Brigante giugno 2014

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IL CROUPIER EUROPA CHE GIOCA CON LE VITE

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i siamo lasciati nel numero di maggio 2014 con la prospettiva delle allora prossime consultazioni per costituire il nuovo Parlamento di Bruxelles. Tra le righe avevamo sottolineato come la relativa campagna elettorale in Italia, vissuta come termometro del consenso tra i partiti del Belpaese, testimoniasse l’inesistenza politica di quest’organismo. Quando e se si realizzerà un’Europa politica, infatti, a nostro modo di vedere la competizione elettorale dovrà essere tra partiti europei come il PPE ed il PSE, e non tra partiti e movimenti dei singoli Paesi costituenti.

Le elezioni europee sono finite, il malcostume italiano, no. Certificato il successo della linea Renzi, comunque da mettere in relazione anche con il nuovo ribasso dell’affluenza alle urne, i grandi network nazionali, sprezzanti

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l’Editoriale

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GINO GIAMMARINO

dell’italica piccineria, hanno cominciato a darci da bere che a questo punto la linea politica all’Europa e allo Spread Maresciallo Merkel l’avrebbe dettata lui, il tosco Matteo. Non c’è voluto molto perché, attraverso la tristemente nota agenzia di rating “Standard & Poor’s”, arrivasse la risposta della BCE: nonostante la simpatia e la buona volontà, vi spetta ancora un sonoro livello “BBB”. In buona compagnia, intendiamoci. Con noi, infatti, ci sono il Bahrein, la Colombia, le Bahamas, la Bulgaria, Panama, le Filippine, il Sud Africa e la Spagna. Promossa al livello A-, inaspettatamente, l’Irlanda, isola simbolo dell’indipendenza e dell’autonomia.

Nuovo Parlamento, vecchia Europa: gli sbarchi a Lampedusa continuano nell’indifferenza, mentre per tanti, troppi disperati migranti, i viaggi della speranza iniziati per andare incontro ad

IL BRIGANTE MASSIMO TROISI

bbene, si. A vent’anni dalla scomparsa di un altro grande attore partenopeo, Massimo Troisi, possiamo rivelare un grande scoop: il maestro Manlio Santanelli, del quale è appena uscito il racconto-spettacolo “Per oggi non si cade”, aveva nel suo cassetto un testo sul brigantaggio commissionato proprio dal grande Massimo poco prima

una nuova vita si concludono con l’incontro della morte al capolinea. In Russia Putin continua una discutibile operazione delle repubbliche che erano diventate autonome senza risparmiare sul conto delle vittime: adesso è il turno dell’Ucraina. Europa già vista, Europa che non vede, come non riuscì a vedere il lungo martirio della Jugoslavia che pure era proprio lì, sotto i suoi occhi.

In questo numero volevamo parlare dell’analisi del voto e dei suoi risvolti possibili per il Sud, poi piano, piano, l’idea di un’Europa che gioca con le vite degli emigranti e dei suoi stessi cittadini ci ha portato ad approfondire il tema del gioco come sistema prima, e come patologia poi. Perché cara Europa, è vero che la vita è un gioco, ma, come avrebbe detto il Principe della risata, “…qui si esagera!”

della realizzazione del film “Il Postino”. Per i dettagli e gli sviluppi vi affidiamo alle parole dello stesso Maestro Santanelli che troverete nell’intervista che segue nelle prossime pagine. Da parte nostra sottolineamo solo il piacere dell’ennesima conferma dello spessore di chi all’ideale del brigantaggio si è affacciato venti anni fa, in tempi non sospetti. E senza l’ausilio della rete internet.


il Sommario

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in questo numero: L’IMBOSCATA

FRANCA PARIZZI

il Brigante

SERVIZIO A PAGINA 6

ANNO 14 - NUMeRO 38

www.ilbrigante.it - info@ilbrigante.com Tel. 081 19339716

MAGAzINe PeR Il sUd del teRzO MIlleNNIO DIRETTORE RESPONSABILE GINO GIAMMARINO VICE DIRETTORE sIMONA BUONAURA

HANNO COLLABORATO A QUESTO NUMERO: eNRICA BUONGIORNO ettORe d’AlessANdRO dI PesCOlANCIANO GABRIellA dIlIBeRtO sAlVO IAVARONe RICCARdO GIAMMARINO VAleNtINA GIUNGAtI ROsI PAdOVANI COstANtINO PUNzO FeRNANdO RICCARdI lUCIANO sAleRA MANlIO sANtANellI RAFFAele sANtIllO

EDITORE Piazza Stazione Centrale

Piazza Garibaldi, 136 - 80142 Napoli

PROGETTO GRAFICO FRANCesCO GAllO FOTOGRAFO C. ANdReOttI STAMPA

ARtI GRAFIChe NAPOlItANO - NOLA (NA) La rivista è stata chiusa il giorno 10 Giugno 2014 alle ore 14:00

Autorizzazione tribunale Napoli n. 5159 decreto 22/11/2000

IL PERSONAGGIO

JEAN-NOëL SChIFANO SERVIZIO A PAGINA 8

LO SCENARIO

TRA POLITICA E FAVORI ALLE LOBBY SERVIZIO A PAGINA 10


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il Sommario

L’IMPRESA MONTE DELLA TORRE SERVIZIO A PAGINA 14

L’EVENTO PRESENTATO A NAPOLI “PER OGGI NON SI CADE” SERVIZIO A PAGINA 26

IL PASSAGGIO

L’ABDICAZIONE DEL BORBONE DI SPAGNA SERVIZIO A PAGINA 20

IL RICORDO

MASSIMO TROISI SERVIZIO A PAGINA 32

L’IDENTITà

I MORTI DI CASTELFIDARDO SERVIZIO A PAGINA 22

LA STORIA LE COLPE DEI BORBONE SERVIZIO A PAGINA 40


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MARE NOSTRUM…EMERGENZA DI TUTTI

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LA TESTIMONIANZA DI FRANCA PARIZZI, ASSESSORE A LAMPEDUSA SIMONA BUONAURA

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’arrivo di clandestini sulle coste italiane in cerca di una nuova vita per scappare dalla loro è ormai all’ordine del giorno e le strutture di accoglienza si trovano ad affrontare emergenze sempre maggiori. I dati sugli sbarchi sono allarmanti, il vice direttore di Frontex Gil Arias Fernandez, nel presentare i dati dell’agenzia per l’anno in corso ha parlato di un aumento degli arrivi, nei primi 4 mesi, del 823% rispetto allo stesso periodo del 2013. In particolare da Gennaio ad Aprile 2014 si sono registrati 25650 arrivi in Sicilia e 660 in Puglia e Calabria. Tra le isole maggiormente prese di mira dagli sbarchi c’è sicuramente Lampedusa che ha vissuto momenti di grande emergenza, e si prepara a viverne altri se qualcosa non cambia. Ne parliamo con Franca Parizzi, Assessore ai Servizi sociali, Salute e Accoglienza migranti del Comune dell’isola, medico pediatra di Monza che quando ha raggiunto l’età pensionabile non ci ha pensato due volte ed ha deciso di portare il suo know how sull’isola :

Qual è la situazione attuale di lampedusa? «Essendo chiuso il centro di accoglienza per restauro la situazione attualmente è tranquilla e sotto controllo. Viene aperto parzialmente solo quando qualcuno è accompagnato dalle motovedette per poi essere trasferito in Sicilia. Quindi in giro per l’isola non ci sono migranti. Il fatto però che siano al collasso i centri cosiddetti di seconda accoglienza in Sicilia mi fa pensare che appena saranno ristrutturati i centri torneremo in situazioni

abbastanza pesanti anche qua».

A parte il fatto che siano chiusi. Quali sono le condizioni dei centri di accoglienza? «Fino a quando non ripristineranno i due padiglioni incendiati per protesta nel 2011 da alcuni tunisini durante un’emergenza, il centro può ospitare al massino 250 persone; recuperando i due padiglioni citati si arriva a 400 posti. La situazione è gestibile solo se il numero dei migranti è ridotto e non supera il massimo consentito, altrimenti va fuori controllo. Pensi spesso è capitato di superare le 1000 unità e questo inverno purtroppo ci siamo trovati a dover far dormire alcuni migranti, tra cui bambini, all’aperto per mancanza di posti. E tutto questo è davvero inaccettabile». da dove provengono per la maggiore gli emigranti? «Eritrea e Siria con molti minori di cui parecchi non accompagnati. I siriani arrivano in famiglie intere con bambini piccoli».


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l’Italia in effetti per loro è solo un passaggio, diversi infatti hanno manifestato la volontà di proseguire il viaggio. Quali sono le loro mete? «Ho parlato con molti di loro questo inverno e una gran

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bambini possano raggiungere parenti, anche non di primo grado, che si trovano in un Paese dell’Unione Europea diverso da dove approdano. Ecco perché molti di loro non vogliono farsi individuare e scappano via: per tutelare la famiglia e non perdere i bimbi».

tra le tante persone soccorse e le tante vite di disperati che ha incontrato c’è qualche storia che le è rimasta più impressa e che vuole raccontarci? «Sono davvero tante. Posso raccontare di un ragazzo di 17 anni che ora è qui grazie ad una convenzione per l’affido dei minori non accompagnati con Ai.Bi. (Associazione Amici dei Bambini) tramite il progetto “Bambini in alto mare”. Sono state formate 12 famiglie per avere ragazzi in affido. Questo ragazzo è affidato alla famiglia del capo dei vigili ed ha la pratica in corso da Gennaio, siamo a Giugno ma non ancora ha ottenuto i documenti di conseguenza non può uscire dall’Italia e non può sostenere l’esame di terza media».

parte ha come meta i Paesi del Nord Europa come Germania e Svezia. Diversi sono anche riusciti a raggiungerle. Hanno le loro strade, c’è una rete organizzata che li aiuta a raggiungere le mete finali». Nelle ultime ore si sono registrati nuovi sbarchi sulle coste della sicilia. Anna Maria Bernini, vice capo gruppo di FI, ha chiesto la sospensione immediata dell’operazione Mare Nostrum rifacendosi alla mozione Gasparri-Romani cosa ne pensa? «E’ una assurdità, l’operazione sta funzionando e lo dicono anche i dati. Ero scettica all’inizio per i costi che comporta perché sono davvero notevoli, ma dal punto di vista dei salvataggi e dei trasbordi è ben pensata. Il problema principale sono i centri di accoglienza in Italia».

Chi sono i vostri interlocutori sordi, ovvero coloro che non ascoltano le richieste e non permettono di superare questo immane impasse? «Il Ministero degli Interni e la Prefettura, sono loro che gestiscono questo problema».

lei ha parlato di costi elevati del Mare Nostrum, esiste qualche alternativa secondo lei più “economica” ? «Certo! I corridoi umanitari ovvero dare la possibilità di venire tranquillamente in Italia e con viaggi sicuri organizzati tramite le ambasciate ed i consolati delle terre d’origine che da là esaminano le domande di asilo direttamente. Con queste politiche adottate invece stiamo permettendo la tratta di esseri umani perché consentiamo un traffico illegale di persone che non è solo quello che intercorre tra le coste del Nord Africa e Lampedusa o la Sicilia ma tutto un sistema che c’è a monte. Ormai questo è il mercato criminale più florido che ci sia e noi lo stiamo alimentando con queste politiche».

Non le sembra che il ruolo dell’europa sia assente e che lasci l’Italia al suo destino? Cosa potrebbe fare? « Per me andrebbe cambiato il regolamento sull’asilo denominato Dublino III entrato in vigore il 1° Gennaio 2014 che sostanzialmente non cambia molto rispetto al precedente ma sancisce che gli adulti debbano rimanere nel Paese in cui viene fatta l’identificazione mentre i

I lampedusani come percepiscono questa situazione? «Sono persone molto generose anche nei confronti dei migranti soprattutto quelli degli ultimi arrivi perché hanno molto bisogno di aiuto. In inverno si sono dati da fare: hanno offerto pasti e vestiti senza tirarsi indietro. Il timore viene quando inizia la stagione turistica perché tutta la situazione che si vive è penalizzante dal punto di vista turistico almeno per il messaggio che ne esce».

lei è di Monza ed ha conosciuto lampedusa da turista, motivo per cui si è innamorata dell’isola ed una volta in pensione le ha dato la spinta per decidere di trasferirsi qua. secondo lei c’è ancora la speranza che a lampedusa ritorni un turismo che porti occupazione? «Certamente! Qua i migranti non se ne vedono molti,

tenga conto che i centri di accoglienza sono un isola all’interno di un’isola. In inverno ce ne sono stati di più ed infatti venivano anche in comune, ma sono periodi. Io sono di Monza e vedo quasi più stranieri là che qua in alcuni periodi dell’anno. L’anno scorso dal punto di vista turistico la stagione è stata positiva, per quest’anno il trend di prenotazioni è notevolmente diminuito credo che sia un mix tra crisi e notizie dell’isola che i media fanno arrivare che non sempre rispondono a verità. Ci tengo a dire che Lampedusa è un’isola bellissima e vale la pena di venire a visitarla».


il Personaggio

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L’EUROPA CHE VOGLIAMO:

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LE PROPOSTE DI JEAN-NOËL SCHIFANO GINO GIAMMARINO

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acciamo il punto sull’Europa che va disegnandosi partendo dalle recenti elezioni nelle quali, ancora una volta, sembra essere in deficit di rappresentanza quella dei popoli a favore di quella della BCE: ne parliamo con Jean Noel schifano, tra i più lungimiranti protagonisti dell’elaborazione di un pensiero autenticamente napoletano, meridionale, ma contemporaneamente europeo… Calata l’affluenza, si va allargando il fronte di chi lavora alla realizzazione di un’europa diversa; dei popoli prima che dei conti correnti controllati dalla Banca Centrale europea: qual è il suo punto di vista? «Penso che l’Europa dei popoli sia un tema molto giusto. Constato a favore del Sud e delle Due Sicilie che mai fino ad oggi un primo ministro italiano aveva detto che il Regno, prima dell’unità d’Italia, aveva un’amministrazione esemplare. Lo avrà pure fatto per racimolare qualche voto, però l’ha detto. E questo vuol dire che nel Nord, nel Centro e nel Sud comincia a crescere la pianta che tutti insieme abbiamo seminato: la consapevolezza che una grande nazione come quella napoletana, in un certo momento di debolezza storica, sia stata colonizzata da un Nord poverissimo che si è arricchito con il Sud. Ho sempre detto che il problema non è meridionale ma è settentrionale. Quando abbiamo iniziato a dire le cose che oggi sono patrimonio di tutti ci hanno accusato di essere retrogradi e nostalgici, oggi Matteo Renzi, che -lo preciso, non ne faccio un santo- è sta-

to costretto dai popoli ad ammettere e dire queste cose». Come gli americani avevano anticipato un bel po’ di anni fa, con uno dei soliti studi che hanno sempre pronti, il web negli ultimi anni ha dato un grosso contributo alla causa identitaria: nel bene e nel male… «Certo, è questo è indispensabile per un ricercatore o uno scrittore come me che ha vissuto carne, anima e ossa la realtà del Sud. Vengo dal Cilento dove si stanno facendo cose straordinarie, per la precisione a Paestum dove c’era un congresso gastronomico sulla mozzarella, ed ho visto queste bufale dal cui latte si produce questa mozzarella squisita alle quali fanno ascoltare la musica di Mozart. Sono delle mozzarelle “mozartiane”: fantastico! A Napoli, poi, qual-


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che giorno dopo, in un’enoteca ho degustato il vino fatto in un paesino della Sicilia che - giustamente - si chiama “Vittoria” da una ragazza giovanissima. Sono testimonianze di una volontà e di una voglia giovanile che -dal Sud- chiede una sola cosa: affermarsi con le proprie forze».

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il Personaggio

«Ha ragione in questo senso, ma non bisogna buttare la pietra sull’Europa per la questione meridionale. Napoli ha sempre avuto un rapporto diretto con l’Europa, non con Roma: bisogna che l’Europa si napoletanizzi, più napoletanità ci sarà in Europa, più questa sarà vivibile. Dunque, facciamo l’operazione contraria: seduciamo l’Europa, anziché accusarla, e penso che quando si parla di seduzione i napoletani sono in prima categoria».

In tutto questo fermento si può intravedere anche la richiesta di una nuova rappresentatività politica direttamente legata all’identità? «Una cosa è certa: a questo punto non si può fare a meno di pensare che i briganti furono i primi eroi di questa resurrezione del Sud a cui stiamo assistendo adesso. La riconquista dell’identità si fa cancellando le cose false: qui siamo a piazza Garibaldi, perché?! Si dovrebbe chiamare piazza del primo treno d’Italia, per esempio. Oppure via dei Mille, che andrebbe sostituita con un via Caruso, artista conosciuto in tutto il mondo. Ho detto anche al presidente della Camera di Commercio, Maurizio Maddaloni, che quel busto del boia e criminale di guerra Enrico Cialdini non può restare in quella che è stata la Borsa di una capitale che lui stesso sfregiò a morte! E per tornare alle proposte concrete, ne voglio rilanciare una alla quale penso da un bel po’. Roma e Milano stanno liti-

Cosa devono chiedere le nazioni identitarie all’europa? «Creare la coscienza federale è meglio che unire con la forza. Se si rispettano i popoli, le loro energie, le loro giovinezze, si svilupperanno tutte, ma nella misura in cui le pecurialità sono schiacciate senza rispetto i Paesi dalla linea di Gaeta in su, o da Madrid in su, o da Marsiglia in giù, allora non potrà funzionare. Bisogna fare l’Europa attraverso le grandi Regioni e le grandi capitali, e Napoli, checché se ne dica, è rimasta l’unica grande capitale europea, con tutto quel che ne consegue in termini di potenzialità. Solo un vero federalismo con una Napoli che fa da esempio può aiutare l’Europa a realizzarsi compiutamente». Ancora una volta al ribasso i votanti alle urne: sfiducia? «Che la Merkel sia preoccupata della politica che si fa in Francia è ovvio, ma questi traballamenti delle politiche europee, questa “disarmonia totale” fa sì che i suoi cittadini si allontanino dal voto. Ecco perché bisogna partire dalla verità, dall’Europa dei popoli che, rafforzandosi, creeranno una catena di collegamento produttiva che permetterà uno sviluppo omogeneo anziché essere la catena delle manette che bloccano tutto. Liberiamo le forze locali affinchè l’Europa sia forte, cominciando da Napoli e dal Sud». Chiudiamo su Matteo Renzi, da lei più volte citato, vittorioso nelle urne europee ma che aspetta la legittimazione di quelle italiane, avendo ricevuto la nomina direttamente (e lo ricordiamo, siamo al terzo governo “nominato” senza passaggio elettorale) da Giorgio Napolitano: come vede da francese quest’anomalìa tutta italiana?

gando per accaparrarsi le olimpiadi del 2024. Ebbene, Napoli sia la terza che goda tra le due litiganti!». torniamo a quest’europa Croupier, come l’abbiamo immaginata nella nostra copertina, che gioca con la vita, con le vite: quelle dei clandestini che sbarcano negli avamposti della sicilia, da una parte, quelle degli ucraini che si scontrano con la Russia dall’altra, senza muovere un dito. Forse perché non ci sono né transazioni, né commissioni?

«Ma innanzitutto, anche se può sembrare un controsenso, meno napoletano di Napolitano non c’è. Ma si vede che l’ideologia comunista ha schiacciato un napoletano che poteva essere grande per il Sud, per il Mezzogiorno. Adesso per lui è troppo tardi per attuare una rivoluzione nella sua testa, cioè, per ridiventare napoletano. Renzi, invece, è sintomatico: ha rotto un muro. Al Sud resta da crescere ancora al punto di non accontentarsi del semplice riconoscimento del suo passato, ma di imporre la sua linea di guida alla risoluzione dei problemi, e non solo di quelli italiani…».


L’ESCALATION DELLA VERGOGNA:

lo Scenario

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TUTTI I PROVVEDIMENTI A FAVORE DEL GIOCO D’AZZARDO RAFFAELE sANtIllO

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opo settimane di convention, incontri, manifestazioni in piazza, comizi, a base di promesse, progetti e cure contro la crisi economica, cala il silenzio sull’Italia e i cittadini restano nuovamente abbandonati dal politico di turno. Proprio questa è l’aria che si respira alla fine di una tornata elettorale; dopo mesi in cui la popolazione si sente veramente parte attiva della res publica, all’improvviso viene abbandonata al proprio destino. Inaspettatamente, gli 80 euro in più sulla busta paga scompaiono, non si parla più dei tagli ai costi della politica e l’Italia, che per cinque settimane sembra essere un’isola felice, torna a sprofondare nella crisi economica tra l’indifferenza delle istituzioni e le persone che non riescono a mettere il piatto a tavola. Questo terribile senso di abbandono, i cittadini lo hanno rivissuto anche nei giorni successivi alle recenti elezioni Europee, che hanno sancito il trionfo del Pd di Renzi, il mezzo flop del Movimento 5Stelle di Beppe Grillo, il disagio che affronta la Forza Italia del post-Berlusconi, la risalita della Lega Nord e il disastro di partiti minori come il Nuovo centrodestra di Alfano. In seguito al voto dello scorso 25 maggio, sono stati distribuiti i 73 seggi che spettano all’Italia all’interno dell’europarlamento, organo ancora troppo estraneo ai cittadini del nostro paese.

Infatti, sono tante le persone che si pongono domande sull’utilità dell’Ue. Cosa fanno le istituzioni dislocate a Bruxelles, Strasburgo e Lussemburgo per risolvere i grossi problemi dell’Italia? La risposta appare ovvia: quasi nulla. Ad esempio, cosa fa l’Europa per affrontare un’emergenza internazionale come quella legata agli sbarchi degli immigrati, provenienti dall’Africa e dal Medio Oriente, sulle coste della Sicilia? Anche in questo caso la risposta sembra scontata: poco o nulla. Passando al gioco d’azzardo, fenomeno in grande espansione in Italia che ha ridotto sul lastrico tantissime famiglie, ci si rende immediatamente conto che sia le istituzioni locali che quelle

europee non sono mai intervenute per arginare la piaga sociale. Anzi, e questo è il dato più allarmante in assoluto, la politica italiana appare essere la prima complice delle multinazionali del settore. A far emergere questo elemento non sono delle congetture ma fatti reali che hanno visto come protagonisti i nostri rappresentanti istituzionali. Commissioni ad hoc, condoni ed emendamenti si sono susseguiti

negli anni, attraverso numerosi governi, favorendo i magnati del gioco d’azzardo e i ‘mister slot machine’ d’Italia. Ci sono pochi dubbi: siamo il ‘Paese del gioco d’azzardo’, siamo il più grande mercato del settore in Europa ed uno dei più grandi al mondo. Ma se il fatturato legato al gioco d’azzardo è passato dai 14,3 miliardi di euro del 2000 agli 80 miliardi del 2011, i ricavi per lo Stato sono aumentati solo marginalmente. La cifra ottenuta per le tasse sul gioco d’azzardo è aumentata di meno di 3 miliardi tra il 2001 e il 2011. La spesa totale del consumatore, invece, è cresciuta molto di più passando dai 19,5 miliardi del 2001 ai 79,9 miliardi del 2011. Per incentivare questa attività, l’imposta media sulle entrate del gioco è inferiore rispetto a quanto si paga normalmente sui beni di consumo. Il risultato è che più persone di prima giocano e che circa 700mila italiani sono diventati ‘malati delle slot machine’.

La deregolamentazione del gioco d’azzardo è iniziata nel 1992, quando, a causa della forte crisi economica, l’Italia aveva bisogno urgente di entrate fiscali. Nel 1994 il fatturato non superava comunque i 6,5 miliardi di lire ed erano tre le società che gestivano l’affare: Lottomatica, Sisal e Snai. Nel 2006, la legge Bersani-Visco ha permesso agli operatori stranieri di entrare nel mercato italiano e da quel momento in poi la crescita è stata costante. Un altro passaggio importante è costituito dal


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lo Scenario

cosiddetto ‘decreto di Ferragosto’ 2011 quando, con Silvio Berlusconi, è stata avviata la liberalizzazione dei giochi d’azzardo on line. Tanti i sistemi di gioco introdotti dai governi negli ultimi 20 anni, durante i quali non sono mancate inchieste da parte di organi inquirenti e provvedimenti assurdi presi dalle istituzioni. Nel

condonando questa cifra tramite il decreto Imu.

2006, un’indagine della Procura quantificò in 136mila (su 207mila allora presenti in Italia), le slot machine che non avevano trasmesso i dati ai Monopoli di Stato.

dello scorso mese di maggio, l’ultimo provvedimento ‘vergogna’ (così è definito dai senatori del Movimento 5Stelle) in materia di autoriciclaggio, presentato dal governo Renzi. “Al comma 2 – fanno sapere i grillini tramite il blog del loro leader - è prevista una norma che favorisce e rende non punibile il riciclaggio di denaro sporco tramite le slot machines Come? Inserendo le parole ‘un ulteriore vantaggio’.

cite’. Il tutto senza giocare. La slot machine erogherà il tagliandino che consentirà a chi ha inserito il denaro di passare all’incasso per la stessa somma inserita precedentemente. In questo modo può essere ‘lavato’ denaro sporco proveniente da attività illecite all’interno delle slot. Con l’emendamento del Governo si rende non punibile questo tipo di condotta illecita, inserendo le parole ‘ulteriore vantaggio’. ‘La pena – si legge nell’emendamento - della reclusione tra 3 a 8 anni e della multa da 10.000 a 100.000 euro scatta nei confronti di chi, avendo commesso un delitto non colposo, sostituisce, trasferisce o impiega denaro, beni o altre utilità, provenienti da tale delitto al fine di procurare a sé o ad altri un ulteriore vantaggio in attività imprenditoriali o finanziarie. L’autore del reato presupposto che sostituisce o trasferisca denaro, beni o altra utilità provento da tale delitto non colposo o li impieghi in attività imprenditoriali o finanziarie, ma solo ove il fatto sia commesso al fine di procurare a sé o ad altri un ulteriore profitto’. È evidente che inserire, facciamo un esempio, 100mila euro sporchi nella slot schiacciando il tasto ‘riscuoti vincite’ e ritirando immediatamente altri 100mila euro senza giocare, permetterà di riciclare denaro sporco senza compiere un reato. Questo perché, come prevede l’emendamento del

Il meccanismo è semplice: un giocatore entra in una sala slot ed inserisce denaro nella macchinetta schiacciando il bottone ‘riscuoti vin-

Governo Renzi, non c’è stato un ulteriore vantaggio/profitto”. Forse, i grillini hanno ragione: è una vera vergogna.

Le aziende rischiarono una sanzione complessiva che inizialmente venne stimata in 98 miliardi di euro. Ben presto, la multa calò costantemente fino ad arrivare ad una richiesta di soli 800 milioni di euro. Come spesso accade in Italia, dietro provvedimenti di questa portata ci sono degli aspetti curiosi: a fare i conti per la nuova sanzione, fu una commissione voluta dal ministro dell’Economia Tremonti, alla presidenza della quale fu messo il Ragioniere di Stato Andrea Monorchio, lo stesso che dal 2006 sedeva anche nel Cda di Almaviva, società che possiede Gmatica, una delle dieci concessionarie multate. Chi è il controllore e chi il controllato? Bah, chi lo sa. Fioccarono le polemiche, soprattutto da parte del centrosinistra che, negli ultimi anni, ha dimostrato di non essere assolutamente estraneo a manovre per favorire le multinazionali del gioco d’azzardo. Nel 2013, ad esempio, il governo Letta fece un accordo con le stesse concessionarie del gioco d’azzardo che avevano ricevuto la maxi multa di 98 miliardi di euro,

Tra le aziende, così come rivelato dal programma televisivo ‘Le Iene’, c’è la Hbg Gaming di Antonio Porzia, che ha ammesso di aver finanziato la campagna elettorale di Letta per le Europee del 2004. Risale alla fine


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GIOCATORI SERIALI E CRISI, SINTOMI E POSSIBILI SOLUZIONI

talia Paese di santi, poeti, navigatori e… giocatori. Bingo, slot machine, sale gioco hanno invaso tabaccherie, bar e locali pubblici delle città: il fenomeno è in netta crescita da Nord a Sud. Gratta e vinci, windforlife, lotto, superenalotto e videopoker, il gioco compulsivo è divenuto una vera e propria malattia: la ludopatia, complice anche la crisi economica e occupazionale. Il sito internet del Ministero della salute definisce questa malattia come l’incapacità di resistere all’impulso di giocare d’azzardo o fare scommesse, nonostante l’individuo che ne è affetto sia consapevole che questo possa portare a gravi conseguenze. Chi è affetto da ludopatia trascura lo studio o il lavoro e può arrivare a commettere furti o frodi. Questa patologia condivide alcuni tratti del disturbo ossessivo compulsivo, ma rappresenta un’entità a sé. È una

ENRICA BUONGIORNO

condizione molto seria che può arrivare a distruggere la vita. La pagina web del Ministero inoltre, precisa che di recente, il DDL 13/9/2012 n. 158 (art. 5), ha inserito la ludopatia nei livelli essenziali di assistenza (Lea), con riferimento alle prestazioni di prevenzione, cura e riabilitazione rivolte alle persone affette da questa patologia. Le cause di questo disturbo non sono note ma potrebbero consistere in un insieme di fattori genetici e ambientali. Tra i maschi in genere il disturbo inizia negli anni dell’adolescenza, mentre nelle donne inizia all’età di 20-40 anni. Secondo alcune stime americane la ludopatia può interessare il 2-4% della popolazione, rappresentando dunque anche un importante problema di salute pubblica. Secondo alcuni autori, la ludopatia è la patologia da dipendenza a più rapida crescita tra i giovani e gli adulti. Chi casca nel gioco d’azzardo

rischia di perdersi, di fare bancarotta, di entrare in un circuito diabolico. Per le famiglie è un vero e proprio salasso, perché queste giocate ammontano al 12% della spesa annua media: è come se ogni famiglia si giocasse tra i 1500 e i 2000 euro, cioè 150 euro al mese, una fetta consistente delle entrate.

Qualcosa nel Bel Paese, però, comincia a muoversi. L’Idv, infatti, ha promosso per prima una raccolta firme per l’abrogazione del gioco d’azzardo consegnando i documenti alla Camera lo scorso gennaio. “La nostra e' una proposta radicale, vogliamo abolire il gioco d'azzardo alla radice – ha spiegato Ignazio Messina, segretario nazionale dell’Italia dei valori - parliamo ovviamente di giochi online e slot machines nei quali si annidano interessi loschi di lobbies e criminalità organizzata. Spezzare questo giro significa non essere complici e controllare


GIUGNO 2014 uno spazio che costa allo Stato non solo in termini sociali ma anche economici e sanitari. 800mila ludopatici in Italia comportano dei costi elevati ed un potenziale danno alla collettività. Condoni e regali ai proprietari di slot non fanno certo trasparire una volontà ferma e decisa di combattere la ludopatia, che oggi comincia a farsi strada anche tra gli adolescenti per colpa della facilità di accesso al gioco d'azzardo. E' un mondo totalmente incontrollato ed abbiamo il dovere non solo di regolarlo ma di interrompere la parte dello Stato biscazziere e salvare i cittadini”.

Il problema si è trasformato in emergenza. I sindaci italiani insieme alle associazioni Terre di Mezzo, Legautonomie e Fa la cosa giusta lanciano l’allarme e in più di 600, a nome dei loro Comuni, hanno firmano un “Manifesto per la legalità contro il gioco d’azzardo” oltre a promuovere una raccolta firme per una legge di iniziativa popolare che dia loro maggiori poteri di controllo sulle sale gioco e sulle slot machines. Il movimento dei primi cittadini partito da Milano e dalla Lombardia si è diffuso a mac-

chia d’olio, da ultimo anche Ignazio Marino, sindaco di Roma ha firmato. Nella Capitale le sale gioco in due anni sono passate da 294 a 718. I dati che preoccupano gli amministratori cittadini sono tristemente noti: il gioco d’azzardo ormai raggiunge cifre astronomiche, con oltre 80 miliardi di giocate all’anno (4% del prodotto interno lordo nazionale) che significano 8 miliardi di tasse incassate dallo Stato e il resto spartito tra le società che gestiscono i giochi e le vincite distribuite agli scommettitori. “Le mobilitazioni da

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l’Iniziativa

parte della società civile sono numerose. Tuttavia esistono ancora delle anomalie – continua Ignazio Messina - Si pensi solo che a Milano, le slot erano ospitate, abusivamente, in

caso di mancato rispetto, ingenti sanzioni pecunarie. “Partendo dal presupposto che il gioco d'azzardo vada abolito, il decreto Balduzzi contiene buoni spunti normativi ma di

un locale del Comune nonostante una delibera ne vietasse l'uso.

fatto, rimasti inapplicati – sottolinea il segretario dell’IDV - E' positiva la restrizione di spot pubblicitari che incitano al gioco come anche l'intensificazione degli interventi su scala sanitaria ma evidentemente non basta oppure qualcuno non fa il suo lavoro. Perché altrimenti non ci troveremmo di fronte ad un caso come quello dell'Abruzzo che spende i fondi UE per finanziare una società che acquista di slot. Vogliamo un intervento radicale perché fare da spalla a questo mondo significa non essere capaci di tutelare i cittadini. Siamo fiduciosi rispetto al governo Renzi intravediamo delle buone possibilità perché le cose cambino ed in Italia si torni a parlare di riforme, quelle vere però, non quelle annunciate. Le intenzioni ci sono e noi sosterremo le proposte condivise che riteniamo possano fare bene al Paese ma dobbiamo accelerare, perché c'è un'Italia reale che vive nel pieno disagio e quelli sono i nostri cittadini, il nostro futuro. Dovrebbero calendarizzare la nostra proposta di legge e discuterla in commissione”.

Molte regioni come l'Emilia Romagna hanno adottato delle normative quadro per reprimere il fenomeno. Anche noi siamo stati promotori di leggi regionali, come e' accaduto nel Veneto. Tuttavia il fenomeno e' ancora esteso perché manca una reale rete di controllo e veri e propri strumenti di prevenzione e sensibilizzazione. Non basta reprimere, serve educare, far conoscere il problema perché la percezione e' che in Italia la ludopatia non sia considerata con la dovuta serietà. E' un problema grave, perché pensionati e giovani si giocano tutto e qualcuno anche la vita”. Il decreto legge del 13 settembre 2012 n. 158, meglio conosciuto come “Decreto Balduzzi”, contenente disposizioni in materia di giochi convertito in legge (Legge 8 novembre 2012 n. 189) è entrato in vigore il 1 gennaio del 2013. All’articolo 7 la norma si occupa proprio di ludopatia in particolare di spot sul gioco, con l’obbligo di rendere visibili e ben chiare le formule di avvertimento al pubblico sul rischio di dipendenza dal gioco e sulle probabilità di vincita comminando, in

Nel frattempo, è stata assegnata alle Commissioni riunite Finanze e Affari Sociali della Camera, lo scorso 19 maggio, la legge di iniziativa popolare per la regolamentazione del gioco d'azzardo, presentata 9 mesi fa da Legautonomie e Terre di Mezzo e consegnata alla Camera il 9 aprile, 93 mila le firme raccolte.


l’Impresa

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MONTE DELLA TORRE SUL PODIO, IL MIGLIOR OLIO EXTRAVERGINE DI OLIVA BIOLOGICO

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VALENTINA GIUNGAtI

IOL è un evento internazionale che ogni anno in Puglia premia i migliori oli di oliva del mondo e vanta la partecipazione di aziende internazionali ed esperte giurie per selezionare l’olio di oliva biologico punto di riferimento del settore in quel-

l’annata. Sul podio quest’anno, classificato come eccellenza internazionale è l’extravergine Monte della Torre prodotto dall’omonima azienda di Caserta. Un olio intenso dal retrogusto piccante ed amaro è la specialità campana che ha raggiunto questo eccellente traguardo, risultando il migliore in una selezione di ben 425 tipologie

di oli provenienti da 17 paesi. L’azienda sorge a Francolise in un punto strategico e grazie alla devozione della famiglia Marulli realizza prodotti di alta qualità puntando sempre in alto. Il traguardo raggiunto non è stato unico, l’Azienda Agricola già in passato aveva ricevuto riconoscimenti sia per i prodotti che per la storicità della stessa. La qualità è il frutto dell’impegno e della maestria che solo l’amore e la passione e ovviamente un arduo lavoro di squadra possono realizzare. Proprio da questa dedizione nasce il progetto Terra Felix che vede coinvolti quattro produttori tra cui il dottor Marulli al fine di difendere la tradizione del Paese e mettere insieme le migliori realtà produttive della provincia di Casera e dei relativi prodotti. Il progetto nasce nel 2010, il nome deriva appunto da Campania Felix, in quanto la nostra terra è sempre stata famosa per l’estrema fertilità e il clima mite, ma soprattutto per i prodotti eccellenti che sono motivo di vanto nel mondo. Abbiamo intervistato il dottor Alberto Marulli, proprietario dell’Azienda Agricola Monte della Torre, intenditore di olio, nonché capo panel e accademico all’Accademia dell’Olio di Oliva di Spoleto.

l’extravergine “Monte della torre” ha vinto la kermesse internazionale riservata ai migliori oli biologici. Un vero successo per la Campania.

«Un’eccellenza tutta campana, non inventata negli ultimi 10/20 anni, vista la storia familiare dell’antica azienda di famiglia di circa 500 anni. Anche da parte di mio padre Marulli, famiglia napoletana di antica tradizione di coltivazione. Questo traguardo ci rende orgogliosi, poiché rivaluta, considera, evidenzia che non vi sono solo notizie negative (spazzatura-terra dei fuochi) ma che al Sud si lavora come in tutta Italia forse di più, per contrastare la crisi e realizzare progetti che arrivano ai primi posti nel mondo. Una rivalutazione del territorio, è ora che iniziamo ad offrire turismo, arte, gastronomia, paesaggi che nessun altro possiede. Vincere un tale premio va aldilà della singola azienda è un premio che investe tutta la regione».

Come nasce l’Azienda Monte della torre? «L’Azienda è proprietà della famiglia dei Marchesi Marinelli sin dalla seconda metà del 1500 e fu ampliata tra la fine del seicento e gli inizi del settecento. Attualmente l’oliveto è piantato in parte razionalmente ed in parte è stato rinfittito conservando cosi una serie di olivi ultracentenari tutt’oggi rigogliosi. E’ motivo di orgoglio per noi avere piante hanno circa 450 anni mentre la pianta piu’ antica si stima ne abbia circa 650. L’Azienda è stata condotta direttamente dalla Contessa Franca Marinelli-Marulli, sino al 1998 quindi se ne occupano i figli Alberto ed Antonio, continuando così l’antica tradizione familiare che si tramanda da circa cinque secoli. In Azienda si fa uso, già da molti anni, di tecniche agronomiche atte a garantire un prodotto sano e naturale in un contesto di salvaguardia e rispetto dell’ambiente. Le condizioni pedologiche, la mitezza del clima l’attenta


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selezione delle cultivar locali, l’impegno e la cura applicate durante ogni fase del ciclo produttivo, le amorevoli assidue cure sono fattori che contribuiscono alla qualità dell’olio da noi prodotto. Il nostro olio è ottenuto da olive raccolte a mano e, dopo

l’Impresa la produzione di cosmetica. Ciò perché solo l’extravergine mantiene intatte tutte le virtù benefiche dell’Olio (acidi grassi, monoinsaturi, acido linoleico, a-carotene, vitamina E, polifenoli). Questo “ingrediente” trasporta quindi con sé le sue preziose sostanze nel cuore del nostro cosmetico. Il prodotto finale acquista conseguentemente gli elementi cardine per apportare bellezza alla pelle, trasformando la cura del corpo in un momento di benessere e rigenerazione. Le fondamentali caratteristiche che lo differenziano dagli altri oli: ottenuto da un frutto fresco, ricavato con soli mezzi meccanici, possibilità di consumo dal momento dell’estrazione, rapporto acido oleico/acido linoleico ottimale, elevata percentuale di acido oleico, significativo contenuto di sostanze antiossidanti come polifenoli, tocoferoli ed effetti positivi sulla salute». I progetti per il futuro sono moltissimi, dalle coltivazioni ai prodotti cosmetici. Proprio lì crescono i pomodori antichi Vermini di Roccamonfina, i San Marzano per confezionare le “pacchetelle” e si voltiva il Senatore Cappelli un’antica varietà di grano duro. Oltre il canale ufficiale, dove è possibile acquistare i prodotti, collegandosi direttamente al sito internet www.montedellatorre.it sono attive la pagina facebook e youtube dove vengono proposte le innovazioni e gli eventi da non perdere.

macinatura per sgocciolamento naturale a freddo, è lasciato decantare naturalmente onde lasciargli conservare inalterate tutte le virtù nutritive e le sue caratteristiche organolettiche che richiamano le sue origini campane aggiungendo a leggerezza e finezza un delicato gusto fruttato tipico della zona che dona al nostro olio un inconfondibile aroma».

Cosa viene prodotto in azienda? «Oltre a svariate tipologie di olio, produzioni di nicchia per appassionati e salutisti, la nostra azienda trasforma l’olio biologico, non quello di scarto, ma il migliore in cosmetica, producendo: crema per le mani e il viso, creme antirughe, shampoo e bagnoschiuma facendo sempre attenzione a conservare le proprietà curative dell’olio durante il processo di produzione in modo da ottenere preparati che siano il massimo qualitativamente. L’antico albero dell’Ulivo e l’Olio ricavato dai suoi frutti hanno accompagnato l’umanità nel corso della sua storia. Furono i Fenici a diffondere questa coltivazione su tutte le coste del mediterraneo. I Greci, Romani, gli Egiziani prima di impiegarlo per condire gli alimenti, lo utilizzavano soprattutto nella cosmesi. Nell’era contemporanea l’Olio di oliva costituisce un prodotto carico di misticismo ed oggi sempre più il mondo della medicina ne sottolinea i suoi aspetti benefici per la salute. Abbiamo quindi deciso di utilizzare il fiore di tale materia per


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la Proposta

DECRETO ART BONUS: UN TRENO PER I CAMPI FLEGREI 16

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SALVO IAVARONe* i sono treni che non si possono assoluta- quelli nostrani. Per non parlare del Louvre di Parigi, dove mente perdere. I Campi Flegrei non posso- la gestione del merchandising costituisce circa il 50% dei no assolutamente perdere il treno Art già copiosi fatturati. Eppure nessuno grida allo scandalo, Bonus. Franceschini ha dichiarato che telefonerà personalmente ad imprenditori per intervenire a favore della cultura, dopo aver varato il decreto Art Bonus, che garantisce un credito d’ imposta del 65% a chi elargisce contributi. “ Si potrà investire sul Colosseo, come sulla piccola abbazia di campagna” ha dichiarato il Ministro. Dalla Fondazione dei Campi Flegrei lo invitiamo fin d’ ora a telefonare anche per sostegni al nostro territorio, che ha bisogno come l’ ossigeno di investitori privati . Come si diceva, è un treno che non ci né in Inghilterra, né nella Capitale francese. Il nostro si può assolutamente permettere di perdere. Un po’ dap- Ministro dice che non esistono più scuse per nessuno, pertutto si discute da tempo sul come e perché i privati che adesso lo strumento esiste. Bene. I Campi Flegrei, potranno, e dovranno, intervenire a sostegno della cultu- come si diceva, faranno di tutto per agganciarsi al treno ra. I motivi ? Tantissimi. Intanto i tagli alle risorse, che da del cambiamento. Ma attenzione a conservare accesi i anni ormai crescono a dismisura, rendendo ingestibile riflettori. Abbiamo sentito parlare di Pompei, con i poteri qualunque progetto di crescita di progetti socio- culturali. commissariali al generale Nistri e la messa a disposizioMa non è solo quello. ne di 20 progettisti. Piuttosto che di Caserta, con i nuovi E’ un problema di mentalità; che deve necessariamente provvedimenti per il recupero degli spazi all’ interno della evolvere, e portare cambiamenti. Gli imprenditori devono Reggia. Non una parola sul nostro territorio. Nessun fare la loro parte, e la devono fare secondo regole ben coro lamentoso, caro Franceschini; faremo la nostra parprecise, non solo fiscali, anche comportamentali, rispetto te. Ma ci dia una mano a prendere il treno. E’ forse l’ ultiai ruoli ed agli obiettivi. Chi usufruisce di un bene ma occasione di rilancio, di una terra antica, meraviglioarcheologico, comunque pubblico, è e resta il cittadino. sa, che come potenzialità probabilmente non ha eguali. Nessun imprenditore pensi di poter metter le mani su beni pubblici, nel senso di limitare la partecipazione del Ma non si può solo parlare e commentare, bisogna agisociale. Nessuno pensi, tanto per capirci, di prendere in re. E allora abbiamo deciso di mettere in campo una

gestione l’ Anfiteatro a Pozzuoli, limitando l’ accesso ad un club privato di amici e soci. I vantaggi andranno ricercati altrove, nel ritorno di immagine, nella visibilità, nella riconoscenza sociale che potrà venire proprio da quelle frange di cittadini che potranno apprezzare i buoni risultati in termini di qualità ( come ad esempio la manutenzione, o la possibilità di accedere consentita da personale finalmente soddisfatto economicamente, e quindi disponibile a far straordinari ). Insomma, il modello dei musei inglesi, che registrano presenze pari a dieci volte

nuova iniziativa, aperta a tutti : allo scopo di aprire nuovi canali di investimenti sul territorio, si è ideata ed organizzata la I edizione dell’ evento denominato “ DESTINAZIONE CAMPI FLEGREI” che si terrà presso il Castello Aragonese di Baia nei giorni 26/27/28 settembre 2014, incentrato sulla promozione economica del patrimonio Storico – Culturale- Paesaggistico del territorio. Ne illustreremo i particolari lunedì 16 giugno alle 14,30 , presso Villa di Livia, in via Campi Flegrei 19, a Pozzuoli. *Presidente Fondazione dei Campi Flegrei


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IN PIAZZA CONTRO IL TURISMO ABUSIVO 17

RICCARDO GIAMMARINO

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l sud che ci piace raccontarvi è quello positivo, il sud che lotta tutti i giorni stretto nella morsa italiana. Tra le risorse che sicuramente potrebbero fare la ricchezza del nostro mezzogiorno c’è il turismo: spiagge da favola, chiese antiche e racconti misteriosi con una forte componente esoterica attirano ogni anno milioni di persone e di curiosi incapaci di arrendersi difronte ai pregiudizi che vengono puntualmente spazzati via dal fascino di una terra culla della civiltà per diversi secoli. Anche in questo settore, però, è facile imbattersi in pericolose e parassitarie situazioni. Tra queste spicca il turismo abusivo, ossia, viaggi organizzati da “privati” senza alcuna autorizzazione che, di conseguenza, non possono offrire alcuna copertura assicurativa ai propri clienti né tantomeno possono emettere alcuna fattura, offrendo prezzi apparentemente stracciati ed incassando, così, il proprio guadagno netto completamente a nero, favorendo l’evasione fiscale e creando una concorrenza

sleale alle agenzie turistiche. Lo scorso nove giugno nella Piazzetta Arenella di Napoli vari rappresentanti di agenzie di viaggio si sono riuniti per sensibilizzare la gente verso questa problematica, mettendo in guardia i cittadini sui rischi concreti che si possono verificare sostenendo questo tipo di turismo illegale e spiegando loro come evitare di cadere in questi tranelli. Persino la scelta del luogo della manifestazione non è stata casuale. Infatti, mentre si svolgeva il presidio tra striscioni e volantini, proprio nella Piazzetta Arenella alle 14 un gruppo di persone era stato radunato per una “gita abusiva” a Ravello, ma sfortunatamente il loro pullman non è mai passato da quella piazza

la Protesta

offrendo, al posto della piacevole scampagnata, una vera dimostrazione dei rischi riscontrabili e dell’inaffidabilità di chi non può offrire garanzie di alcun tipo. “In Italia ci sono circa 38mila organizzatori abusivi che evadono circa 970 milioni di euro l’anno secondo le stime effettuate per difetto noi insieme a Confcommercio e Autotutela” ha spiegato Francesco Spinosa di Scoop Travel – i quali oltre a svolgere un tipo di concorrenza scorretta che ha causato la chiusura di 75 agenzie di viaggio(e quindi il licenziamento di tante persone), gli abusivi, non rispettano i canoni ed i serrati controlli a cui noi agenzie siamo sottoposti per essere a norma. Ovviamente, non disponendo di alcuna autorizzazione, nessuno dei lavora-

tori coinvolti è costretto a rispettare le regole. Ad esempio i conducenti dei pullman non sono tenuti a guidare il numero di ore previsto dalla legge e spesso vengono sottoposti a viaggi assurdi senza il riposo di cui necessiterebbero. Guardia di finanza e polizia dovrebbero prestare una maggiore attenzione a questo tipo di crimine”. Già sono numerosissimi gli abusivi del turismo denunciati e, per chi ne entrasse in contatto, è possibile segnalarli alla pagina Agenzie di Viaggi VS Abusivi. Intanto sabato 14 giugno, al fine di combattere questo male del Sud, è stata indetta una conferenza stampa al Virginia Palace Hotel di Avellino.


il Concorso

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CONCORSO LUNGOMARE DI NAPOLI: VINCE IL PROGETTO #1778 IN NOME DI FERDINANDO IV DI BORBONE

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rano 19 i progetti in gara per la quinta edizione del premio “La convivialità urbana”, ideato dall’associazione Napolicreativa e realizzato in partenariato con l'Ordine degli Architetti di Napoli e l'Acen, che sono stati in mostra nella hall dell’hotel Royal Continental fino al 30 maggio. A spuntarla alla fine il progetto #1778 (voto 91,82%) di Raffaella Napolano, Gianluca Vosa, Viviana Del Naja, Giorgio Nugnes e Francesca Miceli, un gruppo di giovani architetti napoletani tra i 26 e i 33 anni che così ottengono in premio 2.500, 00 euro.

Il nome del progetto vincitore #1778 lega passato e presente: l’hashtag iniziale è simbolo della condivisione e della tecnologia che si uniscono al 1778, anno in cui Ferdinando IV di Borbone diede ordine al Vantivelli di rifare la Villa comunale con un’indicazione chiara “Voglio che sia una passeggiata da Re”. Il gruppo vincitore ha lavorato per far diventare il lungomare uno spazio urbano vissuto e non solo un corridoio di viabilità. In aggiunta all’attuale sistema di mobilità il progetto prevede forme alternative (bike sharing e navette elettriche) e la

pedonalizzazione di largo Sermoneta. Aree verdi per separare l’area carrabile dalla zona pedonale e micro interventi, frazionabili e immediatamente realizzabili con un sistema di crowdfunding. Al secondo posto “La città liberata” (voto 85,1%) che ottiene 1.500,00 euro di Luca Picardi e Roberto Aruta, napoletani che lavorano a Parigi e Berlino, con l’ampia spiaggia sabbiosa che arriva fino alla Villa comunale. Terzo posto per “Lungomare in_vita” (80,33%), premiato con 1.000,00 euro, di Dario Ragozzino,

Frine Carotenuto, Massimo Decimo, Alessandro Guaragna, Salvatore


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Marra, Antonio Biagio Natale, Gennaro Piscopo, Tania Scotto D’Antuono, Adele Spieze. Il miglior progetto

per la community web è “Napoli, città da aMare” di Annita Corbosiero, Enrico Mango e Francesco Speranza. Il pubblico e la giuria tecnica hanno dunque premiato la semplicità, il rispetto dei vincoli paesaggistici e un’idea forte di pianificazione condivisa che si risolve in interventi conservativi a bassissimo impatto ambientale sull’attuale stato dei luoghi del Lungomare di Napoli. La classifica è frutto della somma dei voti popolari (ogni votante poteva esprime 3 preferenze) e della giuria tecnica (voto da 1 a 10), d’accordo sul primo classificato che dal pubblico ha ottenuto 599 preferenze su circa 4300 totali e sul terzo (318 preferenze). La giuria tecnica era composta dagli architetti di profilo internazionale Richard Meier e Han Tümertekin, Salvatore Visone, presidente Ordine

www.ilBrigante.it

19 Architetti di Napoli, Francesco Tuccillo, presidente Acen, Massimo Clemente del Cnr, Pietro Garau (Biennale Spazio Pubblico), Fabio Mangone e Marichela Sepe (Federico II), Luca Molinari e Lorenzo Capobianco (Sun), Grazia Torre, presidente Napolicreativa, l’architetto Vincenzo Meo e Marco Demarco, editorialista Corriere della Sera. Erano tante le idee in concorso per animare il “lungomare liberato” dall’amministrazione De Magistris. Tra queste quella di una ruota panoramica con pale eoliche, all’interno di un nuovo porto turistico, un anfiteatro del mare per spettacoli acquatici, piscine olimpioniche di quartiere e parchi verdi attrezzati. Ma soprattutto sono pervenuti progetti con moltissime spiagge attrezzate: la quasi totalità dei progetti prevedeva infatti l’accesso libero agli arenili. Gli architetti in concorso si sono posti anche il problema della mobilità che alcuni cercano di risolvere con navette elettriche in grado di assicurare collegamenti 24 ore al giorno nella zona pedonalizzata oppure con tram su rotaie. “L’obiettivo era di stimolare un dibattito concreto sul futuro del Lungomare di Napoli – afferma Grazia Torre, presidente dell’associazione Napoli Creativa ideatrice del progetto – facendo parlare finalmente gli architetti. L’oggetto di progettazione dello scorso anno è stata la Mostra d’Oltremare e quasi tutte le tavole proponevano l’apertura al pubblico della struttura fieristica, notiamo con piacere che a distanza di un anno quest’idea si è realizzata, a vantaggio di tutta la città”. “L’importanza del lungomare di

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il Concorso

Napoli, come asset strategico per il turismo e la promozione del territorio, oltre che per la qualità della vita e la fruizione dei cittadini di un’area di straordinaria bellezza, è del tutto evidente – ha detto Francesco Tuccillo, presidente Acen - A tal proposito, vanno però contemperati alcuni aspetti che non sono antitetici: l’esigenza di individuare per il lungomare della città soluzioni architettoniche e paesaggistiche compatibili con funzioni che accrescano l’attrattività turistica e la vivibilità cittadina, senza dividere la città in due nell’attraversamento Est-Ovest e garantendo la logistica necessaria all’accoglienza. In tal senso, con la disponibilità di soluzioni tecnologiche innovative e progetti interessanti potrebbero profilarsi soluzioni efficaci di ‘ri-disegno’ del lungomare da realizzare anche in partenariato pubblico privato”.


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L’ABDICAZIONE DEL RE BORBONE DI SPAGNA

il Passaggio

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DI ETTORE D’ALESSANDRO dI PesCOlANCIANO

e Juan Carlos Borbone Spagna ha deciso di lasciare il trono, abdicando a favore del figlio principe Felipe, con lettera scritta, datata 2 giugno 2014 ed indirizzata al premier Mariano Rajoy, che ne ha dato immediato annuncio alla nazione. Nel suo discorso agli spagnoli, re Juan Carlos ha ribadito che la sua "unica ambizione è stata e sarà sempre di contribuire alla libertà e al progresso della Spagna.Il principe delle Asturie incarna la stabilità dell'istituzione della monarchia, ha la maturità per regnare e aprire una nuova fase". Ringraziando tutto il popolo e lo Stato nel sostegno dimostrato alla monarchia borbonica,il sovrano ha voluto poi esprimere gratitudine alla regina Sofia, "il cui appoggio non è mai mancato" in tutti questi anni.

Nato in esilio nella prestigiosa clinica anglo americana di via Nomentana, il 5 gennaio 1938, Juan Carlos, erede di un’antica dinastia che ebbe come capostipite re Filippo V duca d’Angiò con la ratifica del trattato d’Utrecht nel marzo-aprile 1713, ha vissuto per lunghi anni a Roma (parla perfettamente l'italiano), nell'appartamento che apparteneva ai Borboni al primo piano di una palazzina elegante al civico 112 di viale Pario-

li.Re Juan Carlos ritornò a governare con pieni poteri nel 1975(la monarchia era già stata proclamata nel 1947), dopo la morte del dittatore Franco, prodigandosi nella ripartenza della Spagna, che era rimasta per

lungo tempo isolata con un'economia poco sviluppata. Fece approvare la nuova costituzione democratica, con 17 ampie autonomie regionali, rispondendo,quindi, adeguatamente alle rivendicazioni autonomiste-indipendentiste della Catalogna e dei Paesi baschi, a cui furono garantiti regimi governativi speciali. Il suo regno ha,quindi, prodotto,tra gli anni ‘60-90, una significativa fase di "miracolo economico", che ha portato la nazione al pari di altre potenze europee industriali.

Tra l'altro, è memorabile la risposta dello stesso sovrano che sventò il tentativo di colpo di Stato del 1981,divenendo l'emblema di strenuo difensore della Spagna democratica.Il sovrano spagnolo è rimasto,poi, famoso alle cronache per il suo temperamento spontaneo in


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il Passaggio

ambito politico, come accadde nel vertice iberoamericano di Santiago del Cile nel 2007,quando lo stesso interruppe il presidente venezuelano Hugo Chavez con un secco “porquè no te callas?” (perchè non stai zitto?), a seguito delle di lui ipotesi su un coinvolgimento della Spagna nel

simo padre anziano abdicante.Per quanto il principe sia in sintonia coi tempi moderni, lo dimostra il suo stesso matrimonio con la giornalista Letizia Ortiz Rocasolano, che non vanta sangue blu ed è cresciuta in

Barcellona nel 1992 nella squadra spagnola di vela. Parla correttamente l'inglese, perchè ha studiato in Canada e Washington, ed è buon cultore del catalano, terra molto accorta alle tradizioni identitarie. Noi,

colpo di stato cileno del 2002. Le recenti manifestazioni dei repubblicani, favorevoli ad un referendum per l'abolizione della monarchia, sono consequenziali alla caduta d'immagine di re Juan Carlos per talune gaffe commesse, poco rispettose dell’attuale momento di crisi socio-economica (la presenza di varie cortigiane amanti, la vietata caccia-safari agli elefanti in Botswana del 2012 ed il susseguente scandalo per corruzione di Urdangarin,marito di sua figlia,l'infanta Cristina).Il nuovo re Felipe VI, successore della secolare monarchica cattolica, si presenta come degno rappresentante di quella nuova generazione che "reclama protagonismo.

una famiglia progressista e repubblicana.Il futuro re, tra l’altro, è laureato in diritto, con un master in Relazioni internazionali, così come è comandante dell'esercito di terra ed aria, nonchè capitano di corvetta. SAR Felipe è amante dello sport ed ha persino partecipato alle Olimpiadi di

come ex sudditi del regno delle Due Sicilie (un tempo collegati politicamente alla Spagna), consapevoli della fine fatta da talune repubbliche occidentali, non possiamo altro che auspicare, per tale circostanza, l’antico motto: “Iddio preservi il Re”.

Una generazione più giovane merita di andare avanti", a detta del mede-


l’Identità

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QUEI MORTI DIMENTICATI DELLA BATTAGLIA DI CASTELFIDARDO 22

FERNANDO RICCARdI

l 7 settembre del 1860 Garibaldi entra trionfalmente a Napoli accolto da una folla festante che si accalca sulle strade del centro per toccare con mano il generale di rosso vestito. Tutto è stato abilmente architettato da quel campione di doppiezza che è Liborio Romano capace, nel breve spazio di poche ore, di cambiare campo di gioco e padrone. Non ha esitato a scendere a patti con la criminalità organizzata di Napoli affinché tutto andasse per il giusto verso. Ecco perché

Garibaldi, deposta la sciabola nel fodero, arriva nella capitale viaggiando in treno da Salerno, come un qualsiasi turista della domenica. Tutto si è svolto secondo copione.

La parte meridionale della Penisola, scippata con un vigliacco colpo di mano al Borbone, ora è nelle mani di quello strano condottiero con al seguito un corposo nugolo di collaboratori, consiglieri ed aiutanti dagli appetiti quanto mai voraci. La presenza di Garibaldi a Napoli, però, inquieta non poco il conte di Cavour. Il piano che così bene è stato architettato rischia di saltare: il cocciuto nizzardo, infatti, vuole fare di testa sua e, quindi, proseguire il cammino fino a Roma per buttare giù dal soglio “quel metro cubo di letame” di Pio IX. Bisogna fare qualcosa. Ed anche in fretta per evitare sgradite sorprese. E allora che si fa? Si convince il re Savoia a mettersi a capo di un poderoso esercito e a scendere a marce forzate verso Napoli. Scartata l'ipotesi di trasportare le truppe via mare, operazione fin troppo complicata, non resta che seguire la strada di terra partendo dall'Emilia Romagna e dalla Toscana le cui popolazioni, qualche mese prima, grazie all'astuta messinscena dei plebisciti, avevano manifestato la volontà di entrare a far parte del Regno di Sardegna. C'è, però, soltanto un piccolo, trascurabile problema. Per arrivare alla capitale dell'ex regno borbonico bisogna attraversare i possedimenti del papa, l'ultimo ostacolo che separa il meridione dalla parte settentrionale della Penisola in gran parte unificata sotto il vessillo sabaudo. Ma come si fa a risolvere la

cosa? Non certo dichiarando guerra al pontefice, il che avrebbe provocato la reazione delle potenze cattoliche del vecchio continente. Pio IX, dal canto suo, mai avrebbe permesso alle truppe di sua maestà sabauda di calpestare il suolo dello Stato Pontificio. E allora che ti inventa il perfido genio del conte di Cavour? Il “casus belli”, quello che avrebbe consentito di risolvere un così pressante problema. Da qualche tempo alcune bande di irregolari tentavano di penetrare nei possedimenti papalini con l'intento di giungere fino a Roma e di mettere fine al potere temporale della Chiesa. Il che aveva indotto il pur riluttante Pio IX ad organizzare una sorta di esercito composto da italiani e da volontari provenienti da Francia, Austria, Irlanda, Belgio ed altri paesi cattolici europei. In breve tempo si riuscì a mettere insieme 15 mila uomini, i cui due terzi erano italiani, affidati al comando di un generale francese, Christofe La Moriciere, che molto si era distinto nella guerra di Algeria. Un esercito che, vista l'esiguità numerica, serviva soltanto per badare all'ordine interno. Eppure Cavour intima al papa di sciogliere il suo “esercito mercenario”. In caso contrario avrebbe dato l'ordine di invadere lo stato della Chiesa. Cosa che, chiaramente, avviene. Un corpo di armata di 70 mila uomini, al comando del generale Fanti, oltrepassa la frontiera e si dirige a marce forzate in direzione di Ancona, poderosa fortezza il cui controllo poteva assicurare la vittoria dell'intera campagna bellica. Prima di partire ai soldati sabaudi vengono distribuite le copie di un proclama reale con il quale Vittorio Emanuele esorta i suoi uomini a “liberare le infelici province d'Italia dalla presenza di straniere compagnie di ventura”. Ancora più esplicite le parole del

generale Cialdini, comandante del IV corpo d'armata, uno che molto si distinguerà per la sua inaudita ferocia. Egli, rivolgendosi alla truppa, così scrive in un proclama: “Soldati, vi conduco contro una masnada di briachi stranieri che sete d'oro e vaghezza di saccheggio trasse nei nostri paesi. Combattete, disperdete, inesorabilmente


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quei compri sicari e per mano vostra sentano l'ira di un popolo che vuole la sua nazionalità e indipendenza. Soldati, l'intera Penisola domanda vendetta e, benché tarda, l'avrà”. “E così - osserva il vescovo d'Orleans - senza dichiarazione di guerra, senza alcuna di quelle forme convenzionali che sono l'ultima salvaguardia dell'onore del mondo civilizzato, come se vivessimo ancora nel profondo della barbarie, masse di armati invadevano gli stati pontifici”. Tra i papalini non ci si fa troppe illusioni. La spoporzione delle forze in campo è incolmabile. La Moriciere spera soltanto di rinchiudersi con quanti più uomini nella fortezza di Ancona e di resistere il più possibile all'assedio piemontese, sperando nell'intervento delle potenze cattoliche europee. Speranza vana perché tutto è già stato deciso a tavolino, con Napoleone III che ha dato il suo sia pure informale assenso. Le Marche e l'Umbria possono andare ai Savoia, l'importante è che nessuno tocchi il papa e, soprattutto, il Lazio che deve restare l'unico lembo di territorio a sua disposizione. Questo l'infame accordo stipulato in gran segreto, qualche settimana prima, in quel di Chambery. Inizia così una corsa frenetica a chi arriva per primo ad Ancona.

Ma, essendo comune l'obiettivo dei due eserciti, fatalmente arriva il giorno dello scontro. E quel giorno è il 18 settembre del 1860. A Castelfidardo, piccolo paese marchigiano adagiato su di una collina, ad un tiro di schioppo da Loreto e dal suo santuario mariano, le truppe papaline e quelle piemontesi si danno battaglia. Lo scontro è aspro e serrato. I volontari pontifici si battono con grande ardimento ma alla fine sono costretti a cedere. Uno dei comandanti, George de Pimodan, ferito più volte nel corso dell'assalto, riesce a dare l'estremo saluto a La Moriciere dicendogli con un esile fiato di voce: “Generale, i nostri combattono da eroi. L'onore della Chiesa è salvo”. Compresa che la battaglia è persa La Moriciere si avvia con poche centinaia di uomini verso Ancona e qui va a chiudersi eludendo la manova di accerchiamento dei piemontesi. Impresa che, però, serve a poco. Il 29 settembre, investita da terra e da mare, la fortezza è costretta a capitolare. Ormai la strada verso Napoli è sgombra e il re sabaudo può riprendere la marcia alla testa dei suoi uomini. Qualche giorno dopo, il 26 ottobre, c'è l'incontro-scontro con Garibaldi a Teano (o giù di lì) e da quel momento la sorte del meridione diventa particolarmente cupa, stravolta da una sanguinosa guerra civile. Ma torniamo a Castelfidardo. Quel tragico 18 settembre cadono in parecchi tra papalini e sabaudi. Tra quelli che vengono spezzantemente definiti “i mercenari di Pio IX”, che il truce Cialdini chiama “briachi stranieri” e “compri sicari”, vi è anche il bretone Paul de Parcevaux che, ferito seriamente durante lo scontro, viene ricoverato, come tanti altri, nella basilica di Loreto, trasformata in ospedale. Il giovane Paul, costretto a letto, così scrive alla madre: “La mia ferita è grave ma siccome oggi mi sento meglio spero di ristabilirmi. In quanto al resto, mentre stavamo andando in battaglia, pregai Dio perché io potessi fare il mio dovere e morire bene. E ora, data la mia ferita, non temo la morte più di quanto il 18 temessi

l’Identità

le fucilate. In Bretagna avrei minore probabilità di morire in condizioni più favorevoli per guadagnare il Cielo.

Se muoio, spero di morire contento. Se ci sono grida di dolore nella chiesa che è il nostro ospedale, ci sono anche scoppi di riso. Mi si portano via penna e inchiostro. Addio, spero solo di rivedervi un giorno. Se sarà volontà di Dio di chiamarmi a Lui, il mio ultimo pensiero sarà a voi consacrato”. Paul spirò per le conseguenze della ferita il 14 ottobre lasciando “lo spirito a Dio, il corpo a Nostra Signora di Loreto, il cuore a sua madre e alla sua nativa Bretagna”. A lui, come a tutti i valorosi compagni caduti in quella inutile battaglia, bene si addice il pensiero di mons. Dupanloup, vescovo di Orleans: “O colline di Castelfidardo che beveste il loro sangue e raccoglieste le loro ceneri. Ieri il vostro nome era sconosciuto, oggi è immortale”. Nel 1900, in occasione del quarantennale della battaglia, sulla facciata dell'imponente palazzo comunale di Castelfidardo, venne affissa una lapide marmorea a ricordo dell'evento. E fin qui niente di particolarmente sconveniente se non fosse che, ancora una volta, torna l'ignobile panzana dei “mercenari soldati pontifici”, una menzogna costruita ad arte e che servì a giustificare un azione bellica del tutto ingiustificata. Dieci anni più tardi, nel 1910, per il cinquantenario della battaglia, fu eretto un monumento, opera dello scultore Vito Pardo, per ricordare i caduti di entrambi gli schieramenti. Monumento bello ed imponente che è meta continua di

visitatori, turisti e curiosi. Ancora una volta, però, lo scopo originario che portò all'erezione del mausoleo è stato completamente stravolto. Lassù, infatti, sulla collina, è tutto un tripudio di bandiere tricolori, di retorica patriottarda, di enfasi risorgimentale. Di quei poveri volontari papalini che decisero di offrire il loro braccio alla Chiesa, non c'è traccia alcuna.

Oggi nessuno ricorda più De Pimodan, Parcevaux e tanti altri valorosamente caduti sulle amene balze di Castelfidardo per sostenere una causa tanto nobile quanto vana. Così come nessuno ricorda quei poveri soldati del papa che caddero dieci anni più tardi, il 20 settembre del 1870, a Roma nei pressi di Porta Pia. Nel fulgido libro dell'italico Risorgimento non c'è posto per i vinti. Un'altra colossale ingiustizia, l'ennesima, della vulgata storica dominante che qualcuno, prima o poi, dovrà pur provvedere a cancellare. E quando ciò sarà fatto sarà sempre troppo tardi.


il Restauro

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LA REGGIA DI PORTICI VERSO UN NUOVO SPLENDORE

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SIMONA BUONAURA

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a Reggia di Portici verso una nuovo assetto che potrà ridonarle l’importanza e la giusta collocazione trai i siti dei beni culturali che hanno un ottimo potenziale per attirare turisti locali e stranieri. Presso la Sala Cinese della Reggia di Portici, infatti, alla presenza di rappresentanti istituzionali della politica, della Soprintendenza e dell’Università sono stati illustrati i progetti di restauro e di valorizzazione del sito Borbonico messi in campo dalla Provincia di Napoli insieme con il Ministero per i Beni Artistici e Culturali e la Facoltà di Agraria dell’Università “Federico II” di Napoli. Alla conferenza stampa hanno preso la parola il Presidente della Provincia, Antonio Pentangelo, il Direttore del Dipartimento di Agraria, Paolo Masi, gli Assessori al Patrimonio e alla Cultura dell’Ente di Piazza Matteotti, rispettivamente Massimiliano Lafranco e Francesco de Giovanni, ed il Sindaco del Comune di Portici Nicola Marrone che ha portato i saluti del Sindaco di Ercolano Vincenzo Strazzullo che per impegni non ha potuto presenziare . Il dato positivo che si è evidenziato durante la conferenza è la perfetta sinergia di tutti gli attori di questo importante progetto che ha permesso un esito positivo. Obiettivo comune perseguito dalle parti è quello non solo di ridonare alla comunità un bene prezioso intriso di storia e valore patrimoniale ma soprattutto di puntare ad un turismo consapevole che può aprire spiragli di guadagno e rimettere in modo la macchina dell’occupazione. I lavori per il restauro e recupero del sito reale sono iniziati nel 2003 partendo con la Prateria e Montagnola del bosco inferiore, nel 2005 inoltre è stato consolidato e riorganizzato l’ex dipartimento di Entomologia e delle facciate della Reggia lato mare. Nel 2006 è stata ristrutturata l’ala del piano nobile per la realizzazione del Museo archeologico virtuale dedicato all’Herculenense Museum. E poi ancora diversi interventi finanziati di volta in volto o con fondi della Provincia o della Regione, o della Soprintendenza o ancora del Ministero dei Beni culturali. Da sottolineare poi nel 2011 l’inizio del restauro della Torre dell’Orologio e della Torre Campanaria delle facciate della Reggia. Ed ancora nel 2013 ha preso il via la risistemazione dello scalone monumentale e delle sale del piano nobile, adibite ad ospitare la Pinacoteca della Provincia di Napoli . Per il futuro è stato inoltre finanziata la ristrutturazione del Teatro di Corte settecentesco del piano nobile ed il restauro dei due bracci degli emicicli della reggia. Le relazioni tecniche sulla gestione e la valorizzazione della Reggia sono state tenute da Teresa Rubinacci, Direttore dell’Area Patrimonio della Provincia, Stefano Mazzoleni, Direttore dei Musei di Scienze Agrarie, e da Gregorio Angelini, Direttore regionale per i beni culturali e paesaggistici della Campania al quale i presenti hanno strappato la promessa di intervenire affinché la Reggia di Portici venga annoverata tra i Siti Reali così come già avviene per la Reggia di Caserta, la Reggia di Capodimonte e per il Palazzo Reale di Piazza del plebiscito di Napoli.


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la Cerimonia

PONTIFICALE DI SAN GIORGIO MARTIRE DELL’ORDINE COSTANTINIANO IN ROMA

abato 17 maggio la Delegazione Toscana ha partecipato al solenne Pontificale dell’Ordine Costantiniano presso la basilica di Santa Croce al Flaminio in Roma. La cerimonia è stata celebrata dal Gran Priore S.E. Rev.ma il Cardinale Dario Castrillon Hoyos,accompagnato dai vice Primi

Cappellani Don Fabio Fantoni e Mons.Andrea Vallini, alla presenza di S.A.R. il Gran Prefetto Don Pedro Borbone Due Sicilie, duca di Noto, di S.E. il duca D.Diego de Vargas Machuca, Presidente della Real Commissione per l’Italia e S.E. il conte D.Vincenzo Capasso delle

Pastene,S.E. il principe di Linguaglossa D.Giuseppe Bonanno,nonché

detto duca di Noto, illustrando il notiziario delle attività delegatizie 2013 e

di S.E. il Gran Priore di Roma dello SMOM, Frà Giacomo della Torre del Tempio di Sanguinetto e di tutte le autorità e Delegazioni costantiniane o religiose e civili, tra cui l’Ambasciatore francese presso la Santa Sede. Al termine della messa in rito antico è seguito un momento di raccogli-

la recente “Operazione Caritas”, svoltasi in Velletri. I confratelli e consorelle toscane, intervenuti all’evento, sono stati: Don Mirko Mochi,Epifanio Lo Sardo, Luigi Borgia, Vittorio Caggiano, Maria Tauriello, Edoardo Lacrimini, Tommaso Di Niso, Rodolfo Rossi, Massimo Planera, Giancarlo Marinelli,Piero Gramigni. Nell’occasione,la Delegazione Toscana ha voluto testimoniare il dramma delle circa 300 studentesse rapite in Nigeria dagli integralisti islamici.Il Delegato, che collabora con la rivista IL BRIGANTE, ha poi omaggiato il Duca di Noto di alcuni numeri pubblicati nel 2014 ed in particolare la copia del febbraio scorso, dove si riferiva dell’evento sulla beatificazione della ex regina Maria Cristina in Napoli. SAR ha espresso parole di ringraziamento per questa pubblicazione, che è “vicina alla famiglia Borbone”, a detta dello stesso.

mento spirituale presso la cappella di San Giorgio, all’interno della chiesa. Durante la successiva colazione a palazzo Barberini, il Delegato duca D.Ettore d’Alessandro di Pescolanciano ha consegnato, a nome di tutti i cavalieri toscani, un ritratto al sud-


l’Evento

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“PER OGGI NON SI CADE” LA NAPOLI SOSPESA DI SANTANELLI 26

DILETTA ROMANO

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ulla splendida e riccamente fiorita terrazza di un albergo nel cuore di Napoli la Giammarino Editore ha presentato la sua ultima creatura, il libro di un gran Maestro del teatro, Manlio santanelli, intitolato “Per oggi non si cade”. Tanti gli ospiti, giornalisti ed attori, tra pubblico intervenuto, tra i quali gli allievi dell’Accademia delle Belle Arti di Napoli che hanno partecipato attivamente realizzando i bozzetti pre-

senti all’interno del libro. Con l’autore e la moderatrice Rosi Padovani, coordinatrice del progetto esteso anche al teatro, sono intervenuti a presentare il testo l’editore Gino Giammarino, il professore di scenografia all’Accademia di Belle Arti di Napoli Renato lori, il regista Fabio Cocifoglia, gli studenti dell’Accademia di Belle Arti Ilaria Paduano e simone Manzo. Quest’ultimo, tra l’altro, coautore della foto simbolo, quella del notaio Manes, mentre la copertina scelta

dall’autore è stata quella realizzata dallo studente cinese zawhang.

Nel presentare la sua creatura, Santanelli ha detto: «Si tratta di un testo polifonico, stereofonico a seconda di come lo vogliamo definire. Al centro, tra le righe, c’è un messaggio che riguarda lo smaltimento dei rifiuti. Il racconto parte dalla vicenda di un impiegato il quale, mentre sta tor-


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nando tranquillamente a casa, sfugge miracolosamente e per un pelo ad un sacchetto dei rifiuti lanciato dalla finestra di un palazzo. Il poveretto se ne torna a casa, va a letto e pensa tra sé e sé se il Signore non potrebbe sospendere la forza di gravità su Napoli, così la signora, anzi, quella vajassa, si ritroverebbe con il sacchetto galleggiante fuori al suo balcone ed io non corro questi rischi. Il Signore ascolta questa invocazione, a metà strada tra preghiera e bestemmia, e Napoli vive questa giornata carnevalesca in cui tutto si può fare: navigare, volare, galleggiare nell’aria…Perfino sputare in alto senza che la saliva in faccia ti torni, come recita un antico detto partenopeo». Cocifoglia e Lori hanno raccontato dell’entusiastica partecipazione al progetto editoriale e teatrale da parte degli studenti e della stessa Accademia delle Belle Arti, mentre nella sua

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l’Evento

modestia, la moderatrice ha omesso di raccontare la sua capacità di grande ed entusiastica unificatrice di positività che hanno permesso, con pochissimi fondi ma tanta volontà e

ressanti e rappresentativi. Infine l’editore si è detto entusiasta di aver contribuito a dare spazio sul serio a dei giovani, cosa “…assai rara in Italia se non nelle dichiarazio-

voglia di fare, che quello che sembrava un sogno un po’ sospeso diventasse una meravigliosa realtà. Dal testo infatti è stato tratto uno spettacolo multimediale inserito nell’ambito del Napoli Teatro Festival e segnalato come uno tra i più inte-

ni di facciata…”, ed ha poi anticipato l’uscita a breve di un altro testo dello stesso autore, una raccolta di squisiti racconti, ricchi di humor, con la prefazione di Ugo Gregoretti, intitolato “Religiose, Militari & Piedi Difficili”.



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resso la Sala Polifunzionale della Parrocchia Sant’Alfonso Padula Scalo, si è tenuto il convegno dal titolo “Ludopatia: costume o malattia?”, organizzato dall‘Assessorato alla Cultura, al Turismo e allo Spettacolo della Città di Padula e moderato dalla giornalista Antonella Citro. Ad aprire i lavori la proiezione in anteprima nazionale del cortometraggio “Slot”, girato lo s c o r s o novembre nel Vallo di Diano e nato dalla collaborazione tra l’Associazione Culturale “Il Giullare” di Sassano (Sa) e la Scuola di Cinema “Anna Magnani” di Prato, con i patrocini dei Comuni di Padula e Sassano. Il corto ha messo in rilievo la problematica del gioco d’azzardo che, in molti casi, va ad unirsi alla terribile piaga dell’usura, mettendo in rilievo, la problematica della ludopatia, come risultato di un danno sociale incalcolabile. La ludopatia, difatti, è un disturbo del comportamento che ha molto spesso gravi conseguenze sulla vita sociale e professionale del soggetto che ne viene colpito. Si tratta di una “dipendenza senza sostanze”, che viene esperita con il

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il Convegno

GIOCO D’AZZARDO: TRA MALATTIA ED USURA forte desiderio di provare le emozioni legate al gioco e alla scommessa. I lavori iniziati con i saluti di Paolo Imparato, Sindaco di Padula, e di Tommaso Pellegrino, Sindaco di Sassano, hanno visto prendere la parola a Tiziana Bove Ferrigno, Assessore alla Cultura della Città di Padula, Deborah Amoruso, del Coordinamento Forum dei Giovani della Provincia di Salerno, Don Vincenzo Federico, direttore Caritas Teggiano – Policastro, l’Avv. Riccardo Vizzino, presidente Ass. “Il Dado”. Gli interventi hanno sottolineato la grande preoccupazione che il fenomeno della ludopatia desta nella nostra società, soprattutto per il suo dilagare tra i giovani, ma anche la volontà di unire tutti gli sforzi possibili in un cammino difficile che unisce istituzioni e cittadini. Le conclusioni sono state affidate a Carmine Olivieri, sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Salerno, che con parole dure ha attaccato anche la normativa vigente in materia. “Le casse dello Stato si stanno sostenendo con questo affare del gioco graz i e

alle tragedie sociali, grazie alla dissipazione dei risparmi delle famiglie”, ha infatti affermato Olivieri. “Il gioco d’azzardo attenta continuamente, lede, mortifica un valore fondamentale della persona: la libertà personale”. A realizzare gli intermezzi di danza sono state Eugenia Ucchino e la Scuola di danza A.S. D. di Lagonegro. Protagonista di “Slot” è un ragioniere, marito e padre di famiglia, affetto da ludopatia, una dipendenza che porta inevitabilmente lui, la moglie Miriam (Emanuela

Morini) e la giovane figlia Carlotta(Federica Boccia) a vivere nella continua e disperata precarietà economica. In seguito a varie perdite al gioco, a svariati prestiti in banca e non avendo più garanzie finanziarie, si rivolgerà all'usura, innescando un rocambolesco intreccio di avvenimenti, nei quali verrà coinvolta sua figlia Carlotta, personaggio risolutore nell'economia della vicenda. Tra i protagonisti l’attore Anthony Trotta, presidente dell’Ass. Culturale “Il Giullare”, presente al convegno insieme al regista Massimo Smuraglia.



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la Gastronomia

MANGIO, GIOCO, ERGO VIVO UNA LEGGE UGUALE PER TUTTI 31

a cura di ROSI PAdOVANI Il sugo sale vorticando, descrive un moto rotatorio nel Bocca-testa-cuore. Così il piatto dal centro verso l’esterno, e lasciando la parte più piccolo Mario, ma anche densa alle pareti soddisfa l’equazione della vorticità nei Anna, Janette, Adeltraud… fluidi. L’intingolo-elemento sale, rotea, sibila, risucchiato Tatto–intelligenza–fantasia. attraverso il bucatino-cannuccia, ma ahimè Khalid, Youssra, contravvenendo alle leggi straordinarie Xiang, Wen… della fisica ordinaria, poi schizza dapConoscere–pensare– pertutto volando attraverso bolle amare. Karl, Jhon, soffici che scoppiettano eccitate e Mary…giocano a si schiantano sulla tovaglia crescere seguendo dovunque, dipingendola con neorealismo in qualsiasi parte del globo, le culinario, astrattismo mangestesse leggi della fisica e della reccio, futurismo gastronominatura e si ritrovano a venco, accompagnato da ghiotte t’anni a dividersi sensuali verrisate entusiaste. Come vedo micelli risucchiati, condividere dipinto il mio bambino al fin del tra musica ed eros trasgressivi desinare…iniziava la filastrocgamberoni intinti nel vino fredca, e faccia, mani, tovagliolo, do, spalmare panna, sgranocvestiti, tutto si impiastricciava del chiare formiche fritte o dolci datteprimario esperimento di laboratorio ri, ridendo felici nel gioco perenne della vita, test di creatività, prova di dell’amore e della seduzione. conoscenza. Alzi la mano chi di noi non si è In cucina la fantasia e il gioco sono prìncialmeno una volta esibito in fantastiche sagome con pi, non c’è gusto se non c’è passione godereccia, e la pasta della pizza o non ha mai infilato lunghe collane questa è figlia del divertimento. di maccheroni di tutte le forge colorati con le tempere; Quindi, divertitevi con me con questo piatto estivo, semchi poi ha avuto la fortuna di dipingere con le mani quadri plice, fresco e saporito: golosi, è davvero un privilegiato.

TAGLIATELLE CON TAGLIOLINI DI SEPPIA, PISELLI E GAMBERETTI

Pasta

g 350

Piselli

g 150

3

Seppie

15/20

Gamberetti

3 o 4

Pomodorini

1 arancia, mezzo bicchiere di vino bianco, mezza cipolla, olio q.b. 1

carota per guarnire, uno spicchio d’aglio, sale q.b.

lavare, levare la pelle ed eviscerare le seppie a cui abbiamo tolto occhi e rostro, e tagliarle in tante striscioline sottili come le tagliatelle. In un tegame rosolare uno spicchio d’aglio con l’olio e i pomodorini schiacciati ed aggiungere le seppie. Cuocere per una decina di minuti coperte e rosolare a fuoco vivo con il vino. da parte preparare i piselli con la cipollina e pochissimo olio, e in una padella saltare a fuoco vivo i gamberetti con un cucchiaio di olio e il succo d’arancia. Cuocere al dente la pasta e mantecare in tegame unendo tutti gli ingredienti. Guarnire con prezzemolo tritato e qualche strisciolina di carota. Un bicchiere di vino freddo e via…

CIBO & ChAt La posta di Rosi rosi@ilbrigante.com


il Ricordo

MASSIMO TROISI: 32

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L’ATTORE, L’UOMO, IL BRIGANTE

Nel ventennale della morte di Massimo triosi ci siamo fatti trasportare dal gioco delle emozioni ed abbiamo voluto raccontare qualche aneddoto legato alla vita dell’attore prematuramente scomparso direttamente nelle parole e nei ricordi di coloro che lo hanno conosciuto: Manlio santanelli ci parla di un progetto di triosi per realizzare un film su un brigante, circostanza che ci lega maggiormente a lui, Giulio Baffi ci racconta della persona Massimo e l’attrice Isa danieli svela che avrebbe dovuto prendere parte alle riprese di “Ricomincio da tre”. Costantino Punzo invece ci ha raccontato della prima volta di Massimo sul palco in una commedia in cui, superate le reticenze della sua timidezza, interpretò il ruolo di un salumiere. Buona lettura!

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RICORDANDO “IL BRIGANTE” TROISI

MANLIO sANtANellI* ualcuno doveva avergli parlato (forse il regi- grafia ufficiale voglia riconoscere. E Massimo Troisi si sta Scola, con il quale aveva girato l’ultimo era infiammato all’idea di un soggetto che trattasse un film) delle jacqueries, di quelle rivolte più o simile argomento. Forse si vedeva al centro di un’insurmeno spontanee contro il novello Stato Ita- rezione popolare, con la sua figura di perdente che poi si liano, che hanno punteggiato la storia meri- insedia nell’immaginazione del pubblico e ne esce vindionale con una frequenza maggiore di quanto la storio- cente. Non so spiegarmi diversamente quella telefonata dell’agosto 92, che mi raggiunse una sera mentre ero in montagna. Stavo cenando, per l’esattezza, quando l’altoparlante dell’albergo annunciò che il signor Troisi Massimo cercava il signor Santanelli Manlio – il direttore era un colonnello in pensione e indicava i suoi clienti premettendo ancora il cognome al nome. Nell’accorrere al telefono, vissi il tragitto occupato da due sentimenti: da un lato il piacere di venire osservato da tutti con ammirazione per le amicizie di cui potevo fregiarmi, dall’altro una leggera inquietudine per quella chiamata imprevista, dal momento che fino ad allora avevo avuto con Massimo rapporti cordiali ma saltua-


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il Ricordo

ri. Cosa poteva volere da me, e con tanta urgenza da cercarmi fin lassù nel cuore delle Dolomiti? La sua voce, dolcemente trascinata, segmentata da quelle piccole afasie dalla quale soltanto lui sapeva trarre effetti comici – una sorta di antiritmo, di suoni ‘in levare’ più vicini ai blues che non alla recitazione tradizionale – non appagò granché la mia curiosità. Voleva vedermi al mio rientro, tutto qui. Una volta a Roma, nella sua casa di Parioli, dopo le prime parole di circostanza, mi chiarì il piccolo mistero di quella sua convocazione: aveva in mente di fare un film ambientato nel tempo immediatamente successivo alla proclamazione dell’Unità d’Italia, il racconto di una jacquerie, e scandiva la parola francese con la superiorità di chi non bada molto alla pronunzia, tanto che di primo

loro esclusivi amici, e dunque avrei fatto il possibile perché la storia che mi commissionava, ancorché con quella insostenibile leggerezza tanto cara a Kundera, si muovesse su una carreggiata accessibile a tutti. Incidenter tantum, mi è gradito ribadire che nel mio mestiere sono uno spericolato sostenitore di una scrittura simile ad un letto a castello, una scrittura a più piani: chi cerca le proposizioni alte, gli assunti paradigmatici, i concetti ‘concettosi’ faccia la cortesia di inerpicarsi ai livelli superiori, io comunque garantisco sonni beati a chi si ferma al primo piano. Le mie rassicurazioni sortirono l’effetto di lasciare Massimo con la salda convinzione di essere in buone mani. Mi congedai da lui con l’impegno di spedirgli al più presto la presceneggiatura del primo tempo del film. Gaetano

acchito pensai ad una ‘giaccheria’, un negozio di giacche. Quando, appena dopo, mi fu chiaro che gli sarebbe piaciuto interpretare il ruolo di un brigante gentiluomo, e che aveva pensato a me come il più adatto a scrivergli quella storia, mi presi qualche istante per riflettere; poi con parole cercate e trovate gli espressi il mio parere: per me lui non era un eroe bensì un antieroe, un personaggio ‘malincomico’. Il neologismo da me coniato all’istante gli piacque a tal punto, che mi chiese il permesso di usarlo nelle interviste, quando gli chiedevano come poteva definirsi. Permesso accordato, mi lasciò carta bianca, mi disse: “Fai come meglio credi, basta che sia un film alla portata di tutti, io non sono nato per fare l’intellettuale che gira film di nicchia, le nicchie non fanno per me”. Davanti ad un caffè fumante, servito da una ‘urì’ di casa – perché Massimo era un po’ califfo, diciamocelo – gli assicurai che anche io detestavo gli artisti che si esprimono per compiacere esclusivamente i

Daniele, il suo segretario, avrebbe fatto da tramite. Il primo tempo sortì l’approvazione incondizionata di Massimo, che mi incoraggiò a proseguire su quella linea. Nel frattempo, lui si sarebbe recato a Los Angeles, “per sistemare” , parole sue, “un affare di cuore”. Il secondo tempo se lo lesse in America, durante la degenza in ospedale. Fu da lì che mi fece pervenire la sua piena soddisfazione ma, al contempo, mi avvertì che gli scadevano i diritti de “Il postino di Neruda”, diritti che gli erano costati non poco, e dunque si vedeva costretto a dare la precedenza a questo e rinviare il nostro film. Il seguito è più o meno noto a tutti: per Massimo il conto alla rovescia era già fatalmente cominciato e il postino di Neruda, assieme alla consegna di un film tenero e struggente, fu obbligato dal destino ad assumersi anche il compito di recapitarci la triste notizia della sua fine. Nel cassetto dei miei progetti mancati, o in attesa di una possibile resurrezione, il sesto film che Massimo avrebbe dovuto girare e interpretare è chiuso in una cartellina, un modesto articolo di cancelleria che si fa carico allo stesso tempo di rispettare un principio d’ordine e di fungere da involucro entro il quale custodire gelosamente un segreto giacimento di nostalgie. Quel testo è talmente cucito addosso all’attore Troisi, che non vedo chi possa indossarne i panni al suo posto. Ma Giulio Baffi, che conosce il testo, dice che nel mondo dello spettacolo nulla è impossibile; e Giulio è un uomo d’onore. *scrittore


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MASSIMO TROISI E QUEL PREMIO A LUI DEDICATO CHE NON C’È PIÙ GIULIO BAFFI*

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l ricordo di Massimo è luminoso per allegria, per sapienza, per saggezza . Un grande attore si sa , per me inoltre una persona a cui ero legato da un grande affetto personale. Ho seguito il lavoro di Massimo da quando aveva debuttato con i suoi amici in uno spettacolo piccolo e pudico poi man mano ho seguito la sua crescita e sono stato contento di trovare un grande attore che faceva cose molto importanti. Per me il suo ricordo è legato anche ad un rammarico forte, quello dell’incapacità dell’amministrazione comunale di San Giorgio a Cremano a far vivere la creatura a cui ho dedicato molti anni del mio lavoro ed è il Premio Massimo

Troisi. In nome di Massimo, infatti, avevo costruito un polo nazionale che poteva aspirare a diventare polo internazionale della comicità portando Massimo in una presenza costante e quotidiana. Purtroppo non si sa perché questo autolesionismo folle ha fatto sì che il Premio non ci sia più e per me è un rammarico enorme ed è un grande dolore, vorrei farlo rivivere ancora magari da qualche altra parte. Tra i ricordi e le immagini che mi rimangono di lui posso raccontare una delle ultime volte che lo incontrai, stava girando un film, era stanco ed io gli chiesi di tornare a fare ancora una volta teatro, sorrise e disse “Te lo prometto!”…e purtroppo a teatro non l’ho più rivisto. *Giornalista e critico teatrale

DOVEVO PRENDERE PARTE A “RICOMINCIO DA TRE” MA POI… ISA dANIelI*

Un ricordo preciso di Massimo ce l’ho stampato nei miei occhi e nel mio cuore perché quando stava per girare il suo primo film “Ricomincio da tre” mi chiamò per chiedermi di interpretare un personaggio e questo mi riempì di gioia anche perché c’eravamo già incontrati ad una manifestazione molto bella che si svolse al Teatro Tenda che era presentato da Dario Fo ed a cui presero parte molti attori e c’era anche la Smorfia naturalmente. Poi lo risentii in occasione del film e ci incontrammo per parlare della sceneggiatura, a me faceva molto piacere ed accettai le riprese del film, però, furono

rimandate in una data in cui io non potevo prenderne parte perché impegnata con altri lavori ed ho dovuto rinunciare. Il cinema è comunque così: le riprese non cominciano mai quando viene detto la prima volta per problemi vari e per questo motivo non ho preso parte al suo primo lavoro cinematografico e devo dire che un po’ mi dispiacque anche perché Massimo era una persona positiva ed è inutile che io aggiunga altro perché lo conoscono tutti ed hanno imparato ad apprezzarlo per la sua splendida personalità. *Attrice


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il Ricordo

1 GENNAIO 1973: IL DEBUTTO DI MASSIMO IN TEATRO

COSTANTINO PUNzO* hi l'avrebbe mai immaginato che, una matti- salumiere risposi io faccio il cantiniere e saremo in copna dell'ottobre 1972 mentre come sempre si pia in una scena in casa di Pulcinella. (La commedia si andava a scuola verso l'istituto per Geome- intitolava: Marito senza Mugliera e Zio senza Nepute" tri "E: Pantaleo" di Torre del Greco da lì a farsa in due atti di Antonio Petito con la quale debuttampoco durante il percorso nel treno della cir- mo il giorno 01 gennaio 1973, giorno che ha segnato il cumvesuviana sarebbe accaduto un episodio che avreb- primo e vero inizio artistico di Massimo! be dato l'inizio artistico ad uno degli attori più amati e più Già da quella interpretazione e dalle altre che si sussegrande della storia del teatro e del cinema italiano, Mas- guirono sempre all'oratorio, già si vedeva la grande vena artistica e registica di Massimo per come curava nei minimi dettagli i suoi personaggi, la scenografia, e tutto quanto girasse intorno al nostro teatro. Dopo questa esperienza all’oratorio, a causa di un testo scritto insieme con Peppe Borrelli, da me e da Massimo che si intitolava "Crocifissioni d'Oggi" che trattava tre temi scottanti per quell'epoca, quali: le lotte operaie, l'aborto e la droga e per il quale fummo letteralmente espulsi dall'oratorio dopo la prima ed unica rappresentazione, eccoci alla ricerca di un luogo dove avremmo potuto fare quel teatro che tanto desideravamo fare senza alcun vincolo e censure! Ed ecco che trovato un ex garage, in Via San Giorgio Vecchio, con l'ausilio di Renato Barbieri, il quale essensimo Troisi! Eh si quella mattina invece di aprire il solito testo scolastico per ripetere le ultime nozioni prima di essere interrogato, tirai fuori dalla mia tracolla un copione di una commedia che stavo preparando insieme ad altri amici nell'oratorio della Chiesa Parrocchiale di Via Sant'Anna di San Giorgio a Cremano. Che leggi? disse Massimo Ah, ripeto la parte del personaggio che devo fare in questa commedia, mostrandogli il testo, anzi dissi, siccome manca un personaggio perché non vieni a provare pure tu stasera all'oratorio?

Lui all'inizio rifiutò categoricamente dicendo che per la sua timidezza non sarebbe mai stato capace di salire su di un palco, ma poi leggendo il copione e divertendosi alla lettura mi chiese: e io ch'avessa fa? La parte del

do molto più grande di noi contrasse il contratto di fitto con il proprietario, fondammo il Centro Teatro Spazio insieme a Lello Arena, Peppe Borrelli ed altri amici. Demmo tale nome a questo luogo divenuto poi magico, in quanto ci dicemmo che doveva essere un centro di cultura dove tutti avrebbero trovato il loro spazio artistico culturale e politico! La storia poi ha avuto il seguito che voi tutti conoscete, con i successi e la tristezza della prematura scomparsa del nostro grande Massimo! Io come amico ed operatore teatrale ho voluto omaggiare il suo ricordo nel corso del ventennale della scomparsa e dell'uscita del film "IL POSTINO" mediante la messa in scena del testo teatrale "ARDENTE PASSIONE" tratto per l'appunto dal romanzo "Il Postino di Neruda" di Antonio Skarmeta da cui Massimo trasse il suo ultimo capolavoro cinematografico. *Attore e regista


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“GIOCATI DALL’AZZARDO”

IN SCENA L’IMPULSO IRREFRENABILE GABRIELLA dIlIBeRtO

a voglia di sognare, il desiderio di rivalsa, la speranza come unica via d’uscita dalla disperazione… inizia come un passatempo ma non finisce come tale. Molte sono le cause che possono scatenare una

il caso di “Please mind in the G. A. P.”, uno spettacolo di Ermes Gerli, andato in scena il 25 maggio presso il laboratorio teatrale Sos Fornace a Rho, liberamente tratto dal libro di Cristina Perilli “Giocati dall’azzardo. Tra mafie, illusioni e povertà”. In

vera e propria dipendenza dal gioco con inevitabili conseguenze disastrose. Le più comuni sono identificabili nel disagio economico, nella solitudine, nell’angoscia di vivere o sopravvivere. Perdere il controllo di se stessi è, in alcuni casi, un evento inaspettato e i limiti posti dal comune buon senso diventano invisibili agli occhi del malato. Le cose che possono creare dipendenza sono numerose e diverse tra loro ma i sintomi dei malcapitati sono uguali per tutti. Si inizia con un’illusoria sensazione di sollievo per arrivare a un punto di non ritorno, indifesi e tristi come bambini in castigo, schiavi di una prigione costruita con le proprie mani. Molto spesso il teatro unisce, a quella dell’intrattenimento, una funzione educativa svelando il suo importante ruolo di supporto nella comprensione di determinati fenomeni sociali. È

questa rappresentazione si intraprende un viaggio ironico e disincantato nel mondo del gioco d’azzardo patologico. L’Italia, dai dati raccolti negli ultimi anni, risulta il primo paese in Europa per la spesa dedicata al gioco d’azzardo: ben oltre 87 miliardi di euro! Il gioco d’azzardo è gestito dall’agenzia dei Monopoli di Stato e la mafia non perde occasione per arricchirsi sulle spalle di chi gioca. Per questa ragione lo spettacolo mette in scena, in modo provocatorio, un dialogo immaginario tra mafia e Stato, rispettivamente celati nei panni di un circense e di una signora Italia un po’ decrepita, spingendo il pubblico alla riflessione e all’indignazione. “GAP/ Gioco d’Azzardo Patologico” è, invece, una pièce teatrale, scritta, diretta e interpretata dal regista e attore sardo Stefano Ledda, ispirata a una storia vera. Lo spetta-

colo, fulcro del progetto “Rovinarsi è un gioco 2014/2015”, vuole essere un autoritratto/confessione del protagonista ed è lo stesso Stefano Ledda a parlarcene. Quando e come nasce l’idea di realizzare questo spettacolo? «Nel 2004 mi capitò tra le mani un’intervista fatta a un giocatore di videopoker che a trentaquattro anni aveva finto di suicidarsi. Rimasi molto colpito anche perché non conoscevo il problema della dipendenza dal gioco e alla parola videopoker associavo i videogames. Un po’ alla volta mi sono documentato e ho scoperto un mondo che ignoravo a partire dall’acronimo GAP/Gioco d’Azzardo Patologico che dà il titolo alla mia pièce. Ho letto altri articoli, libri, inchieste fatte tra Cagliari e dintorni e ho deciso di mettere in piedi un spettacolo che facesse luce su questo drammatico fenomeno». A quando risale l’incontro con il dottor Rolando de luca, psicologo e psicoterapeuta, responsabile del centro di terapia di Campoformido per ex giocatori d’azzardo e le loro famiglie? «L’ho incontrato in quello stesso anno per porre il mio testo teatrale


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alla sua attenzione ed essere sicuro di non dire cose improprie e inesatte. Dopo la sua approvazione e un solo mese di prova, lo spettacolo è anda-

to in scena nel 2005. Da allora lo abbiamo rappresentato costantemente e con diverse compagnie». Come prende vita il progetto “Rovinarsi è un gioco”? «Nel 2007 abbiamo sentito il bisogno di coinvolgere le scuole medie inferiori e superiori per raccontare ai ragazzi questa realtà così feroce e metterli in guardia, cercare di sensibilizzarli. Da allora ad oggi il progetto ha raggiunto diecimila giovani con riscontri più che positivi e un incremento dell’interesse da parte di tutti. Per quest’edizione 2014/2015 il sipario su “GAP/ Gioco d’Azzardo Patologico” e sul progetto “Rovinarsi è un gioco” si è aperto l’8 febbraio al teatro di Serrenti. In quest’iniziativa il teatro del Segno ha deciso di investire le sue (poche) risorse, ma è indispensabile il sostegno delle istituzioni (Regione, enti locali, Asl, associazioni e fondazioni) che si sono già dimostrate attente e sensibili al problema delle “dipendenze non da sostanze”. Il progetto ha ottenuto il patrocinio del Ministero per la Solidarietà Sociale e quello di tre fra le principali organizzazioni nazionali e regionali che si occupano del fenomeno azzardo e usura (A.GIT.A., la consulta nazionale Antiusura e l’Assi. Gap)». dal punto di vista pratico, in che modo si sviluppa il progetto? «Prima si assiste allo spettacolo che dura un’ora ed è diviso in due parti e successivamente si apre un dibattito tra psicologi, ex giocatori d’azzardo e studenti. La prima parte della pièce

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è decisamente simbolica. Con un’ esplosione si vuole indicare il corto circuito in cui precipita la persona ammalata di dipendenza che, monetina dopo monetina, sempre più velocemente dimentica affetti, dignità e ambizioni. Nella seconda parte ha luogo un vero e proprio monologo in cui il protagonista racconta tutte le drammatiche fasi della sua esperienza. Il dibattito che segue è un incontro molto informale che ha lo scopo di evidenziare tutti i rischi del gioco e quello di portare i ragazzi a ragionare, accendendo il loro spirito critico. Gli studenti possono partecipare salendo sul palco, ma anche inviando sms e

inviti e ancora in attesa di riscontri dalle regioni Puglia e Lombardia dove abbiamo candidato lo spettacolo». A spiegarci anche gli aspetti clinici del problema è proprio il dottor Rolando De Luca, responsabile del centro di terapia di Campoformido. Da un punto di vista clinico in che modo viene affrontata la patologia del gioco d’azzardo? «Curare un individuo che soffre di dipendenza richiede un percorso molto lungo e complesso. Si parte dal problema specifico per arrivare ad affrontare e risolvere altre problematiche interne o esterne alla famiglia del paziente. Presso il centro di terapia di Campoformido, forti di un’esperienza costruita negli anni, riusciamo con interventi delicati ad avere esiti importanti e nessun caso di suicidio tra le persone in cura». È possibile prevenire la dipendenza dal gioco, come cerca di fare il

superando, così, l’ostacolo dell’imbarazzo. Capita che le domande migliori siano quelle che vengono poste “a riflettori spenti”». Porterete lo spettacolo in giro per l’Italia? «Ne saremmo molto felici, ma abbiamo bisogno di qualche sostegno in più. Questo spettacolo ha costi alti e farli ricadere sul prezzo del biglietto non avrebbe senso poiché ci rivolgiamo a un pubblico di giovani con l’obiettivo di essere socialmente utili. Siamo pronti ad accogliere eventuali

regista stefano ledda con la sua iniziativa? «Stefano Ledda è, ormai, molto preparato e fa un ottimo lavoro con i suoi collaboratori. La prevenzione è decisamente importante, ma ci sono casi in cui non basta e risulta inutile. Il vero problema è che la trappola viene offerta addirittura dallo stato e, quindi, combattere contro un intero sistema diventa difficile. Con il mio lavoro sono molto impegnato, ma, quando è possibile, cerco di partecipare ai progetti di sensibilizzazione».


la Lettura

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DOSTOEVSKIJ E LO SPETTRO DELL’AZZARDOPATIA NE “IL GIOCATORE” 38

SIMONA BUONAURA

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n un numero dedicato al gioco, ed alle conseguenze nefaste che talvolta l’uso improprio dello stesso può portare, non poteva non essere citato nelle pagine dedicate alla lettura Fëdor Dostoevskij.L’autore perennemente perseguitato dai suoi creditori a causa dei debiti che lasciava un po’ qua un po’ là in giro per il mondo per la dipendenza dal gioco di azzardo scrisse “Il giocatore” che si presenta come una sorta di indagine psicologia dell’azzardopatia attraverso le vicende dei personaggi.Prima di addentrarci nella critica puntuale del lavoro letterario è interessante citare che Dostoevskij aveva con la città di Napoli un grande legame, di lei parlò ne “L’idiota” che scrisse a Firenze, anche se i riferimenti in merito nella storiografia del grande scrittore russo sono pochi . Tatiana Kasatkina, direttrice del Dipartimento di Teoria della Letteratura all’Università pedagogica di Mosca e della commissione di studio su Dostoevskij all’Accademia russa delle Scienze in relazione a questo legame dichiarò : “Dostoevskij arrivò

a Napoli con la giovane moglie, Anna Gregorievna Snitkina, sua stenografa e compagna fedele di peregrinazioni. È vero, non ci sono molte notizie sul suo soggiorno napoletano. Ma parla della città ne "L’idiota". E delineava Napoli come l’immagine della nuova città, della nuova Gerusalemme. Un posto dove l’eroe vuole andare oltre l’orizzonte. Per lui, Napoli era un luogo “dove la Terra respirava il mistero”. Rimanendo nell’ambito delle considerazioni “meridionalistiche” dell’autore russo non può mancare ciò che dell’Unità d’Italia annotò nel “Diario di uno scrittore” del 1877: “Prendete per esempio il conte di Cavour - non è un'intelligenza, non è un diplomatico? Io prendo come esempio lui perché ne è già riconosciuta la genialità ed è già morto. Ma che cosa non ha fatto, guardate un po'; oh sì, ha raggiunto quel che voleva, ha riunito l'Italia(…)È sorto un piccolo regno unito di second'ordine, che ha perduto qualsiasi pretesa di valore mondiale, cedendola al più logoro principio(…)un regno soddisfatto della sua unità, che non significa letteralmente

nulla, un'unità meccanica e non spirituale (cioè non l'unità mondiale di una volta) e per di più pieno di debiti non pagati e soprattutto soddisfatto del suo essere un regno di second'ordine”. Entrando invece nel merito squisitamente letterario de “Il giocatore” scritto del 1866 dall’autore proprio per riparare ai debiti di gioco, va ribadito che purtroppo il focus del romanzo è ancora di grande attualità, anzi si potrebbe aggiungere che ultimamente sta prendendo sempre più piede un male sociale che si mescola con la disperata speranza di poter cambiare la propria vita con un colpo di fortuna. La partita che però questi scommettitori si giocano è molto più seria perché senza accorgersene diventano vittime di qualcosa di molto più grande di loro entrando in un tunnel trasparente dal quale è sempre più difficile uscirne.

Come detto lo stesso autore del romanzo è stato vittima del gioco e forse proprio perché in prima persona ha provato quell’ebbrezza, dissipando guadagni su guadagni, ha potuto così dettagliatamente illustrare quello che passa nella mente di un giocatore. Le motivazioni sono tante: la necessità di dimostrare a sé ed a gli altri di poter osare, il bisogno di denaro, la frenesia di vincere nonostante ingenti perdite con la sicurezza di poter rimontare. Il panorama de “Il giocatore” è quello di una società malata e benestante che per noia va alla roulette per spendere qualche spicciolo salvo poi perdere tanti fiorini e rimanere al verde. Ci sono poi anche ricchi decaduti che devono mantenere il loro tenore per dimostrare che nulla è cambiato e che loro sono sempre gli stessi, anche senza quattrini. Il quadro che ne esce è devastante come lo sper-


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pero della vecchia Antonida Vasil’evna, i cui eredi aspettano a momenti la morte, la quale arrivata nella città francese per un vezzo va a giocare e poi presa dalla frenesia perde centomila rubli( l’equivalente di 270mila euro rapportati però all’800), e per tornare a casa è costretta a chiedere un prestito che comunque salderà perché proprietaria ancora di tre villaggi, due case e qualche denaro lasciato in patria. Il protagonista del romanzo, il precettore Aleksej Ivanovic, che per amore di Polina comincia a giocare alla roulette, arriva ad una smania per la quale non gioca più per intascare soldi e vivere agiatamente, ma per l’esclusiva frenesia di vincere, di osare anche quando gli rimangono pochi fiorini in tasca, anzi, egli punta alla roulette perché vincere con poco rende ancora più eccitante la vincita per poi, sperperato quanto guadagnato, andare ancora a sfidare la sorte. Rapportato ai tempi moderni la partita è più inquietante perché, oggi come oggi, non è solo un dominio dei ricchi che per noia giocano nei casinò, ma è tutto un

popolo che vuole saltare la staccionata della povertà giocando ai videopoker o anche al lotto che promettono vincite di sicuro interesse. Quindi non è più un luogo d’elite che permette questo passo avanti, e che quindi in qualche modo limitava i danni, ma qualunque bar o ricevito-

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la Lettura

ria prende le sembianze delle sirene dell’Odissea attraendo a sé pensionati, impiegati, disoccupati e coloro che vogliono cambiare la loro vita in modo facile. Dal punto di vista medico però la “malattia” consiste non tanto nel gioco, nemmeno nella necessità di farlo, ma nel fatto che colui che gioca,quando è allo stadio estremo della patologia, non lo fa più

finché il dentista non avrà fatto un buon lavoro gli vengono proibite, è questa la soluzione! L’ultima scena del romanzo rende a pieno quanto detto sino ad ora, povero e con pochi fiorini in tasca Aleksej Ivanovic incontra Mr Astley che dopo avergli svelato l’amore che Polina, responsabile della sua malattia, prova tuttora per lui, gli offre dieci

per il guadagno finale ma per il gusto di sfidare la sorte per la smania di provarci ancora e di puntare al tavolo da gioco accanendosi su quel numero o su quella combinazione con la sicurezza di essere più forti di esso.

luigi dicendo “Se io potessi credere che abbandonerete subito il gioco e Homburg e che ritornerete nella vostra patria, sarei pronto a darvi mille sterline perché possiate iniziare una nuova vita. Ma non vi do mille sterline, ma soltanto dieci luigi, perché mille sterline o dieci luigi sono, oggi, per voi assolutamente la stessa cosa: li perdereste tutti”. L’animo del giocatore in queste poche parole è messo a nudo, ed infatti il precettore, dopo aver giurato a sé stesso ed al mondo che l’indomani la sua vita cambierà, si convince di poter risorgere e riscattare quella rovina, naturalmente al tavolo verde!

Come tutte le malattie non diagnosticate, il “malato” non sa di essere affetto da quel morbo e quindi non pensa di dover farsi aiutare da qualcuno e scende sempre più giù nel baratro dell’indifferenza plasmato dalla normalità. I vari ministri della Salute che si sono succeduti hanno dichiarato che lo Stato è pronto a mettere un punto chiaro sullo smodato uso che si fanno di lotterie, slot machine e giochi similari solo che legalizzare i videopoker e pubblicizzare in tv lotterie che potrebbero cambiare la vita non sono certo la medicina migliore per uscirne. Ed anche lo slogan “gioca consapevolmente” non ha nessun valore anche perché non si è mai sentito dire ad un drogato “mi raccomando sniffa poco”! Questa è pura ipocrisia! Al bambino che ha la carie non gli vengono date poche caramelle, ma


LE COLPE DEI BORBONE

la Storia

Non è raro imbattersi in autori che, ritenendo così di fare storia, hanno dedicato buona parte del loro impegno nella ricerca sistematica e ponderata degli errori commessi dai Borbone lungo i loro 126 anni di Regno

(1734-1860) o, quando assolutamente non potevano collocare nella categoria degli errori alcuni dei lori primati, si sono dedicati con altrettanto impegno a minimizzarli, sottovalutarli, addirittura ridicolizzarli. Evitiamo con cura di entrare nel merito non fosse al fine di non fare gratuita pubblicità a costoro, ma è fuori discussione che il primato dei primati, quello, cioè, della prima ferrovia in Italia, ancora oggi è oggetto di presa in giro, al punto da far scrivere al riguardo a qualcuno che non nomino “il trenino dell’annoiato monarca Ferdinando II di Borbone” ed anche “il giocattolo del Re Borbone”. Bassezze che altro non denotano se non la miseria culturale di chi le ha scritte. Partendo, quindi, da queste considerazioni ed affermando con chiarezza, da vecchi estimatori della Real Casa Borbone due Sicilie, che non possiamo né vogliamo sottrarci al giudizio della Storia, armati di buona

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LUCIANO sAleRA volontà ma, principalmente, mossi dal desiderio di scrivere storia e non storielle, andiamo alla ricerca di qualche serio capo di imputazione da attribuire agli ultimi suoi due esponenti, i Re Ferdinando e Francesco, al fine di cercar di dare una spiegazione plausibile all’incredibile fine del Reame napoletano. Non provare ad impegnarsi in questa ricerca significherebbe cadere nello stesso errore commesso dagli apologeti del Risorgimento piemontese. Costoro, ubriacati dal loro delirio retorico e dalla maniacale affermazione a tutti i costi delle loro grandezze, non hanno saputo o voluto riconoscere gli errori commessi dai loro padri della patria e sterminato stuolo di lacché (che hanno preceduto e seguito la cosiddetta unificazione) errori che hanno costituito, e tuttora costituiscono, un ostacolo insormontabile al raggiungimento ed all’affermazione della tanto invocata ed esaltata unità nazionale. Costoro rifiutandosi di individuare, denunciare, analizzare ed intervenire per eliminare i guasti e gli aspetti negativi che hanno caratterizzato la cosiddetta rivoluzione meridionale sono stati i progenitori di quella che diventerà la questione meridionale di cui 153 anni or sono si ignorava che esistesse, non si sapeva neanche cosa fosse. Non dobbiamo mai dimenticare che il cosiddetto risorgimento fu opera di una trascurabile minoranza (siamo ottimisti, diciamo il 2% degli italiani aventi diritto al voto) che, oltretutto, era un ibrido impasto di liberali, repubblicani, socialisti, gruppuscoli anarcoidi o aspiranti tali, settari e società segrete dalla Carboneria alla Massoneria, passando per la Giovane Italia, l’Esperia e compagnia cantante, fuoriusciti contrabbandati per “patrioti” tutti mossi da un unico e solo traguardo da raggiungere: imporre al restante 98% della popolazione cattolica italiana una svolta

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rivoluzionaria unitarista ed anticlericale! Tutti i mezzi furono buoni per raggiungere questo obiettivo, ma il più ridicolo, tragicamente ridicolo, fu il ricorso ai plebisciti. E ci domandia-

mo come mai, ancora oggi, all’alba del 2014, con un anniversario che ancora si “festeggia” (malgrado l’oblio ed il disinteresse generale sotto il quale è stato seppellito) non c’è un Presidente della Repubblica che affermi a chiare lettere - tra i tanti interventi, spesso a sproposito, su argomenti di varia attualità - che i cosiddetti plebisciti sono stati la più colossale truffa della storia universale! Ancora a Napoli esiste una Piazza Plebiscito in ricordo del trionfo “democratico” di Liborio Romano e dei suoi camorristi. E, poi, ci meravigliamo della delinquenza organizzata che oggi ci affligge, di mafia e camorra? Ma via, perbacco, cerchiamo di non farci…ridere…addosso! Rivoluzione meridionale che per come fu concepita, messa in pratica e portata a compimento con aberrante quanto lucida strategia al pari di una conquista coloniale, è stata la causa prima di tutti gli sconquassi


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succedutisi negli anni seguenti e che trovarono la loro massima espressione nel feroce decennio del cosiddetto brigantaggio e nel tristissimo fenomeno dell’emigrazione che dura tuttora. Quando ci fu qualcuno che se ne rese conto e cercò di porvi rimedio, fu immediatamente zittito e messo da parte. La vulgata trovò più comodo e sbrigativo attribuire la responsabilità dell’altrettanto cosiddetta

arretratezza meridionale a Ferdinando II prima e, successivamente, alla breve, fugace, apparizione della meteora costituita da Re Francesco nel cielo ormai già oscurato dalle dense nubi preannuncianti l’uragano che stava per abbattersi sul Regno e per decretarne la fine.

Noi non risponderemo a costoro che Ferdinando II e suo figlio Francesco II sono stati immuni da colpe o da responsabilità, ma - ammesso che ci siano state - cercheremo di mettere nella dovuta evidenza che certo non sono state tali da procurare - da sole - la catastrofe che, in effetti, si verificò 153 anni or sono a partire dal 6 maggio 1860 e si concluse il 13 febbraio 1861 con la resa della piazzaforte e, l’indomani, alle otto del mattino, con l’abbandono di quel che restava di Gaeta da parte della famiglia reale col suo seguito, e che, come l’emigrazione di milioni di duosiciliani dalle nostre regioni devastate, dura tuttora! Ci piace ricordare ancora che in

41 quella circostanza risuonò, per l’ultima volta, una salve di venti colpi di cannone e, sul molo, dopo l’inno nazionale suonato dai pochi superstiti della Gran Banda Reale, si udì fortissimo, formidabile, fantastico, commovente il saluto al Re - ripetuto per tre volte - di quanti militari, capaci di stare ancora in piedi, restavano della guarnigione massacrata: “Viva ‘o Rre - Viva ‘o Rre - Viva ‘o Rre” Eppure, per quanto riguarda il Reame napoletano, le cose dovevano e potevano andare diversamente. Il 1799 rappresenta il primo ostacolo, non rimosso o rimosso malamente, lungo la strada del rinnovamento sociale già affermato dall’illuminata monarchia di Carlo III. Forse a qualcuno sarà sfuggito o avrà dimenticato il giudizio di Benedetto Croce che con acume affermò: «…i Borboni, da allora, [1799] sono stati spinti ad appoggiarsi sempre più sulla classe che li aveva meglio sostenuti in quell’anno, ossia sulla plebe, trasformando l’illustre monarchia di re Carlo di Borbone in quella monarchia lazzaronesca […] che doveva finire nel 1860» Gli anni dal 1820 al 1830 si caratterizzarono per una serie di pseudo rivoluzioni che “scoppiarono” (si dice così no? Anche se spesso, per l’intensità del rumore, più che di “scoppi” si trattò di “colpi di tosse”…) da Nola a Monteforte, da Avellino ad altre varie province del Regno. Intimorito dalle sommosse Ferdinando I

accordò la costituzione spagnola del 1812, ma, nel frattempo, progredivano le trattative con l’Austria tant’è

la Storia che il 17 marzo 1821 le truppe austriache sconfissero a Rieti il generale Pepe e il successivo 23 entrarono in Napoli per “ristabilire l’ordine ed il potere assoluto”. Questo evento non attenuò l’opposizione al Re, anzi, rese i movimenti liberali più bellicosi. Nel 1822 furono arrestati, condannati ed impiccati Michele Morelli e Giuseppe Silvati. Nel 1825 Ferdinando I morì, gli successe Francesco I e, cinque anni dopo, a seguito della sua morte, salì al trono, l’8 novembre 1830, FerdinandoII. Molto succintamente ci piace accennare che i primi dieci anni di regno di Ferdinando II furono - a giudizio di tutti gli storici seri ed obiettivi (lasciamo perdere gli storici in mala fede, i cattedratici, gli accademici, gli scrittori vagabondi e i giornalisti salariati) - degni di lode e il suo fu il governo più liberale, più equo ed il migliore in assoluto rispetto a quelli degli altri Stati pre-unitari (Regno Sardo compreso). Da varie ricerche fatte al riguardo, ci sentiamo di poter affermare che l’ispiratore principale di questo indirizzo liberale sia da attribuire al segretario particolare di Ferdinando II, don Peppino Caprioli che, supportato dalla Regina Maria Cristina di Savoia esercitò sull’animo del sovrano una benevola influenza. Frutto di questa influenza benevola furono un proclama di risposta all’Imperatore d’Austria nel quale affermava di voler “cicatrizzare le piaghe” e di essere in grado di governare da solo senza dover ricorrere all’aiuto “straniero” ed al francese Luigi Filippo d’Orleans ugualmente faceva giungere un suo messaggio in cui affermava che egli, napoletano, sapeva come doveva reggere i napoletani senza dover ricorrere all’imitazione delle istituzioni francesi. L’esempio di forte volontà d’indipendenza che Ferdinando II dette con le sue prese di posizione nei confronti dei “potentati” dell’epoca gli valsero l’ammirazione generale tant’è che lo stesso Settembrini, nelle sue Ricordanze, racconta come tanti giovani, tra cui egli stesso, si fecero portavoce verso il Re di istanze affinché proseguisse in questa sua opera meritoria e “si mettesse alla testa dell’esercito per fare una e libera l’Italia”. Continua...


APPUNTAMENTI DEL MERIDIONALISTA

l’Agenda

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Rievocazione storica dell’arrivo dei marchesi d’Azzia a laterza

Rievocazione storica dell’arrivo dei marchesi d’Azzia a Laterza nel 1610 e dei festeggiamenti che si tennero in loro onore. Banchetto di nozze, giochi, danze, artisti di strada, sbandieratori, figuranti in costume per rivivere i fasti secenteschi nel suggestivo centro storico di Laterza. Il corteo storico “D’Azzia Sposi a Palazzo” narra l’arrivo a Laterza di Giuseppe D’Azzia, 5° marchese di Laterza, conte di Noja, Grande di Spagna, e di sua moglie Isabella Aldano, figlia del presidente Diego e di Maria Belmundez De Castro. Tutti gli abiti del corteo “D’Azzia Sposi a Palazzo” sono tratti dagli affreschi della Cantina Spagnola, la grotta rupestre che si trova alle porte di Laterza. GIOVEDI’ 17 LUGLIO 2014- Laterza (TA) - INFO: 099 8297911Email: comune@comune.laterza.ta.it – prolocolaterza@virgilio.it

VIllA PIGNAtellI APRe Il MUseO delle CARROzze

Da venerdì 13 Giugno è finalmente possibile visitare il Museo delle Carrozze di Villa Pignatelli, da noi lungamente promossa. Ideato da Bruno Molajoli, che aveva accolto la donazione del marchese Mario D’Alessandro di Civitanova, fu progettato nel 1975 da Ezio Bruno De Felice nelle ex scuderie della villa. Chiuso al pubblico da oltre venti anni, presenta una ricca raccolta, arricchita dalle successive donazioni Dusmet, Spennati, Leonetti di Santo Janni e De Felice. I lavori di restauro architettonico, di adeguamenti impiantistici e di allestimento - progettati dalla Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della città di Napoli e della Reggia di Caserta sono stati realizzati con fondi ministeriali, con finanziamenti Arcus SpA e con il sostegno dell’Assessorato al Turismo e Beni Culturali della Regione Campania, cofinanziato dal POR Campania FESR 2007-2013. Il Museo

delle Carrozze fa parte di “Napoli è un paradiso!”, uno dei nove itinerari di “Viaggio in Campania. Sulle orme del Gran Tour”, il programma di visite spettacolarizzate ed eventi realizzato dalla Scabec con Campania>Artecard per la Regione Campania-Assessorato al Turismo e Beni Culturali.




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