Eaz marzo2015 sito

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Editoriale

Il nostro giorno verrà

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partiva l’emigrante e portava le provviste e due o tre pacchi di riviste” cantava Rino Gaetano per denunciare nel suo stile il fenomeno dell’emigrazione. Fenomeno che prevalentemente ha colpito tutti i Paesi vittime di quelle occupazioni che la neolingua orwelliana ha definito liberazioni. Le umiliazioni, la sofferenza e le rinunce patite accomunano gli emigranti di tutto il mondo poiché ne conoscono profondamente il significato avendolo vissuto sulla propria pelle. Il recente gemellaggio tra Napoli e Celtic sembrava già implicito. Due popoli che hanno molto in comune, a partire da una “politica interna” difficile: entrambe le squadre suscitano le forti ostilità delle concorrenti nei rispettivi campionati, mentre la “politica estera” è sicuramente la forza dei due club che trovano stima e simpatia nelle altre tifoserie d’Europa. L’Irlanda, cattolica, dal 1801 è entrata a far parte del Regno Unito, protestante. Gli effetti della politica economica inglese non hanno tardato a mostrarsi devastanti. Dal 1845 al 1849 la nuova colonia è stata vittima di quel fenomeno che è passato alla storia come “la grande carestia”, in cui circa un milione di irlandesi sono morti di fame

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di Riccardo Giammarino e un milione e mezzo sono emigrati per il mondo. Tra le mete più abbordabili c’è stata sicuramente la vicina Scozia, dove un gruppo di irlandesi cattolici, guidato dal frate Walfrid, ha fondato il Celtic nel 1887. La squadra è scozzese, ma ha conservato la propria identità nei colori, nel simbolo e nel modo d’essere. La matrice indipendentista, di stampo cattolico, ha suscitato l’interesse di tante tifoserie in tutto il mondo, ma ha subito trovato l’ostilità nei nemici di sempre del Rangers, unionisti protestanti che spesso hanno attaccato e insultato i simboli irlandesi nascondendosi dietro quell’ipocrita maschera della goliardia che noi, a Napoli, conosciamo fin troppo bene. È la stessa cosa che accade al Napoli, al punto che anche nelle competizioni europee le varie tifoserie italiane hanno intonato cori razzisti invocando il Vesuvio, senza alcun provvedimento dell’Uefa. Questo è accaduto sia durante Celtic-Inter di Europa League, che in Juventus-Borussia Dortmund (altra squadra con cui i partenopei sono gemellati). In Scozia è stato più che sufficiente per suscitare la solidarietà dei celti, che avrebbero risposto con un “come on Naples”. Poco importa se la cosa fosse successa realmente o meno. La notizia ha fatto

il passaparola in rete e nella partita di ritorno a San Siro il gemellaggio è stato ufficializzato: bandiere del Celtic e del Napoli sventolavano assieme in un clima di festa, nonostante la sconfitta sul campo, contro i nerazzurri. Alla stampa nazionale non piace e ci chiede di tifare per le italiane in Europa, di farlo per il Ranking Uefa, di mettere da parte l’astio, tutto dovrebbe tornare normale per un giorno solo, perché poi si torna ad essere napoletani. Detto fatto, si è passati alla Coppa Italia. Lazio-Napoli trasmessa dalla RAI, tv di Stato, è stata raccontata con euforia nei momenti dell’assalto laziale e quasi con disperazione, dopo il gol del Napoli, è scappato addirittura un “tutto da rifare”. Le emittenti private, invece, hanno intrapreso una vera e propria crociata contro i partenopei, che rispondono a colpi di silenzi stampa. Così, mentre i fratelli d’Italia continuano ad invocare il Vesuvio dagli spalti, a mettere Napoli sempre sotto accusa, gli ricordiamo che come popolo siamo sicuramente molto più simili ai celti, poiché figli della stessa rabbia, di una storia simile di oppressione imperialista, che non ai nostri connazionali. Per dirla in gaelico: tiocfaidh ar la. Il nostro giorno verrà.

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sommario

Direttore Responsabile

RICCARDO gIAmmARInO Capo Redattore

CARLO ZAZZERA Progetto Grafico, Impaginazione FRAnCESCO

pag. 12-13

CARDAmOnE Foto

PIETRO E SOnIA mOSCA Stampa

gRAFICA CIRILLO

Scafati [Sa] Autorizzazione Richiesta al

pag. 14-15

pag. 17-20

TRIbunALE DI nAPOLI Hanno collaborato a questo numero:

SImOnA buOnAuRA LAuRA CAICO RInO DAZZO

FAbIO mAnDARInI

pag. 26-27

pag. 34

gIOVAnnI mARInO bRunO mARRA SILVER mELE

PASquALE TInA Il numero è stato chiuso lunedì 9 marzo 2015 Tiratura

COPIE 10.000

Coppa Italia A un passo dalla finale

pag. 11

Il sogno realizzato pag. 12-13 Nicola Lombardo si racconta

Terra di portieri pag. 14-15 Parla Ernesto Ferraro scopritore di talenti Il profilo pag. 17-20 Manolo Gabbiadini “Il freddo” con l’animo romantico

Inchiesta pag. 22-23 Chi sarà il primo 2000 a esordire in serie A?

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Pallanuoto pag. 26-27 Posillipo-Acquachiara storica finale di Euro Cup

Auto pag. 28-29 Passat e Maserati Alfieri regine di Ginevra Moto pag. 30-31 MV Agusta Settant’anni di trionfi Eventi Pizza1One la tradizione in tv

pag. 33

DISTRIbuZIOnE: EDIALbA S.R.L.

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Prossi ma us cita

11 APR IL

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Eventi pag. 34 Presentato il nuovo libro di Manlio Santanelli MARZO 2015


«Il mio modello è Buffon»

Esclusiva con Andujar

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di Riccardo Giammarino e Pasquale Tina

omantici, istrioni e molto probabilmente un po’ naif. I portieri sono così. Difficile classificarli, ognuno ha il suo carattere. L’estroso oppure il taciturno. L’essenziale o quello spettacolare. L’interpretazione del ruolo è molto personale. La miscela è unica, forse la più letteraria del mondo del calcio. Ne hanno scritto, tra gli altri, Umberto Saba e Osvaldo Soriano. Tra i pali, invece, si sono cimentati anche Ernesto Che Guevara e il filosofo Albert Camus. La solitudine dei numeri primi affascina, conquista e seduce. Mariano Andujar, invece, ne è addirittura orgoglioso.

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Esclusiva con Andujar

«Senza portiere non si gioca. È il ruolo più importante. Deve trasmettere tranquillità ai compagni».

Una vita da “guardiano”. «Quando ero piccolino, ho fatto il mediano, ma ho cambiato subito posizione. Volevo giocare in porta. Ho cominciato nell’Huracan. Mario Cejas è stato il mio primo allenatore, ma ne ho avuti tanti».

Quali sono i suoi modelli? «Mi piace molto Gigi Buffon. Ma la lista è lunga: ho sempre se-

guito Mondragon, Dida, Oscar Cordoba, Burgos e Van der Sar. Non mi sono mai soffermato su uno solo. Ho sempre cercato di imparare da tutti». Un argentino a Napoli, la storia si ripete. «L’accostamento mi mette i brividi. Per noi, questa è una piazza molto particolare. Sto benissimo qui ed è bello parlare con i tifosi di Diego Maradona, che è sempre presente nei ricordi della gente». Che rapporto ha con l’ex Pibe? «Ottimo. Mi ha voluto al Mondiale nel 2010».

Il suo impatto con la città? «Mi piace tanto. Cerco di viverla tutti i giorni. Accompagno i miei due figli a scuola. Posso raccontare un aneddoto?»

Prego. «Un giorno ho perso il portafogli con soldi Mariano Andujar durante l’intervista

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Esclusiva con Andujar

e documenti in un centro commerciale. Mi è stato riportato qui al centro tecnico di Castel Volturno. Ho regalato al tifoso una maglia con dedica. Il suo gesto è stato davvero bello».

Palermo, Catania e Napoli, preferisce il calore del Sud? «Tre esperienze importanti. In Sicilia sono stato benissimo, anche a Catania, dove solo l’ultimo anno è stato difficile perché non siamo riusciti a conquistare risultati positivi. Il rapporto con la gente per strada è stato sempre buono».

“Voglio vincere un altro trofeo con la maglia del Napoli” Com’è cambiato Andujar rispetto allo scorso anno? «Sono sempre lo stesso, non c’è alcuna trasformazione particolare. A volte i calciatori vivono dei momenti. Alcuni sono negativi, altri positivi e non c’è una spiegazione razionale. Evidentemente a Catania eravamo arrivati alla fine di un ciclo».

In Argentina ha giocato in grandi squadre, in Italia – prima del Napoli – no. Come mai? «Ho scelto io il Catania e non il Benfica, dove avevo la possibilità di trasferirmi. Volevo misurarmi in un campionato competitivo e difficile come la serie A, a preMARZO 2015

scindere dagli eventuali risultati».

Con l’Estudiantes ha vinto una Coppa Libertadores nel 2009. «Ho anche il record d’imbattibilità della competizione: 800 minuti senza subire gol. Ho superato un mito come Arturo Gatti. E in quell’edizione, in casa, la porta dell’Estudiantes è sempre rimasta inviolata». Le piacerebbe vincere qualcosa anche in Italia dopo la Supercoppa? «Assolutamente sì».

A Napoli ne ha la possibilità. È arrivato in una grande piazza. «Voglio sfruttare al massimo questa opportunità. Ovviamente interpreto il ruolo diversamente rispetto al Catania. Le big subiscono meno. Ci vuole sicurezza e forza mentale. Magari c’è da fare un solo intervento e bisogna farsi trovare pronti al momento giusto».

Andujar ci è riuscito. «Sì. Mi viene in mente la parata su Magnanelli con il Sassuolo. Anche quella su Konè in Coppa Italia con l’Udinese è stata importante». Adesso è diventato protagonista. Com’è il suo rapporto con Rafael? «Buono, anche con Colombo è lo

stesso. Siamo un ottimo gruppo e lottiamo per gli stessi traguardi. Mi trovo bene con tutti».

Ha una fama di para-rigori. Ci spiega il suo segreto? «È molto importante l’apporto di Xavi Valero. Il nostro preparatore ci fa vedere sempre i filmati dei rigoristi delle squadre avversarie. Facciamo lo stesso lavoro anche sulle punizioni».

È utile? «Assolutamente sì. Ogni specialista ha un suo angolo preferito e quindi noi conosciamo le sue abitudini».

Ma il segreto qual è? «Alla fine conta molto la fortuna».

Viva la sincerità. Ricorda qualche intervento decisivo dagli undici metri? «In Argentina fu impor-

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Esclusiva con Andujar

bene con il Napoli. Il resto sarà una naturale conseguenza».

tante la mia parata in un derby contro il Gimnasia, a Napoli quello in Coppa Italia su Allan contro l’Udinese che ci ha regalato la qualificazione».

In Brasile ha sfiorato la vittoria al Mondiale. Cos’è mancato alla Seleccion per vincere? «Un pizzico di fortuna. La finale con la Germania è stata molto combattuta, poi loro hanno trovato il gol con Götze alla fine dei supplementari. Purtroppo è andata così». Spera di rifarsi in Coppa America? «A me piacerebbe. Ma non so se sarò convocato. Adesso devo pensare solo a fare

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Quali sono i suoi obiettivi in maglia azzurra? «Siamo in corsa su tutti i fronti e non scelgo nulla a priori. Proveremo ad ottenere il massimo. Ci sono tante partite ed è questo l’unico atteggiamento da tenere per mantenere alta la concentrazione».

Dica la verità. È arrivato il momento di un nuovo trofeo da protagonista? «Sì. In Argentina sono riuscito a conquistare un campionato e la Libertadores, che è importante come la Champions. Me la sono anche “dipinta” sul braccio. I tatuaggi sono la mia passione. Ne ho sette, forse otto, non ricordo bene. Sono tutti legati a momenti particolari». È pronto a farne un altro anche per celebrare un successo con il Napoli?

«Certo, ho ancora tanto spazio. Non vedo l’ora».

Un portiere vincerà mai il Pallone d’Oro? «Se non ci è riuscito Neuer quest’anno, non MARZO 2015


Esclusiva con Andujar

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Riflessioni d’autore

Napoli, in crescita progetto e valore

credo proprio. Ha reinventato il modo di parare. Purtroppo abbiamo meno “appeal” rispetto ad altri ruoli. Anche Buffon lo avrebbe meritato in passato».

“Higuain è uno degli attaccanti più forti in Italia e in Europa Non lo dico perchè siamo amici”

È scaramantico? «No. Ma ho delle abitudini».

Le vuole svelare? «Meglio di no…ognuno ha le sue».

Quanto è importante Higuain nel Napoli? «Tantissimo. Non devo certo dirlo io, ma stiamo parlando di uno degli attaccanti più forti in Italia e in Europa. E lo dico al di là della stima o dell’amicizia tra noi che è molto forte». Tutto vero. Il Pipita lo sta aspettando in auto per rientrare a casa.

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uanto vale una squadra di calcio? Per molti tifosi la squadra del cuore non ha prezzo. Pensiamo a Silvio Berlusconi. Sarebbe disposto a far entrare nel Milan un socio (di minoranza), per evitare l’emorragia di 50-60 milioni di euro all’anno dalla Fininvest. Per Berlusconi il Milan vale almeno un miliardo. Ma nessuno sembra disposto a valutare tanto il club. Neppure il ricchissimo cinese Wang Jianlin, che è il pretendente più accreditato. Secondo stime più realistiche il Milan vale tra 400 e 500 milioni, oltre ai debiti finanziari netti, pari a 256,4 milioni nel bilancio 2013. Punto di riferimento per il valore di una squadra sono i ricavi e lo sfruttamento commerciale del marchio. La Deloitte fa la classifica, basata sui ricavi, dei 20 club di calcio più ricchi del mondo, cioè d’Europa. In questa graduatoria, nella stagione 2013-2014 il Milan è dodicesimo, con 249,7 milioni. Al quindicesimo posto l’Atletico Madrid, 169,9 milioni di ricavi: ne parliamo perché in gennaio Jianlin ha comprato il 20% dell’Atletico per 45 milioni, come dire che assegna un valore di 225 milioni a tutto il club spagnolo, 1,3 volte i ricavi. In questa classifica il Napoli viene subito dopo l’Atletico, con 164,8 milioni di ricavi è sedicesimo, terzo tra i club italiani. Da dieci anni in testa c’è il Real Madrid, galattico anche negli incassi. Il fatturato ha raggiunto i 549,5 milioni. Quasi tre volte il Napoli. Dieci anni fa il Real Madrid aveva 275,7 milioni di ricavi, mentre il Napoli, era la stagione 2004-2005, dopo il fallimento ripartiva dalla terza serie. Nel 2006-2007, in B, il Napoli ottenne 38 milioni di ricavi. L’anno successivo, il primo in serie A, i ricavi del Napoli sono saliti a 78 milioni. Nel 2010-2011 il club è entrato tra le prime 20 squadre più ricche secondo Deloitte, con 114,9 milioni di ricavi, al ventesimo posto. È l’anno dell’acquisto di Edinson Cavani dal Palermo, pagato 12 milioni. L’anno successivo il Napoli va in Champions e il fatturato sale a 148,4 milioni, quindicesimo nella classifica internazionale. Prendendo come riferimento i ricavi, in otto stagioni, dal 2006-2007 al 20132014, il valore del Napoli è aumentato di 4,3 volte, da 38 a quasi 165 milioni. Questo senza parlare dei risultati di bilancio, per i quali il Napoli è primo in Italia. Caso unico in serie A, il Napoli ha fatto otto bilanci consecutivi in utile, l’ultimo di 20,2 milioni, grazie alla cessione di Cavani, con una plusvalenza di 64,4 milioni. L’ultimo rapporto di Deloitte mostra che il fatturato del Napoli è composto per il 65% da diritti televisivi (107,1 milioni), per il 22% da ricavi commerciali (36,8 milioni), cioè sponsor, pubblicità, vendita di magliette, per il 13% da biglietti e abbonamenti allo stadio (20,9 milioni). Rispetto al 2010-2011 l’aumento dei ricavi è dovuto soprattutto all’incremento dei diritti tv, pari a 49,1 milioni. I ricavi commerciali sono aumentati di 1,9 milioni. Ma i ricavi da stadio sono diminuiti di 1,1 milioni. I progetti di rinnovamento del San Paolo, visto che Aurelio De Laurentiis ha escluso la costruzione di un nuovo impianto, sarebbero un passaggio decisivo. Uno stadio, se non nuovo, almeno ristrutturato, darebbe una spinta anche ai ricavi commerciali.

Gianni Dragoni

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Ciro vive. E guarda tutti

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di Vittorio Raio

iro vive. Lo leggiamo da quando Lui purtroppo è salito in Cielo. E prima di Ciro Esposito abbiamo letto che tanti altri tifosi scomparsi immaturamente o tragicamente continuano a vivere, ad essere al fianco dei ragazzi delle curve a sostegno di una fede, della squadra. Da Lassù o da quaggiù fa lo stesso nell'apprezzabile immaginario degli amici, dei tifosi. Amavano e amano il Napoli. Chi non c'è più è al loro fianco. Sempre, comunque. Ciro vive. E guarda tutti. Potesse parlare... No, Ciro ci parla. Lo fa con la bocca, con i pensieri, con i sentimenti, con la straordinaria forza della mamma, della sua adorata mamma. Una mamma-simbolo la signora Antonella Leardi. Simbolo della non violenza, di

di una ferocia incredibile, atti dei quali poi pentirsi amaramente, per sempre. La vita è sacra ricorda Antonella in ogni occasione. E lo fa con parole pregne di immensa dignità: “Rispondere al male con il bene”. Lo fa con parole di una dolcezza infinita, di una dolcezza che a molti è apparsa incredibile nei primissimi giorni dopo la morte di Ciro, dopo un dolore tremendo, quando il dolore ti toglie il fiato, quando ti spezza il cuore. Lei ha rappresentato un'immagine della quale Napoli deve andare fiera. Ciro vive. E guarda tutti. E tramite mamma Antonella invita tutti a non portare altro odio nello sport, negli stadi. Amare la maglia, credere per la vita nella propria fede calcistica, ma rispettare i tifosi

amore, di fratellanza, simbolo del perdono. Facile parlare quando tutto ti va bene, difficile quanto ammirevole farlo quando hai perso un figlio. E per Antonella, Ciro era tutto o quasi tutto. Lei, però, non ha chiesto vendetta, ma ha immediatamente predicato amore e perdono per chi ha bruciato la vita del figlio, per coloro che credono solo nella violenza, per chi ha macchiato di sangue l'ultima Coppa Italia conquistata dal Napoli. Lui e lei non smettono di parlare a tutti. Da Lassù o da quaggiù fa lo stesso. Il messaggio è sempre eguale: tifate per la squadra del cuore, amatela, siatene orgogliosi, ma non commettete atti ignobili,

avversari come giustamente ha osservato anche Lorenzo Insigne nel suo apprezzato intervento a Sky. Si può solo inorridire pensando di andare allo stadio e poi di non poter più tornare a casa. In vista di Roma-Napoli del 4 aprile e di una possibile finale-bis Fiorentina-Napoli di Coppa Italia a Roma, l'appello, le parole accorate di Antonella devono rappresentare per tutti un monito, una strada da seguire. È anche il pensiero di suo figlio, di Ciro che da Lassù invita tutti a tifare, a non odiare, a smetterla di intonare cori beceri, assurdi, beoti. Ciro vive. E guarda tutti. Rispettiamolo, rispettiamone la memoria.

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Coppa Italia

A un passo dalla finale

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Il gol del pareggio di Gabbiadini contro la Lazio

di Silver Mele

restazione decisa e di grande intensità. Il Napoli che cancella lo schiaffo di Glik, ancora una volta in coppa, riagguanta il pareggio nel secondo tempo di una sfida fiera alla Lazio: giocata a viso aperto dalle due squadre, capaci di alternarsi con coraggio nelle fasi di supremazia. Meglio i biancocelesti nel primo tempo, che tuttavia gli uomini di Benitez non restano immobili a contemplare. Ci sono invece occasioni per Higuain e soci, non sfruttate a dovere prima della fulminante ripartenza orchestrata da Felipe Anderson e concretizzata dall'istinto eccelso di Klose. La ripresa di gamba e la reazione orgogliosa hanno riconsegnato ai tifosi il Napoli applaudito nei due mesi seguiti alla vittoria in Supercoppa a Doha. Era destino che a togliere le castagne dal fuoco ci pensasse la coppia più attesa: il Pipita è l’anima mai sazia del gruppo, i sette gol rifilati ai biancocelesti in sei partite ne facevano immaginare la presenza tra i marcatori dell’Olimpico. Invece dell’argentino è stato l’assist per Manolo Gabbiadini: l’ex Samp è sempre più amuleto, in virtù dei cinque centri collezionati in meno di 600 minuti azzurri. Soprattutto vede la porta come pochi e questo moltiplica la pericolosità del reparto d’offesa. Può sorridere Benitez, cui intanto l’intensità della prima semifinale di coppa ha ricordato quella dei match di Premier League, anche per il finale in crescendo dei suoi. Segnale non da poco se si pensa che la Lazio ha da spingere sull’acceleratore solo in campionato mentre il Napoli è appena all’inizio di un tour de force mensile che sta mettendo insieme serie A, Coppa Italia ed Europa League. Paga MARZO 2015

evidentemente la logica della rotazione, con il rischio preventivato che qualche volta le scelte possano anche non coincidere con i massimi livelli di forma dei singoli. Ma gli sfoghi del tecnico spagnolo nello spogliatoio di Torino e poi nella vigilia di Castel Volturno hanno sortito effetti importanti sull’atteggiamento mentale: un momento d’impasse la squadra lo ha vissuto dopo il gol laziale e superato brillantemente sebbene di fronte ci fosse un avversario esaltato. Sempre vincente finora nel percorso stagionale della coppa. Tutto dunque da decidere, tra un mese, nel ritorno di Fuorigrotta per l’accesso alla finale. Il Napoli che può gestire due risultati, vittoria ma anche il pareggio senza reti, sa altrettanto bene che sarà impossibile fare calcoli. Questione d’identità, per la quale l’undici di Benitez rinuncerà all’attesa, ma anche l’innegabile vantaggio di provare a gestire le sfuriate laziali per poi armare ripartenze letali. Il certificato di qualità al lavoro svolto finora lo rilasciano i risultati e l’unico, vero dato di fatto: a marzo il Napoli è in corsa su tutti i fronti, con una tentazione speciale per le coppe. Perchè Benitez ne è espertissimo e per il sogno di lasciare aperta la bacheca dopo la festa di Doha. La finale romana significherebbe in ogni caso rivincita. Con la Juventus, dopo la vittoria firmata sotto la gestione Mazzarri, ma anche con la Fiorentina, avversario nella tragica serata che vide vittima Ciro Esposito lo scorso maggio. Considerando la vittoria della squadra di Montella a Torino (1-2) è sempre più concreta l’ipotesi di una finale-bis a Roma.

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nicola Lombardo, il sogno realizzato

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i può vivere di sogni costruendo certezze? Nicola Lombardo c'è riuscito. Il responsabile dell’area comunicazione del Napoli nella vita ha fatto di tutto: cameriere, giornalista, bancario, manager. Una vita densa di cambiamenti, frenetica. Fino all'approdo al Napoli. «Hai coronato il tuo sogno» gli disse Ottavio Bianchi. E in effetti Napoli e il Napoli sono sempre stati il chiodo fisso di Lombardo. «Ho vissuto fino all'età di tre anni alla Sanità, in via Cristallini - racconta -. Mio padre è genovese, anche se con origini di Torre del Greco. Viaggiava molto. I miei nonni in casa parlavano un perfetto napoletano, che ho imparato subito. E anche dopo il trasferimento a Milano con la famiglia, ogni anno trascorrevo quattro mesi a Scauri, località piena di napoletani. Ho sviluppato una forte passione per i colori azzurri». Anni belli, ruggenti ma difficili: «Sono nato nel 1961, era difficile tifare per un club che non aveva vinto nulla in una città le cui squadre dominavano il calcio italiano. In famiglia, tra l'altro, non avevo modelli. Mio padre simpatizzava per il Genoa, mia madre e i miei nonni non seguivano il calcio». Un ricordo indelebile, la prima partita del Napoli in tv: «Il secondo tempo a Firenze (18 gennaio 1970, ndr): segnò Ottavio

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di Rino Dazzo

Bianchi. Allo stadio, invece, mio padre mi portò a un Milan-Roma. C'era il rischio che tifassi per una di queste squadre, ma ho sempre tenuto duro. E iniziai a seguire il Napoli anche in altre città del nord. Si perdeva quasi sempre, ma ero contento lo stesso. Per il Napoli ho fatto anche il cameriere, a 16 anni. Tutto il denaro che guadagnavo lo utilizzavo per pagarmi trasferte o ritiri. Sono stato tre mesi a Londra per imparare bene l'inglese, al ritorno a Milano lavoravo aggregato nei grandi alberghi, l'Hilton o l'Excelsior. Quando il Napoli giocava a San Siro, alloggiava sempre al Leonardo da Vinci. Fu qui che conobbi Marino Brancaccio, che poi sarebbe diventato pre-

“Dall’esperienza di De Laurentiis e Benitez posso solo imparare”

sidente. Gli dissi che mi sarebbe piaciuto aprire un Club Napoli a Milano e dopo qualche tempo ci riuscii. Solo che lo aprii in casa mia». Un appartamento grande e spazioso, per fortuna: «All'inaugurazione c'erano Vinicio, Ferrario, Capone, Agostinelli. Carlo Iuliano, l'addetto stampa, vide una foto di me bambino alla parete; mia

madre aveva dimenticato di toglierla. Capì tutto, disse che non aveva mai visto un club all'interno di una casa». Dopo il diploma e la laurea, l'inizio del lavoro in banca e un incontro folgorante, nel 1981, in occasione di una trasferta a Pistoia: «Sono sempre stato un tifoso molto discreto. Anche quando in albergo incrociavo i giocatori ero invisibile, facevo di tutto per non minarne la concentrazione. A Castel del Piano, ad esempio, avevo la camera accanto a quella di Maradona e Bertoni: erano loro a far baccano. Coi giornalisti, invece, m'è sempre piaciuto parlare. A un bar incontrai Guido Prestisimone, non l'avevo neanche riconosciuto. Diventammo amici, al punto che in un'occasione mi inventai una bugìa: gli dissi che rientravo a Napoli dopo la partita e che potevo accompagnarlo io. Finalmente potevo parlare degli azzurri con qualcuno, con un maestro di giornalismo, poi. Ogni incontro con Guido era una miniera di aneddoti e di curiosità». E a maggio, dopo un Napoli-Juventus che significò fine del sogno scudetto, una cena storica: «Da Dante e Beatrice con Prestisimone, Brera e il tecnico del Napoli, Marchesi. Ero ammaliato da tutti». Anni dopo, altro incontro: «Accompagnai Prestisimone a Bergamo da Bianchi, prima che passasse MARZO 2015


nicola Lombardo, il sogno realizzato

al Napoli. Ormai ero diventato una sorta di stretto collaboratore di Guido, con cui però ci siamo sempre dati del lei, anche il giorno prima che morisse. Fu lui che nel 1985 mi segnalò ad Antonio Sasso: diventai corrispondente da Milano per il Giornale di Napoli». L'inizio, in fondo, di una nuova Lombardo con De Laurentiis a Dimaro

professione: «Dovevo occuparmi delle rivali scudetto, andavo a Milanello e alla Pinetina. Scrivevo in metropolitana e poi dettavo al telefono, spesso a Mario Orfeo. Diventai anche collaboratore di Radio Kiss Kiss, mi inserivo nei collegamenti delle partite domenicali e mi occupavo di Borsa. Nel

1988 lasciai anche la banca: volevo essere più libero, aprii un'agenzia di viaggi e comprai una moto». Un momento d'oro destinato a finire presto: «Nel 1990 un collega, Pierangelo Soldavini, che avevo conosciuto a Piazza Affari, mi disse che avrebbe lasciato la Reuters. Mi suggerì di fare colloqui e test. Li superai. E andai in crisi». Davvero? «Per un mese non risposi al telefono. Dovevo lasciare radio e giornale. Solo le trasferte avrei continuato a farle, da tifoso. Alla fine accettai. E dal Napoli passai a seguire l'Italia, le Olimpiadi, i vertici internazionali. Un nuovo mondo». Poi altre avventure: «Creai un tg economico per Kataweb, agli albori di internet, troppo avanti per l'epoca, e una web tv per Banca Intesa». Nel 2004 l'approdo a Sky: «Sono stato quattro anni a SkyTg24, nel 2008 mi chiesero di impostare Sky Sport 24. Nel 2011 ho deciso di mettermi in proprio, come comunicatore aziendale. Una volta libero, fui chiamato da De Laurentiis. Aveva ragione Bianchi: è stato il coronamento di un sogno». Un passaggio dall'altra parte della barricata: «Gli

obiettivi di una testata e di un'azienda non coincidono mai. In un'intervista, un giornalista tende sempre a trovare motivi di scoop, di polemica. Ci sono interessi divergenti. Quello che non sopporto però, insieme alle notizie false, è il fatto che molte testate non ammettano i propri errori. Prendiamo la cessione del Napoli agli arabi: chi lanciò la "notizia" ha mai detto di aver sbagliato? Alla Reuters, quando si commette un errore, si fa subito una rettifica. Chiedere scusa ai lettori ne accresce la fiducia». Quanto al fatto di lavorare con due grandi comunicatori come De Laurentiis e Benitez «rappresenta un grandissimo vantaggio. Ogni volta che ho lasciato un incarico è perchè non avevo più nulla da imparare. Il presidente, con tutta la sua poliedricità, può insegnarmi ancora tanto. Ed il mister è persona straordinariamente capace ed esperta. Anche Mazzarri mi ha insegnato molto, pur vivendo la sua professione in maniera diversa». E se potesse tornare bambino, tifoso contro tutto e tutti, Nicola Lombardo come giudicherebbe il Napoli? «Sarei entusiasta. Nonostante si sia trovato davanti una Juve straordinariamente forte, ha portato a casa due Coppe Italia e una Supercoppa. Ha grandi prospettive, ma soprattutto è una squadra simpatica, che piace. Nella classe di mio figlio Ludovico, che ha 11 anni e vive a Milano, ci sono 24 ragazzi: 7 tifano per il Napoli. E nessuno di loro è figlio di napoletani».

Lombardo con Edo e Aurelio De Laurentiis

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Terra di portieri

C’

è una fetta di terra in Campania conosciuta ormai ovunque. Impossibile non rendersi conto di un fenomeno che ormai s'impone in tutta la sua evidenza, impossibile nasconderlo, anche a volerlo. Terra dei Fuochi? Macchè. Il triangolo compreso tra Castellammare di

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Stabia, Nola e Caserta è la Terra dei portieri. Ne vengono fuori in quantità industriale. Fanno strada, arrivando a giocare titolari in serie A e in piazze prestigiose. E, soprattutto, ne nascono sempre di nuovi. Qualche esempio? Mettetevi comodi. Gennaro Iezzo, Domenico Cecere, Antonio

Mirante, Alfonso De Lucia. E ancora Stefano Sorrentino, Salvatore Soviero, Luigi Sepe, per finire ad Antonio e Gianluigi Donnarumma, gli ultimi iscritti al partito in vorticosa ascesa dei campioni campani tra i pali. Ma qual è il segreto di questa terra che sgorga estremi difensori come fossero

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Terra di portieri

funghi? «Qui è pieno di ragazzi che hanno forza di volontà, che sono disposti a mettersi in gioco, a imparare, ad ascoltare consigli e a provare a migliorarsi». E chi lo dice? Semplice: l'uomo che molti di questi campioni li ha scoperti, valorizzati, fatti crescere. In qualche caso li ha addirittura salvati. Si chiama Ernesto Ferraro, ha 73 anni e porta scolpito nel volto e nella voce i rigori di una vita trascorsa quasi interamente sul campo, prima da portiere in serie C, poi da scopritore di talenti. «Io ho sofferto per arrivare dove sono - racconta con un filo di voce -. Poi ho dovuto smettere per un infortunio». In fondo, la sua carriera è continuata dopo, attraverso i "suoi" ragazzi, quelli che ha tirato fuori dal nulla aiutandoli a diventare dei professionisti in serie A. «Iezzo, ad esempio, voleva smettere», racconta don Ernesto, il "maestro dei portieri", come lo chiamano a Castellammare, dove ha passato una vita sul campo di Varano. «Quando giocava a Scafati, agli inizi, nessuno gli dava tre soldi in mano. Tranne me. Piangeva, voleva mollare tutto. Gli dissi: "Gennarì stai tranquillo, questi sono uno più str... e n'ato. Tu arriverai in serie A" - ricorda in vernacolo -. Bene, dopo venti giorni lo chiamò la Nocerina e fu l'inizio della sua straordinaria carriera». Tanti i ragazzi forgiati da Ferraro: «Sono 27 quelli che sono arrivati in serie A. Ma il migliore di tutti volete sapere qual è?». Certo:

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«Il mio "compariello", Antonio Mirante. Se fosse stato aiutato di più, soprattutto a inizio carriera, sarebbe arrivato ancora più su». Ora potrebbero emularlo i fratelli Donnarumma, Antonio e Gianluigi, gli ultimi talenti espressi dal Club Napoli, la scuola calcio con cui Ferraro ha collaborato per tanti anni, fino a pochi mesi fa, insieme all’amico fraterno Ciro Amore (nella foto a sinistra con Ferraro) e agli altri tecnici di questa autentica fucina di talenti: «Mi prendevano per pazzo quando dicevo che Gianluigi (in panchina in serie A con il Milan a 15 anni, ndr) sarebbe diventato un grande. A me basta poco per accorgermi se un ragazzo ha qualità oppure no. Quando ho visto Gianluigi buttarsi a terra ho pensato subito che fosse un talento eccezionale».

“Il portiere soffre la pressione è un ruolo complicato: va avanti chi si sacrifica”

Un giocatore da Milan: «Gli sono sempre stato vicino, come ad Antonio del resto, che ora è titolare nel Bari. Gianluigi l'ho portato con me a Milano quando aveva 11 anni. L'allenatore che lo vide al provino mi sgridò, mi disse: che fa, ci porta a vedere un ragazzino così piccolo? Quando poi l'ha visto in porta si è scusato non una, ma cento volte. Però vi prego, andateci piano con Gianluigi». In che senso? «Dico, voi della stampa, non mettetegli troppe pressioni ad-

dosso. Il portiere è un ruolo complicato, il più complicato di tutti. Questi ragazzi vanno portati avanti a cominciare dal comportamento, da cosa devono dire. Puoi fare quattro miracoli e non sei nessuno, ma tutti si ricordano di te appena fai una papera. Sapeste quanti si sono persi, purtroppo». Altri però potrebbero venir fuori a stretto giro di posta: «L’ultimo gioiellino? De Luca, classe 2003. Deve crescere giusto un altro po’». I fratelli Donnarumma, seppur originari di Pompei, sono milanisti, ecco perché hanno spinto per andare a giocare a Milano. Ma possibile che il Napoli non si sia accorto dei tanti giovani portieri nati da queste parti? «Io l'ho detto tante volte a quelli del Napoli che ci sono dei ragazzi a Castellammare fortissimi. Fate qualcosa, chiamate i genitori, cercate di prenderli. Me ne hanno scartati quattro su sei. Quando si pensa che un ragazzo è bravo bisogna crederci, non visionarlo per 5 minuti - sostiene Ferraro, che poi taglia corto -. Adesso devo andare, sapete com'è, ho smesso con le scuole calcio ma sto seguendo un ragazzo di Scafati molto promettente. Come si chiama? No, è troppo piccolo, niente nomi. Ho detto al padre che diventerà un grandissimo portiere, che mi ci sarei messo vicino e l'avrei portato avanti. Ha appena cinque anni, ma tra un po' si parlerà solo di lui. Non sono pazzo, so quel che dico». Eccone un altro, insomma. La Terra dei portieri non smette mai di produrre talenti. (R.D.)

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L’iniziativa

Una collezione che fa gol...a

P

rosegue la raccol ta delle cartoline dei gol segnati da poli in campionat l Nao, con le foto real izzate da Pietro M Saranno otto anch osca. e nel numero di m segno dagli azzu arzo, con le reti m rri contro l’Empo esse a li in casa (2-2), ne interno contro il l successo Parma (2-0) e ne ll’ampia vittoria a Cesena (1-4). O in trasferta tto scatti che andr anno ad arricchire lezione, che pros la coleguirà fino a fine stagione, per una delle reti segnate raccolta complet in questo campion a ato dagli uomini mente, però, le ca di Benitez. Ovvia rtoline potranno essere anche sped per uno sfottò go ite ai tifosi avvers liardico, come gi ar i à av ve speciale delle ca nuto in molti casi rtoline della vitto con la serie ria in Supercoppa a Doh Juventus. Per po terle raccogliere a contro la tutte sarà possibile (info@eazzurro.it scrivere ) o telefonare (081 19133868) alla re chiedere quelle m dazione e riancanti al costo di 50 centesimi l’una .

” o ronchi rosa Il nostro “G lla cartolina numero 22 abbiam il

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tro de apoli contro febbraio sul re ndo gol del N co se il n Nel numero di ai u ig lla foto e da attribuito a H me si evince da co r le deIn erroneamente da a 10. Non ven te fu realizzata zione a pagin ta en es ri Cagliari. La re pr a L di . scritto in sede chi la chiederà quanto da noi da sbagliata a di la n r la regolarità co a in rtol scritta esatta pe la e n co o remo questa ca at on nque, con i du o a fine campi usiamo, comu sc i C . re ti ro pubblicherem n er ta l’ a n e che fa gola a cartolina co della collezion ostri Lettori. L n i ’) il nostro n po co n o u tt lo tu prat ’ (ma so po n u rà calciatori e so sa so à in suo posses per chi l’ha gi ”. “Gronchi rosa

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MANOLO GABBIADINI Il profilo

“IL FREDDO” CON L’ANIMO ROMANTICO

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di Bruno Marra

o sguardo profondo immerso in un volto levigato e articolato che sembra scolpito nel marmo, con un rivolo bizarro tra i capelli che bacia ed impreziosisce la fronte come un dipinto di Michelangelo. Manolo Gabbiadini pare uscito da un affresco neoclassico che nel profilo intreccia pudore e splendore rivelandone l’introspezione. È nato nel profondo nord Manolo “il freddo”, ma in appena due mesi ha sciolto la sua atavica glacialità in un abbraccio di calore ed in una nuova identità emotiva che gli poteva conferire solo la passione napoletana. È arrivato in una lunga serata di fine gennaio a Capodichino ed ha trovato l’aeroporto che sembrava uno stadio, stracolmo in ogni ordine di posto – come direbbero i cronisti di un’epoca romantica – con oltre mille napoletani a dargli il “Benvenuto al Sud”. L u i che

si è innamorato del calcio per colpa di una ragazza: la sorella Melania, più grande di lui di otto anni. Fa la calciatrice, è lei che in famiglia porta i pantaloncini fino a raggiungere la Nazionale femminile. Manolo da bambino la vide giocare in un sabato qualunque accompagnato al campo dai genitori. Melania ad un certo punto tirò “una pigna” giusto all’incrocio che fece infiammare lo stadio. Manolo tornò a casa e disse: “Papà voglio giocare a pallone anche io”. Benedetta passione familiare e fatale DNA. Manolo si infilò nelle giovanili dell’Atalanta e dopo una vagonata di “pigne” divenne “Gabbiagol”. Eccolo il nuovo “crack” del calcio italiano. Un pugno e una carezza. Il “Gabbia” ammaestra la palla con arte sopraffina e poi la fa esplodere col guanto di paraffina. Ammalia e seduce con la sua grazia d’autore e poi ti colpisce dritto al cuore. Manolo si chiama così perché in famiglia volevano un nome più esotico ed adrenalinico ed alla fine è stato il battesimo del destino. Il suo nome classico da toreador iberico sotto l’investitura di Don Rafè l’ispanico ha subito infilato la sua banderilla nell’Arena di Verona del quartiere clivense. E poi è arrivata pochi giorni dopo la “prima notte” del San Paolo con la sua primogenitura da bomber a casa nostra ed il suo secondo magico “Olè” nell’alcova di Fuorigrotta. Il suo film preferito è “Alla ricerca della felicità”, ma ora “Gabbiagol” ha smesso di cercare. Questo ragazzo scolpito nel marmo con l’impeto romantico ha trovato nella nostra terra la giusta dimora dell’anima. A 23 anni è cominciata la sua nuova vita verso un sogno splendente d’azzurro. Perché Napoli è il nuovo regno di Manolo il Freddo…

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Nome: Manolo Cognome: Gabbiadini Data di nascita: 26/11/91 Luogo di nascita: Calcinate (Bergamo) Altezza: 186 cm Peso: 81 kg

Film preferito: Alla ricerca della felicità Attore preferito: Bradley Cooper

Musica preferita: dall’italiana alla sudamericana. Un po’ tutta la musica pop Piatto preferito: lasagne bolognesi

Sport preferito dopo il calcio: tennis e basket Sportivo preferito: LeBron James

Auto preferita: ho la Smart ma mi piace la Ferrari Vacanze, mare o montagna? mare

Abbigliamento, sportivo o elegante? dipende dalle occasioni. Prediligo sia l’eleganza che il casual.

La prima squadra per cui hai tifato: da bimbo adoravo il Manchester United.

La tua squadra del cuore oggi, dopo il Napoli: ora penso al Napoli e basta.

Il gol più importante della carriera: quello nel derby di Genova con la Sampdoria quest’anno. Hai un soprannome? Sì da quando ho cominciato a giocare mi chiamano “Gabbia”

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Rocca: è un’annata doc! Sommella: punto su Caiazzo Canovi: il primo sarà Stanziani

Il primo 2000 a esordire in A

di Fabio Mandarini

U

n po’ come la storia del vino? “Sì, una cosa del genere: il 2000 è un’ottima annata”. Per il calcio, s’intende. E Antonio Rocca, il tecnico della Nazionale italiana Under 15, è probabilmente il sommelier più accreditato e di certo quello più informato: lui, i quindicenni o giù di lì, è obbligato a studiarli e a monitorarli senza soluzione di continuità. Con una controindicazione imposta dal ruolo: “Niente nomi”. Ovvio, certo. Però a questo penseremo strada facendo: e non sarà un’altra storia, bensì soltanto l’epilogo di un’introduzione solenne e decisamente interessante. E allora, parola alla massima autorità azzurro-Italia del campo. “Devo dire che in giro vedo molto talento: in questo momento sto lavorando con un gruppo di ragazzi dalle grandi potenzialità: ripeto, nomi e riferimenti individuali non ne farò, però posso confermare che quella del 2000 è una leva davvero interessante. Come del resto anche le due, tre precedenti”. Ex centrocampista dell’Atalanta, i baffoni neri e il soprannome Furia, come lo straripante cavallo del West, a 64 anni Rocca è alla quarta stagione da titolare della panchina dell’Under 15, dopo le esperienze da osservatore del vivaio

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di casa Italia e poi da vice dell’Under 20 e dell’Under 21 di Casiraghi. Una vita con i giovani. E per i giovani. Categoria – si fa per dire - in tilt, considerando lo stato delle cose italiane. “La crisi del Paese si avverte forte e chiara, certo, però sotto questo aspetto il calcio può rappresentare un punto di riferimento importante per il futuro: la società deve guardare i giovani come una base sulla quale costruire il domani; deve appoggiarli, sostenerli, supportarli. E il discorso vale anche per lo sport e dunque il calcio: i miei ragazzi, ad esempio, si stanno mettendo alla prova in un campo difficile, e magari, quando qualcuno lo merita, non sarebbe male se fosse concessa qualche possibilità in più”. Touché: toccatina ai club. Indiretta ma ben assestata. “Credo che nei vivai ci siano diverse promesse, non soltanto tra quelli del mio gruppo, ma senza un percorso formativo importante è impossibile arrivare alla meta: sarebbe importante se gli dessimo un po’ di spazio e qualche chance in più, quando è possibile. Proprio come accade all’estero”. E ancora: “In Italia c’è molto talento, molta qualità, ma bisogna favorire l’esplosione a certi livelli: spesso ri-

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Il primo 2000 a esordire in A

scontro una certa fragilità caratteriale, e credo che questa sia la diretta conseguenza della scelta di far crescere i giovanotti nella bambagia”. Protetti e coccolati. “Sì, proprio così: sarebbe meglio se i ragazzi cominciassero a confrontarsi con le difficoltà del calcio, delle grandi sfide, senza l’aiuto di mamma, papà, nonni e così via”. Chiarissimo: tutti nella mischia. “Sì, ma soltanto quando esistono i presupposti: e tra i 2000, confermo, ci sono tanti potenziali giocatori del futuro”. Che, tra l’altro, sono anche pronti a misurarsi a livello internazionale: “Per il momento abbiamo disputato due partite in Belgio, mentre i prossimi impegni sono in programma in Albania e al Torneo delle 8 Nazioni a Gradisca”. I primi esami di maturità. I primi nomi, anzi il primo nome-scommessa lo pesca Marco Sommella. Napoletano, avvocato e manager, tra gli altri, di Immobile, Tonelli e Nocerino, Sommella indica un altro figlio di Napoli come potenziale, primo esordiente in Serie A nato nel 2015: “Punto su Raffaele Caiazzo, centrocampista a tutto campo e capitano dei Giovanissimi dell’As Posillipo: ha fisico, personalità e mezzi tecnici.

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È un ragazzo molto interessante”. Che, tra l’altro, è in procinto di fare un notevole salto: “Se lo contendono due, tre club di Serie A. E anche il Napoli ci ha messo gli occhi: se dovessi scommettere su un esordiente del futuro, beh, dico Caiazzo”. Lungo e dettagliato, invece, è l’elenco dell’avvocato Dario Canovi, la storia, la leggenda: si può dire che fu lui, anni e anni fa, a dare spessore professionale al ruolo del manager sportivo. Precursore, un’autorità: “Devo dire che la leva del 2000 è piuttosto interessante: insieme con mio figlio Simone abbiamo stilato un elenco che abbraccia portieri, centrocampisti e attaccanti…”. Davvero articolato: dai portieri Ghidotti (Fiorentina) e Lonoce (Juve) e i difensori Matteucci (Empoli) e Sportelli (Milan), ai centrocampisti Gaetano (Napoli) e Schiro (Inter) e gli attaccanti Merola (Inter), Kean (Juve) e Vigolo (Milan). La prima scommessa, però, si chiama Leonardo Stanzani: Parma, Bologna e ora Fiorentina, per lui. “Ha qualità”. Già proprio così. E anche una storia singolare: figlio di due campioni del pattinaggio artistico, prima di scegliere il calcio anche Leonardo si esibiva sulle rotelle.

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Trovia l ca m p i o ne

1) Difensore belga del Napoli degli anni ‘90 2)Ottavio, portiere del Napoli 3)Il tornante definito “Stakanov” 4) Il presidente dei due Le soluzioni scudetti sono in fond 5) Il “Petisso” alla pagina 6) Attaccante serbo che militò in azzurro nel 1998 e nel 2000 7) Allenatore del Napoli, oggi opinionista de La domenica sportiva 8) Dino, difensore parte nopeo degli anni ‘60-‘70

i s r e v i d ” i l l e “Gem

Difensore della Juventus

Dimitar Berbatov

co Attaccante del Mona

Lo scatto

Giornalista de La Gazzetta dello Sport

Antonio Petrazzuolo

Direttore Napolimagazine

Stojak 7) Mondonico 8) Panzan

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Gianluca Monti

Salvatore e Pasquale Scuotto con la divisa della squadra del cuore

6) 3) Caffarelli 4) Ferlaino 5) Pesaola Risposte: 1) Crasson 2) Bugatti

Leonardo Bonucci

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Il tweet

L’edicolante

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“Ho raggiunto ora i 300.000

followers. Grazie a tutti quelli che mi seguono. Nei prossimi giorni troverò il tempo per dialogare con voi #ADL”

L’edicolante nello via Annella Di massimo al Vomero, con il piccolo Luigi Varriale

s i m a r a C a i m , Miss

in quattro di Mattia Destro, si è fatta e gli mo is, ram Ca a vic do Lu

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per il trasloco da Roma a Mi

lano

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«Riempiamo l Pallanuoto, eurorivali a confronto

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Acquachiara e Posillipo di Carlo Zazzera

apoli capitale europea della pallanuoto. A dieci anni dall’ultima Coppa dei Campioni, conquistata dal Posillipo, i rossoverdi tornano a giocarsi una finale continentale, questa volta di Euro Cup, contro un avversario speciale, l’Acquachiara. Sarà la prima volta che due squadre napoletane si affronteranno in una finale europea, il 28 marzo e l’11 aprile. Le società stanno già lavorando insieme affinché diventino due giorni di grande sport per la città. Noi abbiamo chiesto ai due allenatori le loro impressioni in vista di questo storico evento. Mauro Occhiello, allenatore Posillipo

Lei è arrivato sulla panchina da poco più di un mese, com’è riuscito a dare una scossa così decisiva alla squadra? «I ragazzi li conoscevo già perché li ho già allenati e molti sono cresciuti con me nelle giovanili. Da parte loro ho trovato la massima disponibilità. Abbiamo fatto un grande lavoro psicologico e tattico e questo ci ha portato fino alla finale». Era un obiettivo o solo un sogno al momento del suo arrivo? «Era un obiettivo, perché i ragazzi lo scorso anno erano usciti in semifinale a Zagabria e volevano riscattarsi. Non ci accontentiamo però. L’obiettivo adesso è la vittoria, come sarà anche per l’Acquachiara». Una finale tutta napoletana che effetto fa a un tecnico partenopeo?

«È un’emozione speciale. Speravo che anche l’Acquachiara arrivasse in finale, io sono nato e cresciuto nel Posillipo, sono napoletano al cento per cento e sarà bellissimo sfidare tanti ex giocatori, mister De Crescenzo e la società di un altro nostro grande ex, Franco Porzio». Com’è il rapporto con loro? Valentino Gallo «È ottimo, ci sono tanti ragazzi che ho allenato, spesso ci vediamo e capita anche di allenarci insieme. C’è un bellissimo rapporto, anche se la nostra è una sfida continua. I giocatori sono amici ma in vasca c’è sempre rivalità». Tra lei e Paolo De Crescenzo, invece? «Paolo è un’istituzione, un monumento. Sono nato e cresciuto sportivamente con lui. Ero nelle giovanili quando lui allenava la prima squadra ed era all’ultimo anno

quando ho allenato per la prima volta le giovanili. È un signore, una persona perbene che fa bene allo sport, ce ne vorrebbero tanti come lui. Spero solo che questo possa essere uno dei casi in cui l’allievo supera il maestro». Cosa si aspetta da questa finale? «Mi aspetto uno spettacolo bellissimo e la Scandone gremita. Sarà un momento di sport importantissimo che Napoli dovrà godersi. Per una volta si potrà mettere da parte il calcio a favore di uno sport che ha dato tanto alla città. Il risultato in un derby è sempre incerto, ancor di più in questo caso. L’Acquachiara parte favorita, è la terza forza del campionato, mentre noi abbiamo una squadra rivoluzionata e giovane che sta crescendo, nella quale sono arrivato da poco».

Un momento del derby Carpisa Yamamay Acquachiara-Posillipo giocato lo scorso novembre

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la Scandone» Pallanuoto, eurorivali a confronto

o a caccia dell’Euro Cup Paolo De Crescenzo, allenatore Acquachiara

Con il Posillipo ha vinto tutto, ora può conquistare il primo trofeo della storia dell’Acquachiara battendolo. Che effetto le fa? «Questa è la migliore finale possibile. È stupendo avere due squadre napoletane che cercano di vincere un titolo europeo. Dopo alcuni anni di difficoltà si è ripreso a lavorare con i giovani e si è arrivati a questo risultato. Mi confronterò con una buona parte della mia storia da allenatore, forse è l’unico tassello che mancava alla mia carriera». L’Acquachiara può conquistare il suo primo trofeo internazionale. Può essere il coronamento di un percorso o l’inizio di una storia? «È anche la prima finale per il club e questo è già molto importante. La società è giovane ma è cresciuta negli ultimi anni, anche prima del mio arrivo. Da tre anni è ai vertici della pallanuoto italiana, anche se quest’anno la rosa è stata rinnovata, con l’inne-

sto di molti giovani. Conoscendo il presidente Franco Porzio immagino che questo sarà solo un primo passo. È il coronamento del lavoro fatto finora, ma è anche un trampolino verso nuovi traguardi». Come si trovano gli stimoli per continuare a vincere? «A me piace il rapporto con la squadra, la costruzione Amaurys del gruppo Perez nel tempo e lo stare insieme. Mi piace il percorso per arrivare al risultato. Se si cresce ins i e m e nella quotidianità può arrivare un risultato di prestigio, ma quello che conta è il come ci si arriva». Di fronte avrà la sua storica ex squadra. Cosa prova? «Al momento vedo tutto razionalmente, quando arriverà il momento capirò. Saranno emozioni che sono difficili da prevedere, è

importante confrontarsi con una squadra nella quale ho vissuto gran parte della mia storia, la vedo come una naturale continuità della mia esperienza». Che rapporto c’è con il tecnico Mauro Occhiello? «Alla fine della nostra semifinale ho saputo che anche loro avevano vinto e l’ho chiamato per complimentarmi. Speravamo entrambi in questa finale per il bene dello sport napoletano. La pallanuoto partenopea ha una grande tradizione. Ora, però, loro sono avversari, anche se resta la grande amicizia». Cosa si aspetta da questa finale? «Mi aspetto quello che ho vissuto nei miei migliori momenti da atleta e da tecnico: una Scandone piena, straripante. Sarà l’esaltazione dello sport e della tradizione napoletana». foto Rosario Caramiello e Roberto Polverino

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GINEVRA INCORONA LA NUOVA PASSAT CAR OF THE YEAR SI ALLINEA AL RIGORE Auto

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di Giovanni Marino

lla fine, tra le otto aspiranti l’ha spuntata lei, la Volkswagen Passat, “Auto dell'anno 2015” con le 340 preferenze ottenute dalla giuria del concorso che premia per regolamento un’auto commercializzata entro la fine dell’anno precedente in almeno cinque mercati europei ed essere venduta annualmente in un minimo di 5.000 vetture. Seconda, la Citroen Cactus con 248 voti favorevoli seguita dalla Mercedes Classe C, terza sul podio d’Europa con i suoi 221. Ricordiamo la classifica che ha registrato in successione Ford Mondeo (203), Nissan Qashqai (160), BMW serie 2 Active Tourer (154) e, infine, Renault Twingo con 124 punti. Il Salone di Ginevra, occasione in cui viene presentata ogni anno la conquistatrice del riconoscimento, ha visto nel 2015 premiare un modello in produzione dal 1973, dunque alla sua ottava generazione. Intendiamoci, la berlina di Wolfsburg, vendutissima nella sua versione station wagon denominata “Variant” (già disponibile), è stata interamente rivista secondo la filosofia “...da classe premium senza costi premium”, come fu definita in sede di presentazione nello scorso 2014. Più leggero rispetto alla serie precedente, ma con grande attenzione alle nuove tecnologie ed alla sicurezza, il nuovo modello verrà proposto in dieci diverse motorizzazioni a partire da 120 cavalli fino al top di 280, con propulsori - tutti rigorosamente Euro 6 - turbodiesel e benzina (ma anche qui con generosa disponibilità di turbocompressori) capaci di ridurre le emissioni di CO2 di un robusto 20%. Inoltre, prima volta nella storia, la Passat sarà disponibile anche con una va-

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riante ibrida plug-in offrendo in accoppiata un motore TSI da 115 kW ed uno elettrico da 80 kW per una potenza complessiva di 211 CV. Prezzi a partire da 25.875 Euro per la berlina e da 25.950 Euro per la Variant.

Ma prima di chiudere, consentiteci qualche considerazione a margine. Innanzitutto, il sospetto di un’operazione meramente commerciale tesa a rilanciare un modello che, ultimamente, proprio per i sopraggiunti “limiti d’età” accusava pesantissime cadute di ordini. Poi, vorremmo sottolineare una poco convincente premiazione che riguarda quella visione della vita e dell’economia, ossessionata dal rigore, che la Germania sembra voler dettare in tutti gli ambiti agli altri Paesi d'Europa. Il mercato dell’auto si basa ancora sul desiderio di appagare un sogno. Per qualcuno è un’utilitaria economica e sbarazzina, per qualcun altro è una Ferrari o una Porsche, ma tutti, operai e sceicchi, hanno una passione motoristica nel proprio remoto cassetto: se davvero si vogliono vendere più auto (meglio se elettriche) non lasciamo che l’omologazione verso una filosofia - tutta nordica - votata alla pochezza, chiuda definitivamente la porta delle legittime aspirazioni delle persone. Il grigio, anche se metallizzato, rimane sempre grigio: lasciatevelo dire da chi ha la fortuna di scrivere da quelle sponde tutte “azzurre” baciate dal Mediterraneo. MARZO 2015


Auto

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u presentata proprio a Ginevra nella scorsa edizione del Salone automobilistico dove quest’anno ha ricevuto il premio quale “Concept Car of the Year” per il 2014. Stiamo parlando naturalmente della Maserati “Alfieri” la cui ufficializzazione è avvenuta durante la “Car Design Night”, organizzata da Car Design News , dove il direttore del Centro Stile di Torino, Marco Tencone, ha ritirato l’ambito riconoscimento. Nata per celebrare il centenario del tridente, questa a ff a s c i n a n t e berlinetta 2+2, cui farà seguito un’immancabile versione “spider”, prende il nome dal più estroverso dei fratelli Maserati, Alfieri, Ettore ed Ernesto, i quali aprirono la loro officina in via De’ Pepoli 1, a Bologna, il 1° dicembre 1914 con la denominazione “Società Anonima Officine Alfieri Maserati”. Alfieri, per l’appunto, personaggio visionario quanto realista, adorava la velocità e fu grande protagonista in gara, sia come meccanico che come pilota, raggiungendo risultati notevoli. Quest’auto da sogno (giusto per continuare un discorso già intrapreso) è ispirata alla Maserati A6 GCS Berlinetta del 1954 disegnata da Pininfarina: una delle Maserati più iconiche di tutti i tempi. Non solo auto sportiva ma anche pietra miliare del design automotive, si basa sul telaio della GranTurismo MC Stradale con passo più corto di 24 centimetri: lunga 4.590 mm, ha un passo di 2.700 mm, è larga 1.930 mm ed alta 1.280. MARZO 2015

La piattaforma cambio-differenziale è quella della Maserati Gran Turismo, ma si prevede anche una versione integrale con tecnologia derivata dalla consorella statunitense “Jeep”, mentre sotto lo scultoreo cofano troviamo il motore V8 aspirato da 4.700 centimetri cubici “Made in Maranello” capace di erogare 460 CV a 7.000 giri/min con una coppia da 520 Nm a 4750 giri/min, oppure si ipotizza una versione più “tirata” da 520 cavalli. Il prezzo? Dovrebbe attestarsi attorno ai 90.000 euro, creando seri problemi alla Porsche 911, concorrente number one. Tutto sommato, un sogno (nei limiti di chi può) abbastanza realizzabile. Ma gli occhi debbono restare chiusi ancora almeno fino al 2017... (G.M.)

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moto

MV AGUSTA 1945-2015 SETTANT’ANNI DI TRIONFI

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uando si dice “avere un destino nel nome”! È certamente il caso di Giacomo Agostini, nato a Lovere (BG) nel 1942, motociclista e campione entrato nella leggenda e, dal 1999, anche nel Motorcycle Hall of Fame, normalmente più sensibile ai personaggi “Born in the USA”. Ago, come lo chiamano tutti gli appassionati di corse da sempre e per sempre, è stato campione italiano nella classe 250 nel 1964, campione del Mondo nella classe 500 negli anni 1966, 1967, 1968, 1969, 1970, 1971, 1972, nella classe 350 per gli anni 1968, 1970, 1971, 1972, 1973. Ma, senza offesa per la Morini Settebello, con la quale ha iniziato la carriera, e per la Yamaha con la quale l’ha conclusa, il suo nome è indissolubilmente legato ad un altro mito a due ruote: MV Agusta, la Ferrari della moto velocità.

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E, tra le ricorrenze di questo 2015, un posto di rilievo è proprio quello dei settant’anni della MV Agusta, un nome ed un sogno per tutti gli appassionati delle due ruote dal fascino... “brutale”. L’azienda nasce nei primi del ‘900 (1907 per la precisione) presso le “Cascine Costa” di Samarate (VA) con la vocazione di industria aeronautica italiana, per intuizione del conte Giovanni Agusta, di origini siciliane e trapiantato in Lombardia. La produzione dell’Agusta aeromobili si intensificò durante la Prima Guerra Mondiale, quando il Conte si arruolò come volontario nelle file del Battaglione Aviatori della Malpensa. I due conflitti mondiali saranno sviluppo e successiva crisi dell’azienda che, alla scomparsa del fondatore (1927) vede

gli eredi, sua moglie Giuseppina e suo figlio Domenico, combattere col pericolo del fallimento. Rimedio studiato ed applicato, la riconversione in fabbrica motociclistica, partendo da un propulsore 2 tempi e distribuzione a 3 luci con bassi costi di produzione e di gestione, dalla cilindrata di 98cc, trasmissione primaria ad ingranaggi, frizione in bagno d’olio e cambio a due rapporti. Da qui nasce una moto che porterà il duo Ago-Agusta a mietere successi e trionfi nel mondo, azzerando ogni concorrenza. L’azienda, ha già pronto un cartellone di attività ed eventi celebrativi. Il primo appun-

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moto

tamento sarà a Philip Island (Australia), dove in settimana verrà presentato il team MV Agusta “Reparto Corse” impegnato in WSS e WSBK. Nella categoria “Supersport” sarà caccia al titolo iridato con il vicecampione del mondo Jules Cluzel affiancato da Lorenzo Zanetti, mentre nella WSBK il team si affiderà all’esperto e veloce Leon Camier in sella all’inedita F4 RC

C

(Reparto Corse). Così si chiama l’ultima versione di F4 da 212 cavalli, omologata per la categoria SBK che, in configurazione stradale, rappresenta una delle novità 2015 insieme all’attesissima Turismo Veloce, modello che segnerà l’ingresso del marchio nel ricco segmento delle granturismo. Il 24 maggio sarà invece il mo-

mento del 22 Revival MV Agusta di Cascina Costa che anticiperà, con sfilata di moto d’epoca l’appuntamento più sentito dagli appassionati: “Gli amici di Claudio”.

La kermesse si articolerà su un weekend da vivere all’interno dello storico stabilimento di Schiranna, con esposizione, concorsi, show, test, ed esibizioni e tutto quando orbita attorno a MV Agusta e alla leggendaria immagine di Claudio Castiglioni. Il 2015 segna anche il consolidamento della partnership con Mercedes Benz– AMG che si concretizzerà nel corso della stagione con attività di comunicazione ed eventi pensati per le rispettive community all’insegna dei comuni valori di performance, esclusività e stile. (G.M.)

HARLEY, PROVE TECNICHE: ELECTRA GLIDE O ELETTRICA?

hissà per quanto tempo ancora si potrà parlare di “bicilindrico di Milwaukee” per riferirsi al motore delle Harley Davidson. Si va intensificando, infatti, attraverso il tour Project LiveWire Experience, la sperimentazione richiesta ai bikers di tutto il mondo dei primi prototipi elettrici della Project LiveWire (questo il nome della nuova nata che, nelle dichiarazioni della casa, non dovrebbe essere destinata alla vendita). Intanto, sulla scia dell'entusiasmo generato lo scorso anno con il debutto del Project LiveWire, un selezionato gruppo di clienti in Asia, Europa, Canada e Stati Uniti avrà l’opportunità di guidare la moto e fornire un primo feedback, contribuendo direttamente allo sviluppo del progetto. I primi test si sono tenuti in Malesia dallo scorso 25 Febbraio al 4 Marzo al Sepang International Circuit. “Il Project LiveWire ha offerto nuove prospettive sul significato e l’essenza di una moto Harley-Davidson”, ha dichiarato il Chief Marketing Officer di Harley-Davidson, Mark-Hans Richer. “La prima fase del tour Project LiveWire Experience ha fornito un prezioso feedback sulle caratteristiche e sulle aspettative dei motociclisti nei confronti di una Harley-Davidson elettrica. Quest’anno stiamo ampliando tale esperienza a un pubblico globale per acquisire informazioni ancora più dettagliate, fornite dagli stessi motociclisti che stanno aiutando a modellare il percorso e il futuro di questa MARZO 2015

emozionante tecnologia. Anche se non destinata alla vendita, la moto Project LiveWire è stata specificamente progettata per comprendere e soddisfare le aspettative di un veicolo elettrico Harley-Davidson. L2obiettivo del tour Project LiveWire Experience è invitare i clienti a provare la moto, conoscere maggiormente la sua storia e fornire un feedback su questa esperienza. Presente agli eventi ufficiali anche l’attività demo Jumpstart - guida simulata per tutti. Nel 2014, più di 15.000 clienti hanno fornito commenti sul Project LiveWire, tra cui più di 6.800 motociclisti che hanno preso parte ai demo ride in occasione di un tour da trenta tappe negli Stati Uniti e un evento speciale a Miami dedicato ai clienti dell’America Latina. Le previsioni future sulla commercializzazione del Project LiveWire saranno influenzate dai feedback forniti dai motociclisti durante il tour Project LiveWire Experience. Le fasi del tour 2015 si terranno, dopo una selezione aperta a tutti i motociclisti in Europa, per essere uno dei primi 1.000 a guidare il Project LiveWire da maggio ad agosto, in una particolare location per ognuno dei seguenti Paesi: Gran Bretagna sabato 16 maggio e domenica 17 maggio 2015, Francia sabato 27 giugno e domenica 28 giugno 2015, Italia sabato 11 luglio e domenica 12 luglio 2015, Germania sabato 18 luglio e domenica 19 luglio 2015, Olanda sabato 8 agosto e domenica 9 agosto 2015. (G.M.)

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Eventi

Party tra i popoli del mondo

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appening di classe per inoltrarsi nel 2015 all’insegna dei festeggiamenti. Nella spettacolare dimora nel Parco Matarazzo a Napoli l’imprenditrice Emilia Carannante e il suo compagno Carlo Fiore hanno invitato gli amici più cari indicando come dress code “Abitanti del Mondo”. A ondate sono confluiti in via Tasso orientali frammisti ad africani, aborigeni accanto a divinità greche, togati romani affiancati da pellerossa, in una fluida passerella senza limiti temporali. Tutti accolti con calore dai padroni di casa, a loro volta nella personale interpretazione della “caliente” sigaraia Carmen in costume spagnolo da flamenco e del torero Escamillo pronto a intraprendere la corrida de toros.

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Con la bella Emilia, amministratore unico dell’agenzia Delos Communication e presidente dell’Ospedale Civico Albano Francescano di Procida, tanti visi noti ligi al codice d’abbigliamento previsto per l’occasione, da Katiuscia Laneri a Michele Ciniglio, dallo stilista Domenico Lotti all’illusionista Mister Angie (al secolo Angelo Fedele). Immortalati dai flash di Salvatore Domina, Agata e Antonio Leccisi, Vera Ceriello, Ada Vittoria Baldi, Peppe Dorio, Antonio Cerase, Teresa Aiello, Annalisa Amirante, Gigi Pane, Barbara Bencivenga, Eleonora Montesano, Raffaella Rosato, Claudia Annoiato, Fiorella De Rosa, Laura Panariello, Pietro e Dora Del Prete, Nando Di Nardo, Anna Ciniglio, Antonio Casolare, Milena Camerlingo. (L.C.)

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Eventi

PIZZA1ONE

L'arte della pizza napoletana

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di Laura Caico

n campionato tra pizzaioli. “Pizza1One”, il format televisivo sull’arte della pizza napoletana organizzato dall’Istituto nazionale pizza (Inp), presieduto da Claudio Ospite ritorna sugli schermi di Televomero, Tele Luna e Lira Tv, per coprire tutto il territorio regionale, il basso Lazio e parte della Basilicata. La direzione di produzione sarà curata da “Gigio Rosa Promotions” a partire dal mese di aprile, con trasmissioni ad alto tasso di professionalità che saranno seguite da Radio Marte Stereo, media partner dell’evento. Il programma, giunto alla sua seconda edizione e condotto da Gianni Simioli, vedrà sfidarsi 96 pizzaioli nel corso di 25 puntate (24 eliminatorie più la finalissima che vedrà in gara i migliori 24 pizzaioli selezionati nelle fasi eliminatorie), che andranno in onda dal 1° aprile 2015, in gara per aggiudicarsi l’ambito trofeo “Città di Napoli” per i primi tre classificati, che premierà la bravura, la Il presidente dell’Inp, Claudio Ospite, tra due concorrenti

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creatività, il carisma e l’intraprendenza del pizzaiolo, ma anche la bontà della pizza. Il format televisivo sull’arte della pizza napoletana “Pizza1One” ha ammiratori anche fra il pubblico televisivo del Sol Levante: in Giappone, infatti, varie emittenti, guidate dal napoletano Girolamo Panzetta, trasmetteranno il concorso televisivo made in Campania che rientra tra le attività di promozione del made in Campania ed è cofinanziato dalla Regione Campania, assessorato alle attività produttive, con i fondi POR FESR, obiettivo 2.6. Ogni concorrente dovrà indicare il nome della pizza e gli ingredienti che utilizzerà per la farcitura e in ogni trasmissione verrà divulgata la ricetta di una pizza che i telespettatori potranno preparare da soli a casa e, al termine della rassegna, sarà realizzata una pubblicazione con tutte le ricette presentate nel corso delle singole puntate.

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Eventi

“Religiose, militari e piedi difficili” Anteprima del nuovo libro di Santanelli

L’

di Simona Buonaura

autore Manlio Santanelli torna nelle librerie con “Religiose, militari e piedi difficili”, una raccolta di ventuno racconti tutti da leggere per riflettere, sorridere, anche se amaramente, e gustare. Il volume è stato presentato in anteprima nazionale a Roma nella cornice di Palazzo Santa Chiara, la presentazione ufficiale invece si terrà a Napoli il prossimo 26 marzo alle ore 19 presso il foyer degli studi Rai. L’accesso è previsto solo su invito. Preso in prestito il titolo da un’insegna di un calzolaio del dopoguerra di Napoli che si occupava di calzature particolari, Santanelli, al suo secondo lavoro letterario con la Giammarino Editore, ha voluto ancora una volta portare il lettore nella dimensione del paradosso e dell’assurdo conditi dalla solita geniale ironia. Tanti i personaggi del mondo della cultura e dello spettacolo che hanno preso parte alla serata, tra questi l’attrice Milena Vukotic, Vittorio Viviani

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che in questo periodo sta portando in scena “Regina Madre”, uno dei lavori teatrali di Santanelli più apprezzati. Presente anche lo scrittore e regista Ugo Gregoretti che firma la prefazione del libro e proprio per questo ha deciso di leggerla durante il suo intervento “perché – a sua detta – nessuno lo legge e allora io vi offro questo supplizio almeno in quest’occasione”. Gino Giammarino ha ribadito la missione della sua casa editrice, ovvero quella di divulgare la cultura in modo leggero e diretto. La giornalista ed esperta di teatro Silvana Matarazzo, infine, ha fatto un’analisi puntuale sulla tecnica dell’autore, tracciando le linee base della sua poetica ed evidenziando la differenza stilistica tra il Santanelli drammaturgo e il Santanelli narratore. Ad alternare gli interventi l’attore Vittorio Viviani che, introdotto da Rosi Padovani, ha letto qualche racconto estratto dal volume tra l’apprezzamento dei presenti. Manlio Santanelli

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