Brigante marzo 2015

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il Brigante www.ilbrigante.it

MAGAZINE PER IL SUD DEL TERZO MILLENNIO

ANNO 15 - N. 46 MARZO 2015 € 2,00

ACQUA

CA NUN LEVA SETE

IL FOCUS

L’ANALISI

Questione meridionale Sud, stato dell’arte: tra libertà di stampa e Real Opificio e mezzi d’informazione di San Leucio?

L’EVENTO Manlio Santanelli anteprima romana per il nuovo libro

LA SCUOLA

Gli autori meridionali ritornano nei libri di testo



marzo 2015

T

l’Editoriale

Acqua che non leva sete ra i ricordi del liceo classico c’è un passo tratto dai Malavoglia di Verga che all’epoca, ahimè lontana, mi colpì molto, e negli ultimi anni mi è tornata alla mente sempre più spesso quando si parla di informazione. Lo scenario è quello della battaglia di Lissa. Siamo nel 1866, appena pochi anni dopo l’invasione piemontese, e gli ex abitanti del Regno delle due Sicilie stanno avendo già modo di verificare i benefici aspetti della libertà promessa dal sovrano Vittorio Emanuele di Savoia, a cominciare dalla coscrizione obbligatoria, sconosciuta nei lunghi anni del regno borbonico. Soldati improvvisati, vengono scaraventati dalle loro terre (anche queste promesse e mai ricevute) alle prime linee dei conflitti militari. Luca, uno dei componenti della famiglia siciliana protagonista del romanzo, ed arruolato nella Marina del regno d’Italia, resta aggrappato ad un pezzo della nave sulla quale era imbarcato e che è stata colpita. Passano le ore, e lo sfortunato naufrago vive una situazione paradossale: è circondato dall’acqua, eppure muore di sete perché non può berla. Ecco, quest’immagine disegna allegoricamente la situazione dell’informazione ai nostri giorni dove testate giornalistiche veicolano nel web, sulla carta stampata, attraverso emittenti televisive e radiofoniche, una marea di notizie: siamo circondati! L’impressione che il sistema ricrea è quella della più ampia libertà di stampa possibile. In realtà, si tratta di una cortina fumogena che usa l’informazione come arma di distrazione di massa. Le notizie e le fonti (altro termine tipico del linguaggio giornalistico che curiosamente fa riferimento alle acque) si accavallano e si contraddicono caoticamente, ingene-

G INO G IAMMARINO

rando più dubbi che certezze in chi le riceve, et voilà, il gioco è fatto. Ma paradosso dei paradossi è quello del Sud, anzi, della Questione Meridionale che non trova ospitalità nei grandi network nazionali nemmeno a condizione di contribuire, di fatto, al caos imperante: zero! Nel ventennio della seconda Repubblica (la chiamano così salvo verifica) il Mezzogiorno, a parte libri e convegni a fiumi (ennesimo richiamo non voluto all’acqua) è stato cancellato dall’agenda politica dei governi di centrodestra ad opera dell’alleato Lega-Nord, totalmente ignorato dal centrosinistra. Il trio dei governi dei non eletti, Monti, Letta e Renzi, i Guardia di Porta di un’Europa che calpesta le identità e le culture dei singoli popoli, ha completato il lavoro sporco. Tra caccia allo spread e incomprensibili “riforme” (delle quali forse un giorno ci spiegheranno nel dettaglio la direzione), i tre tenori sono stati troppo occupati a svendere l’Italia per poter pensare a come rivalutare il nostro Sud. Nessuno si pone il problema del continuo peggioramento della forbice degli investimenti pubblici, ancora una volta pesantemente dirottati verso il Nord. Il Mezzogiorno non è più nella notizia, non fa notizia, dunque, non “è” notizia, se non come “Terra dei fuochi” o altro simile materiale denigratorio, disponibile o inventato che sia: qui, nel grande Sud della pizza e della millenaria tradizione gastronomica, si muore di fame mentre cercano di darcela a bere. Ma adesso basta, siamo stanchi: non ne possiamo più di essere costretti a bere quest’acqua che non leva sete…


Sommario

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In questo numero...


Sommario

marzo 2015 DIRETTORE RESPONSABILE

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Editoriale

GINO GIAMMARINO VICE DIRETTORE

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Il focus Questione Meridionale assente nell’informazione L’intervista Giuseppe Cruciani - La zanzara (Radio24) L’intervista Luca Telese - Matrix (Canale 5) L’intervista Andrea Pancani - Omniibus (La7) L’informazione Era digitale e libertà di espressione L’impresa Vitulano Marmi La svolta Muos, il Tar accoglie il ricorso Il mistero Ettore Majorana, caso archiviato? L’identità L’unità d’Italia? Grazie al canale di Suez L’evento Anteprima a Roma del libro di Manlio Santanelli La tradizione San Giuseppe, padre, artigiano e protettore Il punto Lo stato dell’arte al Sud Il caso ...e il Real Opificio Serico di San Leucio? La gastronomia Minestra spersa Il teatro “Sogno di una notte incantata” Il cinema Janara storia di una strega e di un sogno realizzato L’istruzione Ritornano nei testi scolastici gli autori del Sud La lettura “La gente di Mulberry street” La storia La stampa napoletana post-unitaria

SIMONA BUONAURA HANNO COLLABORATO: VITTORIO CROCE ETTORE D’ALESSANDRO GABRIELLA DILIBERTO VALENTINA GIUNGATI GERMANA GRASSO MAURIZIO MEROLLA GIUSEPPE PACCIONE ROSI PADOVANI RAFFAELE SANTILLO CARLA SCHIAVO SERGIO ZAZZERA PAOLA VONA

Piazza Stazione Centrale Piazza Garibaldi, 136 - 80142 Napoli www. il br igan te.it info@ ilb rig ant e.com Tel. 081 5542252 PROGETTO GRAFICO FRANCESCO CARDAMONE FOTOGRAFO CIRO ANDREOTTI

STAMPA ARTI GRAFICHE NAPOLITANO NOLA (NA)

La rivista è stata chiusa il giorno 2 Marzo alle ore 14:00 Autorizzazione Tribunale Napoli n. 5159 decreto 22/11/2000 ANN O 15 - NUMER O 4 6


QUESTIONE MERIDIONALE marzo 2015

il Focus

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I GRANDI MEZZI DI COMUNICAZIONE LA IGNORANO?

U

n Paese si può definire unito quando mostra al suo interno solidarietà e coesione nel dignitoso tentativo di evolversi sotto ogni punto di vista, non quando patisce la presenza di guerre intestine, zone d’ombra e contraddizioni. L’Italia ci lascia parecchio perplessi. Basta addirittura una partita di calcio a ricordarcelo o, peggio, basta sfogliare un giornale o accendere la televisione per capire che lo “stivale” è davvero, ancora, solo un’espressione geografica. La nascita della “questione meridionale” risale a più di un secolo fa, alla fine dell’Ottocento, ma ad oggi, purtroppo, non può certo considerarsi risolta e superata. Eppure, già da qualche tempo, sembra non rientrare nei principali temi d’attualità trattati dai media. A nascondere la testa sotto la sabbia ad imitazione degli struzzi ci hanno provato in tanti da sempre, ma l’esperienza avrebbe dovuto insegnare che serve a poco, solo a ignorare una realtà che il tempo renderà ancora più scomoda e difficile da affrontare. I mezzi di comunicazione di massa hanno il dovere di informare nel modo più onesto ed esaustivo. Per questa

GABRIELLA DILIBERTO

ragione la presenza di televisioni, radio e giornali diventa un punto di riferimento fondamentale per il cittadino, che si sente rispettato e tutelato se

reranno. Per maggiore chiarezza siamo andati dritti alla fonte, raccogliendo le opinioni dei direttori di alcune tra le più importanti testate del Mezzogiorno. “LA NUOVA DEL SUD” BASILICATA

Clemente Carlucci

messo a conoscenza dei fatti. Quando, però, è l’informazione stessa a perdere di vista la sua funzione primaria, le conseguenze si abbattono sull’intero paese. Facendo una panoramica della stampa attiva al Sud troviamo circa venti quotidiani su un territorio che comprende sei regioni. Le televisioni e le emittenti radiofoniche sono anche più numerose. Eppure questi dati non devono trarre in inganno perché non rassicurano necessariamente sulla presenza di un’editoria e di un’informazione florida, anzi. Come testimoniato da molti addetti ai lavori, il clima di crisi è palpabile e molte realtà rischiano di scomparire se le cose non miglio-

Come esponente della stampa lucana, Clemente Carlucci, direttore del quotidiano di Potenza “La Nuova del Sud”, ha sottolineato quanto sia carente il contributo dei media: «Di questione meridionale, ormai, non si parla più ed è un dato certo, assodato che l’informazione nazionale mostri profonde lacune. Il Sud viene puntualmente penalizzato e noi lucani, vista la nostra storia, ne soffriamo forse più di tutti. Dal pensiero e dall’intensa attività di Giustino Fortunato è passato più di un secolo e i nostri parlamentari ancora non sostengono adeguatamente le regioni meridionali, che versano in una situazione sempre più precaria. La Basilicata, ad esempio, è una piccola regione che risente molto dell’indifferenza generale. Il malessere è forte e attuale quindi il dibattito

diventa imprescindibile – ha continuato il direttore Carlucci. L’errore più grande sarebbe non protestare e cadere nella rassegnazione, mentre è importante far valere le ragioni delle aree meridionali perché, finché non si prenderà atto del fatto che la questione meridionale è un problema dell’intera nazione, non cambierà mai nulla». “PRIMO PIANO MOLISE” MOLISE

Anche una regione come il Molise, fisicamente al confine tra Centro e Sud Italia, sente di rientrare nella questione meridionale ormai dimenticata. «A parte qualche notizia particolarmente rilevante, come lo sbarco dei profughi, noto poca attenzione delle testate nazionali nei confronti delle regioni meridionali – fa notare Luca Colella, direttore del quotidiano “Primo Piano Molise” –. La nostra regione addirittura non viene menzionata nelle previsioni del tempo. Mi rendo conto che il nostro territorio è piccolissimo, ma, fino a prova contraria, esistiamo. Abbiamo vissuto una tragedia enorme con il sisma del 2002, che causò la morte di trenta persone tra cui anche


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il Focus

7 bambini, eppure quello che è accaduto non viene neanche ricordato. Nel 2012, in occasione del decennale – ha proseguito Colella – abbiamo fatto grandi sforzi per porre rimedio alle tremende conseguenze di questo evento e avere giustizia, ma nonostante tutto, purtroppo, non ci sono stati risarcimenti né promesse mantenute. Vorremmo che tutti, dalle vittime a chi si è salvato, godessero di pari dignità ed è doloroso che gli stessi fatti di cronaca, come gravi incidenti stradali, siano trattati diversamente in base al luogo di appartenenza, come se morire a Roma faccia più notizia». Parole dure e cariche di amarezza, dunque, quelle di Luca Colella che ci ha anche spiegato in quale situazione versa l’editoria molisana: «Fino al 2012 nel Molise esistevano cinque o sei testate giornalistiche, oggi solo un paio. Purtroppo l’editoria è in crisi

Lino Patruno

soprattutto qui, dove l’80% dei nostri centotrentasei comuni non arriva a contare cento persone. È vero anche che gli strumenti

d’informazione sono cambiati, ma gli anziani comprano ancora i quotidiani e non è giusto ignorarli solo in quanto abitanti di una piccola regione. Noi abbiamo la fortuna di avere un editore forte che asseconda il più possibile le nostre esigenze e combattiamo per andare avanti, ma i dati ci mettono in allarme». LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO - PUGLIA

A fronte di un’ Italia spaccata in due, le principali testate giornalistiche del Sud appaiono unite e compatte in un coro di protesta che attribuisce al corpo politico le maggiori responsabilità. In merito alla questione, non siamo riusciti ad avere le dichiarazioni di Vincenzo Magistà, direttore di Telenorba, canale di rilievo della regione Puglia in quanto dopo aver letto le domande inviate alla redazione per improvvisi impegni non si è dato più

disponibile a risponderle. Lino Patruno, invece, editorialista de La Gazzetta del Mezzogiorno di Bari, si è espresso sulle gravi mancanze dei media a livello nazionale: «C’è molta indifferenza nei riguardi della questione meridionale ed è evidente a tutti l’assenza di notizie sulle pagine di cronaca. Ritengo ancora più grave, però, che quando poi se ne parli, lo si faccia sempre nello stesso modo, con i soliti intramontabili pregiudizi. I politici continuano a prendere provvedimenti ai danni del Sud invece di soste-

nerlo. Cattiva informazione e cattiva politica vanno a braccetto, influenzandosi l’un l’altra». Su come il Sud possa farsi ascoltare dal resto del Paese, Patruno ha spiegato: «Dobbiamo alzare la voce e denunciare il problema. Qualcuno lo fa ma non basta perché purtroppo i rappresentanti politici del Mezzogiorno vengono nominati dai centri politici del Nord ed è, quindi, un cane che si morde la coda».

Notarstefano: «L’informazione locale fa quel che deve nei limiti di quel che può. Su “Gazzetta del Sud” si privilegiano nettamente le notizie e le problematiche territoriali nella consapevolezza che que-

C.T.S / GAZZETTA DEL SUD SICILIA

Alessio Anello, direttore del C.T.S. Compagnia Televisiva Siciliana, ha denunciato l’esistenza di un’informazione claudicante che cerca di distogliere l’attenzione dai problemi rilevanti, venendo meno, in questo modo, ad ogni tipo di deontologia professionale: «Quello di non affrontare la realtà e tirare avanti è un problema molto italiano, rientra perfettamente nello stile del nostro Paese. Di questo malcostume sono responsabili i politici, ma il lavoro insufficiente dei mass media non può essere giustificato dal malgoverno. L’informazione deve essere indipendente e rispondere a un codice etico, cosa che nella maggior parte dei casi non succede. Bisognerebbe smuovere le coscienze e non andare alla ricerca dello scoop per scopi economici». Sempre dalla Sicilia, per l’esattezza dalla Gazzetta del Sud di Messina, arrivano le parole del direttore Alessandro

Alessandroo Notarstefano

sto è quello che lettori e utenti del web chiedono e ci impegniamo affinché il nostro punto di vista meridionale diventi un pensiero. Eguaglianza dei diritti, giustizia, pari opportunità sono cose che non dovrebbero appartenere alle geografie o modificarsi a seconda delle latitudini e quindi, quando questo accade, facciamo in modo che non passi inosservato. Purtroppo, sia sulle testate nazionali che nei programmi di governo, il Sud non compare quasi mai – ha continuato Notarstefano – e, invece, ci aspetteremmo una maggiore sensibilità nei confronti del Mezzogiorno. Negli ultimi tempi, tranne la Lega Nord che cerca di ampliare la propria platea populista, pochi partiti hanno dedicato attenzione al Meridione a cui occorrerebbero incentivi veri e non demagogici, misure serie


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il Focus

Piero Sansonetti

per il rilancio dell’economia, delle imprese, del turismo e dell’istruzione». IL GARANTISTA CALABRIA

A guardare il fenomeno dell’abbandono del Sud da un’altra angolazione è, invece, Piero Sansonetti, direttore de “Il Garantista”, quotidiano nazionale che nasce in Calabria: «Per i mezzi di comunicazione di questo paese una notizia che riguarda il Sud vale, senza esagerare, dieci o venti volte meno di un fatto di cronaca del Nord. Che il Mezzogiorno non venga considerato è, purtroppo, un dato di fatto. Io, però, non attribuirei la causa a

8 un atteggiamento prettamente antimeridionalista o a un’ideologia specifica, quanto piuttosto a una questione di potere economico. C’è un dato che parla per tutto e che è più evidente agli occhi di uno straniero: le redazioni delle testate nazionali hanno sede da Roma in su. Come si può pensare, dunque, che il punto di vista meridionale sia preso in considerazione? È una realtà che, purtroppo, appartiene solo all’Italia e non è presente in alcun altro posto del mondo. La dilagante indifferenza nei confronti del Mezzogiorno è la conseguenza dell’ignoranza. Anche quando avevamo rappresentanti del Sud al governo – ha sottolineato Sansonetti non c’è mai stata una vera, profonda conoscenza della realtà meridionale. Oggi è lo stesso, se non peggio. La conoscenza è subordinata al potere e i quotidiani del Sud non fanno abbastanza perché non affrontano mai i temi più scottanti come, ad esempio, il rapporto tra la mafia e il popolo, un tipo di ricerca che racconterebbe molto bene il territorio. La verità è che

i giornali del Sud tendono a svolgere un compitino prestabilito e imparato a memoria perché non sono indipendenti e non possono contraddire il senso comune imposto dal più forte. Vale lo stesso per la classe dirigente meridionale che è assolutamente asservita al Nord. Il tutto ha ovviamente anche radici storiche e ha inizio con la conquista dell’Italia

Antonio Sasso

meridionale».

IL ROMA CAMPANIA

Antonio Sasso de “Il Roma”: «Sono dell’opinione che la questione meridionale sia stata messa completamente da parte e con essa anche i primati che vanta il Sud e i dati che in passato lo hanno visto all’avanguardia. “Il Roma” è un quotidiano che ha ben centocinquantadue anni di storia alle spalle e ha sempre dato al nostro territorio lo spazio che

merita. Continuiamo a portare avanti la nostra battaglia, ma soffriamo la mancanza di personaggi politici del Mezzogiorno che possano sostenerci. Speriamo che il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, da uomo del Sud, sappia ben rappresentarci e alzare la voce su questo abbandono del Mezzogiorno anche da parte della stampa. Pur-

troppo, infatti, la politica dimostra di condizionare notevolmente l’informazione e ad oggi possiamo constatare che la cultura del Sud viene mortificata. Ce ne accorgiamo con le vicende legate ai teatri. Il teatro Mercadante di Napoli per poco è rientrato nella classifica dei sette teatri riconosciuti come nazionali per il triennio 2015/2017, ma preoccupa molto che, invece, la Sicilia, nonostante il suo grande patrimonio culturale e la sua storia, ne sia rimasta addirittura esclusa».


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L’Intervista

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LA ZANZARA PUNGE IL SUD? La risposta di Giuseppe Cruciani G INO G IAMMARINO

I

Giuseppe Cruciani

l nostro focus sull’informazione passa dalle nostre Regioni ai grandi network nazionali con le testimonianze di chi fa informazione. Cominciamo con il conduttore del programma radiofonico “La Zanzara”, Giuseppe Cruciani, che intrattiene ogni giorno gli ascoltatori di Radio24-IlSole24Ore in compagnia del collega David Parenzo. Più volte segnalato dai nostri lettori come intollerante ed antimeridionale per partito preso, gli abbiamo rivolto alcune domande in linea con il filo portante di questo numero.

Come vede il fatto che nei grandi mezzi di comunicazione manchi l’informazione in merito alla questione meridionale? «Non sono assolutamente d’accordo. La Questione Meridionale, posto che ne esista una, ritorna periodicamente nella discussione. In tutti i Paesi ci sono differenze tra le zone che li compongono, ma i problemi non vengono risolti dai fondi statali. Poi, certo, ci sono le carenze dei trasporti e delle infrastrutture, ma il Sud dovrebbe essere più propositivo ed organizzarsi per esempio con il turismo, invece di bruciare risorse e produrre sprechi».

Come si fa a promuovere turismo moderno con infrastrutture vecchie e collegamenti inefficienti? «Rimboccandosi le maniche invece di lamentarsi. Nel ventennio della seconda Repubblica abbiamo avuto un centrodestra obbediente ai diktat leghisti che hanno impedito misure speciali per il nostro territorio, ed un centrosinistra che ha completamente ignorato la questione: le sembra un fatto normale che la forbice del divario Nord-Sud continui a sfavorire il Mezzogiorno? Non sono d’accordo neanche qui: i meridionali presenti nei senati e nei parlamenti sono stati tantissimi…».

Eppure non è cambiato nulla: è una carenza della rappresentanza politica meridionale? «Penso di no. Non direi».

Conosce le vicende legate al brigantaggio postunitario del 1861? Quale è la sua visione sui fatti di allora? «Non la conosco e non so che importanza potrebbe avere oggi».

In merito a “La Zanzara” riceviamo dai nostri lettori segnalazioni che vedrebbero la trasmissione poco attenta ai problemi del meridione in generale, addirittura artefice di una vera e propria chiusura al revi-

sionismo storico del Sud. Chi parla del regno delle Due Sicilie verrebbe frettolosamente e superficialmente archiviato con il timbro di "Neoborbonico". Diverso sarebbe, invece, il suo approccio a tematiche come quello della terra dei fuochi e vicende similari purchè in chiave negativa. Cosa si sente di rispondere? «Non mi pare affatto. Penso che uno show non debba avere limiti e racchiudere tutti i movimenti. Di norma, diamo il maggior spazio possibile purché si abbia qualcosa da dire che stimoli la discussione. Se poi chiudo qualche ascoltatore, significa che sta andando fuori tema. Per il resto, fondamentalmente non sono d’accordo con i borbonici, i neoborbonici e quelle teorie, che so, sul genere di quelle che pubblica Pino Aprile nei suoi libri. Lo trovo un discorso senza senso». Come vede il rapporto tra l’Europa che si sta disegnando secondo le linee Merkel-BCE e le regioni storiche che la compongono senza riceverne il rispetto delle singole identità? «Non ho ben capito. (riformulo la domanda). Le identità locali sono ben rifocillate di denaro dall’Europa, certo con grandi differenze tra Canicattì e Copenaghen. Detto que-


L’Intervista sto, che l’Europa al momento non rappresenti un soggetto politico compiuto, è una cosa sotto gli occhi di tutti».

Pensa che ci sarà uno sviluppo politico contrapposto da parte delle regioni d’Europa che si stanno ribellando a questa sorta di omologazione ? «Penso che gli Stati d’Europa siano già rappresentati a Bruxelles. Sono abbastanza federalista, ma credo anche ognuno debba ricevere per quel che produce e pagare per se». Beh, questo è relativo. Ci sono tante aziende che, acquisite da grandi gruppi settentrionali, vengono spacciate per meridionali, ma il loro fatturato, grazie al federalismo voluto dalla Lega-Nord, viene contabi-

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10 lizzato nelle regioni dove le imprese hanno domicilio fiscale.

Va be’, chiudiamo sull’informazione. In cima alla lista del World Press Freedom Index compaiono tre paesi scandinavi: la Finlandia, la Norvegia e la Danimarca. Tra gli utimi posti invece, il Turkmenistan, la Corea del Nord e l’Eritrea. L’Italia si piazza al 73mo posto, dopo Senegal e Repubblica di Moldavia. Cosa ne pensa della classifica? «Non vedo limiti di stampa nel nostro Paese. Credo che ci sia grandissimo spazio, con tantissime testate ed emittenti. Certo, c’è il duopolio RAI-Mediaset, ma adesso è nato anche un terzo polo. C’è un proliferare di mezzi d’informazione…e poi c’è il

web!».

Ma tutta questa marea di notizie, soprattutto in

Cruciani e Parenzo

rete, non può creare una pericolosa inflazione al grido di tanta informa-

zione-nessuna informazione? «Non credo. Bisogna solo saper attingere: ognuno

deve capire qual è il pozzo giusto a cui attingere la propria acqua».

“IL SUD HA PERSO L’OCCASIONE”

Il pensiero di Luca Telese

C

ontinuando le nostre interviste cercando di approfondire a livello

RAFFAELE SANTILLO

nazionale la nostra inchiesta, ci siamo rivolti a Luca Telese, per conoscere anche il suo punto di vista Quando lavorava per ‘Il

Giornale’, quotidiano di proprietà della famiglia Berlusconi, si definì “Un comunista italiano a lungo impegnato in un giornale di

destra”. Adesso che è passato a Mediaset, dove conduce ‘Matrix’, il programma di approfondimento politico della seconda


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L’Intervista

11 serata di Canale 5, siamo sicuri che non ha cambiato la sua idea. Telese, nato a Cagliari nel 1970, da madre sarda e padre napoletano. Nelle sue vene, insomma, scorre sangue meridionale.

Nei grandi mezzi di comunicazione nazionale, molto spesso non viene trattata la questione meridionale. Secondo lei perché? «Purtroppo la colpa è nostra. Ormai c’è un’egemonia nordista, secondo la quale quando c’è un morto ucciso a Bergamo la notizia diventa un’Odissea, quando c’è a Napoli passa in secondo piano, quasi

come se fosse normale. Contro questo fenomeno, già dieci anni fa, bisognava fare una battaglia che, purtroppo, nessuno al Sud ha intrapreso. Secondo il mio punto di vista, il Mezzogiorno d’Italia deve smettere di piangersi addosso. E’ arrivato il momento di guardare avanti e voltare pagina. Anziché continuare a dire e scrivere che a Napoli nessuno indossa il casco, oppure che hanno inventato le magliette su cui è

disegnata la cintura di andandone sicurezza, quasi fieri, si inizi a dire ed a scrivere che nella città partenopea ormai quasi tutti i motociclisti indossano la protezione per la testa. Basta con il Sud piagnone nei suoi stessi confronti. C’è bisogno di una reazione».

Secondo lei, esiste attualmente un giornale che rappresenti il Mezzogiorno dell’Italia? «Assolutamente no. Il Sud non è rappresentato da nessun mezzo di comunicazione. Mi viene da dire che l’unica vera rappresentate è la napoletana Barbara D’Urso. Ci sono

sicuramente degli intellettuali del Sud che apprezzo molto, ma che dovrebbero occuparsi del futuro non del passato. È inutile continuare a parlare di una partita persa duecento anni fa. Ribadisco, occorre andare avanti, voltare pagina e non pensare e guardare a quello che è stato il passato».

Secondo l’annuale rapporto di ‘Reporter senza frontiere’ sulla libertà di stampa nel mondo, l’Ita-

Telese in redazione

lia occupa il 73° posto della speciale graduatoria, meno 24 rispetto ad un anno fa. Cosa ne pensa? «Per quanto mi riguarda, questa classifica non

vetta». Negli ultimi anni, in diverse parti d’Europa, sono molti i popoli che reclamano l’indipendenza. L’esempio più eclatante è rappresentato

rispecchia assolutamente quanto avviene in Italia. Nel nostro Paese le notizie non sono occultate: vengono quasi tutte messe all’attenzione dei cittadini.

dalla Catalogna. Riscontra questo desiderio di libertà anche nei meridionali? «Come ha detto lei, questo desiderio di indipendenza lo posso riscontrare in un popolo come quello della Catalogna, non sicuramente in quello del Mezzogiorno d’Italia. Per far comprendere il bisogno di ‘separazione’, manderei i meridionali per qualche giorni proprio dalle parti di Barcellona».

C’è sicuramente un pizzico di servilismo, che del resto troviamo nell’informazione di tutti i Paesi del mondo. Penso che nei giornali e nei tg italiani ci sia un pluralismo di informazione. Per questo motivo, non condivido la classifica che ci vede così lontani dalla


L’Intervista

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ANDREA PANCANI SULLA QUESTIONE MERIDIONALE “MANCA LA VOGLIA DI APPROFONDIRE LA STORIA”

ndrea Pancani, giornalista conduttore televisivo e docente quando si presenta ci tiene subito a chiarire che nonostante sia napoletano: "non so nuotare e la pizza non è il mio piatto preferito” un modo come un altro per allontanare i soliti luoghi comuni. Sposato con

Andrea Pancani

una donna per metà americana, padre di un bimbo di 9 anni circa predilige Mozart, Vivaldi, Keith Jarrett, la Pausini e la Vanoni e se non avesse fatto il giornalista, a detta sua, oggi sarebbe un sarto di successo. Dopo aver collaborato con la Rai ed alcune emittenti locali, nel 1987 fonda “Vogliadiradio” tra i primi esperimenti di talk-radio italiani. Approda poi a Telemontecarlo, poi divenuto La7, nel 1989 come inviato di cronaca e successivamente per gli esteri occupandosi, tra le altre cose de la caduta del muro di Berlino e della prima guerra del Golfo. Nel 2002 poi arriva la trasmissione Omnibus contenitore del mattino de La7 di informazione e approfondimen-

SIMONA BUONAURA

to con rubriche, ospiti, rassegna stampa, aggiornamenti sul traffico, previsioni meteo, dibattito sul tema del giorno. Lo abbiamo contattato per chiedergli il suo punto di vista sul nostro approfondimento ed ecco cosa ci ha detto:

Come vede il fatto che nei grandi mezzi di comunicazione manchi

l’informazione in merito alla questione meridionale? «Purtroppo è la verità credo che il meridione subisca questa realtà per tre motivi principali: prima di tutto perché la politica è molto autoreferenziale e quindi “romanocentrica” che punta alle lobby ed al palazzo in generale; poi sicuramente c’è anche una pigrizia da parte della classe giornalistica nel suo insieme che si stanca di approfondire su un argomento e quindi effettua solo un mero copia e incolla senza avere quel sacro fuoco della curiosità che dovrebbe animarlo; credo infine che più genericamente ci sia una rimozione dei fatti reali e quindi una sottomissione agli stereoti-

pi. La soluzione manco a dirlo può trovarsi solo in una rivoluzione mentale e culturale».

Questa sua risposta, almeno il punto due ci offre il “la” per una domanda circa la questione del reperimento e del controllo delle fonti «Io noto un appiattimento dell’informazione che mi

preoccupa molto, anche se va considerato che viviamo un momento storico dell’editoria in cui i bilanci ed il budget sono importanti e quindi talvolta non essendoci molto personale non si ha il tempo per poter approfondire sempre talune informazio-

Andrea Pancani in studio

ni, è una sorta di corresponsabilità. Non credo che siano gli ordini professionali che possano fare qualcosa credo invece che sia il buon senso del giornalista che debba prevalere. Piuttosto credo che i corsi professionali obbligatori dovrebbero essere più tecnici e più specifici per la professione».

In merito a “Omnibus” riceviamo dai nostri lettori segnalazioni che vedrebbero la trasmissione un po’ troppo filoRenziana ma poco attenta ai problemi del meridione in generale, se non per parlare della terra dei fuochi e vicende similari purché in chiave negativa. Cosa si sente di rispondere? «Allora in merito a quanto dice sul meridione purtroppo è vero, ma è un cliché che il Sud paga. Per quanto riguarda la trasmissione posso dire che io sono molto laico nei miei atteggiamenti ovvero né pro, né contro ma cerco di offrire l’informazione pura così


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Durante una puntata di Omnibus

com’è. Posso dire che siamo una delle poche trasmissioni in cui chi viene può parlare davvero e approfondire quanto dice. La questione Renzi in parte è vera ma solo perché il premier ormai si è impossessato dell’agenda dell’informazione. Quindi non parlare di Renzi significa non approfondire l’attualità. Anche se posso dire che stiamo cercando di virare sempre più dando la parola alla società civile, alla scuola a coloro che nonostante tutto si rimboccano le maniche e vanno avanti».

Come vede il rapporto tra l’Europa che si sta disegnando secondo le linee Merkel-BCE e le regioni storiche che la compongono senza riceverne il rispetto delle singole identità? Pensa che ci sarà uno sviluppo politico contrapposto da parte delle regioni d’Europa che si stanno ribellando a questa sorta di omologazione?

«Credo che sia difficile in un mondo così complesso riuscire a far conciliare una federazione di Stati anche se secondo me la soluzione optimun sia da ricercare proprio nella realizzazione degli Stati Uniti d’Europa che possano condividere non solo una moneta ma una serie di parametri che creino anche un’identità del continente unito. Devo dire che questa Europa se da una parte vede la Germania della Merkel dominare sugli altri come una matrigna, dall’altra ha garantito una pace, tenendo da parte i fatti di Kiev ed Ucraina, che i nostri genitore forse non avevano». Reporter senza Frontiere, come ogni anno ha stilato il World Press Freedom Index, calcolando le performance di 180 Paesi in base ad una serie di criteri che includono il pluralismo dei media e l’indipendenza, il rispetto per

l a sicurezza e la libertà dei giornalisti, il contesto legislativo, istituzionale e strutturale in cui operano i media. In cima alla lista, compaiono tre Paesi scandinavi: la Finlandia, la Norvegia e la Danimarca. Tra gli ultimi posti invece, il Turkmenistan, la Corea del Nord e l’Eritrea. L’Italia si piazza al 73esimo posto, dopo Senegal e Repubblica di Moldavia. Cosa ne pensa della classifica? Perché in Italia c’è questa situazione a suo avviso? «Premesso che in generale le classifiche mi lasciano molto scettico, anche que-

L’Intervista sta volta devo dire che non sono d’accordo. Credo infatti che in Italia ci sia una buona libertà d’informazione, io ad esempio posso affermare che a La7 abbiamo la libertà di approfondire determinati argomenti con tranquillità senza avere i cosiddetti paletti. Questo secondo me è dovuto al fatto che ho un editore puro ovvero che, a parte il Torino calcio, Urbano Cairo si occupa solo di questo e quindi è vicino al mondo dell’informazione e lo valuta come tale non come un affare o una società come magari possono interpretare la maggior parte degli imprenditori-editori. Ritornando alla domanda io credo che più che una reale mancanza di libertà di stampa sia la percezione di essa che si ha che porta a dire che manchi».

Da meridionale conosce le vicende legate al brigantaggio postunitario del 1861? Quale è la sua visione sui fatti di allora? Ho solo un’infarinatura generale della cosa che risale al tempo degli studi scolastici, lo ammetto! Però mi sento di dire che se ognuno facesse uscire fuori il brigante che ha dentro in modo pragmatico, non con i tweet o post su Facebbok, credo che questo mondo sarebbe migliore».


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l’Informazione

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ERA DIGITALE E LIBERTÀ D’ESPRESSIONE QUADRO NORMATIVO ASSENTE

A

ppare netto il collegamento che esiste tra democrazia e libertà, da una parte, e informazione, dall’altra, sin dal periodo ellenico. Si pensi al grande Aristotele che ebbe modo di porre l’accento sulla democrazia che può fruttare in un ambito sociale fondato sulla libertà. Aggiungeva anche che l’esercizio di questa libertà richiede mezzi e conoscenze particolari che possono provenire soltanto dall’informazione, come precondizione della partecipazione democratica alla vita politica e mezzo per accedere ai meccanismi di controllo sociale del potere. Nei secoli, altri grandi filosofi hanno evidenziato che l’accesso all’informazione avrebbe cagionato una partecipazione più ampia dei cittadini. Oggi, il cittadino è nella posizione di accedere in

G IUSEPPE PACCIONE

modo immediato alle informazioni, grazie alle nuove tecnologie, come internet; potremmo dire che il cittadino entra nell’agorà al fine di essere pienamente partecipe alla vita democratica della società in cui vive.

La distribuzione dell’informazione da parte dello Stato si piazza nell’ambito del concetto di trasparenza della gestione pubblica su cui si basa il controllo generale del cittadino sulle decisioni e attività del suo governo. Tale trasparenza della cosa pubblica si realizza con le informazioni che devono circolare in maniera libera e assicurando il reale accesso a tutti i cittadini. È ben noto che ogni Stato democratico statuisce la libertà d’informazione annesso al principio di libero accesso, ma queste buone intenzioni cozzano di sovente con il problema molto evidente, come quello che non è

garantito un vero accesso e effettivo all’informazione pubblica, ostacolando in tal modo al cittadino il totale esercizio dei suoi diritti democratici.

La società in cui viviamo oggi si trova ad affrontare una serie di sfide, come, ad esempio, il fatto che internet è uno strumento non del tutto conosciuto, ma diffuso. Circa la regolamentazione sul piano internazionale dello strumento internet l’articolo 19 della Dichiarazione Universale dei Diritti del Uomo del 1948 costituisce il fon- Aristotele damento tutt’ora valido. Un’altra sfida deriva dal destinatario, ma fonte d’infatto che si è passati da formazione (si pensi ai netuna struttura dove esiste- work come Facebook, twitva un solo emittente e mol- ter, ecc.). Si constata ti ricettori ad un’informa- anche come il lavoro del zione globale da entrambe giornalista si sta tramutanle parti. Rispetto al passa- do da mero resoconto dei to il cittadino diviene non fatti ad ambito di chiunque possa divenire opinion maker e, quindi, dare un contributo nei processi decisionali.

Un’ulteriore sfida concerne il bisogno di avere protagonisti capaci di porre in risalto le informazioni davvero vere per i processi decisionali, id est si tratta di un’attività che si completa con una missione a favore della società, soprattutto a quella dove dare voce a coloro che voce non hanno. Un’altra sfida potrebbe essere quella di favorire il


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15 giusto equilibrio fra la libertà d’espressione e il coacervo degli altri diritti che potrebbero scontrarsi con la prima. Mettere filtri o blocchi in modo unilaterale non favorisce la sua efficacia ovvero si rivela alla fine inefficace. Solamente mercé un approccio di condivisione è possibile trovare ogni soluzione durevoli ed efficaci. Per essere chiari, si va sempre più asserendo la convinzione che sarebbe da prediligere un parametro di autoregolamentazione. Questo nuovo modo di gestire i rapporti e le possibili controversie in rete sono presenti

in alcuni Stati ed è stimolato dal ragionamento che, prima di introdurre conte-

l’Informazione

nuti illegali o suscettibili di cagionare reazioni da utenti, altri una specie di auto restrizione potrebbe portare ad un approccio di prevenzione.

Ciò trova riscontro negli standard etici del giornalismo, nei commenti fatti su base uguale dagli utenti a contenuti immessi anteriormente in rete e nel fatto che il principale risvolto della

libertà di espressione è l’assunzione delle responsabilità che derivano dal

www.ilBrigante.it

Dacci oggi il nostro Sud... quotidiano ON LINE

suo esercizio. Istituire programmi educativi e di interventi di awareness raising può dare un contributo decisivo nel promuovere concetto e pratica di una rete sicura, in cui la salvaguardia dei diritti della persona umana e delle libertà fondamentali tenga in considerazione di aspetti di equità, come nel caso del diritto alla libertà di accesso alle informazioni e del diritto alla privacy.

Cercare un equilibrio fra accesso equo e processo di libera circolazione delle informazioni e delle idee, da una parte, e sicurezza della rete nel suo insieme, dall’altra, rappresenta un esercizio di per sé molto duro, considerate le molte-

plici sfaccettature e angolazioni che risultano tra loro interconnesse. Tutto ciò si basa sul principio cardine, in base al quale i diritti umani da proteggere online debbano essere chiaramente identici da assicurare offline.

Appare dunque evidente che affrontare le nuove sfide transnazionali legate all’uso di internet presuppone la messa a punto di strumenti adeguati, adatti ai contesti multilaterali, eliminando il più possibile le cosiddette aree grigie, dove possono insinuarsi le violazioni e le limitazioni dei diritti umani, dovute, in definitiva, alla mancanza di un quadro normativo tuttora in via di definizione.


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l’Impresa

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VITULANO MARMI

Storia di una famiglia di artigiani

marmi ornamentali di Vitulano sono famosi in tutto il mondo, rappresentativi non solo della Campania, ma soprattutto fiore all’occhiello del Sannio beneventano: hanno una varietà di

Gennaro Esposito

colori unica al mondo che si intreccia con la storia di Napoli per la sua scoperta e diffusione. Intorno alla metà del Settecento fu Luigi Vanvitelli uno dei primi estimatori. Carlo III di Borbone Re di Napoli desideroso di erigere un complesso che potesse competere con Versailles e con tutte le residenze degli altri paesi, incaricò l’architetto di realizzare un palazzo reale e abbellire la costruzione, di quella che sarà appunto la Reggia di Caserta, con marmi e pietre esclusive. Dopo un’attenta ricerca per la scelta delle Cave idonee allo scopo, l’archi-

VALENTINA G IUNGATI

tetto Vanvitelli scelse di sfruttare le Cave dei Marmi di Vitulano, i cui giacimenti sono localizzati a sud-est del complesso del Taburno. La decisione, accolta con entusiasmo dalla famiglia reale, fu definitiva sia per le grandi quantità disponibili che per la bellezza e le sfumature eccentriche di quei marmi che avevano impressionato l’architetto. Divenuto un vero patrimonio della città, si decise di realizzare anche una strada apposita, il Trattugo Regio, per facilitare i collegamenti tra la capitale del Regno e le Cave del Taburno Camposauro. Il marmo si diffonderà rapidamente in tutti i palazzi reali di Napoli, Portici, Pompei (vedi la Reggia di Portici, Palazzo Reale, Palazzo di Capodimonte, Museo di Napoli, Teatro San Carlo) per essere poi esportato in Francia, Inghilterra, Mosca.

La gestione fu affidata un tempo alle famiglie Esposito e Scarfoglio che hanno lavorato in piena sinergia per anni. La famiglia Scarfoglio ha poi ceduto le azioni determinando la nascita della società Vitulano. Dal 1980 la società Vitulano Marmi s.r.l. è proprietaria esclusiva della Cava del Vanvitelli, Cava URIA,

da cui appunto prende il nome il marmo rosso Uria. La società, pur stando al passo con i tempi, ha mantenuto intatti gli accurati parametri e il pregio della lavorazione artigiana, stabilendo canoni altissimi per il rispetto dell’ambiente storico. Attualmente a capo della società che gestisce la Cava dei marmi di Vitulano c’è Gennaro Esposito, ultimo discendente della famiglia che abbiamo intervistato per scoprire qualche dettaglio sulla lavorazione e sulla storia del marmo e scoprire cosa vuol dire oggi essere un’azienda del Sud..

Come si è sviluppata la storica azienda Vitulano Marmi? «La società nata nel 1977 e proprietaria della storica cava porta avanti un attività imprenditoriale frutto di tre generazioni, condivisa fino ai primi anni del ‘900

Oggettistica

anche con la famiglia Scarfoglio (fondatori del Mattino di Napoli), con la stessa passione dell'epoca allo scopo di promuovere e valorizzare questi marmi che fin dal ‘700 incantarono con le loro splendide venature naturali dapprima l’Arch. Luigi Vanvitelli e poi Re Carlo III di Borbone, tanto da utilizzarne in grande quantità per la realizzazione della Reggia di Caserta e di tanti altri edifici e palazzi storici della nostra regione».

In cosa consiste il progetto Uria? «Il progetto “Uria” prende il nome dalla storica cava e nasce con l’obiettivo di creare una nuova linea di oggettistica di pregio realizzata con rinnovate e più moderne tecniche artigianali da promuovere anche sui mercati esteri valorizzando sia la bellezza che gli effetti decorativi di questa pietra ornamentale.


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17 Questi marmi protagonisti da secoli nella vanvitelliana Reggia di Caserta come al Cremlino di Mosca, in Europa (Francia ed Inghilterra) come in Australia e Stati Uniti hanno ancora tanto da dire ed offrire all’economia interna del Sannio ed al mercato lapideo in generale».

Un’azienda del Sud che esporta un modello di economia sostenibile… «La ripresa dell’attività estrattiva, oggi nuovamen-

l’Impresa

Per quanto riguarda la destinazione dei materiali ritenuti non idonei al successivo processo produttivo di lavorazione e/o commercializzazione, essi potranno essere reimpiegati nel sito per la successiva ricomposizione ambientale senza subire alcun tipo di trasformazione o alterazione».

Cosa dovrebbero fare le aziende meridionali, affinché emerga una

Oggetto in marmo

perché ci si occupa così tanto dei problemi esteri banalizzando la questione meridionale? «Siamo stati vittime in questi anni di una cultura della sopravvivenza avendo avuto rappresentanti delle istituzioni e degli enti locali incapaci di valorizzare in modo adeguato le risorse presenti sul nostro territo-

vità parallele e di dubbia provenienza di farla da padroni imponendo prezzi e regole che nulla hanno a che vedere con il libero mercato. Questa situazione ormai da anni presente e ramificata in ogni settore sui nostri territori non ha fatto altro che penalizzare ulteriormente il meridione

Scalone interno Reggia di Caserta

te autorizzata e sottoposta a costanti controlli e stringenti norme di legge imposte dal P.R.A.E. vigente (Piano Regionale delle Attività Estrattive), è improntata su un modello di coltivazione mirato e responsabile nel pieno rispetto dei luoghi e dell’ambiente circostante. L’estrazione di questi marmi pregiati, impiegati principalmente per il restauro ed il recupero di edifici e centri storici della nostra regione, viene suddivisa in precisi lotti temporali che prevedendo anche limiti quantitativi rispondono alle effettive esigenze di mercato.

voce chiara su quanti lavorano con dedizione e realizzano progetti unici? «Per prima cosa abbandonare quegli schemi culturali retrogradi ed individualistici che non consentono di fare sistema alle imprese rafforzando i comparti produttivi dello stesso Blocco grezzo semisquadrato settore per sfruttare al meglio le opportunità rio, rallentandone quindi oggi offerte dai mercati non solo lo sviluppo ma in esteri». alcuni casi bloccando il decollo di nuove iniziative L’informazione che non imprenditoriali sane, perripaga la Nostra storia: mettendo così ad altre atti-

aumentando sempre di più, nostro malgrado, il divario economico e culturale già esistente con il resto del nostro Paese».


la Svolta

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MUOS, IL TAR ACCOGLIE IL RICORSO MAURIZIO MEROLLA

va negata la possibile interferenza del segnale delle parabole con quello degli aeroporti, aspetto spesso considerato secondario, ma che non lo è affatto”.

L

Bandiera Comitati No Muos

o scorso 13 febbraio il TAR di Palermo ha accolto il ricorso presentato dal Comune di Niscemi, coadiuvato dai comitati locali, dichiarando che il MUOS, sistema di comunicazioni satellitari che prevede la costruzione di quattro satelliti e quattro stazioni di terra, una delle quali si trova appunto a Niscemi, potrebbe causare danni alla salute dei cittadini. Questo però è solo l'ultimo atto (almeno per il momento) di una vicenda che perdura dal 2006, anno in cui l'allora Ministro della Difesa Arturo Parisi diede l'ok al progetto. Tanti dunque fino ad oggi gli eventi susseguitisi e che hanno portato alla sentenza del TAR, non senza capovolgimenti di fronte, sia sul piano politico che su quello legale. PARLA UNO DEI LEGALI DEL NO MUOS Abbiamo contattato Paola Ottaviano, uno dei responsabili legali del Coordina-

mento Regionale No Muos per fare chiarezza su una sentenza e una vicenda a dir poco intricata. “La sentenza è chiara ed è molto importante – esordisce Ottaviano – per due motivi: innanzitutto vi è l'annullamento della revoca dell'autorizzazione effettuata dalla Regione Sicilia nel marzo 2013. L'annullamento, piuttosto che una revoca, non è un semplice cavillo, ma è di importanza sostanziale. La revoca infatti diviene esecutiva dal momento in cui vi è la decisione. Al contrario l'annullamento sottintende un vizio nella forma e rende illegittimo l'intero procedimento sin dall'inizio. Ciò significa che il Muos è una costruzione abusiva. Il secondo motivo è che il TAR ha evidenziato una carenza d'istruttoria nell'iter delle autorizzazioni e negli studi effettuati dall'Istituto sanitario, non considerati esaustivi per garantire la non nocività dell'impianto. Infine negli studi precedenti non veni-

Tra autorizzazioni, revoche e revoche delle revoche la vicenda potrebbe essere poco chiara. Facciamo dunque un passo indietro e ripercorriamo gli eventi più importanti e le battaglie legali portate avanti da Comitati e Coordinamenti. Il primo ricorso è stato presentato nel 2011 dal Comune di Niscemi in merito alle autorizzazioni rilasciate dalla Regione. Il 3 marzo 2013 la Regione revoca le autorizzazioni concesse e il Ministero della Difesa impugna la revoca. Il 24 luglio dello stesso anno la Regione fa un passo indietro e revoca la revoca, ripristinando così le autorizzazioni. Lo stesso giorno si svolge-

va la prima udienza del CGA, il secondo grado del TAR, che però non si pronuncerà ma rimanderà la sentenza per integrare la deposizione del Prof. D'Amore”. Grazie a tale rapporto, che evidenziava i pericoli che il Muos potrebbe causare, il TAR si è espresso per il suddetto annullamento. Lo stesso TAR ha dichiarato esplicitamente che il rapporto dell'Istituto Sanitario non era stato preso in considerazione, poiché alcuni esponenti dell'Istituto si sono dissociati da tale relazione invalidando di fatto quello che era stato presentato come parere dell'intero istituto. A questo occorre aggiungere inoltre che l'IS è un organo ministeriale ed essendo una delle parti in causa proprio il Ministero della Difesa (che fa le veci del Governo statunitense) il conflitto d'interessi risulta evidente.

GARANTIRE LA SENTENZA Ottenuto l'importante suc-

Tre delle quattro parabole dell'Impianto


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19 cesso in tribunale, bisognerà garantire ora l'esecutività della sentenza e a questo riguardo il fronte No Muos promette di essere vigile. Non sono mancati difatti anche in passato episodi che hanno mostrato la violazione delle disposizioni delle precedenti sentenze, come quando dal marzo al luglio 2013 i lavori all'impianto sono proceduti nonostante la revoca fosse in atto. Non sono mancate le proteste dei No Muos, ma le denunce degli attivisti però non hanno avuto esito, secondo l'avvocatessa siciliana:

Riassumendo, da una parte c'è il Comune di Niscemi e il fronte No Muos, supportati anche da Legambiente, dall'altra il Governo Italiano, quello statunitense ovviamente e... la regione Sicilia rappresentata dal Presidente Crocetta che, senza scendere nel merito delle parti, è stato sicuramente colpevole di un atteggiamento a dir poco confuso.

Murales No Muos

messe non sono state mantenute. Egli ha dapprima revocato la revoca delle autorizzazioni per poi ritornare sui suoi passi più di una volta dopo la sentenza del TAR. Allo stesso modo anche il Governo italiano ha operato in maniera ambigua come denunciato dal Coordinamento No Muos, attraverso procedimenti non costituzionali, con la stipula di un accordo tra il Ministro della Difesa e un Colonnello americano avallando ogni intervento del Parlamento. A provare tali accuse vi sarebbero i documenti intercettati da Anonymous, contenenti messaggi privati in cui le parti in causa ammettono

“Nessuna Procura ha indagato sul fatto che un cantiere che avrebbe dovuto essere chiuso risultava ancora operante. Al contrario i tribunali si sono occupati esclusivamente degli attivisti che hanno protestato”. Anche in questi giorni, stando alle denunce di cittadini niscemesi, il Muos sembrerebbe attivo. Alcuni abitanti della zona avrebbero visto le parabole muoversi, con una spia intermittente accesa, a testimoniarne l'utilizzo.

L’ASPETTO POLITICO DELLA VICENDA La parentesi conclusiva, d'obbligo, è sull'aspetto politico della vicenda.

Nella campagna elettorale che precedette le elezioni regionali ,infatti, Rosario Crocetta sposò la causa No Muos, ma le sue pro-

la Svolta

di aver intrapreso i lavori delicato in cui l'impianto si già nel 2008, senza le autorizzazioni dunque (che probabilmente già di sapevano ottenere), che avrebbero poi avuto solo nel 2011. Oltre alle autorizzazioni mancavano le certificazioni antimafia, condizione necessaria nel paese per concorrere Scritta contro Crocetta ad appalti pubblici. La sentenza del trova, vista la vicinanza TAR è sen- della base americana z'ombra di all'impianto Petrolchimico dubbio un di Gela, alle 46 antenne c a p i t o l o presenti nella base militare i m p o r t a n t e , americana all'interno della ma resta una Sughereta sempre attive sentenza di dal 1991, che peraltro, primo grado secondo una recente attiche verrà vità di monitoraggio sforesenza dubbio rebbero i limiti imposti dali m p u g n a t a . la legislazione italiana. Se da un lato i coordina- Il Muos dunque andrebbe menti conti- ad aggiungersi a una nuano la loro situazione già incerta di opera, presentando delle per sé in materia ambiendiffide agli enti amministra- tale. A questo andrebbe tivi coinvolti affinché diano aggiunto anche il pericolo esecutività alla sentenza, che questo potrebbe rapdall'altra c'è il Governo che presentare in quanto obietchiede una sospensione della sentenza che permetterebbe al Muos di tornare in funzione fino al giudizio in secondo grado. In caso di riattivazione del Muos, i rischi alla salute deriCelebre scritta Yankees Go Home su recinzione vati dall'esposizione di raggi o onde potrebbero avere tivo sensibile in caso di conseguenze devastanti eventuali conflitti, ipotesi nel lungo periodo, consi- che al momento è tutt'altro derando anche il contesto che irreale.


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il Mistero

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ETTORE MAJORANA, CASO ARCHIVIATO?

n mistero che va avanti dal 1938, quello della scomparsa di Ettore Majorana, uno degli scienziati più brillanti del-

Ettore Majorana

l’Istituto di Fisica di Via Panisperna a Roma. Di origini siciliane si laurea in fisica con il Prof. Enrico Fermi con il quale ha un rapporto molto conflittuale, nel corso dei suoi studi, Majorana scopre la composizione dell’atomo. Comprende che è composto da protoni e neutroni. Una scoperta che avrebbe cambiato la storia, ma che non volle mai pubblicare, definendola come “cose da bambini”. Forse aveva realizzato che la sua intuizione avrebbe inciso sull’ideazione della bomba atomica, invenzione alla quale la scoperta della composizione dell’atomo è strettamente correlata. Forse era semplicemente un uomo introverso e schivo. Forse era gay…forse… forse… forse… Tante sono le piste seguite e le ipotesi formulate nel corso

CARLA SCHIAVO

di questi anni, tante le testimonianze raccolte che hanno dato sempre false speranze e deviato le indagini. Per ora l’unico dato certo è che scomparve nel 1938 lasciando solo delle

lettere. Oggi si aprono nuovi scenari, nuove piste da seguire per tentare di dar risposte a domande che i familiari e tutta l’Italia, si pongono da anni. Perché? Dov’è? È stato esilio volontario o è interceduto da qualcuno? Cosa l’ha spinto ad un tale gesto? Domande irrisolte che hanno sete di sapere. Poi si apre una nuova pista: spunta una fotografia. È stata scattata in Venezuela nel 1955 ed il presunto Majorana conosciuto con il cognome di Bini appare insieme a Francesco Fasani, un emigrato italiano. Il nome non corrisponde ma questo è sicuramente il dettaglio meno influente. Accertato ciò, la procura, dopo aver riaperto il fascicolo nel 2011, ha archiviato il caso. La fotografia analizzata dai Ris

sembra aver portato alla conclusione del caso. Lo scienziato secondo la Procura di Roma, non si sarebbe suicidato, né si tratterebbe di omicidio ma di esilio volontario. Tante le ipotesi formulate negli anni sulla vicenda. Una delle più accreditate è quella che lo scienziato sia morto di tisi o di Cancro nel 1939 nella Clinica del Dott. Mario Ceravolo a Chiaravalle, ipotesi che troverebbe riscontri anche nelle ricerche effettuate da Stefano Roncoroni critico cinematografico e regista, discendente dalla stessa famiglia di Majorana che attraverso le sue ricerche offre interpretazioni che aprono nuovi scenari riportati nel suo libro “Ettore Majorana, lo scomparso”.

Oggi si archivia il caso, ma lo si fa con un punto interrogativo. È verosimile l’ipotesi che Ettore Majorana sia morto nel 1939? «Il mio libro, scaturisce da un articolo inedito di Giuseppe Majorana, in cui mi sono imbattuto facendo le mie ricerche a Catania. L’articolo è custodito nella biblioteca Gian Battista

Caruso ed è l’unico documento esistente scritto da un componente della famiglia Majorana. Dall’articolo, che sembra essere un coccodrillo (un documento già preparato dalle redazioni e pronto ad esser pubblicato in caso di morte di un personaggio di spicco), si evince con chiarezza che il capofamiglia Giuseppe Majorana sa che Ettore è morto un anno dopo la sua scomparsa. Un'altra pista che avvalora l’ipotesi dell’esilio volontario prima della sua morte è che ad una settimana dalla sua scomparsa, Ettore era stato ritrovato, come attestano numerosi documenti della polizia, ma poi scomparve di nuovo. Un chiaro segno per cui la polizia smette di cercarlo».

Ma perché è morto? E dove è stato sepolto? «Non ho potuto dare tutte le notizie di cui sono a conoscenza, in quanto altre di esse sono state tramandate oralmente, non c’è nulla che le attesti. Spero che presto possano esserci delle dichiarazioni ufficiali da parte della famiglia e che si possa rompere questa sfera di cristallo

Il fisico e a destra una sua presunta immagine del 1955


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il Mistero

21 dentro la quale è contenuto il riservo che la famiglia Majorana mantiene da oltre 70 anni».

A chi si rivolge il suo libro ? «In generale a quanti negli anni si sono interessati alla vicenda: lettori, scrittori e giornalisti. Ma in particolar modo è indirizzato a quella trentina di persone che conoscono i risvolti di questo mistero e che io sono intenzionato a convincere a cedere agli altri per render di demanio pubblico la verità». Roncoroni - Storici di Chiaravalle Centrale due teorie a confronto. Per fare maggiore chiarezza abbiamo ascoltato anche lo storico di Chiaravalle, Mario Domenico Gullì.

Lei avalla l’ipotesi di Stefano Roncoroni sulla morte del fisico? «Si, io ed il Dottor Corati di Chiaravalle Centrale, dalle notizie che abbiamo avuto,

ricostruendo l’andamento della vita di Majorana, ci siamo accorti che lo scienziato aveva una malattia ai polmoni. Non entriamo nel merito di che genere di malattia potesse essere ma abbiamo buoni motivi di crederlo».

In che maniera siete risaliti alla sua cartella clinica? «Non siamo riusciti a risalirvi perché negli anni successivi, è stato cambiato l’orientamento terapeutico della clinica, inoltre ci è stato d’impedimento anche il falso nome sotto cui riteniamo che fosse registrato Majorana».

Dunque la vostra ipotesi su che elementi si basa? «Il mio collega, Corati è un discendente della famiglia Castiglione – Morello di Chiaravalle. Questa famiglia nel 1920 era proprietaria del Cimitero di Chiaravalle. In seguito, secondo la legge vigente all’epoca, la famiglia ha ceduto il suolo, riservandosi però il diritto di tenere delle cappelle. All’interno di una di esse non si sa chi vi sia sepolto e si pensa da testimonianze raccolte e da fotografie, purtroppo ora andate perdute, che potesse trattarsi della figura di Majorana. Abbiamo modo di pensare ciò anche perché negli anni sono sempre arrivati dei fiori finti come si usavano all’epoca, provenienti da

Catania. Un altro elemento che ci ha indotto a formulare que-

vere il mistero».

Ma tiriamo le somme.

A sinistra Fasani, a destra Bini-Majorana

st’ipotesi sarebbe che Sciascia nel suo libro parla di una zona boscosa e noi l’abbiamo associata a San Giovanni Bosco a cui era intitolata la clinica. Altra pista seguita quella riguardante l’On. Ceravola, fondatore della Clinica don Bosco, il quale ha studiato a Pisa e si è laureato negli anni 20’. Proprio in quel periodo nell’ateneo c’erano i vari scienziati che poi sono stati gli autori della bomba atomica tra cui anche Majorana, Gentile Jr ed altri. Supponiamo che la loro conoscenza possa esser avvenuta là».

Majorana, lasciò che la sua scoperta fosse attribuita e pubblicata da Heisenberg ed allora le teorie che portano alla risoluzione del rebus dell’esilio volontario confluiscono in un unico punto: la coscienza etica dello scienziato contemporaneo. In conclusione Majorana, raggiungendo un tale grado di conoscenza in ambito scientifico, è stato capace di vedere all’orizzonte le eventuali catastrofi a cui l’uomo ed il mondo andavano incontro. Era uno scienziato ma in lui era presente l’importanza del

Quindi lei è concorde con Roncoroni sulla data di morte di Majorana? «Si la data corrisponde alle nostre ricerche, perché il Ceravola fondò la La foto della bandiera sequestrata ad una clinica verso il 32- Stefano Roncoroni 33 a Chiaravalle. La data valore etico della vita. Così inoltre corrisponde anche lasciò ad Enrico Fermi la ad altre ipotesi che sono responsabilità dell’invenstate formulate da alcuni zione della bomba atomimedici. ca. Si esiliò volontariamenIn conclusione noi profon- te per poi morire l’anno deremo il nostro impegno successivo, così come rivolto ad ottenere il per- Roncoroni e gli storici di messo di riaprire quelle Chiaravalle sostengono. tombe anonime per risol- Caso archiviato?


l’Identità

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L'UNITÀ D'ITALIA? GRAZIE AL CANALE DI SUEZ

I

l canale di Suez, in Egitto, è un budello artificiale navigabile lungo 193 km. Va da Porto Said, sul mar Mediterraneo, a Suez, sul mar Rosso, e consente la navigazione dall'Europa all'Asia senza dover circumnavigare l'Africa sulla

VITTORIO CROCE

vennero approntati dagli ingegneri francesi nel 1833. Nel 1846 fu costituita una “Société d'étude pour le canal de Suez”, che rilevò con grande precisione la topografia del terreno e, soprattutto, dimostrò che la differenza d'altitudine tra le superfici

in Egitto, ottenne dal sovrano Said Pascià la concessione per costituire una società che realizzasse un canale marittimo aperto a navi di ogni nazione da gestire per 99 anni. Il canale fu costruito tra il 1859 e il 1869 dalla “Compagnie universelle du

E, forse, fu per una sorta di risarcimento morale che il 24 dicembre del 1871 portò in scena l'Aida al Teatro dell'Opera del Cairo. Nel 1875 l'elevatissimo debito estero contratto dall'Egitto costrinse Ismail Pascià a vendere la quota del suo paese all'Inghilterra per 4 milioni di sterline. Questa, in rapida sintesi, la storia del canale di Suez. Ora,

Canale di Suez

rotta del capo di Buona Speranza, come si faceva in precedenza. L'apertura del canale è datata 17 novembre 1869.

Fu la Francia che molto si adoperò per la realizzazione e l'apertura dello stesso. L'idea era stata già partorita da Napoleone Bonaparte al tempo della spedizione in Egitto (1799) anche se i primi progetti

resto era della Francia che partecipò all'investimento con più di 20 mila azionisti. L'inaugurazione si tenne il 17 novembre del 1869 alla presenza dell'imperatrice Eugenia, consorte di Napoleone III di Francia, anche se la prima nave era transitata già nel febbraio del 1867. Per l'occasione il noto compositore austriaco Johann Strauss jr compose la “marcia egizia”. Ad onor del vero Said Pascià aveva chiesto a Giuseppe Verdi di comporre un inno che potesse celebrare la circostanza ma il geniale emiliano, sempre restio a comporre musica su ordinazione, rifiutò.

dei due mari era trascurabile e non superiore ai 10 metri, come si pensava in precedenza. Il che, rendendo superfluo l'allestimento di un complicato sistema di chiuse, faceva di molto abbassare i costi di realizzazione. Il progetto definitivo fu redatto dall'ingegnere trentino, anzi tirolese, Luigi Negrelli. Nel 1854 Ferdinand de Lesseps, diplomatico francese

canal maritime de Suez”, diretta dallo stesso de Lesseps.

Alla realizzazione dell'opera lavorarono un milione e mezzo di egiziani: di essi più di 125 mila morirono specialmente a causa delle frequenti epidemie di colera. Il canale restava di proprietà del governo egiziano (44%) mentre il

L'opera che Verdi portò al Cairo


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23 però, si impone una domanda: cosa c'entra tale vicenda con i tumultuosi accadimenti che nella seconda metà del 1860 sconvolsero il meridione della penisola italica? O, per meglio dire, cosa c'entra il canale di Suez con l'invasione che consegnò il Regno delle Due Sicilie ai Savoia? Per comprendere in maniera corretta gli eventi storici si deve sempre e comunque gettare lo sguardo ben al di là dell'angusto scenario fisico dove essi si materializzano. Quando Garibaldi prima e i piemontesi dopo abbatterono “manu militari” il regno borbonico, le grandi manovre per la costruzione del canale di Suez era-

no già iniziate da tempo.

E la Francia, come abbiamo visto, si stava dando molto da fare in tale direzione. Con un unico e solo scopo: acquisire il controllo totale del bacino del Mediterraneo. Scontrandosi, però, con le ambizioni dell'Inghilterra che non poteva di certo permettersi di lasciare campo libero a Napoleone III. Proprio per

questo motivo il Regno Unito decise di appoggiare e di finanziare generosamente l'aggressione piemontese ai danni del Borbone. Così facendo, infatti, sperava di assumere il controllo, sia pure non diretto, dell'Italia meridionale adagiata nel punto nevralgico del Mediterraneo.

dalla successiva apertura del canale di Suez. Un

l’Identità

retorica risorgimentale. Così come ci si è dimenti-

Senza dimenticare l'importanza strategica della Sicilia, dove gli inglesi avevano enormi interessi commerciali, e che già in passato era stata oggetto di feroci contrasti con la Francia, come bene attesta il contenzioso per lo sfruttamento delle miniere di zolfo. E poi, agevolando l'impresa di occupazione sabauda del meridione,

evento di portata gigantesca che andò a stravolgere dalle fondamenta i precari equilibri che fino ad allora

cati di far notare che soltanto la disfatta subita da Napoleone III a Sedan, contro i prussiani di

l'Inghilterra avrebbe definitivamente sottratto il nuovo stato che andava a formarsi dalla potente sfera di influenza transalpina.

avevano caratterizzato i rapporti tra le potenze del continente europeo. Eppure di ciò si parla pochissimo.

Bismark (30 agosto 1870), spianò ai bersaglieri di Cadorna la strada che conduceva a Roma. E allora l'afflato risorgimentale, l'abbraccio fraterno tra nord e sud all'insegna del tricolore e l'esemplare cacciata del “tiranno” borbonico dal suo regno retrogrado ed incivile? Tutte cose da libro “Cuore”. La storia, signori miei, quella vera, è tutta un'altra cosa.

Al tirar delle somme, dunque, si può dire che il Regno d'Italia a connotazione sabauda nacque nel 1860 a causa del contrasto tra Francia ed Inghilterra innescato proprio (e non solo) dalla costruzione e

Cartolina del Canale di Suez

Così come poco o niente se ne è parlato in occasione delle celebrazioni del 150° anniversario dell'unità d'Italia. Sicuramente per non correre il rischio di adombrare o di annacquare la sempre ridondante


l’Evento

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SANTANELLI CI PORTA TRA “RELIGIOSE, MILITARI E PIEDI DIFFICILI” SIMONA BUONAURA

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anlio Santanelli, dopo il successo di “Per oggi non si Cade” torna nelle librerie, ancora una volta con la Giammarino Editore, con una raccolta di 21 racconti dal titolo “Religiose, militari e piedi difficili”. Il volume è stato presentato in anteprima a Roma nella cornice di Palazzo Santa Chiara, a Napoli sarà poi la volta del-

Milena Vukotic la presentazione ufficiale prevista il prossimo 26 Marzo alle ore 19 presso il

Manlio Santanelli

foyer degli studi Rai della città partenopea. Tanti gli amici ed estimatori dell'autore che non hanno voluto mancare all'appuntamento, tra cui l'attrice Milena Vukotic, che in questo periodo sta portando in scena "Regina Madre" uno dei lavori teatrali di Santanelli più apprezzati. L’attrice ha dichiarato: “È stata una magnifica occasione di esibirmi in scena con Antonello Avallone che interpreta mio figlio, ed è un lavoro che mi ha impegnata moltissimo. C’è infatti questa figura materna, molto rappresentativa, che sottolinea la grande complessità di un rapporto madre-figlio. Si tratta di una donna con una personalità molto forte ed ambi-

Gino Giammarino

gua ed è stato interessante scavare queste individualità ”. L'editore Gino Giammarino si è detto felice di questa collaborazione con l'autore, auspicando per la cultura e per la lettura un posto sempre più in primo piano nella vita comune. Introdotto da Rosi Padovani Manlio Santanelli ha voluto rispondere alla domanda che aleggiava in sala più di tutte, ovvero la scelta del titolo. L’autore ha spiegato che lo ha pre-

so in prestito da un’insegna che portava l’esercizio commerciale di un ciabattino nel dopoguerra e che si era specializzato in scarpe per suore, militari e tutti quei piedi che per qual si voglia motivo avevano difficoltà a trovare la giusta numerazione.

Mentre per quanto riguarda la propensione ad un umorismo nero ed al gusto del paradosso ha raccontato un episodio di quand’era bambino che volle un tempo così nefasto che fece addirittura rompere tutti i vetri della sua abitazione. Il padre che era medico non avendo l’opportunità di acquistare tutti i vetri contemporaneamente, siccome quello fu un inverno molto freddo, chiese ad un suo collega radio-


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logo di fornirgli delle radiografie vecchie che furono così messe sulle finestre. Così il giovane Manlio ha avuto per molto tempo

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ni nostri, ho voluto farne una radiografia”. L'attore Vittorio Viviani ha letto due dei 21 racconti che fanno parte del volu-

sui mali e sulle psicosi dei giorni nostri. Così il protagonista di “Vivissime condoglianze” cerca in tutti i modi di consolare even-

Ugo Gregoretti

Vittorio Viviani

queste lastre davanti agli occhi e questo indagare nell’interno gli ha offerto diversi spunti per la sua attività di drammaturgo e scrittore “infatti – ha dichiarato con umorismo – più che una fotografia dei gior-

Silvana Matarazzo

l’Evento

sempre letto e dalla quale ha subìto l’influsso maggiore ovvero Eugène Ionesco, che ebbe parole di apprezzamento per Santanelli, Harold Pinter e Bertolt Brecht.

Il giornalista, autore teatrale e televisivo, regista e attore Ugo Gregoretti, con la solita ironia che lo contraddistingue, ha letto la prefazione del libro che firma, "visto che - ha affermato - nessuno la legge mai in questa occasione ho l’opportunità di imporre questo supplizio”. Lo scrittore poi si è fatto portavoce di una crociata contro le prefazioni".

me, tra l'apprezzamento dei presenti, scegliendo, solo per questione di tempo, i due più brevi della raccolta ovvero “Vivissime condoglianze” e “Liberalità” ognuno dei quali pone l’accento su due aspetti della morte visti dall’autore con la

tuali vedove con scritti strappalacrime ed alla fine sarà la sua ad avere la meglio, mentre in “Liberalità” c’è la storia di una storia e di un rene che gira che ti rigira torna laddove doveva stare. Tanti sono i testi nel volume che mettono in eviden-

Interessante l'intervento della giornalista ed esperta di teatro Silvana Matarazzo che ha fatto un'analisi puntuale sullo stile dell'autore, tracciando le linee base della sua poetica ed evidenziando la differenza stilistica tra il Santanelli drammaturgo, che usa un linguaggio più diretto e talvolta in vernacolo, e il Santanelli narra-

solita chiave ironica ma che induce, seppur con un sorriso amaro, a riflettere

za una letteratura dell’assurdo che affonda le radici nella triade che l’autore ha

tore, più aulico e ricercato sia nei termini sia nella scelta della narrazione.


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la Tradizione

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SAN GIUSEPPE

Padre, artigiano e protettore SERG IO ZAZZERA

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Festeggiamenti in occasione della festa del Santo

arà la sua Paternità divina, sarà il rispetto che incute la sua età avanzata, certo è che un po’ dovunque, ma soprattutto a Napoli, san Giuseppe è fatto oggetto di una venerazione che eccede i confini del sacro e si addentra nelle profondità di un universo profano, vera manna per l’antropologo. Ben due sono le festività religiose a lui dedicate: quella di san Giuseppe artigiano, fissata al 1° maggio, che ne ricorda il mestiere di falegname, tramandato dagli Apocrifi, e che fu istituita nel 1956, con l’evidente finalità di connotare di religiosità la festa laica del lavoro; l’altra, quella “vera”, che ricorre il 19 marzo, della quale, per ragioni di ordine cronologico, qui ci occupiamo. Orbene, fin dalle prime ore di quella giorna-

ta, la celebrazione di messe si sussegue nella chiesa di San Diego all’Ospedaletto, in via Medina, che però per i napoletani – e senza voler mancare di rispetto al santo francescano spagnolo – è “’a chiesia ‘e san Giuseppe”.

posto in fondo alla navata destra, ch’è il posto d’onore, riservato al personaggio più importante, dopo il titolare; e, poi, l’intero quartiere prende il nome da lui, mica da san Diego. Ma, mentre nella chiesa si alternano canti, musiche

Del resto, la statua del santo troneggia sull’altare

d’organo e nuvole d’incenso, all’esterno, fino a una

trentina d’anni fa, si svolgeva la celebre “Fiera di san Giuseppe”, che occupava non soltanto via Medina, bensì anche, e completamente, via Diaz e via Guglielmo Sanfelice.

Ed era tutta una successione di bancarelle, traboccanti di giocattoli (soprattutto cavallucci di cartapesta e tamburini per i maschietti e bambole e “cucenelle”, ovvero batterie da cucina in miniatura, per le femminucce), ma anche di uccelli, pesciolini rossi, tartarughe e finanche cuccioli di cane e di gatto. Né mancava la “viola di san Giuseppe”, venduta non soltanto nella fiera, ma da tutti i fiorai della città: si tratta di un’infiorescenza a grappolo, che sboccia anche in maniera spontanea, la cui colorazione va dal viola fino al bianco e al rosaceo, che talvolta nell’iconografia si


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27 a velo. I tempi, però, sono mutati, e con loro la salute dell’uomo, ed ecco che diventa sempre più frequente la sua cottura al forno, a scapito della tradizionale frittura nella sugna; tutt’al più, per ingannare lo stomaco, qualche pasticceria scotta nell’olio bollente la zeppola infornata: ma posso assicurarvi che non è la stessa cosa.

San Giuseppe

accompagna al bastone (a quella “mazzarella ‘e san Giuseppe”, cioè, divenuta proverbiale). E la folla che invadeva quelle strade era tanta, che per visitare l’intera fiera trascorreva tutta la mattinata.

Si sa poi che, soprattutto nei giorni di festa, anche il palato reclama la sua parte; e in quello dedicato al padre di Gesù a dominare la tavola era, ed è tuttora, la zeppola. Ma non tanto la ciambellina fritta e avvolta nello zucchero (la “graffa” dei napoletani, lontana parente del “krapfen” dei tedeschi), quanto la vera Zeppola (sì, con la “z” maiuscola), vale a dire, la ciambella di pasta bignè, sagomata con la siringa per dolci, con al centro la crema pasticcera e le ciliege sciroppate, ricoperta da una spolverata di zucchero

E qui salta fuori dalla memoria il ricordo del gigantesco padellone posto davanti alla gloriosa pasticceria Cappuccio, al corso Umberto, proprio di fronte all’Università, che per l’intera giornata del 19 marzo vedeva impegnato un pasticciere a friggere, un altro a guarnire il dolce con la crema, un terzo ad aggiungere le ciliege e, infine, un quarto a spolverare lo zucchero. E dovevano essere tutti molto svelti, perché in alcuni momenti la domanda superava di gran lunga l’offerta. Abbiamo già accennato al fatto che all’universalità del santo corrisponde quella della celebrazione della sua ricorrenza; e, dunque, per limitarci all’area delle “Due Sicilie”, gioverà ricordare i festeggiamenti che si svolgono in numerose località della Sicilia – da Santa Maria di Licodia, a Gela, Lentini, Ribera, Salemi, Leonforte e Valguarnera Caropepe, giusto per ricordare quelle più importanti.

Qui, però, a caratterizzare la festa sono le processioni, precedute talvolta dalla “sbarrata” (scoprimento) della statua del santo, che poi viene issata sulla (fercolo), e “vara” accompagnate, oltre che dalla banda, dallo scoppio di fuochi d’artificio, che liberano nell’aria una miriade di “zaarèddi” (striscioline di carta multicolori), mentre si svolge l’“acchianata” (corsa dei portatori del simulacro).

Ma sono soprattutto i falò a impegnare la parte serale dei festeggiamenti: mancano, infatti, appena due giorni all’equinozio di primavera e le fiamme simboleggiano l’auspicio che la giornata torni ad allungarsi. Infine, è tradizione che, per voto fatto, alcune famiglie offrano – e servano – il pranzo o la cena a gruppi di poveri.

Queste tradizioni sono comuni, altresì, e pur se con qualche variante,

anche a località della Puglia – da Montursi, a Mattinata e a Monte Sant’Angelo – e della Calabria – come Mormanno –, e tutto ciò vale, se

La Viola

non altro, a offrire la dimostrazione dell’esistenza di quella universalità del senso comune che, a nostro aviso, dovrebbe essere alla radice delle tradizioni popolari.

La famosa Zeppola della festività di Marzo


il Punto

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LO STATO DELL’ARTE AL SUD Tra musei, luoghi di cultura e teatri

DEVASTATO IL SITO DEI VITIGNI PIÙ ANTICO DEL SUD Appena poche settimane fa era stata considerata una scoperta che avrebbe riscritto la storia della viticultura dell’intero Mediterraneo occidentale. A farla erano stati degli studiosi dell’Università di Cagliari, che hanno rinvenuto semi di vite di epoca Nuragica, risalenti a circa 3000 anni fa. La scoperta dimostra che la viticoltura in Sardegna era già conosciuta: probabilmente ebbe un’origine locale e non fu importata dall’Oriente. Nel sito nuragico di Sa Osa, nel territorio di Cabras, nell’Oristanese, la squadra di archeobotanici aveva trovato oltre 15mila semi di vite, perfettamente conservati in fondo a un pozzo che fungeva da ‘paleo-frigorifero’ per gli alimenti. Adesso, ad appena un mese dall’annuncio di questa straordinaria scoperta arriva una notizia sconvolgente. Il deputato di Unidos Mauro Pili, infatti, ha annunciato un’azione parlamentare e giudiziaria ravvisando i reati di abbandono e devastazione di sito archeologico. “Reti da pollaio, fango e tracce di gommato – riferisce Pili- in prossimità dei pozzi che come veri e propri proto-frigoriferi ci hanno trasmesso i semi nuragici di vite e melone. E’ un

Cabras-Ricercatori archeobotanici

oltraggio infinito quello che si sta consumando sulle vestigia nuragi-

che della Sardegna, nel sito di Sa Osa, a Cabras”.

IL MERCADANTE DIVENTA ‘TEATRO NAZIONALE’ Importantissimo riconoscimento per il ‘Mercadante’ di Napoli. Per il triennio 2015-2017 ha ottenuto la qualifica di ‘teatro nazionale’, insieme ad altre sei strutture italiane. La notizia è stata accolta in maniera trionfale dai cittadini ma anche dalle istituzioni della città partenopea e della Regione Campania, i quali hanno messo in risalto come questo sia il risultato dell’ottimo lavoro svolto negli ultimi anni. I sospetti però sulle assunzioni rimangono… Il caso delle sospette assunzioni al Teatro Mercadante di Napoli arriva in Parlamento. Infatti il deputato del Movimento Cinque Stelle Luigi Gallo, con un'interrogazione rivolta al ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo Dario Franceschini, ha chiesto di ripetere il concorso per le 15 assunzioni proposte per il rilancio del teatro. Nell'interrogazione, Gallo fa emergere i motivi che rendono sospette le selezioni per la scelta della nuova equipe, che sarà impiegata in attività di ufficio stampa e promozione, produzione, gestione e programmazione, contabilità, amministrazione, ufficio gara ed altro. Cinque figure assunte al Mercadante risultano essere già state impiegate nello staff dell'ultimo Napoli Teatro Festival, la cui direzione artistica è stata affidata a Luca De Fusco, che è l'attuale direttore dell’Associazione Teatro Stabile di Napoli. Delle preselezioni si è occupata la società esterna Adecco, con il compito di verificare la regolarità delle domande. Una Commissione nominata dal CdA dell'Associazione Teatro Stabile di Napoli, invece, si è occupata di invitare i candidati a sostenere i colloqui per la selezione. Un gioco delle parti che è avvenuto con regole poco

chiare. A confermarlo anche la testimonianza di Flavia Varriale, uno dei primi candidati esclusi a denunciare la poca trasparenza nel processo di selezione, che è stata ricostruita all'interno dell'interrogazione che il

Teatro Mercadante

deputato pentastellato ha rivolto al numero uno del Mibact.

CAPODIMONTE, SALVA LA SCUOLA DI PORCELLANA La vicenda dell’accorpamento tra l’istituto ‘Giovanni Caselli’ di Napoli e quello ‘Melissa Bassi’, a partire già dal prossimo anno scolastico sembra aver avuto un lieto fine. È giunta la notizia, infatti, della sospensiva del provvedimento e dell’impegno da parte del governatore della Campania Stefano Caldoro a firmarla. L'accorpamento dell'istituto Giovanni Caselli all'Istituto Melissa Bassi a partire dal prossimo anno scolastico aveva preoccupato tutte le istituzioni e i cittadini di Napoli. Come ricordato anche dall’assessore al Lavoro e alle Attività produttive del Comune Enrico Panini: «Non si è tenuto conto del fatto che l’Istituto Caselli, storica scuola della porcellana di Capodimonte le cui origini risalgono al 1743, data dell’istituzione della Real Fabbrica dei Borbone, ha ereditato la formazione di maestranze di un marchio riconosciuto in tutto il mondo. Infatti, è l’unico centro in Italia che prepara artigiani specializzati nella produzione della porcellana ed ha, tra l’altro, ancor oggi la sua sede nell’antica dimora della Real Fabbri-


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il Punto

29 ca Borbonica delle Porcellane di Capodimonte. L’accorpamento con l’istituto Bassi implicherebbe la perdita dell’identità e l’unicità del Caselli e un danno ingente per il settore dell’artigianato e per l’intero comparto della porcellana». In questi giorni, inoltre, il senatore Stefano Collina aveva presentato una interrogazione al ministro dell’Istruzione e dei Beni culturali per chiedere quali interventi sono previsti per tutelare il settore così radicato a Napoli e in Campania. Dalle ultime notizie, però, il Caselli è salvo: speriamo.

IL TEATRO MARGHERITA PASSA AL COMUNE DI BARI Siglato il protocollo che sancisce l’acquisizione al patrimonio comunale del Teatro Margherita e dell’ex Mercato

Teatro Margherita

del pesce. Previsto inoltre l’accordo per la valorizzazione dei beni in questione tra il Comune di Bari, la Regione Puglia e il Ministero per i beni e le attività culturali e il turismo. "Questo passaggio – spiega in una nota il Comune – è la tappa di un più ampio percorso avviato tra Regione e Comune con la stipula del 'Patto per Bari’ avvenuta a gennaio 2013, che prevede un ampio programma di investimenti da parte delle Regione in favore della città di Bari".

TROVATO TESORO, CI SONO MONETE CONIATE A PALERMO Un gruppo di sub israeliani ha scoperto un tesoro, composto da oltre duemila monete d’oro, molte delle quali sono stati coniante a Palermo. E’ stato considerato uno dei ritrovamenti più ricchi della storia. La più antica delle monete riportate alla luce è un quarto di dinaro coniato a Palermo nella seconda metà del IX secolo

dopo Cristo. I sub israeliani, subito dopo lo straordinario ritrovamento, hanno allertato le autorità competenti, le quali, con l’aiuto di esperti, hanno provveduto a recuperare il tesoro di inestimabile valore.

TARANTO, SCOPERTA STATUA DI NOBILDONNA Due giovani archeologi che erano intenti a sorvegliare i lavori per la costruzione di una tangenziale, hanno rinvenuto a Taranto la tomba di una nobildonna della fine del VI sec. a.C. (l'epoca di Pitagora). Il sepolcro era intatto e contiene il corpo della donna, vasi destinati a unguenti e profumi, una piccola testa in terracotta. Mentre il dibattito sull'ILVA continua, la storia riaffiora a Taranto e ci ricorda in modo inequivocabile che il futuro di questo luogo, come di tutto il Paese, non può essere legato alle sorti dell'industria pesante, ma semmai al destino di arte, creatività, cultura.

A NAPOLI IL PRIMO MUSEO ETRUSCO Si tratta del Museo archeologico etrusco “De Feis”, istallato nell’Istituto Francesco Denza. La collezione - accuratamente studiata, schedata ed allestita in esposizione dall’archeologa Fiorenza Grasso fu creata da Leopoldo De Feis, archeologo e rettore dell’Istituto “Alla Querce” di Firenze, alla fine del XIX secolo. Approdata a Napoli dopo varie vicissitudini su richiesta del padre provinciale Pasquale Riillo, la collezione è stata presentata al pubblico. Il Museo è suddiviso in quattro ambienti, dove sono esposti materiali di diversa provenienza datati tra l’Età del Bronzo ed il periodo imperiale. Nelle sale, corredate di apparati didascalici e pannelli esplicativi, si posso-

Sarcofago De Feis

no ammirare ceramiche di bucchero di

produzione orvietana, tra cui calici decorati “a cilindretto” con teoria di figure e oinochoai “a mascheroni”. Molte sono le testimonianze epigrafiche della lingua etrusca, presenti su supporti ceramici e vasellame in bronzo. Pezzo forte del museo è uno splendido sarcofago etrusco di terracotta, datato all’inizio del II secolo a.C., raffigurante una donna distesa sul letto funebre. Una sezione, inoltre, è dedicata alla donazione ottocentesca dei Marchesi d’Avalos, possidenti terrieri di Montesarchio, l’antica Caudium dei Sanniti. Da questa zona provengono reperti che abbracciano un arco temporale compreso tra il VI secolo e il finire del IV secolo a.C., tra cui si segnalano alcuni crateri a figure rosse di fabbricazione campana. Non mancano nel Museo epigrafi e materiale di produzione romana.

Museo di Winterline

IL MUSEO ‘WINTERLINE’ A RISCHIO CHIUSURA La famigerata spending review di montiana memoria torna a colpire e, purtroppo, lo fa nuovamente al Sud. A causa di uno sfratto, rischia di chiudere il museo storico-militare permanente ‘WinterLine’ di Venafro. Aperto nel 2007 grazie ad un gruppo di cittadini, il museo conserva storia e reperti della battaglia sulla linea ‘Reinhard’, denominata proprio ‘WinterLine’. L’esposizione permanente si trova all’interno di locali resi disponibili, in comodato d’uso, dall’Istituto delle case popolari. A seguito della spending review, lo Iacp si è visto costretto a notificare alla onlus che gestisce il museo un termine di sessanta giorni per sgomberare i locali.



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SAN LEUCIO, REAL OPIFICIO

il Caso

Quale futuro per le antiche sete?

rande attesa in questi giorni per le sorti del Real Opificio serico di San Leucio a Caserta che, se nulla cambierà, il prossimo 3 marzo, rischia di essere sfrattato, in esecuzione dell’ordinanza del tribunale di Santa Maria Capua Vetere. Se così fosse, e nulla interverrebbe per salvarne le sorti, anche l’ultima fabbrica di seta potrebbe a breve lasciare il territorio denominato “Terra di lavoro”.

Il mito serico di San Leucio risale ai sovrani Borbone Ferdinando e Maria Carolina che, quando decisero di puntare su questo settore, capirono che proprio sulla collina alle porte di Caserta poteva sorgere qualcosa di assolutamente innovativo per una società. Il massone Planelli, su ispirazione di numerosi illuministi, e sulla spinta di re e regina, scrisse gli ‘Statuti di San Leucio’. Il testo, in 5 capitoli e 22 paragrafi, rispecchia le aspirazioni del dispotismo illuminato

Macchina per la tessitura

dell’epoca ad interpretare gli ideali di uguaglianza sociale ed economica. Tutte le persone sono uguali e devono essere trattare nella stessa maniera. Una sorta di socialismo primordiale che, a differenza di

tutte le altri parti del mondo, a San Leucio funzionò. Ad ogni operaio del setificio era concessa un’abitazione e veniva trattato nello stesso modo di persone più ricche e potenti. Inoltre, lo Statuto (sicuramente per volontà della regina) poneva grande attenzione al ruolo della donna.

Una vera e propria rivoluzione. Purtroppo, oggi, a distanza di secoli, siamo qui a parlare della più che probabile fine di questo ‘mondo magico’ voluto dai sovrani Borbone. L’immobile dell’Aos, azienda a rischio sfratto, è un edificio moderno e si trova a 150 metri dal Belvedere. I locali in liquidazione sono stati ceduti dal curatore fallimentare a un imprenditore edile. Per saperne di più su questa intrigata questione, abbiamo contattato il proprietario dell’Aos Andrea Sabelli, il quale ha affermato: «L’immobile è stato acquisito dalla Letizia spa. Nei giorni scorsi, c’è stato un incontro in prefettura a Caserta con tutte le parti interessate alla vicenda. Al vertice ha part e c i p a t o anche un rappresentate della società che ha acquistato l’immobile, alla quale abbiamo fatto un’offerta. Speriamo che prima del 3 marzo ci sia una risposta positiva per risolvere la questione». Anche il sindaco di Caserta Pio Del Gaudio, con tut-

ta la sua amministrazione, è sceso in campo per cercare di tutelare una delle eccellenze di tutta la provincia di Terra di Lavoro. «Sull’argomento – ha riferito il primo cittadino abbiamo già approvato un ordine del giorno in consiglio comunale, con il quale blocchiamo ogni possibile

ditta di Sabelli, purché questi versi un regolare affitto. Addirittura, si è detto disposto ad ospitare il ‘Polo serico’ di San Leucio». Proprio il 2 marzo (giornata di chiusura del numero de ‘il Brigante’) c’è stato un nuovo incontro tra Andrea Sabelli e Bartolomeo Leti-

Piazzale Belvedere

speculazione edilizia nella zona dove ora sorgono i capannoni. L’area resterà a destinazione industriale.

C’è stato un incontro con Sabelli per discutere del problema. Il nostro obiettivo, infatti, è quello di salvaguardare il settore d’eccellenza come quello della seta. In questa direzione, l’attività della mia amministrazione è stata molto intensa. Abbiamo concesso uno spazio all’interno del Belvedere alle varie aziende del settore per le loro attività; ho chiesto un incontro con il ministro dello Sviluppo economico Federica Guidi per affrontare la questione e per cercare di siglare un accordo di programma; ho chiesto al presidente dell’Asi di Caserta di mettere a disposizione delle aree per ‘ospitare’ le società seriche. Al di là di tutto, il nuovo proprietario dei capannoni di San Leucio non ha alcuna intenzione di sfrattare la

zia del gruppo acquirente dell’immobile. Il vertice si è tenuto in Comune alla presenza del sindaco Del Gaudio, il quale ha riferito: «E’ stato un incontro interlocutorio. Letizia si è detto disponibile a locare l’immobile a prezzi di mercato ricevendo un’offerta garantita da Aos e da altri imprenditori del settore e ha manifestato la propria disponibilità a localizzare altrove il suo progetto di investimento previsto a Caserta.

Sabelli ha espresso disponibilità ad un incremento della sua iniziale offerta economica di locazione con il contributo della rete di imprese del settore, riducendo gli spazi necessari alle attività. Entrambi gli imprenditori hanno auspicato il senso di responsabilità dei lavoratori e delle forze sindacali all’atto dell’accesso che per legge dovrà avvenire martedì 3 marzo». (Sim.Buo.-Raf.San.)


la Gastronomia

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MINESTRA SPERSA

Messaggi dal profumo autentico ROSI PADOVANI

lementina come sempre attende Flora, che è in ritardo, come sempre, e si fa aspettare; come sempre, arriverà tutta trafelata, nel loro giorno libero da lavoro, quando insieme, come sempre, si ritrovano per la spesa, iro-

za, tra amiche, innocenti pettegolezzi, di indomiti figli e preoccupanti mariti, serpi suocere e vipere colleghe, attenti dirigenti e diligenti direttori. Aspetta, Clementina, davanti al banco della frutta, pensando a Flora. Sovrappensiero fissa con noncuranza tutte quelle

nia d’ora d’aria, piccola ventata di libera complicità, giusto per raccontarsi due fatti, tra due etti di prosciutto e un chilo di lonza, qualche segreta confiden-

sfere colorate, lì in fila, primo piano, secondo, terzo, tutte lucide, tutte uguali, allineate, sembrano tinte, con quei loro colori brillanti, quei bei marchi bene in

vista, palle variopinte di un gigantesco flipper, bugiarde e ammiccanti, ingaggiate nella gara dei messaggi nutrizionali ingannevoli, ad imporre la filosofia del mangiare senza pensare, vivere senza sapere, senza sorpresa e senza fantasia. Le gira la testa, una sensazione di sperdimento la invade, mentre una via lattea prende a turbinare intorno a lei, ma i pianeti sono tutte quelle sfere fallaci, il flipper si scuote, vibra, suona, la intontisce, la confonde. È spersa, Clementina, ricorda con nostalgia il profumo sincero di verità delle sue terre, il fresco delle case all’ombra dei sassi, l’odore dei pascoli di capra, di formaggi schietti, la carezza della mano nodosa che le porge spicchi di frutta dolce come miele, quell’ombra amorevole che culla con tenerezza intonando una vibrante ninnananna.

Le sembra allora quasi di sentire un vento cortese, soffiare dai sassi caldi per giungerle all’orecchio e suggerirle: -mangia a gusto tuo! come vuoi, con chi vuoi, quando vuoi! E’ solo allora che vede Flora, è lei che la sta chiamando, la scuote, dal sogno la riporta al supermercato, ride, come sempre è arrivata trafelata, affannando le racconta di odori di campagna, nostalgia di sapori veri, del ricordo di una zuppa cucinata al fresco dell’ombra dei sassi, quella minestra spersa i cui ingredienti certo non sono sui banchi di un supermercato. Il pensiero è unico, condiviso, repentino: via da lì, via dal freddo, sùbito, e correre alla bottega sotto casa, per trovare, con l’annuncio della primavera, le prime verdure di campagna dai profumi selvatici autentici.


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Il Kiwi casertano

Occorrente Cicoria selvatica, verdure di campagna disponibili (finocchietto selvatico, cardi selvatici, borragine ecc.), cotenna di maiale, cipolle, patate, aglio, alcuni pomodori freschi, sale, peperoncino (facoltativo) Pulite e lavate la cicoria e le verdure, farle scottare per circa 10 minuti in una pentola con acqua in ebollizione. Scolarle e metterle in una pentola di coccio. Aggiungere la cotenna di maiale, le patate, cipolle, i pomodori, sale. Coprite con acqua e portate a cottura. In un tegame fate soffriggere l’aglio con l’olio e il peperoncino, condite la minestra, fate insaporire per alcuni minuti, lasciate riposare per 10 minuti prima di servirla.

la Gastronomia

Lasciata l’autostrada A1 al casello di Capua, attraversiamo la fertile pianura campana in direzione Vitulazio. Dopo un breve tragitto, passando attraverso fondi lussureggianti, giungiamo in un luogo ameno e tranquillo, dove il verde della vegetazione, l’azzurro del cielo ed i profumi della campagna creano un mix rilassante, gioia per gli occhi e per la mente. Ci attende il giovane dr. Scialdone, una laurea in economia aziendale da poco conseguita alla SUN, entusiasta di mostraci la sua azienda, avviata anni addietro dal padre e successivamente, una decina di anni orsono, convertita alla produzione del Kiwi. Una vera meraviglia, dove le tecnologie più moderne si fondono con la sapienza contadina, riuscendo a creare un prodotto che non ha eguali. Chiariamo subito che qui ci troviamo in una zona a nord del fiume Volturno, che non ha niente a che vedere con la tristemente famosa terra dei fuochi. Infatti l’aria è tersa e profumata, l’ambiente incontaminato, la gente cordiale e tranquilla, felice di vivere in un territorio a misura d’uomo. Da qui si intravedono il vulcano di Roccamonfina, i monti del Matese e verdi valli tra cui spicca l’amena zona di Riardo. Ed è qui che il Kiwi ha dato i migliori risultati. Infatti le particolari e favorevoli condizioni microclimatiche, la purezza dell’aria e delle acque, la giusta insolazione, insieme alle sapienti mani contadine, contribuiscono a creare un prodotto che è particolarmente ricercato nelle maggiori piazze italiane. Il giusto grado zuccherino, la gradevole colorazione verde scuro, il bel profumo e la pezzatura generosa, creano infatti un mix difficilmente replicabile. Tutta la produzione infatti, dopo essere stata raccolta, selezionata meccanicamente in base alla pezzatura ed imballata, viene immediatamente smistata verso i mercati generali di Firenze, di Padova e di altri importanti centri. Magari ne avessimo un quantitativo maggiore, commentano gli Scialdone padre e figlio, non riusciamo a soddisfare le richieste, perché il prodotto della nostra zona è molto apprezzato e preferito a quello di altre provenienze. Ci stiamo impegnando per aumentare la produzione, la recente acquisizione di un altro ettaro di terreno va in questa direzione, ma pensiamo anche di diffondere la nostra esperienza ad altri produttori, considerato che questo tipo di prodotto non conosce crisi. Dopo il colloquio, incuriositi dalle vicende raccontate dai nostri ospiti ed affascinati dai luoghi, non resistiamo alla tentazione di assaggiare il Kiwi appena raccolto, che ci viene offerto con simpatica cordialità e spontaneità. Ma questa è un’altra cosa, diversa da ciò che abbiamo mangiato nelle precedenti occasioni, è il primo pensiero che ci viene alla mente. Ce ne andiamo col proposito di richiedere d’ora in poi al nostro fornitore solo Kiwi casertani, prodotti eccellenti veramente a chilometro zero. (Nicola Perrini)


il Teatro

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“SOGNO DI UNA NOTTE INCANTATA” SULLE TRACCE DI BASILE

P Peppe Barra

eppe Barra ha portato in scena una favola satirica. Un viaggio poetico e visionario. Uno spettacolo musicale che con la regia di Fabrizio Bancale, la partecipazione di Teresa Del Vecchio e le musiche originali di Patrizio Trampetti, danza sulle ali dell’illusione, tra il reale e l’immaginazione, lo stupore e il divertimento, la suggestione e l’affabulazione.

Peppe Barra si è cimentato in un classico della letteratura barocca, “Lo cunto de li cunti”, forse più conosciuto come “Pentamerone”, la raccolta seicentesca di fiabe di Giambattasta Basile, considerata il monumento della cultura e della fantasia di un intero

popolo: quello napoletano, naturalmente. Un’opera che ebbe larga diffusione nella civiltà europea dell’epoca tanto da costituire, nelle varie elaborazioni successive, un patrimonio comune a tutte le culture mondiali (da Charles Perrault, ai fratelli Grimm, fino ad arrivare a Walt Disney, giusto per citarne alcuni). Così l’attore ha condotto il pubblico per mano in un mondo fiabesco e fantastico, tra luci accecanti e ombre nere, tra fate, streghe crudeli e animali parlanti. Un mondo dove i bei Principi azzurri… soffrono di violenti attacchi intestinali; e gli inquietanti Orchi che di solito terrorizzano i sonni dei bambini… qui si invaghiscono dei riccioli biondi di sette giovincelli, provocanti e dispettosi. Un mondo, insomma, in cui il fascino della letteratura barocca si fonde con la dirompente ironia e l’irriverente arte affabulatoria dell’artista napoletano. Tra illustrazioni, animazioni, canzoni, musica dal vivo e giochi di ombre, alla ricerca

dello stupore e della poesia. “Era na vota, a lo paese di Arzano, na bona femmena, la quale ogne anno scarrecava no figlio mascolo; tanto che erano arrivati a sette, che vedive na scerenga de lo dio Pan a sette canne, una chiù granne grande dell’autra… ” Questo è l’incipit della fiaba de “I sette palombelli” utilizzato quale fil rouge dell’intera narrazione. Quando Iannetella, così si chiamava la madre, esce incinta un’altra volta, i sette fratelli decidono di abbandonare il nido domestico per andare a cercar fortuna in giro per il mondo. Ma dopo tanti maschietti, finalmente Iannetella dà alla luce una bella bambina, Gianna. Trascorrono gli anni e, diventata ormai una fanciulla, Gianna decide di incamminarsi alla ricerca dei suoi sette fratelli. Comincia, così, un viaggio avventuroso e magico, tra boschi fatati, castelli incantati e alberi che si muovono. Nel suo lungo cammino la bambina si imbatte in principi azzurri, streghe e

regine, incontra orchi e animali parlanti… Come sfogliando le gigantesche pagine di un libro, conosciamo l’ingenuo Var-

Giambattista Basile

diello, la papera d’oro, l’orco disperatamente innamorato del giovane Carcaverchia…e tanti altri personaggi che appartengono all’universo ironico e visionario del Basile. All’insegna della fantasia, dell’incanto… e della follia.


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il Cinema

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Janara! Sullo schermo tra noir e tradizione

Q

Laura Sinceri sul set

uesto mese vi segnaliamo la coraggiosa ed originale iniziativa cinematografica, naturalmente tutta “Made in Sud”, messa in campo da un gruppo ben motivato. Si tratta del film “Janara!”, prodotto da Gianluca Varriale e Alessandro Riccardi per la “Vargo” assieme a “Centro Sviluppo Neapolis” e presentato al Torre Village di Montecuso, dove è ancora in programmazione. Sullo schermo, Alessandro D'Ambrosi, Laura Sinceri, Gianni Capaldi, Noemi Giangrande, Rosa-

Noemi Giangrande

sibile da un investimento di circa cinquecentomila euro compiuto dalla già citata Vargo film, in rappresentanza della quale abbiamo sentito Gianluca Varriale. “Quando si parla del Sud,

ria De Cicco . Fuori, qualche polemica di troppo in pieno stile “Grande Inquisizione”, ma alla fine il risultato c’è. La pellicola, affidata alla regia di Roberto Bontà Polito, è ambientata interamente nel beneventano e parte da una storia vera raccontata con uno stile che mescola noir, horror e antica tradizione del Sud. “Tutto è iniziato circa otto anni fa -ci ha spiegato il regista- quando con un viaggio in camper con il quale visitammo gli antichi borghi della zona tra i quali, appunto, Guardia Sanframondi e San Lupo dove venni a conoscenza di questa leggenda. Una strega che non voleva la nascita di bambini a San Lupo perché arsa viva ed incinta. Tornato a Napoli, cominciai ad informarmi di più e nacque l’idea di questo film che poi rimase il classico sogno nel cassetto per otto anni finché un altro soggetto costituito essenzialmente da giovani meridionali, la Vargo, ha deciso di trasformarlo in realtà”. Trasformazione resa pos-

strega pure lo è. Un film del quale, però, non vi raccontiamo la trama perché, come consiglia l’associazione AS.CO.MER che promuove il consumo dei prodotti meridionali tra i meridionali, bisogna che

Eugenio Bennato con la produzione

si associa subito l’idea a noi stessi incrementiamo qualcosa di difficile, una la nostra economia facenscommessa quasi impos- doci parte attiva del riscatsibile. Noi non la pensiamo to della nostra terra. Quincosì. Siamo convinti che la di, la raccomandazione è nostra terra è un giacimen- una sola: andate a vederto inesauribile di cose pre- lo, non ve ne pentirete! ziose che possono diventare occasioni sfruttate come è successo per questo film. Siamo riusciti a farlo con una operazione low-budget. Oddio, non tanto low per il territorio. Comunque, se tutto manca, avremo offerto la possibilità di veicolare la nostra tradizione in tutta Italia!”. Insomma, un bell’esperimento, un riuscito prodotto “nostro” con tanto di colonna sonora di un brigante d.o.c. come Eugenio Bennato ed una Pietra Montecorvino che un po’ Rosaria De Cicco


l’Istruzione

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A VOLTE RITORNANO…REINT CANCELLATI DAI TESTI SC

ancellati. Ostracizzati. Dimenticati. L’oblio è il destino peggiore per coloro che hanno preso parte e hanno promosso il fermento culturale del Mezzogiorno e del Paese intero, che hanno conquistato a diritto un posto nella memoria stori-

GERMANA G RASSO

da l’unica donna italiana ad aver ottenuto il prestigioso riconoscimento NDD) Nel 2010 il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca pro tempore, Maria Stella Gelmini, nominò una commissione di studio con il compito di coordinare ed orientare le indicazioni nazionali per la

Camera una Risoluzione – approvata – con cui si chiede il reinserimento degli autori meridionali del Novecento esclusi dalle indicazioni scolastiche.

La Risoluzione, che ha come prima firmataria Maria Marzana, deputata siciliana del Movimento Cinque Stelle e membro

dell’esclusione degli autori meridionali”, come ha dichiarato la pentastellata raggiunta telefonicamente, che ha dichiarato che “tale valutazione declassa autori di fama nazionale ed internazionale”. Tra gli ostracizzati, infatti, figurano anche premi Nobel per la letteratura. Al fine di reintegrare gli autori esclu-

della Commissione cultura della Camera, evidenzia “la manipolazione ideologica presente alla base

si è al lavoro il Centro di documentazione sulla poesia del Sud, che opera in provincia di Avellino. La

Gallo e Marzana

ca delle future generazioni. Questo diritto è stato negato ad un gruppo di scrittori del Sud, che ha dato voce alla propria terra, semplicemente perché depennati da un elenco. Si tratta di Leonardo Sciascia, Matilde Serao, Gesualdo Bufalino, Elio Vittorini, Domenico Rea, Salvatore Quasimodo, Grazia Deledda, Anna Maria Ortese, per citarne alcuni, figure della cultura meridionale che hanno dato lustro alla letteratura italiana del XX secolo. (È bene sottolineare che tra questi autori citati, ci sono 2 premi Nobel per la letteratura di cui la Deled-

scuola dell’infanzia, del primo ciclo di studi e dei licei. Dal lavoro della commissione uscì un regolamento recante «Indicazioni nazionali riguardanti gli obiettivi specifici di apprendimento concernenti le attività e gli insegnamenti compresi nei piani degli studi».

Tra le indicazioni anche una lista di autori. Gli esclusi dall’elenco non rientravano tra le priorità dei programmi scolastici nazionali. Nel mese di febbraio il Movimento Cinque Stelle ha sottoposto alla Commissione Cultura della

Maria Marzana alla Camera


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l’Istruzione

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TEGRATI GLI AUTORI DEL SUD COLASTICI DALLA GELMINI

Maria Marzana

causa, inoltre, ha ottenuto il sostegno dei consigli regionali di Campania, Calabria, Molise e Basilicata. “Appare evidente che in tal modo viene proposta agli studenti una visione viziosamente nordista, del tutto incompleta – si legge nella Risoluzione - gli autori meridionali saranno confinati a realtà regionali, palesandosi in tal modo una netta esclusione di un pezzo significativo della cultura essenziale per la storia del nostro Paese. Si noti che, a parte Verga e Pirandello e l’indicazione di una sola donna (Elsa Morante), su 17 poeti e scrittori consigliati non c’è un solo nome a sud di Roma”. I pentastellati firmatari non ci stanno a sentire bollata la loro iniziativa come “rivendicazione localistica”, sottolinea Marzana, aggiungendo che agli studenti occorre fornire un quadro della letteratura italiana del Novecento quanto più completo possibile, cosa che non è avvenuto dal 2010 ad oggi. Infatti, la stesura dell’elenco del ministro Gelmini – all’epo-

ca contestata per tagli più evidenti rispetto a quelli con cui si falcidiava la letteratura meridionale e nazionale – ebbe gravi ripercussioni sia sul piano culturale che a livello editoriale, poiché le case editrici, nel momento in cui elaborano i manuali per i licei, si attengono principalmente alle indicazioni del Ministero, magari classificando tutti gli esclusi come «minori» creando in tal modo una immagine falsata della letteratura del Novecento. Maria Marzana afferma che “eliminando gli elenchi che riducono l’autonomia didattica, i docenti saranno più liberi di proporre ai discenti lo studio della tradizione letteraria locale. Infatti, il Governo dovrà rivedere le indicazioni curricolari e favorire l’autonomia dei docenti al più presto – dichiara la deputata spero entro l’estate in modo da reintegrare gli autori esclusi nei programmi del prossimo anno scolastico”. “Il nostro obiettivo - ha dichiarato Luigi Gallo, deputato campano del Movimento Cinque Stelle e membro della Commissione cultura della Camera – è porre fine alla discriminazione culturale e valorizzare tutte le aree culturali del Paese, così da permettere di cogliere in maniera omogenea la ricca tradi-

zione letteraria e artistica del Mezzogiorno. Valori di cui la Gelmini non ha mai tenuto conto: le indicazioni nazionali, infatti, svilivano la dignità degli autori del Sud”. Non sembra furono fornite spiegazioni all’esclusione del gruppo di autori. Il pentastellato campano, infatti, dichiara a “Il Brigante” che “fu usata come scusa la libertà di scelta nell’insegnamento da parte dei docenti, scusa che non regge, poiché è evidente che gli editori che pubblicano i testi scolastici si rimettono alle direttive del Ministero e quindi alle indicazioni nazionali”. Gallo

Luigi Gallo alla Camera

sottolinea come sia indispensabile “valorizzare tutte le esperienze culturali del Paese, che devono essere tutte egualmente rispettate”. L’approvazione della Risoluzione suddetta (firmata anche da Brescia, Vacca, Di Benedetto, Battelli, Simone Valente, D'Uva, Rizzo, Sibilia), crea inoltre un precedente che in un prossimo futuro potrebbe favorire la riscrittura obiettiva dei testi di Storia, della

cosiddetta questione meridionale e dei fatti antecedenti l’unità d’Italia. Su questo argomento, entrambi i pentastellati sono cauti. “La storia dell’Italia unita è recente – afferma Gallo – si tratta di 150 anni. Comunque non ritengo faccia bene alle future generazioni non avere una visione generale della Storia”. Soddisfatta del risultato ottenuto con l’approvazione della Risoluzione, Marzana dichiara in merito: “per ora ci concentriamo sulla letteratura. Questo è un passo avanti, poi si vedrà di affrontare anche la questione meridionale”.

Grazie all’approvazione della Risoluzione, scaturita dalle segnalazioni di studenti, professori, docenti ed associazioni culturali, inoltre, il Movimento Cinque Stelle ha rilanciato la legge sull’autoproduzione di libri digitali, già approvata nel 2013 con il decreto Carrozza, che permetterà la diffusione gratuita di libri digitali autoprodotti, mettendo a disposizione anche un portale in cui caricare i testi.


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la Lettura

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LA GENTE DI MULBERRY STREET RACCONTATA DA RAFFAELE PINTO

er lo storico e giornalista Raffaele Pinto, pugliese di nascita e lucano d'adozione, approfondire diventa un'esigenza, quasi un obbligo, quando a dover essere scoperte e raccontate sono le storie della sua terra. Quelle di una Basilicata, tanto fiabesca e (per molti aspetti) ancora intatta, quanto sofferente, ma non solo. Nel saggio “La Gente di Mulberry Street. Storia e storie dell'emigrazione meridionale negli Stati Uniti” sono narrate con parole semplici e toni discorsivi da docente (“per essere compreso e appassionare tutti i lettori, dallo studente al cultore della materia”) le vicende dei tanti italiani che da un capo all'altro della penisola decisero di partire verso terre nuove e sconosciute. In poco più di un secolo, a partire dal 1875, si spostarono 25 milioni di individui di cui 13 milioni solo fino al 1914. Da piccole realtà rurali si ritrovarono a popolare i sovraffollati tenements di New York (appartamenti destinati a più nuclei familiari, costituiti spesso da una sola stanza priva di finestre e servizi igienici definiti dai medici contemporanei “macchine da tubercolosi”) di Mulberry Street, Baxter o Brewery Street. Erano all'epoca tra i quartieri più pericolosi e malsani della città, i primi luoghi di insediamento dell'originaria comunità italiana, internamente suddivi-

PAOLA VONA

sa in gruppi regionali e paesani. Per i primi emigranti, partiti tra il 1875 e il 1900, fu davvero un viaggio nel vuoto.

I grandi porti di Palermo, Messina, Napoli e Genova periodicamente si affollavano di contadini provenienti da tutte le regioni dell'Italia appena unita. Erano pronti ad investire nella traversata oceanica i loro pochi risparmi, decisi a trovare dall'altro capo del mondo condizioni di vita e lavoro migliori.

Si trattava per la maggior parte di braccianti, ma anche di piccoli proprietari terrieri alla ricerca di fortune da reinvestire in patria e artigiani con un minimo di specializzazione (barbieri, sarti, falegnami, ecc). Non solo meridionali dunque: tanti erano coloro che provenivano dal settentrione e dal centro Italia, tutti con lo stesso carico di speranze e di miseri bagagli. Ci si imbarcava in terza classe (vale a dire la stiva delle grandi navi, sotto la linea di galleggiamen-

Ellis Island

to, senza luce, né ricambio d'aria) e, ammassati, si affrontavano più di dieci giorni di navigazione. Il viaggio era vissuto come un vero e proprio “purgatorio” personale, punizione divina per aver lasciato le proprie famiglie e, nello stesso tempo, doloroso ed inevitabile passaggio verso il paradiso della “Merica”. Dal 1902, grazie al “Passengers Act” a cui tutte le compagnie di navigazione furono La cope rtina costrette ad adeguarsi, le condizioni dei a c c e t viaggiatori migliorarono: tavano di ritornare a lavodai giacigli improvvisati si rare nei campi per un dolpassò alle cabine multiple laro al giorno, lì, dove fino e, soprattutto, alla possibi- a pochi anni prima, genelità di passeggiare lungo i razioni di schiavi vi avevaponti, fumare, fare musica no versato sudore e sane mangiare dignitosamen- gue. A nord, invece, negli te. Ad attendere queste Usa, lo sviluppo industriale moltitudini, dall'altra parte, esigeva manodopera non un Paese dall'economia specializzata e per i contagiovane e dal crescente dini delusi dalla terra si bisogno di manodopera. presentavano scenari nuoPiù a sud, soprattutto in vi. Argentina e Brasile, gli emigranti malvolentieri Si lavorava duramente e, tra ristrettezze di ogni tipo, si metteva da parte ogni singolo cent da inviare ai familiari, spesso per saldare i “debiti d'onore” contratti proprio per comprare il biglietto della speranza. Nei cuori, per la maggior parte degli emigranti, il desiderio era di ritornare a casa: alcuni vi riuscivano, dopo aver guadagnato e messo da parte piccole fortune. Altri in Italia vi tornavano solo per morire ed essere sepolti nei borghi


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la Lettura

39 natii. Spesso la famiglia raggiungeva gli uomini di casa partiti anni prima. Tra il 1900 e il 1915 si registrò il picco migratorio più intenso: quasi tutti i nuovi emigranti in America avevano già parenti e amici pronti ad accoglierli ed instradarli verso quella nuova vita, che pareva così molto meno oscura.

Ma il futuro passava inevitabilmente, per tutti, dalla porta di Ellis Island, complesso entrato in funzione nel 1892 e dove in poco più di un cinquantennio, fino al 1952, passarono 12 milioni di individui. Una volta sbarcati, erano sottoposti a visite mediche che,

Little Itay

in alcuni casi, potevano anche decretare da subito la fine del sogno e l'immediato rimpatrio. Essere classificati, ad esempio, con le iniziali “PG” (pregnant girl, per le donne in attesa), “H” (heart per coloro che avevano malattie cardiache), “S” (senility per chi ritenuto troppo anziano), voleva dire ritorno a casa per direttissima.

Tante le donne, soprattutto durante questa seconda fase migratoria. Aiutavano economicamente la famiglia lavorando come domestiche o sarte. Il nuo-

vo mondo ha rappresentato, specialmente per le più giovani, l'acquisizione di un modo di vivere nuovo, distante dalla realtà del proprio Paese d'origine.

Le ragazze, lavorando, uscivano dalEmigranti italiani appena sbarcati l'ambiente domestico a realizzare l'“American cominciando presto a Dream” e ad integrarsi parguardare allo stile di vita tecipando attivamente americano. Le donne della anche alla vita politica citgenerazione precedente in tadina. Non a caso, duranquesto ancora esitavano, te il ventennio fascista, al punto da rifiutare nei pri- dopo un primo entusiasmo

nei confronti del Mussolini, “novello Cesare”, portatore della gloria nazionale nel mondo, non esitarono ad arruolarsi nell'esercito americano dopo i fatti di Pearl Harbor, condannando apertamente l'entrata in guerra dell'Italia. Tra sacrifici, sogni infranti e realizzati, Pinto traccia un'analisi approfondita del fenomeno migratorio, che per le genti del Sud Italia sarà destinato a perdurare fino agli anni Settanta del

mi anni persino di imparare l'inglese, lavorando in casa come sarte o “bordanti” (dall'inglese “to board”: ospitare), amministratrici di piccole pensioni abusive (allestite perlopiù negli stessi minuscoli appartamenti in cui vivevano con la famiglia) per connazionali bisognosi di vitto e alloggio a buon mercato. Nonostante le iniziali condizioni di vita proibitive, il lavoro durissimo, la lontananza dagli affetti e gli immancabili pregiudizi razziali, molti seppero farsi strada, riuscendo davvero

Novecento a causa del rallentato sviluppo industriale del Meridione. Da qui l'identificazione univoca, errata, del meridionale con

Mulberry Street

l'emigrante. Il saggio di Raffaele Pinto approfondisce le vicende comuni a moltissime famiglie italiane, in percentuale altissima legate a storie di emigrazione.

Nello stesso tempo, risulta straordinariamente attuale la riflessione formulata dall'autore nell'ultima parte del volume, legata alle vicende contemporanee del Sud Italia, della Basilicata in particolare, che continuano a parlarci di giovani in partenza, alla ricerca dell'occupazione della vita nelle regioni settentrionali e all'estero. Vicende in cui la scelta di rimanere diviene coraggiosa posizione ideologica, ed è considerata alla stregua di una sfida in una realtà, troppo spesso, penalizzante.


la Storia

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LA STAMPA NAPOLETANA POST-UNITARIA LEGITTIMISTA E NEOGUELFA

T

ra i primi “fogli” informativi divulgati nel Meridione, si annovera la rivista “Tragicommedia”, fondata dallo storico borbonico Giacinto De Sivo all’indomani della caduta di Napoli e dei conseguenti suoi arresti, causa la sua protesta “fremente di sdegno e di avversione” a detta di B. Croce (“Uno storico reazionario: G. De Sivo”,1949). Detta rivista fu prontamente soppressa dalle autorità governative nei sui primi tre numeri ed il De Sivo fu nuovamente arrestato il 6 settembre 1861. Lo stesso, poi, decise di raggiungere il suo re in esilio a Roma, dove continuò a propagandare le proprie idee. Nelle pubblicate riflessioni del De Sivo è celebre quanto scritto sui combattenti patrioti: “Briganti noi combattenti in casa nostra, difendendo i tetti paterni, e galantuomini voi venuti qui a depredar l’altrui? Il padrone di casa è brigante e non voi piutto-

ETTORE D’ALESSANDRO

sto venuti a saccheggiar la casa?”. Lo storico di Maddaloni, tra l’altro, fu tra i primi giornalisti legittimisti a sostenere un nuovo assetto istituzionale, basato sulla confederazione di Stati sovrani.

Je suis...L’Equatore Altro quotidiano filoborbonico fu “l’Equatore”, i cui autori restano anonimi. Il primo numero uscì l’11 gennaio 1861, allorquando si combatteva ancora per

la difesa di Gaeta. Il nome di questo bisettimanale alludeva alla distanza in essere tra i due schieramenti politici, liberali e democratici, presenti in Napoli, attraverso i quali si realizzò la forzata annessione al regno di Sardegna a danno delle Due Sicilie. Nonostante la critica al governo piemontese dai toni più contenuti e pacati, onde evitare l’immediata censura, gli articoli con le sentite considerazioni sulle tragiche conseguenze sociali dell’unificazione o sulle notizie dell’opposizione popolare armata al nuovo governo italiano, insediatosi nelle Province meridionali, nonché la semplice ristampa di articoli di giornali stranieri sull’eroica difesa di re Francesco II a Gaeta furono motivo di avversione da parte dei politici legati al partito d’Azione. Di conseguenza, la sera del 21 gennaio 1861 un gruppo di liberali ed esponenti della camorra locale assaltò, con l’avallo del deputato Liborio Romano, la redazione napoletana che fu messa a soqquadro a tal punto da sospendere le pubblicazioni dopo solo il terzo numero del 18 gennaio. Si intese, così, far tacere un altro canale dissidente, utile strumento comunicativo di quanto stava realmente accadendo nel sud d’Italia a causa della Luogo-

tenenza liberal-garibaldina, debellando così ogni sopravvissuta speranza del ritorno delle insegne gigliate tra coloro che non volevano piegarsi al nuovo regime.

Il Pensiero Autonomo Negli anni successivi dell’esilio romano e postumo dei Reali borbonici furono fondati e si diffusero altre testate giornalistiche e libri sulla questione meridionale, con orientamento verso “una concreta considerazione dei problemi della società”, scrisse il Passerin (“La politica nazionale e i problemi siciliani del 1860”,1953), nonché contro l’eccessiva piemontizzazione dello stato italiano e suoi problemi. Il malcontento sociale, emerso dal 1861 in poi per le mancate promesse e riforme, per l’aggravio delle imposte, per la violenta repressione governativa alle libertà di pensiero o per gli eccessi della laicizzazione dello Stato con la rovina delle sue attività produttive favorì l’affermarsi del movimento politico autonomista. L’autonomismo territoriale e la difesa della cattolicità, neoguelfismo, divennero così il leitmotiv della stampa legittimista di fine ottocento, che giunse a sostenere anche le rivendicazioni del giurista liberale Roberto Savarese, sostenitore dell’autonomia politica del Meridione con suo programma di lavori pubblici a difesa delle industrie napoletane, del lavoro per il popolo, della


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41 ricostruzione di Napoli capitale con sua “nobilissima storia civile”.

L’unità, utopia fatale Altro liberale, Dragonetti, già deputato nel 1820 e ministro del gabinetto Troja nel 1848,pensando alla difesa dell’indipendenza della Patria napoletana contro la “fatale utopia

dell’unità assoluta d’Italia” suggerì l’importanza di limiti alla libertà di stampa, nonché la fondazione di un giornale che propagandasse la “confederazione dei due grandi Stati italiani”,con un governo municipale su Napoli, da elevarsi con Palermo a Capitale (“causa la ripugnanza dell’antichissimo regno delle Due Sicilie di sottostare alla supremazia piemontese, non rimanendo che provincie meridionali del Re sabaudo”). Il pensiero di costoro, come quello del Manna o del Cenni, transitò negli articoli di quei giornali napoletani fondati ai tempi della presa di Roma, quale “Il Contemporaneo di Napoli” nato nel 1870 che pubblicò articoli di politica

interna ed internazionale, riportando anche nostalgici ricordi del regno Duosiciliano e suo ultimo giovane sovrano che “sortito da Napoli fanciullo egli è entrato in Gaeta uomo, Re e soldato”(anno 1874,n.997). “L’Italia Reale”di De Angelis nel suo primo anno 1880 dedicò un numero speciale (n.276) alla memoria della figura eroica di S.M. re Francesco II nel giorno del suo onomastico, scrivendo che “la Direzione e Redazione del giornale gl’inviano la rispettosa espressione del loro devoto affetto ed emettono il voto non contrario ad alcuna delle vigenti leggi,che Egli viva lunghi anni lieto e felice”.

La Discussione Il giornale satirico trisettimanale di Antonio Gerace, “Il Caffè d’Europa”, uscito nel 1872 con il primo numero, quale “resoconto d’un associazione umanitaria di Buontemponi” si scagliò contro la censura governativa della libera stampa. Il periodico clandestino, “La Sentinella”, di Vincenzo Labanca, vicino al partito clerico-moderato fu soppresso nel 1872 con un’azione di forza delinquenziale. Sempre nell’ambito del cattolicesimo intransigente, sul modello della rivista fondata a Genova e poi a Firenze,“Rassegna nazionale” (già “Rivista Universale”), ove collaborarono G. Capponi, Lambruschini e Tommaseo avversi al liberalismo moderno per essere pro-stato laico, per-

secutorio del clero ed aperto alla massoneria ed alle sinistre radicaleggianti contrarie all’autorità del Papa, fu fondato il giornale napoletano “La Discussione”. Il proprietario, cattolico militante antiliberale ed antinazionale, Gaetano Franchini volle tra i suoi collaboratori Guglielmo Anguissola,Nicola Montalbò,Stefano Reggio d’Aci ed il duca di Castellaneta. Per alcuni articoli commemorativi della causa borbonica, quali “Barricate e stato d’assedio. I Borbone vendicati” e “Gli eroi dell’ultimo trentennio”(con le immagini di re Ferdinando II,Francesco II e consorte Maria Sofia e papa Leone XIII), usciti in stampa tra il maggio e giugno del 1898 vennero arrestati il direttore Montalbò ed il suo collaboratore avv. Menzione. Quest’ultimo, tra l’altro, è noto alle cronache giudiziarie del regno d’Italia per essere stato l’attivo direttore di altro periodico “di accentuata tinta borbonica, portavoce dei più scalmanati e irriducibili borbonici-legittimisti”, quale fu “Il Vero Guelfo”. Difatti, l’avv. Menzione, oltre a presiedere l’associazione Ferdinando Pio e Gioventù legittimista, diresse per alcuni anni tale testata giornalistica,sorta sul pre-

la Storia cedente periodico“Guelfo” nell’ultimo decennio dell’ottocento.

Gran Finale La pubblicazione del Vero Guelfo cessò nell’aprile del 1899, seppur il giornale rinacque con cadenza settimanale e nuova testata, “Il Nuovo Guelfo” o “Il Guelfo per l’indipendenza” ad inizi del novecento, con il placet del conte di Caserta Alfonso di Borbone succeduto al fratello Francesco II. Il giornale fu stampato fino alla prima guerra mondiale, mantenendo un’informazione culturale d’ispirazione legittimista, polemizzando con il movimento democratico-cristiano apertosi ai moderati. Ricordò Antonio Cestaro (“La stampa cattolica a Napoli dal 1860 al 1904”) che “…gli attuali redattori del Nuovo Guelfo, come quelli degli altri due precedenti (Il Guelfo,Vero Guelfo) han proprio mantenuto alto e rispettato il vessillo legittimista che conservano e conserveranno senza nessun trasformismo a cui si sono adattati molti, anzi moltissimi dei così detti patrioti italiani. Non è da oggi che rimpiangiamo il passato, ma da ben 40 anni, appena pochi mesi dopo della famosa rivoluzione”.


l’Agenda

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Appuntamenti del meridionalista

XXVII INCONTRO DELLA “FEDELISSIMA” CIVITELLA DEL TRONTO VENERDÌ 6, SABATO 7 E DOMENICA 8 MARZO 2015 Nel ricordo di MARIO PALMARO (5 giugno 1968 - 9 marzo 2014) a un anno dalla prematura scomparsa da Venerdì 6 a Domenica 8 Marzo 2015 a Civitella del Tronto presso l’Hotel “Fortezza” si discute sul tema “1815-2015: DALL'EUROPA DELLA RESTAURAZIONE ALL'EUROPA DELLA DISSOLUZIONE” nell’ambito del 27° Incontro della Fedelissima. Si parte alle 18 con la S. Messa di requiem in rito romano antico “ad memoriam” di Mario Palmaro si chiude Via Crucis con fiaccole per le vie del paese; al termine, benedizione dei partecipanti con la Croce. Giornata cruciale è quella di sabato con la prolusione del Direttore di “Controrivoluzione” Pucci Cipriani, seguita dalle relazioni. 45° INCONTRO TRADIZIONALISTA CIVITELLA DEL TRONTO - 21/22 MARZO 2015 “Risorgimento e Grande Guerra - per riflettere a cento anni”: questo il tema del 45° Incontro Tradizionalista in programma Civitella del Tronto nei giorni del 21 e 22 Marzo 2015. Si comincia il sabato all’Hotel Zunica (ore 16:00) con le relazioni di Maurizio Di Giovine, Giuseppe Marabello, Marco Plesnicar, Edoardo Vitale, Giovanni Turco al tavolo presieduto dal prof. Paolo Caucci von Saucken, cui farà seguito la recensione del pamphlet “La morte del generale Alberto Pollio ed il cambiamento di alleanze” a cura dell’Ass. Naz. ex Allievi Nunziatella. IL FUTURO DEGLI ATENEI DEL SUD Convegno a Napoli - Lunedì 16 Marzo “Università e precariato, espatriare o resistere al Sud?” - Su questo si interrogheranno i presenti alla tavola rotonda in programma presso l’Aula Spinelli della Facoltà di Scienze Politiche (Via Rodinò, 22). Anni di riforme in danno agli atenei del Mezzogiorno, un focus sul futuro impossibile della nostra ricerca. Introduce Domenico Piccolo, intervengono Luisa Bossa e Luigi Gallo della Commissione Cultura, Scienza ed Istruzione alla Camera dei Deputati.

FOYER STUDI RAI DI NAPOLI – GIOVEDÌ 26 MARZO ORE 19 PRESENTAZIONE LIBRO MANLIO SANTANELLI “Religiose, militari e piedi difficili” è il titolo dell’ultimo lavoro letterario di Manlio Santanelli che per la Giammarino editore ha già firmato “Per oggi non si cade”. Il volume consta di 21 racconti tutti da leggere imperniati dall’ironia e dal gusto del paradosso dell’autore. Questa preferenza all’umorismo nero la si può notare sin da alcuni titoli dati ai racconti come ad esempio : “Amami al freddo” , “Il primo odio non si scorda mai”, “Il guinness dei suicidi”, “Prudenza, Amilcare, prudenza!” – L’accesso alla presentazione è prevista solo su invito. TAMMORRA DEI BRIGANTI 2015 - 21/22 MARZO GIUGLIANO IN CAMPANIA (NA) Sabato 21 e Domenica 22 Marzo a Giugliano in Campania si tiene la III edizione dell'evento dedicato alla storia del Sud e alla musica popolare meridionale. Sagra dei Prodotti tipici, Sfilata a cavallo con carrette d'epoca, Paranze, musica e balli popolari, convegno, rappresentazione teatrale, proiezione del film "Li chiamarono Briganti", festa a tema per bambini.




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