Pedagogia Clinica 18

Page 1

n. 18 numero 1 - anno IX

Poste Italiane spa - spedizione in abb. post. - D.L. 353/93 (convegno L. 46-04) art. 1 comma 1 - DCB

gennaio-giugno 2008

Simbologia di un mito dell’Antico Egitto The symbology of Old Egypt’s myth

Essere buoni padri Be good fathers

Adozione: dal sogno alla realtà The adoption: from the dream to reality

L’immagine allo specchio e lo specchio dell’immagine The image to the mirror and the mirror of the image

Consulenza Tecnica d’Ufficio a favore di una persona diversamente abile Professional advice to the disabled

Prevenzione oncologica e pedagogia clinica Oncological prevention and clinical pedagogy


n.18

Autorizzazione Tribunale di Firenze Decreto 4868 1° marzo 1999 Periodico semestrale Anno IX n. 1 gennaio-giugno 2008

Editore: ISFAR srl Fondatore e Direttore responsabile: Guido Pesci Direzione, Redazione, Amministrazione: ISFAR - viale Europa, 185/b 50126 Firenze Tel. e Fax 055 6531816 E-mail: info@isfar-firenze.it Web: www.pedagogiaclinica.com www.clinicalpedagogy.com www.pedagogisticlinici.com www.pedagogisticlinici.eu www.isfar-firenze.it Progetto grafico Senza Filtro Firenze Traduzione a cura di Valentina Benoni Degl’Innocenti Printed in Italy: Tipolitografia It.Comm. srl via di Ripoli 50/r Firenze

Modalità di pagamento/terms of payment: - Italia: versamento sul C.C.P. n. 12709580 intestato a ISFAR srl viale Europa 185/b - 50126 Firenze - specificando la causale “abbonamento rivista” - Foreign countries: international cheque or postal money order to ISFAR srl - viale Europa, 185/b - 50126 Firenze Abbonamento 2008 (due numeri): - per l’Italia A 10 - per l’Estero A 15 Il prezzo di ogni fascicolo arretrato (fino ad esaurimento) A 7 A 10 per l’estero L’abbonamento decorre dal 1° gennaio al 31 dicembre di ciascun anno, con diritto ai numeri già usciti. Gli abbonati sono vivamente pregati di comunicare i cambiamenti e le variazioni di indirizzo. Non saranno sostituiti i numeri andati smarriti per mancata comunicazione di cambi di indirizzo. Gli abbonati sono anche pregati di comunicare eventuali errori di indirizzo perchè la correzione degli stessi consenta loro di ricevere regolarmente la Rivista. L’ISFAR garantisce la massima riservatezza dei dati personali che saranno custoditi nell’archivio elettronico e non saranno oggetto di diffusione. Norme per i collaboratori della rivista Chi volesse sottoporre articoli per eventuali pubblicazioni può inviare i testi, registrati su cd-rom, alla redazione, oppure via e-mail al nostro indirizzo. I contenuti degli articoli pubblicati riguardano le opinioni di chi scrive, gli Autori rispondono perciò della originalità e pubblicabilità dei lavori. Il materiale inviato non viene restituito. La pubblicazione degli articoli non prevede nessuna forma di retribuzione. Norme generali Tutto quanto è pubblicato è di proprietà della rivista e ne è vietata la riproduzione anche parziale senza l’autorizzazione della Direzione e senza citarne le fonti.


O I R A Direttore scientifico Guido Pesci

Segreteria di redazione: Valentina Benoni Degl’Innocenti Sergio Gaiffi Marta Mani Simone Pesci

M

Direttore di redazione Anna Pesci

Editoriale / Editorial Pag. 20

Pag. 4

Simbologia di un mito dell’Antico Egitto / The Pag. 5 symbology of Old Egypt’s myth

Essere buoni padri / Be good fathers

Pag. 12

Adozione: dal sogno alla realtà / The adoption: Pag. 16

M

from the dream to reality

L’immagine allo specchio e lo specchio Pag. 18 dell’immagine / The image to the mirror and the mirror of the image

Consulenza Tecnica d’Ufficio a favore di Pag. 21 una persona diversamente abile / Professional

O

advice to the disabled

S

Comitato scientifico: Valentina Benoni Degl’Innocenti Sandro Cappellin Mauro Carboni Elena Gaiffi Sergio Gaiffi Eugen Galasso Liliana Luccini Marta Mani Simone Pesci Claudio Rao Maria Raugna Lucia Sarais Alberto Sedini Stefania Turini Antonio Viviani

Prevenzione oncologica e pedagogia clinica / Pag. 26 Oncological prevention and clinical pedagogy

Echi dalla stampa / Echoes from the press

Pag. 29

ANPEC Tribune / ANPEC Tribune

Pag. 34

Recensioni / Book reviews

Pag. 36

News / News

Pag. 38


n. 18 - gennaio-giugno 2008

Editoriale di Guido Pesci

Il professor Giuseppe Talamucci, nato a Firenze il 20 ottobre del 1933, insigne neuropsichiatra, uomo di cultura e di metodo, membro del Consiglio Nazionale dell’Associazione dei Pedagogisti Clinici (ANPEC), docente dal 1997 dell’ISFAR Istituto Superiore Formazione Aggiornamento e Ricerca, non è più al nostro fianco, la morte lo ha colto mentre, durante la degenza in ospedale, confermava il fermo, continuo e rinnovato proposito di tornare ad insegnare. A noi ha lasciato memoria di questo suo impegno nei confronti di una disciplina a cui aveva rivolto tutta la sua attenzione professionale. Maestro dei pedagogisti clinici, egli ha contribuito alla loro formazione e al riconoscimento delle abilità professionali oltre i confini della nostra Nazione, in Europa e nel mondo. Tutti quelli che gli sono stati vicini hanno potuto sicuramente sperimentare il carattere scherzoso e, per questo e per l’amicizia che mi lega a lui da tantissimi anni, sento l’obbligo di ricordarlo, nel modo in cui egli avrebbe desiderato, istrionico, accompagnato dal suo risolino ironico da

maledetto toscano malapartiano. Era la persona che meglio ci rappresentava ed era a lui che veniva richiesto di condurre convegni e congressi, sempre pronto a lasciare stupiti, fiorentino arguto, era facile a motteggi e pareri scanzonati, come quelli sulla terapia, quando lamentandosi del contagio dilagante di questo termine utilizzato per ogni intervento che poteva far bene disse: “allora aggiungiamo anche la bi-

steccoterapia che certo male non fa”. Quanti hanno conosciuto il professore Giuseppe Talamucci in docenza lo conoscono anche per questi suoi accenti e per come riusciva a mimare a rappresentare con il proprio corpo quanto andava dicendo, come riusciva a mantenere viva l’attenzione per intere giornate e terminare, come nel suo ultimo incontro a Roma, con un lungo

applauso, così sentito e scrosciante che la moglie all’uscita gli chiese “applaudono te?” e lui le rispose “sì, perché?”, una risposta e una domanda che non mancarono di essere accompagnate dal suo sguardo. Giorno dopo giorno, man mano che i pedagogisti clinici venivano a conoscenza di simile grande perdita mi hanno espresso sincere testimonianze di amicizia; in tutti è rimasto l’amico e con esso una forza spirituale animata dal suo impegno verso gli altri; diligenza e correttezza di vita, principi fondamentali su cui si basa la pedagogia clinica e l’opera di aiuto alla persona del pedagogista clinico. Un segnale chiaro di quanto i pedagogisti clinici siano animati dai suoi insegnamenti, dai suoi desideri e dalla sua volontà di erigere con la pedagogia clinica un baluardo di speranza per tante persone in difficoltà. Sembra che con la sua scomparsa abbia voluto creare in ognuno di noi un maggiore accanimento nel portare avanti gli intenti della nostra categoria professionale. Forse consapevole di questo, ci guarda come quel fiorentino che guarda dopo che ha fatto uno scherzo.


n. 18 - gennaio-giugno 2008

Simbologia di un mito dell’Antico Egitto di Eugen Galasso

In questo testo mi avvarrò della tradizione non solo analitica/psicodinamica (junghiana e hillmaniana, in particolare) ma ad altri approcci (Guénon, in specie) e alla mia professione di pedagogista clinico e reflector, cercando di lasciare alla lettrice/al lettore uno spazio suo per leggere insieme a me questo mito. Lascerò un po’ sullo sfondo il rapporto sogno-mito, pur essendo assolutamente convinto del fatto che senza il sogno il mito non esisterebbe: in altri termini, il mito nasce anche dal sogno, pur se non si limita ad esso; quando viene “codificato”, prima nella tradizione orale, poi traslato nella scrittura, il mito “supera il sogno”, fatalmente lo “razionalizza”, lo “coscientizza”. Seguace della teoria che sostiene la polisemia dei testi (quindi a fortiori dei miti), la mia interpretazione, sperabilmente “aperta” non ne esclude alcun’altra, anzi la (le, per meglio dire) presuppone. Scegliere un mito, pur se particolarmente significativo, può sembrare arbitrario; esso, invece, in questa chiave, viene assunto a exemplum non fictivum. Chiaro che l’osso non sostituisce il dinosauro, ma qui, credo, l’esempio va al di là della presunzione di ricavare (indurre) tutto il dinosauro, ma al tempo stesso l’osso/esempio è, appunto, molto importante, perché attiene alla grandezza del mito archetipico su

“vita-morte-rinascita”, ovviamente non solo e non tanto nella dimensione letterale. Occasionalmente farò riferimento ad altri testi, decisamente lontani dalla tradizione egizia. Ciò nel senso della perennità del mito, dell’unità inter-culturale, ma presupponendo tutto ciò, non “cercando di dimostrarlo”. Preciso, a scanso di equivoci, di non essere né egittologo né archeologo, ma di riferirmi alle mie competenze di storico della cultura e di esperto in simbologia. 1) Testo-frammento di Madame Noblecourt Il testo-frammento è assolutamente unico, a livello simbolico, conservato al Louvre, di cui la prof. Madame Noblecourt fu per anni responsabile, per il settore egittologico: un testo iconografico in cui si legge: “Sur un coté, apparaissaient d’abord deux images du génie de l’inondation accroupi, protégeant de leurs mains tendues un petit poisson (inet) appelé de nos jours en égypte boulti (la Tilapia nilotica). ����������������� Sur une des deux grandes faces, on avait represénté des animaux passant dans un paysage quasi désertique évoqué par quelques touffes de graminées. Une autruche, un cerf, un bubale, un taureau, un lion ruggisant, tous tournées dans la même direction, indiquaient ainsi le sens de la lecture des images. Le second petit

côté était bien gravé du fameux défilé des sept Hathor, depuis vingt années ancrés dans mes souvenirs. Elles marchaient vers une forme féminine, semblant récevoir leur hommage. Enfin, sur le dernier grand coté, la tableau terminal était figurée une scène aquatique. Sur une barque se tenaient un petit veau et le nocher de la nacelle, lançant un filet dans lequel il avait emprisonné des canards sauvages. Enfin, sortant des eaux et faisant face à la proue du bateau, un hippopotame ouvrait largement la gueule (il mésurait moins d’un centimétre (C.Desroches Noblecourt, La Grande Nubiade, Le Parcours d’une Egyptologue, Paris, Stock-Pernoud, 1992, p. 360). Per contestualizzare, l’epoca è quella di Amenophis III, quindi quella del “Nuovo Impero” (1500-1480 a.C. circa). �������� Ed ecco la spiegazione che l’autrice dà, “En faisant appel à tous les symboles utilisés dans le rites funéraires, au bestiaire égyptien que je travaillais depuis plusiers années, à la litterature de vieux

…senza il sogno il mito non esiterebbe…


n. 18 - gennaio-giugno 2008

temps pharaoniques et à l’ornementation des chapelles de tombes, je pus coordoner ces messages paraissant, à première vue, étrangers les uns à les autres, et reconstituai ainsi le périple dont on souhait voir le mort sortir triomphant après toutes les épreuves de son “purgatoire”. Come si vede, la studiosa sa ricorrere, da buona specialista che però non diventa “idiota della materia” (“Fachidiot/in” in tedesco è più “primario” e pregnante), alla connessione sinestesica, ma anche alla non-soluzione di continuità tra testo iconico e testo “letterario”, tra storia ed esperienza di “scoperta” archeologica (dovremmo dire gnomico, protrettico, religioso, dichiarativo, per essere più esatti, da un punto di vista descrittivo/linguistico, ma uso qui “letterario” nell’accezione più ampia del termine, capace di raccogliere gli altri significati, includendoli e prescindendo provvisoriamente dallo specifico – del resto, ove si dovesse entrare più direttamente in medias res, sappiamo benissimo che i testi antichi, di carattere religioso-morale-etico, persino se a destinazione prescrittivo-normativa, erano comunque espressi in forma poetica, dove ciò non vale solo per l’antichità greco-romana). Il riferimento al Purgatorio non è solo un omaggio al lettore non egittologo (tutti o quasi i libri dell’autrice sono accessibili al lettore non specialista, purché di buona cultura), ma il tracciare un ponte nel senso anzidetto, quello dell’inter/culturalità, anche per

fare quanto l’esegesi biblica oggi accetta e pratica a sua volta (almeno finora...), cioè a dire lo studio dell’influenza delle culture antiche e antichissime (appunto quella egiziana) su quelle successive della tarda antichità, dove il riferimento non è solo a quella ebraica (tradizione veterotestamentaria, mentre le elaborazioni successive sono “altre”), ma a quella cristiana, in cui invece (a differenza di quella ebraica) il concetto di Purgatorio è presente, pur se oggi discusso a livello teologico. ������� Giustamente, però l’espressione viene virgolettata. Ma è la prosecuzione del testo che ci interessa maggiormente: “Immergé dans les eaux primordiales, l’embryon du defunt était évoqué par le boulti (ut supra, e.g.), du Nil, ce poisson inet des vieux Egyptiens, symboles de l’ego appelé à renai^tre après ses trasformations. Il lui fallait passer dans le monde effrayant des démons l’assaillant sans cesse et dont il devait sortir vainqueur. C’étaient, matérialisées par les animaux du désert, au pelage roux, les images du Malin, semblant tourner le dos à son cheminement. Ainsi était-il préparé à un renaissance éternelle: les sept fées (mai^trisant, parmi elles, la fameuse “Carabosse” jeteuse de mauvais sort) allaient présenter à la forme féminine contenant le germe de la résurrection la promesse d’un destin lumineux” (op. cit., pp. 360-361). Sempre attenta alla descrizione del testo iconografico, la Desroches-Noblecourt individua, da

non psicoanalista, ma attenta alla cultura psicodinamica, come si tratti di un’allegoria dell’ego, quindi il problema non sia la “trasmigrazione delle anime”, la metempsicosi, ma invece la trasformazione, anzi le trasformazioni dell’ego stesso, che deve passare per le forche caudine del confronto con il “Malin”, inteso in primis come assenza di conoscenza. Stando al testo della grande egittologa, sarebbe improprio e fuorviante interpretare ulteriormente (finendo per iper-interpretare più che meta-interpretare); basterà rilevare le “sept fées”, dove il numero “sette” è magico tradizionalmente (nella doppia accezione), risultando dalla somma tra l’inizio propriamente detto della serie dei numeri pari (più il quattro che il due, ma comunque il quattro è due al quadrato, ma anche due + due) e quello della serie dispari (il tre, omne trinum perfectum, più dell’uno, puro e semplice incipit...), mentre le fées emblematizzano l’aiutante, archetipo di ogni figura di adiuvante in ogni tradizione mitologica, ma anche in quella (non poi lontanissima, come noto, con tutte le differenze ben note) della fiaba. I dèmoni, chiaramente, sono di origine vicino-orientale (“Le Mille e una Notte” non a caso, sono piene di “djin”), notoriamente sia egizia sia iraniana e poi tornano nella Bibbia, con una valenza religiosa molto più forte, certo; qui sono esemplificati-rappresentati dagli animali del deserto, ma, chiaramente, il vero conflitto, la vera lotta-superamento si ha nel-


n. 18 - gennaio-giugno 2008

l’ambito della stessa persona, tra l’ego e la sua “umbra” (ma questo è già Jung, che conosce la studiosa da cui partiamo, senza alcun bisogno di citarlo). Inutile, poi, rintracciare tutti gli altri simboli, che sono polisemici già nel loro étimo, per così dire naturaliter: notoriamente, il lemma deriva da “sùn-ballein” (letteralmente “gettare insieme”, dunque...). Quando poi, a proposito di una realizzazione scenica che l’autrice ha coordinato (non teatralmente, certo, dato che registicamente ci fu il coordinamento di Jean Vilar, un grande esponente del teatro mondiale), ma ricostruendo i frammenti classici della religione e del mito egizio (tra le due dimensioni, certo, non c’era soluzione di continuità). La ��������� Noblecourt individua lo schema dell’“Eternel Retour appliqué à la geste divine: Osiris bienfaisant, sacrifié par le Malin, mais régnant dans l’univers de la transformation, pour réapparai tre sous la forme d’Horus glorieux, le Soleil renaissant” (op.cit., p. 379). ������������������ Senza voler stabilire indebite influenze dirette, senza voler individuare una pre-figurazione della soteriologia cristiana (distantissima dalla “religione” dell’Antico Egitto), rimane il simbolo di Osiride che rinasce in altro, in Horus, altra espressione dell’Io che si trova-perde/ri-trova, ri-perde, ri-ri-trova (mi scuso per l’uso smodato di trattini, re/significanti), dove l’allegoria è ancora una volta (anche, certo, non solo) quella dell’ego che passa per tante, diverse, contraddittorie, fasi. Al di là, poi, delle singole espressioni-personifi-

cazioni delle divinità, dove persino l’egittologa assolutamente “sicura di sé” può formulare se non ipotesi, in quanto la correlazione di frammenti scritti (meglio diremmo: iscrizioni, nella maggior parte dei casi) testi iconici non è sempre così chiara, il tema dell’Ego che si ri/trova proprio nel suo periplo attraverso le dimensioni ctonie del Sé, Ombra inclusa (gli “Inferi”, l’“Ade” non sono null’altro, a livello di interpretazione psicoanalitica, dove è inutile ripetere che essa non esclude le altre) .

…ricostruendo i frammenti classici della religione e del mito egizio…

“Das Aegyptische Totenbuch”, in part. da pp. 55-56). Secondo varie fonti, tutte ancora da verificare, ma mai smentite (né falsificabili, sic 2) Altri testi dell’antico Egitto. rebus stantibus), questo “Libro” di Il cosiddetto “Libro egiziano dei invocazioni e preghiere, avrebbe morti”, come tale, non è che la rac- influenzato antichi pensatori e letcolta di detti sul tema, conservati terati greci, da Solone a Pitagora, nelle tombe oppure posti nelle fa- dalla tradizione orfica ad altre, sce che avvolgono le mummie. mentre qualcuno attribuisce un Chiaro, dunque, che si tratta di una “soggiorno egiziano” anche a definizione filologica, non di un Omero, soprattutto Diogene Laertesto organico, chiamato così ori- zio e notoriamente Giamblico nelginariamente, ab imo, per così dire; l’antichità, fonti comunque non la denominazione risale all’egitto- “disprezzabili” né rigettabili a logo Richard Lepsius, che nel 1842 priori, più modernamente vedansi pubblicò un esemplare, ritrovato inter ceteros (S. Mayassis, Le Linel Museo Egittologico di Torino, vre des Morts de l’Egypte Ancienintroducendo, fra l’altro, la parti- ne est un Livre d’Initiation, Atene, zione in capitoli, ovviamente “ar- 1955 - Bibliothèque d’Archéolobitraria”, per quanto s’è già detto. gie Orientale d’Anthènes e Ch. Altri studiosi, (che hanno curato il Maystre, Les Déclarations d’Innotesto, traducendolo e soprattutto cence, Cairo, 1937). commentandolo), sulle orme dello Nel testo (iconico, in questo caso, stesso Lepsius, sono E.H. Naville data l’unità dei due livelli, che va (allievo diretto di Lepsius), E.A.W. oltre la semplice sinestesia) di cui Budge, Peter Le Page Benouf, sopra, sentiamo/vediamo Horus, Hermann Grapow, Ch. Maistre e, coronato dal sole e dal serpente, più di recente, anche T.G. Allen simbolo della doppia vita degli (cfr. Albert Champdor, Le livre des dèi, con dietro la Sfinge, che fa da morts, dove cito dall’edizione te- guardiano, davanti alle Piramidi desca, Muenchen, 1983, Knaur, (Champdor, op.cit., p. 35); Ram-


n. 18 - gennaio-giugno 2008

sete IV, intanto, sacrifica alla dea Amaunet, sorta di pendant femminile di Amun “il nascosto” (Libro dei morti, in op.cit., ibidem), una statuetta, ma la dea pone una croce egizia tra gli occhi del Faraone. La croce egizia (o a manico, ad ansa) è simbolo della forza vitale imperitura, in quanto è la sintesi-unione tra il maschile (verticalità) e il femminile (circolarità), ovvero il simbolo del superamento della condizione di morte (croce-crocifissione, praticata notoriamente in tutti i paesi del Vicino Oriente, che sarà poi esemplificata dalla crocifissione di Gesù, ma anche dell’iraniano Mani, cui giustamente si attribuisce la fondazione di quella gnosi definita appunto manicheismo). Perciò, senza volere minimamente togliere nulla al significato soteriologico della morte di croce di Gesù, capiamo (pur nella diversità anche iconica), come il valore simbolico della sua croce sia assolutamente a sé stante, mentre un’altra croce, diversa, ma non poi assolutamente sia da quella egizia sia da quella “grecoromana” (quella appunto di Gesù), quella “uncinata”, di tradizione orientale, carica delle stesse valenze caratterizzate sopra, avrà un terribile slittamento semantico nel/ con il nazionalsocialismo (dove rimane indiscussa l’interpretazione di ciò, pur nella sua discutibilità, nel volume di Wilhelm Reich “Psicologia di massa del fascismo”, in italiano Milano, Sugar, in ripetute edizioni). Ciò che a questo si lega, anche a livello testuale, è la penetrazione del seme del

morto Osiride in Iside, creando una nuova vita divina (Testi delle Piramidi, 632, 1635-1636) seguendo la traduzione di Jean Capart. Sia nella Desrouches-Noblecourt sia in Champdor, troviamo riferimenti a questo testo/narrazione. Dove questo mito della trasfomazione e rinascita, che culmina in Horus, è assolutamente emblematico: al di là delle funzioni del mito, che oggi ci possono “disturbare” (pur se “tutelarcene”, rifuggirne, sarebbe espressione di un bieco moralismo, culturalmente e non cristianamente condizionato), la rinascita palingenetica di cui qui si parla è anche e soprattutto quella dell’Ego. Il ciclo nascita-vitamorte-rinascita, così fondamentale in alcune culture antiche (Egiziani, Etruschi, ma anche i Greci dei misteri, eleusini come orfici, se pure con modalità espressive diverse) rimanda anche e soprattutto alla nascita-vita-morte-rinascita in senso spirituale, per cui il simbolismo è dominante. Persino la “magia” e la ritualità egizie sono finalizzate a combattere gli “spiriti inferiori”, dove chiaramente vuol dire combattere le proprie “parti oscure”, cioè chiaramente l’ombra, dove, come anche in alcuni romanzi esoterici (solo apparentemente di fantasy) quali “Earthsea”, va inglobata-superata piuttosto che negata tout court. Certo, la teoria del “dopo vita”, come “seconda nascita” è anche un tentativo (di tutte le religioni, in una forma o nell’altra) per comprendere-superare la “barra del

dopo”, ma è anche un immergersi nel Sé più profondo. Così, per gli iniziati, il Dio del sole (Re o Ra, a seconda della traslitterazione) “pone il suo seme nel suo corpo, per produrre nella sua intima essenza il suo uovo” (Inno a Amun, traduz. secondo Gardiner, cit. anche in Champdor, p. 43, dove però il riferimento che Champdor pone con il 62 frammento di Eraclito, per la classica partizione del Diels, “I Presocratici”, in cui probabilmente la dialettica eraclitea si stacca dalla concezione egizia, pre-se non a-dialettica). Sommessamente, all’egittologo in questione, vorrei suggerire un altro raffronto, più plausibile, con Eraclito: quello chiamiamo “Hodòs àno” (via verso l’alto) che fa “dialetticamente” (diciamo meglio, nel senso dell’unità degli opposti) pendant con lo “Hodòs kàto” (via verso il basso); ossia, tuffandosi in quella che l’antichità classica considerava l’Ade, la persona sale anche verso l’alto, comunque libera la sua anima dai lacci corporei oppure, immergendosi nella conoscenza di/ del Sé, recupera dimensioni ascondite e perigliose, ma non per questo meno importanti. La credenza egizia-classica (dovremo pur iniziare a parlare di antichità classica anche egizia, non solo greca, altrimenti quale “Black Athena”?) credeva fermamente che il corpo, unito al proprio “Ka”, ossia al proprio doppio immortale (il “duende” della tradizione spagnola, purché deprivato della sua componente demoniaca, il “Doppelgaen-ger”di Hoffmann, come di Poe - “Wil-


n. 18 - gennaio-giugno 2008

liam Wilson” - e di Dostoevskj) fosse immortale (cfr. in Champdor, op.cit., p.107). Anche qui, piuttosto che cercare improbabili riferimenti alla moderna teoria sull’antimateria, l’egittologo farebbe meglio a guardare alla psicodinamica, dove tali comparazioni sono certamente più opportune. 3) A parte altri testi, riguardanti la ritualità, tuttavia importanti, in cui per esempio si invita a aprire la bocca del defunto perché vi rientri quello che in greco si direbbe “Pneuma”, in ebraico il “ruah”, latinamente lo “spiritus”, inteso sia come soffio vitale sia come spirito (come in greco ed ebraico, non a caso, ma anche in egiziano antico), dove ancora una volta il simbolo si congiunge con la “realtà”, troviamo lo straordinario dialogo-invocazione/preghiera in cui Osiride ricerca-lamenta la perdita-ritrova l’amato (testo cit., p. 167). A questo proposito, anche tutto il coro (cortège, forse più efficace) di danzatrici/musiciste bellissime non deve richiamare la mera sensualità, ma rimanda ad altro, ad un godimento spirituale, poeticamente e poieticamente esprimibile. Così l’attesa di mere soddisfazioni sensuali (le “Uri”/dodici vergini nel “Giardino fiorito” coranico) non è da intendere in modo letterale se non da persone dannatamente “iliche”, ma altrettanto, metaforicamente, richiama la spiritualità e l’esultare “out of time and space”, oltre “la soglia”, dove però ciò, ancora una volta, non è da riallacciare al solo “dopo vita”, invece anche e soprattutto a un “ritrovarsi”

del Sé. Sia solo sommessamente ricordato che l’Islam, che nel nome del monoteismo totale ha “giustamente” espunto ogni immagine del politeismo precedente (quindi a fortiori quello egizio classico), qui invece ha mantenuto un elemento fortissimo della stessa tradizione pre-islamica (sorta di captatio populi, per non dire plebis). Altrettanto la figura di “Djed”, “feticcio preistorico, poi simbolo di “durata”, “superamento della morte”, infine simbolo di Osiride e quindi del “corpo ricomposto” (Champdor, op. cit., p. 198, sezione “dizionarietto delle divinità egizie”) rimanda invece (senza entrare in merito alla possibile similitudine con la “resurrectio carnis”, altrimenti ci si perderebbe “per li rami” ulteriormente) alla grandezza della forza spirituale, capace di trascendere ogni “ilicità”. Intertestualità. Rapporti dei testi (semioticamente e latamente intesi) egizi con testi “altri”. Inutile qui proporre una pletora di riferimenti, anche perché molti altri potrebbe proporli il lettore stesso, crediamo, a partire dalle sue conoscenze e preferenze. Si tratta invece, semmai, di mostrare come tradizioni culturali totalmente diverse, di ambiti religiosi, geografici, culturali (nell’accezione almeno doppia del lemma in questione), storici che apparentemente non hanno nulla di/in comune fra loro, portino invece ad un sapere comune. Non si tratta di ritrovare semplicemente delle analogie, ma di individuare snodi profondi, quali per esempio quello con il

“Libro Tibetano dei Morti”, edito in Occidente e tradotto in inglese nel 1927 dallo studioso nordamericano W. Y. Evans-Wentz, in cui il titolo dato ad un insieme di testi (in specie frammenti) diversi è mutuato da quello che abbiamo finora esaminato quale “Libro egiziano dei morti”. In realtà si tratta, se guardiamo al titolo originale, del “Bardo Toedrol Chenmo”, ossia “Grande liberazione nell’ascolto nel Bardo”, di trovare questo lemma in tibetano che indica i passaggi cruciali, non solo quello del ciclo vita-morte-rinascita, pur certo cruciale e centrale, ma anche quelli che portano all’autoconoscenza tramite l’autocoscienza (Sogyal Rinpoche, The Tibetan Book of Living and Dying, San Francisco, Harper, 1995 - 13esima edizione, p. 131). Nella concezione tibetana, il fine intimo e ultimo dell’opera è molto chiaro (l’autoconoscenza, non socraticamente espressa in concetti, ma prevalentemente per immagini), anche se i significanti sono molto diversi, come nell’affermazione-clou: “In questo tempo vieni trasportato di qua e di là dal terribile, insopportabile tornado del Karma, che fluttua tumultuosamente” (Sogyal Rinpoche, op. cit. p. 342). Solo un chiarimento, l’autore nota come scioccamente e “popolarmente” in Occidente si parli di “karma” identificandolo con il “destino”, quando invece sarebbe meglio tradurlo con quella catena logica che da una causa porta ad un effetto (ciò a livello di natura, ma anche di azioni umane,


n. 18 - gennaio-giugno 2008

dove comunque A magari non implica B, ma può concausare B). Precisazione oltremodo opportuna, vista l’atavica confusione a riguardo, dove tra l’altro, anche filosoficamente, il concetto di “destino” (Fatum, in latino, ma inteso come super-divinità) è logicamente insituabile. Mentre il fatalismo volgare è bigottismo, mentre la fede cristiana implica la scelta data dal libero arbitrio, oppure rassegnazione pessimistica, dettata da fattori psicologico-esistenziali, non motivata, altro è la nietzschiana “accettazione della vita” (Lebensannahme). Con ciò non si vuol minimamente togliere valore alle credenze popolari, ma semmai alle loro surfetazioni/rinascite in forma di indebita microideologia (cfr. il mito delle ”cure naturali”, con le erbe etc., il che non vuol certo dire deprivarle di importanza, ma togliere valore probante alla loro “ideologia”), comunque nata “in impuris naturalibus”, dove poi fenomenologicamente le immagini non si distinguono molto da quelle egizie, come l’appello-monizione, “Stai attento! padre e madre, la grande tempesta, il vento e la bufera, il tuono, le spaventose proiezioni e tutti i fenomeni visibili sono, secondo la loro intima natura, mere illusioni” (op. cit., p. 349). Chiaramente, si è scelto il confronto con il testo d’altra cultura sia per le indubbie analogie, sia per delimitare il campo, in quanto, anche senza scomodare Dumèzil, i raffronti inter-testuali sarebbero tanti e tali da far-

10

ci precipitare veramente in un oceano senza fine. 4) Simbologia: l’“affluire” di altre immagini non è da meno, ma quanto appare comune è il fulcro già esaminato in varie occasioni, quello dell’autoconoscenza, che si diffrange prismaticamente in una pluralità incredibile di immagini e simboli. Solo alcuni esempi, a partire naturalmente dall’acqua, ad altro, in cui emerge ben chiara la polisemia “totale”. L’acqua è “divina, il dio del cielo e della fecondità dona la pioggia. Altrettanto l’acqua ha in sé una forza che conserva la vita, senza l’acqua non può esistere alcun vivente. Per l’ammalato l’acqua ha funzione curativa, dà ritorno alla salute oppure almeno sollievo. Nelle credenze popolari l’acqua serve quale protezione dai dèmoni. Come per tutti i simboli, anche il significato dell’acqua è ambivalente ed ampio: donatrice di vita, rinfrancante, donatrice di fortuna, ma al tempo stesso distruttrice e terrorizzante; in sé ha forze indescrivibili, ma è anche tenera, incontenibile, quasi impercettibile” (K. Schilling, Symbole erleben, Stuttgart, Katholisches Bibelwerk, 1991, p. 54). Ciò che Schilling non dice, ma che sappiamo: - In quasi tutti i grandi miti/le grandi religioni, c’è una sorta di “Diluvio Universale”, nell’Epopea di Gilgamesh, assiro-babilonese, che influenza direttamente la Bibbia, come nelle Upanishad indiane, ma anche nelle tradizioni africane o oceaniche: dove il casti-

go di Dio si lega a considerazionidescrizioni, dove comunque il punto di partenza è decisamente fenomenologico, nell’accezione letterale di tale lemma; - Nella Bibbia già nella creazione, meglio nelle creazioni (è noto, ormai non solo più agli esegeti, che nel Genesi se ne trovano tre) della terra, nella fase caotica del “Tohuwut” (il fermentare caotico, ma il termine rimane intraducibile in lingue non semitiche), è l’acqua l’elemento chiave. Non diversamente, invero, dall’altro mito già “razionalizzato”, quello di Talete, dove “Tò Hùdor tòn Onton archè estì” (l’acqua è causa di tutte le cose), il che poi poeticamente (in Pindaro), ma anche a livello proverbiale diviene il “Ariston mèn tò Hùdor” (ottima invero è l’acqua). La metafisica, insomma, diviene morale-precettistica (non solo pret à porter, però) non punitiva. D’altronde, nel frammento da cui siamo partiti, prevale il coté negativo-disforico, quello che terrorizza, quindi che nasce da paure ancestrali, ataviche. Siamo nel/in “gurgite vasto” di virgiliana memoria (“Eneide”, come noto), non nella

L’acqua è divina, il Dio del cielo e della fecondità dona la pioggia…


n. 18 - gennaio-giugno 2008

“semplice” (in realtà psicologicamente molto significativa) paura di annegare. A livello psicodinamico, sia in Freud, sia in Jung, l’acqua è simbolo-chiave e principe (e al tempo stesso simbolizzazione) dell’inconscio: solo che in Freud l’acqua rimanda soprattutto al liquido amniotico, mentre in Jung più “universalmente” l’elemento vitale è archetipicamente quintessenziale, quindi non solo legato al legame primario della vita di ogni vivente. I “problemi” nascono invece dal rapporto con questo archetipo (cfr. la paura dell’acqua, dove notoriamente poi si deve parlare di idrofobie al plurale, non essendo identificabile una sola causa della stessa/delle stesse). Sempre riferendoci al testo citato, il pesce, simbolo dell’Ego, è altresì “simbolo della luce che rivela le possibilità personali” (A. Bermolen - M.G. Dal Porto - L. Moretto, Verso una pedagogia olistica, Roma, Bulzoni, 1993, p. 50). Ecco, come vediamo, allora, anche la grandezza del simbolo protocristiano, conservato nei Vangeli, nelle Lettere Apostoliche, poi via via vieppiù diradatosi, se non per cenni, dell’ “Ichzùs”, ossia del pesce-simbolo principe del Cristo, in cui il legame, certo, è con l’acqua più che con la terra, con l’acqua “elementale”, quintessenziale, il che si riverbera anche con la situazione degli apostoli (“ma io vi farò pescatori di uomini”), ma rimane anche la forza del simbolo (ancora una volta rimando all’ètimo), dinamico, guizzante, sfuggente, quando ciò sia necessario.

Quanto alla “grande forma femminile”, appare quasi superfluo accennare a Gea, alla Magna Mater (ma, appunto, tali divinità o meglio ipostatizzazioni risalgono a un “prima” che nell’Antico Egitto è fortemente radicato), dove poi anche la Vergine-Madonna, che nel cattolicesimo e nella tradizione ortodossa assume un valore soteriologico (non nel cristianesimo evangelico, però, perché “troppo” consapevoli delle derivazioni storiche di tale figura, magari senza coglierne la novità) un valore nuovo di intercessione/di preghiera-accoglienza. La dimensione del Femminile per Jung è in primis quella dell’anima, quindi dell’intuizione, diversa dal pensiero polemologico/razionalistico meramente analitico (l’animus, comprensivo anche di quello che chiamiamo “coraggio guerriero”), capace invece di sintetizzare ragione e sentimento, pensiero convergente (razionalità logico-deduttiva) e divergente (creatività, intuizione). Proprio in questo senso, per dare un ulteriore esempio di come il Femminile si radichi in culture (apparentemente lontanissime da quelle mediterranee) vorrei ricordare il mito andino della “Pacha-

…l’intuizione… capace di sintetizzare ragione e sentimento… mama”, la Madre Terra, se proprio vogliamo tradurre un lemma ancipite, onnicomprensivo, ma anche facilmente comprensibile in sé, “che genere la vita in un interscambio con i fenomeni celesti” (José Estermann, Filosofia andina, in traduz. italiana in “Il Margine”, anno XXVII, numero 9-2007, p. 42), che “è una persona che ha sete e che, quando viene graffiata (ovvero arata) sente dolore; lama e alpaca, però anche le sorgenti e le montagne, possiedono un’anima e entrano in relazione con l’uomo”, oltre e contro, quindi, “il dualismo occidentale di origine platonica, poi cartesiana e kantiana, tra ciò che è animato e ciò che è inanimato, tra ciò che è vivo e ciò che è inorganico” (Estermann, op. cit, ut supra).

Summary The symbology of Old Egypto’s myth is investigated from Eugen Galasso, thanks to use of analytical and psychodynamic tradition and many others directions which make move the Author in the background of the relationship between dream and myth, thinking that without dream wouldn’t be myth. In his research on old texts the Author develops topics like symbolism, iconography and every advice which comes from rituality; these are analysis that take him to hypothesis about archetypical values which believes can explain it beyond his research.

11


n. 18 - gennaio-giugno 2008

Essere buoni padri di Paolo Zani

Gli articoli del prof. Giuseppe Talamucci dal titolo Progetto, nascita e sviluppo del bambino che si possono rintracciare nella rivista di Pedagogia Clinica, hanno fornito stimoli interessanti di riflessione soprattutto inerenti al ruolo dei genitori nello svolgimento della funzione genitoriale dal progetto di coppia fino ai tre anni di vita del figlio. Figura paterna e materna reciprocamente coinvolte all’interno di dinamiche familiari e nello svolgimento di un ruolo educativo che sta subendo una considerevole evoluzione collegabile, principalmente, al cambiamento della struttura organizzativa del nucleo familiare e all’evoluzione dell’identità di genere. La famiglia è soggetta ad una serie di pressioni derivanti dal contesto socio-economico di appartenenza che la spingono verso una dimensione alternativa di vita. L’ingresso della donna nel mercato del lavoro ha comportato ripercussioni anche nell’ambiente intrafamiliare con una modificazione del ruolo materno e, inevitabilmente, di quello paterno. Un padre “buono” che si deve riappropriare di quella funzione fondamentale di autorevolezza che superi la visione tradizionale di padre padrone descritta nel libro di Gavino Ledda.

12

Oggi ci troviamo di fronte ad un padre incerto poiché da una parte è consapevole dell’ormai inevitabile e faticoso, a causa dell’energia psichica richiesta, cambiamento, ma dall’altra la nuova rotta non è ben definita, anzi rimane confusa all’orizzonte. Di fronte ad una tale situazione una persona può aggrapparsi alla tradizione (“Così ha fatto mio padre…”), può non intervenire nelle questioni educative familiari seppur il partner lo richieda (“Piuttosto che combinare guai…”) oppure può arrabattarsi ascoltando i diversi suggerimenti provenienti dai parenti, dagli amici, o dall’esperto mediatico (“Hanno fatto così ed ha funzionato quindi…” oppure “Lui è l’esperto…”). Il padre rimane emotivamente incastrato dibattendosi all’interno di una serie di modelli consigliati da evitare (i padri mammi, della televisione, in carriera, senza tempo) o da perseguire (autorevoli, dialoganti, presenti, affettivamente caldi) senza saper bene cosa fare e scordandosi dell’importanza del suo “semplicemente ed umanamente esserci”. La teoria dei pattern di attaccamento di John Bowlby (J. Bowlby, L’attaccamento alla madre. Torino: Boringhieri, 1972) sottolinea l’importanza della presen-

za, nei primi tre anni di vita, dell’adulto che si occupa del bambino per l’interiorizzazione di ciò che definisce “Modello Operativo Interno”. Un Modello, una rappresentazione mentale, che il bambino introietta della realtà esterna, dell’immagine di sé e degli assunti fondamentali di come funzionano le relazioni interpersonali attraverso il vissuto relativo al rapporto con la figura affettivamente importante. La strutturazione di un pattern sicuro di attaccamento permette al bambino una positiva e significativa esplorazione ambientale e sociale circostante con le sue molteplici possibilità di sperimentazione. Inoltre l’assimilazione profonda, da parte del bambino, di modelli relazionali consistenti e soddisfacenti gli permettono una strutturazione di personalità equilibrata e lo preparano al futuro, seppur lontano, compito genitoriale. Quindi l’immersione del bambino all’interno di una dimensione triadica padre-madre-figlio diviene un gioco relazionale fondamentale nella strutturazione di un pattern che permetta il distacco e l’esplorazione libera ed affettivamente sicura dell’ambiente circostante, cosi come definito dalla pedagogista Emmi Pikler, necessarie per una crescita ar-


n. 18 - gennaio-giugno 2008

monica. Per non parlare dell’identità di genere che si struttura attraverso un processo di uguaglianza (“Uguale a me!”), ma anche tramite un processo di differenziazione (“Diverso da me”). È triste sentire giovani coppie che considerano l’importanza del padre, nel primo anno di vita del bambino, irrilevante seppur tra bambino e genitori, potenzialmente, si possa creare un rapporto con «attaccamento plurimo». Un attaccamento sicuramente basato sulla diversità del legame, più intenso e fusionale con la madre rispetto al padre, ma comunque per nulla irrilevante in quanto a consistenza affettiva ed importanza evolutiva. L’esperienza di padre vissuta e sentita negli interventi in gruppi genitoriali non può non far riflettere. È un momento di forte impatto che ti proietta, dal concepimento, in un batter d’occhio dall’altra parte della staccionata nel mondo adulto, quella di papà. Ruolo che sovraccarica di responsabilità il proprio esserci nella quotidianità della dimensione familiare e la riempie anche di mille speranze, di preoccupazioni, di aspettative e di paure. Rientra in uno spazio mentale che il padre si ritaglia nella propria mente fin dal periodo gestazionale e che apre le porte ad un avvenire pieno di incertezze per il viaggio appena iniziato. Un cammino che non inizia dalla nascita, bensì dal

momento in cui si progetta di avere un figlio e che dal concepimento compare sbiadito all’orizzonte. L’aver vissuto la gioia ed il disorientamento del sentire «Sono incinta!», il vivere in attesa la gravidanza, il provare emozioni contrastanti durante il travaglio ed il parto fino alla gioia, mista alle lacrime, della nascita quando il padre può presentare al mondo il proprio figlio innalzandolo verso il cielo di fronte alla comunità. Vissuti dove la presenza costante del partner definiscono e consolidano ulteriormente la coppia nella relazione con la loro creatura. È difficile, forse impensabile umanamente, non esserci nelle visite mediche, nelle ecografie, nel corso preparto, nel travaglio, nel parto, nella nascita e nella crescita del proprio bambino. E per un padre ancora di più, vista la ormai diffusa difficoltà da parte del figlio nell’interiorizzazione della figura paterna che ostacola l’elaborazione individuale di alcune dimensioni relative al rispetto del limite ed a competenze di autocontenimento utili allo sviluppo di se stesso. Desiderare un figlio, accoglierlo ed allevarlo sono aspetti che coinvolgono totalmente tutti e due i genitori. Diviene un impegno che coinvolge interamente la coppia fin dal periodo prenatale. Il periodo gestazionale richiede

un’acquisizione di responsabilità da parte della mamma e del papà. Madre e padre che divengono coprotagonisti di un ruolo genitoriale che li chiama entrambi, in ogni momento, ad essere attivi in questo lungo, faticoso e gratificante incarico. L’assunzione di questo status richiede, quindi, uno sforzo comune e condiviso e non permette a nessuno dei due membri della coppia di rimanere in periferia rispetto a questo importante evento. Infatti vivere ai margini implica l’insorgenza di conseguenze che si ripercuoteranno nell’ambito relazionale con il proprio figlio. La ricerca scientifica, con la moderna tecnologia che ha a disposizione, in ambito prenatale è riuscita a dimostrare che il bambino è dotato di sensorialità, di un nucleo psichico e di una memoria, nella quale registrare le diverse afferenze.

Il periodo gestazionale richiede una acquisizione di responsabilità 13


n. 18 - gennaio-giugno 2008

La madre ed il padre interagiscono e dialogano con il proprio bambino già nei suoi primi giorni di vita intrauterina. Il dialogo che si instaura produce un ciclo d’azione e reazione all’interno della struttura relazionale creatasi. Il filosofo del dialogo Martin Buber considera il principio dialogico Io-Tu fondamentale per la formazione dell’identità soggettiva attraverso quel lungo cammino dell’uomo che inizia ancor prima della nascita. Nel dialogo fra l’io ed il tu si coglie il senso autentico della vita e la persona prende coscienza di sé e della propria soggettività. Questo è un obiettivo esistenziale non rivolto solo al bambino che si sente cullato, bensì anche da coloro che lo tengono tra le braccia. Mettersi come genitore costantemente in gioco in un continuo ed inesauribile processo di crescita alla ricerca di una conferma esistenziale che riempie la propria vita e quella di chi si trova accanto.

Nel dialogo fra l’Io e il tu si coglie il senso autentico della vita 14

In Pedagogia Clinica la coppia è in ogni momento presa in considerazione soprattutto per quanto riguarda gli elementi di fondo che caratterizzano l’evoluzione di un soggetto. È necessario rendere coscienti i padri e le madri al fine di una maggiore considerazione ed una attenta salvaguardia a quel dialogo virtuoso all’interno del gioco triadico familiare, dove anche il padre possa impossessarsi, avendo lo spazio relazionale per farlo, di quel ruolo che a volte sembra smarrito. Dal progetto di coppia il papà si trova a ricoprire un ruolo di “coprotagonista” che continuerà negli anni successivi e sempre più spesso avrà la possibilità di collaborare con la mamma nella routine quotidiana della famiglia. Quando un padre esplica il suo ruolo in modo attivo e positivo, soprattutto nell’area educativa dei propri figli, ogni componente della famiglia ne trae un beneficio. I bambini cresciuti con i padri accanto, ma soprattutto con i quali hanno avuto un rapporto di intima confidenza e rispetto reciproco, sono più sani, felici e produttivi. Il padre ha bisogno, in questo suo cammino evolutivo personale, di una figura a fianco che lo sostenga e che lo supporti per il bene dei figli, ma in primis per il bene della coppia stessa. Compagne o mogli che per vari motivi inconsci (timore di rompere il legame con il proprio figlio, non volere intromissioni nella rela-

Quando un padre esplica il suo ruolo in modo attivo e positivo... ogni componente della famiglia ne trae un beneficio zione educativa, non stima nei confronti del proprio partner, paura di perdere un rapporto esclusivo con il proprio bambino…) “boicottano” il padre, incidono indirettamente ed in maniera significativa sulla crescita del figlio e sul rapporto di coppia. Il “boicottaggio” non è più recuperabile successivamente, per esempio nell’età adolescenziale, non solo per il fatto che il padre non è presente fisicamente, ma prevalentemente perché la figura paterna non è stata interiorizza-


n. 18 - gennaio-giugno 2008

ta, fatta propria, da parte dei ragazzi. Questo significa che il ragazzo o la ragazza, futuri adulti, hanno perso tutte quelle caratteristiche utili ad una armonica personale crescita ed a quelle delle future generazioni. Nella considerazione olistica dell’uomo non possiamo vedere il padre o la madre solo come genitori, oltre al ruolo genitoriale esistono degli aspetti personologici che sono il substrato fondamentale per essere un “buon papà” o una “buona mamma”. Attraverso la relazione che si crea con il Pedagogista Clinico l’individuo può approfondire quegli aspetti globali di Sé, che possono rinnovare il modo di vivere la propria esistenza dandole più senso e significato. È un poter e voler guardarsi dentro per riflettere, in un ambiente tutelante e non giudicante, su quelle dimensioni intime relative ai vissuti affettivo-emozionalisessuali, ai nuclei reputati problematici e a quelle difficoltà e paure che ostacolano la libera espressione della personalità. Anche la coppia può affrontare nel tempo quelle dinamiche relazionali che inficiano la possibilità di considerarla un rifugio dove potersi rigenerare dopo una giornata lavorativa stressante, seppur gratificante. Attraverso opportune occasioni stimolo cariche di elementi emotivi, fornite dalle diverse metodologie proprie del Pedagogista Clinico in studio o in atelier, la

persona, anche all’interno di un gruppo, riceve delle sollecitazioni perfezionanti e maturanti fino a realizzare un sostanziale equilibrio. Queste stimolazioni innescano dei processi di «autoapprendimento», potenzialmente presenti ad ogni età nell’arco esistenziale dell’uomo, influenzanti le dimensioni di personalità verso una efficace armonizzazione del Sé. L’approfondimento della biografia personale o di quella di coppia può essere considerato metaforicamente una nave che in un porto sicuro si sta ben attrezzando per poter affrontare i diversi imprevisti che s’incontrano vagando per gli oceani sociali da soli o in compagnia di una persona, con la quale si vuole condividere un frammento o un lungometraggio dell’esistenza. Come in un famoso romanzo scritto da Joseph Conrad La linea d’ombra dove un giovane capitano viene chiamato a comandare una nave partendo da un porto dell’Oceano Indiano:

«Una nave! La mia nave! Mia, più assolutamente mia in quanto a possessione e cure, di qualunque altra cosa al mondo: un oggetto di responsabilità e devozione. Mi aspettava incantata, incapace di muoversi, di vivere, di vagare per l’immenso mondo, come una principessa di fiaba. Il suo richiamo era giunto a me calando dalle nuvole. Non avevo mai sospettato la sua esistenza. Non sapevo ancora come fosse, conoscevo appena appena il suo nome, eppure già eravamo indissolubilmente uniti per una certa porzione del futuro, e destinati a galleggiare o a colare insieme.» Il viaggio è un’allegoria di un navigare interiore in cui le insicurezze, le insidie, i pericoli, i sensi di colpa e le paure vengono superate con il coraggio e la volontà di non arrendersi. Un’esistenza che diviene soddisfacente specie se arricchita da quei momenti quotidiani che, se ben compresi e ben considerati, la rendono per ognuno semplicemente speciale.

Summary Paolo Zani reflects about on couple’s project and about parents’s role in development of parental functions, giving moments to reflect about the importance of the dialogue between mother and father with their son since first days of intrauterine life. The Author thinks that the couple’s project is a great opportunity for mother and father for having a common interest and being protagonists of a couple’s cooperation so that boys and girls, future adults, can builds useful features for an harmonic growth. A life which become satisfactory when is enriched by daily moments facilitating agreement of the different members. The family is necessary to win insecurities that everyone can encounter during own life.

15


n. 18 - gennaio-giugno 2008

Adozione: dal sogno alla realtà di Mariangela Arcoraci

Quasi sempre il tema dell’adozione viene affrontato in termini giuridici, pedagogici e psicologici; di rado però lo si inserisce in un’ottica di progettualità finalizzata alla organizzazione di interventi di aiuto e di sostegno ai soggetti che intraprendono il lungo percorso adottivo. Nell’ambito della nostra professionalità siamo dunque chiamati a farci promotori di interventi pedagogico clinici che garantiscano ai protagonisti dell’adozione la possibilità di trovare spazi interiori nei quali creare quella culla psicologica entro cui l’accoglienza, la premura e la dedizione possano svilupparsi ed esprimersi pienamente e armonicamente. La visione pedagogico clinica dell’evento della genitorialità, nelle situazioni storiche del Progetto, dell’Attesa, della Conoscenza, dell’Attaccamento e dello Sviluppo, si pone in un’ottica assolutamente originale ed ha il grande merito di validarsi anche nel caso della genitorialità adottiva. La straordinaria attenzione ai soggetti più che ai “periodi” ci ha permesso di andare oltre il concepimento biologico poiché, come sappiamo, molte coppie ricorrono all’adozione a causa

16

dell’accertata impossibilità a procreare. Si può parlare dunque di un “concepimento mentale” o “nascita mentale” che passando per l’elaborazione di una necessità non soddisfatta, quella di un figlio naturale, giunge alla procreazione affettiva concretizzandosi nel superamento di questo disagio e nell’accoglienza di un figlio nato da altri. Il pedagogista clinico si soffermerà dunque sulle ripercussioni che può comportare, nelle situazioni storiche che riguardano l’evento, la non accettazione, la negazione o il vissuto emotivoaffettivo disarmonico legato alla realtà rappresentata dalla incapacità di procreare, di essere creatori di vita. In pedagogia clinica si sostiene che l’intervento riferito alle nascite naturali si deve estendere anche alle nascite per adozione. La genitorialità adottiva si trova ad affrontare compiti più ardui rispetto a quella biologica, in quanto nasce da un’esperienza di vuoto, “da un utero che non si riempie o che non è fecondato, da un seno che non nutrirà, da una mente che rischia di diventare sterile perchè non riesce a fantasticare un bambino nato da altri”. È in questo delicato mo-

mento che il pedagogista clinico sosterrà la coppia ponendola nelle condizioni di elaborare il vissuto di vuoto nella direzione della filiazione affettiva, della realizzazione del desiderio di sentirsi ed essere genitori, di prendersi cura di un bambino attraverso un amore più che mai incondizionato, di amare un figlio che al di là delle sue origini diventa completamento del grande progetto di costituirsi come famiglia. Il “vuoto” di partenza deve essere dunque riconosciuto ed elaborato, in modo che possa essere colta la dimensione di “doppia mancanza” insita nell’adozione: da una parte una coppia cui manca un figlio, dall’altra un bambino cui mancano dei genitori. Solo se l’adulto riuscirà ad integrare questi due aspetti, potrà compiere anche il passo successivo e quindi cogliere la dimensione di “doppia nascita”: due esseri diventano genitori e un essere diventa figlio attraverso la filiazione (M. Farri Monaco, P. Peira Castellani, Il figlio del desiderio. Quale genitore per l’adozione?. Bollati Boringhieri, Torino, 1994). Se la coppia, a cominciare dal progetto e durante il lungo pe-


n. 18 - gennaio-giugno 2008

Due esseri diventano genitori e un essere diventa figlio… riodo dell’attesa, avrà fatto un lavoro propedeutico di elaborazione e passaggio dal figlio biologico sognato e immaginato a quello adottivo e giungerà all’incontro, pronta ad accogliere il bambino “reale”, sarà più facile considerare questo momento come l’inizio di un buon attaccamento tra i genitori ed il bambino: i primi lo riconosceranno come figlio, quest’ultimo riconoscerà nello sguardo rassicurante dei genitori l’appartenenza ad una nuova famiglia. Non si correrà pertanto il rischio che i genitori restino delusi e si perdano nel tentativo illusorio di rintracciare nei tratti somatici, nello sguardo, nel carattere, nel-

la postura del figlio elementi di somiglianza, al fine di ridurre le distanze e appianare le differenze. L’esperienza di un percorso di aiuto pedagogico clinico, specificatamente creato come risposta ai bisogni dei soggetti coinvolti, può portare la persona all’apertura di infinite porte sul proprio mondo interiore, condurla alla conoscenza profonda di sé e delle innumerevoli risorse che possiede, alla conquista di punti di vista privilegiati da cui “osservare” i momenti più delicati della vita e trovare soluzioni adeguate ai disagi che ne possono derivare. Un intervento mirato all’accompagnamento e al sostegno della coppia genitoriale durante tutto il percorso al fine di consentire una padronanza dell’evento adottivo e il dominio delle dinamiche interiori, la costruzione di un sé genitoriale equilibrato, responsabile e consapevole. Un’ottica preventiva per ciò che concerne la sfera più ampia degli insuccessi nelle adozioni

spesso corollario dell’impreparazione e della solitudine con le quali molte coppie adottive iniziano un percorso così impegnativo.

…un intervento mirato all’accompagnamento e al sostegno della coppia genitoriale

Summary The adoption, examined from Mariangela Arcoraci, is suggested under the point of view of the planning oriented to organization of help and support to persons who are starting the adoptive way. The Author reflects about this parenthood’s event and about every situation like the Project, the Waiting, the Knowledge, the Attachment, the Development. She identify a targeted intervention to come together and support the parental couple because these objectives can be taken so that have control of the adoptive event.

17


n. 18 - gennaio-giugno 2008

L’immagine allo specchio e lo specchio dell’immagine di Massimo Santoro

La fotografia è un fenomeno sociale: dalla fototessera alle foto di cerimonie e vacanze, dai reportage alle cartoline, dai manifesti pubblicitari alle foto d’arte essa assume funzioni di documentazione, interpretazione, memoria storica, ricerca sociale, antropologica e psicologica. È parte integrante della vita collettiva e familiare. Sicuramente nelle famiglie dove sono presenti bambini si fotografa di più, ma la necessità di immortalare con immagini fotografiche momenti di vita piacevole, di fermare ricordi ed emozioni viene sentita da chiunque, basti pensare alla “frenesia fotografica” dei turisti davanti a paesaggi e opere d’arte. La significatività delle fotografie quale strumento educativo deriva dalla capacità, in quanto mezzo valido attraverso il quale l’individuo può rintracciare ciò che è conservato della propria storia e dei propri trascorsi, di stimolare il processo mnestico e di migliorarne il fissage. La memoria permette di immagazzinare le informazioni che vengono assimilate dal mondo esterno ed è attraverso il recupero e il riemergere dei ricordi che si possono comprendere svariate situazioni: fatti, episodi, azioni, idee, emozioni, persone, oggetti che hanno fatto parte nel tempo

18

e che fanno parte della personalità e delle esperienze sociali di ciascun individuo. La fissazione dei ricordi e del riconoscimento degli stessi, a livello individuale, avviene per mezzo di quadri individuali e sociali preesistenti all’individuo, quali il linguaggio, la rappresentazione dello spazio, le rappresentazioni del tempo, tutti elementi che forgiano ed educano gli individui. In memoria, dunque, il passato non è mai accessibile in modo diretto e non è mai conservato in modo definitivo: la mediazione con il presente lo costruisce di volta in volta in forme diverse. La memoria emerge come processo, non solo di selezione, ma di reinterpretazione e riformulazione del passato. Per quanto concerne l’ambito pedagogico la fotografia assume una valenza specifica poiché diventa un’occasione di riflessione interiore e di miglior conoscenza di sé. L’azione educativa che essa può svolgere consiste nel richiamare alla mente, elemento che aiuta a “partorire i propri ricordi”. L’immagine riflessa in una foto di un momento della nostra vita ci riconduce a quell’istante permettendoci di entrare dentro e sondare i tanti aspetti che hanno accompagnato quello specifico attimo, per far riemer-

La fotografia è un fenomeno sociale... è parte integrante della vita collettiva e familiare gere ciò che abbiamo provato, vissuto, ascoltato, detto. La sua funzione più che essere quella di fornire ricordi perfettamente coincidenti con il passato, consiste nel preservare gli elementi trascorsi che garantiscono ai soggetti il senso della continuità di sé e la conservazione della propria identità, che si interseca e si intreccia con altre identità. Le foto portano a riappropriarsi della propria storia di vita o, meglio, a prendere coscienza di


n. 18 - gennaio-giugno 2008

quanto si è vissuto e ciò servirà soprattutto al soggetto per comprendere le rappresentazioni mentali, le immagini, le situazioni, le interazioni, che quotidianamente vede, ma non riconosce. Attraverso le fotografie il soggetto ha modo di riflettere su se stesso, sulla sua realtà familiare, sulla propria situazione lavorativa, sulle dinamiche d’interazione che utilizza, sui suoi sentimenti, paure ecc. Esaminando gli scritti di Wallon, Preyer e Lacan (J. Lacan Le stade du miroir comme formateur du Je, ecrits, pp. 95-100. trad. it.: Lo specchio come formatore delle funzioni dell’Io, Scritti, I, pp. 87-94, Torino, Enaudi, 1974), si potrebbe ipotizzare un’analogia tra l’utilizzo delle foto e il “periodo dello specchio”, in cui il bambino inizia la distinzione fra sé e gli altri, fra la propria immagine riflessa e quella di chi gli sta accanto e sviluppa l’articolarsi del linguaggio verbalizzato sintatticamente. Il bimbo cerca di toccare la propria immagine nello specchio e, qualora sia presente anche una figura estranea al bambino, tende ad osservare alternativamente la propria immagine e la figura reale dall’esterno; sa che l’immagine di una figura nota è un’immagine vuota, ma la cerca anche dietro allo specchio. Questo processo, favorisce la percezione del sé corporeo, i conflitti che lo specchio determina, l’importanza dell’altro, la consape-

volezza dei propri limiti ecc., esperienze, che il bambino sperimenta necessarie e utili per la sua crescita e il suo sviluppo e che si ripetono sotto forme diverse al soggetto adulto nell’arco della vita. La persona si troverà di fronte ad un “dilemma”: immagini sensibili, ma non reali; immagini reali, ma che sfuggono all’esplorazione percettiva. Di fronte alle difficoltà, talvolta l’adulto perde il contatto col proprio sé corporeo e i conflitti sono visti, ma non riconosciuti e la percezione che si ha tra le istanze interne e la realtà, mancano di un collocamento stabile con l’esterno. La fotografia (proprio come lo specchio) può essere utilizzata per ripristinare e riordinare aspetti della propria vita che col passare del tempo si sono o sono stati oscurati. Proprio come lo specchio, l’immagine fotografica aiuta a meglio conoscersi. Infatti la persona, attraverso le foto, oltre a narrarsi e quindi svelare come si percepisce e come si rapporta nell’ambito familiare e sociale e definire l’immagine di sé derivata anche da ciò che gli altri rimandano durante le interazioni, riesce a fare una lettura di sé diversa, poiché spesso le foto rispecchiano angolazioni, posture, gesti, mai osservati. Sull’immagine corporea, vero specchio mentale delle nostre percezioni, s’innesta il nostro

vissuto psicologico, che condiziona e/o deforma la nostra immagine. L’immaginazione oltre ad identificarsi con la rappresentazione mentale che ogni persona ha di se stessa, introduce anche la dimensione personale che interpreta la realtà e permette il confronto con il reale partendo proprio dal vissuto soggettivo. Il problema in questo caso è la relazione tra la funzione cognitiva (che ci permette la visione oggettiva della realtà) e la funzione immaginativa (che trasforma il reale attraverso l’esperienza soggettiva che ne abbiamo). Da non trascurare poi è la fantasmatizzazione, che non conside-

La fotografia… può essere utilizzata per ripristinare e riordinare aspetti della propria vita. 19


n. 18 - gennaio-giugno 2008

ra il reale, ma lo ingloba nei vissuti psichici profondi. La fotografia, intesa come specchio dell’immagine del proprio corpo, può far sì che si stabilisca un equilibrio tra le funzioni cognitive e affettive poste in rapporto al corpo. Variazioni dell’immagine corporea sono gradite alla persona e vengono indotte anche per esempio dall’abbigliamento, dalla danza, dal maquillage, dal movimento espressivo ecc. Talvolta guardando una foto si prende coscienza di come si è in realtà e quindi si avrà una differente percezione del proprio sé, diversa da com’è stata vissuta sino al momento considerato. Quindi l’immagine fotografica assume, in questo caso, anche un’altra funzione: svelare aspetti che non sono presenti alla coscienza, cioè attraverso le foto possono emergere situazioni conflittuali, stati d’animo, sensazioni, contenuti, sentimenti, che sono sfuggiti all’esplorazione percettiva del soggetto. Le fotografie possono spiegare e illustrare la storia individuale, di coppia e di famiglia di una persona. La descrizione che l’osservatore fa sui soggetti ritratti permette di porre attenzione a stereotipi, atteggiamenti, tradizioni, norme familiari, stili, abbigliamento, alleanze, stati d’animo, azioni, mimica facciale, postura e commenti spontanei, assenza di espressioni di affetto, di calore, d’intimità.

20

Inoltre un’altra opportunità di analisi è anche quella relativa alle distanze o vicinanze nelle relazioni. Molte foto rappresentano persone con le braccia conserte, con le mani dietro la schiena o sprofondate nelle tasche, altre mettono in evidenza conflitti e rivalità, mettendo in risalto la posizione occupata, c’è chi è in primo piano, chi occupa un posto di minore rilievo, chi è posizionato al centro e a volte è il soggetto che media, unendo un gruppo, di contro possiamo trovare il “capro espiatorio” o la “pecora nera” di un gruppo che è messo da parte o è parzialmente nascosto dagli altri o addirittura escluso, le persone possono apparire rigide, distanti le une dalle altre, con le braccia penzoloni o nascoste, oppure protese in un ruolo protettivo, strette in abbracci, mentre altre volte sono chiaramente protette: davanti ad una macchina fotografica si possono inconsciamente manifestare aspetti rilevanti delle dinamiche relazionali che non sarebbero altrimenti emerse. Alcune foto aiutano ad entrare in

contatto con ricordi legati a persone defunte o con cui non si hanno più contatti, suscitando in noi reazioni emotive personali. Talvolta rivisitare queste foto con gli occhi da adulto permette la rivalutazione di eventi problematici: ripercorrendo il passato le persone possono affrontare situazioni che potrebbero essere rimaste in sospeso. L’individuo, attraverso la rivisitazione di foto, si riapproprierà della realtà che lo riguarda, materializzando ed interiorizzando il proprio vissuto, apportando un cambiamento al suo presente. La fotografia quindi come fonte d’informazione, d’elaborazione, d’introspezione, di ricordi, di proiezioni, portando al disvelamento e alla fruizione di una nuova realtà, di un rinnovato modo di vedere e di vivere la quotidianità. In conclusione è possibile affermare che, come lo specchio, così anche le fotografie divengono un fondamentale mezzo per veicolare una comunicazione che in altro modo forse non si sarebbe verificata e a predisporre e preparare la persona al cambiamento.

Summary The photography’s importance, like educational instrument, is described from Massimo Santoro who, thanks to your experiences, can see a strong connection between these one and what the person can discover about their story. An necessary incentive which, in Author’s opinion, is useful to improve mnestic fissage, a function of memories which guarantees to person the meaning of personal continuity and own identity’s preservation.


n. 18 - gennaio-giugno 2008

ISFAR®

ISTITUTO SUPERIORE FORMAZIONE AGGIORNAMENTO E RICERCA

Formazione Post-Universitaria delle Professioni Formazioni

Pedagogista Clinico Sedi e date di inizio Cagliari, 4 ottobre 2008; Cava dei Tirreni, 18 ottobre 2008; Catania, 25 ottobre 2008; Ancona, 1 novembre 2008; Roma, 8 novembre 2008; Milano, 15 novembre 2008; Padova, 22 novembre 2008; Bari, 29 novembre 2008; Firenze, 13 dicembre 2008 Destinatari: la formazione è rivolta a laureati (laurea specialistica/magistrale e lauree Vecchio Ordinamento) in Pedagogia o Scienze Pedagogiche, Psicologia, Medicina e Chirurgia, Scienze dell’Educazione (classi di laurea 56/S e 65/S), Filosofia (classi di laurea 17/S, 18/S e v.o.). Per altre lauree sarà valutato il curriculum. Possono iscriversi al corso anche i laureandi nelle suddette materie in attesa della discussione della tesi che dovranno essere comunque laureati al momento della verifica finale e di ciò dovrà essere data idonea autocerti­ficazione. L’ISFAR è l’unico Istituto autorizzato dall’Associazione Nazionale Pedagogisti Clinici (ANPEC) – costituita con Atto Pubblico il 28 marzo 1997 e registrata a Firenze il 16 aprile 1997 al n° 2423 – a rilasciare il certificato di una specifica formazione per l’ammissione all’Associazione e l’iscrizione all’Albo Professionale di natura privati­stica dei Pedagogisti Clinici (artt. 6-8 Statuto ANPEC). La formazione promossa dall’ISFAR è riconosciuta anche dall’Amministrazione Scolastica ed è valutata nella Gra­duatoria Permanente Insegnanti di ogni ordine e grado (Articolo 66 C.C.N.L. Scuola e artt. 2 e 3 della direttiva n° 90/2003 del Ministero della Pubblica Istruzione prot. 20402 del 25 ottobre 2007). Al personale insegnante la forma­zione, oltre alla titolarità per l’iscrizione all’Albo, è certificata come Corso di Specializzazione in Pedagogia Clinica.

Pedagogista Clinico “La categoria professionale del pedagogista clinico è indirizzata al vasto panorama dei bisogni della persona con l’intento di soddisfarli con modalità educative indispensabili al rafforzamento delle capa­cità individuali e al progresso culturale e sociale. L’accezione di clinico in estensione alla pedagogia definisce la finalità educativa come azione umana di aiuto alla persona e al gruppo. Il Pedagogista Clinico […] basa la sua formazione professionale su metodi nuovi, nuove tecniche e nuove tecnologie che ben lo definiscono da un punto di vista scientifico e professionale indirizzando le sue competenze su soggetti di ogni età” (art. 7 Statuto ANPEC). Prospetto della formazione Il percorso formativo include incontri in aula e in atelier, performance tecnico-professionali, preparazione di ausili, partecipazione a iniziative scientifico-culturali, compilazione e discussione di una tesi finale. Area teorica Prospetto formativo • I presupposti epistemologici della pedagogia clinica Area della rilevazione diagnostica Modalità procedurali • Scopia del repertorio semiotico • Anamnesi • Colloquio anamnestico • Ana­lisi sull’autonomia e coscienza di sé • Semiotica senso-percettiva • Analisi dell’espressività motoria • Analisi delle abilità e disponibilità espressivo-verbali • Analisi delle abilità codificatorio e decodi­ficatorio-scrittorie • Analisi delle potenzialità e della polisimmetria causale dinamica delle difficoltà • Metodologia e tecnica dei test • Strumentario diagnostico con copyright ISFAR Area dei metodi e delle tecniche e strumentario con marchi e brevetti ISFAR Metodi: SELF® per il risveglio delle abilità nell’autonomia e coscienza di sé - MPI® (Memory Power Improvement) per l’attentività e la mnesi - BonGeste per la grafo-espressività - Prismograph® per educare al segno grafico - EUcalculia per le abilità logico matematiche - Writing Codex per la codifica scrittoria - Educromo per la decodifica scrittoria - Edumovement per le esperienze organizzativo motorie - Ritmo Fonico, Coreografia Fonetica, Vibro-vocale per l’ascolto, l’espressività e la comunica­zione orale - InterArt® per lo sviluppo della creatività - Musicopedagogia® per la facilitazione del­le modalità interattive - Discover Project®, Trust System®, Touch-Ball®, Body-Work® per l’esplorazione del corpo - Training induttivo per favorire il rilassamento - Reflecting® per favorire l’evoluzione positiva - Semiotica Senso-Percettiva per facilitare l’interazione - Psicofiabe® per stimolare l’immaginazione. Strumentario: • Touch-Ball (brevetto ISFAR) • Test Organizzazione Grafo-percettiva (tre-otto anni) • Test Mnesi Immediata (dai tre anni alla terza età) • Test di Attenzione e Faticabilità • Test di Matu­razione Logica • Test Self-Concept • Analisi delle manifestazioni ansiose e depressive • Scala Holmes-Rahe • Analisi delle capacità intellettive.

www.isfar-firenze.it


n. 18 - gennaio-giugno 2008

Area delle strategie d’intervento e tecnico-professionale Conduzione dell’assessment • Modalità comunicazionali • Percorsi diagnostici • Criteri di esposizione degli aspetti caratterizzanti la diagnosi • Sistemi idonei a stilare una relazione scritta • Percorsi im­maginativi • Spiralizzazione dei progetti educativi • Mesologia dell’atelier educativo • Formulazione del contratto • Procedure per l’attivazione e lo sviluppo dell’attività libero-professionale • Analisi delle competenze professionali • Supervisione. Area della formazione personale orientata da Disegno onirico • psicodramma olistico • teatro spontaneo • burattini • respiro e voce • maschere. Film ausiliari per la formazione (copyright ISFAR) Il peso della paternità di una professione • TouchBall • Diagnosi pedagogico clinica • Metodi e tec­niche del pedagogista clinico • InterArt • Verso il segno grafico • Conoscenza di Sé nell’esperienza corporea • BonGeste • L’integrazione sociale dell’anziano • BodyWork • Reflecting • Formazione e oc­cupazione • Scienza e professione • Momenti di formazione • TrustSystem • DiscoverProject guidato • DiscoverProject verbalizzato • Ulisse LIBRI E DISPENSE GRATUITI G. Pesci, M. Mani, Metodi e tecniche dialogico-corporee; G. Talamucci, Il contributo della neuropsi­chiatria alla pedagogia clinica; L. Bulli, P. Ricci, Analisi dell’espressività motoria; A. Pesci, G. Pesci, L’espressione verbale; G. Pesci, Training Induttivo; M. Carboni, B. E. Pozzoli, Musicopedagogia; S. Gaiffi, La persona, i graphonage e l’espressione cromatica; G. Pesci, Epistemologia della pedagogia clinica e della professione del pedagogista clinico; G. Pesci, A. Pesci, Apprendimenti curriculari; A. Pesci, InterArt; G. Pesci, M. Mani, BonGeste; G. Pesci, A. Viviani, A. Sedini, Strategie di comunica­zione. I dottori che seguono la formazione entrano in possesso, gratuitamente, per tutto il periodo formativo, della rivista Pedagogia Clinica-Pedagogisti Clinici. Al termine del percorso verrà rilasciato il Certificato di

Formazione per Pedagogista Clinico

Quota di iscrizione: r 155,00 Quota di frequenza: sei rate da r 580,00 ciascuna Orari: sabato ore 10-13/14,30-18; domenica ore 9-13/14,30-17 Sede per la discussione di Tesi Firenze: ISFAR Istituto Superiore Formazione Aggiornamento e Ricerca, Via del Moro 28 (a 100 metri dalla stazione ferroviaria di S.M. Novella). Sedi, Calendari e docenti della formazione Le sedi, i calendari completi e i docenti della formazione possono essere consultati visitando il sito www.isfar-firenze.it

Certificato Europeo Pedagogisti Clinici Sede e data per l’Italia Firenze, 8-9-10 maggio 2009

Quota di iscrizione: e 420,00 (IVA compresa) Al Certificato Europeo di Formazione, ottenuto a seguito di una riconosciuta idoneità formativa, la cui verifica avverrà per mezzo di esami scritti e orali, possono concorrere: i Soci ANPEC, in regola con le quote sociali, che hanno conseguito il titolo, senza rinvii di tesi, dopo il febbraio 2003 e che svolgono da almeno un anno la libera professione; i Soci ANPEC, in regola con le quote sociali, che hanno conseguito il titolo prima del febbraio 2003, soddisfatto l’Aggiornamento Professionale (Art. 7 dello Statuto e decreto CD 2 maggio 2005) e che svolgono la libera professione da almeno due anni. Al termine delle verifiche, ai candidati idonei, verrà consegnato l’Attestato di Iscrizione all’Albo Europeo dei Pedagogisti Clinici

Specialista Supervisore ANPEC Nel pomeriggio del giorno 10 maggio 2009 i Pedagogisti Clinici italiani che hanno conseguito l’Atte­stato di iscrizione all’Albo Europeo possono frequentare un corso, senza oneri di spesa, per acquisire l’Attestazione di Specialista Supervisore. Lo Specialista Supervisore ha l’obbligo di seguire un aggiornamento specifico ogni tre anni.

Vacanze studio

Formazione per Pedagogista Clinico La formazione si svolge dal 6 luglio al 20 luglio 2008 e dall’8 luglio al 21 luglio 2009. Sono previsti inoltre 5 week-end in una delle sedi formative più vicine al domicilio. Quota di iscrizione: e 155,00 Quota di frequenza: due rate da e 1638,00 ciascuna

I contenuti della formazione sono quelli della formazione non intensiva

Aggiornamento Pedagogisti Clinici Montevarchi (AR), 3-4-5-6 agosto 2008 Quota di iscrizione e frequenza: e 360.00 (IVA compresa) In data 14 febbraio 2008 il C.D. Nazionale nel confermare l’obbligo dell’aggiornamento per tutti coloro che si sono formati entro il febbraio 2003, ha decretato che nei quattro giorni formativi, al recupero di cognizioni e abilità tecnico scientifiche già previste, devono essere aggiunti, senza oneri di spesa, i metodi innovativi e il materiale complementare tutelato da marchio registrato, edito in questi ulti­mi mesi dal Centro Ricerche e Studi dell’ISFAR.

www.isfar-firenze.it


n. 18 - gennaio-giugno 2008

ISFAR®

ISTITUTO SUPERIORE FORMAZIONE AGGIORNAMENTO E RICERCA

Formazione Post-Universitaria delle Professioni Formazioni

REFLECTOR Sedi e date d’inizio Firenze, 11 ottobre 2008 - Milano, 8 novembre 2008 Destinatari: laureati (laurea specialistica/magistrale e lauree v.o.) in Psicologia, Pedagogia o Scienze Pedagogiche, Medicina e Chirurgia, Scienze dell’Educazione (classi di laurea 56/S e 65/S), Filosofia (classi di laurea 17/S, 18/S e v.o.). Per altre lauree sarà valutato il curriculum. Quota di iscrizione: e 186,00 (IVA compresa) Quota di frequenza: tre rate da e 540,00 ciascuna (IVA compresa)

Per informazioni: Segreteria ISFAR, Viale Europa 185/b, 50126 Firenze, Tel./Fax. 0556531816 e-mail: info@isfar-firenze.it - www.isfar-firenze.it (lun.-ven. 9-13/14.30-18.30)

PSICOMOTRICISTA FUNZIONALE Sede e data di inizio Montevarchi (AR), 11 ottobre 2008 Destinatari: laureati (lauree di primo e di secondo livello o lauree v.o.) in Scienze Motorie (classi di laurea 33, 53/S, 75/S e 76/ S), Pedagogia o Scienze Pedagogiche, Psicologia e Scienze e tecniche psicologiche (classe di laurea 34), Medicina e Chirurgia, Scienze dell’Educazione e della Formazione (classi di laurea 18, 56/S e 65/S); terapisti della neuro e psico­motricità dell’età evolutiva, tecnici della riabilitazione psichiatrica, terapisti occupazionali, educatori professionali, fisioterapisti; per altre lauree sarà valutato il curriculum. Quota di iscrizione: e 155,00 Quota di frequenza: cinque rate da e 720,00 ciascuna

Per informazioni: Segreteria ISFAR, Viale Europa 185/b, 50126 Firenze, Tel./Fax. 0556531816 e-mail: info@isfar-firenze.it - www.isfar-firenze.it (lun.-ven. 9-13/14.30-18.30)

MEDIATORE RELAZIONALE Sede e data d’inizio Firenze, 22 novembre 2008 Destinatari: laureati (lauree di primo e di secondo livello e lauree Vecchio Ordinamento) in Psicologia e Scienze e tecniche psicologiche (classe di laurea 34), Giurisprudenza e Scienze giuri­diche, Pedagogia o Scienze Pedagogiche, Scienze dell’Educazione e della Formazione (classi di laurea 18, 56/S e 65/S); per altre lauree sarà valutato il curriculum. Quota di iscrizione: e 186,00 (IVA compresa) Quota di frequenza: tre rate da e 840,00 ciascuna (IVA compresa)

Per informazioni: Segreteria ISFAR, Viale Europa 185/b, 50126 Firenze, Tel./Fax. 0556531816 e-mail: info@isfar-firenze.it - www.isfar-firenze.it (lun.-ven. 9-13/14.30-18.30) N.B. Alle formazioni possono iscriversi anche i laureandi in attesa della discussione della tesi che dovranno essere comunque laureati al momento della verifica finale e di ciò dovrà essere data idonea autocertificazione.

www.isfar-firenze.it


n. 18 - gennaio-giugno 2008

ISFAR®

ISTITUTO SUPERIORE FORMAZIONE AGGIORNAMENTO E RICERCA

Formazione Post-Universitaria delle Professioni Formazioni

CONSULENZA TECNICA E PERITALE PRESSO IL TRIBUNALE Sedi e date Firenze, 17-18-19 ottobre 2008; Milano, 14-15-16 novembre 2008; Firenze, 19-20-21 giugno 2009 ECM: in attesa di crediti per il 2008 Crediti formativi per il 2007: 27 Destinatari: Psicologi, laureati in Psicologia, Pedagogisti Clinici

Bullismo il fenomeno, la diagnosi e le strategie di intervento Sedi e date Firenze, 16-17-18 gennaio 2009 Milano, 27-28 febbraio e 1 marzo 2009

ORIENTAMENTI ALLA CRIMINOLOGIA Sede e date Firenze, 13-14-15 giugno 2008 Firenze, 21-22-23 novembre 2008 ECM: crediti formativi 20 Destinatari: Psicologi, laureati in Psicologia, Pedagogisti Clinici

DISEGNO ONIRICO Sede e date Montevarchi (AR), dal 5 all’11 agosto 2008 ECM: in attesa di crediti per il 2008 Destinatari: laureati (laurea specialistica/magistrale e lauree v.o.) in Psicologia, Pedagogia o Scienze Pedagogiche, Scienze dell’Educazione (classi di laurea 56/S e 65/S). Per altre lauree sarà valutato il curriculum.

ECM: in attesa di crediti per il 2008 Destinatari: Psicoterapeuti, Psicologi, laureati in Psicologia, Pedagogisti Clinici.

ADHD Strategie cliniche e didattiche Sedi e date Milano, 7-8 giugno 2008 Firenze, 20-21 settembre 2008 ECM: in attesa di crediti per il 2008 Destinatari: Psicoterapeuti, Psicologi, laureati in Psicologia, Pedagogisti Clinici.

STRESS Cause, effetti, gestione Sede e date Firenze, 3-4-5 ottobre 2008 Firenze, 6-7-8 marzo 2009 ECM: Crediti formativi: 20 Destinatari: Psicoterapeuti, Psicologi, laureati in Psicologia, Pedagogisti Clinici.

PSICODRAMMA OLISTICO Sede e date Montevarchi (AR), dal 29 luglio al 4 agosto 2008 ECM: in attesa di crediti per il 2008 Destinatari: laureati (laurea specialistica/magistrale e lauree v.o.) in Psicologia, Pedagogia o Scienze Pedagogiche, Scienze dell’Educazione (classi di laurea 56/S e 65/S). Per altre lauree sarà valutato il curriculum.

PSICOMOTRICITÀ IN ACQUA Sede e date Montevarchi (AR), dal 10 al 14 luglio 2008 Destinatari: laureati (lauree di primo e di secondo livello o lauree v.o.) in Scienze Motorie (classi di laurea 33, 53/S, 75/S e 76/S), Pedagogia o Scienze Pedagogiche, Psicologia e Scienze e tecniche psicologiche (classe di laurea 34), Medicina e Chirurgia, Scienze dell’Educazione e della Formazione (classi di laurea 18, 56/S e 65/S); terapisti della neuro e psico­motricità dell’età evolutiva, tecnici della riabilitazione psichiatrica, terapisti occupazionali, educatori professionali, fisioterapisti. Per altre lauree sarà valutato il curriculum.

Per informazioni: Segreteria ISFAR, Viale Europa 185/b, 50126 Firenze, Tel./Fax. 0556531816 e-mail: info@isfar-firenze.it - www.isfar-firenze.it (lun.-ven. 9-13/14.30-18.30) www.isfar-firenze.it


n. 18 - gennaio-giugno 2008

Consulenza tecnica d’ufficio (CTU) a favore di una persona diversamente abile di Liliana Marchi

In questi ultimi anni, per la formazione acquisita di pedagogista clinico e nello specifico di consulente tecnico e peritale del Tribunale, ho avuto modo di svolgere consulenze tecniche di parte (CTP) collaborando con alcuni studi legali cittadini e nel 2006 mi è stata chiesta la disponibilità per una consulenza tecnica d’ufficio (CTU) per il reato di cui all’articolo n. 609 bis del codice penale (ovvero ipotesi di abuso sessuale, nel caso specifico l’abuso era stato perpetrato su una ragazza diversamente abile da parte di una figura intrafamiliare (il fratello), allontanata – con misura cautelare – dall’abitazione, a seguito della querela sporta dal curatore speciale della giovane nominato ad hoc dal giudice). Una volta offerta la mia disponibilità mi è stato conferito l’incarico dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale. Il termine posto per la consegna della perizia è stato indicato in 90 giorni. I quesiti a cui dovevo rispondere erano due: il primo prevedeva di accertare il grado di capacità della giovane di rappresentarsi e riferire fatti e circostanze, mettendo in luce l’esistenza di even-

tuali malattie o alterazioni che ne impedissero la corretta percezione della realtà; il secondo prevedeva di indicare se erano individuabili sintomi compatibili con l’abuso sessuale. Modalità di lavoro L’avvio della CTU prevede un preliminare incontro ufficiale con le altre parti interessate, il consulente tecnico del P.M. (che precedentemente aveva già stilato una perizia su incarico del Pubblico Ministero e che avrebbe avuto il compito di affiancare il perito per tutta la durata dei lavori e verificare l’imparzialità delle operazioni peritali) nonché il consulente tecnico di parte, prescelto dall’avvocato della difesa. Questo incontro introduttivo viene indicato come: “Apertura delle operazioni peritali” cui segue solitamente la lettura del fascicolo messo a disposizione del perito in sede di conferimento dell’incarico e la redazione del calendario degli incontri con gli adulti coinvolti a vario titolo nella vicenda e quelli con la giovane. Tappe propedeutiche agli incontri • Studio del fascicolo personale della ragazza

…pedagogista clinico e consulente tecnico e peritale del tribunale… • Ricostruzione del nucleo familiare della giovane • Ricostruzione del quadro clinico della ragazza desunto dal fascicolo personale Items che hanno costituito la Diagnosi Funzionale da parte dell’A.S.S. di riferimento • L’inserimento scolastico • L’origine delle segnalazioni • Individuazione delle tappe salienti della vicenda L’anamnesi a) �������������������������� Commissione medica periferica per le pensioni di invali-

21


n. 18 - gennaio-giugno 2008

…l’abuso era stato perpretato su una ragazza diversamente abile… dità civile. Diagnosi: nata con parto prematuro presenta grave ipoacusia neurosensoriale: invalidità totale e permanente con inabilità lavorativa al 100% e con necessità di assistenza continua. b) ��������������������������� Certificazione diagnostica A.S.S. Diagnosi: grave ipoacusia bilaterale in un soggetto con ritardo mentale di grado lieve. Conseguenze funzionali: pesante limitazione sul piano della comunicazione, del linguaggio e degli apprendimenti. c) ���������������������������� Diagnosi funzionale redatta in forma conclusiva Diagnosi: è affetta da un’ipoacusia bilaterale profonda, che negli anni ha compromesso seriamente le sue potenzialità

22

comunicative, cognitive e relazionali. Negli ultimi anni vi è stato un notevole miglioramento sul piano delle capacità d’adattamento al contesto didattico e della motivazione all’apprendimento. Permangono evidenti limitazioni nella comunicazione verbale e nella sensibilità acustica. La ragazza ha bisogno di lavorare individualmente con il supporto dell’insegnante di sostegno. L’inserimento scolastico La giovane diversamente abile frequenta un Istituto Professionale usufruisce della certificazione, secondo la L. 104/92, e si avvale dell’insegnante di sostegno per un congruo numero di ore settimanali. Conosce la lingua dei segni e dopo l’intervento chirurgico per l’impianto cocleare ha iniziato ad utilizzare il linguaggio verbale. È ben inserita ed accettata nel contesto della classe, si relaziona volentieri con le compagne e con gli insegnanti. Dall’insegnante specializzato sono state attuate strategie per la costruzione e per l’allargamento del vocabolario passivo e attivo che le hanno fatto superare l’uso della parola-frase a vantaggio della costruzione di una frase più articolata. Ha compiuto progressivi miglioramenti nella comunicazione interpersonale, attraverso l’uso con-

giunto della lingua di segni e dell’oralismo. Il dispositivo acustico che porta ha stimolato la ragazza a imparare e pronunciare un buon numero di parole. La relazione con i coetanei e con gli adulti risulta significativa. Gli incontri con gli adulti di riferimento Tutti gli incontri con gli adulti (ne ho effettuati 12), in vario modo coinvolti nella situazione, sono stati da me attuati prima di incontrare la giovane, al fine di mettere insieme un quadro quanto più possibile completo della vicenda. Molte delle persone indicate sono state sentite più volte. Gli adulti incontrati sono: le insegnanti di classe, l’assistente sociale di riferimento, il preside dell’Istituto frequentato, lo psicologo dell’A.S.S. di riferimento, il curatore speciale, la madre. Gli incontri con la ragazza Tutti i colloqui con la ragazza sono stati videoregistrati e si sono svolti alla presenza del consulente tecnico nominato dal P. M. e del consulente tecnico di parte. Gli incontri si sono effettuati presso una sala messa a disposizione dal Servizio Sociale del Comune di residenza. L’osservazione della ragazza Al primo incontro la ragazza è apparsa piuttosto minuta nella


n. 18 - gennaio-giugno 2008

persona e dimostrava meno dei suoi anni anagrafici. Pallida e mingherlina, i mesi trascorsi per lo più in casa in quasi totale mancanza di compagnia e stimoli e, unito a questo, l’atteggiamento svalutante e quasi “persecutorio” del contesto familiare e parentale, non avevano contribuito ad alleviare il disagio della giovane. I colloqui I colloqui (registrati e videoregistrati) con la giovane sono stati effettuati al fine di valutare la coerenza e la strutturazione logica del suo pensiero. In particolare tutte quelle volte a scandagliare il grado di capacità di collocare nel tempo gli eventi. Sono state create situazioni miranti a valutare la capacità della ragazza di collocare nello spazio e nel tempo gli eventi e mantenere l’ordine cronologico degli stessi: (la sua età e quella dei suoi familiari - la sequenza cronologica dei giorni della settimana); nonché i contesti in cui avvenivano episodi specifici (la sua camera da letto, quella del fratello, la disposizione delle stanze); infine la contemporaneità delle azioni svolte dagli altri membri della famiglia. La ragazza ha dimostrato di sapere rispondere adeguatamente alle situazioni relative alla collocazione spazio-tempo, mentre ha rivelato incertezze nell’ordinare cronologicamente gli eventi.

Queste esitazioni, non intaccano la sua capacità di esame della realtà. La ragazza, come si evince dalla cartella clinica esaminata, è accompagnata fin dalla nascita dalla diagnosi di grave ipoacusia bilaterale con ritardo mentale di grado lieve. L’impianto protesico cocleare le è stato effettuato parecchi anni dopo, pertanto si è accostata solo di recente alla comprensione/produzione del linguaggio orale. La diagnosi pedagogico clinica Quadro anamnestico: La ragazza è nata con parto prematuro, deficit di crescita e sviluppo; è presente una grave ipoacusia bilaterale profonda. È dichiarata dalla commissione medica invalida al 100%. Le sue capacità cognitive risentono della grave ipoacusia. Non si rilevano evidenti disturbi dell’affettività. Gli apparecchi protesici correttivi impiantati fin dall’infanzia sono stati impiegati in modo poco costante. L’impianto protesico cocleare effettuato con intervento chirurgico, con esito positivo, affiancato dall’intervento della logopedista, ha consentito di recuperare e potenziare la produzione orale ostacolata dalla sordità bilaterale. Le capacità d’adattamento sul piano relazionale (in contesto scolastico ed extrascolastico) so-

no apprezzabili. Dall’anamnesi, dall’osservazione della giovane, dai colloqui con lei sostenuti, è stato possibile evidenziare che il quadro di personalità della ragazza non può essere disgiunto dalla disabilità con cui è convissuta fino all’intervento protesico. Il ritardo “di grado lieve”, così come evidenziato dagli psicologi dell’A.S.S. di riferimento non va sottovalutato, ma sono anche evidenti i miglioramenti cognitivi, intellettivi, nonché quelli raggiunti sul versante delle autonomie e degli aspetti relazionali. A detta delle insegnanti di classe e di sostegno i progressi sono significativi, anche se recenti nelle loro acquisizioni. Dai graphonage si evidenziano: forte dipendenza dalla figura materna, al punto che non sembra ancora riconoscersi come persona autonoma, disgiunta dalla madre. Scarsa fiducia in se stessa, insicurezza e paura spesso generati dall’ambiente. Ancoramento al passato e timore per quanto il futuro può rappresentare per lei. In relazione scopica è emerso: difficoltà a riferire gli eventi collocandoli secondo un ordine cronologico, che non compromettono però la sua capacità di esaminare la realtà. Limitata capacità di comunicazione, strettamente connessa alla sua disabilità. Difficoltà correlate con il mondo

23


n. 18 - gennaio-giugno 2008

affettivo, emotivo e di contatto sociale. Allo stesso tempo, però, la giovane appare sufficientemente in grado di recepire le informazioni, collegarle tra di loro secondo processi logici e rievocarle in modo adeguato, pur con le limitazioni del suo scarso bagaglio verbale. L’attendibilità delle risposte Per quanto concerne la coerenza e l’attendibilità delle risposte lo psicologo ha proceduto – nel primo e nell’ultimo colloquio – con la tecnica di intervista denominata Step-wise Interview (elaborata da Yuille e coll. nel 1993). Questa tecnica prevede una serie di fasi (gradini), ognuna delle quali va affrontata con gradualità. Si propongono inizialmente argomenti neutri, a cui segue la fase dell’accordo a fornire informazioni veritiere; la fase successiva è il racconto libero, seguono poi domande generali ed infine domande specifiche. Possono essere introdotti alcuni strumenti d’aiuto come i disegni. Va comunque rilevata la difformità tra quanto affermato nel primo e nel secondo colloquio. La motivazione non è imputabile alla sua incapacità di mantenere la coerenza dei ricordi riferiti, ma è da ricercarsi nelle forti pressioni psicologiche esercitate dalla madre affinché ritrattasse la versione iniziale e, ancor più,

24

nello stretto legame che unisce madre-figlia. Quando finalmente è stata svincolata dall’obbligo del silenzio impostole dalla madre la ragazza ha confermato le dichiarazioni fatte nel primo incontro, riferendo con precisione le circostanze e le modalità secondo cui si è svolto l’episodio di abuso da parte del fratello. Le affermazioni fatte nel primo colloquio e quelle confermate nell’ultimo appaiono perfettamente sovrapponibili alle dichiarazioni rese immediatamente dopo l’episodio alle sue insegnanti e al consulente del P.M. negli incontri videoregistrati effettuati nella primavera scorsa. Il collega psicologo ha proceduto a fare un’indagine più profonda per mezzo dei disegni delle emozioni. Test delle emozioni È stato richiesto di riprodurre graficamente alcune emozioni (gioia, paura e dolore). Per facilitare la consegna ci si è avvalsi della gestualità e della mimica e la ragazza ha dato prova di comprendere questi concetti astratti. Disegno della gioia …La gioia per lei è la condivisione di affetto e sentimenti, per trovare questo appagamento, almeno in questo momento, deve spostarsi fuori dalla dimensione familiare… Disegno della paura Ha disegnato se stessa in atteggiamento di fuga, mentre viene

inseguita da un ragno. Dalla sua bocca parte la nuvoletta del fumetto che contiene la parola “AIUTO”, esprimendo così uno stato emotivo di forte ansia. Il ragno che la insegue può essere inteso come elemento esterno minaccioso. Disegno del dolore Questo disegno è il più emblematico delle tre emozioni rappresentate, caratterizzato da un forte contenuto di pathos. Ha disegnato se stessa col volto rigato di lacrime mentre in una nuvoletta, che in questo caso è il suo pensiero, ha racchiuso due piccole figure. Mi ha spiegato che sono lei e il fratello. La giovane esprime così il forte desiderio di rivedere il fratello. Questo desiderio, adesso, alla distanza di parecchi mesi dall’evento prevale su altri sentimenti o ri-sentimenti. Risposta ai quesiti richiesti dal giudice Primo quesito: capacità della giovane di rappresentarsi e riferire fatti e circostanze, evidenziando l’esistenza di eventuali malattie o alterazioni tali che impediscano la corretta percezione della realtà. La tipologia dell’handicap della ragazza viene definita “grave ipoacusia bilaterale in un soggetto con ritardo mentale di grado lieve”. La ragazza solo da un anno e mezzo, dopo l’intervento per l’applicazione dell’impianto co-


n. 18 - gennaio-giugno 2008

cleare, si è avvicinata alla comprensione e alla produzione del linguaggio orale. Ciononostante l’osservazione, i colloqui con lei sostenuti e le prove testistiche hanno evidenziato una buona capacità di comprendere quanto accade nel mondo circostante, di rievocarlo con modalità adeguate alle sue pur limitate capacità di verbalizzazione. Le dichiarazioni, del tutto simili a quelle già espresse in precedenti occasioni, si presentano sufficientemente organizzate sul piano della coerenza logica, della precisione dei particolari forniti e riferiti, seppur denotano difficoltà nella collocazione spazio-temporale degli eventi e il loro ordine cronologico. L’analisi della produzione verbale della giovane ha permesso tuttavia di isolare nel racconto alcuni elementi descrittivi indicanti il luogo e la collocazione contemporanea degli eventi nel tempo. Le frasi riferite, anche se non organizzate nell’unicità di un racconto, appaiono strutturate e coerenti. Si ritiene pertanto che allo stato attuale non sembrano esistere alterazioni tali da impedirle una corretta percezione della realtà. Secondo quesito: l’esistenza di sintomi compatibili con l’abuso sessuale. Letti gli atti, condotta una diagnosi sulla giovane e tenuto altresì conto delle dichiarazioni

rilasciate da persone di significativo riferimento si ritiene di poter affermare che esistano elementi sufficienti per poter sostenere l’attendibilità delle dichiarazioni da lei stessa formulate. La partecipazione emotiva appare un po’ attenuata rispetto a quanto riferito dalle insegnanti al momento delle prime esternazioni. Va rilevato che sono trascorsi otto mesi dall’evento e il tempo cronologico per lei non riveste lo stesso significato del tempo vissuto. La terminologia usata per descrivere i dettagli dell’episodio appare compatibile con gli strumenti linguistici in possesso di una persona con le difficoltà denunciate dalla giovane (il rapporto sessuale subito viene descritto con particolari inequivocabili). Sussistono elementi per poter collocare questo evento tra… e tra… (vedere le deposizioni delle insegnanti di scuola), mentre non vi sono elementi per poter situare con esattezza gli altri episodi d’abuso, risalenti alla prima segnalazione.

Appare pertanto presumibile ritenere attendibili le dichiarazioni fornite dalla ragazza, e ipotizzare che il quadro complessivo emerso sia compatibile con l’ipotesi di abuso sessuale.

...non sembrano esistere alterazioni da impedirle una corretta percezione della realtà...

Summary Liliana Marchi reports a cross-section of her experience where she gives a professional advice as clinical pedagogist; she offers a linear sequence of her work about a sexual abuse sustained by a disabled girl: she concludes the article with answers that has given to the judge’s questions. A teaching and a direction for everyone who works like clinical pedagogist and gives professional advices in tribunal’s context.

25


n. 18 - gennaio-giugno 2008

Prevenzione oncologica e pedagogia clinica di Letizia Lampo e Ilenia Baldacchino

L’esperienza che si vuole documentare è nata dall’idea di adoperare le strategie pedagogico cliniche all’interno di un ambito tanto delicato quale quello della medicina oncologica e della prevenzione della malattia. I suoi presupposti si legano al riconoscimento dei bisogni della persona, soprattutto di quelle persone che, emergenti da una “catastrofe” quale la malattia tumorale, vedono alterate le proprie sicurezze, le proprie possibilità, a volte anche la stessa speranza di riprendere una vita normale. Il progetto è nato dal connubio tra la pedagogia clinica e un’associazione nazionale, l’Andos, che da anni è impegnata nella lotta contro il carcinoma alla mammella, una delle patologie tumorali più diffuse nell’universo femminile, causa di profondi cambiamenti, soprattutto quando questa comporta interventi chirurgici devastanti come l’asportazione della mammella. Spesso la donna, in queste situazioni, vede smarrire la propria stessa identità e sente più che mai il bisogno di attenzioni che vanno oltre la sfera esclusivamente medico-sanitaria. Da questa considerazione l’impegno in favore di una progettualità che permettesse l’accesso

26

in un ambito di lavoro che coinvolge la salute che manca, nel bisogno di creare relazioni umane che fossero molto rispettose del dolore, del silenzio, del vuoto percepito da chi aveva vissuto l’esperienza soffocante del carcinoma alla mammella. Di fianco a questo c’era anche l’intento di raggiungere le tante altre persone che, all’interno dell’associazione, stavano attraversando la complessa e sofferta fase di diagnosi della malattia nonché della scelta terapeutica più idonea e, ancora, quanti agiscono periodicamente nel campo della prevenzione, sottoponendosi ai programmi di indagine clinica atti ad evitare l’impatto della malattia. Il progetto muoveva dall’idea di realizzare “atelier di pedagogia clinica” che potessero permettere la creazione di spazi e tempi protetti, nei quali ciascuna persona, con la propria storia e le proprie vicende personali, potesse ritrovare sé stessa, un ambito nel quale si riconoscesse nella propria interezza, al di là della malattia, delle sofferenze accumulate, delle paure nutrite. Tre gli ambiti, quello della prevenzione oncologica che ha tentato di agire come motivazione alla lotta preventiva al carcinoma; quello dell’accompagnamen-

to alla prevenzione, attraverso il particolare iter clinico-diagnostico previsto e curato dal medico specialista; e quello di sostegno a quanti questo iter lo avevano già completato e venivano fuori da esperienze chirurgiche o chemioterapiche. Il gruppo al quale ci si rivolgeva era, dunque, un gruppo piuttosto eterogeneo, non solo in esperienze cliniche, ma anche in età, condizioni sociali, storie personali. L’atelier di lavoro è stato organizzato coadiuvando il lavoro dello psicologo Ilenia Baldac-

…. strategie pedagogico cliniche, medicina oncologica e prevenzione della malattia…


n. 18 - gennaio-giugno 2008

…recupero del significato della attenzione alla propria salute… chino, del pedagogista clinico Letizia Lampo e del medico oncologo Giovanni Moruzzi. Il progetto intervallava due modalità di intervento che vedeva interagire in prima linea lo psicologo ed il pedagogista clinico, il primo con l’intento di un lavoro intessuto sul terreno specifico della prevenzione, il secondo con la delineazione di un percorso che seguisse le tecniche della pedagoga clinica al fine di concretizzare esperienze che permettessero l’uscita dalla “malattia” e dalle tante ritrosie ad essa legate. Gli incontri mirati espressamente ad affrontare l’importante tema della prevenzione oncologica sono stati rivolti al recupero del significato della attenzione alla

propria salute e la validità dell’acquisizione di uno stile di vita che possa veramente aiutare ciascuno ad evitare i rischi di malattia. Il senso di questi appuntamenti è stato di far comprendere quanto una donna può ottenere da interventi di prevenzione con un attento screening medico e l’importanza del validissimo metodo del confronto in gruppo che viene offerto dall’Andos a quante si recano per affrontare il difficile percorso di indagine. Il percorso pedagogico clinico in atelier è dedicato proficuamente ad un approccio creativo ed espressivo, un’organizzazione focalizzata sul proponimento di stimoli atti a verificare il campo delle risorse della persona, affinché questa non si sentisse soffocata ed alimentata solo da limiti, paure e ansie legate al futuro, fino a muovere un iter di crescita e di autoconoscenza che ha saputo superare, passo dopo passo, i tanti ostacoli posti tra sé e le risorse adoperabili per uscire fuori dai propri disagi o per affrontarli più serenamente. Sul piano espressamente operativo, l’atelier ha predisposto una serie di stimoli che hanno permesso ai partecipanti di confrontarsi con le proprie capacità manuali, corporee, creative, dando loro la possibilità di vedere nascere, giorno dopo giorno, tutta una serie di “oggetti” che rappresentavano un po’ sé stessi e la propria interiorità, fino a entrare

costruttivamente in sé stessi, di vedere nascere “qualcosa” e di confrontarsi con un mondo che non richiedeva più parole o incoraggiamenti ma semplicemente un tempo per ascoltarsi, un tempo da dedicarsi. Le esperienze hanno preso spunto dalle dinamiche proposte dal metodo InterArt®, dalla Musicopedagogia®, da Edumovement®, dalle tecniche del metodo Educromo, tutte metodologie dotate di grande espressività, di un grande monito creativo e realizzativo che accompagna in silenzio la persona in un viaggio che, da sola – e non –, la conduce a portare luce lì dove sente, lì dove trova il coraggio di spingersi, senza fratture, senza imposizioni esterne. In qualità di pedagogista clinico mi sono trovata ad accompagnare ed in questa presenza accorta probabilmente risiede la possibi-

…in atelier approccio creativo ed espressivo… 27


n. 18 - gennaio-giugno 2008

lità del recupero dell’identità delle persone coinvolte, del loro irrobustimento emotivo, del loro ricambio comportamentale. La persona lascia un segno di sé, un disegno, una creazione in creta, un cerchio a parete, un’immagine mentale verbalizzata… e il lavoro è già compiuto nella rivitalizzazione di un’energia che a causa delle difficoltà della vita si era arenata o che, semplicemente, la persona aveva ignorato. Esperienze che offrono alla persona un tempo durante il quale essere pienamente se stessa, un essere che in atelier trova favorito ogni espressività corporea, numerosi momenti dedicati alla corporeità, al movimento, all’incontro con l’altro, e pure all’approccio intimo mediato dal contatto, specchio di emotività e di sentimenti che qui trovano spazi espressivi. A questo progetto ancora in piena attuazione, si andrà ad aggiungere anche un atelier per la formazione dei volontari dell’Andos che rappresentano un importante tassello dell’intervento di aiuto e perciò necessitano di una formazione che dia loro le abilità di agire consapevolmente. Consapevoli che quanto serve è un luogo che riconosca il dolore, lo abbracci e non lo lasci cadere come qualcosa di scontato o di troppo privato. Un dolore che se condiviso appare più sopportabile e se vissuto in compagnia sembra anche possibile lasciarlo scorrere e lasciar spazio ad altre sensazioni.

28

NOVITA EDITORIALI

Un genitore rimane colpito dal titolo del libro che, a differenza di tanti altri da lui letti, definisce facile il suo mestiere. Lo rigira tra le mani e si chiede perché lo abbia acquistato e, incuriosito, si dedice a sfogliarlo. Gira le pagine, ma non trova prefazione né introduzione, neanche i capitoli e nemmeno un piano di lavoro individuale per l’autoformazione con cui analizzare le proprie abilità e disponibilità. Che strano! Fortemente perplesso, ad un tratto, si accorge che alcune pagine contengono dei disegni. I suoi occhi sono attratti da tante forme e persone in movimento, immagini che rivelano differenti problematiche emotive ed evocano sentimenti di accoglienza o di allontanamento, di gioia o di tristezza, di calma o di inquietudine. Fissando lo sguardo sulle tracce chiaroscurali, sui tratti deboli e forti dei disegni, esplorandoli ed elaborandoli emozionalmente, si trova immerso in un’atmosfera particolarissima e, colto da un’infinità di pensieri e di idee, si ferma a riflettere...

Summary Letizia Lampo, clinical pedagogist, and Ilenia Baldacchino, psychologist, document their experience managed on women who see changed their confidences and possibilities of believing on future life as result of breast cancer. The project, in cooperation with Giovanni Moruzzi, doctor and oncologist, tells us about meetings which have prevention as topic and events which develop a positive receptiveness to the future.


n. 18 - gennaio-giugno 2008

Echi della stampa Il Resto del Carlino, 21 novembre 2006 Giuliana Ammannati, interviene su Il Resto del Carlino offrendo criteri e modalità educative alternative o integrative per fronteggiare il problema del bullismo. Messaggero, 22 gennaio 2007 In “Vite di friulani”, appare un lungo articolo su Debora Toneatto di Flambro.

(ANSA) - Pesaro, 27 gennaio 2007 Il teatro a scuola, come antidoto al “bullismo” e all’esibizionismo sessuale videofilmato. È la ricetta proposta dalla pedagogista clinica Giuliana Ammannati, per fronteggiare i nuovi fenomeni di disagio giovanile. “L’attività di drammatizzazione – spiega – garantisce attenzione ai bisogni dei giovani, incanala le loro pulsioni, paure e ansie, offre la possibilità di crescere nel rispetto di sé e degli altri, senza bruciare le tappe”. “Gli ultimi episodi noti – afferma Ammannati – sono frutto della mancanza di regole e guide, di esempi di buon comportamento da parte degli adulti, nelle istituzioni e in televisione; ma anche di un comportamento emulativo tra i giovani. Che agiscono sempre più attraverso azioni automatiche e ripetitive, non personali, pensate e riflettute”. “Oggi, più che mai – osserva la pedagogista – per la perdita di senso della propria esistenza, e per noia, si tende a cercare il protagonismo e l’esibizionismo a tutti i costi. La strada e la scuola finiscono per essere il luogo ideale dove il ‘branco’ può mettersi in mostra”. Facendo vedere “di essere forti e spavaldi, di disprezzare i divieti e le sanzioni”. Un modo maldestro per avvicinarsi al mondo dei grandi, troppo distante, “con una sorta di ritualità che passa anche attraverso comportamenti violenti e trasgressivi verso il diverso da sé e verso la donna vissuta come oggetto di possesso, al pari del cellulare e delle scarpe griffate”. Il teatro invece

può offrire a tutti i ragazzi, anche ai più difficili, l’opportunità di esprimersi. Il Giorno QN, 28 gennaio 2007 In un articolo trovano spazio per proposte costruttivAntonino Napoli, legale dell’Osservatorio sui Diritti dei Minori e Giuiliana Ammannati, pedagogista clinico.

Le Réveil Social, n° 3, marzo 2007 La voce di Claudio Rao, pedagogista clinico, ha raggiunto la Val D’Aosta.

(ANSA) - Pesaro, 11 marzo 2007 “Le scienze umane ci permettono di capire che l’omosessualità non è espressione di una sessualità compiuta, che è tale, e può esserlo, solo nella relazione eterosessuale, nella quale avviene il confronto e lo scambio tra esseri, con tutte le dovute implicazioni psicologiche, relazionali, sociali”. Lo sostiene Giuliana Ammannati, pedagogista clinico, docente di Filosofia e Scienze

29


n. 18 - gennaio-giugno 2008

umane, intervenendo nel dibattito sul riconoscimento di pari diritti alle coppie di fatto. “L’omosessualità – aggiunge – è indice di una sessualità che, per una serie di cause, si ferma a stadi intermedi della sua evoluzione e della psicologia della persona. Lo Stato e le Istituzioni dovrebbero provvedere a garantire un maggiore sistema educativo perché è all’interno di una società educante che si cresce e si diventa persone psicologicamente adulte, in grado a loro volta di educare. Solo così si può migliorare la società civile e si possono garantire il progresso e il futuro dell’umanità”. “In quanto ad un eventuale affido di bambini a queste coppie – rileva Ammannati – è bene sapere che, come per la sessualità, anche la paternità e la maternità sono assai complesse, e vanno al di là del sentimento e del ruolo assunto in modo fittizio; esse passano attraverso il riconoscimento del ruolo reale e vero dell’essere genitori, delle differenze tra uomo e donna, tra maschio e femmina, tra autentica identità maschile e femminile. Queste differenze – conclude – non possono essere espresse o colte solo nel gioco dei ruoli tra due persone appartenenti allo stesso sesso”. Gazzetta del Sud, 11 marzo 2007 Gazzetta del Sud, 24 maggio 2007 Liliana Guarna è assai impegnata al Sud nel portare avanti istanze e orientamenti educativi per fronteggiare il “bullismo”. Ne parla la Gazzetta del Sud in due significativi articoli.

Libertà 2007

Nella rubrica settimanale di pedagogia clinica del CSSCentro Studi Specialistici “ExDucere” di Siracusa i titoli degli articoli che si leggono in data 15 aprile 2007 sono: Una pedagogia “clinica” alleata della salute e dell’equilibrio; La mediazione, Uno “spazio” che accoglie violenza e disordine e in data 22 Aprile 2007 I bambini che vivono d’ansia: sensazioni “adulte” nei piccoli; Nelle case, meno figli e più animali; Quando il partner è un alcolista. Libertà, 18 aprile 2007 Viene data notizia dell’inizio degli incontri promossi dall’ANDOS e dal Centro Studi Specialistici ExDucere di Siracusa.

Il Resto del Carlino, 13 marzo 2007 Il pedagogista clinico Giuliana Ammannati si esprime sulle coppie omosessuali. Il Monferrato, 13 aprile 2007 Viene data notizia della pubblicazione del libro “Educazione ludologica” di Giovanni Rabaglino e Alberto Sedini.

30

(ANSA) - Pesaro, 21 aprile 2007 Una televisione “depressa e sessuofobica” che fa male ai giovani. Si scaglia contro il programma quotidiano “Italia sul 2 - Giovani” condotto da Roberta Lanfranchi e Milo Infante, il pedagogista clinico Giuliana Amman-


n. 18 - gennaio-giugno 2008

nati, docente di filosofia all’Università di Urbino e impegnata sui temi dell’educazione attraverso i media. “La televisione – dice – sempre più a base di programmi sessualizzati è un pessimo esempio per minori e adolescenti, spesso lasciati soli davanti al video per ore, nella totale confusione di ruoli e di paradigmi educativi. Si comincia alle 14 del pomeriggio per finire a notte inoltrata, con ore e ore di programmazione su argomenti a sfondo sessuale: la scelta del partner, la vita di coppia che inizia e finisce nel letto matrimoniale, le crisi, i tradimenti, le separazioni, con i figli vissuti sempre come problema quando tutto finisce.” Per Ammannati questa è “una televisione depressa che causa depressione e sessuofobia nei giovani. C’è il delirio delle opinioni espresse a ruota libera da una marea di artisti - opinionisti – come appunto in “Italia sul 2 Giovani” – c’è il soggettivismo allo stato puro, il contraddittorio fine a se stesso. Mancano il confronto autentico, il senso la vita quotidiana”. Il Resto del Carlino, 24 aprile 2007 Nel quotidiano si legge il commento di Giuliana Ammannati sui programmi TV.

Il Resto del Carlino, 15 maggio 2007 La pedagogista Clinico Giuliana Ammannati si pronuncia su bimbi, famiglia e giustizia. Corriere, 1 giugno 2007 Il progetto elaborato da Luisa Vera e Federico Pettinari, pedagogisti clinici, ha sollecitato l’interesse della giornalista Valentina Bonomi che apre ad un articolo in cui descrive ampiamente e specificatamente le finalità e i contenuti del progetto.

La Voce di Rovigo - quotidiano, 1 luglio 2007 Maria Cristina Borsari viene intervistata sul progetto “Laboratorio cinema” che ha condotto presso l’Istituto Sichirollo di Rovigo.

HELP! Mensile Regionale F.U.G., maggio 2007 HELP! Mensile Regionale F.U.G., luglio 2007 A firma della collega Francesca Simoni direttore regionale ANPEC Friuli Venezia Giulia si legge su Help! del maggio 2007 un articolo intitolato “Pedagogia clinica, scienza in aiuto alla persona” e a firma di Luisa Manosperti, direttore provinciale ANPEC di Trieste, appare sulla stessa rivista un lungo articolo dal titolo “La pedagogia clinica - L’approccio olistico alle difficoltà”.

Il Resto del Carlino, 28 agosto 2007 La professoressa Giuliana Ammannati, docente di Filosofia e Scienze umane, pedagogista clinico si interroga e commenta.

31


n. 18 - gennaio-giugno 2008

Cava dei Tirreni, ottobre 2007 Formazione per la professione di pedagogista clinico. Il 9 ottobre 2007 alla presenza del sindaco Gravagnuolo e dell’assessore ai rapporto con l’università Daniele Fasano, è stata annunciato il patrocinio e il riconoscimento della formazione che si terrà a Cava dei Tirreni in spazi messi a disposizione dall’Amministrazione. Ne danno notizia i quotidiani Il Mezzogiorno e La Città: “Master di pedagogia clinica” presentazione in Comune. Un master triennale di pedagogia clinica allestito dall’ISFAR verrà avviato nei prossimi giorni a Cava e questa mattina, alle ore 10 a Palazzo di Città, l’iniziativa verrà presentata dal sindaco Gravagnuolo e dall’assessore Fasano. Interverranno anche il presidente dell’associazione nazionale dei pedagogisti clinici Guido Pesci e la pedagogista clinico Rosanna Alfieri”. (La Città, 9 ottobre 2007)

Brescia Oggi, 17 ottobre 2007 Dominique Tavormina continua le sue conferenze relative all’European Depression Day su un tema scelto a livello europeo “Vincere la depressione. I giovani e la vita”. Della sua conferenza su: L’intervento educativo nelle scuole come prevenzione del disagio giovanile” ne dà notizia Brescia Oggi.

Il Centro 20, novembre 2007 Impegnate sui problemi dell’integrazione scolastica Chiara Miccadei e Chiara De Luca hanno partecipato al Seminario promosso dall’Ufficio Scolastico Provinciale, dal GLIP e dalla Direzione Didattica del 3° Circolo di Teramo, ne da notizia il quotidiano abruzzese Il Centro.

32

La Sicilia 5, dicembre 2007 Mariassunta Gugliuzza in qualità di pedagogista clinico sta realizzando, insieme ad un avvocato matrimonialista incontri di preparazione al matrimonio civile, una figura quella del pedagogista clinico fortemente voluta dall’Assessore alle Politiche Familiari del Comune di Caltagirone. La notizia è stata rilanciata dal giornale La Sicilia.

Rivista Salutare - mensile d’informazione n. 35 Nella rivista si legge l’articolo di Benvenuto Rosanna.


n. 18 - gennaio-giugno 2008

Speciale Convegno Nazionale ANPEC Genova 20 ottobre 2007 Presso il Centro Congressi Expò Magazzini del Cotone, sabato 20 ottobre 2007 si è tenuto a Genova, patrocinato dalla Regione Liguria, dalla Provincia e dal Comune di Genova, il Convegno su “Il pedagogista clinico: una risorsa di fronte alle emergenze sociali”. Presidente del Convegno, Prof. dott. Giuseppe Talamucci Neuropsichiatra Infantile, Membro del CD ANPEC, Docente ISFAR Formazione Post-Universitaria delle Professioni di Firenze. Ha aperto i lavori, davanti ad una vasta platea, la Prof.ssa Luisa Susanna Viviani Maggi, direttore regionale ANPEC della Liguria e docente ISFAR. Hanno contribuito all’ampia eco dei lavori relazioni di grande interesse presentate in gran numero con ausiliari video. L’evento aveva già trovato cronaca nel sito della Regione Liguria il 17 ottobre 2007 e in vari siti generici su Google. La notizia del convegno viene data in una conferenza stampa indetta e realizzata il 18 ottobre 2007 nella prestigiosa sede della Regione Liguria a Genova e diffusa dall’Agenzia ANSA. L’Agenzia viene rilanciata in quello stesso giorno dalla testata on line www.genovapress. com, il giornale Liguria Notizie e La Repubblica. In Liguria Notizie si legge: Nel corso della conferenza stampa di presentazione del Convegno Nazionale: “Il Pedagogista Clinico una risorsa di fronte alle emergenze Sociali” che si svolge nel capoluogo Ligure Sabato 20 presso il Centro Congressi ell’Expò (sala Scirocco Libeccio), la dott.ssa Susanna Viviani, responsabile della sezione ligure, ha sottolineato quanto sia significativo il fatto che, anche nel capoluogo ligure, sia diventata più numerosa la presenza di questa categoria di professionisti, già operativi in Italia da diverso tempo. Chi sono dunque i Pedagogisti Clinici? Si tratta di operatori che si occupano dei bisogni della persona, considerata nella globalità comprensiva della dimensione fisica, mentale, relazionale nonché emotiva. Il Pedagogista Clinico interviene concretamente, quasi come tecnico, a promuovere il ripristino dell’equilibrio. Come è stato specificato nel corso dell’incontro stampa, questa figura professionale possiede metodi e strumenti operativi che consentono di coinvolgere direttamente la persona agendo “sul suo positivo”. L’attività del pedagogista clinico si rivolge a tutte le tappe evolutive della persona: bambini, adolescenti e adulti, sia in gruppo che singolarmente. Le tematiche più frequenti su cui il Pedagogista Clinico interviene oggi possono concernere le difficoltà di apprendimento e di comportamento (bullismo, aggressività, iperattività, disgrafia, ecc.), la mediazione scolastica, come strumento dei integrazione di bambini adottivi, stranieri o con difficoltà e, come stru-

mento di prevenzione alla dispersione scolastica. È significativa l’attenzione posta nell’ambito dell’orientamento scolastico-professionale su cui il convegno si soffermerà in maniera particolare grazie a qualificati interventi di relatori che spiegheranno le loro esperienze pratiche. La Repubblica annota il convegno in un articolo.

Il Corriere Mercantile, il giorno precedente i lavori (19 ottobre 2007), esce con un articolo “A confronto gli angeli della scuola”.

Il giorno 20 ottobre il TG3 della RAI ha dato notizia sia in radio che in televisione nell’ambito del telegiornale. In quello stesso giorno la notizia è apparsa sul Il Giornale. La domenica una comunicazione di circa 4 minuti viene rilanciata da Radio 103. L’evento per i suoi contenuti e gli effetti stimolo che ne sono derivati trova ancora interessa lunedì 22 ottobre nei telegiornali di Teleradiocity e Telestar, ore 13 e replica alle ore 19 e in Telenord via satellite nel telegiornale delle ore 12 e replica serale. Una eco che trova seguito perfino nel giornale Il Cittadino in data 29 ottobre 2007.

33


n. 18 - gennaio-giugno 2008

A Congressi, convegni, seminari, incontri… Orvieto 2005-2007 I pedagogisti clinici Luisa Vera, Laura Buraccioni e Federico Pettinari nell’anno 2005-2006 hanno proposto il progetto “Il percorso della memoria” insieme alla scuola media Luca Signorelli, UNITRE Università della terza età, Ufficio della cittadinanza, coordinazione interventi promozione della salute distretto 3. Le parole chiave della partecipazione alle attività sono state: prevenzione e integrazione. La risorsa del gruppo ha permesso lo stare insieme e il fare insieme, un valore aggiunto per risolvere i disagi. Il fine ultimo è stato la collaborazione, il tener insieme, lo scambio il dialogo, per raggiungere nuovi equilibri per superare disagi psicofisici e socio-relazionali. I contenuti sono stati quelli del tempo dei luoghi e della memoria, attraverso il racconto orale, l’ascolto attivo, l’uso di immagini e foto. Ogni soggetto in una situazione libera e creativa, ha potuto far emergere le risorse e le potenzialità che possiede; il laboratorio ha permesso di focalizzare l’attenzione su contenuti motivanti e conosciuti, favorendo e facilitando l’inserimento nella comunicazione. Vera, Buraccioni e Pettinari negli anni 2006-2007 hanno dato inizio anche ad una forma di collaborazione con l’Università della terza età di Orvieto, per mezzo del progetto “La memoria, tecniche e strategie per mantenerla giovane ed efficiente”. L’obiettivo generale è stato il riequilibrio globale della persona offrendo, a soggetti anziani, opportunità di potenziamento e recupero della memoria tali da soddisfare le loro esigenze di vita. Perugia 2007 I pedagogisti clinici Luisa Vera, Laura Buraccioni e Federico Pettinari hanno realizzato il progetto “La traccia del corpo nel bambino da tre a cinque anni” presso nell’Istituto comprensivo di Marsciano (PG) rivolto ai bambini e alle insegnanti della scuola d’infanzia. La nuova concezione di formazione nella scuola sul campo, ha prodotto effetti significativi sia dal punto di vista della qualità che dal punto di vista dei tempi e quindi dei costi. Roma 23 Marzo 2007 Convegno su “Educare alla vita. Come. Dove. Quando. Pedagogia Clinica e multidisciplinarietà”. L’iniziativa è stata ideata dalla Prof.ssa Rosanna Alfieri, pedagogista clinico, supervisore e responsabile ANPEC regionale del Lazio. L’iniziativa è stata patrocinata dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e ha visto la presenza fra le numerose autorità intervenute del Prof. Guido Pesci, Direttore scientifico ISFAR; del Prof. V. M. Mastronardi, Cattedra di Psicopatologia Forense Dip. Scienze psichiatriche e Medicina psicologica I Facoltà di Medicina Università “La Sapienza”; del Prof. Sergio Gaiffi, Segretario nazionale ANPEC; del Prof Giorgio De Toma, Direttore Divisione Chirurgia generale Policlinico Umberto I, Università degli Studi “La Sapienza”; del Prof. Emanuel Castello, Oncologia Pediatrica Policlinico Umberto I Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, della Dott.ssa Margherita Molfese, Dirigente Medico, responsabile Terapia Antalgica, Ospedale San Pietro Fate-

34

N

P

E

C

benefratelli di Roma; della Prof.ssa Anna Pesci Vicepresidente C.D. nazionale ANPEC. Il tema centrale del Convegno è stato quello di dimostrare quanto sia indispensabile la collaborazione transdisciplinare per concretizzare in collegialità l’efficacia del prendersi cura e del sostegno alla persona. Cagliari 24 marzo 2007 L’ISFAR Formazione Post-Universitaria delle Professioni d’intesa con l’ANPEC, il 24 marzo 2007 ha organizzato presso il THotel di Cagliari, un Seminario su “ADHD -Diagnosi e interventi di aiuto” formazione riconosciuta dal MIUR tenuto dal Professor Giuseppe Talamucci e dalla Professoressa Maria Raugna. Il tema e la dotta trattazione oltre che le esemplificazioni pratiche hanno prodotto nei presenti grande entusiasmo e interesse. Siracusa 19 aprile 2007 Presso il Centro Studi specialistici ExDucere di Siracusa hanno avuto inizio gli incontri su: “Prevenzione e benessere” a cui prendono parte l’oncologo Dottor Giovanni Moruzzi responsabile dell’ANDOS, la psicologa Ilenia Baldacchino e la pedagogista clinica Letizia Lampo. Il senso di questi appuntamenti è quello di focalizzare l’attenzione sulle grandi possibilità della prevenzione oncologica. Saint Vincent 19 maggio 2007 Nella stupenda cornice della Sala Gran Paradiso del Grand Hotel Billia di Saint Vincent, il 19 maggio 2007, l’ISFAR Formazione Post-Universitaria delle Professioni e l’ANPEC Associazione Nazionale Pedagogisti Clinici, hanno promosso il Seminario su “ADHD: Diagnosi e interventi di aiuto” condotto dal Prof. Dott. Giuseppe Talamucci, neuropsichiatra infantile, membro del CD ANPEC, docente ISFAR- Formazione Post-Universitaria delle Professioni di Firenze e dalla Professoressa Dott.ssa Maria Raugna, pedagogista clinico, psicoterapeuta, membro direttivo ANPEC. Ha aperto i lavori il Prof. Dott. Sandro Cappellin, direttore ANPEC Val D’Aosta; lavori che hanno trovato ampio spazio in una rubrica della TV RAI Val D’Aosta. Vicenza 26 settembre 2007 La collega Sabrina Germi ha realizzato nell’anno 2007 il progetto “L’atelier d’argento”, rivolto ad un gruppo di anziani ospiti presso la Casa di riposo “A. Rossi” di Arsero, in provincia di Vicenza. Il progetto ha avuto risalto anche in un periodico nazionale: “Assistenza Anziani”. Bolzano 26 settembre 2007 Il giorno 26/09/2007, presso l’Università di Bolzano, si è svolto il convegno sul Progetto LEA, (Linguaggi Espressivi Artistici) a cura dell’Università e dell’Istituto Pedagogico in lingua italiana, in tale evento il collega Eugen Galasso ha presentato una relazione su “La persona nella sua interezza” e ha tenuto durante il pomeriggio il workshop su “Pedagogia clinica e applicazioni creative”. Catania 29 settembre 2007 Presso il Centro Congressi Excelsior Grand Hotel di Catania il 29 settembre 2007 si è tenuto un Convegno su “Pedagogisti clinici in Sicilia”; con il patrocinio dei Comuni di Catania, Agira, Licata e dell’Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri della


n. 18 - gennaio-giugno 2008

T

r

i

b

u

n

e a cura di Antonio Viviani

Provincia di Catania. Presidente Prof. Dott. Giuseppe Talamucci, neuropsichiatra infantile, membro del CD ANPEC, docente ISFAR Formazione Post-Universitaria delle Professioni di Firenze. I lavori sono stati aperti dalla Prof.ssa Concetta Grasso, direttore Sezione ANPEC della Sicilia e dal Prof. Giuseppe Maira, direttore Provinciale di Catania. Il gran numero di relazioni presentate ha potuto dimostrare quanto i pedagogista clinici in Sicilia siano ormai impegnati in una molteplicità di occasioni professionali condotte presso enti ed istituti e come professionisti autonomi e si sono proposti come referenti di queste loro capacità al vasto pubblico dei presenti. Cava dei Tirreni, 10 ottobre 2007 Il 10 ottobre 2007 si è tenuta al Comune di Cava dei Tirreni la conferenza stampa per l’inaugurazione del Corso triennale di Formazione del Pedagogista Clinico, alla presenza del Sindaco della Città, Dott. Luigi Gravagnuolo, dell’Assessore all’Istruzione, Dott. Daniele Fasano, del Prof. Guido Pesci, direttore scientifico e fondatore dell’ISFAR, della Prof.ssa Rosanna Alfieri, pedagogista clinico, supervisore e di giornalisti intervenuti delle varie testate dei quotidiani della regione Campania (Vedi Echi della Stampa). Milano 13 ottobre 2007 Nella Sala degli Affreschi - Palazzo Isimbardi di Milano è stato presentato agli Istituti Scolastici Superiori di Milano e provincia e ai Referenti Istituzionali per l’Amministrazione Provinciale, il progetto: “Scopriamo le carte” (Legalità e diritti, contro il bullismo e per le buone pratiche nelle scuole). Al progetto ha partecipato l’ANPEC Associazione Nazionale Pedagogisti Clinici, guidata con impegno e professionalità dal collega Raffaele Di Paolo e dalle rappresentanze periferiche. È stata questa una notevole e complessa opportunità di radicamento sul territorio per la nostra sezione provinciale e per la nostra associazione. Un progetto con cui vengono proposti alle scuole servizi quali formazione, sportello e mediazione e che ha già alimenato un notevole interesse anche nelle scuole elementari e medie che, non potendo far riferimento all’Assessorato Provinciale si stanno muovendo con il sollecitare un’azione istituzionale tesa a coinvolgere l’Ufficio Scolastico Regionale e quello Provinciale.

to nella più ampia kermesse “NatalEventi” sostenuta dal Comune di Trieste, è riuscito nel duplice obiettivo: da un lato, grazie alla sensibilità dimostrata dai cittadini, è servito per raccogliere fondi da destinare all’acquisto di attrezzature per il reparto di Neonatologia dell’Ospedale Infantile “Burlo Garofolo”, dall’altro è riuscito a sensibilizzare genitori e nonni rispetto all’efficacia del racconto di una favola ai propri bambini. “Crescere con le favole”; infatti, è stata una manifestazione rivolta ai bambini dai 3 ai 10 anni coinvolti assieme ai genitori o ai nonni, in laboratori creativi di oggetti natalizi e, in spettacoli di fiabe narrate e burattini. L’organizzazione ha scelto per l’evento, di rappresentare la favola russa della “rapa” dal forte significato simbolico. L’importo raccolto durante la manifestazione di euro 3.465,00 è stato utilizzato per acquistare una lampada- fototerapia del valore di euro 2.900,00 + IVA consegnata ufficialmente all’Ospedale Infantile “Burlo Garofolo”. “Crescere con le favole” è stata una iniziativa ripresa da tecnici audio e video che professionalmente hanno prodotto un DVD in 120 copie consegnati dall’Organizzazione della manifestazione al Comune di Trieste – Area Educazione che, a sua volta, lo ha consegnato alle 116 sezioni delle scuole materne al fine di consentire loro di utilizzarlo come strumento didattico e ludico. Študijski center – Centro Studi Melanie Klein Direzione regionale ANPEC Associazione di volontariato TUTELA

Teramo 21 novembre 2007 Chiara De Luca ha partecipato con una propria relazione dal titolo: “Il servizio clinico per la prevenzione, diagnosi e interventi di aiuto alle persone di ogni età”, al Seminario di Studio su: L’integrazione scolastica in provincia di Teramo, organizzato dal Ministero della Pubblica Istruzione, dall’Ufficio Scolastico Provinciale di Teramo e dalla Direzione Didattica Statale 3° Circolo di Teramo.

Dopo la manifestazione “Crescere con le favole - Rasti s pravljicami” i giocattoli rimasti sono stati donati alla fondazione Lucchetta, Ota, Hrovatin.

Trieste 30 novembre, 1 e 2 dicembre 2007 In data 30 novembre, 1 dicembre e 2 dicembre 2007 si è svolta a Trieste nella suggestiva cornice di Piazza San Antonio Nuovo la manifestazione “Crescere con le favole – Rasti s pravljicami” ideata e promossa dall’Associazione Melanie Klein, dall’Associazione di Volontariato TUTELA e la direzione regionale dell’Associazione Nazionale Pedagogisti Clinici. L’evento, inseri-

Ladispoli 15 dicembre 2007 Alessandra Serafini e Eleonora Volpe hanno partecipato alla ”Giornata di Formazione” dei Volontari A.V.O. sez. di Ladispoli in provincia di Roma con un intervento su “Pedagogia Clinica: strutturazione e tecnica della professione e delle metodologie sull’ascolto”. L’intervento è stato molto apprezzato e considerato ampiamente innovativo.

35


n. 18 - gennaio-giugno 2008

R

e

c

e

n

In questa rubrica vengono sottoposte all’attenzione dei lettori Autori italiani e stranieri nella certezza che un arricchimento solo se spalanchiamo i nostri orizzonti su un panorama più Gisèle George

Bénoit Sabatier

Ces enfants malades du stress

Nous sommes jeunes, nous sommes fiers. La culture juvenile d’Elvis à nos jours

Editions Alain Carrière La Flèche, 2002, pp. 150 Il fenomeno dello stress non è l’appannaggio degli adulti. In una società post-industriale dai ritmi sempre più frenetici esso coinvolge l’intero nucleo familiare. Le giovani generazioni si trovano spesso in prima linea. Senza neppure il conforto della comprensione degli adulti. Orari settimanali sovraccarichi, full d’impegni e di attività, timore del diverso, piccoli soprusi quotidiani nelle ricreazioni, esigenze di buone performances da parte di docenti e genitori… La vita dei bambini contemporanei è tutt’altro che un lungo fiume tranquillo! A spiegarcelo è Gisèle George nel libro “Questi bambini malati di stress”. Pedopsichiatra (neuropsichiatra infantile) la George è autore di diversi saggi e animatrice di gruppi per l’affermazione di sé rivolti a soggetti in età evolutiva. Attraverso un linguaggio scorrevole, scevro dallo spesso ermetico vocabolario degli addetti ai lavori, la dottoressa George illustra con esempi concreti di alcuni dei suoi giovani pazienti come si manifesti lo stress in soggetti di scuola primaria. Attraverso interessanti e illuminanti paralleli tra i ritmi quotidiani di adulti-genitori e pazienti-figli, risulta chiaro come i ritmi esiziali della nostra civiltà occidentale vengano a perturbare la vita dei più giovani, ai quali spesso non è neppure riconosciuto il diritto a ritenersi stressati. “è uno scandalo per l’adulto – affermava già Françoise Dolto – che l’essere umano allo stadio infantile sia al suo pari”. Eppure, quando la madre e il figlio Julien, 10 anni, raccontano su invito del dottore i ritmi delle loro giornate, l’unica analogia che salta all’occhio del lettore e di cui lo stesso genitore finirà per rendersi conto, è lo stress al quale entrambi – ciascuno nel proprio ambiente – sono sottoposti. Una lettura utile ed interessante per tutti e per ciascuno. Indispensabile per gli addetti ai lavori che, nelle professioni d’aiuto alla persona, si trovano ormai quotidianamente a contatto con le problematiche connesse ad una corretta gestione di questo fenomeno. Claudio Rao

36

Hachette Litterature, Paris 2007, pp. 182 Veramente un “esquisse” notevolissimo quanto discutibile (cioé, alla lettera, “da discutere”) sulla cultura giovanile, di 663 pagine, bibliografia inclusa, ma per nulla un “mattone”. Inevitabile che la parte musicale – pur presente e comunque utile, la musicopedagogia è pur sempre parte essenziale della pedagogia clinica e qualunque musica la nutra – non sia quantitativamente e qualitativamente superiore a quella sociologico/ psicologico-sociale, ovviamente senza trascurare l’approccio antropologico-culturale. Dove il gap (o décalage, a seconda delle preferenze linguistiche, generazionale tra Elvis e i suoi fans e l’oggi è comunque enorme; essendo però la maggior parte dei colleghi/delle colleghe non proprio legata al giovanilismo di questi anni, ma piuttosto al “beat”, al “punk”, al “post-punk”, ai “paninari” – per ovvi motivi d’età, ma soprattutto di formazione – conoscere l’oggi è molto importante, perché chi lavora nelle scuole (“sportello” o altrimenti, anche formazione degli insegnanti, ove sia previsto un incontro con le classi) o comunque con adolescenti e giovani nei gruppi o individualmente, è bene sia aggiornato su questa componente fondamentale della “Bildung” (ossia formazione integrale) dei giovani, anche tenendo conto delle differenze di genere. Nessun giovane, qualunque problematica porti con sé, non è, né può essere, immune dall’influenza dalla “cultura” (abitudini, atteggiamenti, mentalità, patterns), come si sa da Taylor a Kroeber-Kluckhon, per dire solo di alcuni autori fondamentali dell’antropologia culturale). Certo, sciropparsi un tomo simile, per di più in francese (almeno per chi non sia francofono a buon livello) può essere noioso, ma in realtà” il gioco vale la candela”, come, una volta tanto non stupidamente, recita il proverbio... Del resto noioso non è, a ben vedere, per lo stile comunque coinvolgente – e in parte “entusiasmante” – di Sabatier, per la sua (già accennata) capacità di parlarci di musica, ma mai solo. Un fronte di cui bisogna tener conto, se non si vuol ricadere in quell’intellettualismo da sempre condannato da Edgar Morin, intellettuale a tutto tondo (cfr. anche il suo relativamente recente “La testa ben fatta”, trad. it., Milano, Cortina, 2000), che non ha mai disprezzato la cultura “bassa” o meglio “mediale”. Una considerazione da fare, non tanto per incitare a una lettura acritica (ci mancherebbe, del resto, nessun/nessuna collega vi si adatterebbe, per fortuna), quanto invece proprio anche proprio per invitare chi fa il pedagogista clinico e non solo a riflettere su quanto legge (e con Sabatier varie volte sarebbe opportuno non essere d’accordo...!). Cioè a dire proprio quanto il pedagogista clinico è comunque invitato a fare, sia come “docente” sia comunque in relazione agli altri/alle persone quello che qualcuno, un po’ riduttivamente, ma non troppo, riassume nella formula icastica:“pensare con la propria testa”. Eugen Galasso


n. 18 - gennaio-giugno 2008

s

i

o

n

i

alcune recensioni di testi inerenti alla pedagogia clinica scritti da scientifico e un approfondimento del sapere si possano avere vasto possibile. Guido Pesci

Cheik Tidiane Gaye

Ergopedagogia

Canto del Djali

Armando Editore, Roma 2006, pp. 141 L’Autore sostiene la necessità di una seria politica della solidarietà verso la persona diversabile e sostiene il diritto perchè questa diventi cittadino lavoratore e cessi la condizione di “assistito”. Perché il diversabile possa essere integrato nel tessuto sociale si fa appello ad una scuola con l’obbligo di offrigli serie opportunità di preformazione ergopedagogica, premessa indispensabile per un inserimento in azienda. L’ergopedagogia trova nel volume uno spazio per dimostrare quali tecniche e quali metodologie possono essere utili ai fini di un’esperienzialità in premessa ad un’attività lavorativa. I tanti metodi che si rintracciano nel libro sono stati ampiamente sperimentati e consentono di offrire un valido aiuto pedagogico, di potenziare gli aspetti organizzativo funzionali, di arricchire le disponibilità al rapporto con gli altri, di sviluppare l’attenzione e l’autocontrollo delle pulsioni istintive, di canalizzare certe tensioni emotive e di ridurre l’eventuale instabilità: modi per aiutare le persone diversabili ad evolversi, a fare esperienze che consentano loro di realizzare un evoluzione globale indispensabile per affrontare le diverse richieste delle aziende. Contrapposto ad un sistema politico che non partecipa convenientemente al miglioramento della condizione sociale dei diversabili, occorre, dice l’Autore, metterci in cammino con lo scopo di favorire una diversa e più ricca azione politica, per un’idea di progresso affine ai sentimenti legittimi di una filosofia sociale che vuole esteso e riconosciuto il diritto all’integrazione e perciò il diritto al lavoro. L’ergopedagogia, che vuole il soggetto diversabile in azienda, offre alle istituzioni politiche l’occasione per assicurare un sistema ammirevole, saggio e nobile che, se seguito, potrà essere vanto e testimonianza di una civiltà evoluta. Antonio Viviani

Edizioni dell’Arco Milano, 2007, pp. 132 Come in altre occasioni l’Africa (Senegal, nella fattispecie) ci dà una lezione musicopedagogica e di verbotonematica, anche se Cheik Tidiane Gaye scrive in lingua italiana. Ciò nei testi prettamente poetici, ma anche in quelli in prosa, collocabili tra il “conte” (racconto, appunto) e la riflessione, dove si parla della necessità di riscoprire gli “spiriti”, che non sono la dimensione ctonia che spiriti, spettri e altro hanno nella cultura occidentale, bensì il sé più profondo. Ecco allora dove una simile lettura può essere utilissima al pedagogista clinico, incaricato, ben più “laicamente” di fare da “facilitatore” educativo alla persona, o al reflector che deve fare da “mirror” per chi si rapporta con lui. Da seguire, da “tallonare” questi testi, che contengono i concetti più profondi della filosofia africana per poter fare da “griot”, da “raccordatore”, nutrendosi di “carne e sangue” di nuove e profonde esperienze, personali e professionali. Eugen Galasso

Guido Pesci, Antonio Viviani

Il facile mestiere di genitore Dinamismi figurativi per riflettere Edizioni Magi, Roma 2008, pp. 245 In una società in cui sono tanti i genitori che leggono libri indirizzati a loro perché possano riuscire meglio nell’arte di padre e di madre, le notizie allarmanti di ogni giorno dimostrano che gli stimoli al cambiamento attraverso queste letture non offrono grandi opportunità. Guido Pesci e Antonio Viviani docenti dell’ISFAR (Istituto di Formazione Post-Universitaria delle Professioni) di Firenze hanno voluto vederci chiaro e trovare delle spiegazioni a questo esasperante problema. La ricerca che hanno condotto su 392 madri e padri lettori di libri per genitori (154 padri e 238 madri) ha dimostrato che il 78% ha accolto le argomentazioni con diffidenza perché considerate tese a convincere, persuadere o consigliare. Una diffidenza che impedisce di lasciare nel lettore tracce utili per raggiungere una diversa disponibilità al rapporto con i propri figli. In alternativa al messaggio scritto i due ricercatori hanno proposto ai genitori alcuni disegni e dimostrato come questi nell’84% dei casi siano stati considerati meno invasivi e capaci di veicolare una maggior intima riflessione, sollecitare elaborazioni, emozioni e alimentare sentimenti personali. Posti di fronte ai disegni rappresentativi di scene di vita familiare i genitori sono sollecitati a riflettere e a scoprire da soli le eventuali inadeguatezze comportamentali che sono all’origine dei contrasti e dei disaccordi e a promuovere le intese per una maggiore armonia. Le storie silenziose dei disegni sono state raccolte e il materiale è divenuto una pubblicazione dal titolo “Il facile mestiere di genitore”, edito dalle edizioni Magi di Roma per la collana di Reflecting. Marta Mani

37


n. 18 - gennaio-giugno 2008

News a cura di Sergio Gaiffi

Ecco lo sleepsex, ma è una malattia

Ansia: ne soffre una persona su 5

Si chiama anche sexsomnia: comprende una serie di disturbi che si manifestano durante il sonno: adesso c’è la classificazione ufficiale! Tutti sanno che una persona può parlare, camminare e persino mangiare mentre dorme, ma pochi sanno che può fare anche sesso. Masturbarsi, per esempio, oppure avere un orgasmo e persino un rapporto sessuale. È il partner che di solito si accorge di questi comportamenti; a volte li capisce, ma spesso non li accetta. Per la prima volta la rivista Sleep pubblica una classificazione aggiornata di un’ampia gamma di disturbi del sonno associati ad anormali comportamenti sessuali che vanno appunto sotto il nome di sexsomnia o sleepsex.

Nel corso della propria vita, più di un quinto della popolazione, il 21% soffre di ansia. Tra i disturbi più frequenti ci sono gli attacchi di panico, l’agorafobia, il disturbo acuto da stress, ma il più diffuso è la fobia specifica, che può raggiungere un’incidenza del 13%. Con le attuali terapie si ha un miglioramento significativo della sintomatologia in almeno il 50% dei casi, entro 6-16 mesi, ma la guarigione completa e defìnitiva richiede tempi più prolungati. Nell’insieme, le donne che soffrono di disturbi d’ansia sono il doppio degli uomini e spesso il loro disturbo si accompagna ad altre patologie, tra cui le più frequenti sono quelle depressive, pari al 33,5%.

Depressione, adolescenti in crisi

Italiani sport-dipendenti. È “droga” per 500.000

Mancanza di identità, ansia e depressione in aumento tra i giovani italiani. Ne soffrono il 10% dei ragazzi tra i 10 e i 14 anni, ma solo il 40% è in contatto con gli specialisti e meno del 30% dei casi di depressione viene diagnosticato; appena il 15% dei giovani pazienti riceve cure adeguate, oltretutto per brevi periodi: dopo un anno solo un adolescente su sei è ancora in trattamento.

Antidepressivi, rischi nei primi mesi Nei pazienti giovani e nei primi due mesi di terapia il trattamento con farmaci antidepressivi può aumentare il rischio di comportamenti suicidi. A queste conclusioni è giunto l’ente statunitense di controllo sulla commercializzazione dei farmaci, la Food and Drug Administration (FDA), che ha invitato tutte le case produttrici di antidepressivi ad aggiornare i foglietti illustrativi con l’avvertenza che, nei pazienti giovani (di età compresa tra i 18 e i 24 anni), l’ideazione ed il comportamento suicida possono peggiorare nelle fasi iniziali del trattamento. L’aggiornamento attuale, proposto dalla FDA, va ad integrare quello di due anni fa, che avvertiva dell’aumentato rischio di suicidio nei bambini e negli adolescenti in terapia antidepressiva.

38

Quando lo sport diventa una droga pericolosa: sono circa mezzo milione e si stimano in aumento gli italiani “sport-dipendenti”, pari al 10% degli assidui frequentatori delle palestre. Un atteggiamento patologico, quello dei “malati di sport”, che purtroppo, in vari casi, finisce per associarsi ad altri disturbi: il 30% di questi soggetti, infatti, soffre anche di anoressia e bulimia associate a depressione e il 3% ammette di fare uso di doping.

Isteria: Freud aveva ragione L’attivazione di aree encefaliche preposte alle emozioni giustifica i sintomi fisici “inspiegabili” di chi soffre della patologia. Ora la chiamano “disturbo da conversione” perché chi ne soffre “converte” un disagio psichico, spesso inconscio, in un sintomo fisico, ma questa patologia è più nota col nome di “isteria” e Sigmund Freud l’aveva già ben compresa circa un secolo fa. A dar ragione alla visione di Freud, dopo tanto tempo, è uno studio pubblicato dalla prestigiosa rivista scientifica Neurology, condotto da ricercatori dell’Università di Toronto.


Il movimento dei pedagogisti clinici, superata la fase pionieristica degli anni Settanta, ha ormai raggiunto, in Italia e all’estero, un livello di strutturazionale tale da permettersi di avere un proprio Albo europeo. Nel volume vengono illustrati la storia dei pedagogisti clinici, lo sviluppo delle loro teorie e il loro impegno nella ricerca e nella sperimentazione che hanno portato all’attuale definizione di un percorso formativo in pedagogia clinica che attrae un numero sempre crescente di laureati. L’Autore, che è il padre di questa disciplina, si sofferma sui coesi contenuti umanistici e scientifici che alimentano la pedagogia clinica di nuove e/o innovative modalità di aiuto alla persona. Metodi e strategie di intervento, coperti da marchio registrato, che caratterizzano la professionalità del pedagogista clinico e ne sostanziano l’immagine. Il volume comprende saggi sulle esperienze professionali nei settori sociali in cui questa categoria professionale, in grande espansione, si trova a operare.

Pagg. 172

Mauro Carboni

Pagg. 115

Musicopedagogia

Guido Pesci Maria Fiore

Pagg. 368

Pagg. 368

Un colloquio per conoscere significati complessi

Guido Pesci Gloria Mencattini

Autonomia e coscienza di sé

Jean Le Boulch

Pagg. 153

Guido Pesci

Gonnelli-Cioni

Antesignano della pedagogia clinica in Italia

Maria Grazia Dal Porto Maria Grazia Magazzino

La Mediazione Il pedagogista clinico mediatore e formatore

Guido Pesci Marta Mani

Pagg. 127

Prismograph

Pagg. 136

Guido Pesci Simona De Alberti

Educromo

Il metodo pedagogico clinico per vincere le difficoltà di lettura

Jane Dossick Eugene Shea

Pedagogia creativa

Metodo pedagogico clinico per educare al segno grafico

Per una scienza del movimento

Pagg. 156

Pagg. 85

Metodo per favorire l’equilibrio e il piacere

L’educazione del corpo nella scuola del domani

L’anamnesi

Pagg. 164

Guido Pesci Simone Pesci

Maria Grazia Dal Porto Alberto Bermolen

La fiaba come risveglio dell’intuizione

Touch ball

Il metodo Memory Power Improvement per il recupero delle abilità mnestiche nell’anziano Guido Pesci Lucia Russo

Pagg. 80

Aiuto alla Persona

Mnesi e invecchiamento

Pagg. 172

Guido Pesci

Percorso clinico

L’esperienza sonoro-musicale come aiuto alla persona nella relazione pedagogico clinica Pagg. 115

Il criterio qualificante una professione, che contempla l’acquisizione di competenze, di produzioni del sapere e di abilità nell’impiego di metodi e tecniche, fa del pedagogista clinico un protagonista ampiamente premiato dalla rilevanza sociale dei suoi interventi specialistici. Egli esercita la professione in studi o centri privati, conduce attività su progetti e convenzioni in istituzioni sanitarie, sociali, scolastiche e giudiziarie ed è in grado di incidere positivamente e con significativi vantaggi sulla società. Nel volume il lettore trova illustrate esperienze concrete, che ben richiamano l’attenzione sulla competenza dei pedagogisti clinici e sugli spazi operativi in cui essi agiscono. Orientati da un ricco patrimonio scientifico e tecnico-metodologico, grazie ai risultati conseguiti, hanno garantito all’intera categoria professionale grandi riconoscimenti in ogni settore, con vasta eco nei mass media.

52 esercizi per i gruppi

Pagg. 168

Guido Pesci Anna Pesci

Pedagogia clinica in classe Scuola materna


n. 18 numero 1 - anno IX gennaio-giugno 2008


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.