Pedagogia clinica 35

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n. 35

numero 2 - anno XVII

numero 2 - anno XVII

luglio-dicembre 2016

luglio-dicembre 2016

Poste Italiane spa - spedizione in abb. post. - D.L. 353/93 (convegno L. 46-04) art. 1 comma 1 - DCB Firenze

n. 35

La lettera di presentazione di sé: una nuova modalità narrativa nella pratica della pedagogia in aiuto alla persona A letter of self presentation: a new narrative mode in the practice of pedagogy to help the person

L’umorismo in pedagogia clinica - Aspetti comunicativi e relazionali The humor in clinical pedagogy – Communicative and relational aspects

Formarsi per incontrare i bambini Formed to meet the children

Saltando tra i numeri... dall’infanzia alla primaria Jumping between the numbers… from infancy to primary

Prevenire i disturbi specifici dell’apprendimento dalla teoria alla pratica educativa Preventing specific learning disabilities from theory to educational practice

L’arte di concentrarsi The art of concentrating


n. 35

E 30

Simone Pesci

E 15

(IVA INCLUSA)

Scrittura

Strategie di intervento

Novità

Il momento conoscitivo

In questa opera l’Autore presenta le linee orientative con cui il Pedagogista in Aiuto alla Persona conduce, con modalità educative rivolte alla globalità dell’individuo, la Verifica delle Potenzialità Abilità e Disponibilità (PAD) che si traduce nel momento conoscitivo della persona, dall’accoglienza al contratto, nei processi di Analisi Storica Personale, realizzati in una relazione interpersonale condotta con i criteri del Colloquio Storico Personale e nell’analisi delle Autonomie e della Coscienza di Sé, al fine di promuovere il processo di sviluppo delle risorse ed estendere le capacità individuali e sociali. Differenziandosi dai criteri diagnostici sanitari, dalle definizioni classificatorie e quantizzanti, dall’identificazione del deficit, dal “caso” o dal “paziente” e dagli interventi conseguenti condotti con principi correttivo-curativi della “ri-abilitazione”, della “ri-educazione” Metodo Writing Codex® e della “terapia”, l’intervento educativo specialistico del Pedagogista in Aiuto alla Persona si profila dalla Verifica delle PAD e si appella ad esperienze condotte in un clima simpatetico di intese per conoscere ed accompagnare la persona alla crescita e facilitarne il benessere. Guido Pesci, pedagogista clinico, psicologo, psicoterapeuta, psicomotricista funzionale, reflector, giornalista pubblicista, già docente di Pedagogia Speciale all’Università di Siena. Direttore scientifico dell’ISFAR-Formazione Post-Universitaria delle Professioni. Presidente ANPEC-Associazione Nazionale Pedagogisti Clinici e presidente della SINPE-Società Nazionale Pedagogisti. Membro del consiglio direttivo dell’ASPIF-Associazione Psicomotricisti Funzionali e del consiglio direttivo della SIR-Società Internazionale di Reflecting. Direttore della rivista “Pedagogia clinicaPedagogisti clinici” e membro del comitato scientifico della rivista “Nuovi Orizzonti”.

PEDAGOGIA In AIUtO AllA PErSOnA

Pedagogia in Aiuto alla Persona Il momento conoscitivo

Guido Pesci

Anna Pesci - Guido Pesci

E 30

(IVA INCLUSA)

Lapo Zoccolini, psicomotricista funzionale, laureato in Scienze e tecniche di psicologia clinica e di comunità, docente presso l’ISFAR-Formazione Post-Universitaria delle Professioni. Trainer e collaboratore presso enti e istituzioni pubbliche e private di area educativa e socio-sanitaria. Svolge la libera professione presso il Centro Kromos di Firenze.

E 30

(IVA INCLUSA)

Linguaggio verbale e tonematico nel principio sistemico

LiNGuAGGio

Guido Pesci, psicomotricista funzionale, didatta formatore riconosciuto con atto olografo da Jean Le Boulch, psicologo, psicoterapeuta, pedagogista clinico, reflector, giornalista pubblicista, già docente Università degli Studi di Siena. Direttore scientifico dell’ISFAR® - Formazione Post-Universitaria delle Professioni®, direttore scientifico della “Scuola Jean Le Boulch”, membro del consiglio direttivo dell’ASPIF (Associazione Psicomotricisti Funzionali), presidente dell’ANPEC (Associazione Nazionale Pedagogisti Clinici), membro del consiglio direttivo della SIR (Società Internazionale di Reflecting). Direttore della rivista Pedagogia clinica-Pedagogisti clinici e membro del comitato scientifico della rivista Nuovi Orizzonti.

Il presente lavoro è il risultato di un’approfondita ricerca sul processo di sviluppo del linguaggio verbale e sulle possibili difficoltà espressivo elocutorie che, se presenti, possono ostacolare l’estensione cooperativa della comunicazione. Una prospettiva da cui gli Autori hanno tratto stimoli e orientamenti per strutturare metodi la cui utilità serve a soddisfare gli specifici bisogni individuali con modalità educative. I quattro metodi che vengono presentati nell’opera si basano su significativi principi e impegni operativi in cui la persona è protagonista, capaci di sviluppare attitudini individuali o gruppali per l’espansione del processo espositivo elocutorio. Le esperienze educative sono orientate allo sviluppo di suoni e fonemi energizzati da ritmi che sincronizzano il flusso della parola, vissuti che perseguono lo scopo di affinare le abilità vibrazionali della respirazione e della voce, altri che si affidano al suono, corredato e rinforzato da sequenze cinestetiche e drammatizzazioni sceniche, oltre che esperienze durante le interazioni che si concretizzano nell’agito, nell’esprimersi facendo. Modalità affidate ad un approccio globale inserito in un sistema interattivo connotato dal piacere della scoperta, della motivazione e Educazione dell’espressione elocutoria in Psicomotricità funzionale dell’intenzionalità, in un soddisfacente clima simpatetico.

strategie di intervento

Opera di due specialisti che illustrano una metodologia particolare e forniscono la basi per chi intende studiare e praticare la psicomotricità funzionale con l’intento di ripristinare nell’individuo abilità espressivo elocutorie. Una opportunità unica per seguire, momento per momento, la tecnica di intervento con commenti e chiarimenti che accompagnano la trascrizione e mettono in chiara luce le strategie e i meccanismi utilizzati nella pratica. Rivolti all’esperienza, ma anche consapevoli di arrivare a concettualizzazioni più ampie e comprensive, gli autori, hanno sistematizzato ed esposto, con una presentazione viva e attuale, le esperienze che loro stessi hanno condotto come fondamento per il lavoro pedagogico orientato allo sviluppo delle abilità espressive verbali da utilizzare, con approccio sistemico in psicomotricità funzionale.

ANNA Pesci - Guido Pesci

Printed in Italy: Professional Dtp Venanzoni via C. D’Angiò 59/27 Firenze

Norme generali Tutto quanto è pubblicato è di proprietà della rivista e ne è vietata la riproduzione anche parziale senza l’autorizzazione della Direzione e senza citarne le fonti.

Marta Mani

GUIDO PESCI

Traduzione a cura di Francesca Martini

Musicopedagogia® Metodo ausiliario della Pedagogia in aiuto alla Persona

(IVA INCLUSA)

LInGUaGGIO VERBaLE E TOnEMaTICO

Progetto grafico Senza Filtro Firenze

Norme per i collaboratori della rivista Chi volesse sottoporre articoli per eventuali pubblicazioni può inviare i testi, registrati su cd-rom, alla redazione, oppure via e-mail al nostro indirizzo. I contenuti degli articoli pubblicati riguardano le opinioni di chi scrive, gli Autori rispondono perciò della originalità e pubblicabilità dei lavori. Il materiale inviato non viene restituito. La pubblicazione degli articoli non prevede alcuna forma di retribuzione.

E 30

(IVA INCLUSA)

Educaxzione dell’espressione elocutoria in Psicomotricità funzionale

Web: www.pedagogiaclinica.com www.clinicalpedagogy.com www.pedagogisticlinici.com www.isfar-firenze.it isfar.firenze

Guido Pesci - Paola Ricci

GUIDO PESCI - LaPO ZOCCOLInI

E-mail: info@isfar-firenze.it

Gli abbonati sono vivamente pregati di comunicare i cambiamenti e le variazioni di indirizzo. Non saranno sostituiti i numeri andati smarriti per mancata comunicazione di cambi di indirizzo. Gli abbonati sono anche pregati di comunicare eventuali errori di indirizzo perchè la correzione degli stessi consenta loro di ricevere regolarmente la Rivista. L’ISFAR garantisce la massima riservatezza dei dati personali che saranno custoditi nell’archivio elettronico e non saranno oggetto di diffusione.

MUSICOPEDAGOGIA®

Tel. e Fax 055 6531816

L’abbonamento decorre dal 1° gennaio al 31 dicembre di ciascun anno, con diritto ai numeri già usciti.

Guida pratica per aiutare gli studenti in lutto

Marta Mani, pedagogista clinico, psicomotricista funzionale, reflector, docente presso l’ISFAR (Istituto Superiore Formazione Aggiornamento e Ricerca). Membro del Consiglio Direttivo Nazionale SIR (Società Internazionale di Reflecting), dell’ASPIF Associazione Psicomotricisti Funzionali) e del Comitato Scientifico e della Segreteria di Redazione delle Riviste “Pedagogia clinica-Pedagogisti clinici” e “Nuovi Orizzonti”. Svolge la sua attività di ricerca e di libera professione presso il Centro Kromos di Firenze.

Metodo ausiliario della Pedagogia in aiuto alla Persona

Direzione, Redazione, Amministrazione: ISFAR - viale Europa, 185/b 50126 Firenze

MARTA MANI

Fondatore e Direttore responsabile: Guido Pesci

Paola Ricci, psicomotricista funzionale. Docente dell’ISFAR® - Formazione PostUniversitaria delle Professioni®, didatta formatore della “Scuola Jean Le Boulch”, riconosciuto con atto olografo da Jean Le Boulch, trainer della formazione in psicomotricità funzionale di specialisti in Palestina, operatore in Ortho-Bionomy®, insegnante di danze meditative. Vicepresidente dell’ASPIF - Associazione Psicomotricisti Funzionali. Ha al suo attivo un ampio numero di relazioni in congressi e convegni orientati sui principi della psicomotricità funzionale.

Nel presente lavoro viene descritto il metodo Musicopedagogia®, strumento insostituibile e punto di riferimento e di orientamento per un’azione pedagogica in aiuto alla persona. Dimensionato su occasioni-stimolo, solo marginalmente affidate agli strumenti musicali, il metodo afferma e individua le risorse che si rintracciano nel corpo ricettivo e vibrante, nelle impressioni sonore, nei suoni vocalici, nella voce parlata e cantata. Esso, strutturato sul principio della pedagogia attiva, si propone come esempio di progettazione articolata, sostenuta da una particolare enunciazione teorica e da stimolanti esperienze; serio conMetodo ausiliario della funzionale tributo per una modernizzazione dei Psicomotricità processi di apprendimento che non trascura l’insieme delle necessità biologiche e sociali. L’autrice mette l’accento sull’importanza di partire dai bisogni della persona per sollecitare attività concretamente utili, adatte alla sua piena soddisfazione. La ricca esposizione di esperienze riportate nel libro di Mani sarà uno stimolante strumento per chiunque si interessi a integrare e migliorare le proprie capacità professionali.

Psicocontatto

PSICOCONTATTO

Editore: ISFAR srl

Guido Pesci, psicomotricista funzionale, didatta formatore riconosciuto con atto olografo da Jean Le Boulch, psicologo, psicoterapeuta, pedagogista clinico, reflector, giornalista pubblicista, già docente Università degli Studi di Siena. Direttore scientifico dell’ISFAR® - Formazione Post-Universitaria delle Professioni®, direttore scientifico della “Scuola Jean Le Boulch”, membro del consiglio direttivo dell’ASPIF (Associazione Psicomotricisti Funzionali), presidente dell’ANPEC (Associazione Nazionale Pedagogisti Clinici), membro del consiglio direttivo della SIR (Società Internazionale di Reflecting). Direttore della rivista Pedagogia clinica-Pedagogisti clinici e membro del comitato scientifico della rivista Nuovi Orizzonti.

Metodo ausiliario della Psicomotricità funzionale

Modalità di pagamento/terms of payment: - Italia: versamento sul C.C.P. n. 12709580 intestato a ISFAR srl viale Europa 185/b - 50126 Firenze - specificando la causale “Abbonamento Rivista Pedagogia Clinica” - Foreign countries: international cheque or postal money order to ISFAR srl - viale Europa, 185/b - 50126 Firenze Abbonamento 2013 (due numeri): - per l’Italia A 10 - per l’Estero A 15 Il prezzo di ogni fascicolo arretrato (fino ad esaurimento) A 7 A 10 per l’estero

Simone Pesci, Psicologo, Psicoterapeuta, Specializzato in Psicoterapia cognitivo-costruttivista presso la Scuola di Psicoterapia Cognitiva ad indirizzo costruttivista del Cesipc di Firenze, è membro del Comitato Scientifico, docente e ricercatore presso l’ISFAR Istituto Superiore Formazione Aggiornamento e Ricerca di Firenze, Direttore Responsabile della Rivista “Nuovi Orizzonti” e lavora come libero professionista presso il Centro Studi Specialistici Kromos di Firenze.

GUIDA PRATICA PER AIUTARE GLI STUDENTI IN LUTTO

Questa guida pratica intende fornire agli insegnanti conoscenze e modalità operative per aiutare gli studenti in lutto nell’elaborazione del proprio dolore. Dopo aver esaminato cosa è il lutto e quali sono le sue manifestazioni più comuni distinguendo la normale reazione alla perdita da quelle situazioni definite di lutto complicato o non risolto, viene esaminato il modo con cui il dolore derivante da una perdita viene vissuto alle diverse età, a partire dai neonati fino all’età adulta. A ciò seguono le modalità e i suggerimenti pratici per aiutare gli studenti in lutto nella loro elaborazione. Infine, dopo aver promosso considerazioni speciali e aver fatto riferimento alle morti stigmatizzate, vengono proposte attività di classe per aiutare l’elaborazione del lutto negli studenti.

Lo Psicocontatto è un metodo capace di promuovere per mezzo di stimolazioni offerte da una palla come intermediario, la soddisfazione al bisogno di raggiungere un equilibrio in un criterio di unità, un accordo tra completezza emotiva e completezza fisica, apporto e contributo esperienziale per raggiungere le sorgenti di conoscenza e di benessere e con esse tornare a vivere la vita con entusiasmo. L’azione lodevole degli autori è di avere raccolto con rigore scientifico la nuova visitazione del metodo Psicocontatto voluta da Jean Le Boulch, metodo che, così riveduto, è di arricchimento della disciplina e della formazione professionale.

GUIDO PESCI - PAOLA RICCI

SIMONE PESCI

Autorizzazione Tribunale di Firenze Decreto 4868 1° marzo 1999 Periodico semestrale Anno XVII n. 2 luglio-dicembre 2016

Novità

Linguaggio strategie di intervento Metodo Ritmo Fonico, Metodo Vibro Tattile, Metodo Coreografia Fonetica, Metodo Linguaggio-Azione

Anna Pesci, psicologa, psicoterapeuta, pedagogista clinico, logopedista, vicepresidente ANPEC (Associazione Nazionale Pedagogisti Clinici), docente dell’IS�A�-�ormazione Post-Universitaria delle Professioni.. Guido Pesci, pedagogista clinico, psicologo, psicoterapeuta, psicomotricista funzionale, reflector, giornalista pubblicista, già docente di Pedagogia Speciale all’Università di Siena. Direttore scientifico dell’ISFAR-Formazione Post-Universitaria delle Professioni. Presidente ANPEC-Associazione Nazionale Pedagogisti Clinici e presidente della SINPE-Società Nazionale Pedagogisti. Membro del consiglio direttivo dell’ASPI�-Associazione Psicomotricisti �unzionali e del consiglio direttivo della SI�Società Internazionale di Reflecting. Direttore della rivista “Pedagogia clinica-Pedagogisti clinici” e membro del comitato scientifico della rivista “Nuovi Orizzonti”.

Guido Pesci - Lapo Zoccolini

E 30

(IVA INCLUSA)

Anna Pesci - Guido Pesci


O I R A M

Direttore responsabile e scientifico Guido Pesci Segreteria di redazione: Valentina Benoni Degl’Innocenti Sergio Gaiffi Marta Mani Simone Pesci

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A letter of self presentation: a new narrative mode in the practice of pedagogy to help the person

M

L’umorismo in pedagogia clinica - Aspetti Pag. 11 comunicativi e relazionali / The humor in clinical

pedagogy – Communicative and relational aspects

Formarsi per incontrare i bambini / Formed

Pag. 16

Saltando tra i numeri... dall’infanzia alla primaria / Jumping between the numbers… from

Pag. 20

Prevenire i disturbi specifici dell’apprendimento dalla teoria alla pratica educativa / Preventing specific learning

Pag. 24

L’arte di concentrarsi / The art of concentrating

Pag. 26

ANPEC Tribune / ANPEC Tribune

Pag. 30

Echi della stampa / Echoes from the press

Pag. 32

to meet the children

O

infancy to primary

disabilities from theory to educational practice

S

Comitato scientifico: Valentina Benoni Degl’Innocenti Sandro Cappellin Nicola Corrado Elena Gaiffi Sergio Gaiffi Eugen Galasso Gerardo Pistillo Marta Mani Simone Pesci Claudio Rao Maria Raugna Lucia Sarais Stefania Turini Antonio Viviani

La lettera di presentazione di sé: una nuova modalità narrativa nella pratica della pedagogia in aiuto alla persona /

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n. 35 - luglio-dicembre 2016

La lettera di presentazione di se: una nuova modalità narrativa nella pratica della pedagogia in aiuto alla persona di Franca Sesto

Il termine “narrazione” in questo articolo è utilizzato con il significato di ricerca personale delle parole adatte per dare forma al proprio pensare, al proprio essere, al proprio Sé, narrazione quindi come capacità di pensare i pensieri, di pensare i processi che strutturano le scelte, le decisioni, nello sforzo costante di non omologarsi a schemi di pensiero elaborati da altri (Mortari, 2003). Ogni persona ha una storia dentro di sé, che è la sua vita. Per diversi motivi, può accadere che non si riesca più a leggere la propria storia da soli, si ha bisogno di qualcuno che con la meraviglia degli occhi e specifiche competenze professionali aiuti a ri-vederla perché si possa continuare a raccontarla a se stessi. La pedagogia in aiuto alla persona con la sua profonda fiducia nell’educabilità di ogni uomo, con la peculiarità dei suoi molteplici e sperimentati metodi, accompagna i soggetti che non riescono più a vedere la trama della storia personale, a ri-scoprire il gusto di vedersi e di narrarsi, restituendo ad ognuno la possibilità di divenire ciò che egli è già dentro di sé, educando appunto, risorse e libertà generate

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onde permettere al soggetto di attuare la forma di se stesso. Il bisogno umano di narrarsi è insito in ognuno e risponde all’esigenza di rappresentarsi a se stessi e agli altri. È una necessità che attraversa tutte le età ed è motivata da molteplici impulsi: il piacere di essere compresi, il bisogno di costruire un senso del Sé, il bisogno di appartenenza ed il bisogno di condividere. Fin da bambini e per l’intero arco della vita, non facciamo altro che raccontare noi stessi attraverso storie che rappresentano dei veri atti narrativi, in quanto frutto di operazioni attive di organizzazione ed elaborazione dei diversi episodi che riteniamo più importanti per la nostra vita. Esiodo ci dà come prima realtà creata il caos, una materia nebulosa e senza forma. L’uomo, guardando la propria identità, vi ravvisa la stessa oscurità, ma anche la necessità di trovarvi ordine per comprendersi e condividersi con gli altri. Da questa esigenza di ordine nascono le autobiografie con lo scopo di raccontarsi e trovare per questa via un ordine interiore (Demetrio, 2012). Il racconto autobiografico non solo è presente nelle storie individuali, ma da sempre è vivo nella storia dell’umanità.

In ogni epoca l’essere umano ha sentito la necessità di fissare alcune tappe della sua esperienza per delineare in modo duraturo il proprio vissuto. Con l’autobiografia l’uomo può comunicare la sua rispettiva memoria, comprendere la direzione della personale avventura esistenziale, lasciare una traccia di sé nel tempo. Il narrare è infatti costitutivo dell’essere umano e permea la persona stessa. Ricoeur (1994) afferma che le persone sono identità narrative, identità narrative aperte perché, attraverso la propria storia, il soggetto non si limita soltanto a far venire alla luce ciò che è, ma si crea e si inventa progressivamente. Secondo Bruner (1992), la narrazione è nell’uomo una sorta di attitudine o predisposizione a organizzare l’esperienza in forma narrativa, in strutture di intrecci e così via. Il racconto di sé è ricerca di significati, è rievocazione autoriflessiva delle parti che costituiscono la propria storia. Narrare

Il bisogno umano di narrarsi insito in ognuno….


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equivale quindi a una o più unità di significato dotate di ordine interno, di concatenazioni sufficientemente esplicite e quasi sempre in associazione ad altre storie. Queste talvolta attiveranno processi cognitivi analogici per l’esperienza di chi in quella storia trovi o cerchi risposte alle proprie domande non solo pratiche, ma esistenziali, filosofiche, religiose (Demetrio, 2012). È quindi il significato, inteso come principio strutturante dei processi e delle vicissitudini umane, che viene trasmesso ogni qualvolta qualcuno narra ad altri fatti o eventi vissuti. Il nostro bisogno di trovare un senso a ciò che facciamo, o gli altri fanno, ci indica quanto è importante per ciascuno arrivare a comprendere il senso di tali azioni. La vita non ce lo fornisce già preconfezionato. Un aspetto del nostro cammino consiste nel trovare e nell’attribuire un significato all’ impostazione di vita che scegliamo o siamo costretti a vivere. Esso non è immutabile nel tempo, ma ogni fase della maturazione psico-emotiva modifica quello della fase precedente o lo cambia radicalmente. Si hanno allora momenti critici, ma creativi, perché la persona evolve nella visione della vita, nella comprensione di se stessa e degli altri, nella scelta dei valori che guidano le sue azioni. Il mondo contemporaneo è segnato dall’inquietudine e dal dubbio, dalla consapevolezza della difficoltà che l’uomo trova nel vivere la felicità alla quale naturalmente aspira. La persona appare carica di bisogno auto-

biografico poiché ormai contrassegnata nel suo sé da uno statuto narrativo: infatti si è quello che si riesce a ri-elaborare di sé, e della propria immagine, si è quello che lo sguardo interiore disvela nel gioco dell’introspezione autobiografica. L’uomo contemporaneo ha sete di narrazione poiché in essa ritrova spazio e tempo per la propria vita. Sono tanti gli autori e i ricercatori che ci fanno entrare, in un modo o nell’altro, nel mondo delle storie di vita in formazione. A volte per determinare il processo di costituzione individuale, ovvero come gli individui sono diventati individui, a volte per rispondere alle domande: “Chi sono io?”, “Perché e come sono arrivato, oggi, a pormi la questione della mia identità?”, “Da quale processo cognitivo discendo?”, “In chi mi riconosco” ecc. Il pensatore che più di altri offre le coordinate per un corretto e non superficiale inquadramento del pensiero narrativo è senza dubbio Paul Ricoeur, pur riconoscendo un posto importante a Bruner, Demetrio, Smorti, Levorato, Pesci per il loro pensiero sul valore formativo della narrazione, dell’autobiografia e della storicità della persona. Vediamo intanto, di costoro, alcuni principi. Come è stato osservato, tutta l’opera di Ricoeur può essere vista come una lunga e paziente pratica narrativa. Il testo narrativo comincia ad attirare l’attenzione della psicologia intorno agli anni ’70 e verrà poi utilizzato in ambito culturale, clinico, educativo. Secondo Ricoeur,

... determinare il processo di costituzione individuale poiché in principio è il racconto, di non narrativo c’è solo la natura senza l’uomo, ma appena l’uomo dice la natura o dice se stesso: ... ecco il racconto (Nanni, 1996, p. 41). Il pensiero narrativo, afferma Ricoeur, presenta sue peculiari caratteristiche: non è fondativo, non è paradigmatico, ma nondimeno è pensiero, cioè dotato di una sua propria intelligenza che Ricoeur definisce appunto narrativa. Inoltre, egli lega strettamente la narrazione alla temporalità, perché solo attraverso la narrazione è possibile cogliere l’esperienza del tempo. La storia prende forma attraverso il racconto. Concorda con Roland Barthes, il quale afferma che la narrazione ha una dimensione universale e non esiste popolo senza racconto. “Il racconto comincia con la storia stessa della umanità. ... Non sappiamo che cosa sarebbe una cultura nella quale non si sappia più cosa significhi raccontare” (Ricoeur, 1986, vol. III, p. 54). Secondo Bruner (1992), studioso degli anni Settanta del Novecento, la narrazione è uno dei meccanismi psicologici più importanti a partire dall’infanzia. Egli afferma la centralità del pensiero narrativo non solo per gli aspetti cognitivi, ma anche per il valore di scambio sociale. Riconosce nell’uomo un’attitudine o predisposizione a organiz-

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zare l’esperienza in forma narrativa e a darle un significato specifico a livello temporale o culturale. Ogni individuo sente il bisogno di definirsi come soggettività dotata di scopi e intenzionalità e ricostruisce gli avvenimenti della propria vita in modo che siano in linea con questa idea di Sé. Demetrio è l’autore più conosciuto per il metodo autobiografico come cura di Sé. Secondo lui, l’autobiografia è una metodologia umanistica e di tutto rispetto. Si ricollega alla tradizione pedagogica antica e contemporanea che ha privilegiato l’apprendimento dall’esperienza: il contatto diretto con le cose e gli altri. Con il metodo autobiografico ci si pone davanti al foglio bianco e lo si riempie con proprie parole avendo per protagonisti se stessi, cercando di essere il più possibile onesti nello scrivere gli eventi positivi o i fallimenti, gli errori, gli avvenimenti più o meno drammatici della propria vita. È un lavoro di meta-cognizione, di rielaborazione e trasformazione del vissuto, e questo lavoro interiore fa nascere nuovi significati. L’introspezione sviluppa quindi un senso di pienezza e di auto nutrimento: comprendiamo che ci siamo autoalimentati non attraverso le semplici rievocazioni, ma mediante la trama interiore che abbiamo costruito e che ha dato luogo a immagini, forme e nuove storie (Demetrio, 1996, p. 51). Scrive Smorti “l’autobiografia può essere considerata un resoconto di testi nei quali il soggetto agisce in una duplice veste: come narratore

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e/o come attore. Come resoconto, l’autobiografia è specializzata nel dare significato agli eventi che riguardano il Sé. Potrebbe essere definita una composizione di testi. I testi vengono selezionati, tutti o in parte, e organizzati allo scopo di attribuire coerenza e continuità al sé. Questa coerenza tuttavia è realizzata sia modificando la storia della propria vita sia anche rendendo le proprie azioni coerenti con essa. Il resoconto non è solo la rappresentazione di un testo, non è solo ciò che raccoglie e organizza l’esperienza, ma anche ciò che la produce… Il resoconto quindi è uno sguardo sul passato ma anche un’anticipazione sul futuro, una guida per l’azione” (Smorti, 1997, pp.31-32). Per Levorato (2000), come per altri psicologi, il pensiero narrativo è basato sui bisogni dell’essere umano, un dare forma e senso alla realtà e al proprio agire, un comunicare agli altri i significati colti nell’esperienza, un mettere in relazione passato, presente e futuro. Fondamentalmente, Levorato sottolinea che i processi di comprensione e produzione di testi narrativi (scritti e non) vedono coinvolte numerose abilità e funzioni: il linguaggio, la memoria, il processamento dell’informazione, gli schemi di conoscenza, la meta-cognizione. Afferma l’assunto che esiste nella nostra mente una struttura di conoscenza corrispondente alla grammatica interna, attraverso la quale le storie vengono prodotte e comprese. Tale struttura mentale è denominata schema delle storie ed

è spontaneamente costruita attraverso ripetute esposizioni alle storie. Pone il pensiero narrativo alla base della costruzione dell’Io. Tra i sostenitori del valore pedagogico clinico della Storicità della persona non si può dimenticare Guido Pesci, fondatore della Pedagogia Clinica in Italia: “Per la pedagogia clinica l’Analisi Storico Personale è il racconto della storia di un individuo, la rilevazione delle fasi principali del suo sviluppo, degli eventi importanti della sua vita e le reazioni a essi. Un racconto da cui poter riassumere ogni condizione di vita dell’individuo e capire come l’agio e il disagio prodotto abbiano influenzato il suo modo attuale di vivere e di agire. Si definisce perciò in un ambito ampio: è l’occasione per un incontro con il soggetto, una interessante opportunità offerta per fare una analisi approfondita sulla sua storia personale, familiare e sociale […] incontro utile per raccogliere notizie anche per mezzo di messaggi silenziosi osservando manifestazioni che rivelano e svelano ciò che altrimenti può essere taciuto” (Pesci, 2014, p. 45). Fin dal primo contatto con la persona che chiede aiuto, il pedagogista clinico pone la sua attenzione su ogni suo aspetto, non lasciando nulla al caso per avviare un processo conoscitivo. Il momento percettivo è la fondamentale premessa per pensare, in seguito, il percorso educativo in risposta al bisogno specifico della persona. Il requisito prioritario che caratterizza la professionalità del


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pedagogista clinico è la capacità di interazione dinamica efficace, per esercitare uno scambio simpatetico fino a promuovere processi di condivisione. Le storie dell’altro lo precedono anche nei documenti che la persona porta. Pertanto, di ogni forma di narrazione il professionista diventa custode, vivificandola poi nell’ incontro con l’altro, accogliendola come traiettoria possibile di narrazione. Queste, e altre informazioni utili alla conoscenza del soggetto, sono possibili grazie al bisogno innato della persona di raccontarsi, alle modalità insite nell’approccio pedagogico clinico e alla nuova maieutica, che favoriscono la narrazione di sé. Il Pedagogista in Aiuto alla Persona, è ben consapevole che per accompagnarla occorre conoscerla, verificare in un’analisi approfondita e sistematica ogni aspetto caratterizzante la persona sia quale testimone di disordini e disagi, sia quale possessore di Potenzialità, Abilità e Disponibilità. Questo specialista non misura, ma analizza l’integrità e l’adeguatezza dell’efficienza, le cause dell’insuccesso e considera la persona come unità complessa, piena di risorse interiori. Nel suo approccio conoscitivo quindi egli si avvale di progrediti criteri e strumenti di verifica fra i quali la Lettera di presentazione di sé, che costituisce una nuova modalità narrativa. Molti di questi strumenti del momento conoscitivo utilizzano come forma narrativa i linguaggi motorio, grafico, cromatico, figurativo, mentre il Col-

loquio storico Personale utilizza il linguaggio verbale e non verbale. Solo la Lettera di presentazione di sé si esprime con il linguaggio della scrittura, invece raramente usato nei metodi pedagogico clinici. L’Analisi Storico Personale, attraverso il Colloquio e la Lettera di presentazione di sé sono fortemente correlati al raccontarsi come bisogno umano. In essi si riscontra la duplice valenza: di strumento conoscitivo per il pedagogista clinico e spazio per raccontarsi per la persona. Il primo passo verso la verifica delle PAD è l’Analisi Storico Personale. Nella fase dell’Analisi Storico Personale, il pedagogista clinico pone al centro della relazione la storia di vita della persona, sia per raccogliere notizie su di essa, sia come analisi della sua autobiografia con lo scopo anche di promuovere in essa l’attitudine ad avere Cura di sé, a rileggere e riscrivere il canovaccio della propria esistenza in piena autonomia, in vista di nuovi orizzonti esistenziali. Quanto detto vale soprattutto per adolescenti, adulti, anziani dotati – secondo peculiarità dell’età – di capacità narrative, di rivisitare i labirinti della propria memoria e rendere visibili e manifeste le parti Summary della storia personale nascosti nella mente. Tutti i mezzi e strumenti di verifica delle PAD sono ottimi per entrare nei luoghi interiori dell’edificio autobiografico della persona, ma - a mio giudizio - con l’ausilio del metodo Reflecting, il Colloquio Storico Personale risponde più di altri al bisogno umano di raccon-

tarsi. È nella memoria autobiografica che si depositano e sedimentano progressivamente le esperienze di vita di cui non possiamo ricordare tutto, ma che edificano quello che siamo. Pur dimenticando molto di quanto è depositato negli immensi magazzini della memoria, in condizioni favorevoli, quali il colloquio storico personale nel setting pedagogico clinico o in un momento particolare della propria vita, è possibile, in uno spazio riflessivo, far riemergere inaspettatamente ricordi rimasti a lungo nell’oblio e ridare ordine al caos che caratterizza quella parte della vita. “Allo specialista dunque l’impegno di accompagnare la persona nell’elaborazione delle tante situazioni che le appartengono, consentendole di percorrere incerti sentieri, rintracciare ciò che la frena, che la fa sentire intrappolata, inibita, bloccata, elaborare fallimenti e frustrazioni e muovere verso la ricerca di verità inconfessate” (Pesci, 2014, p. 78). È del Pedagogista in Aiuto alla persona il duplice compito, in un clima relazionale accogliente e caldo, di condurre il Colloquio Storico Personale in modo da verificare le PAD nella persona che

... la Lettera di presentazione di sé, costituisce una nuova modalità narrativa 7


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si racconta e aiutarla a prendersi in carico. La Lettera di presentazione di sé è la novità tra gli strumenti conoscitivi che il Pedagogista in Aiuto alla Persona può utilizzare. Il pedagogista clinico propone la Lettera di presentazione di sé nei primi incontri: essa, a mio giudizio, si caratterizza come spazio autobiografico e la narrazione si esplica attraverso il linguaggio scritto: “La Lettera di presentazione di sé, è una nuova modalità narrativa, non così dissimile dal tema richiesto dagli insegnanti a scuola, ma realizzata con modalità proprie e criteri di lettura specifici” (Pedagogia Clinica, 2014. n° 30, p. 10-15). In tale strumento, oltre alle potenzialità conoscitive che lo caratterizzano, è evidente la valenza pedagogica. Perché la storia dell’individuo che si costruisce lungo tutta l’esistenza, è sempre ricca e varia e, attraverso l’autobiografia o il racconto di Sé, la persona dà forma e significato alla propria vita, alle proprie esperienze e a se stesso, costruisce lentamente il Sé come testo (Cfr. Smorti 1997). Il pensiero narrativo-autobiografico, che sottende la scrittura autobiografica, è un pensiero che “mette insieme le parti” (Bruner,1992); “lega tra loro le parti” (Smorti, 1994). Sarà arte del professionista creare il momento in cui l’altro può scegliere cosa e come raccontarsi. Egli è ben consapevole che non deve interpretare perché la persona scrive ciò che scrive né costruire ipotesi sul significato o su come la persona stessa

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funziona, ma ascoltare, osservare chi gli sta di fronte nel momento in cui è chiamato a presentarsi. La proposta della lettera di presentazione di sé è: “Scriva una breve lettera indirizzata ad una persona che vorrebbe la conoscesse molto intimamente e alla quale desidera presentare gli aspetti principali di come sta con se stesso e con gli altri”. Che cosa succede una volta che la narrazione autobiografica sia stata prodotta? Ecco una illuminante definizione di Andrea Smorti (2007, p. 107): “… un Sé che narra storie in cui il Sé raccontato fa parte della storia, un Sé narratore e autobiografico. Nella narrazione autobiografica un Sé narra se stesso ma narrando se stesso, costruisce qualcosa che prima non c’era, un Sé che, costruito in tal modo, a sua volta ri-diventa il narratore di se stesso, e così via”. Si tratta pertanto del Sé, concepito, costruito e trasformato nella narrazione autobiografica, esperita ad alta voce a qualcuno, dopo che era stata ripensata nel linguaggio interiore. Proporre di narrare la propria storia a persone con vite problematiche significa, innanzitutto, offrir loro la possibilità di dare testimonianza della propria esistenza, di riscoprirsi come soggetti dotati di una storia che può essere raccontata ad altri e di rintracciare nella risonanza emotiva che sperimentano in quegli attimi, somiglianze e affinità inattese. “Nell’incontro con l’altro, i soggetti acquisiscono la consapevolezza della propria uni-

cità e, a partire da essa possono mettersi in gioco come individui capaci di progettare. … Scoprire che qualcuno prova interesse per la propria storia, e non solo per i dati evidenti del proprio disagio, inizialmente può risultare spiazzante. Passare da una visione di sé come bisogno ad una di soggetto protagonista di una storia, complicata ma dotata di senso, richiede la capacità di modificare il proprio modo di porsi all’interno di una relazione che non ha solo un valore strumentale, ma educativo, scoprendo la valenza formativa di un colloquio” (Biffi, 2010, p. 138). Educabilità e relazione sono il cuore della pedagogia in aiuto alla persona, costituiscono la possibilità di accompagnare il soggetto, in condizione autoriflessiva, nel metaforico viaggio dentro e fuori di sé, come opportunità per costruire nel qui e ora uno spazio per il riconoscimento di sé e dell’altro, sentirsi partecipe e protagonista del proprio esistere. Un dentro di sé che afferma l’esistenza di un mondo interiore, non come rifugio intimistico, ma come centro vitale in cui dimorano le proprie risorse: l’io, la coscienza, le emozioni, i sentimenti, gli affetti, i ricordi, la ricerca della verità. Un fuori di sé che riflette la realtà esterna fatta di cose, immagini, azioni, relazioni tra persone. L’interiorità come spazio in cui, nella continua tensione tra il dentro e fuori, è possibile raggiungere l’autocoscienza. L’interiorità quindi come espressione di un’attitudine


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introspettiva capace di soffermarsi sulle esperienze vissute e richiamarle attraverso la memoria che diventa motore di analisi interiore per un cammino di ricerca della propria irripetibile identità. L’utilizzo dell’approccio autobiografico, all’inizio della verifica delle PAD, contribuisce dunque a stimolare attitudini all’autoriflessione. Il raccontarsi attraverso un testo scritto, all’interno di un setting di aiuto alla persona, comporta due fasi: la prima in cui la persona è in compagnia di se stessa e dei suoi ricordi, la seconda che diventa necessariamente un processo collaborativo tra Narratore e Ascoltatore. “Chi parla [il narratore, n.d.A.] lo fa per influenzare lo stato mentale dell’ascoltatore, che non è una persona qualunque, ma proprio una certa persona [il pedagogista clinico, n.d.A.] con la quale si ritiene possibile ricostruire un evento e scoprirne i significati sottostanti” (Levorato, 2000, p. 59). Il processo di analisi e lettura della storia è fatto a due mani per rispondere ai bisogni conoscitivi di entrambi e ciò avviene durante il racconto stesso. Nella scrittura autobiografica, la persona vive sincronicamente anche un duplice ruolo, sia come Narratore di sé che Ascoltatore di quanto riemerge dai ricordi latenti nella propria interiorità. L’attenzione e l’ascolto dei vissuti, delle narrazioni interiori e la centralità delle rappresentazioni cognitive del proprio mondo interno ed esterno, sono da

intendersi come ricerca e attribuzione di nuovi significati. Per l’io narrante la scrittura autobiografica permette di rivisitare e rileggere eventi dispersi, dare loro ordine e senso, recuperare o scoprire o donarsi un’identità più salda, più propria, più consapevole a se stessi. “Mentre ci rappresentiamo e ricostruiamo ... ci riprendiamo tra le mani. Ci prendiamo appunto in carico (in cura) e ci assumiamo la responsabilità di tutto ciò che siamo stati o abbiamo fatto” (Demetrio,1996, p. 12). Per il professionista la Lettera di presentazione di sé, che ho assimilato alla scrittura autobiografica, diventa un prezioso strumento di osservazione conoscitiva. Egli infatti potrà osservare: cosa la persona sceglie di raccontare ma anche come entra in relazione con il professionista; come inizia il testo e come lo conclude; come descrive-definisce se stessa e gli altri; se si sofferma più sulle relazioni o sulle cose, sui suoi pensieri o sulle emozioni, sui comportamenti o su ciò che sente; osserverà ancora se e come la persona parla della propria famiglia, dell’eventuale partner, dei colleghi, degli amici ecc. Il soggetto, ricostruendo e raccontando in prima persona la propria storia e il proprio modo di guardare il mondo, afferma autoreferenzialmente la propria identità e in questo modo la presentazione di sé diviene importante strumento conoscitivo e di apertura al cambiamento, un modo per conoscersi e farsi conoscere.

È possibile così, a mio parere, per la persona dare avvio a un percorso di ri-lettura della propria storia, in cerca di nuove prospettive, per iniziare a scrivere una nuova storia. In questa visione, la narrazione autobiografica si presenta come una modalità che include memoria e reminiscenza e che ci conduce a redigere, grazie alla pazienza di un io tessitore, non una ma molte altre versioni della nostra esistenza. Il punto di arrivo nel percorso pedagogico-clinico diventa punto di una nuova partenza. Il pedagogista in aiuto alla persona, nella sua azione educativa, si impegna a contrastare il restringimento dell’esperienza personale a dimensioni autoreferenziali e autocentrate. Il movimento dentro e fuori di sé, permette di mantenere lo sguardo sul reale, rifuggire il ripiegamento su di sé per guardare oltre i propri confini. “Per questo risulta opportuno accompagnare le persone ad approcciarsi alle cose del mondo-della-vita senza una chiave di lettura preconcetta e precategoriale: di imparare a vedere il mondo nei modi di chi, anziché catalogare e giudicare lo accoglie così come esso si mostra alla coscienza” (Arioli, 2013, p. 169). La relazione io-mondo ci richiede la disponibilità a lasciar essere lo

... avvio a un percorso di ri-lettura della propria storia 9


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spettacolo del reale che si dischiude dinnanzi ai nostri occhi (Ibid.). La narrazione di sé apre quindi al nuovo, ci rende capaci di accogliere esperienze inusuali, di farci sorprendere dall’inedito, di metterci in gioco accogliendo anche l’imprevisto, a vedere le aperture che vivere comporta, e infilarvisi dentro (Ibid. p. 169). Cresciamo, di conseguenza nella consapevolezza di essere i protagonisti e gli artefici del proprio particolare punto di vista sulle cose, capaci di condotte esplorative che siano il frutto di un’iniziativa personale. La Pedagogia Clinica nelle sue finalità contribuisce a radicare l’educazione all’interno di una visione dell’uomo come persona e propone – utilizzando i suoi metodi specifici – validi percorsi di aiuto che orientano l’uomo ad avere cura di se stesso. Gli interventi prendono avvio da un atto maieutico per il quale la persona, prima di tutto, è generata nella sua pienezza di essere attraverso l’aiuto del pedagogista che agisce nei suoi confronti alla stessa maniera dell’ostetrica che non genera, ma aiuta a generare, ossia aiuta la persona a fare il suo ingresso nella realtà: a entrare in relazione con il mondo, con gli altri e con se stesso. Tutto ciò predispone a guardare il proprio domani in un’ottica progettuale, a pro-iettarsi nel futuro, a orientare il proprio sguardo al non ancora. Così l’aver cura di sé non si esaurisce tanto nell’arte del riflettere sul presente, quanto nel porsi interrogativi in “un

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pensare ipotetico”: “dove potrei essere”, “chi potrei diventare”, “per-che-cosa-potrei-vivere”. In sintesi, la narrazione di sé, al termine del percorso pedagogico clinico, può continuare grazie a

un nuovo sguardo anticipante, che permette alla persona di intuire nelle proprie risorse idee-forza per proseguire da sola a sviluppare le proprie potenzialità, abilità e disponibilità.

BIBLIOGRAFIA Arioli, A. (2013). Questa adolescenza ti sarà utile. La ricerca di senso come risorsa per la vita. Milano: Franco Angeli. Biffi, E. (2010) educatori di storie. L’ intervento educativo fra narrazione, storie di vita e autobiografia. Milano: Franco Angeli. Bruner, J. (1992). La ricerca del significato. Torino: Boringhieri. Demetrio, D. (2012). Educare è narrare. Milano: Mimesis. Demetrio, D. (1996). Raccontarsi. L’autobiografia come cura di sé. Milano: Raffaello Cortina. Levorato, M.C. (2000). Le emozioni della lettura. Bologna: Il Mulino. Mortari, L. (2003) apprendere dall’ esperienza. Il pensare riflessivo nella formazione. Roma: Carocci. Nanni, A. (1996). La pedagogia narrativa: da dove viene e dove va, in per una pedagogia narrativa. Bologna: Emi. Pesci, G. (2014). La pedagogia in aiuto alla persona. Il momento conoscitivo. Firenze: Edizioni Scientifiche ISFAR. Professional act - Pedagogia in aiuto alla persona. In Pedagogia clinica, 30, 2014. Ricoeur, P. (1994). Tempo e racconto, vol. 3. Il tempo raccontato. Milano: Jaca Book. Smorti, A. (1994). Il pensiero narrativo, costruzione di storie e sviluppo della conoscenza. Firenze: Giunti. Smorti, A. (1997). Il sé come testo. Costruzione delle storie e sviluppo della persona. Firenze: Giunti. Smorti, A. (2007). Narrazioni. Cultura, memorie, formazione del sé. Firenze: Giunti.

Summary Each person has a story within: his life. It may happen that one is no longer be able to read this story alone. Support in reviewing it helps to continue self-narration. One of the advocates of the pedagogical value of the historicity of the person is Guido Pesci. The clinical educationalist places the person’s life story at the centre of the cognitive process using two specific tools which are closely related to telling one’s story as a human need: the personal history interview and the personal introductory letter. The latter has been equated with autobiographical writing. Narrating one’s own story to people with complicated lives offers them the opportunity to rediscover themselves as individuals in possession of a story which allows them to sense the main ideas among their resources, and to proceed with the development of their potential, skills and openness on their own.


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L’umorismo in pedagogia clinica Aspetti comunicativi e relazionali di Francesca Vespe

Umorismo e comunicazione: creare la relazione Se definiamo l’umorismo come la capacità sottile e intelligente di scoprire l’aspetto comico della realtà, ridendo si entra in gioco e si prende parte ad una realtà che è in quel momento comune. Ridendo si comunica, si è nella relazione con l’altro. L’umorismo non esiste senza simpatia, è il “sorriso della ragione”, è quel tipo di comunicazione che vuole la presenza di uno spirito ludico, vuole disponibilità e scoperta. L’umorismo si ritrova come tecnica specifica all’interno del metodo MPI®, come ausilio al recupero mnestico nei soggetti anziani, e non a caso uno dei manuali di Reflecting® (G. Pesci, S. Pesci, A. Viviani, Reflecting. Un metodo per lo sviluppo del Sé, Roma, Edizioni Magi, 2003) è fornito da sollecitatori visivi che riguardano situazioni con “inadeguatezze o errori da evitare” a sfondo umoristico. Quale miglior modo, infatti, se non l’umorismo, per corroborare una riflessione che già con le immagini si presta ad essere “acuta e sottile, che riesce ad attivare lo spirito e stabilire nessi e relazioni impensate” (G. Pesci, Pedagogia Clinica, Torino, Omega, 2012, p. 143).

A partire dal racconto mitologico, il riso è segno di prosperità e fecondità, è il segno della risoluzione di una crisi, del superamento di una situazione di stallo in cui spesso altri mezzi – come il linguaggio, la ragione – sembrano impotenti (cfr., D. Solfaroli Camillocci, M. Vella, Ridere, ridere, ridere ancora…, Torino, Bollati Boringhieri, 2005). La percezione comica, allora, può definirsi come un momento liminale, un momento nel quale, cioè, l’individuo apprende nuovi modi di guardare, e quindi di essere. La zona liminale è quella zona di passaggio, la soglia che sta tra due insiemi culturali definiti, quel momento di sospensione nell’attesa di trasformazione. Riferito all’individuo, è quel momento in cui non si è più ciò che si era, ma non si è ancora ciò che si diverrà. È un momento di transizione. Il momento in cui si

…il riso è segno di prosperità e di fecondità

“muore” ad una situazione per “rinascere” ad un’altra. L’umorismo è una sorta di “azione psicopedagogica che porta ad un modo cognitivamente nuovo di percepire tutta la precedente situazione ansiogena” (Spatola, L’uomo che ride, Roma, Edizioni Universitarie 2000, p. 156). Le persone che chiedono aiuto ad un pedagogista clinico stanno chiedendo, anche, un “cambio di prospettiva” che sia per loro salutare. Per Berger (P. Berger, Homo Ridens. La dimensione comica dell’esperienza umana, Bologna, Il Mulino, 1999) la promozione al cambiamento viene suscitata dallo svelamento che la visione umoristica porta con sé: una sorta di diagnosi, un “vedere attraverso” e riconoscere così altre realtà che si nascondono dietro quelle di superficie, comprese le realtà su se stessi. Esiste, al riguardo, un termine tedesco intraducibile: Doppelbodigkeit. Deriva dal teatro, dove sta ad indicare una scena costruita su più di un piano. Mentre gli attori recitano la loro parte su un livello, azioni assai diverse e presumibilmente malvagie accadono all’altro piano, di sotto. La struttura che li divide è fragile, e sorprese di ogni genere possono saltar su

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dal “piano di sotto”, come pure possono aprirsi all’improvviso delle botole e cose o persone del “piano di sopra” possono sparire nel mondo alieno sottostante. Il comico rivela che tutto quanto è dato per scontato nella vita comune possiede questo carattere di Doppelbodigkeit (P. Berger, 1999, op. cit., p. 68-69) L’umorismo diventa dunque uno stile personale di approccio all’esistenza, che presuppone un atteggiamento che valorizza l’approccio ludico, in un distacco non disimpegnato e non cinico bensì partecipativo, critico, capace di ridimensionare attraverso la consapevolezza di più punti di vista e la creazione di uno spazio interiore. Capace di dare alla persona una condizione di intimo equilibro e armonia. Ma i vantaggi del riso e della comicità non derivano solamente dai cambi di prospettiva indotti dalla nuova percezione comica della realtà; tali vantaggi possono venire dalla semplice distensione psicofisica che determina il ridere. Thomas Sydenham, autorevole medico del XVII sec., era solito affermare che “l’arrivo di un buon clown esercita, sulla salute di una città, un’influenza benefica superiore a quella di venti asini carichi di medicinali”. Considerazioni e detti popolari quali “ridere fa buon sangue”, “ridi che ti passa” sembrano quasi aver battuto la strada a ricerche scientifiche che hanno dimostrato come ridere

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...dare alla persona una condizione di intimo equilibrio e armonia Avere un orientamento operativo efficace e rigoroso... possa abbattere stati tensionali, come possa essere un analgesico endogeno e come possa essere un moderatore sugli effetti nocivi degli stimoli stressanti. Una visione umoristica ha la capacità di portare con sé una visione altra delle difficoltà della vita, di ciò che ci circonda e quindi, in ultima analisi, di se stessi. A partire da una sana distensione per arrivare ad una diversa interpretazione della realtà, ad un ridimensionamento di tutto ciò che, al momento, ci può sembrare impossibile da gestire.

UMORISMO, METODI E TECNICHE DEL PEDAGOGISTA CLINICO Umorismo e sviluppo dell’attentività e della mnesi

Ricerche sperimentali condotte in pedagogia clinica dimostrano che il lavoro svolto su soggetti anziani al fine di recuperare la memoria non può prescindere dal creare contesti divertenti e leggeri e sappiamo quanto una risata possa provocare distensione, alleggerendo le tensioni. Frequenti sono addirittura episodi durante i quali lo stesso anziano arriva a ridere perfino dei propri acciacchi. La tecnica HumorExperience, all’interno del metodo MPI®, (G. Pesci, M. Fiore, Mnesi e invecchiamento, Roma, Edizioni Magi, 2002) innesca un rapporto con se stessi basato sull’autoironia, intesa come capacità di prendere in giro i proprio limiti, i propri difetti, le proprie manchevolezze. Questo contribuisce a creare rapporti basati sulla simpatia, cioè sulla disponibilità, sulla generosità, sulla capacità di trovare piacere e godimento, che a sua volta conduce ad un benessere emotivo e ad una maggiore fiducia nelle proprie potenzialità che permette di mettersi più facilmente in gioco. L’umorismo non è necessariamente una dote innata, ma è una dote che può essere allenata. Una buona partenza può essere proprio la pratica dell’autoironia.


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...sulla capacità di trovare piacere e godimento... Umorismo e difficoltà negli apprendimenti Tutto ciò è valido anche per il lavoro con bambini che presentano difficoltà di apprendimento, difficoltà spesso accompagnate all’assenza di un bagaglio di fissazione mnestica. L’apprendimento è la potenzialità di una persona al fine di trovare nuove soluzioni per acquisire in maniera durevole abitudini, conoscenze e competenze. Si apprende quando il dato è interiorizzato e reperibile. I presupposti per fissare un’informazione sono legati alla corporeità e all’attenzione e alla concentrazione. Se non si è attenti non si memorizza. Questi ultimi (attenzione, concentrazione e assunzione del dato) sono aspetti che convogliano in un unico elemento: la motivazione. La motivazione, nel bambino, non può essere del tutto razionale, progettuale, come per l’adulto, ma deve essere affettiva, emotiva, ludica. Dobbiamo allora chiederci quali possono essere le strategie per innescare nel bambino o nel ragazzo il piacere di ricordare. La dinamica addestrativa è esclu-

sa dalla pedagogia clinica: se il bambino viene guidato ma non motivato non troverà mai la strada da solo. È il canale affettivo che promuove il piacere. Fra le varie tecniche che danno sostanza agli aspetti che spingono verso il piacere, abbiamo visto essere, nell’MPI®, anche quella basata sull’umorismo. Creando contesti più leggeri e coinvolgenti, che comunque siano in grado di veicolare un messaggio di attenzione e di stima verso il bambino – attraverso un approccio ludico per i bambini ma metodologicamente rigoroso per il pedagogista clinico – si è sicuramente agevolati nel contribuire al formarsi di quella motivazione che è il motore di tutti gli apprendimenti. Aiutare i bambini a sdrammatizzare la prestazione, tenendo ben distinta la prestazione dalla persona, aiuta ad imparare a scherzare anche su se stessi, a ridimensionare le reali difficoltà, a compiere un percorso di accettazione di sé e quindi aiuta a farvi fronte arricchendo la stima in se stessi. È l’occasione per vivere emozioni positive. Se la dimensione affettiva e relazionale influiscono fortemente sulle capacità di apprendimento, risulta allora importante per il pedagogista clinico aiutare i bambini a coltivare anche un carattere, una visione umoristica. Per incentivare la motivazione e la propulsione verso gli aspetti affettivi è importante la stabilità

emotiva raccolta dalla solidità del pedagogista clinico come persona. Il bambino (ma in realtà le persone di ogni età che chiedono aiuto) ha bisogno di trovare delle forze interiori che gli garantiscano di stare in solidità. Il pedagogista clinico che fa uso dell’umorismo e dell’autoironia mostra di avere fiducia in se stesso, tanto da “mettere in gioco” la sua immagine. Avere un orientamento operativo efficace e rigoroso, ma condirlo con l’uso dell’umorismo, significa saper proporre tecniche operative in modo coinvolgente con quel saper porgere che sta alla base dell’atto educativo e di qualunque relazione umana, aumentando nel bambino la motivazione ad apprendere. Significa anche preparare il terreno per abbattere livelli eccessivi di ansia che ostacolano l’apprendimento e i processi mnemonici. Umorismo, corporeità e Musicopedagogia® È nel medioevo e nel rinascimento che il comico prende la forma di una “sensazione vissuta concretamente”, si potrebbe dire corporalmente, dell’unità e inesauribilità dell’esistenza. Questa concezione denominata da Bachtin (M. Bachtin, L’opera di Rabelais e la cultura popolare. Riso, carnevale e festa nella tradizione mediovale e rinascimentale, Torino, Einaudi, 1979) “realismo grottesco”

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si esplicita attraverso la predominanza del principio materiale e corporeo della vita (immagini eccessivamente esagerate del corpo, del mangiare e del bere, dei bisogni naturali, ecc). Oggi il riso sembra aver perso molto di quella corporeità, come se si fosse messo un freno. Apparentemente la musica può neutralizzare o addirittura dimenticarsi della corporeità, sia di quella dell’ascoltatore o dell’esecutore che della corporalità del suono e del mondo. Ma solo apparentemente: il corpo, quando si ascolta musica, è chiamato a parteciparvi. Quando un bambino si approccia alla musica, la prima cosa che fa, del tutto naturalmente, è ballare, sembra ascoltare con tutto il corpo. Vi partecipiamo seguendone il ritmo, ad esempio battendo le mani, quindi producendone anche noi. Una delle prime impressioni sonore infantili di Strawinskij (I. Strawinskij, Cronache della mia vita, Milano, Minuziano,1947) è legata al corpo e alla comicità. È infatti il nostro corpo che riceve e produce musica – e proprio il percorso dal suono percepito al suono prodotto è al centro della Musicopedagogia® (M. Mani, Musicopedagogia, Edizioni Scientifiche ISFAR, Firenze, 2014) – e può farlo anche in maniera buffa, può, oltre che divertire, suscitare comicità. Molte gag musicali dei clown, ad

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esempio, si basano sul contrasto tra la lievità del suono e l’opposizione goffa della materia e del corpo. Anche nella musica ci si può imbattere nell’umorismo, nella comicità e nel riso, basti pensare al lessico musicale di uno spartito: Allegro, Allegretto; troviamo il capriccio, la fantasia, le danze veloci, lo Scherzo, e come premesse a certi brani musicali possiamo trovare i termini umoristico, grottesco, burlesco. Se l’obiettivo della Musicopedagogia® è quello di favorire la persona nella acquisizione di ogni sua potenzialità per una migliore espressione si sé, arricchirlo di abilità nella recezione degli stimoli e nel ritrovare nuovi equilibri emozionali, si capisce bene come tutto questo processo possa essere arricchito con uno sguardo, anche e non solo, all’umorismo. Umorismo che può essere insito alla musica stessa e al “modo” di produrre musica, specialmente se legato alla corporalità. È un riportare all’ abbandono della gioia fisica del ritmo e del suono, un farsi attraversare da tutto ciò che sentiamo al di là e al di qua della pelle. Umorismo come forma di esistenza Si potrebbe parlare, dalla mo-dernità in poi, di un riso disilluso, disincantato. Appartiene al soggetto, non alla comunità, ed è, in qualche modo, il

riso di chi è straniero in terra sconosciuta. È indubbio che si possa parlare di una distintiva sensibilità umoristica moderna, che si potrebbe descrivere come arguta, sarcastica, molto distaccata, in contrapposizione con quel genere di comico grottesco – che ha pervaso tutta la cultura non ufficiale del Medioevo e tutto il Rinascimento – che era, invece, altamente partecipativo. La differenza tra una tipologia di comico e l’altra è evidente, come evidente è pure la differenza tra i due tipi di riso che possono suscitare: uno sguaiato e festoso, comunitario e “di piazza”; l’altro molto più intimo, meno grossolano e meno sgraziato e più composto. Come se appartenessero a due uomini diversi, e di fatto è proprio così. Il distacco, la distanza, il disinganno sono tutte

…farsi attraversare da tutto ciò che sentiamo al di là e al di quà della pelle.


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peculiarità inerenti al comico, ma appartengono ad un modo di vedere, di sentire e di intendere caratteristici più dell’uomo moderno, per il quale “l’unica risorsa diventa il distacco dell’umorismo, che è umor melanconico perché la sua molla è il disincanto” (G. Celati, Finzioni Ooccidentali. Fabulazione, comicità e scrittura, Torino, Einaudi, 1975, p. 85). Se il girotondo dei bambini non fosse, come appare, il “fare bordo attorno ad un vuoto”, ma fosse il circondare uno spazio che, se non contiene niente, viene comunque delimitato e fatto diventare qualcosa proprio grazie a quel suo girare attorno, è pur vero che diventa comunque stordimento “che letteralmente ci accascia, è ciò che diverte, appunto perché ci ha distolto da noi stessi e dalla realtà, e ci ha fatto per un momento perdere e mancare a noi stessi” (P. A. Rovatti, A. Dal Lago, Per gioco. Piccolo manuale dell’esperienza ludica, Milano, Cortina, 1993, p. 99). Se il tutti quanti giù per terra del girotondo infantile è una perdita, e precisamente un’infantile perdita di sé, la circospezione degli adulti, il loro bisogno di controllo, comporta una perdita di sé. Ciò che si perde, decidendo di metterci in gioco, è “il qualcosa che vorremmo essere, il possesso di noi stessi su cui ogni volta allunghiamo le mani” (cit., p. 105). Ci facciamo, in qualche

modo, beffe di noi stessi. “Mentre con circospezione circuiamo la preda, e dunque la verità, noi prendiamo in giro noi stessi” (cit., p. 106). Così come sembra fare la vita con noi. La vita intera, per dirla con Bateson, sembra essere un susseguirsi di scherzi, di cui spesso non riusciamo a riconoscere l’umorismo. La tecnica LabyrintWay (G. Pesci, M. Mani, Prismograph, Edizioni Magi, Roma, 2001) genera una emulsione verso dei presupposti di vita. Che ci possono anche fare inciampare (gli eventi improvvisi del destino, i suoi imprevisti, i suoi “scherzi”), certo, la vita è fatta anche di ostacoli. Si nasce, si cresce, ci si espande verso, ci muoviamo nelle intersecazioni e nelle difficoltà, ci liberiamo dagli impacci (e una visione umoristica dell’esistenza ci aiuta a ridimensionarli, a viverli con ottimismo, con più fiducia in se stessi) e “si esce”, andando verso una crescita dell’Io. Il labirinto come percorso, quindi, come smarrimento ma anche

come autocoscienza. Non esiste una chiave per uscire dal labirinto, o meglio, la chiave può essere un atteggiamento di fronte ai fatti della vita. Tutto questo riporta alle funzioni dell’umorismo, con il quale si riesce a tollerare le incertezze, a sviluppare un nuovo punto di vista che ci aiuta a ridimensionare gli eventi, sdrammatizzarli e rivederne la possibile soluzione, a sfruttare in modo dinamico e creativo le possibilità che ci vengono offerte, incrementando l’autostima e l’autoefficacia.

...il possesso di noi stessi su cui ogni volta allunghiamo le mani...

Summary Laughter can serve multiple functions: it can either be a communication instrument or help people to see things from a different point of view. Laughter diffuses tensions, aids in diffusing and lessening embarrassment, helps in looking at the positive side of things, dispelling anxiety and distracting the attention from problems. It can be a valid aid in clinical pedagogy methods and techniques with people of any age, and a resource in the communication knowledge of the clinical pedagogist.

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Formarsi per incontrare i bambini di Myriam Perseo

La Pedagogia clinica ci offre la possibilità di intraprendere nuovi e significativi percorsi nella formazione dei futuri maestri di scuola dell’infanzia e primaria. Essa si configura come pedagogia del concreto, applicata, pratica, autentica, capace di incidere realmente sul vissuto delle persone. La sua funzione trova spazio e tempo nella dimensione del laboratorio. Il laboratorio pedagogico clinico è un “luogo” pensato per mettere in atto momenti adatti a valorizzare la persona nella sua interezza. Un luogo flessibile, partecipato e attivo, modificabile in base alle esigenze concrete delle attività da sperimentare; luogo di pratica della conoscenza che non può essere contrassegnato dall’utilizzo esclusivo della parola. Esso coinvolge l’esperienza vissuta e l’apprendimento di saperi come risultato dell’agire e del riflettere insieme agli altri. Il laboratorio del Pedagogista Clinico® è, quindi, una fondamentale risorsa educativa, carica di risonanze e connotazioni soggettive, che, attraverso precisi punti di riferimento, rappresentati da persone, oggetti, e situazioni offre al maestro in formazione, un terreno autentico di costruzione e di messa in pratica delle competenze personali e professionali.

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All’interno della dimensione laboratoriale le domande, i dubbi, le riflessioni emergono spontaneamente, sottoforma di tempesta di idee, di pensieri, di meditazioni: come acquisire strategie che promuovano l’accoglienza, la motivazione, l’autostima degli alunni? Come apprendere attività per la gestione del gruppo classe-sezione? Come imparare a favorire l’apprendimento delle competenze emotivo-relazionali? Con quali strumenti è possibile osservare le dinamiche relazionali utili per fronteggiare le situazioni che si vengono a creare dentro le classi/sezioni? Il bisogno di porre tante domande per avere risposte utilizzabili nella pratica scolastica, lascia spazio lentamente a nuove proposte che si trasformano in esperienze dotate di senso, vissuti di cambiamento, desiderio di movimento, di gioco, di relazione: il corpo diviene il testo nel quale accogliere le opportunità offerte dal Pedagogista Clinico, perché «niente è fuori dalla persona. Tutto è nella persona e nella relazione che la persona instaura con se stessa, con il mondo, con le cose e con gli altri» (Guido Pesci, a cura di, Il maestro unico: contributi scientifici a confronto, Roma, Armando, 2009, p. 119).

Durante il percorso di formazione è possibile: • Rapportarsi con gli altri in maniera nuova e creativa; • Esprimersi attraverso il corpo, favorendo la motivazione ad agire in collaborazione con gli altri; • Espandere la propria affettività attraverso la relazione-comunicazione con il gruppo, in maniera ludica e divertente; • Manifestare liberamente la propria creatività e il proprio stile personale; • Conoscere i propri limiti e le potenzialità al fine di esprimere stati d’animo e sentimenti in sintonia con gli altri; • Acquisire strategie e tecniche ludo-pedagogiche per la gestione del gruppo-sezione o classe;

…vissuti di cambiamento, desiderio di movimento, di gioco, di relazione.


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• Comprendersi come parte attiva di un gruppo cercando nuove ed alternative modalità di scambio e di dialogo. • Sviluppare l’espressività globale e spontanea, facendo ricorso alle potenzialità individuali, per riuscire a comunicare con gli altri e fare “esperienza creativa” di sé. Le proposte vissute all’interno del laboratorio pedagogico clinico offrono, ai maestri in formazione, occasioni per comprendere i processi individuali, gli stati d’animo personali, i propri stili educativi e comunicativi, per favorire la possibilità di esprimersi e raccontarsi liberamente e al gruppo. Sono occasioni irripetibili per creare momenti di condivisione e collaborazione, di relazione e scambio costruttivi, di riflessione sulla pratica educativa. Ma chi è, allora, il maestro? «Il maestro, proprio in quanto educatore che non può solamente instruere, è un mediatore tra i mediatori, è un mezzo attivo e partecipe, che restituisce la vitalità dell’acquisizione del sapere, [...] operando costantemente sugli atteggiamenti di scambio e reciprocità nei contesti educativi» (Guido Pesci, a cura di, op. cit, p. 65). Quindi, non si tratta di acquisire esclusivamente tecniche, esercizi o strategie riproponibili immediatamente a scuola, ma di riflettere sul provato nello stare dentro una relazione, sul ricono-

scimento dei limiti e delle difficoltà di esprimere il corpo in maniera nuova, libera, originale. Nello spazio-tempo del laboratorio è possibile favorire: Le dinamiche di gruppo, Il saper stare con gli altri, La relazione d’aiuto, La comunicazione verbale e non-verbale, La narrazione dei vissuti, La riflessione di e sul gruppo. La partecipazione attiva ed emotiva permette ad ognuno di sentirsi parte integrante del gruppo e favorisce quel clima di fiducia e di non direttività fondamentali per attivarsi e coinvolgersi. La dinamica comunicativa che si viene a realizzare ha una strutturazione cooperativa, in cui ogni futuro maestro viene messo nella condizione di ricevere, accogliere e ascoltare l’altro nella propria espressività originale e autenticità di vissuti. Essere maestri non significa, solamente, lavorare con i bambini. Non si tratta, quindi, di acquisire esclusivamente competenze educative, metodologiche e didattiche, ma di prendere consapevolezza dell’importanza di stabilire un’autentica relazione con i bambini e, soprattutto, di dare valore alla relazione corporea. La Pedagogia Clinica può favorire l’interazione fra sapere, saper-essere, saper-fare, saper-stare con gli altri, fra Corpo-Pensiero-Emozioni, fra apprendimento e relazione. È proprio nella co-costruzione di una relazione educativa significativa, che ogni

...per favorire la possibilità di esprimere e raccontarsi Il percorso formativo dei futuri maestri... azione, piccola o grande, può assume un valore, in cui ogni momento è importante per arricchire, accogliere, creare, per realizzare un rapporto di crescita, di benessere, di felicità. In tutto ciò il Pedagogista Clinico ha il compito di facilitare i maestri nel ripensare il modo di vivere la relazione con i propri alunni, offrendo loro la possibilità di riflettere sulla dimensione del sentire, quale sfera che riguarda l’emotività e l’affettività della persona. Soffermarsi sul sentire significa costruire l’accoglienza nella reciprocità, ascoltare, aprire il proprio sguardo verso la persona-bambino, quale interezza che vive il sentire-pensare-agire come esperienza unitaria, donandogli il tempo di cui ha bisogno.

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Un con-sentire o sentire-con, per condividere quella parte emotiva e affettiva che, spesso, non trova spazio a scuola, perché «riusciamo a conoscere gli altri solo se riconosciamo in loro esigenze analoghe alle nostre, ossia se entriamo in sintonia con loro, rispondendo ai loro bisogni identificazione e valorizzandoli in qualità di studenti-persone» (Patrizia Becherini, Insegnare oggi. Manuale di base, Milano, RCS libri, 2005, p. 256). Il sentire richiede interesse, energia, responsabilità, disponibilità. È un mettersi in gioco personalmente, attivando processi di rivisitazione critica del proprio modo di costruire le relazioni. La Pedagogia Clinica rende possibile espandere, sviluppare, affinare la capacità di sentire per raggiungere un rapporto significativo con se stresso e con gli atri, partendo dalla presa di coscienza del proprio corpo, delle proprie emozioni e sensazioni e del proprio autentico linguaggio espressivo. Il percorso formativo dei futuri maestri presuppone quindi esperienze che prendano avvio dal “vivere il corpo” come conoscenza di sé (dalla scoperta dello spazio-tempo attraverso il movimento, ai ritmi del corpo, il respiro, la voce, ecc.), per passare gradualmente a “sentire il corpo” come espressione di sé (attività grafico-pittorico-plastiche, musica, la danza e il lin-

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Il percorso formativo dei futuri maestri presuppone esperienze che prendano avvio dal “vivere il corpo”... guaggio verbale e non), fino ad arrivare alla “percezione del corpo” come canale di comunicazione con gli altri, sviluppando e potenziando la disponibilità energetico-affettiva della persona, aiutandola ad esprimere il proprio mondo interiore all’altro (drammatizzazione creativa, burattini, maschere, ecc.). Partendo da tali riflessioni si potrebbe affermare che la formazione dei futuri docenti dovrebbe essere pensata, o meglio ri-pensata, quale possibilità per affinare quelle capacità di ascolto e di stare a sentire prestando orecchio, che divengono opportunità di praticare con cura e attenzione la conoscenza di sé e degli altri.

«La conoscenza di sé si fonda su due ordini di sapere intrecciati: la capacità di “sentirsi”, di fidarsi cioè delle proprie percezioni e sensazioni, e la capacità di relazionarsi ad altri, cogliendo i messaggi che ci mandano e rispondendo adeguatamente. Entrambe sono costruite nel tempo e sono sensibili alle scelte “educative” operate» (Ivano Gamelli-Laura Formenti, Quella volta che ho imparato. La conoscenza di sé nei luoghi dell’educazione, Milano, Raffaello Cortina, 1998, p. 11) dal maestro. Un maestro che comunica, non esclusivamente, attraverso la parola, ma l’accompagna, l’arricchisce e la sostiene con i gesti, i movimenti, la postura, con il tono della voce, il ritmo e l’espressione del proprio viso. Questi sono segni di apertura, di disponibilità al contatto e all’ascolto, di costruzione di un dialogo tonico, ai quali coloro che si accingono a divenire maestri, dovrebbero guardare con maggiore attenzione. Per tali ragioni nel laboratorio pedagogico clinico si possono vivere esperienze fondate sulla dinamica ludica: • giochi di esplorazione in una condizione di libertà e creatività, • giochi di relazione e collaborazione in una condizione di totale coinvolgimento emotivo, • giochi di espressione e comunicazione attraverso il gioco


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drammatico e la drammatizzazione creativa, utilizzando il corpo come principale canale di espressione. • drammatizzazione creativa con trucchi e maschere, utilizzate come oggetto intermediario tra il mondo interno della persona e il mondo esterno. • giochi con la musica e la voce come espressione e comunicazione del mondo interiore e di interazione con l’altro, • comunicazione attraverso la danza e il linguaggio del corpo. Il rispetto della diversità comunicativa, legata alla storia personale e unica di ognuno, è motivo di arricchimento per il gruppo stesso e strumento di creatività espressiva, in quanto utilizzabile per infrangere un ordine relazionale prestabilito e giocare con le parole, il corpo, lo sguardo. Lo sguardo è fondamentale per instaurare relazioni fra persone. Guardare l’altro significa prenderlo in considerazione, accorgersi di lui, invitarlo ad entrare in contatto e ospitarlo nel proprio sguardo. Guardare ed essere guardati sono dimensioni che attengono allo scambio e al dialogo in una dialettica circolare di rimandi, richiami, attenzione reciproca. Ma, a volte, guardare, osservare, esaminare sono atteggiamenti che il maestro mette in atto quali forme di controllo e gestione della classe/sezione. Vicino alla dimensione del guardare l’altro,

vi è quindi l’esperienza dell’essere guardati. Soffermarsi, invece, sulla possibilità, non solo di osservare i nostri alunni, ma di esserne contemporaneamente osservati ci offre la possibilità di cambiare punto di vista e di rendere possibile all’altro di essere accolto nel nostro sguardo. È opportuno, allora, che il Pedagogista Clinico faccia da tramite per garantire quella reciprocità che fa dello sguardo fonte di comunicazione profonda, forma di dialogo autentico, sintonia fra persone che condividono un percorso. Iniziamo a comprendere che, per divenire maestri, è necessario riflettere sui nostri limiti e sulle nostre possibilità, esporsi, guardarsi da altri punti di vista. Ecco perché un insegnante formato alla sensibilità delle esperienze corporee, diventerà un ascoltatore attento, un osservatore disponibile a guardare diversamente i propri alunni, a dare importanza a come essi si muovono nelle aule e come cercano un proprio spazio nell’ambiente. Non giudicherà il singolo comportamento, ma valorizzerà ogni gesto o movimento che i bambini e le bambine sapranno offrire, con atteggiamenti nuovi che con-

sentiranno differenti modalità di incontro. Un maestro che rivela atteggiamenti di cura e disponibilità, che si mostri in quanto persona, che sappia coinvolgere e coinvolgersi, che sia pronto a riflettere per cambiare è certamente un maestro che attraversa la vita dei propri alunni con serietà e leggerezza. Sarebbe una rivoluzione se le nostre scuole fossero abitate da «insegnanti leggeri, divertiti, capaci di stupirsi e di incuriosire, impegnati a “dondolarsi” sulla corda» (G. Staccioli, Ludobiografia: raccontarsi e raccontarsi con il gioco, Roma, Carocci, 2010, p. 39) del gioco, che è il gioco del vivere con tutto se stessi, corpo compreso.

...che il Pedagogista clinico faccia da tramite per garantire...

Summary Myriam Perseo describes how the Pedagogy Clinical workshop can be an educational resource to implement appropriate times to evaluate a person. The teacher’s training workshop allows teachers to develop their abilities and view others through themselves.

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Saltando tra i numeri... dall’infanzia alla primaria di Salinetti Donatella, Veschini Marinella

Il Progetto di Continuità “Saltando tra i numeri...”, proposto da tre anni nel Circolo Didattico di Marsciano rivolto a docenti e alunni degli anni ponte Infanzia-Primaria, ha lo scopo di accompagnare il bambino nella conoscenza dei numeri e delle quantità. La scelta di porre particolare attenzione a questo ambito dell’educazione, nasce dalla consapevolezza che le difficoltà in matematica sono ancora molte e che l’età della Scuola dell’infanzia è preziosa per affinare le abilità di base. Consapevoli dell’importanza che riveste la relazione insegnante/ bambino, abbiamo, prima di tutto, predisposto un ambiente stimolante e un clima accogliente, collaborativo, si è posta particolare attenzione alle relazioni interpersonali affinché i piccoli allievi potessero acquisire fiducia nelle loro possibilità e mettersi piacevolmente in gioco nelle esperienze proposte. I bambini, del resto, già prima di fare il loro ingresso nella scuola dell’infanzia, hanno modo di fare diverse esperienze di tipo matematico associate al movimento, alla musica, al ritmo e alla vita quotidiana. A 3-4 anni sono in grado di compiere operazioni di scomposizione, raggruppamento e classificazione: pensiamo solo

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alla disposizioni dei giochi e dei materiali nell’aula, raggruppati tra loro per somiglianza, per funzione (la cesta delle costruzioni, la cesta degli animali, l’angolo della cucina, la scatola dei pennarelli...) Essi imparano nel gioco a conoscere le forme di diverso tipo e le dimensioni anche se non sanno verbalizzare le differenze che notano. Fanno già esperienza dei numeri anche se non sempre li associano a significati precisi. I numeri, del resto, fanno parte del mondo del bambino: sono il numero sulla candelina della torta al compleanno, il numero della propria casa, i numeri sul telefono, i numeri dei tasti dell’ascensore che a fatica riescono a schiacciare, il numero dei compagni, i numeri sulle macchine, i numeri alla televisione... Ma anche i numeri nelle fiabe, nelle canzoni, nelle conte... Si è dunque deciso di partire da esperienze di vita pratica utilizzando ogni canale espressivo-comunicativo, tra cui l’aspetto motorio, percettivo, sensoriale, verbale, creativo e, naturalmente, quello affettivo ed emotivo. Metodo ispiratore è Inter Art® che attraverso le sue molteplici tecniche ha permesso di coinvolgere i bambini attraverso il linguaggio artistico della poesia,

del canto, delle conte e delle filastrocche, della manipolazione, della pittura, della rappresentazione grafica. Tutto è passato attraverso l’esperienza sensoriale, che ha visto il “corpo protagonista”, a livello percettivo con esperienze sonore, ritmiche spazio-temporali. Attraverso di esso sono passate tutte le esperienze che i bambini hanno vissuto in modo giocoso, liberi da condizionamenti, dà giudizi, e che hanno permesso loro di fare esperienza diretta fino ad acquisire padronanza nella cognizione numerica e logica. Va inoltre sottolineato che il numero si caratterizza in diversi ambiti della conoscenza numerica, chiamati “dominio-specifici”: esso infatti va compreso nei suoi aspetti lessicali, ovvero quelli legati al nome (il numero si dice, si vede, si scrive), negli aspetti semantici cioè nella capacità di comprenderne il significato attraverso una rappresentazione mentale

...attraverso il linguaggio artistico della poesia...


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di tipo quantitativo (passando per l’esperienza concreta) con l’obiettivo finale di riconoscere la corrispondenza numero-quantità. Negli aspetti sintattici che riguardano le relazioni spaziali tra le cifre e nel counting o “capacità di conteggio” che permette di rispondere alla domanda: “quanti sono?”. I laboratori attivati hanno visto i bambini protagonisti già con le attività di routines del mattino relative alla rilevazione delle presenze/ assenze giornaliere e del calendario meteorologico che hanno vissuto attraverso giochi motori dedicati al counting: contare i compagni, visualizzare le presenze/assenze sul cartellone ma anche saltando e camminando sui numeri sia in avanti che indietro ha favorito l’interiorizzazione della sequenza numerica fino a 10. La tabulazione dei fenomeni atmosferici ha permesso l’acquisizione di una familiarità con i «segni» grafici (scritte, numeri, immagini) utilizzati a turno da tutti i bambini. Queste attività hanno reso possibile le prime rilevazioni spontanee e le successive rappresentazioni grafiche guidate dall’insegnante utilizzando tabelle, grafici, numeri. Queste attività hanno rafforzato la capacità di conteggio perchè includono l’acquisizione della corrispondenza 1 a 1, dell’ordine stabile e della cardinalità. Proporre situazioni motivanti attraverso esperienze semplici e continuative è stata

Queste attività hanno rafforzato la capacità di conteggio... la scelta prioritaria ma con l’obiettivo di favorire nei bambini un apprendimento per scoperta e non di tipo trasmissivo. Il laboratorio di manipolazione delle palline, di pasta di sale (o di pongo o didò), ha permesso la creazione di materiale di diversa grandezza e dimensione utile per la conta e per giocare a fare la stima delle quantità, ovvero a potenziare quel processo di valutazione che permette conteggi rapidi, ma approssimati, della numerosità di un insieme. Il laboratorio linguistico-espressivo ha visto utilizzare conte, filastrocche, storie lette dell’insegnante accompagnate dalla visione di immagini o da movimenti corporei che rendono piacevole l’ascolto; sono seguiti giochi di movimento con numeri da pronunciare, da riconoscere, da manipolare, da decorare, da “vivere” attraverso la “riproduzione corporea”. Il laboratorio percettivo-sensoriale ha dato la possibilità ai bambini di giocare con materiali vari proposti dalle insegnanti e di coglierne le caratteristiche (morbido-ruvido/caldo-freddo/

grande-piccolo/tanto-poco...), ma anche di sperimentare differenze di peso, di grandezza utilizzando gli stessi giocattoli presenti in sezione che hanno permesso l’osservazione delle specifiche caratteristiche e la selezione per attributi, funzioni, dimensioni. Attraverso l’osservazione e l’utilizzo di prove oggettive è stato possibile valutare il livello di competenza raggiunto dai bambini riscontrato positivamente e in misura maggiore rispetto agli anni scolastici precedenti, anche dai docenti della scuola primaria. Alla luce di ciò abbiamo posto la nostra attenzione sul concetto di Continuità, chiedendoci: Quale e quanta continuità? Quale e quanta discontinuità? In quale contesto educativo? Da una parte è criticabile la brusca discontinuità istituzionale che esiste tra i due ordini di scuola dell’infanzia e della primaria, in particolare alla luce del fatto che lo sviluppo e l’apprendimento non procedono secondo i tempi esterni dell’istituzione, né secondo tempi interni determinati da stadi evolutivi rigidamente intesi. Dall’altra non soddisfa la Continuità intesa come stabilità, cioè come semplice trasferimento di opportunità e strategie da una scuola all’altra. In questo modo si corre il rischio di “elementarizzare” la Scuola dell’infanzia o viceversa di frustrare potenzialità cognitive.

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Non soddisfaceva neanche la Continuità appiattita spesso sulla definizione degli obiettivi strumentali di fine ed inizio ciclo, o ridotta a quelle riunioni anonime predisposte per il passaggio di informazioni che sono spesso le uniche modalità di raccordo. La Continuità così intesa è estremamente riduttiva e sottende un’idea di apprendimento come processo che avanza in maniera cumulativa, oltre a dare un’idea di rapporto tra i due ordini di scuola in cui quello che precede ha come principale scopo quello di preparare alla scuola che segue. Inoltre l’idea di alunno che vi è sottesa è quella di un bambino incompetente che progredisce grazie all’istruzione a partire da ciò che non sa. Abbiamo invece inteso la Continuità come possibilità di governare l’insieme dei processi educativi e didattici al centro dei quali si trova ogni singolo bambino, che viene sollecitato ad attivare forme nuove di apprendimento, ma all’interno di uno sviluppo evolutivo regolato secondo tempi e modalità da lui stesso dettate. Quindi un bambino competente che possiede capacità e possibilità di conoscere, sentire, valutare, ed orientarsi. Un bambino da osservare e conoscere, con cui interagire secondo idonee e specifiche modalità di insegnamento / apprendimento condivise e utilizzate in entrambi gli ordini di scuola.

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Si tratta allora ad ogni livello di programmare e controllare elementi di Continuità e di Discontinuità a partire dalle esperienze che già sono realizzate nelle scuole così come sono, mettendo a punto nuove modalità e scansioni per una scuola a misura di bambino! Da queste riflessioni è nato il Progetto Continuità “Saltando tra i numeri...” realizzato attraverso due percorsi paralleli. • Il percorso con gli insegnanti ha conseguito l’obiettivo di orientarli ed informarli sulle recenti ricerche scientifiche rela-

...un bambino competente che possiede capacità e possibilità di conoscere, sentire, valutare, ed orientarsi; un bambino da osservare e conoscere con cui interagire.

tive all’intelligenza numerica, ma anche quello di stimolare la loro riflessione sulla relazione da essi stabilita con i loro alunni, e sull’importanza di creare un clima positivo con la classe. L’occasione di cambiare, di ridare motivazione, senso e significato ai vari momenti della vita scolastica, facendo emergere forze e risorse interiori, è stata ispirata alla disciplina del Reflecting®. Il lavoro svolto con i docenti-colleghi del Circolo didattico, ha seguito anche l’intento di “non istruire”, di non suggerire, consigliare o fornire modelli, nella convinzione che nessun cambiamento reale può avvenire se non scaturisce da una piena volontà personale e da convinzioni maturate interiormente, attraverso un processo creativo e costruttivo. Si è cercato di far sentire a tutti gli insegnanti-colleghi, che si stava offrendo loro un’occasione per disporre di uno spazio privilegiato all’interno dell’Istituzione scolastica dove, favorendo un clima positivo di valorizzazione della creatività e dell’originalità dell’altro, ci si sarebbe avviati verso il superamento del senso di inadeguatezza ed indisponibilità, per lasciare il posto a modi diversi di agire e di dichiararsi, originando nuovi atteggiamenti di dialogo esperienziale. A loro sono stati presentati gli strumenti standardizzati che avrebbero permesso la valuta-


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zione oggettiva degli apprendimenti dei bambini e proposto un laboratorio che, avvalendosi delle esperienze di tutti, alla luce delle novità scientifiche sopradescritte, ha portato, alla strutturazione di attività-gioco da spendere concretamente nei due ordini di scuola e a disposizione di tutti. • Il percorso con i bambini ha beneficiato e beneficia tutt’ora delle attività progettate dagli insegnanti dei due ordini di scuola e di un clima più sereno all’interno delle sezioni/classi che favorisce un approccio piacevole con la matematica. Il percorso, monitorato nel corso dell’anno scolastico, permette di prevedere eventuali percorsi di potenziamento per tutti quei bambini che per diversi motivi (tempi, stili cognitivi...), nonostante le esperienze ludiche ed esperienziali proposte, non dovessero aver raggiunto le competenze previste. Si tratta allora di strutturare laboratori di potenziamento organizzati per piccoli gruppi che, muovendo dalla “Zona di sviluppo prossimale” permettono al bambino di apprendere attraverso l’aiuto di altre persone, che siano adulti o dei pari ma con un livello di competenza maggiore “Vygotsky”. Il progetto vede ormai da tre anni “Saltare tra i numeri” docenti e bambini dei due ordini di scuola che gradualmente hanno imparato a confrontarsi e a procedere nel percorso di inse-

gnamento/apprendimento attraverso la rilevazione dei bisogni reali nell’ottica di una più vera Continuità tra ordini di scuola. L’inizio ci ha viste sperimentare percorsi relativi al numero e alla quantità nelle due sezioni di appartenenza, oggi, grazie alla Formazione fatta agli insegnanti e ai risultati ottenuti con i bambini (tutti documentati), l’intero Circolo si muove con discreta autonomia e si ritrova periodicamente a confrontarsi con la nostra supervisione; un’innovazione nella formazione, che ha visto cambiare il rapporto tra insegnanti e bambini.

Si tratta di strutturare laboratori di potenziamento, organizzati per piccoli gruppi che... permettono al bambino di apprendere...

Summary Colleagues report different experiments conducted with children to hone in on skills using numbers and their function. Interesting stimulating environments offered taking into account motor, sensory-perceptual, verbal and creative aspects. In their work, they also show a summary of how they conducted the project, part of which was addressed to teachers.

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Prevenire i disturbi specifici dell’apprendimento dalla teoria alla pratica educativa di Alba Passarella

Cronaca di un evento

Presso la sala Consigliare del Castello Visconteo di Abbiategrasso, il 19 maggio 2015, si è tenuto un evento insolito ed importante: “Le azioni di prevenzione dei Disturbi Specifici dell’Apprendimento, nella realtà dell’I.C.S. Tiziano Terzani”. Insolito, perché sono rare le occasioni in cui l’istituzione scolastica si mette in gioco sul territorio, esponendo e discutendo con i presenti delle proprie attività; importante, perché sono poche le occasioni in cui si parla di prevenzione, sostenuti dalla presenza di professionisti e istituzioni locali. Presenti docenti di ogni ordine e grado dell’ICS T. Terzani, la Dirigente Scolastica Dr.ssa Maria Giaele Infantino, docenti di altre scuole, genitori, rappresentanti di associazioni e i professionisti: Dr.ssa Ilaria Campiotti, psicologa e psicoterapeuta, Dr. Luigi Fioravanti neuropsichiatra infantile presso la locale NPI e la dr.ssa Alba Passarella, nella doppia veste di docente e Pedagogista Clinico® ANPEC. Dopo aver dato il benvenuto ai presenti, sottolineando come questo sia il primo vero evento che ha coinvolto insieme tutti i docenti del neonato ICS Terzani, la Dr.ssa Infantino ha lasciato spazio alla dr.ssa Ilaria Campiotti, che ha definito cos’è un

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DSA e quale sia l’iter per la diagnosi, evidenziando come non sia messa in discussione l’intelligenza del soggetto ma il funzionamento di alcuni meccanismi. Le docenti Sgarella Annarosa e Elena Olivari hanno offerto una panoramica del protocollo d’accoglienza dei DSA presso l’ICS Terzani e quali azioni concrete vengano realizzate per effetto della Legge 170/2010. Il Dr. Fioravanti ha contribuito a chiarire quali criteri e tempi di osservazione siano dovuti ed indispensabili, prima di porre una qualunque diagnosi, sottolineando in conclusione come opportune stimolazioni possano realmente contribuire a contenere alcune difficoltà. Da qui l’attenzione si è spostata verso i progetti realizzati presso le scuole dell’infanzia di via Galimberti e di Cassinetta di Lugagnano, nati dalla proposta della NPI; il docente Belfiore Giovanni ha descritto il laboratorio di Metalinguistica e la collega Cinzia Vismara ha portato la testimonianza del primo anno di sperimentazione del progetto Meta-mate, rispettivamente orientati a supportare le difficoltà legate al linguaggio e alla matematica. L’ultimo percorso di prevenzione dei DSA di cui si è trattato è quello dei “Corpi in ascolto”, ideato, realizzato e verificato dal 2011, presso la

scuola Cesare Scurati, dalla docente e Pedagogista Clinico ANPEC, Alba Passarella.

“...ha contribuito a chiarire quali criteri e tempi di osservazione siano dovuti ed indispensabili ,...sottolineando come opportune stimolazioni possano realmente contribuire a contenere alcune difficoltà”.


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Le immagini mostrate alla platea, hanno evidenziato come un lavoro di esperienza corporea costante e frequente, condotto con le competenze del Pedagogista Clinico, unite all’esperienza nella scuola dell’infanzia, possa, nel giro di un solo mese, modificare in modo determinante la percezione del proprio sé corporeo. La ricaduta formativa, educativa e didattica viene poi rinforzata presso le singole sezioni, perché questo percorso, come ogni altra azione a Legge 170, realizzata nell’ICS Terzani, viene realizzata in continuità con i docenti e le famiglie. Il percorso “Corpi in ascolto” è nato in realtà dalla lettura di bisogni emergenti di contenimento emotivo e di rispetto delle regole, diversi quindi dalla prevenzione dei DSA; l’idea semplice è stata quella di migliorare la percezione del proprio corpo, per coglierne i confini: elemento indispensabile per rispettare i limiti posti dalla vita nella scuola dell’infanzia e per iniziare a contenere le reazioni emotive eccessive. Obiettivi tutti centrati ma i risultati sono andati oltre le aspettative, come le immagini mostrano. Così negli anni successivi, ho modificato, verificato e modellato un percorso di 8 incontri, che stimola la propriocezione corporea con fini di prevenzione dei DSA. I bambini vivono una modalità di relazione diversa dal consueto, in cui trovano ampio spazio esperienze di silenzio e d’ascolto dei messaggi che giungono dal proprio corpo. Il lavoro in un piccolo gruppo di circa

“I bambini vivono una modalità di relazione in cui trovano ampio spazio esperienze di silenzio e d’ascolto dei messaggi che giungono dal proprio corpo”. 10/12 bambini, garantisce la mia attenzione massima ad ogni soggetto presente. Promuovendo esperienze di esplorazione dello spazio esterno, messo in relazione col proprio corpo e il proprio movimento, di distensione, di dinamismo respiratorio, di stimolazione uditiva, visiva e immaginativa, viene offerta ai bambini la possibilità di sostare in

ascolto di sé stessi. Tutto ciò apre spazi di crescita che provano a cogliere zone prossime allo sviluppo, contribuiscono a rinforzare apprendimenti ancora non consolidati e rendono il bambino/a sempre più consapevole di sé. Determinanti per il buon esito del percorso sono la frequenza e la costanza delle proposte: due volte a settimana, offrono la concreta possibilità di incidere in modo significativo. Concludo il mio intervento con questa considerazione, condivisa dai docenti e dagli specialisti presenti: “Le testimonianze grafiche del percorso e le verifiche effettuate, non possono certo e non sono tese a validare in questa sede, da un punto di vista quantitativo, i corpi in ascolto come un «metodo» vero e proprio; tuttavia, da un punto di vista qualitativo, l’esperienza di questo percorso desta un certo interesse e testimonia ulteriormente la validità dell’approccio Pedagogico Clinico anche nelle azioni di prevenzione dei DSA”. Un breve dibattito ha preceduto l’aperitivo di saluto, in cui è nata la speranza che quest’evento non resti un “caso” isolato, ma si aprano occasioni di confronto in sinergia fra gli operatori del territorio, sul tema della prevenzione, ad Abbiategrasso come in ogni altra città.

Summary We received news of an event from Alba Passerella. The event on “Preventing Specific Learning Disorders” was an exchange of opinions between different training and educational specialists. In particular, Passerella provides us with a description of her contribution.

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L’arte di concentrarsi di Claudio Rao

Daniel Goleman è un nome noto a chi è impeganto nelle professioni di aiuto alla persona. Il suo concetto di «intelligenza emozionale» ha avuto un successo inaspettato negli anni Novanta del secolo scorso. Quando era ancora adolescente, il futuro psicologo e saggista, studiava ascoltando le musiche dei Belà Bartok. Diventato giornalista al New York Times, lavorava in una redazione con un via-vai permanente. Queste esperienze gli hanno insegnato a concentrarsi, focalizzando la propria attenzione sulla propria attività. Una capacità attentiva che si è formata ed allenata nel corso del tempo. Tali vissuti, maturati, rielaborati e nutriti da studî e formazioni hanno certamente contribuito al suo nuovo libro dal titolo «Focus - Attenzione e concentrazione: le chiavi della riuscita». Noi siamo continuamente bersagliati da migliaia d’informazioni: tattili, visive uditive, gustative (dai rumori accidentali alla sensazione di caldo o di freddo a quella della lingua che tocca il palato). Informazioni che tuttavia riusciamo ad ignorare efficacemente. L’attenzione selettiva, la concentrazione ci permette di focalizzarci solo su una parte di queste informazioni e a mettere il resto in stand by. Il giornalista che redige un articolo o lo studente che segue un corso in facoltà sanno mettere provvisoria-

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mente tra parentesi il mondo esterno per concentrarsi sulla lezione o sulla articolazione delle riflessioni da sviluppare. Com’è noto, tuttavia, questa capacità di concentrazione è limitata

…concentrarsi sulla articolazione delle riflessioni da sviluppare

nel tempo. Alcuni studî mostrano come un lettore si perda nei suoi pensieri per una media che va dal 20 al 40 % del tempo. Un vagabondare mentale che puo’ disturbare non poco l’apprendimento, la riflessione o semplicemente la progettazione di attività lavorative o familiari. Con un’aggravante: il mondo moderno non sembra affatto favorire né incoraggiare la concentrazione. Pensiamo agli SMS, a Facebook e a tutti i mezzi per una comunicazione veloce, immediata e permanente con chiunque, sempre e dovunque. L’adolescente americano medio scrive e riceve più di cento SMS al giorno... una decina all’ora (se togliamo le ore di sonno). Ma gli adolescenti non sono gli


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unici a servirsene. Goleman riferisce che un’amica dell’editoria gli ha confessato di avere la necessità di consultare continuamente il proprio telefonino; una vera e propria dipendenza che le impedisce un minimo di autonomia e di concentrazione. Le difficoltà di attenzione e di concentrazione (TDA, « trouble déficitaire de l’attention »; classificate come « turbe cognitive ») stanno diventando un vero problema sociale. Il nostro autore tuttavia sembra ottimista. E ricorda che l’attenzione si può allenare. Egli inizia col soffermarsi sui diversi tipi di attenzione come la focalizzazione esterna, la focalizzazione interna e la focalizzazione verso l’altro. In realtà, precisa, quella che normalmente chiamiamo attenzione è la «focalizzazione esterna», infatti l'attenzione è chiamata a concentrarsi su un oggetto preciso: un compito da svolgere, una conferenza da seguire... Questo lo si può fare concentrandosi su un particolare, su un insieme di cose o sulle relazioni tra aspetti diversi. Prendiamo l’esempio di un gatto che vede qualcosa che si muove nell’erba. Fino a qualche secondo prima percorreva il suo territorio con un’attenzione viva ma generalizzata. Poi, immediatamente, fissa la sua attenzione sulla possibile preda! Passa cioè dall’attenzione «esplorativa» all’attenzione «focalizzata», due forme di attenzione. È importante imparare a passare da una forma di attenzione all'altra,

“Le difficoltà di attenzione e di concentrazione stanno diventando un vero problema sociale”. sviluppando una certa elasticità attentiva. La «focalizzazione interna» corrisponde alla coscienza di sé. Ciò che ci connette alle nostre intuizioni e ci suffraga nelle decisioni. La «focalizzazione sull’altro» è l'empatia. Che fa parte dell'equipaggiamento mentale indispensabile nella gestione delle relazioni con l’alterità. Il nostro autore ci offre anche qualche lezione pratica. La prima è quella di prendere provvisoriamente le distanze dal nostro universo virtuale. Come la signora che de-

cide, una volta rientrata a casa, di mettere il proprio cellulare in un cassetto per evitare di consultarlo continuamente. Goleman riprende altresì alcune tecniche legate alla meditazione: osservare i proprî pensieri e le proprie emozioni per imparare a conoscerle e dominarle. Per esempio, concentrarsi su un oggetto o una sensazione (dalla propria respirazione al sapore di un frutto) e, quando l’attenzione scema, riprendere la propria concentrazione dall’inizio. Insomma, una forma di allenamento sportivo applicato allo spirito umano. E come nello sport, con l’esercizio, assicura il nostro autore, le capacità attentive migliorano. Allenandosi in questa direzione, su un oggetto, su un’altra persona, sui processi mentali, alternando l’attenzione ai particolari con quella d’insieme, si arriva ad acquisire un buon livello attentivo globale che è la chiave (o una delle chiavi) della riuscita. « Focus » è un libro intrigante e ricco di spunti individuali e professionali che non lasciano indifferenti neppure gli insegnanti, confrontati come sono alle carenze attentive e di concentrazione di allievi sempre più tecnologici ma, almeno da questo punto di vista, sempre meno allenati.

Summary The colleague Claudio Rao, fascinated by Goleman, illustrated some aspects supported by the latter, on the art of focusing. This provides guidance on how to achieve this objective in order to ensure exploratory focus.

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PROGETTO “Spazio di ascolto pedagogico clinico” in collaborazione con il Comune di Pineto Servizio condotto dalla dott.ssa Chiara Miccadei, Pedagogista Clinico

Cos’è lo spazio di ascolto pedagogico clinico

È un servizio di incontro e consulenza, gratuito, aperto al territorio comunale, a cui possono rivolgersi ragazzi, genitori, insegnanti, educatori che a vario titolo si occupano di educazione e cura della persona, che sentono il bisogno di ascolto e confronto su problematiche educative e didattiche. A loro disposizione una figura professionale specializzata: il Pedagogista Clinico. Finalità dello spazio di ascolto pedagogico clinico

Offre opportunità di scambio, aiuto e supporto agli studenti che vivono situazioni di disagio emotivo, motivazionale, relazionale o scolastico, e ai genitori, sostegno e consulenza per affrontare gli interrogativi e le incertezze, anche transitorie, che si vivono quotidianamente nei rapporti con i propri figli. Costituisce per gli insegnanti un luogo qualificato di confronto e mediazione con riferimento alle criticità che il ruolo professionale comporta, al fine di condividere esperienze e punti di vista con l’obiettivo di facilitare la vita scolastica dei propri studenti. Un’area in cui aiutare ad individuare strategie e strumenti specifici, strutturare e sostenere gli interventi dei docenti e le competenze dei bambini con difficoltà specifiche definite dalla Direttiva Ministeriale 27/12/2012 in materia di BES, la quale suddivide l’area dei Bisogni Educativi Speciali in tre sotto categorie: • Disabilità (tutelata dalla L. 104/92); • Disturbi Evolutivi Specifici (DSA (L.170/2010), ADHD, Funzionamento cognitivo al limite, Deficit linguaggio, abilità non verbali, coordinazione motoria); • Svantaggio socio economico, linguistico, culturale, familiare, relazionale& • L’attivazione del Servizio, in collaborazione con il Comune di Pineto e con l’Istituto Comprensivo Calvano permetterà di approfondire la conoscenza del territorio e quindi di: • Monitorarne bisogni e risorse; • Sostenere e partecipare attivamente alla rete con i servizi socio-sanitari ed educativi presenti nel territorio comunale; • Promuovere iniziative che facilitino la comunicazione fra i servizi, istituzioni che si occupano di infanzia e adolescenza, famiglia e comunità locale; • Avviare azioni di prevenzione primaria del disagio; • Orientare, in caso di difficoltà specifiche, ai Servizi competenti. Lo Spazio di Ascolto è sostenuto dall’approvazione da parte del Consiglio Regionale Abruzzo del progetto di legge 136/2015 recante “Disposizioni in favore dei soggetti con DSA”, fondamentale sarà la presenza, all’interno degli Istituti scolastici, del Pedagogista Clinico come esperto che avrà il compito della formazione dei docenti, della preparazione dei test, nonché della pianificazione dei piani di studio personalizzati per i discenti con disturbo dell’apprendimento nella fase successiva alla diagnosi.

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Congressi, convegni, seminari, incontri… Firenze

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lagalli di Castel Maggiore, e organizzati dall’Unione Reno Galliera e dalla Città di Castel Maggiore in collaborazione con Conform, la collega Arianna Albertarelli è intervenuta su L’incubo dei compiti: motivazione, emozioni, autonomia. Badia al Pino (Ar) Presso l’auditorium dell’Istituto Comprensivo Martiri di Civitella, di intesa e in collaborazione con il Comune di Civitella e il Provveditorato agli Studi di Arezzo, si è tenuto il Seminario su Life Skills education, moderatore la dr.ssa Manuela Carboni pedagogista clinico.

Emanuela Ciotola, Flora Fontana, pedagogiste cliniche, e Sara Avellini, psicomotricista funzionale, in occasione delle Serate Informative tenute presso il Centro Sinergie, sono intervenute su: Aprirsi al cambiamento -L’intervento di aiuto nelle difficoltà ad apprendere. L’incontro è stato seguito da un pubblico attento e interessato a recepire nuovi orientamenti metodologici per fronteggiare difficoltà e disagi. Catanzaro

La collega Liliana Guarna ha tenuto un corso di formazione ai docenti dell’Istituto Comprensivo Mattia Preti di Catanzaro, su: Disagio scolastico e BES: nuove sfide per la scuola. L’esposizione teorica e le esemplificazioni pratiche sono state assai apprezzate per aver prodotto stimoli al superamento di inadeguatezze e una significativa crescita individuale e gruppale. L’eco positivo è stata raccolta dalla stampa e enfatizzata con un articolo sul giornale Catanzaro Informa. Gaeta In occasione del Mese della prevenzione del tumore al seno, organizzato dall’Associazione Raggio di Sole, con il patrocinio della LILT Lega Italiana Lotta contro i Tumori e del Collegio Provinciale delle ostetriche di Latina, la dr.ssa Carla Martone ha tenuto presso il Centro Dantian di Gaeta un incontro su: Percepirsi per conoscersi, dando l’opportunità agli intervenuti di sperimentare esperienze di auto-percezione e distensione.

Castel Maggiore (Bo) In occasione del ciclo di incontri sull’adolescenza Verso l’autonomia... tenuti nell’Aula Magna Scuola Donnini-Pe-

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Pontecagnano Faiano (Sa) La dott.ssa Anna Maria Pingaro, pedagogista clinico, ha aperto uno Sportello di Ascolto presso l’Istituto Comprensivo in Pontecagnano Faiano per alunni, genitori, famiglie e insegnanti. Fanno parte del Comprensivo la Scuola dell’Infanzia “Raggio di Sole”, la Scuola Primaria “G. Perlasca” e la Scuola Secondaria di 1° Grado “Picentia”. Rufina (Fi) D’intesa e in collaborazione con il Comune di Rufina la dott.ssa Flora Fontana sostiene il progetto Mettersi in gioco-La Pedagogia Clinica in aiuto alla persona nella pratica sportiva. Un progetto educativo per chi fa sport, lo insegna, lo promuove e lo vive. Il Progetto è stato presentato presso il CIAF- Centro Infanzia Adolescenza e Famiglia. Presenti, oltre alla collega Fontana, le colleghe Monica Maressi, Rosa Marotta, Giuseppina Pascucci, Giulia Pucci, Vania Rigoni e Fulvia Tommasi. Reggio Calabria Siglata l’intesa tra l’Istituto Comprensivo “San Sperato-Cardeto” e l’Associazione Nazionale Pedagogisti Clinici Calabria relativo ad un patto di collaborazione educativa, al fine di perseguire una concreta politica di inclusione ed integrazione di alunni con Bisogni Educativi Speciali, attraverso corsi di formazione ai docenti e spazi educativi dedicati alle famiglie.

Bucine (Ar) Presso il Teatro Comunale di Bucine le colleghe Rosa Marotta e Barbara Petrucci sono state protagoniste del Progetto Donne/madri nella disabilità che ha avuto i patrocini, tra gli altri, della Regione Toscana e del Comune di Bucine. L’Onda è stata la loro performance, il loro racconto drammaturgico messo in scena, ispirato a testimonianze autobiografiche, sostenuto dal principio che il dolore è ancora più dolore se tace.

Montevarchi È stato attivato presso la scuola secondaria di primo grado Istituto Comprensivo R. Magiotti lo Sportello d’ascolto te-


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nuto dalle pedagogiste cliniche Rosa Marotta e Barbara Petrucci e rivolto ad alunni, insegnanti e genitori per favorire lo scambio efficace e costruttivo tra alunno, scuola e famiglia. Monte di Procida Il Comune di Monte di Procida, l’Associazione Disturbi dell’Apprendimento e l’ANPEC hanno patrocinato a Monte di Procida il Seminario su: DSA e Scuola. Tra i relatori la collega dott.ssa Velia di Renzo.

Marano L’ANPEC Veneto, con il riconoscimento dell’Ufficio Scolastico Regionale del Veneto e del Comune di Marano Vicentino ha tenuto il Corso di formazione intensivo per insegnanti della Scuola Primaria, su: Dalla libertà del corpo alla libertà del foglio - Un nuovo approccio alla codifica e decodifica scrittoria per affrontare le difficoltà di lettura e di scrittura degli alunni. Cesena

L’ANPEC, il Comune di Cesena e la Biblioteca Malatestiana hanno organizzato in Cesena, nella bellissima cornice della Biblioteca, dei pomeriggi su: Incontriamo la Pedagogia Clinica. Gli incontri sono stati presentati dal collega Corrado Ciccarese; coinvolti come relatori i professori Guido Pesci e Marta Mani, Gerardo Pistillo e Alessandra Perri. Catania La Scuola dell’Infanzia Paritaria “Villa Felice” in collaborazione con l’ANPEC Regione Sicilia ha organizzato un incontro rivolto ai genitori sul tema: L’importanza di una genitorialità consapevole. L’incontro è stato condotto dalla collega Aurelia Billa. Giulianova “Zerosei in costruzione” è il titolo di un evento tenuto a Palazzo Kursaal della Città di Giulianova, patrocinato da FLC CGIL Abruzzo e Gruppo Nazionale Nidi e Infanzia a cui ha partecipato la collega Chiara Miccadei, pedagogista clinico direttore ANPEC Abruzzo, con una relazione su “Il percorso zerosei - il bambino protagonista: potenzialità, limiti, bisogni”. Sovigliana-Vinci Organizzato dal Comune di Sovigliana Vinci, dalla Biblioteca dei Ragazzi e PromoCultura, si è tenuto, presso la Biblioteca di Villa Reghini un incontro su: Disturbi

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Specifici dell’Apprendimento e Bisogni Educativi Speciali, condotto da Celenia Ciampa, pedagogista clinico.

Aprilia Con il patrocinio del Comune di Aprilia e dell’ANPEC, si è tenuto presso la Biblioteca Comunale Sala Manzù di Aprilia, un seminario su: Nutrire la persona per il suo benessere. Introdotti dall’Assessore alla P.I. del Comune di Aprilia, si sono espressi specialisti di diversa formazione e, in rappresentanza dei pedagogisti clinici era presente la collega Stefania Selvaggio e dei reflector Alessandra Perri.

Pineto In collaborazione con il Comune di Pineto è stato attivato lo Spazio di ascolto pedagogico clinico condotto dalla collega Chiara Miccadei direttore regionale ANPEC Abruzzo. Un servizio tutelato dalla Legge Regione Abruzzo 136/2015 recante “Disposizioni in favore dei soggetti con DSA, in cui fondamentale sarà la presenza all’interno degli istituti scolastici del Pedagogista Clinico come esperto…”. Monte di Procida L’Associazione “La Mano Franca di Pippo Coppola ONLUS” di Monte di Procida ha organizzato l’evento “Ciao ragazzi... ricordando Pippo Coppola”. Un evento rivolto al tema di sensibilizzazione sociale per il futuro dei giovani, a cui ha partecipato la collega Velia Renzo con la relazione su “Disturbo Specifico dell’Apprendimento: Conoscere, Riconoscere e Intervenire”. Pordenone A Pordenone, presso la Galleria Pizzinato, si è tenuto il convegno “Una valigia di colori - L’integrazione della città educativa: strategie ed interventi”, a cui ha partecipato la collega Francesca Bertoli con la relazione su “Il viaggio, la separazione, l’accoglienza attraverso i disegni dei bambini neo-ricongiunti”. Ortona Workshop Giornata Studio per educatori zero-sei anni. Fra i relatori Chiara Miccadei, pedagogista clinico. Uno workshop a cui hanno partecipato tantissimi insegnanti entusiasti per i contenuti ricevuti

Potenza Al via i nuovi progetti ASP “Servizi Consultoriali per la famiglia” coordinatrice del Progetto Coop. Pegaso la pedagogista clinico Lidia Giansanti. Il progetto ha l’obiettivo di “prendersi cura” delle componenti genitoriali, delle coppie, degli adolescenti e dei bambini. Prevede percorsi in grado di offrire risposte idonee a chi desidera e cerca un benessere proprio e dei legami familiari durante i diversi momenti e cambiamenti della vita.

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GAZZETTA DEL SUD

NE HANNO PARLATO

www.clinicalpedagogy.com/convegno-bisogni-educativi-speciali-reggio-calabria www.nuovafismrc.it/.../188-convegno-pedagogico-–-reggio-calabria,-03... www.ordascalabria.it www.ordascalabria.it/.../2015/locandina_ convegno_reggio_calabria_031... www.strettoweb.com/2015/.../reggio...3-ottobre...convegno...bisogni-ed... www.strettoweb.com/2015/.../bisogni-educativi-speciali-lalunno-al-centr... www.iccatanosodegasperi.gov.it/.../Convegno%20Bisogni%20 Educativi... www.scuoladicropani.it/.../2015/.../anpec-calabria-–-convegno-regionale... www.strill.it/.../2015/.../reggio-convegno-nazionale-anpec-bisogni-educa... www.infohandicap.org/infohandicap/evento.jsp?idEvento=9441 www.reggioquartieri.it › News › Provincia Rc www.ardorescuola.gov.it/wordpress/wp.../2015/10/Convegno-Anpec.pdf www.reggiotv.it/.../bes-bisogni-educativi-speciali-al-centro-convegno-an... www.csvrc.it/area.../31-2015?...4135%3Aconvegno-lalunno-al-centro... guidopesci.it/2015-2/ www.istitutocutulikr.it/attachments/article/631/CVTemplate_it_IT.pdf 247.libero.it/.../bisogni-educativi-speciali-l-alunno-al-centro-al-liceo-vin... ntdlazio.blogspot.com/2015/09/reggio-calabria-bisogni-educativi.html it facebook.com › ... › Organizzazione no profit –it https://www.reggioquartieri.it/

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REGGIO QUARTIERI Bisogni Educativi Speciali “l’alunno al centro” Presso l’Auditorium “Nicola Lipari” del Consiglio Regionale della Calabria, si è tenuto il convegno sui BES (acronimo di Bisogni Educativi Speciali) indetto dall’Anpec, nonché l’Associazione Nazionale Pedagogisti Clinici La cerimonia è stata presieduta dalla Prof. ssa Giuseppina Princi, dirigente scolastica e formatrice MIUR, mentre l’apertura dei lavori è stata ufficializzata dalla Dott. ssa Francesca Cartellà (Direttore Anpec Regione Calabria). Successivamente il seminario si è indirizzato rispettivamente verso due momenti salienti ovvero: il saluto delle Autorità presenti in Aula, tra cui meritano di essere menzionati il Dott. Giuseppe Raffa (Presidente dell’Amministrazione Provinciale di Reggio Calabria), la Dott.ssa Mirella Nappa, Dirigente Ufficio IV° Ambito Territoriale di R.C (MIUR) ecc.., e sull’importante intervento dei numerosi relatori, che hanno preso parte all’iniziativa, fornendo un valido contributo inerente al tema trattato (BES.) Entrando nel vivo del convegno è possibile affermare che protagonisti indiscussi dello stesso sono stati: l’esplicazione del concetto di Pedagogia Clinica e la valorizzazione dei Bisogni Educativi Speciali dell’alunno (...).

QUOTIDIANO DEL SUD

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LA VOCE

Suor Michela Carrozzino presenta agli esperti il progetto di Djibouti

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CATANZARO INFORMA

Domenica 01 Febbraio 2015 Inizierà domani presso l’Istituto Comprensivo Mattia Preti diretto da Antonio Cariati, il corso di formazione sul disagio scolastico e i “B.E.S.” (Bisogni educativi speciali) rivolto ai docenti e tenuto da Liliana Guarna, pedagogista clinico esperta nel settore. Il corso ha come tema centrale le difficoltà e i disturbi specifici dell’apprendimento, che rappresentano oggi una problematica riconosciuta dallo stato (Legge 170 per il riconoscimento dei DSA e riconoscimento dei BES attraverso la C.M. n.8 marzo 2013), problematica che tutte le scuole si trovano ad affrontare, supportate dalle apposite linee guida a tema per tutti gli ordini e i gradi delle istituzioni scolastiche. Oggi le statistiche riconoscono un incremento di questi disturbi pari al 3% nell’ambito della popolazione scolastica, dato addirittura in aumento nell’arco di questi ultimi anni. Il ministero fornisce linee guida per l’attuazione di piani d’intervento inclusivi e per l’adozione di misure compensative e dispensative. Nell’ottica di un piano inclusivo e di un approccio specialistico per la risoluzione del disagio e per il supporto agli alunni, tale corso aggiunge la forza e la motivazione principe di questo percorso, che si sviluppa sulla base delle metodologie della Pedagogia Clinica, modalità di esperienze atte alla crescita olistica e globale dell’essere umano. L’importanza di organizzare interventi d’aiuto volti agli alunni con OSA e BES dell’istituto Mattia Preti, nasce dall’esigenza di riportare in primo piano un’educazione che possa essere uno stimolo alla crescita, in particolare per quegli studenti che riportano difficoltà dell’apprendimento per svariati motivi. In primo piano si pone l’armonia con cui la persona vive i propri sentimenti, i propri bisogni, i propri impulsi e ogni distorsione e soffocamento della crescita psicologica, che ha minato la fiducia di base. Attraverso i metodi e gli strumenti della pedagogia clinica si attuano interventi che partono dall’esperienza e dalla valorizzazione individuale, volti a far raggiungere e garantire alla persona equilibrio e fungere da stimolo per il superamento di inadeguatezze (difficoltà con il proprio sé corporeo e psichico, difficoltà emotivo-relaz ionali, difficoltà nella comunicazione e nell’iterazione sociale), e si sviluppano successivamente nell’esperienza di gruppo, in grado di offrire forme di aiuto attraverso rapproccio socio-relaziona le. Lo scopo fondamenta le del corso è supportare i docenti e far loro acquisire competenze e strumenti per sostenere adeguatamente gli alunni che nel loro percorso scolastico hanno evidenziato svariate difficoltà e che pertanto, come da legislazione, vengono considerati alunni con Bisogni Educativi Speciali. Obiettivi - Promuovere la crescita degli alunni attraverso attività che stimolano il risveglio del singolo (interventi di psico-motricità, lettura cromatica, sviluppo delle abilità oculomotorie, oculo-manuali, ritmo-foniche e respiratorio-cinetiche ecc..) e guidano nel percorso che porta a delineare e promuovere la “PERSONA”.

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Echi della stampa IL CENTRO

QUOTIDIANO DI SICILIA

STARBENE Nell’articolo si leggono pareri di più specialisti a confronto sul tema: I nostri bambini sono troppo protetti? La collega Vania Rigoni si pronuncia su come la fantasia li allena al cambiamento.

GAZZETTA DEL SUD CUNEO SETTE

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Simone Pesci

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Scrittura

Strategie di intervento

Novità

Il momento conoscitivo

In questa opera l’Autore presenta le linee orientative con cui il Pedagogista in Aiuto alla Persona conduce, con modalità educative rivolte alla globalità dell’individuo, la Verifica delle Potenzialità Abilità e Disponibilità (PAD) che si traduce nel momento conoscitivo della persona, dall’accoglienza al contratto, nei processi di Analisi Storica Personale, realizzati in una relazione interpersonale condotta con i criteri del Colloquio Storico Personale e nell’analisi delle Autonomie e della Coscienza di Sé, al fine di promuovere il processo di sviluppo delle risorse ed estendere le capacità individuali e sociali. Differenziandosi dai criteri diagnostici sanitari, dalle definizioni classificatorie e quantizzanti, dall’identificazione del deficit, dal “caso” o dal “paziente” e dagli interventi conseguenti condotti con principi correttivo-curativi della “ri-abilitazione”, della “ri-educazione” Metodo Writing Codex® e della “terapia”, l’intervento educativo specialistico del Pedagogista in Aiuto alla Persona si profila dalla Verifica delle PAD e si appella ad esperienze condotte in un clima simpatetico di intese per conoscere ed accompagnare la persona alla crescita e facilitarne il benessere. Guido Pesci, pedagogista clinico, psicologo, psicoterapeuta, psicomotricista funzionale, reflector, giornalista pubblicista, già docente di Pedagogia Speciale all’Università di Siena. Direttore scientifico dell’ISFAR-Formazione Post-Universitaria delle Professioni. Presidente ANPEC-Associazione Nazionale Pedagogisti Clinici e presidente della SINPE-Società Nazionale Pedagogisti. Membro del consiglio direttivo dell’ASPIF-Associazione Psicomotricisti Funzionali e del consiglio direttivo della SIR-Società Internazionale di Reflecting. Direttore della rivista “Pedagogia clinicaPedagogisti clinici” e membro del comitato scientifico della rivista “Nuovi Orizzonti”.

PEDAGOGIA In AIUtO AllA PErSOnA

Pedagogia in Aiuto alla Persona Il momento conoscitivo

Guido Pesci

Anna Pesci - Guido Pesci

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Lapo Zoccolini, psicomotricista funzionale, laureato in Scienze e tecniche di psicologia clinica e di comunità, docente presso l’ISFAR-Formazione Post-Universitaria delle Professioni. Trainer e collaboratore presso enti e istituzioni pubbliche e private di area educativa e socio-sanitaria. Svolge la libera professione presso il Centro Kromos di Firenze.

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Linguaggio verbale e tonematico nel principio sistemico

LiNGuAGGio

Guido Pesci, psicomotricista funzionale, didatta formatore riconosciuto con atto olografo da Jean Le Boulch, psicologo, psicoterapeuta, pedagogista clinico, reflector, giornalista pubblicista, già docente Università degli Studi di Siena. Direttore scientifico dell’ISFAR® - Formazione Post-Universitaria delle Professioni®, direttore scientifico della “Scuola Jean Le Boulch”, membro del consiglio direttivo dell’ASPIF (Associazione Psicomotricisti Funzionali), presidente dell’ANPEC (Associazione Nazionale Pedagogisti Clinici), membro del consiglio direttivo della SIR (Società Internazionale di Reflecting). Direttore della rivista Pedagogia clinica-Pedagogisti clinici e membro del comitato scientifico della rivista Nuovi Orizzonti.

Il presente lavoro è il risultato di un’approfondita ricerca sul processo di sviluppo del linguaggio verbale e sulle possibili difficoltà espressivo elocutorie che, se presenti, possono ostacolare l’estensione cooperativa della comunicazione. Una prospettiva da cui gli Autori hanno tratto stimoli e orientamenti per strutturare metodi la cui utilità serve a soddisfare gli specifici bisogni individuali con modalità educative. I quattro metodi che vengono presentati nell’opera si basano su significativi principi e impegni operativi in cui la persona è protagonista, capaci di sviluppare attitudini individuali o gruppali per l’espansione del processo espositivo elocutorio. Le esperienze educative sono orientate allo sviluppo di suoni e fonemi energizzati da ritmi che sincronizzano il flusso della parola, vissuti che perseguono lo scopo di affinare le abilità vibrazionali della respirazione e della voce, altri che si affidano al suono, corredato e rinforzato da sequenze cinestetiche e drammatizzazioni sceniche, oltre che esperienze durante le interazioni che si concretizzano nell’agito, nell’esprimersi facendo. Modalità affidate ad un approccio globale inserito in un sistema interattivo connotato dal piacere della scoperta, della motivazione e Educazione dell’espressione elocutoria in Psicomotricità funzionale dell’intenzionalità, in un soddisfacente clima simpatetico.

strategie di intervento

Opera di due specialisti che illustrano una metodologia particolare e forniscono la basi per chi intende studiare e praticare la psicomotricità funzionale con l’intento di ripristinare nell’individuo abilità espressivo elocutorie. Una opportunità unica per seguire, momento per momento, la tecnica di intervento con commenti e chiarimenti che accompagnano la trascrizione e mettono in chiara luce le strategie e i meccanismi utilizzati nella pratica. Rivolti all’esperienza, ma anche consapevoli di arrivare a concettualizzazioni più ampie e comprensive, gli autori, hanno sistematizzato ed esposto, con una presentazione viva e attuale, le esperienze che loro stessi hanno condotto come fondamento per il lavoro pedagogico orientato allo sviluppo delle abilità espressive verbali da utilizzare, con approccio sistemico in psicomotricità funzionale.

ANNA Pesci - Guido Pesci

Printed in Italy: Professional Dtp Venanzoni via C. D’Angiò 59/27 Firenze

Norme generali Tutto quanto è pubblicato è di proprietà della rivista e ne è vietata la riproduzione anche parziale senza l’autorizzazione della Direzione e senza citarne le fonti.

Marta Mani

GUIDO PESCI

Traduzione a cura di Francesca Martini

Musicopedagogia® Metodo ausiliario della Pedagogia in aiuto alla Persona

(IVA INCLUSA)

LInGUaGGIO VERBaLE E TOnEMaTICO

Progetto grafico Senza Filtro Firenze

Norme per i collaboratori della rivista Chi volesse sottoporre articoli per eventuali pubblicazioni può inviare i testi, registrati su cd-rom, alla redazione, oppure via e-mail al nostro indirizzo. I contenuti degli articoli pubblicati riguardano le opinioni di chi scrive, gli Autori rispondono perciò della originalità e pubblicabilità dei lavori. Il materiale inviato non viene restituito. La pubblicazione degli articoli non prevede alcuna forma di retribuzione.

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(IVA INCLUSA)

Educaxzione dell’espressione elocutoria in Psicomotricità funzionale

Web: www.pedagogiaclinica.com www.clinicalpedagogy.com www.pedagogisticlinici.com www.isfar-firenze.it isfar.firenze

Guido Pesci - Paola Ricci

GUIDO PESCI - LaPO ZOCCOLInI

E-mail: info@isfar-firenze.it

Gli abbonati sono vivamente pregati di comunicare i cambiamenti e le variazioni di indirizzo. Non saranno sostituiti i numeri andati smarriti per mancata comunicazione di cambi di indirizzo. Gli abbonati sono anche pregati di comunicare eventuali errori di indirizzo perchè la correzione degli stessi consenta loro di ricevere regolarmente la Rivista. L’ISFAR garantisce la massima riservatezza dei dati personali che saranno custoditi nell’archivio elettronico e non saranno oggetto di diffusione.

MUSICOPEDAGOGIA®

Tel. e Fax 055 6531816

L’abbonamento decorre dal 1° gennaio al 31 dicembre di ciascun anno, con diritto ai numeri già usciti.

Guida pratica per aiutare gli studenti in lutto

Marta Mani, pedagogista clinico, psicomotricista funzionale, reflector, docente presso l’ISFAR (Istituto Superiore Formazione Aggiornamento e Ricerca). Membro del Consiglio Direttivo Nazionale SIR (Società Internazionale di Reflecting), dell’ASPIF Associazione Psicomotricisti Funzionali) e del Comitato Scientifico e della Segreteria di Redazione delle Riviste “Pedagogia clinica-Pedagogisti clinici” e “Nuovi Orizzonti”. Svolge la sua attività di ricerca e di libera professione presso il Centro Kromos di Firenze.

Metodo ausiliario della Pedagogia in aiuto alla Persona

Direzione, Redazione, Amministrazione: ISFAR - viale Europa, 185/b 50126 Firenze

MARTA MANI

Fondatore e Direttore responsabile: Guido Pesci

Paola Ricci, psicomotricista funzionale. Docente dell’ISFAR® - Formazione PostUniversitaria delle Professioni®, didatta formatore della “Scuola Jean Le Boulch”, riconosciuto con atto olografo da Jean Le Boulch, trainer della formazione in psicomotricità funzionale di specialisti in Palestina, operatore in Ortho-Bionomy®, insegnante di danze meditative. Vicepresidente dell’ASPIF - Associazione Psicomotricisti Funzionali. Ha al suo attivo un ampio numero di relazioni in congressi e convegni orientati sui principi della psicomotricità funzionale.

Nel presente lavoro viene descritto il metodo Musicopedagogia®, strumento insostituibile e punto di riferimento e di orientamento per un’azione pedagogica in aiuto alla persona. Dimensionato su occasioni-stimolo, solo marginalmente affidate agli strumenti musicali, il metodo afferma e individua le risorse che si rintracciano nel corpo ricettivo e vibrante, nelle impressioni sonore, nei suoni vocalici, nella voce parlata e cantata. Esso, strutturato sul principio della pedagogia attiva, si propone come esempio di progettazione articolata, sostenuta da una particolare enunciazione teorica e da stimolanti esperienze; serio conMetodo ausiliario della funzionale tributo per una modernizzazione dei Psicomotricità processi di apprendimento che non trascura l’insieme delle necessità biologiche e sociali. L’autrice mette l’accento sull’importanza di partire dai bisogni della persona per sollecitare attività concretamente utili, adatte alla sua piena soddisfazione. La ricca esposizione di esperienze riportate nel libro di Mani sarà uno stimolante strumento per chiunque si interessi a integrare e migliorare le proprie capacità professionali.

Psicocontatto

PSICOCONTATTO

Editore: ISFAR srl

Guido Pesci, psicomotricista funzionale, didatta formatore riconosciuto con atto olografo da Jean Le Boulch, psicologo, psicoterapeuta, pedagogista clinico, reflector, giornalista pubblicista, già docente Università degli Studi di Siena. Direttore scientifico dell’ISFAR® - Formazione Post-Universitaria delle Professioni®, direttore scientifico della “Scuola Jean Le Boulch”, membro del consiglio direttivo dell’ASPIF (Associazione Psicomotricisti Funzionali), presidente dell’ANPEC (Associazione Nazionale Pedagogisti Clinici), membro del consiglio direttivo della SIR (Società Internazionale di Reflecting). Direttore della rivista Pedagogia clinica-Pedagogisti clinici e membro del comitato scientifico della rivista Nuovi Orizzonti.

Metodo ausiliario della Psicomotricità funzionale

Modalità di pagamento/terms of payment: - Italia: versamento sul C.C.P. n. 12709580 intestato a ISFAR srl viale Europa 185/b - 50126 Firenze - specificando la causale “Abbonamento Rivista Pedagogia Clinica” - Foreign countries: international cheque or postal money order to ISFAR srl - viale Europa, 185/b - 50126 Firenze Abbonamento 2013 (due numeri): - per l’Italia A 10 - per l’Estero A 15 Il prezzo di ogni fascicolo arretrato (fino ad esaurimento) A 7 A 10 per l’estero

Simone Pesci, Psicologo, Psicoterapeuta, Specializzato in Psicoterapia cognitivo-costruttivista presso la Scuola di Psicoterapia Cognitiva ad indirizzo costruttivista del Cesipc di Firenze, è membro del Comitato Scientifico, docente e ricercatore presso l’ISFAR Istituto Superiore Formazione Aggiornamento e Ricerca di Firenze, Direttore Responsabile della Rivista “Nuovi Orizzonti” e lavora come libero professionista presso il Centro Studi Specialistici Kromos di Firenze.

GUIDA PRATICA PER AIUTARE GLI STUDENTI IN LUTTO

Questa guida pratica intende fornire agli insegnanti conoscenze e modalità operative per aiutare gli studenti in lutto nell’elaborazione del proprio dolore. Dopo aver esaminato cosa è il lutto e quali sono le sue manifestazioni più comuni distinguendo la normale reazione alla perdita da quelle situazioni definite di lutto complicato o non risolto, viene esaminato il modo con cui il dolore derivante da una perdita viene vissuto alle diverse età, a partire dai neonati fino all’età adulta. A ciò seguono le modalità e i suggerimenti pratici per aiutare gli studenti in lutto nella loro elaborazione. Infine, dopo aver promosso considerazioni speciali e aver fatto riferimento alle morti stigmatizzate, vengono proposte attività di classe per aiutare l’elaborazione del lutto negli studenti.

Lo Psicocontatto è un metodo capace di promuovere per mezzo di stimolazioni offerte da una palla come intermediario, la soddisfazione al bisogno di raggiungere un equilibrio in un criterio di unità, un accordo tra completezza emotiva e completezza fisica, apporto e contributo esperienziale per raggiungere le sorgenti di conoscenza e di benessere e con esse tornare a vivere la vita con entusiasmo. L’azione lodevole degli autori è di avere raccolto con rigore scientifico la nuova visitazione del metodo Psicocontatto voluta da Jean Le Boulch, metodo che, così riveduto, è di arricchimento della disciplina e della formazione professionale.

GUIDO PESCI - PAOLA RICCI

SIMONE PESCI

Autorizzazione Tribunale di Firenze Decreto 4868 1° marzo 1999 Periodico semestrale Anno XVII n. 2 luglio-dicembre 2016

Novità

Linguaggio strategie di intervento Metodo Ritmo Fonico, Metodo Vibro Tattile, Metodo Coreografia Fonetica, Metodo Linguaggio-Azione

Anna Pesci, psicologa, psicoterapeuta, pedagogista clinico, logopedista, vicepresidente ANPEC (Associazione Nazionale Pedagogisti Clinici), docente dell’IS�A�-�ormazione Post-Universitaria delle Professioni.. Guido Pesci, pedagogista clinico, psicologo, psicoterapeuta, psicomotricista funzionale, reflector, giornalista pubblicista, già docente di Pedagogia Speciale all’Università di Siena. Direttore scientifico dell’ISFAR-Formazione Post-Universitaria delle Professioni. Presidente ANPEC-Associazione Nazionale Pedagogisti Clinici e presidente della SINPE-Società Nazionale Pedagogisti. Membro del consiglio direttivo dell’ASPI�-Associazione Psicomotricisti �unzionali e del consiglio direttivo della SI�Società Internazionale di Reflecting. Direttore della rivista “Pedagogia clinica-Pedagogisti clinici” e membro del comitato scientifico della rivista “Nuovi Orizzonti”.

Guido Pesci - Lapo Zoccolini

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(IVA INCLUSA)

Anna Pesci - Guido Pesci


n. 35

numero 2 - anno XVII

numero 2 - anno XVII

luglio-dicembre 2016

luglio-dicembre 2016

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n. 35

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