N.6 - OTTOBRE 2017
Rosso arancio verde blu sono intensi oggi di più i colori della stagione che ci fa mettere il maglione i colori dell’allegria di chi sa vivere in compagnia
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Supplemento al Settimanale Via Vai n.39 del 13 Ottobre 2017 COPIA OMAGGIO
DEDICATO AI GENITORI E AI BAMBINI DA ZERO A TREDICI
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Natascia Pavani
Supplemento al Settimanale Via Vai n.39 Ottobre 2017 Promo Studio Editore Rovigo. Via Sacro Cuore 7 Reg. Tribunale di Rovigo n.1/94 del 9/2/94 Direttore Responsabile: dr. Flavia Micol Andreasi Stampa Grafiche Nuova Tipografia Corbola (Ro) Redazione e pubblicità via Sacro Cuore 7 Rovigo tel. 0425.28282 cell. 329 6816510 cell. 342 1330495 cell. 338 8156880 info@viavainet.it
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Rossella Rizzi
M.Chiara Ghinato
Direttore Responsabile: Flavia Micol Andreasi Caporedattore Carlotta Ravanello Redazione Elena Montecchio Micol Andreasi Natascia Pavani Rossella Rizzi Progetto grafico Mariachiara Ghinato Pubblicità Franco Ravanello Rossella Rizzi Roberto Samiolo hanno collaborato Bianca Aguiari Barbara Barbierato Sara Belletti Lorenzo Belloni Gloria Birolo Francesca Costi Martina De Michele Florinda Destro Franco Gemelli Elena Laterza Paola Lucchiari Anna Marucco Michael Miazzi Coi Momok Nonna Ombretta Rossella Rizzi Paolo Scorzoni IIlenia Tambè illustrazioni e fotografie Promostudio Freepick, Fotolia pubblicità e graphic design Promostudio
Carlotta Ravanello
Sommario
Elena Montecchio
Franco Ravanello
Roberto Samiolo
CENTOSTORIE 05. 06. 07. 40. 41. 42. 44. 45. 46.
La Fiera di Rovigo Dove sono nate le giostre Viva i nonni Malambruno il mago che voleva essere felice Mia e il piccolo mondo degli animali La Carboneria Artisti ribelli Mostra “Secessioni Europee” Libri per bambini coraggiosi
PARLIAMONE 14. 16. 18. 22. 24.
Doposcuola La matematica non fa più paura Bambini sicuri in casa e a scuola Le paure sono cose da grandi La coppia in equilibrio
LIFESTYLE 20. Stella Odimuko- Il personaggio 36. Premaman? - fashion
ATTIVAMENTE 08. 12. 11. 38. 46.
Mamma mi porti a cavallo? Attiviamoci con lo sport Aikido Prepariamo i ravioli con la zucca Halloween
STAR BENE 26. 28. 29. 30. 32. 34.
Quale spazio dare al dolce I bambini possono avere il diabete? La vista dei bambini I denti e lo sviluppo del linguaggio La scoliosi Una questione di relazione
Che cos’è la bellezza? Me lo ha chiesto qualche giorno fa mia figlia di quasi 5 anni. Lì per lì avrei risposto con una definizione da vocabolario, ne avevo uno proprio a portata di mano. Ma forse non avrebbe capito ed in fin dei conti, io non amo spiegare le cose usando definizioni d’altri. Allora ho tergiversato, lo faccio sempre quando non sono abbastanza preparata. Da quel momento, però, non ho smesso di cercare una risposta alla sua domanda. Ho frugato tra i miei ricordi scolastici, tra le mie letture, nelle mie esperienze…
L’editoriale LO SGUARDO DELLA BELLEZZA Solo una questione estetica?
Ho ritrovato subito un aneddoto che mi fu raccontato da una docente di Storia dell’Arte all’Università. Riguardava Michelangelo Buonarroti ed il suo David. L’artista, infatti, per realizzare una delle sue opere più celebri scelse un pezzo di marmo bucato che altri prima di lui avevano scartato, cogliendo in quella pietra la bellezza che poi seppe tirare fuori.
La bellezza è una questione di sguardi. Sta negli occhi di chi guarda riconoscerla e darle spazio. A quelle stesse ore di lezione devo un altro ricordo. Quello della consuetudine, nel mondo antico, di ripassare le crepe delle statue con della cera. Ciò non valeva per le statue più belle e preziose. Quelle rimanevano sine-sera, sincere quindi. Di esse erano belli persino i segni del tempo, i buchi, le crepe, perché unici.
La bellezza richiede la forza di accettare i limiti e le fragilità in modo sincero. E’ una questione di autenticità. Al tempo del Liceo devo il ricordo del Kalòs kai agathòs. In greco antico significava bello e valoroso. Nella cultura ellenica la bellezza riguardava ogni aspetto umano, dall’estetica al modo di essere, a quello di comportarsi, di pensare. Era impossibile che un uomo bello non fosse anche un uomo buono e viceversa. Così la definizione che cercavo per mia figlia si arricchiva ancora.
La bellezza è qualcosa di complesso che riguarda molti aspetti e coinvolge tutti i sensi. Ma vanno ben educati, per non rischiare che si perdano qualcosa di quella complessità.
Micol Andreasi direttore
Se c’è stato nella mia vita un periodo in cui la bellezza mi ha assillata, sicuramente è stato l’adolescenza. I brufoli in viso, gli occhialoni da miope il più delle volte mi impedivano di ritrovare allo specchio l’immagine di me che desideravo…ma mi bastava lo sguardo affettuoso e pieno di fiducia dei miei genitori e dei miei amici per riuscire ad intercettare la mia bellezza ed il mio valore. Non c’era bisogno di colate di cera, andavo bene così, con tutte le mie imperfezioni.
Era il loro come lo sguardo di Michelangelo su quel pezzo di marmo bucato che è diventato un capolavoro. Senza quello sguardo, nessuna bellezza è possibile. Trovata finalmente la risposta che cercavo, sono andata da mia figlia. Continuava a vestire e a truccare le bambole, mentre io provavo a spiegarle cos’era per me la bellezza. Non so neppure se mi abbia ascoltato…ma quando ha smesso di giocare, mi ha abbracciata dicendomi: ”Sei bellissima, mamma”. Micol Andreasi
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CENTOSTORIE memorie
a cura di
Micol Andreasi
Si sente nell’aria molto prima che arrivi…No, non è l’autunno, ma la Fiera. Anche il più piccolo dei Comuni ha la sua. E c’è chi la chiama Fiera e chi Sagra… La distinzione tra l’una e l’altra sta ormai solo nell’etimologia delle due parole. Laica la prima, legata soprattutto ad una tradizione di tipo commerciale o produttivo. Religiosa la seconda, ovvero legata alla commemorazione di un santo. La sostanza è che nessuno può fare a meno della sua tradizione e della festa che la celebra. Così l’aria si fa frizzante molto prima che arrivi il tempo dell’inaugurazione… I bambini collezionano sogni di giostre avveniristiche, di palloncini gonfiabili e dolcetti. Le mamme ed i papà progettano acquisti e organizzano passeggiate con gli amici tra i profumi ed i colori della festa. I nonni invitano tutti a casa: si mangia insieme e si esce, proprio come tradizione vuole.
la fiera
di Rovigo
L’istituzione della Fiera rodigina risale al 12 agosto del 1482. Era il giorno in cui la città di Rovigo passava sotto il dominio della Serenissima. Per molti secoli la fiera della città delle rose fu una delle più importanti del Veneto. Si deve sapere che originariamente per fiera si intendeva il periodo in cui i vari mercanti e venditori si trovavano in città. E a Rovigo si ritrovavano soprattutto mercanti e venditori di bovini e cavalli. Il terreno del Polesine, infatti, paludoso e basso, ricco di pascoli, era ideale per l’allevamento soprattutto di questi animali. La data d’inizio della fiera venne più volte spostata per favorire la città, il territorio ed i mercanti veneziani, ma soprattutto per permettere ai contadini di coltivare in tempo i loro prodotti e ottenere dall’occasione i più ampi profitti. Nel 1595 fu deciso che la fiera sarebbe iniziata il 20 del mese di ottobre, alle ore 20 e che sarebbe durata otto giorni. Le “Botteghe” erano poste in mezzo alla piazza principale e sotto i portici, mentre il mercato di bovini ed equini avveniva nel prato della Fiera fuori porta San Francesco. Dentro le barche, ferme lungo l’Adigetto che al tempo correva lungo il Corso del Popolo, facevano bella mostra i vitelli. Gli espositori pagavano al Comune una gabella per gli spazi occupati. Con il tempo alle esposizioni ed al commercio si aggiunsero occasioni di intrattenimento musicale, che suscitarono da subito grande favore di pubblico… e con gli anni arrivarono gli spettacoli viaggianti e poi, molti anni dopo, le giostre… Il giorno più importante della Fiera d’ottobre è il Marti Franco, ovvero il primo martedì dopo il 20 ottobre. Il suo nome deriva da una consuetudine risalente alla metà del 1600, quando per incentivare il commercio di bestiame si stabilì che l’ultimo martedì di ogni mese gli espositori non pagassero alcuna tassa.
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dove nascono le giostre L’emozione di una giostra. Era il 24 aprile del 1929, quando in occasione della fiera di San Giorgio, il santo patrono di Bergantino, nella piazza del paese rivierasco fu allestita la prima autopista. Nonostante la crisi e la povertà, per salire sulla giostra c’era la coda. Una fila lunghissima di bambini, ma anche di adulti. Nessuno rinunciava all’emozione di una vertigine. Il successo di quei giorni fu l’inizio di un sogno quello del ‘Luna Park’. Tutto ebbe inizio per la geniale intuizione di tre meccanici di biciclette di Bergantino: Umberto Bacchiega, Umberto Favalli e Albino Protti. Al tempo riuscire ad incassare i soldi per un lavoro era molto difficile. Quando andava bene, bisognava aspettare anche un anno intero. Fu allora che al Bacchiega ed al Favelli vennero in mente le giostre. Ne avevano viste diverse durante i soggiorni forzati fuori Italia a causa della guerra. E la cosa che balzò immediatamente alla loro attenzione fu che chi vi saliva era obbligato a pagare in anticipo. Alla scuola di Arti e Mestieri di Ca6
stelmassa appresero le nozioni essenziali di meccanica. Poi cominciarono a disegnare e a progettare. Per comprare il materiale necessario si indebitarono enormemente. Come ogni grande impresa, anche la loro richiese una dose massiccia di coraggio, spirito di sacrificio e costanza. I tre ne avevano in abbondanza e ne avevano molta anche le loro donne che vollero affiancarli. A casa preparavano dolci e i biscotti da vendere alle fiere e con gli uomini si spostavano su quei carretti scomodi e lenti dentro cui trasportavano il Luna Park, di paese in paese, di fiera in fiera, finché la stagione concedeva loro ancora un qualche raggio tiepido di sole. Bacchiega, Favalli, Protti avevano creato un mestiere con cui vivere dignitosamente. E nel tempo furono in molti ad imitarli. Erano i “ giostrai”, i fabbricanti di sogni… La loro intuizione cambiò la vita a molte famiglie della loro zona, che cominciarono a costruire e a portare in giro le giostre. In un arco di tempo breve, Bergan-
tino, Melara e Calto, con le loro aziende, divennero i pilastri del distretto industriale della giostra esteso a cinque province venete: Treviso, Padova, Vicenza, Verona e Rovigo, che da sole producono l’80% delle giostre di tutta Europa e gran parte di quelle esportate nel mondo. Dalla prima autopista alla più sofisticata Big-bang, quanta strada è stata fatta! E’ la strada di un’intera comunità, è la storia di tanti uomini e di tante donne sognatori e imprenditori. A raccontarla sono le sale del Museo della giostra e dello spettacolo popolare di Bergantino. Proprio affacciato alla piazza, palazzo Strozzi raccoglie il fascino e la magia dello spettacolo viaggiante dalle prime fiere con gli scherzi delle maschere e più tardi dei burattini e poi delle giostre fino alla nascita dei Luna park. L’allestimento accattivante e la ricchezza di testimonianze restituisce piena dignità ai tre giostrai di Bergantino da cui tutto, in Polesine, ebbe inizio.
w i nonni tratta dal libro di Filastrocche e poesie della maestra Daniela Zampirollo Giostra Aerei progettata e costruita a Bergantino da A.Protti (1910-85) e brevettata nel 1951
Museo Storico della Giostra e dello Spettacolo Popolare. Palazzo Strozzi Bergantino (Ro) Piazza G. Matteotti, 85 Apertura: - Dal Lunedì al Venerdì ore 9.00-12.00 - Per i pomeriggi, il Sabato e la Domenica apertura su prenotazione Prenotazioni: Tel 0425-805446 (lunedì-ven.ore 9- 12.00) 345-0011003 (per i pomeriggi ore 15-18 Sabato e Domenica mattina 9-12.00); Informazioni: www.museodellagiostra.it
In questo mondo di frenetici Rischiamo d’essere un po’ patetici Perché ogni giorno tanto c’è da fare Che nemmeno riesco a elencare… Poi mi fermo un solo istante E nel cuore si fa pulsante Il pensiero tanto dolce e assai grato Di presenze buone da quando sono nato. Sono i nonni… Che han pazienza lunga come un treno Ti difendono e non puoi farne a meno Ti concedono una caramella in più Ti insegnano le carte, ma poi vinci sempre tu Tengono nascosti i malanni che combini Con te scherzano e tornano un po’ bambini. Ai miei nonni voglio un bene grande e immenso Se potessi, li porterei sempre appresso. Per loro oggi ho scritto una poesia Che il tempo mai mi porterà via…
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ATTIVIAMOCI
MaMMa Mi poRti
sport
Capita che durante passeggiate stagionali, fiere locali, gite in fattorie didattiche o altre occasioni, i bambini vengano a contatto con il magico mondo equestre, tornino a casa e chiedano ai genitori di andare a cavallo! Quante volte da bambini abbiamo giocato al cowboy, o quante principesse hanno un unicorno o un amico peluches pony… Come trasformare un sogno in una vera e propria attività, avvicinando senza paura il magico mondo degli sport equestri? Cavalcare è una attività che comporta una buona dose di esercizio fisico, richiede calma, concentrazione, e non si pensi che l’equitazione sia uno sport individuale… La grande differenza con gli sport di gruppo è che il compagno di squadra è un cavallo, un animale che non parla la nostra lingua e ancor più non comunica con un linguaggio verbale ma corporeo. Il bambino deve affinare la sua capacità interpretativa in quanto a differenza di animali quali, il gatto o il cane, il cavallo è un erbivoro e ha comportamenti più difficili da interpretare per-
a cura della dott.ssa
Sara Belletti
Psicologa Psicoterapeuta Tecnico Federale II° Livello Volteggio Equestre 8
ché più lontani dai nostri schemi di ragionamento. Conosciamo un po' più a fondo il nostro amico cavallo!
Ai cavalli piace molto giocare! Il cavallo è un quadrupede, mammifero ed erbivoro; un animale sociale che vive in gruppi dove tutti si conoscono, c’è un capo, che di solito è una femmina anziana, e tra di loro instaurano amicizie dove ognuno di loro ha un “amico del cuore”. Ogni cavallo ha la sua personalità ed il suo carattere, amano stare in compagnia ad oziare. I cavalli amano molto anche il relax! In natura la nascita avviene all’interno del branco e le altre femmine accerchiano la partoriente per proteggerla. Poi il puledrino viene cresciuto dalla mamma ma anche dalle zie che aiutano la mamma ad avere qualche momento per sé stessa, ad esempio poter mangiare in tranquillità. Nei mesi successivi, dopo i sei circa, il giovane cavallo pian piano si stacca per divertirsi con i suoi coetanei, fare esperienza ed esplorare il mondo giocando e oziando. Ai cavalli piace che gli si parli a lungo! Amano i prati verdi, dove ci sono di-
verse specie di erbe da mangiare per tutto il giorno, amano le coccole e la relazione di amicizia che si instaura con l’uomo. Il contatto quotidiano prolungato con l’essere umano può avvenire attraverso la cura del corpo: spazzolandolo o strigliandolo, il tutto accompagnato da lunghe chiacchierate. Il rapporto che si crea con questo quadrupede erbivoro, in tutte le discipline equestri (equitazione, volteggio, horseball, ecc.) è fisico ma soprattutto
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Vivere la natura
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a cavaLLo? empatico ed emotivo perché il cavallo è un gigante dotato di grande sensibilità che necessita di cure, quindi stimola il senso di responsabilità, in una relazione in cui non vi è né rigidità né ambiguità, ma reciproco rispetto ed ascolto. Il cavallo, per le sue caratteristiche, può diventare un grande mediatore relazionale, in quanto nella dinamica di scambio referenziale rappresenta un interlocutore neutro e disponibile: si lascia accarezzare, stringere, toccare, ma pone anche limiti, chiedendo di essere rispettato, non ama le urla. Il suo udito è molto fine, non ama i gesti bruschi. Non li comprende e i suoi occhi non hanno una vista tridimensionale se non frontalmente. Il cavallo è esente da ogni forma di pregiudizio, ha una grande memoria ed è un essere sociale , riesce a stabilire con ogni cavaliere un rapporto duale sincero e di grande affetto. Ciò che scaturisce perciò dal rapporto con il cavallo coinvolge molteplici aspetti, da quello affettivo a quello della motricità. Il maneggio può divenire perciò un importante luogo di educazione ed interazione, un posto in cui molti bambini sperimentano esperienze affettive, guidati da regole definite e attraverso attività che nascono dal piacere di stare insieme.
La base su cui si fondano le discipline equestri è fornire competenze adeguate, nel momento adeguato, stimolando la fiducia nelle proprie capacità, il superamento di alcune paure e di giorno in giorno un maggior grado di autonomia, con la migliore gratificazione possibile: una relazione affettiva sempre più sincera e forte tra i due grandi amici il bambino e il cavallo. Tra tutte le bellissime discipline che potreste trovare in maneggio c’è il volteggio.
Cos’è il volteggio equestre? E’ una disciplina completa che unisce aspetti della ginnastica artistica e della danza, il tutto eseguito su un cavallo in movimento, in squadra o individualmente. E’ uno sport equestre dove la presa in cura del cavallo diventa fiducia profonda e collaborazione, un binomio che balla la sua amicizia a tempo di musica. Il volteggio si basa su una preparazione atletica da terra in gruppo, dove sin dai giovanissimi si imparano le regole del gruppo: attendere il proprio turno, dividersi i compiti per un unico obiettivo, aiutarsi, mettersi d’accordo, fidarsi l’uno dell’altro, ecc. Tutto avviene nella grande cornice del maneggio, un ambiente all’aperto a contatto con la natura. Strada facendo il volteggio assume una valenza sportiva importante in
cui le abilità coordinative vengono allenate al fine di avere un armonico equilibrio psico-fisico. Il volteggio ha la grande possibilità di unire i benefici della ginnastica a quelli dell’equitazione: l’attività equestre coinvolge diversi muscoli e sollecita più sensi, inoltre garantisce un miglioramento dell’apparato muscolo scheletrico, respiratorio e cardiovascolare, favorisce l’abbandono di schemi motori a favore di movimenti finalizzati, quindi più coordinati e precisi, consente un lavoro graduale su capacità motorie coordinative, ad esempio il continuo spostamento del baricentro stimola il senso di equilibrio. Inoltre va ricordata la grande valenza affettiva in quanto il contatto corporeo ed il rapporto che si instaura con il cavallo sono importanti canali emozionali grazie ai quali il bambino acquisisce controllo, fiducia in sé e viene incentivato alla comunicazione “emotiva” attraverso vissuti esperienziali guidati dalla sensibilità
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Cos’è l’Aikido? E’ un’arte marziale giapponese di difesa fondata sui principi della non violenza e della non competitività. Diversamente da quanto accade in altre arti marziali, che sono soprattutto arti offensive, le tecniche dell’aikido mirano ad assorbire l’attacco dell’avversario piuttosto che a contrastarlo, e poi ad utilizzare l’energia dell’attacco stesso per sbilanciare l’avversario e uscirne con un vantaggio. Non è un esercizio di forza, ma di equilibrio che si ottiene con la disciplina del corpo e della mente. Ma anche attraverso giochi di movimento in cui la concentrazione è importante. Perché è adatto ai bambini? Perché insegna la non aggressione e il rispetto per gli altri, aiuta i praticanti a trovare sicurezza in se stessi e ad accrescere la propria autostima. Perché la competizione è sostituita dalla pratica collaborativa. Si impara a prendersi cura dei compagni. I più grandi di età, o i più avanzati nella pratica, si occupano dei più giovani o dei nuovi arrivati, e tutti collaborano tra loro, perché tutti capiscono che non si può progredire nello studio dell’aikido senza l’aiuto dei compagni. E perché migliora l’agilità corporea e rinforza il movimento circolare del corpo che è alla base della pratica dell’aikido.
Qual è lo scopo di questa disciplina? E’ soprattutto l’integrazione mente-corpo. Attraverso di essa i bambini imparano a sviluppare grande sensibilità nei confronti del loro corpo. È molto utile anche per i bambini con problemi di apprendimento o con handicap fisici. Cos’è il dojo? Dojo significa “Luogo del risveglio” o “Luogo dove si pratica la via”. Entrando nel dojo ci si dovrebbe predisporre ad abbandonare se stessi, le proprie preoccupazioni e i propri desideri, buoni o cattivi che siano, le passioni, le tensioni e gli attaccamenti (anche alle proprie idee). Il Dojo è l’ambiente in cui pratichiamo l’Aikido, che nella nostra palestra abbiamo ricostruito esattamente come la tradizione giapponese vuole e nel quale rispettiamo il rituale dell’armonia del dojo. Quale rituale? La lezione inizia con il saluto e termina con il saluto. Ogni volta che si invita un compagno a praticare si esegue il saluto. La pratica concentrata espande la capacità di controllo su di sé e gli altri; nello stesso modo l’attenzione allo spazio utilizzato permette di non creare danni agli altri e a se stessi. Il silenzio permette di mantenere a lungo questa concentrazione nella pratica. 11
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Perché è importante fare sport?
Lo sport qualunque esso sia, permette al bambino di ridurre la sedentarietà a cui i giovani d'oggi sono sottoposti. Infatti favorendo il movimento e lo sforzo fisico si riduce gradualmente l'obesità giovanile. L'attività sportiva favorisce la socializzazione ed è quindi altamente consigliata per quei bimbi un pò timidi. Frequentare una palestra, condividere lo spogliatoio, per molti bambini è l'unica occasione di incontrare dei coetanei, diversi dai soliti compagni di scuola. Il bambino fa così nuove 12
conoscenze, impara a rapportarsi conl'altro, con gli avversari (specie negli sport di squadra), con l'istruttore che definisce e gli impone delle regole da seguire. Questo è importante specie nella nostra società, dove a causa del' abuso di televisione, di tablet, playstation etc.. i bambini tendono all'isolamento fin dall'infanzia e a chiudersi, anche con la bella stagione, all'interno delle mura domestiche. Fare sport significa anche raggiungere una maggiore autonomia, soprattutto quando lo sport viene praticato dai bimbi più piccoli. Recarsi in palestra,
raggiungere lo spogliatoio e riuscire ad indossare la divisa, il body, le scarpe da solo è già una grande conquista! Inoltre si acquisisce una maggiore autostima: il bambino che esegue un esercizio e lo porta a termine guadagna fiducia sia nelle proprie capacità sia nel prossimo. E' importante in questo caso il ruolo del genitore e dell'istruttore. Il genitore non deve creare false aspettative e gratificare l'attività che svolge il bambino, dall'altro canto, il maestro deve saper trasmettere sani principi per non demotivare l'allievo.
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Sono in continua crescita le proposte di attività pomeridiana di assistenza ai compiti per i bambini in età scolare. In alcuni casi si tratta di un tempo prolungato della scuola con tanto di servizio mensa e merenda. Proviamo a comprenderne l’utilità.
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Non si tratta infatti di un parcheggio sicuro per ragazzini che altrimenti resterebbero a casa da soli fino al rientro dal lavoro di mamma e papà. Ma piuttosto di una vera e proprio proposta di educazione alla gestione del tempo e quindi alla responsabilità.
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Il tempo è ben scandito. Dopo il pranzo c’è la pausa del gioco, poi il momento dello studio, cui segue la merenda e l’attività ludica o sportiva. Una organizzazione ben serrata permette ai bambini di educarsi al rispetto dei tempi, concentrando le energie di volta in volta in quello che devono fare. Se allo studio è concesso un tempo di due ore, significa che in
due ore si può fare e che a nulla serve rimanere seduti un intero pomeriggio. Lo studente imparerà pian piano ad organizzare il proprio lavoro e soprattutto a dedicarvi ogni attenzione.
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cuoLa Il fatto di avere un’attività di gioco da condividere con gli amici, al termine dello studio, è un buon motivo per riuscirci. Con il tempo questa buona pratica darà ottimi risultati sia in termini di capacità di gestione, sia dal punto di vista dell’autostima.
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La presenza costante di un adulto competente è un altro punto di forza delle attività di doposcuola. Ciò, infatti, permette ai ragazzi di poter chiedere aiuto nelle difficoltà, senza rischiare di essere risucchiati dall’ansia del “devi fare tutto in modo perfetto”. L’errore, l’imprecisione, l’incompletezza non sono ostacoli al successo scolastico, possono invece essere occasioni per permettere al ragazzo di prendere coscienza dei suoi limiti, di parlare e chiedere aiuto al professore, di responsabilizzarsi e migliorarsi. E’ la responsabilità l’unica garanzia del successo. La presenza vigile e capace di un educatore è utile proprio come invito costante alla responsabilità. Studiare o fare i compiti non è un sacrificio, ma il dovere che ogni bambino ha da compiere per migliorarsi, per diventare un adulto libero e felice. Il fare insieme è un altro segreto del doposcuola. I ragazzi tendono ad emulare i loro compagni e così, in un contesto silenzioso e di concentrazione il poter lavorare accanto ad un compagno spesso è di stimolo ed aiuta a fare come lui. E se si fa prima e meglio, ci si può mettere a disposizione di chi è più in difficoltà. A scuola lo chiamano peer to peer e pare abbia molto successo.
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PARLIAMONE Scuola&dintorni
MateMatica fa piu’ pauRa non
Nel mio percorso scolastico una mia insegnante vedendomi in difficoltà davanti ad un esercizio proposto alla lavagna, mi chiese semplicemente di osservarlo e di ripetere la regola…lo feci più di una volta e lentamente la soluzione si materializzò davanti a me. Cosa era successo? Due cose importanti: 1-L’insegnante con una domanda mi aiutò a rendermi consapevole di ciò che sapevo. 2-Mi diede fiducia e pazientemente aspettò. Ricordo di aver provato soddisfazione nel cogliere il compiacimento dell’insegnante e la fiducia che mi diede. Ecco, questa esperienza che mi porto dentro fra i ricordi più belli, ha in fondo segnato anche il mio modo di pormi verso i miei piccoli allievi. La matematica …..una materia scolastica estremamente facile per alcuni…estremamente difficile per altri!!! Perché? Rispondere è difficile, tenterò semplicemente di esprimere il mio pensiero. Probabilmente tutti noi abbiamo qualche triste ricordo legato alla materia in oggetto: qualche notte insonne pensando al compito che ci attendeva. Avevamo studiato, imparato regole e formule….ma davanti al testo di un problema o ad una espressione non capivamo più nulla! Ci sentivamo nel panico e in testa una vocina che ci diceva : “Non so niente…e adesso?”
a cura della maestra
Paola Lucchiari 16
I bambini arrivano alla scuola Primaria all’età di sei anni, con un buon bagaglio di conoscenze anche numeriche, quindi perché non partire proprio da qui, da ciò che conoscono, da ciò che “naturalmente” hanno appreso? L’approccio pertanto avviene in modo naturale: “Quanti anni hai?”. Domanda stupida e ovvia? Forse, ma in quel “sei” di risposta ci sono tante altre risposte che sanno: il 6 viene dopo il 5 e prima del 7. Tutti in Prima elementare sanno rispondere, tutti sono bravi, tutti si sentono a loro agio. Le domande però continuano giorno dopo giorno e ad alcune sanno sempre rispondere tutti, ad altre rispondono solo alcuni bambini. Naturalmente ci sono sempre stati quelli più intuitivi, quelli che sempre hanno preso 10. Mi sembra che dovremmo ricordarci che anche un sudato 6 o 7 sono buoni voti, sono voti che ci donano la soddisfazione di aver conquistato la sufficienza ma anche ci dicono in cosa possiamo migliorare. Sia come insegnanti che come genitori dovremmo valorizzare sempre le conquiste dei nostri piccoli studenti. Invece spesso capita che ci soffermiamo sulle difficoltà e senza rendercene conto, le amplifichiamo. Cosa fare ? Forse dovremmo avere pazienza, dare fiducia, fare domande ai bambini, attendere che trovino loro stessi la risposta cercandola nel bagaglio delle loro conoscenze. I genitori mi chiedono spesso se è giusto affiancare il figlio nei compiti per casa. Penso sia opportuno e doveroso seguirlo, dare i tempi, gli spazi per svolgere i compiti, ma senza mai sostituirsi a lui, cioè dando le soluzioni o spiegando. Meglio fare loro solo delle domande su quello che ricordano o che hanno sentito in classe. In questo modo il bambino rielabora il vissuto del mattino e spesso è lui stesso a trovare la risposta e magari prova anche soddisfazione e si sente capace di risolvere i suoi piccoli problemi quotidiani. Alcune volte invece capita che davvero il bambino non sappia, non ricordi nulla di quanto fatto in classe. E’ probabile che ci sia stata una disattenzione
o non abbia capito….bene, anche in questo caso, soprattutto in prima elementare, eviterei spiegazioni ma lo aiuterei a capire che è importante che lui stesso dica all’insegnante che il compito non è stato svolto perché non compreso. Mi sembra che in questo modo possiamo aiutare i nostri bambini a prendere consapevolezza dei propri limiti che possono essere comunque colmati. Inoltre, il bambino anche senza troppe spiegazioni capisce da sé che la prossima volta deve stare più attento. Il metodo analogico del Maestro Camillo Bortolato E’ stato in uno dei miei tanti corsi di aggiornamento che ho scoperto il metodo analogico del Maestro Camillo Bortolato…un metodo semplice come semplice è il bambino. E’ un metodo essenziale, si preferisce l’operatività alle spiegazioni. E’ un metodo coinvolgente perché invoglia i bambini a scoprire da soli le proprie strategie, cercare la strada più facile per arrivare alla soluzione. Valorizza le capacità intuitive del bambino, punta all’immediatezza delle soluzioni, rispetta i tempi di ciascuno. Il metodo analogico usa degli strumenti facilitatori, come la linea del
Nel calcolo mentale con il metodo analogico
Non contano le cifre
Non contano le palline
20 che è lo strumento per apprendere i numeri e il calcolo fin dai primi giorni di scuola. Il 20 è diviso in cinquine ben visibili perché distanziate tra loro da uno spazio. Poi si passa alla linea del 100 e a quella del 1000. Il raggruppamento in cinquine simula l’allineamento delle dita di due paia di mani. Questa struttura analogica diventa un riferimento mentale costante e introduce al calcolo mentale. Ogni bambino utilizza il testo e lo strumento quotidianamente, sviluppando il riconoscimento istantaneo della quantità. Anche per l’avvio al calcolo si utilizza lo strumento e, gradualmente, si impara a farne a meno. Con questo strumento si leggono i numeri entro il 20 fin da subito, riconoscendone la posizione e la quantità. Si conta per decine intere e unità entro il 50 e poi il 100. Si eseguono addizioni e sottrazioni
Conta lo spazio predisposto i n cui mettiamo le palline
entro il 20 e si eseguono poi anche mentalmente. I bambini con questo metodo si entusiasmano e l’entusiasmo è una spinta motivazionale molto importante per apprendere. Per me , come insegnante, è stato divertente applicarlo, mi sono io stessa entusiasmata ma anche meravigliata nel constatare lo stupore genuino e spontaneo dei miei allievi quando facevano le loro scoperte e…si sentivano bravi, capaci…intelligenti! …ed io? Gioivo con loro! Tengo a precisare che sono solo una maestra con il desiderio di fare bene il proprio lavoro. E non sempre mi riesce. Ma ci provo ogni giorno, insieme ai miei piccoli allievi e con loro imparo sempre qualcosa. Insieme facciamo scoperte, ci divertiamo e…perchè no, talvolta ridiamo pure se ci accorgiamo di sbagliare. In fondo lo sbaglio cos’è? L’occasione di rimediare. (Maestra Paola)
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portata di mano il numero del centro antiveleni. Anche l’armadietto dei farmaci deve essere fuori portata. Ogni situazione richiede una particolare attenzione.
PARLIAMONE Primo piano
baMbini
SicuRi in caSa “Stai attento che ti fai male, guarda che cadi”. Troppe volte abbiamo ripetuto queste frasi ai nostri figli che sembrano non avere mai la reale percezione del pericolo. Da quando nascono bisognerebbe avere mille occhi e mani per evitare che si facciano male. Con qualche accorgimento possiamo trasformare la nostra casa in un luogo sicuro, a misura di bambino. Diminuiscono i pericoli e così diminuiscono anche le nostre “ansie”. Vediamo quali. I maggiori rischi sono, fin dalla nascita: caduta, asfissia, ustione, annegamento, avvelenamento e intossicazione.
a cura di
Elena Laterza giornalista 18
Il bambino non va mai lasciato solo.
Fin dal primo giorno di vita, infatti, il bambino non va mai lasciato solo sul fasciatoio e dentro la vaschetta del bagnetto nella quale l’acqua non deve superare i 37 gradi. Attenzione bisogna fare anche alla temperatura del latte nel biberon che, se troppo alta, potrebbe causare delle ustioni. La casa dev’essere un posto sicuro.
I pericoli crescono assieme a loro e alla loro voglia di esplorare il mondo. La casa alla quale siamo abituati deve cambiare e deve necessariamente diventare a misura di lattante. A gattoni, infatti, i bambini possono raggiungere molti oggetti, aprire cassetti e credenze e mettere le dita dentro le prese della corrente. Facciamo attenzione, quindi, ai caminetti, alle scale, a forni e fornelli, manici di pentole sporgenti, tende e tovaglie e soprattutto alle TV. È bene riordinare ogni tipo di cavo elettrico, nascondere in cassetti alti e ben chiusi coltelli, taglierini, cordini, sacchetti e tutto ciò che potrebbe essere ingoiato. È utile chiudere in armadietti alti le sostanze pericolose e tossiche come i prodotti per la pulizia della casa, insetticidi, piante (oleandri, stelle di Natale, vischio, ciclamino e ficus sono piante molto velenose), creme, saponi e trucchi, lamette per la barba e profumi. I bambini sono attratti da tutto ciò che è profumato e colorato e per questo bisognerebbe avere sempre a
• Quando si è seduti a tavola è cosa buona e giusta togliere alimenti piccoli come arachidi e caramelle, noci e chicchi d’uva. • Quando il bambino inizia a camminare è arrivato il momento di comprare paraspigoli, blocca serrature e blocca porte. Se avete scale acquistate un cancelletto con chiusura adatta, i bimbi imparano presto a sbloccare le chiusure. Evitate di lasciare vasche piene di acqua, attenzione agli stendi panni e a tutto ciò che potrebbero farsi cadere in testa. • Il vostro bambino non deve essere mai lasciato solo. Potrebbe arrampicarsi su letti e divani e in questo caso il rischio di caduta è elevato. • Nel momento della pappa, ricordate che è fondamentale allacciarlo al seggiolone per evitare che alzandosi cada a terra. •L’ora del bagnetto, infine, che deve essere un momento di svago e divertimento, non deve farci abbassare la guardia. Non bisogna mai lasciare il bambino da solo dentro la vasca/vaschetta nemmeno in pochi centimetri d’acqua. Fretta, stanchezza e l’abuso del cellulare non dovrebbero mai far calare l’attenzione dei genitori.
È giusto, quindi, osservare con attenzione la propria casa guardandola anche con gli occhi di un bambino curioso che sta imparando a conoscere il mondo assaggiando il piacere della scoperta con il crescere delle sue abilità fisiche e mentali.
SicuRezza a
La scuola perfetta è quella che respira da sola.
Tutta su un piano, resistente a terremoti e incendi. L’edificio nel quale i nostri ragazzi e bambini passano la maggior parte del loro tempo dovrebbe essere una costruzione in legno con la concezione di “casa clima” a basso consumo e sana. Dovrebbe quindi avere un impianto che si occupa del trattamento dell’aria con almeno quattro ricambi l’ora, cosa che garantirebbe salubrità e soprattutto difenderebbe gli studenti dagli allergeni.
a cura di
Lorenzo Belloni Polistudio Rovigo
ScuoLa
La scuola sicura Scale e corridoi La scuola sicura, dal punto di vista strutturale, non dovrebbe avere scale perché uno dei maggiori rischi, fonte di incidenti, sono le cadute dagli scalini e nei corridoi. Le scale devono almeno avere il dispositivo antisdrucciolo sui gradini e il corrimano anche all’altezza dei più piccoli. Nessun ostacolo e nessun tipo di tappeto dovrebbe impedire o rendere difficile il passaggio nei corridoi, mentre, tutto ciò che è sospeso dovrebbe essere attaccato oltre il metro e mezzo (attaccapanni, estintori). Gli spazi comuni (bagni, mense, ambienti per il gioco interni ed esterni) oltre ad essere puliti costantemente garantendo l’igiene, devono avere porte di sicurezza tali da non possedere superfici vetrate e punti di schiacciamento in corrispondenza degli stipiti. Nei bagni dovrebbero esserci piastrelle antiscivolo, in caso contrario le superfici devono essere sempre asciutte e le calzature dei ragazzi/bambini non devono essere lisce. Bidet e water non devono essere sospesi, mentre i lavandini devono essere ben ancorati così come gli specchi. Ed è bene verificare il loro punto di fissaggio almeno una volta all’anno. I banchi, senza scollamenti o rialzamenti delle superfici laminate, all’interno delle classi devono permettere il facile deflusso degli studenti e quindi tra ogni fila è opportuno un corridoio di almeno un metro. I termosifoni devono essere protetti con gli appositi paracolpi e non devono avere valvole sporgenti. Gli impianti elettrici, sempre a norma e dotati di certificazione di conformità, devono, inoltre, avere un interruttore differenziale chiamato “salva-vita” che va controllato da personale esperto almeno una volta l’anno. Meglio eliminare le prese elettriche negli ambienti in cui i bambini giocano con l’acqua. I giardini e gli spazi all’aperto non devono presentare buche e pendenze pericolose. Va fatta con regolarità la disinfestazione da insetti con prodotti naturali e non nocivi. Educare alla sicurezza E’ bene che il corpo docente sia sempre formato in modo adeguato per trasmettere agli studenti i giusti comportamenti in caso di incendio, terremoto e alluvione. La capacità degli insegnanti di coinvolgere i ragazzi e i bambini è fondamentale per un comportamento sicuro. Un esempio educativo è quello realizzato nel 2001 dalla scuola Giacomo Sichirollo in collaborazione con Polistudio Spa: “Sicurezza è…”. Due libricini e dieci canzoni che parlano di sicurezza a scuola e nel lavoro, per dare un supporto ai docenti e per insegnare ai ragazzi le regole della sicurezza. Attraverso la musica e l’abilità del professor Roberto Spremulli sono state realizzate le canzoni che i ragazzi ancora oggi cantano. La sicurezza e i comportamenti corretti sono diventati così più semplici da imparare. I brani sono gratuitamente scaricabili dal sito: www.scuolasichirollorovigo.it 19
a cura di Micol Andreasi
LIFE STYLE Il Personaggio
stella odimuko HO LASCIATO LA NIGERIA PER AMORE
Stella Odimuko ha 38 anni ed
è mamma di tre bambini. Con loro e con il marito Hanry vive a Grignano da circa 8 anni. Da quando cioè ha lasciato la Nigeria per raggiungere Rovigo dove Hanry lavorava per un’azienda calzaturiera.
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Quanto coraggio c’è voluto a partire ? Il mio non è stato un viaggio difficile. Sono arrivata in aereo, avevo il visto e mio marito, in Italia, a Rovigo, aveva un lavoro ed una casa. Non sono scappata da una situazione di disperazione, vivevo nella regione della Nigeria del Sud che è molto diversa dalla regione del Nord, gran parte della quale è oggi in preda alla follia jihadista di Boko Haram. Io ho semplicemente scelto di raggiungere il mio amore. E di cominciare una vita lontano dalla mia terra Qual è stata la cosa più difficile che hai dovuto affrontare? Quando sono arrivata a Rovigo non riuscivo a parlare, né a farmi capire. Anche spostarmi in città mi era difficile. Ero impaurita ed insicura. Mio marito mi ha aiutato molto. Poi ho conosciuto tante persone che col tempo sono diventate amiche. Mi hanno insegnato la lingua italiana, che oggi è per me una passione tanto grande da farmi trascorrere molto tempo in biblioteca a leggere. Ma soprattutto mi hanno fatto sentire accolta. E con me hanno accolto la mia famiglia che in pochi anni è cresciuta. Sono nati qui, infatti, i miei tre figli. Della Nigeria cosa ti manca? I miei genitori, i miei fratelli, i nipoti e gli amici. Mi mancano anche le grandi feste della tradizione nigeriana con i costumi colorati e vistosi, che in qualche occasione utilizziamo anche qui. Ma mi manca soprattutto il mio lavoro in ospedale. Ho un diploma in infermieristica e ostetricia e in Nigeria lavoravo in un reparto di Ortopedia. Lo facevo con dedizione perché era davvero ciò che desideravo fare fin da quando ero piccola. Arrivata in Italia per molti anni ho dovuto fare i conti con l’impossibilità di esercitare la professione di infermiera e ancora peggio con l’impossibilità di una qualsiasi occupazione. Mi sono sentita a lungo mortificata, e non perché non riuscivo a contribuire al mantenimento della mia famiglia, ma perché non mi sentivo utile a nessuno, non trovavo il mio senso all’interno della comunità. In Africa chi non lavora, oltre ad occuparsi della sua famiglia, si prende cura anche di quella dei suoi parenti e spesso aiuta nelle faccende domestiche o semplicemente nell’accudimento dei figli, amici o conoscenti vicini di casa. Funziona così…non si è necessariamente retribuiti, ma questa disponibilità permette di sentirsi comunque parte di un gruppo, utili e degni.
Che cos’è la famiglia per te? Il luogo dove inizia la vita. Dove posso trovare pace, sicurezza, la gioia del cuore. Non smetterò mai di ringraziare Dio per avermi concesso il dono grande della mia famiglia. Cosa pensi della emergenza migranti di questi ultimi anni? Credo che alla necessità di salvare vite umane, di accogliere chi scappa dalla guerra o dalla fame, si debba affiancare un’altra necessità: quella di tutelare la sicurezza della comunità ospitante. Non si può abbassare la guardia, ed è bene che i malviventi vengano identificati e respinti immediatamente. Credo anche, però, che questa emergenza continuerà a crescere se non si interviene là dove tanto male è generato. Arginare l’emergenza migratoria significa lavorare nei Paesi da cui tanta gente scappa per costruire laggiù la consapevolezza di un popolo che può e deve cambiare le cose. Lo potrà nella misura in cui avrà accesso all’istruzione, in cui sconfiggerà il male assoluto dell’ignoranza. Se la povertà porta alcuni a rubare per sopravvivere, l’ignoranza impedisce di riconoscere il valore della vita e della dignità di ogni uomo, legittimando qualunque forma di violenza o usurpazione. Cosa sogni? Di poter tornare a fare l’infermiera. Ma anche di veder crescere i miei figli in salute e nella gioia, mentre realizzano loro stessi con impegno e studio. Sogno che la vita possa donare a me e a mio marito tanti giorni sereni come oggi.
Incontri sulla funzione genitoriale e sulla funzione educativa dei nonni • Bullismo/cyberbullismo • Laboratori psicoeducativi per genitori • Laboratori-gioco • Come gestire i capricci dei bambini • I NO che aiutano a crescere • Difficoltà scolastiche • Parlare di sessualità ai figli. A quale età? • Età evolutiva e adolescenziale • Le parolacce ai figli...
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Simona Sparaco si racconta. “Questa lettera ha inizio nell’estate dei tuoi quattro anni. Quando le mie paure si sono schiuse davanti alle immagini di una strage. Poco dopo la terra ha tremato. E anche io sono stata contagiata da quel tremore, è perché l’ho avvertito in te”.
PARLIAMONE il libro
a cura di
Micol Andreasi
Le paure.... sono cose da grandi
Scrittrice e sceneggiatrice, nata a Roma. Tra i suoi romanzi ci sono: Lovebook, Bastardi senza amore, Nessuno sa di noi, Se chiudo gli occhi, Equazione di un amore … Ma soprattutto Simona Sparaco è mamma di Diego, un bimbo di 4 anni e mezzo. E’ lui l’interlocutore e co-protagonista della lunga lettera che compone il suo ultimo romanzo “Sono cose da grandi”, edito da Einaudi. Nel testo, con semplicità, tenerezza ed una grande abilità introspettiva, la mamma scrittrice cerca di spiegare al figlio l’esistenza del male. E’ l’estate del 2016. Alla televisione scorrono le immagini della strage sulla Promenade des Anglais di Nizza. L’accaduto catalizza a tal punto l’attenzione di Simona che non si accorge che Diego, accanto a lei, sta guardando le stesse drammatiche immagini. Poi, incrociato lo sguardo, scopre nel volto del suo bambino l’espressione della paura, quella suscitata dalla violenza del mondo. Capisce subito che la formula che era solita usare in quelle occasioni “Sono cose da grandi”… non funziona più. E’ allora che, carta e penna alla mano, comincia a scrivere una lunga lettera in cui racconta della paura e di cosa le ha insegnato, ma anche della dolcezza di una vita quotidiana a due, mamma e Diego, tra giochi, impegni e scatole magiche in cui custodire i desideri. Nel romanzo, ad un certo punto Diego ti chiede se voi due siete una famiglia, poi si distrae ad osservare una farfalla e tu non rispondi…
Che cos’è la famiglia per te? La famiglia è un luogo in cui ci sono
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persone capaci di dedicarsi l’uno all’altra, di mettersi al servizio. La parola stessa deriva da famulus, un termine di origine latina che significa servitore. Intendo servizio nella sua accezione nobile, ovvero di gratuità. Famiglia è farsi carico in modo assolutamente gratuito dei problemi dell’altro, delle sue difficoltà, delle sue gioie. E’ prendersi cura. Può essere composta da due persone con uno o più figli, ma anche di due persone e basta. Tu scrivi che “si può sbagliare un matrimonio, ma non si può sbagliare una separazione”. Cosa intendi? Quando ho sposato il papà di Diego ero sicura che avrebbe funzionato. Ero assolutamente certa dei miei sentimenti, dei suoi e del desiderio condiviso di costruire insieme, di mettersi in gioco, di provarci e riprovarci. Avevo promesso a me stessa che la mia storia d’amore non avrebbe fatto la fine di quella di molti altri. La mia no. Era per durare per sempre. Ed invece…a volte il nostro impegno e la nostra volontà non bastano a salvare un matrimonio. Ma devono assolutamente bastare a salvaguardare i figli, che nella separazione sono le prime e più ferite vittime. Ecco perché non possiamo sbagliare una separazione . Perché, quando ci sono dei figli, serve ancora più consapevolezza, più capacità di controllo e gestione delle nostre emozioni, più apertura e disponibilità verso l’altro che è il papà o la mamma del nostro bambino. Ritieni sia veramente possibile? Come?
Si. Bisogna però imparare a lavorare su di sé e sulle proprie emozioni. Ri-
Simona Sparaco. Dopo aver preso una laurea inglese in scienze della comunicazione e aver vissuto all'estero, spinta dalla passione per la letteratura è tornata in Italia e si è iscritta alla facoltà di lettere, indirizzo spettacolo. Ha poi frequentato diversi corsi di scrittura creativa, tra cui il master della scuola Holden di Torino. Vive tra Roma e Singapore. Ha pubblicato un suo racconto nella raccolta The sleepers. racconti tra sogno e veglia edito da Azimut nel 2008.Per Newton Compton ha pubblicato nel 2010 i romanzi Lovebook e Bastardi senza amore, tradotto anche in inglese. Per Giunti ha pubblicato nel 2013 il romanzo Nessuno sa di noi ed Equazione di un amore (2016). Per Einaudi ha pubblicato nel 2017 Sono cose da grandi.
conoscerle, cioè. Guardarle dall’esterno, quasi da chirurgo, così da capire cosa fa scattare certi meccanismi, che generano rabbia, rivendicazioni, stati di angoscia… Guardarci con la giusta distanza serve a ridimensionare il nostro ‘Io’ ferito e a restituire valore a ciò che ce l’ha realmente: i figli, la loro serenità, il diritto di continuare ad avere un papà ed una mamma. E’ un lavoro di analisi che deve essere continuamente affinato. Perché nella vita siamo sempre esposti alla prova. Sempre rimessi in discussione, sempre soggetti a repentini mutamenti di quelli che fino ad un attimo prima erano i nostri punti fermi, i nostri paletti. La mia scrittura è l’esercizio di analisi su me stessa che più mi aiuta ad acquisire consapevolezza, fin da quando ero molto giovane. Di cosa hai paura? Dopo il libro “Sono cose da grandi” ho decisamente meno paura. La scrittura, come ho detto, mi ha aiutata a guardarmi dentro e a prendere la giusta distanza dalle mie emozioni per analizzarle e leggerne l’origine. Resta che ho paura di non essere all’altezza del mio ruolo di genitore, capace di proteggere e di contenere. Ho paura di non riuscire a gestire le mie emozioni davanti a mio figlio, e di mostrarmi a lui in tutta la mia fragilità… Esserne consapevole però è già buono. Cosa c’è nella tua scatola dei desideri? Il desiderio di continuare a migliorarmi come persona in modo da poter essere una buona guida per mio figlio. C'è inoltre il desiderio di superare tutte le mie, le nostre paure, per potermi lasciare andare alla Vita con più fiducia.
Lo studio fornisce un Servizio di consulenza, diagnosi, riabilitazione nel vasto campo della neuropsicologia/psicologia, neuropsicomotricità e logopedia attraverso l’applicazione di una specifica metodologia, basata sulla ricerca scientifica più avanzata dell’assessment, prevenzione, potenziamento e riabilitazione delle disarmonie dello sviluppo, dei disturbi di apprendimento e ritardi di linguaggio. Il Centro Polo Apprendimento di Rovigo opera con la diretta supervisione della prof.ssa Daniela Lucangeli e della prof.ssa Elisabetta Genovese
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a cura di Micol Andreasi PARLIAMONE con lo psicologo
a i p p o c La in
equiLibRio
La nascita di un bambino è sempre un cambiamento importante dentro la vita di coppia: fonte di gioia immensa, ma a volte anche di qualche dolore. Si tratta allora di creare un’armonia nuova. A parlarci di come gestire il cambiamento è il dott. MATTEO SPAGNOLO psicologo e psicoterapeuta
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Tutto è cambiamento, la nascita di un bambino, la sua adolescenza, il nostro invecchiare. Dobbiamo partire da questa consapevolezza, di fronte alla quale abbiamo una sola possibilità: arrenderci all’evidenza. E quindi essere pronti a rimetterci in gioco per ricostruire una nuova armonia, un nuovo equilibrio dentro il quale poter stare bene. Cosa accade esattamente quando nasce un bambino?
Accade che il binomio marito-moglie si rompe. Se ne forma immediatamente un altro: mamma-neonato. E il papà rischia in un primo momento di sentirsi escluso, non più riconosciuto. A testimonianza di questo rischio sono i dati che mostrano come la maggior parte dei tradimenti da parte dei mariti si verifichi proprio nei sei mesi prima e nei sei mesi dopo la nascita del bimbo. Una fase delicata per la mamma, totalmente assorbita dalla nuova presenza. Una fase delicata anche per il papà che soffre per aver perso l’attenzione prima ricevuta dalla moglie e che ancora non ha compreso il proprio nuovo ruolo. E’ questa la fase in cui il binomio iniziale moglie e marito si dovrebbe progressivamente ridefinire fino ad arrivare ad un trinomio, equilibrato in cui ogni ruolo è ristabilito. Ma perché la trasformazione avvenga in modo indolore è utile considerare alcune questioni. La prima è che il post-parto è una fase di grande fragilità per la neomamma. E pertanto la funzione del neo-papà e compagno è di protezione, di supporto e di contenimento delle emozioni della sua donna. La seconda è che qualunque sia la difficoltà che l’uomo o la donna si trovino ad affrontare è sempre necessario condividere i rispettivi vissuti. La condivisione costante e reciproca è la strada obbligata per arrivare a ridefinire i confini e creare un nuovo equilibrio. La terza e forse la più importante questione riguarda proprio la modalità di comunicazione tra marito e moglie. La regola di una comunicazione efficace e di successo è che si abbandonino le aspettative sull’altro. Esse insinuano nell’interlocutore un senso di manchevolezza, inadeguatezza che si trasforma pre-
sto in senso di colpa, il cui unico effetto è quello di allontanare l’altro. Non avere aspettative significa non avanzare richieste o pretese, ma limitarsi a comunicare il proprio bisogno. Il messaggio comunicativo deve corrispondere alla confessione, intima, di un bisogno e delle emozioni che esso suscita. Non quindi l’accusa o il rimprovero. E’ solo così che ci si apre sinceramente all’altro, donandogli la possibilità di venirci incontro. Ricordiamoci sempre che il nostro partner non è il nostro nemico, ma l’uomo o la donna con cui abbiamo scelto una vita insieme, dopo molti sogni condivisi, dopo fatiche e sacrifici, dopo i giochi, le molte gioie o le fughe romantiche; e soprattutto è la persona con cui abbiamo scelto di diventare genitori. E da genitori dobbiamo sapere che la forza nel supportare il nostro bambino nella crescita dipende solo dalla capacità della coppia di rimanere intima, ovvero in condivisione. Allora, come si fa a gestire al meglio la comunicazione con il partner?
PIANETA MAMMA
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programma
Per comunicare il proprio bisogno, senza pretese, aspettative, accuse, serve prima di tutto rimanere in contatto con sé stessi, riconoscere le proprie emozioni, individuarne la fonte e quindi risalire a ciò di cui più intimamente abbiamo bisogno. Se non riusciamo in questo, allora è meglio sospendere le parole. Non siamo pronti per una comunicazione che si apre all’altro. Detto ciò, non dobbiamo avere paura di sbagliare. La paura è sempre un blocco, una chiusura. Concediamoci invece anche il lusso o la possibilità di chiedere scusa e di ricominciare infinite volte. Perché la coppia è un binomio in continua trasformazione che non smette mai di ricostruire il proprio nuovo equilibrio.
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STAR BENE Il Pediatra
quaLe Spazio daRe aL ?
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Anticamente il gusto dolce corrispondeva a cibi spontanei che dovevano essere solo raccolti come ad esempio frutta, semi e miele. Con l’avvento dell’agricoltura si sono aggiunti cereali, frutta e verdura che potevano essere coltivati permettendo così una maggior varietà anche delle sfumature del gusto dolce. I dolcificanti naturali erano il miele e i prodotti della canna da zucchero ma il loro utilizzo era limitato e da riservare ad occasioni speciali. Solo a partire dall’800 con la diffusa coltivazione e lavorazione della barbabietola da zucchero, il comune zucchero da cucina ha cominciato ad essere quotidianamente e abbondantemente presente sulle nostre tavole dato anche il progressivo basso costo.
a cura della dott.ssa
Florinda Destro
Pediatra di Famiglia in Lendinara 26
Il gusto dolce caratterizza cibi ricchi di carboidrati che rappresentano la fonte di energia per il nostro corpo e per questo importantissimi.
La presenza costante sulle nostre tavole dello zucchero, la sua diffusione intanti alimenti industriali (zucchero mascherato) e l’aggiunta in molti alimenti per l’infanzia, rappresentano una minaccia per la nostra salute con malattie come il diabete e l’obesità che, negli ultimi anni, stanno colpendo un gran numero di persone anche in giovanissima età. Se diamo uno sguardo alla tradizione, l’antica medicina ayurvedica ci dice che il “dolce” aiuta a conservare la salute dei tessuti , favorisce la serenità e migliora la forza, ma ci suggerisce anche di limitare il dolce dello zucchero e dei suoi derivati. Quello che troviamo nei cereali ed in alcuni ortaggi considerati salutari come zucche, piselli, mele, uva, datteri, meloni non è soggetto a contenimento, in quanto considerato benefico.
Anche la prima e più importante scuola di medicina europea del Medioevo (la Scuola medica salernitana) considerava utile il dolce ma ne suggeriva un uso moderato. Ecco dunque la parola chiave:
MODERAZIONE!
Dovremo nutrire i nostri bambini, offrire loro cibi con moderazione e, aggiungerei, saggezza. Affermare che i propri bambini non assumono dolci mette al riparo dai rischi per la salute?
Certamente no! L’alimentazione va valutata nel suo complesso e non solo concentrando le nostre attenzioni su una singola categoria di alimenti. Mai dimenticare, ad esempio, il legame tra una corretta alimentazione e l’attività fisica. Si tratta di due componenti che favoriscono una buona salute nel tempo come numerosissimi studi di alto valore scientifico hanno ormai ampiamente dimostrato.
ALCUNI SEMPLICI ACCORGIMENTI Proviamo ora a riflettere su alcuni semplici accorgimenti che ci possono aiutare a gestire gli alimenti dolci in modo corretto. Prima di tutto pensiamo ad educare il gusto fin dalla più tenera età.
Per i primi due anni di vita del bimbo, non aggiungiamo zucchero o altri dolcificanti ed in particolar modo, non aggiungiamo lo zucchero a cibi già naturalmente dolci come la frutta. Meglio non usare i “dolci” come premio come merce di scambio e come ricompensa perché si rischia di instaurare una dipendenza nei momenti di stress che potrebbe durare per tutta la vita (mi sento un po’ triste e, per tirarmi un po’su, mi mangio dei biscottini…) Quando acquistiamo i cibi confezionati, abituiamoci a preferire quelli con meno zuccheri semplici scritti in etichetta. Il basso costo dello zucchero porta ad aggiungerlo in maggior quantità magari per mascherare la qualità scadente delle materie prime . Quando lo zucchero (saccarosio) compare fra i primi ingredienti elencati in etichetta, vuol dire che è presente in elevata quantità. A volte si trova scritto fruttosio, sciroppo di fruttosio o glucosio ricavato dal mais. O leggiamo destrosio, estratto di malto o polvere di latte. Hanno tutti lo stesso significato! Meglio favorire i cibi naturalmente dolci come la frutta e valorizzarli grazie a ricette che possono essere graditi ai bambini come frullati e sorbetti
fatti in casa che di certo non contengono zuccheri aggiunti come quelli già pronti Le bevande dolci vanno limitate al massimo perché interferiscono negativaente con la regolazione della fame. I dolcificanti aggiunti vengono assorbiti velocemente favorendo la produzione di insulina e il conseguente abbassamento della glicemia che a sua volta rappresenta uno stimolo per la fame I dolci andrebbero assunti al pasto della prima colazione o alla merenda del pomeriggio . Ottimale sarebbe far seguire dell’ attività fisica. Meglio evitarli nello spuntino di metà mattina perché potrebbero compromettere l’appetito per il pranzo Moderazione nelle porzioni! Una merenda non dovrebbe superare il 10% delle calorie dell’intera giornata Infine bisogna aver chiara la diffe-
LOGOPEDISTA
SILVIA POZZATO
renza tra i carboidrati responsabili del gusto intensamente dolce, i cosiddetti “zuccheri semplici” quali: il saccarosio (zucchero da cucina), il lattosio (zucchero presente nel latte), il fruttosio nella frutta e la sua variante industriale ottenuta dallo sciroppo ricavato dal mais . Tutti questi sono da distinguere dai carboidrati complessi quali l’amido e le fibre chiamati carboidrati complessi. Questi sono presenti in abbondanza in: ortaggi, legumi, frutta e cereali che sono le basi fondanti della nostra tradizione e della dieta mediterranea . Forniscono energia facile da utilizzare senza appesantire le funzioni del nostro fegato e reni che devono eliminare tutti i residui indesiderati . Non vanno pertanto esclusi dalla dieta pane, pasta e altri cereali che donano un piacevole senso di sazietà . Preferiamo però quelli poco raffinati perché contengono le fibre che hanno una funzione molto importante di regolazione nell’assorbimento dei nutrienti. Al termine di questa lettura, ora, andate nella vostra dispensa o pensate al vostro carrello della spesa, quale spazio avete dato agli alimenti dolci. Se qualcuno si fosse incuriosito e volesse conoscere maggiormente il mondo del “dolce” ,permettetemi di consigliare un bel libro arricchito anche da tante ricette da preparare in famiglia come atto d’amore nei confronti dei nostri cari Il titolo è “ Naturalmente Dolci” Slow Food Ed.
Disturbi del linguaggio e dell’apprendimento dell’età evolutiva.
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I BAMBINI POSSONO AVERE IL DIABETE? L’Associazione Giovani Diabetici di Rovigo, attiva da qualche anno in provincia, si occupa, tra le altre cose, di fare formazione ed informazione in merito ai sintomi del diabete, in modo tale che la diagnosi sia più precoce possibile, ed i genitori possano rivolgersi al pediatra tempestivamente.
a cura di
Paolo Scorzoni
Presidente Associazione AGD Rovigo
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Molti non ne sono a conoscenza, ma anche i bambini possono avere, come gli adulti, il Diabete.
I bambini possono avere il Diabete, per la precisione quello di Tipo1, o insulino-dipendente. Si differenzia dal Diabete di tipo 2, malattia tipica delle persone adulte, fortemente influenzata da uno scorretto stile di vita, che però rappresenta circa il 90% delle forme diffuse di diabete. Il diabete di tipo 1 è una malattia autoimmune, in cui un fattore scatenante porta alla distruzione delle cellule beta del pancreas, quelle incaricate di produrre l’insulina di cui l’organismo necessita per metabolizzare gli zuccheri. Proprio la mancanza di insulina rende necessaria la terapia (le iniezioni di insulina giornaliere) fin dalla diagnosi. È vero quindi che il DM1 non si può prevenire e in un certo senso prevedere, ma tutti noi dovremmo conoscere i sintomi all’esordio per poter prevenire quella brutta e grave emergenza metabolica dell’esordio che i medici chiamano
Quali sono i sintomi? Se un bambino: -beve molto più del solito, svegliandosi molto assetato anche di notte; - va in bagno molto più spesso: la quantità di urina è considerevolmente aumentata, alcuni bambini tornano a bagnare il letto, o si svegliano più volte durante la notte per andare al bagno; - ha una perdita di peso anomala; - si sente fiacco, stanco, senza motivo apparente; - presenta una fame intensa e vorace; - ha l’alito dal caratteristico odore di “acetone. ovvero che sa di “frutta molto matura.” E’ importante rivolgersi al pediatra per un consulto, che saprà indirizzare, nel caso lo ritenga più opportuno, al più vicino ospedale per le cure. .... Come AGD ci sentiamo di raccomandare a tutti i genitori di ricordare questi sintomi: sono facilmente riconoscibili, e possono portare ad una diagnosi tempestiva, evitando complicanze anche gravi per il bambino, limitando allo stesso tempo l’impatto emotivo e psicologico di una diagnosi. che non è mai facile.
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a cura di
dr.ssa Gloria Birolo
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minante compensa la visione dell'occhio deviato (ambliopie), rendendo a volte difficile accorgersi che il vostro bambino ha difficoltà. E' importante controllare il corretto Le vacanze sono finite, è iniziata la sempre sotto controllo sviluppo visivo di vostro figlio attrascuola! E' un periodo importantissimo verso accurati controlli di screening dal per i vostri bambini. Il rientro a scuola può vostro medico oculista. mettere a dura prova sia vostro figlio che voi genitori. L'inizio di un percorso scolastico, può coinciQuando c'è l'esigenza di un occhiale correttivo è imdere con l'insorgere di alcuni disturbi. portante affrontare la cosa con serenità. Un bambino Se un bambino non vede bene, l'apprendimento ne ri- ha esigenze diverse rispetto ad un adulto. La nostra priosente fortemente. E' importante per il genitore notare rità è soddisfare i suoi bisogni, selezionando una montaogni possibile nuova problematica e sottoporla, quindi, tura adatta alla sua età. Altro fattore importante è la al proprio medico. Oltre a penalizzare l’apprendimento scelta della lente. scolastico, i problemi visivi dei bambini, possono essere Quando si fa un occhiale ad un bambino è necessario, la causa di eventuali problemi posturali che nei banchi di scegliere, insieme ai genitori l'ausilio più giusto perscuola vengono accentuati. ché ogni bambino ha abitudini diverse. Elenchiamo ora alcuni esempi: Negli ultimi anni la tecnologia delle lenti oftalmiche si è Astigmatismo. Un bambino astigmatico può inclinare la perfezionata, grazie ciò è possibile utilizzare materiali testa o addirittura il foglio per cercare di ovviare al difetto sempre più resistenti e leggeri, abbinati ad un trattamenti visivo, esso infatti, comporta una visione distorta delle im- sempre più evoluti. L'antiriflesso ha la funzione di dimimagini. nuire la riflessione della luce sulla lente e rendere di conMiopia. Un miope può avvertire una difficoltà maggiore seguenza, l'immagine più nitida. Alcune tipologie di trattamento sono mirate a filtrare senella lettura della lavagna. Ipermetropia. Un difetto visivo come l'ipermetropia, in- lettivamente parte della luce blu dato che questo comvece, può creare difficoltà nelle letture prolungate da vicino. porta danni e difficoltà all’occhio umano. Il notevole incremento dei dispositivi digitali, che emetVisione strabica (strabismo). Importantissima, inoltre, è tono una percentuale più elevata di luce blu, sono semla collaborazione tra i due occhi (visione binoculare) essa pre più utilizzati e, di conseguenza, aumentano le è presente in modo rudimentale sin dalla nascita, ma si problematiche visive di vostro figlio. sviluppa progressivamente fino ai 7 - 8 anni di età. Nei bimbi strabici, a causa della deviazione di uno dei due Noi, di Ottica Toffoli, vi seguiamo con particolare attenocchi, interviene il meccanismo della soppressione, ossia zione nella scelta dell'occhiale, proponendo la soluzione il cervello elimina una delle due immagini percepite. Que- più adeguata. ortottista Ottica Toffoli, Rovigo
sta situazione visiva comporta uno sviluppo della visione alterato nell'occhio deviato. In questo caso l'occhio do-
Una miglior visione aiuta certamente vostro figlio ad un maggiore rendimento durante l’anno scolastico.
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STAR BENE lo specialista
I DENTI E LO SVILUPPO DEL LINGUAGGIO NEL BAMBINO
a cura della dott.ssa
Barbara Barbierato Odontoiatra e Logopedista
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Una delle principali funzioni della bocca dell’essere umano è l’articolazione di suoni linguistici. Gli studi scientifici più recenti dimostrano che lo sviluppo fisiologico del linguaggio nel bambino non dipende solo dall’integrità dell’apparato uditivo e da normali funzioni cognitive, ma è anche fortemente influenzato dalla capacità di coordinamento motorio dei vari organi articolatori situati nella bocca: labbra, lingua, denti, palato duro, palato molle e mandibola. La malocclusione dentaria non è, come la maggior parte delle persone pensa, un semplice inestetismo dell’allineamento dei denti, bensì qualcosa di molto più serio e importante per la salute: è un’alterazione macro e microscopica dell’intera anatomia della bocca in grado di influire negativamente su delicate funzioni sistemiche come la deglutizione, la respirazione, la postura, oltre che sulla masticazione ovviamente. Tale alterazione, peraltro non sempre evidente ad un esame superficiale in quanto non sempre associata ai classici “denti storti”, ha anche un impatto molto profondo sullo sviluppo del linguaggio: riducendo la libertà di movimento degli organi articolatori, essa costringe il sistema nervoso centrale del bambino a compiere uno sforzo maggiore per imparare ad elaborare strategie motorie di compenso adatte alla produzione di suoni linguistici intelligibili. Lo sforzo maggiore che il bambino affetto da malocclusione è costretto a sostenere per poter parlare in modo intelligibile costituisce il terreno per lo sviluppo di patologie della parola e del linguaggio come la dislalia, la disfonia, la balbuzie, il disturbo fonologico ed anche la dislessia.
Lo Studio Odontoiatrico Dott.ssa Barbara Barbierato offre un servizio completo e all’avanguardia per la salute orale del bambino, della mamma e di tutta la famiglia.
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LA SCOLIOSI Quando si manifesta
STAR BENE a cura della dott.ssa
Anna Marucco
fisiatra dell’età evolutiva Cos’è la scoliosi
Per scoliosi si intende una deformità della colonna nei tre piani dello spazio: le vertebre si inclinano di lato, ruotano e si spostano in avanti/indietro. La scoliosi se si manifesta in un bambino sano, non affetto da patologie, viene definita “idiopatica”: nonostante le conoscenze attuali non si riconosce una causa certa. Come si evolve
La scoliosi può rimanere lieve od evolvere in forme che necessitano un trattamento chirurgico. La gravità della curva viene misurata in gradi e in base a questi viene definito il tipo di approccio terapeutico. Per le curve lievi si rende necessaria la sola fisioterapia, per le forme medio-gravi il corsetto ortopedico affiancato alla fisioterapia e per quelle gravi la chirurgia. Una schiena scoliotica non trattata in età adolescenziale diventa una schiena dolorosa in età adulta.
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La scoliosi idiopatica si manifesta in genere nel periodo compreso tra i 10 e i 13 anni, in corrispondenza della grande crescita del periodo puberale. Ecco perché la scoliosi non va sottovalutata: il bambino è in crescita non lentamente, come nei primi anni di vita, ma molto velocemente. E se compare una curva questa può peggiorare in pochissimi mesi: spesso le madri riferiscono che l’estate prima il bambino sembrava dritto e poi improvvisamente è diventato storto. Inoltre nell’adolescenza il bambino divenuto ragazzo non si fa più vedere nudo in casa ed ecco che il genitore si accorge di modifiche della colonna solo quando diventano ben evidenti. Quindi cosa è possibile fare per accorgersi in tempo di una deformità della colonna? Per prima cosa se il genitore è affetto da scoliosi o cifosi deve riferirlo al curante ed effettuare controlli clinici periodici che devono diventare più frequenti nel periodo che precede l’adolescenza. Se il medico curante lo riterrà necessario il bambino sarà valutato da uno specialista. Ma quale specialista? Di sicuro un medico, fisiatra od ortopedico, con esperienza nella scoliosi: bisogna essere abituati a visitare bambini con scoliosi per saperne cogliere la gravità e per definirne l’approccio medico più corretto. Se non vi è familiarità per scoliosi si può controllare come sta seduto il bambino finchè studia, se tiene il capo da un lato, se quando cammina sembra dritto; ogni tanto dovrebbe essere osservato anche senza vestiti controllando la simmetria delle spalle e dei fianchi. Si può chiedere anche all’allenatore, se fa uno sport, se gli sembra dritto. Spesso infatti è ad esempio la maestra di danza che si accorge delle spalle che non sono alla stessa altezza o dei fianchi del tronco che sono diversi tra loro. Inoltre se il bambino svolge uno sport la visita medico-sportiva, fatta annualmente, può essere un momento in cui poter verificare l’allineamento della colonna. Se vi è il sospetto di scoliosi bisogna quindi effettuare una visita medico specialista da un esperto in scoliosi, con successiva radiografia se il quadro clinico lo impone. Dalla misurazione delle vertebre e dall’età del bambino poi si definirà il trattamento.
I P N OS I
La nuova frontiera della Psicologia e della Salute Dott. Paolo Ballaben
Dott. Fabio Varotto
Psicologo e Psicoterapeuta
Psicologo e Psicoterapeuta
Socio Ordinario della Società Italiana di Ipnosi Presidente di SOS Abusi Psicologici
Socio Ordinario della Società Italiana di Ipnosi
........................................................ ........................................................ 328 6641482
335 8400042
Problematiche di coppia e di famiglia Depressione Ipnosi ospedaliera (dolore cronico ed oncologico training ipnotico per parto, ansia pre post operatoria) Abuso psicologico e bullismo
Disturbi da stress e psicosomatici (colon irritabile, acufeni, dermatiti iper-idrosi) Disturbi ossessivo-compulsivi Problemi caratteriali (timidezza, scarsa autostima, dipendenza affettiva, controllo della rabbia)
Problematiche adolescenziali Disturbi d'ansia Disturbi della personalità Gioco d'azzardo patologico Dipendenze emotive
Educazione alla sessualità e all'affettività Sessualità tra (in)fertilità e gravidanza Disfunzioni sessuali maschili e femminili Sessualità nel post menopausa Sessualità ed endometriosi
Dott. Matteo De Tomi
Dott.ssa Emanuela Capucci
........................................................ ........................................................ Psicologo e Psicoterapeuta
Psicologa, Sessuologo clinico
Socio Ordinario della Società Italiana di Ipnosi Consulente SOS Abusi psicologici presso gli istituti scolastici
Socio FISS (Fed. Italiana Sessuologia Scientifica), Socio C.I.R.S (Centro Interdisciplinare per la Ricerca e la Formazione in Sessuologia
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349 2322475
Rovigo, Corso del Popolo 229 - www.modellidicambiamento.com i nostri specialisti sono iscritti alla Società italiana di Ipnosi che garantisce professionalità e competenza attraverso aggiornamenti annuali, nazionali e internazionali
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ALLATTAMENTO AL SENO:
STAR BENE allattamento
Allattare al seno è un’avventura meravigliosa e vantaggiosa per mamma e bebé Ma è anche una scelta importante che ha bisogno di preparazione e supporto Qualche consiglio per i primi 40 giorni
La mamma deve fidarsi delle proprie capacità ed essere consapevole che è lei la miglior persona che può prendersi cura del suo bambino!
una queStione di ReLazione Allattare al seno è una scelta! Lo dico sempre ai corsi di accompagnamento alla nascita. Allattare è decidere di dedicare i primi mesi di vita del bambino ad un nutrimento biochimico, affettivo, energetico, educativo e spirituale, non è un semplice apporto calorico. Ma una scelta importante, ponderata che ha bisogno di preparazione e supporto. Allattare è un impegno, un dispendio di energie e una fatica per mamma e bambino. Un bimbo appena nato deve imparare ad usare 16 muscoli che non ha mai utilizzato nei suoi nove mesi di
saranno presenti
l’osterica Martina e la psicologa e doula Michela
is ugrzi io è lretvito
vita, assumere un attacco corretto e interpretare i segnali di fame. La mamma deve prima di tutto fidarsi delle sue capacità e competenze nell'accudimento del suo bimbo, portare tanta pazienza i primi giorni, superare fastidi e piccoli doloretti, osservare il suo bimbo, lasciarsi guidare da lui. Chi me lo fa fare? Direte voi. È importante che le mamme sappiano che sono davanti ad una sfida impegnativa, almeno per i primi 40 giorni, poi la strada è in discesa. Ma soprattutto l’allattamento al seno è un’avventura meravigliosa!
il MARTEDI MATTINA vieni a fare una pausa col tuo bebe! potrai allattare il tuo bimbo cambiargli il pannolino, pesarlo... ti aspettiamo presso
a cura di
Martina De Michele Ostetrica 34
Studio Oltre la Pancia Duomolab via Ciro Menotti 8 Rovigo
Allattare al seno è vantaggioso per mamma e bebé:
attraverso il latte materno si passano al bimbo i propri anticorpi delle malattie passate ed in corso (quindi è possibile allattare durante l'influenza, la febbre e il raffreddore) il latte materno è digeribile e specie specifico, quindi è fatto per quel bambino lì in questo momento storico (Non esiste intolleranza al latte materno ed è per questo che i bambini allattati al seno lo richiedono più spesso, perché lo digeriscono subito!) il latte materno è sempre disponibile gratuito e sterile. Oltre che da nutrimento funge anche da calmante perché nel latte passano le endorfine (ormoni della felicità) che calmano il bimbo nei risvegli notturni, quando i dentini cominciano a fare male e nelle visite in ospedale. allattare al seno facilita la relazione mamma bambino: il bambino per il primo anno non sa di essere un individuo separato dalla mamma, tutta la sua vita è stata vissuta nell'utero materno cullato dal battito cardiaco materno, galleggiando in un liquido caldo in continuo movimento “sentendo” tutto quello che sente la mamma. Trovarsi di punto in bianco da solo in un lettino lo spaventa da morire e solo al seno può recuperare il suo habitat!
Prendersi cura di un bimbo è un lavoro difficile perché per la prima volta nella vita la sopravvivenza di un altro essere umano dipende da noi… quante domande ci facciamo 1.000 volte al minuto: avrà mangiato abbastanza? Il mio latte sarà abbastanza buono? L'ho coperto troppo? Avrà dormito bene? Avrà bisogno di più luce? Più stimoli? Le mamme spesso si sentono smarrite e continuamente sotto esame da parenti amici e conoscenti. Per non sentirsi soli, per avere un punto di vista esterno slegato dalle tradizioni di famiglia che punta sulla prevenzione è importante farsi affiancare da un professionista dell’allattamento.
buttiamo via l'orologio: il bambino ha bisogno di un allattamento a richiesta per calibrare il sistema domanda-offerta, quindi anche 8-10 volte al giorno nel primo mese di vita, ma non sarà sempre così! Offrendogli il seno tutte le volte che vorrà non ne faremo un bambino viziato! una mamma che allatta ho bisogno di dormire, mangiare e bere (almeno 2 L al giorno) quindi in casa non deve fare altro! Tutti i parenti e amici di buona volontà invece del regalo ci dedicheranno un'ora di tempo per lavare stirare e preparare il caffè agli ospiti.
Ecco qualche mio piccolo consiglio che potrebbe essere utile. Per i primi 40 giorni
buttiamo via la bilancia: per recuperare il peso alla nascita ci vogliono almeno 10 giorni: un bambino che mangia, che fa la pipì (almeno sei pannolini bagnati al giorno) e uno di cacca (anche un giorno si e un giorno no), che dorme almeno un paio d'ore di fila, che ha la pelle idratata, che comincia a riempire le tutine..lo peseremo una volta a settimana dal pediatra o in consultorio, sarà più che sufficiente!
Ma soprattutto fidatevi di voi! Siete le persone migliori che possono prendersi cura del vostro bambino! Non permettete a nessuno di farvi dubitare delle vostre capacità: informatevi ed ascoltate ma poi guardate il vostro bimbo e cominciate insieme questa meravigliosa avventura!
OTTO RE
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Moda Fashion
a cura di
Rossella Rizzi
premaman?
LIFE STYLE
Consulente d’immagine
Inizia l’avventura più importante care mamme: aspettare un bambino, non significa perdere il proprio stile e la propria femminilità! Il corpo può cambiare, ma lo stile e il glamour restano.
wrap dress enviedefraise.it
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Il momento della gravidanza è un periodo di grande trasformazione per il corpo della donna ma non per questo si deve rinunciare a valorizzare la propria figura e le nuove forme perchè si può essere comunque sexy e attraenti. Ogni donna ha il proprio stile personale e vestirsi in un modo che rispecchi il proprio modo di essere e la propria personalità è importante anche in maternità! L’unico trucco da seguire è quello di apportare qualche piccola modifica man mano che il corpo cambia ma mi raccomando, non nascondete il pancione, anzi al contrario mettetelo in risalto!! Quali sono i capi must have in gravidanza?
- Primo fra tutti i LEGGINS: comodi e versatili, si possono indossare per una passeggiata di giorno con sneackers stilose e giacca in jeans o in pelle, oppure per la sera con una blusa morbida o sotto un abito. - Il wrap dress, l’abito incrociato: un vero alleato per la silhouette, questo tipo di abito risalta il decoltè con lo scollo a V e si allaccia sotto il seno o dietro la schiena con un laccetto, adattandosi per qualche mese all’aumento di circonferenza e aderendo al corpo. - I tacchi? Non rinunciatene nemmeno in gravidanza: cercate ovviamente di indossarli per periodi meno lunghi, per evitare di affaticare troppo i piedi e preferiteli larghi piuttosto che a stiletto, per sostenere meglio il peso e mantenere l’equilibrio. Per apparire più casual sono perfette le slip-on o le sneackers bianche, stilose e comodissime. - Collane e accessori? perchè no!? Collane troppo vistose o elaborate, rischierebbero di appesantire la figura, ma sono perfetti i gioielli sautoir minimal. La tendenza di stagione è sicuramente l’albero della vita e il campanellino chiama angeli che, oltre ad essere fashion sono anche simbolo di protezione per il nuovo nascituro. - Ma il Make up? in questo periodo la pelle può subire una trasformazione diventando più secca o più grassa, a volte con delle fastidiose macchie cutanee. Un velo di fondotinta ultra leggero, un pò di mascara e un blush rosato, vi faranno apparire più solari! - Quali colori si possono indossare? dimenticate il sempre-tutto-nero “perchè snellisce”! In gravidanza la donna è un fiore quindi via libera anche ai colori pastello, ai look tinta unita per slanciare la figura e alle stampe a fiori purchè piccoli. I fiori grandi allargano e accorciano, quindi meglio conservarli per tempi futuri !
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ATTIVAMENTE facciamo insieme in cucina
Ingredienti per 4 persone: 350 gr. 2 1 Kg 100 gr. 10 gr. 100 gr.
farina 00 uova intere zucca formaggio grana biscotto amaretto pane grattuggiato un pizzico di sale
condimento: burro e salvia o ragù di carne
a cura di
Maurizio Fantinato
docente di Enogastronomia Istituto Alberghiero “G.Cipriani” Adria (Ro)
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prepariamo i ravioli con la
zucca
Cari bambini, come prima cosa, fate tagliare la zucca a metà dai vostri genitori e infornatela per 30 minuti circa nel forno preriscaldato. Trascorsi i trenta minuti, fatela estrarre sempre da un adulto e lasciatela raffreddare per qualche minuto. Poi, con un cucchiaio potete iniziare a scavarla così da eliminare tutta la buccia. Mettete la buccia in un piatto ampio e mescolatela insieme al formaggio, all’amaretto ed al pangrattato ed al pizzico di sale. Su una spianatoia, disponete la farina a fontana (meglio se la setacciate prima). Sbattete le uova e poi versa-
tele sulla farina. Lavorate con le mani l’impasto fino a farlo diventare un panetto ben compatto e uniforme (ci vuole un pò di forza). Con un mattarello (o la macchinetta) stendete la pasta. Non deve essere troppo sottile. Con una rotella dentata tagliate dei rettangoli. In ognuno mettete un po’ dell’impasto di zucca e chiudete a metà il rettangolo. Per una migliore riuscita estetica del tortello, con i polpastrelli delle dita picchiettate la pasta nella parte di unione. Cuocete in acqua, scolate e condite con burro e salvia. Se vi piace, anche con il ragù di carne!!! Buon appetito!
Il nuo vo modo di concepire lo stare assieme a tavol a
met ti a mo l a fa migli a sempre a l p r i m o p o st o Radici: una grande mission
Radici: Risto Famiglia
Risto Famiglia non è solo un ristorante, è uno spazio sicuro e confortevole, dove i bambini si divertono e i geni tori si rilassano. Spazioso ed accogliente, informale ed allegro, con una fantastica area gio chi per i bambini e uno spazio esterno perfetto per godere dei pomeriggi sotto il sole, è il posto ideale per riunire tutta la famiglia e gli amici, special mente in occasione di feste di comple anno e cerimonie. Addio ai pranzi eterni in cui i bambini sbuffano e si annoiano senza la pos sibilità di muoversi: al Risto Famiglia Radici anche i più piccoli potranno di vertirsi in libertà mentre i grandi po tranno mangiare al loro fianco, in totale serenità e tranquillità
E’ gradita la prenotazione info@radiciristorante.it
Ogni pomeriggio dalle 16.30 anche il sabato (durata indicativa: un’ora )
Educazione al contatto
primi anni di vita Ha lo scopo di stimolare la sensorialità nel bambino e creare una rete fra mamme.
Gioco motorio
ESTE (Pd) via Atheste 54
New !! al pomeriggio LABORATORI Tel. 346 1155811
ARTISTICO E S P RE SSI V I Corsi di danza aerea
di 3 anni in avanti Per bambini con propensione per la danza.
Danza
da 1 a 6 anni Con attività di gioco motorio, per conti nuare ad accrescere la sensorialità e le competenze motorie.
fino ai 12 anni Linguaggio spirituale universale, la danza è l’arte di far parlare il corpo, di renderlo trasparente, comunicativo e sensibile, morbido e forte nello stesso tempo, ca pace di regalare grandi emozioni.
Per bambini, divisi per fasce di età, in al cune lezioni saranno coinvolti anche i ge nitori. Facendo musica e teatro si impara il senso profondo dell’armonia, si impara il dominio delle emozioni, si comprende che il proprio lavoro e quello degli altri sono strettamente intrecciati.
dai tre anni Condotto da un artista e arteterapeuta, accompagna il bambino, attraverso l’uso dei materiali artistici, matite, acquarelli, tempere, argilla per scoprirsi, comunicarsi ed imparare a relazionarsi in maniera effi cace e costruttiva.
Percorsi musicali o7 anni Percorsi teatrali 215 anni
Atelier d’Arte espressiva
Il nome “Radici” sta a indicare la mis sion: rappresentare un luogo d’incon tro e di radicamento di buone e fruttuose relazioni. Una base dove la famiglia possa ritrovarsi e scoprire il piacere di stare insieme e di crescere con i propri figli. A questo scopo è nata la collabora zione con l’ Associazione Mamiù di Pa dova, che opera nell’ambito della maternità e della prima infanzia, per la realizzazione di laboratori artistico espressivi. Le finalità sono quelle di valorizzare l’identità e i talenti specifici di ogni bambino, per favorirne l’evolu zione e la crescita. Come sosteneva M. Montessori il pe riodo infantile è un periodo di grande creatività e di apprendimento dei va lori dell’ambiente in cui vive.
www.radiciristorante.it è possibile fare una
prima lezione di prova
Laboratori di yoga
che hanno nei bambini la capacità di svi luppare l’equilibrio fra mente, anima e corpo per una piena crescita
Percorsi educativi
il sabato e la domenica pomeriggio. Condotti da animatrici che coinvolge ranno bambini e genitori spaziando dal mondo delle favole ai percorsi di educa zione ambientale e di sensibilizzazione al riciclo, fino ai laboratori di cucina per mamma e bambini.
MaLaMbRuno
CENTOSTORIE
iL Mago che voLeva eSSeRe
Favole e racconti
favola di
feLice
Coi Momok illustrazioni di Ilenia Tambè
C’era una volta un mago assai ricco e potente. Il suo nome era Malambruno. Alto, magro, elegante, dritta la schiena, scuro il capo, profondo e severo lo sguardo. Nessuno lo aveva mai visto sorridere… Incuteva rispetto e timore in chi lo incontrava.
.... Al potente e ricco mago Malambruno, però, mancava qualcosa…Fu per questo che un giorno decise di invocare gli spiriti dell’abisso tutti, perché gli venissero in ascolto e lo esaudissero… “Spiriti d’abisso, Farfarello, Ciriatto, Baconero, Astarotte, Alichino, o comunque siete chiamati… io vi scongiuro nel nome di Belzebù, e vi comando per la virtù dell’arte mia, venga uno di voi in mio servizio!” Appena ebbe terminato di pronunciare la formula… il diavolo Farfarello si materializzò di fronte a lui. “Eccomi”, disse il diavoletto. “Io sono Farfarello ai tuoi comandi, oh mago Malambruno…comanda pure, che io posso fare per te tutto”. Al sentire quelle parole il mago si sentì rassicurato e disse: Tu m’hai da accontentare d’un desiderio. Sarai servito. C H E V U O I ? Una ricchezza maggiore No. Vuoi un impero grande come 40
quello che dicono che Carlo quinto si sognasse? No. Vuoi forse essere circondato dalle donne più belle del mondo? No Vuoi forse onori e buona fortuna più di quella che hai? No. In fine, allora, che mi comandi? FA M M I F E L I C E . Il diavolo Farfarello esitò un attimo e poi rispose: NON POSSO. Come non puoi? Ti giuro in coscienza che non posso. In coscienza di un demonio? Sì certo. Non posso accontentarti. Indispettito dal diniego di Farfarello, il mago gli inveì contro: “Dunque ritorna ai tuoi Inferi e venga Belzebù in persona ad aiutarmi”. “Se anche viene Belzebù, non potrà farti felice né te né altri della tua specie”. Neanche per un momento solo? Né per un momento, né per tutta la vita. Allora Malambruno insistette... Ma non potendo farmi felice in nessuna maniera, potresti almeno liberarmi dall’infelicità? Il diavolo rispose… Potrai smettere di essere infelice se smetterai di amarti supremamente. Ovvero? Ovvero smetti di essere egoista e di mettere te stesso ed il tuo interesse sopra ogni cosa. Se ci riesci… Ma questo lo potrò solo dopo morto
Liberamente ispirato al “dialogo di Malambruno e farfarelo” in Operette Morali di Giacomo Leopardi
E vuoi che non lo sappia io?... che sono il diavolo. E’ per questo che renderti felice mi è impossibile. Quando uno mette se stesso sempre al primo posto desidera per sé sempre tutto e ottenutolo, vuole ancora e poi ancora e non è mai sazio, e così non può mai essere felice. Mi dispiace mago Malambruno ma io posso solo procurarti altre cose, fama, onori, gloria, denaro, potere, bellezza…la felicità non è in mio potere. Pronunciate queste parole con un ghigno tra il sadico ed il cinico, Farfarello sparì. ....
disegno di
Il mago Malambruno provò un sentimento di rassegnazione e impotenza che mai aveva provato prima… Vagò una notte intera per la città, senza mai alzare lo sguardo da terra. E la sua schiena dritta, si fece curva come quella di molti uomini senza poteri magici… Se la magia – pensava - non poteva essere garanzia di felicità, allora non mi interessa più, né ha senso il mio potere, né le tante cose accumulate… L’indomani quando il sole riapparve, insieme alla pioggia, alla porta della sua casa si affacciò un’anziana signora. Chiedeva una magia per riuscire a por-
MIA ED IL PICCOLO MONDO TU CREA ALE DEGLI IL FIN ANIMALI favola di
nonna Ombretta
illustrazione di Bianca Aguiari
tare da mangiare ai suoi 10 nipoti. Malambruno non usò la sua magia, ma fece accomodare l’anziana, la ascoltò a lungo e poi dalla sua dispensa prese tutto il cibo che aveva e gliene fece dono. Quando qualche giorno dopo l’anziana tornò chiedendo di nuovo un incantesimo, ma questa volta per trovare un ricovero caldo per i suoi nipoti, Malambruno offrì ai fanciulli la metà della sua enorme casa. Con loro condivise quasi tutto. Capitò nei giorni a seguire che la sua ultima moglie, che lui cacciò, si ammalasse e piangesse sempre. Malambruno lo venne a sapere, e senza un perché, si prese la briga di andarla a salutare. La guardò e commosso dal suo dolore le accarezzò il volto, Lei sorrise contenta finchè chiuse gli occhi. La gente cominciò a dire che il mago aveva smesso di fare magie, e che ora faceva i miracoli. In molti gli si avvicinarono. E tutte le volte lui ascoltava, condivideva qualcosa di suo o semplicemente accoglieva…Non fece mai uso della sua bacchetta magica. La lasciò invecchiare in cantina. Con il tempo il suo capo si fece brizzolato, la schiena sempre più curva, gli occhi meno brillanti, ma tutti concordavano nel dire che il suo sguardo da severo e oscuro si era fatto più sereno e si vociferava di averlo sentito dire di aver trovato la felicità. Chissà… Una cosa è certa: di Farfarello, Belzebù e compagnia bella non si ebbe più notizia.
Era piccola Mia, con gli occhietti dolci un po’ spauriti. Poteva stare ore ed ore a guardare i fiori del suo giardino. Li annaffiava, li curava, li sorvegliava mentre crescevano, ma aveva una gran paura degli animali, soprattutto di quelli piccoli, che correvano veloci o strisciavano rapidi a terra davanti a lei. Le lucertole, ad esempio, che uscivano da qualche crepa del muro la facevano sussultare. Provava anche una vera avversione per i rospi che nelle sere d’estate le saltavano innanzi all’improvviso per scomparire dietro i tubi della grondaia. Un mattino di marzo, mentre cercava di raggiungere con la mano una violetta solitaria, le apparve un topolino grigio. Ne fu terrorizzata. Gli occhietti a spillo di quell’esserino le avevano fatto sobbalzare lo stomaco ed era fuggita col cuore in gola. Mia amava invece osservare le formiche. Le piccole formiche che in lunghe ed interminabili code andavano a sparire in chissà quale nascondiglio, trasportando briciole di pane per i loro pasti. Nel piccolo regno delle formiche, Mia immaginava tavole imbandite, principesse, principi, soldati e servitori… Erano forse le fiabe delle sua mamma, ben custodite nello scrigno della sua memoria, ad alimentare la sua fantasia e senza dubbio Mia preferiva i racconti della mamma alla realtà. Un pomeriggio di primavera, Mia stava seduta dietro la siepe che proteggeva il suo giardino. Seminascosta, teneva gli occhi puntati dritti oltre il cancello che la siepe lasciava libero, proprio verso la strada e, cercando di non farsi mai vedere da nessuno, contava e osservava i passanti. Mentre era intenta al suo gioco, le sbucò all’improvviso un esserino peloso e veloce, due orecchiette bianche, la testa rotonda ed una coda appuntita…correva, saltava, rincorreva qualcosa…fu tanta la sorpresa che colse Mia che non ebbe nemmeno il tempo di spaventarsi. Rimase lì a guardare e a capire… Come finirà la fiaba? continua tu la favola! IL FINALE PIU BELLO SARÀ PUBBLICATO!! invia il testo in redazione: ilviavaideipiccoli@gmail.com
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• Autismo e Disabilità Intellettiva
(tecniche cognitivo-comportamentali)
• Disturbi specifici e difficoltà dell'Apprendimento (Cognitive Motor Training)
• Metodo di studio • Sostegno alla genitorialità • Consulenza e formazione alle scuole 41
CENTOSTORIE pagine di storia
a cura
Franco Gemelli è un medico chirurgo in pensione. Ha dedicato parte dei suoi interessi alla storia di Rovigo, facendone un oggetto di studio e di ricerca. E’ autore del romanzo storico Fermate i rivoltosi che rievoca le vicende dei Carbonari polesani, di cui è uno dei più autorevoli conoscitori. Ex-vicepresidente del Consiglio di Amministrazione dell'Accademia dei Concordi, la più antica istituzione culturale di Rovigo.
Franco Gemelli
la carboneria il sogno segreto di un’Italia unita La Carboneria in Italia All’inizio dell’Ottocento l’Italia era divisa in tanti piccoli stati e pertanto era molto diversa dall’Italia che conosciamo oggi. Gli abitanti della penisola non formavano una popolazione politicamente omogenea, ma appartenevano ad uno dei tanti Stati italiani quali il Regno di Sardegna, il Lombardoveneto, lo Stato Pontificio, il Granducato di Toscana, il Regno delle due Sicilie …. Solamente una piccola schiera di patrioti pensava che l’Italia poteva essere trasformata in un unico Stato unito, libero e indipendente. Questi patrioti si associarono in una Società segreta che prese il nome di Carboneria, con lo scopo di diffondere le loro idee e organizzare ribellioni contro i vari governi.
Le giornate della Carboneria Fratta Polesine (Ro) 10-11-12 novembre 2017 L'originale Rievocazione storica si svolge nella piazza antistante le storiche ville Badoer e Molin-Avezzù e vuole ricordare le vicende dei Carbonari della Fratta che, abbracciando ideali di libertà e di patria, contribuirono a scrivere un capitolo del Risorgimento italiano. 42
La Carboneria in provincia di Rovigo si diffuse soprattutto in due località: A Fratta Polesine. Qui i carbonari si riunivano in villa Molin, oggi Avezzù, casa di Cecilia Monti, una nobile del luogo sposata con il generale francese Jean-Baptiste d’Arnaud. Tra i seguaci della Carboneria vi erano don Marco Fortini, Antonio Fortunato Oroboni, Antonio Villa. L’11 novembre del 1818 (giorno di San Martino) la contessa Cecilia Monti invitò gli altri carbonari nella propria abitazione per partecipare ad un banchetto. Alla fine della riunione i commensali fecero vari brindisi per celebrare un’Italia libera e indipendente. La gendarmeria di Rovigo, però, fu informata dell’incontro e decise di arrestare i carbonari di Fratta per imprigionarli nella fortezza dello Spielberg che si trova nella Repubblica Ceka. Durante la detenzione morirono Antonio Fortunato Oroboni ed Antonio Villa. A Rovigo, dove si trovava la sede principale della Carboneria polesana, fondata da Felice Foresti (pretore a Crespino). Tra gli adepti vi erano: Antonio Lenta, Domenico Zona, Lorenzo Gobbetti e Francesco Cecchetti, tutti funzionari del Tribunale. I carbonari rodigini furono arrestati nella notte tra il 6 ed il 7 gennaio del 1819 al termine di una festa danzante tenuta nella Sala degli Arazzi dell’Accademia dei Concordi. La festa era a tutti gli effetti un’imboscata ordita dalla polizia austriaca per scovare e arrestare i carbonari del luogo. Alcuni di loro furono imprigionati nel castello di Lubiana, l’attuale capitale della Slovenia.
I luoghi della carboneria
Rovigo, Locanda due Torri nei pressi delle Torri medioevali, dove si riunivano i carbonari di Rovigo.
Rovigo, Accademia dei Concordi, dove fu tenuta la festa al termine della quale furono arrestati i carbonari rodigini.
Rovigo, Palazzo del Corpo di Guardia, nel cui porticato è visibile la lapide con l'elenco dei carbonari della provincia di Rovigo.
Fratta Polesine, Villa Molin (oggi Avezzù) abitazione di Cecilia Monti dove l’11 novembre 1818 ebbe luogo il banchetto carbonaro che portò all’arresto di Antonio Oroboni.
Fratta Polesine, la casa di A. Oroboni dove il carbonaro fu arrestato il 7 gennaio 1819.
Fratta Polesine, colonna dei martiri, primo monumento dedicato alla Carboneria in Italia (1867).
UNA SOCIETÀ SEGRETA
Il linguaggio della Carboneria Vendita carbonara indicava il gruppo di carbonari che si riunivano segretamente. Liberare la foresta dai lupi significava liberare l’Italia dallo straniero Apprendista, Maestro, Gran Maestro erano i gradi che distinguevano i vari affiliati in base alla loro autorevolezza. Carbone era l’azione patriottica che alimentava il fuoco della libertà; Baracca locale dove si riunivano i Carbonari.
IN LIBRERIA Per i più curiosi che desiderano approfondire la tematica
I Carbonari per non farsi riconoscere adoperavano un vero e proprio codice, mutuavano cioè parole dal linguaggio usato nel commercio del carbone (che a quei tempi era molto diffuso), ma alle quali davano un significato che solo loro conoscevano, così da non farsi capire dagli estranei. Un vero carbonaro era tenuto alla più assoluta segretezza. Ecco perché per poter accedere alla Società era necessario un rito di iniziazione tanto duro: serviva a testare il carattere del futuro carbonaro. In nessun caso, anche sotto tortura, poteva rivelare i segreti di cui era a conoscenza.
NEW
Fermate i rivoltosi di Franco Gemelli
Itinerari 1866 di L.Contegiacomo
Giovane Holden Ed.
Biblioteca dei Leoni
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STORIE CHE RACCONTANO LA STORIA CENTOSTORIE racconti d’arte
aRtiSti RibeLLi occupano PALAZZO ROVERELLA
Rovigo è in subbuglio da giorni: giornalisti e reporter si affollano in capannelli rumorosi e parlottanti. Carabinieri e forze dell’ordine dispiegate lungo il Corso e nella piazza controllano a vista chiunque passi, ma la gente, più incuriosita che intimorita, non rinuncia a quel bell’angolo di città. Il viavai continua, pur impreziosito dal vezzo di lanciare il naso e lo sguardo all’insù nella speranza di cogliere qualche bizzarria da poter raccontare e condividere con gli altri passanti.
Ma prima di procedere in questo racconto, devono sapere i nostri giovani lettori cosa è accaduto da scatenare tanto agitato scompiglio per le vie del centro. Si dà il caso infatti, che un buon numero di artisti, coperti dal mantello della notte, dopo essersi introdotti segretamente a Palazzo Roverella, nel cuore della città, l’abbiano occupato con centinaia di loro opere, trasformandolo in un originale e insolito atelier d’ artista. Da voci bene informate abbiamo appreso che gli artisti coinvolti, rattristati dalla poca attenzione che viene riconosciuta alla loro arte che cerca nuove strade e nuove poetiche, abbiano infine deciso di intraprendere questo blitz tanto sorprendente quanto eclatante, con l’ intento di accendere i riflettori sui loro capolavori. Da quanto emerso “I SECESSIONISTI come amano definirsi questi pittori ribelli, hanno posto come sola condizione prima di lasciare nuovamente libero il palazzo, l’ allestimento di una grande mostra a loro dedicata per intero. Per ora, questa protesta pacifica continua a colpi di pennello e colore, ed è raggiunta da tante manifestazioni di stima e incoraggiamento alla causa di un’arte libera e innovativa. Non si tratta solo di pittori, come verrebbe da immaginare, ma fanno parte del variopinto gruppo anche architetti, scultori, incisori e abili decoratori, che promettono di sorprendere perfino la nostra immaginazione con il loro stile del tutto nuovo fatto di fogge morbide, geometriche eppure ben ornate. L’interesse e la curiosità alimentata da queste voci, ha ormai attirato l’interesse anche delle città vicine, tanto che ne è nata una contesa che ha dell’ incredibile. C’è addirittura chi è arrivato a promettere di ospitare altrove queste mostra se Rovigo non dovesse accoglierla. Le trattative durate interminabili ore, hanno portarono infine a questo annuncio ufficiale: “La mostra si terrà a Palazzo Roverella, solamente dopo che un gruppo di esperti e quotati studiosi avrà valutato le opere proposte dagli artisti detti “Secessionisti”. I “professoroni”, arrivati a Rovigo, hanno valutato tutte le opere presenti a Palazzo Roverella. L’ispezione sembrava interminabile. Poi il verdetto. “LA MOSTRA SI FARÀ” , gridò uno dei professoroni dallo sguardo austero, sotto due grandi occhiali e un lungo soprabito nero.
a cura di
Michael Miazzi
Turismo&Cultura Rovigo 44
E aggiunse: “Qualcosa di eccezionale si è raccolto in questo Palazzo, eccellenti artisti e notevoli opere, che meritano la fama di oggi e dell’avvenire insieme alla nostra riconoscenza”.
LABORATORI DOMENICALI
I laboratori permetteranno a tutta la famiglia di vivere il piacere della visita alla mostra e accontenteranno la naturale esigenza dei bambini al fare, toccare e sperimentare l’oggetto artistico. (visita guidata e lab. durata ore 1,30) Biglietti: ingresso: 2 €; labor.: 4 €
Domenica 15 ottobre 2017 ore 15.30 CACCIA AL MISTERO. “Gialli gli occhi, nere le ali…il suo nome è… ” Personaggi dalle tenebre – Visita animata con enigmi da risolvere
Domenica 5 novembre 2017 ore 15.30
Domenica 17 dicembre 2017 ore 15.30
INCISIONE. “Non c’è bianco senza nero” Crea la tua grafica – Labor. di stampa
LETTURA ANIMATA.“Monaco,Vienna, Praga, Roma…Babbo Natale è di corsa!” Letture sotto l’albero – (dai tre anni)
Domenica 19 novembre 2017 ore 15.30
Domenica 7 gennaio 2018 ore 15.30
LETTURA ANIMATA. “Ti racconto una storia. Favole dall’Est” Dai dipinti alle favole – Per bambini dai tre anni con gruppi diversificati per età
TESSITURA. “Intrecci preziosi” Diventiamo artisti-artigiani – Laboratorio sull’arazzo
Domenica 3 dicembre 2017 ore 15.30
Domenica 21 gennaio 2018 ore 15.30
SCULTURA. “Scultori che passione!” Gesso policromo – Laboratorio di decorazione plastica
ARTIGIANATO. “Come brilla! Il lusso arriva da Vienna” Gioielli secessionisti – Laboratorio creativo sul gioiello
Speciale Scuole: percosi tematici, laboratori didattici, incontri, visite guidate Info 0425 460093 www.palazzoroverella.com
GUSTAV KLIMT E’ uno degli artisti protagonisti della mostra di palazzo Roverella. Conosciamolo meglio… Era nato il 14 luglio 1862 in un sobborgo di Vienna. Era secondo di sette figli. Suo papà faceva l’orafo e l’incisore, ma faticava a guadagnarsi da vivere. Benché povero Gustav a 14 anni riuscì ad entrare nella Scuola d’arte e mestieri di Vienna. A dire il vero nella sua famiglia non era il solo a possedere talento artistico. Due dei suoi fratelli più giovani riuscirono ad entrare nella stessa scuola e a frequentarla con successo. I loro disegni erano talmente belli da lasciare senza parole i professori. La morte di suo fratello Ernest (suo compagno di studi) e quella del padre segnò un momento doloroso ma anche importante nella vita di Gustav, che cercò pace nel silenzio e nella solitudine.. Poi, nel 1897, con uno scatto di ribellione, fondò il movimento della Secessione vien-
nese, con cui voleva liberare l’arte dagli schemi del passato. La parola “Secessione” viene presa dalla storia romana e si riferisce al metodo di lotta usato dai plebei per ottenere la parità di diritti contro i patrizi, la "secessio plebis". La sua carriera iniziò ufficialmente realizzando decorazioni pittoriche di diversi edifici. Ma la sua opera suscitò da subito forti critiche da parte delle autorità viennesi, che gli contestarono il contenuto “spinto” e la strana composizione dei dipinti. Demoralizzato dalle critiche nel 1905 rinunciò agli incarichi, restituì i soldi e tenne per sé i dipinti. Da quel momento la sua fonte principale di guadagno diventarono i ritratti. Due viaggi compiuti a Ravenna nel 1903 gli diedero stimoli nuovi. L’oro acquistò una valenza espressiva maggiore, e riempiva i suoi quadri. Aveva inoltre conosciuto le nuove tendenze come l’Impressionismo, il Simbolismo e il Liberty e si era convinto che l’arte austriaca fosse di vedute troppo ristrette.
Klimt sviluppò uno stile ricco e complesso ispirandosi spesso alla composizione dei mosaici bizantini, che aveva studiato a Ravenna, all’Art Nouveau e al simbolismo. Nonostante la ricchezza e il successo, Klimt visse in maniera umile. A parte qualche breve viaggio all’estero, non lasciò mai Vienna, se non per le vacanze estive che trascorreva sulle Alpi austriache. Era amante del canottaggio e del nuoto, ma era sempre preoccupato della sua salute. Visse con la mamma e due sorelle, lavorava molte ore al giorno senza interrompersi e, pur amando la compagnia, non partecipò mai alle grandi feste dell’epoca. Morì il 6 febbraio 1918, a 55 anni. Tra le sue opere più significative: Giuditta e Oloferne,. Le tre età della donna Danae, 1907-08. Il bacio, 1907-08. Salomè, 1909. Curiosità: Persino il cartone animato Mia and Me in onda alternativamente su Rai Gulp e Rai Yoyo si ispira ai disegni di Gustav Klimt
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Una festa importata ma dal grande fascino, soprattutto per i più piccoli: questa è Halloween. I bambini, travestiti da mostri, mummie o spiriti gironzolano per la città gironzolano per la città e bussano alle porte di parenti ed amici a chiedere bonbon alla formula di:”dolcetto o scherzetto?”. L’occasione per fare festa è diventata così ghiotta che non la si può mancare e ciò significa un ennesimo impegno per noi mamme: il costume del nostro bambino. Ci mancava solo un doppio carnevale all’anno !? Coraggio! Noi mamme siamo fonti inesauribili di creatività. Prepariamolo insieme un bel vestito per la festa dei mostri, sarà da brividi! Ho spulciato un po’ nella rete per voi e fatto qualche intervista in giro per capire quali potevano essere i costumi più “carini” (ma anche fattibili) da consigliarvi per quest’anno. Nella mia top 3 ci sono: l’uomo forzuto, il pipistrello ed il robot.
laboratorio
Procuratevi una bella canottiera a righe (potete anche farne una utilizzando del jersey rigato. ); una cintura (meglio se con una fibbia importante) e per il mega peso, due palloncini neri gonfi e 3 rotoli di cartone (sono perfetti quelli che rimangono quando lo scottex è finito). Con una bella dose di scotch li assemblate insieme e ricoprite con carta di alluminio. Per il trucco basterà utilizzare una matita nera per occhi e disegnate due bei baffoni arrotolati nel musetto del vostro pupo. Sotto, per non lasciar congelare il vostro figlioletto potete mettere un dolcevita color carne!
a cura di
Francesca Costi artigiana 46
IL PIPISTRELLO
L’UOMO FORZUTO
a LLoween h Questa è la versione più facile: la possiamo realizzare con un semplice sacco nero dell’immondizia. Aprite con la forbice i due lati più lunghi lasciando intatto il fondo. Ora prendete le misure per fare un foro per infilare le mani del vostro bimbo e il gioco è quasi fatto! Fissate la parte del dorso alla maglia nera del vostro bimbo con quello che avete. Provatelo sul pupo per capire quanto grandi dovranno essere le ali e tagliatele su misura in modo da simulare l’apertura alare del pipistrello. Un paio di leggins neri e un dolcevita sempre nero faranno tutto il resto!
travestimenti facili da realizzare
IL ROBOT
ATTIVAMENTE
Se avete voglia di cimentarvi con colori e pennelli questo è il travestimento che fa per voi e per il vostro bambino! Prendete un grande scatolone da riciclo e createvi i fori per le braccia e la testa. Togliete completamente il fondo in modo da rendere semplice il movimento delle gambine. Ora non vi resta che dar sfogo alla vostra fantasia (potete colorarlo anche con i vostri bimbi) e creare la plancia futuristica del vostro robot venuto dallo spazio!
Visto nel web:
LibRi peR baMbini
coRaggioSi
Consigli di lettura. A cura di Ricarello, libreria e ludoteca per bambini.
La letteratura per l'infanzia è vivace e coraggiosa, nell'ultimo decennio sempre più disobbedisce ai canoni in cui le opere letterarie classiche tendono a identificarsi; è un tipo di letteratura che continua a sperimentare in modo audace anche il tema dell'ombra, misteriosa e imprevedibile, compagna privilegiata dell'immaginario in particolare nel periodo dell'infanzia. I bambini hanno imparato forse più di noi a dialogare con l’oscurità e a volte sorridono anche ai nostri sforzi di tenerci lontano da essa: sarà perché l'ombra rappresenta, ancora per noi adulti, una metafora di tutto ciò che è sconosciuto e sfuggevole? Al di là degli aspetti psicologici più complessi da approfondire, molti sono i libri per bambini che ci permettono anche solo di divertirci con le ombre: già da tempi antichissimi il "gioco delle ombre" genera infatti mistero e timore, ma è sempre così affascinante! Oggi vi presentiamo due libri davvero speciali: il primo è un pop-up cartonato da leggere categoricamente al buio! Si intitola "Ombre", di Arnaud Roi edito da Franco Cosimo Panini. Con una forma cubica ritagliata, l'autore crea sette animali dai volti suggestivi e misteriosi. La magia è tra le pagine: una piccolissima lampadina a led inserita all'interno del libro dà luce agli animali creando affascinanti giochi di luce e ombre evocative. Il lupo, la volpe, la civetta, l’orso e altri, sono gli animali che abitano la notte e che si possono scoprire... solo al buio! Età di lettura: dai 4 anni. Il secondo libro si intitola "Il gioco delle ombre", di Hervé Tullet, Electa Kids editore. "C’è un rumore nella notte: chi potrebbe essere? Creature segrete nascoste nel buio?". Tullet (grande artista, autore di numerosi bestseller per l’infanzia, ideatore di atelier creativi e più volte vincitore di premi letterari) ha creato un libro interattivo che permetterà ai piccoli esploratori di fantasticare e di giocare con le ombre create grazie a una torcia e al buio della notte. Età di lettura: dai 3 anni. Buona lettura e buon divertimento!
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domenica 15 Ottobre 2017 ore 15.00-18.00
SAN BELLINO (Ro) Impianto sportivo “G.Broccanello” Via Codosa, 134 Impariamo dagli esperti una manovra salva-vita. Domenica 15 ottobre per la prima volta anche Rovigo ospita l’evento di formazione “Una manovra per la vita”, che da 10 anni si ripete nelle piazze di tutta Italia ed è promossa dal Simeup (Società italiana di medicina emergenza urgenza pediatrica). Dalle ore 15 alle 18, a San Bellino, nella tensostruttura del campo sportivo, gli istruttori della rianimazione e del soccorso pediatrico di Rovigo (R.e.s.pi.ro)
saranno a disposizione di mamme, papà, nonni, educatori, curiosi, per insegnare le manovra di disostruzione. Per tutti ci sarà la possibilità di fare pratica con i manichini e molto materiale informativo. Per i più piccoli, tante sorprese, giochi e musica. Nei primi anni di vita, 1 su 4 dei decessi accidentali avviene per soffocamento causato dall’inalazione di cibo o corpi estranei. La consapevolezza del rischio genera preoccupazioni ed ansie soprat-
tutto in chi ha la responsabilità di questi bambini. “Un intervento tempestivo e competente può davvero salvare la vita. Conoscere come si fa è fondamentale per chi è costantemente a contatto con i più piccoli”. Lo ribadisce il dottor Simone Rugolotto, direttore del reparto di Pediatria, tra i principali promotori dell’iniziativa “Una manovra per la vita” a Rovigo e nel Veneto.