Rivista 31

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n. 31 numero 2 - anno XV

Poste Italiane spa - spedizione in abb. post. - D.L. 353/93 (convegno L. 46-04) art. 1 comma 1 - DCB Firenze

luglio-dicembre 2014

movimento nello spazio e nel tempo Grafie corporee (Corporeal Writing) -The Person: The Tracing Body and Its Movement through Space and Time

La dimensione corporea dell’adolescente nell’era digitale The Bodily Dimension of Adolescents in the Digital Era

Apprendere la genitorialità Learn parenting

Aiutare un bambino a superare il dolore per l’abbandono di un genitore To help a kid ride the pain out for parent’s neglect

Sofferenze infantili Infant pains


n. 31

Autorizzazione Tribunale di Firenze Decreto 4868 1° marzo 1999 Periodico semestrale Anno XV n. 2 luglio-dicembre 2014

Editore: ISFAR srl Fondatore e Direttore responsabile: Guido Pesci Direzione, Redazione, Amministrazione: ISFAR - viale Europa, 185/b 50126 Firenze Tel. e Fax 055 6531816 E-mail: info@isfar-firenze.it Web: www.pedagogiaclinica.com www.clinicalpedagogy.com www.pedagogisticlinici.com www.isfar-firenze.it Progetto grafico Senza Filtro Firenze Traduzione a cura di Francesca Martini Printed in Italy: Stylgrafica Cascinese viale Etruria 1/A Cascina (PI)

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O I R A M

Direttore responsabile e scientifico Guido Pesci

Grafie corporee. La persona: Corpo tracciante e movimento nello spazio e nel tempo / Grafie corporee (Corporeal Writing) -The

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La dimensione corporea dell’adolescente nell’era digitale / The Bodily Dimension of

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Apprendere la genitorialità / Learn parenting

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Person: The Tracing Body and Its Movement through Space and Time

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Adolescents in the Digital Era

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Comitato scientifico: Valentina Benoni Degl’Innocenti Sandro Cappellin Nicola Corrado Elena Gaiffi Sergio Gaiffi Eugen Galasso Gerardo Pistillo Marta Mani Simone Pesci Claudio Rao Maria Raugna Lucia Sarais Stefania Turini Antonio Viviani

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Segreteria di redazione: Valentina Benoni Degl’Innocenti Sergio Gaiffi Marta Mani Simone Pesci

Pag. 14 Aiutare un bambino a superare il dolore per l’abbandono di un genitore / To help a kid ride the pain out for parent’s neglect

Sofferenze infantili / infant pains

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ANPEC Tribune / ANPEC Tribune

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Echi della stampa / Echoes from the press

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Recensioni / Write up

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Grafie corporee. La persona: Corpo tracciante e movimento nello spazio e nel tempo di Myriam Perseo

L’idea di grafia rimanda immediatamente alla scrittura: quel modo personale ed originale di lasciare traccia, con la penna o altri strumenti traccianti, sopra un foglio. La scrittura, a seconda dei punti di vista e di chi se ne occupa, può ricoprire una pluralità di funzioni e significati. Essa diviene mezzo per “prendere” se stessi, per migliorare la motricità ed esprimere la propria identità, per favorire lo sviluppo e la riflessione, per non dimenticare esperienze, vissuti, incontri. Una traccia che registra graficamente, attraverso una serie di movimenti, un contenuto manifesto o intenzionale, quale è la parola scritta, e un contenuto latente, non visibile, composto da elementi non consapevoli che accompagnano il gesto grafico. Il tracciato, segnato dalla penna sul foglio, comunica, trasmette, divulga il vissuto corporeo, relazionale, emotivo e affettivo di colui che traccia. Esso rievoca il muoversi del soggetto nello spazio, nell’ambiente. La grafia, quindi, oltre a rivelare idee, opinioni, pensieri è un mezzo per comunicare con l’altro e con l’ambiente una esistente condizione interna. Il pedagogista clinico si muove

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sostenendo la persona nel lasciare tracce segniche, immagini di un sentirsi con cui essa chiede di essere riconosciuta: i tratti riproducono i gesti, una scrittura dei

Il tracciato, segnato dalla penna sul foglio, comunica, trasmette, divulga il vissuto corporeo, relazionale, emotivo e affettivo di colui che traccia.

gesti indicatori di una storia, capaci di metterci in contatto con la formazione dell’Io del soggetto, con il bisogno di comunicazione, con il chiaro desiderio di trasferire in scorie di graffite le proprie abilità e i conflitti, la realizzazione di un mondo interiore. La persona reclama di essere riconosciuta attraverso il racconto, la conversazione silenziosa, costruita e documentata dalle tracce grafiche. Tali tracce sono, quindi, lo specchio di sé, di tutto il corpo, della grammatica e della sintassi della psiche, dell’emotività, della capacità dell’individuo di rapportarsi al mondo. Lo spazio diviene il luogo dell’azione, spazio del movimento del corpo che, nell’atto di conoscerlo e possederlo, ne fa il proprio campo d’azione. Il corpo è, senza alcun dubbio, una delle grafìe più importanti della persona; traccia il tempo e lo spazio, come il tempo e lo spazio lasciano segni indelebili su esso. Ogni segno rappresenta e esprime la storia individuale, racconta e testimonia la presenza della persona nel mondo. I movimenti, come anche i non movimenti del corpo, narrano l’autobiografia dell’attore, di


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colui che agisce. «Grafia è tutto ciò che lascia una traccia, che lascia un segno per/in qualcun altro. In questa accezione la grafia può essere tracciata con la penna o con la parola, con il corpo, con i suoni, con le immagini[…] I segni tracciati possono essere stabili o evanescenti, colorati o monocromatici, bidimensionali o costituiti da volumi, fissati o fluidi». (G. Staccioli, Ludobiografia: raccontare e raccontarsi con il gioco, Roma, Carocci Faber, 2010, p.10). Il corpo narra sempre di se stesso e della persona, spesso racconta in maniera involontaria comunicando chi è, da dove viene, quali esperienze ha vissuto o desidera vivere. Il modo di camminare, di stare seduti, di offrire la mano a qualcuno, di sorridere o di abbassare lo sguardo, è continuamente un racconto di qualcosa che la riguarda, di qualcosa di conquistato, di raggiunto: un condensato della storia di vita dell’individuo, delle relazioni, degli incontri, della cultura e dei valori della società in cui vive. (G. Staccioli, op. cit. p. 12) «È inevitabile per noi adulti pensare alle parole per raffigurarci la narrazione. Eppure già il suono della parola “narr-azione”, nell’impulso al movimento suggerito dalla rutilanza doppia r, e

…l’insieme di quelle capacità e competenze corporee e motorie che rendono con più evidenza nella composizione della stessa parola, emerge il ruolo preponderante e costituivo dell’azione» (I. Gamelli, Pedagogia del corpo, Roma, Meltemi, 2001, p. 140). L’agire attraverso il movimento, prova dell’esistere stesso del soggetto, è, quindi, l’insieme di quelle capacità e competenze corporee e motorie che rendono palpabile e concreta la presenza del soggetto nell’ambiente, il quale con la sua stessa esistenza modifica e influenza l’ambiente in cui si muove. Il movimento parla dell’interezza della persona, testimonia la vitalità e attribuisce concretezza all’essere. I Corpi si dispongono nello spazio e si muovono “danzando” la propria relazione con il mondo e con gli altri, seguendo dei ritmi di volta in volta differenti. La pedagogia clinica considera il Sé

palpabile e concreta la presenza del soggetto nell’ambiente. corporeo, luogo di integrazione, vissuto, sentito e partecipato dalla persona che si esprime nitidamente nello spazio e nel tempo connotando emozioni, bisogni e volontà. I gesti tracciano lo spazio, percorrono il tempo: gesti rotondi che richiamano la relazione di cura, di accoglienza, di protezione simbolo del codice di segnali della madre, gesti verticali che invitano a proiettarsi oltre, a progettare il futuro, a sperimentare

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e che simbolicamente sono vicini a una gestualità paterna. Narrare sé stessi con il corpo è quanto di più spontaneo esista; quando, però, il raccontarsi con il corpo da spontaneo diviene consapevole vengono a toccarsi le corde più intime e profonde della persona a cui spesso si aggiunge l’imbarazzo e il pudore che da sempre attengono alla sfera corporea. La paura di “lasciarsi andare” alla grafia spontanea è legata a quell’idea di corpo da correggere, controllare, mortificare oppure addestrare attraverso l’esercizio fisico. Ecco che il tracciare, segnare, scrivere i luoghi attraverso il movimento perde molto in termini di spontaneità, facendo acquisire artificiosità e uniformità al muoversi e, di conseguenza, facendo dimenticare la storia unica e irripetibile di ognuno. Nel prestare attenzione al testo incarnato il pedagogista clinico ne comprende l’immediatezza comunicativa, per far emergere intensamente il significato vivo: dentro il testo del corpo è possibile intravedere la storia di una vita e alcuni segni, maggiormente che altri, sono tali da farla intuire e comprendere con maggiore facilità. Tutto ciò non deve, però, far cadere nell’errore che, la lettura del testo corporeo, possa divenire questione puramente tecnica. Non è possibile, in realtà, ricavare connessioni precise, lineari e, soprattutto, identiche tra tutti i segni fisici e le espe-

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rienze vissute. Piuttosto, nel momento in cui ci si dispone a osservare il corpo, per tentare di comprenderlo, non dovrebbe mai esserne trascurata la complessità che lo costituisce, la problematicità che lo caratterizza e le plurime influenze reciproche fra l’ambiente, la persona e forma esterna. Ciò lo rende mutevole e difficilmente spiegabile, ma certamente, interpretabile in quanto testo aperto. Il significato della parola testo è sostanziale per intenderne le relazioni con le narrazioni del corpo. «Testo vuol dire Tessuto; ma laddove fin qui si è sempre preso questo tessuto per un prodotto, un velo già fatto dietro al quale, più o meno nascosto, sta il senso (la verità), adesso accentuiamo, nel tessuto, l’idea generativa per cui il testo si fa, si lavora attraverso un intreccio perpetuo; sperduto in questo tessuto – questa tessitura – il soggetto vi si disfa, simile a un ragno che si dissolve da sé nelle secrezioni costruttive della tela» (R. Barthes, Il piacere del testo, Torino, Einaudi, 1975, p. 63).

L’idea di tessuto che si va lentamente e inesorabilmente costituendo come intreccio, trama, tela rende il testo corporeo un’opera in continuo divenire, mai data una volta per tutte e, per tale motivo, non leggibile se non con-testualizzandola in uno spazio e in un tempo. Il corpo per il pedagogista clinico si fa pre-testo di ogni forma di dialogo.

…ciò lo rende mutevole e difficilmente spiegabile, ma certamente, interpretabile in quanto testo aperto…

Summary The article provides an opportunity for in-depth analysis on the diverse occasions for human beings to leave traces of themselves—significant signs that represent the traces left by graphite scoriae, or by a body moving through space. The title, “Grafie Corporee” (Corporeal Writing), encapsulates all this by expanding the reflection on how movement provides the person with an occasion to testify itself to others through different informational channels, in a three-dimensional space in which it encodes displacements and orientations, and, by way of feeling itself, presents itself to others in order to be known and recognized.


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La dimensione corporea di Ines Rosano e Rosaria Borzì

Nell’epoca tecnologica la dimensione corporea e la dimensione affettiva sono al centro di scambi relazionali che fanno sempre meno riferimento all’esperienza diretta per svolgersi, invece, nella Rete che rappresenta una grossa fetta di spazio/tempo virtuale vissuto soprattutto dagli adolescenti. Essa si avvale di mezzi sempre più sofisticati e attraenti, come i social network, che suscitano nuove modalità di contatto: attraverso la Rete si diffonde una forma di comunicazione peculiare che, a differenza di quella tradizionale, consente un’interrelazione che non è mediata dalla presenza fisica; pertanto anche le relazioni interpersonali si confanno a dei connotati peculiari generati dalle esigenze della Rete. La relazione virtuale riduce esponenzialmente le difficoltà che si incontrano nel rapporto face to face: permette alla persona di costruirsi un Sé virtuale “grandioso”, di poterlo decorare a suo piacimento cercando di non deludere le aspettative degli altri; permette di ritoccare alcuni aspetti della personalità, di dipingere una corporeità attraente ma poco realistica; questi espedienti rendono la vita più facile, fanno diminuire notevolmente le possibilità di fallire e di non essere accettati per quello che si è realmente.

Vivere per la maggior parte del tempo in un contesto virtuale protetto può spingere molti adolescenti a percepirsi con grande difficoltà come totalità (mente-corpo) e a vivere sensazioni di frammentazione e di alienazione dal Sé Corporeo. Tali sensazioni si originano dalla difficoltà di riconoscersi nel Sé Corporeo reale e a rifugiarsi fuori di Sé, in un Sé fittizio, virtuale e liquido (Bauman Z., Amore liquido, Laterza, 2012, p.158). Il corpo come tradizionale luogo di mediazione fra l’interiorità individuale e il mondo esterno è stato sostituito dai nuovi media che hanno imposto un diverso modo di stare nel mondo, un modo che non essendo più filtrato dalla corporeità ne modifica grandiosamente l’aspetto più rilevante di cui si nutre: l’esperienza del contatto e la prossimità fisica. L’antico assunto cartesiano “cogito, ergo sum” non è applicabile alle nuove relazioni che si svolgono in Rete: chi non manifesta la sua esistenza attraverso l’inteSummary razione, la partecipazione ad una mailing list o la presentazione di una pagina web, non esiste. Il vento del nostro tempo soffia verso la pubblicizzazione dell’intimo, perché in una società consumistica, dove le merci per essere prese in considerazione devono essere pubblicizzate, si propaga

un costume che contagia anche il comportamento dei giovani, i quali hanno la sensazione di esistere solo se si mettono in mostra; se mettono in mostra la loro identità intesa sempre più come “immagine pubblicizzata”. Il corpo così smette di essere vissuto come soggettività per essere oggettivato e ridotto a mero organismo. Per esserci bisogna dunque apparire. Non solo la vita intima è diventata proprietà comune ma anche il corpo lo è diventato: si è reificato, divenendo oggetto tra gli

…espedienti che rendono la vita più facile e fanno diminuire notevolmente le possibilità di fallire e di non essere accettati per quello che si è realmente. 7


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oggetti. Come scrive Sartre lo sguardo degli altri inevitabilmente oggettivizza: “per effetto dello sguardo altrui mi vivo come cosa in mezzo al mondo, per cui il mondo cessa di essere il correlato del mio corpo, ciò che si organizza intorno al mio sguardo, per divenire ciò che si organizza intorno allo sguardo dell’altro” (Galimberti U., Il Corpo, Feltrinelli, 2013, p.124). Attualmente la reificazione del corpo è un processo che tende ad essere superato da una sorta di “mutazione antropologica della tecnologia”: cioè Ipod, Iphone, Ipad, i prodotti con la “I” fanno dell’oggetto stesso una persona, una prima persona al singolare, un io virtuale a disposizione di tutti: in un mondo spersonalizzante come il nostro gli strumenti con la “I” diventano il nostro Io tecnologico. Molto più che semplici strumenti del comunicare, questi oggetti sono delle estensioni del soggetto. L’effetto è una naturalizzazione dell’apparecchio digitale, che smette di essere una protesi elettronica per trasformarsi in organo pulsante, attaccato alla pelle al punto da diventare Me: il vecchio cogito lascia il posto al nuovo

…il corpo si è reificato, divenendo oggetto tra gli oggetti. 8

digito ergo sum (Niola M., Miti d’oggi, Bompiani, 2012, p.56). La tecnologia può salvare da alcuni inconvenienti della relazione diretta tuttavia mettersi troppo in salvo può portare ad una chiusura eccessiva, all’autismo digitale; ovvero la relazione avviene in un mondo inaccessibile a chi non ne fa parte e il mondo reale è percepito come distante e privo di senso. I nuovi media hanno sostituito i legami mediati dalla corporeità con le connessioni virtuali mediate dai dispositivi tecnologici e digitali. Gli effetti di questo cambiamento si possono notare sia nella percezione del sé corporeo, come già citato, ma anche nella qualità delle relazioni con gli altri. Quando agli adolescenti manca l’opportunità di conoscere e di conoscersi senza il prezioso filtro della corporeità il rischio è quello di andare verso un inaridimento del Cuore, l’organo che ci permette di sentire prima ancora di sapere cos’è bene e cos’è male. È’ necessario offrire e creare spazi e tempi di condivisione in cui favorire le relazioni autentiche e nutrirle di uno spessore educativo che le faccia crescere. Un ambito che può favorire tra gli adolescenti occasioni di relazione, scambio e confronto è l’associazionismo: far parte di qualche associazione o organizzazione offre maggiore possibilità di acquisire strumenti di partecipazione attiva nella comunità. L’associazione intesa come luogo di interazione e reciprocità, spazio per le narrazioni individuali e di gruppo, dove si

assapora il gusto delle differenze e si partecipa al percorso di costruzione di nuovi interessi e libertà. In un contesto temporale come quello odierno, ove l’indolenza imperante indotta da certa cultura politica e mediatica abbassa la soglia di partecipazione e dell’interesse attivo, è importante assicurare la presenza di spazi educativi in cui prevale la dimensione della comunicazione come tessuto connettivo primario sul quale innestare saperi, competenze, conoscenze e abilità. Una delle caratteristiche dei luoghi d’incontro è dare l’opportunità a gruppi di adolescenti di “stare in relazione” e sviluppare logiche di confronto e di collaborazione al fine di promuovere diverse forme di progettualità pervadente e tra-

…offrire e creare spazi e tempi di condivisione in cui favorire le relazioni autentiche e nutrirle di uno spessore educativo…


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sversale volte a scardinare un modello di società i cui punti critici risiedono proprio nella presenza di soggettività facilmente omologabili e plasmabili. Diventa prioritario valorizzare le esperienze in cui stare insieme, in cui il corpo sia al centro del dialogo con l’altro, della costruzione di conoscenza e del vissuto esperienziale. Ognuno di noi concepisce il proprio corpo in rapporto al proprio Io, attraverso l’immagine corporea, la quale è legata al mondo emotivo interno, alla relazione con le figure significative e al vissuto di ciascuno. Il corpo per l’adolescente è ciò che più lo rappresenta, molto più che in qualsiasi altra età della vita, e il confronto con gli altri è frequente, soprattutto in un contesto sociale che pone molta attenzione all’aspetto estetico. Il percorso pedagogico-clinico pone particolare attenzione alla corporeità della persona, in quanto via d’accesso privilegiata ad una conoscenza più profonda, nella convinzione che è proprio attraverso il corpo che è possibile farle vivere esperienze nutrizionali sul piano emotivo, volitivo, ludico ed edonico, in grado di innescare l’apprendimento e il cambiamento spontaneo; mettendo in moto meccanismi di rigenerazione volti a superare ogni difficoltà e a sviluppare un vissuto positivo in relazione alla propria corporeità (Pistillo G., Il corpo in pedagogia clinica, Magi, Roma, 2012). Le esperienze che alcune tecniche

pedagogico-cliniche offrono, in termini di relazione e di conosenza del proprio corpo, contribuiscono a determinare il processo di concretizzazione del Sé attraverso il quale la persona raggiunge una consapevolezza in termini di immagine corporea e perciò di identità che si basa sulla rielaborazione delle esperienze sensorio-corporee e percettivo- affettive legate all’Io psichico e all’Io corporeo. La coscienza di sé è quindi la rappresentazione psicocorporea delle capacità a conoscersi, sentirsi e parteciparsi. Si tratta di una conoscenza di sé stessi che si raggiunge quando si riesce a vivere tutte le informazioni con effetti impressivi e riflessivi (Pesci G. …………., Magi, Roma, 2008). Per favorire il dialogo con il proprio corpo si propongono i metodi dialogico corporei, incentrati sulla stimolazione del corpo della persona, quale strumento di risveglio delle energie sopite e della tras-formazione globale. In particolare, in

una situazione di gruppo con adolescenti, è utile proporre il Discover Project verbalizzato, per consentire alla persona di sentirsi, parteciparsi, conoscere il proprio corpo; un metodo di esplorazione corporea attraverso la contrazione e la decontrazione muscolare che prevede l’utilizzo della voce, un dialogo sostenuto dalla tonematica, un investimento diretto nella respirazione. Dal metodo Edumovement si propongono attività di esperienza concreta dello spazio proprio e degli altri, contatto corporeo ed oculare, giochi di relazione, giochi di

…contribuiscono a determinare il processo di concretizzazione del Sé 9


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stimolazione dei sensi. Riequilibrio del tono per gestire le ansie e le tensioni, attraverso esperienze di controllo tonico, equilibrio statico e dinamico, coordinazione dinamica generale. Il movimento educativo è rivolto a stimolare la partecipazione e lo scambio tra i partecipanti del gruppo, stimolare le percezioni spazio-temporali, provare emozioni positive. Per favorire la percezione del dinamismo segmentario e la ricerca dell’asse corporeo, le tecniche dell’Educromo, offrono giochi di relazione, immagini videoproiettate a parete, abbinate a frasi e gesti (educazione cibernetica), esperienze di costruzioni posturali. Per incentivare e potenziare ogni aspetto emotivo-affettivo-relazionale nell’ottica di ritrovare uno scambio e un contatto con l’altro, il metodo MPI offre esperienze volte a favorire il riequilibrio emozionale. Particolare rilievo viene dato alla danza, come libera espressione di sé, stimolando il corpo ad entrare in azione attraverso i ritmi della musica e favorendone la relazione con gli altri. Anche le tecniche di drammatizzazione sono molto utili per esprimersi e comunicare e consentono il raggiungimento di importanti obiettivi per sviluppare l’espressività, le esperienze corporee ed emotive, migliorare il rapporto con gli altri. Per promuovere la conoscenza dei ritmi e dei suoni del proprio corpo, del respiro, della voce, la Musicopedagogia offre grandi opportuni-

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tà: conoscersi e capirsi attraverso l’uso di strumenti musicali, la creazione di ritmi e suoni personali e di gruppo. Il metodo “utilizza l’elemento sonoro, ritmico, spazio-temporale e vibratorio al fine di indurre, stimolare, creare le condizioni per un benessere emotivo, sviluppare una migliore stabilità e flessibilità fisica e psichica, aprire canali di comunicazione attraverso la mediazione non verbale corporeo-sonoro-musicale, attivare processi di socializzazione, di facilitazione alla relazione e allo scambio comunicativo ed espressivo interpersonale e di potenziare le capacità cognitivo-immaginative” (Pesci S., Benoni Degl’Innocenti V., Mani M., Pesci G., Interventi clinici, Armando Editore, Roma, 2009, p. 21). Il metodo InterArt per esprimere il proprio potenziale creativo, superare inibizioni, scoprire capacità nascoste, interagire armonicamente con sé stessi e con gli altri. Attraverso la danza, la poesia e l’espressione grafica i ragazzi

trovano possibilità per prendere consapevolezza ed esprimere il proprio mondo interiore, rappresentarsi e raccontarsi agli altri, ristabilire contatti con il proprio corpo e quello altrui. Il contatto sin dalla nascita, è fondamentale dal punto di vista nutrizionale, psicologico e sociale. La nostra pelle costituisce il limite corporale e ci mette in comunicazione con l’ambiente circostante. Ciò che ci collega al mondo è la comunicazione tattile. Dal tatto dipende la coscienza di noi stessi e la percezione del mondo intorno a noi: il senso della profondità e della forma delle cose che stanno al di fuori della nostra mente e del nostro corpo. L’obiettivo è quello di ritrovare la dimensione tattile e il contatto corporeo, vivere il corpo in maniera consapevole: un corpo vissuto, un corpo che sente, un corpo che si relaziona, un corpo che conosce. Sentirsi ed essere nella vita per ritrovare una nuova dimensione: dal digito ergo sum... al ritrovato SUM.

Summary Living in our digital age for most of the time in a protected virtual environment can push many adolescents to perceive with great difficulty as a whole (mind-body) and live feelings of fragmentation and alienation from the self Corporeal. The technology can save you from some drawbacks, however, the direct relationship get too safe can lead to an excessive closure, digital autism, namely the relationship A place in a world inaccessible to those not part of the real world and is perceived as distant and free senso. An area that can foster among adolescents opportunities to the report, is the exchange and comparison of associations: one of the characteristics of the meeting places is to give an opportunity for groups of teenagers to “stay in relationship”, therefore becomes a priority enhance the experience to stay together, in which the body is at the center of the dialogue with the other, the construction of knowledge and the lived experiential.


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Apprendere la genitorialità di Paolo Giovanni Zani

In questi giorni ho ripensato al prof. Giuseppe Talamucci, docente ISFAR, deceduto da alcuni anni, che mi ha profondamente segnato come persona e come professionista seppur lo abbia conosciuto poco nel mio percorso formativo, ma in quei momenti ho potuto assaporare quelle gocce di competenza ed esperienza che mi hanno sempre arricchito. Non c’è dubbio che il Professore abbia sempre contribuito con continuità alla nostra formazione professionale specifica di pedagogisti clinici fornendo ottimi stimoli di riflessione teorico-pratica ed offrendo un esempio concreto e coerente di professionalità e di umanità piena e vera. Ognuno di noi ha dentro di sé dei mentori che, seppur incontrati sfiorandoli nella loro traiettoria esistenziale, ci hanno arricchito, ci arricchiscono ed ognuno di noi li conserva nel proprio piccolo tesoro personale segreto. Tempo fa, in continuità con i tre articoli scritti dal prof. Talamucci riguardanti la visione pedagogico-clinica nella creazione di un legame triadico dalla progettazione del figlio, ho dato il mio contributo con un articolo, dal titolo: Essere buoni padri (in Riv. Pedagogia clinica pedagogisti clinici 18/2008) individuando alcune sfumature della figura paterna. Figura che in questa specifica

contingenza socio-culturale ha bisogno di ridefinirsi, in termini di ruolo, all’interno di una presenza attiva e continuativa con il figlio. Una sintesi piacevole la esprime Alberto Pellai (Pellai A., Nella pancia del papà, una relazione emotiva, Franco Angeli Milano 2003) con la sua poesia: «Coccolami ancora per un po’tienimi accanto, non dirmi no. Con le tue braccia fammi volare attento alla barba, mi fa grattare. Se sul tappeto mi tieni incollato mentre giochiamo al pugilato “aiuto” grido alla mamma per finta poi tu ti giri e ti do una spinta. Tienimi forte sul cuore papà almeno adesso che la mia età consente a entrambi in casa e in terrazzo di farci le coccole senza imbarazzo. Tra qualche anno, la legge dei duri ci troverà più grandi e maturi a fare finta che gli uomini veri son tutti d’un pezzo e molto seri. Stasera quel tempo è ancora lontano tu coccola e gioca con me sul divano.» Sulla base, quindi, di una ricerca di continuità teorica con la nostra visione, è possibile definire quegli aspetti che circoscrivono la dimensione globale che permette ad una coppia di apprendere, dal progetto di nascita del bambino, con gradualità e con sfumature complesse il proprio modo di divenire genitore.

…Mentori che ci hanno arricchito… Dopo anni di studio e di lavoro sul campo nei Consultori Familiari, come Giudice Onorario nella Tutela Minori e nelle Adozioni e nel mio studio privato ho potuto definire alcuni aspetti, sotto diverse sfaccettature, dell’essere genitori oggi. Ancor di più ho la possibilità di vivere, soprattutto nei gruppi di preparazione al parto, quale attribuzione di senso e di significato noi pedagogisti clinici possiamo delimitare, in un’ottica preventiva e di promozione del benessere duale e triadico, nel divenire dei genitori che ha necessità, visto il contesto socio-economico attuale, di ribilanciare la dinamica delle funzioni genitoriali che faticano a rimanere distinte per chiari ruoli di genere. Entriamo in questo mondo dove sono presenti numerosi simboli che possono attivare riflessioni importanti nel processo mentale individuale di creazione del proprio ruolo materno o paterno. Simboli genitoriali come ad esempio acqua/fuoco, contenitore/contenuto, luna/sole, fusione/

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separazione, interiorità/esteriorità... da rileggere in un continuum all’interno del quale due genitori si muovono nel tessere, all’inizio, il rapporto con il figlio e, poi, nel loro faticoso processo di crescita. Il simbolismo che spesso utilizzo è contenitore/contenuto dove i neo-genitori si predispongono in un’esperienza di coppia su base musicale scelta ad hoc. La coppia vive un’esperienza prevalentemente emotiva e di scambio comunicativo extralinguistico, che la triade assapora contemporaneamente all’unisono. La sperimentazione di un vissuto emotivo prepara la coppia all’evento che per eccellenza risulta un evento a forte impatto personologico per la traccia emotiva che viene registrata nel nostro sistema nervoso centrale. Un vissuto, il parto, che non ha un impatto nullo per nessuno dei protagonisti e che cambia profondamente il proprio modo di essere in famiglia. Poter comprendere che la relazione, madre o padre che sia, è già attiva fin dal concepimento non è un dato scontato. Un figlio a cinque mesi, del periodo gestazionale, inizia ad avere un’attività sensoriale che permette, tra l’altro, il processo maturazionale del sistema percettivo. Non possiamo parlare, forse, di coscienza ma di un soggetto che è in grado di entrare in relazione con l’ambiente circostante e di subirne gli influssi positivi o negativi. Se, infine, a sette mesi della gravidanza il bimbo sogna,

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allora, ci troviamo di fronte a rappresentazioni mentali suscettibili di influenza. Non solo la madre ma anche il padre diviene un protagonista attivo di questo rapporto di cura ed educazione che non avrà più termine per il legame che si crea e che necessiterà di una separazione funzionale, nel tempo, allo sviluppo di un soggetto ed al graduale sviluppo del processo d’individuazione del figlio. Funzione paterna e materna entrano in gioco all’interno di una dinamica che richiede la complementarietà del diverso e che, nella società attuale, va oltre ad un mero bilanciamento di identità di genere genitoriale. La coppia deve trovare dentro di sé un equilibrio genitoriale che è unico e personale che, però, necessita dell’azione di due diversità, entrambi rilevanti nella strutturazione dell’identità del figlio. Noi sappiamo che l’identità di una persona è il confluire di due processi rilevanti entrambi, ossia il processo di uguaglianza e quello di differenziazione del sé del figlio rispetto alle figure parentali di riferimento. Il fatto che entrambi i membri della coppia comprendano, profondamente, che i genitori vivono la gestazione con due vissuti diversi non in base ad un ordine di importanza o di rilevanza è una conditio sine qua non. Il sentirsi co-protagonista permette una maggiore configurazione della co-genitorialità nel

…Il parto che cambia profondamente il proprio modo di essere in famiglia… processo di sviluppo di un figlio. La diversità del padre e della madre divengono una ricchezza irrinunciabile per nessuno dei membri della triade familiare. L’allontanamento da questa dimensione porta allo sviluppo di relazioni genitore-figlio non sempre adeguate al benessere ed alla crescita integrale e globale del bambino. Risulta, inoltre, rilevante durante gli incontri, attraverso strategie comunicative derivanti dal Reflecting, far riflettere il genitore sulla propria storia di figlio. La consapevolezza del proprio modello interiorizzato, nella relazione con i propri genitori, sono degli ottimi spunti di riflessione per cercare di superare alcuni aspetti che le precedenti generazioni ci hanno tramandato in positivo o in negativo. Non è da sottovalutare anche la preoccupazione dei partners rispetto alla propria vita di coppia dal punto di vista sessuale. La sessualità di coppia, dopo un figlio,


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subisce un significativo cambiamento, più o meno, riscontrato dai partners per diversi motivi. L’impegno rilevante legato alla cura del nascituro, il tempo che pare scorrere ad una velocità in alcuni casi disumana, la stanchezza legata alla lunga giornata che oltre al carico lavorativo presenta quello genitoriale, il rapporto tra genitore-figlio che in alcuni casi diventa sostitutivo e/o compensativo rispetto a quello con il partner, la fatica a vedere il proprio partner non solo come padre/madre ma anche come amante, la difficoltà a ritagliarsi dei momenti di coppia senza la presenza del figlio... questi sono alcuni dei motivi che portano ad una sofferenza delle due dimensioni che strettamente interagiscono per il benessere familiare. Infatti il bilanciamento tra una coniugalità sensuale, attiva e viva ed una genitorialità corresponsabile portano un clima familiare propositivo non solo per il bambino ma anche, e soprattutto, per la coppia. Infine se durante il pre-partum ogni singolo genitore inizia a co-

…madre e padre protagonisti di questo rapporto di cura ed educazione.

dificare mentalmente una propria idea di stile genitoriale, nel post-partum questo stile inizia a strutturarsi, gradualmente, nel quotidiano con maggiore facilità. Nella nostra visione pedagogico-clinica i quattro stili genitoriali (tradizionale, iperprotettivo, trascurante ed autorevole) non vengono letti come quello giusto o sbagliato, ma come un quadrante dove un genitore si muove e si colloca in base a diverse variabili... come ad esempio la situazione personale ed ambientale, lo stato di benessere del bambino, il clima familiare, il contesto socio-economico, la dinamica coniugale-genitoriale... Un genitore si muove all’interno di questo campo sapendo quale è lo stile verso il quale orientarsi, ma consapevole che l’essere genitore è un impegno faticoso che richiede un processo personale di crescita, per la presenza di una reciprocità nella circolarità genitori-figlio, e un continuo mettersi in discussione. La possibilità da parte di un genitore di essere affiancato, in coppia o in gruppo, con un approccio pedagogico-clinico che, a volte, può fornire delle informazioni, senza mai cadere in consigli, e

La diversità del padre e della madre divengono una ricchezza irrinunciabile. che lo stimola nella propria ricerca personale risulta rilevante in termini di prevenzione del disagio e nella promozione del benessere della persona. Inoltre, come diceva Robin Williams nell’“Attimo fuggente”: “Sono salito sulla cattedra per ricordare a me stesso che dobbiamo sempre guardare le cose da angolazioni diverse. E il mondo appare diverso da quassù. Non vi ho convinti? Venite a vedere voi stessi. Coraggio! È proprio quando credete di sapere qualcosa che dovete guardarla da un’altra prospettiva.” Da questa capacità di vedere una prospettiva diversa della genitorialità che i pedagogisti-clinici possono trarre spunti professionali di lavoro e d’intervento specifico di aiuto.

Summary Dr Zani states the principles that must empower the parents in weaving together with the son every care even before and after the birth. Draws attention to the advantages in parenting; paying attention to positive awakenings, experienced in suitable sympathetic processes leading to a positive development.

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Aiutare un bambino a superare il dolore per l’abbandono di un genitore di Manuela Murabito

I bambini hanno bisogno di aiuto per elaborare il dolore causato dall’allontanamento di un genitore, è una perdita, e quando si perde qualcuno che si ama, il mondo viene privato del suo calore e del suo colore, sembra di vivere in un gelido e arido inverno, fino a odiare la propria vita, maturare dei sensi di colpa ed avere un’infinita voglia di piangere. Quando la persona amata se ne va, il bambino si trova a dover affrontare una terribile verità: “nessuna possibilità di condivisione” (Winnicott, 1996, p. 47). Le esperienze condivise con la persona che si ama sono un tesoro prezioso e la consapevolezza che non si vivranno mai più diviene un’agonia. Vi sono bambini che non riescono a sopportare la propria sofferenza, perché è troppo dolorosa, troppo spaventosa. L’intollerabile è poi facile che diventi impensabile, ma la negazione ha un prezzo molto alto, può far provare un senso di torpore, di distacco dalla realtà. Privandosi di alcune emozioni, i bambini rischiano di rinunciare a una parte importante di vita, talvolta addirittura all’essenziale contatto con se stessi. (Margot Sunder-

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land, Aiutare i bambini a superare lutti e perdite, Erickson, 2005). Il presente contributo vuole sol. lecitare l’attenzione e la riflessione sul lavoro del pedagogista clinico di fronte a situazioni di grave disagio personale, in questo caso, la perdita di una persona cara a testimonianza di come i metodi pedagogico clinici rappresentino un valido aiuto per liberare il soggetto dallo stato di disagio psicofisico che vive la persona permettendole di ripristinare in sé nuovi equilibri e nuove disponibilità. A tal proposito espongo il lavoro svolto presso il mio studio con

….maturare dei sensi di colpa ed avere un’infinita voglia di piangere.

Denise, 10 anni, che ha subito il trauma di una relazione interrotta tanto bruscamente quanto improvvisamente, ovvero l’abbandono della famiglia, da parte del padre, e la conseguente separazione dei genitori. Bisogna sottolineare, innanzitutto, come siano stati forti e pregnanti i vissuti della bambina di fronte a tale situazione. La bambina si è sentita abbandonata e non riconosciuta nel suo dolore. Ha dovuto farsi carico di una situazione familiare “non scelta” maturando spesso sentimenti di rabbia e di risentimento verso i genitori ritenendo uno dei due responsabile. Ha sperimentato nell’ambito dello sviluppo emotivo - affettivo sentimenti di rabbia, di inadeguatezza e bassa autostima, di sfiducia e diffidenza elementi che hanno fortemente condizionato il suo equilibrio emotivo, affettivo e relazionale. I sentimenti che hanno prevalentemente caratterizzato i primi mesi di lavoro con Denise sono stati la tristezza, l’ansia dell’abbandono, i sensi di colpa verso la nuova situazione, la paura del buio con relativi disturbi del sonno, l’insicurezza, la bassa autostima. Denise ha cercato anche


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di “comprimere” il suo stato d’animo che però ha avuto come conseguenza l’affiorare di comportamenti aggressivi verso la madre, di intolleranza e di insofferenza. Quando ho iniziato con Denise la verifica delle Potenzialità Abilità e Disponibilità, dal disegno libero emergevano paesaggi spogli privi di vita e di vegetazione, privi di movimento e senza colore, ambienti aridi senza sole espressione del suo stato emotivo affettivo. Quando spontaneamente la bambina decideva di commentare il suo elaborato, elemento positivo che mi faceva pensare ad una possibilità di condivisione del dolore e di apertura all’altro, mi esprimeva tutto il vuoto del suo mondo interiore, il suo dolore, la sua solitudine, il suo sentirsi “schiacciata fin nel profondo della terra”. L’approfondimento diagnostico mi ha permesso di raccogliere un insieme di elementi fondamentali, utili ad individuare il giusto intervento di aiuto pedagogico clinico nei confronti della bambina. Denise mostrava un senso di insicurezza che si rifletteva nell’impaccio dei movimenti, un dinamismo respiratorio poco fluido e una scarsa capacità ad esprimere sé stessa. Manifestava difficoltà a comunicare il dolore che stava provando, difficoltà ad addormentarsi, una profonda ansia di separazione dalla figu-

ra materna, paura dei luoghi chiusi e del buio, incubi notturni, terrore per la solitudine. Si esprimeva a voce bassa, con bisbiglii e un ritmo lento, mantenendo spesso la postura protratta in avanti e lo sguardo rivolto verso il basso. Da quanto è emerso durante la Verifica delle PAD, ho maturato un percorso di aiuto pedagogico clinico che potesse favorire innanzitutto la comunicazione, esprimere le sensazioni e i fatti vissuti, superare le difficoltà e l’ansia nel vivere i rapporti, offrirle strumenti idonei al recupero dell’autonomia socio-relazionale, emotiva, intellettiva e operativa, nel farle superare il disagio psico-emozionale provocato dall’abbandono da parte del padre. Un prezioso aiuto nel percorso intrapreso è stato fornito dalle tecniche della pedagogia clinica, ed in particolare dalle esperienze desunte dai metodi Discover Project®, Edumove-

ment®, InterArt®, Musicopedagogia®, che si sono mostrate efficaci nel favorire lo sviluppo e la presa di coscienza di sé e delle proprie capacità espressive e comunicative, l’abbattimento tensionale e l’accesso allo scambio. Il Discover Project e l’Edumovement, oltre a promuovere la percezione propriocettiva, hanno contribuito alla ricerca e al riconoscimento delle varie parti del corpo “percepite e non”, al potenziamento dell’equilibrio

…variazioni importanti strettamente legate allo sviluppo emotivo. 15


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tonico ed emotivo – affettivo e del dinamismo respiratorio, rappresentando per Denise l’opportunità di ricerca di un nuovo equilibrio fisico ed emotivo. Sul dinamismo respiratorio, la cui alterazione era strettamente legata al trauma vissuto dalla bambina, ho dedicato buona parte del percorso pedagogico clinico che ha subito nel corso del tempo variazioni importanti strettamente legate allo sviluppo emotivo di Denise e alla presa di coscienza dei suoi vissuti e del suo “esistere” ed “essere”. Denise ha scoperto pian piano la sua energia vitale, la sua forza, la sua volontà, il suo “volersi esprimere” attraverso il corpo e i gesti. Le esperienze desunte dall’Interart e dalla Musicopedagogia hanno rappresentato per Denise un’opportunità espressiva e comunicazionale ricca di risorse. Attraverso il disegno, la poesia, la pittura, la danza e la drammatizzazione, Denise ha espresso

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tutto il suo mondo interiore con la consapevolezza di voler “lasciare traccia di sé”. Linguaggi espressivi che richiedono alla persona di acquisire abilità nell’attenzione e nell’autocontrollo, vivere il proprio corpo, sentirlo, parteciparlo, vincere o canalizzare le tensioni emotive, scoprire le diverse intensità di tatto, di pressione o di esitazione, la varietà dei ritmi e di espansione nello spazio, la possibilità di conoscersi, di vivere e provare emozione. (Anna Pesci, Metodo InterArt®, Edizioni Isfar Firenze, pag. 13). Così Denise non si è sentita più sola nella sua sofferenza ma ha potuto condividere insieme all’altro (me nel ruolo del pedagogista clinico) nuovi modi per

affrontare il suo dolore cercando dentro di sé i sistemi per reagire. Ha avuto la possibilità di parlare al padre assente, di porgli delle domande e dei perché, di esternare la rabbia nei suoi confronti fino al punto di gridargli contro e di cacciarlo. Tali momenti sono stati intensi e ricchi di significato, considerati pertanto elementi positivi nel suo percorso di riequilibrio psico-emozionale. Il percorso pedagogico clinico ha visto Denise protagonista diretta del proprio cambiamento: dai vissuti di solitudine, malinconia, paura, insicurezza sperimentati durante i primi sei mesi alla presa di coscienza dei fatti accaduti, alla possibilità di esprimere se stessa e “narrarsi” senza inibizioni fino al raggiungimento di un equilibrio emotivo affettivo che le ha permesso di sentirsi nuovamente protagonista della propria vita.

…protagonista diretta del proprio cambiamento.

Summary The author claims the discomfort that a child feels whenever he separates from a parent. Experts give evidence of how clinic-pedagogical methods may be helpful to rouse new self-confidence feelings, necessary changes to win fears, loneliness, and melancholy.


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Sofferenze infantili di Claudio Rao*

Tutti noi abbiamo dimenticato molto della nostra prima infanzia. Una normale forma di amnesia infantile, ci spiegano gli esperti in neurofisiologia. Il cervello del neonato non è ancora sufficientemente sviluppato per « registrare » i ricordi. Nella mia attività professionale mi é stato dato di incontrare persone che conservano ricordi estremamente chiari e precisi di avvenimenti vissuti pochi mesi dopo la propria nascita. Per queste ragioni sono convinto che queste «amnesie infantili» siano causate principalmente dalla rimozione del dolore, dalla negazione della sofferenza vissuta da piccoli. Dolore e sofferenza che siamo incapaci di gestire e di integrare. Per quanto ci sia difficile immaginarlo allo stadio adulto, alla nascita siamo tutti totalmente dipendenti dall’ambiente degli adulti e dei genitori in particolare. Tutti allo stadio infantile abbiamo sperimentato vissuti d’impotenza, di dipendenza, talora anche di abbandono e di disperazione. È dunque a posteriori e sotto la spinta dei luoghi comuni che sviluppiamo la lettura di un’età infantile caratterizzata da leggerezza, spensieratezza ed invidiabile serenità.

Il supposto paradiso perduto è in realtà un percorso irto di ostacoli e difficoltà ben note a noi psicologi, psicoterapeuti e pedagogisti clinici. Servendomi di qualche esemplificazione pratica, cercherò di mostrare la mia verità e cioè che se io adulto sono fondamentalmente di gestire la mia quotidianità, le mie scelte, i miei errori, le mie sofferenze, le mie gioie e i miei dolori, io – allo stadio di neonato o di infante – non ci posso riuscire altrettanto bene. Una mamma che accede al mioistudio di Bruxelles mi riferisce che il pediatra consultato in seguito ai pianti frequenti del proprio neonato di un mese l’ha rassicurata dicendole che un bebé poteva essere lasciato piangere anche un paio d’ore senza doversene preoccupare. Soprattutto se non vi sono ragioni apparenti per questo pianto. Bypassando un tendenziale irrigidimento dovuto a irritazione nei confronti del medico, oriento la seduta a far entrare Annie a cont1atto con la dimensione d’incomunicabilità che tali atteggiamenti rischiano di generare. Le propongo una seduta interat-

tiva. Le chiedo d’immaginare di essere mia sorella, ammalata e immobilizzata a letto; colpita da un’emorragia cerebrale: la parte sinistra del suo corpo (Annie è mancina) è paralizzata ed ha perso l’uso del linguaggio. Non può comunicare con il suo ambiente né a gesti né a parole. Solo con mugugni e gemiti. Stando alla diagnosi medica questa sarebbe una situazione temporanea e, in capo a qualche giorno, dovrebbe migliorare sensibilmente. Simuliamo la situazione in una sorta di « jeu de rôles ».

…in grado di gestire la mia quotidianità, le mie scelte, i miei errori…

* La formazione del Pedagogista clinico in Belgio, come si vede, può essere integrata da conoscenze disciplinari di confine ciò che permette all’autore di condurre interazioni che in Italia troverebbero sicure critiche da parte di psicologi e psicoterapeuti. Una chiara differenza tra criteri di collaborazione professionale tra specialisti che dimorano in nazioni diverse, ma dello stesso continente.

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Le chiedo d’immaginare un bisogno naturale: necessità di essere cambiata dopo la minzione, di bere un po’ d’acqua, di rimboccare le coperte o raddrizzare il cuscino, o anche solo di un po’ di attenzioni. E, senza spiegarmelo, di cercare di comunicarlo a suo fratello che si trova nella stanza accanto. Esco dallo studio e attendo. Annie geme. Ma non abbastanza forte perché io possa sentirla (in altre faccende affaccendato). Poi inizia a mugugnare, sempre più forte, nervosamente. Entro e colgo nel suo sguardo un’espressione di gioioso sollievo (poi confermatami). Riporto con molta approssimazione il discorso diretto nei termini che avevo improvvisato. • Cosa c’è? Hai bisogno di qualcosa? • Mugugno • Vuoi che chiuda le tende? • Mugugno • Hai sete? • Mugugno Dopo una serie di domande senza indicazioni intelligibili: • Io devo andare di là... chiamami pure se hai bisogno. Esco dallo studio. La scena si ripete analogamente un altro paio di volte con poche variazioni sul tema: • Fa freddo qui. Non hai freddo tu? • Mugugno • Magari più tardi ti alzo il riscaldamento... • Mugugno

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La terza volta esordisco dicendo duramente: • Diamine! Ancora! Proprio non riesco a combinare nulla oggi! Che cos’hai ancora?! • Mugugno Poi termino la fiction e le chiedo di condividere i propri vissuti in quella situazione. Dopo alcune considerazioni assai arricchenti e senza alcun imput da parte mia, Annie fa immediatamente il parallelo con la situazione del suo piccolo Georges! Partendo dai vissuti di Annie e ritornando alla fiction: nonostante la situazione temporanea destinata a migliorare sensibilmente, la invito a immaginare la situazione del suo Georges che dovrà aspettare una decina di mesi prima di riuscire a formulare qualche parola e molto più a lungo per formulare frasi del tipo « Ho paura, resta un poco qui con me ». Durante il primo anno di vita – così ricco e fecondo in esperienze, ma così complesso e difficile – Georges dovrà accontentarsi di esprimere i suoi bisogni con grida e pianti e la sua gioia con gorgoglii e risatine. Questo però non significa che le emozioni che vive siano parziali e limitate ad immagine delle manifestazioni esterne... Non solo. Se il piccolo Georges non si sentirà capito e accettato, integrerà solo vissuti negativi... che noi adulti potremmo verbalizzare. E invito Annie a farlo con parole sue - rievocando

…esprimere i suoi bisogni con grida e pianti e la sua gioia con gorgoglii e risatine… l’esperienza di jeu de rôles. Riporto le sue espressioni (all’epoca non registrate) come mi suffraga la memoria. • « Non posso davvero contare su nessuno in questo mondo! » • « Nessuno capisce un *** ! Sono tutti sporchi egoisti... Devo arrangiarmi da solo! » • « Se ne fregano tutti di me. Se mi amassero, mi capirebbero. Non conto proprio niente per nessuno! » Spiego ad Annie che nel mio studio sento sovente persone adulte proferire frasi simili nei confronti del proprio entourage... Ne scaturisce un percorso che riporta la signora alle proprie fonti, ai propri ricordi e vissuti, alle proprie sofferenze e « ferite infantili ». Percorso sofferto, ma fecondo.


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Altro esempio, un po’ più teatrale. Privo di riferimenti a persone accolte nei miei studi professionali. Con la complicità del lettore. Lo scopo è sempre lo stesso: avvicinarmi in punta di pedi a quello stadio evolutivo della nostra vita che oggi tendiamo a considerare il più bello e spensierato. Stai passeggiando in città in un bel giorno di primavera. L’aria è frizzante e il sole brilla nel cielo azzurro. Sul fare della mezza, passando davanti alla trattoria « Mamma Rosa » dallo stile familiare, ti vien voglia di fare uno spuntino. Entrando ti accorgi di essere l’unico cliente... forse il primo del giorno. Appena sistemato, la proprietaria sbuca dalla cucina: é un donnone enorme, più grande di un giocatore di base-ball...! Da seduto, la cosa ti fa sentire ancora più piccolo. « Allora, mioi caro, hai fame? » esordisce la signora dal fare molto familiare, quasi materno, ma deciso come un pompiere. « Qui c'è solo il piatto del giorno... mamma Rosa ti ha preparato una minestrina squisita... » Lo sguardo è diretto (dai suoi due metri) il sorriso è a trentadue denti e il tono non sembra ammettere repliche. Detto-fatto, mamma Rosa prende un grosso tovagliolo, te lo annoda attorno al collo e si dirige verso la cucina. Nel frattempo, tu cerchi di rassicurarti con mille

pensieri per cercar di gestire quella strana avventura. Ma ecco che la grande signora ritorna con un piatto di minestra fumante e un cucchiaio in mano. « La mangerà lei? » pensi - mentre soffia nel piatto e sul cucchiaio traboccante di liquido giallastro. Nel mentre lei ti infina la posata nella bocca aperta dallo stupore! « Mhmm... com'è buona... È vero?! E vedrai come ti farà bene! Coraggio... » Alla seconda cucchiaiata, già preparato al peggio, opponi una resistenza passiva: chiudi le labbra, giri la testa e sposti il cucchiaio con la mano rovesciandoti qualche goccia di minestra sulla camicia. Non l’avessi mai fatto! Mamma Rosa grida una parola che non capisci, ma che deve essere terribile, poi rimette il cucchiaio nel

piatto. « Vittoria! » pensi. Macché! « Sai che così fai solo dei pasticci? Capriccioso che sei! Sai quanti vorrebbero poter mangiare questo ben di dio?! Vergona! » Poi riprende il cucchiaio e: « Forza, apri la bocca! È buonissima...! » Deciso a far valere il tuo punto di vista (tutto sommato ad esistere come persona), tieni ben strette le labbra e guardi la signora con determinazione. In fondo non hai scelto proprio nulla di quanto lei ti sta imponendo... Mamma Rosa sembra abbandonare la presa... Forse ha capito!! Poi, però, dopo un breve attimo di silenzio, alza la voce: « Insomma, ti decidi o no!? Io ho anche altre cose da fare. » E chiama: « Robi, vieni a darmi una mano ».

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Arriva Robi. Un omaccione, ancora più grande e robusto della mamma, con certe manone... Robi alza una delle sue enormi mani (grandi più della tua guancia) e, con un mega indice puntato sotto il tuo naso, ti intima: «Poche storie, mangia questa minestra, altrimenti...!» Mamma Rosa si rimette in posizione di combattimento e ripropone la sua cucchiaiata mentre il tuo cuore batte ai cento all’ora... Il cucchiaio caldo arriva a forzare le tue labbra mentre la signora precisa: « Non pensare di fare quello che vuoi tu: qui devi fare quello che ti diciamo noi... per il tuo bene! » Finisci per cedere, capitolare senza condizioni. Emotivamente sfinito. Il tempo di trangugiare e la cucchiaiata seguente arriva rapidissima ed abbondante, dopo una rapida soffiata, dandoti a mala pena il tempo di respirare... Finita la minestra ti senti stanco e frustrato con tanta rabbia dentro. E mamma Rosa: « Ma che bravo! Vedi che era proprio buona!? E vedrai come ti farà bene!! » La tua rabbia e la tua frustrazione sono alle stelle. Robi, rimasto sempre nei paraggi, rincara la dose: « Così mi piaci! Cerca di ascoltare sempre la mamma. Lei ti vuole bene e lo dice per il tuo bene...!! » « Gli adulti vogliono capire i bambini e dominarli: dovrebbero ascoltarli » asseriva la celeberrima psicanalista infantile

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Françoise Dolto. Affermazione sulla quale noi – allo stadio adulto – dovremmo imparare a riflettere per capirci meglio e meglio capire lo stadio iniziale di quella che è comunemente definita età evolutiva. E questi sono solo semplici stimoli alla riflessione. Banali provocazioni psicopedagogiche. Affermazioni controcorrente che si sostanziano di esperienze professionali e umane. Nei miei studi di Bruxelles, di Torino e di Cuneo, infatti mi è capitato e mi capita tuttora di accompagnare percorsi evolutivi di persone le cui ferite emozionali infantili ri-attivano vissuti e narrazioni di (vere o presunte) violenze fisiche, psicologiche e psicosessuali... Quanto esposto suffraga le mie riflessioni e i miei studi sul fenomeno dello stress nel bambino e nell’adolescente già esposti in alcuni articoli a carattere scientifico o più divulgativo pubblicati su riviste specialistiche o sui quotidiani locali. Quella fase, solo apparentemente così felice, su cui abbiamo incominciato a riflettere parlando dell’ « amnesia infantile » ci ha

visti tutti impotenti, dipendenti, incapaci di comunicare, di capire quanto stesse succedendo intorno a noi, di esercitare una qualsiasi influenza sull’ambiente esterno. Ammetterlo potrebbe essere per molti di noi il primo passo di un percorso terapeutico di rinascita e di trasformazione del proprio essere al mondo.

…percorsi evolutivi di persone le cui ferite emozionali infantili ri-attivano vissuti e narrazioni…

Summary The training at the pedagogic clinic in Belgium, as we can see, may be integrated with disciplinary knowledge allowing the author to conduct interactions that in Italy would certainly find critics on the part of psychologists and psychotherapists. A clear difference between the criteria of professional collaboration between specialists who live in various countries, but from thesame continent.


ISFAR® ISTITUTO SUPERIORE FORMAZIONE AGGIORNAMENTO E RICERCA® FORMAZIONE POST-UNIVERSITARIA DELLE PROFESSIONI®

CONSULENZA TECNICA E PERITALE PRESSO IL TRIBUNALE (CTU-CTP) Sedi e date: Cagliari, 27-28-29 marzo 2015; Firenze, 15-16-17 maggio 2015 Destinatari: Psicologi, laureati in Psicologia (classi 58/S; LM-51; V.O.), in Scienze e tecniche psicologiche (classi 34; L-24) e Pedagogisti Clinici ANPEC. Prospetto della formazione Il percorso formativo è strutturato in modo da permettere l’acquisizione delle competenze teoriche, metodologiche e tecniche e la professionalità necessaria per svolgere convenientemente la consulenza in tutte quelle situazioni di carattere conflittuale per cui è stato previsto un procedimento giudiziario. Le figure professionali di Consulente Tecnico d’Ufficio e di Consulente Tecnico di Parte sono previste e delineate dal Codice di Procedura Civile (libro I - art. 61-64) e dal Codice di Procedura Penale (libro III - art. 22 0-233). I temi trattati sono: • Il Consulente Tecnico d’Ufficio (CTU) nei processi civili • L’iscrizione all’Albo dei Consulenti Tecnici • Doveri del Consulente • L’udienza di comparizione • Le operazioni e le tecniche peritali • Strumenti di valutazione nella consulenza tecnica • Il Consulente Tecnico di Parte (CTP) • Responsabilità del Consulente e sanzioni • La Consulenza Tecnica nei processi penali • Gli ambiti della consulenza (separazione, divorzio, affidamento, adozione, valutazione del “danno” sul minore ecc.) • Caratteristiche generali della perizia • Tecniche di redazione della relazione peritale • Esercitazioni con supervisione guidata • Stesura e discussione della consulenza tecnica Docente: Prof. Dott. Sergio Gaiffi, Psicologo, Psicoterapeuta, Consulente Tecnico per il Tribunale di Prato Al termine degli incontri verrà rilasciato il Certificato di Formazione in Consulenza Tecnica e Peritale (CTU-CTP) Organizzazione didattica: il percorso formativo si articola in un week-end intensivo (venerdì, sabato e domenica) Orari: venerdì 10:30-13/14-19; sabato e domenica 9-13/14-18 Quota di iscrizione: Euro 186,00 - Quota di frequenza: Euro 200,00 Modalità di iscrizione e frequenza: vedi pagina 37 Sedi della formazione Cagliari: Hotel Residence Ulivi e Palme***, Via Bembo, 25 Firenze: ISFAR Istituto Superiore Formazione Aggiornamento e Ricerca - Palazzo Giraldi, Via del Moro 28 (a 100 mt. dalla stazione ferroviaria di S.M. Novella)

Per informazioni e iscrizioni

SEGRETERIA ISFAR: Viale Europa 185/b - 50126 Firenze - Tel./Fax 0556531816 e-mail: info@isfar-firenze.it - www.isfar-firenze.it (lun.-ven. 9-13/14-18)


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PROFESSIONE

MEDIATORE FAMILIARE Ad indirizzo globale

Ai sensi della legge 4/2013

Sede e data di inizio: Firenze, 27 marzo 2015

Formazione in fase di nuovo accreditamento Associazione Mediatori Familiari AIMeF Formazione riconosciuta dall’Associazione Mediatori Relazionali Destinatari: Laureati in Psicologia, Scienze e tecniche psicologiche, Pedagogia/Scienze dell’Educazione o della Formazione, Giurisprudenza, Scienze politiche e Sociologia. Possono accedere anche coloro che sono in possesso del Diploma di Assistente sociale o della Qualifica di Pedagogista Clinico ANPEC (previa valutazione del cv). Requisiti minimi di ingresso: Laurea di primo livello (nel campo delle scienze umane o del diritto); l’esame finale potrà essere sostenuto solo dopo il conseguimento della laurea universitaria. Il corso è a numero chiuso, con un massimo di 27 allievi. Mediatore Familiare Terza persona imparziale che agisce in modo da facilitare la risoluzione di una disputa riguardante questioni familiari, relazionali e/o organizzative concrete, in un processo informale il cui obiettivo è di aiutare le parti in lite a raggiungere un accordo direttamente negoziato, applicandosi affinché l’autorità decisionale resti alle parti. Organizza sedute con genitori separati o separandi nella particolare circostanza di una separazione in atto al fine di mantenere vivo il senso e la pratica della loro responsabilità genitoriale. Aiuta la coppia a trovare, al di fuori del sistema giudiziario, un’intesa nella direzione di una separazione soddisfacente con la premura di salvaguardare l’esercizio della cogenitorialità. Più in generale prende in carico la coppia nella mediazione di conflitti legati alla separazione. Modello globale (Haynes e Buzzi) Secondo il Modello Globale, oggetto della Mediazione Familiare non sono soltanto i conflitti inerenti la separazione/divorzio né solo quelli connessi ai figli, ma anche tutte le conflittualità legate al patrimonio familiare (assegno di mantenimento, divisione della casa ecc.), poiché si parte dal presupposto che le aree siano intrinsecamente legate. È un percorso aperto anche a coppie senza figli e non sposate poiché lo scopo di questo tipo di mediazione è dare alla coppia la possibilità di ritrovare un canale di comunicazione al fine di vivere il momento della separazione nel modo meno traumatico possibile. Stage: 40 ore (25 di tirocinio e 15 di preparazione della tesi finale). Il tirocinio può essere realizzato in strutture convenzionate o che sono disponibili a stipulare una convenzione. In alternativa, per chi lavora già in uno studio professionale, è possibile coprire le ore di tirocinio dimostrando di aver seguito almeno un caso di mediazione familiare (supervisionato durante gli incontri di lezione). Qualora l’allievo non abbia seguito un caso di mediazione familiare durante il percorso formativo, dovrà farlo prima dell’esame finale con una supervisione documentata, non compresa nella quota di frequenza. Con il superamento dell’esame verrà riconosciuta e attestata la Qualifica di Mediatore Familiare che consentirà agli allievi di iscriversi al Registro dei Mediatori Familiari dell’AIMeF. Il calendario completo e i docenti della formazione possono essere visionati visitando il sito www.isfar-firenze.it Organizzazione didattica: Il percorso formativo include otto weekend intensivi (venerdì, sabato e domenica) in aula e una giornata dedicata alla verifica finale. Orari: venerdì 10:30-13/14-18; sabato e domenica 9-13/14-16:30 Quota di iscrizione: Euro 186,00 - Quota di frequenza: Euro 1650,00, divisibile in tre rate da euro 550,00 ciascuna. Sede della formazione Firenze: ISFAR Istituto Superiore Formazione Aggiornamento e Ricerca - Palazzo Giraldi, Via del Moro 28 (a 100 metri dalla stazione ferroviaria di S.M. Novella) Per informazioni e iscrizioni

SEGRETERIA ISFAR: Viale Europa 185/b - 50126 Firenze - Tel./Fax 0556531816 e-mail: info@isfar-firenze.it - www.isfar-firenze.it (lun.-ven. 9-13/14-18)


ISFAR® ISTITUTO SUPERIORE FORMAZIONE AGGIORNAMENTO E RICERCA® FORMAZIONE POST-UNIVERSITARIA DELLE PROFESSIONI®

ORIENTAMENTO PROFESSIONALE Sede e date: Firenze, 28 febbraio - 1 marzo 2015 Destinatari: Psicologi e Psicologi in formazione, Orientatori, Pedagogisti, professionisti operanti in area HR (Human Resources). Programma La formazione intende, attraverso esercitazioni pratiche, far apprendere l’utilizzo dei principali strumenti utili all’indagine di orientamento e, grazie alle simulazioni, favorire lo sviluppo di abilità per la gestione di casi reali. • In cosa consiste l’orientamento • I principali modelli e approcci • I protagonisti dell’azione orientativa • Obiettivi dei professionisti dell’orientamento • Obiettivi dei destinatari dell’orientamento • L’orientamento e il processo di decision making • Le variabili fondanti l’indagine di orientamento (gli interessi professionali, gli interessi culturali, le attitudini, le competenze, la personalità, la motivazione, le strategie e i metodi…) • I metodi per l’indagine di orientamento: assessment e colloqui • I principali strumenti standardizzati utilizzabili per l’orientamento • L’orientamento e il colloquio di restituzione • Dall’orientamento al “disegno di vita” • Dall’orientamento alla costruzione di piani formativi e di carriera. Docente: Prof. Dott.ssa Elena Gaiffi, Psicologa nel settore del lavoro e delle organizzazioni, Perfezionata in Teorie e Tecniche di Gruppo, Consulente Tecnico per il Tribunale di Prato Al termine degli incontri verrà rilasciato l’Attestato di

Formazione in Orientamento Professionale Organizzazione didattica: Il percorso formativo si articola in un week-end (sabato e domenica). Orari: sabato 10:30-13/14-18; domenica 9-13/14-16:30 Quota di iscrizione e frequenza: Euro 280,00 Sede della formazione Firenze: ISFAR Istituto Superiore Formazione Aggiornamento e Ricerca - Palazzo Giraldi, Via del Moro 28 (a 100 mt. dalla stazione ferroviaria di S.M. Novella)

FORMAZIONI CON CREDITI DI AGGIORNAMENTO PER PEDAGOGISTI CLINICI IL PEDAGOGISTA CLINICO A LAVORO CON I GENITORI Sede e date: Torino 7-8 marzo 2015 - crediti 10

PEDAGOGIA CLINICA IN CLASSE: L’INSEGNANTE PEDAGOGISTA CLINICO NELLA SCUOLA Sede e date: Catania, 14-15 febbraio 2015; Cagliari, 13-14 giugno 2015 - crediti 10

DISGRAFIA-DISORTOGRAFIA

Sede e date: Firenze, 31 gennaio-1 febbraio 2015 - crediti 5

ADHD DISTURBO DA DEFICIT/IPERATTIVITÀ STRATEGIE CLINICHE E DIDATTICHE Sede e date: Milano, 21-22 marzo 2015 - crediti 5

L’INTERVENTO CLINICO ATTRAVERSO IL GIOCO Sede e date: Firenze, 19-20-21 giugno 2015 - crediti 5

PEP-REB: PARENT EDUCATION PROGRAM REFLECTING BASED (in modalità Learning) crediti 10

Per informazioni e iscrizioni

SEGRETERIA ISFAR: Viale Europa 185/b - 50126 Firenze - Tel./Fax 0556531816 e-mail: info@isfar-firenze.it - www.isfar-firenze.it (lun.-ven. 9-13/14-18)


ISFAR® ISTITUTO SUPERIORE FORMAZIONE AGGIORNAMENTO E RICERCA® FORMAZIONE POST-UNIVERSITARIA DELLE PROFESSIONI®

FORMAZIONE A DISTANZA (FAD)

PEP-REB: PARENT EDUCATION PROGRAM REFLECTING BASED 10 CREDITI DI AGGIORNAMENTO ANPEC

10 CREDITI DI AGGIORNAMENTO ASPIF

Destinatari: Specialisti ed operatori dell’area sanitaria e socio-educativa (anche in formazione). Programma (in modalità e-learning) La formazione ha l’obiettivo di fornire ai partecipanti le conoscenze teoriche, metodologiche e operative per sviluppare abilità e competenze nella gestione o nell’implementazione di Programmi di Educazione dei Genitori, basati sul metodo Reflecting®. Dopo una introduzione sui principali modelli di Programmi di Educazione per Genitori e dopo aver fornito alcuni elementi di base sulla psicologia della famiglia, i partecipanti potranno apprendere attraverso presentazione ed esercitazioni cosa è un Pep- Reb e come si realizza e potranno inoltre iniziare a sviluppare le abilità necessarie alla sua realizzazione. • Parent Education Programs: tipologie, caratteristiche, obiettivi ed efficacia • Elementi di psicologia della famiglia • Il Metodo Reflecting: principi e metodologia di base • Pep-Reb: caratteristiche, obiettivi ed efficacia • Esempio di Pep-Reb: obiettivi, articolazioni e fasi, tempi, verifiche di esito e processo. • Verifica finale Al termine del corso, superata la verifica finale, verrà rilasciato l’Attestato di

Formazione in Parent Education Program Reflecting Based

N.B. La formazione non autorizza all’utilizzo del metodo Reflecting®, ma intende fornire orientamenti sufficienti alla pratica formativa basati sul Reflecting®. Docente: Dott. Simone Pesci, Psicologo, Psicoterapeuta, presidente della Società Internazionale di Reflecting Organizzazione didattica: Il Corso si svolge completamente online in modalità e-Learning. I partecipanti hanno accesso riservato alla piattaforma e-Learning open.edu, nella quale seguono le varie unità didattiche delle lezioni (video, dispense, slides) e svolgono le esercitazioni-verifiche secondo i propri ritmi e disponibilità temporali. La formazione stima circa 50 ore comprensive dello studio dei materiali e dello svolgimento delle prove di verifica e non necessita di una presenza contemporanea di formatore e partecipante.

In seguito al ricevimento della quota di partecipazione la segreteria invierà una comunicazione sulle modalità di accesso al portale FAD e di fruizione del percorso formativo Quota di partecipazione: Euro 190,00; Euro 150,00 (per i soci ANPEC e i Soci ASPIF in regola con il versamento della quota associativa)

Per informazioni e iscrizioni

SEGRETERIA ISFAR: Viale Europa 185/b - 50126 Firenze - Tel./Fax 0556531816 e-mail: info@isfar-firenze.it - www.isfar-firenze.it (lun.-ven. 9-13/14-18)


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A N P E C Congressi, convegni, seminari, incontri… San Mauro Torinese Massimo Ripamonti ha tenuto a Villa Santa Croce un Corso esperienziale in dinamiche personali e relazionali “Io nel mio mondo” Individuarsi nei propri legami, dal 3 al 6 luglio 2014.

Terracina La collega Stefania Salvaggio, direttore regionale ANPEC del Lazio, già dall’anno scolastico 2012/2013 sta tenendo, in intesa con l’USP di Latina, in tutte le Scuole di ogni Ordine e Grado, un progetto su “Benessere e Qualità della Vita nella Scuola”. La formazione mira ad approfondire la tematica dei BES in relazione alla definizione dei termini e all’utilizzo di strategie e strumen-

Tr i b u n e ti per l’osservazione e l’individuazione degli alunni con Bisogni Educativi Speciali, alla conoscenza della normativa in merito e di metodologie di intervento didattico-pedagogico. Un potenziamento culturale dell’inclusione relativo alle competenze professionali finalizzata ad una più stretta interazione tra tutte le componenti della comunità educante. Villafranca di Verona La collega Picardi Rosa, ha realizzato presso l’ Istituto Comprensivo Cavalchini-Moro di Villafranca di Verona, il progetto su “Affettività e sessualità” coinvolgendo quattro sedi delle primarie del comprensivo con la partecipazione di sei classi quinte e due classi quarte, esteso anche agli insegnanti e ai genitori. L’esperienza si è orientata alla conoscenza del sé corporeo e alla relazione e si è conclusa con una buona risonanza sul territorio. Formia (LT) La dott.ssa Annalisa Di Nitto, organizzato dall’Associazione “VITA NUOVA” onlus con il patrocinio di ANPEC ha condotto all’interno dell’evento “La settimana solidale del benessere” tenuto presso il Centro Commerciale ITACA di Formia, uno sportello pedagogico clinico.

Cagliari

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E IL RESTO DEL CARLINO

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d IL GIORNALE DEL LAZIO

IL CAFFÈ DI APRILIA

MAREMMA NEWS

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a a cura di Marta Mani

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In questa rubrica vengono presentati testi di Autori italiani un approfondimento del sapere specialistico oltre che offrire Anna Pesci, Guido Pesci

Scrittura-Stategie di intervento Edizioni Scientifiche ISFAR Firenze, 2014 p. 139 L’aiuto a quanti dimostrano difficoltà nell’esprimersi attraverso la scrittura trova nel volume ampie risposte idonee a modificare o integrare la processualità didattica rispetto alla più frequente situazione esistente. Le modalità didattiche trovano nella flessibilità un processo di garanzia per un significativo sviluppo che trova sostegno da stimoli ricchi e vari, curiosità e ingegnosità. Oltre alla didattica nel volume vengono esposte scelte di metodo con diverse opportunità da tradurre nei processi apprenditivi, sia sostenute in un’opera propedeutica, sia in un momento di sostanziale aiuto specialistico. I processi solidali nel soddisfare esigenze propedeutiche si basano su percorsi di crescita che garantiscono al soggetto apprendimenti sostenuti dal piacere di padroneggiare competenze nuove, in un clima affettivo che lascia spazio all’intenzionalità e alla creatività. Il soggetto mantenuto in questo clima di piacere, orientato ed animato da stimoli che ne facilitano l’iniziativa, è affidato ad attività sostenute da un impegno sistemico, dall’ingegneria specialistica e da strategie combinate che permettono di destare e accrescere gli “impulsi ad apprendere” le regole di uno scrivere corretto e un arricchito pensiero lessicale. Antonio Viviani

I. Salzberger-Wittenberg, G. Williams Polacco, E.Osborne

L’esperienza emotiva nel processo di insegnamento e di apprendimento Liguori Editore, Napoli, 1993 Anche se si tratta di un libro datato (1993) ritengo che la sua conoscenza rappresenti un must nello strumentario di un pedagogista, in particolare se i suoi interessi si allargano all’area del disagio nello studio. I tre co-autori, due psicoterapisti e una docente psicopedagogista presso la Tavistock Clinic di Londra, analizzano attraverso una serie di saggi - da un punto di vista psicoanalitico, ma con un linguaggio semplice e accessibile anche ai non addetti ai lavori - la relazione fondata sull’insegnamento e l’apprendimento. In particolare vengono analizzati i molteplici aspetti del rapporto degli studenti con l’insegnante, il transfert nella situazione di apprendimento, le paure dell’insegnante, la sua frequente identificazione con gli aspetti distruttivi degli studenti (molto spesso foriera di disastri) e i fattori emotivi che connotano l’appren-

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dimento. Non ultimo il focus sul rapporto dell’insegnante con le famiglie degli alunni, rapporto che in questi ultimi anni è divenuto sempre più complesso e difficile man mano che andavano disgregandosi l’autorità e l’autorevolezza della figura docente (per problemi esterni e interni alla sua persona) e si affermavano sempre più (giustamente, ma problematicamente) i diritti e le attenzioni ai bisogni degli studenti. “Già Freud annoverava tra le professioni impossibili non solo la psicoanalisi, ma anche l’educazione” è l’incipit con il quale Bianca Iaccarino dà corpo alla Prefazione di questo libro e con esso anticipa il clima di difficoltà nel quale può svilupparsi la relazione docente-discente. Nel contempo però differentemente da Freud, grazie al loro atteggiamento positivo nei confronti di questo disagio, le tre co-autrici del libro travalicano il pessimismo freudiano e delineano un programma che rende il più efficace possibile “l’intersezione tra le conoscenze psicoanalitiche sullo sviluppo del bambino e il lavoro pedagogico nella scuola”. “L’assunto di base che fa da sfondo ai singoli saggi consiste nell’inquadrare l’apprendimento come una funzione non solo cognitiva, ma affettivo-cognitiva che in quanto tale, si esplica al di dentro di un complesso di relazioni che sono quelle con l’insegnante, con il gruppo-classe, e con i genitori interiorizzati. L’apprendimento in quanto processo ha, quindi, le sue radici nella storia affettiva di ognuno e nella dinamica interpersonale”. Con questa descrizione efficacissima della complessità delle dinamiche che si intrecciano nel processo pedagogico Bianca Iaccarino rende giustizia all’ampiezza e all’accuratezza di questa analisi. Non solo. Riconosce la capacità delle autrici di questo libro di aver saputo coniugare e integrare con maestria i versanti per niente contigui della psicoanalisi e della pedagogia e creare un amalgama semantico chiaro e facilmente fruibile al lettore che ha la fortuna di imbattersi in questo libro. Nicola Corrado

Anna Pesci, Guido Pesci

Linguaggio-Strategie di intervento Edizioni Scientifiche ISFAR Firenze, 2014 p. 135 La meravigliosa funzione fisiomeccanica, psicocinestetica e senso-percettiva che sostanzia l’epigenesi elocutoria è un processo assai composito e articolato, ed ogni aspetto frenante o inibente le competenze, chiede di effettuare l’Analisi delle Potenzialità, Abilità e Disponibilità (PAD), provvedere alla ricognizione sulle capacità del soggetto nel distinguere e differenziare i suoni, esplorare gli andamenti melodici, pro-


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i a cura di Claudio Rao

e stranieri che possono apportare un arricchimento scientifico e un più vasto panorama culturale. sodici, timbrici e temporali; modulazioni affettive, eloquenti espressioni sonore della personalità. Un buon punto di partenza per assumere le informazioni che aiutano ad individuare quali debbano essere gli stimoli per risvegliare agi espressivi ed emozionali. Il volume si sofferma in particolare ad indicare l’acquisizione di tecniche indispensabili per dare risposte utili in un percorso di aiuto e indica quattro metodi, contenitori di un gran numero di tecniche con cui generare diversi stimoli, secondo le necessità. I metodi: Ritmo Fonico, Vibro Tattile, Coreografia Fonetica e Linguaggio-Azione, orientano su esperienze educative diverse tra loro, capaci di emulsionare attitudini individuali o in stima gruppale per l’espansione del processo espositivo elocutorio. Con questi metodi, che sono stati sperimentati nel Centro di Ricerca Kromos di Firenze, è possibile perseguire lo sviluppo di suoni e fonemi energizzati da ritmi che sincronizzano il flusso della parola e che incidono sull’evoluzione della funzione simbolica del linguaggio verbale, e affinare le abilità a leggere ogni effetto vibrazionale della respirazione e della voce per mezzo di effetti trasmissivi tattili. Occasioni utili per arricchire e potenziare oltre al pronunciamento verbale una dinamicità espressiva sostenuta da tracce illustrative delle emozioni che vengono tradotte in drammatizzazioni sceniche. Marta Mani

Marta Mani

Musicopedagogia-Esperienze ausiliarie alla pedagogia clinica Edizioni Scientifiche ISFAR Firenze, 2014 p. 140 Nel volume si riassume il processo di educazione seguito con il metodo Musicopedagogia, idoneo a promuovere nell’individuo una sostanziale crescita che soddisfa ogni rendimento espressivo delle sonorità in un intreccio tra le modulazioni, la mobilità della voce e i movimenti del corpo. Una musica che processa rendimenti espressivo-sonori senza l’ausilio di strumenti musicali, dagli effetti significanti diversi. È un metodo, le cui tecniche, come dice l’Autrice si basano su sollecitazioni vibrazionali, ritmiche e sonore, utilizzate per far vibrare la gamma dei sentimenti, impiegate per esplorare il mondo delle emozioni, dei desideri, dei fantasmi, sollecitare abreazioni, superare difficoltà e modifiche comportamentali. Le caratteristiche del ventaglio di tecniche della musicopedagogia, nel fondersi per favorire dinamiche in un insieme di creazioni e di composizioni, di esperienze ludiche e di improvvisazioni sonoro-musicali, danno all’educazione un nuovo contenuto.

Il Metodo si consolida assicurando esperienze sonoro-musicali in termini di interazioni e scambi e proteggendo un’efficace partecipazione a esperienze creative individuali e collettive, accrescere i contenuti e potenziare le performance in efficienza ed efficacia. Guido Pesci

Christa Meves

Wie bleiben wir menschlich? Christiana Verlag, Stein am Rhein (Suisse), 2000, p. 192

Da sempre la “psicagogista” (così si autodefinisce) ormai ottantanovenne Christa Meves si batte contro la modernità, proponendo soluzioni radicali ai conflitti generazionali, quali familismo, con netta separazione tra i generi (il padre è il padre, la madre la madre, ai figli spetta l’obbedienza assoluta), ruoli (la bambina suonerà il piano, il ragazzo il corno da caccia), ricette da “Kochbuchpaedagogik” (pedagogia “usa e getta”, di pronta applicazione empirica), “ben calibrate” per combattere l’enuresi notturna, la timidezza, la contestazione in ogni forma (basti dire che apparenta il terrorismo con le volontà innovatrici dei giovani parroci o dei/delle giovani insegnanti, che rimprovera allo stato sociale, al “welfare state” un ruolo autoarrogantesi di eterna protezione delle per-sone, sostenendo un liberismo e liberalismo iperconservatore e sostanzialmente autoritario, pur ritenendo di essersi sempre battuta contro ogni forma di autoritarismo e totalitarismo), che depreca ogni innovazione. Con una formula non peregrina potremmo affermare che Christa Meves si colloca agli antipodi, ovviamente non dialetticamente sintetizzabili, rispetto alla pedagogia clinica. Neoeletta come candidata europea del partito AUF (Arbeit, Umwelt, Familie, “Lavoro, ambiente, famiglia”, che ricorda la triade “Dio patria famiglia”), la Meves ha purtroppo influenzato per decenni i modelli familiari, psicosociali e pedagogici delle realtà più arretrate del mondo germanico, austriaco e svizzero di lingua tedesca, realizzando anche, a livello “teorico” (pur non essendo certo una “teorica”) una curiosa sintesi tra la teoria istintuale di Konrad Lorenz e di Niko Tinbergen e volgarizzazioni indebite della psicologia del profondo di tradizione junghiana. La sua scelta iperconservatrice, anzi francamente reazionaria a livello politico ed editoriale è stata segnata dalla sua conversione, a metà anni Duemila, dalla chiesa evangelica a quella cattolica, in coincidenza con il papato di Joseph Ratzinger-Benedetto XVI°. Eugen Galasso

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R e c e n s i o n i a cura di Claudio Rao

In questa rubrica vengono presentati testi di Autori italiani e stranieri che possono apportare un arricchimento scientifico e un approfondimento del sapere specialistico oltre che offrire un più vasto panorama culturale. Bernd Ahrbeck

Der Spiegel n. 38 settembre 2014 Der Spiegel, Amburgo Quando ormai quasi tutti gli studiosi e anche gli operatori del settore parlano di diversabilità e della necessità di integrare i “diversabili” nelle scuole “normali” (anche sul concetto di norma ci sarebbe da ridire) fin da subito (scuola materna), c’è chi avanza dubbi, in particolare per quanto riguarda le diversabilità cognitive, non sempre “immediatamente riconoscibili”. Così il prof. Bernd Ahrbeck, docente di pedagogia comportamentale a Berlino (Università Humboldt), sostiene che “stare ai margini è terribile”, ma anche che “l’handicap non è solo una costruzione sociale. L’errore di fondo nel dibattito sull’inclusione è il fatto che si accetti, che con il riferimento alla differenza tra persona si presupponga necessariamente un giudizio di valore. Se riconosco e descrivo un disturbo dell’apprendimento, ciò non significa di per sé, che io mi ponga al di sopra di qualcuno”. Ora, l’handicap è, invece, una costruzione sociale: certo, più evidente nel caso di sordità e/o cecità, ma anche in quello del disturbo dell’apprendimento: la società, come scuola (“istituzione ideologica di stato” diceva Althusser, ma lasciamo perdere...) pretende un certo livello di apprendimento e di velocità di apprendimento che qualcuno/a (leggi dislessico, disgrafico, discalculico, per es.) non raggiunge, ma ancora una volta la barriera è socio-culturale. Con una concezione come quella di Ahrbeck si torna indietro, quasi colpevolizzando chi non attinge certi livelli, certe performances, ripiombando in concezioni potenzialmente oscurantiste. Eugen Galasso

Annapaola Capuano, Franca Storace, Luciana Ventriglia

BES e DSA-La scuola di qualità per tutti Libri Liberi, Firenze, 2013, p.178 Il volume è stato edito con il contributo delle tre autrici ed ha lo scopo di rendere pratica la Direttiva Ministeriale del 27 dicembre 2012 “Strumenti di intervento per alunni con Bisogni Educativi Speciali e organizzazione territoriale per l’inclusione”, e quanto indicato dalla Circolare Ministeriale n.8 del 6 marzo 2013. Le autrici hanno rilevato il bisogno di supporto per dare risposte adeguate con interventi e strumentari capaci di facilitare i compiti affidati agli insegnanti. Nel libro si apprendono le diverse esigenze dei singoli alunni raccolte con strumenti osservativi ed individuate le modalità di lavoro in risposta agli

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aspetti cognitivi, emotivi, motivazionali e relazionali. Tra gli strumenti osservativi che permettono una condivisione efficace e sinergica all’interno dei Consigli di classe, quelli per sostenere la competenza gestionale della scuola, favorire la competenza osservativa dei docenti, comunicativa della famiglia e elaborati percorsi didattici personalizzati che vedono al centro la figura dell’alunno come persona. A proposito si trovano all’interno dell’opera strumenti per sviluppare la competenza comunicativa e metacognitiva. Un volume ricco di stimoli attuativi pratici suffragati da linee di condotta in ogni particolare utilizzo, sicuramente validi oltre che per gli insegnanti, per tutti quegli specialisti che sono chiamati ad aiutare gli allievi con difficoltà nell’apprendimento e nel comportamento in ambito extrascolastico, e i genitori che devono trovare occasioni di riflessione partecipando alle relazioni senza appesantire il clima in cui il proprio figlio si trova a vivere i rapporti con i coetanei, spesso con il rischio di sviluppare autodenigrazione. Maria Raugna

Marco Santilli

La balbuzie a scuola Armando Editore, Roma, 2011, p.125 Il libro offre un contributo significativo a quanti si trovano a fronteggiare disagi e difficoltà conseguenti ad alterazioni espressivo-elocutorie, in particolare l’autore è orientato a dare messaggerie utili agli insegnanti nel contesto scolastico e nelle dinamiche della classe. La difficoltà ad articolare il linguaggio, spesso ostacola il successo scolastico, trasmette nel soggetto imbarazzo, inadeguatezza, e ne annota la diversità, con sofferenze sull’autostima e la socializzazione che gli insegnanti devono saper lenire. Per questo vengono proposte modalità adatte a coniugarsi positivamente con il soggetto e creare una gestione efficace in aula soddisfacendo manifestazione di stima con modellamenti comportamentali capaci di reazioni fluidificanti la fiducia. Si tratta di evitare l’innescarsi di un processo di lenta e progressiva emarginazione per originare una forma di vera alleanza, una serena costruttiva e cooperativa relazione. Il volume si dimostra un sicuro ausiliario poiché oltre agli indicatori comportamentali utili agli insegnanti si annotano suggerimenti su come conoscere il soggetto e lo strutturare laboratori per favorire nella classe comunicazioni relazionali ideali per un benessere psicoverbale capace di intessere intese e scambi ed evitare l’inibizione della fluenza. Anna Pesci


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Con l’adesione del Presidente della Repubblica

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UniversitĂ Cattolica di Berlino

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Monika Seifert

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Barbara Baloh

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UniversitĂ del Litorale Slovenia

Congresso Mondiale ANPEC EXPO 2015

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Congresso Mondiale ANPEC EXPO 2015

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News editoriali

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ANPEC

ASSOCIAZIONE NAZIONALE PEDAGOGISTI CLINICI www.pedagogisticlinici.com COLLANA DI PEDAGOGIA CLINICA DIRETTA DA GUIDO PESCI Edizioni Magi - Roma Pagg. 152

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Il corpo in pedagogia clinica

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Antesignano della pedagogia clinica in Italia

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Guido Pesci Simona De Alberti

Pagg. 80

Maria Grazia Dal Porto Maria Grazia Magazzino

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Jane Dossick Eugene Shea

Pedagogia creativa 52 esercizi per i gruppi

Pagg. 168

Educromo

Il metodo pedagogico clinico per vincere le difficoltà di lettura

Guido Pesci Lucia Russo

L’anamnesi

Un colloquio per conoscere significati complessi

Il pedagogista clinico mediatore e formatore Pagg. 127

Maria Grazia Dal Porto Alberto Bermolen

La fiaba come risveglio dell’intuizione

La Mediazione

Metodo pedagogico clinico per educare al segno pratico

Pagg. 136

Formazione e professione

Aiuto alla Persona

Prismograph

Per una scienza del movimento

Guido Pesci

Guido Pesci Marta Mani

Guido Pesci

Guido Pesci

Pedagogista clinico

Percorso clinico

Metodo per favorire l’equilibrio e il piacere

L’educazione del corpo nella scuola del domani

Pagg. 156

Pagg. 115

Touch ball

Il metodo Memory Power Improvement per il recupero delle abilità mnestiche nell’anziano Jean Le Boulch

Guido Pesci Simone Pesci

Pagg. 136

Scienza e professione

L’esperienza sonoro-musicale come aiuto alla persona nella relazione pedagogico clinica

Mnesi e invecchiamento

Pagg. 368

Mauro Carboni

Guido Pesci

Pedagogia clinica

Musicopedagogia

Il pedagogia clinico nelle istituzioni

Pagg. 115

Pagg. 150

Scuola che cambia

Ri-flessioni per essere in Forma

Pagg. 172

Guido Pesci Marta Mani

Pagg. 164

Guido Pesci Gloria Mencattini

Autonomia e coscienza di sé

Guido Pesci Anna Pesci

Pedagogia clinica in classe

Omega Edizioni - Torino Pagg. 255

PEDAGOGIA CLINICA - La pedagogia in aiuto alla persona degli anni settanta del secolo scorso. L’accezione di “cura della persona”, data all’aggettivo clinico fu considerata il focus dell’elevazione di questa nuova dottrina, chiamata a rispondere alle esigenze delle persone di ogni età e dei gruppi con interventi di aiuto realizzati per mezzo di attenzioni educative. È una disciplina che ha dato origine alla professione di pedagogista clinico, un professionista che, con il suo patrimonio di conoscenza, di esperienza e di abilità, è adeguato allo sviluppo e al progresso. siano soddisfatti dalla stima di sé e dei propri bisogni sociali.

tivo rispetto al vivaio di discriminazioni e di risultati deludenti cui assistiamo nella nostra realtà, troppo spesso indirizzata


n. 31 numero 2 - anno XV luglio-dicembre 2014


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