Indigo Lewin, Artist in residence 21 – Exhibition, 16. Biennale Danza courtesy La Biennale di Venezia Mensile di cultura e spettacolo - n° 265-266 - anno 26 - Luglio-Agosto 2022 spedizione in A.P. 45% art.2 comma 20/B - legge 662/96 - DCI-VE
EXHIBITIONS
THEATRES
MUSEUMS
2 6 5 - 2 6 6 J U LY- A U G U S T 2 0 2 2
CONCERTS
venicecityguide
FILMS&SERIES
CLUBS
FOOD&DRINKS
ENGLISH INSIDE
€ 3,00
Summer
ISSUE
BIENNALE ARTE + BIENNALE DANZA + MUSIC FESTIVALS
© Felipe Baeza. Courtesy the Artist; Maureen Paley, London
Ramin Haerizadeh
Rokni Haerizadeh
Hesam Rahmanian
un progetto di OGR Torino
a cura di Samuele Piazza 2
PENUMBRA KARIMAH ASHADU JONATHAS DE ANDRADE AZIZ HAZARA HE XIANGYU MASBEDO JAMES RICHARDS EMILIJA SKARNULYTE ANA VAZ 20.04—27.11 2022 FONDAZIONE IN BETWEEN ART FILM COMPLESSO DELL’OSPEDALETTO VENEZIA 3
DREAMFLOWERS Exhibition by Laurent Reypens
03.06 – 15.09.2022 Daily: 10h – 18h Last entrance: 17h30
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Palazzo Franchetti S a n M a r c o 2 8 4 7 , Ve n e z i a berengo.com
Detail of the artwork: View into the artist's studio window, obscured by frost (31st March 2022), 2022 © Ryan Gander. Courtesy of the artist.
03.06 – 27.11.2022 Curated by Adriano Berengo and Koen Vanmechelen with the contribution of Ludovico Pratesi
with the support of design Tomomot
Fondazione Berengo Art Space Campiello della Pescheria 4, Murano Tuesday – Sunday 10 am – 5 pm
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july-august2022 CONTENTS
editoriale (pag. 9) Soglie aperte incontri (pag. 10) Jonathas de Andrade | Alessandro Zan tracce (pag. 18) Festa del Redentore & Stories arte (p. 22) Biennale Arte ft. Biennale Architettura | Ana Vaz | Ocean Space | Padiglione Portogallo | Bruce Nauman | Joseph Beuys | Fontana/Gormley | Rainer/Vedova | ALLUVIUM | Da Donatello a Alessandro Vittoria | Ewa Kuryluk. I, White Kangaroo | Hermann Nitsch | Afro 1950-1970 | Anish Kapoor | On Fire | Intervista a François Xavier Saint-Pierre | Padiglione Sudafrica | 193 Gallery | Kehinde Wile | Leila Alaoui | Personal Structures | Padiglione Corea | Chun Kwang Young | Ha Chong-Hyun | Danh Vo, Park Seo-Bo, Isamu Noguchi | Venice Photography | Sabine Weiss | Galleries reportage (p. 51) Imbarco immediato! musica (p. 64) Milton Nascimento | Richard Galliano&Ermeto Pascoal | 14. Venezia Jazz Festival | Women for Freedom in Jazz | Paolo Fresu | Sherwood Festival | Sexto ‘Nplugged | No Borders Music Festival | Castello Festival | Ferrara Sotto le Stelle | Arena Live | Festival del Vittoriale | Marostica Summer Festival | Suoni di Marca | Grado Festival | BOtanique | Villafranca Festival | Overjam Festival classical (p. 78) Carmina Burana | Arena Opera Festival | Operaestate | Bru Zane Label theatro (p. 84) Boundary-less – 16. Biennale Danza | Leoni: Saburo Teshigawara, Rocío Molina | Intervista a Marrugeku | Intervista a Blanca Li | Trajal Harrell | Merce Cunningham | A.I.M. by Kyle Abrahams | Gauthier Dance | Humanhood | Indigo Lewin | Tobias Gremmler | Diego Tortelli | Teatro Stabile del Veneto 2022/23 | Aperitivo a Teatro | Teatro Toniolo 2022/23 | 10. Venice Open Stage | Operaestate | 74. Estate Teatrale Veronese | Palcoscenici Metropolitani cinema (p. 110) 90 anni di Mostra del Cinema | Cinema Barch-in | Cinemoving | Cinema in Campo San Polo | Cinefacts etcc... (p. 116) Intervista con i finalisti del Premio Campiello | I graffiti di Venezia | Parole: Espressione menu (p. 124) Harry’s Dolci, Fly Restaurant, Hostaria in Certosa, Locanda Cipriani | Summer drinks | Il fiocco di neve | 190 Sacher | La granita citydiary (p. 131) Agende | Mostre a Venezia | Books | Screenings | Reservations: una gelato a Venezia | design&more: 100 Pierre Cardin
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ART ft. ARCHITECTURE
Art Biennale curator Cecilia Alemani’s and Lesley Lokko’s parallel universes mark an ideal passing of the baton from the world of historical, futuristic, inclusive, militant, and feminist art of The Milk of Dreams (Alemani’s Biennale) to the research of extended identities, identity relationships, culture, and space of the Laboratory of the Future (Lokko’s upcoming Biennale). arte p. 22
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FESTA DEL REDENTORE
The brightest folk festival in Venice: a symbol of rebirth and an homage to the ancestral roots of Venice. A return to normalcy in a city that finds its identity in its rich history. At night, look up to the most beautiful firework show in the region. tracce p. 18
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Courtesy La Biennale di Venezia
14. VENEZIA JAZZ FESTIVAL
Nascimento, Galliano, and Pascoal are the aces up Veneto Jazz’s sleeve for a grand edition of the Festival, an anthological journey to the cornerstones of great international folk jazz. At Fenice Theatre, two of the most anticipated concerts in the programme. musica p. 64
COVER STORY Nata a Londra e diplomata all’ICP di New York, Indigo Lewin fa parte di una nuova generazione di fotografi radicali che mette al centro della propria ricerca il corpo. Nel 2021, incaricata da Wayne McGregor di documentare il suo primo anno da Direttore Artistico della Biennale Danza, quest’anno presenta nelle Sale d’Armi l’installazione Artist in residence 21 – Exhibition, una serie di intimi ritratti colti durante la sua residenza. ENG Born in London and graduated at the ICP of New York, Indigo Lewin belongs to a generation of radical photographers who put the body at the centre of their research. Wayne McGregor hired Lewin to document his first year as the Art Director of the Dance Biennale, and she will present installation Artist in residence 21 – Exhibition, a collection of portraits taken during her residency. “Moving away from traditional dance photography, I wanted to take a voyeuristic approach, which resulted in a much more raw, intimate and honest representation of the event.” theatro p. 103
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MUSIC SUMMER FESTIVALS
Thom Yorke, Nick Cave, Kiss, Jeff Beck Diana Krall, Ben Harper, LP, Brunori, Venditti&De Gregori, Elisa, Carmen Consoli, Madame, Motta, Mannarino… Summer music speaks all the languages in the world and animates Italy at all latitudes. A great live season to get back at two years of deafening silence. musica p. 70
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16. BIENNALE DANZA
No borders at all for the 2022 Venice Dance Biennale – Boundary-less, this the slogan chosen by Director Wayne McGregor for the current edition. 150 artists, 69 shows, 9 world premieres. Legends of international dance as well as rising stars that will show how to tear down the segmentation of arts, find formerly unthinkable spaces and means of expression and forms of art that transcend genres and media. theatro p. 84
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90 ANNI MOSTRA DEL CINEMA
An international convention, screenings, and a photography exhibit tell the story of an imitated, inimitable Film Festival – truly one of a kind. Faces, places, stories, and films. cinema p. 110
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SOGLIE APERTE S
oglie, confini, barriere. Varchi che si aprono vitalmente confondendo, mixando diversità effettive e presunte, varchi che si chiudono minacciosi e impauriti, sigillati da sguardi torvi, da divise brune e minacciose. Millenni consumatisi nell’indiscutibile e indiscusso dogma del confine, sulla soglia del quale si definivano e si delimitavano geografie di identità nazionali, regionali, etniche (lemma, quest’ultimo, progressivamente e giustamente in disuso perché di razza ce n’è solo una e una sola, quella umana), sul cui limite si era disposti a sacrificare l’insacrificabile, con uno spregio della vita umana meccanico, mandato “educativamente” a memoria grazie all’idea superiore di un potere fondato sulla differenza, sulla diffidenza e l’ostilità verso vicini e lontani, altri da sé da cui difendersi per salvaguardare la propria chiusa autonomia. Millenni vissuti così, finché da non troppo, da un paio di secoli e mezzo intellettualmente, santi Lumi, ci si passi l’ossimoro, da una manciata di decenni più concretamente nel teatro vivo della società, impetuosamente dagli anni ‘60 semplificando un po’, quest’idea eterna del vivere separati da mura possenti di pietra, protetti da bastioni identitari patriottardi, incomincia a sbriciolarsi. In particolare qui da noi, nel Vecchio Continente, luogo per eccellenza della millenaria sublimazione sanguinaria dell’idea di confine, di razza, e al contempo, e proprio in ragione di ciò, luogo in cui un po’ per vergogna, un po’ per spirito di sopravvivenza, un po’ per cultura questa idea di soglia invalicabile, di barriere insuperabili, anche nei fatti viene messa in discussione fin dalle sue più profonde fondamenta, fisiche e culturali. Naturalmente millenni di storia non si cancellano in un amen, per cui balzi in alto e in avanti da canguro si alternano a lenti, tenaci passi indietro da gambero. Quindi crollano confini, passaporti si fanno quasi inutili, lingue si mescolano facendosi una, intellegibile da tutti i giovani cittadini senza confini, in una società in lento, inesorabile incedere verso una sua compiuta apertura ai mondi tutti. Quindi, di contrasto, il rinculo di una certa inguardabile reazione, quella di una fetta di potere, purtroppo tutt’altro che irrilevante, che non digerisce l’inclusione che è nei fatti, per cui no allo ius scholae perché l’inflazione sale (sic), no al decreto Zan (intervista p. 14) perché i problemi delle famiglie sono altri e quindi i temi della parità di genere possono tranquillamente attendere, sì alla chiusura degli ingressi della nuova, disperata immigrazione, nonostante il pauroso declino demografico della
nostra società e della drammatica necessità di nuova manodopera in interi settori industriali in piena sofferenza per questo. Il tutto in uno scenario geopolitico in cui a questa oramai ineluttabile, per quanto sofferta e faticosa, erosione dell’idea stessa di confine sorprendentemente, almeno in superficie, si oppone prepotente il ritorno di una sanguinaria guerra novecentesca come quella scatenata dal criminale regime putiniano contro un Paese in cammino democratico verso l’Europa quale l’Ucraina è. Ebbene, questi fuochi di sbarramento metaforici e reali si spiegano certo attraverso l’emersione virulenta di contrasti per opposti interessi economici e di controllo del potere, dei territori, con la conseguente necessità di controllare le opinioni pubbliche. Ma ancora più profondamente si spiegano attraverso il confronto-scontro tra difformi visioni culturali, attraverso il diverso grado di apertura culturale che società ancora non tutte così ben allineate sul fronte dell’inclusione e della commistione dei saperi e delle esperienze identitarie dimostrano di possedere. La parola Cultura, ebbene sì, è cruciale e spiega molto, moltissimo. Pronunciarla bene, apertamente, coraggiosamente, innervandola di linguaggi profondi e in movimento è senza alcun dubbio l’azione, il processo fondamentale per definitivamente liberarci di ottuse barriere fisiche e mentali. La cultura a tutti i livelli ha questo compito. Certamente quella popolare, ahinoi sempre ad altissimo rischio di manipolazione e strumentalizzazione, ma anche, eccome!, quella di nicchia, di ricerca, un tempo si diceva avanguardistica, che solo gli sciocchi e gli ottusi comodamente confinano negli stretti ed autoreferenziali recinti per pochi, spocchiosi eletti, dimenticando che è sempre qui invece, negli spazi in cui la cultura è libera davvero di osare e di disegnare nuovi orizzonti, che si costruiscono le fondamenta di un vissuto più aperto e civile poi nella società tutta. Ebbene, consideriamoci allora pure fortunati di vivere in una città che pur con tutte le sue sempre più irrisolvibili criticità è casa per eccellenza di queste sfide culturali nel senso più aperto e futuro del termine. Per rubare in conclusione le parole di bocca al Direttore della Biennale Danza Wayne McGregor, è proprio il caso di dire, quindi, che «l’arte è forse lo spazio che sta nel mezzo di tutte le possibili soglie». Buon attraversamento a tutti allora, partendo proprio da questo straordinario festival in movimento.
editoriale
di Massimo Bran
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Intervista Jonathas De Andrade
CORPI COLLETTIVI La mia infanzia mi ha insegnato che l’artista che sarei diventato avrebbe combinato personaggi diversi per raccontare nuove storie... di Mariachiara Marzari
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incontri
onathas De Andrade (1982, Maceió, stato
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di Alagoas, Brasile) vive e lavora a Recife in Brasile. Le sue installazioni, fotografie e video esplorano gli effetti delle dinamiche di potere e dei conflitti sociali del Brasile, l’evoluzione dell’umanità e l’etica con l’obiettivo di comunicare le conseguenze del colonialismo, della storia della schiavitù, della cultura modernista, fattori che hanno profondamente cambiato la società brasiliana a causa di nefaste decisioni politiche prese nel XX secolo. De Andrade è uno dei protagonisti indiscussi della Biennale Arte 2022, sia ai Giardini, come artista rappresentante del Padiglione Brasile – il suo progetto With the Heart Coming out of the Mouth, curato da Jacopo Crivelli Visconti, è un viaggio immersivo e simbolico nel corpo umano con metafore che oscillano tra nostalgia, erotismo e critica storico-politica –, che in città, nella mostra Penumbra al Complesso dell’Ospedaletto curata da Alessandro Rabottini e Leonardo Bigazzi e promossa da Fondazione In Between Art Film, con il video Boca Livre (Bocca libera, 2022), in cui l’artista si confronta con un gruppo di persone senza dimora riunite per un pranzo domenicale mentre si interrogano su quanto l’arte possa essere uno strumento politico di narrazione speculativa. Sorriso disarmante, simpatia contagiosa e grande consapevolezza, lo abbiamo incontrato e con grande generosità ci ha condotto per mano nel suo Brasile. PADIGLIONE BRASILE Jonathas de Andrade. With the Heart Coming out of the Mouth Giardini della Biennale www.bienal.org.br PENUMBRA Jonathas de Andrade. Boca Livre Complesso dell’Ospedaletto inbetweenartfilm.com
Parti anatomiche di un corpo a pezzi, parti ferite di un corpo brasiliano, letteralmente frammentato, ridotto al silenzio. Metafora di una Nazione lacerata quale appare il Brasile oggi, almeno per come viene raccontato dalla stampa internazionale. Come definirebbe lo stato di salute del suo Paese? Cos’è davvero oggi il Brasile? Le parti di corpo umano che abbiamo usato nell’installazione al Padiglione Brasile ai Giardini rappresentano i frammenti del corpo collettivo che è stato oppresso – e compresso – dalla triste storia degli ultimi anni. Il Brasile ha affrontato sfide e minacce nel campo dei diritti umani: stiamo parlando di genocidio degli indigeni, di gravi mancanze nell’assistenza sanitaria, nell’educazione, nella cultura, nei diritti umani fondamentali, specialmente per quanto riguarda gli strati di popolazione più vulnerabili. Il progetto del Padiglione mostra quanto sia intraducibile esprimere quei sentimenti di imbarazzo e disperazione che descrivono il Brasile di oggi. La lingua è una potente metafora per mostrare come la collettività può essere lo strumento per creare nuove risposte, nuovi percorsi, narrative, politiche per reinventare la nostra storia. L’orecchio riporta immediatamente all’idea dell’ascolto. Lei comunica con le sue opere il dissenso rispetto alla politica di Bolsonaro. Come l’arte oggi può favorire la critica alle politiche illiberali? Sono successe molte cose mentre non stavamo ascoltando. Non è un caso che i visitatori del Padiglione siano invitati a entrare da un orecchio e uscire dall’altro. Troveranno anche un dito in putrefazione che preme un pulsante in una delle macchine per votare che si usano qui. Troveranno sculture, fotografie e video che commentano in modo sensoriale sulle metafore della politica e
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onathas De Andrade
(Maceió, Brazil, 1982) lives and works in Recife, Brazil. His installations, photographs, and video explore the effects of power dynamics and social conflicts in his country as well as the evolution of humankind and ethics. His goal is to communicate the effects of colonialism, slavery, and modernist culture, which influenced profoundly Brazil’s history due to the many relevant political decisions taken during the twentieth century. De Andrade is undoubtedly one of the protagonists at the 2022 Art Biennale, both as the artist representing Brazil (his project With the Heart Coming out of the Mouth, curated by Jacopo Crivelli Visconti, is an immersive, symbolical journey into the human body with metaphors that range between nostalgia, eros, and historical-political critique) and as independent exhibition Penumbra at the Ospedaletto. Penumbra, curated by Alessandro Rabottini and Leonardo Bigazzi and promoted by Fondazione In Between Art Film, features a video, Boca Livre, that sees the artist interacting with a group of homeless people gathered for a Sunday lunch. De Andrade questions how art can be a political tool for speculative narration. A genial type with self-awareness to boot, we spoke with Jonathas to gain a privileged access into his Brazil.
Photo Emanuel da Costa
dell’atmosfera sociale del Brasile di oggi, sulle sue contraddizioni e le sue sfide. Voteremo a ottobre e sarà nostra possibilità e responsabilità cambiare il percorso su cui si trova oggi il Paese. La ‘leggenda’ racconta che lei da bambino sia rimasto particolarmente colpito da una mostra sul corpo umano in cui letteralmente ci si introduceva in un viaggio al suo interno. Cos’è per lei la scoperta e quando ha capito che l’arte sarebbe stata l’oggetto del suo percorso di vita? Avevo quattro anni quando ho visto Boneca Eva, una mostra di scienza per bambini che girava per il Brasile all’epoca. Si trattava di un modello femminile molto grande in cui si poteva entrare e vedere come funzionavano gli organi, come avveniva la gravidanza, e così via. Per me è stata un’esperienza molto coinvolgente che mi ha fatto capire come scienza e fantasia possano lavorare insieme per insegnare qualcosa. Il progetto per il Padiglione gioca con l’idea di una mostra di fantascienza: usa il corpo umano come metafora con cui possiamo capire altri linguaggi, altre discipline, siano essi linguistici, sociali, politici. La mia infanzia mi ha insegnato che l’artista che sarei diventato avrebbe combinato personaggi diversi per raccontare nuove storie, avrebbe giocato con il linguaggio, con i metodi, con le narrazioni, con storie vere e inventate, e avrebbe invitato le persone a contribuire con proprie idee e visioni a completare la fantasia, anzi, a decidere cosa fosse fantasia e cosa no, cercando di capire insieme quali ispirazioni o esortazioni si celassero dietro a questi messaggi, a queste storie. Il Brasile è un paese dalle forti contraddizioni. Nel suo nuovo video Boca Livre, parte della mostra Penumbra, prodotta da Fondazione In Between Art Film e ospitata nel Complesso dell’Ospedaletto, si racconta la sofferenza del vivere in una condizione disagiata. Lei riesce a raccontare questo stato di precarietà evitando ogni forma di retorica del dolore, trasmettendo anzi un sentimento di empatia naturale e
Human body parts of a ravaged body, wounded limbs of a Brazilian body – literally torn into fragments and silenced. A metaphor of a fragmented country: the Brazil of today, at least the way it is shown in international news. How would you define your country? What is Brazil today? The several body parts that we see in the Brazilian Pavilion exhibition represent the fragments of the collective body that has been oppressed – and compressed – by the sad history of the last few years. Brazil has been facing challenges and threats in the fields of human rights. We are looking at indigenous genocide, grave issues in healthcare, education, culture, basic human rights, especially in the most vulnerable populations. The project at the Brazilian Pavilion shows how untranslatable it is to express the feelings of awkwardness and despair that are all about Brazil currently. Language can be a strong metaphor to show how collectiveness may be the way out to create new responses, new paths, new narratives, and new political ways to reinvent our own history. The ear means listening. Does your art communicate dissent from Bolsonaro’s politics? How can art, today, criticize illiberal politics? Things have been happening without listening. So it’s not by chance that the visitors of the Pavilion are invited to enter through one ear and come out from the other. They will also find a rotten finger pushing the button of our voting machines, and they will see sculptures, photographs, and video that comment, sensorially, on the metaphors that play with the political and social atmosphere of present-day Brazil, its contradictions, and its challenges. Brazil will vote in October: we have a chance and a great responsibility to change the path Brazil is on right now. The ‘legend’ says that as a child, you were struck by an exhibition on the human body where you literally took a voyage inside one. What is discovery for you? And when did you understand that art was going to be your life itinerary? I was four years old, when I visited the Boneca Eva, a giant doll that, as an exhibition, travelled around Brazil. You could enter her body and see how all the organs worked, how pregnancy took place, and so on. It was a quite striking experience for me. It showed how science and fantasy could play together to teach something.
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incontri JONATHAS DE ANDRADE
Padiglione Brasile
una semplicità disarmante, uno sguardo profondo ma non angosciato. Quali i punti cardine della sua arte espressa in questo video? Il progetto video Olho da Rua è un’esperienza di sguardo. Abbiamo coinvolto nella produzione cento persone senzatetto della mia città. Negli ultimi anni la fame è cresciuta molto in Brasile, così come il numero dei senzatetto. Sentivo che era mia responsabilità dire qualcosa e coinvolgere nei miei progetti queste persone. Avvicinarsi a loro è stata un’esperienza importante. Il fare arte è stato solo un mezzo; quello che veramente volevo è che ognuno di noi imparasse qualcosa. Un’importante fonte di ispirazione per questo progetto è stato il Teatro degli oppressi di Augusto Boal. Secondo Boal le persone che rappresentano sé stesse a teatro o davanti alla telecamera possono rimescolare le loro storie e cambiare il modo in cui sono visti dalle altre persone e anche da sé medesimi. È per questo che, per come lo vedo, questo progetto parla della bellezza e della delicatezza del rispetto che ci vuole per rapportarsi agli altri, così che ognuno possa essere rispettato nella sua dignità e valorizzato per la propria identità grazie a un processo di condivisione collettiva della vita pubblica. La carrellata di volti ripresa dalla sua telecamera in modo lineare e continuo, come un flusso ininterrotto di vissuto, sottolineata dalla ritmica della musica, crea una sequenza filmica incredibilmente potente e diretta. Le inquadrature sembrano singoli ritratti fotografici in movimento. Alcuni progetti trovano la loro forza in forma di video, altri in forma di fotografia. Anche giocare con lo spazio è molto interessante. La scena che descrive ha un certo ritmo e una grande potenza: persone forti che ci guardano in una lenta sequenza. Per Olho da Rua penso sia chiaro che il teatro sia il modo ideale per organizzare e condividere lo spazio espositivo.
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Pur nella diversità, il Padiglione Brasile e il video di Penumbra sembrano strettamente connessi, come se volesse da un lato ‘sussurrare’ e dall’altro ‘gridare’ contro l’indifferenza e le false verità. Quale il legame tra i due progetti? Mi piace l’idea che le due mostre si bilancino e creino, insieme, un messaggio forte sul Brasile di oggi. Il Padiglione lavora sulle metafore e sulle allegorie: lingua e corpo in forma onirica e ludica. Olho da Rua, invece, è più diretto. È un messaggio chiaro sulla politica brasiliana e sugli effetti deleteri che ha avuto negli ultimi anni. Olho da Rua comprende un atto in cui i partecipanti sono invitati a dire la loro davanti alla telecamera: liberi messaggi sul cibo, sulla mancanza di lavoro, sulle condizioni igieniche, sui problemi di genere, sesso, e messaggi diretti per Bolsonaro che vengono direttamente dal cuore delle persone, dalla strada. La Natura è un elemento presente nei suoi lavori, soprattutto nel binomio Natura/Uomo; nei suoi video vi è una sorta di rispetto/timore reciproco tra uomo e animale. Quale ricerca informa questi progetti? I rapporti conflittuali tra uomo e natura mi affascinano, specialmente considerando che noi, come società e come civiltà, ci vediamo come specie dominante in un delirio tale da dimenticare che siamo animali anche noi, siamo una specie naturale anche noi. Ci comportiamo come se fossimo separati, come se vivessimo in un altro piano, staccati dal mondo. Io uso l’arte per esplorare i limiti di questi conflitti. Il video O peixe e il film Nó na garganta (Nodo alla gola), che sono in mostra al Padiglione Brasile, sono assai eloquenti a riguardo. Come specie umana ancora non abbiamo trovato una soluzione decente alle contraddizioni implicite nell’esistere su questo Pianeta. Personalmente spero che l’arte possa aiutare a formulare delle risposte soggettive ed emotive a queste criticità nel corso di questo lungo, complesso viaggio che ci spetta compiere.
Boca Livre
The project for the Brazilian Pavilion plays with the idea of a science fiction fair. By using the human body as a metaphor, we can understand other types of lessons: linguistic, social, political. My childhood taught me that the artist I would become liked to combine characters in order to tell new stories, playing with language, methodologies, new narratives, play with fiction and non fiction, inviting people to take their own repertoire and complete the fantasy deciding what is fantasy, what is true or not, and what are the messages of inspiration or urgency that are behind what we see. Brazil is a country of contradictions, and in your new video Boca Livre in exhibition Penumbra, produced by Fondazione In Between Art Film, you show the suffering of living in impoverished conditions. You are able to tell a story without resorting to pain rhetoric at all costs – instead, you convey natural empathy in a refreshingly simple way. Deep insight and no detectable distress. What are the cornerstones of your art, as seen in this video? Video project Olho da Rua is an experience of gaze – of looking – featuring a group of one hundred homeless people from my city. Over the last several years, hunger increased in Brazil, and the number of homeless people did, too. I felt the urge to say something, to make a project that involved these people. Getting closer to people is always a powerful experience: the art project is an excuse, what I wanted was for everybody to learn something by means of this adventure. An important source of inspiration for this project is Augusto Boal’s Theatre of the oppressed. The idea is that people representing themselves in theatre or in front of a camera can rearrange narratives and challenge the way they are seen by other people as well as the way they see themselves. This is why my understanding of this project is a series of ways to comment on the beauty and delicacy of the respect that is needed and that appeals to each individual so that each can resonate and shine through the power of the collective. The round-up of faces shown in the tracking shot, like an uninterrupted stream of lived life highlighted by the music’s rhythm, creates an incredibly powerful and direct film sequence. Shots look like individual portrait photographs set in motion. How did you choose video as your language of expression, and why?
Some projects find their perfect strength in the format of video, some other work well as photography. Playing with space is also quite interesting. The scene you describe has a rhythm and it’s powerful to see the way it is: in a huge screening, in slow motion, strong people looking at us. For Olho da Rua, I think it was pretty clear that a theatre experience was the ideal way to organize and share the exhibition space. While different from one another, the Brazilian Pavilion and the video in Penumbra look closely linked, as you tried to whisper on one side, and shout on the other side, against indifference and falsehood. How are the two projects linked? I like the idea that these two exhibitions balance one another to produce one poignant message on the Brazil of today. The Brazilian Pavilion works metaphorically and uses allegories: language and body, in an oneiric, ludic form. Olho da Rua, instead, works more directly. It is a straightforward message on Brazilian politics and their outrageous effect the past years have had. Olho da Rua includes an act where participants are invited to speak out loud to the cameras – free messages about food, lack of jobs, health conditions, gender issues, sexual constraints… and direct messages to Bolsonaro coming straight from the heart of the people in the streets. Nature is an element in your work, especially as part of the Nature/Man pair. In your videos, there is a sort of mutual respect, or awe, between man and animal. What research have you conducted before creating this art? The conflicting relations between humanity and nature fascinate me, especially how we, as a society and as a civilization, understand ourselves as the dominant species in such a delirium that we forget we are animals, too, and we are a natural species ourselves. We behave as if we were disconnected, as if we stood completely above, detached from the world. I use art to explore the limits of these conflictual relationships, for example in my video piece O peixe and in the film Nó na garganta (Knot in the Throat), which are shown at the Brazilian Pavilion. As humanity, we still couldn’t find a proper solution on the contradictions of being alive in this planet, but I believe art can help us formulate subjective and emotional ways in this long journey.
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incontri 15. PRIDE VILLAGE
Villaggio globale Intervista Alessandro Zan, deputato Alessandro Zan, padovano, ingegnere, deputato del Partito Democratico al Parlamento, primo firmatario di un disegno di legge contro i crimini d’odio, è per i più un paladino dei diritti civili, mentre al contrario per i suoi detrattori incarna una specie di creatura mefistofelica, in grado di sovvertire l’ordine naturale delle cose con il disegno di legge che porta il suo nome. È noto, purtroppo, come sia al momento finita la questione. Sin dai tempi delle superiori Zan si è avvicinato ai movimenti per la pace, dimostrando un forte interesse per le tematiche sociali. Ai tempi dell’Università è stato politicamente attivo nel movimento LGBT ed è stato promotore di manifestazioni in favore dei diritti civili, fondando 15 anni fa il Pride Village a Padova. Da assessore al Comune di Padova è riuscito nel 2006 nell’intento di creare, per la prima volta in Italia, un registro anagrafico delle coppie di fatto aperto anche a persone dello stesso sesso. Per spiegare cosa sia il Pride Village si citano le stesse parole che Zan utilizza nel sito web: «Con questa sono quindici edizioni di Padova Pride Village, che dal 2008 accompagna l’estate di Padova. Dopo due anni scanditi dalla pandemia Covid, che hanno scosso e segnato le nostre vite, torniamo a vivere gli spazi della nostra socialità. Il ritorno presso la Fiera di Padova simboleggia anche il ritorno di quello che, nel corso di queste quindici edizioni, è diventato il più grande festival LGBTQ+ d’Italia, aperto a tutti, così come noi lo abbiamo sempre conosciuto: certamente un luogo di gioia, spensieratezza e divertimento, ma anche uno spazio di cultura e di approfondimento politico, dedicato in particolare alla battaglia per una legge contro i crimini d’odio, con un programma ricco di concerti, dibattiti e presentazioni di libri... un evento esempio di inclusione e civiltà, punto di riferimento nella difesa dei diritti di tutti...». L’Italia non è tra le democrazie occidentali un Paese capofila in tema di diritti civili. Quanto lungo ancora è il cammino da compiere per raggiungere dei livelli più elevati in termini di inclusività e di parità? Il cammino è ancora molto lungo perché l’Italia sconta un ritardo clamoroso sotto il profilo del riconoscimento dei diritti. Nella mappa che esce ogni anno, preparata da Ilga Europe, un’associazione non governativa che si occupa di diritti LGBTQ+, in cui viene stilata una classifica dei Paesi in Europa con il range più alto nel riconoscimento dei diritti, le prime posizioni spettano a Malta, Belgio, Lussemburgo, Danimarca, Norvegia, mentre gli ultimi posti sono occupati dal Principato di Monaco, Russia, Armenia, Turchia, Azerbaijan. L’Italia è al
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33esimo posto, dietro l’Ungheria, il che restituisce al contempo una cronica inadeguatezza civica del nostro tessuto sociale su questi temi, con tutto quel che ne consegue in termini di episodi di violenza e discriminazione, e un altrettanto grave vuoto legislativo. Occorre dunque lavorare sul fronte legislativo, dove pare che ogni volta che si affronta il tema dei diritti si alzino dei muri invalicabili. Mi riferisco non solo al ddl che porta il mio nome, ma anche allo ius scholae (diritto di cittadinanza per i minori stranieri residenti in Italia in base alla frequenza di un ciclo scolastico), al suicidio assistito, al tema della cannabis, tanto per rimanere ai temi di cui perlomeno si dibatte nel presente. Ogni volta che si prova a proporre delle idee per delle nuove leggi che normino questi vuoti normativi c’è una destra particolarmente agguerrita e violenta che cerca di bloccare in tutti i modi delle riforme che sono invece molto sentite dalla popolazione e dalla società civile. A tal proposito basti pensare alla mancanza di formazione in molti ambiti e settori della nostra vita civile, sociale e direi anche e soprattutto istituzionale, a partire dalla scuola, palestra per i futuri cittadini, dove mancano quasi del tutto progetti antidiscriminatori o di insegnamento dell’educazione sessuale e dell’affettività. In moltissimi Paesi tutto ciò è realtà da lungo tempo; da noi se ne parla da anni senza in concreto, tranne iniziative di singoli istituti, essere arrivati ad un uno straccio di progetto comune, condiviso. Non crede sia divenuto inattuale addurre come pretesto per giustificare l’arretratezza del nostro Paese sull’allargamento dei diritti l’ingerenza del Vaticano a riguardo nella nostra società? In realtà diversi sondaggi dimostrano che la maggior parte degli italiani sono favorevoli all’allargamento di questi diritti; il problema è poi tradurre questo largo consenso con un voto a quelle forze politiche che sono coerenti con questi cambiamenti. Se si è favorevoli al ddl Zan e poi si continua a votare Giorgia Meloni o Matteo Salvini… Un atteggiamento del resto in linea con la purtroppo annosa ipocri-
© TSCK Photo Enrico Dal Boni
sia italica, grazie alla quale poi vediamo politici difendere moralisticamente la famiglia tradizionale per poi registrare che nella loro vita hanno costituito più di una famiglia. Ad ogni modo ci sono sempre più cittadini che non si riconoscono più in queste istituzioni incapaci di fare dei passi in avanti, il che in buona parte spiega il tasso di astensione sempre più crescente che si registra negli appuntamenti elettorali. Noi invece dobbiamo credere molto nelle Istituzioni, nella democrazia rappresentativa, dobbiamo lavorare e continuare a combattere queste lotte per far uscire il Paese da una condizione di arretratezza. Le ultime conquiste che siamo riusciti ad ottenere sono state le unioni civili e prima ancora il divorzio e l’aborto. Per un Paese fondatore dell’Unione Europea è davvero troppo poco. Sono giunte a 15 le edizioni del Pride Village di Padova, un traguardo assai significativo, specie in un Veneto apparentemente non così progressista in termini di aperture al nuovo. Come è cambiata secondo lei la sensibilità dei cittadini in questi 3 lustri e anche del pubblico che ha affollato gli spazi dell’evento in questi anni? Non crede che, dopo una forte spinta iniziale, vi sia stato un sostanziale rallentamento nel percorso di “normalizzazione” delle cosiddette minoranze? In realtà il Pride Village che compie 15 anni ha fatto molto bene alla città di Padova e al Veneto in generale. Quando abbiamo cominciato l’avventura del Village 15 anni fa. rendersi visibili in uno spazio LGBT friendly era più complicato. L’appuntamento, quindi, inizialmente era frequentato dai più coraggiosi, da una minoranza che non temeva affatto di uscire allo scoperto in un’occasione importante di condivisione collettiva. Oggi, invece, dopo lunghi anni di radicamento nel territorio fortunatamente è frequentato da tanti giovani che non si pongono nemmeno più il tema se si è gay, etero o altro. Il Pride Village di oggi è il derivato di tanti anni di una manifestazione sempre inclusiva e plurale, che ha contribuito a rendere Padova una città realmente aperta, considerata oggi tra le più civicamente avanzate d’Italia. Un risultato certo frutto di plurime azioni e progettualità, ma è incontestabile che il Pride Village abbia esercitato un ruolo nodale a riguardo. Qualche tempo fa accadeva che in manifestazione si creassero delle tensioni; c’erano gruppi di ragazzi etero che sembrava fossero spinti principalmente da una curiosità quasi morbosa nel vedere come si comportavano gruppi di ragazzi gay. Oggi c’è una
totale e consolidata apertura, ordinaria direi: nessuno dei ragazzi, soprattutto quelli più giovani, più si chiedono chi sei o chi non sei. Questo è il risultato che doveva raggiungere il Pride Village, ossia disegnare un luogo il cui dato identitario è il pieno rispetto di tutte le differenze. Scorrendo il programma assai ricco del Village emerge come tra i vari appuntamenti in calendario si alterni la cifra della leggerezza a quella dell’impegno. Le chiedo, forse per gusto del paradosso, se non sarebbe interessante in questo luogo aperto ascoltare anche le opinioni, le idee sul tema delle differenze e delle discriminazioni di genere dei vari Adinolfi e Pillon, e magari pure di Donazzan o del vescovo di Verona. No, non sarebbe giusto e ne spiego le ragioni. Il Village e così i vari altri Gay Pride per loro natura sono manifestazioni molto aperte e plurali dove tutti possono partecipare. Servono proprio a sconfiggere quella tendenza in chi era considerato, e per molti lo è ancora, diverso a rendersi invisibile che era una disposizione “normale”, maggioritaria nel mondo omosessuale e non solo fino a qualche anno fa. Un atteggiamento di triste autodifesa ancora purtroppo ben presente in molte realtà di provincia, in cui si nega a certe persone il diritto alla felicità proprio perché queste stesse persone vengono private del diritto di esprimersi per come sono e per quello che sono. Si pensi al recente caso di Cloe Bianco, che qualche anno fa ha deciso di essere pienamente e pubblicamente sé stessa, rimanendo l’insegnante di fisica che era, prendendo il coraggio di dire ai suoi alunni come si sentiva e come voleva essere, senza ipocrisie, con una autenticità in più rispetto a prima. La sua scelta, non di essere Cloe, ma di palesarlo a tutti, è divenuta ragione di isolamento, di demansionamento professionale, di emarginazione pesantissima anche da parte di chi, nei vertici istituzionali del governo della pubblica istruzione, dovrebbe prima di ogni altro garantire la libera espressione di ciascuna persona per quello che è e si sente di essere senza per questo ledere i diritti di nessuno. Come far finta di non vedere la gravità degli atti, delle azioni dell’assessore regionale Donazzan, la quale da subito mandò gli ispettori per controllare la cosiddetta moralità della condotta di Cloe, continuando sempre a riferirsi a lei al maschile, senza alcuna pietà, neppure di fronte alla sua morte drammatica. Offrire un palcoscenico a queste persone che sono
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incontri ALESSANDRO ZAN
portatrici di odio non solo non darebbe niente in più al dibattito, ma aumenterebbe il tasso di odio già robustamente ancora presente nella società. Serve ricordare che la violenza perpetrata nei confronti delle persone LGBT, nei confronti di persone con disabilità, nei confronti cioè di persone non conformi allo schema della cosiddetta “normalità”, da parte di soggetti che si nutrono di odio viene gravemente legittimata proprio da questi politici, e non solo di quelli qui nominati, che lanciano e gettano odio attraverso i social, nei talk televisivi, nei loro comizi anche fuori dalle frontiere nazionali? Quindi fare da cassa di risonanze a figure, a posizioni che non prevedono alcun ascolto, alcuna permeabilità verso temi che stanno cambiando ed arricchendo la libertà sociale delle nostre comunità ritengo sarebbe un’azione ulteriormente pericolosa, dannosa per i nostri obiettivi di miglioramento del grado di civiltà del nostro presente. Non abbiamo bisogno di più odio, ma di ancora più gentilezza e di capacità di ascolto. È doveroso confrontarsi con persone rispettose che hanno opinioni differenti; il dibattito serio e aperto arricchisce e contribuisce noi tutti a riflettere, sempre. Ma chi è contro i diritti umani, andando contro il dettato stesso della nostra Costituzione, non può essere un interlocutore; chi sparge veleno non merita di essere ascoltato, no. Noi siamo eccome apertissimi a confrontarci con persone che la pensano diversamente da noi, ma sempre con un atteggiamento di rispetto e di ascolto profondo per le posizioni altre. Abbiamo in programma ad esempio un dibattito sull’identità di genere e la Chiesa cattolica il 22 luglio a Padova con Luciano Moia, capo redattore di «Avvenire», cui è stato invitato anche il vescovo di Padova. La disponibilità da parte nostra è massima quando ci sono i presupposti per una discussione ricca e costruttiva. Inevitabile e doveroso parlare del suo disegno di legge, il cui cammino è stato un percorso ad ostacoli, fino alla bocciatura in Senato. Perché è così complesso far passare questo disegno di legge senza ricorrere a barriere ideologiche, che finiscono col confondere, col contaminare il vero tema in questione? Chi ha ancora interesse nel 2022 a raccontare che una legge che ha come titolo “Misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità” possa sovvertire i principi etici e morali di una nazione? C’è un disegno preciso, espressione di un’avanzata della destra suprematista che si sta organizzando in tutto il mondo. La sentenza della Corte Suprema americana sull’aborto è un esempio drammatico di questa tendenza. Da Trump a Orban, da Meloni a Salvini, da Le Pen a Putin: vi è un teso e lungo filo conduttore che lega nel mondo questa pericolosa destra sovranista, suprematista e non liberale, totalmente altra dalla destra liberale che esiste invece nei paesi del Nord Europa. Questi sovranisti, populisti e reazionari, si stanno organizzando per smantellare i diritti acquisiti ed introdurre nuove leggi discriminatorie nei confronti delle persone, delle donne, o come in Polonia verso le persone LGBT, e ciò accade anche in Italia con Meloni e Salvini, perché i diritti allargati fanno paura. I diritti rappresentano un antidoto contro uno stato illiberale, poco democratico, debole e più precario; i diritti rendono più consapevoli i cittadini che sanno di poter esercitare un controllo sociale dal basso verso il potere e dunque tutto ciò rafforza la democrazia. Quando
una persona ha pochi diritti, perché gli viene imposto un percorso contrario alla sua natura, quella persona è spinta alla lotta per la propria sopravvivenza e quando si lotta per sopravvivere non c’è tempo per occuparsi della comunità e della società. I diritti sono la garanzia per mantenere una società più solida, più democratica, più inclusiva e questo rafforza la democrazia. Questa destra che vuole una società più precaria, più debole per meglio poterla controllare ha paura dei diritti, perché i diritti vanno verso una direzione opposta. A settembre 2021 con edizioni Piemme ha pubblicato Senza paura, volume che ha presentato e sta ancora presentando in varie tappe in giro per il Paese. Ci parli di questo lavoro. Scorrendo la cronaca, purtroppo, è ancora molto attuale. Questo libro è molte cose insieme. Lo definirei un racconto autobiografico, intimo e privato, in cui ho voluto condividere con il lettore il mio percorso faticoso, ma consapevole, di militante LGBT, dagli inizi nella piccola provincia padovana fino ai banchi della Camera dei Deputati. Alla luce di questo mio personale vissuto arricchito dal confronto, dalle esperienze con moltissime altre persone che hanno consumato un percorso assai prossimo al mio, in questo scritto mi soffermo ed insisto a spiegare la necessità di una legge che combatta l’odio, l’omotransfobia, la misoginia, le discriminazioni verso i disabili. La necessità, quindi, di accompagnare il progresso dell’educazione civica in tutti gli ambiti della nostra società con un processo normativo all’altezza di una compiuta democrazia. Ho voluto altresì denunciare l’approccio che definirei etero-normativo del diritto, il patriarcato nelle sue molteplici e inconsce forme di dominio. Insomma, è davvero sempre più imprescindibile che vi sia una legge a tutela di tutti. Per amare chi si vuole, senza paura. Per essere sé stessi, senza nascondersi. Osservando da vicino il mondo dell’arte e della cultura, e mi riferisco ad esempio nello specifico alla Biennale Arte in corso di svolgimento, sembra che il messaggio queer sia fortemente radicato e non certo minoritario, perlomeno in questi territori di scoperta e ricerca... L’arte è comunque avanguardia e non può essere resa in modo coercitivo rispetto al linguaggio universale col rischio di omologare l’arte stessa. Penso che allo stesso modo non sia neppure possibile descrivere in maniera definitiva il mondo queer, un mondo proprio per sua stessa natura ampio, inclusivo, decisamente plurale al suo interno. L’arte queer è il contrario delle etichette. La stessa parola “queer” parte da una definizione dispregiativa che veniva usata nell’Inghilterra negli anni ‘60/’70 e che è stata volutamente adottata, trascendendone il marchio negativo trasformandola in una definizione di avanguardia, un po’ inseguendo quella filosofia di apertura che non può essere categorizzata in modo perentorio e specifico. L’arte queer rappresenta condizioni umane e minoritarie spesso discriminate, che non si rispecchiano nelle etichette. Per questo l’arte queer è predominante: non solo per un fatto di “moda”, ma perchè il linguaggio comunicativo sfugge ai conformismi e rappresenta un attacco politico fatto attraverso l’arte al substrato culturale del patriarcato che è ancora molto presente nella società. L’arte queer vuole smantellare questa visione della società, a Londra è stato fatto da tempo, in Italia si arriva sempre dopo, ma si arriva. Fabio Marzari
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ACCADDE UNA NOTTE I foghi pareva ghirlande de fiori, el rosso col verde faseva un bel sogo iluminando Venesia de mie colori el Canal dea Giudecca pareva de fogo
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Renato Pergola, Redentore del 1954
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di Fabio Marzari
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a notte di mezza estate, torrida, afosa,
affollata, chiassosa, ma pur sempre bellissima, in cui tradizione vuole che gli occhi guardino necessariamente all’insù per ammirare una lunga teoria di fuochi d’artificio, che si librano nel cielo sopra Venezia, è un appuntamento fisso, che riscuote sempre un successo incondizionato. La tradizione sancisce il perpetrarsi di gesti sempre uguali negli anni, come l’attraversamento del ponte di barche da Zattere al Redentore in una sorta di pellegrinaggio tra il sacro e il profano, la visita nella chiesa omonima, che per un fine settimana diventa protagonista assoluta della città, scoprendone le forme austere ed eleganti, volute da Andrea Palladio, le numerose imbarcazioni che accolgono un popolo di marinai della domenica, pronti ad affrontare le ore di attesa dei foghi tra bevute cospicue e cibi preparati in anticipo, e non solo bigoi in salsa o anatra in tecia, come dovrebbe essere da filologia alimentare serenissima, con l’immancabile anguria, ma con ogni varietà di cibo, in un’anarchia alimentare divertente e volutamente trasgressiva nel suo scavalcare le regole. La festa del Redentore, più di ogni alta, sancisce una sorta di patto legato all’unicità che suscita deferenza tra Venezia e il resto del mondo. Venezia diventa un oggetto da ammirare incondizionatamente, almeno per un’ora, e tutto diventa un’iperbole del sublime, quasi ci fosse bisogno di dare al già unico la patente ulteriore di ancor più bello. Un cielo dipinto di infiniti colori, ogni balcone, terrazza, anfratto utile alla vista dello spettacolo viene occupato da un esercito su prenotazione di bipedi pazienti, che sottostanno a regole assurde, che ricordano da vicino quel proverbio che parla di chiudere la porta della stalla, dopo che i buoi sono scappati! La forza di Venezia, quella vera, prodotta da individui che ne sono rapiti dal fascino e con rispetto cercano di comprenderla, sin dalla sua storia, è in grado di stupire ancora un disilluso come me, quando apprende che amici stranieri ritornano nella loro Venezia solo per il Redentore, interrompendo la vacanza, per poi riprenderla, per non mancare all’appuntamento con la notte in cui i colori affollano di luci sempre diverse le architetture di un micro universo, in cui la geometria dei palazzi convive con il corso delle acque che silenziose segnano confini tra muri e storie di famiglie che nei secoli hanno saputo nutrire il loro entusiasmo nella vita collettiva a favore della città. Questo filo spezzato non può ritornare teso solo in occasione di una festa, il legame deve riprendere vigore e riportare segni di vita reale, i fuochi sono artificiali, le nostre storie che si dovrebbero fondere in un afflato collettivo ora sono solo fiammelle debolissime, diafane e traballanti. N.B.: Nelle pagine a seguire offriamo al lettore un brillante e curioso racconto sulle teste di cera dei monaci, conservate nella chiesa del Redentore. Sarebbe bello poter pensare ad un loro riprendere vita per una notte all’anno e cogliere i loro commenti sul fragore in una notte, che spezza l’abituale quiete monastica. Cossa nasse là fora?
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idsummer nights: hot, crowded, loud – though
always beautiful. Traditionally, we spend that particular night looking way up to majestic fireworks show that float in the sky above Venice. Say what you will, but you cannot call yourself a friend of Venice if you don’t partake in this annual ritual. Traditions are like that: many of the thigs we do are the same year after year, but our heart does find solace as we participate in them, like crossing the temporary barge bridge from the Zattere quay to the Redentore Church. A walk from the profane to the sacred. We will take a moment to visit the church – for a weekend, it will be the most important church in town – and appreciate its elegant and lofty classical shapes designed by Andrea Palladio. A very Venetian thing to do would be preparing yourself and your dear ones for a lengthy picnic on a small boat while waiting for the fireworks. Typical preparations are sardine spaghetti and duck stew, as is the generous serving of watermelon at the end of your meal. There’s more leeway in deviating from tradition, though, as few would be compelled to peer into your icebox, from the next boat over, to comment on your culinary choices. The fete in question, Redentore or Christ the Redeemer, sanctions a sort of pact between Venice and the rest of the world. For an hour, this city is pure admiration of the sublime – every colour is in the sky, and every terrace, patio, open square foot one can stand on will be occupied by our patient selves. A note must be made about the enforcement of rules of dubious sanity as the mind goes to the proverbial horse that bolted long before you thought about closing the stable door. The strength of the real Venice comes from those of us who are enthralled by its fascination and, with respect, try to understand it deeper and deeper every day. I have friends from abroad who, no matter where they happen to be as the Redentore draws closer, pause whatever they’re doing and fly to Venice, heaven forbid they miss the appointment that, more than any other, turns the city into a microcosm of amazing architecture, tranquil waters, and the lives and passions of thousands of families who have been nourishing Venice since time immemorial. This thread cannot exist only on the occasion of a festival: it needs to always be safe and strong wherever and whenever real life is to be found, in the common embrace of our individual, tiny little flames.
Festa del Redentore 16-17 luglio redentore.veneziaunica.it
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FESTA DEL REDENTORE STORIES
Ma che bella cera! di Camillo Tonini Foto di Claudio Franzini Nella sacrestia che si apre alla fine della navata destra del SS. Redentore, i frati Cappuccini, che dall’origine sono i custodi dell’edificio sacro, vestono i paramenti e si preparano spiritualmente alle celebrazioni dei riti religiosi prima di entrare nell’ampio spazio della chiesa palladiana. Uno spazio ristretto questo, spesso inaccessibile, che contrasta con le armoniose e luminose forme del tempio, eretto dalla Serenissima nel 1577 per sciogliere il voto alla fine della peste che in Città aveva mietuto oltre cinquantamila vittime. Qui, come in una sorte di Camera delle meraviglie sacre, sono raccolti alcuni pregiati esempi di pittura veneta e preziosi reliquari; appoggiati ai piani degli armadioni in noce, e sono esposti entro campane di vetro dodici ritratti in cera con i busti di alcuni santi dell’Ordine riformato dei Cappuccini. Opere di impressionante realismo che, per la delicatezza della materia della quale sono composti, sono da considerarsi esempi superstiti, oramai rari, dell’arte ceroplastica che a Venezia tra il XVII e il XIX secolo ebbe grande diffusione e apprezzamento. Si deve allo storico viennese dell’arte Julius von Schlosser (Storia del Ritratto in cera. Un saggio, 1911; 2011 edizione in italiano) e alla sua caparbia volontà di documentare e valorizzare le opere ceroplastiche con ritratti a dimensioni naturali, l’avere lasciato una prima segnalazione significativa dei busti in cera del Redentore e un primo giudizio estetico: «Per la verità […] andrebbero citati anche i curiosi busti di Santi Cappuccini del XVII e XVIII secolo che si conservano nelle vetrine della sacrestia del Redentore, alcuni dei quali sarebbero opera dei frati dell’Ordine. Vi sono raffigurazioni dal vero estremamente realistiche, che si possono senz’altro considerare come studi per ritratti; il loro valore artistico è piuttosto elevato». Schlosser che, mentre scriveva queste note, aveva ben presente tutti i ritratti in cera allora conosciuti e dei quali stava redigendo un catalogo ragionato, ammette per le teste del Redentore una certa qualità estetica, ma anch’egli ritiene che la loro specifica singolarità consista nell’effetto di impressionante realismo che si prova ancora oggi a guardarle e che è da considerarsi l’obiettivo prevalente che ha guidato le mani dell’autore o più probabilmente degli autori che le hanno modellate. Reliquie viventi, monito perpetuo per una virtuosa vita monastica, modelli di fede e di sapienza nell’esaltazione agiografica dei Santi Cappuccini, la serie delle dodici cere prende inizio dall’immagine del fondatore, San Francesco – Seraphicus patriarcha, come riporta il cartiglio – colto in un aspetto molto maturo, lontano da quello conosciuto nella tradizione iconografica. Di seguito gli altri santi e beati,
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tangibili e quasi vitali esempi di santità nella complessa articolazione nella quale questa si sostanzia: accettazione del martirio per la fede, sapienza e dottrina, mistico annullamento, umiltà e obbedienza alla gerarchia dell’Ordine, amore e carità verso il prossimo. I busti in cera, per maggiore realismo, sono ricoperti nelle loro rozzi sai, forniti di barba e capelli naturali e ognuno presenta espressioni e particolari fisiognomici che richiamano i tratti caratterizzanti la propria esistenza. Così il volto di Fedele da Sigmaringen (1578–1629), con accanto la palma del martirio, appare ispirato e dolorante perché segnato dalla ferita di spada che gli troncò la vita durante le lotte religiose tra cattolici e zwingliani nel Canton Grigioni, dove era stato inviato come missionario dall’allora appena istituita Propaganda fide. Un’espressione di vivacità intellettuale trapela nell’aspetto di Giovanni da Leonessa (1556–1612), fecondo predicatore e missionario in terra turca dove provò la tortura del gancio, come pure in quello di Angelo da Acri (1669–1739) anch’egli missionario. In ascetica contemplazione, con lo sguardo rivolto al cielo, è l’immagine di Lorenzo da Brindisi (1559–1610), dottore della Chiesa, divenuto Vicario generale dell’Ordine. Suadente è il sorriso di Felice da Cantalice (1515–1587), mentre si rivolge al Bambino Gesù che giocherella con la sua lunga barba. L’autentica dedizione all’Ordine, vissuta con carità e pazienza, è elemento caratterizzante della rozza fisionomia di Bernardo da Corleone (1605–1667), mentre l’umiltà e la santifica innocenza sono
tratti distintivi nel volto di Serafino da Montegranaro (1540–1604). Lo sguardo assorto in adorazione mistica dell’Eucarestia è evidente nella severa fisionomia di Bernardo da Offida (1604–1694). Gli occhi benevoli rivolti in basso ad aiutare il prossimo sono nel viso di Crispino da Viterbo (1668–1750) che con i suoi aforismi era solito sollevare le pene dei malati e regalare serenità a chi gli donava carità durante i suoi cammini di frate cercatore. Sotto la corona di spine, gli occhi della mistica Veronica Giuliani (1660–1727), divenuta badessa del convento di clarisse Cappuccine di Città di Castello, appaiono spenti forse perché questa figura, a differenza delle altre in cera del Redentore, non è stata concepita come ritratto, ma è il risultato di una maschera mortuaria direttamente tratta dal viso della monaca. È l’ultima cera a svelare, forse, la motivazione che ha ispirato questa serie di ritratti: il volto acuto e penetrante di Nicola Molinari da Lagonegro (1707–1792), il più recente e l’unico tra i campioni della fede cappuccina rappresentati al Redentore, menzionato nel cartiglio anche con il proprio cognome da secolare. Egli fu predicatore e missionario nel Regno di Napoli, nel Regno Pontificio, in Toscana, nel Veneto e in particolare a Padova dove, come predicatore, nel 1758 ricevette la stima del cardinale Carlo Rezzonico che divenne papa l’anno seguente con il nome di Clemente XIII. Ben inserito nell’ambiente della nobiltà veneziana, il Molinari come consultore teologico e confessore, nel 1759 accompagnò Alvise Mocenigo, poi diventato doge, quale ambasciatore straordinario della Serenissima a Napoli, in occasione dell’ascesa al trono di Ferdinando IV di Borbone. In
seguito, a Roma per diciassette anni assunse la carica di Postulatore generale delle cause dei santi dell’Ordine dei Cappuccini, prima di essere eletto vescovo delle diocesi unite di Scala e Ravello e infine di quella di Bovino. Quest’opera sembra differenziarsi dalle altre per la diversa qualità della cera e denuncia una fattura più tarda, quasi a suggellare questa impressionante sfilata agiografica di Cappuccini, cominciata con il dovuto omaggio al “patriarcha” Francesco e poi sviluppata nell’esaltazione di alcuni santi e beati vissuti tra Sei e Settecento che ebbero proprio in Molinari il sostenitore nelle cause di beatificazione. Poco altro rimane da dire circa i possibili autori di queste opere che pur nell’unitario intento agiografico e nella seriale uniforme presentazione dei ritratti, denunciano differenze nello stile e possibile flessibilità nell’attribuzione d’epoca. Si sono fatti i nomi di Frate Francesco da Vicenza e di Frate Giampaolo da Cismon, ambedue conosciuti come valenti artigiani nei lavori in cera, attorno ai quali però è difficile ricostruire una storia e un percorso artistico, allo stesso modo di tanti altri frati che hanno scelto di annullare la propria esistenza secolare nell’anonima, ma virtuosa operosità della vita conventuale.
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DOPPIA COSCIENZA
arte
La speranza è una moneta potente. Essere fiduciosi significa essere umani Lesley Lokko
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Photo Andrea Avezzù - Courtesy of La Biennale di Venezia
di Mariachiara Marzari
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li universi paralleli di Cecilia Alemani e Lesley Lokko segnano un ideale
passaggio di testimone tutto al femminile dall’arte dilatata, storica e futuribile, inclusiva, militante e femminista de Il latte dei sogni alla ricerca di identità allargate, di relazione tra razza, cultura e spazio de Il Laboratorio del Futuro di Lokko. Il Presidente della Biennale Roberto Cicutto si è fatto conquistare dall’energia contagiosa di Alemani e dalla «sicurissima calma» con la quale l’architetto anglo-ghanese Lokko «si mette di fronte al mondo con un punto di vista preciso». Un filo, dunque, che non si spezza, ma che anzi si rinsalda dimostrando come l’architettura percorra terreni comuni all’arte e viceversa. Trait d’union tra le due curatrici certamente l’essere fortemente radicate nella società contemporanea: temi come equità, genere, identità sono al centro della ricerca creativa di entrambe, oggetto di indagine artistica e architettonica, con metodi assai prossimi supportati da personalità forti e risolute, come dimostrano le loro rispettive esperienze formative e professionali consumate in percorsi dai contorni ampi e dagli interessi molteplici. Il curriculum di Alemani spazia dagli studi di filosofia alla direzione della High Line Art di New York e alla ricerca di un’arte pubblica e sociale in parallelo a spazi sperimentali e indipendenti; quello di Lokko dagli studi di ebraico e arabo a Cambridge alla direzione dell’African Futures Institute di Accra in Ghana. Fondamentale per entrambe il ruolo della letteratura e, soprattutto, della scrittura: Alemani da tempo è impegnata a curare rubriche fisse su diverse riviste; Lokko è fondatrice e direttrice del «FOLIO: Journal of Contemporary African Architecture», nonché prolifica romanziera. Nel 2004 ha pubblicato il suo primo romanzo Sundowners (Il mondo ai miei piedi, Mondadori 2004), cui sono seguiti altri 11 titoli. Il suo ultimo e prossimo volume, The Lonely Hour, uscirà nel 2023. Entrambe credono nel potere fondante dell’immaginazione e del sogno, un sogno che nell’architetto inizia e finisce con la parola Africa, che sarà al centro della prossima Esposizione d’architettura. Una prospettiva nuova e rovesciata, ma non divisiva, che ha certamente pesato molto nella scelta della nuova curatrice di Biennale Architettura. «C’è un luogo – ha infatti affermato il Presidente Roberto Cicutto – in cui tutte le questioni di equità, risorse, razza, speranza e paura convergono e si fondono. L’Africa. A livello antropologico, siamo tutti africani. E ciò che accade in Africa accade a tutti noi». Da una parte molta America (sia del Nord che del Sud), presente in maniera significativa nella mostra principale di Cecilia, dall’altra si aspetta molta Africa. In mezzo La Biennale di Venezia, da sempre vitale laboratorio contemporaneo, uno spazio in cui si pongono interrogativi sulla rilevanza dell’arte e dell’architettura per definire il mondo presente e quello a venire. Entrambe inoltre condividono un metodo di osservazione e di analisi della realtà contemporanea che non parte dal centro, bensì dalla periferia, dai margini, per poi trovare nuovi centri e nuove prospettive. Essere dalla parte sbagliata della storia offre l’opportunità di restituire nuove possibili identità personali, nazionali e transnazionali, andare oltre la globalizzazione, l’apparente status quo, l’ibridismo culturale, per esaltare l’alterità e indagare circostanze inedite nel teatro dei linguaggi del canone occidentale. Cecilia immagina nuove armonie, convivenze finora impensabili e soluzioni sorprendenti, proprio perché prendono le distanze dall’antropocentrismo. Il latte dei sogni è un viaggio alla fine del quale non ci sono sconfitti, dove si configurano nuove alleanze generate dal dialogo fra esseri diversi (alcuni forse prodotti anche da macchine) con tutti gli elementi naturali che il nostro Pianeta (e forse anche altri) ci presenta. Il focus annunciato da Lesley Lokko per il suo Laboratorio del Futuro punta a rovesciare ciò che crediamo di sapere su dogmi e paradigmi dell’architettura, investendola di un ruolo rinnovato e vitale nella costruzione del domani. «Io vedo l’architettura come una disciplina di trasformazione e di traduzione […] che vive tra il mondo delle idee e quello delle cose. Non si limita a criticare, deve proporre soluzioni. Così ci aiuta a capire che la rottura dello schema costituito è produttiva». Cecilia Alemani e Lesley Lokko, insomma, ci dicono con lucida consapevolezza che per avviare un vero, sostanziale cambiamento delle nostre abitudini e modalità di vita è necessario smontare la logica che informa costitutivamente il modo con cui abbiamo vissuto sinora e tuttora viviamo, sia quella sociale che quella ecologica. Essere arrabbiati è solo il primo passo. Bisogna poi concretamente fare qualcosa e loro lo stanno facendo!
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rt Biennale curator
Cecilia Alemani’s and Lesley Lokko’s parallel universes mark an ideal passing of the baton from the world of historical, futuristic, inclusive, militant, and feminist art of The Milk of Dreams (Alemani’s Biennale) to the research of extended identities, identity relationships, culture, and space of the Laboratory of the Future (Lokko’s upcoming Biennale). The trait d’union between the two art curators is certainly their being deeply rooted in contemporary society: themes like equity, gender, identity are the centre of creative research for both, and both employ similar methods in their artistic and architectural investigations, as exemplified by their educational and professional backgrounds. Alemani’s curriculum ranges from philosophy studies to the direction of the High Line Art in New Yok, to work on public and social art parallel to art experiences in experimental, independent places. Lokko’s range from Hebrew and Arabic studies at Cambridge to the direction of the African Futures Institute in Accra, Ghana. Essential for both is the role of literature and, even more important, of writing. Alemani has been for long committed to curating columns on several magazines; Lokko is the founder and director of FOLIO: Journal of Contemporary African Architecture, and an accomplished novelist herself. In 2004, she published her first novel, Sundowners, which was followed by eleven more. Both curators believe in the essential power of imagination and dream, a dream that, for Lokko, starts and ends with the word Africa, the theme of next year’s Architecture Biennale. While in Alemani’s Biennale, we saw a lot of the Americas, we are anticipating a lot of Africa from Lesley Lokko. In between, the Venice Biennale, since years the workshop of modernity and a space where questions on the relevance of art and architecture are always welcome, to define the present world and the world to come. Lokko’s Laboratory of the Future will sweep away everything we thought we knew about the dogmas and paradigms of architecture.
www.labiennale.org
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arte IN THE CITY VIDEO
È notte a Venezia Ana Vaz, da Penumbra al Locarno Film Festival Night-time in Venice
A poco meno di tre mesi dall’apertura, dopo aver ottenuto successo di pubblico per la visione corale sulle zone d’ombra della contemporaneità e apprezzamento della critica per la riflessione sulle immagini in movimento come spazio di trasformazione materiale e metaforica, registrando un numero di articoli e di post incredibilmente favorevole, tanto da essere nei primi posti del gradimento generale e inclusa in tutte le classifiche delle mostre da vedere a Venezia, Penumbra al Complesso dell’Ospedaletto, promossa da Fondazione In Between Art Film e curata da Alessandro Rabottini e Leonardo Bigazzi, incassa un nuovo e meritato riconoscimento. Una delle artiste in mostra, Ana Vaz, ma soprattutto una delle otto nuove opere commissionate e prodotte dalla Fondazione In Between Art Film per Penumbra è stata selezionata e inserita nel concorso Cineasti del presente del Locarno Film Festival (3-13 agosto 2022), una sezione di opere prime o seconde dirette da giovani talenti provenienti da tutto il mondo. É Noite na América (It Is Night in America/È notte in America, 2021) di Ana Vaz (1986, Brasile) è un ritratto meditativo che, da una parte, osserva le numerose specie animali che sono state salvate e che ora vivono nello zoo di Brasilia e che, dall’altra, sfida l’ideologia della loro conservazione di fronte a un pericolo di cui solo gli esseri umani sono responsabili. Nel 2021 una prima versione di É Noite na América è stata presentata in anteprima presso il Jeu de Paume di Parigi, in occasione della mostra personale dell’artista. L’opera a tre canali è
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una delle video installazioni che compongono Penumbra, proiettata su tre grandi schermi nello spazio tre al piano terra del Complesso dell’Ospedaletto. I componimenti filmici, le installazioni e le performance di Ana Vaz guardano ai territori e agli eventi che in Brasile sono tuttora tormentati dalle conseguenze del colonialismo e del Modernismo sull’ambiente, sulla società e sulle forme di vita diverse da quella umana. Tessendo insieme mito e storia, l’artista utilizza gli strumenti del racconto cinematografico per decentrare i confini dello sguardo umano. Il cinema è dunque uno strumento e i suoi lavori sono film-poesie presentati, proiettati e discussi in festival cinematografici, seminari e istituzioni museali di tutto il mondo. La sua pratica si può anche incarnare in scrittura, pedagogia critica, installazioni, programmi cinematografici o eventi effimeri, tutte espansioni o sviluppi dei suoi film. Vaz è anche membro fondatore del collettivo COYOTE insieme a Tristan Bera, Nuno da Luz, Elida Hoëg e Clémence Seurat, un gruppo interdisciplinare che lavora tra ecologia e scienze politiche attraverso formati concettuali e sperimentali. Obiettivo raggiunto, quindi, data la mission della Fondazione In Between Art Film, nata a Roma nell’ottobre 2019 sotto la guida della sua fondatrice e presidente Beatrice Bulgari, che persegue lo scopo di promuovere la cultura delle immagini in movimento e di sostenere artisti, istituzioni e centri di ricerca internazionali che esplorano il dialogo tra le discipline e i confini tra film, video, performance e installazione. M.M.
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Not three months from inauguration, exhibition Penumbra is given new, well-deserved recognition in the form of entry into competition Cineasti del presente at the Locarno Film Festival (August 3-13, 2022). The section is dedicated to young filmmakers at their first or second film. É Noite na América (It Is Night in America, 2021) by Ana Vaz (b. Brazil, 1986) is a meditative portrait on the several animal species that have been rescued and now live in the Brasilia Zoo and also a challenge to the conservation ideology fighting a danger that comes from humans themselves. Ana Vaz’s film compositions, installations, and performance art pieces focus on territories and events that, in Brazil, still carry the consequences of colonialism and modernism, especially on the environment, society, and forms of life other than human. By weaving together history and myth, the artist uses the tools of film to hack into the centrality of human points of view. Vaz is also a founding member of collective COYOTE together Tristan Bera, Nuno da Luz, Elida Hoëg, and Clémence Seurat. COYOTE is an inter-disciplinary group that works on ecology and political science using conceptual and experimental formats. A goal reached for Fondazione In Between Art Film, who produced the exhibition that includes Penumbra at Complesso dell’Ospedaletto, in Venice. The Foundation sponsors cultural projects and artists, institutions, and research centres that work on film, video, performance art, and installation art. Penumbra Karimah Ashadu, Jonathas de Andrade, Aziz Hazara, He Xiangyu, Masbedo, James Richards, Emilija Škarnulyte, Ana Vaz Fino 27 novembre Complesso dell’Ospedaletto Barbaria de le Tole, Castello 6691 inbetweenartfilm.com
VIAGGIO DI GENERE
Photo Matteo De Fina
Photo Enrico Fiorese
Can’t you sea? Dineo Seshee Bopape e Diana Policarpo, l’Oceano alla base del nostro futuro ecologico Pur essendo tra loro indipendenti, Ocean! What if no change is your desperate mission di Dineo Seshee Bopape e Ciguatera di Diana Policarpo presentano elementi comuni che designano l’Oceano come depositario di storie coloniali sospese tra passato, presente e futuro. Le due installazioni di videoarte, nuove commissioni presentate a Ocean Space da TBA21Academy con un allestimento scenografico, affidano a microorganismi e alghe, rocce, voci e immagini l’intento costitutivo di scardinare la separazione esistente tra natura e cultura, scienza e mito, fede e razionalità. Isole Salomone, Mississippi, Giamaica e il natio Sudafrica sono la quinta naturale dell’opera di Bopape, determinata a dimostrare come l’epoca coloniale e dell’oppressione non sia in realtà storia passata ma tematica più che mai attuale, mutata nella forma e nelle dinamiche ma non nella sostanza che la genera e la fa diffondere. L’approccio di Bopape fonde indagine magica, curiosità storica, saggezza tradizionale, senso di e per l’illusione, immaginazione e speranza per creare un’opera coinvolgente in dialogo con l’Oceano, come “essere”. Prendendo come punto di partenza il viaggio di ricerca alle Isole Selvagge portoghesi (Ilhas Selvagens), nell’Oceano Atlantico settentrionale, Diana Policarpo crea invece un caso di studio nella mappatura delle storie coloniali attraverso il tracciamento della biodiversità naturale. Incorporati nella sostanza stessa delle installazioni, questi video diventano altro materiale scultoreo creando una drammaturgia che dimostra come la scienza sia implicata nei processi coloniali e intrappolata in relazioni di potere. Terzo capitolo del progetto The Soul Expanding Ocean che TBA21-Academy propone offrendo al pubblico un approccio sistemico allo studio e alla comprensione delle strutture e dei cicli della natura in relazione all’arte e alla cultura, mirando a recuperare lo spazio per un pensiero speculativo sul nostro futuro ecologico. Davide Carbone ENG Two independent exhibition that have something in common: they see the Ocean as the repository of colonial stories: Ocean! What if no change is your desperate mission by Dineo Seshee Bopape and Ciguatera by Diana Policarpo are video art installations commissioned by TBA21-Academy.The actors on stage are micro-organisms, rocks, voices, and images that will question the purported separation between nature and culture, science and myth, faith and reason. Bopape’s work uses the Solomon Islands, Mississippi, Jamaica, and his native South Africa as a backdrop, to show how colonial, oppressive times is not past history at all but very current, indeed, though changed in forms and action. Policarpo’s project build upon a travel to Portugal’s Savage Island, in the North Atlantic, with a mapping on colonial history done on the basis of natural biodiversity. The Soul Expanding Ocean #3 Fino 6 ottobre Ocean Space, Chiesa di San Lorenzo www.ocean-space.org
Le architetture gotiche di Palazzo Franchetti si trasformano in una futuristica astronave lanciata nello spazio più profondo, alla ricerca di vampiri, per ospitare Vampires in Space, il Padiglione del Portogallo allestito da Pedro Neves Marques. Il viaggio introspettivo intrapreso da Marques invita il visitatore ad affrontare questioni come l’identità di genere, la sessualità, la riproduzione e la gestazione, con l’approccio multidisciplinare tipico dell’artista e attraverso installazioni site specific e video proiezioni. Curato da João Mourão e Luís Silva, il corpus dell’esposizione è composto da un film inedito, poesie e un allestimento fortemente immersivo ancorato all’esperienza trans non binaria di Neves Marques, per sviluppare un dibattito che affonda le proprie radici nelle tematiche relative al controllo dei corpi e al microcosmo dell’intimità. Una riflessione che si riferisce all’umano e al non umano, di cui poter approfondire le dinamiche sociali ed economiche, con attenzione ai concetti di violenza e controllo, potere e speranza. In una parola: vita. ENG The Gothic architecture of Palazzo Franchetti turns into a futuristic spaceship launched into deep space, looking for vampires. The cosmic journey taken by Pedro Neves Marques is an introspective one, and invites visitors to question gender identity, sexuality, reproduction, and pregnancy by means of site-specific installations and video screenings. This reflection will be about the human and the non-human, while Neves Marques reflects on the social and economic dynamics and on the concepts of violence, control, power, and hope. PADIGLIONE PORTOGALLO Vampires in Space Fino 27 novembre Palazzo Franchetti, San Marco 2847 vampiresinspace.pt
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Contraccolpo visivo Bruce Nauman ritorna letteralmente sui suoi passi Visual countershock ENG
Bruce Nauman Walking a Line 2019 ©Bruce Nauman /ARS
La manipolazione digitale delle immagini è ormai scontata e accettata da (quasi) tutti come consuetudine, e gli artisti di ogni generazione e disciplina hanno utilizzato la tecnologia come strumento non solo per la realizzazione di progetti ex novo ma anche per rielaborare, conservare o riparare digitalmente vecchie opere. Nonostante questa sia una pratica tutt’altro che eccezionale, per Bruce Nauman (1941, Fort Wayne, Indiana) ritornare sui suoi passi (letteralmente) rappresenta una svolta radicale. Nella mostra Contrapposto Studies l’artista americano riprende temi che da sempre lo impegnano per tradurli in una nuova forma contemporanea grazie al supporto di tecnologie prima non disponibili. La mostra, curata da Carlos Basualdo e Caroline Bourgeois, che ha richiesto l’adattamento delle opere di Nauman agli spazi di Punta della Dogana, dove sarà visitabile fino al 27 novembre, è un’opportunità per mettere in dialogo opere storiche con le più recenti, alcune addirittura inedite o mai esposte in Europa, celebrando in questo modo la carriera e la personalità di un artista consacrato nel panorama artistico contemporaneo. L’uso performativo del corpo è nodale, oggetto del celebre video Walk with Contrapposto (1968), che ritrae Nauman nel tentativo di procedere a passo lento lungo un corridoio di legno allestito nel suo studio, cercano di mantenere la posizione chiastica. Il contrapposto, elemento fondamentale della scultura occidentale nato in Grecia nel V secolo a.C., che diventa una delle principali caratteristiche dell’arte rinascimentale, definisce la postura di una figura umana rappresentata
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in piedi quando il peso del corpo si appoggia su una sola gamba, creando così una torsione dinamica. Questo atto diventa per Nauman il punto di ripartenza da cui elaborare una nuova serie di Contrapposto Studies, che include i video Contrapposto Studies, I through VII (2015/16), Walks In Walks Out (2015), Contrapposto Split (2017) e Walking a Line (2019). In queste nuove opere Nauman riflette sulle difficoltà e gli impedimenti motori, tema estremamente autobiografico che l’artista sente molto attuale: ha infatti sperimentato durante due anni di malattia le difficoltà di movimento, scoprendone i segni non solo sul corpo ma anche sulla sua produzione artistica. Per questo motivo torna ad avanzare mantenendo la posa chiastica, questa volta con la possibilità di sfruttare lo zoom in post-produzione per ottenere l’effetto desiderato nel concepimento originale dell’opera. Uno strumento oggi usuale, impensabile durante la prima realizzazione delle riprese, che ora apre nuove possibilità per il progetto iniziato alla fine degli anni ‘60, tanto da convincere Nauman a riguardare i suoi vecchi filmati, attività notoriamente ripudiata dall’artista. La mostra a Punta della Dogana risulta essere così una costante conversazione tra presente e passato, tra due diversi momenti della carriera di Nauman uniti dallo stesso scopo finale, quello di disorientare, destabilizzare, perfino sconvolgere. Il visitatore di Contrapposto Studies è quindi invitato a farsi sorprendere e sopraffare fisicamente e mentalmente dalle suggestioni dell’artista in un dialogo intenso e personale. Silvia Baldereschi
Digital image manipulation has become a staple of art, and artists of all generations and disciplines used it as a tool for both original projects and re-elaboration of old ones. For Bruce Nauman (b. 1941), tracking back on his own footsteps is a radical change, though. In his exhibition Contrapposto Studies, Nauman re-hashes themes that have always been a part of his artistic production and translates them into forms of modern art thanks to technology that has only recently become available. Contrapposto is an essential element of ancient Greek sculpture and was developed in the fifth century BC: it depicts the human figure as its weight falls on one leg only, thus giving dynamism to the body. Nauman has been working on contrapposto in his famous video Walk with Contrapposto of 1968, starring the artist himself, who later produced sequel pieces Contrapposto Studies, I through VII (2015/16), Walks in Walks Out (2015), Contrapposto Split (2017), and Walking a Line (2019) to reflect on mobility impairments, which he had to endure himself at one point. The exhibition now open at Punta della Dogana is a conversation between present and past, between two moments of Nauman’s career united by the end goal of disorienting, destabilizing, even shock us. As visitors, we are invited to be shocked and overwhelmed by the artist’s inspiration in an intimate, personal rapport.
Bruce Nauman. Contrapposto Studies Fino 27 novembre Punta della Dogana www.palazzograssi.it
palazzograssi.it
Marlene Dumas, Time and Chimera, 2020. Oil on canvas, 300 x 100 cm. Courtesy the artist and Zeno X Gallery, Antwerp
Marlene Dumas open-end Palazzo Grassi Venezia 27.03.22
– 08.01.23
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arte IN THE CITY DIALOGUE
La cura
Con Luca Massimo Barbero alla scoperta del ‘primo’ Beuys Joseph Beuys, pittore, scultore, performer e teorico, è stato artista poliedrico tra i più influenti ed emblematici della seconda metà del Novecento e tra i pochi realmente capaci di far coincidere arte e vita. Beuys considerava l’arte la cura ai mali della società: una forza positiva e curativa in grado di risvegliare la creatività individuale, attivare la consapevolezza politica e stimolare il cambiamento sociale. Da queste premesse prende avvio la ricerca che Luca Massimo Barbero, direttore dell’Istituto di Storia dell’Arte della Fondazione Giorgio Cini, ha deciso di trasformare in mostra in occasione della Biennale 2022, un progetto espositivo ospitato negli spazi della Galleria di Palazzo Cini, straordinaria casa-museo che custodisce i capolavori della collezione personale del grande mecenate Vittorio Cini. Joseph Beuys. Finamente Articolato presenta una selezione di circa 40 lavori del Maestro dell’Arte Concettuale, opere fondamentali eseguite già alla fine degli anni Quaranta e nei primi anni Cinquanta, e una significativa e selezionata serie di importanti opere su carta e disegni. Abbiamo incontrato il curatore per farci guidare nelle origini del pensiero artistico di Joseph Beuys. Com’è nata l’idea della mostra Finamente Articolato? L’idea prende il via nel 2021, in occasione del centenario della nascita di Joseph Beuys (Krefeld, 1921 – Düsseldorf, 1986), per poi divenire progetto concreto grazie alla collaborazione con la Galleria Thaddaeus Ropac e con vari istituzioni museali e musei europei, a partire naturalmente dalla Fondazione Beuys. La mostra traccia con estrema rarefazione, selezione e puntualità due temi centrali su cui il Maestro dell’Arte Concettuale si è focalizzato in modo particolare. Il primo tema è quello del corpo umano, inteso come una sorta di testimonianza, di racconto autobiografico, ma anche in quanto elemento antropologico e in un qualche modo performante: attraverso la figura del corpo è possibile rintracciare tutta la linea delle azioni di Beuys. L’altro tema di ricerca è quello dell’utilizzo da parte dello scultore, del performer, dell’artista – perché anche l’accezione di “artista” a Beuys sta stretta – della figura animale. Da un lato quindi la figura umana, dall’altro quella animale. Una dicotomia che nasce in un momento forse tra i meno noti ed esplorati dell’opera di Beuys, quello degli esordi, ovvero verso la fine degli anni Quaranta, nell’immediato secondo Dopoguerra. Il rapporto con l’animale, lepre o cervo che sia, che ritroviamo sempre nelle sue azioni, diventando per Beuys quasi identificativo, nasce con rarissime sculture del ‘48 e ‘49 – riunite in mostra per la prima volta in Italia – legate ad un mondo enigmatico, fatto di graffiti, ricordi, un mondo quasi preistorico e fortemente connotato attraverso queste raffigurazioni animali. Sono bronzi relativamente piccoli e molto singolari: da un lato troviamo cervi e altri animali e dall’altro un’opera di grande rilievo, ma anche questa di ridottissime dimensioni, all’incirca 22 o 23 centimetri, la Donna di piombo del 1949. Sono sorprendenti perché sono le opere primeve dell’autore. La figura del corpo di questa donna, quasi una sorta di “Eva preistorica”, in dialogo con gli animali nelle cinque o sei sculture centrali in mostra, ripropone
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proprio questo doppio rapporto corpo umano/animale. Il resto del percorso espositivo è distribuito intorno a un’opera il cui titolo in italiano è Supporto per la schiena di un essere umano finamente articolato (tipo lepre) del XX secolo d.C. (Backrest for a fine-limbed person (hare-type) of the 20th Century AD), molto particolare, tanto da dare il nome alla mostra stessa, Finamente Articolato. Perché ha voluto inserire questa mostra nel meraviglioso contesto di Palazzo Cini? L’idea è fare di Palazzo Cini una sorta di “studio del collezionista”, andando ad omaggiare il più grande artista concettuale mai esistito, quello che possiamo definire “il padre” di un certo tipo di Arte Concettuale; ed è curioso il tutto, perché è la prima mostra contemporanea che non si ispira alla Collezione, essendo chiaramente una mostra di un artista non vivente. Il principale interesse per noi in questo caso è l’osservazione del particolare, legare cioè il visitatore alla capacità di osservare molto attentamente lavori di microscopiche dimensioni, ammirandone i dettagli, così come avviene nella prima sala della Galleria con la collezione di avori tedeschi. L’opera che dà il titolo alla mostra è molto divertente e drammatica: è custodita dentro a una vetrina, quindi riporta al concetto di esposizione dell’opera come reperto, che è proprio uno dei temi centrali del lavoro di Beuys e si armonizza benissimo con Palazzo Cini. La mostra è eccezionale anche per la selezionatissima scelta di opere dell’artista tedesco, come per esempio una serie di opere e disegni su carta – di una bellezza pazzesca! – che sono il vero centro del lavoro di Beuys oltre alle sculture. Tutti questi lavori affrontano sempre i temi dagli anni Quaranta e Cinquanta in poi, quelli attinenti al corpo, alla figura umana e alla figura animale. L’idea di base della mostra è stata proprio quella di andare a scegliere opere straordinarie, come ad esempio una piccola scultura ¬¬– non poi così piccola perché si apre –, Cavallo giovane, che Beuys crea nel ‘55 per poi renderla opera concettuale nell’‘85/’86. Un modo di ripercorrere queste due tematiche con puntualità e filologia molto forte. La mostra si collega a uno dei temi proposti da Cecilia Alemani nel suo Il latte dei sogni, quello appunto dell’evoluzione e dello studio dei corpi. Certamente vi è un forte legame. Beuys d’altronde è uno dei fondatori per eccellenza di una concezione dell’arte che si definisce e si esprime attraverso i temi dell’ecologia, del corpo, del rapporto tra l’uomo e il mondo. La mostra rende in questo senso manifesta l’archeologia della contemporaneità, ma soprattutto l’attualità straordinaria dei temi portanti dell’opera di Beuys. Mariachiara Marzari
Vuoto a rendere Fontana/Gormley, un raro e intimo dialogo Caring
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Our exhibition focuses on two central themes in Beuys’ oeuvre: the first theme is the human body – a sort of testimony, of autobiography, an anthropological element that can be viewed as the underlying trace of the artist’s action in art; the other theme is the figures of animals and their use by the sculptor, by the artist, by the performer. Man and animal, a dichotomy that only appears in the less-investigated part of Beuys’ career: his debut, in the late Forties. The relationship with the animal, whether a hare or a deer, is part of his identity and his rare sculptures of the time (1948-49) show a world of enigmas, a quasi-prehistorical world. These bronzes are comparatively small and quite peculiar. Take this figure of woman, for example. A sort of prehistorical Eve that establishes a relationship between herself and the animals around her. My idea was to turn Palazzo Cini into a sort of ‘collector’s studio’ to pay homage to what I call the father of a certain kind of conceptual art. Our interest goes to the particular, to the ability of visitors of observing the smallest detail. There is a connection with the main theme of the Biennale, too, for Beuys is a precursor of art that defines itself, and expresses itself, with the themes of ecology, body, relationship between man and world. In this sense, the exhibition is an act of archaeology of modernity and shows the extraordinary modern relevance of this amazing art. Joseph Beuys. Finamente Articolato Fino 2 ottobre Palazzo Cini, Campo San Vio www.palazzocini.it
Due artisti e un architetto, Lucio Fontana, Antony Gormley e Carlo Scarpa, sapientemente riuniti da Luca Massimo Barbero all’interno del Negozio Olivetti in Piazza San Marco in un dialogo intimo e inedito, quasi un controcanto, in cui un ruolo fondamentale è svolto dallo spazio espositivo. Una mostra dossier, Evento Collaterale della 59. Biennale Arte, di profonda analisi, che nasce da un rapporto diretto tra il curatore, consulente scientifico della Fondazione Lucio Fontana, e lo scultore britannico Antony Gormley (Londra, 1950). «È un confronto effettivo – spiega Luca Massimo Barbero – tra il curatore e gli artisti, di cui uno vivente, cosa che ha reso il dialogo molto fattivo. Un’operazione inedita e importante, che vede per la prima volta Fontana in dialogo serrato con un contemporaneo sui concetti di dimensione, costruzione, spazio, vuoto. Fontana e Gormley esprimono scultura al di là del tempo. Nelle opere di Lucio Fontana lo spazio diviene un luogo atemporale e astorico, l’idea non più di dipingere, distruggere, ma forare, bucare, e di conseguenza oltrepassare e creare spazio. Segno e corpo dialogano nel percorso concettuale che sostiene la ricerca di Antony Gormley e che conduce alla totale rottura dei confini imposti tra il dentro e il fuori, lo spazio e il tempo. Fontana/ Gormley è una mostra che va oltre la storicità, da studioso posso definirla “sorprendente”: assistiamo a un dialogo raffinato e inedito tra questi due autori grazie anche alla rarefazione del luogo, per cui in realtà i due scultori punteggiano lo spazio di Scarpa trovandosi di fatto in un ‘dialogo’ a tre. Di Fontana c’è una scultura straordinaria del ’34, Antony ha realizzato una nuova scultura per la mostra, ma soprattutto ci sono opere mai viste prima che permettono di scoprire una familiarità tra i due, sculture e disegni che ne restituiscono il ritratto di un racconto, in particolare la presenza di un blocco di disegni di Fontana del 1946, mai esposti prima, che descrivono lo spazio come essenza, e alcuni sketch book inediti di Gormley, quasi delle ‘rivelazioni’. Opere selezionatissime per una mostra di grande intimità e rarità.» ENG Two artists and an architect – Lucio Fontana, Antony Gormley, and Carlo Scarpa – in an intimate conversation staged by curator Luca Massimo Barbero at Negozio Olivetti in Piazza San Marco. A collateral event at the 59th Venice Art Biennale, this exhibition is a deep analysis, effectively a “comparison between curator and artists, one of them living, which made the dialogue a very real one. An original, important operation that sees for the first time Lucio Fontana in a conversation with modernity on the concepts of dimension, construction, space, and emptiness. Fontana and Gormley make sculpture that goes beyond time. In Fontana’s art, space becomes an atemporal, ahistorical place. Not painting anymore, but destruction, perforation, the act of going beyond and creating space. Sign and body interact in the conceptual itinerary of Antony Gormley’s research, which brings to the total breakage of any forced concepts of inside and outside, space and time.” (Barbero) EVENTO COLLATERALE Lucio Fontana / Antony Gormley Fino 27 novembre Negozio Olivetti, Piazza San Marco 101 fondoambiente.it
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Dorsoduro 701, Venezia guggenheim-venice.it
A Venezia, la mostra è resa possibile dal generoso contributo di Manitou Fund, con un ringraziamento speciale a Kevin e Rosemary McNeely
I programmi collaterali sono resi possibli da
Radio ufficiale
Con il sostegno di INSTITUTIONAL PATRONS Allegrini + Apice + Arper +Eurofood + Florim + HDG + IED + Itago + Mapei + René Caovilla + Rubelli + Swatch
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Leonora Carrington, Ritratto di Max Ernst, 1939 c. National Galleries of Scotland, Edinburgh, acquistato con il supporto di Henry and Sula Walton Fund e Art Fund, 2018. © Leonora Carrington, by SIAE 2022
In collaborazione con Museum Barberini, Potsdam
arte IN THE CITY DIALOGUE
Venezia-Vienna e ritorno
Forme e costellazioni
La Vienna decadente, la sua storia prestigiosa e il lento declino ricordavano a Emilio Vedova (Venezia, 1919–2006) la caduta di Venezia, circa un secolo prima. Nella Capitale austriaca il maestro aveva contatti di lavoro, rapporti di amicizia, frequentazioni e condivisioni culturali che coltivava attentamente, insieme alla moglie Annabianca. Tra queste, un amico in particolare condivideva con il Maestro una similare esperienza artistica, Arnulf Rainer (Baden bei Wien, 1929). La loro storia, che ha tracciato un pensiero forte e autentico nella ricerca artistica del Dopoguerra, testimonia una umanità attenta e sensibile che esprime, attraverso le loro opere, la fragilità della nostra esistenza e la sua bellezza come entità consapevole della propria imperfezione. La Fondazione Emilio e Annabianca Vedova ha voluto costruire un dialogo a distanza di pochi metri – Spazio Vedova e Magazzino del Sale – dove l’eco di Vedova riecheggia e si ritrova amplificato nella sequenza di opere di Rainer. Un viaggio da Venezia a Vienna e ritorno; non una retrospettiva ma un “hic et nunc” (qui e Ora) nella modernità di sentire di queste due personalità artistiche. Nello Spazio Vedova, quello che fu lo studio del pittore, è raccolta una selezione di opere realizzate da Vedova tra il 1949 e il 1993 senza seguire un percorso cronologico, il tutto articolato in sezioni tematiche: Contro, No, Venezia muore, Allarme, Umano, Confine, Plurimo, Per. I titoli sono parole ricorrenti negli scritti e nei discorsi di Emilio Vedova, costituiscono lo snodo che attivava la sua straordinaria energia di artista mai disposto alla rinuncia verso l’evoluzione della coscienza come unico modo per costruire una relazione responsabile con l’altro e con il mondo. Al Magazzino del Sale trova spazio il lavoro di Arnulf Rainer: dalla sua produzione, che copre un periodo di oltre 70 anni, sono state selezionate le croci degli anni ‘80 e i Kosmos dei primi anni ‘90. Se le croci sono la metafora del volto umano, quindi caratterizzate dall’individualità, i Kosmos condividono tutti la stessa forma circolare, il cerchio, metafora dell’infinito e della perfezione. Nelle sue opere Rainer trova sempre la forma e l’estensione più adatta alla superficie pittorica, dove gli evidenti “attacchi di colore” si giustappongono a zone più dense, lasciando il dipinto fluttuare tra luce e ombra, e al significato ultimo anch’esso sospeso tra particolare e universale. Rainer – Vedova: Ora. Fino 30 ottobre Fondazione Emilio e Annabianca Vedova Magazzino del Sale e Spazio Vedova www.fondazionevedova.org
Un collettivo di artisti è la sintesi perfetta di idea e rispetto, sinonimo di maggiore intensità, gioia, amore, inferno, condivisione, routine quotidiana, psicodramma, relazione, compagnia, studio, fiducia, rispetto, competizione... Nell’Atrio Moderno del Complesso dell’Ospedaletto, Ramin Haerizadeh, Rokni Haerizadeh e Hesam Rahmanian, trio di artisti iraniani autori di ALLUVIUM, la mostra curata da Samuele Piazza e promossa da OGR Torino, si muovono all’unisono, come in un movimento di danza tra le loro installazioni/sculture, in punta di piedi e sempre sottovoce, scambiandosi idee, incrociando sguardi, rispondendo a sorrisi con cenni del capo. Pur mantenendo ognuno il proprio nome, la definizione di collettivo trova in loro la sintesi perfetta, RRH sono tre persone, un’arte unica, mille sfaccettature. I loro lavori nascono da un costante processo di rielaborazione, di negoziazione; in ogni mostra assumono un temporaneo equilibrio, per poi essere potenzialmente rielaborati e modificati, con nuove formalizzazioni, graduali e costanti. La casa che i tre condividono con i loro collaboratori è uno spettro di spazi pubblici e privati ed è il perfetto esempio di come la loro pratica si sviluppi in un continuum, in cui i luoghi di vita e lavoro sono utilizzati per testare continuamente nuove idee, in relazione tra loro e con il mondo esterno. La ricerca si muove a partire da oggetti accumulati per creare un vero e proprio paesaggio mentale e fisico: nel flusso di immagini culturali e informazioni, Ramin, Rokni e Hesam si comportano come dei raccoglitori che creano inedite possibili costellazioni sommando oggetti provenienti da vari contesti a immagini, libri, film e opere d’arte, riarrangiati in un ecosistema dal quale emergono nuove relazioni e narrazioni. La mostra ALLUVIUM è l’essenza dei tre artisti, una oasi di pace e bellezza dove perdersi e ritrovarsi. Da vedere! ENG OGR Torino presents a trio of Iranian artists Ramin Haerizadeh, Rokni Haerizadeh, and Hesam Rahmanian and their new site-specific project curated by Samuele Piazza. The title ALLUVIUM refers to clay, silt, or gravel deposits left behind by running water, and it can be interpreted in several ways. It reminds of the materiality of the paintings and their physical support made of earth, though it can also be read as a metaphor of the remnants of a more abstract flow: the debris left behind by the flow of news and of history, which the artists look for, collect, and parse to give new life to, in an act of cultural resistance and counter-narrative creation. Iron sculptures hold a set of painted terracotta plates, compositions and constellations hovering mid-air, in delicate balance. ALLUVIUM Ramin Haerizadeh, Rokni Haerizadeh, Hesam Rahmanian Fino 27 novembre Complesso dell’Ospedaletto (Atrio Moderno), Castello 6691 www.ogrtorino.it
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arte
IN THE CITY SCULPTURES
Pausa di riflessione La scultura rinascimentale conquista Ca’ d’Oro
Photo Matteo De Fina
Nella ricca e a volte bulimica offerta di contemporaneo di questi mesi estivi una mostra come quella in corso alla Galleria Franchetti alla Ca’ d’Oro concede una pausa contemplativa assolutamente necessaria. Da Donatello a Alessandro Vittoria 1450-1600. 150 anni di scultura nella Repubblica di Venezia, a cura di Toto Bergamo Rossi e Claudia Cremonini, con il fondamentale supporto della Fondazione Venetian Heritage, è una delle rarissime mostre dedicate alla scultura a Venezia. Sì, perché realizzare una esposizione di scultura è veramente qualcosa di estremamente complesso oltre che ambizioso. La mostra alla Ca’ d’Oro rientra in quel circolo virtuoso di appuntamenti espositivi in corso in Italia di straordinaria bellezza e da non perdere, come Donatello, il Rinascimento a Firenze tra Palazzo Strozzi e i Musei del Bargello (fino al 31 luglio), che avrà un seguito a Berlino e Londra; o come la preziosa mostra presso le Gallerie d’Italia di Milano su I Marmi Torlonia (fino al 18 settembre), importante focus sul collezionismo di antichità a Roma. Si registra dunque un generale, rinnovato e speriamo non effimero interesse per la scultura, che nel Veneto vede protagonista anche la figura di Antonio Canova, nel bicentenario della sua morte, con mostre a Bassano, Possagno e Treviso. Alla Ca’ d’Oro, contesto ideale per una mostra di scultura, una sessantina di opere offrono al visitatore un percorso estetizzante sull’arte plastica nella Repubblica di Venezia dall’alba del Rinascimento alla tarda Maniera. In parte provenienti dalla ricchissima e preziosa Collezione Franchetti, in parte prestiti di collezioni pubbliche e private, queste opere – grazie a un allestimento raffinato, pulito e arioso, filologico e cronologico – permettono di comprendere a fondo quella complessità di apporti stilistici e iconografici convergenti su Venezia in anni di grande rinnovamento per la cultura figurativa locale. L’ab-
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bandono ritardato dello stile gotico e l’avvio a una nuova stagione plastica sono sanciti in mostra dalla presenza del busto in terracotta del San Lorenzo di Donatello, artista giunto a Padova all’apice della sua fama, rimanendo stanziale in Veneto per dieci anni (1444-1453), tanto da contribuire alla formazione di una nuova e moderna generazione di artisti come Andrea Briosco detto il Riccio, in mostra con l’elegante Madonna in trono di impronta classicista. Il celebre San Sebastiano di Andrea Mantegna, icona della Galleria Franchetti, è messo a confronto con un marmo della bottega dei Lombardo, rendendo evidente come i Lombardo (Pietro e Antonio) assieme a Donatello costituiscano la radice del rinnovamento del linguaggio di metà Quattrocento. Un’importante e spettacolare sezione è dedicata al ritorno all’antico con soggetti sacri, profani e di storia romana. Di notevole rilievo il marmo con Morte di Lucrezia di Antonio Lombardo o il ricostituito pendant di Apollo e Cleopatra. Dal Rizzo al Bregno ai Lombardo rimandi alla classicità sono presenti anche nelle raffinatissime statue di soggetto religioso caratterizzate dalla naturalezza delle posture e dal movimento delicato dei panneggi. Nel lungo Portego della Ca’ d’Oro, un’infilata di rilievi narrativi in bronzo provenienti da chiese veneziane distrutte o soppresse documenta in maniera esaustiva questa pratica assai diffusa nel Rinascimento, dagli albori del Riccio passando per le scene di combattimento del Camelio, fino ai celebri rilievi del Sansovino per il pulpito di San Marco. La chiusura della mostra è spettacolare: il capitolo finale affronta il tema del ritratto con i busti del grande scultore manierista Alessandro Vittoria, con un mix di fantasia antiquaria e verosimiglianza l’artista rese immortali alcuni esponenti di spicco della classe dirigente veneziana. Franca Lugato
Time to reflect ENG
In the rich, sometimes overly so, offer of contemporary art that is all about Venice in the summer months, an exhibition such as the one currently open at Ca’ d’Oro is refreshingly contemplative. Da Donatello a Alessandro Vittoria 1450-1600. 150 anni di scultura nella Repubblica di Venezia is one of the few exhibitions that is all about sculpture. About sixty pieces compose an itinerary on plastic art in the Republic of Venice, from the early Renaissance to late Mannerism. Many come from the rich Franchetti Collections, others are on loan from public and private collections. Donatello, Antonio Rizzo, Pietro, Tullio and Antonio Lombardo, up to Jacopo Sansovino and Alessandro Vittoria. Art highlights the interpretative variability of sculpture, the richness of material, the expressive potential and the different aesthetical values within a historical and artistic context that all too often favours, as far as Venetian history is concerned, painting. A precise and well-curated staging will allow us to understand the stylistic and iconographic complexity of those revolutionary years. The belated abandonment of Gothic art in Venice and the beginning of a new season are embodied in a terracotta bust by Donatello (San Lorenzo). The famous San Sebastiano by Andrea Mantegna opposes a marble sculpture by the Lombardo bottega, making it clear how the two must have been at the root of the renovation of artistic language in the mid-1400s. The final stage of the exhibition is spectacular: busts by Alessandro Vittoria mix antiquarian fantasy and verisimilitude to make immortal memories of notable Venetians of his time. Da Donatello a Alessandro Vittoria 1450-1600. 150 anni di scultura nella Repubblica di Venezia Fino al 30 ottobre Galleria Giorgio Franchetti alla Ca’ d’Oro www.cadoro.org
Il colore bianco Ewa Kuryluk, arte, vita, tempo, aria e tessuto Interdisciplinarità, versatilità e personalità sono le caratteristiche che colpiscono immediatamente delle opere di Ewa Kuryluk nella mostra I, White Kangaroo, Evento Collaterale della Biennale Arte 2022, ospitato a Palazzo Querini e promosso da Starak Family Foundation. Nata a Cracovia nel 1946, a tredici anni decide di voler diventare pittrice e crescendo la pittura diventa una parte della sua costante sperimentazione. Divenuta una delle più importanti artiste e intellettuali polacche contemporanee, Ewa Kuryluk è pittrice, fotografa, storica dell’arte, scrittrice e poetessa, pioniera delle installazioni tessili. «Disegno quello che non sono in grado di scrivere, scrivo quello che non sono in grado di dipingere», afferma. Nel trittico fotografico che accoglie i visitatori e che dà il titolo alla mostra, I, White Kangaroo/ Io, il Canguro Bianco, Ewa Kuryluk è diretta protagonista delle sue “autofotografie”, mostrandosi travestita da canguro – il soprannome di Ewa dall’età di 4 anni, che l’ha accompagnata durante tutta la sua carriera artistica. Modella della sua arte, è la sua vita a determinarne i contenuti, lasciando spazio a una figlia, sorella e amante, la cui storia è racchiusa nelle installazioni effimere e personali fatte di tempo, aria e tessuto, che creano una personale versione del Nuovo Realismo. Il colore bianco, protagonista della mostra e filo conduttore delle opere, ricorda i paesaggi innevati della Polonia, richiamando alla memoria il film White della celebre trilogia di Krzysztof Kieślowski. Nella Polonia della Seconda guerra mondiale era comune trovare tra gli alberi i resti di paracaduti, frammenti di nylon bianco che venivano poi prelevati dagli abitanti e trasformati in vestiti. Come fantasmi, cadevano dal cielo, ricordando gli incubi della guerra e della morte. Teli di cotone bianchi adagiati su sedie, appesi al soffitto e stesi al suolo, sui quali l’artista imprime volti e corpi con l’inchiostro rosso come il sangue, diventano metafora di un corpo che diventa scultura priva di peso e di forma permanente. Stropicciati e deformati questi teli assomigliano a corpi ammassati in una fossa comune e richiamano il tema della morte e della sofferenza nel contesto dell’Olocausto. Martina Ciatti ENG Inter-disciplinarity, versatility, personability are what strike the most as we enjoy Ewa Kuryluk’s art in exhibition I, White Kangaroo, a Collateral Event at the 2022 Venice Art Biennale. Born in Krakow in 1946, Kuryluk decided she wanted to be a painter at thirteen and grew to be one of the most influential intellectuals and artists in modern Poland. The three-piece photo installation that welcomes visitors is one of the artist’s many ‘autophotographs’. This one sees her dressed up as a kangaroo – her nickname since age four. A model of her own art, her life determined its content in installations made of time, air, and cloth. A very personal rendition of New Realism. The colour white, a protagonist of the exhibition and the leitmotif of Kuryluk’s art, reminds of snowy Polish countryside and the film White, by Krzysztof Kieślowski. EVENTO COLLATERALE Ewa Kuryluk. I, White Kangaroo Fino 27 novembre Palazzo Querini, Dorsoduro 2691 www.starakfoundation.org
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arte
IN THE CITY COULOR AND MATTER
Azione e reazioni Hermann Nitsch, la materia assoluta dell’esistere Action and reaction ENG
Courtesy Zuecca Projects
Una mostra attesa, Herman Nitsch, 20th Painting Action. Vienna 1987 – Venice 2022, divenuta una retrospettiva dal forte impatto visivo ed emotivo a causa della morte improvvisa dell’artista austriaco il 18 aprile 2022, proprio nei giorni di inaugurazione della mostra stessa presso lo spazio Oficine 800 alla Giudecca. Presentata da Zuecca Projects e visitabile fino al 20 luglio, la mostra raccoglie tutte le opere di 20. Malaktion, ovvero la ventesima azione pittorica creata da Nitsch presso il Wiener Secession di Vienna nel 1987. Famoso per l’eccesso barocco di carne e sangue utilizzato per mettere in scena la violenza sacrificale (sia reale che rappresentata), Nitsch ha generato sempre un notevole dibattito pubblico tra polemiche e proteste. Pioniere dell’Azionismo viennese è riuscito a creare un’opera d’arte totale con il suo Orgien Mysterien Theater (OMT), un festival-spettacolo della durata di sei giorni, culmine di oltre quarant’anni di lavoro dell’artista, che nell’agosto del 1998 ha avuto la prima realizzazione completa nella tenuta di Hermann Nitsch a Prinzendorf, in Austria. Per comprendere l’impatto di questa “opera” basti scorrere l’elenco dei materiali utilizzati per lo spettacolo, che includevano tre tori vivi e poi macellati, mille litri di sangue, suini e pecore macellati, sessanta barelle e quindici dispositivi di trasporto, mille
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chili di pomodori, mille di uva, diecimila rose e altrettanti fiori assortiti, diecimila metri di tela per le azioni pittoriche, tredicimila litri di vino, un bulldozer e due carri armati. 20. Malaktion rappresenta l’unico caso in cui tutte le opere dell’azione pittorica dell’artista fanno parte della stessa collezione, ovvero quella di Helmut Essl; è infatti grazie al collezionista austriaco e alla collaborazione con la Galerie Kandlhofer che possiamo ora vedere per la prima volta in Italia questi lavori. La mostra alle Oficine 800 fa risorgere gli ideali artistici di Nitsch, come l’impegno di illuminare il continuum della violenza storica perseguita in nome del potere istituzionale. L’artista mette in scena e intreccia violente narrazioni fondamentali del mito e della religione occidentali attraverso l’azione pittorica, il gesto, la performance e la materia in una moltitudine di forme simboliche. La mostra 20th Painting Action, così come OMT con i suoi riti, non può non far pensare a un atto brutale che viene suggerito tramite un’opera di grande formato, che occupa totalmente lo spazio espositivo. L’opera è eseguita con la tecnica del pouring (colatura), caratterizzata da spruzzi di materia e pigmenti rossi che ricordano il sangue, spesso realmente usato, che provoca nello spettatore forti suggestioni e invita a riflettere sull’esistenza. Luigi Crea
A much-anticipated exhibition, Herman Nitsch, 20th Painting Action. Vienna 1987 – Venice 2022, now a retrospective of strong visual and emotional weight, given how the artist’s unexpected death on April 18, 2022, but a few days before his own exhibition’s inauguration at Oficine 800, in Giudecca Island. Open until July 20, the exhibition is a collection of all the pieces included in 20. Malaktion, the twentieth pictorial action Nitsch created at the Wiener Secession, Vienna, 1987. Famous for his baroque overuse of blood and flesh used to stage sacrificial violence, Nitsch has often found himself amid furious debate and protest. A pioneer of Viennese Actionism, he created a total art project in Orgien Mysterien Theater (OMT), a six-day festival-show that was staged for the first time at the artist’s own estate in Prinzendorf, Austria. 20. Malaktion is a unique case of all pieces on exhibit belonging to the same collector: Helmut Essl. Thanks to him and to Galerie Kandlhofer, we will be able to see the art for the first time in Italy. The exhibition embodies a renaissance of Nitsch’s artistic ideals as well as his commitment to depict historical violence pursued under the aegis of institutional power. The artist stages essentially violent narrations of western myth and religion using painting, gesture, performance, and matter in a multitude of symbolic forms. Nitsch’s art will certainly make us think of brutality: colour pouring, sprays of matter, blood-red pigments (and occasionally, real blood) provoke the audience and compels them to reflect upon existence. Hermann Nitsch, 20th Painting Action Vienna 1987 – Venice 2022 Fino 20 luglio Oficine 800, Fondamenta S. Biagio, Giudecca www.zueccaprojects.org
Malinconica bellezza Il respiro profondo di Afro «La mia pittura è sempre stata soggettiva, ho sempre cercato uno spazio fatto di memoria e ritrovato per sentimento e intuizione [...] volevo che quella realtà rappresentata si identificasse con la pittura e la pittura divenisse la realtà stessa del sentimento non la sua rappresentazione». È questo il pensiero di Afro Basaldella che meglio spiega ciò che lui ha inteso fare con le sue opere. Nella sua famiglia, il padre e gli zii sono pittori decoratori e orafi. Con i fratelli Dino e Mirko – che diventeranno scultori – comincia a interessarsi alle arti figurative a Udine, città di nascita, e a Venezia. In Laguna frequenta l’Accademia di Belle Arti: studia dal vivo Tiziano e Tintoretto, Veronese e Tiepolo. Scriverà, infatti, nella sua autobiografia, che: «passava gran parte del suo tempo nelle Gallerie a guardare i grandi maestri veneziani, a cercare di capire il segreto di quella smagliante bellezza del colore che emana luce e a indagare quelle ombre misteriose e trasparenti». Nell’interessante mostra di Ca’ Pesaro, realizzata in collaborazione con la Fondazione Archivio Afro, il protagonista della pittura italiana del secondo Novecento emerge attraverso le sue imprescindibili relazioni tra Italia e Stati Uniti, con artisti quali Gorky, De Kooning, Pollock e Philip Guston, direttori e curatori di musei americani come Alfred H. Barr Jr., James Johnson Sweeney, James Thrall Soby e la gallerista italoamericana Catherine Viviano. Come scrive Elisabetta Barisoni, curatrice insieme a Edith Devaney di mostra e catalogo, non solo Roma, ma anche «Venezia è una città centrale nella vicenda biografica e artistica di Afro per quanto pertiene alla formazione, alle suggestioni che riceve, infine alle occasioni espositive». «Allo stesso modo il disegno è parte fondamentale della sua ricerca e pratica costante della sua carriera», infatti «egli esercita la propria mano con la velocità dello schizzo, prova le composizioni e sperimenta le prospettive e i piani che si intersecano nelle opere su carta». Ce ne rendiamo conto già osservando il nutrito corpus delle “Venezie di Afro”, poiché rosoni e orologi di chiese a matita diventano poi motivi decorativi o arabeschi circolari di luce, in dipinti come Giardino d’infanzia (1951), opera che fu fra quelle esposte a New York dalla Viviano, sostenitrice dell’arte italiana contemporanea e promotrice di collettive (ad esempio con Cagli, Guttuso, Morlotti, Pizzinato) e personali di Afro, dopo la grande mostra tenutasi al Moma nel 1949, Twentieth-Century Italian Art. L’artista aderirà nel 1952 al Gruppo degli Otto, sotto l’egida del critico Lionello Venturi. Partito da un figurativismo tipico di quegli anni (si veda l’Autoritratto del 1936) se ne distacca per proporre variazioni sul Cubismo metafisico e sintetico, con riferimenti a Picasso e Braque, e giunge ad un astrattismo fatto di campiture cromatiche emozionali che è altra cosa dal puro Espressionismo astratto americano. Come ben sottolinea Edith Devaney, «la sua calma, il suo essere misurato» hanno reso l’influenza «graduale e limitata» senza intaccare il suo percorso «istintivo e creativo, nel senso di identità che infondeva a ogni dipinto». Ad esempio, in Afro è presente, come tratto distintivo, «l’evocazione della figurazione attraverso i titoli che rimane costante anche quando le tracce figurative retrocedono». Non a caso egli scrive: «io spero che nelle mie pitture circoli un presentimento, una
Afro, La caccia subacquea, 1955. Collezione privata, Courtesy Fondazione Archivio Afro, Roma
speranza, come di un’alba». Qualcosa di là da venire, sebbene lui fermi in quell’istante in cui dipinge, la leggerezza o il peso, il respiro di ciò che ha visto, poco importa quando o dove: in questo è cosmopolita. Così le sue Città verticali sono sì evocazioni di luci newyorkesi filtrate dalla memoria e dalla percezione dell’artista, ma possono diventare luci di tutte le città. Se Agosto in Friuli evoca comunque l’afa dei colori caldi e accesi dell’estate in campagna in senso lato, Cronaca nera sa di lame, delitti e confessioni estorte sotto la lampada, Il giardino della speranza profuma di terra bruciata in attesa dell’erba, La caccia subacquea ci fa sprofondare nelle profondità marine, Segno limite fa intravedere la fessura tagliente di roccia, un raggio di sole che investe il buio oltre il quale non si può andare. E davvero quell’attenzione nostalgica, la malinconica bellezza dei dipinti di Afro, commentata dall’amico artista Toti Scialoja, ha una matrice che è propriamente storica, e tutta europea, poiché nasce dal fascino dell’antico, anche se va al di là di ogni confine, e non ha paura di esplorare territori altri. Luisa Turchi ENG “My art has always been subjective; I’ve always looked for a space that is made of memories, which I’ve found through feeling and intuition […] I wanted represented reality to identify with painting and painting to become reality itself of feeling, and not mere representation.” Thus, Afro Basaldella, explaining what he set out to do as he makes art. In his exhibition at Ca’ Pesaro, this protagonist of late-twentieth century Italian painting shows the essential influence of American artists such as Gorky, De Kooning, Pollock, and Philip Guston, though the city of Venice also influenced him majorly, as explained by curator Elisabetta Barisoni: “Venice is a central place in Afro’s life and art as far as education is concerned as well as inspiration and chances for public exhibition of his art. At the same time, drawing is also an essential factor in his research and practice throughout his career.” This is apparent in the rich corpus of Afro’s many ‘Venices’: ceiling roses, church clocks, drawn in pencil, become motifs and arabesques in paintings such as Giardino d’infanzia of 1951, which had been shown in New York at the time. His vertical Città (‘cities’) display full New York inspiration, filtered by memory and perception. There’s more to this art, though: pieces of darkness and violence, of tranquil countryside, and of marine abyss. Afro 1950-1970. Dall’Italia all’America e ritorno Fino 23 ottobre Ca’ Pesaro, Galleria Internazionale d’Arte Moderna www.capesaro.visitmuve.it
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IN THE CITY COULOR AND MATTER
ROSSO KAPOOR
© David Levene
Il colore per Anish Kapoor è una condizione che immerge lo spettatore, spinto a mettere in atto il suo potenziale di trasformazione percettiva. La materia, sostanza primordiale plasmata in forme e colori, è viva e crea lo spazio e il tempo delle opere. Una doppia incredibile esposizione alle Gallerie dell’Accademia e a Palazzo Manfrin, nuova sede della sua Fondazione, offre la summa dell’arte di Anish Kapoor, pura, senza filtri, dalla de-materializzazione dell’opera fino alla materializzazione grandiosa. In entrambe le sedi si entra in una dimensione altra, dominata da un equilibrio percettivo instabile che oscilla tra gli opposti senza perdere coerenza stilistica: luce e ombra, negativo e positivo, maschile e femminile, materiale e immateriale, pieno e vuoto, concavo e convesso, lucido e opaco, liscio e ruvido, naturale e artificiale, rigido e morbido, solido e liquido, attivo ed inerte... Una carrellata di istallazioni e sculture cardine nella carriera di Kapoor affianca un corpus di lavori inediti, per una ridefinizione dei confini estetici e una riconfigurazione dello spazio. ENG For Anish Kapoor, colour conditions the viewers and actuates their potential of perceptual transformation. Matter, the primordial substance shaped in form and colour, is living and breathing, and creates the space and time of art. An amazing double feature at Gallerie dell’Accademia and Palazzo Manfrin shows the best of Kapoor’s art, unfiltered: light and shadow, positive and negative, masculine and feminine, full and empty, inward and outward… a collection of essential sculptures that redefine the aesthetical borders of art. Anish Kapoor Fino 9 ottobre Gallerie dell’Accademia, Dorsoduro 1050 Palazzo Manfrin, Cannaregio 342 anishkapoor.com
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Fuoco cammina con me Una delle più radicali rivoluzioni linguistiche dell’arte contemporanea Il fuoco non ha forma, peso o densità, ma ha il potere Fire walks di trasformare la materia. Le avanguardie del secondo with me Dopoguerra riuscirono ad appropriarsi degli effetti sia distruttivi che generatori del fuoco, impiegandolo su diversi materiali, così da renderlo allo stesso tempo protagonista sensibile e medium unico. All’Isola di San Giorgio, promossa da Fondazione Giorgio Cini e Tornabuoni Art, la mostra On Fire, a cura di Bruno Corà, è un originale focus dedicato all’uso del fuoco come mezzo di creazione artistica, un percorso inedito che documenta una delle più radicali, e al contempo inesplorate, rivoluzioni linguistiche dell’arte contemporanea. Protagonisti Alberto Burri, Yves Klein, Arman, Pier Paolo Calzolari, Jannis Kounellis e Claudio Parmiggiani, accomunati dall’elemento e presentati nelle loro specifiche ricerche artistiche. Yves Klein, che apre la mostra, fu attratto dall’aspetto dialettico del fuoco, simbolo sia del bene che del male, di distruzione e rigenerazione, di vita e morte. Alberto Burri con il fuoco instaura un rapporto che nasce, e riunisce, l’ispirazione creativa e la formazione scientifica. Il punto di partenza per Arman è la tecnica di combustione di grandi oggetti, poi stabilizzati dall’introduzione di resina. Pier Paolo Calzolari lavora fin dall’inizio con materiali in costante conversazione tra loro, umili e provenienti dai contesti semi-industriali urbani o elementi naturali. Tra questi ci sono il fuoco, il legno, ma anche rottami, oggetti quotidiani e tubi al neon. Elementi artificiali e lavorati in opposizione all’elemento naturale e allo stato primordiale, come il fuoco. Il fuoco di Jannis Kounellis è benefico con potenziale alchemico, dalla fiamma mistica delle sue prime opere alla fuliggine degli ultimi anni. Nel 1970 Claudio Parmiggiani decide di fare un fuoco con degli pneumatici e delle coperte. Un fumo chiaro e grigio si deposita sugli oggetti che poi ritira. L’ombra diventa allora una forma plastica, un modello di polvere che fissa dal suo interno l’oscillazione del tempo, cenere che crea luce. Da non perdere, fino al 24 luglio.
ENG
Fire has no shape, weight, or density, but it has the power to transform matter. Post-WWII avant-gardes appropriated the destructive and generative potential of fire and used it on different materials, thus adopting it as both a factual protagonist and a unique medium for art. At San Giorgio Island, exhibition On Fire is an original focus on the use of fire as means of artistic creation: art by Alberto Burri, Yves Klein, Arman, Pier Paolo Calzolari, Jannis Kounellis, and Claudio Parmiggiani exemplifies the effects of fire: destruction and regeneration, creative inspiration and scientific phenomenon, alchemic potential – and its by-products: combustion remains to be stabilized with resin, wreckage, artificial elements as opposed to the ancestral nature of fire, soot, smoke, ashes, and light.
On Fire Fino 24 luglio Fondazione Giorgio Cini Isola di San Giorgio www.cini.it
PERSONAL STRUCTURES Reflections Venice 2022 Art Biennial
Palazzo Mora Palazzo Bembo Marinaressa Gardens
www.ecc-italy.eu www.personalstructures.com European Cultural Centre Italy @europeanculturalcentre @ecc_italy
Reflections
Free Entry Open everyday 10−18h Closed on Tuesdays
23.4 - 27.11 2022
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IN THE CITY COULOR AND MATTER
La simmetria dei desideri Intervista François Xavier Saint-Pierre Le opere di François Xavier Saint-Pierre, pittore canadese ora residente a Venezia, sono per la prima volta esposte a Venezia nella mostra personale The Spiders and the Bees, dal 4 al 31 luglio presso la Fondazione Marchesani. Influenzate dalla pittura modernista e dai tropi classici e romantici, molte opere ora in mostra sono state create durante e a seguito della residenza dell’artista presso Villa Medici, Accademia di Francia a Roma. Il titolo della mostra richiama la favola satirica di Jonathan Swift L’ape e il ragno scritta nel 1704, che si situa nel più ampio contesto del dibattito storico noto come la Querelle des Anciens et des Modernes (disputa degli Antichi e dei Moderni), avviata in Francia da una cerchia di autori e artisti francesi presso la corte di Luigi XIV. Il dibattito su come guardare alla storia è stato declinato in diversi modi nel corso dei secoli, toccando tutti gli aspetti del pensiero intellettuale, artistico e politico europeo. Tutto ciò serve da riferimento per François Xavier Saint-Pierre nella sua esplorazione di forme artistiche passate, della nozione di progresso e del significato di essere contemporanei. La caduta (pandemia) e la rinascita (il riscatto delle idee e della creatività), come le sue opere restituiscono tutto questo nella mostra The Spiders and the Bees? La pandemia ha decisamente accelerato la mia decisione di trasferirmi a Venezia nell’estate del 2020. Ho passato il primo lockdown in Canada, dove abitavo, ed è stato sconvolgente. Sono stato fortunato perché non mi sono ammalato, ma tutta l’attività professionale relativa alle mostre è stata rimandata indefinitamente. Subito dopo il mio trasferimento a Venezia c’è stato un secondo lockdown: ho vissuto in una Venezia vuota e l’ho poi vista ritornare alla vita. Durante questi lunghi mesi in cui tutto era chiuso ho disegnato e dipinto molto e ho pensato a cosa resta della cultura, alla persistenza di luoghi comuni storici, alle tradizioni pittoriche e a questioni creative imposte dal peso della storia. Questi temi, assieme ad alcune idee di rinnovamento, hanno fatto eco nella mia esperienza personale negli ultimi anni e si ritrovano oggi nella mia mostra, The Spider and the Bees, la prima che faccio a Venezia. Sono molto curioso di vedere come il mio lavoro sarà recepito in questo nuovo contesto. Antico e moderno, bellezza e classicità, figurativo e astratto, invenzione e originalità, una contrapposizione filosofica di grande fascino. Come la sua ricerca artistica si pone tra l’universalità dell’arte e l’individualità contemporanea? La mostra The Spider and the Bees è stata ispirata dalla Querelle des Anciens et des Modernes, che è nata nella seconda metà del Seicento in Francia e si è poi diffusa in vari contesti artistici e
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politici in Europa. La mostra prosegue anche la mia esplorazione della prima ondata modernista e dei capisaldi della classicità e del romanticismo. Il titolo si riferisce a una satira di Jonathan Swift sulla Querelle: c’è chi considera la tradizione la base della creazione artistica e chi preferisce l’innovazione e la novità. Secondo Swift, le due fazioni si possono rappresentare come insetti: gli antichi sono le api, che colgono materia da vari fiori e la usano per creare qualcosa di bello, e i moderni sono i ragni, che producono qualcosa di nuovo apparentemente dal nulla. Per me questo punto di riferimento aiuta a comprendere le forme artistiche e le nozioni di progresso, a esaminare il valore del presente e l’utilità del passato e cosa possiamo imparare da esso. Come riusciamo a dare struttura e significato al presente? E come possiamo riferirci al valore della storia? Ad ogni modo, non ci sono né ragni né api nella mia mostra. Quali le basi del suo pensiero artistico? Uno dei temi principali del dipingere, per me, è concepire un’immagine che sia al tempo discreta e notevole. Mi interessano i modi di vedere che trascendono i filtri che normalmente usiamo per guardare il mondo. Pare che Monet abbia detto: «Per vedere veramente devi dimenticare il nome della cosa che stai guardando». Il poeta francese Stéphane Mallarmé disse: «Dare un nome a un oggetto significa sopprimere tre quarti del piacere di una poesia». Mi piace che la pittura dia la possibilità di mantenere una certa ambiguità. Io lavoro con immaginazione e memoria, il risultato ha ben poco a che fare con un immaginario mediato. In particolare evito l’immaginario mediato del tipo che normalmente si nota nella fotografia: tagli forzati e contrasti troppo accentuati. La pittura moderna (dal primo Settecento al tardo Novecento) ricercava il sé mediante l’analisi del processo percettivo. La serialità del mio lavoro è una conseguenza di questa tradizione: la ripetizione di un motivo è una dichiarazione dell’indeterminatezza intrinseca nella nostra conoscenza degli oggetti e dell’aspetto che debbano avere. Per quanto un oggetto possa essere familiare, il suo aspetto non è mai fisso e predeterminato. Quello che creo è un dialogo tra pittori e la storia della pittura. Il mio lavoro assimila varie influenze artistiche, sia storiche che moderne (da Chardin, ai Tiepolo, a Guston, Morandi, de Chirico e Savinio, tra gli altri), ma allo stesso tempo credo che l’atto di dipingere per me rappresenti un desiderio di sorprendere me stesso con qualche immagine che non è mai stata vista prima. M.M. François Xavier Saint-Pierre. The Spiders and the Bees 4-31 luglio Fondazione Marchesani, Fondamenta Rossa, Dorsoduro 2525 fondazionemarchesani.org
al experience over the last few years and are also embodied in my exhibition on now in Venice, The Spiders and the Bees. It is my first Venetian exhibition and I’m interested to see how my work is perceived in this new context.
© Alexandra Cousins
The symmetry of desire
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François Xavier Saint-Pierre’s art is in Venice for the first time in his personal exhibition The Spiders and the Bees, at Fondazione Marchesani from July 4 to 31. Influenced by modernist painting and classical and romantic tropes, much of this art has been created during the artist’s residency at Villa Medici – French Academy, in Rome. The spiders and the bees in the title come from Jonathan Swift’s satire of similar name, written in 1704, which summarizes Swift’s mind on the Querelle des Anciens et des Modernes, a debate on how to look at history and artistic production that animated the European elite in the 1700s. The fall (the pandemic) and rebirth (the redempti on of ideas and creativity). How does your art exemplify this in The Spiders and the Bees? The pandemic was very much a catalyst in my decision to move to Venice in summer 2020. I had passed the first lockdown in Canada, where I’m from, and it was very disorienting. I was fortunate to have remained in good health, but all of my professional activity related to exhibiting was postponed indefinitely. Right after my move, we experienced the second lockdown, so I lived through the phase of an almost empty Venice and have witnessed the city coming back to life. During the long months when everything was shut down, I was drawing and painting a lot and thinking about the detritus of culture, the persistence of historical tropes, pictorial traditions, and creative problems posed by the weight of history. These themes, together with ideas of renewal, resonate with my person-
Old and modern, beauty and classicism, figurative and abstract, invention and originality -- a philosophical contraposition that is fascinating. Where does your artistic research find its place between the universality of art and modern individuality? My exhibition The Spiders and the Bees is inspired by the quarrel between the Ancients and the Moderns that originated in late 17th century France and went on to inform European artistic and political thought. It also continues my exploration of early Modernist painting idioms together with Classical and Romantic tropes. The title is a reference to Jonathan Swift’s satirical take on this quarrel, between those who valued tradition as the basis for artistic creation and those who favoured innovation and the new. In Swift’s telling, the two warring camps were portrayed as insects. He likened the Ancients to bees, who took from various flowers to create something beautiful and the Moderns to spiders who spun something new literally out of nothing. I reference this framework in order to navigate artistic forms and notions of progress and to examine the value of the present moment and the utility of the past and what we can learn from it. How do we endeavour to create meaning and structure in the present moment and address the value of history? (There are, however, no spiders or bees actually in the exhibition.) What are the bases of your artistic thought? A main motive for painting for me is to conceive of an image that is discrete and remarkable. I’m interested in ways of seeing that transcend the filters through which we often see the world. Monet is believed to have said that “in order to see, you must forget the name of the thing you are looking at.” And early 20th century French poet Stéphane Mallarmé said that “to name an object means to suppress three-quarters of the pleasure of a poem.” I like the possibility that painting affords to remain ambiguous. I work from imagination and memory, and the result is forms that have little to no association with mediated imagery. In particular, I avoid traits of mediated imagery such as strong cropping and the exaggerated tonal contrasts particular to photographic sources. Modern painting (painting created from approximately the early 18th to the late 20th century), was primarily preoccupied with an attempt to understand the self through an investigation into the processes of perception. The seriality in my work references this tradition. The repetition of a motif is a declaration of the indeterminacy inherent in our knowledge of objects and how they should look. No matter how familiar an object might be, its appearance is never fixed or predetermined. I see my practice as a dialogue with specific painters and the history of painting. My work assimilates various pictorial influences, both historical and modern (from Chardin, to the Tiepolos, to Guston, Morandi, de Chirico and Savinio, among others), but at the same time, the act of painting for me represents a desire to surprise myself with some image that has never been seen before.
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arte IN THE CITY WIDE VIEWS
Nella mente dell’artista
© Bara Sketchbook
© Idris Habib
© Sesse Elangwe Ngeseli
Nuove iconografie
La partecipazione del Sudafrica alla Biennale Arte è curata da Amé Bell e presenta le opere di tre artisti: il fotografo Roger Ballen, l’artista visivo Lebohang Kganye e l’artista multidisciplinare Phumulani Ntuli. Le opere selezionate di tutti e tre gli artisti riflettono il tema Into the Light, sviluppato attraverso percorsi individuali intrapresi grazie all’uso sofisticato della fotografia, dei nuovi media e della tecnologia. Partendo dal presupposto di quanto sia stata disastrosa la pandemia da Covid-19 viene sviluppato il concetto che dalle avversità possano crearsi delle nuove opportunità, una sorta di invito a cogliere, fin dal titolo, la possibilità di compiere un passo in direzione della luce. L’utilizzo dell’isolamento causato dal lockdown ha scatenato la reazione e offerto l’occasione di poter compiere viaggi introspettivi di scoperta, ricercando una nuova definizione della propria identità, di una visione artistica e di verità personali. Tra i lavori proposti quello di Roger Ballen sembra fare propria la lezione surrealista di Leonora Carrington attualizzandola al presente: The Theater of the Apparitions consta di fotografie di disegni che l’artista ha realizzato su vetrate di edifici abbandonati facendo uso di diverse pitture e colle. La serie presenta un campionario di spettri e spiriti dai tratti archetipici, impegnati nella celebrazione di folli rituali. La galleria delle immagini, caratterizzate dal forte contrasto tra bianco e nero, riporta lo spettatore a poggiare lo sguardo verso ciò che è invisibile agli occhi, ma è profondamente radicato nella mente. ENG A project by three South African artists on the recent dark years due to the pandemic. Isolation negatively affected nearly all sectors of human activities, with the arts severely so. However, the forced separation in everyday social interactions allowed us the time and space to embark on an introspective journey to examine who we are, what we represent, and how we present to the world, in a process that some of us used to make hidden truths come to light, which are essential for the discovery of one’s identity and artistic expression. PADIGLIONE REPUBBLICA DEL SUDAFRICA Into the Light Sale d’Armi, Arsenale FB @thesouthafricanpavilion
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Il genere del ritratto si è evoluto nella pittura grazie ai maestri europei, ma questo sviluppo non ha incluso ritratti di persone di colore, rari e spesso emarginati nella storia dell’arte. Traits to remember: the aesthetics and politics of black portraits, curata da Brice Arsène Yonkeu, nuova mostra della serie Colore e Materia promossa e ospitata da 193 Gallery, offre un viaggio attraverso i confini dell’arte, per documentarne la diversità e proporre sguardi dilatati. Tre giovani artisti, Sesse Enlangwe Ngeseli, Idris Habib e Bara Sketchbook, tutti originari dell’Africa occidentale, sono i protagonisti di questo nuovo capitolo espositivo. Le loro opere racchiudono un’essenza, una fragilità e allo stesso tempo uno spirito combattivo, fissando le basi per una nuova iconografia contemporanea. I ritratti di Sesse Enlangwe Ngeseli, artista originario della zona anglofona del Camerun, un’aerea in conflitto ormai dal 2016, sono accumunati da un grande occhio che simboleggia l’illuminazione e la presa di coscienza della storia. I suoi personaggi combinano figure surreali e cubiste ad elementi realistici. Potente e impegnato, il lavoro di Idris Habib, artista americano di origine ghanese, mette in discussione l’immagine dell’afroamericano, cercando di promuovere la gente “ordinaria” in una sorta di archivio della memoria collettiva. L’unicità del lavoro di Bara Sketchbook risiede nella sua eredità nigeriana e sierraleonese che cerca di unire nei suoi ritratti. Il suo lavoro è una rappresentazione poetica e visiva della fragilità umana. ENG The portrait genre has evolved a lot in painting with the remarkable and valuable contributions of European masters in particular, but its development took place in detriment of black bodies. Portraits of black people are rare and often marginalized in the history of art. The Parisian 193 Gallery continues its cycle of shows under the concept “Colore e Materia” with its second exhibition Traits to remember: the aesthetics and politics of black portraits. Across the portrait practice, the artists Sesse Enlangwe Ngeseli, Idris Habib and Bara Sketchbook carry out a work of memory by celebrating the black body. All three from West Africa and working between Africa and the United States, Sesse Enlangwe Ngeseli, Idris Habib and Bara Sketchbook really capture humanity in a contemporary way, with emotion, truth and meaning. With this set of works, the exhibition creates a new iconography of African community and its diaspora. Traits to Remember: the aesthetics & politics of black portraits Fino 21 agosto 193 Gallery, Dorsoduro 556 www.193gallery.com
Leila Alaoui, Souk de Boumia, Moyen-Atlas (Les Marocains), 2011 Courtesy Galleria Continua & Fondation Leila Alaoui
Corpo a corpo Inizialmente ispirata al dipinto di Has Holbein Il Cristo morto nella tomba (1521), nonché a dipinti e sculture antiche di guerrieri caduti e figure nello stato di riposo, An Archaeology of Silence di Kehinde Wiley, Evento Collaterale della 59. Biennale Arte, è una serie inquietante di corpi neri distesi, operazione di riconcettualizzazione delle forme pittoriche classiche per creare una versione contemporanea della ritrattistica monumentale, che risuona di violenza, dolore e morte, oltre che di estasi. Wiley afferma: «Questa è l’archeologia che sto portando alla luce: lo spettro della violenza della polizia e del controllo dello stato sui corpi di giovani neri in tutto il mondo». Kehinde Wiley (1977, Los Angeles) è un artista visivo di fama mondiale, noto soprattutto per i suoi vivaci ritratti di individui afroamericani e afro-diasporici contemporanei che sovvertono le gerarchie e le convenzioni della ritrattistica europea e americana, famosissimo quello dell’ex presidente degli Stati Uniti Barack Obama, il quale scelse Wiley per il ritratto presidenziale ufficiale degli Stati Uniti per la Smithsonian National Portrait Gallery, Il nuovo corpus di lavori, curato da Christophe Leribault, presidente del Musée d’Orsay e del Musée de l’Orangerie, in mostra all’Isola di San Giorgio fino al 24 luglio, si compone di ritratti di giovani uomini e donne neri in posizioni di vulnerabilità che raccontano una storia di sopravvivenza e resilienza, rivelando la bellezza che può emergere dalla tragedia. Le loro pose sono state mutuate da fonti storiche dell’arte dell’Europa occidentale che fungono da straordinarie elegie, evocando la metafora centrale della giovinezza e della resilienza. Queste figure si ergono come monumenti alla resistenza e alla perseveranza di fronte alla ferocia, incorporando una scala che spinge oltre il mero corporeo e nel regno di icone spirituali, di martiri e santi. ENG Nowadays, thanks to technology, videos and images of black people being murdered can be seen by anyone. These ruthless and useless deaths are the starting point for Wiley’s artistic reflection. He starts from his own country – the USA - to describe a global reality. His portraits depict young black men and women in poses that, drawn from the Western pictorial tradition, show them vulnerable. A vulnerability that, however, tells a story of survival and resilience, in which the protagonists are seen as paradigms of resistance to oppression. EVENTO COLLATERALE Kehinde Wiley: An Archaeology of Silence Fino 24 luglio Fondazione Giorgio Cini, Isola di San Giorgio Maggiore www.musee-orsay.fr
Urla nel silenzio Le sue fotografie sono come le storie che immortala, invisibili ma potenti, come invisibile e potente è stata la sua brevissima vita. Leila Alaoui, per la quale l’arte è sempre stata espressione di impegno civile e umanitario, mentre lavorava per una commissione di Amnesty International sui diritti delle donne in Burkina Faso. È stata gravemente ferita nel corso degli attacchi terroristici a Ouagadougou. Non si è ripresa ed è morta il 18 gennaio 2016. La Fondazione Leila Alaoui è stata creata per preservare il suo lavoro, difendere i suoi valori e ispirare e sostenere gli artisti che si dedicano a promuovere la dignità umana. Leila Alaoui ha usato la fotografia e il video per esprimere varie realtà sociali attraverso un linguaggio visivo che si trova al confine tra il documentario e le arti plastiche. Il suo lavoro esplora la costruzione dell’identità, la diversità culturale e la migrazione nell’area del Mediterraneo. Entrando nel Fondaco dei Tedeschi, in un allestimento di forte impatto, si viene accolti da una comunità silente che dalle monumentali arcate dell’atrio osserva immobile ma immanente. Leila Alaoui. Storie invisibili/Unseen stories, fortemente voluta dal Fondaco dei Tedeschi in collaborazione con Galleria Continua, si compone di due diverse serie di fotografie Les Marocains (nella corte) e Crossings (al quarto piano). Il primo è un progetto di ampio respiro, che ha portato l’artista a viaggiare in lungo e in largo per il Marocco con uno studio fotografico portatile, costruendo un ritratto corale del Paese attraverso i suoi abitanti, restituendo un mosaico di tradizioni, culture ed estetiche diverse capace di rivelare costumi che stanno gradualmente scomparendo. Più che un lavoro documentario, Les Marocains è stato un modo per la giovane artista di scoprire le proprie radici e affermare un’estetica indipendente, libera da ogni forma di prevedibile folklore, che evidenzia la dignità degli individui e di un intero Paese. Crossings racconta invece il viaggio intrapreso dai migranti subsahariani per raggiungere il Marocco e le coste dell’Europa. Un mix di immagini e video che si concentra sul trauma collettivo provocato dall’esperienza di attraversare i confini da parte di una comunità sempre più fragile. Mentre esplora le trame esperienziali della transizione psicologica e fisica, l’installazione fa riferimento anche al concetto di Europa come utopia problematica nell’immaginario africano. M.M. Leila Alaoui Storie invisibili/Unseen stories Fino 27 novembre Fondaco dei Tedeschi, Rialto
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arte
BIENNALE ARTE WIDE VIEWS © Shanequa Gay - Photo Federico Vespignani
I colori della libertà La pluralità di linguaggi e di espressioni creative offerte dall’invasione artistica prodotta dalla Biennale (in e off) non incide solo nella rappresentazione dilatata dello status dell’arte contemporanea, ma delinea la possibilità di comprendere, grazie agli sguardi sensibili degli artisti e alle loro storie, le coordinate storiche e socioculturali dei loro paesi e delle loro origini e identità. Emerge con forza l’esigenza che siano proprio gli artisti attraverso la loro sensibilità gli artefici del futuro, riuscendo ad anticipare e a restituirci, rendendoli visibili, i temi più scottanti. Per una mostra indipendente come Personal Structures, da anni innovativa piattaforma espositiva su tre diverse sedi – Palazzo Mora, Palazzo Bembo e i Giardini della Marinaressa –, dare voce all’arte più giovane, internazionale, fuori dai circuiti mainstream è l’obiettivo primario. Laboratorio di idee e di pensiero creativo che coinvolge artisti e gallerie, ma anche istituzioni indipendenti rispetto al sistema del contemporaneo, in questa edizione offre riflessi e riflessioni – il titolo stesso della mostra Reflections è il filo rosso che lega tutte le diverse sfaccettature dell’esposizione –, diventando specchio reale del presente. Ne sono esempio alcune significative gallerie/manifesto ospitate a Palazzo Bembo che affrontano con particolare evidenza i temi della questione afroamericana. Galerie Myrtis (galeriemyrtis.net), fondata nel 2006 a Baltimora (USA), è una galleria emergente “blue-chip” specializzata in arte contemporanea afroamericana. La galleria utilizza le arti visive per sensibilizzare gli artisti che meritano un riconoscimento per i loro contributi nel ritrarre artisticamente le preoccupazioni culturali, sociali, storiche e politiche dell’esperienza nera. The AfroFuturist Manifesto: Blackness Reimagined, progetto curato dalla direttrice e fondatrice della galleria, Myrtis Bedolla, presenta 30 opere di artisti affermati ed emergenti che riflettono l’esperienza dei neri americani sui temi dell’identità, della liberazione, della spiritualità e dell’ambiente. Tawny Chatmon, Larry Cook, Morel Doucet, Monica Ikegwu, M. Scott Johnson, Delita Martin, Arvie Smith and Felandus Thames rendono omaggio alla resilienza, alla creatività e alla spiritualità che hanno storicamente sostenuto i neri. «Alcuni sostengono che l’apprezzamento
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© Khari Turner, Destinee Ross-Sutton Gallery - Photo Federico Vespignani
The colour of freedom © Tawny Chatmon - Galerie Myrtis Courtesy of Collection of Darryl and Leslye Fraser
dell’arte nera sia una tendenza, ma l’arte nera di per sé non è più una tendenza dell’“arte bianca”. Fa parte della cultura mondiale, della storia dell’arte e la storia si fa ogni giorno. L’arte nera dovrebbe essere apprezzata per il suo contributo all’umanità e alla storia» sostiene con forza Destinee Ross-Sutton, nata ad Harlem, New York, dove ha aperto la sua Galleria nel 2020 (www.ross-sutton.com). Lo scopo o meglio la sua missione è quella di aiutare ad espandere l’impegno del mondo dell’arte per far emergere la cultura black, supportando artisti attraverso mostre e progetti e guidando collezionisti alla scoperta di giovani emergenti. A Palazzo Bembo presenta la personale di Khari Turner (1991, Milwaukee, USA). «Il mio lavoro è un diario di lotta e di superamento della lotta. Sto esplorando la storia della sconfitta nera, delle rivoluzioni nere e delle conquiste nere che si fondono nelle mie opere come segni netti, in bilico tra realismo e espressionismo». Seguendo gli stessi ideali, l’artista di Atlanta Shanequa Gay (www.shanequagay.com), laurea presso il Savannah College of Art and Design e MFA presso la Georgia State University, è impegnata in prima persona nella comunità artistica afroamericana. Il suo lavoro attinge alla memoria rituale e personale, alla narrazione, alla fantasia e alle profonde radici della tradizione nera del sud degli Stati Uniti. Le sue opere, in mostra a Palazzo Bembo, condividono memorie personali, contro-narrazioni, mitologie e l’espansione dell’etno-immaginario nero, che trovano espressione compiuta attraverso installazioni, dipinti, performance, fotografie, video e figure scultoree monumentali.
ENG
Diversity of language and creative expression brought about by the Biennale help us understand the historical and socio-cultural coordinates of the several home countries of participating artists, their origins and their identities. It seems apparent that artists are the ones who will shape the future, thanks to their ability to anticipate and visualize the most urgent themes. For an independent exhibition like Personal Structures, giving a voice to international, young, and out-of-the-mainstream artists is paramount. Personal Structures is workshop of ideas and creative thought that involves artists and galleries, and their current exhibition, called Reflections, is the thread that keeps it all together, effectively creating a mirror of our times. Examples of the same would be the manifesto exhibitions and galleries at Palazzo Bembo, which focus on African American issues. Galerie Myrtis (galeriemyrtis.net) was established in Baltimore in 2006 and specializes in modern African American culture. Myrtis uses visual arts to portray the cultural, social, historical, and political worries of black Americans. The Afro-Futurist Manifesto: Blackness Reimagined, curated by the gallery’s founder Myrtis Bedolla, is a collection of 30 pieces by emerging artists. At Palazzo Bembo, an exhibition by artist Shanequa Gay is a work on ritual and personal memory, on narration, fantasy, and the deep roots of black Americans living in the South. Her art materializes counter-narrations, mythology, and the expansion of black imagery using installation, painting, performance art, video, and sculpture. Personal Structures – Reflections Fino 27 novembre Palazzo Bembo, Palazzo Mora Giardini della Marinaressa personalstructures.com
Ph credits: Martino Lombezzi · Alessandra Chemollo
Entra per la prima volta nel cuore di Piazza San Marco alle Procuratie Vecchie e immergiti nella mostra interattiva per scoprire i tuoi punti di forza
Mostra interattiva Procuratie Vecchie, Piazza San Marco 105, Venezia Dal mercoledì al lunedì 10-19 thehumansafetynet.org 43
arte IN THE CITY WIDE VIEWS
Mutazioni incessanti
© Alice Clancy
20 grammi di bellezza Il Padiglione della Corea del Sud ai Giardini è stato progettato da Seok Chul Kim e Franco Mancuso e realizzato tra il 1994 e il 1995, anno della prima partecipazione coreana. L’inaugurazione del Padiglione nazionale alla Biennale è un evento che in Corea è segnalato come cruciale in tutti i testi di arte contemporanea, in quanto riconoscimento ufficiale e affermazione internazionale dell’arte e della cultura del Paese. Per la 59. Biennale Arte, Arts Council Korea e il curatore Youngchul Lee hanno scelto di affidare il Padiglione all’artista Yunchul Kim. Nato nel 1970, Kim è artista e compositore di musica elettronica, la cui pratica si concentra sul potenziale artistico e sulla realtà della materia attraverso installazioni, disegni, scrittura e musica. Il suo ambito di ricerca spazia attraverso filosofia, chimica, fisica, matematica, cosmologia, antropologia e religione. Kim ricerca complessi intrecci ontologici tra esseri umani, non umani e cose, mettendo in scena un “mondo di materiali”. Secondo Kim «negli infiniti cicli di creazione ed estinzione, il mondo e la sua materia ruotano e discendono costantemente. La mostra Gyre esplora il mondo come un labirinto in cui la ‘mattereality’ conta più della materialità, abbracciando oggetti non umani e realtà materiale». Questo permea ogni cosa, dall’energia alla materia, alla vita e all’universo. Le sue installazioni impressionano per l’aspetto e l’immaginario che sanno suscitare, creature non creature composte da oggetti e materiali senza nome, tutti alimentati dalla materia invisibile dello spazio esterno. F.M. ENG Glass pipes flash as muons pass by. Others carry seawater from Korea and from Venice. They all are kinetic extensions that stretch, like nerves, all over the Pavilion – living sculptures of dazzling colour made of water and vermiculite. Yunchul Kim (1970) created seven large-scale installations connected with one another as an organic body. The art invites visitors to enter an alternate universe where energy, matter, and life coexist according to an aesthetical canon the artist holds dear: a complex web of existences that extends to the non-human. PADIGLIONE COREA Yunchul Kim. Gyre Fino 27 novembre Giardini della Biennale www.korean-pavilion.or.kr | gyre.space | yunchulkim.net
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Una scultura a forma di virus, un cuore ingrandito che soffre per l’inquinamento dell’aria ed emette un battito irregolare, un fungo deforme cresciuto fino a raggiungere 4 metri di altezza, un pianeta ruvido e ferito, all’apparenza inospitale per la vita umana, appaiono in forme artistiche frutto dell’immaginazione straordinaria dell’artista coreano Chun Kwang Young. Frammenti di memorie dolorose, come la distruzione della natura a causa del progresso tecnologico e del profitto, sono avvolti in carta splendidamente colorata e offerti al pubblico come un’arte curativa. Opere incredibili che compongono la mostra Times Reimagined a Palazzo Contarini Polignac, promossa da Boghossian Foundation, Evento Collaterale della 59. Biennale Arte. Frammenti appuntiti di carta leggera si conficcano nella sensibilità della memoria del visitatore, toccando i temi dell’interconnessione tra esseri viventi e dei valori socio-ecologici delle loro relazioni. L’artista riesce a smaterializzare la carta scuotendo la percezione diffusa del materiale e mettendo in discussione il valore della sostanza stessa. La carta che utilizza è la hanji (carta di gelso coreano) non prodotta in modo industriale, ma fatta a mano e ricavata dalla corteccia degli alberi di gelso secondo le tecniche tradizionali dell’Asia orientale. La longevità di questo materiale può, incredibilmente, superare i 1300 anni. L’artista usa carta ricavata da libri di scarto, vecchi ormai più di 100 anni, trasformandoli in bassorilievi, sculture e installazioni. ENG A virus-shaped sculpture, a magnified heart that suffers pollution and beats unevenly, a deformed mushroom grown four metres tall – a rough, wounded planet, apparently inhospitable to human life is what Chun Kwang Young’s installation is about. Times Reimagined is a collection of painful memories, like the destruction of nature following technological progress and profit seeking. Shreds of paper pierce our awareness and touch the theme of interconnection between living beings and the socio-ecological values of their relationships. The paper used in the installation is hanji (paper mulberry). It is not produced industrially, only handmade following traditional techniques. The material is quite long-lasting and can keep for over 1300 years. Chun Kwang Young uses paper recycled from older books, some over 100 years of age, and turns it into reliefs, sculptures, and installations. EVENTO COLLATERALE Chun Kwang Young: Times Reimagined Fino 27 novembre Palazzo Contarini Polignac, Dorsoduro 874 www.timesreimagined.com
Ogni cosa è illuminata
Conjunction 22-01 2022 | Courtesy of the artist and Kukje Gallery | Photo Sang Tae Kim
Le congiunzioni della distanza Un’esemplare retrospettiva, Evento Collaterale della Biennale Arte 2022, dedicata a Ha Chong-Hyun, figura di spicco dell’arte coreana contemporanea, permette di comprendere non solo la sua arte ma anche le coordinate storiche e socio-culturali del suo Paese. Venti opere, ospitate negli spazi di Palazzetto Tito fino al 24 agosto, offrono una narrazione che copre sei decenni della sua carriera, mostrando l’intera gamma dei materiali, dei metodi e delle sperimentazioni creative usate dall’artista. Avendo vissuto la turbolenta storia moderna della Corea che comprende la Guerra civile e la conseguente divisione della penisola, la politica di sviluppo economico del Dopoguerra e il regime militare, l’occupazione giapponese, la liberazione e la guerra fredda, Ha Chong-Hyun (1935) dimostra attraverso le sue opere come arte e società siano inseparabili. È considerato membro di spicco del gruppo Dansaekhwa, che significa letteralmente in coreano “pittura monocromatica”, tuttavia questa definizione riguarda solo uno degli aspetti della sua poliedrica attività. Dopo la guerra Ha Chong-Hyun realizza opere astratte tridimensionali utilizzando oggetti di recupero che riflettono i devastanti traumi causati dal conflitto. Nel 1974 inizia a lavorare alla serie Conjunction. La congiunzione si riferisce alla connessione fisica tra i due elementi più importanti della sua pratica: metodo e materiale. Ha Chong-Hyun avvicina ogni dipinto dal rovescio, spingendo la vernice spessa attraverso la trama larga. In questo modo la pittura a olio emerge dalla parte anteriore. Ha sfida lo status quo, creando un vocabolario artistico unico. ENG Just over twenty works summarize the artistic parable of Ha Chong-Hyun, Master of Dansaekhwa art, showing the different materials and methods he experimented in the last six decades. From the abstract works of the early 60s, linked to the Korean informal movement, to the rediscovery of the traditional decorative art of the Dancheong; from the acclaimed Conjunction series, where the oil color is pushed from the back of the texture of the raw canvas (bae-ap-bub), to the most recent works, the exhibition captures not only the artist’s infinite creative and experimental energy, but also his pioneering role in the development of Korean art. EVENTO COLLATERALE Ha Chong-Hyun Fino 24 agosto Fondazione Bevilacqua La Masa, Palazzetto Tito, Dorsoduro 2826 kukjeacf.com
© White Cube
Danh Vo, Isamu Noguchi e Park Seo-Bo sono allo stesso tempo ospiti e ‘intrusi’ negli spazi compositi della Fondazione Querini Stampalia. I loro interventi, curati dallo stesso Vo e da Chiara Bertola in collaborazione con White Cube, alterano le percezioni di oggetti e opere che altrimenti sarebbero fissi e ordinati, facendo germinare nuova vita dalla nebbia della memoria e dal peso della storia. Ogni opera illumina lo sguardo di chi è capace di vedere e forse ogni sguardo porta all’opera una scintilla di luce e di vita. Vo entra nella Fondazione mediante una porta laterale, crea luci e pareti temporanee, agili strutture che indicano una strada e al contempo mostrano l’evoluzione dello spazio. Relazionandosi con la preziosa raccolta di arte antica della Fondazione e della Collezione Intesa Sanpaolo, Vo introduce i lavori propri e quelli degli artisti moderni Isamu Noguchi e Park Seo-Bo. A segnare questo percorso effimero all’interno della Fondazione sono i ritratti fotografici dei fiori nel giardino di Vo a Güldenhof – il suo studio e fattoria a nord di Berlino –, nei giardini di Pantelleria, della Danimarca, del Friuli e di Siviglia, un’ampia selezione di lampade di carta Akari [dal giapponese, “luce”] dell’artista Isamu Noguchi, concepite nel 1951 nel corso di un viaggio a Hiroshima, che illuminano gli oggetti e le decorazioni tutt’intorno e diventano esse stesse il centro della percezione, il raffinato vocabolario materico e gli idiomi calligrafici di Seo-Bo. ENG Known for his sensitivity viz. space and time, collective and personal history, Danh Vo has been invited to permeate the maze-like architecture at Fondazione Querini with his vision using ancient and modern elements in a never-ending journey through time. Together with Chiara Bertola, Danh Vo is both artist and curator of the exhibition. He created this art as a form of dialogue with art by Park Seo-Bo (1931), the initiator of Korean art movement Dansaekhwa (monochrome painting) and Isamu Noguchi, a Japanese-American sculptor, architect, and designer. Danh Vo Isamu Noguchi Park Seo-Bo Fino 27 novembre Fondazione Querini Stampalia, Campo Santa Maria Formosa, Castello 5252 www.querinistampalia.org
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arte
IN THE CITY PHOTOGRAPHY
Spazio di riflessione Venice Photography, un nuovo concept/exhibition store in città A poca distanza da Piazza San Marco, in una zona però rimasta ancora ad alta “venezianità” come Ruga Giuffa, ha recentemente aperto un nuovo spazio dedicato all’arte e più precisamente alla fotografia. Artefice di questa impresa un pool di professionisti: Michele Alassio, Art Director dello spazio, Paolo Della Corte, fotografo, Marco Ferrari Bravo, corniciaio di terza generazione, e Roberto Bernè, stampatore Fine-Art dei più grandi fotografi contemporanei. Venice Photography è uno spazio di 50 metri quadri, devastato dall’alluvione del 2019 e ora recuperato e trasformato in un elegante centro espositivo. Un’operazione di rinascita che rientra tra quei pochi progetti vitali che rappresentano nel loro insieme una netta inversione di tendenza in una città che ha bisogno come l’aria di riscattarsi da un’immagine tristemente stereotipata e commerciale, sempre più dominata dalla paccottiglia, dai souvenir di cattivo gusto, dai vetri di Murano made in China. Indubbiamente l’arte è uno strumento fondamentale per contrastare il degrado, l’appiattimento culturale; è questo di Venice Photography, perciò, un tentativo di restituire a Venezia la sua identità di habitat naturale della creazione artistica, con un occhio concentrato intensivamente sulla qualità. Alassio, così come per laToletta SpazioEventi, ha ideato e seguito dall’inizio alla fine il bellissimo restauro dei locali di Venice Photography, realizzato con il contributo economico e operativo di tutti i soci di questa avventura. All’interno si aprono tre locali con pareti antracite dove dominano le linee essenziali e un’attenzione maniacale per le luci; la galleria ha infatti ben 80 punti luce posizionati e realizzati su progetto dell’Art Director che esaltano le immagini esposte. Due ampie vetrine sulla calle offrono una prima idea del contenitore e soprattutto del contenuto, incuriosendo i numerosi passanti, turisti e veneziani. Michele Alassio, fotografo di grande esperienza che ha lavorato in tutto il mondo, è anche Art Director della sezione espositiva de laToletta SpazioEventi, dove in soli nove mesi ha realizzato sette esposizioni di livello museale. Nato a Venezia dove tuttora risiede, è rappresentato dalla Barry Friedman ltd. di New York e ha esposto in luoghi privati e pubblici quali il MoMA di New York, il Reina Sofia di Madrid, il Ros Center di San Pietroburgo e la Triennale
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© Michele Alassio
© Paolo Della Corte
di Milano, solo per citarne alcuni, oltre a tutte le più importanti fiere internazionali dedicate alla fotografia. È autore di Passing Steamer, volume edito da laToletta Edizioni lo scorso ottobre, incentrato sulla sua concezione della fotografia. Paolo Della Corte, laureato in Storia dell’Arte a Ca’ Foscari, fotografo professionista, è specializzato in ritratti di personaggi del mondo della cultura e nel reportage; collabora con diverse testate nazionali ed estere, ha esposto i suoi lavori in numerose mostre. Ha tenuto per alcuni anni il corso di Storia della fotografia presso l’Accademia di Belle Arti di Venezia. La sua ultima serie Flooded Souls, composta da quindici originali in copia unica, è attualmente esposta a laToletta SpazioEventi. Venice Photography fino a settembre espone alcune opere dei due fotografi, per poi ospitare a seguire workshop e due nuove personali, proseguendo e consolidando collaborazioni internazionali con svariate gallerie internazionali di primo rilievo, tra cui la Holden Luntz Gallery di Palm Beach e la Barry Friedman ltd. di New York. All’interno si possono acquistare fotografie originali in tiratura limitata e anche poster numerati, tutti firmati dagli autori. Ad Alassio e a Della Corte abbiamo voluto chiedere che cosa davvero, in profondità, rappresenti questo nuovo spazio espositivo per il loro percorso artistico e professionale e, soprattutto, per la città, per la sua capacità non solo di ospitare arte, ma di produrne: Michele Alassio_L’apertura di Venice Photography dimostra che associandosi tra professionisti che operano nello stesso campo è possibile riscattare locali altrimenti accessibili solo alle strutture economiche che si dedicano all’impoverimento culturale di Venezia, siano esse dei veri e propri network di paccottiglia che analoghe iniziative private. Permette una riduzione dei costi e una conseguente sostenibilità d’impresa con benefici condivisi. Inoltre, crea degli spazi fruibili continuativamente dalla collettività. Venice Photography così come laToletta SpazioEventi non sono spazi in affitto, non seguono logiche commerciali e rappresentano a Venezia il non plus ultra della tecnologia illuminotecnica disponibile. Paolo Della Corte_È importante da due punti di vista per me: la possibilità di collaborare con dei professionisti come Michele, Marco, Roberto e condividere assieme le nostre esperienze, progettare collettivamente, un aspetto che a me è sempre mancato nella mia carriera professionale in una prospettiva così circolare. Per questo quando Michele, di cui conoscevo il lavoro ma non la persona, me lo ha proposto ho accettato entusiasta. Poi uno spazio espositivo finalizzato alla fotografia mancava a Venezia e anche se aprirlo in questo periodo è una bella sfida, sono comunque ottimista, perché Venezia resta sempre un centro per l’arte contemporanea di nodale rilevanza internazionale. Artisti, curatori, galleristi passano sempre qui in laguna, regolarmente, e qui, a Venice Photography, abbiamo finalmente uno spazio adeguato in cui poter far vedere i nostri lavori rapportandoci direttamente con loro. Elisabetta Gardin Venice Photography Ruga Giuffa, Castello 4745 www.venicephotography.it
© Sabine Weiss
La frazione minima «Quando [Sabine Weiss] fotografa i bambini, diventa bambina lei stessa. Non esistono assolutamente barriere tra lei, loro e la sua macchina fotografica» così parlava Hugh Weiss, pittore americano e marito di Sabine Weiss. Sabine Weiss (Saint-Gingolph, Svizzera, 1924 – Parigi, 2021) compie l’apprendistato presso i Boissonnas, una dinastia di fotografi che lavorano a Ginevra dalla fine del XIX secolo. Nel 1946 lascia Ginevra per Parigi e diviene l’assistente di Willy Maywald, fotografo tedesco specializzato in moda e ritratti. Quando sposa Hugh Weiss, nel 1950, intraprende la carriera di fotografa indipendente. Sabine Weiss. La poesia dell’istante è una retrospettiva-tributo bellissima e avvolgente, con oltre 200 immagini allestite negli spazi della Casa dei Tre Oci, curata da Virginie Chardin, promossa dalla Fondazione di Venezia e realizzata da Marsilio Arte in collaborazione con Berggruen Institute. La mostra racconta una fotografa dall’istinto formidabile, che in quanto donna si trovò a combattere i pregiudizi di una società che ne metteva in dubbio le capacità, salvo poi doversi ‘arrendere’ ad un talento capace di esprimersi in esiti che spaziano dai reportage ai ritratti di artisti, dalla moda agli scatti di strada con particolare attenzione ai volti dei bambini, soggetti da lei forse prediletti, fino ai numerosi viaggi per il mondo. Istanti raccolti a formare un percorso espositivo al cui allestimento ha potuto partecipare la fotografa stessa, aprendo i suoi archivi personali per raccontare, per la prima volta in maniera ampia e strutturata, la sua straordinaria storia e il suo lavoro. Nemmeno un istante da perdere, per niente al mondo. ENG A large retrospective on Sabine Weiss (1924-2021), one of the most outstanding French humanist photographers, together with Robert Doisneau, Willy Ronis, Edouard Boubat, Brassaï, and Izis. The sole female photographer in the post-war period who worked for so long and in such different fields in the profession – from photo features to artist’s portrait, to fashion, to street photography, to travel. Weiss actively participated in the curation of this exhibition by sharing her personal archives held in Paris to help tell the amazing stories behind her work. Sabine Weiss. La poesia dell’istante Fino 23 ottobre Casa dei Tre Oci, Giudecca 43 www.treoci.org
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arte IN THE CITY GALLERIES
GALLERIA IN CORTE PAOLO GIOLI Gli anni di Venezia (1960 – 1969) FinoUntil 17 settembreSeptember
CASTELLO 925 MELINDA STICKNEY-GIBSON GARY GISSLER Onirica 15 luglioJuly-28 agostoAugust
Artista cui qualsiasi tipo di classificazione stava stretta, vista la sua poliedrica e prolifica produzione trasversale che abbraccia stili, tecniche e forme espressive, Paolo Gioli (Rovigo, 1942 – Lendinara, 2022) è una pietra miliare dell’arte contemporanea internazionale. A pochi mesi dalla sua scomparsa, la mostra curata da Nico Stringa pone l’attenzione sul suo primo periodo artistico quando, negli anni Sessanta, frequentava la scuola libera di nudo all’Accademia di Belle Arti di Venezia. Lo studio dell’anatomia umana lo porterà a trasformare il corpo in elemento astratto, utilizzando un primitivismo che, negli anni successivi, lo spingerà ad usare le più disparate forme espressive, fino ad annichilire lo stesso medium produttivo. Gioli manometteva le pellicole polaroid lavorando con l’acido al loro interno, riusciva a realizzare foto e film senza le macchine da presa e costruiva strumenti in grado di impressionare pellicole in modi completamente rivoluzionari. In mostra opere tratte dal Ciclo delle Creature e da quello degli Scomponibili, che contengono già in nuce il desiderio e l’ossessione di sabotare a livello materico e tecnico il linguaggio artistico, riscrivendo le regole e distruggendo i dogmi ancestrali. L’indiscussa genialità di Gioli ha portato le sue opere a essere presenti nelle collezioni dei più importanti musei europei e statunitensi come il Centre Pompidou di Parigi, l’Art Institute di Chicago e il MoMA di New York. A.Z. ENG An artist who cannot be boxed into any category, given his diverse and copious production embracing all styles, techniques, and expressions, Paolo Gioli is a milestone of international modern art. Gioli died a few months ago, and with this exhibition, curator Nico Stringa wants to highlight the artist’s early approach to art, when he was a student in Venice. The study of human anatomy will push Gioli to transform the body into an abstract element in a sort of primitivism. He also revolutionized techniques, using acid, photo film, and self-developing film. On exhibition, pieces from the Creature and Scomponibili cycles, which already show the artist’s interest in sabotaging the materials and techniques of art, rewriting the rules, and destroying old dogmas.
Onirica, aggettivo che in inglese si traduce come “dream-like”, è il concetto che unisce il lavoro di due artisti newyorkesi. Le opere di Melinda Stickney-Gibson sono meditazioni sensibili sulla trama della memoria; le sue linee e forme si alternano tra consapevolezza e stato onirico attraverso ombre tremolanti della coscienza. Come poetessa visiva, l’artista incorpora le parole scritte come notazioni suggestive, mentre i suoi versi e le sue forme riecheggiano i bordi tremolanti della natura. I disegni microscopici/ossessivi su pannelli di Gary Gissler intrecciano le parole in un ciclo ripetitivo meditativo, che crea uno schema ondulato e fragile, una scrittura apparentemente asemica, che conferisce all’opera un delicato equilibrio tra rappresentazione e astrazione. Come i sogni, entrambi gli artisti trasmettono la poesia del simbolo e della sostanza. ENG Onirica, an adjective that translates as ‘dream-like’ in English, is the uniting concept of the work by two New York-based artists. Melinda Stickney-Gibson’s art pieces are sensitive meditations on the texture of memory as her lines and shapes alternate between awareness and an oneiric state through flickering shadows of consciousness. Gary Gissler’s microscopic, obsessive drawings on panel weave words in a meditative, repetitive cycle that creates an undulating, fragile pattern from seemingly senseless writing. The literal marks and forms themselves lends a delicate balance between representation and abstraction. Like dreams, both artists convey the poetry of symbol and substance.
Campo San Fantin, San Marco 1997 www.galleriaincorte.com
Fondamenta San Giuseppe, Castello 925 www.crosscontemporaryprojects.com
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RAVAGNAN GALLERY ATTASIT POKPONG Time Flies
ALBERTA PANE CLAUDE CAHUN MARCEL MOORE I owe you
8-22 luglioJuly
Considerato uno degli artisti più in ascesa della scena artistica contemporanea thailandese, Attasit Pokpong presenta 14 nuovi dipinti che compongono la mostra Time Flies. Ritratti iperrealistici di donne asiatiche con labbra dai colori vivaci, in netto contrasto con la morbida carnagione pallida, dipinti che sembrano fotografie, molto intriganti e capaci di trasmettere la freschezza di un giovane sguardo e allo stesso tempo una certa inquietudine. L’inesorabile trascorrere dei giorni e i grandi cambiamenti degli ultimi anni sono i tratti distintivi di questi ritratti, giovani donne dallo sguardo deciso o dallo sguardo disilluso. I volti si ripetono in un iperrealismo pittorico che ha come obiettivo quello di ricordare gli sforzi nella costruzione di un’identità da parte della donna tailandese, ancora oggi politicamente e socialmente poco rappresentata per le tante barriere strutturali e gli impedimenti culturali del Paese. ENG Highly valued as one of the emerging artists of the contemporary art scene, Attasit Pokpong presents fourteen new pieces. The exhibition features new hyperrealistic portraits of Asian women with brightly coloured lips, in sharp contrast with their soft, pale complexions. These intriguing paintings look just like photographs, and have the capacity of conveying the freshness of youthful gaze mixed with an ineffable sense of unease. The inexorable passing of time and the changes of the last few years left their mark on these portraits – on these young women of resolute, or disillusioned, stares. Identical faces appear to recur, in the name of a painterly hyperrealism which aims at highlighting the immense effort that is required of Thai women in the construction of their own identity. It is worth remembering that even today, women in Thailand are politically and socially underrepresented due to the countless structural barriers and cultural impediments besetting the Country. Dorsoduro 686 ravagnangallery.com
FinoUntil 27 agostoAugust
D3082 LARA ILARIA BRACONI CONCETTA MODICA ELENA EL ASMAR Scelte Apparizioni FinoUntil 17 luglioJuly
Un progetto espositivo corale che prende vita con tre artiste, differenti tra loro per poetica e mezzi espressivi, riunite da Valeria Manzi, artista, docente, poetessa, ora curatrice. Lara Ilaria Braconi (Milano, 1992) invita a lasciarsi guidare dal gioco della superficie pittorica, dove segni, colori, tagli e contorni alternano sensazioni di appagamento e spaesamento. Negli arazzi di Elena El Asmar (Firenze, 1978) si incontrano immaginazione, pazienza e orizzonti sovrapposti. Le sue opere prendono forma da un gesto ripetuto e continuo, quello della tessitura, che racchiude la memoria di una pratica storicamente tutta al femminile. Concetta Modica (Modica, 1969) scompone la materia attraverso i media più diversi e trova nella ceramica un mezzo per raggiungere risultati emblematici. ENG A choral exhibition project that comes to life as three artists, each different in aesthetics and techniques. Lara Ilaria Braconi invites us to let playing be the guide on the pictorial surface. Tapestry by Elena El Asmar shows imagination, patience, and overlapping horizons. Concetta Modica decomposes matter using a diverse array of media, and finds in ceramic the way to emblematic results. Domus Civica Art Gallery Calle de le Sechere, San Polo 3082 www.d3082.org
Claude Cahun (nata Lucy Schwob/Francia, 1894–1954) è un’artista complessa ed enigmatica, la cui opera coincide completamente con la sua vita ed è intrisa d’innumerevoli sfaccettature e punti oscuri ancora da svelare, di fascino e di mistero ma anche di grande contemporaneità non solo per le tematiche che affronta, ma anche per l’originalità con la quale utilizza più medium: fotografia, scrittura, collage, scultura nonché travestimento, trasformazione, performance, teatro. Il corpus di opere che ne scaturisce è il frutto dell’unione/sodalizio con Marcel Moore (alla nascita Suzanne Malherbe), la sua compagna di vita e sorellastra, e ruota principalmente attorno alla disperata ricerca di un Io/Sé tramite la realizzazione di autoritratti. La forza delle opere risiede proprio in questa indagine incessante, ossessiva e continua della propria identità che però non verrà mai trovata in quanto multipla, pluriforme e indefinibile. ENG Claude Cahun is a complex and enigmatic artist, whose work completely coincides with her life and is permeated with countless facets and obscure points yet to be revealed, with fascination and mystery, but also with great contemporaneity. This is not only because of the topics she addresses, but also because of the originality in her use of a variety of media such as photography, writing, collage, and sculpture, but also disguise, transformation, performance and theatre. The resulting work is the outcome of the union/ collaboration with Suzanne Malherbe/Marcel Moore, her life partner and half-sister, and revolves mainly around the desperate search for an I/Self through the creation of self-portraits. The strength of the works lies precisely in this incessant, obsessive and continuous search for one’s own identity, which, however, will never be found, as it is multiple, plural and indefinable. Calle dei Guardiani, Dorsoduro 2403/h albertapane.com
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A DELECTABLE E PIC URE A N E X PE RIE N C E ON THE G RA N D C A N A L
©2022 Marriott International, Inc. All Rights Reserved. All names, marks and logos are the trademarks of Marriott International, Inc., or its affiliates.
Extending along the waterfront on one of the most beautiful stretches of the Grand Canal, the splendid Gritti Terrace continues to be the social hub of Venice. Drop in for an informal lunch, afternoon snacks, or a glass of perfectly chilled bubbles immersed in a living canvas of the city’s legendary monuments.
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A Venezia diamo molte cose per scontate e non ci stupiamo quasi di quanto felice sia la combinazione anche geografica in cui la città ricade. Se a ciò aggiungiamo una capillare ed efficiente rete di trasporti, incluso un aeroporto intercontinentale a pochi passi da casa, il quadro è perfetto. Per questo nel numero estivo, dedicato inevitabilmente anche ai viaggi e al tempo libero, vorremmo provare un gioco, raccontando di arte, nello specifico di padiglioni nazionali alla Biennale e di viaggi nei Paesi rappresentati, utilizzando i collegamenti aerei che le compagnie offrono da Venezia verso le diverse destinazioni. Abbiamo viaggiato in Germania, Canada, Grecia, Emirati Arabi Uniti, Finlandia, Israele.
reportage
Imbarco immediato!
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a cura di Marisa Santin e Fabio Marzari
PADIGLIONE GERMANIA
germania
Dal Padiglione Germania a Norimberga
Relocating a Structure
La produzione dell’artista tedesca Maria Eichorn (Bamberg, 1962; vive a Berlino) sfida spesso le forme commerciali, impegnandosi in azioni dirette che sovvertono la logica delle istituzioni con un approccio quasi processuale. Sotto accusa sono le incongruità e le falle dei sistemi economicopolitici che controllano valori come il lavoro, il tempo, le libertà individuali e sociali. Per la Biennale 2022 l’artista si è concentrata sulla storia del Padiglione tedesco ai Giardini. L’architettura dell’edificio, costruito nel 1909 in stile neoclassico e nominato inizialmente Padiglione bavarese, ha subito nel tempo diversi interventi che riflettono i cambiamenti del contesto storico e politico dei primi decenni del Novecento. Nel 1912 assume il nome di Padiglione tedesco e nel 1938 viene riprogettato per riflettere i canoni estetici dell’architettura fascista. In quell’anno hanno luogo i lavori di ampliamento dei volumi in profondità, con aggiunte posteriori delle gallerie laterali e del salone centrale, e in altezza, con un’azione di sollevamento della copertura di ulteriori 4 metri. L’intervento di Maria Eichorn riporta alla luce le tracce del progetto originario, dando visibilità alla struttura sia interna che esterna dell’edificio realizzato nel 1909. ENG German artist Maria Eichorn (Bamberg, 1962; lives in Berlin) defines her work for the Biennale ‘accessible’, a piece of art that “can be experienced on site both conceptually and physically”. Her artistic production often challenges commercial forms and engages in direct actions that subvert the logic of institutions with an almost procedural approach. Under accusation are the incongruities and the flaws of the economic-political systems that control values such as work, time, and individual and social freedom. Giardini www.deutscher-pavillon.org
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a non grande distanza tra il Veneto e la Germania ha da sempre favorito un significativo scambio di uomini e merci. Sono molte le città tedesche collegate dal sistema aeroportuale di Venezia/Treviso; Monaco di Baviera e Francoforte sono da tempo degli hub privilegiati per un gran numero di viaggiatori che utilizzano i due aeroporti per le loro connessioni con l’intero pianeta. La nostra attenzione è rivolta a una città che ha una relazione molto stretta con Venezia, Norimberga, che diventa una destinazione per un breve viaggio nella terra di Albrecht Dürer, a cui è dedicato l’aeroporto. Un legame sembra connettere il Padiglione tedesco alla Biennale Arte 2022, in cui si svelano le viscere della costruzione, con Norimberga, celebre, suo malgrado, per avere ospitato la Corte Internazionale che giudicò gli orrori nazisti con gli imputati presenti in aula, una delle città tedesche tra le più disastrate e distrutte durante la guerra. Nel Padiglione si svelano idealmente le fondamenta, questo fu anche il valore storico e simbolico del processo, che scelse Norimberga, con Monaco e Berlino, una delle tre città capofila del nazismo. La città venne ricostruita fedelmente e il centro storico ora si presenta come in epoca medievale, con i suoi edifici caratteristici, tanto da sembrare uscita da un quadro o un’incisione del più illustre cittadino di Norimberga, Albrecht Dürer (1471–1528), uno dei maggiori rappresentanti del Rinascimento nordeuropeo. Incisore, disegnatore, pittore e letterato, è considerato tra i più grandi artisti tedeschi di sempre. Egli amava molto Venezia e si ha documentazione certa di almeno due suoi soggiorni in Laguna tra il 1505 e 1507. In soli due anni egli arricchì enormemente il suo bagaglio culturale. Tra i materiali emersi dagli studi del pittore sono state ritrovate diversi documenti che illustrano come egli studiasse non solo la natura italiana e il paesaggio, ma anche l’officina del bronzo, la stampa e le tecniche della xilografia. Dürer apprese anche nuovi termini linguistici che in Italia erano usati per descrivere gli elementi architettonici, ma che in altri paesi, come a esempio la Germania, erano totalmente assenti, tra i più curiosi: cornice, trabeazione e timpano. N.B. Per una breve vacanza, anche nei mesi più freddi, Norimberga ospita il più antico e importante mercatino di Natale della Germania. Volo Ryanair diretto Venezia /Norimberga www.ryanair.com
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PADIGLIONE CANADA
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Dal Padiglione Canada a Montreal e Toronto
2011 ≠ 1848
Articolato in due sedi, nel Padiglione canadese ai Giardini e presso i Magazzini del Sale 5, il progetto di Stan Douglas (Vancouver, 1960) delinea un parallelo tra i moti che attraversarono l’Europa nel 1848 e quelli che interessarono più latitudini nel 2011, fra cui la Primavera araba, le manifestazioni di Occupy Wall Street negli Stati Uniti e le proteste in Gran Bretagna contro le misure di austerity. La riflessione di Douglas si concentra sulle cause che generarono questi conflitti e sul modo in cui vennero diversamente affrontati dai media e consegnati alla storia: ampiamente diffusi dalla stampa nel 1848; sottoposti allo sguardo globale, capillare ma paradossalmente più superficiale – se non addirittura del tutto indifferente – dei social media nel 2011. L’artista sottolinea come questi ultimi eventi siano stati semplicemente monitorati e ignorati in Europa e nell’America settentrionale e quasi del tutto soppressi in Nordafrica e nel Medio Oriente, con poche eccezioni di rilievo. L’esposizione nel Padiglione ai Giardini comprende quattro fotografie di grandi dimensioni che rivisitano, con un approccio documentaristico, le proteste del 2011 in quattro località diverse: gli assembramenti lungo la Avenue Habib Bourguiba a Tunisi il 12 gennaio, la rivolta della Stanley Cup a Vancouver il 15 giugno, gli scontri tra i giovani e la polizia nel quartiere londinese di Hackney il 9 agosto e la repressione dei manifestanti sul ponte di Brooklyn a New York l’1 ottobre 2011. Ai Magazzini del Sale una videoinstallazione a due canali sposta invece l’attenzione sul concetto della musica vista come forma di resistenza culturale. ENG Covering two exhibition venues, the Canadian Pavilion at Giardini and a space at Magazzini del Sale 5, the Biennale project by Stan Douglas (Vancouver, 1960) uses a combination of photography and video installation to draw a parallel between the European revolutions of 1848 and the demonstrations for political change that shook several parts of the world in 2011 – chiefly the Arab Spring, Occupy Wall Street, and protests against austerity measures in the UK. Douglas’s reflections focus on the root causes of these conflicts and on the way they were portrayed by the media and handed over to history, privileging the limitless, pervasive power of social media. Giardini www.gallery.ca
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a selvaggia frontiera
settentrionale del Canada, che ha inciso fortemente nell’indole della popolazione, e il mosaico di popoli da cui è formata la Nazione, hanno creato un Paese molto differente rispetto agli Stati Uniti. Sebbene la maggior parte dei viaggiatori sia attratta dalla vastità del territorio canadese, da alcune sue note e peculiari caratteristiche geografiche, dalla possibilità di esplorare aree desolate, il Canada offre molto di più delle meraviglie naturali, del fascino delle rilassanti zone rurali, degli aceri e delle Cascate del Niagara. La tensione che si avverte tra gli indigeni del Canada e le tradizioni francese e britannica conferisce alla Nazione la sua complessa caratteristica tridimensionale. A questo va sommato un costante influsso di cultura nordamericana e una quantità di tradizioni importate dagli emigranti di Europa, Asia e America Latina. Il risultato, malgrado lo spirito separatista degli abitanti del Québec, è una prosperosa società multiculturale che vive un processo di formazione di una identità nazionale. Un melting-pot vitale restituito anche dal Padiglione nazionale del Canada alla Biennale Arte. Air Canada offre comodi voli diretti da Venezia per Toronto e Montreal fino al prossimo 29 ottobre. Con tre classi di servizio – Economy, Premium Economy e Air Canada Signature Class –, il confortevole Airbus 330-300 utilizzato per coprire la rotta, può ospitare fino a 297 passeggeri e consente un viaggio perfetto verso un Paese che è tra i più interessanti da visitare per la bellezza della sua natura e delle sue città, moderne ed estremamente vivibili. Inoltre, volare verso il Canada può essere la porta migliore per poi approdare eventualmente in Nord America, perché i passeggeri in transito verso altre destinazioni faranno i controlli per l’immigrazione soltanto al loro arrivo in Canada, proseguendo verso gli aeroporti Usa con voli considerati domestici, quindi senza dover affrontare la classica procedura di controllo una volta atterrati in territorio americano. Volo diretto Air Canada Venezia/Toronto e Venezia/Montreal www.aircanada.com
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PADIGLIONE GRECIA
grecia
Dal Padiglione Grecia ad Atene e alle Isole
Oedipus in Search of Colonus
Prendendo spunto dalla tragedia di Sofocle Edipo a Colono, il film in VR di Loukia Alavanou (Atene, 1979) ci immerge in un viaggio che inizia 2500 anni fa per arrivare ai nostri giorni. Come fu allora per Edipo, cui il popolo ateniese tentò di negare la sepoltura a Colono, così accade oggi alla comunità Rom insediata in una baraccopoli alla periferia di Atene, ai cui membri, per la maggior parte privi di cittadinanza, le autorità greche impediscono la sepoltura vicino all’ultimo luogo di residenza. Il video, della durata di 20’, è stato realizzato con una complessa tecnologia che permette non solo di vedere ma anche di sperimentare gli spazi interni ed esterni del campo Rom. In una combinazione di docufiction e videoclip, le immagini a 360° o riprese dall’alto dai droni e gli effetti sonori direzionali reagiscono ai movimenti dello spettatore immergendolo virtualmente nell’insediamento, mentre la storia viene raccontata da un coro fuoricampo. L’allestimento interno del Padiglione è ispirato al lavoro dell’architetto utopista Takis Zenetos, scomparso nel 1970. Cinque sedie posturali sistemate in cupole emisferiche e l’atmosfera teatrale e misteriosa data dalla semioscurità permettono ai visitatori di fruire al meglio di un’opera d’arte poetica, introspettiva e radicale. ENG Inspired by Sophocles’ tragedy Oedipus at Colonus, Loukia Alavanou’s VR movie is an immersion in a world that begins 2500 years ago and lives to the present day. As happened then for Oedipus, to whom the Athenians wanted to deny a resting place in Colonus, so happens today for the Romani community living in a slum outside Athens. Its inhabitants – most of whom do not have Greek citizenship – are denied burial close to home. The inside staging of the Pavilion has been inspired by the work of utopian architect Takis Zenetos to allow visitors a poetic, introspective, and radical experience. Giardini www.nationalgallery.gr
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U
na delle mete più frequentate dell’estate,
con le sue numerose isole, grandi e piccole, super alla moda come Mykonos e Santorini, o più nascoste e tranquille – l’elenco sarebbe lunghissimo –, disseminate in un mare incantevole, la Grecia è la culla di una civiltà raffinatissima cui dobbiamo le nostre comuni radici. Numerosi collegamenti diretti con le isole e con la capitale sono assicurati quotidianamente da Volotea e Aegean, che ha uno dei rating migliori tra le compagnie in Europa, oltre che da EasyJet e Ryanair. La fascinosa capitale, Atene, oltre al Partenone ospita numerosi musei imperdibili, tra cui il Museo nazionale Ellenico e il Museo dell’Acropoli. Il Padiglione Grecia alla Biennale, celebre per essere stato nel 1948 la casa delle avanguardie di Peggy Guggenheim, quest’anno trasporta il visitatore in un viaggio virtuale in una periferia ateniese che ricorda da vicino, per il senso di desolazione e angoscia, la malefatta compiuta dai veneziani alla fine del Seicento, precisamente il 26 settembre 1687, quando truppe serenissime, guidate da Francesco Morosini, sbriciolarono il tempio di Minerva con un solo colpo di mortaio. «L’abbiamo fatta grossa! Non si può distruggere la più bella antichità del mondo in una Atene ornata di antiche vestigia di celebri ed erudite memorie». Il giorno successivo a quella terribile esplosione, Francesco Morosini non si darà pace, ben consapevole del disastro compiuto, cercando in qualche modo di giustificarsi dicendo di aver colpito il Tempio di Minerva per sbaglio. Ma non fu affatto un errore. Il Partenone (V secolo a.C.), sull’Acropoli ateniese, fu preso di mira volutamente. Ma col passare del tempo l’arte è capace di superare anche questi gravi imbarazzi, creando nuove possibilità, connessioni, interazioni. Un importante presidio artistico veneziano è presente oggi fino all’11 settembre per la curiosità dei numerosi passeggeri che transitano dall’aeroporto di Atene, nell’area arrivi Schengen ed extra Schengen. Inner Life, sei imponenti opere di grandi dimensioni, piene di figure enigmatiche e colori esplosivi, anima i corridoi dell’area con le radiografie iperreali e tecnologiche del controllo bagagli, che hanno rappresentato la fonte di ispirazione di questo progetto dell’artista veneziana Sonia Ros. Dopo averle ben studiate, Ros ha elaborato il tutto con maestria fino a trasformarle in affascinanti opere d’arte che raccontano, con giochi di luce e colore, lo spettacolare mondo degli oggetti che accompagnano i nostri viaggi. Immagini di visionaria suggestione dove umili articoli quotidiani prendono vita, si trasformano e si intrecciano come una metafora dei nostri pensieri, dei desideri più intimi, come un viaggio negli strati più profondi del subconscio. Volo diretto Venezia/Atene e varie altre destinazioni elleniche www.volotea.com | www.aegeanair.com www.easyjet.com | www.ryanair.com
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PADIGLIONE EMIRATI ARABI UNITI
emirati arabi uniti
Dal Padiglione Emirati Arabi Uniti a Dubai
Between Sunrise and Sunset
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L’opera di Mohamed Ahmed Ibrahim (1962), uno dei massimi esponenti dell’arte concettuale emiratina e membro di un affermato gruppo di artisti sperimentali attivo sulla scena artistica del Golfo già dagli anni ‘80, è ispirata dalla profonda vicinanza dell’artista con l’ambiente naturale della sua città natale, Khawr Fakkan, nei pressi delle montagne Al Hajar, sulla costa est dell’Emirato di Sharjah. Già a metà pomeriggio i monti proiettano la loro ombra sulla città, lasciando solo immaginare il tramonto sulla lontana costa occidentale. Così lo spettro dei colori dell’installazione passa dalle tonalità accese ai toni della terra, dal bianco al nero intenso: dall’alba al tramonto. Composta da forme scultoree astratte e organiche a dimensione umana, l’installazione interpreta i corpi in relazione alla loro inscindibilità dalla terra, in un dialogo quasi fisico tra l’artista e la materia impiegata. Pur richiamando alla mente corpi, alberi e animali, le sue figure in cartapesta sfuggono a qualsiasi interpretazione figurativa, lasciando allo spettatore la libertà di decifrarne gli schemi di linee e forme. Raggruppate per colori, le sculture incorporano materiali naturali quali caffè, tabacco e foglie di tè, suggerendo con i loro movimenti ondeggianti l’idea di metamorfosi e mutazione. ENG Consisting of human-sized abstract, organic sculptures, the installation by Emirati conceptual artist Mohamed Ahmed Ibrahim (1962) interprets bodies in their inseparable relationship with the earth. Grouped by colour, the sculptures incorporate natural materials such as coffee, tobacco, and tea – their swinging motions hinting at the idea of corporal metamorphosis. The art has been inspired by the artist’s closeness with the natural environment of his native town, Khawr Fakkan in the Al Hajar mountain range, on the eastern coast of the Sharjah Emirate. Arsenale, Sale d’Armi www.nationalpavilionuae.org
I
l Paese nacque ufficialmente nel dicembre del 1971, con l’unione dei sette emirati di Abu Dhabi, Ajman, Dubai, Fujairah, Ras al-Khaimah, Sharjah e Umm al-Quwain. Ognuno dei sette emirati è governato da una monarchia assoluta e i sette governatori insieme formano il Consiglio Supremo Federale, l’autorità costituzionale più alta degli Emirati Arabi Uniti. Gli Emirati Arabi inizialmente hanno basato fortemente la loro economia sul petrolio, in quanto le loro riserve sono le settime al mondo, ma la lungimiranza dello sceicco Zayed bin Sultan Al Nahyan, il primo presidente del Paese, carica che ha ricoperto per ben 33 anni, dall’indipendenza degli Emirati nel 1971 fino alla sua morte avvenuta nel 2004, ha fatto sì che l’economia si diversificasse verso il settore immobiliare, la sanità, l’educazione e le infrastrutture. Oggi l’economia degli Emirati Arabi Uniti è la più differenziata del Medio Oriente: l’esempio lampante è Dubai, emersa rapidamente come una città globale e un hub internazionale nel trasporto aereo. Dubai è divenuta nel volgere di qualche lustro una delle mete più importanti del turismo mondiale. Ogni eccesso e qualunque desiderio di lusso sfrenato trova a Dubai la risposta, ma non si tratta solo di questo. Il futuro è già nella pratica quotidiana di diversificare le fonti energetiche, superando l’idea stessa di consumo per il consumo. Quello che solo fino a pochi decenni fa era un piccolo villaggio di pescatori è oggi una delle realtà più cosmopolite del pianeta, con oltre 200 differenti nazionalità presenti. Sia che si tratti delle rive del Creek o della cima del Burj Khalifa, l’edificio più alto al mondo, Dubai è una città viva che emana un senso di possibilità e di innovazione, con una costa interessante, un deserto colmo di fascino e un paesaggio urbano in cui le architetture più ardite si esaltano in uno scenario futuribile. Le diverse anime degli Emirati Arabi sono condensate nel lavoro di Mohamed Ahmed Ibrahim, che rappresenta il Paese alla Biennale con le sue sculture coloratissime in papier-mâché, le quali contengono elementi organici (terra, foglie, materiali raccolti dall’artista nei suoi vagabondaggi in montagna) e spesso ricordano oggetti primitivi, ossa o parti di alberi. Dubai è divenuta da tempo la meta ideale anche per una breve vacanza grazie all’efficientissima rete di collegamenti aerei offerti da Emirates, una delle migliori e più importanti compagnie al mondo, che collega ogni angolo della terra tramite l’Hub proprio di Dubai. Anche da Venezia c’è un comodissimo volo diretto per la città emiratina, effettuato cinque volte a settimana, in cui poter godere del piacere del proverbiale servizio di Emirates fin dalla classe economy. Volo diretto Emirates Venezia/Dubai www.emirates.com
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PADIGLIONE PAESI NORDICI
finlandia
Dal Padiglione Paesi Nordici a Helsinki
The Sámi Pavilion
«La trasformazione del Padiglione dei Paesi Nordici nel Padiglione Sámi è un atto di sovranità indigena». Così l’OCA-Office for Contemporary Art Norway ha commentato la decisione di affidare il progetto per la Biennale a tre artisti sámi, originari del Sápmi, riconoscendo di fatto come un’entità unitaria la vasta area geografica che si estende tra Norvegia, Svezia, Finlandia e la penisola russa di Kola. Oltre a diffondere storia e cultura della popolazione nativa, l’esposizione tratta temi urgenti quali l’impatto dei cambiamenti climatici e le prospettive di decolonizzazione. La performace Matriarchy di Pauliina Feodoroff, originaria della parte finlandese del Sápmi, parla degli effetti che la deforestazione industriale ha avuto sulla vita collettiva e sulla biodiversità di terra e fiumi. Máret Ánne Sara, sámi di parte norvegese, e Anders Sunna, di parte svedese, pongono al centro della loro indagine artistica l’allevamento di renne, un’attività che, seppur fondamentale per la comunità, viene ostacolata da leggi nazionali che mettono in difficoltà la sopravvivenza di intere famiglie. L’opera di Sara, Guttet, ha un impatto fortemente sensoriale-olfattivo, con una costellazione di forme e una maestosa scultura rotante realizzate a partire da stomaci e altre parti essiccate di renne. I dipinti di Sunna (Illegal Spirit of Sámi), dalla forte connotazione politica, fanno invece riferimento a diversi momenti della lotta collettiva che alcune famiglie hanno portato avanti contro lo stato svedese per veder riconosciuti i propri diritti. ENG “The transformation of the Nordic Pavilion into the Sámi Pavilion is an act of indigenous sovereignty”, says the Office for Contemporary Art of Norway-OCA, who entrusted the project for this Biennale to Sámi artists, a population native of Sápmi, the polar region of Norway, Sweden, Finland, and Russia. As well as being educational about the history and culture of the native population, the exhibition is also about the pressing of climate change and perspectives on decolonization. Giardini oca.no/thesamipavilion
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È
sempre difficile avventurarsi tra le classifiche, specie quando si parla di felicità. La Finlandia, paese del Nord Europa sul mar Baltico, con un vasto territorio e con meno di 6 milioni di abitanti, viene considerato mediamente un paese felice, anzi il più felice al mondo. La maggior parte della Finlandia è pianeggiante e ricoperta di foreste per oltre il 72% della sua superficie, che ospita anche moltissimi laghi in cui si può fare il bagno in estate, consapevoli delle temperature non proprio mediterranee. La popolazione si concentra soprattutto al Sud, che offre migliori condizioni climatiche e dove si trova la capitale Helsinki. L’estate in Finlandia è una stagione intensa, con giornate lunghe e luminose, con un sole caldo che alimenta la contagiosa voglia di stare liberi all’aperto da parte dei suoi abitanti. La Finlandia è un paese molto verde e poco abitato, dove la natura dà ancora la sensazione di essere padrona. E i finlandesi in estate hanno bisogno di stare sempre all’aria aperta e immersi nella natura, sempre a fare il pieno di luce, luce e ancora luce. Il rapporto speciale con la natura viene evidenziato anche nel padiglione dei Paesi Nordici alla Biennale, che riporta la cultura del popolo indigeno Sami, circa 75.000 persone che vivono nelle remote regioni della Fennoscandia, tra Svezia, Finlandia e Norvegia. Tema centrale è l’assenza del concetto di proprietà all’interno della cultura sami: l’uomo non possiede la terra, ma è ospite della Natura. L’uomo si impegna a preservarla ed essa a fornirgli tutto ciò che serve alla sua sussistenza. Helsinki fu fondata nel 1550 per ordine del re svedese Gustavo I. La città nel corso dei secoli ha registrato un notevole incremento nel numero dei suoi abitanti, sviluppandosi in maniera intelligente e funzionale da un punto di vista urbanistico e architettonico. Limitandosi, si fa per dire, al Novecento, l’impronta del grande maestro dell’architettura moderna Alvar Aalto, autore tra le altre cose anche del Padiglione finlandese ai Giardini della Biennale, è qui naturalmente fortissima e si riscontra in numerosi, importanti edifici della capitale: la Hall of Culture (1952-1958), la Libreria accademica (1961-1968), la Finlandia Hall (1971), il complesso per uffici Rautatalo (1951-1957). Finnair, la compagnia aerea finlandese, vola da Venezia e via Helsinki offre un network di veloci collegamenti che vanno dal paese di Babbo Natale, Rovaniemi, all’Estremo Oriente, con un eccellente servizio di bordo, ai vertici delle classifiche internazionali delle linee aeree. Volo diretto Finnair Venezia/Helsinki www.finnair.com
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PADIGLIONE ISRAELE
israele
Dal Padiglione Israele a Tel Aviv
Queendom
Basate su ricerche e indagini rigorose, le composizioni di Ilit Azoulay (Giaffa-Tel Aviv, 1972; vive e lavora a Berlino) – un misto di fotografia, elementi architettonici, suono, video e performance – integrano dati acquisiti e narrazione, alterando prospettive fotografiche per svelare immagini invisibili e nuovi punti di osservazione per lo spettatore. Con Queendom l’artista spinge la riflessione sul concetto di sovranità dell’arte, mentre già il titolo sembra indicare un rovesciamento di consuetudini prestabilite, a partire da quelle lessicali. Il concetto di appropriazione culturale viene affrontato attraverso immagini tratte dell’archivio fotografico di David Storm Rice, ricercatore di manufatti medievali islamici portati in Europa attraverso Venezia e ora esposti per lo più in musei occidentali. Le fotografie di Rice vengono scomposte, riassemblate in digitale e inserite in supporti metallici che delineano geografie inedite e nuovi percorsi per un Medio Oriente che si immagina non patriarcale, transregionale, capace di accogliere ambivalenze e complessità identitarie. Azoulay riconfigura anche la struttura del Padiglione orientandone gli spazi interni da ovest a est, prendendo così le distanze dall’androcentrismo e dalla moderna centralità dell’Europa a favore di una presa di consapevolezza delle potenzialità del femminile e della contemporaneità del Medio Oriente. ENG Based on rigorous research, Ilit Azoulay’s (b. 1972, Jaffa-Tel Aviv; lives and works in Berlin) art is a mix of photography architecture, sound, video, and performance. It integrates data with narration and alters photographic perspectives to reveal formerly invisible images and new points of view for the audience. Queendom is a series on the concept of sovereignty in art, while the title apparently indicates a reversal of pre-established customs. Azoulay also reconfigures its architectural orientation from West to East—away from a male-centred gaze to female empowerment, and from Eurocentric modernity to Middle Eastern contemporaneity. Giardini
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Q
uanto può essere sovrana l’arte? Ilit Azoulay si libera dai vincoli della rappresentazione nazionale e maschile e apre nuovi percorsi in un Medio Oriente interconnesso. Questo il messaggio del Padiglione Israele alla Biennale di Venezia. Israele è uno dei Paesi più interessanti da conoscere e visitare per la complessità della sua storia plurimillenaria che si pone in rapporto armonico con il suo futuro, non solo con il suo presente. Se si sognano sabbie dorate o si è alla ricerca della bellezza e della tranquillità dei grandi spazi all’aperto, se si è affascinati dalla storia antica e dall’archeologia o ancora se si vogliono vivere esperienze di contemporaneità in una delle città più alla moda del mondo occidentale come Tel Aviv, bastano un paio d’ore di volo per scoprire le ricchezze di un Paese incredibile, così piccolo da poter essere attraversato da Nord a Sud in automobile in meno di mezza giornata. E poi Gerusalemme, una città con alle spalle 3000 anni di storia gloriosa, città sacra per tre fedi monoteiste, con oltre 2000 siti archeologici, più di 60 musei e una ricca programmazione culturale. E ancora il Mar Morto, il luogo più basso della terra, situato a 428 metri al di sotto del livello del mare, nato più di 3 milioni di anni fa, una delle meraviglie naturali del mondo, affascinante combinazione di splendore naturale, avvincente storia antica e sontuosità moderna nella qualità dell’ospitalità. Oppure ancora il Negev, maestoso deserto d’Israele, un territorio non disabitato, in cui scoprire decine di incredibili siti naturalistici. E ancora molto, molto altro. El Al, la compagnia di bandiera israeliana, celebre per i suoi elevatissimi standard di sicurezza prima e durante il volo, collega Venezia Marco Polo a Tel Aviv Aeroporto Ben Gurion. Anche la low cost Wizz Air (wizzair.com) vola tra le due città. Volo El Al diretto Venezia/Tel Aviv www.elal.com
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DA ANTOLOGIA Se Dio cantasse, lo farebbe con la voce di Milton
musica
Elis Regina
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di D.C.
M
ilton Nascimento è una leggenda della musica brasiliana, un cantautore celebrato nel mondo per la potenza espressiva con la quale ha rinnovato lo sconfinato repertorio musicale del suo Paese. Ha appena spento 80 candeline e vanta una carriera straordinaria, iniziata alla metà degli anni Sessanta che lo ha portato a ibridare la musica brasiliana con i Beatles e il jazz. Lungo il percorso artistico ha incontrato il gotha del jazz e del pop: Wayne Shorter, Pat Metheny, Paul Simon, Cat Stevens, Quincy Jones. Per Venezia Jazz Festival, arriva al Teatro La Fenice il tour di addio ai palchi di Nascimento: una grande festa che riunisce un gruppo di musicisti affiatati, ancora una volta stretti intorno al suo talento indiscusso. Attenzione, però, niente spazio sul palcoscenico a sentimentalismi o malinconici addii: l’atmosfera sarà festosa per definizione, altro modo non esiste per Nascimento di concepire la musica e la vita, distillata attraverso la propria creatività in un dono da condividere con un pubblico che lo ha amato, lo ama e continuerà a farlo. Nato a Rio De Janeiro nel 1942, Milton Nascimento è cresciuto a Tres Pontes, frazione di Belo Horizonte, nella celebre regione di Minas Gerais. Apprezzatissimo da subito in patria, arriva alla consacrazione internazionale con Txai del 1990, 14 tracce separate tra loro da suoni della natura selvaggia in cui Milton dà libero sfogo al proprio istinto e sottolinea un rapporto simbiotico con la natura e i suoi ritmi, i suoi principi lenti e inesorabili, le sue dinamiche intime e misteriose. Nel 1967, nel corso di un rito religioso, uno spirito apparso a un allora venticinquenne Milton pare gli abbia detto: «Non essere triste, molta gente ha bisogno di te. Tra qualche giorno accadrà qualcosa di straordinario, a cui non riuscirai a credere neanche tu». È Nascimento stesso a raccontare l’episodio in più occasioni: che ci crediate o no, alcuni giorni dopo l’accaduto il compositore carioca vinceva il premio come miglior interprete del Festival Internacional da Canção. Il brano portato in gara, arrivato al secondo posto, era Travessia, ancora oggi un caposaldo della musica brasiliana: 55 anni dopo Milton è ancora qui, a dimostrarci quanto fosse azzeccata quella profezia. ENG Milton Nascimento is a legend of Brazilian music; he is celebrated all around for his expressive potential, which he used to renovate the vast musical repertoire of his native country. Nascimento recently turned 80 and boasts an amazing career, initiated in the mid-1960s, that saw him hybridize Brazilian music with rock and jazz. The Fenice Theatre will see the artist perform for the Venetian date of his farewell tour, a great party with the participation of many talented musicians. Born in Rio in 1942, Milton Nascimento grew up close to Belo Horizonte. He was soon to meet success in his home country, and became known internationally with his Txai of 1990 – a collection of 14 tracks where Milton gives free rein to his instinct and highlights a quasi-symbiotic relationship with the nature and its rhythms, its slow and relentless principles, its intimate, mysterious dynamics. Milton Nascimento 10 luglio Teatro La Fenice www.venetojazz.com
S
embra davvero che Veneto Jazz e il Venezia
Jazz Festival vogliano recuperare il tempo perduto dalla grande musica live negli ultimi due anni, con un programma disseminato di grandi nomi, in questo caso con un concerto che vale letteralmente “doppio”: A Great Jazz Night vede in cartellone il 13 luglio un doppio concerto con Richard Galliano (prima parte) e Hermeto Pascoal e grupo & Friends, con ospiti Gabriele Mirabassi e altri artisti (seconda parte). Un’occasione unica per ascoltare alcune fra le stelle internazionali del jazz e della musica brasiliana, raramente in Italia e soprattutto con formazioni così inedite, serata nella quale osservare dal vivo musicisti straordinari che hanno scritto la storia di questo genere. Da cinquant’anni sui palcoscenici di tutto il mondo, Richard Galliano, fisarmonicista, bandoneonista e compositore, sempre alla ricerca di nuove ispirazioni, continua a riscrivere instancabilmente la storia della fisarmonica. A Venezia presenta un recital consacrato a questo affascinante strumento con opere di Debussy, Satie, Chopin, Granados, Michel Legrand, Astor Piazzolla e proprie composizioni intrecciate con altri musicisti come appunto Gabriele Mirabassi, uno dei più importanti clarinettisti italiani. Icona vivente della musica brasiliana, Hermeto Pascoal è un polistrumentista mentore di molti connazionali come Milton Nascimento (che vedremo alla Fenice appena 3 giorni prima), Airto Moreira e Flora Purim, ma anche ispiratore di jazzisti imprescindibili come Miles Davis e John McLaughlin. Soprannominato o bruxo (lo stregone) o anche o mago (il mago), il suo nome giunse all’attenzione del pubblico nel 1971, quando partecipò all’incisione del disco di Miles Davis Live/Evil suonando in numerosi brani. Davis lo descrisse come “uno dei più impressionanti musicisti al mondo”. Nelle sue composizioni spesso usa la natura come base e ispirazione e impiega strumenti non convenzionali come teiere, giocattoli e addirittura versi di animali, trascinando il suo Grupo in una musica che si configura come una religione animistica tradotta in suoni, con una notevole propensione al jazz. Oltre al Grupo, alcuni “friends” sono chiamati ad interagire con l’albino louco, capace di mostrarci il lato nascosto della musica. ENG It really looks like Veneto Jazz and their Venezia Jazz Festival want to make up for time lost over the last two years, given their upcoming programme of concerts. Certainly some of those are literally worth two: A Great Jazz Night is a double appointment (July 13) with Richard Galliano (first part) and Hermeto Pascoal e grupo & Friends (second part). This is a rare chance to watch Brazilian music and international jazz stars who not often visit Italy. Richard Galliano has been, together with his accordion, on stages all over the world for the last fifty years. His upcoming show is a recital dedicated to his favourite instrument and to music by Debussy, Satie, Granados, Michel Legrand, Astor Piazzolla, and Galliano’s own. Hermeto Pascoal is a poly-instrumentalist who became internationally known in 1971, when he worked on the recording of Miles Davis’ Live/Evil. Davis himself called him ‘one of the greatest musicians in the world.” Richard Galliano & Hermeto Pascoal 13 luglio Teatro La Fenice www.venetojazz.com
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musica
14. VENEZIA JAZZ FESTIVAL
RACHELE ANDRIOLI
Una delle artiste più apprezzate sulla scena della nuova musica popolare italiana, capace di conquistare in pochi anni un ruolo importante nell’ambito delle nuove proposte artistiche del Salento realizzando un’intensa attività concertistica e laboratoriale in Italia e all’estero. L’estremo lembo del Salento, dove finisce la terra e inizia il grande mare, è al centro del suo spettacolo solista Leuca. Grazie ad una voce dal timbro unico e all’utilizzo di strumenti musicali come il marranzano, l’ukulele, il bendir, il flauto armonico e all’impiego sapiente di macchine innovative come la loop station, Rachele Andrioli gestisce la scena evocando rituali ancestrali che rapiscono lo spettatore portandolo in un luogo ‘altro’, carico di suggestioni e colori. Rachele è da sola in scena, per costruire insieme al pubblico la magia di uno spettacolo denso di emozioni e incalzante di ritmo. ENG One of the most appreciated artists on the modern folk Italian scene, Andrioli has been able to make a name for herself by working on concerts and workshops around the country and abroad. The southeastern tip of Italy, Salento, is the heart of her latest show, Leuca. Thanks to her unique timbre and unusual instruments, the artist evokes ancestral rituals that fascinate the audience and takes them into an otherness of suggestions and colours. 9 luglio Combo www.venetojazz.com
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ESCARTEEN SISTERS Laia e Flavia Escartin sono sorelle, due voci femminili accompagnate da violino e violoncello. Il risultato è così quello di un quartetto d’archi, suonando e cantando allo stesso tempo. Sono cresciute nelle campagne della Spagna, in una fattoria immersa tra i vigneti, e da quel silenzio sono nate le loro canzoni. La loro è una musica influenzata dalla natura che le ha circondate fin dall’infanzia, organica e ineffabile. Con tocchi di folk e jazz, il duo è nato componendo canzoni per comunicare con il nonno che viveva in Belgio: anni dopo, Laia e Flavia decidono di fare un passo avanti e condividere il loro mondo immaginario con il mondo reale. La loro musica parla dell’intimità e dell’abisso, dell’avvicinamento all’ignoto. Un universo circolare che si fonda su diversi concetti: il numero 4 (4 corde, 4 lingue, 4 simboli) e il viaggio, le numerose influenze dei diversi luoghi di questa Terra che si riflettono nella musica.
Laia and Flavia Escartin are sisters – and two female voices accompanied by violin and cello. The result is a sort of string quartet of song and music. The two were born in the Spanish farmland, and they wrote their songs there, amid ancestral peace. Their music is strongly influenced by nature, with touches of folk and jazz, and speaks of intimacy and of the abyss, of the way we can get closer to the unknown. Four strings, four languages, four symbols, as well as travel, reflect on these beautiful creations.
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14 luglio Laguna Libre www.venetojazz.com
NICOLETTA TARICANI Il disco di Nicoletta Taricani In un mare di voci registrato e prodotto da Artesuono nasce dalla voce di quelle persone in viaggio verso una vita migliore. La cantante siracusana classe ‘92 ha raccolto le storie di alcuni sopravvissuti alla traversata verso l’Europa per farne fonte d’ispirazione di un progetto in cui musica e recitazione si fondono, per raccontare il faticoso viaggio di chi vive la propria vita sul filo sottilissimo della flebile speranza di cambiarla. In un mare di voci vuole essere un movimento artistico-culturale in nome dei diritti umani e delle vittime di traversate disumane; vuole sensibilizzare il pubblico all’ascolto dell’altro, all’attenzione al diverso e al ‘non conosciuto’. Anche il libro Bilal, il mio viaggio da infiltrato verso l’Europa del giornalista d’inchiesta Fabrizio Gatti, con cui Nicoletta Taricani ha stretto una colaborazione, ha dato un prezioso contributo alla fase compositiva.
Nicoletta Taricani’s record In un mare di voci was born of the voices of those who travel looking for a better future. The Sicilian singer collected the stories of refugees who made it to Europe and turned them into a project where music and stage play mix. In un mare di voci aspires to become an artistic and cultural movement and the voice of human rights and of the victim of inhuman trafficking. A book, Bilal, il mio viaggio da infiltrato verso l’Europa, by journalist Fabrizio Gatti, contributed greatly to the composition of the show.
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24 luglio Laguna Libre www.venetojazz.com
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musica LIVE
High hopes
© Roberto Cifarelli
Il vento caldo Dall’alto si può godere di un punto di vista privilegiato sulle cose e sulle persone, tutto appare più chiaro, si vede con maggiore precisione. La terrazza dell’Hotel Carlton on the Grand Canal offre una vista semplicemente unica, da cui osservare il brulicare di persone che animano quotidianamente la città, con lente puntata verso una stazione ferroviaria tra le più frequentate al mondo, crocevia di storie per antonomasia. Women for Freedom in Jazz non è una rassegna musicale come tutte le altre: punto di incontro cruciale tra musica e bellezza, nei mesi di luglio e agosto si stabilisce proprio sulla terrazza panoramica dell’hotel veneziano con concerti live ad accompagnare la cena degli ospiti. Una nuova edizione che vede nascere la collaborazione con Caligola Music, storica label veneziana che in laguna ha fatto la storia della musica jazz e porta ospiti come Valentina Fin (21), Camilla Ferrari (4 agosto), Chiara Pelloni (18) e Francesca Tandoi a chiudere (8 settembre). Giunge alla sesta edizione il progetto ideato e organizzato da Elena Ferrarese a sostegno dell’associazione bassanese Women for Freedom fondata da Davide Parise, che legandosi al concetto di ‘trampolino’ rinnova la propria attività per donare, attraverso un cartellone di qualità, aiuti concreti a cause che sensibilizzino l’opinione pubblica sulla condizione delle donne che nel mondo vengono private dei diritti fondamentali. ENG The higher up you go, the more privileged is the point of view you have on things and people. It all seems clearer. The terrace at Hotel Carlton on the Grand Canal offers a unique view on the streams of people that animate the city every day, with a lens on the railway station, itself the backdrop of fantastic stories. Women for Freedom in Jazz is a musical programme unlike any other: over July and August, it will grace the terrace at Carlton with live concerts by female jazzists and is now at its sixth edition. The programme is an idea of Elena Ferrarese. Women for Freedom in Jazz 14, 21, 28 luglio; 4, 11, 18, 25 agosto Hotel Carlton on the Grand Canal www.womenforfreedom.org
Ambasciatore del jazz italiano nel mondo, il trombettista sardo Paolo Fresu è ospite speciale di un progetto discografico che vede protagonista la Clacson Small Orchestra diretta da Maurizio Camardi e il percussionista cubano Ernesttico. Un sassofonista, compositore e polistrumentista (Camardi) che si muove a suo agio tra jazz e world music; un trombettista (Fresu) da anni nome di punta di cartelloni italiani ed internazionali; un percussionista cubano di fama internazionale, con il suo inconfondibile sound. La miscela di questi elementi dà origine al progetto completato dalla Clacson Small Orchestra in cui la musica è la relazione tra parti improvvisate e parti scritte, dove nessuna gioca a scapito dell’altra, fondendosi in perfetta sintonia. Un concerto in cui la melodia si incontra e si scontra con una travolgente pulsazione ritmica dando vita ad un repertorio che si snoda mettendo in evidenza la versatilità di un organico dove convivono arrangiamenti dal forte sapore jazz con altri di spirito prettamente contemporaneo, etnico. In occasione del live di Veneto Jazz del 23 luglio a Castelfranco, Fresu, Camardi ed Ernesttico presentano il progetto discografico Hangar, registrato nel 2019 per l’etichetta Blue Serge, fondata nel 2003 dal polistrumentista Sergio Cossu. La banda del paese e i maggiori premi internazionali; la campagna sarda e i dischi; la scoperta del jazz e le mille collaborazioni; l’amore per le piccole cose e Parigi. Esiste davvero poca gente capace di mettere insieme un tale album fotografico di elementi e trasformarlo in un’incredibile e veloce crescita stilistica. Paolo Fresu c’è riuscito proprio in un paese come l’Italia dove – per troppo tempo – la cultura jazz era conosciuta quanto Shakespeare o le tele di Matisse, dove Louis Armstrong è stato poco più che un fenomeno da baraccone di insane vetrine sanremesi e Miles Davis scoperto ben dopo gli anni di massima creatività. La ‘magia’ sta nell’immensa naturalezza di un uomo che, come pochi altri, è riuscito a trasportare il più profondo significato della sua affascinante terra nella più preziosa e libera delle arti. Paolo Fresu & Maurizio Camardi 23 luglio Teatro Accademico-Castelfranco Veneto www.venetojazz.com
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musica FESTIVALS
Pancia mia…
Continua in luglio lo Sherwood Festival, con un ottimo menù degustazione che vado ad illustrare. Antipasti: Margherita Vicario è un piatto solo apparentemente leggero, il retrogusto intelligente e ironico poi arriva, assieme alla poliedrica Caffellatte. Frah Quintale, nome corposo per il rapper bresciano, ma uno che in fondo la leggerezza la trova. Bis di primi il 6 luglio: il Reggae-day del festival vedrà sul palco l’inglese Bitty McLean. Sapori d’estate piena, hit reggae e lovers rock come se piovesse (magari!). Subsonica inossidabili! L’atmosferico tour il 15 luglio ci riporta a Nuvole Rapide, i torinesi puntano ancora su un groove saporitissimo. Tris di secondi: il 2 luglio Caparezza ci diverte, ci fa ballare, ci fa pensare, pure se non siamo in Puglia. The Zen Circus lo fanno dal 2004, il rock (folk? Punk? Boh!) in italiano, sempre credibili, sempre sul pezzo. 99 Posse ancora in prima linea, per i boomer un mito, per i giovani un esempio. Dolci: Cosmo, il secondo professore prestato alla musica, tra elettronica e cantautorato. A mia nipote piace! Ecco poi Madman, Pierfrancesco Botrugno in effetti suonava male per un rapper (si scherza, eh!). Caffè e ammazza caffè: Cor Veleno, dopo la scomparsa di Primo Brown nel 2016 e l’album postumo del 2018 tornano con una nuova interessante collaborazione con i Tre Allegri Ragazzi Morti; la band di Davide Toffolo è una garanzia, l’album Meme K Ultra realizzato assieme ai Cor Veleno è uscito a marzo di quest’anno, l’occasione di ascoltare i pezzi live con le due band insieme, il 16 luglio a chiusura del tutto, è… gustosa! Sergio Collavini Sherwood Festival Fino 16 luglio Park nord Stadio Euganeo-Padova www.sherwood.it
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Riveduti e scorretti A Sexto una rassegna raffinata Alla sua 17esima edizione, Sexto ‘Nplugged, il festival di musica di Sesto al Reghena fondato dall’Associazione culturale Sexto, conferma anche quest’anno la sua natura di rassegna raffinata, estremamente accurata nella selezione di programmi non convenzionali e mai banali. Una parte del fascino di questo festival è senza dubbio rappresentato dal luogo che ospita i concerti, la corte dell’abbazia di Santa Maria in Silvis, fondata 13 secoli fa dai figli del duca longobardo Pietro del Friuli e ricostruita dopo la distruzione da parte degli Ungari nelle forme di una cittadella fortificata da fossati e torri. Anche quest’anno il programma dei concerti proposti appare quanto mai interessante e sfizioso, mettendo insieme artisti nuovi, artisti consolidati e reunion di vecchi leoni degli anni ’90 in un mix davvero entusiasmante per la qualità dei progetti musicali ed anche per la capacità di lettura dei grandi temi che oggi stanno attraversando il sistema della cosiddetta ‘musica rock’. Dopo l’antipasto oscuro, liricamente disturbante di fine giugno della grande Cat Power, il festival riparte a fine mese con una febbrile quattro giorni davvero da non lasciarsi in alcun modo scappare. Primo atto il 28 luglio con l’unica data italiana di Rival Consoles, nome d’arte di Ryan Lee West, musicista elettronico autore di una musica sospesa tra dimensione fisica e mentale, cui seguirà il 29 il concerto di Agnes Obel, musicista danese trapiantata a Berlino, cantautrice tra le più talentuose di questi ultimi dieci anni ed autrice di una musica che unisce
intimismo minimalista e vibrazione emozionale. Il 30 luglio sarà la volta di quello che per me, spelacchiato suiveur delle arene da concerto rock, rappresenta senza se e senza ma il piatto forte della rassegna 2022: la performance degli Arab Strap, indimenticata folgore scozzese che a metà degli anni Novanta per un decennio attraversò il cielo del rock proponendo un modello che avrebbe fatto scuola anche in Italia (che cos’è stato Socialismo tascabile degli Offlaga Disco Pax se non una bellissima reinvenzione italiana del ‘recitar cantando’ degli Arab Strap?). Su basi minimaliste di chitarra e samples elettronici la voce di Aidan Moffat, con la sua tremenda inflessione di scozzese della provincia, in una manciata di dischi memorabili affrontò un unico grande tema: l’amore per la miseria umana, da cui derivavano a grappoli autocommiserazione, culto del ricordo di amori infranti, tentativi di auto-distruzione in weekend di tre giorni di sbornie. Ma il concerto non sarà solo l’autocelebrazione di vecchie glorie imbolsite trent’anni dopo. L’anno scorso, infatti, gli Arab Strap hanno pure pubblicato un nuovo album, As Days Get Dark, davvero bello e per niente concentrato a celebrare i fasti del passato. Chiusura il 31 con i Black Midi, autori di una musica che torce la matrice post punk in un incubo sonoro che solo il brutalismo di John Zorn e i suoi Naked City riuscì a superare. F.D.S. Sexto ‘Nplugged 28-31 luglio Piazza Castello-Sesto al Reghena sextonplugged.it
SIMPLY THE BEST
La montagna cantata No Borders, storie di confine Al confine tra Italia, Austria e Slovenia. Al confine tra pop, folk e jazz, musica d’autore italiana e straniera. Il No Borders sta lì da sempre, gioca sul terreno comune delle contaminazioni musicali e intercetta il pubblico più trasversale vincendo facile grazie a panorami mozzafiato come il Lago Superiore di Fusine, Tarvisio, o l’Altopiano del Montasio. Occhio, però, perché il panorama da solo serve a poco, se non gli si affianca un programma di pari livello, per forza di cose altissimo. In ventisette edizioni la storica rassegna non ha mancato il colpo mai, basti dare un’occhiata all’edizione 2020, andata regolarmente in scena nonostante la piena emergenza sanitaria portando sul palco autori del calibro di Elisa, Manu Chao e Remo Anzovino, protagonisti di concerti memorabili. Il programma di quest’anno, tra il 22 luglio e il 7 agosto, è tanto ricco da poter comodamente sostenere il peso di due edizioni: abbiamo il pop (Paradiso, Blunt, Benjamin Clementine), il jazz di livello top (Fresu, Gurtu), il cantautorato italiano (Mannarino, Brunori, Silvestri) la gioventù di bellissime speranze (Casadilego) e il folk blues raffinato (Asaf Avidan). Cantautore e musicista israeliano, diventato una star mondiale nel 2012 con il brano One Day/Reckoning Song, il 7 agosto Avidan arriva per la prima volta in quota con la sua voce vibrante ed aspra a presentare l’ultimo lavoro, Anagnorisis, uscito nel settembre 2020 e suo quarto album, nato tra gli ulivi della campagna italiana e lo studio di registrazione di Tel Aviv. Spiega lo stesso Avidan: «Mi sono preso del tempo lontano dal palco dopo 10 anni di tour ininterrotti, a scavare alla ricerca di nuovi modi per capire e catturare chi sono. Più scavavo in profondità, dentro di me, più la situazione era intangibile. Ogni volta che credevo di aver afferrato quel qualcosa e ne scrivevo, questo cambiava già e si trasformava in qualcos’altro. Come artista è stato devastante non essere in grado di catturare alcunché di preciso. Come essere umano è stato impegnativo, ma inebriante». Considerato uno dei migliori songwriters italiani contemporanei, erede della grande tradizione della canzone d’autore, il romano Alessandro Mannarino attraverso la cifra originale del proprio lavoro, una rigorosa ricerca musicale e un sound che attinge a ritmi d’Oltreoceano, si è dimostrato un modello non omologato per le nuove generazioni. Il suo concerto del 30 luglio è un viaggio musicale che parte dai suoi classici, come Me so ‘mbriacato, Apriti cielo e Marylou, per arrivare a V, album di inediti registrati tra Rio De Janeiro, Città del Messico, New York, Los Angeles e ovviamente Roma. Fresu e Gurtu soddisferanno i palati jazz più sofisticati, Brunori è una sicurezza, Daniele Silvestri ha sempre qualcosa di interessante da dire e sa come dirlo, sa come parlare alla gente di confine, tra cui il No Borders continua imperterrito a stare. Per fortuna. Davide Carbone No Borders Music Festival 23, 24, 29, 30, 31 luglio; 4, 6, 7 agosto Sella Nevea, Tarvisio www.nobordersmusicfestival.com
Già da giugno, con l’unica data italiana di Eugenio Finardi, il Castello Festival ha dato un assaggio corposo del proprio menù sonico, del tenore della sua offerta musicale. Un programma che affianca concerti (Branduardi, Ron Carter, Rita Marcotulli e Jacques Morelenbaum) a recital teatrali, con una chicca tra le più attese dell’estate musicale italiana: il 21 luglio in Piazza Eremitani arriva Al Di Meola, uno dei migliori chitarristi del nostro tempo, pioniere della fusione tra world music, rock e jazz. Virtuoso di altissimo livello, Di Meola raccoglie l’invito di Veneto Jazz portando in dote una discografia di oltre 20 album come leader e numerose collaborazioni con musicisti del calibro di Frank Zappa, Jimmy Page, Stevie Wonder, Paul Simon, Phil Collins, Santana, Herbie Hancock, con il supergruppo fusion Return To Forever assieme a Chick Corea, Stanley Clarke e Lenny White, per non parlare del celebre trio di chitarra acustica con John McLaughlin e Paco de Lucia e dell’altro straordinario trio, Rite of Strings, con al suo fianco il bassista Clarke e il violinista Jean-Luc Ponty. La sua costante attrazione per i ritmi sincopati, combinati con melodie appassionate e armonie sofisticate, ha fruttato qualcosa come oltre 6 milioni di vendite discografiche in tutto il mondo, oltre a vari premi tra cui Grammy, nomination e Awards vari. Nel nuovo tour europeo condivide la scena con Sergio Martinez alle percussioni e Peo Alfonsi alla chitarra. Nel programma luoghi mai esplorati dall’artista, con arrangiamenti di brani di Piazzolla, Lennon e McCartney e un tributo speciale a Chick Corea. Castello Festival 7, 13, 17, 21 luglio; 26, 27 agosto Piazza Eremitani, Palazzo Zuckermann-Padova www.castellofestival.it
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ONIRICA
GARY GISSLER
KAETHE KAUFFMAN
YO G A : I N T E R I O R E E T E R N O
CASTELLO 925 Fondamenta San Giuseppe Sestiere Castello, 925 30122 Venezia +39 348 410 8263
July 15 - August 28, 2022 Fondamenta San Giuseppe + 39 342 947 5913
CASTELLO 925 Sestiere Castello, 780 30122 Venezia
July 15 - November 13, 2022
MELINDA
STICKNEYGIBSON
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musica FESTIVALS
Il nostro presente Yorke e Greenwood, ancora voi
Oramai il brand Radiohead è diventato un campo magnetico di forze variabili in continua mutazione, agitate dai singoli componenti, da soli o in compagnia, in cui si privilegia piuttosto che la continuità durevole nel tempo, il processo di transizione curioso ed onnivoro come manifestazione di salute creativa. E mentre Thom Yorke, in questi ultimi anni, si è mosso irrequieto e letale tra dischi a suo nome, colonne sonore (bellissima quella di Suspiria), supergruppi col bassista dei Red Hot Chili Peppers Flea e collaborazioni varie con i leoni dell’elettronica UK, Jonny Greenwood ha applicato il proprio talento alle colonne sonore dei film di Paul Thomas Anderson e Jane Campion, ricevendo due nomination agli Oscar. Ne deriva che, a distanza di sei anni da A Moon Shaped Pool, l’ultimo lavoro siglato Radiohead, porsi ansiose domande sul fatto che la band esista ancora o no, come fanno i critici musicali di professione, appare esercizio non solo inutile, ma anche sciocco davanti alla luminosa bellezza dei lavori del periodo post-Radiohead. L’ultimo degli avatar risponde al nome di The Smile, e vede la ricomposizione del binomio Yorke-Greenwood insieme a Tom Skinner, il batterista dei Sons of Kemet (uno dei gruppi leader del nuovo jazz inglese la cui guida musicale, Shabaka Hutchings, è un altro caso di scuola di quel metamorfismo creativo che si deve esprimere attraverso continui cambiamenti identitari). La collaborazione tra i due è iniziata in periodo Covid, e quindi ha dovuto privilegiare le condizioni di base della distanza e della velocità produttiva, ma è evidente quanto alla base di questa collaborazione ci fosse il desiderio di
uscire dall’isolamento e di tornare a suonare insieme. Ed infatti già a maggio 2021 The Smile si sono esibiti in un evento livestream a Glastonbury e in questi mesi il gruppo sta affrontando un tour estivo in Europa cui seguirà in autunno il tour in Nord America. E a maggio è uscito il loro disco, A Light for Attracting Attention, per la produzione di Nigel Godrich: ebbene, nonostante la presenza di Skinner, che avrebbe potuto fare deviare l’ispirazione dei nostri verso le fascinose contaminazioni del jazz inglese contemporaneo, pare proprio di ascoltare un disco dei Radiohead. Anche se non è un disco dei Radiohead. Sembra che i due si siano messi sopra una collina ad osservare dall’alto i trent’anni di storia della band per riannodare in un’unica trama sonora tutti i differenti aspetti che compongono il DNA Radiohead, dall’urlo post punk alla ballad romantica, dai canti disperati sull’alienazione umana di Ok Computer alle fratturate palpitazioni elettroniche dei tempi di Kid A. Yorke e Greenwood sono volati come droni sapienti sulla loro storia e hanno saputo trasformarla in un’opera che sta sul confine tra artigianato ed alchimia, tra diario e memoires, tra radici e cambiamento. Forse solo loro potevano riuscire in un’impresa così ardua come interpretare il presente stando così equidistanti tra celebrazione del passato e fughe nel futuro. Il 15 luglio Ferrara Sotto le Stelle piazza l’ennesimo colpo di una programmazione sempre ad altissimo tasso qualitativo. F.D.S. The Smile 15 luglio Piazza Castello-Ferrara www.ferrarasottolestelle.it
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HEUREKA!
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musica FESTIVALS
La grande rincorsa
Ad occhi pieni
Nella ricerca delle date musicali dell’estate, capita di imbattersi in autentiche pepite d’oro: grandi nomi della musica italiana e mondiale che per ovvi motivi ormai da un paio d’anni non bazzicavano alle nostre latitudini ricompaiono, a testimonianza di una ‘normalità’ che mettere tra virgolette è d’obbligo, oggi più che mai. Aguzzando l’occhio, pazientemente apostati, ecco spuntare all’improvviso un bagliore tra le rocce. Quando però i bagliori si susseguono veloci, lungo una direzione ben precisa, ecco che ti rendi conto di aver trovato un filone, roba da rievocare la gold rush che, febbrile, a metà Ottocento sconquassava la Sierra Nevada, la California e il mondo intero, simbolo tangibile della speranza di cambiare per sempre la propria vita. La corsa stavolta interessa luoghi a noi più familiari, Piazza Bra a Verona per la precisione. Non potete davvero sbagliare, l’Arena di Verona è sempre lì, immanente, e le pepite di cui sopra altro non sono che ‘concertoni’ in rapida successione che a luglio non daranno tregua alcuna. L’inizio è da brividi: il 4 luglio Nick Cave and The Bad Seeds tornano in Italia dopo 4 anni, con Lucca che dal 2018 si ricorda ancora un concerto passato alla storia, un vero e proprio rito collettivo con Nick nella veste di officiante unico e solo di una cerimonia di rara, pura intensità. A seguire la sera dopo, il 5, unica data italiana per i Gorillaz, con la band virtuale guidata da Damon Albarn e soci a presentare non solo i pezzi del loro ultimo album Song Machine, ma anche tutte le hits del loro ormai ricco repertorio alternative hip hop. Dall’11 al 25, se le prime due gemme non fossero bastate a soddisfare completamente anime e occhi, ecco in rapida successione Kiss, Venditti&De Gregori, Simple Minds, Toto. Bella sensazione quella di dover rileggere il calendario per essere sicuri che il tutto attenga per davvero a un’unica rassegna… Davide Carbone Arena Live 4, 5, 11, 12, 18, 25, 26, 27 luglio; 8 agosto Arena di Verona www.arenalive.it
Non c’è molto da dire. In alcune occasioni ci si dovrebbe semplicemente sedere, e ascoltare. Punto. “L’eterno rifugio della grazia“, un “libro di pietre vive“: così Gabriele d’Annunzio definiva il Vittoriale degli Italiani, un complesso di edifici, vie, piazze, un teatro all’aperto, giardini e corsi d’acqua che il poeta fece costruire tra il 1921 e il ‘38 a Gardone Riviera, sulla sponda bresciana del lago di Garda, a memoria della sua “vita inimitabile“. “Una conca marmorea sotto le stelle“: così invece immaginava il teatro ideale per rappresentare i propri spettacoli, naturalmente immerso nella splendida cornice proprio del Vittoriale, sull’esempio di quello di Wagner a Bayreuth. Fu il Vate stesso a scegliere il luogo preciso in cui erigerlo, un punto panoramico del parco da cui si ammirano l’Isola del Garda, il Monte Baldo, la penisola di Sirmione e, soprattutto, la suggestiva Rocca di Manerba, in cui a Goethe sembrava di riconoscere il profilo di Dante. Ecco, immaginate ora un siffatto luogo insonorizzato da musica del più alto livello concepibile, con un album di ricordi che in dieci anni ha immortalato mostri sacri del calibro di Lou Reed e Keith Jarrett, David Byrne e Pat Metheny, Billy Corgan e Paul Weller. Il Festival del Vittoriale si colloca di diritto nella top five delle grandi manifestazioni musicali dell’estate e quest’anno ha messo subito in chiaro le cose con una preview che il 26 giugno ha piazzato nientemeno che Beck al centro della scena. In 20 giorni, a coprire tutto il mese di luglio, un calendario ricchissimo che prevederà tra gli altri la fusion di Steve Vai (5), il talentuoso soulman britannico Michael Kiwanuka (14) e l’attesissimo ritorno in scena dopo 7 anni di Paolo Nutini, che con il suo These Streets nel 2006, ad appena 19 anni, regalò al mondo soft rock un esordio folgorante. Diana Krall, Manuel Agnelli e Jeff Beck (impegnato in un concerto che vedrà Johnny Depp come seconda chitarra) in tre giorni consecutivi tirano la volata a Beth Hart, il fenomenale Fantastic Negrito ed H.E.R., per un’edizione che, manco a dirlo, lascerà ancora una volta un segno vibrante nell’estate live italiana. Festival del Vittoriale 5-25 luglio Anfiteatro del Vittoriale-Gardone Riviera www.anfiteatrodelvittoriale.it
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musica FESTIVALS
TEORIA DI RE E DI GIOVANI ALFIERI
© Jacob-Boll
52 elementi, oltre ai 5 componenti della band, nuovi costumi e nuovi arrangiamenti per un concerto-show con protagonista Achille Lauro, che di certo non fa della sobrietà il proprio tratto distintivo. In Piazza degli Scacchi fanno tremendamente sul serio: il concerto dell’istrionico cantante del 9 luglio promette scintille e siamo certi che non deluderà le alte aspettative di migliaia di fans frementi, con in scaletta prevalentemente brani dell’ultimo lavoro Lauro-Achille Idol Superstar, 20 tracce tutte arrangiate dallo ‘scenografico’ cantante romano. Blues rock di alto livello il 14 con Ben Harper, in un concerto due volte rimandato e per questo motivo, se possibile, ancora più atteso dai fan dell’artista californiano, che arriva a Marostica in compagnia dei suoi fedeli Innocent Criminals, purtroppo privi della storica presenza del bassista Juan Nelson, collaboratore di Harper fin dal 1994 e scomparso nel giugno 2021. Dal 14 al 21 luglio una settimana all’insegna della musica italiana top, un viaggio davvero intergenerazionale tra autori che hanno fatto la storia della canzone d’autore e giovani ormai protagonisti centrali della scena musicale nazionale: LP, Ghali, il ritorno a sorpresa sulle scene di Riccardo Cocciante, ma soprattutto il 14 la premiata ditta capitolina Venditti&De Gregori, amici di lunga data che iniziarono a collaborare appena ventenni durante un viaggio in Ungheria scrivendo le loro prime canzoni insieme, per arrivare al comune esordio discografico con Theorius Campus. Marostica Summer Festival 9, 13, 14, 18, 19, 20, 21 luglio Piazza degli Scacchi-Marostica www.marosticasummerfestival.it
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DICHIARAZIONI D’INDIPENDENZA Non si arriva per caso a mettere assieme la bellezza di 32 edizioni di un festival, anche se questi due anni drammatici appena lasciati alle spalle hanno messo in crisi miliardi di certezze. Se poi parliamo di una manifestazione ad ingresso libero, la cosa assume quasi i contorni dell’autentico ‘miracolo’, logistico ma non solo, economico ma non solo. Bene, quindi, la resistenza è andata in porto: dal 16 al 29 luglio Suoni di Marca lo trovate sempre lì, nella sede storica delle Mura di Treviso, e sempre con un programma di prim’ordine, per il quale viene richiesto un “contributo responsabile” di appena 1 euro a supporto simbolico di uno dei festival italiani più lunghi e longevi. I Sud Sound System il 17 luglio portano in dote trent’anni di carriera e il loro mix inimitabile di raggamuffin’ e folk salentino. Il 19 e il 20 si apre una parentesi indie rock di livello assoluto, con Carmen Consoli prima e Motta poi protagonisti top del cartellone.
La cantantessa catanese porta in scena il suo ultimo album, Volevo fare la rockstar, in una veste riarrangiata che mette insieme strumenti acustici ed elettrici, allargando il proprio spettro sonico; Alessandro Motta ha vissuto diverse vite all’interno del panorama musicale, con un esordio come La fine dei vent’anni capace di vincere la Targa Tenco come miglior opera prima per la potenza irruente di musiche e testi, curate da cantautore e polistrumentista di razza. Porta in scena Semplice, pubblicato nell’aprile 2021, suo terzo album. D.C. Suoni di Marca 16-29 luglio Mura di Treviso www.suonidimarca.it
CURA DEL DETTAGLIO La data di apertura del Grado Festival, l’8 luglio, è affidata a Frida Bollani Magoni: la non ancora maggiorenne figlia di Stefano Bollani e Petra Magoni ha ereditato dal padre la dinsinvoltura alle tastiere e dalla madre la potente carica emotiva della voce, la capacità di interpretare ogni pezzo come se fosse il più intimo mai scritto. Caruso, La cura e Hallelujah di Leonard Cohen sono alcune delle canzoni riarrangiate dalla giovanissima pianista nata in Versilia nel settembre 2004 e fin dalla tenerissima età immersa in un habitat di suoni e voci tra le più eterogenee, di cui diventa da subito ascoltatrice vorace. Francesca Calearo è Madame: più che uno pseudonimo, un autentico alter ego per la cantautrice vicentina, che con i singoli Sciccherie, Marea e L’eccezione si è messa in mostra con un ibrido di urban rap dalle forti influenze melodiche, a tratti quasi riconducibili al miglior rhythm and blues. Nel corso della sua lunga, meravigliosa carriera le collaborazioni costruite da
Franco Battiato sono state tantissime, tutte ragionate e pertinenti. Il rapporto con Alice, in scena qui a Grado il 27 luglio, è stato però unico e particolare, vera simbiosi musicale, con pezzi come Prospettiva Nevski e Per Elisa che solo loro due avrebbero il diritto di cantare. Subsonica e Max Gazzè chiudono la rassegna rispettivamente l’1 e il 6 agosto, a conferma di un programma disegnato per un pubblico eterogeneo e curioso. Grado Festival 8, 14, 17, 20, 27 luglio; 1, 6 agosto Diga Nazario Sauro-Grado www.azalea.it
FORTEZZA SONICA
CAPITOLI SUCCESSIVI «We are young, we run green, keep our teeth nice and clean. See our friends, see the sights, feel alright. We wake up, we go out, smoke a fag, put it out. See our friends, see the sights, feel alright!». Magari queste parole non vi diranno niente, vergognatevi un po’ ma pazienza, di tempo ne è passato: era il 1995 quando I Should Coco usciva, primo album dei Supergrass, che includeva la traccia di cui sopra, Alright, facendo da subito vedere di che pasta erano fatti i nostri. Se ne accorse subito la storica etichetta Parlophone, label che nella propria storia ha prodotto Beatles e Queen, David Bowie e Radiohead, Blur e Coldplay, insomma, pesci davvero belli grossi. Come ogni band che si rispetti anche i Supergrass sono stati alle prese con uno scioglimento, precisamente nel 2010, a cui è seguita per fortuna una reunion, datata 2020, grazie alla quale potremo goderceli ancora una volta dal vivo a Bologna, il 16 luglio, per il festival BOtanique. La band dei fratelli Gaz e Rob Coombes non ha fatto sapere se a questa reunion seguirà un progetto discografico, accontentandosi per ora di tornare a suonare per il puro piacere di suonare, portando sul palco la loro proverbiale sfrontatezza da irriducibili ventenni solo un poco cresciuti… Manuel Agnelli l’altro nome di punta del cartellone curato dallo storico Estragon Club, a precedere gli inglesi di due giorni come elettrico antipasto indie rock. Davide Carbone BOtanique 1, 5, 6, 14, 15, 16 luglio Giardini di Via Filippo Re-Bologna www.botanique.it
Assistere ad un concerto degli Slipknot è un’esperienza da raccontare. Una premessa per chi dal 1995 fosse stato sulla Luna e quindi non conoscesse la band nu-metal statunitense: parliamo di una formazione di nove elementi solita presentarsi sul palco con maschere provenienti direttamente dai vostri incubi e tute rosse, numerate da 0 a 8. Tanto fumo e tantissimo arrosto, sia chiaro: all’aspetto ‘teatrale’ dell’esibizione si accompagna un tasso tecnico molto alto, riff indemoniati e batteria martellante. Al Castello Scaligero il 29 luglio la band presenta We Are Not Your Kind, registrato dopo 5 anni di silenzio in studio. Il Villafranca Festival parte però un paio di settimane prima, precisamente il 14 luglio con i PFM. Dopo l’uscita in tutto il mondo dell’album di inediti Ho sognato pecore elettriche, lo storico gruppo torna a suonare dal vivo abbracciando la poesia di Fabrizio De André, con una disposizione
mentale e con sonorità ancorate nel presente con vista sul domani. Il 15 e il 16 sarà invece la volta di Ermal Meta ed Edoardo Bennato, una due giorni dedicata ai cantastorie del nostro Paese, in una staffetta generazionale che coinvolgerà pubblici di tutte le età. A completare il programma il redivivo Umberto Tozzi e i Litfiba con il loro tour d’addio, a sentire loro… I padri della new wave e del post punk italiano ripercorreranno i loro classici in linea con ciò che oramai è un canone delle band storiche, persino di quelle che nei tardi seventies prendevano a pallate i giurassici gruppi prog di poco più stagionati di loro. Così vanno le cose, così va il tempo. Villafranca Festival 14, 15, 16, 19, 26, 29 luglio Castello Scaligero-Villafranca www.eventiverona.it
TENDE IN LEVARE Esiste un luogo nelle cartografie degli appassionati reggae cerchiato in rosso da sempre: si trova nell’alto bacino del fiume Isonzo, Slovenia occidentale, in un comune di 12.000 abitanti chiamato Tolmino. Gruppi storici di questo universo musicale e facce nuove che si affacciano sulla scena condividono il palco dell’Overjam Festival dal 15 al 20 agosto, raduno musicale in cui piantare le tende nel senso letterale della parola, vista la collocazione in campeggio, per godersi al meglio una 5 giorni di puro godimento acustico. In scena quest’anno veri mostri sacri del genere in levare quali The Abyssinians, in attività dal 1969, e Max Romeo, non famoso magari come Marley ma altrettanto cruciale nello sviluppo della scena musicale giamaicana fin dai primi albori dell’early reggae. I Morgan Heritage, autentica big family reggae composta da 8 dei 29 figli (!) dell’artista Denroy Morgan, saranno sul palco il 18: attivi dal 1992 e vincitori di diversi Grammy, lungo un percorso di
18 album hanno sempre sostenuto l’ideale di un reggae aperto, incentrato sui concetti di pace, amore e senso di appartenenza alla famiglia. Queen Omega, Jesse Royal e i nostri Alborosie e Mellow Mood alcuni tra gli altri protagonisti di questa grande festa a cielo aperto pronta a riempire di vibes uno scenario naturale in cui naufragare dolci… Overjam Festival 15, 16, 17, 18, 19, 20 agosto Tolmino-Slovenia www.overjamfestival.com
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O FORTUNA…
classical
Orff crea deliberatamente una musica semplice, per coro ed orchestra, articolata intorno a dei ritmi vigorosi, dalle sonorità ricche, legati dal leitmotiv del tempo che passa inesorabilmente
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di Fabio Marzari
S
e Carl Orff non avesse trovato in un banco
di libri usati la trascrizione di codici in latino e in antico tedesco, risalenti al 1225, provenienti dall’abbazia di Benediktbeuern (Bura Sancti Benedicti) e conservati nella Biblioteca Statale di Monaco, forse non avremmo mai potuto ascoltare i celeberrimi Carmina Burana, canti religiosi e profani che toccano numerosi temi, dall’amore erotico alla filosofia fino al buon cibo, legati dal leitmotiv del tempo che passa inesorabilmente. Orff crea deliberatamente una musica semplice, per coro ed orchestra, articolata intorno a dei ritmi vigorosi, dalle sonorità ricche. Ma chi era questo musicista tedesco di Monaco di Baviera, nato nel 1895 e morto nel 1982? Di famiglia alto borghese, iniziò a studiare sia il pianoforte che l’organo e il violoncello, frequentando l’Accademia musicale di Monaco fino al 1914 e perfezionandosi con H. Kaminski, musicista inviso al regime nazista e celebre per le sue molte pagine corali, vocali-strumentali e strumentali, notevoli per la profondità e la densità polifonica del discorso musicale. Orff lavorò per l’Opera di Mannheim e di Darmstadt, rientrando in seguito a Monaco, dove insegnò per tutta la vita nella Günther-Schule e nella Hochschule für Musik. Quando presentò i Carmina Burana nel 1937 a Francoforte non ricevette un plauso ufficiale da parte del regime nazista, che mantenne un giudizio piuttosto tiepido sul lavoro, a dispetto del notevole gradimento di pubblico. Va detto che la questione è controversa, essendo stata la famiglia di Orff tutt’altro che fredda verso il regime
hitleriano. Non depone a favore il fatto che la prima esecuzione in Italia dei Carmina Burana avvenne nel 1942 alla Scala, in piena guerra, segno che la terribile alleanza aveva prodotto i suoi frutti. I Carmina Burana, di cui gli eredi percepiscono ancora lauti diritti d’autore, si sono guadagnati il titolo di pezzi più usati nelle colonne sonore. Presenti in oltre 50 tra film, serie tv e pubblicità, sono apparsi a cominciare dai primi anni ’70 come sigla dello spot di un dopobarba; nel 1981 vengono usati per accompagnare la cavalcata di Re Artù in Excalibur, mentre nel film sui Doors sottolineano la tossicodipendenza di Jim Morrison, passando per L’Ultimo dei Mohicani e più recentemente in South Park e nei Simpson. In particolare celeberrimo è O Fortuna, pezzo diventato famoso per il suo utilizzo pop e proprio per questo finito direttamente nell’immaginario collettivo a rappresentare, riassumere e definire, l’intero ciclo. Michael Jackson nel suo tour Dangerous del 1992 usava il brano per caricare letteralmente il pubblico in delirio. Dal racconto del concerto di Michael Jackson a Roma, il 4 luglio 1992, tratto dal libro di Massimo Cotto Rock Live: «[...] I jumbotrons, ovvero i megaschermi laterali che consentono di irradiare immagini nitide anche di giorno, proiettano sulle note dei Carmina Burana il passato di Michael alla Motown e il controverso video di Black or White. Applausi e osanna...». Carmina Burana 9 luglio Piazza San Marco www.teatrolafenice.it
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f Carl Orff never came across a used books stand, and never picked up
the transcription of ancient codices in Latin and Old German, dating back to 1225 and coming from the Benediktbeuern Abbey, we might had never heard the famous Carmina Burana, a collection of religious and profane songs on several themes, from heretic love to philosophy to food – all in relation to the incessant passage of time. Orff created deliberately simple music, for choir and orchestra, articulated around vigorous rhythm and rich sound. Who was Carl Orff? Born in Munich in 1895 from an upper-class family, he received his musical education at the Munich Music Academy to later find work at the operas in Darmstadt and Mannheim. He later moved back to Munich, where he taught at Günther-Schule and at the Hochschule für Musik. When he presented the Carmina Burana in Frankfurt in 1937, he received no official acknowledgement from the Nazi regime, which didn’t care much for the work, unlike the general public. The question is controversial, though, as the Orff family was not at all distant to the regime and it is significant that the Italian premiere of the Carmina took place at the Scala Theatre, in Milan, in 1942, as the war raged. The Carmina Burana earned a top place as the most used piece of music for film scores and the like. Used in over fifty films, series, and pieces of advertisement, their second fortune began in the 1970s as they were picked for an aftershave ad. They accompanied King Arthur in Excalibur in 1981 and Jim Morrison’s addiction in The Doors in 1991. They were in The Last of the Mohicans, in South Park, in The Simpsons. The most famous peace is certainly O Fortuna, which rose to pop fame and epitomized the whole cycle. In his Dangerous tour of 1992, Michael Jackson used it to wind up his frenzied audience: “the jumbotrons showed Michael’s years at Motown and his controversial Black or White video as the notes of the Carmina Burana accompanied the cheer and jubilation…”
Fabio Luisi, genovese, classe 1959, è stato Direttore Principale dei Wiener Symphoniker – ha ricevuto dall’Orchestra la medaglia e l’anello d’oro intitolati a Bruckner –, Direttore Musicale Generale della Staatskapelle e della Sächsische Staatsoper di Dresda, Direttore Principale della Metropolitan Opera House di New York, incarico che prima di lui soltanto Arturo Toscanini aveva ricoperto in rappresentanza del nostro Paese. Negli ultimi anni è stato protagonista di diversi concerti di successo con l’Orchestra RAI: dal suo debutto 2017, con replica a Piacenza, l’ha diretta in altri cinque concerti, compreso quello del Natale 2018 nell’Aula del Senato della Repubblica.
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classical FESTIVAL
Ossigeno puro Arena, 99 volte Festival Lirico Pure as air
© Alessandro Carrarini
È partita il 17 giugno e si protrae fino al 4 settembre la Stagione numero 99 dell’Arena di Verona, con un calendario al solito assai ricco di appuntamenti. Il Festival Lirico nacque nel 1913 per un’intuizione (o forse un azzardo) del tenore veronese Giovanni Zenatello e dell’impresario teatrale Ottone Rovato, che si assunsero il rischio finanziario di promuovere in Arena una grandiosa manifestazione lirica per celebrare il centenario della nascita di Giuseppe Verdi. Leggenda vuole che Zenatello si fosse trovato in visita all’Arena con un gruppo di amici che per gioco gli chiesero di improvvisare un’aria d’opera. Tutti rimasero sbalorditi dall’acustica e dall’impianto scenografico del monumento costruito quasi 2000 anni prima. Il 10 agosto 1913 con l’Aida diretta da Tullio Serafin e con scene di Ettore Fagiuoli ebbe il via la storia dell’Arena come anfiteatro lirico più importante al mondo. Ripartita con la totalità dei posti occupabili, dopo due Stagioni segnate dalla pandemia, tutte le opere in cartellone tranne una hanno la regia di Franco Zeffirelli, che con l’Arena instaurò un sodalizio che lo portò a memorabili e trionfali messe in scena, riprese ancora una volta in questa stagione 2022 da una Direzione Artistica che ha mantenuto la volontà della radice popolare e iperbolica nell’allestimento degli spettacoli, pur mediati dalla raffinata e colta visione di Zeffirelli. Carmen, Aida, Traviata e Turandot sono un omaggio al regista scomparso nel 2019, mentre Nabucco è l’unico titolo a regia di Arnaud Bernard, che ne ha fatto una spettacolare produzione cinematografica e risorgimentale collocando la vicenda negli anni in cui fu composta l’opera. L’appuntamento con la grande danza è il 20 luglio con Roberto Bolle and Friends, una serata dedicata ai Carmina Burana il 12 agosto, con
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tutta la potenza musicale di un’orchestra in formazione completa, due cori di voci bianche e i solisti Lisette Oropesa, Filippo Mineccia e Mario Cassi. Il 25 agosto protagonista è Plácido Domingo in Verdi Opera Night, tre atti di opere verdiane in forma scenica completa insieme a Maria José Siri, Fabio Sartori, Clémentine Margaine e, al suo debutto areniano, il basso Ildar Abdrazakov. I cast vocali annoverano, tra le molte altre, le voci e le qualità interpretative di Anna Netrebko, Lisette Oropesa e Angel Blue, nonché Luca Salsi, Ludovic Tézier, Francesco Meli, Freddie de Tommaso, Michele Pertusi, in un ben calibrato equilibrio tra solide certezze, nomi di grande spicco internazionale non molto presenti sulle scene italiane, e giovani di sicuro interesse. Interpretare l’opera in Arena rappresenta un passaggio fondamentale nella carriera di un cantante. La Sovrintendente e Direttore Artistico di Arena, Cecilia Gasdia così ha riassunto il proprio impegno, unito a quello della moltissime e qualificate maestranze che rendono un’esperienza unica e memorabile le serate in Arena: «[...] Ho fatto quello era mio dovere istituzionale con entusiasmo, cercando di infonderlo a tutti nei momenti più difficili: li abbiamo affrontati con grande senso di responsabilità e, soprattutto, insieme, uniti dall’amore per l’Arena e per tutto ciò che essa rappresenta. Credo che dobbiamo tornare a vedere con entusiasmo, speranza, trepidazione, la luna che sorge sulle nostre guglie da fiaba, su tende gitane, piramidi dorate, mentre l’aria si riempie del canto e della musica universale dei nostri maestri fino all’ultimo degli spalti. Abbiamo voglia, anzi la necessità, di vivere appieno tutto questo, di tornare a respirare…e l’Arena è puro ossigeno». Marzio Fabi
ENG
The ninety-ninth opera season at the Verona Arena will last June 17 to September 4. The Festival was initiated in 1913 thanks to the vision of Veronese tenor Giovanni Zenatello and impresario Ottone Rovato, who betted their own money to celebrate Giuseppe Verdi’s 100th birthday. On August 10, 1913, a performance of the Aida was the beginning of the Arena’s new life as a majestic, open-air opera house. Now at full occupancy after COVID, nearly all operas in programme will follow the vision of Franco Zeffirelli, who authored triumphant stagings for this majestic theatre. Carmen, Aida, Traviata, and Turandot will be an homage to Zeffirelli, who died in 2019, while the Nabucco will be presented in its Arnaud Bernard direction, who collocated the story in its rightful historical timeframe. Ballet is also on the programme, with Roberto Bolle and Friends due July 20, which will soon give way to symphony: the Carmina Burana on August 12 will see the unleashed power of a full orchestra, two boys’ choirs, and soloists Lisette Oropesa, Filippo Mineccia, and Mario Cassi. Placido Domingo will perform on August 25 for the Verdi Opera Night, together with Maria José Siri, Fabio Sartori, Clémentine Margaine, and Ildar Abdrazakov, at his Arena debut. A comment from the Arena’s superintendent Cecilia Gasdia: “We faced the most difficult moments with responsibility and, above all, love for the Arena and all it stands for. We must see things with enthusiasm, hope, and anticipation.” Arena Opera Festival Programmazione di luglio-agosto Arena di Verona www.arena.it
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classical FESTIVAL
QUESTIONE DI ETICHETTA
La musica che gira intorno Operaestate nei luoghi della storia
Dall’8 luglio al 25 settembre ritorna Operaestate, il festival multidisciplinare a Bassano del Grappa e altri comuni della Pedemontana veneta. Sono oltre 130 gli appuntamenti tra musica, teatro e danza presentati quest’anno, con fil rouge degli eventi il tema delle “relazioni” umane. All’interno del festival il percorso musicale Terre Graffiate giunge alla quinta edizione, rassegna nata per unire musica e storia: così i luoghi del Monte Grappa, teatro di combattimento e sofferenze durante la Prima Guerra mondiale, diventano palcoscenici di concerti che attraversano generi ed epoche. Dopo un’anteprina slegata dalla rassegna e affidata all’OPV per la musicalizzazione di uno spettacolo pirotecnico, spazio il 15 luglio ad un recital nella cornice di Villa Negri a Romano d’Ezzelino. Un programma che racchiude le pagine più note del repertorio pianistico ottocentesco dall’ultimo Brahms a Chopin fino alla famosa Sonata n. 14 di Beethoven. Protagonista della serata il pianista Gabriele Vianello. La seconda serata si svolge sempre nel giardino di Villa Negri il 29 luglio e propone tre capisaldi del genere delle sonate per violino e pianoforte: Beethoven, Ravel ed Elgar nell’interpretazione del violinista Riccardo Patrone e del pianista Alessandro Zilioli. Ritornando al format originario di Terre Graffiate, ecco due passeggiate musicali che si snodano lungo i luoghi della Grande Guerra. Il 16 luglio l’escursione si tiene in Valle delle Bocchette, accompagnati dallo scrittore e guida Loris Giuriatti e dall’ensemble vocale HieroPhonia Vocalis diretto da Gaetan Nasato Tagnè in un excursus musicale per coro a cappella che dal Rinascimento arriva ai giorni nostri. La seconda camminata musicale, il 30 luglio, scopre il versante trevigiano del Grappa accompagnati da un insolito duo di giovani sassofonisti, Martino Luxich e Samuele Molinari. In programma brani composti anche per altri organici in un’originale esperienza d’ascolto da Bach alla musica Klezmer. Katia Amoroso Operaestate Dall’8 luglio-Bassano e Comuni della Pedemontana veneta www.operaestate.it
Ormai da diversi anni Palazzetto Bru Zane ha affiancato al proprio lavoro di ricerca un’intensa attività di pubblicazione e diffusione del repertorio romantico francese, focalizzandosi su artisti spesso nascosti tra le pieghe della storia ma non per questo meno meritevoli di attenzione. Jules Massenet, protagonista di numerosi concerti firmati Bru Zane, non è soltanto l’autore di Werther e di Manon: all’ombra delle sue opere liriche si celano numerose mélodies impreziosite da orchestrazioni delicate ed eleganti, oggi riportate in vita. Queste pagine inedite sono state affidate ad artisti di primo piano come Jodie Devos e Cyrille Dubois, alla duttilità vocale di Chantal Santon si affiancano l’intenso chiaroscuro delle voci di Nicole Car e di Étienne Dupuis e la sfaccettata pienezza di Véronique Gens, tra le maggiori specialiste nel repertorio della mélodie. Registrazione realizzata alla Salle des concerts de la Cité de la musique di Parigi, dal 17 al 20 novembre 2020, Mélodies con orchestra di Jules Massenet viene pubblicato da Bru Zane Label per rendere omaggio alla varietà di tale repertorio, con solisti scelti con estrema cura ad esibirsi in ventidue mélodies in prima registrazione mondiale. L’Orchestre de chambre de Paris trova qui un repertorio perfetto per il proprio organico, mentre la direzione precisa e vivace di Hervé Niquet sa cogliere e strutturare il caleidoscopio delle intenzioni musicali di Massenet. Mélodies con orchestra Jules Massenet www.bru-zane.com
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16. FESTIVAL INTERNAZIONALE DI DANZA
SCONFINATI ORIZZONTI L’arte è lo spazio che sta nel mezzo di tutte le possibili soglie Wayne McGregor di Chiara Sciascia
theatro
È
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una Biennale Danza senza confini,
letteralmente, Boundary-less, questo il titoloslogan scelto dal direttore Wayne McGregor per la 16. Edizione del Festival, la seconda del suo mandato, che dal 22 al 31 luglio vedrà in scena a Venezia oltre 150 artisti per 69 spettacoli in dieci giorni, tra cui 9 prime assolute, una prima europea e 5 prime italiane. Protagonisti leggendari della danza internazionale ma anche voci emergenti e innovative, capaci di superare i limiti, azzerare i confini tra le arti, individuare spazi e mezzi di espressione prima impensabili, artisti e opere difficilmente catalogabili, etichettabili o definibili, che trascendono generi e medium. «Siamo tutti continuità e scambio, mutamento e trasformazione, uno sconfinato contenitore di ricerca e potenzialità. Anche i nostri corpi sono più trasmutabili che mai: ci estendiamo nei mondi virtuali – scrive McGregor –, ci trasformiamo attraverso la meditazione o semplicemente ci teletrasportiamo per qualche tempo nel metaverso, questo mondo fantastico dove tutto è possibile – più o meno. Oggi i confini fisici si vanno erodendo alla stessa velocità con cui vengono ridisegnati i confini geografici, eppure lo spirito umano trascende sé stesso in continuazione, verso uno stato permanente di indeterminatezza, di impermeabilità, di libertà. Che cosa significa oggi per un artista o un’opera d’arte essere senza confini? Una dimensione che si esprime nelle persone con cui scegliamo di collaborare, nei mezzi di comunicazione che innoviamo, nei luoghi da cui lavoriamo o nel tentativo di erodere le categorie che ci definiscono o qualcos’altro ancora? Fare arte non è forse l’atto stesso di infrangere i confini e scavalcare le barriere? Non è forse un modo di re-immaginare e un nuovo modo di pensare? L’arte, quindi, è forse lo spazio che sta nel mezzo di tutte le possibili soglie». In questo spazio altro si muovono le opere del Festival:
muscoli tesi allo spasmo, nervi che guizzano sotto la pelle, pose plastiche, vibrazioni infinitesimali nei gesti, corpi che si librano nell’aria, passi a due, assoli, sfilate ironiche, emozione, movimento, percezioni surreali. Ospiti del calibro di Saburo Teshigawara, Leone d’Oro alla Carriera, Rocìo Molina, Leone d’Argento, Kyle Abraham, Trajal Harrell, Blanca Li, Tacita Dean, Tobias Glemmer, Gauthier Dance, Humanhood, Marrugeku – di cui vi raccontiamo nelle pagine a seguire – sono pronti a incantare il pubblico e a coinvolgerlo in prima persona, con incontri di approfondimento prima e dopo gli spettacoli, conferenze pubbliche, workshop, masterclass e rassegne cinematografiche. E se il programma live è la spina dorsale del Festival, il College di Biennale Danza ne è indispensabile e irrinunciabile, come da definizione del Direttore stesso, “linfa vitale”. Il College ha accolto quest’anno in residenza 18 giovani danzatori e coreografi provenienti da tutto il mondo, che hanno frequentato corsi, laboratori e sessioni di repertorio, oltre ad aver creato nuovi lavori. Tra i Maestri dei partecipanti lo stesso Wayne McGregor, con una residenza sull’intelligenza artificiale, e il Leone d’Oro Saburo Teshigawara, con una masterclass che sfocerà in una performance site-specific all’Arsenale. Anche i due partecipanti al College Coreografi 2022, Edit Domoszlai e Matteo Carvone, hanno collaborato con Wayne McGregor, esplorando lo spazio “liminale”, un portale, un luogo di transizione, da cui è scaturita la performance Liminal / The Garden. «La nostra Biennale Danza 2022 Boundary-less, senza confini – conclude McGregor–, vi invita a sperimentare artisti che sono autentici disgregatori di soglie. Operano negli spazi liminari tra tutte le possibili soglie o in collaborazioni inaspettate, spesso provocatorie e profonde. Vi diamo il benvenuto nei loro universi sorprendenti».
Still da Craneway Event /Courtesy the artist; Marian Goodman Gallery, New York/Paris and Frith Street Gallery, London - © Tacita Dean
N
o borders at all for the 2022 Venice Dance Biennale – Boundary-less,
this the slogan chosen by Biennale Director Wayne McGregor for the current edition. 150 artists, 69 shows, 9 world premieres. Legends of international dance as well as rising stars that will show how to tear down the segmentation of arts, find formerly unthinkable spaces and means of expression and forms of art that transcend genres and media. “We are all continuum and exchange, morph and transformation, a borderless vessel of exploration and potential. Our bodies too are more transmutable than ever before as we extend ourselves into virtual worlds, transform ourselves through meditation or simply teleport for a while into the metaverse, this fantastical world where everything is possible – kind of. Today, physical borders are eroding as quickly as geographical borders are redrawn, and still the human spirit transcends itself over and again – towards a permanent state of the unfixed, the impermeable, the free. What is it, then, for an artist/an artwork to be boundary-less today? Is it expressed in the people we choose to collaborate with, the media we innovate inside, the places we work from, or the attempt to erode the categories that define us or something other? Isn’t art making, the very act of breaking boundaries and subverting barriers? Isn’t it a way of re-imagination and a new way of thinking? Art, then, is perhaps the liminal space of the in-between.” While the live programme is the backbone of the Festival, the Biennale College residency programme is its necessary nourishment. The 2022 College class welcomed 18 young dancers and choreographers, who took classes and created their own original work. Running the classes are renowned teachers such as McGregor himself and Golden Lion-awarded Saburo Teshigawara, whose masterclass is the foundation work of the upcoming site-specific performance at the Arsenale. The two participants to the Choreography College, Edit Domoszlai and Matteo Carvone, also worked with McGregor in the exploration on liminal space – a portal, a place of transition, which inspired performance Liminal / The Garden. “Our Boundary-less Biennale Danza 2022 invites you to experience artists who are truly threshold disruptors. They operate in the liminal spaces of the in-betweens or in collaborations that are unexpected, often provocative, and profound. We welcome you into their startling worlds.” 16. Biennale Danza – Boundary-less 22-31 luglio Arsenale, Teatro Malibran, Ca’ Giustinian www.labiennale.org
© Andrea Avezzù
Wayne McGregor CBE (Commander of the Order of the British Empire) is a British choreographer and director. He is Artistic Director of Studio Wayne McGregor, a creative nexus that pushes the frontiers of physical intelligence through dance, design and technology. Wayne’s work is rooted in dance, yet encompasses a variety of genres including technology, visual art, film, opera and education, as well as Company Wayne McGregor, his own touring company of dancers. Wayne McGregor is Resident Choreographer at The Royal Ballet, the first and only choreographer from a contemporary dance background to be invited into the role. He has works in the repertories of companies around the world, including Ballet de l’Opéra national de Paris, Alvin Ailey American Dance Theater, New York City Ballet, Bolshoi Ballet, Royal Danish Ballet and San Francisco Ballet.
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theatro 16. BIENNALE DANZA LEONI
PETROUCHKA Il Leone d’Oro Saburo Teshigawara, scultore, danzatore, disegnatore e artista visionario, porta a Venezia una prima mondiale emozionante: la rivisitazione di Petrouchka, opera culto dei Balletti Russi di Sergej Diaghilev. Sulla partitura di Stravinsky, arricchita da un’originale composizione musicale di rumori e suoni registrati per le strade d’Italia, Teshigawara danza Petrouchka in duetto insieme a Rihoko Sato, sua partner artistica da decenni. Non ci saranno né il Moro, né il Ciarlatano, l’intero spettacolo ruota attorno all’amore impossibile per la ballerina. «Ho modificato la nota, classica vicenda di Petruška in modo da esprimere, attraverso la forma di una bambola, il tormento umano e lo sconforto che sono inseparabili dalla pelle e dalla carne – scrive Teshigawara in una nota – Questo fa assumere al tutto una tonalità più scura e ironica, tuttavia intendo anche concentrarmi su dove risiede la bellezza. Pensando a dove si trovi la bellezza desiderata, questo luogo non è visibile. Forse è una sensazione simile al dolore che sentiamo dietro agli occhi. Si può proiettarla sul lato opposto dell’ironia. Percepiamo la bellezza quando i fenomeni, la materia e gli esseri viventi vengono proiettati sui nostri “occhi della disperazione”, mostrandoci attraverso il loro movimento misterioso una bellezza che va oltre la nostra normale comprensione. Credo che lo “sconforto” sia ciò che ci dà forza. Si trova all’origine del nostro desiderio di gioia, emerge dalla delusione. L’ironia, una forma d’intelligenza, ricerca l’arte. Là esiste la possibilità che il corpo sia libero dal disagio. La musica ri-costruita renderà il vostro senso dell’equilibrio ancora più instabile, e vi aiuterà a vedere ciò che non avete visto prima». ENG “I have changed the classically renowned story of Petrushka to express human agony and despair – inseparable from skin and flesh – in form of doll. It is a darker and ironic turn, but I also wish to focus on where the beauty lies. As to where the desired beauty is, it is not visible. Maybe it is a sense similar to pain, something we feel not with our eyes, but behind them. Maybe it is projected on the opposite side of irony. We feel beauty when all phenomena, matter, and living things are projected onto our ‘eyes of despair’, showing us beauty beyond our usual understanding through their mysterious motions. I believe that ‘despair’ is what gives us strength. It lies at the source of our desired joy, rising from disappointment. Irony, a form of intelligence, craves art. There exists the body freed from discomfort. The re-structured music will make your sense of balance even more unstable, and help you see what you have not seen before” (S.T.). Petrouchka 22 luglio h. 20 Teatro Malibran
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© Akihito Abe
Artista totale Saburo Teshigawara, una carriera da Leone d’Oro «Coraggioso, straordinario, sensibile ed elettrizzante, Saburo Teshigawara ha ispirato, sfidato e galvanizzato molte generazioni di artisti. La precisissima sensibilità scultorea di Teshigawara, il suo potente senso della forma coreografica e il suo personalissimo linguaggio concorrono a creare un mondo esclusivamente suo. La sua pratica abbraccia una vasta gamma di discipline, dal teatro alle arti visive dal film/ video fino alla progettazione di scenografie, luci e costumi per tutti i suoi spettacoli. È la sua capacità di costruire interi ecosistemi artistici insieme al suo inesauribile coraggio a disimparare che ne fanno un unicum rispetto ad altri artisti. Teshigawara coglie il potere di un corpo in flusso costante ed è determinato a espandere il potenziale della coreografia oltre i limiti tradizionali. Il suo spirito pionieristico, la sua immensa tecnica e la sua padronanza di mezzi danno luogo a lavori che oltrepassano i confini scivolando attraverso i generi». ENG “Brave, singular, humane and thrilling, Saburo Teshigawara has inspired, challenged and agitated many generations of dance makers. Teshigawara’s keenly engineered sculptural sensibilities, powerful sense of choreographic form and his individualistic dance language blend to create a unique world that is his alone. His practice spans a broad and ever-increasing gamut of disciplines from live theatrical performance to visual arts, films/videos as well as designing scenography, lighting, and costumes for all his performances. It is his ability to construct whole artistic eco-systems that sets him apart from most of his peers as well as his insatiable courage to unlearn. Teshigawara, understands the power of the body in constant flux and is determined to expand the potential of choreography beyond its traditional limits. His pioneering spirit, his immense skill and his fluency of medium allows for work that crosses boundaries and slips between genres”. Wayne McGregor Cerimonia di consegna 23 luglio h. 12 Teatro Piccolo Arsenale
CARNACIÓN
© Simone Fratini
Passi ruggenti Rocìo Molina, il Leone d’Argento danza il flamenco «Le coreografie di Rocío Molina, avant-guarde, singolari e di una potenza innata, fondono il flamenco tradizionale con gli stili della danza moderna e impulsos – improvvisazioni che caratterizzano il suo alfabeto coreutico. Molina, infatti, ha coniato un suo personale linguaggio artistico basato sulla ricalibratura del flamenco tradizionale che ne rispetta l’essenza pur accogliendo ciò che è autenticamente nuovo. Radicalmente libera, nei suoi lavori Molina unisce virtuosismo tecnico, ricerca contemporanea e rischio intellettuale. Le sue coreografie sono eventi scenici che non temono l’incontro con altre discipline e altri artisti, basandosi su idee e forme culturali che vanno dal cinema alla letteratura, dalla filosofia alla pittura. Molina intreccia un dialogo tra il XXI secolo e il passato per inventare un nuovo futuro della forma – rivolgendosi direttamente al presente in termini autentici ed evocativi. Sembra divorare il libro delle ‘regole’ classiche per costruire i propri volumi, ispirandoci e sollecitando un nuovo sguardo, un nuovo sentire. Rocío Molina non può che essere boundery-less – nelle idee, nelle collaborazioni e ancor più nel suo danzare. Passando dal selvaggio al sensuale, al verticale, al parallelo, al violento, al tenero in una straordinaria esplosione di energia fisica e creativa, Rocío Molina è una forza con cui fare i conti, nell’arte e nella vita». ENG “Molina’s avant-garde, extravagant and powerfully raw choreographies fuse traditional flamenco with modern dance styles and impulsos – improvisations that characterise her unique dance language. Indeed, Molina has coined her own artistic language based on a recalibrated traditional flamenco style which respects its essence but embraces the genuinely new. Radically free, Molina combines in her works: technical virtuosity, contemporary research, and conceptual risk. Unafraid to forge alliances with other disciplines and artists, her choreographies are unique scenic events based on ideas and cultural forms ranging from cinema to literature, including philosophy and painting. …Molina weaves a 21st Century dialogue with the past to reinvent a fresh future for the form – speaking directly to the now in honest and evocative terms. She seems to tear though the classical ‘rule’ book to construct her own volumes, inspiring and moving us to look and feel anew. Rocío Molina can’t help but be boundary-less – in ideas, partnerships and impressively in her dancing itself. Morphing between the feral, the sensuous, the upright, the parallel, the violent, the tender – in an astonishing explosion of physical and creative energy. Rocío Molina is a force to be reckoned with, in art and in life”. Wayne McGregor
Giovane bailaora e coreografa spagnola, interprete radicale e inesauribile innovatrice del flamenco contemporaneo sui tablaos internazionali, Rocío Molina, Leone d’Argento della 16. Biennale Danza, presenta in prima mondiale una nuova creazione, Carnación, coproduzione della Biennale di Venezia, la Bienal de Flamenco di Siviglia, Teatro Español e Grec 2023 Festival de Barcelona. La performance è quasi «un itinerario aperto, una ricerca sul desiderio che prende le mosse dall’intuizione che la sua origine può solo essere cercata in illo tempore – scrive Rocío – Si tratta di un’indagine sul corpo e sulla sua capacità di creare immagini di un passato che non riusciamo a comprendere. Assistiamo così alla costruzione di una mitologia particolare in cui il desiderio incarna il flusso psichico che attraversa le diverse fasi tra l’umano e il sacro, tra lo spirituale e l’animale, tra il “veleno materialistico” che ci vincola e il sacrificio sotto forma di discesa e ascesa, dell’axis mundi attraverso il quale esso attua la propria liberazione». Attraverso una continua metamorfosi tra selvaggio, sensuale, verticale, parallelo, violento e tenero, l’incontenibile bailaora porta in scena in una straordinaria esplosione di energia fisica e creativa, la battaglia tra il suo corpo vulcanico e cinque estatici musicisti che si esibiscono dal vivo. ENG A young Spanish bailaora and choreographer and a radical, tireless interpreter and innovator in modern flamenco, Rocío Molina has been awarded the Silver Lion at the 16th Venice Dance Biennale for her latest creation, Carnación. The performance is almost “an open itinerary, a research on desire that starts with intuition, whose origin can only be found in illo tempore (in that time). An investigation on the body and its ability to create images of a past we cannot fully understand. Thus, we witness the building of a myth where desire embodies the psychic stream that goes from the human to the sacred, from the spiritual to the animal, to the ‘materialistic poison’ that shackles us and the sacrifice of descent and ascent, of the axis of the world that actuates its liberation.” Molina stages an explosion of physical creative energy and a battle between the energy of her body and the music by five accompanying performers. Carnación 27 luglio h. 20 Teatro alle Tese
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theatro 16. BIENNALE DANZA BOUNDARY-LESS
Il perfetto punto d’equilibrio Intervista Dalisa Pigram & Rachael Swain – Marrugeku Le popolazioni autoctone australiane non avranno una letteratura scritta, ma posseggono una ricchissima mitologia e una complessa tradizione orale, con al centro la creazione del mondo, la venerazione della terra e il rispetto delle sue creature, rese perfettamente nelle Dreamtime e nelle Songline, spesso con accompagnamento musicale. Tipico il didgeridoo, strumento musicale a fiato ad ancia labiale, tra i primi strumenti aerofoni. Oltre 400 le lingue accertate prima dell’invasione britannica. Il Serpente Arcobaleno, che vive nella Via Lattea, ma anche nelle profondità dei fiumi australiani, non ha potuto salvarli da centinaia di anni di sopraffazione, furti di territorio, incarcerazioni e sottrazione dei figli per incanalarli nella cultura bianca. Solo nel 2008 il Governo australiano ha formalizzato le prime scuse ufficiali per la cosiddetta “stolen generation”, o “generazione rubata”. Il gruppo Marrugeku è partito proprio da qui per favorire la rinascita della Storia e della cultura indigena, delle lingue originarie e della sua ritualità. Le performance di danza che il gruppo crea nascono dalla valorizzazione del passato per creare un nuovo presente e, mescolando danze rituali e urban dance, sono tese ad eliminare la paura del diverso, delle differenze culturali. I sentimenti che suscitano sono contrastanti, scatenano nell’animo tristezza e rabbia, resilienza e gioia. A Venezia vedremo Jurrungu Ngan-ga – Straight Talk (parlare chiaro), complessa performance che da un lato vede la collaborazione di numerosi artisti di diversa estrazione e dall’altro contiene un esplicito rimando e un sentito ringraziamento agli anziani dei villaggi per il loro deposito di conoscenza e sapere, per la preziosa trasmissione della loro memoria. Li abbiamo intervistati, “li”, al plurale, perché, nel rispetto del pluralismo del gruppo, le risposte ci sono giunte da due delle fondatrici della compagnia, Dalisa Pigram, regista e drammaturga di teatro-danza transdisciplinare e interculturale, codirettrice di Marrugeku, e Rachael Swain, danzatrice e coreografa. Pigram e Swain lavorano insieme dal 1994: hanno ideato e promosso le produzioni e i laboratori di ricerca di Marrugeku, avvicinando il pubblico australiano e internazionale allo straordinario bagaglio di conoscenza delle popolazioni indigene attraverso l’avvincente esperienza della performance interculturale. Grazie per le risposte, per lo spettacolo e per il lavoro che stanno svolgendo per l’umanità tutta. Jurrungu ngan-ga / Straight Talk 30 luglio h. 20; 31 luglio h. 15 Teatro alle Tese, Arsenale
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Dalisa Pigram
Jurrungu Ngan ga è un’installazione, una danza, una coreografia che ci parla di reclusione, separazione, annientamento dell’altro. Lo spettacolo offre al pubblico la possibilità di estrapolarne un elemento narrativo oppure si limita a coinvolgerlo sul piano esclusivamente emotivo? R.S. Marrugeku lavora da anni all’elaborazione di un processo coreografico dove i ballerini creano una danza gestuale che percepiamo come una rivendicazione di un espressionismo emotivo da parte della danza. Si tratta di un neo-espressionismo al contempo culturale e politico, che nella danza indigena assume un significato di “responsabilità”, in quanto mette a confronto la danza con la vivacità del momento e la specificità spazio-temporale. Ma ci ispiriamo anche al teatro danza europeo del Dopoguerra, oltre che all’immensa eredità lasciata da Pina Bausch, dando così l’opportunità ai nostri artisti di esprimersi attraverso le loro culture, le loro storie e le loro diverse identità incarnate nelle performance da condividere con il pubblico. Poniamo particolare attenzione sull’aspetto drammaturgico, i suoni e le luci per ‘curare’ l’esperienza del pubblico sia a livello emotivo che a livello politico, in modo da facilitarne la consapevolezza cognitiva. In estrema sintesi, lavoriamo con tutto ciò che il teatro e la danza sono in grado di offrirci in diversi modi e nelle varie fasi dello spettacolo. Lo spettacolo offre una coreografia articolata e complessa, una fusione armoniosa tra urban dance e danze delle comunità locali. Ci può raccontare le fasi di costruzione del progetto e quale è stato il contributo dei danzatori? D.P. Uno spettacolo quale Jurrungu Ngan-ga richiede una collaborazione con un incredibile gruppo di artisti disposti a intraprendere un percorso in cui le proprie esperienze di movimento individuali, i diversi background culturali e le posizioni politiche personali riguardo l’ingiustizia, svolgono un ruolo nodale nel contribuire a generare il materiale coreografico grezzo. La complessità della coreografia
Crediamo nell’arte in quanto strumento in grado di apportare un cambiamento al di là dei confini molto più velocemente e direttamente di qualsiasi azione governativa The perfect balance Rachael Swain
riassume proprio questa diversità nonché la resilienza e la forza collettiva condivisa dall’intero cast. Alcuni danzatori sono stati invitati a collaborare a questa produzione in quanto appartenenti alla compagnia già da tempo, mentre altri hanno collaborato per la prima volta con noi proprio per questo spettacolo. Consideriamo molti di questi artisti leader nella loro pratica e nella loro forma d’arte, che qui portano in scena il loro vissuto per dare voce a chi non ha la possibilità di farsi sentire. Il nostro processo comprende anche la condivisione di compiti che ruotano attorno alle idee centrali di Jurrungu Ngan-ga, come la “paura delle differenze culturali”, mentre altri compiti potrebbero essere maggiormente orientati verso la ricerca di una qualità coreografica mancante, come “le bollicine sotto la superficie” o le “bollicine di champagne”. Ogni danzatore ha risposto in maniera del tutto personale basandosi sul proprio allenamento e bagaglio culturale, nonché sulla propria esperienza e conoscenza dell’argomento, nella co-realizzazione della performance stessa. Il nome Marrugeku sembra riferirsi ad una persona esperta, un saggio che può dare consigli e curare. Ne è un esempio lo spettacolo sui rischi climatici Cut the Sky. La vostra compagnia ha una missione esplicita o condivisa? R.S. La missione della compagnia si può riassumere nel modo seguente: «Marrugeku persegue nuove forme di conoscenza culturale oltre a tutelare la sopravvivenza, la conservazione e la crescita della storia, della danza e del linguaggio indigeni attraverso la realizzazione di nuove performance interculturali. Siamo impegnati a lavorare e a creare partendo dai valori, dalle responsabilità e dall’autorità culturale di specifici ambiti indigeni che stanno alla base di ogni nostro progetto. È in questo modo che affrontiamo argomenti
ENG
Aboriginal Australians may not have a written literature, but they do have a very rich mythology and a complex oral tradition focusing on the creation of the world, the veneration of Earth, and respect for its creatures. It all comes together beautifully in the Dreamtime and Songline series, which are often accompanied by instruments like the typical didgeridoo. Before the British invasion, over 400 languages were spoken in Australia. The Rainbow Serpent, who lives in the Milky Way as well as in Australian riverbeds, could not same them from hundreds of years of subjugation, land theft, jailing, and kidnapping of children to raise them into white culture. Only in 2008 did the Australian Government formally apologize for the so-called ‘stolen generation’. The Marrugeku group started here to nurture a renaissance of aboriginal history and culture, languages and rites. The company’s dance performances aim at preserving the past to create a new present. They mix ritual dances and urban dance and aim at easing the fear for what’s different, especially culturally. They raise feelings of sadness and rage, resilience and joy. In Venice, we will be able to see Jurrungu Ngan-ga – Straight Talk, a complex act that on one side benefits from the cooperation of many artists of different extractions, and on the other side, comprises an explicit reference and heartfelt gratitude to the elders of the villages for their know-how and memories. We interviewed the two founders of Marrugeku, Dalisa Pigram and Rachael Swain. The two have been working together since 1994 and created and promoted Marrugeku’s productions and workshops, thus popularizing in the Australian and international audience the cultural heritage of aboriginal Australians thanks to a compelling experience of inter-cultural performance. Jurrungu Ngan-ga is an installation, a dance, a piece of choreography that speaks of reclusion, separation, annihilation of the other. Can the public infer a narration from it? Or is the show limited to just hit us emotionally? R.S. Marrugeku has been working for many years to develop a co-devising choreographic process with the dancers producing a gestural dance that we understand as a reclaiming of emotional expressionism in dance. This is a neo-expressionism that is also cultural and political.
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theatro 16. BIENNALE DANZA MARRUGEKU
come il cambiamento climatico o la detenzione dal punto di vista dei depositari indigeni locali, o che lavoriamo in qualità di artisti di varia provenienza e formazione per interpretare nel massimo rispetto il processo cognitivo attraverso l’arte. Crediamo nell’arte in quanto strumento in grado di apportare un cambiamento al di là dei confini molto più velocemente e direttamente di qualsiasi azione governativa. Attraverso l’arte vogliamo raggiungere una condivisione delle conoscenze, ma anche consentire agli artisti della compagnia di ritornare a lavorare nelle rispettive comunità». La lingua Yawuru è stata reintrodotta nelle aree di uso ancestrale e i bambini oggi imparano nomi di piante ed animali da lungo caduti nell’oblio. Vi è una qualche affinità con ciò che sta accadendo a Banglatown a Londra? Proprio mentre la comunità bengalese sta ottenendo un riconoscimento ufficiale, i bengalesi più giovani oramai integrati lasciano la comunità. In altre parole si può affermare che il desiderio d’integrazione annulli la necessità di mantenere vive le identità nazionali e tradizionali? D.P. Qui nella città di Broome, nel paese Yawuru, le politiche di assimilazione adottate in passato hanno avuto un impatto significativo sulle lingue indigene, tra cui appunto lo Yawuru, nonché sulla cosiddetta “stolen generation”, i cui bambini venivano forzatamente allontanati dalle loro famiglie, sottratti al loro paese, alla loro lingua e cultura; tutto ciò ha avuto una notevole ripercussione anche sulle generazioni future. La rinascita delle nostre lingue e la rivendicazione del titolo nativo sulle nostre terre hanno consentito di restituire il popolo Yawuru al proprio paese d’origine, dandoci la possibilità di esprimere la nostra opinione su ciò che succede nei luoghi di cui siamo stati i custodi indiscussi sin dagli albori dell’umanità. Le nuove generazioni corrono il rischio di allontanarsi da questo per tutta una serie di ragioni sociali, diretta conseguenza di quelle politiche che abbiamo menzionato prima. Per la nostra comunità Yawuru è tuttavia di vitale importanza cercare di ristabilire un legame tra le giovani generazioni e la cultura locale per far sì che si sentano responsabili ed orgogliosi della propria identità e che sviluppino così un rinnovato senso di appartenenza. A Broome convivono molti gruppi linguistici indigeni e gruppi linguistici appartenenti all’Asia, vedi le comunità giapponesi, cinesi, malesi e filippine. I matrimoni misti esistono nonostante fossero proibiti in passato. L’identità culturale di Broome è unica nel suo genere proprio per questi motivi ed è un esempio evidente dell’eterogeneità culturale che avrebbe caratterizzato l’Australia se la politica dei bianchi non si fosse imposta in maniera così totalizzante. Una politica che non ha interessato Broome e le isole dello stretto di Torres per la presenza dell’industria delle perle e del fabbisogno di pescatori di perle asiatici. Il profondo legame tra queste famiglie e i gruppi linguistici indigeni presenti nella regione rafforzano il desiderio di mantenere salda la nostra identità locale. Nel 1968 l’antropologo W.E.H. Stanner coniò il termine “The Great Australian Silence”, sostenendo che vi era una sorta di “culto dell’oblio”, ovvero una tendenza a dimenticare la storia del conflitto tra colonialisti europei e popolazioni indigene, che veniva relegata ai margini della storia nazionale. Marrugeku intende proseguire nel solco del lavoro di Stanner o si muove seguendo significativi distinguo?
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© Prudence Upton
It ‘works’ in ways that resonate with ‘response-ability’ in Indigenous dance. It engages the view in the implications of the dance and the liveness of the moment and its specific place and time. But we also draw on European dance theatre and its post war histories as well as the lineage from Pina Bausch. These all give us the capacity to work with dancers to express their own soties, cultures and embodied trainings in performance and share this with audiences. We work carefully on the dramaturgy, the sound design and the lighting design to ‘curate’ the audiences experience of the feelings and the ideas and the politics so we can facilitate their experiences of feeling and knowing and also of not knowing or being in a learning space. All this is a long way of saying that we are working with all the layers that theatre and dance can offer in different ways at different points in the show. The show’s choreography is articulated and complex – a harmonious mix of urban and folk dance. Can you tell us more about how the show came to be and how did the dancer contribute to its making? D.P. Creating a show like Jurrungu Ngan-ga requires collaboration with an amazing group of artists who were willing to undergo a task-based process where their individual movement disciplines and experience, their diverse cultural backgrounds and their personal political stances on injustice were fully engaged to generate the raw choreographic material. The complexity you see in the choreography is made up of this diversity but also of the collective resilience and strength that the cast share. Some of the casts were invited to collaborate on this production due to their long or existing relationship with the company and others have joined us for the first time to create this piece and came highly recommended. We see many of these artists as leaders in their own practice and artforms and artists who bring their lived experience to lend their voice to the voiceless. Our process includes sharing tasks which may speak directly to the central ideas of Jurrungu Ngan-ga like ‘fear of cultural difference’ and other tasks might be more to search for the missing choreographic quality like ‘bubbles under the surface’ or ‘champagne bubbles’. The dancer contributed their own responses drawing from their movement training, cultural background and generally their experience and knowledge of the subject matter to co-create the performance.
The name Marrugeku seems to refer to an experienced man, a wise man that can counsel and heal. The show Cut the Sky, on climate risks, is an example. Does your Company have an explicit, or shared, statement of mission? R.S. Our mission statement is: “Marrugeku pursues powerful new forms of cultural knowledge and the survival, preservation and growth of Indigenous story, dance and language through the making of new intercultural performance. We are committed to working within and creating from the values, responsibilities and cultural authority of specific Indigenous cultural frameworks which form the basis of each project. In this way we approach subjects like climate change or incarceration from the perspectives of the local Indigenous custodians and work as artists from many backgrounds to respectfully interpret the way of knowing through art in order to speak of both local and wider global issues. We believe in art as a power for change that can cross many borders, often faster and more directly than government policy. Our works through remote Indigenous communities, into the homelands of other First Peoples internationally and around Australia and the world to the lands of other former colonisers. We work through art as a knowledge sharing but also to empower the artists within the company to go back and work in their own communities.” The Yawuru language has been reintroduced in the areas of ancestral use, and schoolchildren today learn once-forgotten names of plants and animals. Does anything like what takes place in Banglatown, London, happen? All the while the Bengali community gains official recognition, younger, integrated Bengalis leave the community? In other words, can a desire for integration cancel out the need to keep national and traditional identities alive? D.P. Here in the town of Broome which sits in Yawuru Country, Indigenous languages of the region including Yawuru were impacted significantly by past policies of assimilation and what is known as the Stolen Generation where children were forcibly removed from their families, severing ties also to their Country, language and culture which has also impacted generations to follow. Revitalisation of our languages and successful Native Title claims over our country have helped reconnect Yawuru people back to our Country and gives us a voice to have a say in what happens within our Country which we have been the cultural custodians for since the beginning of time. Young people are at risk of disconnecting due more to social issues brought on as a by product of the policies mentioned earlier but the focus on connecting youth to culture and Country is key for our Yawuru community to help develop their sense of responsibility and pride and a sense of identity and belonging. Broome has been home to many Indigenous language groups as well as Asian groups like Japanese, Chinese, Malay and Filipino and although forbidden in the times of policies, interracial marriages exist. Broome’s cultural identity is unique due to this and is an example of the cultural make up which could have existed across Australia had the White Australia Policy not existed. This policy didn’t apply to Broome and the Torres Strait Islands because of the Pearling industry and the need for Asian pearl divers. These families have a unique resilience and pride and with
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theatro 16. BIENNALE DANZA MARRUGEKU
R.S. Questa importante affermazione di Stanner si riflette in molti contenuti che trattiamo nelle nostre produzioni artistiche. La ricerca di Marrugeku è incentrata sulla mancanza di conoscenza e sull’impreparazione a comprendere da parte degli australiani non indigeni. Con il nostro lavoro vogliamo infrangere quel silenzio e colmare le lacune che ha provocato promuovendo una conoscenza specifica della nostra nazione, rivelando la verità sulla nostra storia e sulla nostra esperienza contemporanea, in modo che questo silenzio, questo gap, si trasformi in un ricco e complesso processo d’interazione con la nostra identità di australiani, qui ed ora, ricucendo e consolidando i legami con il passato e il futuro. Uno dei pilastri della cultura locale è la negazione della proprietà privata per quanto riguarda i terreni, espressione di una disposizione altra verso i temi scottanti dell’ecologia e della salvaguardia della natura. Oggi ci troviamo di fronte a disastri naturali quotidiani di proporzioni impensabili, basti pensare a ciò che sta succedendo nella foresta amazzonica. Come affrontate questo tema nelle vostre produzioni artistiche? D.P. Gran parte della nostra produzione, dei nostri progetti costituiscono un’indagine sul rapporto con la nostra terra natia dal punto di vista della popolazione indigena e non. In quanto donna Yawuru/ Bardi sono perfettamente cosciente di avere delle responsabilità riguardo alla salvaguardia della mia terra anche da un punto di vista ecologico. Considero la mia terra come la mia famiglia. Questo senso di responsabilità deriva dalla strenua volontà di voler e saper trasmettere da una generazione all’altra una profonda conoscenza di tutto ciò che è in qualche modo connesso alla nostra condizione, alla nostra identità, perseguendo tenacemente un’idea di equilibrio nella tutela dell’ambiente. Per le popolazioni indigene la salvaguardia del territorio a livello locale e nazionale, il rispetto e il valore del sapere e dell’esperienza indigeni hanno costituito sin dall’inizio della colonizzazione la principale fonte di preoccupazione. Abbiamo assistito alla distruzione delle nostre terre e dei nostri corsi d’acqua che sono stati selvaggiamente sfruttati da un sistema economico che non ha preso minimamente in considerazione la vita delle popolazioni autoctone, né le conseguenze a lungo termine di queste azioni. Abbiamo dedicato interi progetti a questo problema, come per esempio il nostro laboratorio Listening To Country, in cui gli artisti hanno sperimentato dei processi coreografici in connessione a luoghi specifici nella regione di Kimberley. Partendo da questa esperienza abbiamo poi realizzato Cut The Sky, in cui vengono prese in considerazione le conseguenze derivanti dalla scellerata scelta di ignorare la voce della propria terra. Questa produzione è stata realizzata proprio quando l’intera regione era minacciata da un imponente processo d’industrializzazione in seguito alla proposta di costruire un impianto di produzione di gas a Walmadany, noto anche come James Prices Point, a Nord di Broome, in un ambiente incontaminato di rilevante importanza culturale. Vi sono molti altri esempi di questo tipo che è impossibile ignorare. Io e Rachael siamo pienamente consapevoli dell’importanza di individuare l’ambito in cui il nostro lavoro è più necessario e di quanto sia fondamentale condividere tutto ciò che il sapere indigeno può insegnarci su come mantenere un certo equilibrio per una migliore coesistenza. Loris Casadei
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deep connections to Indigenous language groups of the region I think the desire to hold on to our local identity is strongly enforced. In 1968, anthropologist W.E.H. Stanner coined the term “The Great Australian Silence”, maintaining there was a kind of ‘cult of oblivion’, a tendency to forget the history of fighting between European colonists and indigenous populations, which were to be confined at the margins of national history. Will Marrukegu follow Stanner’s path or is it much different? R.S. Stanner’s great statement reverberates through much of what we tackle in our art making. For non-Indigenous Australians it is the lack of knowing and the lack of preparedness to understand that we don’t know that Marrugeku’s work addresses. We want to disrupt that silence and full it with nation specific knowledges, truth talking about our history and contemporary experience, joy, sadness and power so that it is no longer a silence, or a gap, but a rich, complex process of engaging with the work of being an Australian in the here and now. And that is a here and now that is also connected to the past and future. One of the pillars of local culture is the negation of private property of land, hence a different concept of ecology and preservation of nature. Today, unthinkable disaster takes place every day, as happens in the Amazon. How do you work on this topic in what you do professionally? D.P. Much of our work and many of our projects explore our relationship with Country (land) from both non-Indigenous and Indigenous perspectives. As a Yawuru/Bardi woman I understand that I have responsibilities from birth to care for Country and maintaining a healthy ecology. Country is like family. This care and sense of responsibility comes from the passing on a deep knowledge of all things connected and the balance that needs to be kept from generation to generation. Our local and national concerns on the care for Country and respect and value of Indigenous knowledge and experience and how to manage and maintain healthy environments has been in focus since colonization for Indigenous people. We have seen our traditional lands and waters ripped apart, dug up, blown up, exploited to benefit economy without thought to the stories that live in the land and environments and the long-term impact. We have dedicated projects such as our Listening To Country laboratory which immersed artists in exploring choreographic processes that are connected to specific places within the Kimberley region and from this we then created the production Cut The Sky which explores what happens when you don’t listen to Country. This production was made while locally we were dealing with the threat of massive industrialization in the region due to a proposed gas hub being built north of Broome in a pristine environment with significant cultural importance at Walmadany also known as James Prices Point. There are many examples of this nature that are very close to home and it is impossible to ignore. Rachael and I both acknowledge our connections and relationships to Country in our collaborative processes to identify where the work is needed in local and global conversations and share what we think Indigenous knowledge systems can teach us all how to keep balance and co-exist together.
Hotel Cipriani presents an artistic immersion with Galleria Continua curated by Belmond with Hervé Mikaeloff
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in the gardens of CIPRIANI, a Belmond Hotel, Venice To book your experience please visit www.belmond.com/cipriani
MITICO
Follow The Art Path 93
theatro 16. BIENNALE DANZA BOUNDARY-LESS
Très parisien! Intervista Blanca Li Già Leone d’Oro per la Miglior esperienza VR l’anno scorso alla 78. Mostra del Cinema nella sezione VR Expanded, la coreografa, regista, danzatrice e attrice spagnola Blanca Li torna alla 16. Biennale Danza invitando il pubblico veneziano al suo Le bal de Paris, un’esperienza immersiva unica, straordinaria, che è possibile spe-rimentare tutti i giorni del Festival a Ca’ Giustinian, dalle ore 12 alle 18, in gruppi di 10 spettatori per volta. Appassionata di moda, Blanca Li ha scelto Chanel come partner del progetto, per il quale ha realizzato una col-lezione virtuale ed esclusiva destinata sia ai danzatori protagonisti della storia che agli spettatori-partecipanti, che potranno scegliere il proprio abito tra quelli proposti, tutti nell’inconfondibile stile della Maison. La vicenda è quella di Adèle, una giovane donna indipendente e dinamica che torna a Parigi dopo aver girato il mondo. Al gran ballo in maschera che la famiglia ha organizzato in suo onore Adèle incontra Pierre, il suo primo amore. Indossati i caschi VR, i backpack e i sensori a polsi e caviglie, gli invitati si troveranno catapultati in un salone da ballo monumentale con soffitti tanto alti da dare le vertigini, accompagnati dai due protagonisti per i quali Blanca Li ha creato una coreografia d’effetto sulla musica originale di Tao Gutierrez. La serata di Adèle conti-nua in un lussureggiante e misterioso giardino, set di un garden party, e in un club parigino con smaglianti bal-lerine di fila, che gli ospiti raggiungeranno spostandosi in treno e in battello. Quello ideato da Blanca Li è un universo irreale e senza tempo, rétro, futuristico, classico, contemporaneo e, soprattutto, allucinatorio. Assolutamente da provare! La danza oltre la danza. Quale la sua personale definizione di questa arte? La danza è un’arte universale in grado di combinarsi e dialogare in maniera assolutamente naturale con tutte le altre arti, la musica in primis ovviamente, ma anche le arti plastiche, la scultura, la letteratura, il cinema, il teatro. Tutte le arti possono essere al servizio della danza o, al contrario, la danza al servizio di esse in modo molto semplice. La danza può servirsi di uno strumento unico, che è il corpo umano, e di un mezzo distinto, che è il movimento, ed è questo che le dà la forza di potersi unire alle altre arti senza perdere mai la sua identità. Le bal de Paris 22-31 luglio h. 12-18 Ca’ Giustinian
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© Ali Mahdavi
La sua carriera è costellata da continui sconfinamenti di genere, una ricerca costante che spinge la danza a essere linguaggio universale e fluido delle arti e per le arti. Quali obiettivi pone alla sua ricerca? Mi piace molto innovare e sapere che sto creando qualcosa di unico che prima non sarebbe mai potuto esistere. Per questo mi interessano le nuove tecnologie: offrono la possibilità di inventare nuovi modi di vivere la danza. Allo stesso modo mi appassiona anche lavorare con la danza integrandola con altre arti per darle forme diverse; amo anche combinare differenti generi di danza tra loro. Amo la danza perché ha la capacità di rinnovarsi costantemente e di creare nuovi stili; la danza urbana, ad esempio, è stata particolarmente creativa negli ultimi decenni e ha contribuito molto alla nascita di altri generi. Lavoro con danzatori formatisi in strada, che hanno ampliato il loro vocabolario al contemporaneo con grande successo, e anche con danzatori di formazione classica che con grande apertura mentale hanno saputo acquisire tecniche e pratiche del repertorio hip hop, arricchendo così la loro forza espressiva. Un’evoluzione positiva che sostengo completamente e in cui trovo grande ispirazione. Nelle mie creazioni cerco di fare in modo che ogni performer o ballerino incontri le condizioni ideali per inter-pretare il proprio ruolo quando è in scena. Creo coreografie su misura per i miei interpreti; è una scoperta co-stante e un’attività di ricerca dinamica, divertente e molto stimolante per tutta la compagnia. Da Venice VR Expanded alla 78. Mostra del Cinema, dove ha vinto il Leone d’Oro per la Miglior espe-rienza VR, al palcoscenico della 16. Biennale Danza. Quale il ruolo dei Festival internazionali per il mondo della danza? Ciò che apprezzo maggiormente dei festival è la loro capacità straor-
dinaria di essere luoghi di scambio e con-fronto tra artisti di diversa estrazione culturale, di difforme approccio ai linguaggi espressivi. Ciò consente al pubblico di scoprire la ricchezza e la diversità di lavori capaci di muoversi tra i sottili confini che vorrebbero ancora separare le diverse forme espressive. I festival offrono inoltre alle opere vincitrici l’opportunità di essere riconosciute a livello internazionale, fattore molto importante che favorisce la distribuzione delle opere stesse. È molto emozionante ricevere un premio da un festival, perché in genere quando si termina un’opera ci sono die-tro anni di sforzi e di lavoro. Questo riconoscimento trasmette molto amore ed emozione. Devo però dire che lo scorso anno a Venezia è stata la prima volta che ho vinto un premio in un grande festival cinematografico. For-se il cinema ha compreso il valore di premiare opere che fuoriescono dai canoni costitutivi, per così dire classi-ci, della Settima arte. Un segnale chiaro e di straordinaria importanza per il mondo delle arti dello spettacolo, ancora troppo spesso comodamente sedute all’interno dei propri confini disciplinari. Quale il ruolo del pubblico in generale per una performance di danza contemporanea, e quale nello specifico qui per il suo Le bal de Paris? Una delle cose che mi ha sempre affascinato è condividere la danza con un pubblico più ampio possibile e sono sempre alla ricerca di nuovi modi e nuove forme per diffondere la danza. Inoltre servirmi di queste nuove tec-nologie mi permette di incontrare una larga fetta di pubblico che potrebbe anche non andare mai a vedere un normale spettacolo di danza. Mi piace che lo spettatore sia partecipe in prima persona; l’idea che danzi è sempre stata fondamentale per me, per questo mi dedico alla creazione di opere immersive e interattive. Quando creo un’opera non penso quasi mai al pubblico, ma mi elettrizza il momento dell’incontro tra l’opera e lo spettatore; il
preciso momento in cui posso osservare le diverse reazioni è molto appassionante, un’esperienza unica. Le bal de Paris provoca risposte inaspettate da parte del pubblico. Sto imparando molto da questa creazione, sono stata sorpresa dalle diverse sensazioni e reazioni che suscita in persone di tutte le età. È davvero stimolan-te questo. Entriamo nello specifico dello spettacolo: quale la genesi del progetto? E quale il processo di creazione fisica e virtuale? La genesi del progetto risale a quando hanno iniziato ad esistere i film immersivi a 360 gradi. Il canale televisi-vo ARTE mi ha chiesto di realizzare un cortometraggio di danza utilizzando appunto questa tecnologia. È suc-cesso dieci anni fa e all’epoca ha avuto un discreto successo negli ancora pochissimi luoghi in cui era possibile sperimentarlo. Volevo però compiere un passo in più, perché anche se in quell’esperienza lo spettatore era al centro della coreografia, non vi partecipava ancora attivamente. L’obiettivo era quello di creare uno spettacolo in cui lo spettatore fosse uno dei personaggi dell’opera e a sua volta fosse in contatto con i danzatori in carne e ossa. Ho intrapreso il progetto de Le bal de Paris quattro anni fa, all’inizio del 2018. È stato molto complicato finanziare una produzione così ambiziosa e convincere i potenziali coproduttori che l’allestimento era realizzabi-le. Siamo riusciti a ottenere i finanziamenti che ci mancavano per portare a termine il progetto solo nel bel mez-zo della pandemia, dopo oltre tre anni. È servito un anno per selezionare lo studio in grado di mettere la tecno-logia al servizio del progetto, diversi mesi per fornire una prova di concetto ai potenziali co-produttori e due anni per realizzare le animazioni 3D. In seguito ci siamo dedicati alla registrazione della musica e delle voci in ben cinque lingue diverse. Abbiamo realizzato una prima versione di cui abbiamo presentato un’anteprima a Natale 2020, in piena pande-
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TRAITS TO REMEMBER:
25th June — 21st August
10:30 - 19:00 | Tuesday to Sunday 193 GALLERY | Venice
THE AESTHETICS AND POLITICS OF BLACK PORTRAITS
Bara Sketchbook Nigeria
Sesse Elangwe Ngeseli Cameroon
Idris Habib Ghana
TRAITS TO REMEMBER:
The aesthetics and politics of Black portraits Curated by Brice Arsène Yonkeu Next Show: Hassan Hajjaj, Thandiwe Muriu & Derrick Ofosu Boateng Starting — August 25th
193 GALLERY | Venice | Dorsoduro 556 • +39 348 257 6878 96
Paris | Venice World Tour of Contemporary Art 193gallery.com
theatro 16. BIENNALE DANZA BLANCA LI
mia, a Madrid presso il Teatros del Canal di cui sono direttore artistico, dove, con il sostegno del governo regionale, si è deciso di non chiudere le sale. Abbiamo applicato un protocollo molto ri-goroso: gli spettatori erano come cosmonauti, coperti dalla testa ai piedi, con speciali misure di disinfezione tra uno spettacolo e l’altro. Da quel momento abbiamo continuato a lavorare per migliorare tutti i contenuti e risol-vere i problemi tecnici, fino a presentarlo finito alla Mostra del Cinema di Venezia nel 2021. Questa versione è stata presentata in anteprima a Chaillot nell’ottobre 2021. Il risultato è esattamente quello che avevo sognato all’inizio e credo che sia l’unico spettacolo di questo genere. Avatar e virtualità. Con quale grande ballerina/ ballerino vorrebbe fare un passo a due? Ho avuto la fortuna di danzare un passo a due con la grande star del flamenco Andrés Marín per il mio spetta-colo Poeta en Nueva York (2007); ci siamo esibiti più di cento volte. Poi ho deciso di creare un passo a due con la stella del balletto classico Maria Alexandrova del Ballet Bolchoï per Diosa y Demonias (2017), anch e que-sta un’esperienza incredibile, in cui eravamo ciascuna al massimo della nostra capacità interpretativa, unite al servizio di coreografie che sono riuscita a creare ad hoc per entrambe. Abbiamo concluso la tournée al New York City Center. Ora, perché no, potremmo fare un paso a dos con il direttore Wayne Mc Gregor! Mariachiara Marzari, Chiara Sciascia
LE BAL DE PARIS Choose your mask and dance the night away. Spanish choreographer, director, dancer, and actress Blanca Li will participate in the 16th Venice Dance Biennale with Le bal de Paris, a unique immersive experience that is open every day at Ca’ Giustinian from noon to 6pm. Visitors will be able to participate in groups of ten. The show features Adèle, a young, independent, dynamic woman, who travels back to Paris after seeing the world. At the masked ball her family hold in her honour, Adèle meets her first love, Pierre. Visitors will don VR helmets and find themselves in the ballroom, accompanied by the two protagonists. The evening goes on in a mysterious, lush garden after a train and boat ride. Blanca Li created an unreal, timeless, retro, futuristic, classical, modern, dazzling universe. “I wanted to create a new kind of show, something I couldn’t even imagine twenty years ago.”
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theatro 16. BIENNALE DANZA BOUNDARY-LESS
16. FESTIVAL INTERNAZIONALE DI DANZA Programma a p. 132
Cat. Catwalk. Runway Trajal Harrell affila le unghie di Maggie la “Gatta” On a hot tin roof
© Tristram Kenton
Trajal Harrell, “Dancer of the Year” nel 2018 per la rivista «Tanz Magazine», è oggi uno dei riferimenti più prestigiosi della danza contemporanea. Tre le componenti genetiche della sua danza ed un preciso riferimento teorico. La Postmodern dance, che, volendo molto semplificare, nasce alla fine degli anni ‘60 come superamento della Modern dance, con l’obiettivo di valorizzare movimenti corporei quotidiani e anche banali, utilizzando tecniche anticonformiste nella composizione e nella coreografia (vedi Cunningham, Childs, Steve Paxton…). La danza Bûto, la danza “oscura”, ove il danzatore aspira a poter diventare altro di natura animale, iconoclasta e maledetta (Artaud è stato uno degli ispiratori), ma anche poetica e surrealista. Il Voguing, stile di danza nato nei locali gay americani agli inizi degli anni ‘70, che mescola pose plastiche, ma non necessariamente scultoree, e la catwalk dei modelli delle sfilate di moda. Il riferimento teorico individua nel danzatore il riconoscimento e la riscoperta di gestualità e movimenti, spesso quotidiani, che dal soggetto che li compie passano ad un altro soggetto che guarda (il ricevente). Il mezzo diviene fattore fondamentale ed esso è l’ambiente. Per questo Trajal Harrell predilige i luoghi dove il contatto con il pubblico è più immediato: famose sono le sue performance nei musei, dal Moma al Centre Pompidou Metz, o la variazione creativa a seconda della fase del giorno in cui la performance
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viene presentata. Massima attenzione è sempre data al metodo di trasmissione della creazione e dell’energia dei danzatori in una sala gremita di pubblico. A Venezia il 23 luglio al Teatro Piccolo Arsenale vedremo Maggie, the Cat, ovvero La gatta sul tetto che scotta, tratto dal duro romanzo di Tennessee Williams, premio Pulitzer nel 1955. Una Maggie che non vuole essere intrappolata dall’ipocrisia e dalle bugie che la circondano. La pièce del 2019, qui in prima nazionale, è la terza parte della trilogia Porca Miseria, che porta al centro dell’attenzione figure femminili calpestate, abbandonate, combattute, ma che sempre reagiscono con orgoglio e determinazione. Il primo lavoro, in parte installazione artistica e in parte performance, è dedicato alla coreografa, antropologa e danzatrice Katherine Dunham, erede di Mary Wigman e di Ruth St. Denis, che andrebbe riscoperta e valorizzata. Fu anche indomita attivista politica e lottò a favore della libertà spagnola nel 1936, contro le violenze nei ghetti neri e per i diritti dei rifugiati hawaiani. Harrell ripercorre la sua storia per esplorare i confini tra danza, teatro e visual art. Il secondo lavoro è una riflessione cinematografica su Medea, tradita da Giasone e dedita a tremenda vendetta. Una Medea euripidea, non smussata dalla poesia di Ovidio, vista come il carattere estremo che per liberarsi deve uccidere l’essenza ultima (definita dagli uomini) della maternità. Loris Casadei
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Tanz Magazine 2018 Dancer of the Year Trajal Harrell is a star of contemporary dance, and much of it he owes to three theoretical components. One is postmodern dance, which, to simplify to a maximum, developed in the late Sixties as the next chapter of modern dance with the goal of giving dance move status to everyday, mundane gestures, making use of nonconformist techniques in composition and choreography. Second is the ‘obscure’ Bûto dance, where dancers strive to become something else – something animalistic, iconoclastic, and cursed. Third is voguing, a dance style developed in American gay clubs in the Seventies inspired by plastic poses, model poses, and fashion shows. Theoretically, dancers recognize and rediscover their gesturality and motions, themselves influenced by the surrounding environment. This is why Harrell prefers working where contact with the audience is easier, museums for example (from the MoMA to the Pompidou Metz). In Venice, Harrell will present Maggie, the Cat, an adaptation of Tennessee Williams’ Cat on a Hot Tin Roof 1955 Pulitzer Prize-awarded novel. The piece is the third part of a trilogy on woman figures who have been treaded on, abandoned, torn apart, and who have been able to fight back with pride and determination. The first piece was dedicated to choreographer, anthropologist, and dancer Katherine Dunham, also an activist for Spanish freedom in 1936 and for racial justice. The second piece was a cinema-like reflection on the myth of Medea. Maggie the Cat 23 luglio h. 21 Teatro Piccolo Arsenale
The godly birth of dance ENG
La divina origine della danza A cinquant’anni dall’Event di Piazza San Marco, la Biennale omaggia Merce Cunningham Difficile parlare di danza. Ancora più difficile parlare di danza contemporanea laddove non vi si legge una storia, o meglio, dove l’individuazione della narrazione è lasciata allo spettatore. Impossibile raccontare le performance di Merce Cunningham. Possiamo provare a tratteggiare alcune delle sue caratteristiche, consapevoli che il film della visual artist britannica Tacita Dean, che vedremo al Teatro Piccolo Arsenale il 30 e 31 luglio, molto potrà svelare più di ogni parola. Craneway Event segue tre giorni di prove di Merce Cunningham in un edificio industriale con vista sulla baia di San Francisco. È il 2008 ed è una delle ultime lezioni del coreografo. Ha 90 anni. Morirà l’anno dopo. Merce nasce nello Stato di Washington da famiglia benestante. Viene subito attratto dalla danza ed inizia la sua lunga carriera con spettacoli di vaudeville animati da acrobazie di vario tipo. Si diploma attore a Seattle e nel 1937 frequenta il Mills College a Oakland, dove incontra tutti i protagonisti della modern dance, fra cui Doris Humphrey, Charles Weizmann, Hanya Holm e Martha Graham, che lo invita a lavorare con lei. Abbinamento curioso questo: Martha Graham con le sue coreografie legate al suolo, i corpi sempre scultorei e Merce che fa della leggerezza, dell’esuberanza, della velocità i suoi punti forti. Il suo vero trampolino di lancio sarà rappresentato però di lì a non molto, precisamente dal 1947, dalla frequentazione del Black Mountain College nel Nord Carolina e dall’amicizia con John Cage. Connubio interessante, ed ora veniamo ad una delle caratteristiche costitutive dell’opera di Cunningham, poiché ambedue convinti che l’indipendenza della musica dalla danza offra ad entrambe le arti maggiore flessibilità e ricchezza espressiva. Nelle performance di Merce, infatti, musica e movimento sono dissociati. Non solo, il metodo di composizione di Cage, basato su frazioni di tempo, offre il fianco al rifiuto di Merce dell’idea classica del balletto in termini di tema e variazione. Una seconda importante caratteristica del suo lavoro è l’uso della casualità, non tanto per i suoi aspetti religiosi o scientifici come in Cage, quanto per l’astuzia di tenere aperto uno spettacolo sempre e comunque, cambiando l’ordine dei pezzi o lasciando deliberatamente un danzatore senza istruzioni. La riflessione teorica è la seguente: «se uso il caso avvengono cose che non avverrebbero altrimenti». Una delle sue pièce più famose, Scrumble, è più che eloquente a riguardo, ad iniziare dalla scelta libera di ciascun musicista di portare e far azionare un proprio strumento sonoro, porte, corni, tergicristalli richiami per uccelli…, anche se nella prima del 1967 della parte sonica si occuparono niente di meno che i Velvet Underground! Inutile dire che non è mai esistito uno Scrumble uguale all’altro. Dal punto di vista dell’uso del corpo, in contrasto con quanto canonizzato da secoli di danza, ossia che il busto dev’essere mantenuto rigido, mentre la Graham produce innovazione con il suo “contrazione e distensione”, per Merce il punto di equilibrio va trovato nella parte bassa della spina dorsale, che può espandersi nello spazio. Da qui le ampie espansioni laterali tipiche dei suoi ballerini nei loro movimenti caratteristici della quotidianità, correre, camminare, distendersi. Cunningham è stato anche il primo ad usare la moderna multimedialità, aiutato anche dagli amici Rauschenberg e Jasper Johns, entrambi vicini alla pop art e all’espressionismo astratto e al neodadaismo. Il primo disegnava i costumi, il secondo fungeva da direttore artistico. Per questa edizione di Biennale Danza avremo l’occasione di ‘rivivere’ lo storico Event che l’audace sperimentatore mise in scena in Piazza San Marco nel 1972 in occasione della 35. Biennale Musica. Esattamente cinquant’anni dopo il direttore Wayne McGregor omaggia l’eredità di Cunningham con una performance site-specific, realizzata in collaborazione con l’Archivio Storico della Biennale, Biennale College e The Cunningham Trust. Jeannie Steele e Daniel Squire, due danzatori storici della Merce Cunningham Company, insegneranno, proveranno e riallestiranno, il 31 luglio, con i 16 danzatori della Biennale College il repertorio della celebre opera di San Marco su palchi galleggianti, viaggiando attraverso luoghi chiave della città lagunare per approdare infine all’Arsenale, dove prenderà forma un Event di Cunningham della durata di 45 minuti, danzato all’aperto. Loris Casadei
It’s not easy to write about dance. It’s even harder to write about modern dance when there’s no history, or rather, when it’s up to the viewer to find the right narration. Plain impossible to write about Merce Cunningham’s performances, we can only try to sketch out some of his features as a choreographer, knowing that a film by British visual artist Tacita Dean (at Piccolo Arsenale on July 30 and 31) will tell more than words can. Cunningham was born in Washington State in a wellto-do family. He developed a passion for dance at a very young age and meets all the protagonists of modern dance at Mills College, Oakland: Doris Humphrey, Charles Weizmann, Hanya Holm, Martha Graham… it was the latter who invited him to work together. A curious pairing: Graham’s floor-oriented choreography, using imposing bodies, and Cunningham’s lightness, exuberance, and speed. Cunningham’s real launchpad would be at Black Mountain College, in North Carolina. That’s where he met John Cage. Both maintained that the independence of music from dance offered both arts more flexibility and expressive potential. In Merce’s performances, in fact, music and motion are separate. Also, John Cage’s composition method, based on fractions of time, bodes well with Cunningham’s rejection of the classical ballet idea of theme and variation. Jeannie Steele and Daniele Squire, two long-time dancers with the Merce Cunningham Company, will teach, rehearse, and stage the historical Event of 1972 together with sixteen Biennale College’s dancers. Craneway Event 30, 31 luglio h. 18 Teatro Piccolo Arsenale Event 31 luglio h. 17-19 Arsenale, Spazi esterni
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Il fascino del peccato Il ‘diabolico’ Eric Gauthier con sette prime italiane The Magnificent Seven ENG
Ad un italiano nato nel secolo scorso, se si parla dei sette peccati capitali, viene sicuramente alla memoria la bellissima voce di Milva della commedia brechtiana o più banalmente le interrogazioni del parroco nel catechismo domenicale. Agli appassionati d’arte la mente scivola sull’omonima opera di Bosch. Ai cinefili ricorda il bel film del 1952 in sei episodi girati dai migliori registi di cinema e teatro dell’epoca, da Roger Vadim a Eugene Ionesco, da Chabrol a Philippe de Broca. Un’operazione simile a quest’ultima l’ha compiuta il canadese Eric Gauthier con la sua compagnia in stretta simbiosi con il Theaterhaus di Stoccarda. Sette tra i migliori coreografi europei per dare la propria personale interpretazione ad uno dei sette peccati capitali. Operazione coraggiosa perché è ancora vivissima la versione di Pina Bausch, in cartellone anche quest’anno a Wuppertal e a Parigi. Sidi Larbi Cherkaoui, oggi direttore del Grand Theatre de Geneve, fa muovere freneticamente nove ballerini con valigette piene di franchi per l’Avarizia. La canadese Aszure Barton filtra micromovimenti di un duo all’interno di uno
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stagno dove tutto appare immobile nella rappresentazione dell’Accidia. Il catalano Marcos Morau guida cinque ragazze in un sensuale rito religioso per la Superbia. Un assolo italiano per la Gola su musica dei Velvet Underground di Marco Goecke: un peccato che viene artisticamente reso come fosse una crisi d’astinenza da droga. Molto ricco il quadro offertoci dall’israeliano Hofesh Shechter: dieci danzatori di bianco vestiti in una coreografia per metà danza tribale e per metà folla metropolitana a rappresentare la Lussuria. Elegantissimo il quadro che ci offre Sasha Waltz, regina della danza contemporanea (ricordate Impromptus a Venezia nel 2019?): l’Ira si manifesta con i suoi nefasti effetti da Omero all’Ucraina, interpretata da due performers in eleganti smoking. Infine l’Invidia secondo l’israeliana Sharon Eyal, dove tre danzatrici si contrappongono per conquistare l’audience. Per la ricchezza delle scenografie, la qualità e il numero di risorse impiegate, per la plurima e variegata creatività questo spettacolo resterà nella storia della danza. Loris Casadei
If you were born in the last century and be asked about the seven deadly sins, you’ll think of Sunday school. Art aficionados will think of Bosch. Movie buffs will remember the 1952 six-episode film directed by the best filmmakers of the time. Canadian Eric Gauthier did something similar to this last thing together with his company and the Theaterhaus in Stuttgart, Germany. Seven of the best European choreographers give their personal interpretation of one of the seven deadly sins. Quite a bold move, given how fresh is the memory of Pina Bausch’s version, which by the way will be staged this year in Paris and Wuppertal. Sidi Larbi Cherkaoui, the director of the Grand Theatre de Geneve, has nine dancers move frantically, moneybag in hand, for Greed. Canadian Aszure Barton filters micro-motions of a dancer duo in a very still pond to portray Sloth. Catalan Marcos Morau guides five young women on a sensual religious rite, that’s Pride. An Italian solo for Gluttony in the form of withdrawal syndrome on music by Velvet Underground. Israeli Hofesh Shechter has ten whiteclad dancers in a half-tribal, half-metropolitan dance represent Lust. A very elegant cadre by Sasha Waltz: two dancing tuxedos show Wrath from Homer to the Ukrainian War. Lastly, Israeli Sharon Eyal writes Envy as the dance of three women vying to charm the audience. Rich scenography, quality and amount of resources, diversity… this show already has a place in the history of ballet. The Seven Sins 26 luglio h. 20 Teatro Malibran
Black Souls A.I.M. by Kyle Abrahams, la nuova dimensione della danza Fire in the Air
Photo Peter Hönnemann
Cresciuto in un quartiere afroamericano della middle class di Pittsburgh, Kyle Abraham scopre il proprio talento nella danza solo al liceo grazie ad un musical. Avendo individuato ‘tardivamente’ la propria vocazione, Abraham decide di diventare coreografo piuttosto che interprete, nonostante l’evidente capacità di eccellere in entrambe le professioni. Collabora con le compagnie di David Dorfman, Nathan Trice e Bill T. Jones, ma nel 2006 fonda A.I.M., compagnia di artisti provenienti da diverse discipline e con background molto differenti, per la quale compone le sue creazioni più acclamate. A.I.M. è una compagnia impegnata nella lotta sociale per i diritti dei neri – anche a fianco del movimento Black Lives Matter – fondata da Abraham con la mission di creare un corpus di opere di impatto e commento sociale, galvanizzate dalla black culture e dalla storia dei neri americani. «Come artista nato alla fine degli anni ‘70 – scrive Abraham –, ho sperimentato un cambiamento nella società che mi porta speranza. La mia coreografia è un riflesso di quella speranza, ma vive anche nella realtà delle mie esperienze e del lavoro culturale che deve ancora essere fatto». Abraham riflette sui temi dell’identità, della storia e della comunità, senza risparmiarsi dal punto di vista autobiografico, come mostra con Radio Show (2010) in cui intreccia passi legati ai ricordi di una ormai defunta stazione radiofonica alle emozioni suscitate dalla malattia del padre. Nel 2012 con Pavement rivisita la vita urbana della Pittsburgh degli anni Novanta, ispirandosi al film Boyz n the Hood (1991) di John Singleton e al volume The Souls of Black Folk (1903) di W.E.B. Du Bois, testo fondamentale della sociologia e della letteratura afroamericana. Un brano poten-
te, che esige una riflessione quanto mai necessaria, sull’impatto della violenza domestica, della brutalità della polizia e della piaga delle gang sulle comunità nere. Argomenti cari al coreografo-danzatore che ricorrono in diverse creazioni come When the Wolves Came In (2014), una meditazione sui diritti civili con disegni dell’artista Glenn Ligon e musica di Robert Glaspers, e Meditation: A Silent Prayer del 2018, un’opera breve, opprimente, realizzata in collaborazione con l’artista Carrie Mae Weems, che torna a denunciare le violenze perpetrate dalle forze dell’ordine nei confronti della comunità nera. Invitato da Wayne McGregor a Venezia, il visionario coreografo e Mc Arthur Fellow Kyle Abraham si avvale della collaborazione della pionieristica produttrice/compositrice di musica elettronica Jlin per presentare in prima nazionale una sorprendente rivisitazione del Requiem in re minore di Mozart in un’opera urban ed elettronica che commemora rituali, perdite e rinascite. Con il suo linguaggio fluido, muovendosi con l’incredibile versatilità che caratterizza ogni suo lavoro, Abraham attinge dal balletto classico, dall’hip-hop, dalla danza moderna e dalla street dance, portando in scena dieci danzatori vestiti dal costumista Giles Deacon con tuniche e gonne setose e vaporose, che si muovono all’interno del superbo impianto scenografico realizzato da Dan Scully. Con Requiem: Fire in the Air of the Earth, Jlin prende una delle composizioni più misteriose di Mozart e la rivoluziona in un pezzo di danza elettronica, costruendo il suono su uno stile house dance e street dance che rievoca la Chicago anni ‘90, mentre Abraham fa proprio uno dei capisaldi della cultura bianca occidentale in un balzo afro-futurista. Chiara Sciascia
ENG
Born in a middle-class African-American neighbourhood in Pittsburgh, Kyle Abraham discovers his talent for dance while rehearsing for a high-school production of a musical, later than most did, which is probably why Abraham chose to pursue the career of the choreographer, rather than interpreter – although he excels in both. He has been working with the companies of David Dorfman, Nathan Trice, and Bill T. Jones. In 2006, he founded A.I.M., a company of artists of very diverse backgrounds, and one that is politically involved in the fight for racial justice and affiliated with the BLM movement. Abraham reflects on the themes of identity, history, and community, with a good amount of autobiography thrown in, like in Radio Show (2010), where he reminisces about his father’s illness. Invited in Venice by Wayne McGregor, Kyle Abraham collaborated with pioneer electronic music producer/composer Jlin to present, in national premiere, an amazing revisitation of Mozart’s Requiem in D minor as an urban, electronic piece that commemorates rituals, losses, and births. With his fluid, versatile language, Abraham draws from classical ballet, hiphop, modern dance, and street dance to direct ten dancers around the superb scenery installed by Dan Scully. In Requiem: Fire in the Air of the Earth, Jlin takes one of Mozart’s most mysterious pieces and revolutionizes it into a piece of electronic dance music, while Abraham makes a cornerstone of western white culture jump into Afro-futurism. Requiem: Fire in the Air of the Earth 31 luglio h. 21 Teatro Malibran
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theatro 16. BIENNALE DANZA BOUNDARY-LESS
Oltre l’invisibile
La voce del silenzio
© Alessandro Tortelli © Tobias Gremmler
Pioniere della scenografia mediatica, Tobias Gremmler è artista poliedrico, capace di infrangere il muro tra virtuale e reale, spostando continuamente i confini di quanto è possibile realizzare nelle arti performative. Unendo la propria esperienza nei media digitali, nella motion graphics, nel design delle interfacce e nella musica con un’audace esplorazione artistica, Gremmler crea esperienze immersive uniche per produzioni teatrali, di danza, per concerti e mostre. Che si tratti di visualizzare il movimento e la musica per la London Symphony Orchestra, di esplorare le dinamiche dell’acqua e del vento, di creare un’esperienza immersiva per Nike basata sui movimenti calcistici di Cristiano Ronaldo o di incanalare i confini del corpo e del volto nel video musicale Tabula Rasa di Bjork, Tobias Gremmler è costantemente impegnato a cogliere l’invisibile per renderlo visibile. Ospite della 16. Biennale Danza, l’artista di origine tedesca presenta in prima mondiale l’opera Fields, visibile in loop nelle Sale d’Armi dell’Arsenale per tutta la durata del Festival. La nuova creazione mostra dei corpi che – quasi per magia – fluttuano nello spazio. I loro movimenti sono determinati da forze quali gravità, meccanica celeste e turbolenze dell’aria. Spostando il centro di massa nello spazio negativo, le forze esterne appaiono più forti dei corpi stessi e permettono loro di entrare in collisione, intersecarsi e fondersi. «L’opera di Gremmler– spiega il Direttore Wayne McGregor –, alimentata da forze cinetiche, sconvolge il nostro sistema percettivo e ci educa a un rinnovato apprezzamento della danza. Corpi virtuali, spazi slegati, meccanismi celestiali e vortici d’aria si scontrano e si intersecano per ridare forma alla “presenza fisica” e per guidarci nella partecipazione a nuove forme di bellezza e nella poetica della danza». C.S. ENG Tobias Gremmler is a versatile artist who can break the wall between the real and the virtual by pushing the borders of what can be represented using performance art. By using his experience in digital media, motion graphics, interface design, and music, Gremmler creates unique immersive experiences for theatre, dance shows, concerts, and exhibition. A guest at the 16th Venice Dance Biennale, the artist presents in world premiere Fields, showing at the Sale d’Armi throughout the Festival. Bodies float in the air like magic, pushed by gravity, celestial mechanics, and the gentle flow of air. Fields 22-31 luglio h. 11-20 Sale d’Armi, Arsenale
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Coreografo residente presso la Fondazione Nazionale della Danza / Aterballetto e coreografo associato per il festival MILANoLTRE e il centro di produzione Tanzbüro München, Diego Tortelli, vincitore del primo concorso per coreografi italiani della Biennale Danza nel 2021, «colpisce per la visione indagatrice e l’instancabile curiosità». Nelle parole di Wayne McGregor «il suo immaginifico progetto coreografico intitolato Fo:NO ci fa entrare nel corpo attraverso la gola, per un esperimento sonoro e viscerale in cui si mescolano beat boxing, politica identitaria e danza, in tutta la sua complessità». Il punto di partenza della nuova creazione è infatti la relazione tra voce, corpo e identità intesi sia nelle loro forme reali sia in quelle negative. Per quanto riguarda la voce, il suo opposto è rappresentato dal silenzio o dalla disfonia. L’opposto di un corpo virtuoso è la staticità, mentre l’opposto dell’identità è la perdita della caratterizzazione. Il desiderio di analizzare queste relazioni e interazioni nel contesto di un progetto di danza nasce da un’esperienza personale del coreografo: «Negli ultimi anni, mio padre ha dovuto subire diversi interventi chirurgici alle corde vocali. Ho potuto seguire passo dopo passo i cambiamenti nei suoni e nel tono della sua voce. Ho potuto osservare anche come questi cambiamenti avessero un effetto sulla sua postura, sulle sue interazioni con le altre persone e sulla sua identità. Per la prima volta ho capito come i suoni emessi dalla nostra bocca, e soprattutto dalle nostre corde vocali, possano definire il nostro linguaggio corporeo e quindi la nostra presenza in relazione a ciò che ci circonda». ENG Resident choreographer at the National Dance Foundation / Aterballetto, and an associate of festival MILANoLTRE and production centre Tanzbüro München, Diego Tortelli “strikes us with a fantastic project Fo:NO and makes us enter the body by way of the throat, for a visceral sound experiment that makes us of beat boxing, identity politics, and dance, in all their complexities” (Wayne McGregor). Tortelli decided to investigate the relationship between voice, body, and identity after his father underwent voice box surgery and he observed how changes in voice affected posture, interaction, and, ultimately, identity. Fo:NO 23 luglio h. 18; 24 luglio h. 20 Tese dei Soppalchi
ESSENZA PURA
L’infinito che è in noi Humanhood tra fisica moderna e misticismo antico
© Jesus Polo
Fondata nel 2016 dal britannico Rudi Cole e dalla catalana Júlia Robert Parés dopo un viaggio in India per imparare la tecnica del respiro in movimento dall’ex danzatrice Sheela Raj, Humanhood è una compagnia britannica che immediatamente ha suscitato grande interesse grazie al connubio tra danza, scienza e spiritualità presente nei suoi lavori. Mirando all’eccellenza artistica, Julia e Rudi hanno concepito un linguaggio coreografico somatico ed evanescente e una fluidità di movimento unica, capace di esprimere una sublime sensibilità spirituale. La ricerca alla base del lavoro della Compagnia affonda le proprie radici nel misticismo antico e nella fisica moderna, dalla cui esplorazione emerge in quali molteplici forme e modalità questi mondi apparentemente lontani possano unirsi per dare forma alle esperienze umane. Esplorazioni che hanno portato Humanhood in giro per il mondo a lavorare con un’ampia gamma di creativi multidisciplinari, mettendo in scena produzioni altamente sofisticate, fondendo suoni, luci e movimenti in grado di spostare l’energia, trasportando il pubblico in un luogo al di là dei sensi. Al Teatro Piccolo Arsenale, il 28 e 29 luglio, Humanhood presenta ∞ {Infinite}, la prima “Dance Theatre Meditation”, spettacolo in cui Julia e Rudi impiegano i propri poteri sciamanici per guidare il pubblico in un viaggio mistico, dove il mondo esteriore della danza magica si fonde con la consapevolezza del sé. Nel corso della loro carriera creativa Julia e Rudi si sono infatti cimentati con la meditazione, la canalizzazione energetica, lo yoga, la fitoterapia e lo sviluppo personale, attingendo al loro potere interiore con l’obiettivo di condividere un’opera d’arte in linea con la missione di elevare la coscienza umana. Questa meditazione di teatro-danza è il culmine del loro personale approccio olistico e definisce un nuovo modo di vivere una produzione di danza in cui l’ambiente teatrale diventa spazio consacrato dove accogliere la realizzazione interiore. Un rituale sacro di movimento, luce e suono che ricorda la danza cosmica di cui siamo tutti parte e il potenziale infinito del nostro futuro divenire. C.S. ENG British company Humanhood work on an interesting combination of dance, science, and spirituality. Aiming at excellence in art, founders Júlia Robert Parés and Rudi Cole developed a somatic, evanescent choreographic language and unique, streamlined motions that show sublime spiritual sensitivity. The research the company works on is based on ancient mysticism and modern physics, which translates in the many shapes and modes that these apparently distant worlds can come together to shape human experience. Júlia and Rudi worked on meditation, energy canalization, yoga, phytotherapy, and personal development with the goal of elevating human consciousness. Humanhood will present ∞ {Infinite} at Teatro Piccolo Arsenale on July 28 and 29. ∞ {Infinite} 28 luglio h. 21; 29 luglio h. 18 Teatro Piccolo Arsenale
Nata a Londra e diplomata all’ICP di New York, Indigo Lewin fa parte di una nuova generazione di fotografi radicali che mette al centro della propria ricerca il corpo. Nel 2021, incaricata da Wayne McGregor di documentare il suo primo anno da Direttore Artistico della Biennale Danza, quest’anno presenta nelle Sale d’Armi l’installazione Artist in residence 21 – Exhibition, una serie di intimi ritratti colti durante la sua residenza. «Scostandomi dalla tradizionale fotografia di danza – scrive Lewin –, ho voluto assumere un approccio voyeuristico che ha dato come risultato una rappresentazione dell’evento più cruda, intima e onesta. Trasferendo il mio fascino per la figura, sono stata colpita dall’intimità del linguaggio del corpo tra i danzatori. Concentrandomi sull’abbraccio fisico e sull’intreccio delle forme, ho scoperto che gran parte della vera bellezza si trova nei momenti di quiete tra uno spettacolo e l’altro. Gli allungamenti dopo le prove, i corpi inzuppati di sudore e i calzini logori mi hanno comunicato l’essenza della danza tanto quanto la danza stessa». ENG Born in London and graduated at the ICP of New York, Indigo Lewin belongs to a generation of radical photographers who put the body at the centre of their research. Wayne McGregor hired Lewin to document his first year as the Art Director of the Dance Biennale, and she will present installation Artist in residence 21 – Exhibition, a collection of portraits taken during her residency. “Moving away from traditional dance photography, I wanted to take a voyeuristic approach, which resulted in a much more raw, intimate and honest representation of the event.” Artist in residence 21 – Exhibition 22-31 luglio Sale d’Armi, Arsenale
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theatro PREVIEW
La nazionale del teatro Il Goldoni compie 400 anni ed è pronto per una nuova pulsante stagione La nuova stagione 2022/23 dello Stabile del Veneto parte sotto i migliori auspici, riguadagnando la qualifica di Teatro Nazionale, un riconoscimento ministeriale che rappresenta l’esito favorevole di un percorso complesso e strutturato, svolto negli ultimi quattro anni, frutto di un lavoro di squadra che ha coinvolto a tutti i livelli gli addetti del Teatro Stabile, dalla dirigenza alle maestranze, pronti sempre più a cogliere nuove e maggiori responsabilità verso la cultura regionale e nazionale. Non si può inoltre tralasciare il fatto che nel 1622 veniva inaugurato a Venezia il Teatro di San Luca o di San Salvador, Vendramin o Apollo. Il più antico teatro al mondo a svolgere, in via esclusiva e continuativa, una regolare stagione artistica dopo 4 secoli dalla sua apertura. Il teatro che attualmente porta il nome di Carlo Goldoni. Con Heart Art, questo il nome dato al nuovo corso, lo Stabile del Veneto mira dritto al cuore degli spettatori offrendo un cartellone di oltre 30 titoli e le scelte intraprese dal direttore artistico Giorgio Ferrara – che di fatto firma interamente la stagione, mentre quella scorsa era in parte frutto di scelte artistiche riconducibili alla passata direzione – confermano la volontà di accogliere nella programmazione volti della scena teatrale veneta, italiana e internazionale, accostando attori e registi noti a giovani emergenti. I palcoscenici di Venezia, Padova e Treviso offrono la scelta variegata di spettacoli e tra le 12 produzioni e co-produzioni si contano 6 novità con 3 debutti in prima nazionale e un’esclusiva italiana. Inoltre lo Stabile del Veneto allarga la stagione ai Teatri Stabili di Bolzano e di Trieste con una promozione congiunta di sei spettacoli, due per ogni Stabile, per avviare un progetto di turismo culturale, in cui aprirsi ad un territorio più ampio, mettendo in atto scambi teatrali e azioni di marketing congiunto. Il 15 e 16 ottobre, in occasione dell’inaugurazione del Teatro Goldoni, Isabelle Adjani si presenta al pubblico veneziano con lo spettacolo Le Vertige Marilyn, co-produzione con i francesi Thierry Suc TS3 e Fimalac Entertainment in lingua originale e sovratitoli. È legato alle celebrazioni del centenario della nascita di Pier Paolo Pasolini, uno degli spettacoli di punta che debutta in prima nazionale al Goldoni il 17 novembre e che sarà poi a Padova a dicembre: PA’, si riassume nel vocativo con cui i ragazzi erano soliti chiamare il poeta, il titolo della nuova produzione dello Stabile del Veneto che Marco Tullio Giordana e Luigi Lo Cascio hanno scelto di portare in scena a partire da una selezione di testi dell’immenso opus pasoliniano. La ricorrenza dei 50 anni dalla morte di Ezra Pound rappresenta invece l’occasione per la presentazione a Padova e Treviso dello spettacolo Ezra in gabbia interpretato da Mariano Rigillo. Dopo il successo del debutto a Venezia, Spettri, una produzione TSV diretta da Rimas Tuminas con Andrea Jonasson, inaugura la stagione del Teatro Verdi (9-13 novembre) e del Teatro Mario Del Monaco (18-20 novembre). La collaborazione con il regista lituano, inoltre, si rinnova anche per il 2023: a Tuminas è affidata la regia del nuovo spettacolo di Un curioso accidente di Carlo Goldoni. Tra le co-produzioni completano la programmazione il testo di Agatha Christie Testimone d’accusa per la regia di Geppy Gleijeses con Vanessa Gravina, Giulio Corso e la partecipazione straordinaria
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Le Vertige Marilyn
di Giorgio Ferrara, cui va attribuito il merito di essere simpaticamente un “vanitoso” consapevole e non pentito, e ancora la versione de Il Compleanno di Harold Pinter proposta dal regista Peter Stein con Maddalena Crippa, Alessandro Averone e Gianluigi Fogacci e infine Da qui alla luna, il testo di Matteo Righetto diretto da Giorgio Sangati con l’interpretazione di Andrea Pennacchi sul disastro della tempesta Vaia. Al Verdi di Padova sono 11 gli spettacoli in cartellone, un extra speciale e due progetti dedicati ai giovani. Una stagione con un fortissimo investimento sulla qualità delle proposte, come ha ribadito il presidente del TSV Giampiero Beltotto, uno sguardo attento all’attività giovanile e un sostanzioso investimento per prossimi lavori di ristrutturazione. Numerose anche le iniziative messe in campo per avvicinare il teatro a bambini e adolescenti. Al Mario Del Monaco di Treviso è previsto un cartellone con 38 giornate di spettacolo, 3 opere liriche, un gala dedicato al tenore da cui prende il nome il teatro stesso e 11 titoli di prosa per conquistare sempre più lo spettatore, anche nell’ottica di differenziare l’offerta in base alle scelte di un pubblico con diverse peculiarità in ogni singola realtà. Contemporaneamente si intende sviluppare un percorso di valorizzazione e di maggiore conoscenza della figura del grande tenore Del Monaco, con un galà operistico con cui si apre la stagione, cui seguiranno Rigoletto, Trovatore, I Capuleti e i Montecchi. Grande attenzione è rivolta nei confronti dei giovani artisti e verso la formazione del pubblico di domani, che rappresenta la sfida più importante per garantire un futuro al teatro. Oltre ai grandi palcoscenici dei tre Teatri, l’azione si porta anche in altri luoghi sparsi sul territorio: Teatro Momo e Casa dei Tre Oci a Venezia, Teatro del Parco di Mestre, alle Maddalene di Padova. In questi spazi agiranno tra gli altri l’Accademia Teatrale “Carlo Goldoni”, protagonisti con l’attore Geoffrey Carey del progetto House of Us ideato da Irina Brook; l’associazione Tema Cultura per Mythos il Festival di teatro classico; scuola itinerante di drammaturgia diretta da Lucia Calamaro. Fabio Marzari
Aperitivo da applausi Torna al Verdi la tradizionale rassegna estiva Go theatre! ENG
The new 2022/2023 programme at Teatro Stabile del Veneto set off under the best of auspices – again a government-sanctioned National Theatre, thanks to the amazing work they have been doing over the last several years. The Theatre was first built in 1622 and has been known with different names: San Luca, San Salvador, Vendramin, Apollo, and now Goldoni. Heart Art is the name of the new programme, listing 30 titles of both local and international productions. On October 15 and 16 – that would be inauguration week – Isabell Adjani will star in Le Vertige Marilyn, a French co-production (captioned). For the 100 years since Italian intellectual Pier Paolo Pasolini’s birth, Marco Tullio Giordana and Luigi Lo Cascio will act in PA’ on November 17. The show will also be in Padova later on. Another upcoming anniversary is the fiftieth of Ezra Pound’s death, which will be commemorated with show Ezra in gabbia (lit. ‘Exra caged’) in Padova and Treviso, starring Mariano Rigillo. Other co-productions will be Testimone d’accusa, an adaptation of Agatha Christie’s The Witness for the Prosecution directed by Geppy Gleijeses and starring Vanessa Gravina, Giulio Corso, and Giorgio Ferrara; Harold Pinter’s The Birthday Party by Peter Stein starring Maddalena Crippa, Alessandro Averone, and Gianluigi Fogacci; and Da qui alla luna, a play by Matteo Righetto directed by Giorgio Sangati, starring Andrea Pennacchi. Young artists and audiences are the primary concern and challenge for the Theatre, whose management have and will be working extensively in local spaces around the region to nurture the public of tomorrow. To this end, Theatre Academy Carlo Goldoni produced, among others, project House of Us from an idea of Irina Brook. www.teatrostabileveneto.it
D’estate un aperitivo al Verdi di Padova è diventato un vero e proprio must per i giovani e non solo, grazie alla tradizionale rassegna estiva promossa dal Teatro Stabile del Veneto – Teatro Nazionale in collaborazione con il Comune di Padova. Dal 9 luglio al 6 agosto torna l’appuntamento con Aperitivo a Teatro: cinque gli spettacoli in cartellone, uno a settimana, con repliche dal martedì al sabato alle ore 19. Dopo la messa in scena, gli spazi del teatro rimangono aperti al pubblico per un momento di convivialità in cui gli spettatori possono intrattenersi degustando un aperitivo. I titoli in programma omaggiano con adattamenti contemporanei e soggetti originali alcune delle pièce più iconiche della storia del teatro: Madre Coraggio e i suoi figli di Bertolt Brecht; Romeo e Giulietta da cui trae libera ispirazione lo spettacolo R+G firmato da Stefano Cordella e Tommaso Fermariello, La Dodicesima Notte, un’opera teatrale dall’umore folle scritta e diretta da Veronica Cruciani, e La Bisbetica Domata di William Shakespeare nell’adattamento di Andrea Pennacchi per Teatro Bresci, e Don Chisciotte, di Stivalaccio Teatro, un’originalissima avventura legata alla rappresentazione del romanzo di Cervantes. In scena produzioni e co-produzioni firmate Teatro Stabile del Veneto, con storie e personaggi senza tempo, capaci di sviscerare temi sempre attuali come l’amore, la guerra, la follia, le dinamiche delle relazioni. Protagonisti sul palcoscenico sono i giovani, dalle allieve e allievi dell’Accademia Teatrale Carlo Goldoni agli attori e attrici della Compagnia Giovani del TSV. Il debutto di Aperitivo a Teatro, il 9 e 10 luglio è affidato a Madre Coraggio e i suoi Figli, uno studio del testo di Bertolt Brecht prodotto TSV - Teatro Nazionale, dramaturg Angela Dematté con regia di Andrea Chiodi, che vedrà le allieve attrici e gli allievi attori dell’Accademia Teatrale Carlo Goldoni di Venezia impegnati nell’interpretare il capolavoro del drammaturgo tedesco qui tradotto da Roberto Menin. Aperitivo a Teatro 9 luglio-6 agosto Teatro Verdi-Padova www.teatrostabileveneto.it
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theatro PREVIEW
Here we go again! Presentata la nuova stagione del Toniolo tra musica, cinema e danza
Nuda, Compagnia Finzi Pasca
Un cartellone ricco ed elettrizzante, all’insegna di grandi nomi e spettacoli di caratura nazionale, quello presentato dal Teatro Toniolo per la stagione 2022/23, ideato dal Settore Cultura del Comune di Venezia e costruito ad hoc con Arteven, il Circuito Multidisciplinare del Veneto. Dal 25 ottobre al 4 maggio, 19 spettacoli, animeranno il palcoscenico mestrino, che apre il sipario con il musical Mamma Mia!, che dal suo debutto ha registrato il sold out in tutti i teatri italiani. Compagnia di Massimo Romeo Piparo, cast di oltre 40 artisti tra i più affermati del musical italiano e orchestra dal vivo renderanno impossibile non scatenarsi sulle hit più famose degli ABBA. Il cartellone strizza l’occhio anche agli appassionati di cinema, con titoli amatissimi sul grande schermo che approdano a teatro, tra cui: Perfetti Sconosciuti, dall’omonimo film di Paolo Genovese che firma anche la regia dell’adattamento teatrale con Paolo Calabresi e Anna Ferzetti in scena; Paolo Ruffini e Massimo Ghini, interpreti della versione teatrale di Quasi Amici, diretta da Alberto Ferrari, autore della sceneggiatura del celebre film; Sergio Rubini con I fratelli De Filippo, storia emblematica di una famiglia d’arte italiana; il thriller Misery non deve morire tratto dal romanzo cult di Stephen King, con Peppino Mazzotta e Arianna Scommegna rispettivamente nei ruoli dello scrittore e dell’ammiratrice psicopatica che lo tiene prigioniero. Non mancano i grandi classici del teatro come Il malato immaginario di Molière, portato in scena da Emilio Solfrizzi, o Il berretto a sonagli di Luigi Pirandello, nell’interpretazione di Gabriele Lavia che ne cura anche la regia, mentre Arturo Cirillo è il principale interprete, nonché adattatore e regista, dell’originale allestimento di teatro canzone del Cyrano de Bergerac di Edmond Rostand. Chiara Francini e Alessandro Federico sono i nuovi protagonisti di Coppia aperta, quasi spalancata, la favola tragicomica in cui Dario Fo e Franca Rame descrivevano la vita a due in modo perfetto con toni divertenti ma anche drammatici, raccontando le differenze tra psicologia maschile e femminile.
Tra gli ospiti più attesi della stagione Stefano Accorsi con Azul – gioia, furia, fede y eterno amor, storia di un’inossidabile amicizia, e due giganti del teatro italiano come Franco Branciaroli e Umberto Orsini, eccezionali manipolatori della parola, che si ritrovano sul palco dopo tanti anni per dare vita con la loro abilità al terribile gioco al massacro della pièce Pour un oui ou pour un non, dalla commedia della scrittrice francese Nathalie Sarraute. Il Teatro Stabile del Veneto – Teatro Nazionale presenta la propria produzione Ezra in gabbia o il caso di Ezra Pound con Mariano Rigillo e Anna Teresa Rossini diretti dall’autore e regista Leonardo Petrillo. Andrea Pennacchi torna a Mestre con il monologo Mio Padre – appunti sulla guerra civile, mentre la compagnia Carrozzeria Orfeo porta in scena Miracoli Metropolitani, spettacolo tragicomico di un’attualità bruciante. Cast tutto al femminile quello de L’attesa, con Anna Foglietta e Paola Minaccioni che danno corpo e voce alla nobildonna Cornelia e alla sua serva Rosa, le due protagoniste della pièce dal testo di Remo Binosi. In occasione del Carnevale l’Arlecchino muto per spavento di Stivalaccio Teatro è un connubio tra recitazione, canto, danza e combattimento scenico, con i lazzi e l’improvvisazione delle maschere della Commedia dell’Arte. In cartellone anche spettacoli dedicati a un pubblico internazionale: dagli Stati Uniti, attesissima e riprogrammata più volte a causa dell’emergenza sanitaria, giunge finalmente al Toniolo la compagnia Parsons Dance con uno spettacolo di danza carico di gioia, energia e vitalità, la compagnia berlinese Familie Flöz torna a incantare il pubblico mestrino con la favola per adulti Feste, spettacolo senza parole per attori con maschere, e Finzi Pasca presenta la messinscena magica e surreale di Nuda, composizione di un gioco acrobatico e teatrale e un’installazione di luci interattiva, armoniosamente intrecciati alla narrazione e accompagnati da un potente universo sonoro. C.S.
www.culturavenezia.it
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theatro FESTIVAL
PROMOSSI SUL CAMPO!
Al momento della stampa non è ancora stato diffuso il programma dettagliato della nuova edizione del Venice Open Stage, che torna in campazzo San Sebastiano dal 18 al 30 luglio, con un carico di novità, a partire dall’area-festival, ampliata e rinnovata su progetto di Rachele Cominella, che ha impiegato quasi interamente legno e materiali di recupero, incluso il Padiglione Argentina della Biennale Architettura 2021. La casa infinita trova oggi una nuova e suggestiva collocazione, andando a costituire il bar e i camerini e il magazzino dell’arena Gigi dall’Aglio, intitolata al fondatore del VOS, professore IUAV e regista, scomparso lo scorso anno, che diede inizio all’iniziativa, condividendo con la città gli spettacoli esito dei suoi laboratori di messa in scena. Nato nel 2013, oggi il Venice Open Stage – Rising theatre festival è uno dei principali appuntamenti dedicati alle arti performative dell’estate lagunare, e mette in relazione allievi e professionisti provenienti da tutta Europa e oltre. Negli anni a San Sebastiano sono passate scuole provenienti da Danimarca, Grecia, Iran, Lituania, Malesia, Portogallo, Regno Unito, Svizzera, Spagna, Romania e Turchia. Inaugurata il 18 luglio dalla lezione-spettacolo di Paolo Nori – amico di Dall’Aglio – Sanguina ancora. L’incredibile vita di Fëdor Dostoevskji, la decima edizione, traguardo e rinnovato punto di partenza per i ragazzi del VOS – ricordiamo, tutti studenti ed ex studenti volontari! – è intitolata Xenofilie, a ricordarci quanto sia necessario alla vita l’amore verso tutto ciò che è diverso, straordinario, trascende lingue e attraversa i confini. C.S. Venice Open Stage 18-30 luglio Arena Gigi dall’Aglio Campazzo San Sebastiano www.veniceopenstage.org
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Sulle orme dei giganti Operaestate celebra le arti nelle sue città-palcoscenico
Aterballetto, Yeled / Secus
In luglio e agosto gli appuntamenti con il teatro e la danza sono davvero molti, in tutto il territorio coperto da Operaestate. Abbiamo scelto di raccontarvene alcuni, tracce lungo un percorso che ci ha attratto, ma, se potete, perdetevi nella ricchezza di un programma che trasuda l’euforia di una (quasi) ritrovata normalità. Molti degli spettacoli riverberano l’arte di letterati e artisti di cui ricorrono anniversari e celebrazioni. È il caso, ad esempio, del focus che la danza dedicata a Canova nei 200 anni dalla morte, investigando la relazione tra contemporaneità e patrimonio artistico: il 22 luglio c’è Marco D’Agostin con il dispositivo di creazione coreografica a distanza di Scrivere lettere è sempre pericoloso (dal 22 al 24 luglio), una performance costruita come un incontro a sorpresa, creando un’imprevedibile coreografia fatta di appuntamenti prestabiliti e casualità; Aterballetto (22 e 23) con Yeled / Secus coreografie di Eyal Dadon e Ohad Naharin che, tra plasticità ed energia, giocano a tradurre in movimento l’opera di Canova; Beatrice Bresolin con Io e l(’)oro (versione Canova) rivendica la bellezza di corpi dalle identità complesse, molteplici, che trascendono lo stereotipo (23 e 24); chiude le celebrazioni Promise, coreografia dell’acclamata Sharon Eyal per la compagnia Tanzmainz che combina l’estetica classica con la musica elettronica. Sempre a luglio, il teatro è sotto il segno di Luigi Meneghello, il 18 con Mirko Artuso e Giuliana Musso, insieme in Liberaci dal male: tra umorismo e dolcezza, risate e malinconie, partite di calcio e gare in bicicletta, primi turbamenti e avemarie come penitenza va in scena la poesia delle piccole cose. Il 21 è il momento invece di Non è stato un viaggio per mare: con Vasco Mirandola, Gabriele Grotto e Martina Pittarello si entra nell’avventura umana e letteraria del grande autore, narrata in un percorso originale in 12 quadri, che tocca alcuni dei momenti più importanti della sua vita e della storia italiana. Il 2 agosto con Vorrei essere scrittore di musica il celebre violoncellista Mario Brunello e il musicologo e conduttore radiofonico Guido Barbieri rendono omaggio a Pier Paolo Pasolini attraverso le potenti note di Bach, sul quale un Pasolini ancora adolescente scrisse un saggio di forza e profondità sbalorditive. Il 5 agosto Anagoor, Leone d’Argento alla Biennale del 2018, con la sua nuova produzione Ecloga IX porta in scena un omaggio “presuntuoso” – così lo definiscono – alla grande anima di Andrea Zanzotto, poeta del paesaggio, ultramoderno e antichissimo a un tempo. Livia Sartori di Borgoricco Operaestate Dall’8 luglio Bassano e Comuni della Pedemontana veneta www.operaestate.it
Quelle sere al parco…
Photo CaliMero
La sostanza dei sogni Shakespeare, oltre le generazioni, le forme e i confini Ritorna il Festival Shakespeariano, la rassegna nell’ambito della 74. Estate Teatrale Veronese che alterna l’indagine dei testi originali alla rilettura drammaturgica, all’utilizzo dei codici del teatro popolare insieme ai nomi più amati dal grande pubblico. Si comincia con una prima nazionale il 15 e il 16 luglio al Teatro Romano: Boomers di Marco Paolini. Tutte quelle persone che fanno parte della generazione nata tra il 1946 e il 1964, i cui genitori hanno attraversato la guerra e che hanno vissuto il cosiddetto boom economico, che hanno avuto le migliori occasioni e le hanno sprecate, rendendosi responsabili di disastri ambientali e finanziari spesso senza rendersene conto. Questi sono i Boomers. E il gioco teatrale è la chiave per permettere di (ri)vedere quelle scelte, quei comportamenti, analizzarli in una visione non moralistica. Il linguaggio del racconto ricorda lo stile del Bestiario Italiano, con una forte componente musicale. La cantante Patrizia Laquidara, una delle voci più intense e poliedriche della musica d’autore contemporanea, è protagonista sul palcoscenico e prende le sembianze di Jole, la proprietaria di un bar dove il narratore Marco Paolini interpreta i corpi e le voci dei personaggi, questi giovani per cui secondo le parole dell’autore «nulla potrà essere come prima…». Dal 19 al 26 luglio (escluso il 24), è quindi la volta di Racconto d’inverno, alla Terrazza di Giulietta. Anche per questo spettacolo si tratta di una prima nazionale: un racconto a tre voci con figure da The Winter’s Tale di Shakespeare. Uno spettacolo ideato e costruito da Piermario Vescovo e Antonella Zaggia. Dall’opera shakespeariana deriva l’idea di una fiaba con figure, raccontata in un cerchio di spettatori, raccolti intorno a tre attrici narratrici. «Il respiro di un teatro “da camera”, con un organico e mezzi assolutamente poveri e concentrati», così definisce questo spettacolo il regista Piermario Vescovo. Tre attrici-manovratrici danno vita a questa “fiaba con figure” non solo mettendo in atto il rapporto tra la loro fisicità e il loro essere dei personaggi-burattini, ma investendo come nesso essenziale la combinazione di azione e narrazione. Infine anche quest’anno la rassegna apre i suoi orizzonti geografici grazie alla sezione internazionale del Fringe Festival: dal 22 al 28 agosto un cartellone che porta al Teatro Camploy compagnie dal Bangladesh, dalla Norvegia, dalla Serbia, dalla Malesia e anche dall’Ucraina. Katia Amoroso 74. Estate Teatrale Veronese 16 luglio-28 agosto Teatro Romano, Teatro Camploy, Terrazza di Giulietta-Verona www.spettacoloverona.it
Una rassegna diffusa che parte dal cuore di Mestre per proseguire in tutto il territorio della Città metropolitana e oltre. Palcoscenici Metropolitani presenta un ricchissimo cartellone di spettacoli dal vivo tra luglio e dicembre, organizzati dal Settore Cultura del Comune di Venezia in collaborazione con Arteven, Teatro Stabile Veneto e Teatro la Fenice di Venezia. Si parte dal Giardini di via Piave, “parco-scenico” che accoglie una doppia rassegna di letture teatrali e spettacoli di cabaret, rispettivamente il martedì e il venerdì sera, orario aperitivo, per concludere in bellezza la giornata. Tra i numerosi ospiti del martedì, la Compagnia Pantakin che inaugura la rassegna il 12 luglio con Store a cicheti – Fiabe e leggende della tradizione veneta, raccontate in chiave comica con una strizzata d’occhio anche ai piaceri del palato, per poi tornare il 26 luglio con Il Cantadante, viaggio attraverso il Purgatorio dantesco, tra angeli, percorsi accidentati, storie di peccati e di virtù, e infine con RIDIng che ti passa, il 9 agosto, all’insegna di comicità e ironia. La compagnia vicentina Theama Teatro presenta due produzioni: il 19 luglio, un omaggio alla grande poesia di Lucio Dalla con 4 Marzo 1943 – Piazza Grande, spettacolo intenso che racconta il poliedrico cantautore attraverso le sue canzoni più significative, e il 2 In malo modo – Il dizionario di Luigi Meneghello, dedicato al grande maestro della letteratura italiana. Il venerdì spazio invece alla comicità con spettacoli adatti a tutti, per ridere assieme e alleggerire il peso della settimana preparandosi al weekend. Sei gli spettacoli in cartellone alle ore 21, a partire dal 15 luglio con Teatro Moro e il suo Il mago e la valigia, spettacolo di illusionismo che non mancherà di stupire con magiche stranezze, mentre il 22 luglio arrivano i Duo di Picche con Vuelta, poetico progetto artistico che sperimenta tra equilibrismo, musica dal vivo, giocoleria su monocicli e bici acrobatica. Ad agosto il Circo Patuf dei due clown italo-argentini Fede Scotch e Pepita Moon è in scena il 5, a seguire il 12, sempre dall’Argentina la Compañia Simpañia con Così è se vi piave e, infine, il 19 chiude la rassegna Compagnia Lannutti & Corbo con All’incirco varietà, un crescendo pirotecnico di comicità, magia, acrobazia, poesia e follia, in uno spettacolo d’arte varia a cavallo tra circo-teatro e cabaret. Palcoscenici metropolitani 15 luglio-19 agosto Giardini di via Piave-Mestre www.culturavenezia.it
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L’ALTRO OCCHIO
cinema
Il legame istituzionale con la Biennale ha garantito alla Mostra una varietà di sguardi e di approcci sconosciuta a qualsiasi altra manifestazione similare
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di Roberto Pugliese
S
e la Mostra internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia
ci appare oggi come una splendida novantenne, lo deve probabilmente alla propria apparente aleatorietà istituzionale. Nessun festival al mondo ha risentito in analoga misura dello spirito del tempo. Nata come strumento di propaganda del regime fascista, poi trampolino di lancio del Neorealismo, palcoscenico per la politique des auteurs, bersaglio dapprima e volano poi del Sessantotto, palcoscenico per cinèfili, strumento di laboratorio e sperimentazione, vetrina di nuove tecnologie e nuovi supporti, la Mostra è stata tutto questo e molto altro, trascendendo sicuramente e ampiamente le intenzioni (ma non le intuizioni in qualche modo profetiche e prognostiche) del suo fondatore Giuseppe Volpi. Il legame istituzionale con la Biennale, nata un biennio prima, la struttura dirigenziale e financo la natura politica che ha presieduto alle scelte dei suoi vertici, ha garantito nei decenni alla Mostra una discontinuità, una varietà di sguardi e di approcci e di conseguenza una pluralità di offerte sconosciuta a qualsiasi altra manifestazione similare. Da Ammannati a Chiarini, da Meccoli a Laura, da Lizzani a Biraghi, da Pontecorvo a Laudadio, da Müller a Barbera (cui si deve la direzione più longeva), la Mostra ha documentato e testimoniato non solo le mutazioni tecniche del cinema ma la metamorfosi stessa e profonda di un linguaggio che non ha smarrito la propria egemonia nell’immaginario, ma che nel tempo ha dovuto senza dubbio rivedere e riscrivere alcune sue regole fondative, suscitando passioni e polemiche come nessun’altra rassegna successiva: la memoria focalizza solo due fra i tanti “scandali”, relativamente recenti, esplosi su Querelle de Brest (1982, direzione Lizzani) di Rainer W. Fassbinder, e L’ultima tentazione di Cristo (1988, direzione Biraghi) di Martin Scorsese. Così la Mostra ha potuto essere rampa di lancio per blockbuster internazionali (le saghe di Indiana Jones o di Star Wars) e proscenio notturno per esperienze spesso irreplicabili (Straub, Vertigo di Hitchcock, Lolita di Kubrick, l’integrale de I cancelli del cielo di Michael Cimino: tutti dovuti al genio intuitivo del compianto Enzo Ungari), proiettando il proprio slancio di riflesso persino nelle Giornate del cinema italiano, tenutesi negli anni ‘70 nel periodo di latenza della manifestazione. Di tutto questo si parlerà, tra rievocazione e riflessione storiografica, sabato 9 luglio, in una giornata di celebrazione dei 90 anni della Mostra, con la proiezione alle 21 in Sala Grande del documentario Regen (Pioggia) di Mannus Franken e Joris Ivens (Olanda,1929) e della commedia Gli uomini, che mascalzoni... di Mario Camerini (Italia, 1932), con Vittorio De Sica – entrambi nel programma della prima edizione del 1932 – in una serata dedicata al pubblico di Venezia, che potrà partecipare gratuitamente attraverso la collaborazione con i quotidiani «Il Gazzettino», «La Nuova di Venezia e Mestre» e il «Corriere del Veneto». Sarà questo l’epilogo di una giornata che inizierà al mattino a Venezia, alla Biblioteca dei Giardini della Biennale, con un convegno internazionale e la presentazione del nuovo volume storico La Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia scritto da Gian Piero Brunetta, massimo storico del cinema italiano, e frutto della collaborazione fra la Biennale e l’editore Marsilio. Convegno che, dopo i saluti del presidente della Biennale Roberto Cicutto e del direttore della Mostra Alberto Barbera, vedrà i contributi e le testimonianze di autori come Marco Bellocchio e Margarethe Von Trotta, critici e studiosi come Paolo Mereghetti, Michel Ciment e Gianni Canova, attori come Isabelle Huppert, Isabella Ferrari e Tilda Swinton, storici come Carlo Montanaro. Sarà inoltre aperta, nel Portego di Ca’ Giustinian, un’esposizione sulla prima edizione del 1932 della Mostra del Cinema, realizzata dall’Archivio Storico delle Arti Contemporanee (ASAC) della Biennale.
I
f the Venice International Film Festival appears to us, today, as a radiant ninety-year-old, we owe it to its apparent institutional instability. No other festival has ever been affected so strongly by the spirit of time. Born as a propaganda arm of the Fascist regime, then turned into the jumping board of everything twentieth-century, a stage for the politique des auteurs, a target first, flywheel later, of the Protests of 1968, a tool for experimentation, a showcase of new technology. The Festival is all this and more than anything its founder, Giuseppe Volpi, may have thought. The institutional relationship with the Biennale, itself two years older than the VFF, the management structure and the political nature of its board granted, over the decades, discontinuity, diversity, and plurality – more than any other comparable show anywhere. Ammannati, Chiarini, Meccoli, Laura, Lizzani, Biraghi, Pontecorvo, Laudadio, Müller, Barbera – the VFF witnessed and documented the technical evolution of cinema as well as the evolution of a language that never lost its grip on our imagination, though at the same time had to reinvent and re-write its own rules. Two ‘scandals’ come to memory: one on Querelle de Brest (1982) and the other on The Last Temptation of Christ (1988). The Festival was also the launchpad for international blockbusters (Indiana Jones and Star Wars) and the nightly stage for unrepeatable experiences (Straub, Hitchcock’s Vertigo, Kubrick’s Lolita, the director’s cut of Cimino’s Gates of Heaven). All of this will be discussed on Saturday, July 9, at a celebration convention for the Festival’s ninety years. 1929 Dutch documentary Regen (Rain) by Mannus Franken and Joris Ivens will be screened in Sala Grande at 9pm, followed by What Scoundrels Men Are! by Mario Camerini (1932). Both films were in the first edition’s line-up in 1932. The celebration day will start early, in Venice, at the Giardini Library, with an international symposium and the presentation of a book, La Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, by Gian Piero Brunetta, a top historian of Italian cinema. At Ca’ Giustinian, the main offices of the Biennale in Venice, an exhibition on the first Venice Film Festival has been produced by the Historical Archive section of the Biennale.
Celebrazione 90 anni Mostra del Cinema 9 luglio Biblioteca della Biennale, Sala Grande del Palazzo del Cinema, Ca‘ Giustinian www.labiennale.org
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An artistic spirit Setting the mood from evening until early morning with its avant-garde selection of art-inspired cocktails, Arts Bar celebrates the city’s artistic and cultural legacy with an outlook to the future. Discover its exquisite collection of serves the best address in Venice.
©2021 Marriott International, Inc. All Rights Reserved. All names, marks and logos are the trademarks of Marriott International, Inc., or its affiliates.
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cinema SCHERMI IN CITTÀ
Platea liquida
Cielo stellato sopra di me
Due passi in Europa
All’Arsenale di Venezia ritorna Barch-in, il cinema drive-in in barca nato nel 2020 dall’intuizione di alcuni giovani nel periodo di emergenza sanitaria. Dal 27 al 31 luglio sul grande schermo all’aperto è in calendario un programma di proiezioni che avrà come protagonista la tematica dell’ecologia marina, a Venezia non solo emergenza ambientale ma necessità sociale e civile. Ideato dagli architetti Nicola Scopelliti, Caterina Groli e Silvia Rasia, Barch-in ha saputo trasformarsi in realtà grazie allo sforzo comune di un team affiatato, determinato a regalare alla città il proprio drive-in, unico al mondo, in un periodo come quello pandemico in cui la fruizione cinematografica veniva totalmente stravolta nei tempi e nei modi. Incontro fondamentale è stato poi quello con FEMS du Cinéma, associazione culturale nata a Venezia nel 2015 da un gruppo di ragazze appassionate di cinema che qualche anno prima si erano ritrovate, per caso e per fortuna, nella città lagunare e si erano accorte di condividere la passione per la Settima arte e la decisione a farne il proprio mestiere. Oggi FEMS è un’affermata realtà del territorio che collabora con diverse associazioni e gruppi locali ed è attiva nell’organizzazione e promozione di eventi legati al cinema a Venezia e dintorni e nell’informazione cinematografica sul web. L’edizione 2022 di Barch-in è la prosecuzione di un percorso: pensare al 2020 fa venire i brividi, guardare uno schermo pensando al futuro è la soluzione migliore.
Arriva sotto casa un furgone attrezzato con schermo, proiettore e 99 sedie, con l’invito a godersi un film all’aperto e in compagnia, riscoprendo il valore della comunità e del tempo speso insieme. Il Lido di Venezia – novità di quest’anno –, Mestre e i centri della città metropolitana seguono la bussola di Cinemoving alla ricerca di qualità coniugata alla popolarità dei grandi successi, sia di pubblico che di critica, con un occhio particolare alla suspense dei film d’azione, al divertimento delle migliori commedie, senza dimenticare le suggestioni delle grandi storie pensate per l’intera famiglia. Spazio allora a pellicole come Rifkin’s Festival di Woody Allen: Mort Rifkin ha lasciato malvolentieri New York per accompagnare la moglie a San Sebastián. L’occasione, che farà la consorte ladra, è il celebre festival internazionale del cinema. Tra cocktail e proiezioni, il carosello festivaliero accelera la crisi in cui versa la coppia. Fermi a un bivio da troppo tempo, Mort e Sue non si intendono più; o Figli del compianto Mattia Torre, con una Paola Cortellesi e un Valerio Mastandrea in stato di grazia, coppia alle prese con l’arrivo di un figlio inaspettato. In Downsizing-Vivere alla grande di Alexander Payne, con Matt Damon, un pool di scienziati norvegesi ha trovato la soluzione al problema della sovrappopolazione e dei cambiamenti climatici: rimpicciolire uomini e donne a circa dieci centimetri, certi che in due secoli la transizione dal grande al piccolo potrà essere completata. Ma è davvero la soluzione a tutti i problemi?
Dal 14 al 27 agosto in Campo San Polo ecco Uno sguardo sull’Europa, due settimane di lungometraggi, cortometraggi, documentari e film di finzione introdotti da registi e attori provenienti da diverse nazioni europee: Francia, Svizzera, Portogallo, Ungheria, e due festival europei. Uno sguardo ai nostri vicini, uno sguardo su di noi, sulle storie che ci legano e ci raccontano, diverse ma uguali, nella nostra Europa. Continua anche la collaborazione con Shorts on Tap, il festival cinematografico internazionale di cortometraggi nato Londra nel 2013 che aprirà la rassegna con una vera e propria celebrazione del cortometraggio onirico con la rassegna intitolata In Dreams. Un programma incentrato sul concetto di “sogno”, attraverso una varietà di generi che spaziano dall’animazione al corto sperimentale, passando per il documentario, con proiezioni seguite da sessioni di domande e risposte tra registi e spettatori. National Film Institute Hungary, Camões Instituto da Cooperação e da Lingua, Cinema Svizzero a Venezia e Alliance Française di Venezia i partner di una rassegna che con titoli tra gli altri come Cléo de 5 à 7 di Agnès Varda (16), Tandoori Love di Oliver Paulus (19) e Zeus di Paulo Filipe Monteiro (21) ci racconta il cinema di ieri e di oggi, la società di domani. Il Venice Film Week torna poi in città con la sua settima edizione, creato da e per registi indipendenti in un evento che chiude Cinemoving 2022, dopo le proiezioni alla Casa del Cinema dal 22 al 26 agosto.
Cinema Barch-in 27-31 luglio Bacino dell’Arsenale cinemabarchin.com
Cinemoving www.comune.venezia.it
Uno sguardo sull’Europa 14-27 agosto Campo San Polo www.comune.venezia.it
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cinema CINEFACTS
a cura di Marisa Santin
GHIBLIMANIA
Dall’1 luglio al 17 agosto Lucky Red porta nelle sale di tutta Italia cinque classici dello Studio Ghibli, un’occasione unica per rivedere sul grande schermo il potente mondo immaginifico e poetico del genio dell’animazione Hayao Miyazaki. LA CITTÀ INCANTATA (2001)
Dall’1 al 6 luglio Rimasta sola in una cittadina misteriosa, la piccola Chihiro deve cercare di non dimenticare il proprio nome altrimenti non potrà ricongiungersi con i suoi genitori, trasformati in maiali da una strega. Una storia di formazione dall’età dei giochi a quella delle responsabilità, che nasconde anche un’accesa critica al consumismo. Orso d’Oro al Festival di Berlino nel 2002 e Oscar al Miglior film di animazione nel 2003.
PRINCIPESSA MONONOKE (1997)
Dal 14 al 20 luglio Per sfuggire ad una maledizione, il principe Ashitaca intraprende un viaggio in una foresta abitata da spiriti e divinità, fra cui la principessa-guerriera del titolo. La dolcezza tipica dei film di Miyazaki lascia il posto ad atmosfere più cupe e violente in cui è l’odio a guidare le azioni, in una rappresentazione dell’eterno scontro tra Uomo e Natura. Attraverso immagini di grande potenza visiva il regista dà vita ad un mondo antico che attinge al folklore giapponese.
NAUSICAÄ DELLA VALLE DEL VENTO (1984) Dal 25 al 31 luglio Una serie di terribili guerre nucleari ha devastato la Terra riducendo la possibilità di vita a poche isole. Tutto intorno il Mare della Rovina continua ad espandersi minacciando le ultime zone abitabili. In questo futuro post-atomico, tra fantasy e fantascienza, la speranza è rappresentata da un’adolescente dotata di un potere speciale. La piccola Nausicaä riesce infatti a comunicare con gli animali e con i terribili insetti Ohm… È il film che segna l’inizio della ‘rivoluzione’ Ghibli.
PORCO ROSSO (1992)
Dall’1 al 7 agosto Compie trent’anni il film più politico del regista giapponese. La storia dell’aviatore solitario, eroe senza legge dalle sembianze suine, è ambientata in Italia fra le due Guerre. Fra schermaglie aeree, voli acrobatici e attacchi ai pirati dell’Adriatico al grido di “meglio porco che fascista”, il film svela la passione di Miyazaki per l’aviazione ribadendo al tempo stesso la sua denuncia di ogni forma di totalitarismo.
IL CASTELLO ERRANTE DI HOWL (2004)
Dall’11 al 17 agosto Presentato al Festival di Venezia nel 2004, il film è tratto dall’omonimo romanzo del 1986 della scrittrice fantasy britannica Diana Wynne Jones. Nel periodo del conflitto in Iraq, Miyazaki trasforma la storia del mago Howl in una favola antimilitarista, condanna assoluta alla guerra disseminata di simbologie e metafore. Atmosfere oniriche, paesaggi incantati, personaggi delicati e poetici che ci ricordano quanto siano importanti i sentimenti e i rapporti tra esseri umani.
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I MAGNIFICI 60 I lettori del Campiello non premiano l’autore famoso, premiano il libro che piace
etcc...
Leonardo Mondadori «Il Gazzettino», 31 agosto 1982
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di Fabio Marzari
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l Premio Campiello, promosso dalla Fondazione Il
Campiello – Confindustria Veneto, compie sessant’anni. Istituito nel 1962 divenne protagonista fin dalla prima edizione, che si svolse nel 1963 a Venezia nell’isola di San Giorgio, quando venne proclamato vincitore Primo Levi con La Tregua, pietra miliare della narrativa del Novecento. Un incredibile inizio e un lungo percorso di crescita, che ha portato il Premio a divenire uno tra i più importanti nel panorama editoriale italiano, contribuendo in questi sessant’anni alla promozione della narrativa nazionale e a diffondere il piacere per la lettura nella consapevolezza che un premio trovi la sua massima ragion d’essere nel “creare nuovi lettori”. Edilio Rusconi, allora giornalista e non ancora editore, che fece parte delle prime giurie del Premio, trovò nel tipico spazio della vita pubblica veneziana, il “campiello” appunto, lo spunto giusto per definire il premio, il cui nome doveva sottolineare la partecipazione decisiva di 300 lettori, la Giuria popolare, per la scelta del vincitore tra i cinque finalisti scelti da una giuria tecnica, la Giuria dei Letterati. Per l’edizione 2022, la Selezione della cinquina dei finalisti è avvenuta dopo una combattuta designazione da parte della Giuria dei Letterati presieduta da Walter Veltroni, che infine ha scelto tra gli iniziali 350 libri, poi divenuti 78: Fabio Bacà con Nova (Adelphi), Antonio Pascale con La foglia di fico. Storie di alberi, donne, uomini (Einaudi), Daniela Ranieri con Stradario aggiornato di tutti i miei baci (Ponte alle Grazie), Elena Stancanelli con Il tuffatore (La Nave di Teseo) e Bernardo Zannoni con I miei stupidi intenti (Sellerio). Durante la selezione la Giuria ha inoltre annunciato il vincitore del Campiello Opera Prima, riconoscimento attribuito dal 2004 ad un autore al suo esordio letterario, assegnato a Francesca Valente per Altro nulla da segnalare (Einaudi). La cerimonia finale del Premio Campiello 2022 avrà luogo il 3 settembre al Teatro La Fenice. Abbiamo chiesto agli autori finalisti di rispondere a due domante per farci entrare direttamente tra le pagine dei loro libri e guidarci in un viaggio di storie e mondi diversissimi. Buona lettura!
1_Qual è stata l’ispirazione per il suo libro finalista del Campiello? 2_La scrittura, l’editoria e il traino importante dei premi letterari. Come si configura oggi il mestiere dello scrittore? www.premiocampiello.org
FABIO BACÀ Nato nel 1972 a San Benedetto del Tronto, vive ad Alba Adriatica. Dopo qualche anno di giornalismo, oggi insegna ginnastiche dolci. Benevolenza cosmica è il suo primo romanzo, seguito da Nova (Adelphi, 2022), un libro a tinte fosche ma divertente e acuto. Del cervello umano, Davide sa quanto ha imparato all’università e usa nel suo mestiere di neurochirurgo. Finora gli è bastato a neutralizzare i fastidiosi rumori di fondo e le modeste minacce della vita non elettrizzante che conduce nella Lucca suburbana... 1_ Credo di essere stato ossessionato dalla violenza sin da quando ero molto giovane, ancor prima di avere le risorse per analizzarne le possibili ragioni e il profondo radicamento nella personalità di ogni essere umano. Ma nel momento stesso in cui ho deciso di essere uno scrittore, molti anni dopo, ho avuto la certezza che prima o poi avrei affrontato la mia ossessione sulla carta, anche se non immaginavo sarebbe accaduto già con la mia seconda opera. Poi, negli ultimi cinque o sei anni, una serie di fatti personali (un paio dei quali abilmente camuffati e inseriti in Nova) hanno letteralmente giocato di sponda con altrettanti fatti di cronaca che nel corso del tempo avevano colpito il mio immaginario (uno di essi, forse il più eclatante, apre il romanzo): ne ho dedotto che fosse arrivato il momento di mettermi alla prova con la mia versione di un tema che ha attraversato tutta la storia della letteratura, e al quale ho semplicemente cercato di dare una coloritura molto personale. 2_ Non sono sicuro di saper rispondere a questa domanda. Di certo, non è un problema che si configura nel momento in cui mi accingo a scrivere qualcosa che può ragionevolmente finire sotto gli occhi di migliaia (o decine di migliaia) di persone: le uniche stelle a guidarmi, nelle prime come nell’ultima stesura, sono la forza potenziale della storia che ho in mente e la prosa mediante la quale conferirò espressività al tutto. Il resto mi interessa relativamente. Non mi chiedo mai se il libro che sto scrivendo è adatto alla pubblicazione con una grande casa editrice, ad una riduzione cinematografica, alla finale o alla vittoria di un prestigioso premio letterario. L’unico mio obiettivo è scrivere la miglior storia possibile nel miglior stile possibile. Non mi interessano le mode (al contrario: se possibile, mi muovo in direzione esattamente opposta) e non mi curo di nessuna strategia alternativa al rendere ogni singola riga, ogni minimo sintagma, degno di essere letto. Che ci riesca o meno, è un altro discorso. Ma la prassi è quella.
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etcc... PREMIO CAMPIELLO CINQUINA
ANTONIO PASCALE
DANIELA RANIERI Dopo gli studi di Antropologia culturale, ha conseguito un dottorato in Teoria e ricerca sociale. Ha scritto Tutto cospira a tacere di noi (2012), AristoDem. Discorso sui nuovi radical chic (2013), Mille esempi di cani smarriti (2015) e Stradario aggiornato di tutti i miei baci (Ponte alle grazie, 2021). È giornalista e scrive di politica e cultura sul «Il Fatto Quotidiano». Il libro ha come protagonista una donna in dialogo perpetuo con sé stessa e con il mondo, che disegna una mappa delle sue ossessioni, del suo rapporto con l’amore e con il corpo, serbatoio di ipocondrie e nevrosi. 1_ Sono molte le fonti di ispirazione. Volevo comporre il ritratto di una donna che avesse un po’ i tratti di Don Giovanni, un po’ dei misantropi di Carlo Emilio Gadda, che disertasse i ruoli imposti dalla società come Bartleby lo scrivano, che tenesse in mano la lama affilata di Thomas Bernhard contro tutto ciò che è socialmente congruo e sentisse di vivere in una realtà kafkiana (concentrazionaria benché illusoriamente libertaria). Da Kafka viene anche la teoria dei baci che si perdono per strada, bevuti dai fantasmi. Hanno influito i classici, in particolare le Lettere di Eroine e i Rimedi contro l’amore di Ovidio. È stato di ispirazione un passaggio di Hilarotragoedia di Giorgio Manganelli, che dice: «Ad ogni quantità di amore è intrinseco il suo proprio e specifico addio. Trapassando di amore in amore, di addio in addio, lentamente per i secoli ci si lega in presenza ed in assenza». Ho voluto raccontare questo flusso perenne, questa diaspora di amori perduti. 2_ Per me il mestiere dello scrittore consiste nello scrivere e nel correggere, nel lavorare di cesello. Tutto il resto è estraneo alla scrittura, ne è un effetto collaterale, a volte lieto, come in questo caso. Ma prescinde e talvolta è addirittura in contrasto con la scrittura in sé. Mi fanno molto piacere i riscontri dei lettori, spesso molto giovani, che hanno affrontato con entusiasmo e apprezzato profondamente un libro di 700 pagine. Ogni libro prende una sua strada che non dipende dalla volontà dell’autore. È una barchetta che prende il largo. Può trasformarsi “mare facendo” in un bastimento, ma non si sa finché non è in navigazione. Eppure, si tratta della stessa barchetta che ha lasciato la propria scrivania in cerca di lettori.
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Nato a Napoli nel 1966, è vissuto a Caserta, poi a Roma, dove lavora. È scrittore, saggista, autore teatrale e televisivo. Per Einaudi ha pubblicato, tra gli altri, La città distratta (1999), Ritorno alla città distratta (2009), La manutenzione degli affetti (2003), Passa la bellezza (2005), Scienza e sentimento (2008), Le attenuanti sentimentali (2013), Le aggravanti sentimentali (2016) e La foglia di fico. Storie di alberi, donne, uomini... (Einaudi, 2021). Collabora con «Il Mattino», «Il Foglio», per cui dirige il bisettimanale di agricoltura «Agrifoglio», «Rivista Studio», «Link. Idee per la tv», «Mind», «Le Scienze», «limes» e ha un blog sul «Il Post». La foglia di fico è una ramificazione di storie intrecciate come l’edera, antiche come il grano, contorte, nodose e belle come i tronchi di olivo. 1_ Ho parlato tardi, intorno a 4 anni e mezzo, e per un lungo periodo, fino ai 16 anni, ho balbettato. In compenso, stravedevo. Le case non erano case, ma volti umani, le finestre erano gli occhi, accesi, profondi, tristi, ecc. Anche per le piante e gli alberi era lo stesso. I campi di grano un mare che ondeggiava, la quercia un amico che mi aspettava a braccia aperte nei campi, il ciliegio era un clown con il naso rosso che mi faceva ridere. Poi quando ho ricominciato a parlare ho perso la visione. Però durante il lockdown, una mattina presto, sono uscito per buttare la spazzatura e mi sono trovato davanti a un ciliegio fiorito. Sono successe due cose, ho ricominciato a balbettare e per un paio di giorni mi sono venuti dei ricordi legati alle piante. Erano 10, li ho contati e riguardavano le prime volte che ho sentito qualcosa. La prima volta che mi sono sentito felice sui covoni di grano e il tramonto sembrava non finire mai. La prima volta che ho avuto bisogno dell’ombra del tiglio perché volevo capire cosa c’era in me che non andava. La prima volta che ho visto i ciliegi in fiore sotto la luna e ho provato una delusione d’amore. Poi mi sono reso conto che non erano ricordi privati ma appartenevano un po’ a tutti, quindi ho pensato di scrivere di piante, donne e uomini, cioè di come e perché questi ricordi hanno interessato una comunità di individui: è nato questo intreccio di piante e storie. 2_ Oggi lo scrittore ha perso (per fortuna) il suo ruolo storico. Una volta Zolà avrebbe raccontato la storia di mio nonno contadino, visto che mio nonno non poteva farlo. Oggi se mio nonno fosse vivo farebbe un reel per raccontare di sé. Credo sia interessante raccontare lo scrittore alle prese con la complessità e le novità del reale, senza presunzione o principio di autorità, una persona fragile ma testarda che mentre consapevolmente cerca di usare vari strumenti di indagine, nello stesso momento è vittima di umori e situazioni che non riesce a controllare. Una figura tragicomica, lo scrittore d’oggi è un Buster Keaton dei tempi andati. In questo senso lo scrittore è uno sperimentatore, ci racconta una storia e cerca di indagare su come, da quali sue fonti segrete, è nata questa storia, una doppia misura per il bene stesso della storia.
ELENA STANCANELLI Nata a Firenze nel 1965, ha esordito nel 1998 con il romanzo Benzina (Premio Giuseppe Berto). Ha scritto Firenze da piccola (2006), A immaginare una vita ce ne vuole un’altra (2007), Mamma o non mamma (2009, con Carola Susani) e Un uomo giusto (2011). Con La Nave di Teseo ha pubblicato La femmina nuda (2016, finalista al Premio Strega) e Venne alla spiaggia un assassino (2019). Collabora con «La Repubblica» e «La Stampa». Con Emma Dante e Giorgio Vasta ha scritto la sceneggiatura del film Le sorelle Macaluso. Ne Il tuffatore (La Nave di Teseo, 2022) convivono eleganza e passione per il rischio. Raul Gardini aveva imparato da ragazzino a tuffarsi dal molo di Ravenna. Bello, seduttivo, sempre abbronzato, erede acquisito di una delle più potenti famiglie industriali italiane, aveva l’ambizione di cambiare le regole del gioco e la spregiudicatezza per farlo. A qualunque costo. 1_ Conosco Ravenna per questioni biografiche, e ho una passione per i pirati. Gli irregolari, gli eccessivi. Volevo scrivere un libro su Gardini, ma non ci sono riuscita fin quando non ho capito che non sarebbe stata solo la storia di un uomo, ma quella delle fine di un mondo. Era, quella di Raul Gardini, l’epoca d’oro della mascolinità. Il maschio prima della crisi, prima che osassimo metterlo in discussione. Quel tipo di maschio non esiste più. Come i dinosauri dopo il meteorite, per sopravvivere ha dovuto evolversi, trasformarsi, imparare a volare. Chi non si è evoluto ha cominciato a scomporsi, deformarsi, trasformandosi in una versione parodica, grottesca di quello che era. Di esempi ne abbiamo parecchi. Ho raccontato quindi questa storia, la storia di un’estinzione. Che coincide con la fine del Novecento, e si porta dietro molti altri personaggi, alcuni libri, la storia politica ed economica di quegli anni. Che poi è anche la mia. 2_ Lo scrittore è sempre lo stesso da secoli. Per scrivere serve sempre lo stesso talento che io chiamo ossessione. Leggere e scrivere, non alzarsi dalla sedia. Diverso è quello che accade dopo, una volta che il libro è pubblicato. Diversa è l’editoria, che sappiamo bulimica, rapsodica, sempre alla ricerca spasmodica di qualche “evento”, capace di far imbizzarrire il fatturato annuale. A volte succede, ultima Elena Ferrante, più spesso si tratta di fare manutenzione degli scrittori, accompagnarli, farli diventare più bravi aiutandoli a ragionare, ma tanta cura, mi rendo conto, non mette a posto i bilanci. Così ogni anno gli editori sognano che i loro autori finiscano in qualche premio importante, uno di quelli che garantisce un ringalluzzirsi delle vendite. Anche gli autori lo sperano, ma per un motivo diverso. Perché immaginano che essere selezionati per un premio, e magari vincerlo, significherà entrare a far parte di un canone, ricevere la definitiva laurea di scrittore. Si sottopongono volentieri alle faticose tournée, le dediche, le strette di mano, l’ordalia della promozione, quest’anno impreziosita dal brivido del contagio da schivare. Sempre sperando che qualcuno, da un palco, pronunci il loro nome ad alta voce, lanciandoli in orbita. Forse il mestiere di scrittore, oggi, si configura proprio così: saper viaggiare, vincere o perdere senza mai dimenticare che l’unico vero talento è sapere tornare a casa, sedersi sulla sedia, e ricominciare a scrivere.
BERNARDO ZANNONI Nato a Sarzana nel 1995, dove tuttora vive, I miei stupidi intenti (Sellerio, 2021) è il suo primo romanzo che narra la storia di un animale, una faina che scopre il mondo, le sue verità e le sue menzogne. Archy nasce una notte d’inverno, assieme ai suoi fratelli: alla madre hanno ucciso il compagno, e si ritrova a doverli crescere da sola... 1_ Per la stesura de I miei stupidi intenti, che io ricordi, l’ispirazione si è presentata in molteplici forme, in tempi differenti. Ho intuito i complessi e liberi contorni di un bosco, il potere narrativo degli animali; ho lasciato che i personaggi seguissero i loro bisogni, che si muovessero da soli per la trama. Credo sia successo questo. Parola per parola, immagine per immagine, ho seguito il naturale evolversi degli eventi, cercando di raccontarmi qualcosa, esplorare meandri che mi nascondevo. Questa a mio dire è la migliore delle spinte. Sia per chi è dietro la penna, sia per chi in seguito ne leggerà la traccia. 2_ Sul mestiere dello scrittore avrei tanto da dire, e per assurdo, quasi nulla. Forse per la mia età non lo ho ancora capito appieno, forse non esiste un momento esatto per definirsi scrittori. Non da noi stessi almeno, e forse non da vivi. La trovo una vocazione discontinua e difficile, e parecchio dispettosa. Ti prende per un attimo e poi fugge, ritorna: quello che c’è nel mezzo è il resto della nostra vita, la parte più palpabile, i nostri veri contorni. È così distante da un’etichetta definita, troppo incerta, a mio parere, per essere sempre vestita. Sono contento che i nostri sforzi abbiano un valore; che le case editrici sappiano raccoglierli, regalarli agli occhi di chi cerca a fondo, arricchire i pensieri del prossimo, come così fanno anche i premi letterari. Da un punto di vista italiano poi, ammetto di vedere una grande onestà: ciò che merita, merita. È così nella maggior parte dei casi. Esprimere il mondo è un bisogno che non cessa mai, e per assurdo, non c’è modo di soddisfarlo pienamente. Manca sempre un pezzo, un angolo rimasto bianco, e tocca ricominciare. Per fortuna.
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etcc... BOOK
Lo vedo scritto su tutti i muri... Ricerca, mappatura, libro, mostra: la memoria di Venezia è viva Libro particolarissimo quello appena pubblicato da Lineadacqua Edizioni, scritto da Alberto Toso Fei e Desi Marangon, con le splendide immagini di Simone Padovani, dal titolo I Graffiti di Venezia, frutto di un lavoro imponente che ha richiesto ben cinque anni di ricerca da parte dello scrittore e della storica, che hanno mappato un patrimonio nascosto di oltre seimila graffiti. Una indagine certosina, accuratissima fatta di campo in campo, in ogni calle, nelle corti, nei palazzi, nelle chiese, nelle antiche prigioni, nei musei, nelle colonne, sugli stipiti delle porte... non c’è luogo di Venezia – da Palazzo Ducale all’Arsenale – che non sia stato setacciato, esplorato, scandagliato. Questo studio e il volume che ne è scaturito hanno ricevuto il Patrocinio dei Comitati Privati Internazionali per la Salvaguardia di Venezia e il sostegno delle maggiori Istituzioni culturali della città. Il volume offre un modo inedito di raccontare la città, un lavoro ricognitivo che riserva grandi sorprese, dando vita a una raccolta e a una mappatura che avrà anche lo scopo di salvaguardare queste tracce ed evitare che vengano cancellate da nuovi interventi edilizi. I graffiti, riportati in oltre 350 immagini, mostrano figure umane, volti, nomi, date, ma anche gondole e ferri da prua, navi, persino una “pantegana”, sigle, poesie, versetti, animali, croci, oltre alle registrazioni delle acque alte e della laguna ghiacciata. Una narrazione alternativa della storia di Venezia fatta da sconosciuti anche centinaia di anni fa, uomini che volevano conservare la memoria, il ricordo di un fatto, di un accadimento, di un sentimento. I graffiti sono, dunque, presidi di lontane memorie, cronache antiche affidate alle pietre, ai marmi, ai masegni. I muri parlano, raccontano attraverso tracce di ogni genere, si percorre l’intera storia di Venezia, dalla peste con i teschi e le croci all’elezione dei Dogi, al sostegno a Daniele Manin e Niccolò Tommaseo, passando per un bombardamento del 1918 e giungendo alle vicende legate al Fascismo, alla Liberazione, al Referendum su Monarchia o Repubblica e ancora a eventi come il crollo del campanile di San Marco o l’esecuzione dell’anarchico Francisco Ferrer. Tra le particolarità spiccano: una chiocciola, un antico simbolo commerciale veneziano perfettamente uguale a quella che oggi ritroviamo nelle nostre tastiere del computer o dei telefonini; un graffito del 1470 in glagolitico, il più antico dialetto slavo, riportato su una colonna di Palazzo Ducale, il cui autore si ipotizza possa essere Blaž Baromic, il primo stampatore croato giunto a Venezia proprio per apprendere le tecniche di stampa; un’incisione del ‘700 che riporta un classico motto veneziano: «mona chi legge».
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Photo Simone Padovani
Alberto Toso Fei, scrittore, saggista e giornalista, è un formidabile narratore di Venezia, dei suoi misteri, delle sue storie, si rifà all’antica tradizione orale e racconta come spesso i graffiti siano legati a leggende, per esempio le rune vichinghe incise all’Arsenale, che per gli antichi veneziani erano magiche, o il graffito del levantino che corre disperato reggendo in mano il cuore della madre, inciso sul portale della Scuola Grande di San Marco. I Graffiti di Venezia è anche una pagina Facebook, un profilo Instagram e una mail (igraffitidivenezia@gmail.com) che gli autori hanno messo a disposizione per dar modo a tutti di segnalare l’eventuale scoperta di nuovi graffiti, così da arricchire e ampliare questo catalogo davvero entusiasmante. Ma soprattutto I Graffiti di Venezia è una mostra, fortemente voluta da Fondazione di Venezia e ospitata presso gli spazi della sede di Rio Novo fino al 30 settembre. Le fotografie di Simone Padovani permettono di mostrare senza filtri e senza forzature come I graffiti di Venezia siano tracce di storia scritte da persone comuni, così come da letterati e nobili. Seicento anni di storia raccontati da Toso Fei e restituiti dalle fotografie di Padovani come memoria visiva di una città viva, in movimento, talvolta minore, ma ricca di umanità. Venezia appare come un libro aperto, un libro scritto sulle pietre di una città che non smette mai di stupirci. Elisabetta Gardin I Graffiti di Venezia (Lineadacqua, 2022) Alberto Toso Fei e Desi Marangon Fotografie di Simone Padovani Lineadacqua Edizioni, 2022
20 April 27 November 2022 Campo Ss. Giovanni e Paolo / Barbaria de le Tole Castello 6691
CHIESA DI SANTA MARIA DEI DERELITTI SALA DELLA MUSICA / SCALA DEL SARDI / FARMACIA
PENUMBRA
Karimah Ashadu, Jonathas de Andrade, Aziz Hazara, He Xiangyu, Masbedo, James Richards, Emilija Škarnulytė, Ana Vaz curated by Alessandro Rabottini and Leonardo Bigazzi a project by
Fondazione In Between Art Film
ATRIO MODERNO
ALLUVIUM
Ramin Haerizadeh, Rokni Haerizadeh, Hesam Rahmanian curated by Samuele Piazza a project by
OGR Torino
curated by
in collaboration with
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etcc... PAROLE a cura di Renato Jona
«C
iao, come stai?»
«Bene!» mi risponde l’interlocutore «Sono proprio contento!». «Lo vedo, hai un’espressione da persona felice». «Infatti» continua «Ho superato brillantemente l’ultimo esame di Medicina e adesso mi devo ormai occupare soltanto della Tesi di Laurea. Il più è fatto! Ho finito tutti gli esami, dati con successo e nei tempi giusti, mi sono tolto un gran peso!». Al di là del contenuto della conversazione, mi sono soffermato un attimo sulla parola espressione, usata molto spesso nelle nostre conversazioni. In effetti merita qualche riguardo speciale, qualche riflessione, per il ventaglio di usi e significati, molti dei quali apparentemente non pensabili, invece vari e interessanti, anche in campi differenti. Partiamo da uno dei più semplici, quello usato in matematica. Già a scuola (parlo del secolo scorso!) le espressioni avevano un sapore di scienza e di… magia. Consistevano, ricordo, in una serie di numeri e lettere legati da segni di operazioni, che contenevano la capacità logica di trasformazioni e sviluppo secondo regole assolute, ferree, prestabilite, indiscutibili. Quasi un gioco, una sfida, che potremmo oggi paragonare al Sudoku (allora inesistente). Adesso, poi, esistono le espressioni regolari (anch’esse, allora, di là da venire) che consistono in sequenze di simboli (lettere, numeri, segni di interpunzione), detti “stringhe”, che permettono straordinari collegamenti precisi tra computers (non vanno confuse con quei lacci per la chiusura delle scarpe!). Un altro significato quasi inaspettato consiste nei sinonimi, cioè in espressioni differenti con lo stesso significato (identico o anche leggermente differente). In questo caso, maggiore è la possibilità di utilizzare questa operazione lessicale, più ampia si dimostra la ricchezza della lingua. Si tratta quasi di un gioco, della ricerca di parole differenti per ripetere, ribadire, affinare un concetto, senza cadere nelle monotone, semplici ripetizioni. E l’italiano, confessiamolo, per fortuna ci consente ampia libertà di uso delle parole, di espressioni analoghe, permettendoci anche una certa eleganza nel comporre frasi senza l’utilizzo pesante degli stessi sostantivi. Come se non bastasse, questa già ampia libertà segnalata, non di rado, da qualche anno a questa parte, si è ancora più estesa e arricchita, rivalutando certe espressioni dialettali, consentendone l’uso, come fosse un vezzo, una ricercatezza, magari indicato tra virgolette. I dialetti, che fino a cinquant’anni fa erano banditi dalla “buona scrittura” e dai discorsi corretti e forbiti, oggi incominciano, se utilizzati in modo appropriato e “a piccole dosi”, a mostrare il fascino di certe precisioni espressive, in effetti spesso insospettate. Le espressioni letterali, invece, meritano una citazione a parte. Si tratta di parole che, con il tempo e il frequente uso, hanno ampliato i significati; ma noi desideriamo che, nel caso specifico, il lettore si attenga strettamente al senso primitivo, al suo senso originario, escludendo quelli più estesi, successivamente assunti, ad esempio quello allegorico. Molto interessante è poi l’espressione idiomatica, quella cioè che qualche volta, prescindendo addirittura dal vero significato della
ESPRESSIONE parola, ne utilizza un senso traslato, per motivi ad esempio di sintesi, di intuizione, di più forte immagine. Un esempio? Aprite l’ombrello e leggete: “piove a catinelle!”. Se non avessimo l’espressione idiomatica, quante parole in effetti sarebbero necessarie per descrivere ciò che in Veneto, con la massima sintesi, si esprime in modo completo, colorito e onomatopeico addirittura con una sola parola: “scravasso”! Una particolarità va necessariamente notata: l’espressione idiomatica è per lo più intraducibile in altre lingue. Tanto è vero che gli inglesi, per descrivere lo stesso fenomeno hanno dovuto ricorrere al mondo animale (“it’s raining cats and dogs”, piovono gatti e cani) e i francesi addirittura hanno dovuto ricorrere alle corde (il “tombe des cordes”). Un’attenzione particolare merita l’espressione del viso. Si tratta di una fisionomia base che ciascuno di noi possiede, fin da bambino. Questa, che ci caratterizza, è destinata lentamente a mutare con il passare del tempo. E questo cambiamento è lento, quasi impercettibile, cosicché ciascuno è sempre riconoscibile da parte delle altre persone. La fisionomia base ha dei tratti specifici, dovuti alla forma dello scheletro e degli altri elementi del viso, più o meno grandi, più o meno sporgenti. Ma su questa base si articolano comunque momenti temporanei, continuamente mutevoli, a seconda dei pensieri. E questi influiscono in continuazione sulla muscolatura che fa cambiare in modo volontario o talvolta anche involontario l’espressione del viso, rilevabile da chi ci osserva, in modo inequivocabile. Merita citarne qualcuna per dare un’idea di quanto possa cambiare l’atteggiamento: sorpresa, spavento, paura, speranza, scherzo, supponenza, simpatia, soddisfazione, attesa, impazienza, vergogna, timidezza, ansia, rabbia, complicità, tenerezza, avvilimento. Ultimo, ma non in ordine di importanza, innamoramento, rilevato immediatamente, con particolare sensibilità e prontezza, istintivamente dal partner. Non sempre è facile nascondere a terze persone i propri pensieri, il proprio stato d’animo, che sono rivelati agli attenti osservatori, proprio dall’espressione del viso. In pratica, siamo dei libri aperti ai nostri simili. Ci ha pensato anche il Ministero della Salute che da due anni a questa parte ci ha suggerito (talvolta imposto) l’uso della mascherina come necessario e ha ottenuto un effetto collaterale incredibile. La riservatezza dei nostri pensieri è stata incentivata e difesa. Con questa, anche la nostra fisionomia è stata “protetta”, per cui non di rado abbiamo constatato che persone note, incrociandoci per la strada, non riuscivano a rilevare i tradizionali elementi naturali per riconoscerci e quindi ci sorpassavano indifferenti senza salutarci. Un’ultima notazione davvero singolare che merita raccontarVi. Più di una volta mi è capitato di vedere avanzare persone con il loro cane, libero o al guinzaglio. E, cosa davvero inaspettata, l’espressione di entrambi era… analoga! Adesso, alterate pure la muscolatura del vostro viso e cambiate espressione facendovi una sonora risata! Però… lasciatevi assalire dal dubbio!
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MOMENTI DI NON TRASCURABILE FELICITÀ Verrò, ma deve essere una cena seria. Odio le persone che prendono i pasti alla leggera Oscar Wilde di Fabio Marzari
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Q
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uesta estate rovente sembra non dare tregua e contribuisce a far crescere il desiderio di trascorrere del tempo fuori casa, unendo la piacevolezza di una cena con qualche barlume di frescura in posti gradevoli. Sembra pleonastico, ma è la verità, che nelle isole della laguna si possono trovare delle sacche di refrigerio consolatorio, in cui il buon cibo e qualche brezza ristoratrice possono placare per qualche ora gli affanni di un clima fuori controllo, senza necessariamente ricorrere all’uso energivoro di condizionatori. Il primo indirizzo è molto vicino alla città, anzi è in città, a una fermata di vaporetto dalle Zattere e anche nel solatio mezzogiorno è posto all’ombra; l’effetto combinato del fluire dell’acqua nel canale della Giudecca con il soffio di un venticello amico rende qui sempre un sogno il tempo di un lunch privo di afa soffocante. Parliamo naturalmente di Harry’s Dolci alla Giudecca, una garanzia di qualità senza tema di smentita. Qualunque sarà la scelta dal ricco menù, dal Bellini al dolce, risulterà vincente; l’unico guaio sarà poi ad un certo punto doversi alzare da tavola per tornare alla sudata, purtroppo non solo metaforicamente, esistenza! Arrivando al Lido, un luogo affascinante, unico e sorprendente è il Fly Restaurant, all’Aeroporto Nicelli, un tuffo glorioso in un’epoca lontana in cui i viaggi erano quasi eroici e in cui la banalità del conformismo turistico era del tutto sconosciuta. Poter assaggiare un menù di pesce freschissimo accompagnato da verdure a km0 in un ambiente perfettamente conservato, con arredi e decori degli anni ‘30 del Novecento, come quando i fortunati viaggiatori si cimentavano col nuovo mezzo di trasporto aereo che accorciava le distanze e avvicinava città e culture differenti, tra mistero e romanticismo,
è un’esperienza assai raccomandabile, anche eventualmente scegliendo di cenare all’aperto nelle fresche terrazze che si affaccino verso la pista d’erba. Cucina di tradizione, resa in modo ottimale, senza effetto nostalgia, solo piacevole stupore per gli occhi e per il palato. Un’altra isola, la Certosa, per uno dei luoghi che nel volgere di tre stagioni è divenuto il locale più glamour, innovativo, irrinunciabile dell’estate in città: l’Hostaria in Certosa di Alajmo. Un locale distensivo, accogliente, in qualsiasi ora del giorno, dal caffè del mattino al pranzo, dall’aperitivo al tramonto con la vasta selezione di cocktail fino alla cena, informale e allo stesso tempo curatissima, seguiti dallo sguardo attento di Michele Pozzani, manager dell’Hostaria, con la cucina coordinata da Silvio Giavedoni, che Massimiliano Alajmo sintetizza così: «facile, immediata, comprensibile per rassicurare tutti i palati e raccontare attraverso la semplicità la bellezza del nostro territorio». Momenti intensi di non trascurabile felicità in uno spazio ideale per catturare il vento e godere della perfezione dell’informalità targata Alajmo. Dulcis in fundo il locale che tra tutti sintetizza al meglio il concetto di eleganza senza tempo, in un’isola che è essa stessa iconica tra i suoi silenzi e i suoi ritmi naturali: La Locanda Cipriani a Torcello. La Locanda è la dimostrazione tangibile di quanto sosteneva Michelangelo circa la bellezza, che va svelata un po’ per volta. Dalla porta d’ingresso, sotto un piccolo pergolato, si apre un mondo d’incanto in cui anche la semplicità di un fiore sembra elaborata applicando l’algoritmo dell’armonia, invece è la casualità del bello qui a non temere confronti. La cucina è tradizionale, perfetta nelle sue definizioni di gusto, senza eccessi roboanti, coerente con il contesto che racchiude questo spazio, in cui ogni ritorno è una promessa per una visita successiva.
HARRY’S DOLCI Fondamenta S. Biagio Giudecca 773 www.cipriani.com
FLY RESTAURANT Aeroporto Giovanni Nicelli Via R. Morandi 9, Lido flyrestaurant.business.site
HOSTARIA in CERTOSA Isola della Certosa alajmo.it
LOCANDA CIPRIANI
Piazza Santa Fosca 29, Torcello www.locandacipriani.com
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his very, very hot summer seems to test the best of us, as we scramble to look for a place outside the home that is pleasantly cool and where we can have a nice dinner. Your best bet is to venture a bit out of Venice and pick one of the beautiful islands just outside of the main city. You’ll start to cool down on the way there, and nice natural breezes have that extra something that power-hungry air conditioning just cannot give you. The first address I’ll share with you is the closest to town. Actually, it is exactly one boat stop away from the Zattere quay. We are talking of Harry’s Dolci, obviously, the summer house of Harry’s Bar and a guarantee of exceptional food and delicious cocktails and desserts. A bit further off, the Lido Island will surprise you with the Nicelli restaurant. The Nicelli is the airport at Lido (before the 1950s, the main airport of Venice) and the tangible sign of a time when air travel was glorious, almost heroic, and mass tourism had yet to
come. Nicelli offers fresh seafood, zero-mile vegetables, and beautiful décor from the 1930s. There’s also open-air seating, if you feel so inclined. On to the next island, the Certosa, which has become the place to be for our glamorous summer thanks to Hostaria in Certosa by Alajmo. The Hostaria (inn) will welcome you at any hour of the day with amazing service and food that is “easy, immediate, understandable for all tastes, and will tell the story and the beauty of our territory” says owner Massimiliano Alajmo. Lastly, an icon of tempering silence and natural rhythms: the Locanda Cipriani in the island of Torcello. The Cipriani is a tangible example of what Michelangelo meant when he said that beauty must be revealed little by little. Right after your first step, a world opens before you. Simplicity, and the randomness of natural beauty pairs with traditional, perfectly-executed cuisine, no excesses, and consistence with the small universe that surrounds this amazing place.
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Summer drinks
Ghiacciati, a base di frutta, delicati, poco alcolici. Pur essendo stati diffusi dei dati poco rassicuranti sull’aumento del consumo di alcol e basta girare in una serata qualunque per le piazze delle città per capire quanto il bere sia diffuso tra tutti gli strati della popolazione, dai giovanissimi ai più stagionati, non vogliamo scordare il piacere di un drink in estate, come viatico di buona socialità, non di ubriachezza molesta. Quali sono i cocktail migliori dell’estate? Quelli freschi, non troppo alcolici, ben bilanciati tra dolcezza e acidità. Senza dimenticare che l’estate è anche la stagione con la frutta più golosa e conviene approfittarne, anche al momento dell’aperitivo! Il primo della lista, obbligatoriamente, è il Bellini, inventato nel 1948 da Giuseppe Cipriani, padre di Arrigo, un evergreen in ogni stagione, da provare con la polpa e il succo delle pesche bianche appena colte con l’aggiunta di uno spumante o in versione Royal con lo champagne. Un altro celebre cocktail con la frutta arriva dalla Spagna: la Sangria. Viene preparata con tanta frutta e il vino rosso, ma esistono versioni più leggere e altrettanto intriganti che utilizzano vino bianco o spumante e sono perfette per l’estate. E se si volesse dare un po’ più di grinta alla Sangria, basta aggiungere nella caraffa un bicchierino di vodka. Un altro cocktail perfetto per i mesi più caldi è l’Hugo: inventato solo qualche anno fa in Alto Adige, è stato in grado di conquistare presto un grande pubblico di affezionati per la sua freschezza e delicatezza. Leggermente alcolico, è a base di sciroppo di fiori di sambuco, ed è insaporito da foglie di menta. Ci sono poi i grandi classici e i drink frizzanti, con superalcolici a tendenza secca e un tocco di limone e menta per aumentare la sensazione di freschezza. Il Gin Tonic è sempre più ricercato anche tra gli intenditori, che amano mixare gin e toniche di provenienze diverse per sfumature di gusto inusuali, soprattutto ora che anche in Italia la produzione di gin è molto diffusa, ormai in ogni regione, anzi quasi in ogni città. Noi abbiamo quello di Sant’Erasmo: il Gin dei Sospiri. Nato dalla passione di Marco Vian e prodotto con le botaniche che crescono nell’isola-orto di Venezia, in particolare la salicornia, ha un nome evocativo e un animo profondamente veneziano. Anche nel resto della Penisola i risultati sono più che buoni, grazie alla varietà di botaniche, da quelle alpine a quelle mediterranee, di cui è ricca l’Italia. F.M.
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Una dolce storia napoletana
In una torrida estate è bello poter parlare di un fiocco di neve. Il racconto parte dal Rione Sanità, uno dei quartieri più misteriosi di Napoli, da sempre legato alla figura di Totò che vi è nato e cresciuto. Qui si trova il celebre Cimitero delle Fontanelle dove per secoli i napoletani hanno svolto e svolgono ancora, il rituale delle “anime pezzentelle”, rito che prevede l’adozione e la cura, in cambio di protezione ultraterrena, di un cranio, una “capuzzella”, al quale corrisponde un’anima abbandonata, detta perciò “pezzentella”. Era l’anno 1920 quando dalla fusione di due nomi: Papele (Raffaele) e Puppenella (Giuseppina), ovvero Raffaele Scognamillo e sua moglie Giuseppina Evangelista, si dette inizio all’attività di panificatori nel popolare Rione Sanità, con lo storico marchio Poppella. L’attività supera le difficoltà enormi legate alla Guerra e prosegue fino ad arrivare a Ciro, terza generazione. Nel 2015 egli ha l’intuizione di realizzare un dolce che avrebbe dovuto essere buono, semplice e, al tempo stesso, economico. Nel laboratorio si produce quindi una crema bianca dalla consistenza delicata, a base di ricotta di pecora e latte fresco: il ripieno ideale per soffici brioche dal gusto leggero. Nasce così il “fiocco di neve”, il dolce alla crema ricoperto di zucchero a velo che fa impazzire tutti i palati. Il successo del “fiocco” è così straripante che viene proposto in diversi gusti: classico, al pistacchio e al cioccolato. Racconta Ciro “Poppella” Scognamillo: «Questo dolce nasce dalla disperazione del quartiere, un posto isolato dalle vie del turismo a causa della brutta fama. Ho passato tantissime ore in laboratorio alla ricerca di qualcosa che portasse la gente all’interno della Sanità. Un giorno mi ritrovo con una brioscina lievitata 20 ore, crema di latte, ricotta di pecora… e poi non dico altro, il segreto della ricetta dei fiocchi di neve non lo svelerò mai. Posso dire però che è arrivato dopo tanta ricerca sia sulla lievitazione, sia sulle creme. Questo risultato lo devo anche ai miei clienti: i dolci che regalavo la domenica mi venivano ‘pagati’ in feedback, opinioni che hanno portato al perfezionamento del fiocco di neve». Oltre alla storica sede di via Arena alla Sanità si sono aggiunti i negozi di via Santa Brigida e piazza Cavour e si può affermare che da Poppella non smette mai di nevicare! www.pasticceriapoppella.com
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Easy does it. Let us do it.
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Gusto! Gli italiani a tavola. 1970�2050 M9 Museo del ’900 25.3>25.9.22
M9 è un progetto di
Con il patrocinio di
In collaborazione con
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Mostra ideata e prodotta da
Main sponsor
Con il supporto di
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www.m9museum.it info@m9museum.it t. 041 0995941
M9 - Museo del ’900 via G. Pascoli 11 Venezia Mestre
a cura di Massimo Montanari e Laura Lazzaroni
menu TASTE
190 volte Sacher
Ghiaccio bollente È d’obbligo la citazione dal film Bianca di Nanni Moretti nella scena in cui viene disconosciuta la Sachertorte: «Continuiamo così, facciamoci del male». Moretti è andato oltre, chiamando la sua casa di produzione cinematografica Sacher. Ma approfondiamo la storia di questo celeberrimo dolce austriaco, che il 9 luglio ha compiuto 190 anni, essendo nato, così è stato tramandato dalla storia, nel 1832 a Vienna in pieno periodo di Restaurazione. Franz Sacher era un giovane pasticcere di soli 16 anni e lavorava come apprendista cuoco alla corte del Principe Metternich. Gli capitò l’occasione della vita quando dovette sostituire il capo cuoco che si era ammalato improvvisamente e non poteva garantire la sua presenza in cucina proprio mentre avrebbe dovuto gestire i preparativi per un importante pranzo ufficiale. Per questo motivo spettò al giovane apprendista di occuparsi del menu e preparò questa delicata torta al cioccolato farcita con la marmellata di albicocche, la insaporì con delle spezie e la ricoprì completamente con una ricca glassa di cioccolato fondente. Il giovane, un po’ timoroso, ma molto orgoglioso della sua invenzione, servì la sua torta a fine pasto alla tavola del Principe, che amava incondizionatamente il cioccolato. La leggenda dice che lo stesso nobile esultò al primo assaggio e che i suoi importanti ospiti gradirono a tal punto il dolce da leccarsi i baffi. Furono talmente entusiasti del gusto e della golosità della torta, che decisero di omaggiare il pasticcere che la inventò, chiamandola Sachertorte, affermando che doveva essere necessariamente fatta conoscere in ogni ricca tavola dell’alta società europea. Da allora la Sacher si diffuse con straordinario successo in Austria e poi nel resto del mondo. La ricetta originale è protetta da un marchio di fabbrica, che non è mai stato ceduto dall’Hotel Sacher di Vienna, che rimane l’unico a produrre l’autentica Sachertorte, con tanto di sigillo, rigorosamente di cioccolato, venduta in scatole di legno per una perfetta conservazione. La pasticceria dell’Hotel Sacher di Vienna sforna quasi 300.000 pezzi l’anno, spediti in tutto il mondo. Si può affermare, dunque, che si tratti di una delle torte che vanta il maggior numero di imitazioni. F.M. www.sacher.com
Estate rovente, ovunque una cappa d’afa opprimente, sempre alla ricerca di qualche refrigerio; servirebbe una granita a consolare il nostro corpo affaticato dal calore, purtroppo da noi la granita raramente si esprime nella sua forma migliore, spesso è ghiaccio tritato colorato da un liquido artificiale al sapore di qualcosa di non ben definito. Occorre spingersi in Sicilia per trovare la massima espressione in termini di qualità e cultura della granita, anche se, immancabilmente ci sono dispute tra varie città su chi la sappia rendere al meglio. Consumarne una, magari seduti al Caffè Sicilia a Noto, con l’immancabile brioche col tuppo, è un meraviglioso rituale che affonda le radici nella tradizione. Ma da dove deriva la storia della granita? Arriva da lontano, dalle neviere dell’Hindu Kush, una montagna che sovrasta l’Afghanistan e il Pakistan. Questo dolce a base di neve, latte, miele, riso molto cotto e spezie, si vendeva per le strade di Pechino (cit. il Maestro Battiato) già nel 2000 a.C, prima di approdare nei paesi arabi, infatti, il gelato si diffuse in India e Cina. Arrivò, poi, in Andalusia e nella Sicilia islamica. Già dal Medioevo, in Sicilia, c’erano i nivaroli, cioè coloro che si occupavano di raccogliere la neve sull’Etna, sui Peloritani, sugli Iblei e sui Nebrodi. Tutto l’anno, avevano il compito di conservare la neve in grotte, per poi trasportarla nelle località in riva al mare. Ancora oggi si trovano su alcuni monti, delle buche usate per la conservazione del ghiaccio, rifinite con mattoni o pietre. La neve, così, veniva grattata e utilizzata nella preparazione di sorbetti e gelati. Questo tipo di procedimento era ancora diffuso fino al primo Novecento con il nome di “rattata”, cioè grattata. Nel corso del XVI secolo la ricetta dello sherbet venne migliorata. Si scoprì che si poteva usare la neve, mista a sale marino, come espediente per refrigerare. Nacque in quel momento il pozzetto, cioè un tino di legno, con dentro un secchiello di zinco, che si poteva girare con una manovella. L’intercapedine si riempiva con sale e neve, chiusi da un sacco di juta. La miscela congelava il contenuto del pozzetto, per sottrazione di calore. Il movimento rotatorio di alcune palette all’interno impediva la formazione di grossi cristalli di ghiaccio. La granita, molto gradevole al palato, soppiantò così la “rattata”. Nel XX secolo è stata sviluppata la granita siciliana che oggi si consuma in vari modi, secondo le località. F.M.
129
New York, USA 1955 © Sabine Weiss
SABINE WEISS LA POESIA DELL’ISTANTE VENEZIA / TRE OCI 11.03.22 > 23.10.22 Mostra promossa da / Exhibition promoted by
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Organizzata da / in collaborazione con / in association with Organized by
prodotta da / produced by
con il sostegno di / with the support of
Media partner
Sponsor tecnici / Technical sponsor
Tre Oci Giudecca 43, Venezia fermata / stop Zitelle
Info tel.+39 041 24 12 332 info@treoci.org www.treoci.org
Prenotazioni / Booking Call Center 892.101 Prenotazioni gruppi 041.0980227
july-august2022 pag. 132 pag. 134 pag. 144 pag. 146 pag. 148 pag. 151 pag. 152 pag. 155 pag. 156
Live Festival! art, theatre, dance, music, cinema… a very hot summer
citydiary
biennaledanza agenda artbiennale exhibitions etcc... books screenings reservations design&more
131
biennaledanza 16. BIENNALE DANZA BOUNDARY-LESS
22
h. 20 | Teatro Malibran
SABURO TESHIGAWARA
venerdìFriday
h. 11-20 | Arsenale, Sala d’Armi E
Conversazione con/talk with Tobias Gremmler e/and Wayne McGregor a seguire/following
TOBIAS GREMMLER FIELDS ***
P.102
Scenographic media installation h. 14-20 | Arsenale, Sala d’Armi A
Conversazione con/talk with Indigo Lewin e/and Wayne McGregor a seguire/following
INDIGO LEWIN P.103 ARTIST IN RESIDENCE 21 EXHIBITION *** h. 17 | Ca’ Giustinian, Sala delle Colonne
Conversazione con/talk with Blanca Li e/and Wayne McGregor a seguire/following
BLANCA LI P.94 LE BAL DE PARIS
Spettacolo immersivo con realtà virtuale/ immersive live performance enhanced by virtual reality
132
Leone d’Oro/ Golden Lion
PETROUCHKA ***
A seguire conversazione con Saburo Teshigawara e Rihoko Sato/ a talk with Saburo Teshigawara and Rihoko Sato will follow
23
sabatoSaturday
h. 11-20 | Arsenale, Sala d’Armi E
TOBIAS GREMMLER FIELDS
h. 11-20 | Arsenale, Sala d’Armi A
INDIGO LEWIN ARTIST IN RESIDENCE 21 EXHIBITION h. 12 | Teatro Piccolo Arsenale Cerimonia di consegna/ Award Ceremony Leone d’Oro/ Golden Lion
SABURO TESHIGAWARA Leone d’Argento/ Silver Lion
ROCÍO MOLINA
h. 12/13/14/16/17/18 Ca’ Giustinian, Sala delle Colonne
BLANCA LI LE BAL DE PARIS
24
domenicaSunday
h. 11-20 | Arsenale, Sala d’Armi E
DIEGO TORTELLI
TOBIAS GREMMLER FIELDS
FO:NO ***
INDIGO LEWIN ARTIST IN RESIDENCE 21 EXHIBITION
h. 18 | Arsenale, Tese dei Soppalchi
Vincitore bando Biennale Danza 2022 per una nuova creazione coreografica italiana Coproduzione La Biennale di Venezia, Diego Tortelli & Miria Wurm GbR, a seguire conversazione con il coreografo/a talk with the choreographer will follow h. 21 | Teatro Piccolo Arsenale
TRAJAL HARRELL MAGGIE THE CAT *
a seguire conversazione con il coreografo/ a talk with the choreographer will follow
h. 11-20 | Arsenale, Sala d’Armi A
h. 12/13/14/16/17/18 Ca’ Giustinian, Sala delle Colonne
BLANCA LI LE BAL DE PARIS
h. 18 | Arsenale, Teatro alle Tese (II)
BIENNALE COLLEGE DANZATORI SWING PERFORMANCE SITE SPECIFIC ***
Coreografia/ coreography: Saburo Teshigawara Assistente coreografo/ assistant choreographer: Rihoko Sato h. 18 | Arsenale, Tese dei Soppalchi
DIEGO TORTELLI FO:NO
vedi/see on 23 luglio/July
25
28
lunedìMonday
h. 11-20 | Arsenale, Sala d’Armi E
TOBIAS GREMMLER FIELDS
h. 11-20 | Arsenale, Sala d’Armi A
INDIGO LEWIN ARTIST IN RESIDENCE 21 EXHIBITION
Ca’ Giustinian, Sala delle Colonne
giovedìThursday
h. 11-20 | Arsenale, Sala d’Armi E
TOBIAS GREMMLER FIELDS
h. 18 | Teatro Piccolo Arsenale
h. 11-20 | Arsenale, Sala d’Armi A
film 16mm, 108’
INDIGO LEWIN ARTIST IN RESIDENCE 21 EXHIBITION
h. 12/13/14/16/17/18 Ca’ Giustinian, Sala delle Colonne
h. 12/13/14/16/17/18 Ca’ Giustinian, Sala delle Colonne
h. 10-22 | Teatro Piccolo Arsenale
h. 18 | Arsenale, Tese dei Soppalchi
BLANCA LI LE BAL DE PARIS
RASSEGNA FILM DANZA
26
martedìTuesday
h. 11-20 | Arsenale, Sala d’Armi E
TOBIAS GREMMLER FIELDS
h. 11-20 | Arsenale, Sala d’Armi A
INDIGO LEWIN ARTIST IN RESIDENCE 21 EXHIBITION h. 12/13/14/16/17/18 Ca’ Giustinian, Sala delle Colonne
BLANCA LI LE BAL DE PARIS
GAUTHIER DANCE/ DANCE COMPANY THEATERHAUS STUTTGART THE SEVEN SINS *
P.100
7 brevi creazioni di/creations by Aszure Barton, Sidi Larbi Cherkaoui, Sharon Eyal, Marco Goecke, Marcos Morau, Hofesh Shechter, Sasha Waltz
27
BLANCA LI LE BAL DE PARIS
BIENNALE COLLEGE COREOGRAFI ***
Matteo Carvone, Edit Domoszlai a seguire conversazione con i coreografi/ a talk with the choreographers will follow
h. 11-20 | Arsenale, Sala d’Armi E
29
venerdìFriday
TOBIAS GREMMLER FIELDS
h. 11-20 | Arsenale, Sala d’Armi A
INDIGO LEWIN ARTIST IN RESIDENCE 21 EXHIBITION h. 12/13/14/16/17/18 Ca’ Giustinian, Sala delle Colonne
BLANCA LI LE BAL DE PARIS HUMANHOOD ∞ {INFINITE}
vedi/see on 28 luglio/July
h. 11-20 | Arsenale, Sala d’Armi A
vedi/see on 28 luglio/July
BLANCA LI LE BAL DE PARIS
h. 20 | Arsenale, Teatro alle Tese (III)
ROCÍO MOLINA
P.87
Leone d’Argento/ Silver Lion
CARNACIÓN ***
a seguire conversazione con/ following a talk with Dalisa Pigram, Rachael Swain
31
domenicaSunday
h. 11-20 | Arsenale, Sala d’Armi E
TOBIAS GREMMLER FIELDS
h. 12/13/14/16/17/18 Ca’ Giustinian, Sala delle Colonne
h. 20 | Arsenale, Tese dei Soppalchi
h. 12/13/14/16/17/18 Ca’ Giustinian, Sala delle Colonne
MARRUGEKU JURRUNGUNGAN-GA/ STRAIGHT TALK **
a seguire conversazione con/following a talk with Rudi Cole, Julia Robert
TOBIAS GREMMLER FIELDS
INDIGO LEWIN ARTIST IN RESIDENCE 21 EXHIBITION
h. 20 | Arsenale, Teatro alle Tese (III)
h. 11-20 | Arsenale, Sala d’Armi A
HUMANHOOD ∞ {INFINITE} *
h. 18 | Teatro Piccolo Arsenale
mercoledìWednesday
TACITA DEAN CRANEWAY EVENT, 2009
h. 21 | Teatro Piccolo Arsenale
h. 11-20 | Arsenale, Sala d’Armi E
h. 20 | Teatro Malibran
BLANCA LI LE BAL DE PARIS
INDIGO LEWIN ARTIST IN RESIDENCE 21 EXHIBITION BLANCA LI LE BAL DE PARIS
h. 15 | Arsenale, Teatro alle Tese (III)
MARRUGEKU JURRUNGUNGAN-GA/ STRAIGHT TALK ** vedi/see on 30 luglio/July
h. 17-19 | Arsenale, spazi esterni
BIENNALE COLLEGE DANZA EVENT *** P.99
Coreografia/ choreography Merce Cunningham ©MerceCunninghamTrust h. 18 | Teatro Piccolo Arsenale
TACITA DEAN CRANEWAY EVENT, 2009 film 16mm, 108’
h. 20 | Teatro Malibran
BIENNALE COLLEGE COREOGRAFI
A.I.M BY KYLE ABRAHAM
30
A seguire conversazione con il coreografo/ a talk with the choreographer will follow
sabatoSaturday
h. 11-20 | Arsenale, Sala d’Armi E
TOBIAS GREMMLER FIELDS
h. 11-20 | Arsenale, Sala d’Armi A
INDIGO LEWIN ARTIST IN RESIDENCE 21 EXHIBITION h. 12/13/14/16/17/18
P.101
REQUIEM: FIRE IN THE AIR OF THE EARTH * *** prima assoluta/World premiere ** prima europea/European premiere * prima italiana/Italian premiere Biglietti/Tickets: Acquisto biglietti online e un’ora prima dello spettacolo presso la biglietteria in loco/ Tickets can be purchased online and one hour before the show at the ticket office on site www.labiennale.org
133
agenda
MUSICA, CLASSICA, TEATRO, CINEMA
07
:musica
LugJul
giovedìThursday
Venezia Jazz Festival
MUDE DA MAR Folk
Altana Hotel Splendid Venice h. 19.30
Marghera Estate
JOVANOTTE
Jovanotti tribute
09
13
sabatoSaturday
Venezia Jazz Festival
Venezia Jazz Festival
RACHELE ANDRIOLI
RICHARD GALLIANO HERMETO PASCOAL
Jazz
Giardini di Via Filippo Re-Bologna h. 20
Park Nord Stadio Euganeo-Padova h. 21
AC/DC tribute
Indie
BLACK ICE
Marostica Summer Festival
ANGELO BRANDUARDI Piazza Eremitani-Padova h. 21
08
SAVANA FUNK
Piazza Eremitani-Padova h. 21
World music
Giardini di Via Filippo Re-Bologna h. 20
domenicaSunday
Música popular brasileira
Marghera Estate
QUEEN MANIA
Jazz
Queen tribute
Laguna Libre h. 20.30
Piazza Mercato-Marghera h. 20
Festival del Vittoriale
Sherwood Festival
ROBERTO VECCHIONI
99 POSSE BULL BRIGADE
Musica d’autore
Anfiteatro del Vittoriale-Gardone Riviera h. 21.15
Rap
Park Nord Stadio Euganeo-Padova h. 21
Festival del Vittoriale
THE TALLEST MAN OF EARTH
P.64
MANCUSO ZOE PIA CENTASSO
Laguna Libre h. 20.45
P.75
Indie
Anfiteatro del Vittoriale-Gardone Riviera h. 21.15
Grado Festival
FRIDA BOLLANI MAGONI P.76
11
lunedìMonday
Arena Live
KISS
Blues rock
P.75
Swing
giovedìThursday
SUBSONICA Elettronica
Park Nord Stadio Euganeo-Padova h. 21
ERMAL META
P.77
Castello Scaligero-Villafranca h. 21.15
BLANCO
Villa Manin-Codroipo h. 21
Funk pop
Hotel Carlton on the Grand Canal h. 20.30
Sherwood Festival
THE ZEN CIRCUS ATTACK THE SUN Indie
VENDITTI&DE GREGORI Musica d’autore
PFM
Park Nord Stadio Euganeo-Padova h. 21
Progressive rock
134
Sherwood Festival
Jazz
Villafranca Festival Castello Scaligero-Villafranca h. 21.15
PAOLO NUTINI
Anfiteatro del Vittoriale-Gardone Riviera h. 21.15
Ferrara Sotto Le Stelle
THE SMILE Post rock
P.73
Piazza Castello-Ferrara h. 21.15
BOtanique
SKIANTOS AVVOLTOI Ska
Giardini di Via Filippo Re-Bologna h. 20
16
sabatoSaturday
Sherwood Festival
MICHAEL KIWANUKA
COR VELENO TRE ALLEGRI RAGAZZI MORTI
Anfiteatro del Vittoriale-Gardone Riviera h. 21.15
Park Nord Stadio Euganeo-Padova h. 21
IRAMA
Festival del Vittoriale
Villa Manin-Codroipo h. 21
Soul
Arena di Verona h. 21
Piazza Mercato-Marghera h. 20
Festival del Vittoriale
RITA BINCOLETTO
Rap
Musica d’autore
Jazz
Women for Freedom in Jazz
Piazza degli Scacchi-Marostica h. 21
VENDITTI&DE GREGORI
SPACE AGE
Pop
Laguna Libre h. 20.45
Sherwood Festival
Arena Live
Marghera Estate
Jazz
12 Pop
Laguna Libre h. 20.45
Villa Manin Estate
ESTEBAN MAXERA TRIO
MADMAN
Giardini di Via Filippo Re-Bologna h. 20
Jazz
Venezia Jazz Festival
Marostica Summer Festival
Villa Manin Estate
MEDITERRANEA
14
BOtanique
Musica balcanica
venerdìFriday
Venezia Jazz Festival
Pop
Park Nord Stadio Euganeo-Padova h. 21
martedìTuesday
15
Villafranca Festival
Rock’n’roll
Arena di Verona h. 21
Rock alternativo
Giardini di Via Filippo Re-Bologna h. 20
Diga Nazario Saro-Grado h. 21.15
BALKAN PARADE ORCHESTRA
P.76
FAT FREDDY’S DROP
Venezia Jazz Festival
Jazz
BEN HARPER BOtanique
Teatro La Fenice h. 20
GREG BURK TRIO
Marostica Summer Festival Piazza degli Scacchi-Marostica h. 21
MILTON NASCIMENTO
venerdìFriday
PAOLO FRESU RITA MARCOTULLI JACQUES MORELENBAUM Jazz
Venezia Jazz Festival
Venezia Jazz Festival
Jazz
Pop
10
Folk d’autore
Piazza Mercato-Marghera h. 20
Castello Festival
BOtanique
Castello Festival
BOtanique
Marghera Estate
Piazza degli Scacchi-Marostica h. 21
Park Nord Stadio Euganeo-Padova h. 21
Diga Nazario Saro-Grado h. 21.15 P.64
COSMO
Teatro La Fenice h. 20
Sherwood Festival Rap
Pop rap
MANUEL AGNELLI
Sherwood Festival
ACHILLE LAURO
P.70
MADAME
Jazz
Combo h. 21
Piazza Mercato-Marghera h. 20
FRAH QUINTALE
Grado Festival
mercoledìWednesday
Indie
19
Suoni di Marca
SAVANA FUNK BATISTO COCO
martedìTuesday
Marghera Estate
World music
Mura di Treviso h. 20
MAURO OTTOLINI
Villafranca Festival
Piazza Mercato-Marghera h. 20
Jazz
EDOARDO BENNATO Rock
Castello Scaligero-Villafranca h. 21.15
Festival del Vittoriale
Suoni di Marca
CARMEN CONSOLI Rock
Mura di Treviso h. 20
Women for Freedom in Jazz
Rumors Festival
Jazz
Pop
VALENTINA FIN
Hotel Carlton on the Grand Canal h. 20.30
Marghera Estate
JACKSON LIVE
Michael Jacskon tribute
Piazza Mercato-Marghera h. 20
Castello Festival
AL DI MEOLA
P.71
KINGS OF CONVENIENCE Teatro Romano-Verona h. 21
AMA Music Festival
FABRI FIBRA MASSIMO PERICOLO ELE A Rap
Villa Ca’ Cornaro-Romano d’Ezzelino h. 21
DIANA KRALL
Marostica Summer Festival
Jazz fusion
Anfiteatro del Vittoriale-Gardone Riviera h. 21.15
Pop
Suoni di Marca
Morricone tribute
Musica cubana
No Borders Music Festival
Festival del Vittoriale
Pop
Jazz
BOtanique
SUPERGRASS Brit pop
P.77
Giardini di Via Filippo Re-Bologna h. 20
17
LP
Piazza degli Scacchi-Marostica h. 21
Castello Festival
RON CARTER FOURSIGHT 4TET Jazz
Piazza Eremitani-Padova h. 21
Anfiteatro del Vittoriale-Gardone Riviera h. 21.15
Musica leggera
Mura di Treviso h. 20
TOMMASO PARADISO
UMBERTO TOZZI Castello Scaligero-Villafranca h. 21.15
BETH HART Blues
Anfiteatro del Vittoriale-Gardone Riviera h. 21.15
Operaestate
PATRIZIA LAQUIDARA Musica d’autore
Festival del Vittoriale Rock alternativo
20
Anfiteatro del Vittoriale-Gardone Riviera h. 21.15
mercoledìWednesday
Grado Festival
Marghera Estate
Musica leggera
Reggae
UMBERTO TOZZI Diga Nazario Saro-Grado h. 21.15
18
lunedìMonday
Suoni di Marca
SUD SOUND SYSTEM Crossover
Mura di Treviso h. 20
Villa Manin Estate
SIR OLIVER SKARDY
Dance
Indie
Mura di Treviso h. 20
GHALI
Piazza degli Scacchi-Marostica h. 21
Arena di Verona h. 21
Rock
Piazza degli Scacchi-Marostica h. 21
Festival del Vittoriale
JEFF BECK JOHNNY DEPP Rock
Anfiteatro del Vittoriale-Gardone Riviera h. 21.15
22
No Borders Music Festival
venerdìFriday
CARMEN CONSOLI Diga Nazario Saro-Grado h. 21.15
21
giovedìThursday
Venezia Jazz Festival
ESCARTEEN SISTERS Jazz
Laguna Libre h. 20.45
NICOLETTA TARICANI 4TET Laguna Libre h. 20.45
Jazz
PAOLO FRESU JAN GARBAREK TRILOK GURTU CARLO CANTINI
Marghera Estate
Lago Superiore di Fusine-Tarvisio h. 14
Zucchero tribute
25
Venezia Jazz Festival
LUCA ZENNARO TRIO Laguna Libre h. 20.45
Mirano Summer Festival Summer Park-Mirano h. 20
Grado Festival
Pop
Jazz
MAX GAZZÈ
P.76
domenicaSunday
Piazza degli Scacchi-Marostica h. 21
Suoni di Marca
MOTTA
24
RICCARDO COCCIANTE Musica d’autore
P.71
Lago Superiore di Fusine-Tarvisio h. 14
Venezia Jazz Festival
Summer Park-Mirano h. 20
SIMPLE MINDS
TOMMASO PARADISO
Marostica Summer Festival
Piazza Mercato-Marghera h. 20
GABRY PONTE
Rap
Marostica Summer Festival
Anfiteatro del Vittoriale-Gardone Riviera h. 21.15
SPIRITO DIVINO
Villa Manin-Codroipo h. 21
New wave
Roots rock
Mirano Summer Festival
Marostica Summer Festival
Arena Live
FANTASTIC NEGRITO
Piazza Mercato-Marghera h. 20
DARGEN D’AMICO Pop
CALIBRO 35
Villafranca Festival
Teatro Tito Gobbi-Bassano del Grappa h. 21.20
MANUEL AGNELLI
Festival del Vittoriale
KID CREOLE & THE COCONUTS
Festival del Vittoriale
domenicaSunday
Piazza Eremitani-Padova h. 21
Pop
AMA Music Festival
MARRACASH NOYZ NARCOS ENSI Rap
Villa Ca’ Cornaro-Romano d’Ezzelino h. 21
23
sabatoSaturday
PAOLO FRESU P.69 MAURIZIO CAMARDI ERNESTTICO Jazz
Teatro Accademia-Castelfranco Veneto h. 21
Villa Manin Estate
MICAH P. HINSON THE LEADING GUY Indie
Villa Manin-Codroipo h. 18
Jazz
lunedìMonday
Suoni di Marca
THE ZEN CIRCUS Indie
Mura di Treviso h. 20
Arena Live
TOTO
Rock’n’roll
Arena di Verona h. 21
Festival del Vittoriale
H.E.R. R&b
Anfiteatro del Vittoriale-Gardone Riviera h. 21.15
26
martedìTuesday
Suoni di Marca
MICHELE BRAVI Pop
Mura di Treviso h. 20
Arena Live
CLAUDIO BAGLIONI Musica leggera
Arena di Verona h. 21
135
agenda
MUSICA, CLASSICA, TEATRO, CINEMA
SLIPKNOT Heavy metal
:musica
Villafranca Festival
30
sabatoSaturday
Castello Scaligero-Villafranca h. 21.15
Villa Manin Estate
27
Indie
mercoledìWednesday
Arena Live
CLAUDIO BAGLIONI Musica leggera
Arena di Verona h. 21
Grado Festival
GIORGIO POI
Villa Manin-Codroipo h. 18
Sexto ‘Nplugged
ARAB STRAP Indie
Musica d’autore
31
domenicaSunday
ALDO DI CATERINO
Sexto ‘Nplugged
Laguna Libre h. 20.45
Indie
Jazz
BLACK MIDI
Women for Freedom in Jazz
Piazza Castello-Sesto al Reghena h. 21.15
JOSMIL NERI DILETTA BIBBÒ
No Borders Music Festival
BRUNORI SAS
Jazz
Hotel Carlton on the Grand Canal h. 20.30
Suoni di Marca
Musica cubana
Sexto ‘Nplugged Indie
P.70
Piazza Castello-Sesto al Reghena h. 21.15
29
Lago Superiore di Fusine-Tarvisio h. 14
01
Mura di Treviso h. 20
RIVAL CONSOLES
Musica d’autore
AgoAug
GRUPO COMPAY SEGUNDO
venerdìFriday
Mirano Summer Festival
FRANCESCO RENGA Pop
Summer Park-Mirano h. 20
Suoni di Marca
BANDABARDÒ CISCO Kombat folk
Mura di Treviso h. 20
Sexto ‘Nplugged
lunedìMonday
Grado Festival
SUBSONICA Elettronica
Diga Nazario Saro-Grado h. 21.15
03
mercoledìWednesday
ELISA Pop
Parco Ragazzi del ‘99-Bassano del Grappa h. 21
04
giovedìThursday
No Borders Music Festival
JAMES BLUNT Pop
Piazza Castello-Sesto al Reghena h. 21.15
Women for Freedom in Jazz
No Borders Music Festival
Jazz
Jazz
Lago Superiore di Fusine-Tarvisio h. 14
136
sabatoSaturday
MAX GAZZÈ Diga Nazario Saro-Grado h. 21.15
07
domenicaSunday
CAMILLA FERRARI
Hotel Carlton on the Grand Canal h. 20.30
15
lunedìMonday
Overjam Reggae Festival
BANDA BERIMBAU P.77 KOČEVSKA ORKESTRA ELVIS JACKSON NNEKA JESSE ROYAL KIRIL DJAIKOVSKI Reggae
Tolmino-Slovenia h. 19
16
martedìTuesday
Festa di Radio Onda d’Urto
WILLIE PEYOTE
No Borders Music Festival
Rap
Pop
Overjam Reggae Festival
ASAF AVIDAN
Area Concerti-Brescia h. 19
CASADILEGO
THE ITALIAN JOB FT. INNA CANTINA RAPHAEL & VIRTUS HOSTED BY PAKKIA CREW THE ABYSSINIANS SKARRA MUCCI & DUB AKOM BAND O.B.F. & CHARLIE P & SR. WILSON QUEEN OMEGA & THE ROYAL SOULS
Musica d’autore
DANIELE SILVESTRI Musica d’autore
Altopiano del Montasio-Sella Nevea h. 11
08
lunedìMonday
Arena Live
PINGUINI TATTICI NUCLEARI Pop
11
giovedìThursday
Women for Freedom in Jazz
CAMILLA BUSETTO Jazz
Hotel Carlton on the Grand Canal h. 20.30
Villa Manin Estate
DITONELLAPIAGA
Lago Superiore di Fusine-Tarvisio h. 14
TRILOK GURTU
06
Arena di Verona h. 21
AGNES OBEL Indie
Rifugio Gilberti-Sella Nevea h. 14
Pop
Lago Superiore di Fusine-Tarvisio h. 14
Venezia Jazz Festival
Pop
No Borders Music Festival
Diga Nazario Saro-Grado h. 21.15
giovedìThursday
BENJAMIN CLEMENTINE
Grado Festival
MANNARINO
28
venerdìFriday
No Borders Music Festival
Piazza Castello-Sesto al Reghena h. 21.15
ALICE CANTA BATTIATO Musica d’autore
05
Pop
Villa Manin-Codroipo h. 5.30
Festa di Radio Onda d’Urto
BEN HARPER & THE INNOCENT CRIMINALS Blues
Area Concerti-Brescia h. 19
12
venerdìFriday
Festa di Radio Onda d’Urto
CAPAREZZA LEON FAUN. Rap
Area Concerti-Brescia h. 19
Reggae
Tolmino-Slovenia h. 19
17
mercoledìWednesday
Festa di Radio Onda d’Urto
MORGAN HERITAGE Reggae
Area Concerti-Brescia h. 19
Overjam Reggae Festival
ONE DREAD EMETERIANS MELLOW MOOD MAX ROMEO CHANNEL ONE & MATIC HORNS Reggae
Tolmino-Slovenia h. 19
18
giovedìThursday
Women for Freedom in Jazz
CHIARA PELLONI Jazz
Hotel Carlton on the Grand Canal h. 20.30
Overjam Reggae Festival
RAGGALUTION SISTA NANCY FEAT. LEGAL SHOT ALBOROSIE & SHENGEN CLAN MORGAN HERITAGE DOLOMITES ROCKERS Reggae
Tolmino-Slovenia h. 19
19
26
venerdìFriday
ALTANA HOTEL SPLENDID VENICE
Rock
Mercerie 760 www.venetojazz.com
PARK NORD STADIO EUGANEO
Festa di Radio Onda d’Urto
ALTOPIANO DEL MONTASIO
PIAZZA CASTELLO
AMA Music Festival
LITFIBA
Villa Ca’ Cornaro-Romano d’Ezzelino h. 21
DITONELLAPIAGA Pop
Area Concerti-Brescia h. 19
venerdìFriday
Castello Festival
Festa di Radio Onda d’Urto
TONY PAGLIUCA
Reggae
Giardino Palazzo ZuckermannPadova h. 21
Overjam Reggae Festival
27
MELLOW MOOD
Area Concerti-Brescia h. 19
DELIMAN + GREGORY RAS G SITI HLAPCI FORELOCK HEMPRESS SATIVA COLLIE BUDDZ Reggae
Progressive rock
Castello Festival
ALMA SWING BIRELI LAGRENE Musica gypsy
Piazza Eremitani-Padova h. 21
Tolmino-Slovenia h. 19
24
Hip hop
AMA Music Festival
NOTHING BUT THIEVES VIAGRA BOYS FAST ANIMALS AND SLOW KIDS PALAYE ROYALE Indie
Villa Ca’ Cornaro-Romano d’Ezzelino h. 21
Festa di Radio Onda d’Urto
PUNKREAS Punk
Area Concerti-Brescia h. 19
25
giovedìThursday
Women for Freedom in Jazz
SILVIA DEFEND Jazz
Hotel Carlton on the Grand Canal h. 20.30
AMA Music Festival
LAZZA TANANAI
Villa Ca’ Cornaro-Romano d’Ezzelino h. 21
28
domenicaSunday
AMA Music Festival
GUE PEQUENO PSICOLOGI VILLA BANKS NELLO TAVER Hip hop
Tarvisio www.nobordersmusicfestival. com
ANFITEATRO DEL VITTORIALE
Via Vittoriale 12-Gardone Riviera www.anfiteatrodelvittoriale.it
AREA CONCERTI sabatoSaturday
AMA Music Festival
mercoledìWednesday
INDIRIZZI
Villa Ca’ Cornaro-Romano d’Ezzelino h. 21
Via Serenissima-Brescia www.festaradio.org
ARENA DI VERONA Piazza Bra-Verona www.arenalive.it
CASTELLO SCALIGERO Villafranca www.eventiverona.it
COMBO
Campo dei Gesuiti 4878 www.venetojazz.com
DIGA NAZARIO SAURO Grado www.azalea.it
GIARDINI DI VIA FILIPPO RE Bologna www.botanique.it
GIARDINO DI PALAZZO ZUCKERMANN Corso Garibaldi 33-Padova www.castellofestival.it
HOTEL CARLTON ON THE GRAND CANAL
Santa Croce 578 Fb: Women for Freedom in Jazz
LAGO SUPERIORE DI FUSINE
Tarvisio www.nobordersmusicfestival. com
SKA P ZEBRAHEAD PUNKREAS
LAGUNA LIBRE
Villa Ca’ Cornaro-Romano d’Ezzelino h. 21
MURA DI TREVISO
Indie
Fondamenta Cannaregio www.venetojazz.com
Viale Nereo Rocco 40-Padova www.sherwood.it Sesto al Reghena www.sextonplugged.it
PIAZZA CASTELLO
Ferrara www.ferrarasottolestelle.it
PIAZZA DEGLI SCACCHI
Marostica www.marosticasummerfestival.it
PIAZZA EREMITANI Padova www.castellofestival.it
PIAZZA MERCATO
Marghera www.comune.venezia.it
RIFUGIO GILBERTI
Sella Nevea www.nobordersmusicfestival. com
SUMMER PARK
Via Matteotti 29-Mirano www.miranosummerfestival.it
TEATRO ACCADEMIA
Via Garibaldi 11-Castelfranco www.venetojazz.com
TEATRO LA FENICE Campo San Fantin 1965 www.venetojazz.com
TEATRO ROMANO
Regaste Redentore 2-Verona www.eventiverona.it
TEATRO TITO GOBBI
Piazza Terraglio-Bassano del Grappa www.operaestate.it
TOLMINO
Slovenia www.overjamfestival.com
VILLA CA’ CORNARO
Romano d’Ezzelino www.amamusicfestival.com
VILLA MANIN
Piazza Manin 10-Codroipo www.villamanin.it
Treviso www.suonidimarca.it
PARCO RAGAZZI DEL ‘99 Bassano del Grappa www.duepuntieventi.com
137
agenda
MUSICA, CLASSICA, TEATRO, CINEMA
09
:classical
LugJul
sabatoSaturday
ANTONIO FRESA pianoforte
Repertorio di colonne sonore Visita al Labirinto Borges “Stagione 2022“ Ingresso/Ticket € 33/11 Auditorium Lo Squero h. 16.30
CARMINA BURANA
P.78
Fabio Luisi direttore Regula Mühlemann soprano Michael Schade tenore Markus Werba baritono Orchestra e Coro del Teatro La Fenice Musiche di Carl Orff “Stagione Lirica 2021-2022“ Ingresso/Ticket € 370/77 Piazza San Marco h. 21
TRAVIATA
Opera in tre atti Musica di Giuseppe Verdi Libretto di Francesco Maria Piave Direttore Marco Armiliato Regia di Franco Zeffirelli “Arena Opera Festival“ Ingresso/Ticket € 270/32 Arena di Verona h. 21
10
domenicaSunday
NABUCCO
(vedi giovedì 7 luglio) “Arena Opera Festival“
Ingresso/Ticket € 270/32 Arena di Verona h. 21
14
giovedìThursday
CARMEN
Opera in quattro atti Musica di Georges Bizet Libretto di Henri Meilhac, Ludovic Halévy Direttore Marco Armiliato Regia di Franco Zeffirelli “Arena Opera Festival“ Ingresso/Ticket € 300/34 Arena di Verona h. 21
QUARTETTO CLASSICO
P.83
Pinchas Zukerman viola Giovanni Andrea Zanon violino Amanda Forsyth violoncello Federico Colli pianoforte Musiche di Brahms, Mozart “Operaestate“ Ingresso/Ticket € 15 Teatro Tito Gobbi-Bassano del Grappa h. 21.20
138
15
venerdìFriday
HUMAN RIGHTS ORCHESTRA
Direttore Alessandro Allegrini Mai Khôi voce e chitarra Ziad Trabelsi voce e liuto Alessio Allegrini corno francese Musiche di Mendelhsson, Traversi, Beethoven “Stagione Lirica 2021-2022“ Ingresso/Ticket € 20/10 Teatro La Fenice h. 20
TRAVIATA
Opera in tre atti (vedi sabato 9 luglio) “Arena Opera Festival“
Ingresso/Ticket € 270/32 Arena di Verona h. 21
GABRIELE VIANELLO pianoforte
Musiche di Beethoven, Chopin “Operaestate“
Ingresso/Ticket € 11 Villa Negri-Romano D’Ezzelino h. 21
16
sabatoSaturday
AIDA
(vedi venerdì 8 luglio) “Arena Opera Festival“
Ingresso/Ticket € 251/30 Arena di Verona h. 21
20
mercoledìWednesday
ROBERTO BOLLE AND FRIENDS
Musiche del repertorio classico e contemporaneo “Arena Opera Festival“ Ingresso/Ticket € 251/30 Arena di Verona h. 21.15
21
giovedìThursday
CARMEN
(vedi giovedì 14 luglio) “Arena Opera Festival“
Ingresso/Ticket € 300/34 Arena di Verona h. 21
22
venerdìFriday
TRAVIATA
Opera in tre atti (vedi sabato 9 luglio) “Arena Opera Festival“
Ingresso/Ticket € 270/32 Arena di Verona h. 21
23
sabatoSaturday
NOTE DI VITA
Filarmonica Quattro40 Fabiana Visentin soprano Michela Sordon mezzosoprano Cinzia Marchetti contralto pop Michele Manfrè tenore Alberto Bertoncello baritono Claudio Zancopè basso Mauro Berton baritono pop Musiche di Mendelssohn, Traversi, Beethoven “Concerto AISM di beneficenza“ Teatro La Fenice h. 12
NABUCCO
(vedi giovedì 7 luglio) “Arena Opera Festival“
Ingresso/Ticket € 270/32 Arena di Verona h. 21
24
domenicaSunday
30
sabatoSaturday
TRAVIATA
Opera in tre atti (vedi sabato 9 luglio) “Arena Opera Festival“
Ingresso/Ticket € 270/32 Arena di Verona h. 21
31
domenicaSunday
CARMEN
(vedi giovedì 14 luglio) “Arena Opera Festival“
Ingresso/Ticket € 300/34 Arena di Verona h. 21
RIGOLETTO
Direttore Nicola Simoni Regia Giuseppe Emiliani Orchestra di Padova e del Veneto Musiche di Verdi “Operaestate“
AIDA
Ingresso/Ticket € 28 Teatro Tito Gobbi-Bassano del Grappa h. 21
Ingresso/Ticket € 251/30 Arena di Verona h. 21
AgoAug
(vedi venerdì 8 luglio) “Arena Opera Festival“
28
giovedìThursday
AIDA
02
martedìTuesday
MARIO BRUNELLO
(vedi venerdì 8 luglio) “Arena Opera Festival“
violoncello
GABRIELE STRATA
Ingresso/Ticket € 20 Teatro Tito Gobbi-Bassano del Grappa h. 21
Musiche di Chopin, Satie, Debussy, Mozart “Operaestate“
03
Ingresso/Ticket € 251/30 Arena di Verona h. 21
pianoforte
Ingresso/Ticket € 10 Museo Civico-Bassano del Grappa h. 21.20
29
venerdìFriday
NABUCCO
Musiche di Bach “Operaestate“
mercoledìWednesday
ASIAN YOUTH ORCHESTRA Musiche di Prokofiev, Paganini, Mendelsshon “Operaestate“ Ingresso/Ticket € 20 Teatro Tito Gobbi-Bassano del Grappa h. 21
(vedi giovedì 7 luglio) “Arena Opera Festival“
04
RICCARDO PATRONE violino ALESSANDRO ZILIOLI
Opera in tre atti e 5 quadri Musica di Giacomo Puccini Libretto di Giuseppe Adami, Renato Simoni Direttore Marco Armiliato Regia di Franco Zeffirelli “Arena Opera Festival“
Ingresso/Ticket € 270/32 Arena di Verona h. 21
pianoforte
Musiche di Ravel, Elgar “Operaestate“
Ingresso/Ticket € 11 Villa Negri-Romano D’Ezzelino h. 21
giovedìThursday
TURANDOT
Ingresso/Ticket € 270/32 Arena di Verona h. 20.45
FABIOLA TEDESCO violino ETTORE PAGANO violoncello GIOVANNI BERTOLAZZI pianoforte
Musiche di Schubert, Schumann “Operaestate“
Ingresso/Ticket € 10 Museo Civico-Bassano del Grappa h. 21
05
venerdìFriday
AIDA
Opera in quattro atti Musica di Giuseppe Verdi Libretto di Antonio Ghislanzoni Direttore Daniel Oren Regia di Franco Zeffirelli “Arena Opera Festival“ Ingresso/Ticket € 251/30 Arena di Verona h. 20.45
06
sabatoSaturday
TRAVIATA
Opera in tre atti Musica di Giuseppe Verdi Libretto di Francesco Maria Piave Direttore Marco Armiliato Regia di Franco Zeffirelli “Arena Opera Festival“ Ingresso/Ticket € 270/32 Arena di Verona h. 20.45
07
domenicaSunday
TURANDOT
(vedi giovedì 4 agosto) “Arena Opera Festival“
Ingresso/Ticket € 270/32 Arena di Verona h. 20.45
10
mercoledìWednesday
TURANDOT
(vedi giovedì 4 agosto) “Arena Opera Festival“
Ingresso/Ticket € 270/32 Arena di Verona h. 20.45
11
giovedìThursday
CARMEN
Opera in quattro atti Musica di Georges Bizet Libretto di Henri Meilhac, Ludovic Halévy Direttore Marco Armiliato Regia di Franco Zeffirelli “Arena Opera Festival“ Ingresso/Ticket € 300/34 Arena di Verona h. 20.45
ERICA PICCOTTI violino LEONORA ARMELLINI pianoforte
Musiche di Debussy, Chopin “Operaestate“
Ingresso/Ticket € 10 Museo Civico-Bassano del Grappa h. 21
12
venerdìFriday
CARMINA BURANA
20
sabatoSaturday
TRAVIATA
(vedi sabato 6 agosto) “Arena Opera Festival“
Ingresso/Ticket € 270/32 Arena di Verona h. 20.45
21
domenicaSunday
AIDA
Andrea Battistoni direttore Lisette Oropesa soprano Filippo Mineccia controtenore Mario Cassi baritono Musiche di Carl Orff “Arena Opera Festival“
(vedi venerdì 5 agosto)“Arena Opera Festival“
13
VERDI OPERA NIGHT PLÁCIDO DOMINGO baritono
Ingresso/Ticket € 190/28 Arena di Verona h. 20.45
sabatoSaturday
TURANDOT
Opera in tre atti Musica di Giacomo Puccini Libretto di Giuseppe Adami, Renato Simoni Direttore Francesco Ivan Ciampa Regia di Franco Zeffirelli “Arena Opera Festival“ Ingresso/Ticket € 270/32 Arena di Verona h. 20.45
14
domenicaSunday
CARMEN
(vedi giovedì 11 agosto) “Arena Opera Festival“
Ingresso/Ticket € 300/34 Arena di Verona h. 20.45
18
giovedìThursday
NABUCCO
Opera in quattro atti Musica di Giuseppe Verdi Libretto di Temistocle Solera Direttore Marco Armiliato Regia di Arnaud Bernard “Arena Opera Festival“ Ingresso/Ticket € 270/32 Arena di Verona h. 21
19
venerdìFriday
TURANDOT
(vedi sabato 13 agosto) “Arena Opera Festival“
Ingresso/Ticket € 270/32 Arena di Verona h. 20.45
28
domenicaSunday
JOANA CARNEIRO direttore
Musiche di De Falla, Stravinski Orchestra del Teatro La Fenice “Stagione Sinfonica 2021-2022“ Ingresso/Ticket € 143/77 Teatro La Fenice h. 20
AIDA
(vedi venerdì 5 agosto) “Arena Opera Festival“
Ingresso/Ticket € 251/30 Arena di Verona h. 20.45
Ingresso/Ticket € 251/30 Arena di Verona h. 20.45
25
giovedìThursday
Arie da opere di Verdi Direttore Jordi Bernàcer Regia di Stefano Trespidi “Arena Opera Festival“ Ingresso/Ticket € 240/35 Arena di Verona h. 20.45
26
venerdìFriday
JOANA CARNEIRO direttore Musiche di De Falla, Stravinski Orchestra del Teatro La Fenice “Stagione Sinfonica 2021-2022“ Ingresso/Ticket € 143/77 Teatro La Fenice h. 20
TURANDOT
Opera in tre atti e 5 quadri Musica di Giacomo Puccini Libretto di Giuseppe Adami, Renato Simoni Direttore Plàcido Domingo Regia di Franco Zeffirelli “Arena Opera Festival“ Ingresso/Ticket € 270/32 Arena di Verona h. 20.45
27
INDIRIZZI ARENA DI VERONA Piazza Bra-Verona www.arena.it
AUDITORIUM LO SQUERO
Isola di San Giorgio Maggiore www.cini.it
MUSEO CIVICO
Piazza Garibaldi 34-Bassano del Grappa www.operaestate.it
PIAZZA SAN MARCO Venezia www.teatrolafenice.it
TEATRO LA FENICE Campo San Fantin 1965 www.teatrolafenice.it
TEATRO TITO GOBBI
Piazza Terraglio-Bassano del Grappa www.operaestate.it
VILLA NEGRI
Via Negri 1-Romano d’Ezzelino www.operaestate.it
sabatoSaturday
JOANA CARNEIRO direttore
Musiche di De Falla, Stravinski Orchestra del Teatro La Fenice “Stagione Sinfonica 2021-2022“ Ingresso/Ticket € 143/77 Teatro La Fenice h. 20
CARMEN
(vedi giovedì 11 agosto) “Arena Opera Festival“
Ingresso/Ticket € 300/34 Arena di Verona h. 20.45
139
agenda
MUSICA, CLASSICA, TEATRO, CINEMA
07
:theatro
LugJul
giovedìThursday
MAPPING GOLDONI
A live tour experience
Un progetto di Compagnia dei Cosi Regia di Mirco Trevisan Con Andrea Bonfanti, Francesca Boldrin, Riccardo Cardelli, Ginevra Mangano Tre figure si aggirano per il Teatro Goldoni. Sono attori o fantasmi? Viaggiatori coraggiosi o macchinisti appassionati? Sono intrusi o sono i padroni di casa? Sono reali o virtuali? Insieme alla Compagnia dei Cosi, gli spettatori dello spettacolo itinerante mAPPingGoldoni avranno l’opportunità di fare un’esperienza più unica che rara: rivivere frammenti della storia e delle meraviglie del Teatro Goldoni e della città immortale di Venezia durante una visita guidata che coinvolge gli spazi più suggestivi del Teatro stesso (tutti i giorni, dal giovedì alla domenica fino al 7 agosto). Ingresso/Ticket € 10/5 Teatro Goldoni h.19
09
sabatoSaturday
Ingresso/Ticket € 20/8 Teatro Verdi-Padova h. 19
domenicaSunday
MADRE CORAGGIO E I SUOI FIGLI
(vedi sabato 9 luglio)
Teatro Verdi-Padova h. 19
martedìTuesday
STORIE A CICHETI
Ingresso/Ticket € 20/8 Teatro Verdi-Padova h. 19
13
mercoledìWednesday
R+G
(vedi martedì 12 luglio)
Teatro Verdi-Padova h. 19
14
giovedìThursday
R+G
(vedi martedì 12 luglio)
Teatro Verdi-Padova h. 19
15
venerdìFriday
IL MAGO E LA VALIGIA Teatro Moro “Palcoscenici Metropolitani”
Ingresso libero/Free entry Parco di Via Piave-Mestre h. 19
R+G
Teatro Verdi-Padova h. 19
di Bertolt Brecht Dramaturg Angela Dematté Regia di Andrea Chiodi Con li allievi dell’Accademia Teatrale Carlo Goldoni “Aperitivo a teatro”
12
Liberamente ispirato a Romeo e Giulietta di William Shakespeare Testo di Tommaso Fermariello Regia di Stefano Cordella Con Caterina Benevoli e Duccio Zanone “Aperitivo a teatro”
(vedi martedì 12 luglio)
MADRE CORAGGIO E I SUOI FIGLI
10
R+G
P.109
Fiabe e leggende della tradizione
Compagnia Pantakin “Palcoscenici Metropolitani”
Ingresso libero/Free entry Parco di Via Piave-Mestre h. 19
BOOMERS
P.109
Testi di Marco Paolini e Michela Signori Regia Marco Paolini Con Marco Paolini e Patrizia Laquidara “Estate Teatrale Veronese” Ingresso/Ticket € 29/18 Teatro Romano-Verona h. 21.15
16
sabatoSaturday
10. VENICE OPEN STAGE
P.108
Xenofilie
Torna dal 16 al 30 luglio in Campazzo San Sebastiano il Venice Open Stage, festival internazionale di teatro all’aperto con ospiti accademie di recitazione da tutto il mondo, compagnie professioniste e laboratori Ingresso libero/Free entry Arena Gigi dall’Aglio Campazzo San Sebastiano
domenicaSunday
VENERE E ADONE
di e con Roberto Latini Musica e suono Gianluca Misiti Compagnia Lombardi-Tiezzi “Operaestate 2022”
Ingresso/Ticket € 15/12 Teatro al Castello “Tito Gobbi” Bassano del Grappa h. 21.20
19
martedìTuesday 4 MARZO 1943 PIAZZA GRANDE
Theama Teatro “Palcoscenici Metropolitani”
Ingresso libero/Free entry Parco di Via Piave-Mestre h. 19
LA DODICESIMA NOTTE
P.109
di William Shakespeare Regia e adattamento di Veronica Cruciani Con Valeria Perdonò e gli attori della Compagnia Giovani del Teatro Stabile del Veneto “Aperitivo a teatro” Ingresso/Ticket € 20/8 Teatro Verdi-Padova h. 19
RACCONTO D’INVERNO
P.109
Fiaba per voci e figure
Adattamento e regia di Piermario Vescovo Figure di Antonella Zaggia Con Manuela Muffatto, Marika Tesser, Antonella Zaggia “Estate Teatrale Veronese”
Ingresso/Ticket € 10 Terrazza di Giulietta (Teatro Nuovo) Verona h. 21
20
mercoledìWednesday
Ingresso libero/Free entry Parco di Via Piave-Mestre h. 19
LA DODICESIMA NOTTE (vedi martedì 19 luglio)
Teatro Verdi-Padova h. 19
YELED / SECUS
P.108
Coreografie di Eyal Dadon e Ohad Naharin Aterballetto “Operaestate 2022”
Ingresso libero/Free entry Teatro al Castello “Tito Gobbi” Bassano h. 21.20
RACCONTO D’INVERNO Fiaba per voci e figure
(vedi marted’ 19 luglio)
Terrazza di Giulietta (Teatro Nuovo) Verona h. 21
23
sabatoSaturday
LA DODICESIMA NOTTE
(vedi martedì 19 luglio)
Teatro Verdi-Padova h. 19
IO E L(’)ORO
P.108
(versione Canova)
Coreografia di Beatrice Bresolin “Operaestate 2022”
Ingresso/Ticket € 7 Palazzo Bonaguro-Bassano h. 15
IGRA
Compagnia Kor’sia “Operaestate 2022”
Ingresso/Ticket € 15/12 Teatro Remondini-Bassano h. 21.20 Fiaba per voci e figure
(vedi marted’ 19 luglio)
Teatro Verdi-Padova h. 19
24
RACCONTO D’INVERNO Fiaba per voci e figure
(vedi marted’ 19 luglio)
domenicaSunday
IO E L(’)ORO
Terrazza di Giulietta (Teatro Nuovo) Verona h. 21
(vedi sabato 23 luglio)
21
PAS DE DEUX / CANOVA giovedìThursday
LA DODICESIMA NOTTE
(vedi martedì 19 luglio) Fiaba per voci e figure
Teatro Romano-Verona h. 21.15
Duo di Picche “Palcoscenici Metropolitani”
Terrazza di Giulietta (Teatro Nuovo) Verona h. 21
(vedi martedì 19 luglio)
R+G
BOOMERS
venerdìFriday
VUELTA
LA DODICESIMA NOTTE
Teatro Verdi-Padova h. 19
(vedi martedì 12 luglio)
22
RACCONTO D’INVERNO
Teatro Verdi-Padova h. 19
(vedi venerdì 15 luglio)
140
17
RACCONTO D’INVERNO (vedi marted’ 19 luglio)
Terrazza di Giulietta (Teatro Nuovo) Verona h. 21
Palazzo Bonaguro-Bassano h. 15
Ideazione C.G.J. Collettivo Giulio e Jari Con Giulio Petrucci e Jari Boldrini Musica Simone Grande Produzione Anghiari Dance Hub, Nexus Factory “Operaestate 2022”
Ingresso/Ticket € 20/16 Chiesa di San Giovanni Bassano del Grappa h. 18.30
PROMISE
Coreografie di Sharon Eyal Tanzmainz “Operaestate 2022”
Ingresso/Ticket € 20/16 Teatro al Castello “Tito Gobbi” Bassano del Grappa h. 21.20
25
lunedìMonday
RACCONTO D’INVERNO Fiaba per voci e figure
(vedi marted’ 19 luglio)
Terrazza di Giulietta (Teatro Nuovo) Verona h. 21
26
martedìTuesday
LA BISBETICA DOMATA
P.105
di William Shakespeare Adattamento Andrea Pennacchi Regia di Silvia Paoli Teatro Bresci “Aperitivo a teatro” Ingresso/Ticket € 20/8 Teatro Verdi-Padova h. 19
AMORE
di e con Pippo Delbono Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale- Compagnia Pippo Delbono “Operaestate 2022”
Ingresso/Ticket € 15/12 Teatro al Castello “Tito Gobbi” Bassano del Grappa h. 21.20
RACCONTO D’INVERNO Fiaba per voci e figure
(vedi marted’ 19 luglio)
Terrazza di Giulietta (Teatro Nuovo) Verona h. 21
CANTADANTE
Compagnia Pantakin “Palcoscenici Metropolitani”
Ingresso libero/Free entry Parco di Via Piave-Mestre h. 19
27
mercoledìWednesday
LA BISBETICA DOMATA
(vedi martedì 26 luglio)
Teatro Verdi-Padova h.19
28
giovedìThursday
LA BISBETICA DOMATA
(vedi martedì 26 luglio)
Teatro Verdi-Padova h.19
29
venerdìFriday
CABARET VOLANTE
Circo Volante “Palcoscenici Metropolitani”
Ingresso libero/Free entry Parco di Via Piave-Mestre h. 19
LA BISBETICA DOMATA (vedi martedì 26 luglio)
Teatro Verdi-Padova h.19
30
sabatoSaturday
LA BISBETICA DOMATA (vedi martedì 26 luglio)
Teatro Verdi-Padova h.19
AgoAug
02
martedìTuesday
DON CHISCIOTTE
Soggetto originale di Marco Zoppello Interpretazione e regia di Marco Zoppello e Michele Mori “Aperitivo a teatro” Ingresso/Ticket € 20/8 Teatro Verdi-Padova h. 19
IN MALO MODO
Il dizionario di Luigi Meneghello
Theama Teatro “Palcoscenici Metropolitani”
Ingresso libero/Free entry Parco di Via Piave-Mestre h. 19
03
mercoledìWednesday
DON CHISCIOTTE
(vedi martedì 2 agosto)
Teatro Verdi-Padova h. 19
04
giovedìThursday
DON CHISCIOTTE
(vedi martedì 2 agosto)
Teatro Verdi-Padova h. 19
05
ECLOGA XI
P.108
Testi di Andrea Zanzotto Con Leda Kreider e Marco Menegoni Drammaturgia Simone Derai, Lisa Gasparotto Regia, scene, luci Simone Derai Anagoor “Operaestate 2022”
Ingresso/Ticket € 15/12 Teatro Remondini-Bassano h. 21
06
sabatoSaturday
DON CHISCIOTTE
(vedi martedì 2 agosto)
Teatro Verdi-Padova h. 19
09
martedìTuesday
RIDING CHE TI PASSA
Compagnia Pantakin “Palcoscenici Metropolitani”
Ingresso libero/Free entry Parco di Via Piave-Mestre h. 19
10
mercoledìWednesday
PIETRE NERE
di Enrico Castellani e Valeria Raimondi con Francesco Alberici, Enrico Castellani e Valeria Raimondi e con Orlando Castellani Babilonia Teatri “Operaestate 2022”
Ingresso/Ticket € 15/12 Teatro al Castello “Tito Gobbi” Bassano del Grappa h. 21
12
venerdìFriday
COSÌ È SE VI PIAVE
Compañia Simpañia “Palcoscenici Metropolitani”
Ingresso libero/Free entry Parco di Via Piave-Mestre h. 19
19
venerdìFriday
INDIRIZZI ARENA GIGI DALL’AGLIO Campazzo San Sebastiano, Dorsoduro www.veniceopenstage.org
CHIESA DI SAN GIOVANNI
Piazza Libertà 27-Bassano www.operaestate.it
ORTO BOTANICO
Università di Padova via Orto botanico 15-Padova www.operaestate.it
PALAZZO BONAGURO Via Angarano 77 Bassano del Grappa www.operaestate.it
PARCO DI VIA PIAVE Via Piave-Mestre www.comune.venezia.it
TEATRO AL CASTELLO TITO GOBBI Piazza Castello Ezzelini Bassano del Grappa www.operaestate.it
TEATRO GOLDONI
Rialto, San Marco 4659 www.teatrostabileveneto.it
TEATRO REMONDINI Via Santissima Trinità 8/C Bassano del Grappa www.operaestate.it
TEATRO ROMANO
Rigaste Redentore 2-Verona www.spettacoloverona.it
TEATRO VERDI
Via dei Livello 32-Padova www.teatrostabileveneto.it
TERRAZZA DI GIULIETTA (TEATRO NUOVO)
Piazza Viviani 10-Verona www.spettacoloverona.it
ALL’INCIRCO VARIETÀ venerdìFriday
FEDE SCOTCH E PEPITA MOON
Circo Patuf “Palcoscenici Metropolitani”
Ingresso libero/Free entry Parco di Via Piave-Mestre h. 19
DON CHISCIOTTE
(vedi martedì 2 agosto)
Teatro Verdi-Padova h. 19
Compagnia Lannutti & Corbo “Palcoscenici Metropolitani”
Ingresso libero/Free entry Parco di Via Piave-Mestre h. 19
24
mercoledìWednesday
STAND ALONES (POLYPHONY)
Coreografia di Chris Haring Liquid Loft “Operaestate 2022”
Ingresso/Ticket € 5 Orto Botanico-Padova h. 21
141
agenda
MUSICA, CLASSICA, TEATRO, CINEMA
07
:cinema
LugJul
giovedìThursday
EMMA
Regia di Autumn De Wilde (2020) “Cinemoving 2022” Piazza San Giorgio-Chirignago h. 21.15
08
venerdìFriday
L’HOTEL DEGLI AMORI SMARRITI
Regia di Christophe De Honorè (2019) “Cinemoving 2022”
Municipio-Favaro Veneto h. 21.15
09
sabatoSaturday
REGEN
P.111
Regia di Mannus Franken, Joris Ivens (19229)
GLI UOMINI, CHE MASCALZONI...
Regia di Mario Camerini (1932) “Celebrazioni 90 anni Mostra del Cinema” Palazzo del Cinema, Sala GrandeLido di Venezia h. 21
12
martedìTuesday
TROLLS WORLD TOUR
Regia di Walt Dhorn, David P. Smith (2020) “Cinemoving 2022”
Piazzetta Brendole-Gazzera h. 21.15
13
venerdìFriday
GLI INCREDIBILI 2
Regia di Brad Bird (2018) “Cinemoving 2022”
San Pietro in Volta-Pellestrina h. 21.15
19
martedìTuesday
GLORIA BELL
Regia di Sebastian Lelio (2018) “Cinemoving 2022”
Regia di Helene Giraud, Thomas Szabo (2018) “Cinemoving 2022” Parrocchia di Zelarino h. 21.15
giovedìThursday
IL LADRO DI GIORNI
Regia di Guido Lombardi (2019) “Cinemoving 2022” Serra dei Giardini h. 21.15
DOLITTLE
Regia di Stephen Gaghan (2020) “Cinemoving 2022” Centro Sportivo MontessoriChirignago h. 21.15
mercoledìWednesday
CINEMA BARCH-IN
P.113
Proiezioni di cinema galleggiante Bacino dell’Arsenale h. 19
28
giovedìThursday
CINEMA BARCH-IN
Proiezioni di cinema galleggiante Bacino dell’Arsenale h. 19
Parrocchia di Dese h. 21.15
21
Serra dei Giardini h. 21.15
giovedìThursday
MINUSCULE 2
Regia di Helene Giraud, Thomas Szabo (2018) “Cinemoving 2022” Serra dei Giardini h. 21.15
RIFKIN’S FESTIVAL
Regia di Woody Allen (2021) “Cinemoving 2022”
Parco Albanese-Mestre h. 21.15
22
venerdìFriday
ONE EARTH. TUTTO È CONNESSO
Regia di Francesco De Augustinis (2021) “Cinemoving 2022. Uno sguardo sul futuro” Parco San Giuliano-Mestre h. 21.15
23
sabatoSaturday
Regia di Michael Dudok (2016) “Cinemoving 2022. Uno sguardo sul futuro”
Parco San Giuliano-Mestre h. 21.15
24
domenicaSunday
DOWNSIZING. VIVERE ALLA GRANDE
Regia di Davide Del Degan (2018) “Cinemoving 2022”
AgoAug
03
mercoledìWednesday
EMMA
Regia di Autumn De Wilde (2020) “Cinemoving 2022”
RIFKIN’S FESTIVAL
Regia di Tyler Wilson, Michael Schwartz (2018) “Cinemoving 2022”
Santa Maria del Carmelo-Mestre h. 21.15
29
CINEMA BARCH-IN
Proiezioni di cinema galleggiante Bacino dell’Arsenale h. 19
GOOD NIGHT, AND GOOD LUCK
Regia di George Clooney (2005) “Cinemoving 2022. Uno sguardo cinema”
Lido Spiaggia Libera-Lido di Venezia h. 21.15
GENESIS 2.0
Regia di Christian Frei, Maxim Arbugaev (2018) “Cinemoving 2022. Uno sguardo sul futuro”
Parco San Giuliano-Mestre h. 21.15
30
sabatoSaturday
CINEMA BARCH-IN
Proiezioni di cinema galleggiante Bacino dell’Arsenale h. 19
Regia di Wes Anderson (2018) “Cinemoving 2022. Uno sguardo sul futuro”
31
04
giovedìThursday
Regia di Woody Allen (2021) “Cinemoving 2022” Serra dei Giardini h. 21.15
DOWNTOWN ABBEY
Regia di Michael Engler (2019) “Cinemoving 2022” Rione Pertini-Mestre h. 21.15
venerdìFriday
25
PARADISE-UNA NUOVA VITA
Parco San Giuliano-Mestre h. 21.15
IN VIAGGIO VERSO UN SOGNO
Parco San Giuliano-Mestre h. 21.15
lunedìMonday
Regia di Alfonso Cuaròn (2006) “Cinemoving 2022. Uno sguardo sul futuro”
Piazzetta Brendole-Gazzera h. 21.15
L’ISOLA DEI CANI
Parco San Giuliano-Mestre h. 21.15
I FIGLI DEGLI UOMINI
Regia di Christophe De Honorè (2019) “Cinemoving 2022”
Regia di Alexander Payne (2017) “Cinemoving 2022. Uno sguardo sul futuro”
Villaggio Laguna-Campalto h. 21.15
142
27
L’HOTEL DEGLI AMORI SMARRITI
LA TARTARUGA ROSSA
mercoledìWednesday
MINUSCULE 2
14
15
05
venerdìFriday
THE QUEEN. LA REGINA
Regia di Stephen Frears (2005) “Cinemoving 2022. Uno sguardo cinema”
Lido Spiaggia Libera-Lido di Venezia h. 21.15
DOLITTLE
Regia di Stephen Gaghan (2020) “Cinemoving 2022” Forte Bazzera-Tessera h. 21.15
09
martedìTuesday
GLI INCREDIBILI 2
Regia di Brad Bird (2018) “Cinemoving 2022”
Parrocchia di Malcontenta h. 21.15
11
giovedìThursday
SERGIO E SERGEJ. IL PROFESSORE E IL COSMONAUTA
Regia di Eugenio Daranas Serrano (2017) “Cinemoving 2022” Serra dei Giardini h. 21.15
domenicaSunday
CINEMA BARCH-IN
Proiezioni di cinema galleggiante Bacino dell’Arsenale h. 19
FIGLI
Regia di Giuseppe Bonito (2020) “Cinemoving 2022” Rione Pertini-Mestre h. 21.15
12
20
venerdìFriday
IL CASTELLO ERRANTE DI HOWL
MONTE VERITÀ
Regia di Hayao Miyazaki (2004) “Cinemoving 2022. Uno sguardo cinema”
Lido Spiaggia Libera-Lido di Venezia h. 21.15
ABRACADABRA
Regia di Pablo Berger (2018) “Cinemoving 2022”
Piazzetta San Francesco-Mestre h. 21.15
15
P.113
Regia di Jacques Demy (1967) “Cinemoving 2022. Uno sguardo sull’Europa” Campo San Polo h. 21
16
Regia di Stefan Jäger (2021) “Cinemoving 2022. Uno sguardo sull’Europa” Campo San Polo h. 21
21
domenicaSunday
ZEUS
Regia di Paulo Filipe Monteiro (2017) “Cinemoving 2022. Uno sguardo sull’Europa”
22
lunedìMonday
VARIAÇÕES
Regia di João Maia (2019) “Cinemoving 2022. Uno sguardo sull’Europa” Campo San Polo h. 21
CLÉO DE 5 À 7
23
Campo San Polo h. 21
Regia di João Nicolau (2019) “Cinemoving 2022. Uno sguardo sull’Europa”
martedìTuesday
Regia di Agnes Varda (1962) “Cinemoving 2022. Uno sguardo sull’Europa”
17
mercoledìWednesday
16 LEVERS DE SOLEIL
Regia di Pierre-Emmanuel Le Goff (2018) “Cinemoving 2022. Uno sguardo sull’Europa” Campo San Polo h. 21
18
DOWNSIZING. VIVERE ALLA GRANDE
Regia di Alexander Payne (2017) “Cinemoving 2022. Uno sguardo sul futuro”
Giardini di Via Piave-Mestre h. 21.15
27
sabatoSaturday
TECHNOBOSS
30
martedìTuesday
IN VIAGGIO VERSO UN SOGNO
Regia di Tyler Wilson, Michael Schwartz (2018) “Cinemoving 2022” Santa Maria della Pace-Mestre h. 21.15
Regia di João Nicolau (2019) “Cinemoving 2022. Uno sguardo sull’Europa” Campo San Polo h. 21
Campo San Polo h. 21
lunedìMonday
LES DEMOISELLES DE ROCHEFORT
sabatoSaturday
giovedìThursday
martedìTuesday
TECHNOBOSS
Campo San Polo h. 21
24
mercoledìWednesday
HAB
Regia di Nora Làkos (2020) “Cinemoving 2022. Uno sguardo sull’Europa” Campo San Polo h. 21
25
giovedìThursday
INDIRIZZI BACINO DELL’ARSENALE Venezia cinemabarchin.com
CAMPO SAN POLO Venezia www.culturavenezia.it
CENTRO SPORTIVO MONTESSORI Chirignago www.culturavenezia.it
PARROCCHIA DI ZELARINO
Via Castellana 70-Zelarino www.culturavenezia.it
PIAZZA SAN GIORGIO Chirignago www.culturavenezia.it
PIAZZALE ZENDRINI Pellestrina www.culturavenezia.it
FORTE BAZZERA
PIAZZETTA BRENDOLE
GIARDINI DI VIA PIAVE
PIAZZETTA SAN FRANCESCO
Tessera www.culturavenezia.it Mestre www.culturavenezia.it
LIDO SPIAGGIA LIBERA
Gazzera www.culturavenezia.it
Mestre www.culturavenezia.it
Lungomare D’Annunzio 2-Lido di Venezia www.culturavenezia.it
RIONE PERTINI
Mestre www.culturavenezia.it
OLGA
KILAKOLTATÁS
MUNICIPIO DI FAVARO VENETO
SAN PIETRO IN VOLTA
Campo San Polo h. 21
Campo San Polo h. 21
PALAZZO DEL CINEMA
SANTA MARIA DEL CARMELO
Regia di Elie Grappe (2021) “Cinemoving 2022. Uno sguardo sull’Europa”
19
venerdìFriday
TANDOORI LOVE
Regia di Oliver Paulus (2008) “Cinemoving 2022. Uno sguardo sull’Europa” Campo San Polo h. 21
GATTO NERO GATTO BIANCO
Regia di Emir Kusturica (1998) “Cinemoving 2022. Uno sguardo cinema”
Lido Spiaggia Libera-Lido di Venezia h. 21.15
Regia di Màté Bence (2022) “Cinemoving 2022. Uno sguardo sull’Europa”
26
venerdìFriday
LEGJOBB DOLGOKON BOGNI KELL
Regia di Cristina Grosan (2021) “Cinemoving 2022. Uno sguardo sull’Europa” Campo San Polo h. 21
MONSOON WEDDING
Regia di Mira Nair (2000) “Cinemoving 2022. Uno sguardo cinema”
Lido Spiaggia Libera-Lido di Venezia h. 21.15
Piazza Pastrello 1 www.culturavenezia.it
Lungomare Marconi-Lido www.labiennale.org
PARCO ALBANESE Mestre www.culturavenezia.it
Pellestrina www.culturavenezia.it
Via Terraglio 45-Mestre www.culturavenezia.it
SANTA MARIA DELLA PACE
PARCO SAN GIULIANO
Bissuola-Mestre www.culturavenezia.it
PARROCCHIA DI DESE
Castello www.culturavenezia.it
Mestre www.culturavenezia.it Via Altinia 211/B www.culturavenezia.it
PARROCCHIA DI MALCONTENTA
SERRA DEI GIARDINI VILLAGGIO LAGUNA Campalto www.culturavenezia.it
Via Moranzani 1-Malcontenta www.culturavenezia.it
143
ARSENALE IL LATTE DEI SOGNI THE MILK OF DREAMS Corderie
––
NATIONAL PARTICIPATIONS
artbiennale
THE MILK OF DREAMS National Pavilions, Collateral Events Giardini, Arsenale, Around Town
ALBANIA Artiglierie
ARABIA SAUDITA Sale d'Armi
ARGENTINA Sale d'Armi
CILE
Artiglierie
59. ESPOSIZIONE INTERNAZIONALE D’ARTE
CINA Repubblica Popolare Cinese
23 April>27 November 2022 GIARDINI, ARSENALE, AROUND TOWN
Sale d'Armi
Opening times 23 April > 25 September 11 am-7 pm (last admission 6.45 pm) 27 September > 27 November 10 am-6 pm (last admission 5.45 pm) Only Arsenale until 25 September on Fridays and Saturdays extended opening until 8 pm
EMIRATI ARABI UNITI FILIPPINE Artiglierie
GHANA Isolotto
IRLANDA Artiglierie
Closed on Mondays Except 25/04, 30/05, 27/06, 25/07, 15/08, 5/09, 19/09, 31/10, 21/11
ISLANDA
www.labiennale.org
Artiglierie
Artiglierie
Repubblica del KOSOVO LETTONIA Artiglierie
GIARDINI
LIBANO
IL LATTE DEI SOGNI THE MILK OF DREAMS
Granducato di LUSSEMBURGO
––
MALTA
Artiglierie
Sale d'Armi
Padiglione centrale
Artiglierie
NATIONAL PARTICIPATIONS
MESSICO Sale d'Armi
AUSTRALIA
GRAN BRETAGNA
AUSTRIA
GRECIA
NUOVA ZELANDA
BELGIO
ISRAELE
Sultanato dell’OMAN
BRASILE
PAESI NORDICI
CANADA Repubblica di COREA DANIMARCA EGITTO ESTONIA
(Finlandia, Norvegia, Svezia)
POLONIA ROMANIA/1 SERBIA SPAGNA
Artiglierie Artiglierie
PERÙ
Sale d'Armi
SINGAPORE Sale d'Armi
Repubblica di SLOVENIA Isolotto
Repubblica del SUDAFRICA Sale d'Armi
(Padiglione Paesi Bassi)
STATI UNITI D’AMERICA
FINLANDIA
SVIZZERA
TURCHIA
UNGHERIA
UCRAINA
(Padiglione Alvar Aalto)
FRANCIA GERMANIA GIAPPONE
URUGUAY Repubblica Bolivariana del VENEZUELA PADIGLIONE VENEZIA
144
Magazzino delle Vergini
Sale d'Armi Sale d'Armi
Repubblica dell’UZBEKISTAN Fianco Teatro delle Tese
PADIGLIONE ITALIA Tese e Giardino delle Vergini
AROUND TOWN
AROUND TOWN
––
NATIONAL PARTICIPATIONS Repubblica ARABA SIRIANA Isola di San Servolo
ARMENIA
Campo della Tana, Castello 2125
Repubblica dell’AZERBAIJAN Piazza San Marco Procuratie Vecchie 139-153
Repubblica Popolare del BANGLADESH
Palazzo Pisani Revedin, San Marco 4013
BOLIVIA
Artspace4rent, Cannaregio 4120
BULGARIA
Spazio Ravà, San Polo 1100
Repubblica del CAMERUN
Liceo Artistico Guggenheim, Dorsoduro 2613 Palazzo Ca’ Bernardo Molon, San Polo 2186
CANADA/2
ROMANIA/2
New Gallery of the Romanian Institute for Culture and Humanistic Research Palazzo Correr Campo Santa Fosca, Cannaregio 2214
SAN MARINO
Palazzo Donà dalle Rose Fondamenta Nove, Cannaregio 5038
UGANDA
Palazzo Palumbo Fossati, San Marco 2597
Repubblica dello ZIMBABWE Istituto Santa Maria della Pietà Calle della Pietà, Castello 3702
––
COLLATERAL EVENTS ARSENALE DOCKS
FONDAZIONE GIORGIO CINI
Docks Cantieri Cucchini San Pietro di Castello 40
FinoUntil 24luglioJuly Isola di San Giorgio Maggiore
Alberta Whittle. “deep dive (pause) uncoiling memory” CAMPO DELLA TANA
Angela Su: Arise, Hong Kong in Venice
Castello 2126 (fronte ingresso Arsenale)
CSDCA
Angels Listening. Rachel Lee Hovnanian
Loggia della Temanza, Dorsoduro 1602
FONDATION LOUIS VUITTON
APOLLO, APOLLO
Calle del Ridotto, San Marco 1353
FONDAZIONE DELL’ALBERO D’ORO
Bosco Sodi a Palazzo Vendramin Grimani. What Goes Around Comes Around
Magazzini del Sale 5, Dorsoduro 262
Palazzo Vendramin Grimani, San Polo 2033
COSTA D’AVORIO
ARSENALE DOCKS
Magazzini del Sale 3, Dorsoduro 264
CROAZIA
Via Garibaldi, Castello 1513
CUBA
Isola di San Servolo
GEORGIA
Spazio Punch, Giudecca 800/O
GRENADA
Il Giardino Bianco Art Space Via Garibaldi 1814
Catalonia in Venice_LLIM Docks Cantieri Cucchini San Pietro di Castello 40
PALAZZO CONTARINI POLIGNAC
Chun Kwang Young. Times Reimagined Dorsoduro 874
PALAZZO CAVANIS
KENYA
PALAZZO QUERINI
Ewa Kuryluk. I, White Kangaroo Calle Lunga San Barnaba, Dorsoduro 2691
Hydro Space, Giudecca Art Center Giudecca 211/C
PALAZZO MORA
LITUANIA
Cannaregio 3659
Campo de le Gate, Castello 3200
Repubblica della MACEDONIA DEL NORD
Scuola dei Laneri, Santa Croce 113/A
MONGOLIA
PROCURATIE VECCHIE
Louise Nevelson. Persistence FinoUntil 11settembreSeptember Piazza San Marco (ingresso da San Marco 1218/B)
NEGOZIO OLIVETTI
Lucio Fontana / Antony Gormley
Piazza San Marco 101
ARCHIVI DELLA MISERICORDIA
Pera + Flora + Fauna The Story of Indigenousness and the Ownership of History Campo de l’Abazia, Cannaregio 3549
PALAZZO ZEN
Road of Faith Cannaregio 4924
CHIESA SANTA MARIA DELLA VISITAZIONE
Rony Plesl. Trees Grow from the Sky Fondamenta Zattere ai Gesuati Dorsoduro 919/A
San Polo 2774
Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti Campo Santo Stefano, San Marco 2945
Repubblica del KIRGHIZISTAN
San Pietro di Castello 59/C
PALAZZO LOREDAN
Spazio Arco, Dorsoduro 1485 Fàbrica 33, Cannaregio 5063
Lita Albuquerque. Liquid Light
PALAZZO TIEPOLO PASSI
Dorsoduro 920
Repubblica del KAZAKHSTAN
SPUMA – Space For The Arts Giudecca 800/R
SPAZIO OLIVOLO
Claire Tabouret. I Am Spacious, Singing Flesh Eugen Raportoru. The Abduction from the Seraglio Roma Women. Performative Strategies of Resistance
GUATEMALA
Kehinde Wiley. An Archaeology of Silence
From Palestine With Art SCUOLA GRANDE DELLA MISERICORDIA
Future Generation Art Prize @ Venice 2022 FinoUntil 7 agostoAugust Cannaregio 3599/A
Stanley Whitney. The Italian Paintings SALONE VERDE
Take Your Time
Calle della Regina, Santa Croce 2258
FONDAZIONE ERES
Tue Greenfort. Medusa Alga Laguna Ca’ Sarasina, Castello 1228
CONSERVATORIO BENEDETTO MARCELLO
Uncombed, Unforeseen, Unconstrained
Campiello Pisani, San Marco 2810
ATELIER MURANESE
Vera Molnár. Icône 2020 New Murano Gallery Calle Alvise Vivarini 6, Murano
PALAZZO DONÀ BRUSA
PALAZZETTO TITO
With hands, signs grow
Palazzo Malipiero, San Marco 3078-3079/A
FinoUntil 24 agostoAugust Dorsoduro 2826
ASSOCIAZIONE SPIAZZI
NAMIBIA
BIBLIOTECA MARCIANA
Calle del Pestrin, Castello 3856
NEPAL
FinoUntil 17luglioJuly Piazza San Marco 7
Calle San Biasio, Castello 2131
MONTENEGRO Isola della Certosa
Sant’Anna Project Space One, Castello 994
PAESI BASSI
Chiesetta della Misericordia – Art Events Campo de l’Abazia, Cannaregio 3548
Ha Chong-Hyun
Heinz Mack - Vibration of Light PALAZZO DELLE PRIGIONI
Impossible Dreams
San Polo 2177
Without Women
CAMPO DELLA TANA
YiiMa Art Group. Allegoryof Dreams
FinoUntil 20ottobreOctober Castello 2126/A (fronte ingresso Arsenale)
Castello 4209
PORTOGALLO
Palazzo Franchetti, San Marco 2847
145
193 GALLERY Traits to Remember: the aesthetics & politics of black portraits
CASTELLO 780 Kaethe Kauffman Yoga: Interiore Esterno
AKKA PROJECT African Identities Group Exhibition
CASTELLO 925 Melinda Stickney-Gibson Gary Gissler Onirica
FinoUntil 21 agostoAugust Zattere, Dorsoduro 556 www.193gallery.com
FinoUntil 27 novembreNovember Ca’ del Duca, Corte Duca Sforza San Marco 3052 www.akkaproject.com
exhibitions
Mostre a Venezia Not Only Biennale
BEL AIR FINE ART Carole Feuerman Richard Orlinski
FinoUntil 27 novembreNovember Calle dello Spezier, San Marco 2765 Dorsoduro 728 www.belairfineart.com
BIBLIOTECA MARCIANA
Federica Marangoni Memory The Light of Time
FinoUntil 27 novembreNovember Sala Sansoviniana, Biblioteca Nazionale Marciana, Piazza San Marco
CA’ D’ORO GALLERIA GIORGIO FRANCHETTI Da Donatello a Alessandro Vittoria 1450 – 1600 150 anni di scultura nella Repubblica di Venezia FinoUntil 30 ottobreOctober Calle Ca’ d’Oro, Cannaregio 3934 www.cadoro.org
CA’ FOSCARI CFZ CULTURAL FLOW ZONE Lena Herzog. Last Whispers Immersive Oratorio for Vanishing Voices, Collapsing Universes and a Falling Tree FinoUntil 30 luglioJuly Tesa 1, Zattere al Pontelungo Dorsoduro 1392 www.unive.it
CA’ PESARO/1 Raqib Shaw: Palazzo della Memoria
FinoUntil 25 settembreSeptember Galleria Internazionale d’Arte Moderna (Sale Dom Pérignon), Santa Croce 2076 capesaro.visitmuve.it
CA’ PESARO/2 Bice Lazzari Fra spazio e misura
FinoUntil 23 ottobreSeptember Galleria Internazionale d’Arte Moderna Santa Croce 2076 capesaro.visitmuve.it
CASA DEI TRE OCI Sabine Weiss La poesia dell’istante
FinoUntil 23 ottobreOctober Giudecca 43 www.treoci.org
146
15 luglioJuly-13 novembreNovember Fondamenta San Giuseppe, Castello 780 www.crosscontemporaryprojects.com
15 luglioJuly-28 agostoAugust Fondamenta San Giuseppe, Castello 925 www.crosscontemporaryprojects.com
CHIESA DELLA PIETÀ Carole Feuerman. My Stories FinoUntil 27 novembreNovember Cappella, Riva degli Schiavoni Castello 3701 www.belairfineart.com
CHIESA SAN SAMUELE Julien Friedler È finita la Commedia
FinoUntil 25 settembreSeptember Campo San Samuele, San Marco www.julienfriedler.com | cdstudiodarte.it
CHIOSTRO CHIESA MADONNA DELL’ORTO The Global Supper A Collective Meditation on Humanity FinoUntil 15 luglioJuly Cannaregio 3512 www.LilliMuller.com
CIPRIANI GIUDECCA Subodh Gupta Cooking the World
FinoUntil 27 novembreNovember Giardino dell’Hotel Belmond, Giudecca 10
COLLEZIONE PEGGY GUGGENHEIM Surrealismo e magia. La modernità incantata
FinoUntil 26 settembreSeptember Dorsoduro 701 guggenheim-venice.it
COMPLESSO DELL’OSPEDALETTO/1 Penumbra
FinoUntil 27 novembreNovember Ospedaletto CON/temporaneo Barbaria de le Tole, Castello 6691 inbetweenartfilm.com
COMPLESSO DELL’OSPEDALETTO/2 Ramin Haerizadeh, Rokni Haerizadeh, Hesam Rahmanian ALLUVIUM FinoUntil 27 novembreNovember Ospedaletto Contemporaneo Barbaria de le Tole, Castello 6691 ogrtorino.it
EUROPEAN CULTURAL CENTRE (ECC) Personal Structures Reflections FinoUntil 27 novembreNovember Palazzo Mora, Strada Nova Cannaregio 3659 Palazzo Bembo, Riva del Carbon San Marco 4793 Giardini della Marinaressa, Riva dei Sette Martiri, Castello
FONDACO DEI TEDESCHI Leila Alaoui Storie Invisibili/Unseen Stories FinoUntil 27 novembreNovember Rialto (accanto al Ponte)
FONDACO MARCELLO Wallace Chan. Totem
FinoUntil 23 ottobreOctober Calle del Traghetto, San Marco 3415 www.wallace-chan.com
FONDATION VALMONT Peter Pan. La nécessité du rêve FinoUntil 26 febbraioFebruary Palazzo Bonvicini, Calle Agnello San Polo 2161/A fondationvalmont.com
FONDATION WILMOTTE Bae Bien-U Light of Grey/View of Venice FinoUntil 27 novembreNovember Gallery, Fondamenta dell’Abbazia Cannaregio 3560 www.fondationwilmotte.com
FONDAZIONE BERENGO ART SPACE 7 GLASSTRESS State of mind
FinoUntil 27 novembreNovember Campiello della Pescheria 4, Murano www.fondazioneberengo.org
FONDAZIONE BERENGO Laurent Reypens – Dreamflowers FinoUntil 15 settembreSeptember Palazzo Cavalli-Franchetti San Marco 2847 www.fondazioneberengo.org
FONDAZIONE BEVILACQUA LA MASA Andrea Valleri Venetia Classica Bysantium 14-28 luglioJuly Galleria di Piazza San Marco
FONDAZIONE EMILIO E ANNABIANCA VEDOVA Rainer - Vedova: Ora
FinoUntil 30 ottobreOctober Magazzino del Sale e Spazio Vedova Zattere 266 www.fondazionevedova.org
FONDAZIONE PRADA Human Brains It Begins with an Idea
FinoUntil 27 novembreNovember Ca’ Corner della Regina, Santa Croce 2215 www.fondazioneprada.org
FONDAZIONE QUERINI STAMPALIA Danh Vō, Isamu Noguchi, Park Seo-Bo FinoUntil 27 novembreNovember Campo Santa Maria Formosa Castello 5252 www.querinistampalia.org
GALLERIA ALBERTA PANE Claude Cahun / Marcel Moore I owe you FinoUntil 27 agostoAugust Calle dei Guardiani, Dorsoduro 2403/H albertapane.com
GALLERIA CATERINA TOGNON Bertozzi&Casoni: istantanee
FinoUntil 30 luglioJuly Corte Barozzi, San Marco 2158 www.caterinatognon.com
GALLERIA MARIGNANA ARTE Maurizio Donzelli The empty set FinoUntil 23 luglioJuly Rio Terà dei Catecumeni Dorsoduro, 141 www.marignanaarte.it
GALLERIA RAVAGNAN Attasit Pokpong Time Flies 8-22 luglioJuly Piazza San Marco 50/A Dorsoduro, 686 www.ravagnangallery.com
GALLERIE DELL’ACCADEMIA Anish Kapoor FinoUntil 9 ottobreOctober Campo della Carità, Dorsoduro 1050 www.gallerieaccademia.it
GIARDINI DELLA MARINARESSA Richard Orlinski Solo exhibition
FinoUntil 27 novembreNovember European Cultural Centre, Giardini della Marinaressa, Riva dei Sette Martiri www.belairfineart.com
IKONA GALLERY Alla ricerca di Fioretta
FinoUntil 7 agostoAugust Campo del Ghetto Nuovo Cannaregio 2909 www.ikonavenezia.com
ISOLA DI SAN GIORGIO MAGGIORE/1 FontanaArte. Vivere nel vetro FinoUntil 31 luglioJuly Le Stanze del Vetro lestanzedelvetro.org
ISOLA DI SAN GIORGIO MAGGIORE/2 On Fire FinoUntil 24 luglioJuly Fondazione Giorgio Cini www.cini.it
ISOLA DI SAN GIORGIO MAGGIORE/3 Kehinde Wiley An Archaeology of Silence FinoUntil 24 luglioJuly Fondazione Giorgio Cini www.cini.it
LA FUCINA DEL FUTURO From Chaos to Harmony Independent Project by SUMUS
FinoUntil 17 luglioJuly Calle San Lorenzo, Castello 5063B sumus.community
M9 – Museo del ‘900 GUSTO! Gli italiani a tavola. 1970-2050 FinoUntil 25 settembreSeptember Museo del ’900, Via Giovanni Pascoli 11 - Mestre www.m9museum.it
MARIGNANA ARTE Maurizio Donzelli L’insieme vuoto
FinoUntil 23 luglioJuly Rio Terà dei Catecumeni Dorsoduro 141 www.marignanaarte.it
MUSEO CORRER Huong Dodinh. Ascension FinoUntil 6 novembreNovember Sala delle Quattro Porte Piazza San Marco correr.visitmuve.it
MUSEO DEL VETRO Tony Cragg Silicon Dioxide
FinoUntil 21 agostoAugust Fondamenta Giustinian 8, Murano museovetro.visitmuve.it
OCEAN SPACE THE SOUL EXPANDING OCEAN #3 Dineo Seshee Bopape. Ocean! What if No Change Is Your Desperate Mission? THE SOUL EXPANDING OCEAN #4 Diana Policarpo. Ciguatera FinoUntil 2 ottobreOctober Ocean Space, Chiesa di San Lorenzo Castello 5069 www.ocean-space.org
PALAZZO CINI Joseph Beuys Finamente Articolato FinoUntil 2 ottobreOctober museovetro.visitmuve.it
PALAZZO DIEDO Berggruen Arts & Culture Sterling Ruby. A Project in Four Acts
PALAZZO FRANCHETTI Antoni Clavé Lo spirito del guerriero
FinoUntil 23 ottobreOctober ACP (primo piano), San Marco 2842 www.acp-palazzofranchetti.com
PALAZZO GRASSI Marlene Dumas. open-end FinoUntil 8 gennaioJanuary, 2023 Campo San Samuele, San Marco 3231 www.palazzograssi.it
PALAZZO GRIMANI/1 Mary Weatherford The Flaying of Marsyas
FinoUntil 27 novembreNovember Castello 4858/a polomusealeveneto.beniculturali.it/ musei/museo-di-palazzo-grimani
PALAZZO GRIMANI/2 Georg Baselitz. Archinto
FinoUntil 27 novembreNovember Castello 4858/a polomusealeveneto.beniculturali.it/ musei/museo-di-palazzo-grimani
PALAZZO LOREDAN Markus Lüpertz
FinoUntil 7 agostoAugust Istituto Veneto di Scienze Lettere ed Arti, Campo Santo Stefano San Marco 2945
PALAZZO MANFRIN VENIER Fondazione Anish Kapoor
FinoUntil 9 ottobreOctober Fondamenta Venier, Cannaregio 342
PALAZZO MOCENIGO Es-senze
FinoUntil 11 settembreSeptember Santa Croce 1992 mocenigo.visitmuve.it
PALAZZO MOROSINI DEL PESTRIN Caroline Dantheny Boundless
FinoUntil 31 luglioJuly Calle del Pestrin, Castello 6140 www.carolinedantheny.com
FinoUntil 27 novembreNovember Santa Fosca, Cannaregio 2386 www.berggruen.org
PROCURATIE VECCHIE The Human Safety Net A World of Potential
PALAZZO DUCALE Anselm Kiefer Questi scritti, quando verranno bruciati, daranno finalmente un po’ di luce (Andrea Emo)
PUNTA CONTERIE ART GALLERY Forme del bere
FinoUntil 29 ottobreOctober Sala dello Scrutinio Piazzetta San Marco palazzoducale.visitmuve.it
PALAZZO FORTUNY Mariano Fortuny y Madrazo Palazzo Pesaro degli Orfei San Marco 3958 fortuny.visitmuve.it
Piazza San Marco 1218/B www.thehumansafetynet.org
FinoUntil 31 dicembreDecember InGalleria, Fondamenta Giustinian 1 Murano puntaconterie.com
PUNTA DELLA DOGANA Bruce Nauman: Contrapposto Studies
FinoUntil 27 novembreNovember Dorsoduro 2 www.palazzograssi.it
RIVA SAN BIASIO Zhanna Kadyrova Palianytsia
FinoUntil 11 settembreSeptember Castello 2145 www.galleriacontinua.com
SCALA CONTARINI DEL BOVOLO Nello Petrucci Profili
FinoUntil 26 AgostoAugust San Marco 4303 www.alessandrorusso.com
SCUOLA GRANDE DI SAN GIOVANNI EVANGELISTA Ugo Rondinone Burn Shine Fly FinoUntil 17 settembreSeptember Chiesa e Campiello della Scuola San Polo 2454 ugorondinone.com
SCUOLA GRANDE SAN MARCO Sarah Revoltella La difesa
FinoUntil 10 settembreSeptember Ingresso Ospedale Civile, Campo dei Santi Giovanni e Paolo, Castello 6777 www.sarahrevoltella.com
SPARC* Spazio Arte Contemporanea Jacques Martinez Stagione Ticinese/Paper Landscapes
FinoUntil 27 novembreNovember Santo Stefano, San Marco 2828A jacquesmartinez.com
SPAZIO BERLENDIS Gwangju Biennale to where the flowers are blooming
FinoUntil 27 NovembreNovember Cannaregio 6301 gwangjubiennale.org
SPAZIO THETIS gEnki 1st Annual METAVERSE Art FinoUntil 27 novembreNovember Officina Lamierini e Tesa 106 Arsenale Nord www.annualmetaverseart.com
ST. GEORGE ANGLICAN CHURCH Mouna Rebeiz The Soothsayer
FinoUntil 27 novembreNovember Campo San Vio, Dorsoduro mounarebeiz.com
TANA ART SPACE Artbox.Groups Globalize the artworld FinoUntil 31 luglioJuly Fondamenta de la Tana Castello 2109/A it.biennaleartexpo.com
VENICE PHOTOGRAPHY Paolo Della Corte Michele Alassio
FinoUntil 23 novembreNovember Ruga Giuffa, Castello 4745 www.venicephotography.it
ZUECCA PROJECTS Hermann Nitsch, 20th painting action Vienna 1987 – Venice 2022
FinoUntil 20 luglioJuly Oficine 800, Fondamenta San Biagio Giudecca www.zueccaprojects.org
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KIDS DAY!
Ogni domenica la Collezione Guggenheim apre le porte ai più piccini per un ciclo di laboratori gratuiti in Museo, per bambini dai 4 ai 10 anni, per approforndire le tematiche della mostra Surrealismo e Magia e delle opere esposte nella collezione permanente.
DIPINGERE UNA DANZA O DANZARE DIPINGENDO…
etcc...
Incontri, laboratori, presentazioni, festivals
10 luglio h. 15-16.30 Un confronto tra Gino Severini e Tancredi Parmeggiani è il punto di partenza per le attività dedicate alla comprensione del ruolo del movimento nell’arte.
UNA ROSA, È UNA ROSA, È UNA ROSA
17 luglio h. 15-16.30 Durante il laboratorio i bambini esplorano l’esperienza della bellezza e della luminosità trasmesse dalla natura partendo dall’opera Rosa dell’artista espressionista astratta Agnes Martin.
DIVENTARE CUBISTA
24 luglio h. 15-16.30 Ispirati dai capolavori del Cubismo della collezione i piccoli partecipanti vengono invitati a produrre i propri autoritratti astratti.
CONVERSAZIONI SCULTOREE
31 luglio h. 15-16.30 Attività intorno al Colloquio mitico di Pietro Consagra, una scultura che si mette in rapporto con la società. Collezione Peggy Guggenheim Ca’ Venier dei Leoni, Dorsoduro www.guggenheim-venice.it
MONTELLO IN FILOSOFIA
Terza edizione del Festival annuale alle pendici del Bosco del Montello tra i comuni di Crocetta del Montello, Giavera del Montello, Montebelluna, Nervesa della Battaglia e Volpago del Montello. L’iniziativa è promossa da La Chiave di Sophia, associazione culturale no-profit che pone la filosofia come presenza indispensabile nella quotidianità, sostenendo la contaminazione tra saperi e arti dello spettacolo. Il programma è eterogeneo ed aperto al pubblico con attività formative ma anche di intrattenimento, per «una filosofia che ritorna al centro della polis».
IMAGO – FILOSOFIA A RITRATTI 15 luglio h. 21 Cartesio, il filosofo davanti alla stufa Abbazia Sant’Eustachio Nervesa della Battaglia
PASSEGGIATA FILOSOFICA
21 luglio h. 20 Passeggiata filosofica sul tema della Consapevolezza Grave del Piace, Crocetta del Montello
SPECCHIO DELLE MIE BRAME
27 luglio h. 21 Incontro con Maura Gancitano Specchio delle mie brame. La prigione della bellezza Villa Wassermann, Giavera del Montello www.montelloinfilosofia.it
SALTA CORI ZOGA
Fino 20 settembre Anche quest’anno dil Comune di Venezia mette a disposizione delle società e associazioni sportive parchi, giardini, campi polivalenti e spazi pubblici all’aperto per la seconda edizione di Salta Cori Zoga. Per l’edizione 2022 sono oltre 30 le associazioni che hanno aderito, con 82 appuntamenti tra terraferma, Venezia e Isole. Tante le discipline sportive che
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potranno essere sperimentate nel corso dell’iniziativa, da quelle più tradizionali quali calcio, basket e pallavolo, a sport meno conosciuti come il nordic walking, o attività quali yoga e zumba. Tutti gli eventi sono aperti al pubblico e ad accesso gratuito. www.comune.venezia.it
Palazzo delle Poste, Sala Cultura
LIBRI IN SPIAGGIA
25 luglio h. 18 Incontro con Alberto Garlini Miramonti Majestic Grand Hotel
La 14. edizione di Libri in Spiaggia torna al Tennis Club di Venezia al Lido con incontri e presentazioni con gli autori per tutta l’estate. A luglio incontri di letteratura con le esperte lettrici di “Voci di Carta” ed una serata interamente dedicata alla poesia, ospitata dall’Hotel Ausonia&Hungaria. Inoltre durante l’estate diverse iniziative rivolte ai bambini e a settembre Premio Cover, un contest per la miglior grafica di copertina tra i libri presentati.
ELISABETTA BALDISSEROTTO
7 luglio h. 17.30 Il dolore degli altri. Un dramma in laguna, Neos edizioni.
POESIE SOTTO LE STELLE 13 luglio h. 21 Hotel Ausonia&Hungaria Viale S.M. Elisabetta, Lido
MAURIZIO PICCOLI
21 luglio h. 17.30 Chiara sarà, El squero editore.
BRIGIDINA GENTILE
4 agosto h. 17.30 L’altra Penelope. Tessere il mito Officine editore
CLAUDIO NOBBIO
25 agosto h. 17.30 Il giro del mondo in 80 ricette Mazzanti editore www.culturavenezia.it
UNA MONTAGNA DI LIBRI
Dal 2009 scrittori e lettori si incontrano sulle Dolomiti due volte l’anno, d’estate e d’inverno, per condividere le idee più recenti nelle arti e nelle scienze. Il punto d’incontro è il festival Una Montagna di Libri a Cortina d’Ampezzo da luglio a settembre. In programma incontri tra letteratura, filosofia, politica, scienza e religione….
PIONIERE E PIONIERI DELLA MONTAGNA
12 luglio h. 18 Le prime donne alpiniste e la figura di Richard Issler: incontro con Paolo Salvini e Wolfgang Strobl Museo d’Arte Moderna Mario Rimoldi
LA VITA FUORI DI SÉ
16 luglio h. 18 Una filosofia dell’avventura: incontro con Pietro Del Soldà Palazzo delle Poste, Sala Cultura
HO INSEGNATO IL CURLING A BRIGITTE BARDOT
17 luglio h. 18 Tiziano Fracassini, un Medico di Montagna a Cortina: incontro con Donatella Serafini Fracassini e Massimo Spampani Museo d’Arte Moderna Mario Rimoldi
L’AMORE DANZA SULL’ABISSO
19 luglio h. 18 Storie triestine da Italo Svevo a Bobi Bazlen: incontro con Alessandro Mezzena Lona Museo d’Arte Moderna Mario Rimoldi
I TRENTAQUATTRO GIORNI DI ALBINO LUCIANI
21 luglio h. 18 Papa Giovanni Paolo I, Il Magistero: incontro con Pietro Parolin, Stefania Falasca, Marco Tarquinio, Carlo Arrigoni
LA MONTAGNA NUDA
22 luglio h. 20.30 La prima ascensione invernale del Nanga Parbat: incontro con Alex Txikon Palestra di Roccia Lino Lacedelli
IL SOLE SENZA OMBRA
LA GRANDE CARESTIA
25 luglio h. 18 La Guerra di Stalin all’Ucraina: Incontro con Lorenzo Cremonesi Miramonti Majestic Grand Hotel
GUERRA INFINITA
27 luglio h. 18 Quarant’anni di conflitti rimossi dal Medio Oriente all’Ucraina: ncontro con Lorenzo Cremonesi Miramonti Majestic Grand Hotel
IL FANTASMA IN BICICLETTA
28 luglio h. 18 All’inseguimento di Giovannino Guareschi: incontro con Enrico Brizzi Miramonti Majestic Grand Hotel
INCONTRO CON I FINALISTI DEL PREMIO CAMPIELLO
29 luglio h. 18 Con Fabio Bacà, Antonio Pascale, Daniela Ranieri, Elena Stancanelli, Bernardo Zannoni Conchiglia Piazza Angelo Dibona
SUICIDIO OCCIDENTALE 30 luglio h. 18 Incontro con Federico Rampini Alexander Girardi Hall Cortina d’Ampezzo
LA STANZA DELLE MELE
31 luglio h. 18 Incontro con Matteo Righetto Museo d’Arte Moderna Mario Rimoldi Cortina d’Ampezzo unamontagnadilibri.it
BUON COMPLEANNO PEGGY!
26 agosto h. 21 Figura cardine nella storia dell’arte del XX secolo, appassionata collezionista, scopritrice e amica degli artisti, nasceva il 26 agosto del 1898 a New York Marguerite Guggenheim, meglio nota come Peggy, lungimirante mecenate e filantropa, che ha lasciato un segno indelebile nella parabola artistica del Novecento. «Una collezione significa un duro lavoro. Sono stata io a volerla e l’ho trasformata nel lavoro della mia vita». Questa sua affermazione rispecchia perfettamente l’esistenza unica e straordinaria di una donna determinata, sempre aperta al mondo, spirito libero e rivoluzionario che andò contro le convenzioni sociali borghesi dell’epoca. New York, Parigi, Londra, Venezia, Peggy Guggenheim ha vissuto tra Vecchio e Nuovo continente, dedicando la sua vita a scoprire, promuovere e collezionare l’arte del suo tempo. Oggi la Collezione Peggy Guggenheim preserva e conserva la sua immensa eredità custodita a Palazzo Venier dei Leoni, dove la collezionista ha trascorso gli ultimi trent’anni della sua esistenza, rendendola accessibile al pubblico ed educando così al valore del processo artistico, quale strumento di crescita personale e di sviluppo del pensiero critico. Come da tradizione ogni anno, il 26 agosto, si festeggia il compleanno di Peggy con un concerto nel giardino del Museo (evento riservato ai soci). Collezione Guggenheim, Dorsoduro www.guggenheim-venice.it
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books
READINGS & REVIEW a cura di Fabio Marzari
5 letture estive che non possono mancare nella vostra borsa da spiaggia
MARIO DESIATI
ALINA BRONSKY
Claudia è solitaria, ma sicura di sé, stravagante, si veste da uomo. Francesco è acceso e frenato da una fede dogmatica e al tempo stesso incerta. Lei lo provoca: lo sai che tua madre e mio padre sono amanti? Ma negli occhi di quel ragazzo remissivo intravede una scintilla in cui si riconosce. Da quel momento non si lasciano più. A Claudia però la provincia sta stretta, fugge appena può, prima Londra, poi Milano e infine Berlino, la capitale europea della trasgressione. Francesco resta fermo e scava dentro di sé. Diventano adulti insieme, in un gioco simbiotico di allontanamento e rincorsa, in cui finiscono sempre per ritrovarsi.
Margarita Ivanovna è un’ex ballerina di discreta fama, una donna testarda e una matriarca tutta d’un pezzo. Con la sua famiglia, composta dal marito Cingiz e dal nipote Max, ha lasciato la madrepatria Russia per trasferirsi in Germania alla ricerca di una vita migliore. Ma al momento la loro casa è una residenza per rifugiati, dove “Margo” ha dato vita a un personale regime del terrore. Quando non è occupata a inveire contro il sistema scolastico o medico tedesco, contro i dolci locali e gli altri esseri umani con le loro usanze e religioni, cerca di proteggere l’amato nipote dai microbi e dalle influenze del mondo esterno. Con questo gran daffare però è l’ultima ad accorgersi che suo marito si è innamorato di un’altra...
Spatriati Einaudi
GIACOMO CARDINALI
Il giovane Mozart in Vaticano L’affaire del Miserere di Allegri Sellerio L’11 e il 13 aprile 1770 sotto la volta della Cappella Sistina si ritrovarono, tra le decine di presenti avvolti nel suggestivo buio della liturgia pasquale, due uomini: un ragazzino già prodigioso e destinato a fama immortale e uno di cui la Storia non avrebbe ritenuto nemmeno il nome, se non ne fosse stata ora scoperta una traccia in un manoscritto della Biblioteca Apostolica Vaticana. Il prodigio era Wolfgang Amadeus Mozart, lo scampato all’oblio Carlo Cristofari da Novara. I due si sarebbero incontrati nuovamente qualche sera più tardi in occasione di un ricevimento romano, quando nello stupore generale avrebbero discorso per qualche tempo, loro due soli, in tono di immediata complicità, per poi non rivedersi mai più; ma il danno era ormai fatto...
La treccia della nonna Keller
ALAFAIR BURKE
JAMES ELLROY
Si fa chiamare Hope Miller, ma non ha idea di chi sia in realtà. È successo tutto quindici anni fa. Un incidente d’auto. Il trauma cranico che le ha fatto perdere la memoria. Anni di vita cancellati. Trovata senza documenti, e soprattutto senza ricordi, Hope ha dovuto iniziare da capo: nuovo nome, nuova città, nuova vita. Senza mai smettere di chiedersi che cosa si stesse lasciando alle spalle... o da cosa stesse scappando. Non ce l’avrebbe fatta, però, a ricominciare senza Lindsay. Lindsay Kelly, avvocato, è la persona che l’ha soccorsa dopo l’incidente, per Hope un angelo custode, l’unica certezza in un mondo che aveva smesso di esserle amico. Ma adesso Hope ha deciso: è arrivato il momento di vivere la sua nuova vita da sola...
Erano killer, spacciatori, miliardari paranoici, direttori dell’FBI corrotti e prostitute. Cercavano le solite cose: denaro, sesso e potere. Hanno fatto la Storia. Gli uomini e le donne che hanno contribuito all’ascesa e alla caduta di John Fitzgerald Kennedy. La parabola, ipnotica e spietata, di un mito americano, dalle elezioni truccate del 1960, passando per il disastro della Baia dei Porci, fino all’iconico e fatidico mattino di Dallas, pochi istanti prima che il vestito di Jackie venga sporcato di sangue e sostanza cerebrale. Un affresco storico che racconta la corruzione, la sete di potere e la violenza che hanno reso l’America quella che è. Con una nuova prefazione dell’autore.
Se mi troverai Piemme
American Tabloid Einaudi
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STRANGER THINGS 4 VOL.2
Abbiamo una nave vichinga che viaggia nello spazio, trainata da due capre giganti. Abbiamo due Thor, abbiamo Russell Crowe…cosa potrebbe esserci di più folle, quest’estate? Taika Waititi
BETTER CALL SAUL 6 PARTE 2
Spinoff della celebre e pluri-premiata Breaking Bad, la serie si concentra sulle vicende dell’avvocato James McGill/Saul Goodman, partendo da sei anni prima rispetto all’inizio della serie principale. Dopo un iniziale ammiccamento ai postumi del finale della serie madre, lo showrunner Vince Gilligan sposta permanentemente l’azione al 2002, prima che tutto ciò che è già stato raccontato accadesse. Si vocifera che la serie possa finalmente vedere il cameo di Bryan Cranston e Aaron Paul, rispettivamente gli indimenticabili Walter White e Jesse Pinkman. Dal 12 luglio | Netflix
THE SANDMAN
THOR-LOVE & THUNDER di Taika Waititi (USA, 2022)
Il film diretto e scritto da Taika Waititi (il memorabile Hitler di JoJo Rabbit), segue Thor (Chris Hemsworth) in un viaggio alla ricerca della pace interiore. Il suo riposo è interrotto da un killer galattico conosciuto come Gorr the God Butcher (Christian Bale), intenzionato a uccidere tutti gli dei fino alla loro estinzione. Per combattere la minaccia, Thor si affida all’aiuto di Valchiria (Tessa Thompson), Korg (lo stesso Waititi) e dell’ex fidanzata Jane Foster (Natalie Portman) che, con stupore del dio, brandisce inspiegabilmente il suo martello magico, Mjolnir. Insieme, il gruppo intraprende una sconvolgente avventura cosmica per scoprire il mistero della vendetta di Gorr, il macellatore di dei, e fermarlo prima che sia troppo tardi.
Dal 6 luglio 152
Sono passati sei mesi dalla battaglia allo Starcourt che ha portato terrore e distruzione a Hawkins. Mentre affrontano le conseguenze di quanto successo, i protagonisti si separano per la prima volta, e le difficoltà del liceo non facilitano le cose per Undi. In questo periodo particolarmente vulnerabile arriva una nuova e orribile minaccia soprannaturale assieme a un mistero cruento che, una volta risolto, potrebbe mettere fine agli orrori del Sottosopra. Una trama giocata su più livelli e con un intreccio narrativo fenomenale, in cui ogni personaggio deve fare i conti con i propri limiti e con capacità che forse nemmeno sospettava di avere… Dall’1 luglio | Netflix
ERIALE
screenings
Film, serie, uscite in sala
a cura di Davide Carbone
Morfeo è il Signore dei Sogni e fa parte degli Endless, entità che incarnano concetti primari dell’esistenza. È però caduto in disgrazia e ha perso i propri potenti artefatti, con una setta di mistici che ha cercato di imprigionarlo per sfruttarne il potere. Da una serie a fumetti di culto scritta da Neil Gaiman e pubblicata sotto la linea Vertigo di DC Comics per 75 numeri tra il 1989 e il 1996, arriva uno dei progetti più ambiziosi di Netflix: 11 puntate con protagonista Tom Sturridge, già visto al cinema in I love Radio Rock di Richard Curtis e Song to song di Terrence Malick. Dal 5 agosto | Netflix
WEDNESDAY
“Netflix è triste di presentare...”: inizia con queste parole il primo teaser di Wednesday, l’attesissima serie diretta da Tim Burton ispirata alla nota lugubre e strampalata famiglia Addams, che arriverà sulla piattaforma di streaming nel 2022. A interpretare la ragazzina c’è Jenna Ortega, insieme a Catherine Zeta-Jones nei panni (neri) di Morticia e Luis Guzmán in quelli di Gomez Addams, oltre alla Mercoledì ‘originale’ Christina Ricci, che ha interpretato l’inquietante personaggio nelle pellicole cinematografiche datate 1991 e ’93 dirette da Barry Sonnenfeld. Prossimamente su Netflix
THE GRAY MAN
THE FORGIVEN
La storia dell’agente della CIA Court Gentry (Ryan Gosling), entrato a far parte dell’agenzia dopo essere stato prelevato da un penitenziario federale e reclutato da Donald Fitzroy (Billy Bob Thornton). Inizialmente Gentry aveva un ruolo all’interno della CIA molto particolare, quello di mercenario e, con il tempo, ciò gli ha permesso di diventare un agente altamente qualificato. Quando un suo collega instabile, l’ex agente Lloyd Hansen (Chris Evans), mette una taglia sulla sua testa, Gentry si ritrova a essere il bersaglio di una caccia all’uomo aperta in tutto il mondo. Costretto a darsi alla fuga, mentre diversi assassini sono sulle tracce, l’agente Sierra Six sarà aiutatalo dalla collega Dani Miranda (Ana de Armas). Riuscirà a sopravvivere?
La storia di una ricca coppia anglo americana, David (Ralph Fiennes) e Jo Henninger (Jessica Chastain), invitata in Marocco per partecipare alla sontuosa festa di un vecchio amico. Dopo un ricco pranzo, durante il quale David ha bevuto parecchio, attraversando col buio e a tutta velocità il deserto l’uomo sbanda con l’auto, investendo un ragazzo del posto. Spaventati, decidono di mettere il corpo sul sedile posteriore e dirigersi ugualmente alla festa, sperando che l’amico possa aiutarli in qualche modo a risolvere la situazione. Quando il padre del ragazzo investito arriva in cerca di giustizia, la coppia dovrà fare i conti con ciò che ha commesso e pagarne le devastanti conseguenze...
di Anthony Russo, Joe Russo (USA, 2022)
Dal 13 luglio
NOPE
di Jordan Peele (USA, 2022) Protagonisti della storia sono tre persone, interpretate da Daniel Kaluuya, Keke Palmer e Steven Yeun, che vivono in una gola della California e si ritrovano a essere testimoni di una scoperta tanto incomprensibile quanto inquietante. Spiega lo stesso regista: «Volevo mettere in piedi uno spettacolo, qualcosa che promuovesse la mia forma d’arte preferita e il mio modo preferito di guardare quella forma d’arte: l’esperienza teatrale. Quando ho iniziato a scrivere la sceneggiatura, ho iniziato a scavare nella natura dello spettacolo, la nostra dipendenza dallo stesso e la natura insidiosa dell’attenzione. Quindi è di questo che si tratta. E riguarda un fratello e una sorella, e la guarigione della loro relazione».
Dall’11 agosto
di John Michael McDonagh (UK, 2021)
Dal 14 luglio
CRIMES OF THE FUTURE
di David Cronenberg (Canada, Grecia, Francia, 2022) Ambientato in un futuro non troppo lontano, nel quale la specie umana sta ancora imparando ad adattarsi a un ambiente sintetico e di conseguenza il corpo stesso è soggetto a mutazioni. Gli esseri umani, infatti, sono stati portati oltre il loro status naturale e ora devono affrontare delle trasformazioni e delle metamorfosi, che alterano la loro stessa composizione biologica. Mentre l’evoluzione accelerata si diffonde celermente, le persone si dividono tra chi si lascia andare al transumanesimo senza opporre resistenza o limiti e chi, invece, prova a controllarlo. Tra i primi vi è Saul Tenser (Viggo Mortensen), un noto artista performativo che mostra in alcune esibizioni i cambiamenti che avvengono negli organi interni del suo corpo.
Dal 24 agosto
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reservations VENUES, CLUBS, RESTAURANTS, BACARI a cura di Fabio Marzari
La città della gioia GELATI A VENEZIA E DINTORNI SUSO
Dietro campo San Bartolomeo, in calle della Bissa, indirizzo caro ai buongustai, un piccolissimo spazio in cui trovare uno dei migliori gelati possibili, per assortimento di gusti, per la scelta dei migliori ingredienti nella preparazione e per il risultato finale. Vale la pena fare l’inevitabile coda, il palato ve ne sarà grato! Calle della Bissa, San Marco 5453 t. 3485646545
GELATERIA MILLEVOGLIE DA TARCISIO Siamo consapevoli di essere troppo Veneziacentrici, è il nostro modesto, ma convinto contributo nel provare a tenere vive le tradizioni di una città che sta scivolando pesantemente nel baratro che potrebbe condannarla definitamente a divenire una versione più costruita di Pompei, città morta per definizione. Anche per le piccole cose ci sono ancora in città per fortuna dei luoghi speciali dove poter rispettare la tradizione senza rimanere delusi. Uno di questi è certamente la Gelateria Nico alle Zattere che con la sua terrazza sull’acqua è uno dei punti più conosciuti e frequentati di Venezia. Un locale nato negli anni Venti del secolo scorso, quando la migrazione verso la Laguna avveniva dall’entroterra e più di qualche famiglia riuscì a gettare le basi di solide imprese capaci di prosperare ancora oggi. Da subito Giovanni Causin, detto Nico, arrivato da Musestre, un piccolo paesino nel Trevigiano, riuscì a convincere il pubblico con la bontà dei suoi gelati e soprattutto ebbe la geniale intuizione di proporre una specialità che sarebbe diventata la ragione stessa dell’andare da Nico: il gianduiotto, ovvero un mattoncino gelato di gianduia affogato in un bicchiere di vetro riempito di panna montata, che deborda ai due lati, senza nessuna ulteriore aggiunta. Prodotti freschissimi, senza variazioni, da allora a oggi. Una di quelle bontà che meritano una sosta ad hoc, in versione “seduto” o “da passeggio”, per gratificarsi lo spirito. Naturalmente anche gli altri gelati proposti alle creme e alla frutta fresca meritano un assaggio, ma è il gianduiotto il re di Nico, quel qualcosa di unico e mitico che si tramanda da generazioni di veneziani e di studenti liceali e universitari, che alle Zattere hanno passato molti momenti della loro formazione, accademica e non. La delizia sta anche nella gestualità di affondare il cucchiaio nel bicchiere mescolando la panna al gianduia, con il sorriso beffardo della felicità che dipinge il volto e spesso crea anche dei buffi baffi bianchi ai bordi delle labbra. È assurdo definirlo un peccato di gola, almeno sino a quando persiste l’attenuante della modica quantità, al secondo gianduiotto di fila scatta una brevissima crisi di coscienza, cui segue immediata l’auto-assoluzione! ENG We are Venice-obsessed and we know that. We own it, in fact, for we think the city deserves a better future than being a kind of propped-up Pompeii – a dead city if there ever was one. As far as small pleasures are concerned, we are happy to say that there are a few places around town where to experience tradition in uncomplicated fashion. One of these is certainly Nico’s ice cream shop. Giovanni Nico Causin set up shop in the 1920s and created the reason that is worth the trip: the gianduiotto – a brick of hazelnut and chocolate ice dumped in a cloud of whipped cream, served either at the table or in a plastic cup to take away. The gianduiotto and the other gelato variants on offer are all fresh and proudly simple, as they have always been. Is it sinful? I mean, as long as it is just one, I find it absurd calling it that. And it stands to reason that you’ll find a way to absolve yourself should you ask for a second helping… www.gelaterianico.com
Un ottimo gelato da passeggio con vista rivolta all’abside dei Frari e lo sguardo allungato fino alla Scuola Grande di San Rocco. Ingredienti naturali e vari gusti sia per le creme che per la frutta. Non delude mai, nella semplicità che contraddistingue sempre le migliori preparazioni. Salizada San Rocco, San Polo 3033/3034 t. 0415244667
GELATO DI NATURA
Un gelato artigianale che tiene conto dei nuovi stili di vita, attenti a un’alimentazione sana ed equilibrata. Le migliori materie prime lavorate per offrire un gelato il più possibile genuino e autenticamente naturale, senza mai tralasciare il gusto. Campo San Giacomo dall’Orio Santa Croce 1628 t. 3402867178
GELATERIA IL DOGE
Doppio indirizzo per un gelato da passeggio che non delude mai. Gusti classici e novità sempre golose, preparate nel migliore dei modi, con ingredienti di ottima qualità. Campo Santa Margherita Dorsoduro 3058/A Campiello San Tomà, San Polo 2815 t. 3493507804
LA MELA VERDE
Vengono utilizzati solamente prodotti naturali e biologici per preparare un gelato squisito sia nei gusti tradizionali che in quelli più insoliti, sempre in equilibrio tra sapore e genuinità.
Fondamenta de l’Osmarin, Castello 4977 t. 3491957924
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a cura di Mariachiara Marzari
design&more
I 100 anni di Pierre Cardin Un Maestro, Parigi, la moda
SECOLO FUTURO
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Gli abiti che preferisco sono quelli che invento per uno stile di vita che ancora non esiste: il mondo di domani
D
esign geometrico, arricciature, spacchi e tagli (cut-out avanguardisti), giacche e cappotti plissettati sul retro, l’iconico tubino integrato con cerchi dal volume scultoreo, abiti lunghi e tute colorate con inserti rigidi, materiali innovativi come plastica, vinile e metallo, gonne cortissime abbinate a giacche lunghe fino a terra, copricapi spaziali, giacche maschili in pelle di forma squadrata con ampi elementi geometrici sulle spalle. Pezzi iconici che hanno sfilato il 2 luglio, giorno del suo centesimo compleanno, a Ca’ Bragadin, sua privata residenza quando soggiornava nella amatissima Venezia, un repertorio formale dalla cifra inconfondibile che rendono manifesto come Pierre Cardin, classe 1922, sia sempre stato un visionario della moda, con i suoi modelli futuristi e d’avanguardia, che oggi quasi più di ieri mostrano la grandezza del couturier. Ma non solo, uomo d’affari abilissimo, proprietario esclusivo della sua impresa per oltre sette decenni – la sua carriera inizia da Dior nel 1947 e già nel 1950 lancia il proprio marchio di moda –, è considerato uno dei pionieri della globalizzazione con l’introduzione del sistema delle licenze nella moda. Il bellissimo e sentito omaggio, che ha richiamato a Venezia tutti gli storici licenziatari e tutti gli agenti, i collezionisti, personaggi famosi della moda e dello spettacolo, la stampa internazionale, è stato fortemente voluto dal suo delfino, il nipote Rodrigo Basilicati Cardin, presidente e direttore generale della Maison Cardin. Non poteva essere quindi se non una sfilata la celebrazione migliore del suo ideatore, con una retrospettiva che ha visto rivivere in passerella alcune decine dei più iconici e celebri modelli originali firmati e realizzati dallo stilista (e sarto) italo-francese dal 1950 al 2010, che hanno letteralmente cambiato la storia della moda e del costume a livello internazionale. A seguire il lancio della nuova collezione “Cent ”, costituita da una serie di abiti e accessori ecosostenibili, per più del 50% realizzati con il re-use dei materiali della Maison Pierre Cardin recuperati negli archivi dell’atelier parigino. I modelli Cardin “Cent ”, che segnano la nuova evoluzione del marchio, dove il DNA avanguardista della Maison si rinnova attraverso l’adozione dei principi della circolarità e responsabilità ambientale, sono stati ideati dallo storico team di designer della Maison, con la direzione artistica di Rodrigo Basilicati Cardin. A fine sfilata 144 rose rosa sono state omaggiate a Rodrigo Basilicati Cardin come augurio per la sua prima sfilata tenuta in Italia dopo la scomparsa del fondatore della Maison, avvenuta il 29 dicembre 2020. Un regalo significativo che ricorda quello che a suo tempo Christian Dior fece a Pierre Cardin in occasione del suo primo defilé. 157
BIENNALE PROJECTS
There You Are Bulgaria National Pavilion Spazio Ravà | San Polo, 1100 23.04.2022 - 27.11.2022
Inclusion Guatemala National Pavilion
SPUMA - Space for the Arts | F.ta San Biagio, Giudecca, 800R 22.04.2022 - 27.11.2022
Tales of Muted Spirits | Dispersed Threads | Twisted Shangri-La Nepal National Pavilion Sant’Anna Project Space | F.ta Sant’Anna, Castello, 994 22.04.2022 - 27.11.2022
Destined Imaginaries Sultanate of Oman National Pavilion Artiglierie | Arsenale 23.04.2022 - 27.11.2022
Radiance: They Dream in Time Uganda National Pavilion
Palazzo Palumbo Fossati | San Marco, 2597 23.04.2022 - 26.11.2022
Rony Plesl. Trees Grow from the Sky Collateral Event by House České Budějovice
Chiesa di S. M. della Visitazione | F.ta Zattere ai Gesuati, Dorsoduro, 919A 22.04.2022 - 27.11.2022
Without Women Collateral Event by Visual Research Support Foundation Spiazzi | Calle del Pestrin, Castello, 3865 21.04.2022 - 27.11.2022
Uncombed, Unforeseen, Unconstrained Collateral Event by Parasol Unit Foundation
Conservatorio B. Marcello | Campiello Pisani, San Marco, 1910 21.04.2022 - 27.11.2022 158
Palazzo Franchetti | San Marco, 2847 22.04.2022 - 23.10.2022
Globalise the Artworld Independent Project by ARTBOX Groups Tana Art Space | F.ta de la Tana, Castello, 2111 08.03.2022 - 31.07.2022
Where Once the Waters Independent Project by David Cass
Latteria Moderna | Via Garibaldi, Castello, 1791 18.04.2022 - 24.05.2022
Peter Pan. La nécessité du rêve Independent Project by Fondation Valmont
Palazzo Bonvicini | Calle Agnello, San Polo, 2161/A 23.04.2022 - 26.02.2023
Stagione Ticinese, Papiers de Paysages Independent Project by Jacques Martinez
SPARC* - Spazio Arte Contemporanea | Campo Santo Stefano, San Marco, 2828A 17.04.2022 - 27.11.2022
KUB in Venice. Otobong Nkanga | Anna Boghiguian Independent Project by Kunsthaus Bregenz Scuola di San Pasquale | Campo San Francesco, Castello 20.04.2022 - 04.07.2022
From Chaos to Harmony Independent Project by SUMUS
La Fucina del Futuro | Calle San Lorenzo, San Marco, 5063B 09.04.2022 - 17.07.2022
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Antoni Clavé. Lo Spirito del Guerriero Independent Project by ACP and Antoni Clavé Archives
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Mensile di cultura, spettacolo e tempo libero Numero 265-266 - Anno XXVI Venezia, 1 Luglio 2022 Con il Patrocinio del Comune di Venezia Autorizzazione del Tribunale di Venezia n. 1245 del 4/12/1996 Direzione editoriale Massimo Bran Direzione organizzativa Paola Marchetti Relazioni esterne e coordinamento editoriale Mariachiara Marzari Redazione Chiara Sciascia, Davide Carbone Speciali Fabio Marzari Coordinamento Newsletter e progetti digitali Marisa Santin Grafica Luca Zanatta
Hanno collaborato a questo numero Katia Amoroso, Silvia Baldereschi, Loris Casadei, Martina Ciatti, Sergio Collavini, Luigi Crea, Elisabetta Gardin, Massimo Michele Greco, Renato Jona, Franca Lugato, Livia Sartori di Borgoricco, Fabio Di Spirito, Camillo Tonini, Luisa Turchi, Andrea Zennaro Si ringraziano Jonathas De Andrade, Alessandro Zan, Luca Massimo Barbero, François Xavier Saint-Pierre, Dalisa Pigram & Rachael Swain, Blanca Li, Emanuela Caldirola, Claudio Franzini Traduzioni Andrea Falco, Patrizia Bran Foto di copertina Indigo Lewin, Artist in residence 21 – Exhibition, 16. Biennale Danza, courtesy La Biennale di Venezia lo trovi qui: Bookshop Gallerie dell’Accademia; Qshop (c/o Querini Stampalia, Santa Maria Formosa); Alef (c/o Museo Ebraico, zona Ghetto); Mare di Carta (Fondamenta dei Tolentini); Studium (zona S. Marco); Toletta, Toletta Cube e Toletta Studio (zona Campo San Barnaba) e in tutte le edicole della città. Direttore responsabile Massimo Bran Guida spirituale “Il più grande”, Muhammad Alì Recapito redazionale Cannaregio 563/E - 30121Venezia tel. +39 041.2377739 redazione@venezianews.it www.venezianews.it
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