Egitto; National Organization for Urban Harmony CURATORS/EXHIBITORS Ahmed Sami Abd Elrahman, Marina Tornatora, Ottavio Amaro, Ghada Farouk, Moataz Samir Guidati dalla Ain-Shams University del Cairo e dalla Università Mediterranea di Reggio Calabria, accademici, ricercatori e studenti di 24 università internazionali sono coinvolti in uno studio sul Nilo. Una ricerca collettiva che, concentrandosi sull’importanza vitale che il grande fiume riveste per l’Egitto, per il continente africano e per l’intero Pianeta, intende affrontare il tema globale delle risorse idriche, inserendolo nel più ampio contesto dei cambiamenti climatici.

ENG Guided by the Ain-Shams University of Cairo and the Mediterranean University of Reggio Calabria, Italy, scholars, researchers, and students from 24 universities globally studied the Nile – a collective research that rethinks the vital importance that the great river has for Egypt, for Africa, and for the whole planet. The study touches the global issues of water resources within the larger context of climate change.

IG: @nilab_eg

FINLANDIA

Padiglione Alvar Aalto 9

Huussi – Imagining the Future History of Sanitation

COMMISSIONER Katarina Siltavuori, Archinfo –Information Centre for Finnish Architecture

CURATOR Arja Renell (The Dry Collective)

EXHIBITOR The Dry Collective (Antero Jokinen, Emmi Keskisarja, Barbara Motta, Arja Renell, Eero Renell, Janne Teräsvirta)

Per decretare la fine dello sciacquone delle toilette The Dry Collective ricorre ad un finto documentario ambientato in un futuro non molto lontano (anno 2043), in cui viene descritta l’evoluzione dei servizi igienici. Ricostruendo al centro del Padiglione un huussi, il comune e tradizionale bagno a compostaggio finlandese, accanto a varie piante poste all’interno di box contenenti compost arricchito da urina umana, il progetto finlandese lancia una sfida per sviluppare nuove soluzioni in materia igienico-sanitaria, denunciando con ironia l’assurdità dell’uso attuale di acqua e fertilizzanti.

ENG To proclaim the end of the toilet flusher, The Dry Collective produced a mockumentary set in the not-too-distant future (2043), when toilets will look quite different. At the centre of the Pavilion is a huussi, the traditional Finnish composting toilet, surrounded by plants growing on human waste-fed compost. The Finnish project challenges us to develop new solution in terms of sanitation, using irony to present the absurdity of the current use of water and fertilizers.

FRANCIA 10

Ball Theater

COMMISSIONERS Institut français with the Ministry of Europe and Foreign Affairs and the Ministry of Culture

CURATORS Muoto & Georgi Stanishev

Quale futuro dovremmo desiderare per gli esseri viventi e per il nostro Pianeta? Il Padiglione francese tenta di rispondere a questa domanda con Ball Theater, un progetto che i curatori definiscono originale e aperto. Originale in quanto rivitalizza la nostra visione e comprensione dell’architettura presentando uno spazio immersivo sferico che unisce teatro e suono. Aperto perché nella pluralità e diversità dei corpi e delle voci che la attraversano, la sfera funziona come un luogo di ascolto e, forse, di meditazione, oltre che come laboratorio di identità.

ENG What future do we want to wish for – both for ourselves and for our planet? The French Pavilion attempts an answer with the Ball Theater , a project that the curators call original and open. Original, because it revitalizes our vision and understanding of architecture by presenting an immersive spherical space that unites theatre and sound. Open, because in the plurality and diversity of the bodies that walk

26
NATIONAL PARTICIPATIONS National Participations GIARDINI

around it, the sphere acts as a place of listening and, maybe, meditation, as well as a laboratory for identity.

www.institutfrancais.com

GERMANIA 11

Open for Maintenance –Wegen Umbau geöffnet

COMMISSIONER Federal Ministry for Housing, Urban Development and Building

CURATORS ARCH+ / SUMMACUMFEMMER

/ BÜRO JULIANE GREB (Anne Femmer, Franziska Gödicke, Juliane Greb, Christian Hiller, Petter Krag, Melissa Makele, Anh-Linh Ngo, Florian Summa)

EXHIBITORS Agriluska (Luca Vallese); Assemblea Sociale per la Casa (Chiara Buratti); Bellevue di Monaco eG (Barbara Bergau, Grisi Ganzer, Till Hofmann, Denijen Pauljevic) with hirner & riehl architekten und stadtplaner BDA; Centro Sociale Rivolta (Elena Carraro, Filippo Lunian); ConstructLab (Patrick Hubmann, Alexander Römer, Peter Zuiderwijk); CRCLR House with Concular (Annabelle von Reutern), Die Zusammenarbeiter & TRNSFRM eG (Christian Schöningh), Impact Hub (Sascha Stremming), LXSY Architekten (Kim Le Roux, Margit Sichrovsky); Giorgio de Finis (RIF – Museo delle Periferie); Gustavo Fijalkow; Forward Dance Company / LOFFT - DAS THEATER; German Pavilion for Biennale Arte 2022: Relocating a Structure (Yilmaz Dziewior, Maria Eichhorn, Ellen Strittmatter); Haus der Materialisierung – Zentrum für klimaschonende Ressourcennutzung with Berliner Stadtmission (Sofie Göppl Leon), FahrArt Atelier (Benjamin Känel), Kostümkollektiv (Katrin Wittig), KunstStoffe e.V. (Jan-Micha Garma, Rhea Gleba, Corinna Vosse), Mitkunstzentrale (Rahel Jakob, Julie Teuber, Nora Wilhelm), mrtz Forschungswerkstatt (Moritz Wermelskirch), Ort-schafft-Material (Jannis Schiefer, Elena Stranges), stefan is doing things (Stefan Klopfer), STREETWARE saved item (Alice Fassina), Studio Patric Dreier, ZUsammenKUNFT Berlin eG (Kim Gundlach, Andrea Hofmann); Institute of Radical Imagination (Marco Baravalle, Emanuele Braga, Gabriella Riccio) and Anna Rispoli, in cooperation with S.a.L.E. Docks; Kotti & Co (Tashy Endres, Sandy Kaltenborn); Laboratorio Occupato Morion; Rebiennale/R3B (Tommaso Cacciari, Giulio Grillo); Alessandro Schiattarella; Giovanna Silva with Angelo Boriolo (Boris); Working Group Sanitärwende with Eawag (Michel Riechmann), Finizio–Future Sanitation (Florian Augustin, Tom Kühne), German Toilet Organization, KanTe – Kollektiv für angepasste Technik (Ariane Krause, Johanna Moser, Eleftheria Xenikaki) and Sina Kamala, klo:lektiv (Sabine

Bongers-Römer, Katharina Ciax, Martine Kayser), Leibniz-Institut für Gemüse- und Zierpflanzenbau (Stefan Karlowsky), NetSan, P2GreeN, urin*all (Leonie Roth, Luisa Tschumi), VaLoo

Le questioni sociali rappresentano un capitolo imprescindibile ed ineludibile quando si intende affrontare il tema della sostenibilità. Basti pensare al movimento degli squatter nella Berlino degli anni ‘70 e ‘80, che favorì un approccio più cauto al rinnovamento urbano, conservando le comunità cittadine e gli ambienti costruiti. Il focus del progetto ruota attorno allo sviluppo ecologicamente compatibile e socialmente equo degli spazi urbani e alle opportunità di riciclabilità, manutenzione e rivitalizzazione che contribuiscono in modo evidente alla protezione e alla valorizzazione delle risorse. In concreto, questa azione di tutela si sostanzia anche nell’allestimento della mostra stessa, per il quale sono stati utilizzati materiali di riciclo provenienti dalla precedente esposizione.

ENG Social issues are an essential chapter of sustainability challenges. Just think of the squatter movement in Berlin in the 1970s and 1980s, which effected a more cautious approach to urban renewal, requiring the preservation of local communities and urban environment. The project focuses on ecologically- and socially-compatible development of urban areas and on opportunities of recycling, upkeeping, and revitalization that contribute greatly to resource protection. Safeguarding takes place, factually, in the staging of the exhibition itself, which employed recycled material from the earlier Biennale.

IG: @germanpavilionvenice

GIAPPONE 12 Architecture, a Place to Be Loved - When Architecture Is Seen as a Living Creature

COMMISSIONER The Japan Foundation

CURATOR Onishi Maki

EXHIBITORS Hyakuda Yuki, Tada Tomomi, Harada Yuma, dot architects (Ienari Toshikatsu, Doi Wataru, Ikeda Ai, Miyachi Keiko), Moriyama Akane, Mizuno Futoshi L’ambiente costruito è visto nel Padiglione giapponese come una creatura viva, che respira e che deve essere nutrita per svilupparsi in armonia con le comunità del mondo. L’architettura è qualcosa di più di un semplice insieme di edifici: è il modo in cui le persone si connettono e si relazionano con lo spazio e l’ambiente circostante. Mantenendo in sé traccia dell’amore che l’ha attraversata, l’architettura espande ulteriormente il modo in cui gli ambienti costruiti possono apprendere ed essere in-formati dai nostri ricordi e dalle nostre storie.

ENG Built-up environment is shown, at the Japanese Pavilion, as a living creature that breathes and feeds to develop in harmony with communities around the world. Architecture is

more than just a set of buildings: it is the way people connect and interact with the space and the environment around them. By keeping within itself a trace of the love that informed it, architecture expands further the way buildings can learn our memories and our stories.

GRAN BRETAGNA 13

Dancing Before the Moon

COMMISSIONER Sevra Davis, Director of Architecture Design Fashion at the British Council

CURATORS Jayden Ali, Joseph Henry, Meneesha Kellay e Sumitra Upham

EXHIBITORS Yussef Agbo-Ola, Jayden Ali, Mac Collins, Shawanda Corbett, Madhav Kidao, Sandra Poulson

Negli intenti dei curatori, la rappresentazione di azioni quali la coltivazione, la preparazione del cibo, il gioco e la danza, svolte quotidianamente da gruppi sociali di disparate provenienze geografiche, ha come finalità quella di creare specifici spazi di condivisione che diventano al contempo stimoli per immaginare nuovi approcci alla pratica architettonica e all’ambiente costruito, promuovendo uno scenario più sostenibile basato su principi di cura ed equità piuttosto che di sfruttamento. Attraverso una serie di installazioni, un gruppo di artisti e architetti con sede nel Regno Unito ha trasformato il Padiglione cercando di immaginare un futuro in cui le pratiche sociali vengono celebrate per saldare legami tra comunità.

ENG In the curators’ intent, the representation of activities such as farming, food preparation, play, and dance – as they take place in different social groups from all over the world – reflects in the creation of specific shared spaces that become, in turn, hotspots of stimulus to imagine new approaches to architecture and urban environment, effectively resulting in more sustainable scenarios based on care and equity, rather than exploitation. Using a number of installations, a group of Britain-based artists and architects transformed the British Pavilion and imagined a future where social practices are celebrated as they foster communal relationships.

venicebiennale.britishcouncil.org

GRECIA 14

Bodies of Water

COMMISSIONER Efthimios Bakoyannis, Secretary General of Spatial Planning and Urban Environment

CURATORS Costis Paniyiris and Andreas Nikolovgenis

Fin dagli anni ‘30 del secolo scorso un ampio programma di approvvigionamento idrico ed energetico ha interessato in Grecia una vasta zona arida. Oggi l’area ospita una serie di laghi artificiali distrubuiti su un terreno perlopiù accidentato, una sorta di arcipelago inverso

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GUIDE 18. INTERNATIONAL ARCHITECTURE EXHIBITION GIARDINI

che ha profondamente cambiato il profilo del territorio. Il Padiglione mostra dighe, serbatoi e altri corpi idrici che contribuiscono a trasformare l’ambiente in χώρα, ovvero “paese”. L’etimologia del termine greco si riferisce però anche al verbo “contenere”, richiamando il senso di un luogo che contiene la vita, le azioni, i ricordi e le aspettative dei suoi abitanti.

ENG Since the 1930s, an extensive and collective program has affected a vast arid area in Greece. Today the area is home to a series of artificial lakes spread over a mostly rugged terrain, a sort of reverse archipelago that has profoundly changed the territory. The Pavilion shows dams, reservoirs and other bodies of water that transform the land into χώρα, meaning “country”. However, the etymology of the Greek term also refers to the verb “to contain”, recalling the sense of a place that contains the life, actions, memories and expectations of its inhabitants.

ISRAELE 15 cloud-to-ground

COMMISSIONER Michael Gov, Arad Turgeman

CURATORS Oren Eldar, Edith Kofsky, Hadas Maor

EXHIBITORS Oren Eldar, Edith Kofsky, Daniel Meir

Il progetto israeliano prende in esame la natura fisica delle moderne reti di comunicazione, evidenziando come la relativa mancanza di attenzione architettonica prestata oggi a queste infrastrutture contrasti con il ruolo significativo che esse hanno rivestito negli ultimi due secoli. La riflessione si concentra sulle dinamiche legate ai recenti sviluppi della tecnologia globale (fra cui il cloud, la ‘nuvola’ tecnologica) e alle mutevoli strutture di potere che essi implementano. Il Padiglione, sigillato e reso buio, opaco e misterioso al suo interno, diviene uno degli elementi stessi della mostra, mentre spazio vuoto, suono e luce concorrono a definire la transizione dall’analogico al digitale nella comunicazione.

ENG The Israeli project examines the physical nature of modern communication infrastructures, highlighting how the relative lack of architectural attention given to such infrastructures contrasts the meaningful role they had over the last two centuries. The reflection focuses on the dynamics seen in the most recent development of global technology (including cloud computing) and the different power structures that they establish. The Pavilion, sealed, kept in darkness, and wrapped in mystery, becomes an element of the exhibit itself, while empty space, sound, and light come together to define the transition from analogue to digital in communication technology. www.cloud-to-ground.com

PAESI BASSI 16

Plumbing the System

COMMISSIONER Aric Chen, Het Nieuwe lnstituut

CURATOR Jan Jongert / Superuse

EXHIBITORS Carlijn Kingma in collaboration with Thomas Bollen, Martijn Jeroen van der Linden, Jan Jongert / Superuse Studios in collaboration with Friso Klapwijk (Wavin) and Afrikaander Wijkcooperatie Rotterdam

In linea con la proposta della curatrice Lesley Lokko, il Padiglione olandese si trasforma in un vero e proprio laboratorio, un ‘banco di prova’ per un design orientato al futuro, rigenerativo e circolare. L’apparato espositivo consiste in una serie di disegni dell’architetto Carlijn Kingma (The Waterworks of Money) che traducono in un ambiente spaziale un sistema economico complesso usando l’acqua come metafora. L’acqua diventa però anche l’elemento sperimentale centrale del progetto attraverso l’attivazione di un innovativo sistema di raccolta piovana all’interno del Padiglione.

ENG In line with the theme proposed by Biennale curator Lesley Lokko, the Dutch Pavilion turns into an actual laboratory, a test bench for future-oriented design that is regenerative and circular. The exhibition comprises drawings by architect Carlijn Kingma (The Waterworks of Money), which translates a complex economic system into a spatial environment using water as metaphor. Water also becomes the experimental element of the project in the form of a rainwater collector housed inside the Pavilion. www.nieuweinstituut.nl

PAESI NORDICI

Svezia, Norvegia, Finlandia 17

Girjegumpi: The Sámi Architecture Library

COMMISSIONERS Kieran Long, ArkDes-The Swedish Centre for Architecture and Design, Stina Høgkvist, The National Museum of Norway; Carina Jaatinen, The Museum of Finnish Architecture

CURATORS Carlos Mínguez Carrasco (ArkDes), James Taylor-Foster (ArkDes)

EXHIBITOR Joar Nango

Girjegumpi – da due parole in lingua Sámi: “girij”, libro, e “gumpi”, ovvero una piccola capanna mobile su slitta utilizzata dagli allevatori di renne – è il titolo del progetto realizzato in vent’anni di ricerche dall’architetto e artista Joar Nango, un archivio ‘nomade’ che comprende opere d’arte, materiali, dettagli di design, oggetti di recupero e una libreria di oltre 500 volumi su questioni relative all’architettura e al design Sámi, ai metodi costruttivi tradizionali e ancestrali, ai temi dell’attivismo e della decolonizzazione.

ENG Girjegumpi is the combination of two words from the Sámi language, spoken in the northernmost regions of Europe: gjiri, free, and

gumpi, which is a small mobile hut, mounted on a sled, used by reindeer wranglers. Girjegumpi is the title of the project, the result of twenty years of research by architect and artist Joar Nango: a ‘nomadic’ archive that includes art, materials, design details, found items, and a library of over 500 volumes on Sámi architecture and design, ranging from traditional, vernacular architecture, activism, and decolonization.

www.gumpi.space

POLONIA 18

Datament

COMMISSIONER Janusz Janowski

CURATOR Jacek Sosnowski

EXHIBITORS Anna Barlik, Marcin Strzała L’elaborazione di dati occupa un posto centrale nelle nostre vite, che vedono delegare alla tecnologia aspetti sempre più rilevanti del quotidiano. Oltre 2000 metri di tubolari colorati in acciaio riproducono in scala 1:1 il risultato materico di un’elaborazione di dati che, paradossalmente, ha l’obiettivo di palesare la propria fallibilità, stimolando riflessioni su come la tecnologia sia tutt’altro che scevra da errori e suggerendo un ridimensionamento del suo ruolo in ambiti quali l’architettura, l’urbanistica e la pianificazione territoriale.

ENG Data processing has a large role in our lives, which delegate to technology a growing number of everyday activities. Over 2000 cube metres of coloured steel pipes reproduce, at a 1:1 scale, the material result of data processing that, paradoxically, aims at showing its own fallibility, stimulating reflections on how technology is far from being error-free, and suggesting that we should scale back its role in fields such as architecture and land planning in general.

www.labiennale.art.pl

ROMANIA/1 19 NOW, HERE, THERE

COMMISSIONER Attila Kim

CIRATORS Emil lvănescu, Simina Filat EXHIBITORS Emil Ivănescu, Simina Filat, Catalin Berescu, Anca Maria Păsărin, National Technical Museum “prof. Eng.

Leonida”

La prima sezione della mostra, Lost Innovations, consiste in una selezione di manufatti originali ideati da innovatori rumeni, fra cui un’auto elettrica originale costruita nel 1904, ancora oggi funzionante, e un dispositivo per lavorare in campo radioattivo. I visitatori sono così invitati a riflettere sul modo in cui le idee vengono concepite all’interno di un laboratorio, non a partire da una ‘tabula rasa’, ma sostenute da precedenti innovazioni scientifiche e dai dilemmi e dalle contraddizioni che ne hanno accompagnato la nascita. L’installazione prosegue presentando

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NATIONAL PARTICIPATIONS
National Participations GIARDINI

100 casi-studio relativi a progetti interdisciplinari che restituiscono l’impatto che architetti e designer possono produrre a livello sociale, politico ed economico, nel nostro quotidiano.

ENG The first section of the exhibition, Lost Innovations, consists of a set of original artefacts created by Romanian innovators, including a still running 1904 electric car and a tool used in radioactivity science. Visitors are invited to reflect on the way ideas are conceived within a laboratory, not on a blank slate. They build upon existing research and science and on the dilemmas and contradictions that accompanied technology since its inception. The installation then shows 100 case studies on interdisciplinary projects that highlight the impact architects and designers can have at a social, political, and economic level.

Giardini and New Gallery of Istituto Romeno di Cultura e Ricerca Umanistica Palazzo Correr, Campo Santa Fosca Cannaregio 2214

SERBIA 20 IN REFLECTIONS

6°27’48.81”N 3°14’49.20”E

COMMISSIONER Slobodan Jović

SCIENTIFIC COMMITEE Biljana Jotić (President), Dubravka Đukanović, Jelena Ivanović Vojvodić, Miljana Zeković, Snežana Vesnić, Ana Đurić, Jelena Mitrović

EXHIBITORS Iva Njunjić, Tihomir Dičić

Negli anni ‘60 del secolo scorso tra i protagonisti della “politica di non allineamento” vi fu la Jugoslavia, che attraverso le sue imprese e i suoi architetti contribuì allo sviluppo di molte nazioni del sud del mondo. Esempio emblematico è la sede della Fiera Internazionale di Lagos, opera realizzata tra il 1974 e il 1976 dall’architetto Zoran Bojovic´, un tempo simbolo di una nuova identità nazionale e di un futuro autonomo per la Nigeria. La mostra intende esplorare l’edificio identificandolo come un progetto urbano, sociale, architettonico ed ecologico che riflette le aspirazioni e le contraddizioni di un’epoca storica di grandi trasformazioni sociali per il Paese africano.

ENG In the 1960s, one of the protagonists of the Non-Aligned Movement was Yugoslavia, a country that provided aid and architects to developing nations in the global south. A prime example is the Lagos International Trade Fair, designed by Zoran Bojović in the 1970s, once the symbol of a new national identity and an autonomous future for Nigeria. The exhibition explores the building, identified as an urban, social, architectural, and ecological project that reflects the aspirations and contradictions of a historic time of social change for the African country.

IG: @serbian_pavillion_2023

SPAGNA 21 FOODSCAPES

COMMISSIONERS MITMA (Ministry of Transport, Mobility and Urban Agenda), AECID (Spanish Agency for International Development Cooperation), AC/E (Acción Cultural Española)

CURATORS Eduardo Castillo-Vinuesa, Manuel Ocaña del Valle

EXHIBITORS Aldayjover Architecture and Landscape, C+ arquitectas, Common Accounts, Daniel Ibañez + Vicente Guallart + Manuel Bouzas, Dolores Palacios + Federico Soriano, Elii + María Jerez, Gerard Ortín + Pol Esteve, GRANDEZA + Locument, Guillermo Fernández Abascal + Urtzi Grau, Institute for Postnatural Studies, Iván

L. Munuera + Vivian Roti + Pablo Saiz, Lucía Jalón Oyarzun, Lucía Tahan, MAIO + Agnes Essonti, Marina Otero Verzier + Manuel Correa, Naranjo-Etxeberría, Pedro Pegenaute

Il Padiglione presenta un focus sulle architetture che nutrono il mondo, dalle nostre cucine casalinghe alle grandi aree funzionali che alimentano le nostre città. Articolato in cinque cortometraggi, un archivio in forma di ricettario e un programma pubblico di incontri, eventi e dibattiti realizzato in collaborazione con TBA21Academy, il progetto esplora in particolare il contesto agro-architettonico spagnolo, allargando l’indagine al passato e al presente dei sistemi alimentari globali per immaginare un futuro in cui il sostentamento dell’Uomo non vada a discapito della vivibilità e della salute del Pianeta.

ENG The Pavilion shows the architectures that feed the world – from our home kitchens to the large functional areas that feed cities. Organized in five short films, a recipe archive, and a public programme of meetings, events, and debates produced in cooperation with TBA21-Academy, the project explores, in particular, the Spanish agro-architectural context, widening its scope on the past and present of the global food supply chain to imagine a future where the substance of man won’t be detrimental to the planet.

www.foodscapes.es

STATI UNITI D’AMERICA 22

Everlasting Plastics

COMMISSIONERS Tizziana Baldenebro, SPACES

CURATORS Tizziana Baldenebro, Lauren Leving EXHIBITORS Xavi Aguirre, Simon Anton, Ang Li, Norman Teague, and Lauren Yeage

L’estetica e la materialità della forma sono caratteristiche inerenti sia all’arte che all’architettura. Attraverso un’installazione che si conforma agli spazi del Padiglione cinque artisti e designer americani riflettono sul tema della plastica intesa come un unico, duraturo materiale dalle infinite forme, invitando a una discussione sulle diverse modalità in cui questo polimero sintetico che ha cambiato il mondo, profondamente radicato in modo particolare nella cultura e nell’economia degli Stati Uniti, modella ed erode le ecologie contemporanee e l’ambiente costruito.

ENG Aesthetics and materiality of shapes are inherent features of both art and architecture. Using an installation that adapts to the spaces of the Pavilion, five American artists and designers reflect on plastic as a unique, durable material of infinite shapes, inviting reflections on the several ways this revolutionary synthetic polymer, so deeply rooted particularly in the culture and economy of the United States, models and erodes modern ecology and urban environments.

IG: @everlastingplastics

SVIZZERA 23

Neighbours

COMMISSIONERS Swiss arts council Pro Helvetia: Sandi Paucic, Rachele Giudici Legittimo

CURATORS/EXHIBITORS Karin Sander, Philip Ursprung

La vicinanza fisica del Padiglione svizzero con quello venezuelano e il legame professionale dei rispettivi architetti, lo svizzero Bruno Giacometti e l’italiano Carlo Scarpa, hanno ispirato il progetto dell’artista Karin Sander e dello storico dell’architettura Philip Ursprung. La mostra mette in evidenza il connubio delle planimetrie dei due edifici, che testimonia l’affinità creativa dei due architetti, uniti anche da un rapporto di amicizia. Una vicinanza spaziale, professionale e personale che sarà ulteriormente approfondita da un ciclo di incontri ospitati nel Padiglione ai Giardini e a Palazzo Trevisan degli Ulivi, sede della Fondazione svizzera per la cultura Pro Helvetia e del Consolato svizzero.

ENG With the Swiss and Venezuelan Pavilions being adjacent, and given how close their respective designers – Swiss Bruno Giacometti and Italian Carlo Scarpa – were, the exhibition by artist Karin Sander and architecture historian Philip Ursprung shows the similarities in the design of the two Pavilions, a testimony of the affinity between the two architect friends.

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NATIONAL PARTICIPATIONS National Participations GIARDINI
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A spatial, professional, and personal closeness that will be the theme of a series of meetings at the Swiss Pavilion and at Palazzo Trevisan degli Ulivi, the seat of the Swiss cultural foundation Pro Helvetia and of the Swiss consulate. www.prohelvetia.ch

UNGHERIA 24

Reziduum – The Frequency of Architecture

COMMISSIONER Julia Fabényi, director Ludwig Museum – Museum of Contemporary Art, Budapest

CURATOR Mária Kondor-Szilágyi

EXHIBITORS Marcel Ferencz, Péter Mátrai, Judit Z. Halmágyi, Ferenc Haász

L’iconico Museo Etnografico di Budapest, realizzato nel 2022 da Marcel Ferencz nell’ambito del Liget Budapest Project, è al centro del progetto presentato nello spazio ungherese. L’architetto e compositore Péter Mátrai ha ideato un cilindro sonoro che rende ‘udibile’ il rapporto tra il Museo e la musica, evocando l’idea del cerchio che l’edificio richiama con il suo design. All’interno del modello in scala del Museo i visitatori potranno scoprirne le collezioni attraverso un cortometraggio animato. Scaricando l’App Motívumalkotó sarà inoltre possibile creare un disegno personalizzato attingendo ad un database di oltre mille decorazioni che richiamano la collezione di manufatti del Museo.

ENG The iconic Budapest Ethnographic Museum, built in 2022 by Marcel Ferencz as part of the Liget Budapest Project, is at the centre of the Hungarian Pavilion. Architect and composer Péter Mátrai created a sound cylinder that makes the relationship between the Museum and music audible, evoking the idea of a circle, in turn reflected in the building’s shape. Visitors will be able to see a scale model and find out more about the Museum’s collections thank to an animated short movie. App Motívumalkotó will allow us to create a personalized design drawing from a database of over a thousand decorations inspired by the Museum’s collection.

www.reziduum.ludwigmuseum.hu

URUGUAY 25

In Opera. Future Scenarios of a Young Forest Law

COMMISSIONER Facundo de Almeida

CURATORS Mauricio López, Matías Carballal, Andrés Gobba, Sebastián Lambert e Carlos Casacuberta

EXHIBITORS INST/MAPA + Carlos Casacuberta

I dati riferiscono che nel 2023, per la prima volta, in Uruguay l’esportazione della cellulosa supererà quella della carne. Dagli anni ‘80 la superficie boschiva del Paese è cresciuta di oltre 30 volte,

un’espansione che non sembra arrestarsi soprattutto ora che il governo ha destinato ad uso forestale ulteriori 4 milioni di ettari di terreno.

Il tema viene affrontato da INST/MAPA + Carlos Casacuberta mettendo al centro della scena un avatar che impersona la Legge Forestale nel 1987. L’avatar si muove all’interno di un Padiglione trasformato in un’insolita sala teatro e, guardandosi allo specchio, si interroga su possibili scenari che immaginano l’Uruguay come laboratorio equo e inclusivo per il futuro del legno.

ENG In 2023, Uruguayan cellulose exports are projected to surpass those of meat. Since the 1980s, forests in Uruguay grew over 30-fold, an expansion that seemingly won’t stop, especially now that their government allocated a further ten million acres to forest. This is where INST/MAPA + Carlos Casacuberta come into play: at the centre of the scene, they created an avatar that embodies Uruguay’s 1987 Forest Law. The avatar moves about the Pavilion, looks in the mirror, and questions the possible scenarios that imagine the country as an equitable, inclusive workshop for the future of timber.

PADIGLIONE VENEZIA 27

Venetie MML. La Grande Veduta Il lavoro raccontato

COMMISSIONERS Venice Municipality, IUAV University, Fondaco Italia

CURATORS Benno Albrecht, Guido Morpurgo, Marco Marino (IUAV University); Roberto Beraldo, Valentina Fanti, Nicola Picco (Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori di Venezia); Alessandro Pedron

EXHIBITORS H-FARM et al.

COMMISSIONER/CURATOR Paola Claudia Posani

EXHIBITOR Carlos Raúl Villanueva

Considerata un capolavoro di integrazione tra arte e architettura, la Città Universitaria di Caracas, opera del maestro Carlos Raúl Villanueva, è stata dichiarata Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO nel 2000. Servendosi di diversi dispositivi museografici, l’esposizione restituisce le varie fasi dell’imponente processo di restauro che sta interessando l’intero complesso dal 2021, mentre immagini comparative, disegni originali e materiale fotografico mostrano come la ricostruzione della città universitaria possa ispirare le nuove generazioni di architetti a concepire l’idea di architettura come elemento di cambiamento e sviluppo sociale.

ENG Recognized as a masterpiece of integration between art and architecture, the University City of Caracas, designed by Carlos Raúl Villanueva, has been declared a UNESCO World Heritage Site in 2000. Using several museographic devices, the exhibit renders the several phases of the impressive restoration works that have been carried out since 2021, while comparative images, original drawings, and photographs show how the rebuilding of the University City may inspire new generations of architects to think of architecture as an element of social change and development.

IG: @venezuela_pavilionlabiennal

ll futuro di Venezia e i suoi cambiamenti raccontati, sia su scala urbana che su scala architettonica, attraverso oltre 80 interventi pubblici e privati avviati dal 2015, per comporre in mostra un unico progetto complessivo. Lo scopo è costruire l’immagine attuale e in divenire della città, una visione ampia in cui l’Università assume un ruolo strategico nella definizione di nuovi orizzonti e nuove traiettorie per la trasformazione urbana. Il Padiglione è diviso in tre parti: la prima, curata da H-FARM, immagina un futuro in cui tecnologia e trasformazione digitale siano messi a servizio dell’essere umano e della sua evoluzione; la seconda, quella centrale, documenta visivamente e scenograficamente le trasformazioni di Venezia, a partire da una riproposizione di Venezia MD, la veduta a volo d’uccello di Jacopo De Barbari del 1500. La terza parte, conclusiva, presenta le opere realizzate dai primi classificati del concorso per giovani artisti Artefici del Nostro Tempo

ENG The future of Venice – both at urban and architectural scale – explained in 80+ public and private works built since 2015 as part of a single overall project. The goal of the exhibition is to build the current and evolving image of Venice, a wide-open view that sees the University as a strategic player in the definition of new horizons and new possibilities for urban renewal. Three sections make up the exhibit at the Venice Pavilion: the first section has been curated by H-FARM and uses technology and digital innovation to imagine the future; the second one documents visually and scenically the evolution and transformation of Venice starting from a re-creation of the bird’s eye view Venezia MD by Jacopo De Barbari of 1500; the third part shows designs authored by the winners of young artists’ competition Artefici del Nostro Tempo

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Repubblica Bolivariana del VENEZUELA 26
Universidad Central de Venezuela, Patrimonio de la Humanidad en recuperación. Ciudad Universitaria de Caracas
National Participations GIARDINI NATIONAL PARTICIPATIONS

PADIGLIONE STIRLING

Demas Nwoko, Leone d’Oro alla Carriera

Il profilo architettonico di Demas Nwoko, Leone d’Oro alla Carriera de La Biennale Architettura 2023, si declina in una visione non convenzionale del costruire: una tradizione edile artigiana fusa in un’esperienza artistica e professionale intensa e molto ampia. Cinque edifici esistenti e tre in via di costruzione sono presentati al Padiglione Stirling come paradigma del suo lavoro, le sue architetture si connotano per l’accostamento dei materiali prima ancora che delle forme, mentre l’elemento principale e riconoscibile del suo pensiero progettuale è dato dal dinamismo e dalla vitalità dei suoi edifici che mutano nel tempo e secondo le necessità. Il primo e certamente il più rappresentativo è il New Culture Studios a Oremeji, Ibadan, Nigeria, che Nwoko ha iniziato a costruire nel 1967 e che non ha ancora ultimato. Un edificio contemporaneo che da atelier e galleria d’arte dello stesso Nwoko ha assunto, modificandosi a seconda delle esigenze, la funzione di centro di formazione per le arti dello spettacolo e del design, aprendo su un fianco un anfiteatro. Il secondo edificio è la Cappella del Dominican Institute a Ibadan, Nigeria, costruita tra il 1970 e il 1975 che raggruppa elementi architettonici tradizionali, quali il sistema di ventilazione, con altri riguardanti l’aspetto più intimo del culto stesso, nonché un ingegnoso sistema di illuminazione, il tutto realizzato esclusivamente con materiali disponibili in loco. Il terzo edificio è l’Oba Akenzua Centre for Arts and Culture a Benin City, Nigeria (1972-1995). Il quarto edificio è l’abitazione privata di Demas Nwoko a Idumuje-Ugboko, Nigeria, la sua città natale, realizzata nel 1976. Infine, il quinto edificio è un monastero a Ewo, una città nello stato di Edo nella Nigeria meridionale. Altri tre progetti sono in fase di attuazione, due dei quali sono molto recenti, per la precisione del 2020. Uno è il progetto per una cappella a Ewo e l’altro per la Galleria Nazionale ad Abuja. Il terzo, un progetto molto ambizioso, riguarda il New Cultural Design Centre a Lagos, inteso ad incentivare la collaborazione tra architetti, consorzi e consulenti per proporre delle soluzioni di design che spazino dall’ingegneria all’architettura. Nel Padiglione Stirling grandi fotografie immergono il visitatore portandolo idealmente all’interno dei diversi edifici per permettere di coglierne tutti i dettagli e i particolari costruttivi. Esposti anche alcuni disegni che Demas Nwoko ha realizzato negli anni ’60 e ’70 provenienti dai suoi archivi e alcuni suoi libri.

ENG The architectural profile of Demas Nwoko, the Golden Lion for Lifetime Achievement at the 2023 Architecture Biennale, is expressed through an unconventional vision of building that combines artisanal building traditions with an intense and broad artistic and professional experience. The exhibition covers five buildings, five key iconic buildings that chart different aspects of Baba Demas’ work. Two of these buildings are in Ibadan. One is the early work that you mentioned, the New Culture Studios, which started with an art gallery, art studio and then the residents. Later on, the Amphitheatre was dug up and then the theatre. The Centre is then built up over time based on needs. The second one is the Dominican Chapel, a very iconic chapel which was built between 1970 and 1975 for the Ibadan Dominican Institute of the friars from Chicago. This building has somehow served to bring aspects of traditional architecture, such as aspects of ventilation, aspects of the intimate way of worshipping and also bringing light very theatrically into the building, just using the materials that we have here locally. Then there is the Oba Akenzua Centre in Benin City. The fourth one is this house, where we are now, which is Demas Dwoko’s private villa in Idumuje-Ugboko, his birth town. And the fifth one is a monastery building in a place called Ewu, about an hour and a half from here, in Edo state. Some buildings of this project, started in the early 80’s, are already there: a reception building, a refectory which is now used as a prayer hall, but was built just for communal services. Additionally, Baba has introduced three ongoing projects which we also developed for the exhibition. Two of these projects are very recent, from 2020. Baba has designed a purpose-built chapel for Ewu and a National Gallery for Nigeria, in Abuja. And then finally, there is a new Cultural Design Centre for Lagos, which will encourage the architecture and consortiums and consultants all to work under one roof so that they can collaborate to find the solutions we need in design right now from engineering to architecture. So, it’s a building that would be interfaced by the citizens where you can provide different aspects of design under one roof. It’s a kind of a master plan project. So the exhibition works in different zones, it includes five completed and three ongoing buildings. The exhibition is designed mostly on photographical images: some huge photographical images invite you to see and to enjoy this space, to enjoy the materiality and the detail of the structure. There will also be some of Baba’s archival drawings from the 60s and 70s and two of his new books. A third book The Happy Little Prince will be on display as well in the Book Pavilion together with some design parameters for the Tropics.

PADIGLIONE ROLEX

EXHIBITORS Anne Lacaton, Anne Aprahamian

La nozione di trasmissione della conoscenza alle generazioni future, elemento fondamentale della 18. Mostra Internazionale di Architettura, è parte integrante dell’azione di promozione alla creatività di Rolex. La Casa ginevrina infatti promuove il futuro dell’architettura e la condivisione di nuove idee tra le generazioni attraverso l’iniziativa Rolex Mentor and Protégé, un programma che fornisce supporto a giovani talenti emergenti di varie discipline affiancandoli a grandi maestri per un lungo periodo di mentoring e collaborazione creativa. Fra gli architetti che hanno aderito all’iniziativa in qualità di Maestri ci sono Álvaro Siza, Kazuyo Sejima, Peter Zumthor, Sir David Chipperfield e Sir David Adjaye. Per l’edizione 2023-2024, la collaborazione Mentor and Protégé vede protagoniste l’architetta francese Anne Lacaton, Pritzker Prize 2021 e titolare insieme a Jean-Philippe Vassal dello studio di architettura internazionale Lacaton & Vassal con sede a Montreuil, Parigi, e la giovane architetta armeno-libanese Anne Aprahamian. Tutti i progetti di Lacaton da tempo sostengono il riuso adattativo e il design come strumenti di cambiamento sociale. I suoi progetti massimizzano il potenziale umano e ambientale della disciplina e fanno un uso sostenibile di ciò che già esiste. La pratica di Aprahamian è multiforme e anti-disciplinare: come ricercatrice indipendente si ispira alla fantascienza anticipando i problemi del futuro per arrivare a soluzioni per il presente. La sua visione dell’architettura è innovativa, accessibile e sostenibile, come dimostrano gli edifici e i progetti all’avanguardia che lei e il suo studio Müller Aprahamian hanno progettato a Beirut, Londra e Yerevan, in Armenia. Il Padiglione Rolex ospita i risultati di questa collaborazione creativa.

ENG The notion of passing on knowledge to future generations, a fundamental element of the 18th International Architecture Exhibition, is an integral part of Rolex’s action to promote creativity. The Geneva-based company promotes the future of architecture and the sharing of new ideas between generations through the Rolex Mentor and Protégé initiative. This program provides support to emerging young talents from various disciplines and pairs them with great masters for a long mentoring period and creative collaboration. Among the architects who signed up as mentors are Álvaro Siza, Kazuyo Sejima, Peter Zumthor, Sir David Chipperfield, and Sir David Adjaye. For the 2023-2024 edition, Mentor and Protégé will see the participation of French architect Anne Lacaton, the winner of the Pritzker Prize 2021 and co-owner, with Jean-Phililppe Vassal, of the Lacaton & Vassal studio in Montreuil, France, as well as the Armenian-Lebanese architect Anne Aprahamian. Lacaton’s projects view adaptive recycling and design as tools for social change. They aim to maximize the human and environmental potential of architecture by making existing structures sustainable. Aprahamian is a multiform, anti-disciplinary practitioner. As an independent researcher, she draws inspiration from science fiction to anticipate future issues and bring solutions to the present. Her architectural vision is innovative, accessible, and sustainable, as demonstrated in the avant-garde designs created by her and her studio, Müller Aprahamian, for projects in Beirut, London, and Yerevan. The Rolex Pavilion will showcase the results of these creative collaborations.

Spazio

www.rolex.org

33 GIARDINI | SPECIAL PROJECTS GUIDE 18. INTERNATIONAL ARCHITECTURE EXHIBITION

ARSENALE

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Gaggiandre Photo Andrea Avezzù - Courtesy La Biennale di Venezia
36 18.05—20.06.2023 GIUDECCA ISLAND, SALA DEL CAMINO C.S COSMO, 620 More info & full program at www.uadna.webflow.io

ALBANIA 28

Untimely Meditations or: How We Learn to Live in Synthesized Realities

COMMISSIONER Elva Margariti, Minister of Culture of the Republic of Albania

CURATOR heramarte (Era Merkuri, Martin Gjoleka)

EXHIBITORS heramarte (Martin Gjoleka, Era Merkuri) with Ani Marku and Geraldo Prendushi

Ispirandosi alla raccolta di saggi Considerazioni inattuali di Nietzsche, il Padiglione Albania si propone di scardinare preconcetti architettonici proprio come lo studioso tedesco aveva fatto con quelli filosofici. Nello specifico, il progetto affronta un’analisi sulle nuove realtà tracciate dalla commistione tra ambiente e tecnologia. Con quali modalità l’intelligenza artificiale agisce sulla distinzione tra fisico e virtuale in architettura? Quali sono le nuove tipologie di paesaggio urbano? Come interagiscono gli esseri umani con l’ambiente costruito? Questi alcuni degli argomenti sui quali il pubblico viene stimolato ad interrogarsi.

ENG Taking inspiration from Nietzsche’s collection of essays Untimely Meditations, the Albanian Pavilion aims at deconstructing architectural preconceptions just like the German philosopher once did with philosophical ones. Specifically, the project analyses new realities defined by the mixture of environment and technology. How does artificial intelligence act on the distinction between the physical and the virtual in architecture? What are the new types of urban landscape? How do human beings interact with architecture?

Artiglierie www.albanianpavilion2023.com

ARABIA SAUDITA 29

Irth ثرا

COMMISSIONER Architecture and Design Commission, Ministry of Culture

CURATORS Basma Bouzo, Noura Bouzo

EXHIBITORS Albara Osama Saimaldahar

“Irth” è la traslitterazione di una parola araba che può significare tanto eredità quanto possedimento prezioso. Il progetto saudita propone una riflessione sul concetto di “irth” inteso come ricchezza da tramandare alle generazioni future, chiamate a formulare ipotesi e ad esporre narrazioni libere da condizionamenti culturali. Attraverso l’osservazione di diversi materiali di costruzione disposti in un ambiente dal design essenziale, il visitatore può entrare in contatto con la storia di un’area geografica e di una popolazione che si è da sempre adattata al territorio, rispettandone profondamente esigenze e peculiarità.

ENG Irth is an Arabic word that may either mean ‘legacy’ or ‘treasured possession’.

The Saudi project reflects on the concept of irth in its meaning of patrimony to bequeath to future generations, who will push forward their hypotheses and narratives free of cultural conditioning. By observing different construction materials in a minimalistic environment, visitors will get in touch with the story of a geographical area and a population that always resorted to adapt to territory, respecting its needs and peculiarities.

Sale d’Armi

ARGENTINA 30

The Future of Water

COMMISSIONER Paula

CURATOR

In un’atmosfera lievemente onirica ci si immerge in un fluido che allaga la parte inferiore del Padiglione, tra tavoli luminosi galleggianti e una luce diffusa a bagnare metaforicamente gli spazi. L’acqua racconta l’acqua attraverso se stessa, a sottolineare come l’habitat umano e l’elemento per eccellenza essenziale alla vita si siano da sempre definiti a vicenda. Non si entra in un percorso programmato; sono vari i modi per muoversi, avanzare, tornare sui propri passi e uscire, infine, dal Padiglione per ritrovarsi di nuovo ‘dentro’ Venezia, città d’acqua per definizione.

ENG In an almost dreamlike atmosphere, the Argentinian Pavilion immerses us in a fluid that floods the lower surface of the building, with lit-up floating tables and a diffused light metaphorically washing the area. Water talks about water, highlighting how human habitats and the element that is essential to life have always defined each other. There is no pre-set itinerary, but several ways to move about, step forward, step back, and, eventually, exit the Pavilion back into Venice – the city of water par excellence.

Sale d’Armi

Regno del BAHRAIN 31

Sweating Assets

COMMISSIONER Shaikh Khalifa bin Ahmad Al Khalifa, Bahrain Authority for Culture & Antiquities

CURATORS Maryam Aljomairi, Latifa Alkhayat

EXHIBITORS Maryam Aljomairi and Latifa

Alkhayat, Waleed Alzubari, Hajar Budhahi, Sara Ali, Nada Almulla, Alanood Alkhayat, Hussain Almosawi, Saleh Jamsheer

Alternando inverni aridi a estati umide e afose, il Regno del Bahrain è caratterizzato da uno tra i climi più caldi al mondo. L’importanza strategica dei sistemi di raffreddamento risponde alla crescente richiesta di comfort da parte degli abitanti, offrendo al contempo la preziosa possibilità di disporre di grandi quantità d’acqua derivanti dalla condensa prodotta dagli impianti di condizionamento. Il Padiglione mette in scena una coreografia che vede i processi atmosferici (temperatura, umidità, condensazione) tracciare

nuovi scenari per un’ecologia contemporanea, in cui un prodotto dell’insediamento umano fornisce l’approvvigionamento idrico ai terreni aridi da destinare all’agricoltura.

ENG Bahrain alternates dry winters and humid and sultry summers – indeed, it is one of the warmest countries in the world. The strategic importance of cooling systems is the answer to the population’s growing demand for comfort, with the side effect of water coming from air conditioners’ condensation. The Pavilion stages a choreography for the three factors (temperature, humidity, condensation) to picture scenarios for modern ecology, where a product of human settlement supplies water to dry farmland.

Artiglierie

www.sweatingassets.bh

REPUBBLICA CECA 32

The Office for a Non-Precarious Future

COMMISSIONER Helena Huber-Doudová

EXHIBITORS Eliška Pomyjová, David Neuhäusl, Jan Netušil

Con il Padiglione in fase di ristrutturazione (ai Giardini rimane solo un’installazione esterna), l’esposizione si delinea nella inedita sede dell’Arsenale come un work in progress che riflette sulla precarietà lavorativa dei giovani architetti cechi, allargando poi il dibattito su scala internazionale. Il percorso è diviso in due parti: nella Fabbrica diverse postazioni mostrano a video dati relativi al precariato; nel Laboratorio vengono offerti strumenti concreti per ipotizzare un futuro professionalmente meno incerto. Scrivanie, supporti e schermi interattivi offrono informazioni e possibili soluzioni nell’ambito delle buone pratiche in architettura e possono essere utilizzati anche per la formulazione di idee da parte dei visitatori.

ENG The Czech Pavilion being under restoration (with an external installation placed at Giardini), the exhibition finds a new home at the Arsenale with a work-in-progress that reflects on the professional instability of young Czech architects, and that of architects around the world. The itinerary is divided into two parts: in the Factory, several stations show videos on job insecurity; in the Laboratory, tools are provided to imagine a new and less uncertain future. Desks, supports, and interactive media show information and possible solutions on architectural best practices, and may be used by visitors to propose new ideas.

Artiglierie

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ARSENALE National Participations ARSENALE GUIDE 18. INTERNATIONAL ARCHITECTURE EXHIBITION

CILE 33

Moving Ecologies

COMMISSIONER Cristobal Molina Baeza (Ministry of Cultures, Arts and Heritage of Chile)

CURATORS Gonzalo Carrasco, Beals Lyon Arquitectos

Partendo dall’inventario delle specie endemiche e autoctone custodito nella banca dei semi nella città di Vicuña, il progetto cileno propone di guardare al futuro in un’ottica di ‘riparazione ecologica’ dei danni inferti alla natura dall’uomo. L’impianto espositivo è costituito da 250 sfere piene di semi – per lo più con capacità di germinazione bassa o nulla – che raccontano storie di speranza e di cura. Questi semi vengono ora utilizzati dagli architetti cileni per affrontare le principali sfide architettoniche e urbane del futuro. In particolare si stanno utilizzando specie che colonizzano suoli altamente degradati o che ripristinano ecosistemi danneggiati da disastri naturali e paesaggi devastati da incendi antropogenici.

ENG The Chilean project worked on the endemic species stored in the seed vault in Vicuña to look at the future from the point of view of ‘ecological remedy’ of the damage man did to nature. The exhibition is presented through a collection of 250 seed-full spheres, mostly with low or no germination capacity –that tell stories of hope and care. These seeds will be used by Chilean architects to face the main urban challenges of the future. In particular, they are using species that can colonize highly degraded damaged soils and restore ecosystems that have been damaged by natural disasters as well as landscapes devastated by anthropogenic fires.

Artiglierie www.movingecologies.com

CINA

Repubblica Popolare Cinese 34

Renewal: A Symbiotic

Narrative

COMMISSIONER China Arts and Entertainment Group Ltd

CURATOR Ruan Xing

EXHIBITORS Bo Hongtao, Cai Chunyan / Liu

Tao, Du Chunlan, Fan Beilei / Kong Rui / Xue

Zhe, Guo Yuchen /Yang Siqi / Zhan Beidi / Jiang Boyuan / Wang Jingwen / Yang Shuo, He Jianxiang / Jiang Ying, He Mengjia, Huang Huaqing, Huang Yinwu, Kong Yuhang / Yang Wei, Li Danfeng / Zhou Jianjia, Li Xinggang, Liu Doreen Heng, Liu Kenan / Zhang Xu, Liu Moyan / Su Peng / Ju Anqi / Ying Shijiao / Li Yuanyuan / Song Jiawei, Liu Yuyang, Long Ying, Luo Jing / Yu Borou, Meng Fanhao, Qian Shiyun, Ruan Xing / Zhang Yang, Shui Yanfei, Song Yehao, Sun Haode / Student Team SJTU, Tong Ming / Ren Guang / Guo Hongqu, Wang Dan / Li

Zhibo, Wang Qiu’an, Wang Xin / Sun Yu, Wang Yan, Wang Zhuo’er, Wu Hongde / Du Qian / Rao Fujie / Wang Hao, Xu Xunjun / Zhang Xudong / Pang Lei, Yang Yongliang, Zhang Bin, Zhang Jiajing, Zhang Li / Zhao Peng / Ye Yang, Zhang Ming / Zhang Zi / Qin Shu / Su Ting, Zhang Tong / Aldo Aymonino, Zheng Xiaodi,Zhou Wei,Zhuang Shen/Ren Hao/Tang Yu/Zhu Jie,Zhuang

Ziyu,Shanghai Design Week, Atelier Deshaus, Arcplus Group-ECADI (East China Architectural Design & Research Institute Co./Ltd.), Arcplus Group-Institute of Shanghai Architectural Design & Research (Co./Ltd.), CBC Building Centre, Chongqing Architectural Design Institute of Chongqing Design Group

Che cosa significa “rinnovamento” nel contesto culturale cinese? È uno stato d’animo. Il cambiamento è una condizione costante; la stessa tradizione culturale cinese determina questa disposizione verso la continuità sostenendo il “mutamento all’interno dell’immutato”. Attraverso il prisma del cambiamento avvenuto nel mondo costruito negli ultimi 40 anni il Padiglione racconta il singolare rinnovamento simbiotico della Cina tra vita, architettura, città e natura. Percorrendo gli spazi cosiddetti di “visione”, “scoperta” e “contemplazione” i visitatori possono cercare risposte ai problemi del nostro tempo e immaginare il futuro. Il rinnovamento è un enigma architettonico.

ENG What does ‘renewal’ mean in the Chinese cultural context? It is a state of mind. Change is constant, and Chinese cultural tradition itself determines its continuousness in the doctrine of ‘change within the unchanged’. Under the point of view of what has changed in architecture over the last forty years, the Pavilion shows the peculiar symbiotic renewal of China of life, architecture, city, and nature. Through the ‘viewing’, ‘unfolding’, and ‘contemplating’ of the Pavilion, visitors may use to find answers to modern problems and to imagine the future. Renewal is an architectural enigma. Magazzino

CROAZIA 35

Same as It ever Was

COMMISSIONER Ministry of Culture and Media of the Republic of Croatia

CURATORS Mia Roth, Tonči Čerina

EXHIBITORS Mia Roth, Tonči Čerina, Luka Fatović, Vedran Kasap, Ozana Ursić, Niko Mihaljević, Ivica Mitrović

Il paesaggio paludoso del fiume Lonja, una delle aree umide più vaste d’Europa, assurge a simbolo delle dinamiche di coesistenza tra territorio e popolazione. In questo contesto l’architettura può rappresentare uno strumento di dialogo tra Uomo e Natura intesi come termini di un’equazione che, coinvolgendo professionisti, insegnanti e studenti, parla un linguaggio votato alla resilienza. Il progetto croato, che si sviluppa anche attorno ad una serie di conferenze e

di laboratori, suggerisce la necessità di azioni future nella formazione di architetti e designer, riconoscendo l’origine multidisciplinare e trasversale delle competenze impegnate nella cura dell’ambiente.

ENG The humid landscape around the Lonja River, one of the largest humid areas in Europe, becomes the symbol of the dynamics of coexistence between population and territory. In this context, architecture may represent a tool of dialogue between Man and Nature – terms of an equation that involves professionals, teachers, and students who speak the language of resilience. The Croatian project develops around a series of conferences and workshops, and shows the need for future action in the education of architects and designers, recognizing the multi-disciplinary, transversal origin of professions that are active in the care of the environment.

Artiglierie

EMIRATI ARABI UNITI 36

Aridly Abundant

COMMISSIONER Salama bint Hamdan Al Nahyan Foundation

CURATOR Faysal Tabbarah

All’interno del Padiglione emiratino è possibile percepire le qualità spaziali, materiali e sensoriali di un ambiente arido, qui ricreato per richiamare sia il paesaggio tipico degli Emirati sia la preoccupante e probabile condizione futura del nostro intero Pianeta. La provocazione qui consiste nella possibilità di associare gli ambienti aridi ad un’idea di abbondanza, anziché di scarsità, esplorando le potenzialità architettoniche all’interno di paesaggi aridi nell’altopiano desertico degli Emirati Arabi Uniti o mettendo a disposizione, a livello globale, pratiche già in atto di riconversione del suolo.

ENG At the Emirati Pavilion, visitors will be able to perceive the spatial, material, and sensorial qualities of a dry environment, recreated to evoke both the typical landscape of the UAE and a worrying, probable future of the entire planet. The underlying provocation is about trying to associate dry environments to the idea of abundance, rather than scarcity, by explorating the potential of architecture within arid landscapes in the Emirati desert highlands and by sharing already existing practices of soil conversion at a global level.

Sale d’Armi

38
NATIONAL PARTICIPATIONS National Participations ARSENALE

FILIPPINE 37

Tripa de Gallina: Guts of Estuary

COMMISSIONER Victorino Mapa Manalo, Chairman National Commission for Culture and the Arts (NCCA)

CURATORS Sam Domingo e Ar. Choie Y. Funk

EXHIBITORS The Architecture CollectiveTAC (Bien M. Alvarez, Matthew S. Gan, Ar. Lyle D. La Madrid, e Arnold A. Rañada)

Le Filippine scelgono una metafora orografica per spiegare i problemi che da tempo affliggono le comunità residenti in prossimità dell’Estero de Tripa de Gallina, il torrente più lungo della regione di Metro Manila. Il sovrappopolamento, unito all’assenza di un piano di interventi strutturali sull’estuario, ha completamente trasformato la geografia originaria dell’area, riducendola ad una vasta massa di fango maleodorante che impedisce al torrente di confluire naturalmente nel fiume Pasig e nella Baia di Manila. L’installazione consiste in una struttura in bambù a forma di boa che funge da segnale per un’azione collaborativa in nome della resilienza.

ENG The Philippines choose orography to explain the issues that have long affected communities in the Estero de Tripa de Gallina, the longest stream in the Metro Manila region. Overpopulation, combined with the lack of structural interventions on the estuary, has completely transformed the area, which has turned into a muddy, smelly expanse that prevents the stream to empty into the Pasig River and later in the Manila Bay. The installation is a buoy-shaped bamboo construct that acts as a beacon to call to collaborative action under the guide of resilience.

Artiglierie

Granducato di LUSSEMBURGO 38

Down to Earth

COMMISSIONER Kultur | lx - Arts Council

Luxembourg and Luca — Luxembourg Center for Architecture, on behalf of Ministry of Culture

CURATORS Francelle Cane, Marija Marić

EXHIBITORS Francelle Cane, Marija Marić, in collaboration with Armin Linke and Lev Bratishenko

Trasformato in un laboratorio lunare, il Padiglione mette in scena operazioni di estrazione mineraria spaziale, svelando i retroscena di una “corsa all’oro” contemporanea infarcita di false promesse circa la possibilità di disporre di risorse illimitate oltre i confini della Terra. Il tema viene ulteriormente approfondito dalla proiezione di un film realizzato dal fotografo e filmmaker Armin Linke, in collaborazione con un gruppo di lavoro internazionale che effettua ricerche nel campo delle attività estrattiviste extra-terrestri, e dal volume Staging the Moon, che contiene contributi

dei curatori e una selezione di fotografie dello stesso Linke e di Ronni Campana.

ENG The Luxembourg Pavilion has been turned into a lunar workshop to stage spatial mining operations and imagining the backstage of a modern ‘gold rush’ with all the false promises of any unlimited off-Earth resources. The theme is further studied in a movie made by filmmaker Armin Linke in cooperation with an international team working on extra-terrestrial mining research, and a book, Staging the Moon, with contributions from the curators and photographs by Linke and Ronni Campana.

Sale d’Armi

www.venicebiennale.kulturlx.lue

IRLANDA 39

In Search of Hy-Brasil

COMMISSIONER Culture Ireland

CURATORS Peter Cody, Peter Carroll, Elizabeth Hatz, Mary Laheen and Joseph Mackey

EXHIBITORS Hy-Brasil

Hy-Brasil è un’isola leggendaria dell’Atlantico che incarna la possibilità di immaginare in veste nuova l’Irlanda e i suoi territori oceanici. Disegni, modelli, proiezioni, mappature e racconti restituiscono i risultati di un’indagine svolta in alcune remote isole irlandesi tracciando connessioni tra il tessuto sociale, il paesaggio culturale e il delicato equilibrio ecologico di tali territori. Con un passaggio continuo tra la sfera globale e quella locale, tra la dimensione territoriale e quella intima, il Padiglione offre un’esperienza immersiva in cui la luce naturale è utilizzata come fonte principale di illuminazione, al fine di riprodurre le condizioni naturali delle isole sensibilizzando i visitatori su temi quali energie rinnovabili, produzione alimentare etica e biodiversità.

ENG Hy-Brasil is a legendary island in the Atlantic that embodies the idea of a new face of Ireland and its Atlantic territories. Drawings, models, screenings, maps, and stories visualize an investigation carried out in remote Irish islands to trace connections between the social fabric, the cultural landscapes, and the delicate ecological balance in those territories. Switching between the global and the local, the territorial and the intimate, the Pavilion offers an immersive experience where light is mostly natural to reproduce the real-life conditions of the islands and make visitors more aware on such topics as renewable energy sources, ethical farming, and biodiversity.

Artiglierie

Repubblica del KOSOVO 40 rks² transcendent locality

COMMISSIONER Dafina Morina

EXHIBITORS Poliksen Qorri-Dragaj, Hamdi Qorri

La “località trascendente” del titolo è il luogo fisico ed emotivo in cui si trova l’individuo migrato, in perpetua sospensione tra la patria d’origine e la terra ospitante, in uno stato intermedio tra il presente fisico e il passato abbandonato. Il Padiglione prende in esame l’ondata migratoria che si è riversata in Kosovo in seguito alla disgregazione dell’ex Jugoslavia per analizzarne l’impatto sullo sviluppo successivo del Paese. Prendendo atto dell’influenza che le reti sociali migratorie esercitano sullo spazio urbano delle terre ospitanti, il progetto si interroga su quali siano le modalità più adeguate da adottare in tali contesti in termini di pianificazione architettonica, al fine di creare contesti urbani più vivibili e favorire la resilienza civile.

ENG The transcendent locality in question is the physical and emotional territory migrants live in, perpetually suspended between their homeland and their new residence – a status midway between the physical present and the abandoned past. The Pavilion examines the migratory wave that poured into Kosovo following the disintegration of former Yugoslavia to analyse its impact on Kosovo’s development. By studying the influence of migration social networks on the urban areas of the host country, the project questions what are the most appropriate practices to adopt in such context in terms of architectural planning, in order to create more liveable urban contexts and promote civil resilience.

Artiglierie www.pavilionofkosovo.com

LETTONIA 41

T/C Latvija (TCL)

COMMISSIONER Jānis Dripe (Ministry of Culture of the Republic of Latvia)

CURATOR Ernests Cerbulis, Uldis JaunzemsPētersons

EXHIBITORS Ints Meņģelis, Toms Kampars

La Lettonia celebra la sua decima partecipazione alla Biennale Architettura con l’inaugurazione di un “supermercato delle idee”, uno spazio democratico dove prodotti di varie origini si incontrano sugli stessi scaffali. I nomi, gli ingredienti e i dati di provenienza che distinguono ciascuno degli oltre 500 prodotti sono stati ricavati con l’ausilio dell’AI attingendo ai contenuti di precedenti Biennali Architettura al fine di mettere in risalto le connessioni tra le diverse edizioni e le partecipazioni nazionali. Spazio immersivo in cui tutte le istanze convergono e trovano posto, T/C Latvija (TCL) si pone come un innovativo laboratorio del futuro in cui è possibile partecipare, interagire e prendere posizione sul domani dell’architettura.

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GUIDE 18. INTERNATIONAL ARCHITECTURE EXHIBITION ARSENALE
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ENG Latvia celebrates its tenth Architecture Biennale participation with a ‘supermarket of ideas’, a democratic space where products of different origins meet on the shelves. Names, ingredients, and source data featured in the 500+ items have been created using AI fed with content from the previous editions of the Biennale to highlight the connections between the several past editions and the national participations. T/C Latvija (TCL) is an immersive space where all instances converge and find a place, a Laboratory of the Future where visitors can participate, interact, and take a stand on the future of architecture.

Artiglierie

www.latvianpavilion.lv

MESSICO 42

Utopian Infrastructure: The Campesino Basketball Court

CURATORS/EXHIBITORS APRDELESP y Mariana

Al di là della sua originaria funzione sportiva e ricreativa, nelle zone rurali del Messico il “campo da basket contadino” è in realtà uno spazio di aggregazione attorno cui gravita l’intera vita sociale, culturale e politica delle comunità. Partendo da tale assunto il Padiglione ricrea un frammento in scala 1:1 di un campo di pallacanestro rifunzionalizzato come luogo privilegiato di attuazione di processi di decolonizzazione nelle comunità indigene in Messico. Lo spazio immersivo del Padiglione accoglie il visitatore con installazioni, video, materiale fotografico e documentario, trasmissioni radio da Venezia e da Città del Messico e un cineclub diffuso in varie sedi nel mondo a cadenza settimanale.

ENG In rural Mexico, the campesino is more than a place to play – it is a space for social, cultural, political aggregation for the population at large. Based on this assumption, the Pavilion recreates a natural-scale fragment of a repurposed basketball court as a privileged place for the enactment of decolonization practices in indigenous Mexican communities. The Pavilion’s immersive space welcomes visitors with installations, video, photographs, documentaries, radio programmes from Venice and Mexico City, and a film club meeting weekly in several cities around the world.

Sale d’Armi infraestructurautopica.com

PERÙ 43

Walkers in Amazonia. The Calendar Project

COMMISSIONER José Orrego

CURATORS Alexia León, Lucho Marcial EXHIBITORS Waman Wasi et al.

Attraverso il Calendar Project, che fornisce una panoramica delle trasformazioni dell’Amazzonia nei millenni, Waman Wasi conserva e rinnova la conoscenza della diversità e delle varietà delle foreste pluviali tropicali. Negli spazi dell’installazione audiovisiva i visitatori entrano in contatto con gli indigeni nomadi dell’Amazzonia. Esplorare una realtà abitata da persone con una propria storia culturale ci aiuta a cambiare il nostro modo di vedere, capire e comunicare il futuro.

ENG Through the Calendar Project, which provides an overview of the transformations of the Amazon over millennia, Waman Wasi preserves and renews knowledge of the diversity and variety of tropical rainforests. In the spaces of the audio-visual installation, visitors come into contact with the nomadic indigenous people of the Amazon, exploring a reality inhabited by people with their own cultural history that helps us change our way of seeing, understanding, and communicating the future. Sale d’Armi

SINGAPORE 44 WHEN IS ENOUGH, ENOUGH? The Performance of Measurement

COMMISSIONERS Yap Lay Bee, Group Director (Architecture & Urban Design), Urban Redevelopment Authority; Dawn Lim, Executive Director, DesignSingapore Council CURATORS Melvin Tan, Adrian Lai, Wong Ker How

EXHIBITORS Isabella Ong, Lip Chiong, Mun Summ Wong, Richard Hassell, Ong KerShing, Joshua Adam Comaroff, Thomas Schroepfer, Srilalitha Gopalakrishnan, Hwang Yun-Hye, Anuj Jain, Emi Kiyota, Bjorn Low

È possibile misurare qualità astratte del luogo in cui si vive quali l’attaccamento, l’attrazione, la connessione, l’inclusione, la libertà? Per mezzo di un sistema di macchine analogiche che tracciano in tempo reale dati su rotoli calligrafici alti cinque metri, il visitatore è invitato a rispondere a sei quesiti che mettono in luce gli elementi intangibili di un contesto urbano e inducono a riflettere sulle qualità in grado di trasformare una città definita semplicemente “a misura d’uomo” in una città vitale ed empatica. La visualizzazione sia dei consensi che delle contraddizioni facilita la messa a fuoco di un punto di equilibrio dell’ambiente urbano desiderato.

ENG Can we measure the abstract qualities of the place we live in, such as attachment,

attraction, connection, inclusiveness, freedom? With the help of analogue values measurement machines that track data in real time and record it on five-metre-tall paper roll, visitors will be invited to answer six questions that highlight the intangible elements of urban context and make them reflect on whatever qualities can turn a city that is merely defined as ‘liveable’ into a city that is also vital and empathetic. The visualization of consensus and contradictions helps focus on a balance point for the urban environment we wish for.

Sale d’Armi

Repubblica di SLOVENIA 45

+/- 1 °C: In Search of WellTempered Architecture

COMMISSIONER Maja Vardjan, Museum of Architecture and Design

CURATORS Jure Grohar, Eva Gusel, Maša Mertelj, Anja Vidic, Matic Vrabič

EXHIBITORS Anna Bach, Eugeni Bach (A&EB architects); Sophie Dars (Accattone); Marcello Galiotto, Alessandra Rampazzo (AMAA); Urban Petranovič, Davor Počivašek (Arhitekti Počivašek Petranovič); Niklas Fanelsa (Atelier Fanelsa); Alicja Bielawska, Simone De Iacobis, Aleksandra Kędziorek, Małgorzata Kuciewicz; Laura Bonell, Daniel LópezDòriga (Bonell+Dòriga); Radim Louda, Paul Mouchet (CENTRAL offau); Maxime Delvaux; Velika Ivkovska; KOSMOS; Aidas Krutejavas (KSFA Krutejavas Studio For Architecture); Laura Linsi, Roland Reemaa (LLRRLLRR); Benjamin Lafore, Sébastien Martinez-Barat (MBL architectes); Ana Victoria Munteanu, Daniel Tudor Munteanu; Daniel Norell, Einar Rodhe (Norell Rodhe); Søren Pihlmann (Pihlmann architects); Ambra Fabi, Giovanni Piovene (Piovenefabi); Matteo Ghidoni (Salottobuono); Gordon Selbach; Pablo Canga, Anna Herreros (SOLAR); Elena Schütz, Julian Schubert and Leonard Streich (Something Fantastic); Jakob Sellaoui (Studio Jakob Sellaoui); Hana Mohar, Frane Stančić (Studio Ploca); Susanne Brorson (Studio Susanne Brorson); Benjamin Gallegos Gabilondo, Marco Provinciali (Supervoid); Ana Kreč (Svet vmes); Janja Šušnjar; Mireia Luzárraga, Alejandro Muiño (TAKK); Léone Drapeaud, Manuel León Fanjul, Johnny Leya (Traumnovelle); Gaetan Brunet, Chloé Valadié (UR)

Il progetto sloveno propone un nuovo punto di vista sull’efficienza energetica in architettura, questione troppo spesso affidata alla sola tecnologia e nascosta ‘dietro le pareti’. L’efficienza energetica viene letta ancora come una componente separata e indipendente dalla progettazione complessiva di un edificio e, di conseguenza, l’ecologia in architettura viene percepita come una regola restrittiva imposta da rigide condizioni tecniche e legislative, quindi, in qualche

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ARSENALE National Participations ARSENALE GUIDE 18. INTERNATIONAL ARCHITECTURE EXHIBITION
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ENG The project unfolds through three zones. Zone I, The Past is the Laboratory of the Future, traces historical links to the architectural representation of social structures as documented in pre-colonial southern-African societies. Zone II, The Council of (non-human) Beings, contains contemporary drawings on the topic of animism in architectural practice. Zone III, Political Animals, presents the organizational and curricular structures of South African architecture schools as architectural objects.

Sale d’Armi www.sapavilion.co.za

TURCHIA 47

Ghost Stories: The Carrier Bag Theory of Architecture

COMMISSIONER Istanbul Foundation for Culture and Arts (İKSV)

CURATORS Sevince Bayrak, Oral Göktaş Nel progetto turco ritroviamo uno spunto che Cecilia Alemani aveva proposto per il suo Latte dei Sogni. Il titolo, infatti, richiama il libro The Carrier Bag Theory of Fiction di Ursula K. Le Guin, opera nella quale l’autrice riscriveva la storia dell’umanità immaginandone un diverso presupposto iniziale. Allo stesso modo Ghost Stories invita a liberare la mente da posizioni preconcette per mettersi all’ascolto delle storie che gli edifici abbandonati raccontano. Come possono tali edifici, frutto di un’espansione urbanistica accelerata, essere riconvertiti anziché demoliti o lasciati al loro destino?

ENG In the Turkish project, we find again an idea that Cecilia Alemani had proposed for her Milk of Dreams. The title is a reference to an essay by Ursula K. Le Guin, The Carrier Bag Theory of Fiction, where the author rewrote the history of humankind imagining different initial conditions. In the same way, Ghost Stories invites us to free our mind from any preconceived notions and to listen to the stories that abandoned buildings tell us. How can these buildings, the result of accelerated urban expansion, be converted, instead of demolished or left behind?

Sale d’Armi turkiyepavilion23.iksv.org

UCRAINA 48

Before the Future

COMMISSIONER Mariana Oleskiv, State Agency for Tourism Development of Ukraine

CURATORS Iryna Miroshnykova, Oleksii Petrov, Borys Filonenko

EXHIBITORS architects, artists, writers, cultural operators, et al.

Il ruolo fondamentale svolto dalla narrazione nel delineare i confini di uno spazio protetto è al centro del progetto ucraino. Ovunque ci sia una storia da raccontare, occorre che ci sia sempre qualcosa o qualcuno che permette a quella

voce di essere ascoltata in modo relativamente sicuro. Persino in situazioni di coesistenza con la costante distruzione di passato e presente possiamo riunirci sotto un tetto o dietro un bastione per discutere le questioni più urgenti, fra cui i limiti ma anche le possibilità per gli architetti di immaginare il futuro.

ENG The fundamental role played by Narration in defining the boundaries of a protected space is at the center of the Ukrainian project. Wherever there is a story to be told, there must always be something or someone who allows that voice to be heard relatively safely. Even in a situation of coexistence with the constant destruction of our past and our present we can gather under a roof or behind a bastion to discuss the most urgent issues, including the limits but also the possibilities for architects to imagine the future.

Sale d’Armi

Repubblica dell’ UZBEKISTAN 49

Unbuild Togheter

COMMISSIONER Art and Culture Development Foundation

CURATORS Studio Ko

EXHIBITORS Abdulvokhid Bukhoriy, El Mehdi Azzam, Miza Mucciarelli, Emine Gözde Sevim

Il mattone viene rappresentato dall’Uzbekistan come elemento cardine dell’architettura autoctona, anche traendo spunto dal suo utilizzo testimoniato nelle rovine delle Qalas, antiche fortezze della regione del Karakalpakstan. L’indagine all’interno del Padiglione si svolge dunque sulla materialità del mattone – la terra, l’argilla – per poi arrivare ad una reinterpretazione più generale delle modalità di realizzazione di questo componente architettonico elementare e, più in generale, delle relative tecniche costruttive e delle tipologie delle sue finiture. In esposizione alcuni pezzi smaltati dall’artista e maestro ceramista uzbeko Abdulvahid Bukhoriy, uno dei pochi artigiani ancora in grado di praticare e insegnare la tecnica di lavorazione “Blue Bukhara” applicata alla ceramica.

ENG In the Uzbek project, the brick is shown as the fundamental element of local architecture, taking inspiration in its usage as seen in the ruins of the qalas, ancient fortresses in the Karakalpakstan region. This study focuses on the materiality of bricks – earth, clay –to reinterpret more generally the several ways this elemental architectural component comes to be, as well as the building techniques and finishes it is used in. On exhibition, some pieces enamelled by Uzbek ceramic artist Abdulvahid Bukhoriy, one of the few remaining craftsmen who excels in the blue Bukhara technique.

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ARSENALE GUIDE 18. INTERNATIONAL ARCHITECTURE EXHIBITION

PADIGLIONE ITALIA 50

SPAZIALE: Ognuno appartiene a tutti gli altri

COMMISSIONER Onofrio Cutaia, Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura

CURATOR Fosbury Architecture (F.A.)

Il progetto si fonda sulla visione dell’architettura come pratica di ricerca multidisciplinare al di là dei manufatti e della progettazione come risultato di un lavoro collettivo e collaborativo, che supera l’idea dell’architettoautore. In questa visione, lo spazio è inteso come luogo fisico e simbolico, area geografica e dimensione astratta, sistema di riferimenti conosciuti e territorio di possibilità. Fosbury Architecture ha individuato e invitato a collaborare nove pratiche spaziali – architetti e gruppi italiani under 40 rappresentativi di ricerche originali attivi in Italia e all’estero –, chiamate a sviluppare altrettanti progetti pionieri per il Padiglione. Le nove stazioni sono siti rappresentativi di condizioni di fragilità o trasformazione del nostro Paese, nelle quali ciascun gruppo transdisciplinare è stato chiamato a intervenire, collaborando con una serie di incubatori – attori locali come musei, associazioni, festival culturali – con l’obiettivo di radicare ciascun progetto nel territorio di riferimento. In questo modo le nove stazioni vanno a configurare le tappe di un’inedita geografia, diventando mete simboliche di un rinnovato Viaggio in Italia

ENG The project is based on the vision that architecture is a research practice beyond the construction of buildings and that design is always the result of collective and collaborative work that goes beyond the idea of the architect-author. According to this vision, space is understood as a physical and symbolic place, a geographical area and abstract dimension, a system of known references and a territory of possibilities. Fosbury Architecture identified and invited nine spatial practices to collaborate, designers –Italian architects or groups, aged under 40, representative of original research, active in Italy and abroad – called upon to develop nine pioneering projects for the Pavilion. Nine stations were then pinpointed, sites that are representative of situations of fragility or in transformation in our country, where each transdisciplinary group was called upon to intervene. Each design group has collaborated with a series of incubators – local actors such as museums, associations, and cultural festivals – with the aim of rooting each project in its territory of reference. In this way, the nine projects shape the stages of a new geography, becoming symbolic destinations of a renewed Italian Journey

Tese delle Vergini

www.fosburyarchitecture.com

IG: @fosburyarchitecture

APPLIED ARTS PAVILION SPECIAL PROJECT

Tropical Modernism: Architecture and Power in West Africa

Per il settimo anno consecutivo il V&A è presente alla Biennale con un progetto speciale che quest’anno si concentra sul Modernismo tropicale: Architettura e Potere in Africa occidentale Attraverso l’analisi del lavoro del Dipartimento di Architettura Tropicale e di vari casi studio, la mostra presenta un’installazione cinematografica multicanale al fine di riflettere criticamente sulla storia imperiale del Modernismo tropicale, un distintivo stile architettonico inizialmente sviluppato e impiegato come strumento per sostenere il dominio coloniale, e in seguito adattato dagli architetti dell’Africa occidentale per promuovere l’entusiasmo e le rinnovate possibilità all’indomani dell’indipendenza del Ghana - il primo paese dell’Africa sub-sahariana ad affrancarsi dal dominio coloniale nel 1957. La mostra è curata da Christopher Turner (V&A) insieme a Nana Biamah-Ofosu e Bushra Mohamed (AA), realizzata in collaborazione con l’Architectural Association (AA) di Londra e la Kwame Nkrumah University of Science and Technology (KNUST) di Kumasi.

ENG For the seventh consecutive year, the V&A is present at the Biennale with a special project. The Installation at Applied Arts pavilion critically reflects on the imperial history of Tropical Modernism through an analysis of the work of the Department of Tropical Architecture and a dozen key projects. It explores the ways in which this distinctive architectural style was initially developed and employed as a tool to support colonial rule before being adapted by West African architects to promote the excitement and possibilities of the period that followed Ghana becoming the first sub-Saharan African country to gain independence in 1957. The exhibition is organised in collaboration with the Architectural Association (AA), London, and Kwame Nkrumah University of Science and Technology (KNUST), Kumasi, and is curated by Dr Christopher Turner (V&A) with Nana Biamah-Ofosu and Bushra Mohamed (AA).

Sale d’Armi www.vam.ac.uk

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NATIONAL PARTICIPATIONS
National Participations ARSENALE
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AROUND TOWN

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Magazzini del Sale
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BULGARIA 51

Education Is the Movement from Darkness to Light

COMMISSIONER Alexander Staynov

CURATOR Boris Tikvarski

EXHIBITORS Boris Tikvarski, Alexander Dumarey, Bojidara Valkova, Mariya Gyaurova, Mike Fritsch and Kostadin Kokalanov

Articolata in tre differenti aree (ingresso, aula, area dibattito), la mostra si concentra sul tema del rapido declino demografico attraversato dalla Bulgaria negli ultimi tre decenni, focalizzandosi precisamente sull’abbandono degli edifici scolastici dovuto alla flessione dell’indice delle nascite. Attraverso le immagini del fotografo belga Alexander Dumarey, raffiguranti mobili e attrezzi abbandonati negli edifici, la riflessione sul fenomeno dello spopolamento del Paese pone interrogativi su scala globale, delineando a riguardo scenari futuri sempre più concretamente allarmanti.

ENG Organized in three sections (entrance, hall, debate room), the exhibition focuses on the issue of the rapid demographic decline that took place in Bulgaria over the last three decades, especially on the abandonment of schools due to lack of pupils. Using photographs by Belgian photographer Alexander Dumarey depicting leftover school furniture and supplies, the reflection on a depopulating country questions the global space of plausible, alarming scenarios.

Sala del Tiziano, Centro Culturale

Don Orione Artigianelli, Dorsoduro 909/A

Repubblica di CIPRO 52

From Khirokitia to Mars

COMMISSIONER Petros Dymiotis, Cultural Officer at the Cultural Services of the Deputy Ministry of Culture

CURATORS/EXHIBITORS Petros Lapithis, Lia Lapithi, Nikos Kouroussis, loanna loannou Xiari, Cyprus Space Exploration Organization

Può il nostro futuro essere pensato e costruito a partire da alcune delle pagine più remote del nostro passato? Il sito archeologico cipriota di Khirokitia, risalente al 7500 a.C., ha svelato agli studiosi una struttura sociale caratterizzata da straordinarie dinamiche di uguaglianza, sostenibilità e armonia. I curatori si interrogano sulla possibilità di prendere come esempio questo modello di civiltà preistorica per definire le basi di futuri insediamenti su Marte, compiendo un balzo temporale e spaziale che riconduce infine l’attenzione sul presente della Terra, con particolare riferimento allo sfruttamento sregolato delle sue risorse naturali.

ENG Can our future be thought and built upon one of the most remote pages of our past? The archaeological site we are looking at

is in Khirokitia, Cyprus, and dates back to 7500 BC. Researchers discovered a social structure featuring remarkable dynamics of equality, sustainability, and harmony. The curators wonder about the possibility of taking this model of prehistoric civilization as an example to define the foundations for future settlements on Mars, making a temporal and spatial leap that finally brings attention back to the present of the Earth, with particular reference to the unruly exploitation of natural resources.

Associazione Culturale Spiazzi

Castello 3865

ESTONIA 53

Home Stage

COMMISSIONER Raul Järg

CURATORS/EXHIBITORS Aet Ader, Mari Möldre and Arvi Anderson

Con la sua presenza il visitatore si trasforma involontariamente in un vicino curioso e, al contempo, in un esploratore dell’architettura. Tutta l’azione si svolge all’interno di un vero appartamento, nelle cui stanze si vengono a creare situazioni domestiche al limite del grottesco, con performance della durata di un’ora e mezza che si ripetono ciclicamente durante tutta la giornata. Ci si sofferma in modo quasi paradossale su episodi in cui i sogni si scontrano con la realtà, i proprietari con gli inquilini, i venditori con gli acquirenti, l’intimità domestica con l’alienazione. Resta solo una porta chiusa, che si apre a discrezione del performer del momento...

ENG With their presence, visitors will involuntarily turn into a nosy neighbour and, at the same time, into an explorer of architecture. All action takes place within a real apartment. Each room is the set for domestic situations that border the grotesque, shown as ninety-minute performances throughout the day. We will see episodes where dreams clash with reality, tenants with landlords, sellers with buyers, homely intimacy with alienation. Only one door is shut, and will be open according to the whim of a performer…

Salizada Streta, Castello 96 www.homestage.ee

GEORGIA 54

january, february, march

COMMISSIONER Magda Guruli

CURATORS Gigi Shukakidze, Tinatin Gurgenidze, Otar Nemsadze

EXHIBITORS Tbilisi Architecture Biennale, Gigi Shukakidze, Tinatin Gurgenidze, Otar Nemsadze, Giorgi Vardiashvili, Aleksandre Soselia, Stefano Tornieri, Lado Kandashvili, Giorgi Qartvelishvili, Elene Pasuri, Tato Kotetishvili

La centrale idroelettrica aperta nel 1985 nella regione di Dusheti mantiene tuttora un ruolo precipuo nell’approvvigionamento idrico ed elettrico di Tbilisi. Oltre al vicino villaggio di Zhinvali, l’impianto ha determinato l’allagamento anche di insediamenti di età eneolitica e di numerosi altri significativi beni culturali, come ad esempio la chiesa Jvaripatiosani, edificata nel XII secolo, che rimane sommersa per diversi mesi l’anno. I reperti e i resti antichi rinvenuti durante una ricerca nell’area sono oggetto di una ricostruzione della memoria spaziale del territorio attraverso i suoi primitivi archetipi.

ENG The hydro power plant launched in the Dusheti region in 1985 is still very relevant today for the supply of water and electricity to Tbilisi. The building of the plant determined the flooding of the nearby village of Zhinvali as well as of neolithic settlements and other cultural heritage, like the Jvaripatiosani Basilica from the twelfth century, which remains submerged for the better part of the year. Remains and ruins are the object of a reconstruction of the territory’s spatial memories and its primal archetypes.

Giardino Bianco Art Space

Via G. Garibaldi, Castello 1814

IG: @tbilisiarchitecturebiennial

GRENADA 55

Walking on Water

COMMISSIONER Susan Mains

CURATOR Luisa Flora

EXHIBITORS The Crew: Stari Ribar, Alexis Andrews, The Flotilla - contributors from China, Dominican Republic, Barbados, Grenada

Isola un tempo al centro della tratta transatlantica degli schiavi, Grenada focalizza l’attenzione sulla sua eredità di migrazione forzata e sulla pluralità di voci provenienti dalla sua storia culturale. Un video proiettato su vele riciclate illustra i processi di progettazione e realizzazione delle tradizionali imbarcazioni in legno a Grenada e a Venezia, mentre un’installazione partecipativa invita il pubblico a riflettere sul cambiamento climatico lasciando un pensiero scritto sulle vele di alcune imbarcazioni miniate. Fin dal titolo, Walking on Water, riferito ai veneziani che convivono con gli effetti dell’acqua alta, la mostra intende tracciare un parallelo tra la città lagunare e il piccolo Paese insulare caraibico, territori ac-

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AROUND TOWN National Participations AROUND TOWN GUIDE 18. INTERNATIONAL ARCHITECTURE EXHIBITION

comunati da un potenziale, probabile triste destino, vale a dire dalla concreta possibilità futura di dover scomparire in ragione dell’innalzamento dei mari.

ENG An island once at the centre of the transatlantic slave trade, Grenada focuses its attention on its heritage of forced migration and on the plurality of voices coming from its cultural history. A video screened on recycled sails shows the processes of design and building of traditional wood boat in Grenada and in Venice, while a participative installation invites the public to reflect on climate change by contributing a thought to be written on sail. The title is a reference to Venetians who coexist with high water, and traces a parallel between the two places – two islands that inevitably face the threat of disappearance under rising sea levels.

Associazione Vela al Terzo Venezia Fondamenta C. Giazzo, Castello 209 www.grenadavenice.org

KUWAIT 56

Rethinking Rethinking Kuwait

COMMISSIONER Abdulaziz Al-Mazeedi National Council for Culture Arts and Literature / Kuwait (NCCAL)

CURATORS Hamad Alkhaleefi, Naser Ashour, Mohammad Kassem, Rabab Raes Kazem

EXHIBITORS Abdulaziz Bazuhair, Abdullah Albusaili, Aliaa Mahdy, Aziz Motawa, Bader Al Moulah, Batool Ashour, Dana Alrashid, Fareed Alghimlas, Fatima Al Fulaij, Hasan Al Saffar, Jassim Alnashmi, Jassim Alelwani, Latifa Al-Hajji, Maha AlAsaker, Malak Al Suwaihel, Maryam Mohammed, Mohammed Khesroh, Nada Abu-Daqer, Nour Jafar, Noor Abdulkhaleq, Nourah Alazmi, Qutaiba Buyabes, Sara Al-zeer, Sayer Al Sayer, Suad Al-Bahar, Sultan Alsamhan, Vinod Kumar, Yasmeen Abdal, Zahra Al-Mahdi, Zahra Hashim

Recuperare, rivisitare, ripensare il Kuwait. Analizzando istanze di decolonizzazione e decarbonizzazione, Rethinking Rethinking Kuwait investiga nuovi metodi di progettazione architettonica e urbana con particolare riferimento ai mezzi di trasporto e all’accessibilità. Servendosi di Kuwait City come prototipo, studi di diversa scala e portata esplorano gli spazi di transizione della città, concorrendo ad un’indagine che mira a correggere gli effetti prodotti dall’urbanistica modernista, responsabile della scomparsa di gran parte del tessuto edilizio storico del Paese. Anziché come ad un segmento lineare di tempo, il Padiglione guarda così alla Storia nella sua traiettoria a spirale, ricercando nel passato i momenti che possono influenzare, per meglio definirlo, il futuro.

ENG To recover, revisit, re-think Kuwait – by analysing instances of decolonization and decarbonization, Rethinking Rethinking Kuwait investigates new ways to design architecture and cities, with particular attention on transit and accessibility. Taking Kuwait City as a pro -

totype, studies on different scales and scopes explore transition spaces within the city, trying to limit the effect of the modernist urbanism that is responsible for the disappearance of large part of the architectural heritage in the country. The exhibition looks at history not as a linear segment, but as a spiral, looking into the past for moments that can influence the future.

Magazzino del Sale 5, Dorsoduro 262 IG: @rethinking.kuwait

LITUANIA 57

Children’s Forest Pavilion

COMMISSIONER Ines Weizman

CURATORS Jurga Daubaraitė, Egija Inzule, Jonas Žukauskas

EXHIBITORS Aistė Ambrazevičiūtė, Gabrielė Grigorjeva, Laura Garbštienė, Mantas Petraitis, Monika Janulevičiūtė, Kornelija Žalpytė, Jonas Žukauskas, Antanas Gerlikas, Jurgis Paškevičius, Anton Shramkov, Ignė Narbutaitė, Elis Hannikainen, Eitvydas Doškus, Nomeda & Gediminas Urbonas / Urbonas Studio, Kristupas Sabolius / School of Creativity, Nene Tsuboi & Tuomas Toivonen / New Academy, Tiina Arjukka Hirvonen, Michaela Casková, Robin Everett, Riitta Nykänen / Mustarinda Association, Ancient Woods Foundation

Guardare il mondo, e in particolare le sue foreste, con gli occhi di un bambino. Questo l’invito del Padiglione lituano che si presenta, di fronte all’ingresso dell’Arsenale, come un’antica casa a patio veneziana realizzata con legname di alberi provenienti dalla Penisola di Neringa. Ideata come un paesaggio di gioco, la mostra si sviluppa in un ambiente coinvolgente attraverso un’installazione educativa che riflette sui tempi, i processi e le forze che in passato hanno plasmato le foreste degli stati baltici e della Finlandia. Per evidenziare l’urgenza di mettere in campo iniziative culturali a lungo termine all’insegna del fondamentale ruolo che l’educazione ambientale deve svolgere nel percorso formativo e di crescita delle nuove generazioni, i bambini vengono qui intesi insieme come i consulenti, gli alleati e i visitatori ideali del Padiglione.

ENG To look at the world, and its forests in particular, through the eyes of a child. This is the invitation of the Lithuanian Pavilion, which consists of an old Venetian patio house built with timber sourced in Neringa, Lithuania. Conceived as a playfield, the exhibition develops in a very welcoming environment, with educational prompts to reflect on the times, processes, and forces that once shaped Baltic forests. Children are the ideal consultant, allies, and public of the Pavilion, which goes to show the need for longterm cultural initiatives and the essential role of environmental education for future generations.

Campo della Tana, Castello 2125 (in front of the Arsenale entrance) www.neringaforestarchitecture.lt

Repubblica della MACEDONIA DEL NORD 58

Stories of the Summer School of Architecture in the St. Joakim Osogovski

Monastery 1992-2017

COMMISIONER Dita Starova Kjerimi, National Gallery of Macedonia

CURATORS Dimitar Krsteski, Aleksandar Petanovski, Darko Draganovski, Marina

Ognen, Marija Petrova, Gordan Petrov

EXHIBITORS Faculty of Architecture Ss Ciryl and Methodius University in Skopje, Minas Bakalchev, Mitko Hadji Pulja, Aleksandar Radevski, Sasha Tasic, Dimitar Papasterevski

Dal 1992 al 2017, un periodo di assestamenti e terribili sconvolgimenti geopolitici per l’intera area balcanica, la Summer School di Architettura dell’Università SS. Cirillo e Metodio di Skopje ha operato all’interno del monastero di San Joakim Osogovski sul monte Osogovo, a 10 chilometri dal confine bulgaro. Nonostante il contesto storico sfavorevole, la Scuola ha attirato persone da varie parti del mondo, incentivando la collaborazione fra accademici e la creazione di tavoli di discussione attorno a temi rilevanti per l’architettura.

ENG From 1992 to 2017, a period of adjustments and dramatic geopolitical upheavals for the entire Balkan region, the Architecture Summer School of the SS. Cyril and Methodius University of Skopje operated within the monastery of St. Joakim Osogovski, 10 kilometers from the Bulgarian border. Despite the unfavorable historical context, the School attracted people from various parts of the world, encouraging collaboration among academics and the creation of discussion forums on topics relevant to architecture.

Scuola dei Laneri, Salizada San Pantalon Santa Croce 131/A

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NATIONAL PARTICIPATIONS National Participations AROUND TOWN

MONTENEGRO 59

Mirages of the Future (MNE)

COMMISSIONER Vladan Stevović

CURATOR Zoran Lazovic

EXHIBITORS Radovan Radoman, Eldin

Kabaklija, Darko Radović, Davisi Boontharm and co+re.team, Luka Skansi, Djordje

Stojanovic, Milan Katic and Milica Vujovic, Petra Čoko, Rok Žnidaršič, Goran Ivo Marinovic, Nikola Novaković, Marija

Novaković, Srđan Marlović, Bratislav Braca

Gaković, Mustafa Musić, Zlatko Nikolic, Anoe Melliou, Artem Terteryan, Mladen

Maslovar, Anđelka Bnin-Bninski, Milena

Delević Grbić, Darko Karadjitch, Aleksandar Čarnojević, Aleksandar Suhanov, Jelena

Ivančević, Ana Tošić, Sara Jeveričić, Đurđa Garčević, Andrej Jovanović, Duško Miljanić, Branislav Strugar, Ninoslav Mitrić, Branislav Milatović, Vladimir Cerović, Lazar Pejović, Vladimir Lutovac, Marko Stjepčević, Marko Radonjić

Da uno sfruttamento più consapevole delle risorse naturali emergono nuovi paradigmi che le future generazioni possono fare propri utilizzando il potere sconfinato dell’immaginazione e della creatività, al fine di elaborare soluzioni sempre più a misura d’uomo. Lo spazio montenegrino, che si configura come un microcosmo che riproduce una piazza, una casa, un piccolo paese e una grande città, suggerisce di guardare al passato del Paese nello stesso modo in cui ci si avvicina ad una lezione grazie alla quale si impara a scrivere, o a ri-scrivere, le regole dell’abitare.

ENG A more aware exploitation of natural resources is conducive to new paradigms that future generations can make their own, using the infinite power of imagination and creativity to build more people-friendly solutions. The Montenegrin Pavilion, a microcosm that rebuilds a town square, a house, a village, and a large city, suggests to look at the history of the country as a lesson to learn how to write, or re-write, the rules of inhabiting.

Palazzo Malipiero, Ramo Malipiero San Marco 3078-3079/A

www.mirages.me

NEW ENTRY NIGER 60

Archifusion

COMMISSIONER Ibrahim Souleymane

La mescolanza di culture diverse – quella occidentale e quella africana – dà luogo ad un laboratorio allargato dove l’idea di collaborazione è messa al servizio del sapere comune (inclusivo), in un’epoca in cui la conoscenza si radica sempre più nel concetto di proprietà intellettuale (esclusiva). Il caso specifico riguarda lo studio di un tipo di mattone, il “brique magique”, prodotto con materiali autoctoni nigerini, ma modificato

nella forma e nella struttura al fine di renderlo più performante in termini di inerzia termica, a vantaggio del comfort e della vivibilità interna alle abitazioni.

ENG The blend of different cultures –western and African – is a laboratory where the idea of cooperation is devoted to common (inclusive) knowledge at a time when knowledge is more and more rooted in the concept of intellectual (exclusive) property. This specific case is about a kind of brick – the brique magique –that is made with locally-sourced materials in Niger, though modified in shape and structure to improve its performance in terms of thermal inertia for the comfort and liveability of homes.

NEW ENTRY

Repubblica di PANAMA 61

Panama: Stories from Beneath the Water

COMMISSIONER Itzela Quirós

CURATOR Aimée Lam Tunon

EXHIBITORS Dante Furioso, Joan FloresVillalobos, Danilo Pérez, Alejandro Pinto, Luis Pulido Ritter, Marixa Lasso

Opera idraulica tra le più celebri e strategicamente importanti al mondo, unico collegamento artificiale tra oceano Atlantico e Pacifico, il Canale di Panama è qui oggetto di studio a partire dalle tematiche e dalle questioni concrete, spesso divisive, che ne caratterizzarono la costruzione. L’analisi spazia dai sistemi architettonici ideati per realizzare la struttura alle istanze delle popolazioni che videro le proprie esistenze e abitudini sconvolte nel momento in cui le acque, deviate dal Canale, sommersero il paesaggio circostante, uno stravolgimento territoriale che vide contestualmente l’insorgere della nuova isola di Barro Colorado, venutasi a creare proprio in seguito a tali, radicali interventi ingegneristici.

ENG An engineering project among the most famous and strategically important in the world, the Panama Canal is the object of this study, starting with the real, often divisive issues that its building spurred at the time. The analysis ranges from the architectural systems designed to create the canal to the instances of people that saw their existence and habits revolutionized in the moment water flooded the surrounding landscape, to the Barro Colorado Island, which was created by the very same intervention.

Tana Art Space

Castello 2109/A e 2110-2111

PORTOGALLO 62

Fertile Futures

COMMISSIONER Américo Rodrigues, DireçãoGeral das Artes

CURATOR Andreia Garcia

EXHIBITORS Álvaro Domingues, Ana Salgueiro, Aurora Carapinha, Corpo Atelier, Dulcineia Santos, Eglantina Monteiro, Érica Castanheira, Guida Marques, Ilhéu Atelier, João Mora Porteiro, João Pedro Matos Fernandes, Oficina Pedrêz, Ponto Atelier, Space Transcribers

Il progetto affronta la tematica globale della carenza di acqua dolce partendo dall’esperienza di sette aree idrogeografiche portoghesi. Il lavoro, che coinvolge soprattutto le nuove generazioni, mira ad incentivare lo sviluppo di strategie per la gestione e lo stoccaggio delle riserve idriche, passo essenziale per la costruzione di un futuro più fertile, sostenibile ed equo. Al tempo stesso si vuole ribadire, anche attraverso un programma di discussioni pubbliche, la pertinenza del contributo dell’architettura nel ridisegnare un domani decarbonizzato, decolonizzato e collaborativo, in risposta diretta all’appello della curatrice Lesley Lokko.

ENG The project tackles the global issue of freshwater shortage by analysing seven regions in Portugal. The work involved younger generations in particular, and aims at developing strategies to manage and store water resources – an essential step to secure a more fertile, sustainable, and equitable future. At the same time, the exhibition affirms the relevance of architecture in designing a decarbonized, decolonized, collaborative future, to answer the appeal of Biennale curator Lesley Lokko. Palazzo Franchetti, San Marco 2842 www.fertilefutures.pt

ROMANIA/2 63

NOW, HERE, THERE

COMMISSIONER Attila Kim CIRATORS Emil lvănescu, Simina Filat EXHIBITORS Emil Ivănescu, Simina Filat, Catalin Berescu, Anca Maria Păsărin, National Technical Museum “prof. Eng. Dimitrie Leonida”

La prima sezione della mostra, Lost Innovations, consiste in una selezione di manufatti originali ideati da innovatori rumeni, fra cui un’auto elettrica originale costruita nel 1904, ancora oggi funzionante, e un dispositivo per lavorare in campo radioattivo. I visitatori sono così invitati a riflettere sul modo in cui le idee vengono concepite all’interno di un laboratorio, non a partire da una ‘tabula rasa’, ma sostenute da precedenti innovazioni scientifiche e dai dilemmi e dalle contraddizioni che ne hanno accompagnato la nascita. L’installazione prosegue presentando 100 casi-studio relativi a progetti interdisciplinari che restituiscono l’impatto che architetti e designer possono produrre a livello sociale, politico ed economico, nel nostro quotidiano.

51 GUIDE 18. INTERNATIONAL ARCHITECTURE EXHIBITION
AROUND TOWN

ENG The first section of the exhibition, Lost Innovations, consists of a set of original artefacts created by Romanian innovators, including a still running 1904 electric car and a tool used in radioactivity science. Visitors are thus invited to reflect on the way ideas are conceived within a laboratory, not starting from a blank slate, but supported by previous scientific innovations and by the dilemmas and contradictions that accompanied their birth. The installation then shows 100 case studies related to interdisciplinary projects that highlight the impact that architects and designers can have at a social, political, and economic level in our daily lives.

Giardini and New Gallery, Istituto Romeno di Cultura e Ricerca Umanistica Palazzo Correr, Campo Santa Fosca Cannaregio 2214

SANTA SEDE 64

Social Friendship: Meeting in the Garden

COMMISSIONER Cardinal José Tolentino de Mendonça, prefect of the Dicastery for culture and education of the Holy See

CURATOR Roberto Cremascoli

EXHIBITORS Álvaro Siza, Studio Albori (Emanuele Almagioni, Giacomo Borella, Fancesca Riva)

Il monastero benedettino dell’Isola di San Giorgio diviene lo scenario naturale della partecipazione della Santa Sede a questa Biennale Architettura. Protagonista assoluto all’interno delle sale espositive è l’intervento dell’architetto portoghese Álvaro Siza che accompagna i visitatori verso il giardino, il luogo della contemplazione. L’orto rappresenta un modello del rapporto con il creato, una rappresentazione apparentemente frugale e modesta che svela però un omaggio all’Enciclica Laudato si’ di Papa Francesco, fonte di ispirazione del progetto nello spazio aperto dell’abbazia. È un’architettura viva, figurale, ‘in uscita’, che rappresenta un intenso manifesto politico e poetico su cosa sia o possa diventare l’incontro tra esseri umani.

ENG The Benedictine monastery in San Giorgio Island, lying in front of Piazza San Marco across a short stretch of water, is the stage of the Holy See’s Biennale participation. The protagonist of the exhibition is the intervention by Portuguese architect Álvaro Siza which accompanies visitors onto the garden, the place of contemplation. The orchard is a model of our relationship with God’s creation, a representation apparently frugal and modest, though in fact revealing an homage to Pope Francis’ encyclical Laudato si’, a source of inspiration for the project carried out in the abbey’s garden. This living, figural, outpouring architecture represents a strong political and poetic message on what is, or what could be, the encounter among human beings.

www.vatican.va

Repubblica di SAN MARINO 65

ospite Ospitante

COMMISSIONER Riccardo Varini

CURATORS Michael Kaethler e Marco Pierini

SCIENTIFIC COMMITTEE Shaul Bassi, Alessandro Bianchini, Massimo Brignoni, Elena Brigi, Roberto Felicetti, Silvia Gasparotto, Angela Grosso Ciponte, Domenico Luciani, Hélène Molinari, Ralf Petersen, Corrado Petrocelli, Massimo Renno, Orsetta Rocchetto, Vincenzo Rotondo, Francesca Salatin, Michele Savorgnano, Andreas Sicklinger, Riccardo Varini

EXHIBITORS Vittorio Corsini, Studenti e docenti di: Università degli Studi di San Marino, Design e Storia; Università degli studi di Bologna, Disegno Industriale; Stuttgart Technology University of Applied Sciences; Accademia di Belle Arti di Brera; Università Ca’ Foscari di Venezia, Environmental Humanities; Fachhochschule Nordwestschweiz, Hochschule für Gestaltung und Kunst, Institut Industrial Design; Ordine degli Ingegneri e Architetti di San Marino; Rotterdam University of Applied Sciences, Industrial Design Engineering; Università IUAV di Venezia, Disegno Industriale; Università degli Studi di Ferrara, Design del prodotto industriale

Fin dal titolo il Padiglione sammarinese si pone su due binari paralleli per riflettere su un concetto che mette in relazione le diverse società del Pianeta di cui siamo ospiti. La mostra, che affronta temi quali la cura, l’abitare, la casa, le relazioni interpersonali e il rapporto dell’uomo con l’ambiente, è articolata in due sale in comunicazione tra loro: nella prima il visitatore si libera delle scorie espressive che l’ambiente esterno riverbera sul tema dell’ospitalità; nella seconda, l’Hospitality Lab, il pensiero diventa azione attraverso workshop progettuali che intersecano diverse discipline.

ENG Beginning with its title, a play on the Italian word “ospite” that means both ‘host’ and ‘guest’, the San Marino exhibit runs on two parallel tracks to reflect on a concept that puts together different societies around the planet – all, at some point in time, both hosts and guests. The exhibition will focus on themes such as healthcare, dwellings, homes, interpersonal relationships, people and the planet, and it extends over two rooms: in the first one, visitors will get rid of any expressional residue of the outside environment that might echo on what we think we know about hospitality; in the second one, the Hospitality Lab will translate thought into action using inter-disciplinary project workshops.

Fucina del Futuro

Calle San Lorenzo, Castello 5063B

IG: @biennalevenezia_sanmarino

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NATIONAL
PARTICIPATIONS National Participations AROUND TOWN

FONDAZIONE IN BETWEEN ART FILM

FRANCESCA ALINOVI

GIORGIO ANDREOTTA CALÒ

ERIKA BALSOM

ALI CHERRI

CINEMA GALLEGGIANTE

DUNE JOURNAL

FORMAFANTASMA

FRAC BRETAGNE

GAMeC

LO SCHERMO DELL’ARTE

RANDA MAROUFI

MASBEDO

MAXXI

NATIONAL MUSEUM OF NORWAY

GERARD ORTÍN CASTELLVÍ

HILA PELEG

THAO NGUYEN PHAN

JOANNA PIOTROWSKA

PIRELLI HANGARBICOCCA

STILL

TATE FILM

UNISON

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www.inbetweenartfilm.com @fondazioneinbetweenartfilm
2023 PROGRAM
SINCE 1984 CURATORSHIP CONSULTANCY MANAGEMENT BIENNALE ARCHITETTURA 3 TRANSFORMATIVE HONG KON G 20.05 - 26.11 2023 Campo della Tana - Ca ello 2126 133 EXHIBITIONS IN THE VENICE BIENNALE
MAKING SPACE FOR ART

AROUND TOWN

Portale di Carlo Scarpa IUAV Tolentini

DOCKS CANTIERI CUCCHINI 66

A Fragile Correspondence. Scotland + Venice

ORGANIZED BY Scotland + Venice

Le foreste che circondano Loch Ness nelle Highlands, i relitti industriali delle acciaierie di Ravenscraig nelle Lowlands e le rive dell’arcipelago delle Orcadi sono le tappe di un immaginifico viaggio attraverso il paesaggio scozzese. I materiali utilizzati riflettono gli aspetti caratteristici dei luoghi presi in esame: il legno per la regione di Loch Ness, la paglia e una serie di materiali naturali per le Isole Orcadi, il metallo per Ravenscraig. La mostra esplora la possibilità di approcci alternativi alle sfide poste dall’emergenza climatica globale, proponendo un nuovo lessico e nuove modalità di esplorazione creativa dell’ambiente.

ENG The forests around Loch Ness, in the Scottish Highlands, the industrial ruins of steel mills in Ravenscraig, in the Lowlands, and the coast of the Orkneys are the stages of an imaginative journey in and around Scotland. The materials used in the exhibition reflect the features of the local landscape: wood for Loch Ness, hay and other natural materials for the Orkney Islands, metal for Ravenscraig. The exhibition explores the possibility of alternative approaches to the challenge of the global climate emergencies, postulating a new vocabulary and new ways to creatively explore the environment. San Pietro di Castello 40 IG: @scotlandvenice

DOCKS CANTIERI CUCCHINI 67

Catalonia in Venice.

Following the Fish

ORGANIZED BY Institut Ramon Llull

Il progetto risponde al tema della Curatrice coinvolgendo Top Manta, il Sindacato Popolare di Venditori Ambulanti di Barcellona, un movimento fondato da una comunità di senegalesi – ora diventato anche marchio di moda – che difende i diritti dei migranti e denuncia il razzismo delle istituzioni. L’installazione, che assume la forma di un mercato ambulante dove sono esposti i contenuti del viaggio compiuto dai migranti, suscita una riflessione urgente sui rapporti tra Nord e Sud del mondo e sulle conseguenze della diaspora africana, al fine di individuare architetture alternative a quelle dominanti e di ripensare l’identità sociale delle città tenendo conto della qualità della vita. Dalle cucine collettive al cohousing, ai nuovi spazi di accoglienza: un viaggio nelle nuove forme di convivenza condivise per superare la complessità di un fenomeno come quello migratorio che connoterà il futuro delle nostre società.

ENG The project responds to the theme proposed by Lesley Lokko by involving Top

Manta, the Senegalese street vendors trade union of Barcelona (turned fashion brand) that defends migrants’ rights and denounces racism in public institutions. The installation takes the form of an outdoor market where the merchandise are memories from the migrants’ journey, and will inspire reflection on the relationship between the global north and the global south, and on the aftermath of the African diaspora. The goal is to identify alternative architectures to the dominant ones and to re-think cities keeping into account the quality of life: collective kitchens and co-housing, as well as reception centres for migrants.

San Pietro di Castello 40A www.llull.cat

IUAV 68

Climate Wunderkammer

ORGANIZED BY RWTH Aachen University

Un’installazione ibrida (fisica e virtuale) immerge il visitatore in un’esperienza multisensoriale che restituisce l’impatto dei cambiamenti climatici. Il progetto dell’Università RWTH di Aquisgrana, realizzato in collaborazione con il Politecnico di Milano, lo IUAV di Venezia e diverse altre Università internazionali, ha l’intento di dimostrare in modo tangibile, attingendo a esperienze di crisi già in atto sul nostro Pianeta, cosa significhi vivere in determinate condizioni di disagio ambientale, cercando di formulare al contempo soluzioni per il futuro attraverso un attivo e concreto scambio di conoscenze.

ENG A hybrid installation (physical and virtual) immerses visitors in a multi-sensory experience that will make them feel the impact of climate change. The project of the RWTH Aachen University, carried out in cooperation with the Polytechnic of Milan, the IUAV of Venice, and several other international universities, aims at demonstrating what it means to live in conditions of environmental distress, drawing on experiences of crises already underway on our planet. The project will also try to formulate solutions for the future through an active and concrete exchange of knowledge.

Palazzo Badoer, Calle de la Laca San Polo 2468 www.climatewunderkammer.org

PALAZZO DELLE PRIGIONI 69

Diachronic Apparatuses of Taiwan. Architecture as On-going Details Within Landscape

ORGANIZED BY National Taiwan Museum of Fine Arts

Lungo i 100 chilometri che separano la costa marittima dalla montagna di Giada, la cima più alta di Taiwan, è possibile attraversare ben quattordici tipologie climatiche, che su scala mon-

diale sarebbero normalmente distribuite su una superficie di 10mila chilometri. Eppure i palazzi taiwanesi sembrano intrappolati nel cemento ovunque allo stesso modo, incapaci di dialogare con un ambiente tanto eterogeneo e difficile da ‘addomesticare’. Liberandosi dalle modalità descrittive postcoloniali, globali e postmoderne, come si propone di fare questa edizione della Biennale, l’esposizione si sviluppa su quattro diversi livelli (corridoio d’ingresso, documentazioni del paesaggio, proiezioni, proposte di progettazioni), articolando in ciascuno di essi proposte connotate da una forte carica sperimentale e dinamica, in nome di un’architettura che, servendosi della tecnologia, sia sempre più in grado di affrontare l’avvenire facendo tesoro delle lezioni del passato.

ENG The 100 kilometers that separate the sea coast from Mount Jade (Yu Shan), the highest peak in Taiwan, pass through fourteen climatic types, which on a global scale would normally be distributed over an area of 10,000 kilometers. Yet, Taiwanese large buildings seem to be trapped in concrete everywhere in the same way, unable to dialogue with such a diverse, hard-to-domesticate environment. Freeing itself from postcolonial, global and postmodern descriptive methods, the exhibition develops on four different levels (entrance corridor, landscape documentation, projections, design proposals), articulating in each of them a strong experimental and dynamic vocation for an architecture that uses technology and the lessons of the past to face the future.

Castello 4209 (next to Palazzo Ducale) www.ntmofa.gov.tw

PALAZZO MORA 70 EUmies Awards.

Young Talent 2023.

The Laboratory of Education

ORGANIZED BY Fundació Mies van der Rohe La creatività segue la capacità, pertanto la padronanza delle abilità è la priorità per i giovani talenti. Questo il pensiero al centro dello European Prize for Contemporary Architecture –EUmies Awards, un premio annuale che la Fondazione Mies van der Rohe, con il sostegno del programma di supporto alla creatività dell’Unione Europea, ha istituito per valorizzare le professioni dell’architettura. La categoria Young Talent in particolare ha l’obiettivo di sostenere il talento di architetti, urbanisti ed esperti paesaggisti neolaureati che saranno responsabili della trasformazione dell’ambiente nel prossimo futuro. La premiazione, l’esposizione correlata e i diversi eventi pubblici di disseminazione avranno luogo durante l’intero corso della Biennale, rendendo così viva e dinamica l’attenzione sul divenire del fare architettura per più mesi, ben oltre lo stretto spazio temporale delle vernici.

ENG “Creativity follows mastery, so mastery of skills is the first priority for young talent.” This is the main concept at the heart of

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Collateral Events AROUND TOWN COLLATERAL EVENTS

the European Prize for Contemporary Architecture – EUmies Awards, an annual award that the Mies van der Rohe Foundation has established with the support of the European Union Creativity Programme. The Young Talent category, in particular, aims at supporting the talent of newly graduated architects, urbanists, and landscape architects who will be responsible to transform our future environment. The ceremony, the related exhibition and public events will take place concurrently with the Venice Architecture Biennale up to November.

Cannaregio 3659

www.eumiesawards.com

IUAV 71

Radical yet Possible Future Space Solutions

WHEN 25 maggioMay (Ca’ Tron); 26 maggioMay (Aula Magna, Tolentini)

ORGANIZED BY New European Bauhaus, Joint Research Centre of the European Commission

Per la prima volta l’Unione Europea sarà presente con un Evento Collaterale alla Biennale Architettura. La conferenza del New European Bauhaus (NEB) vede la partecipazione di numerosi relatori di alto livello provenienti da tutto il mondo, tra cui la Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, la Commissaria per la Coesione e le Riforme Elisa Ferreira, l’imprenditrice sociale e attivista Alexandra Mitsotaki e gli architetti Rem Koolhaas, Shigeru Ban e Bjarke Ingels. I partecipanti rifletteranno su azioni umane radicali, ma possibili, che portino a un migliore utilizzo dello spazio e delle risorse. In particolare discuteranno di nuovi modi di vivere, al di là della convinzione del fatto che il futuro dell’umanità sia legato a soluzioni già esistenti e lungamente adottate nel tempo.

ENG For the first time, the European Union will be present with a Collateral Event at the Architecture Biennale. The New European Bauhaus (NEB) conference will feature a number of high-level speakers including European Commission’s President Ursula von der Leyen, Commissioner for Cohesion and Reforms Elisa Ferreira, social entrepreneur and activist Alexandra Mitsotaki, architects Rem Koolhaas, Shigeru Ban and Bjarke Ingels, and many others. The participants will reflect on radical, yet possible, human actions leading to a better use of space and resources. In particular, they will discuss new ways of living, and how to go beyond the conviction that the future of humankind is only linked to solutions that already exist.

Ca’ Tron, Santa Croce 1957

Tolentini, Santa Croce 19

new-european-bauhaus.europa.eu

PALAZZO ZENOBIO

DEGLI ARMENI 72

Students as Researchers. Creative Practice and University Education

ORGANIZED BY New York Institute of Technology

L’attuale congiuntura di crisi simultanee rende necessario estendere il campo d’azione dell’architettura verso pratiche più responsabili che favoriscano l’impegno civico. L’istruzione universitaria rappresenta un’opportunità per sviluppare visioni radicali che possono sfidare le strutture sociali orientate al mercato e gli stessi studenti possono contribuire positivamente ad approcci attivi e trasformativi rivolti al benessere delle comunità. La mostra espone i lavori proposti dalle università partecipanti, realizzati secondo un’ottica che vede nell’insegnamento uno strumento di ricerca alimentato da modelli pedagogici bidirezionali, in cui docente e studente collaborano reciprocamente.

ENG The current conjuncture of simultaneous crises suggests the need for an extension of the “field of intervention” of architecture towards more responsible practices committed to civic engagement. University Education represents an opportunity to develop radical visions that can challenge the conventionality of market-oriented societies, while students can positively contribute to active and transformative approaches aimed at the well-being of communities. The exhibition displays the works proposed by the participating universities, created according to a perspective that sees teaching as a research tool fueled by bidirectional pedagogical models in which teacher and learner can collaborate with each other.

Centro Studi e Documentazione della Cultura Armena, Dorsoduro 1602 www.nyit.edu

CAMPO DELLA TANA 73

Transformative Hong Kong

ORGANIZED BY Hong Kong Arts Development Council + The Hong Kong Institute of Architects Biennale Foundation

Con una popolazione di oltre sette milioni di persone distribuita su poco meno di 3.000 chilometri quadrati Hong Kong è una delle aree più densamente popolate della terra. Mentre la Quarta Rivoluzione Industriale produce un suo intensivo impatto sulla società trasformandone il tessuto tradizionale, molte delle istituzioni di Hong Kong e la sua comunità creativa si evolvono lavorando insieme, utilizzando la città come una sorta di “laboratorio + officina” in cui poter attivamente collaborare al fine di individuare soluzioni innovative per affrontare le sfide di domani. Attraverso installazioni interattive a tecnica mista e saggi visivi l’esposizione offre al pubblico un’istantanea di questo momento di straordinaria trasformazione della città, concentrandosi in

particolare sul rapporto tra Hong Kong e la Cina e su temi quali la sostenibilità, i cambiamenti climatici, la tecnologia e la gestione dell’energia e delle risorse.

ENG With a population of over seven million people distributed across just under 3,000 square kilometers, Hong Kong is one of the most densely populated areas in the world. As the Fourth Industrial Revolution has its intensive impact on society by transforming its very fabric, many of Hong Kong’s institutions and its creative community evolve by working together, using the city as a “laboratory + workshop” in which to create innovative solutions aimed at facing tomorrow’s challenges. Through interactive mixed-media installations and visual essays, the exhibition offers the public a snapshot of this moment of transformation in the city, focusing in particular on the relationship between Hong Kong and China and on crucial issues such as sustainability, climate change, technology, energy and resource management.

Castello 2126

(in front of the Arsenale entrance) 2023.vbexhibitions.hk

www.artecommunications.com

CA’ ASI 74

ORGANIZED BY CA’ ASI

Come riuscire a considerare ciò che ci circonda non più come un insieme di risorse prone ai nostri desideri ma come un immenso giacimento creativo? Attraverso una moltitudine di frammenti di progetti urbani e architettonici realizzati o immaginati da Architecturestudio, e trasformati in immagini dall’illustratore francese Serge Bloch, la mostra offre la possibilità di (ri)scoprire CA’ASI quale luogo vocato alla sperimentazione. Il percorso espositivo immerge i visitatori in un’opera-architettura dell’artista olandese Krijn de Koning, mentre i video degli artisti Jonathas de Andrade e Joanie Lemercier dialogano con lo spazio incoraggiando un uso rispettoso della natura.

ENG How to consider what surrounds us not as a set of resources prone to our desires, but as an immense creative reservoir? Through a multitude of fragments of urban and architectural projects realized or imagined by Architecturestudio and transformed into images by the French illustrator Serge Bloch, the exhibition offers the opportunity to (re)discover CA’ASI as a place of experimentation. The exhibition path immerses visitors in an artwork-architecture by the Dutch artist Krijn de Koning, while the videos by artists Jonathas de Andrade and Joanie Lemercier dialogue with the place, encouraging a respectful use of nature.

Campiello Santa Maria Nova Cannaregio 6024

www.ca-asi.com

www.architecturestudio.fr

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Tracé Bleu. Que faire en ce lieu, à moins que l’on y songe?
AROUND TOWN GUIDE 18. INTERNATIONAL ARCHITECTURE EXHIBITION
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Postvenetian Emporium

An identity linked to the commercial life of the lagoon characterizes the ground floor of The Venice Venice Hotel. Documentation dating as far back as the 13th century cites it as a sotoportego and fondaco - an underpass and merchant’s warehouse in Venetian dialect - a place of arrival, passage, and exchange, where cultures intersected; a public space where life was felt and seen.

The Venice Venice Hotel has rekindled the site’s vocation, reopening it to the city, creating a contemporary emporium that extends the entire length of the elegant, multifaceted environment. From the internal courtyard to the imposing Romanesque Arch, one enters the world of Venice M’Art, with its exhibition space, store, restaurant, bar, and terrace on the Grand Canal.

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Cannaregio 5631 Venice (IT) restaurant@venicemart.com www.venicevenice.com shop@venicemart.com +39 041 0970358
Venice M’Art c/o The Venice Venice Hotel
August 30 October 30 San Marco 3052 Venezia - Italy akkaproject.com +39 342 0433744 hello@akkaproject.com @akkaproject Kelechi Charles Nwaneri: Figures Solo Exhibition AKKA Project Venezia C O N T E MP O R A R Y A F R I C A N A R T E X H I B IT I O N

AROUND TOWN

Teatrino di Palazzo Grassi Courtesy Pinault Collection

sabato 17 giugno 2023 www.artnightvenezia.it

sabato 17 giugno 2023

62 art night venezia
art night venezia
Dm+B&Associati art night venezia Dm+B&Associati

A PLUS A GALLERY 75 MONILOLA OLAYEMI ILUPEJU Gymnasia

WHEN Fino Until 15 luglio July

Prima personale in Italia dell’artista e autrice nigeriano-americana Monilola Olayemi Ilupeju (1996). Ispirandosi alle numerose contraddizioni e ai doppi significati insiti nell’idea, nella funzione individuale e sociale svolta dalla palestra – luogo di gioco, di godimento sensuale e di sperimentazione collettiva, ma anche luogo di sofferenza fisica e di competizione –, Ilupeju trasforma la galleria in un’arena con figure nude e sculture in ferro che fanno riferimento ad antichi e moderni attrezzi ginnici. Nell’attuale panorama socio-politico la palestra diventa una metafora del mondo: i corpi emarginati devono cercare di forgiare modi creativi e agili per meglio muoversi al suo interno e “sopravvivere”.

ENG The first solo exhibition in Italy of Monilola Olayemi Ilupeju (b. 1996), a Nigerian-American artist and author. Inspired by the many contradictions and double meanings of the gymnasium – simultaneously a place for play, sensual enjoyment, and collective experimentation, but also for physical suffering and competition – Ilupeju transforms the gallery into an arena with nude figures and iron sculptures that reference ancient and modern gym equipment. In the current socio-political landscape the gymnasium thus becomes a metaphor for the world, in which marginalized bodies must attempt to forge agile, creative ways to move in order to survive.

www.aplusa.it

ACP PALAZZO FRANCHETTI/1 76

Building a Creative Nation

WHEN Fino Until 26 novembre November

Anteprima internazionale della prossima generazione di istituzioni culturali del Qatar, progettate per la creazione di una identità nazionale innovativa e plurale. La mostra pone l’accento su cinque nuovi spazi culturali concepiti a Doha da studi di architettura di fama internazionale quali: ELEMENTAL S.A., diretto da Alejandro Aravena, con il progetto dell’Art Mill Museum; Herzog & de Meuron per il Lusail Museum; Office for Metropolitan Architecture (OMA), diretto da Rem Koolhaas e Samir Bantal, con il progetto del Qatar Auto Museum; Philippe Starck e la trasformazione del Qatar Preparatory School; UNStudio e la progettazione del Dadu Children’s Museum of Qatar.

ENG International premiere of the next generation of Qatari cultural institutions, designed for the creation of an innovative and pluralistic national identity. The exhibition focuses on five new cultural spaces designed for Doha by internationally renowned architectural firms

like Alejandro Aravena’s ELEMENTAL S.A. with its Art Mill Museum project, Herzog & de Meuron’s Lusail Museum, Rem Koolhaas and Samir Bantal’s Office for Metropolitan Architecture (OMA) with their Qatar Auto Museum project, Philippe Starck and the transformation of the Qatar Preparatory School and UNStudio’s design for the Dadu Children’s Museum of Qatar. Campo Santo Stefano, San Marco 2842 www.qm.org.qa www.acp-palazzofranchetti.com

ACP

PALAZZO FRANCHETTI/2

KENGO KUMA

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Onomatopeia Architecture

WHEN Fino Until 26 novembre November Un’originale retrospettiva dedicata all’innovativo architetto giapponese e ai suoi progetti realizzati in tutto il mondo. Partendo dall’onomatopea, ovvero l’atto di creare o usare parole che includono suoni simili ai rumori ai quali si riferiscono, Kengo Kuma dà forma ad una sensazione fisica che esprime la sua idea di architettura sostenibile, dove i materiali sono di recupero e le persone e le cose si ricongiungono. Nella sua personale visione le superfici non coinvolgono solamente la vista, ma anche altri sensi, in particolare olfatto e tatto. Attraverso l’esposizione di 22 maquette dei suoi edifici più celebri e un’installazione alta oltre 5 metri nel giardino i visitatori vengono incoraggiati a scoprire i suoni dei diversi materiali.

ENG An original retrospective dedicated to the innovative contemporary Japanese architect and his projects around the globe. Taking as its starting point onomatopoeia, the act of creating or using words that sound like the thing they name, Kengo Kuma gives form to a physical sensation which expresses his idea of sustainable architecture, where materials are recovered and people and physical things are reconnected. In his vision, surfaces engage not only with the eye but also with the other senses, especially those of smell and touch. The 22 models on display of some of his most significant buildings and the five-metre-high installation in the garden encourage visitors to discover the sounds of the various materials.

Campo Santo Stefano, San Marco 2842 www.acp-palazzofranchetti.com

AEROPORTO MARCO POLO BAGLIONI HOTEL LUNA 78

Frank&Frank. flying city leather maps | Grand Tour

WHEN 20 maggio May-26 novembre November Partendo da storie antiche di viaggio, il progetto flying city leather maps si ispira al mito del tappeto volante di tradizione indo-persiana, in cui tempo e spazio rappresentano l’unione mistica tra finito e infinito. Nelle mappe Frank&Frank, progetto dei designer Marcella Molinini e Roberto De Gregorio, la forza evocativa, il colore, le forme, la trama delle città diventano insieme intreccio geometrico e racconto di storie. Disegnare le città è un processo artistico di riduzione dall’immagine reale a struttura quasi astratta: il risultato è un mosaico tridimensionale ottenuto con intervento manuale su pelle conciata al vegetale.

ENG Taking as its starting point ancient stories of travel, the flying city leather maps project is inspired by the myth of the flying carpet of Indo-Persian tradition, where time and space represent the mystical union between the finite and the infinite. In the Frank&Frank maps, a project by designers Marcella Molinini and Roberto De Gregorio, the evocative power, the colour, the shapes, and the texture of cities become both a geometric pattern and a way of telling stories. Drawing the cities is an artistic process that reduces the real image to an almost abstract structure: the result is a three-dimensional mosaic obtained through manual intervention on vegetable-tanned leather.

Aeroporto Zona Arrivi (ground floor) Baglioni Hotel Luna, San Marco 1243 www.frank-frank.com

AKKA PROJECT 79

ALLAN KIOKO

Mangbetu People

WHEN 10 giugno June -25 agosto August

Allan “Think” Kioko è un artista visivo, illustratore e pittore murale, che vive a Karen Village a Nairobi in Kenya. È un pittore espressivo e un amante delle pennellate audaci, del colore e della texture. Le sue opere d’arte sono realizzate con acrilico su tela e acquerello su carta. Trae ispirazione dalle sue esperienze di vita e dai luoghi in cui è stato. Gran parte della sua produzione scava in profondità nella sua esperienza personale. Il fil rouge è il popolo Mangbetu, un gruppo etnico del Sudan centrale presente nella Repubblica Democratica del Congo, che ha un forte legame con varie forme d’arte.

ENG Allan ‘Think’ Kioko is a visual artist, illustrator and muralist based at the Karen Village, Nairobi, Kenya. He is an expressive painter and a lover of bold strokes, color and texture. His artwork is done using acrylic on canvas and watercolor on paper, deemed as thought provoking, humorous and sometimes contro -

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Not Only Biennale AROUND TOWN
AROUND TOWN GUIDE 18. INTERNATIONAL ARCHITECTURE EXHIBITION

versial. He draws inspiration from his own life experiences and places he’s been to. A big part of his production digs deep into his personal life experience. The fil rouge is the Mangbetu people, a Central Sudanic ethnic group present in the Democratic Republic of Congo that has a strong connection with various forms of art.

www.akkaproject.com

BEATRICE BURATI ANDERSON 80

EMILIO FANTIN, MARZIO ZORIO An Unexpected Space of Freedom

WHEN Fino Until 13 agosto August

Suoni, luci, voci, disegni e oggetti scarni ed essenziali ridisegnano gli spazi della galleria in maniera suggestiva e al contempo radicale grazie alle due installazioni site-specific di Emilio Fantin e Marzio Zorio. La mostra costruisce un percorso inedito della sensibilità, esplora territori intimi e impercettibili, disegna geografie nello spazio della relazione. Fantin si sofferma sul disorientamento e sulla distanza che diventano stati inediti del ricercare un equilibrio tra le cose; Zorio scorge e svela “un inatteso spazio di libertà” proprio in quella condizione rimossa, silenziosa e difficilmente rintracciabile della coscienza individuale e collettiva.

ENG Sounds, lights, voices, drawings and simple, plain objects redesign the gallery spaces in a way which is both evocative and radical thanks to the two site-specific installations by Emilio Fantin and Marzio Zorio. The exhibition constructs a novel sensory pathway that explores intimate, imperceptible territories and maps out geographies in the space of the relationship. Fantin lingers on the disorientation and distance that become unprecedented states of seeking a balance between things; Zorio sees and reveals “an unexpected space of freedom” precisely in the absent, silent, hardto-trace condition of individual and collective consciousness.

Art Space & Gallery

Calle de la Madonna, San Polo 1976 www.beatriceburatianderson.com

BEL-AIR FINE ART 81

Untitled

Un’immersione live nell'arte contemporanea attraverso i lavori di artisti emergenti e di fama internazionale. Dalla pittura alla scultura, fino alla fotografia, la galleria espone una ricca selezione di opere di vari movimenti e stili artistici quali la Street art, la Neo Pop art, l’Optical art e l’Iperrealismo. Bel-Air Fine Art ha creato una forte identità costruita sullo stretto legame con gli artisti stessi e le loro esperienze, acquisendo uno spirito metropolitano e global e riuscendo a

catturare i fermenti estetici più interessanti in un continuo legame tra passato e futuro, tra artisti e geografie: un mosaico di visioni estetiche diverse e insolite.

ENG A lively immersion in contemporary art through the works of emerging as well as internationally renowned artists. From painting to sculpture to photography, the gallery exhibits a rich selection of works from various artistic movements such as Street art, Neo Pop art, Optical art and Hyperrealism, among others. Bel-Air Fine Art has created a strong identity building close relationships with the artists themselves, acquiring a metropolitan and global spirit and managing to capture interesting aesthetic ferments, creating links between past and future, artists and geographies to compose a mosaic of different and unusual aesthetic visions. Calle del Spezier, San Marco 2765 Dorsoduro 728 www.belairfineart.com

BERENGO STUDIO 82 SAM BARON Sacrum Unguentum

WHEN 17 maggio May-1 ottobre October

Un nuovo progetto che conferma la visione creativa di Adriano Berengo e la sua straordinaria capacità di innescare un dialogo senza confini con il mondo dell’arte contemporanea e del design: Sacrum Unguentum di Sam Baron trasforma in un laboratorio lo spazio di un ex-farmacia storica. Un insieme di “pezzi singoli” in vetro popolano gli scaffali, il bancone e le vetrine, tra fiori, foglie, spine e veleni che seducono e inquietano al tempo, lasciando aperta la domanda sulla natura amica e nemica, amena e terribile, preziosa e fragile come il vetro. Lo sguardo contemporaneo di Baron sull’arte ancestrale del vetro mette in discussione l’aspetto decorativo della sua produzione per recuperare i dettagli ornamentali e i riferimenti culturali di un’arte antica. Una selezione di sculture è esposta anche presso l'hotel St. Regis Venice.

ENG A new project that confirms Adriano Berengo’s creative vision and extraordinary ability to prompt a free-ranging dialogue with the world of contemporary art and design: Sam Baron’s Sacrum Unguentum transforms the interior of a historic former pharmacy into a laboratory. A set of “one-off pieces” in glass populate the shelves, the counter and the windows, among flowers, leaves, thorns and poisons that simultaneously seduce and disturb, highlighting nature’s ambiguous role as pleasant and terrible, precious yet as fragile as glass. Baron’s contemporary gaze on the ancestral art of glass interrogates the decorative aspects of its production in order to take up the ornamental details and cultural references of this ancient art. A selection of sculptures will also be displayed at The St. Regis Venice.

Berengo Collection, Ex Farmacia San Marco 412

www.berengo.com

CA’ PESARO/1 83

La donazione Gemma De Angelis Testa

WHEN Fino Until 17 settembre September

Le scelte e i percorsi del gusto di Gemma De Angelis Testa partono dalla metà del Novecento e sviluppano un dialogo continuo con la produzione di Armando Testa. Un’eccezionale donazione che completa e integra le Collezioni di Ca’ Pesaro attraverso 105 opere di Kiefer, De Dominicis, Clemente, Cucchi, Schifano, Cragg, Spalletti, Rauschenberg, Twombly, Merz, Pistoletto, Calzolari, Zorio, Abramovic, Beecroft, Hofer, Mori, Neshat, Kentridge, Ofili, Paci, Do-Ho Suh, Chen Zhen, Vezzoli, Viola, Ai Weiwei e molti altri ancora. Lavori che abbracciano tecniche, culture e geografie diverse, restituendo a Ca’ Pesaro un posto centrale nella contemporaneità.

ENG The itineraries of Gemma De Angelis Testa’s taste begin from the mid-twentieth century and develop in a continuous dialogue with the work of Armando Testa. This exceptional donation completes and joins the Ca’ Pesaro Collections with 105 works by Kiefer, De Dominicis, Clemente, Cucchi, Schifano, Cragg, Spalletti, Rauschenberg, Twombly, Merz, Pistoletto, Calzolari, Zorio, Abramovic, Beecroft, Hofer, Mori, Neshat, Kentridge, Ofili, Paci, DoHo Suh, Chen Zhen, Vezzoli, Viola, Ai Weiwei and many more. Works that embrace different techniques, cultures and geographies, restoring Ca’ Pesaro to its central position in the contemporary art world.

Galleria Internazionale d’Arte Moderna (second floor), Santa Croce 2076 www.capesaro.visitmuve.it

CA’ PESARO/2 84

AFRICA 1:1. Cinque artisti africani a Ca’ Pesaro

WHEN 20 maggio May-1 ottobre October Cinque autori della scena artistica africana – Option Nyahunzvi (1992, Zimbabwe), Pamela Enyonu (1985, Uganda), Alexandre Kyungu (1992, Congo), Boniface Maina (1987, Kenya) e Ngugi Waweru (1987, Kenya) – sono stati invitati in residenza a Venezia per lavorare a contatto con le collezioni della Galleria d’Arte Moderna grazie a un progetto inedito messo in atto da AKKA Project, Africa First e Ca’ Pesaro. Il risultato è una serie di opere site-specific che danzano con il tempo e lo spazio, con i secoli e i continenti. Klimt, Rodin, De Chirico, Carrà, il palazzo stesso, così come la città tutta, sono stati reinterpretati con uno sguardo nuovo e sorprendente.

ENG Five creators from the African art scene – Option Nyahunzvi (1992, Zimbabwe), Pamela Enyonu (1985, Uganda), Alexandre Kyungu (1992, Congo), Boniface Maina (1987, Kenya) and Ngugi Waweru (1987, Kenya) – were invited for a residence in Venice to work in contact with the collections of the Galleria d’Arte

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NOT ONLY BIENNALE Not Only Biennale AROUND TOWN
65 w w w a rt- e v en t s. i t @ a rte v e n t s. i t venues · exhibitions · experiences · production · set up · solutions · management · consulting · hospitality · communication · opening events

Moderna thanks to an unprecedented initiative implemented by AKKA Project, Africa First and Ca’ Pesaro. The result is a series of site-specific works that engage with time and space and with the centuries and continents. Klimt, Rodin, De Chirico, Carrà, the building itself, as well as the whole city, have been reinterpreted from a new and surprising perspective.

Galleria Internazionale d’Arte Moderna (ground floor and Project Room)

Santa Croce 2076 www.capesaro.visitmuve.it

CA’ REZZONICO 85

LINO TAGLIAPIETRA I colori del vetro

WHEN Apertura imminente Forthcoming Una nuova straordinaria retrospettiva, organizzata da Fondazione Musei Civici di Venezia in collaborazione con Fondazione Berengo e Berengo Studio, celebra la vita e il lavoro del maestro dei maestri di Murano: Lino Tagliapietra. Nato a Venezia nel 1934, Tagliapietra sin da giovane padroneggia l’arte del vetro soffiato di Murano, distinguendosi come un talento unico e guadagnandosi il titolo di “Maestro” a soli 21 anni. La sua abilità tecnica coniugata alla propensione artistica e alla sua incessante sperimentazione ha portato Tagliapietra a raggiungere esiti straordinari, traghettando definitivamente l’antica tecnica del vetro colorato nell’olimpo dell’arte e riscrivendo la storia del vetro contemporaneo. ENG Organized by Fondazione Musei Civici di Venezia in collaboration with the Fondazione Berengo and Berengo Studio, this extraordinary new retrospective celebrates the life and work of Murano’s maestro of maestros: Lino Tagliapietra. Born in Venice in 1934, Tagliapietra mastered the art of Murano blown glass from an early age, distinguishing himself as a unique talent and earning the title of “Maestro” at just 21. His technical ability combined with his artistic talents and his incessant experimentation led Tagliapietra to achieve extraordinary results, definitively elevating the ancient technique of coloured glass to the Olympus of art and rewriting the history of contemporary glass.

Dorsoduro 3136

www.carezzonico.visitmuve.it

CASTELLO 925 86

ROB MANGO Eterno ritorno

WHEN 15 settembre September 30 novembre November

Robert Mango dipinge con colori luminosi e celebrativi, con accenti metallici realizzati a mano, permettendo alle sue muse di brillare e risplendere. Nella sua caleidoscopica fusione di generi – astrazione, realismo, simbolismo e surrealismo – fa riferimento alla storia dell’arte. Installati insieme, i dipinti scultorei sagomati di Robert Mango descrivono una nuova era del Barocco,

lasciando spazio a un’estasi colorata di pigmenti vibranti e una poetica potente.

ENG Robert Mango paints in bright, celebratory colors with handcrafted metallic accents, allowing his muses to sparkle and shine. In his kaleidoscopic fusion of genres-abstraction, realism, symbolism and surrealism- he references art history. Installed together, the shaped sculptural paintings of Robert Mango, describe a new era of the Baroque that give way to a colorful ecstasy of vibrant pigments and powerful poetics.

Fondamenta San Giuseppe, Castello 925 www.crosscontemporaryprojects.com

CASTELLO 2093 87

Parasite 2.0 – Lunar per Crash Baggage

WHEN 20 maggio May-30 giugno June Venezia è affollata da turisti e valigie rumorose. Crash Baggage, brand di valigie dal design ammaccato, mette in mostra il brevetto rivoluzionario di una ruota silenziosa: Lunar, il primo pneumatico per trolley che, grazie ad una semplice tecnologia legata ai materiali di cui è costituito, isola da ogni rumore e riduce le vibrazioni una volta a contatto con i diversi tipi di suolo. Un’installazione immersiva site-specific, ideata dallo studio Parasite 2.0, per presentare il nuovo brevetto che ricrea un “laboratorio del futuro-primitivo” dove suoni, luci e immagini si mescolano, modificando la percezione degli opposti.

ENG Venice is crowded with noisy tourists and noisy suitcases, so Crash Baggage, the luggage brand with the dented design, is showcasing its revolutionary patent for a silent wheel: Lunar , the first trolley tire which, thanks to a simple technology linked to the materials used in its manufacture, prevents any noise and reduces vibrations from contact with the various types of surface. An immersive site-specific installation designed by the Parasite 2.0 studio presents this new patent, recreating a “primitive-future laboratory” where sounds, lights and images blend, modifying the perception of opposites.

Calle del Forno, Fondamenta della Tana Castello 2093 www.crashbaggage.com

CATERINA TOGNON 88

MEL DOUGLAS Luminance

WHEN Fino Until 29 luglio July

Mel Douglas (Burnie, Tasmania, Australia, 1978) indaga il vetro attraverso l’estetica del tratto e arriva a concettualizzare la forma stessa come segno, trattando le sue sculture come fossero tele o fogli di carta. L’artista si serve delle proprietà uniche del vetro – trasparenza, traslucenza o opacità – per collegare e sovvertire lo spazio, sviluppando sculture bi- e tridimensionali che fondono spazialmente superficie e segno

dove la forma non rappresenta più un mero supporto, ma un disegno tridimensionale a tutti gli effetti. La sua pratica consiste infatti in un lento e deliberato processo di incisione manuale, a punta di diamante, sulla superficie delle sue opere in vetro.

ENG Mel Douglas (Burnie, Tasmania, Australia, 1978) investigates glass through the aesthetics of the mark, conceptualizing the form itself as mark and treating her sculptures as if they were canvases or sheets of paper. The artist uses the unique properties of glass – transparency, translucency or opacity – to connect and subvert space, developing twoand three-dimensional sculptures that spatially blend surface and mark, and where form no longer represents a mere support but becomes to all intents and purposes a three-dimensional drawing. Her practice consists in fact of a slow and deliberate process of manual engraving with a diamond point on the surface of her glass pieces.

Ca’ Nova di Palazzo Treves in Corte Barozzi San Marco 2158

www.caterinatognon.com

COLLEZIONE PEGGY GUGGENHEIM/1 89 EDMONDO BACCI L’energia della luce

WHEN Fino Until 18 settembre September Prima e più esaustiva personale dedicata all’artista veneziano Edmondo Bacci (1913 – 1978). La mostra – un’ottantina di opere, molte delle quali mai esposte prima, tra dipinti e disegni inediti – approfondisce la parte più lirica dell’opera del Maestro, quella coincidente con il momento più internazionale della sua carriera, gli anni ’50. Già affermato negli ambienti espositivi legati allo Spazialismo e tra gli artisti contemporanei più innovativi a livello nazionale, Bacci viene allora notato da Peggy Guggenheim che subito ne valorizza il lavoro. Emerge con forza allora agli occhi della critica tutta la novità del suo dipingere, la potenza generativa del colore, la rottura dei piani spaziali e il ritmo circolare della pennellata.

ENG The first and most extensive retrospective dedicated to Venetian artist Edmondo Bacci (1913 – 1978), this exhibition focuses primarily on the 1950s, the most lyrical and creative period of the artist’s career during which he achieved international success. It was during this time that Bacci, an established exponent of Spatialism and among the most innovative artists of the Italian art scene, came to the attention of Peggy Guggenheim, who soon began to promote his work, and critics soon acknowledged the novelty of his painting, the generative force of his color, his rupturing of spatial planes, and the circular rhythm of his brushstrokes.

Palazzo Venier dei Leoni, Dorsoduro 701 www.guggenheim-venice.it

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Venezia | Torino| Firenze | Roma | Napoli | Palermo

COLLEZIONE PEGGY GUGGENHEIM/2 90

Marcel Duchamp e la seduzione della copia

WHEN 14 ottobre October

18 marzo March, 2024

In tutta la sua opera Duchamp ha messo in discussione la gerarchia tradizionale tra originale e copia. Replicando il suo lavoro in diversi media con dimensioni variabili e in edizioni limitate, il grande avanguardista francese ha ridefinito concettualmente, in maniera a dir poco radicale, ciò che costituisce un’opera d’arte e, per estensione, l’identità dell’artista stesso. Il fulcro della mostra, Scatola in una valigia (1935-‘41), capolavoro oggi parte della Collezione Guggenheim, è un museo portatile contenente 69 repliche e riproduzioni in miniatura dell’opera di Duchamp che la mecenate americana acquistò dall’artista nel 1941.

ENG Throughout his oeuvre, Duchamp questioned the traditional hierarchy between original and copy. Replicating his work in different media, on various scales, and in limited editions, Duchamp radically redefined what constitutes a work of art and, by extension, the identity of the artist. The centerpiece of the exhibition is the Box in a Valise (1935-‘41), a portable museum of 69 miniature replicas and reproductions of Duchamp’s work, which Peggy Guggenheim acquired from the artist in 1941. Palazzo Venier dei Leoni, Dorsoduro 701 www.guggenheim-venice.it

COMPLESSO DELL’OSPEDALETTO 91

Venezia Fabrica Futura

WHEN 17 maggio May-17 luglio July

30 agosto August-30 settembre September

Fabrica Research Centre approda a Venezia con un laboratorio di ricerca eco-critica sulla città e il suo complesso ecosistema. Il laboratorio esplora futuri alternativi già presenti in laguna e propone una riflessione su ecologie di coesistenza locali in un’epoca segnata da crisi politiche, economiche e ambientali a livello globale. Un gruppo di giovani ricercatori internazionali in residenza a Fabrica propone progetti di ricerca multimediale, tra cui videogiochi interattivi, biofabbricazioni con mitili della laguna, esplorazioni gustative, erbari sperimentali dedicati alla flora subacquea e rielaborazioni sonore dei dati del moto ondoso e dell’inquinamento dei canali veneziani.

ENG Fabrica Research Centre brings to Venice an eco-critical research laboratory concerning the city and its complex ecosystem. The laboratory explores alternative futures already present in the lagoon and promotes reflection on local ecologies of co-existence in an era marked by global political, economic and environmental crises. A group of young interna-

tional researchers in residence at Fabrica propose multimedia research projects, including interactive video games, bio-fabrications using mussels from the lagoon, experiential tastings, experimental herbariums dedicated to underwater flora and aural re-elaborations of wave motion and pollution data from Venetian canals. Barbaria de le Tole, Castello 6691 www.fabrica.it

EUROPEAN CULTURAL CENTRE (ECC) 92

PALAZZO BEMBO, PALAZZO MORA, GIARDINI DELLA MARINARESSA

Time Space Existence

WHEN 20 maggio May-26 novembre November La sesta edizione di Time Space Existence, ampia e composita mostra collettiva, affronta i temi dell’abitare su diversa scala – casa, ambiente naturale e sociale, Pianeta –, posti al centro di una progettualità comune per trovare nuove vie sostenibili da seguire e sviluppare. I 217 progetti internazionali presentati nelle tre sedi dell’European Cultural Centre, Palazzo Bembo, Palazzo Mora e i Giardini della Marinaressa, disegnano una mappa delle proposte più innovative ed espressioni emergenti nell’ambito della sostenibilità nelle sue molteplici forme e declinazioni, che vanno dall’attenzione all’ambiente e al paesaggio urbano, con metodi di costruzione e materiali che riducono il consumo energetico, alle proposte in discussione su innovazione, riuso, design circolare, comunità e convivenza, giustizia sociale e inclusione. Architetti, designer, ricercatori, accademici, creativi, fotografi, provenienti da 52 Paesi e che lavorano in diverse discipline, offrono un dialogo coinvolgente che restituisce voci e prospettive differenti ad ampio spettro, focalizzando l’attenzione internazionale sulle questioni fondamentali dell’architettura contemporanea.

ENG The sixth edition of large collective exhibition Time Space Existence deals with the theme of living on different scales - home, natural and social environment, planet - set at the centre of communal planning to identify new sustainable approaches to follow and develop. The 217 international projects presented in the three locations of the European Cultural Centre, Palazzo Bembo, Palazzo Mora and the Giardini della Marinaressa constitute a map of the most innovative proposals and emerging concepts in the field of sustainability in its multiple forms, ranging from attention to the environment and the urban landscape through construction methods and materials that reduce energy consumption to proposals regarding innovation, reuse, circular design, community and coexistence, social justice and inclusion. Architects, designers, researchers, academics, creatives and photographers from 52 countries and working in various disciplines offer an engaging dialogue that foregrounds

alternative voices and perspectives across a broad spectrum, focusing international attention on the fundamental issues of contemporary architecture.

Palazzo Bembo, Riva del Carbon

San Marco 4793

Palazzo Mora, Strada Nuova

Cannaregio 3659

Giardini della Marinaressa

Riva dei Sette Martiri, Castello

www.ecc-italy.eu

www.timespaceexistence.com

EX CONVENTO

SS. COSMA E DAMIANO 93

DNA Ucraino

WHEN 18 maggio May-20 giugno June

Il progetto espositivo si concentra sulla ricerca del genius loci della cultura e del territorio ucraino al fine di delineare un futuro programma di ricostruzione dei territori distrutti dal conflitto in corso capace di conservare le caratteristiche identitarie della Nazione. Il Paese è al momento un “laboratorio tragico e pericoloso”, un campo di battaglia per la società del futuro. Gli ucraini sono uniti dalla volontà di essere liberi, legati ai loro antenati e alle generazioni future dalle sottili radici dell’identità. Il progetto prevede la creazione di una piattaforma di cooperazione tra architetti ucraini e italiani per la realizzazione di architetture nuove pensate e disegnate concentrandosi sulle priorità del vissuto della comunità. ENG The exhibition project focuses on the search for the genius loci of Ukrainian culture and territory in order to outline a future reconstruction program for those territories levelled by the ongoing conflict capable of preserving the nation’s characteristic identity. The country is currently a “tragic and dangerous workshop”, a battlefield for the society of the future. Ukrainians are united by their desire to be free and are linked to their ancestors and future generations by the subtle roots of identity. The project envisages the creation of a cooperation platform between Ukrainian and Italian architects for the development of new architectures conceived and designed by focusing on the priorities of the community’s experience.

Sala del Camino, Campo San Cosmo

Giudecca 620

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AROUND TOWN Not Only Biennale AROUND TOWN GUIDE 18. INTERNATIONAL ARCHITECTURE EXHIBITION

FONDACO DEI TEDESCHI 94 RADIALS

WHEN 18 maggio May-10 novembre November Fondaco dei Tedeschi ha affidato a Sbagliato – progetto artistico fondato nel 2011 da tre architetti e designers romani – l’ideazione di due installazioni “visionarie” sulla facciata e all’ultimo piano dell’edificio. Il progetto nasce dal desiderio di generare un’interferenza, di creare ‘varchi’ all’interno dell’ordine composto dalle architetture. Nella Loggia sul Canal Grande, infatti, la moltiplicazione dell’arco all’esterno crea una prospettiva ‘infinita’. L’intervento nello Spazio Eventi estrapola invece una porzione della Corte interna ricollocandola, decontestualizzata, sulle quattro pareti. Gli archi colorati di blu si muovono sinuosi come sommersi in un dialogo tra l’architettura e l’acqua.

ENG Fondaco dei Tedeschi has entrusted Sbagliato – an artistic project founded in 2011 by three Roman architects and designers – with the creation of two “visionary” installations on the façade and on the top floor of the building. The project stems from the desire to generate interference and to create ‘gaps’ within the architectural orderliness. In the Loggia on the Grand Canal, the multiplication of the arch on the external façade creates an ‘infinite’ perspective while the installation in the Spazio Eventi extrapolates a portion of the internal courtyard by decontextualizing it and relocating it onto the four walls, the blue arches moving sinuously as though submerged in a dialogue between architecture and water.

Calle del Fontego dei Tedeschi, Rialto (next to the bridge) www.sbagliato.net

FONDATION VALMONT 95 EGO

WHEN Fino Until 25 febbraio February, 2024 Ego come sé, letteralmente dal latino “io”, prima persona singolare; ego come soggetto pensante, mediatore tra conscio e inconscio. L’ego che per l’artista diventa eroe, mano creativa, colui che decide sulla bellezza. Su questo tema sono stati invitati a riflettere quattro artisti, immersi in una Venezia che è la massima espressione di bellezza fragile ed eterna. Carles Valverde, Didier Guillon, Vangelis Kyris e Anatoli Georgiev sono i protagonisti della nuova stagione espositiva di Fondation Valmont. Una visione sull’arte contemporanea allargata e rivolta verso il futuro, che intreccia arte e bellezza in uno sguardo questa volta tutto al maschile.

ENG Ego as self, from the Latin “io”, first person singular; ego as thinking subject, mediator between conscious and unconscious. The ego that becomes hero and creative hand for the artist – he who decides about beauty. Immersed in a Venice that is the most extreme expression of fragile and eternal beauty, four artists were invited to reflect upon this theme:

Carles Valverde, Didier Guillon, Vangelis Kyris and Anatoli Georgiev are the protagonists of the new exhibition season of Fondation Valmont. A wider, forward-looking vision of contemporary art, interweaving art and beauty in a gaze which this time is entirely male.

Palazzo Bonvicini, Calle Agnello Santa Croce 2161/A www.fondationvalmont.com

FONDATION WILMOTTE 96 Prix W 2023 Un toît pour tous

WHEN 18 maggio May-27 novembre November Per la sua decima edizione il Premio W di architettura, promosso da Fondation Wilmotte, ha scelto un tema progettuale tanto stimolante quanto eloquentemente essenziale nella sua formulazione: Un tetto per tutti!. I tetti modellano il paesaggio delle città e delle campagne, modellano l’orizzonte. Di fronte all’attuale crisi degli alloggi i partecipanti hanno immaginato soluzioni originali al fine di progettare moduli abitabili che si inseriscono sotto coperture esistenti e inutilizzate (tetti di capannoni agricoli, industriali, ferroviari o del patrimonio militare abbandonati, tetti di edifici da riconvertire, locali commerciali di grandi dimensioni dismessi, ecc.). Tra i 57 progetti partecipanti ne sono stati premiati quattro, ora protagonisti della mostra.

ENG For its tenth edition, the W Architecture Prize, promoted by Fondation Wilmotte, has chosen a design theme that is as stimulating as it is eloquently simple in its formulation: A roof for all! Roofs shape the landscape of cities and countryside and they shape the horizon. Faced with the current housing crisis, the participants devised original solutions for habitable modules to fit under existing and unused roofs (roofs of abandoned agricultural, industrial, railway or military sheds, roofs of buildings to be reconverted, large disused commercial premises, etc.). The four winning projects out of the 57 participating are the protagonists of the exhibition.

Fondaco degli Angeli, Fondamenta dell’Abbazia, Cannaregio 3560 www.fondationwilmotte.com www.prixw.com

FONDAZIONE BEVILACQUA LA MASA 97 PASCAL SENDER

WHEN 20 maggio May-16 luglio July

Pascal Sender mostra come arte e tecnologia possono essere unite per offrire una prospettiva diversa su come assimiliamo un dipinto. La sua passione per la realtà virtuale e aumentata lo ha portato a ripensare l’intera creazione di un’opera d’arte dall’inizio alla fine. La sua è un’opera a due strati, innovativa, fresca e attuale. Londinese, nato in Svizzera, Sender presenta una collezione

di dipinti che saltano fuori dalla tela, forme tridimensionali che si muovono e interagiscono con lo spettatore. L’artista rappresenta con energia visivamente entusiasta il nostro quotidiano, una realtà che non può essere vista passivamente, ma che deve essere vissuta.

ENG Pascal Sender shows how art and technology can be brought together to offer a new perspective on how we assimilate a painting. His passion for virtual and augmented reality led him to rethink the creation of a work of art from start to finish. His work is two-layered, innovative, fresh and current. A Londoner who was born in Switzerland, Sender presents a collection of paintings that leap off the canvas: three-dimensional shapes that move and interact with the viewer. The artist depicts our daily life with enthusiastic visual energy: a reality that cannot be enjoyed passively but which must be experienced first hand.

FONDAZIONE GIORGIO CINI 98

LUCIANO BALDESSARI Architetture per la scena

WHEN Fino Until 26 novembre November Una preziosa mostra che raccoglie disegni e progetti per il cinema e il teatro realizzati dall’architetto Luciano Baldessari (1896 – 1982), figura eclettica e radicalmente libera fra le più interessanti del XX secolo. Il percorso espositivo documenta come Baldessari, laureato al Politecnico di Milano e formatosi a Berlino degli anni ‘20 del Novecento, abbia formulato attraverso la progettazione e la realizzazione dei suoi lavori una traccia di metodo, un proprio modo inconfondibile di guardare al mondo e all’architettura. Le opere in mostra sono state concesse in prestito dal CASVA – Comune di Milano. Il progetto di allestimento è a cura di Baldessari e Baldessari. La lampada Luminator è prodotta da Codiceicona. ENG A valuable exhibition that collects drawings and projects for cinema and theatre by architect Luciano Baldessari (1896 – 1982), an eclectic and radically free-thinking figure who is among the most interesting of the 20th century. The exhibition documents how, through the design and creation of his work, Baldessari, a graduate of Milan Polytechnic who trained in Berlin in the 1920s, formulated a unique approach and his own unmistakable way of looking at the world and at architecture. The works on display have been loaned by CASVA –Municipality of Milan. The exhibition design is by Baldessari and Baldessari. The Luminator lamp is manufactured by Codiceicona.

Biblioteca Nuova Manica Lunga

Isola di San Giorgio Maggiore www.cini.it

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NOT ONLY BIENNALE Not Only Biennale AROUND TOWN

FONDAZIONE DELL’ALBERO D’ORO/1 99

Nicolò Manucci, il Marco Polo dell’India. Un veneziano alla corte Moghul nel XVII secolo

WHEN Fino Until 26 novembre November Viaggi leggendari e vite avventurose. Il titolo della mostra svela in maniera diretta ed eloquente il cuore narrativo di questa straordinaria avventura umana e culturale. L’esposizione ripercorre le tappe salienti della vita del viaggiatore veneziano, restituendo lo sguardo prezioso, diremmo quasi unico per durata ed intensità del vissuto, di un testimone privilegiato della storia e della ricchezza culturale dell’India Moghul. Nicolò Manucci (1638 – 1720), di umili origini, figlio di un “pesta spezie”, spinto dal desiderio di esplorare il mondo, a soli 14 anni, nel novembre del 1653, si imbarcò a Venezia alla volta dell’Oriente, nascosto nella stiva di una tartana, senza fare più ritorno. Un’avventura davvero esaltante in tutte le sue contraddizioni di percorso da ripercorrere a fiato sospeso.

ENG Legendary journeys and lives of adventure. The title of the exhibition – Nicolò Manucci, the Marco Polo of India – directly and eloquently communicates what is at the heart of this extraordinary human and cultural adventure. The exhibition traces the various stages in the life of the Venetian traveler, offering us the precious - we might almost say unique in terms of duration and intensity of experience – gaze of a privileged witness to the history and cultural richness of Mughal India. At only 14 years of age and driven by a desire to explore the world, in November 1653, Nicolò Manucci (1638 – 1720), of humble origins and the son of a “spice grinder”, boarded a ship bound from Venice to the East, hidden in the hold of a tartan, never to return. A truly exhilarating adventure in all its contradictions, to be experienced with bated breath.

Palazzo Vendramin Grimani, San Polo 2033 www.fondazionealberodoro.org

FONDAZIONE DELL’ALBERO D’ORO/2 100 NIKOS ALIAGAS Regards Vénitiens

WHEN Fino Until 26 novembre November

Il lavoro fotografico occupa da anni un posto importante nella carriera di giornalista e conduttore televisivo e radiofonico di Nikos Aliagas. Su invito della Fondazione dell’Albero d’Oro, ha visitato per la prima volta la laguna catturandone la realtà misteriosa e affascinante con il suo obiettivo. Le sue immagini in bianco e nero esplorano contrasti, controluce, movimenti all’interno di inquadrature in cui le linee rette e curve si sposano, ad esempio su un volto oppure all’angolo di una calle.

ENG Invited by Fondazione dell’Albero d’Oro, Nikos Aliagas first visited the lagoon and

experienced its mysterious and fascinating appeal. A journalist and a TV and radio host, Aliagas is also a photographer. His B&W photographs explore contrasts, backlighting and movement in frames that portray straight and curved lines, such as a face or the corner of an alleyway.

Palazzo Vendramin Grimani, San Polo 2033 www.fondazionealberodoro.org

FONDAZIONE MARCHESANI 101

I Am the Earth

WHEN 21 maggio May-22 luglio July

Il pianeta Terra si racconta con preoccupazione e consapevolezza attraverso le voci di 22 artisti. L’arte è non solo mimesis (riproduzione visiva e mentale) di quel che appare, è uno strumento per storicizzare il passato/futuro, forse l’unico strumento rimasto per capire chi siamo. Ogni meraviglia, ogni pietra, ogni goccia di pioggia, ogni folata di vento diventano protagoniste di una riflessione visiva. Ogni opera in mostra è parte di uno stesso organismo vivente dotato di un eccezionale potere che afferma la propria unicità: il pianeta Terra.

ENG With concern and self-awareness, Planet Earth tells its story through the voices of 22 artists. Art is not only mimesis (visual and mental reproduction) of what appears, it is a tool for historicizing the past/future, perhaps the only tool left for understanding who we are. Every marvel, every stone, every drop of rain, every gust of wind becomes the protagonist of a visual reflection. Each work on display is part of the same living organism endowed with an exceptional power that affirms its own uniqueness: the planet Earth.

Dorsoduro 2525 e 2525/A www.fondazionemarchesani.org

FONDAZIONE PRADA 102 Everybody Talks About the Weather

WHEN 20 maggio May-26 novembre November

Mostra di ricerca, ideata dal curatore Dieter Roelstraete, che esplora i significati del tempo meteorologico nell’arte visiva, concentrandosi sulle condizioni atmosferiche quale punto di partenza per esaminare più estesamente l’emergenza climatica in corso. Più di 50 opere contemporanee e una selezione complementare di lavori storici che rivelano la costante attenzione degli artisti nel “parlare del tempo”. Passando dai dipinti allegorici e le pitture en plein air alle recenti installazioni multimediali e all’attivismo transnazionale, la mostra enuclea e restituisce attraverso il segno artistico i vari modi in cui il clima e il tempo hanno plasmato le nostre identità culturali, evidenziando le diverse forme attraverso le quali l’umanità ha saputo nel tempo affrontare l’esposizione quotidiana agli eventi meteorologici.

ENG The brainchild of curator Dieter Roelstraete, an exhibition which explores the meanings of weather in visual art, using atmospheric conditions as a springboard for a more extensive examination of the ongoing climate emergency. More than fifty contemporary pieces and an additional selection of historical pieces that reveal the constant interest of artists in “talking about the weather”. Passing from allegorical and en plein air paintings to recent multimedia installations and transnational activism, the exhibition enucleates and highlights through art the various ways in which climate and weather have shaped our cultural identities, foregrounding the various forms through which humanity has over time managed to deal with daily exposure to meteorological events. Ca’ Corner della Regina, Santa Croce 2215 www.fondazioneprada.org

FONDAZIONE QUERINI STAMPALIA 103

DoorScape. Lo spazio oltre la soglia

WHEN 18 maggio May-26 novembre November Prima edizione di DoorScape, il concorso internazionale ideato da Oikos Venezia e Fondazione Querini Stampalia che propone una riflessione sullo spazio di ingresso nei suoi molteplici collegamenti, accezioni e funzioni, avviando una riflessione inedita in questo ambito di ricerca. L’idea è indagare spazi di riflessione più ampia rispetto all’approccio esclusivamente tecnico: la porta come luogo d’incontro tra interno ed esterno, come confine fluido, un passaggio attraverso due spazi di intersezione. Dei 150 progetti presentati 10 sono stati selezionati dalla giuria, presieduta da AMDL CIRCLE e Michele De Lucchi, e vengono ora esposti in mostra. ENG The first edition of DoorScape, the international competition founded by Oikos Venezia and Fondazione Querini Stampalia which examines entrance spaces in their multiple connections, meanings and functions, undertaking an unprecedented reflection in this field of investigation. Its goal is to examine a wider range of spaces than a purely technical approach would permit: the door as a meeting place of inside and outside, as a fluid border, as passageway between two intersecting spaces. Of the 150 projects submitted, the ten which were selected by the jury chaired by AMDL CIRCLE and Michele De Lucchi are now on display in the exhibition.

Area Carlo Scarpa

Campo Santa Maria Formosa, Castello 5252

www.doorscape.eu

www.querinistampalia.org

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AROUND TOWN GUIDE 18. INTERNATIONAL ARCHITECTURE EXHIBITION

STAIRWAYS TO VENICE

The most fabulous staircases of the City

Scuola Grande San Giovanni Evangelista and Scala Contarini del Bovolo

biglietto combinato | combined ticket

gioiellinascostidivenezia.it | scuolasangiovanni.it

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IKONA GALLERY/1 104 Mercanti e stracciaioli nel Ghetto di Venezia

WHEN Fino Until 30 agosto August Broccati, sete, velluti meravigliosamente lavorati sono testimoni di una vera e propria arte, quella dei Testori da seda. A metà del Settecento Venezia conta 795 tessitori e il Ghetto è circondato da ogni lato da centinaia di botteghe di tessitori cristiani. Agli ebrei non era concesso tessere, potevano solo commerciare strazze... La mostra ripercorre questi intrecci di storie offrendo la possibilità di ammirare preziosi tessuti legati alla liturgia ebraica, esposti dopo un accurato restauro e appartenenti alle collezioni del Museo Ebraico di Venezia. Tre secoli di storia raccontati attraverso manufatti tessili.

ENG Brocades, silks and beautifully worked velvets are the testimony of a true art – that of Testori da seda, or Weavers of Silk. In the mid-eighteenth century Venice had 795 weavers and the Ghetto was surrounded on all sides by hundreds of Christian weavers’ shops. Jews were not allowed to weave, but could only trade strazze – raw silk waste. The exhibition retraces these intertwining stories, offering visitors the chance to admire precious fabrics linked to the Jewish liturgy, exhibited after careful restoration and belonging to the collections of the Jewish Museum of Venice. Three centuries of history narrated through textiles. Campo del Ghetto Nuovo, Cannaregio 2909 www.ikonavenezia.com

IKONA GALLERY/2 105

New York, New York

Berenice Abbott, Ilse Bing, Margaret Bourke-White, René Burri, Andreas

Feininger, Dorothea Lange, Francesca Woodman

WHEN 7 settembre September

26 novembre November

Una collezione di opere originali di grandi fotografi dal 1930 al 1950, da Berenice Abbott fino a Francesca Woodman, che hanno come unico soggetto New York rappresenta il prezioso regalo di compleanno che Ikona Gallery fa al suo pubblico per festeggiare i vent’anni dall’apertura dello spazio in campo del Ghetto. «La sua Ikona è una piccola grande galleria che nei decenni ha continuato con eroica tenacia un’attività che si era già dispiegata negli anni con mostre fondamentali in molte prestigiose sedi veneziane [...]. Non è un tipo accomodante Živa Kraus, la sua esigenza di qualità è sempre assoluta e senza tentennamenti» (Ferdinando Scianna).

ENG This collection of original works from 1930 to 1950 by eminent photographers including Berenice Abbott and Francesca Woodman,

and whose sole subject is New York, represents a precious birthday gift from Ikona Gallery to its public in celebration of the twenty years since the opening of its exhibition space in Campo del Ghetto. “Her Ikona is a wonderful little gallery that over the decades has continued with heroic tenacity an activity that had already been underway over the years with fundamental exhibitions in many prestigious Venetian venues [...]. Živa Kraus is not an accommodating type, her need for quality is always absolute and unhesitating.” (Ferdinando Scianna).

Campo del Ghetto Nuovo, Cannaregio 2909 www.ikonavenezia.com

IN’EI GALLERY/1 106 JIN HEE PARK 박진희 Bearable Lightness of Being: Hanji Tables

WHEN 17 maggio May-24 giugno June L’architetta Jin Hee Park esplora le possibilità del design della tavola. In Corea lo stile di vita familiare tradizionale prevede che i pasti vengano consumati nella stanza personale, quindi il cibo viene spostato con un tavolo chiamato “soban”, simbolo della cultura patriarcale coreana. I tavoli Hanji Soban ideati per la mostra presentano un piano superiore sostenuto da quattro sottili gambe, in una forma che vuole porsi come metafora del rapporto tra i generi nel passato, ma cercando di fondere l’unicità della tradizione coreana con valori e forme totalmente contemporanei.

ENG Architect Jin Hee Park explores the possibilities of table design. In the daily life of the traditional Korean family, meals are eaten in a personal room, thus the food is moved with a table called a “soban”, a symbol of Korean patriarchal culture. The upper surfaces of the Hanji Soban tables designed for the exhibition are supported by four thin legs and their shape aims to act as a metaphor of the relationship between genders in the past, while also attempting to blend the uniqueness of Korean tradition with absolutely contemporary values and forms.

Riva del Vin, San Polo 1100 www.in-ei.it

IN’EI GALLERY/2 107

ART STUDIO h220430 The Floating Realm

WHEN 30 giugno June -20 agosto August

L’art studio h220430, guidato dall’architetto e artista Satoshi Itasaka, volge lo sguardo al passato, quello dell’infanzia, regno della fantasia e del sogno, che col passare del tempo svanisce. Un ritorno a quella dimensione “fluttuante” ( floating ) che abbiamo vissuto da bambini, qui fatta riemergere però totalmente nel nostro presente, con i sensi attivati e concentrati nello

sperimentare tutto per la prima volta. Vediamo così Mushroom Lamp, Balloon Mirror o The Birth Lamp trasformarsi in veri e propri strumenti per sospendere il fluire del tempo e rifugiarsi in un luogo alternativo in cui fermare la pesantezza della vita e ricaricarsi di fantasia.

ENG The h220430 art studio led by architect and artist Satoshi Itasaka turns its gaze to the past – that of childhood, the realm of fantasy and of those dreams which fade away over time. A return to that “floating” dimension we experienced as children, here fully re-emerging into in our present with our senses activated and concentrated on experiencing everything for the first time. Thus we see Mushroom Lamp, Balloon Mirror or The Birth Lamp transformed into actual tools for suspending the flow of time and taking refuge in an alternative place where we can pause the difficulty of life and recharge our imaginations.

Riva del Vin, San Polo 1100 www.in-ei.it

IN’EI GALLERY/3 108

FUMIHIKO SANO Grafting

WHEN 30 agosto August

30 settembre September

A cura di Hiroki Yamamoto, la mostra è l’occasione per conoscere lo stile Mono-ha rivisitato e personalissimo di Fumihiko Sano, architettofalegname giapponese e artista. Il suo lavoro unisce architettura, artigianato e arte. Nella pratica originale dell’artista il riferimento al movimento del Mono-ha ha fornito la linea, che si concentra sul rapporto tra il sé e le cose, mentre la tradizione dello stile architettonico sukiyazukuri delle sale da tè giapponesi del XVI secolo ha indicato la modalità: la completa eliminazione di ogni eccesso decorativo in favore di uno stile sobrio e raffinato.

ENG Curated by Hiroki Yamamoto, this exhibition is an opportunity to get to know the deeply personal modern take on the Mono-ha style of Japanese architect-carpenter and artist Fumihiko Sano. His work combines architecture, craftsmanship and art and in his original practice the reference to the Mono-ha movement provides the line, which focuses on the relationship between the self and objects, while the sukiya-zukuri architectural tradition of 16th-century Japanese teahouses indicates the approach: the complete elimination of any decorative excess in favour of a sober and refined style.

Riva del Vin, San Polo 1100

www.in-ei.it

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AROUND TOWN Not Only Biennale AROUND TOWN GUIDE 18. INTERNATIONAL ARCHITECTURE EXHIBITION

ISOLA DI SAN SERVOLO 109 VID Venice Innovation Design

WHEN 1-2 luglio July

Un evento che accompagna il processo di rigenerazione urbana in chiave sostenibile e produttiva dell’Isola di San Servolo a Venezia. Un living lab che per tre giorni si interroga sul futuro dell’architettura e del design attraverso il coinvolgimento di oltre 120 tra architetti, designer, imprenditori, innovatori e giornalisti, con Mario Cucinella come ospite d’onore. In programma interventi, tavole rotonde e un’area espositiva con una quindicina di selezionati designer e startup a presentare i risultati del loro lavoro, delle proprie ricerche in termini di materiali innovativi, di processi produttivi, di upcycling e utilizzo delle materie seconde.

ENG Venice Innovation Design is the event accompanying the sustainable and productive urban regeneration process of the Island of San Servolo in Venice. A living lab that for three days looks at the future of architecture and design through the involvement of over 120 architects, designers, entrepreneurs, innovators and journalists, with guest of honour Mario Cucinella. The programme includes talks, round tables and an exhibition area with about fifteen selected designers and startups presenting the results of their work and research into innovative materials, production processes, upcycling and the use of secondary materials.

Isola di San Servolo www.servizimetropolitani.ve.it

LE STANZE DEL VETRO/1 110

Vetro boemo: i grandi maestri

WHEN Fino Until 26 novembre November

Le opere di sei artisti pionieri della scultura contemporanea, nati in Boemia nelle prime decadi del secolo scorso, costituiscono il percorso di questa mostra, nuovo capitolo espositivo de Le Stanze del Vetro. Il racconto dell’emancipazione, dopo la Seconda Guerra mondiale, del vetro in Boemia (attuale Repubblica Ceca) dalla tradizionale categorizzazione di arte applicata e decorativa per un utilizzo della materia al servizio della realizzazione di sculture astratte, vetrate, architetture, installazioni e lavori site-specific, vede protagonisti Václav Cigler, Vladimír Kopecký, Stanislav Libenský e Jaroslava Brychtová, René Roubícˇezk e Miluše Roubícˇková.

ENG The works of six pioneering artists of contemporary sculpture born in Bohemia in the first decades of the last century form the itinerary of this latest exhibition by Le Stanze del Vetro. The story of the emancipation of glass in Bohemia (now the Czech Republic) from the traditional categorization of applied and decorative art after the Second World War, thus placing the material at the service of the creation of abstract sculptures, stained glass, architecture, installations and site-specific works, features Václav Cigler, Vladimír Kopecký,

Stanislav Libenský and Jaroslava Brychtová, René Roubíček and Miluše Roubíčková. Isola di San Giorgio Maggiore www.lestanzedelvetro.org | www.cini.it

LE STANZE DEL VETRO/2 111

Installazioni di Venini: Luce 1921 – 1985

WHEN Fino Until 9 luglio July Venini, grazie alla sua capacità di costante aggiornamento e alla sua grande apertura verso il mondo del progetto, fece diventare l’illuminazione per grandi ambienti pubblici un punto di riferimento per i più importanti architetti del Novecento. Due straordinarie installazioni ricostruiscono due testimonianze iconiche: il Velario realizzato nel 1951 per la copertura di Palazzo Grassi, formato da una serie di ‘festoni’ con cavi d’acciaio e sfere in vetro cristallo balloton (smontato nel 1985), e il monumentale lampadario a poliedri policromi, con circa tremila elementi, progettato da Carlo Scarpa per il Padiglione del Veneto all’esposizione di Torino Italia 61 per il Centenario dell’Unità d’Italia.

ENG Thanks to his talent for keeping constantly up to date and his immense openness towards the world of design, Venini made lighting for large public spaces a touchstone for the most important architects of the twentieth century. A pair of extraordinary installations reconstruct two of his iconic pieces: the Velario made in 1951 for the roof of Palazzo Grassi and formed by a series of ‘festoons’ with steel cables and spheres in balloton crystal glass (disassembled in 1985), and the monumental chandelier of polychrome polyhedrons composed of around three thousand elements and designed by Carlo Scarpa for the Veneto pavilion at the Turin Italia 61 expo for the centenary of the unification of Italy.

Sala Carnelutti

Isola di San Giorgio Maggiore www.lestanzedelvetro.org | www.cini.it

LE STANZE DELLA FOTOGRAFIA/1 112

UGO MULAS L’operazione fotografica

WHEN Fino Ultil 6 agosto August

Più di 300 immagini, documenti, libri, pubblicazioni e filmati offrono una sintesi in grado di restituire una lettura che si apre alle più diverse esperienze affrontate da Ugo Mulas (1928-1973) nel corso della sua straordinaria carriera troppo presto interrottasi, fotografo trasversale a tutti i generi precostituiti e capace di approfondire tematiche le più varie, cercando sempre la profondità della “quantità umana”. Le 14 sezioni ripercorrono tutti i campi d’interesse di Mulas: dal teatro alla moda, con i ritratti di amici e personaggi della letteratura, del cinema e dell’architettura fotografati come “modelli in posa”, dai

paesaggi e dalle città alla sua esperienza con la Biennale di Venezia e con gli artisti della Pop Art.

ENG More than 300 images, documents, books, publications and films constituting a summary that provides an insight into the various experiences undertaken by Ugo Mulas (Pozzolengo, 1928 – Milan, 1973), a photographer who worked in all the pre-established genres and who was capable of investigating a range of themes, always seeking the depth of “human quantity”. The 14 sections examine all of Mulas’ fields of interest, from theatre and fashion, portraits of friends and personalities from the worlds of literature, cinema and architecture photographed as “posed models” and landscapes and cities to his experience with the Venice Biennale and the artists of Pop Art.

Isola di San Giorgio Maggiore

www.lestanzedellafotografia.it

LE STANZE DELLA FOTOGRAFIA/2 113

ALESSANDRA CHEMOLLO

Venezia alter mundus

WHEN Fino Until 6 giugno June

Una visione peculiare della città più fotografata del mondo, sospesa tra passato e futuro.

Da oltre vent’anni soggetto prediletto dell’obiettivo di Alessandra Chemollo, Venezia si tramuta qui in un alter mundus, visitato e raccontato nel corso dei secoli da celebri viaggiatori. Un mondo altro, in cui è necessario muoversi con cautela, evitando di essere catturati da un’immagine che ci sembra familiare solo perché segretamente speriamo che ci aiuti a sostenere la potenza di questa città straniera. Immagini in una sequenza narrativa serrata, che non vogliono essere commentate, che non cercano spiegazioni, ma che si connettono ineluttabilmente ad altri mondi.

ENG A unique vision of the most photographed city in the world, suspended between past and future. The favourite subject of Chemollo’s lens for over twenty years, Venice is here transformed into an alter mundus, visited and narrated over the centuries by famous travellers. Another world, in which it is necessary to move cautiously to avoid being captured by an image that seems familiar to us only because we secretly hope it will help us cope with the city’s power. Images in a rapid narrative sequence which do not require comment nor seek explanations, but which connect us inevitably to other worlds.

Isola di San Giorgio Maggiore

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Not Only Biennale AROUND TOWN NOT ONLY BIENNALE

LE STANZE DELLA FOTOGRAFIA/3 114

PAOLO PELLEGRIN

WHEN Autunno Fall

Una vera e propria antologica, per molti aspetti inedita, restituisce tutti i principali temi che animano il percorso di Paolo Pellegrin (Roma, 1964), che nei decenni ha intrecciato la visione del reporter con l’intensità visuale dell’artista attraverso disegni, quaderni, appunti, fotografie che illustrano la complessità del processo creativo dell’autore. Il percorso racconta una storia di infinita umanità nell’epoca presente grazie a installazioni, ingrandimenti, scatti inediti, con un corpus di immagini del più recente reportage realizzato in Ucraina, dove il fotografo si è recato nei mesi immediatamente successivi allo scoppio della guerra.

ENG This in many ways unprecedented anthological exhibition examines the main themes which have defined the career of Paolo Pellegrin, who over the decades has interwoven his reporter’s vision with the visual intensity of the artist through sketches, notebooks and photographs that illustrate the complexity of his creative process. Through installations, blow-ups and previously unpublished photos, as well as a corpus of images from his most recent reporting in Ukraine, which the photographer visited in the months following the outbreak of the war, the exhibition tells a story of infinite humanity in the present age.

Isola di San Giorgio Maggiore www.lestanzedellafotografia.it

LINEADACQUA GALLERY 115 ANDREA AVEZZÙ

WHEN Fino Until 26 novembre November

L’immagine della città più fotografata al mondo, stremata dalla sovrapposizione di romanticismi e mitologie, riappare attraverso l’obiettivo di Andrea Avezzù nella sua potente e inarrivabile iconicità. Sono scatti che superano ogni forma di banalizzazione, ripulendo Venezia dal tragico logorio del turismo di massa riportandola a una dimensione virginale, un’età dell’oro che appartiene all’anima più antica e autentica della città. Avezzù moltiplica gli spazi, scompone e sovrappone le architetture, scopre registri di colore archetipali, sfida apertamente ogni riferimento olografico o didascalico.

ENG The image of the most photographed city in the world, crushed under layers of romanticism and mythology, reappears through the lens of Andrea Avezzù in all its powerful and unrivalled iconic nature. These shots defy any form of trivialization, cleansing Venice of the tragic wear and tear of mass tourism and restoring its purity, a golden age that belongs to the city’s oldest and most authentic soul. Avezzù multiplies spaces, dismantles and superimposes architectures, discovers registers of archetypal colours, and openly challenges any

holographic or didactic reference.

Calle della Mandola

San Marco 3716/A e 3720/A

www.lineadacqua.gallery

M9 – MUSEO DEL ‘900 116 RIVOLUZIONE VEDOVA

WHEN Fino Until 26 novembre November

Un percorso inedito per M9 che sceglie l’arte come strumento per esplorare e interpretare la storia sociale, culturale, politica ed economica dell’Italia. In mostra uno dei grandi maestri dell’arte del Novecento, Emilio Vedova, la cui opera è interprete e testimone di una costante attualità. Nella vita come nell’arte Vedova ha messo al centro della sua speculazione l’uomo come riverbero delle infinite costellazioni dell’universo, rivoluzionato la pittura con un originalissimo percorso riconosciuto fin dagli anni ‘50 dalla critica internazionale, e svolgendo parallelamente con passione il lavoro di insegnamento ai giovani, a cui ha affidato idee nuove, responsabilità e speranza.

ENG An unprecedented initiative for M9 that uses art as a tool for exploring and interpreting the social, cultural, political and economic history of Italy. On display is one of the grand masters of 20th century art, Emilio Vedova, whose work is both interpreter and witness of constant relevance. In life as in art, Vedova set at the centre of his practice humankind, as echo of the infinite constellations of the universe, revolutionising painting with what international critics from the 1950s on recognised as a profoundly original direction, and carrying out his work passionately while also teaching young people, to whom he entrusted new ideas, responsibilities and hope. Via Giovanni Pascoli 11, Mestre www.m9museum.it www.fondazionevedova.org

MUSEO CORRER/1 117

CARLA ACCARDI

Gli anni Settanta: i lenzuoli

WHEN Fino Until 29 ottobre October Carla Accardi (Trapani, 1924 – Roma, 2014) è una delle figure creative più significative del XX secolo per il suo contributo fondamentale e originale all’affermazione dell’arte non figurativa in Italia. L’omaggio tributato alla sua grandezza è stato concepito sotto forma di installazione, con una ristretta selezione di lavori posti in dialogo con gli ambienti storici del Museo. Si tratta dei Lenzuoli, un ciclo di opere avviato negli anni ‘70 del Novecento raramente visibile nel suo insieme e che, pur nella sua specificità visiva e semantica, risulta del tutto indicativo circa la cifra della ricerca dell’artista e, a suo modo, riassuntivo del suo percorso creativo.

ENG The fundamental and original contribution to the affirmation of non-figurative art in Italy of Carla Accardi (Trapani, 1924 – Rome,

2014) makes her one of the most significant creative figures of the 20th century. This homage to her importance has been conceived in the form of an installation, where a small selection of pieces dialogue with the historical setting of the Museum. These are Lenzuoli, a cycle of works begun in the ‘70s and rarely visible in its entirety and which, despite their visual and semantic specificity, are wholly indicative of the nature of the artist’s practice and in their way a summary of her creative journey.

MUSEO CORRER/2 118

L’arte della Giustizia

La Giustizia nell’arte

WHEN 30 maggio May

3 settembre September

Un percorso di indagine attorno al tema iconografico della Giustizia nelle sue molteplici sfaccettature e nei diversi momenti storici attraverso lo sguardo dell’arte. Nell’iconografia tradizionale la Giustizia è raffigurata con la bilancia quale più antico tra i suoi attributi, al quale si aggiungono nel tempo la spada come simbolo ammonitorio del suo potere di punire i malvagi, il leone come espressione di forza e la benda che l’acceca, segno di imparzialità. Il percorso espositivo offre uno sguardo attento sulla storia della sua iconografia e dei suoi attributi, che hanno una genesi molto lontana nel tempo.

ENG A journey of investigation through the iconographic theme of Justice in its many facets and in the various periods of history through the gaze of art. In traditional iconography, Justice is depicted holding the scales, the most ancient of her attributes, to which over time were added the sword as a warning symbol of her power to punish the wicked, the lion as an expression of strength and the blindfold as a sign of impartiality. The exhibition itinerary offers a detailed look at the history of her iconography and her attributes, whose genesis dates far back in time.

Piazza San Marco 52

www.correr.visitmuve.it

MUSEO DEL VETRO 119

Cento anni di NasonMoretti Storia di una famiglia del vetro muranese

WHEN 19 maggio May-6 gennaio January, 2024 Nata nel 1923 come Cristalleria Nason & Moretti, l’azienda sceglie fin da subito uno specifico indirizzo – l’arte della tavola – e, con un piglio di profonda modernità, è subito capace di tenere fede alla tradizione tecnica del passato reinterpretandola secondo formule contemporanee attraverso una lavorazione, già allora, semi-industriale, in particolare per l’ampio utilizzo dello

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NOT ONLY BIENNALE Not Only Biennale AROUND TOWN

stampo. Forte di una palette ricchissima e di una costante apertura al nuovo, la Nason & Moretti è divenuta un punto di riferimento del design fin dal 1955, quando le coppe Lidia si aggiudicano il Compasso d’Oro. Quella stessa serie di vetri che due anni più tardi, nel 1956, l’architetto Philip Johnson donerà al MoMA di New York.

ENG Founded in 1923 as Cristalleria Nason & Moretti, the company immediately chose a specific direction - the art of tableware – and its profoundly modern approach immediately allowed it to keep faith with the technical tradition of the past by reinventing it in line with contemporary approaches through a process which was even then semi-industrial, especially in its extensive use of the mould. Strengthened by a rich palette and a constant openness to innovation, Nason & Moretti has been a point of reference for design since 1955, when the Lidia bowls were awarded the Compasso d’Oro: the same series which two years later, in 1956, architect Philip Johnson would donate to the MoMA in New York.

Fondamenta Marco Giustinian 8, Murano www.museovetro.visitmuve.it

NEGOZIO OLIVETTI 120

Massimo Micheluzzi al Negozio Olivetti

WHEN 20 maggio May

24 settembre September

Creando un cortocircuito fra tradizione e contemporaneità, l’arte di Massimo Micheluzzi si dispiega in questo straordinario spazio del Novecento dialogando con le storiche macchine da scrivere Olivetti. Il confronto ideale con l’architettura del Negozio progettato da Carlo Scarpa si gioca per Micheluzzi sull’essenza del linguaggio dell’architettura e sul profondo legame di entrambi con Venezia. Dalla consuetudine alla grandiosità dell’arte e dell’architettura veneziana, infatti, sia Scarpa che Micheluzzi, ciascuno a proprio modo naturalmente, apprendono ad esercitare l’occhio verso l’osservazione del dettaglio ancor prima che alla veduta d’insieme.

ENG Fusing tradition and contemporaneity, Massimo Micheluzzi’s art unfolds in this extraordinary twentieth century space, creating a dialogue with historic Olivetti typewriters. This ideal setting in the architecture of a shop designed by Carlo Scarpa plays for Micheluzzi on the essence of the language of architecture and on the deep bond both share with Venice. From the everyday to the grandeur of Venetian art and architecture, in fact, both Scarpa and Micheluzzi, each in their own way, tend towards observation of detail before viewing the whole.

FAI – Fondo per l’Ambiente Italiano

Piazza San Marco 101 www.fondoambiente.it

OCEAN SPACE 121 SIMONE FATTAL PETRIT HALILAJ & ÁLVARO URBANO

Thus Waves Come in Pairs

WHEN Fino Until 5 novembre November

Il nuovo progetto espositivo di Ocean Space, il cui titolo è tratto dal poema Sea and Fog ( Mare e nebbia ) di Etel Adnan, è un’evoluzione site-specific di The Current III, ciclo triennale transdisciplinare di percezione guidato da Barbara Casavecchia. Due nuove commissioni firmate TBA21–Academy occupano gli spazi monumentali dell’ex Chiesa di San Lorenzo: le sculture poetiche in vetro e in ceramica dell’artista americano-libanese Simone Fattal e un ecosistema composto da una serie di sculture di grandi dimensioni di creature ibride, acquatiche e terrestri, del duo Petrit Halilaj & Álvaro Urbano indagano il tema dei Mediterranei

ENG The new Ocean Space project, which takes its title from the poem Sea and Fog by Etel Adnan, is a site-specific evolution of The Current III, a three-year transdisciplinary cycle of perception led by Barbara Casavecchia. Two new commissions by TBA21–Academy occupy the monumental spaces of the former Church of San Lorenzo: poetic sculptures in glass and ceramic by American-Lebanese artist Simone Fattal and an ecosystem composed of a series of large sculptures of hybrid creatures, both aquatic and terrestrial, by Petrit Halilaj & Álvaro Urbano investigate the theme of Mediterraneans

Ex Chiesa di San Lorenzo, Castello 5069 www.ocean-space.org

PALAZZO CINI 122

L’Ospite a Palazzo: Cleopatra di Artemisia Gentileschi

WHEN Fino Until 16 luglio July

La nuova stagione di apertura della Galleria di Palazzo Cini (fino al 15 ottobre) vede protagonista di Ospite a Palazzo il dipinto Cleopatra di Artemisia Gentileschi della Collezione Cavallini Sgarbi: la lezione della piena maturità artistica del padre Orazio è travolta da un vero e proprio innamoramento per Caravaggio. Se il corpo ignudo e lascivo in Caravaggio è di regola maschile, Artemisia traduce quella ispirazione al femminile. E l’impatto è ancora più forte, il suo realismo è assoluto, stringente, senza nessuna concessione lirica o intimistica. L’opera offre anche lo spunto per rievocare il soggiorno della pittrice romana a Venezia, documentato in città dal 1626 al 1630.

ENG The new opening season of the Palazzo Cini Gallery (until the 15th of October) sees the painting Cleopatra by Artemisia Gentileschi from the Cavallini Sgarbi Collection as the protagonist of Guest at the Palace: the lessons

of her father Orazio’s full artistic maturity are swept away by her profound love for Caravaggio. But whereas in Caravaggio the naked and lascivious body is usually masculine, Gentileschi translates that approach into something feminine, with an even more powerful impact, her realism absolute and stringent and lacking any lyrical or intimistic concessions. The piece also offers an opportunity to recall the Roman painter’s time in Venice, documented in the city from 1626 to 1630.

Campo San Vio, Dorsoduro 864 www.palazzocini.it

PALAZZO CONTARINI POLIGNAC 123

100 progetti x 100 identità

WHEN 20 maggio May-26 novembre November Un progetto in quattro parti per esplorare come l’opera architettonica abbia la capacità di rappresentare chi la vive. Quattro mostre si alternano lungo tutto l’arco della Biennale: l’architettura per la comunità, l’architettura per il lavoro, l’architettura per l’ospitalità e interior design, l’importanza del dettaglio. Cento progetti selezionati danno identità ai luoghi, edifici in cui le persone si identificano e scelgono di abitare, lavorare, condividere il tempo libero. L’architetto è chiamato a interpretare le necessità per sviluppare spazi che siano funzionali e allo stesso tempo divengano landmark per lo spazio urbano.

ENG

A four-part project exploring how architectural work can represent those who live inside it. Four exhibitions that alternate over the Biennale: architecture for the community, architecture for work, architecture for hospitality and interior design, the importance of detail. One hundred selected projects provide identity to places - buildings with which people identify and in which they choose to live, work and spend their free time. The architect is called upon to interpret these needs and develop spaces that are functional while at the same time acting as landmarks for the urban space. Magazzino Gallery, Dorsoduro 874 www.venicedesignweek.com

PALAZZO DIEDO 124

BERGGRUEN ARTS & CULTURE STERLING RUBY A Project in Four Acts

WHEN Primavera Spring-Estate Summer L’enorme scritta “Sunrise, Sunset, Some Rise, Some Rest” campeggia sulla facciata in restauro di Palazzo Diedo. L’installazione intitolata A Project in Four Acts dell’artista americano Sterling Ruby è stata concepita per dare vita al Palazzo durante la sua ristrutturazione e trasformazione in spazio dedicato all’arte contemporanea. L’edificio sarà infatti la sede del Berggruen

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AROUND TOWN GUIDE 18. INTERNATIONAL ARCHITECTURE EXHIBITION

Arts & Culture del filantropo, collezionista e intellettuale Nicolas Berggruen, che verrà inaugurato in occasione della prossima Biennale Arte 2024. Il lavoro di Ruby traccia una linea temporale esistenziale, il ciclo continuo del giorno nella notte, la produzione di un giorno o di una vita, dalla nascita alla morte.

ENG In large letters, “Sunrise, Sunset, Some Rise, Some Rest” stands out on the facade of Palazzo Diedo. The installation by the American artist Sterling Ruby was conceived to give life to Palazzo Diedo during its renovation and transformation into a space dedicated to contemporary art. The Palazzo will soon host the headquarters of the Berggruen Arts & Culture of the philanthropist, collector and intellectual Nicolas Berggruen, which will be inaugurated on the occasion of the next Art Biennale 2024. Ruby’s work traces an existential timeline, the continuous cycle of day and night, the making of a day or of a lifetime, from birth to death.

Cannaregio 2386 www.berggruenarts.org

PALAZZO DUCALE 125

VITTORE CARPACCIO Dipinti e disegni

WHEN Fino Until 18 giugno June

Un magnifico viaggio che documenta nella maniera più oggettiva e completa l’evoluzione dell’arte di Carpaccio (1460/66 c. – 1525/26 c.). Quarantacinque dipinti e un corpus inedito di disegni a tema religioso, profano o di genere evidenziano le grandi doti immaginative, narrative, descrittive, oltre alla sapiente tecnica pittorica e realizzativa, dell’artista. La mostra offre anche l’occasione, davvero unica, per ammirare eccezionalmente riunite le due parti di uno stesso dipinto: le leggendarie ed enigmatiche Due dame del Museo Correr si ricongiungono con la metafisica Caccia in laguna, oggi del Getty Museum di Los Angeles.

ENG A magnificent journey that documents the evolution of Carpaccio’s art (1460/66 c. – 1525/26 c.) in the most objective and thorough way. Forty-five paintings and an unpublished corpus of drawings on religious, profane or gender themes highlight the artist’s powerful, imaginative, narrative and descriptive skills, as well as his skilful pictorial and compositional technique. The exhibition also offers a truly unique opportunity to admire the two reunited parts of the same painting: the legendary and enigmatic Two Venetian Ladies of the Correr Museum together with the metaphysical Hunting on the Lagoon, now in the Getty Museum in Los Angeles.

Piazzetta San Marco 1

www.palazzoducale.visitmuve.it

PALAZZO FORTUNY 126 GIOVANNI SOCCOL Riflessioni notturne

WHEN Fino Until 1 ottobre October Installazione composta da un ciclo di dieci opere inedite del pittore, architetto e scenografo veneziano Giovanni Soccol. L’artista ha scelto dieci architetture-simbolo che si affacciano sul Canal Grande, a partire dalla Dogana da Mar fino alla Chiesa di San Simeone. La tematica del ciclo di dipinti nasce dalla visione di un’architettura veneziana che sorge dall’acqua dove, riflettendosi, si dissolve. Soccol ha voluto, infatti, rappresentare il fascino di un’apparizione che può svanire, essa appartenendo più al sogno che alla realtà. Una luce notturna raccorda e unisce tra di loro gli elementi, conferendo alle architetture un’atmosfera metafisica.

ENG An installation composed of a cycle of ten previously unseen works by Venetian painter, architect and set designer Giovanni Soccol. The artist has chosen ten symbolic architectures that overlook the Grand Canal, starting from the Dogana da Mar to the Church of San Simeone. The theme of the cycle of paintings arises from a vision of a Venetian architecture that rises from the water where, reflecting itself, it dissolves. Soccol wished to depict the charm of an apparition that might vanish, belonging more to a dream than to reality. A nocturnal light connects and unites the elements, conferring on the architecture a metaphysical mood.

San Marco 3958

www.fortuny.visitmuve.it

PALAZZO GRASSI 127

CHRONORAMA Tesori fotografici del 20° secolo

WHEN Fino Until 7 gennaio Junuary, 2024 Ogni fotografia è un atto giornalistico. Parte da qui la prima grande mostra dedicata ai capolavori provenienti dagli archivi Condé Nast, in parte recentemente acquisiti dalla Pinault Collection. Il curatore, Matthieu Humery, è entrato letteralmente in questi immensi giacimenti uscendone con una selezione di oltre 400 incredibili scatti che riportano in vita il Novecento attraverso eventi, fenomeni sociali e personaggi storici che lo hanno segnato. Frammenti di passato offrono un saggio sociologico visivo che racconta in modo incalzante – le fotografie invadono letteralmente lo spazio espositivo –l’evoluzione del gusto e dell’estetica, nonché la nascita, l’affermazione e la trasformazione della fotografia come linguaggio di comunicazione di massa prima dell’avvento della cultura digitale.

ENG Every photograph is an act of journalism. This is the idea behind the first major exhibition dedicated to masterpieces from the Condé Nast archives, parts of which were recently acquired by the Pinault Collection.

Curator Matthieu Humery entered its immense deposits physically and emerged with a selection of over 400 incredible shots that bring the twentieth century back to life through the events, social phenomena and historical figures that marked it. Fragments of the past which offer an urgent visual sociological essay, the photographs literally invading the exhibition space, that details the evolution of taste and aesthetics, as well as the birth, affirmation and transformation of photography as a language of mass communication before the advent of digital culture.

Campo San Samuele, San Marco 3231

www.pinaultcollection.com

PALAZZO GRIMANI 128

INGE MORATH

Fotografare da Venezia in poi

WHEN Fino Until 4 giugno June

Inge Morath (1923 – 2002), prima fotografa donna ad entrare a far parte dell’agenzia Magnum Photos, fu protagonista del celebre reportage su Venezia, ora in mostra, che la fotografa austriaca realizzò in Laguna nel 1955 come inviata Magnum per conto del periodico francese L’Oeil, che aveva scelto di corredare con scorci veneziani un reportage della scrittrice Mary McCarthy. All’epoca Morath non fotografava, ma non le mancavano certo occhio e sensibilità. In quel novembre la luce di Venezia sotto la pioggia la stregò, tanto da indurla a chiamare Robert Capa, responsabile della Magnum, per suggerirgli di inviare un fotografo. Capa le rispose che un fotografo di Magnum a Venezia c’era già: era lei. ENG

The first female photographer to join the Magnum photographic agency, Inge Morath (Austria, 1923 – 2002) was the protagonist of the famous reportage on Venice on display, which she shot around the Lagoon in 1955 as a Magnum correspondent on behalf of the French periodical L’Oeil, which had decided to accompany a report by the writer Mary McCarthy with images of Venice. Though certainly not lacking an eye or sensibility, she was not yet a photographer at the time, but that November, the light of Venice in the rain so bewitched her that she called Robert Capa, her manager at Magnum, to suggest sending a photographer. Capa replied that there already was a Magnum photographer in Venice: Morath herself.

Ramo Grimani, Castello 4858

www.polomusealeveneto.beniculturali.it

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NOT ONLY BIENNALE Not Only Biennale AROUND TOWN

PALAZZO MOCENIGO/1 129

MATTHIAS SCHALLER Tessuto urbano

WHEN Fino Until 26 novembre November

Matthias Schaller, traendo spunto da un merletto del Seicento della Collezione del Museo di Burano dove è attualmente esposto, ha deciso di raccontare uno dei più antichi e prestigiosi “saper fare” veneziani e le molteplici relazioni, passate e presenti, che legano quest’arte alla città lagunare. Del merletto prescelto, lungo tre metri, sono stati realizzati sette scatti che traducono visivamente e idealmente i Sestieri: la struttura del merletto traspone, grazie all’intreccio, la ‘trama’ della città, mentre i punti diventano le calli e i campielli, creando un vero e proprio tessuto urbano. Progetto realizzato in collaborazione con Sonnabend Gallery, New York.

ENG Taking inspiration from a piece of seventeenth-century lace from the Burano Museum Collection where it is currently exhibited, Matthias Schaller has decided to examine one of the oldest and most prestigious Venetian skills and the multiple relationships, past and present, that bind this art to the lagoon city. Seven shots were taken of the three-meter-long piece of lace chosen which visually and conceptually represent the Sestieri: thanks to the weave, the structure of the lace transposes the ‘texture’ of the city while the dots become the streets and squares, creating a true urban fabric. A project realized in collaboration with Sonnabend Gallery, New York.

Centro Studi di Storia del Tessuto, del Costume e del Profumo (White Room) Santa Croce 1992 www.mocenigo.visitmuve.it

PALAZZO MOCENIGO/2 130

Tramalogie

Donazione Anna Moro-Lin

WHEN Fino Until 20 agosto August

Anna Moro-Lin è stata tra i grandi protagonisti della Fiber Art. Già a partire dal 1920 al Bauhaus si sperimentava l’uso di fibre e materiali come la seta artificiale, il metallo, il cellophane e la ciniglia nella disciplina di tessitura, tutte tendenze che hanno dato origine, trent’anni dopo, alla Fiber Art. L’entità creativa di Anna Moro-Lin permette di cogliere il valore assoluto della cifra artistica della lavorazione tessile, che proprio grazie alla Fiber Art viene in questa direzione per così dire sdoganata. Al contempo l’evoluzione di questa pratica, intesa come superamento dei limiti che “costringevano” la sua espressività nei recinti disciplinari stretti dell’Arte Tessile, determina un allargamento dei suoi orizzonti creativi collocandola compiutamente nel largo spazio dell’arte contemporanea.

ENG Anna Moro-Lin was one of the great protagonists of Fibre Art. As early as 1920 she was experimenting at the Bauhaus with the use of fibres and materials such as artificial silk, metal, cellophane and chenille in the discipline of weaving, all trends which gave rise, thirty years later, to Fibre Art. The creative scope of Anna Moro-Lin allows us to grasp the immense artistic value of textile production, which Fibre Art allowed to shine through. At the same time the evolution of this practice, understood as overcoming the limits that “forced” its expressiveness into the narrow disciplinary enclosures of Textile Art, determined a widening of its creative scope, placing it completely inside the broad church of contemporary art.

Centro Studi di Storia del Tessuto, del Costume e del Profumo Santa Croce 1992 www.mocenigo.visitmuve.it

PALAZZO PISANI REVEDIN 131

VENTRONE

La natura è morta la pittura è viva

WHEN Fino Until 16 luglio July

La pittura di Luciano Ventrone (1948 – 2021) è una continua scoperta ottica, un incessante recupero della realtà oggettiva – per taluni iperrealistica, quasi “metafisica”, più vera del vero – grazie a una resa particolarissima della luce e alla riproduzione virtuosistica dell’oggetto. L’artista utilizzava la mediazione della fotografia pur distaccandosene subito, il suo lavoro di creazione dell’opera era lento e laborioso, strato dopo strato, pennellata dopo pennellata, raggiungendo una perfezione tale da restituire l’idea stessa dell’oggetto. In mostra 35 sue opere, dove dominano le stupefacenti nature morte, con tre eccezioni, un nudo di donna e due marine.

ENG The painting of Luciano Ventrone (1948 – 2021) is a continuous optical discovery, an incessant recovery of objective reality - for some hyperrealistic, almost “metaphysical”, truer than reality - thanks to a unique rendering of light and the virtuosic reproduction of the object. Ventrone used the mediation of photography while immediately detaching himself from it, and the creation of his work was slow and laborious, layer after layer, brushstroke after brushstroke, reaching such perfection as to communicate the very idea of the object. On display are 35 of his works, mainly his astonishing still lifes, plus a female nude and two marine paintings. San Marco 4013/A

PROCURATIE VECCHIE/1 132 THE HUMAN SAFETY NET A World of Potential

Il terzo piano delle Procuratie Vecchie è uno spazio del contemporaneo aperto alla città. Il progetto dello studio David Chipperfield Architects ha amplificato la visione unica degli spazi, svelando e valorizzando il patrimonio dell’edificio, chiamato ora a una nuova missione di respiro internazionale. Promosse da Generali, le Procuratie Vecchie diventano la Casa di The Human Safety Net, un luogo di dialogo e di scambio per superare le principali sfide sociali del mondo odierno ed invitare i visitatori, attraverso la mostra interattiva A World of Potential, ad agire per contribuire a liberare il potenziale delle persone che vivono in condizioni di vulnerabilità.

ENG The third floor of the Procuratie Vecchie is a contemporary exhibition space which is open to the city. David Chipperfield Architects’ design reflects and amplifies the unique vision of these spaces by revealing the palazzo’s beautiful heritage, now entrusted with a new social mission. Under the auspices of the Generali insurance group, the Procuratie Vecchie is to become the home of The Human Safety Net, a place of dialogue and exchange to overcome the challenges of the modern world and inspire visitors, through the interactive exhibition A World of Potential, to take action to liberate the potential of those living in vulnerable conditions.

Piazza San Marco 105

www.thehumansafetynet.org

PROCURATIE VECCHIE/2 133

THE ART STUDIO

The Hungriest Eye.

The Blossoming of Potential by Arthur Duff

L’Art Studio, curato da Luca Massimo Barbero, è uno spazio creativo pensato per accogliere le opere di artisti che interpretano i temi inerenti ai programmi di The Human Safety Net e i valori espressi nella mostra permanente A World of Potential. Nell’installazione di Arthur Duff ogni visitatore diventa un’opera d’arte: i suoi punti di forza si trasformano in una rappresentazione artistica attraverso l’utilizzo di un sistema laser che crea forme uniche in un caleidoscopio di luci e colori. L’ispirazione sono le straordinarie xilografie giapponesi del XIX secolo raffiguranti fuochi d’artificio, che Duff rielabora digitalmente con risultati sorprendenti.

ENG Curated by Luca Massimo Barbero, The Art Studio is a creative space designed for displaying the work of artists interpreting the themes inherent in The Human Safety Net’s work and the values and strengths represented in the permanent exhibition A World of Potential. In Arthur Duff’s installation the blossoming of visitors’ strengths is transformed into an artistic representation through the use of a laser system that creates unique shapes in a kaleidoscope of light and colour.

Piazza San Marco 105

www.thehumansafetynet.org

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AROUND TOWN GUIDE 18. INTERNATIONAL ARCHITECTURE EXHIBITION

PUNTA DELLA DOGANA 134 ICÔNES

WHEN Fino Until 26 novembre November

Il titolo evoca mondi lontani e straordinariamente vicini, mettendo in relazione l’idea mistica e contemplativa del passato bizantino, splendente, orientale e ieratico, con il tema dell’immagine nella contemporaneità. Preziosità, smaterializzazione, luce, divinità, ricchezza, meditazione, bianco e nero, luci e ombre, l’Oriente e Venezia: tutte dimensioni che si incontrano e si intrecciano intrigantemente in questa riuscitissima mostra, in un percorso che vede le meravigliose icone antiche trovare spazio e moltiplicarsi nell’orizzonte aperto e vibrante della contemporaneità. Le 80 opere degli artisti scelti della Pinault Collection dialogano in modo impeccabile, emozionando e trasportando il visitatore in una dimensione “altra”, meditativa, onirica, dai mille e più riferimenti.

ENG With a title evoking worlds distant yet extraordinarily close, an exhibition that contrasts the mystical, contemplative idea of the Byzantine past - resplendent, oriental and hieratic - with the theme of the image in the modern world. Preciousness, dematerialization, light, divinity, wealth, meditation, black and white, lights and shadows, the Orient and Venice: dimensions that meet and intertwine intriguingly in this wonderful exhibition along an itinerary that sees splendid ancient icons find space and multiply in the open and vibrant horizons of modernity. The 80 works by the selected artists from the Pinault Collection interact flawlessly and movingly, transporting the visitor into an “other” dimension, meditative, dreamlike and evocative.

Dorsoduro 2

www.pinaultcollection.com

SALONE VERDE 135

UMBAU. Nonstop Transformation

by gmp · von Gerkan, Marg and Partners Architects

WHEN 19 maggio May

26 novembre November

Umbau, dal tedesco “conversione”, rimanda all’idea di una continua trasformazione delle strutture esistenti. Considerando gli odierni obiettivi climatici, questa pratica progressivamente nei prossimi anni passerà dalla sua attuale condizione di eccezione allo status obbligato di regola. La mostra, curata da von Gerkan, Marg and Partners Architects (gmp), tratta recenti casi studio relativi a pratiche di conversione del XXI secolo che si occupano del patrimonio architettonico del Movimento Moderno. Ciò che accomuna i progetti è un approccio concettuale alla conversione/ Umbau che, partendo da un inventario completo dell’esistente, continua e sviluppa il pre-esistente come un’evoluzione architettonica.

L’Umbau non è un’azione unica, muovendosi incessantemente verso il futuro come una Nonstop Transformation, in una logica di collaborazione che abbraccia le diverse generazioni.

ENG Umbau (german for “conversion”) means the continuous transformation of existing structures. Considering today’s climate goals, Umbau will move from being the exception to becoming the rule. The exhibition by von Gerkan, Marg and Partners Architects (gmp) discusses recent case studies of conversion practices from the 21st century dealing with the architectural heritage of the Moderne movement. What the projects have in common is a conceptual approach to Umbau, which, starting from a comprehensive inventory of the existing, continues and develops the old as an architectural evolution. Umbau is not unique, but continues into the future as a Nonstop Transformation, as a collaboration spanning generations. Calle della Regina, Santa Croce 2258 umbau.gmp.de

SCALA DEL BOVOLO 136 LUIGI MANCIOCCO Dal lato dell’immaginario

WHEN Fino Until 10 settembre September

Da antropologo e fine studioso, l’artista mette in mostra tutta la sua sensibilità, affrontando temi che pur se riferiti a un passato remoto diventano attuali nella misura in cui l’uomo si pone davanti alle manifestazioni contemporanee di una Storia immutabile. L’arte è uno strumento interpretativo che legge dove si fa fatica a mettere a fuoco. La mostra è un viaggio di riflessione che si snoda secondo un percorso fortemente intensivo, una sorta di “spazio rituale mistico” diviso in tre sezioni, che alla fine sfocia in un’emersione di speranza e rinascita, dal benefico effetto estetico e contemporaneamente emotivo.

ENG An anthropologist and keen scholar, the artist puts all his sensibility on display, addressing themes which, though referring to a remote past, are made current to the extent that man places himself before the contemporary manifestations of an immutable history. Art is an interpretative tool that can read where focus is difficult, and the exhibition is a journey of reflection that winds along a deeply intense itinerary, a sort of “mystical ritual space” divided into three sections which ultimately leads to an emergence of hope and rebirth with a beneficial aesthetic and at the same time emotional effect.

Palazzo Contarini del Bovolo San Marco 4303

www.luigimanciocco.it www.gioiellinascostidivenezia.it

SPAZIO BERLENDIS 137 ALDO GRAZZI Evanescenze

WHEN 20 maggio May-29 ottobre October

Il percorso artistico di Aldo Grazzi comincia agli inizi degli anni Settanta e sviluppa una riflessione estetica che lo porta a lavorare utilizzando mezzi espressivi diversi, dalla pittura alla fotografia, ai video e alla musica. A cura di Emanuela Fadalti e Matilde Cadenti, Evanescenze presenta la serie dei lavori che Grazzi ha realizzato tra il 1994 e il 2006 utilizzando reti in fibra come supporto sul quale disegnare con le forbici figure e geometrie impalpabili e visionarie. Alla base di queste opere vi è una concezione di gesto artistico reiterato che, come un mantra, indaga e restituisce visivamente una meditazione sulla dimensione mistica e spirituale dell’esperienza umana.

ENG Aldo Grazzi (1954) began his artistic career in the early 1970s, developing an aesthetic reflection that prompted him to work using different means of expression, from painting to photography, video and music. Evanescences presents the series of works the artist created between 1994 and 2006 using fibre nets as a support on which he drew impalpable and visionary figures and geometries with his scissors. Underlying these works is a conception of a repeated artistic motif that, like a mantra, investigates and visually expresses a meditation on the mystical and spiritual dimension of human experience.

Calle Berlendis, Cannaregio 6301 www.spazioberlendis.it

THE 2212 138

The Object Beyond the Object

Una concept-gallery, al confine tra show-room e galleria d’arte, che presenta una selezione accurata di oggetti, luci e opere d’arte, pezzi originali, unici e in costante rinnovamento. La firma creativa è di Esther Manon Van Ekeris, la cui passione e il cui studio partono dal lighting design per giungere all’arte e all’alto artigianato. Una perfetta miscela di gusto e spiccata raffinatezza europea che in THE 2212 viene declinata in un’attitudine a connettere opere, artisti, designer e pubblico in un vero e proprio network della bellezza. Un progetto di conoscenza e valorizzazione, che mette in mostra l’oggetto oltre l’oggetto stesso, la sua storia, il suo carattere. ENG

A concept-gallery which is both show-room and art gallery and which presents a carefully-selected range of objects, lights and works of art – original, unique pieces which are constantly being renewed. The creative signature is that of Esther Manon Van Ekeris, whose passion and whose practice run from lighting design to art and high craftsmanship. A perfect blend of taste and European sophistication that in THE 2212 is organised in such a way as to

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NOT ONLY BIENNALE Not Only Biennale AROUND TOWN

Nasce un’icona

Ogni vino Le Monde è frutto di una scelta. Quella di una famiglia, che questo vino lo ha voluto, selezionato, custodito. Quella di chi, come te, vuole rendere unico ogni momento.

lemondewine.com

connect artworks, artists, designers and the public in a true network of beauty. A project encompassing both understanding and promotion which, as well as the object itself, showcases the object’s history and character.

Calle de la Regina, Santa Croce 2212 www.the2212venezia.com

THE VENICE GLASS WEEK 139

7. Festival internazionale del vetro

WHEN 9-17 settembre September

Il più importante festival internazionale dedicato al vetro artistico, in particolar modo a quello muranese. Quasi 300 eventi dedicati animano la Glass Week, diventata punto di riferimento per tutti gli appassionati e gli addetti del settore a livello mondiale. In programma convegni, mostre, seminari, attività didattiche, fornaci aperte, performance, concerti… L’intera città di Venezia e Murano grazie al pieno coinvolgimento di fondazioni, gallerie, vetrerie, istituzioni museali ed enti culturali, università, istituti superiori e privati collezionisti vivranno una 10 giorni di grande arte all’insegna di questa luminosa materia. TVGW, un must.

ENG The most important international festival dedicated to glass art, especially that produced in Murano. Almost 300 dedicated events enliven Glass Week, which has become a point of reference for enthusiasts and industry insiders worldwide. A packed programme of conferences, exhibitions, seminars, educational activities, open furnaces, performances and concerts... Thanks to the full involvement of foundations, galleries, glassworks, museums and cultural institutions, universities, colleges and private collectors, the entire city of Venice and Murano will experience ten days of wonderful art created using this luminous material. TVGW is a must.

TVGW HUB, Palazzo Loredan

Campo Santo Stefano

Museo del Vetro, Murano

Different locations in Venice and Murano

www.theveniceglassweek.com

THE VENICE VENICE HOTEL/1 140

L’Utopia dell’Architettura

Libri, riviste, manifesti, fotografie, disegni e progetti

WHEN 19 maggio May-19 giugno June

Il tema della mostra prende in esame il dibattito che si è sviluppato tra la metà degli anni ‘50 e la fine del Novecento intorno all’idea di “architettura possibile”. La selezione dei materiali si è concentrata sui movimenti dell’architettura utopica e radical, rappresentati dai gruppi Archigram, Superstudio, 9999, Archizoom, Strum, Ufo e dagli architetti Richard Buckminster Fuller, Michele De Lucchi, Ugo La Pietra, Bernard Rudofsky, Paolo Soleri, Ettore Sottsass, del “postmoderno” con Aldo Rossi, Paolo Portoghesi e Charles Jencks, del “decostruttivismo” di Rem Koolhaas e dell’architettura high-tech di Norman Foster. ENG An exhibition examining the debate that developed between the mid-1950s and the end of the twentieth century around the idea of “possible architecture”. The selection of materials focuses on the utopian and radical architecture movements represented by the groups Archigram, Superstudio, 9999, Archizoom, Strum, Ufo and by architects Richard Buckminster Fuller, Michele De Lucchi, Ugo La Pietra, Bernard Rudofsky, Paolo Soleri, Ettore Sottsass, the “postmodernism” of Aldo Rossi, Paolo Portoghesi and Charles Jencks, the “deconstructivism” of Rem Koolhaas and the hightech architecture of Norman Foster.

Cannaregio 5631

www.venicevenice.com

THE

Venice M’Art

Dalla corte interna di Palazzo Ca’ da Mosto, attraverso un imponente arco romanico si entra nel mondo di Venice M’Art, emporio contemporaneo al confine tra spazio espositivo, store, ristorante, bar e terrazza sul Canal Grande al piano terra di The Venice Venice Hotel. Una ricercata e inedita collezione di prodotti esclusivi e personalizzati, dalla linea di profumi e cosmesi ai pezzi numerati di Arts and Crafts, unitamente a una selezione di capi di abbigliamento, tra cui le iconiche sneakers Golden Goose in edizione limitata, il tutto accanto a una fioreria con libri, coffee table book e magazine su Venezia. Un emporio come quelli dell’antica Serenissima, che diventa emblema di una sensibilità postveneziana dove identità e contemporaneo si fondono in stile di vita.

ENG Through an imposing Romanesque arch in the internal courtyard of Palazzo Ca’ da Mosto, enter the world of Venice M’Art, a contemporary emporium which brings together exhibition space, store, restaurant, bar and terrace on the Grand Canal on the ground floor of The Venice Venice Hotel. A refined and origi-

nal collection of exclusive personalized products from perfumes and cosmetics to numbered Arts and Crafts pieces, together with a selection of clothing, including the iconic limited edition Golden Goose sneakers, as well as a flower shop with books, coffee table books and magazines on Venice. An emporium like those of the ancient Serenissima and emblem of a post-Venetian sensibility where identity and the contemporary merge into a lifestyle.

Cannaregio 5631

www.venicevenice.com

UNIVERSITÀ

CA’ FOSCARI/1 142

The Cooling Solution

WHEN 19 maggio May-31 luglio July

Un progetto di arte e scienza che ha scelto la fotografia di Gaia Squarci per raccontare come persone provenienti da diversi contesti socioculturali, in varie parti del mondo, si adattino a temperature crescenti e ad alti tassi di umidità. A partire dal titolo, il termine “soluzione” vuole mettere in discussione il paradigma dell’adattamento al cambiamento climatico incentrato sull’uso indiscriminato dei condizionatori. La mostra integra i risultati del progetto scientifico con un reportage fotogiornalistico tra Brasile, India, Indonesia e Italia, offrendo esempi di raffreddamento inefficiente e inefficace, di iperraffreddamento, di architettura vernacolare e di tecnologie all’avanguardia.

ENG An arts and science project that has chosen Gaia Squarci’s photography to show how people from different socio-cultural contexts in various parts of the world adapt to increasing temperatures and higher levels of humidity. The use of the term “solution” aims to question the paradigm of adaptation to climate change centred around the indiscriminate use of air conditioners. The exhibition integrates the results of the scientific study with photojournalistic reportage from Brazil, India, Indonesia and Italy, offering examples of inefficient and ineffective cooling, hyper-cooling, vernacular architecture and cutting-edge technologies.

CFZ Cultural Flow Zone, Dorsoduro 1392 Università Ca’ Foscari (Cortile Grande) Dorsoduro 3246

www.unive.it

UNIVERSITÀ

CA’ FOSCARI/2 143

Cercando il cuore

WHEN 18 maggio May-30 giugno June

Un cardiochirurgo, Gino Gerosa, una psicologa, Biancarosa Volpe, e i loro pazienti per la prima volta raccontano pensieri, emozioni, sogni intorno alla ricerca clinico-scientifica di un nuovo cuore. Il racconto viene qui connotato dal linguaggio artistico grazie alle opere di Alberto Biasi, Giancarlo Signoretto, Agnese Tegon e della stessa Biancarosa Volpe, le quali contribuiscono a farci sentire,

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VENICE VENICE HOTEL/2 141
AROUND TOWN Not Only Biennale AROUND TOWN GUIDE 18. INTERNATIONAL ARCHITECTURE EXHIBITION

immaginare e partecipare al processo emotivo e creativo che caratterizza i processi curativi in una clinica universitaria. I clinici, insomma, per raccontare questa speciale alchimia istituzionale si sono trasformati in artisti coinvolgendo i pazienti. Come minimo intrigante la cosa.

ENG For the first time, heart surgeon Gino Gerosa, psychologist Biancarosa Volpe and their patients express their thoughts, emotions and dreams regarding the clinical-scientific search for a new heart. The exhibition is characterized by the artistic language used through the works of Alberto Biasi, Giancarlo Signoretto, Agnese Tegon and Biancarosa Volpe herself, which help us feel, imagine and participate in the emotional and creative practice that characterizes the healing processes in a university clinic. In order to communicate this unique institutional alchemy, the clinicians have become artists, and involved their patients. An intriguing prospect to say the least.

Università Ca’ Foscari San Sebastiano, Dorsoduro 1686 www.unive.it

VATICAN CHAPELS 144

Sacred Landscapes

WHEN 18 maggio May

26 novembre November

Mostra collettiva pensata per raccontare la relazione tra spiritualità e natura: un percorso espositivo che nasce dall’esperienza del curatore, Marco Delogu, alle Vatican Chapels nel bosco dell’Isola di San Giorgio. Per raccontare questo viaggio introspettivo sono stati riuniti i lavori di dieci grandi fotografi – Don McCullin, Tim Davis, Marco Delogu, Graciela Iturbide, Sally Mann, Martin Parr, Annie Ratti, Guy Tillim, Paolo Ventura, Francesca Woodman – ciascuno posto in relazione con una delle cappelle, progettate dagli architetti Andrew Berman, Francesco Cellini, Javier Corvalan, Eva Prats e Ricardo Flores, Norman Foster, Terunobu Fujimori, Sean Godsell, Carla Juacaba, Smiljan Radic, Eduardo Souto de Moura, Francesco Magnani e Traudy Pelzel.

VENICE DESIGN BIENNIAL 145 Auto-Exotic

WHEN 19 maggio May-18 giugno June

Il tradizionale concetto di esotismo, intriso di stereotipi, viene qui ripensato attraverso la lente del design. Alla mostra collettiva, curata da Francesca Giubilei e Luca Berta, si affiancano una serie di progetti collaterali di studi, gallerie e singoli designer con installazioni in spazi indipendenti. L’obiettivo è coniugare la scoperta di progetti di design con l’esperienza del vissuto quotidiano della città, che a Venezia significa innanzitutto muoversi a piedi, o in barca. La Venice Design Biennial Residency 2023 è stata assegnata al designer australiano Trent Jansen, il quale ha realizzato un nuovo progetto site-specific.

ENG The traditional concept of exoticism, steeped in stereotypes, is re-examined through the lens of design. As in previous editions, the Venice Design Biennial will explore the various declinations of this theme through the Main Group Exhibition Auto-Exotic, curated by Francesca Giubilei and Luca Berta, and a series of collateral projects organized by design firms, galleries and individual designers who will present their installations in independent spaces. Once again, the aim is to combine the discovery of carefully curated design projects with the everyday experience of life in the city, which in Venice means first and foremost moving on foot or (especially in this year’s edition) by boat. The Main Group Exhibition will also present the outcome of the Venice Design Biennial Residency, awarded this year to Australian designer Trent Jansen.

SPUMA Space for the Arts

Fondamenta San Biagio, Giudecca 800R SPARC* – Spazio Arte Contemporanea San Marco 2828A

San Sebastiano bowls club, Dorsoduro 2364 Hotel Des Bains’ Tucul (beach cabin) Lungomare Guglielmo Marconi 17 Lido di Venezia www.venicedesignbiennial.org

innovation, presents ideas and projects from around the world in the city while promoting itineraries of local craftsmanship and culture. The 2023 theme, synaesthesias, introduces visitors to a universe of the possible in which sensory stimuli are juxtaposed, intertwined, and overlapped for an experience of total perception. The 2023 edition presents projects by designers who play with our senses, aiming to step outside the limits of our shared imagination and delve into the unexpected - into the harmony of perception that creates potent emotions. Designers are invited to submit their projects by emailing them to Venice Design Week. Submissions are still being accepted. VDW HUB, Palazzo Contarini Polignac Magazzino Gallery, Dorsoduro 878 Different locations in Venice

www.venicedesignweek.com

VENICE PHOTOGRAPHY 147

MICHELE ALASSIO Casa de Retiro Espiritual

WHEN Da From 18 maggio May

Esposta al MoMA di New York nel 2005 e mai proposta prima in Italia, la serie di fotografie di Michele Alassio è un’analisi visiva delle architetture di Emilio Ambasz e in particolare della sua Casa de Retiro Espiritual, situata nel cuore di un’immensa tenuta in Andalusia. «La casa è stata per me tutto ciò che ne hanno fatto la luce, il vento, le intemperie mentre passavano sulle due pareti come le vele di un mulino a vento immobile. La casa è stata per me un compendio di forme alterate dalla natura circostante. […] Ho fotografato la casa e il suo candore abbagliante dentro e fuori semplicemente per quello che rappresenta, una possibilità espressiva» (M.A.).

ENG

A collective exhibition designed to examine the relationship between spirituality and nature: an exhibition itinerary that derives from the experience of curator Marco Delogu at the Vatican Chapels in the woods of the Island of San Giorgio. To narrate this introspective journey, the works of ten marvellous photographers have been brought together – Don McCullin, Tim Davis, Marco Delogu, Graciela Iturbide, Sally Mann, Martin Parr, Annie Ratti, Guy Tillim, Paolo Ventura, Francesca Woodman – each placed in relation with one of the chapels designed by architects Andrew Berman, Francesco Cellini, Javier Corvalan, Eva Prats and Ricardo Flores, Norman Foster, Terunobu Fujimori, Sean Godsell, Carla Juacaba, Smiljan Radic, Eduardo Souto de Moura, Francesco Magnani and Traudy Pelzel.

Fondazione Giorgio Cini

Bosco dell’Isola di San Giorgio Maggiore www.cini.it

VENICE DESIGN WEEK 146 Synaesthesias

WHEN 7-15 ottobre October

Dedicato a design e innovazione, il Festival, giunto alla sua 14. edizione, presenta idee e progetti da tutto il mondo e allo stesso tempo valorizza percorsi di artigianato e di cultura locali. Il tema 2023, sinestesie, introduce il visitatore in un universo del possibile in cui gli stimoli sensoriali si accostano, intrecciano, sovrappongono in un’esperienza di percezione a tutto tondo. Progetti di designer che giocano con i nostri sensi e si propongono di uscire fuori dagli schemi dell’immaginario comune addentrandosi nell’inaspettato, nell’armonia della percezione capace di suscitare forti emozioni. I designer sono invitati a proporre i propri progetti inviandoli via mail a mail@venicedesignweek.it.

ENG Venice Design Week, the fourteenth edition of the festival dedicated to design and

ENG Exhibited at the MoMA in New York in 2005 and never before shown before in Italy, this series of photographs by Michele Alassio is a visual analysis of Emilio Ambasz’s architecture, and in particular of his Casa de Retiro Espiritual, located in the heart of an immense estate in Andalusia. “The house was for me everything that the light, the wind, the bad weather made of it as they passed over the two walls like the sails of a motionless windmill. The house was for me a compendium of forms altered by the surrounding nature. [...] I photographed the house and its dazzling whiteness inside and out simply for what it represents, an expressive possibility” (M.A.).

Castello 4745

www.venicephotography.it

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NOT ONLY BIENNALE Not Only Biennale AROUND TOWN

published by Venezia News

Magazine guida di Venezia e del Veneto

Supplemento al periodico Venezia News

n.275-276 Maggio-Giugno 2023 - Anno XXVII

Aut. del Tribunale di Venezia n. 1245 del 4/12/1996 Venezia, 13 aprile 2022

Recapito redazionale

Cannaregio 563/E - 30121 Venezia tel. 041.2377739

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Stampa CHINCHIO INDUSTRIA GRAFICA

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© Edizioni Venezia News di Massimo Bran

Marco Petrus (b. 1960) is a painter who grew his art on lines and architecture. His urban vision renders creatively the memory and the soul of places. His penchant for research gives him little patience for repetitions and formulas, rather, Petrus prefers to nurture a free and personal style guided by references and suggestions and to keep his mind open to evolution, in a continuous process of discovery of beauty. His initial decisive, chiseled sign, a hangover of his education as an engraver, grows into a more rhythmic, architectural form. One of his most famous series is the 'archetypical-mythological' architecture in Milan and in other cities. Here, We see a growing focus on geometry and a vanishing line that creates space for the rigour of well-defined colour spaces. His interest in simplicity and linearity in composition gradually transforms into stylized shapes and ultimately, abstraction. Color is the absolute protagonist, an identifying sign of his being an artist, as well as an element of continuous experimentation and spatial investigation.

His series Capricci Veneziani, adapted in the illustration on our cover page, took inspiration from the rigorous, measured lines that are typical of an ancient kind of garment, the Venetian breeches that we see in art by Vittore Carpaccio and Giovanni Mansueti at the Gallerie dell'Accademia. Amidst an Architecture Biennale where colors evoke ideas, thoughts, stories, and geographies, we found Marco Petrus's work to be the perfect fit.

THE BAG Biennale Architettura Guide

Direzione editoriale

Massimo Bran

Coordinamento redazionale

Mariachiara Marzari, Marisa Santin

Direzione organizzativa

Paola Marchetti

Grafica

Luca Zanatta

Redazione

Davide Carbone, Fabio Marzari, Chiara Sciascia

Sezione “Practitioners” a cura di Michele Cerruti But

Luz J. Carollo, Stefano Garro, Parsa Mojtaba Goudarzi, Leonardo Narvaez Martin, Clara Ribaudo, Starlite Talma, Rita Ventimiglia, Matteo Zoccolo

Traduzioni

Patrizia Bran, Andrea Falco, Richard McKenna

Si ringraziano

Cristiana Costanzo, Claudia Gioia, Francesca Buccaro

Flavia Fossa Margutti

La Biennale di Venezia

Lara Facco, Ufficio Stampa Padiglione Italia

Un ringraziamento particolare a Roberto Bianconi

Copertine © Marco Petrus

VENEZIA NEWS

Direttore responsabile

Massimo Bran

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Paola Marchetti

Relazioni esterne e coordinamento editoriale

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Speciali

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Traduzioni

Patrizia Bran, Andrea Falco

Guida Spirituale

“Il più grande”, Muhammad Alì

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GUIDE 18. INTERNATIONAL ARCHITECTURE EXHIBITION

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