Pedagogia Clinica 20

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n. 20 numero 1 - anno X

Poste Italiane spa - spedizione in abb. post. - D.L. 353/93 (convegno L. 46-04) art. 1 comma 1 - DCB Firenze

gennaio-giugno 2009

Prevenzione del bullismo: emozioni in relazione Hectoring prevention: emotions in relationship

Linguistica funzionale Functional Linguistics

EspressivitĂ motoria: il valore di un aiuto Motor expressiveness: the value of an assistance

Crescere insieme To Grow together

Lasciar traccia di sĂŠ To leave trace of oneself


n. 20

Autorizzazione Tribunale di Firenze Decreto 4868 1° marzo 1999 Periodico semestrale Anno X n. 1 gennaio-giugno 2009

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O I R A M

Comitato scientifico: Valentina Benoni Degl’Innocenti Sandro Cappellin Mauro Carboni Elena Gaiffi Sergio Gaiffi Eugen Galasso Liliana Luccini Marta Mani Simone Pesci Claudio Rao Maria Raugna Lucia Sarais Alberto Sedini Stefania Turini Antonio Viviani

Prevenzione del bullismo: emozioni in relazione / Hectoring prevention: emotions in relationship Pag. 4

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Segreteria di redazione: Valentina Benoni Degl’Innocenti Sergio Gaiffi Marta Mani Simone Pesci

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Direttore di redazione Anna Pesci

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Direttore scientifico Guido Pesci

Linguistica funzionale / Functional Linguistics Espressività motoria: il valore di un aiuto /

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Motor expressiveness: the value of an assistance

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Crescere insieme / To Grow together

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Lasciar traccia di sé / To leave trace of oneself

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Finestre sui metodi e sulle tecniche dell’ISFAR / Window on methods and tecniques Pag. 26 ANPEC Tribune / ANPEC Tribune

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Echi della stampa / Echoes from the press

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Recensioni / Write up

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News / News

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Prevenzione del bullismo: emozioni in relazione di Vera Colombo

Negli ultimi anni l’attenzione dei mass media e dell’opinione pubblica si è più volte soffermata su quella particolare manifestazione di disagio sociale rappresentata dal fenomeno del bullismo e della violenza in classe. Quasi quotidianamente televisione e carta stampata riferiscono episodi di brutalità e prevaricazione che si consumano tra ragazzi di età ogni volta più precoce. Si tratta sempre di casi clamorosi, enfatizzati certo dai mezzi di comunicazione, ma che costituiscono comunque solo la punta dell’iceberg. Eppure si ha l’impressione che gli adulti acquisiscano consapevolezza del fenomeno solo quando questo raggiunge evidenze eclatanti o quando le vittime corrono rischi concreti di danneggiamento fisico o morale, oppure ancora quando sono gli stessi adulti a fare le spese delle prepotenze agite dai ragazzi (insegnanti che non riescono più a gestire le classi o genitori che non sono più in grado di svolgere il loro ruolo educativo). Pietra dello scandalo è spesso la scuola che, pur non essendo il solo teatro del conflitto, è la realtà che maggiormente attira su di sé l’attenzione di mass-media e opinione pubblica, forse perché (a ragione) è ritenuta parte integrante del pro-

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cesso formativo e di crescita delle nuove generazioni. Tuttavia, non è difficile intuire che, se anche il disagio si manifesta nella realtà scolastica, non è da essa che nasce, ma piuttosto dall’incapacità o impossibilità dei ragazzi di stare bene con se stessi, con il proprio mondo interiore, e quindi di instaurare rapporti soddisfacenti con l’ambiente. Per capire la reale identità del fenomeno e delineare un progetto d’intervento che possa porre solide basi per la sua prevenzione, è necessario indagarlo e definirne con precisione la natura, nonché i fattori che contribuiscono alla sua diffusione. Viviamo in un contesto sociale dove sovente il bullismo e le sue modalità relazionali distorte occupano posizioni di notevole potere e prestigio. E non potrebbe essere altrimenti, visto il tenore della maggior parte dei programmi televisivi e dei talk show, in cui ha diritto di parola chi urla più forte e ha la meglio chi si impone prevaricando gli altri e la diversità e il pensiero divergente non trovano spazio, se non per essere derisi. Per non parlare poi della realtà storica e sociale in cui viviamo, fortemente caratterizzata dal conflitto e nella quale il modello vincente è rappresentato da chi che è in grado di far

Viviamo in un contesto sociale dove sovente il bullismo e le sue modalità relazionali distorte occupano posizioni di notevole potere e prestigio.


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valere le proprie ragioni con qualsiasi mezzo e ad ogni costo. Ormai ci troviamo ad affrontare e sperimentare il conflitto, nella sua accezione negativa, a ogni livello della nostra esistenza: in famiglia, al lavoro, tra amici, nelle relazioni sociali in genere. Una realtà che spesso porta a situazioni faticosamente vivibili, se non di vera e propria emergenza, che non passano sicuramente inosservate. Infatti, anche se forse solo inconsciamente, un preoccupante numero di persone percepisce con disagio l’assenza di una cultura della relazione. Ecco che allora dilaga la febbre del rapporto virtuale e per essere al passo coi tempi è indispensabile “farsi vivi” su facebook, “luogo di incontro” anch’esso virtuale in cui è possibile ritrovare il vecchio compagno delle elementari e, senza alcun imbarazzo, riprendere la propria amicizia da dove si era interrotta. Ma è proprio così? Sin dalle prime ricerche sul bullismo, risalenti agli anni Settanta, uno degli obiettivi primari è stato quello di fare chiarezza e distinguere il fenomeno da altre forme di aggressività o di conflitto. Si è così giunti a identificare alcuni tratti distintivi quali l’intenzionalità dell’atto, la sua persistenza nel tempo e l’asimmetria di potere esistente tra chi compie la prepotenza e chi la subisce. Ma per identificare e comprendere meglio il fenomeno ed individuare la via migliore per

affrontarlo è importante innanzitutto non confondere il bullismo con il problema di un ragazzo difficile da contenere, né tanto meno con la difficoltà di una persona debole che non sa farsi rispettare. È altrettanto errato considerarlo come una interazione essenzialmente duale e rigida tra chi agisce la prepotenza e chi invece la subisce passivamente. Il fenomeno di cui stiamo parlando riguarda essenzialmente il contesto gruppale. Il singolo ha la necessità di affermarsi all’interno del gruppo, ricevere attenzione e riconoscimento, e il gruppo il bisogno di darsi regole e orientamenti, soprattutto quando gli adulti non sono ritenuti in grado di offrirne. Il bullismo è quindi un fenomeno relazionale e sociale, all’interno del quale i ruoli nascono nell’interazione tra i soggetti e sono determinati sia dalle caratteristiche individuali che dalle aspettative altrui. Il bullo non agisce mai da solo; il piacere provato nell’agire una prepotenza deriva proprio dalla presenza del gruppo: alcuni svolgono un ruolo di rinforzo, altri formano un pubblico che incita e sostiene, altri ancora non mostrano interesse, ma non manca chi tenta di opporsi alle prepotenze per proteggere la vittima. Il potere del bullo risulta rinforzato non solo dal supporto di aiutanti e sostenitori, ma anche, e soprattutto, da coloro che osservano indifferenti e si guardano bene dal prendere una qual-

siasi posizione. È il gruppo che determina la cristallizzazione del ruolo del bullo (così come della vittima), mitizzandolo e proteggendolo; a lui va la simpatia della maggioranza, che mal tollera la fragilità della vittima, che evoca debolezze personali. Se consideriamo il bullismo un fenomeno relazionale, l’unica prospettiva valida per indagarne l’origine è quella multidimensionale. Grazie ad essa possiamo individuare una costellazione di fattori tra loro interdipendenti, i quali sono in grado di influenzare e condizionare il processo di socializzazione: caratteristiche e competenze individuali, contesto familiare, scolastico, coetanei, mass media e fattori sociali. Inoltre, in ogni esito comportamentale disadattivo non contano unicamente le caratteristiche dell’individuo e il modo in cui reagisce/interagisce con gli altri, ma anche le aspettative che gli altri hanno nei suoi confronti. È il momento di riscoprire il significato e il valore dell’essere persona, risultato unico e irripetibile di una storia individuale, di esperienze e di relazioni. Ed è proprio partendo da questo principio che la pedagogia clinica può dare il suo migliore contributo, quale scienza che considera l’individuo in un’ottica olistica, ovvero in tutta la sua complessità e globalità, quale entità psico-fisica e sociale. Considerata l’importanza che rivestono la realtà sociale, fami-

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È il momento di riscoprire il significato e il valore dell’essere persona, risultato unico e irripetibile di una storia individuale, di esperienze e di relazioni. 6

liare e scolastica nell’influenzare lo sviluppo delle competenze relazionali e del processo di socializzazione dell’individuo, è evidente che un progetto di prevenzione del bullismo deve necessariamente coinvolgere tutte quelle figure adulte che, in maniera diversa, gravitano attorno ad esso. Il fine di un tale progetto è quello di elaborare e attuare un intervento a più livelli, che coinvolga non solo i diretti interessati, ma anche la scuola, la famiglia e la comunità intera. In questo modo i ragazzi potranno ricevere messaggi coerenti in ogni ambito della loro vita. Aumenterà così la probabilità che ciò che ricevono dall’intervento non rimanga un apprendimento isolato, ma divenga un insegnamento da mettere alla prova, praticare e affinare nelle sfide concrete della vita. Primo atto del progetto è quindi quello di sensibilizzare e responsabilizzare tutti i membri della comunità, fornendo loro gli strumenti necessari per acquisire consapevolezza del fenomeno e, di conseguenza, poter agire contro di esso in modo mirato. Il percorso verrà poi diversificato tenendo conto dei bisogni formativi dei diversi destinatari, che vengono analizzati in questa fase iniziale del progetto, in cui si lavora per costruire la motivazione di ogni soggetto coinvolto. L’elaborazione di un progetto consapevolmente partecipato è già di per sé un esempio di buona pra-

tica relazionale. La partecipazione delle autorità locali alla realizzazione del progetto è importante innanzitutto come assunzione di consapevolezza e responsabilità da parte del potere pubblico. Un contributo fondamentale può essere inoltre quello di promuovere l’iniziativa ad ampio raggio ovvero attraverso una campagna di comunicazione e informazione rivolta a tutta la comunità. La volontà di coinvolgere nel progetto tutta la scuola, e nello specifico gli insegnanti, parte dall’assunto che il clima scolastico, il rapporto che gli alunni instaurano con gli adulti di riferimento, il sistema di valori e il modello educativo proposto dagli insegnanti possono agire un ruolo significativo nel modulare e prevenire il fenomeno del bullismo. A tale riguardo, pur tenendo conto delle differenze di ruolo, il percorso rivolto ai genitori deve svolgersi parallelamente a quello destinato agli insegnanti, non fosse altro che per l’interdipendenza dei ruoli che genitori e docenti sono chiamati a svolgere. Ciascuno a suo modo è infatti fondamentale per la relazione che il bambino comincia a instaurare con il mondo. Può essere interessante rilevare come i percorsi previsti per insegnanti e genitori, nell’ispirarsi ai principi della pedagogia clinica, si sviluppino in parallelo, non solo tra loro, ma anche con quel-


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lo ideato per i bambini, naturalmente tenendo conto delle diverse necessità informative e formative. Obiettivo primario di questa disciplina è infatti quello di aiutare l’individuo (di ogni età) a sviluppare una personalità forte e sicura, capace di dominare le circostanze e di superare gli ostacoli: questo traguardo è il risultato di un percorso di riflessione su se stesso, che lo porta a raggiungere una profonda comprensione di sé e delle proprie emozioni. L’acquisizione di autoconsapevolezza contribuisce a

L’acquisizione di autoconsapevolezza contribuisce a rafforzare la propria autostima e la sicurezza nelle proprie capacità.

rafforzare la propria autostima e la sicurezza nelle proprie capacità. Da qui prende vita una spirale ascendente, per cui ogni nuovo successo, raggiunto in un ambito qualsiasi della vita, comporta un aumento di autostima e, a sua volta, ogni rafforzamento dell’immagine di sé consente una spinta ad agire con sempre maggiore efficacia. La persona ritrova la motivazione e la volontà di comunicare con il mondo esterno: dalla conoscenza di sé alla conoscenza degli altri, passando attraverso lo sviluppo di quelle competenze che permettono all’essere umano di instaurare relazioni proficue o, nel peggiore dei casi, risolvere i contrasti prima che degenerino in veri e propri scontri. Nella strutturazione del percorso pensato per bambini e ragazzi, la scelta del contesto più adeguato in cui proporlo è ricaduta inevitabilmente sulla scuola, in quanto ha un ruolo privilegiato non solo nell’individuazione tempestiva delle eventuali situazioni di disagio, ma soprattutto nel suo essere parte integrante del percorso di crescita dei ragazzi, sia sul piano dell’apprendimento che della formazione della personalità e dell’educazione socioaffettiva. La scuola, infatti, con il pregio di inserirsi naturalmente nell’esistenza di bambini e ragazzi, è il luogo in cui quest’ultimi vivono insieme con maggior continuità e regolarità, è l’ambiente in cui si incontrano e si

…per cui ogni nuovo successo… ogni rafforzamento dell’immagine di sé consente una spinta ad agire con sempre maggiore efficacia. 7


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confrontano più generazioni, è il mondo protetto in cui si può fare esperienza al di fuori del nucleo familiare. Il fatto che gran parte delle condotte aggressive nell’infanzia avvengano all’interno dei contesti scolastici spinge a riflettere sulle strategie da adottare nelle prime istituzioni educative che il bambino conosce. Scuola materna e scuola elementare diventano i contesti privilegiati nei quali poter individuare ed eliminare le prime manifestazioni di eventuali comportamenti disadattivi e nei quali favorire l’instaurarsi di comportamenti prosociali. Nella nostra società, dove vigono l’isolamento e la separatezza emotiva, spesso i più piccoli non hanno l’opportunità di sperimentare cosa voglia dire imparare a vivere insieme fianco a fianco, senza invadere l’intimità altrui, ma beneficiandone emotivamente. Il diffuso analfabetismo affettivo ha come effetto lo sviluppo di una incapacità a vivere con gli altri e a instaurare rapporti durevoli. Un progetto che si possa realmente definire “di prevenzione” non può certamente limitarsi ad affrontare il “problema dei comportamenti prepotenti a scuola”, ma intende accompagnare tutti i bambini lungo un percorso di crescita globale che, fortunatamente, non deve rivolgersi solo agli individui “problematici”. Per questo motivo non si rivolge al singolo individuo, sia esso bullo o vittima, ma al gruppo (o grup-

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po-classe) nel suo complesso. Considerando il bullismo una dinamica gruppale, in cui la relazione tra bullo e vittima è la risultante di un complesso intreccio tra fattori individuali (l’identità personale) e fattori più propriamente sociali (aspettative, ruoli e norme proprie del gruppo), si ritiene che agire sulle dinamiche interne al gruppo possa modificare il clima e la qualità dei rapporti tra compagni, grazie al coinvolgimento di tutti i soggetti interessati: non solo prevaricatori e vittime, ma soprattutto coloro che normalmente si limitano a osservare e che possono essere i primi a innescare il processo di cambiamento. Quest’ultimo viene favorito aiutando bambini e ragazzi a rafforzare la propria personalità attraverso il raggiungimento di una maggiore consapevolezza di sé. Nello specifico, le esperienze proposte agli alunni vogliono rappresentare una occasione per giungere a conoscere maggiormente se stessi attraverso la presa di coscienza del proprio corpo e delle

proprie emozioni. In ogni tipo di relazione, sia essa positiva o conflittuale, le emozioni giocano un ruolo fondamentale e se c’è qualcosa che accomuna tutti i soggetti coinvolti negli episodi di bullismo è proprio la mancanza di “confidenza” non solo con le emozioni altrui, ma anche con le proprie. Conoscere e saper discriminare le proprie emozioni, essere in grado di esprimerle verbalmente è il primo passo per riuscire a gestirle in modo efficace e proficuo. Al momento di interagire con gli altri, tali competenze emozionali permetteranno ai bambini di riconoscere le medesime emozioni in chi sta loro di fronte e, con un po’ di impegno, di riuscire a “mettersi nei panni dell’altro”. Nell’allenare la propria capacità empatica, i bambini avranno l’opportunità di constatare l’esistenza della diversità e di imparare a rispettarla. Ciò vorrà dire aver raggiunto piena padronanza di sé e una reale competenza sociale, entrambe indispensabili per agire in modo efficace nella vita.

Summary Vera Colombo has wanted underline in this article an analysis about the current situation that our young people are living inside their daily relationships, considering the phenomenon of hectoring as display of an important social problem. Beginning from this observation results that the hectoring is a social and relational event, connected to a system, bearer of conflictual relations. In Author’s opinion is necessary, to cope this, a plan of prevention, sensitization and investment with responsibility which involved every educational component, family, school and whole community and that want guide young people in a growth’s and awareness’s of self way.


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Linguistica funzionale di Arianna Potenza e Antonio Viviani

La linguistica è quella scienza che si occupa di studiare il linguaggio in tutte le sue manifestazioni1, e in particolare le forme codificate che esso assume: le lingue. All’interno della pedagogia clinica, nei metodi in cui è previsto l’uso del linguaggio verbale e di altre forme di comunicazione, si è vista la possibilità di utilizzare questa scienza come un valido ed efficiente strumento atto a favorire l’esplorazione di se stessi. Più precisamente, si ritiene che le componenti e le funzioni della lingua, devono diventare elemento portante della capacità espressiva del pedagogista clinico, per una attenzione “funzionale” al rispetto delle esigenze della persona. Questa nuova modalità di aiuto viene attuata grazie all’abilitazione di questo professionista all’utilizzo del metodo Reflecting®, che presuppone una conoscenza adeguata della linguistica e della semiotica dei linguaggi e consente di offrire sollecitazioni opportune per risvegliare verità, intime riflessioni, ricerche di sé che aiutino a liberare sensazioni inespresse. L’individuo può giungere così ad una più armonica visione di se stesso e della realtà e sbloc-

care schemi comportamentali di domanda-risposta. Sotto questo aspetto, il linguaggio è un veicolo attraverso il quale il pedagogista clinico diviene “polo referente” che stimola percezioni più profonde della persona con se stessa, favorendo il dialogo di sé con sé. Il Reflecting® non considera la comunicazione un fenomeno statico, fa sì che l’evento comunicativo si sviluppi stimolando nella persona e tra le persone una continua rielaborazione. L’azione di feed-back crea una dinamica comunicazionale che favorisce l’avvicinamento dell’individuo alle sue zone inesplorate.

…il linguaggio

Le funzioni della lingua Nel setting pedagogico-clinico gli elementi linguistici possono essere letti come importanti rivelatori di stati d’animo, intenzioni e contraddizioni della persona, poiché il pedagogista clinico nel corso della sua formazione ha fatto propria la capacità di osservarsi, sia come ascoltatore che emittente della semiotica relazionale. Infatti, sin dal momento dell’accoglienza, l’attenzione di questo professionista, viene rivolta alla creazione di un rappor-

che stimola

Il linguaggio è “espressione fonica del pensiero o mezzo espressivo anche non congiunto col suono” (C. Battisti, G. Alessio, Dizionario Etimologico Italiano, Barbera Editore, Firenze, vol. III, 1952). 1

è un veicolo attraverso il quale il pedagogista clinico diviene “polo referente” percezioni più profonde della persona con se stessa, favorendo il dialogo di sé con sé. 9


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to basato sulla fiducia e l’assenza di giudizio, aspetti che peraltro devono essere mantenuti e consolidati per tutta la durata dell’intervento di aiuto. Ciò significa poter creare presupposti e contesti adeguati, che facciano percepire alla persona una condizione di agio. Se utilizzati in maniera adeguata gli elementi e le funzioni del linguaggio, diventano i mezzi con i quali facilitare l’azione clinica. Nel momento iniziale di una relazione pedagogico-clinica, ad esempio, si può rivelare utile la funzione fàtica, poiché ha in sé la finalità di stabilire, mantenere e/o interrompere la comunicazione e verificare continuamente il contatto tra emittente e ricevente2. Il pedagogista clinico, abile professionista nell’uso di tale funzione, sin dal primo incontro, nell’accogliere la persona, la utilizzerà pronunciando dati oggettivi come il nome della persona, l’ora o il mese. Durante l’eloquio, l’operatore vi può fare ricorso mediante interiezioni: “Beh”, “Mhmm”, “Ah” o segnali discorsivi: “Ecco”, “Già”, “Appunto”, i quali dimostrano attenzione e interesse per ciò che viene detto; oppure, alla fine dell’incontro, nel congedarsi da una persona, si può concludere con: “Arrivederci” o “L’aspetto il prossimo giovedì”. È

opportuno tuttavia precisare che nell’atto clinico la funzione fàtica viene espressa anche da modalità comunicative non verbali, che possono favorire un atteggiamento simpatetico: un sorriso accennato, un gesto con la mano aperta, allargando le braccia in atto di accoglienza… ed altre forme espressive, certamente di invito ed apertura. In base ai principi del Reflecting®, l’impiego della funzione referenziale viene concepito per evitare di indurre o suscitare nell’altro sensazioni di disagio che possano condizionare l’incontro. Essa, che rivolge la sua attenzione al contesto comunicativo, viene usata per mettere in evidenza fatti oggettivi, rendendo esplicito l’evento nella sua condizione incontestabile (“Piove”; “È giovedì”, ecc.). Questa funzione è particolarmente ottimale nelle situazioni iniziali di setting, per la sua caratteristica di oggettivazione, al punto da assumere anche valore fàtico, perché dà inizio alla relazione. Ad esempio, per facilitare lo scambio comunicazionale e debellare un eventuale imbarazzo iniziale, la funzione referenziale può essere espressa con pronunciando il nome: “Signor Bianchi!”, oppure la data: “Giovedì 3 marzo”, oppure il giorno: “Mercoledì”, le condizioni del tempo: “C’è ven-

Il linguista Roman Jakobson ha distinto sei fattori della comunicazione: mittente, messaggio, destinatario, contesto, contatto, codice a cui corrispondono le funzioni della lingua qui illustrate emotiva, conativa, referenziale, fatica, poetica e metalinguistica. 2

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to”, l’ora: “Le 15”, oppure una scritta sulla maglietta: “USA 82”. Le informazioni oggettive evitano una azione invasiva che, invece, potrebbe dar luogo a sensazioni di fastidio. Ad esempio di fronte alla frase: “Mia moglie mi ha lasciato….”, lo specialista può stimolare l’altro attivando una funzione fatica e/o referenziale dicendo: “…Ah” (fàtica), “Mmh” (fàtica), “…la scia to…” (fatica-referenziale), “Solo” (fàtica e referenziale). In tal modo si favorisce nella persona una sosta di riflessione, che facilita un eventuale “dire di più” su quell’evento. Le stesse osservazioni si possono fare per le altre funzioni linguistiche: quella conativa, quella emotiva e quella poetica. La funzione conativa, si incentra sul destinatario, e viene usata nel setting per esortare la persona a sostare su alcuni elementi in oggettivazione. Il pedagogista clinico può usare questa funzione riferendosi, per fare alcuni esempi, all’ora, al mese, al nome e cognome della persona. Una richiesta polidinamica, poiché racchiude in sé le funzioni fàtica (mantiene la comunicazione), referenziale (è oggettiva), conativa (si rivolge in modo implicito una richiesta alla persona, ma non in maniera interrogativa). La funzione conativa viene usata, quindi, in modo molto consapevole dal pedagogista clinico per sollecitare l’altro a sostare su un


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particolare argomento, non certo per indurlo a fare, pensare o dire qualcosa. Nel setting può essere rappresentata ad esempio dall’anadiplosi (una figura retorica che consiste nella ripetizione di una o più parole della frase precedente all’inizio della successiva), con la quale si dà opportunità di sostare su quanto la persona ha appena detto: riprendendo l’ultimo termine, si mette in atto una sollecitazione funzionalmente conativa, non di ordine, ma di invito all’approfondimento. Ad esempio: - Persona: “Ho dovuto lasciare l’università…” - Pedagogista clinico: “…L’università..” In tal modo si invita la persona a soffermarsi su quell’esperienza. La funzione può essere attivata anche dall’uso di una interiezione (“Ah!”) con espressione di contenuta sorpresa. La funzione emotiva, invece, esprime l’atteggiamento dell’emittente nei confronti di ciò che sta dicendo. In pedagogia clinica è importante saperla individuare, poiché mette in luce lo stato d’animo della persona che sta parlando e lo specialista si può avvalere di intonazioni, esclamazioni, interiezioni, sintonizzandosi sull’enunciato. Inoltre è possibile fare un uso adeguato di questa funzione, ad esempio in situazioni strutturate come nella forma verbalizzata del metodo Discover Project®, nella lettura delle Psicofiabe®, e

nel Training Induttivo ©. Le pause, gli accenti, le intonazioni, proprie di una linguistica funzionale, caratterizzano questi metodi che attraverso l’utilizzo della verbo-tonematica, risvegliano nelle esperienze di esplorazione corporea, effetti, immagini e sensazioni. Essi diventano così mezzi con i quali offrire alla persona importanti occasioni di ascolto, al fine di ritrovarsi, nel percorso di conoscenza interiore. Anche la funzione poetica, che si incentra sul messaggio, può diventare, per il pedagogista clinico, uno strumento per favorire una esplicitazione emotiva. Le parole, infatti, unite agli elementi espressivi paralinguistici, acquistano potere evocativo e fanno di questa funzione, anche un elemento chiave per individuare l’intensità emotiva della persona che parla. Attraverso questa modalità espressiva, è possibile individuare il fuoco comunicativo, un processo di concentrazione dell’attenzione e dell’interesse del parlante su certi aspetti della realtà, che si collega alla scelta di pensieri e intenzioni. Esso è reso noto, ad esempio, dall’enfasi prodotta nel pronunciare un termine rispetto agli altri, che ci fa comprendere il valore che la persona dà a ciò che sta dicendo e consente di cogliere alcuni segnali che possono essere riproposti successivamente, ad esempio una “r” maggiormente trillante e una “c” prolungata in ec-

cesso: “una brrutta facccenda”. Una importanza particolare viene assunta dalla deissi, fenomeno linguistico che può fornire accenni delle intenzioni del parlante nei riguardi dell’enunciato che produce. Per questo si può ritenere che la funzione poetica sia strettamente legata a quella emotiva. Fuoco comunicativo e deissi permettono, all’operatore di individuare il tema dell’enunciato e porre in evidenza (con intonazioni ed elementi paralinguistici) il suo ruolo rispetto ad altri termini. Ad esempio la frase “Quel risuonar di parole” contiene un abbellimento del messaggio in cui è presente anche un deittico, espresso dal termine “quello”. Pronunciando questo tipo di frase, il pedagogista clinico può, ad esempio, aiutare la persona a focalizzare meglio gli effetti di una particolare situazione. Il deittico “quello” è utilizzato allo scopo di proporre una sosta sulla sensazione di distanza, con cui si sollecita una rielaborazione spazio-temporale del concetto proposto. “Risuonare” ha un valore onomatopeico, che designa metaforicamente la maniera in cui le parole costituiscono un’eco ancora vivida nei ricordi della persona e può fornirle un elemento più reale ed oggettivo del suo stato d’animo, offrendo una rilettura del disagio in atto, in una autosservazione più riflessiva. Il pedagogista clinico, infatti, non usa il termine “rumore di parole” o semplice-

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mente “quelle parole”. “Risuonare” ci indica il valore intimo, affettivo, personale, dato a quella parola. All’interno della funzione poetica, le contestualizzazioni possono essere indicate con forme superlative e/o paralinguistiche. Ecco alcuni esempi: “Fastidiosissimo turbinìo di pensieri”, “…Lei……oh... non posso dimenticarla!….” (Pausa piena ed esclamazione: elementi paralinguistici). La funzione poetica, permette alla persona di conoscersi meglio e al pedagogista clinico di potersi adeguare ad un opportuno registro linguistico. I registri linguistici Il registro è, per la linguistica, quell’aspetto che definisce il livello stilistico del discorso, cioè il modo in cui una persona si esprime o sceglie di parlare. Si distinguono due tipi di registro: formale e informale. Il primo è caratterizzato da una espressione linguistica molto accurata e controllata, che può nascere da una riflessione, o meglio, da una scrupolosa scelta nell’uso delle parole. Esso comunica chiaramente una condizione di distanza dell’emittente, rispetto al suo interlocutore, ad esempio: “Mi perdoni l’ardire”. Il secondo tipo di registro è, invece, una modalità di espressione linguisticamente, più immediata e spontanea, come ad esempio:“Scusi l’invadenza”.

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Nella creazione di una relazione, riconoscere le funzioni del linguaggio può aiutare il pedagogista clinico a conoscere lo stile linguistico della persona, per potervisi adeguare, evitando di dare vita ad una “distanza” eccessiva con l’uso di una terminologia che risulterebbe troppo diversa, che potrebbe suscitare sensazioni di distacco, disagio, o addirittura rifiuto. Il riconoscimento del registro e l’adeguarsi ad esso, dimostra quindi una qualità importante di questo professionista che non impone le sue abitudini linguistiche; consapevole del fatto che aiutare vuol dire rispettare l’altro, abbandona totalmente i suoi schemi e le sue consuetudini, per far vivere l’espressività alla persona quale protagonista del palcoscenico di sé. Flessibilità, adeguamento, abilità, esprimono una grande plasticità da parte dell’operatore, a dimostrazione della considerazione della persona. Un modo di essere che non viene rifiutato, ma al contrario accolto e considerato completamente in tutte le forme comunicative che si sente di manifestare. Sinonimi e contrari Al fine di aiutare la persona a riflettere è possibile ricorrere ai sinonimi e ai contrari, che ben si devono adattare al contesto situazionale. Con tale tipo di intervento il pedagogista clinico, è in grado di agevolare l’emulsione degli stati d’animo del soggetto,

…consapevole del fatto che aiutare vuol dire rispettare l’altro, abbandona totalmente i suoi schemi e le sue consuetudini, per far vivere l’espressività alla persona quale protagonista del palcoscenico di sé.


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nell’ascolto di suoi eventuali silenzi. L’uso dei sinonimi e dei contrari assume una valenza particolare, a seconda della stimolazione che, in qualità di operatori, decidiamo di offrire: quando vogliamo animare e stimolare il percorso riflessivo, quando proponiamo sollecitazioni in similarità nel primo caso, in contrasto nel secondo. L’uso ben dosato dei sinonimi e dei contrari fa percepire l’essere in ascolto pro-attivo o il voler evidenziare le incoerenze presenti sul percorso di riflessione della persona. Nella scelta di alcuni vocaboli al posto di altri, ad esempio, si vuole mettere in evidenza la valenza emotiva che quel termine assume per chi lo usa. Una persona esprime le sue emozioni secondo varie intensità, che vengono tradotte nella preferenza accordata ad un termine piuttosto che ad un altro. Ad esempio, nel parlare di una sua sensazione di tristezza, può utilizzare varie modalità di climax, dicendo: “Oggi mi sento giù di morale”, oppure: “Sono amareggiato per come sono andate le cose”, oppure: “Sono distrutto, disperato… non so più che cosa fare!”. Il pedagogista clinico nella sua proposta del contrario di quanto espresso dalla persona, offre una rilettura che le permetta di trovare dentro di sé nuove e diverse interpretazioni ed eventuali soluzioni. Nella frase “Oggi mi sento giù di

morale”, si può utilizzare un termine contrario per fornire una riflessione su una condizione di soddisfazione, oppure dar modo di approfondire questo stato d’animo, utilizzando dei sinonimi che dimostrano una intesa a quanto espresso. Nel suo intervento l’operatore, tra le diverse possibilità comunicative potrà esprimersi, ad esempio, verbalmente servendosi di una parafrasi, o talvolta di una olofrase (singola parola che ha il significato di una intera frase), o di un sinonimo, o di un contrario (Tabella 1). Il pedagogista clinico, che dispone, anche di altre strumentazioni semiotiche offerte dal Reflecting come silenzi (di diversa durata), gesti (grandi e piccoli, sino alla mimica facciale), sguardi (diversamente orientati), memore di essere tra coloro che lottano contro l’abuso della parola, utilizza sempre le sfumature prosodiche e verbo-tonematiche.

…offre una rilettura che le permetta di trovare dentro di sé nuove e diverse interpretazioni ed eventuali soluzioni.

Oggi mi sento giù di morale “ ….Scoraggiato….”

(sinonimo)

Oggi mi sento giù di morale “Oggi nessuna soddisfazione!” (contrario) Oggi mi sento giù di morale “Nessuna lieta sensazione”

(contrario)

Oggi mi sento giù di morale “Giornata grigia!”

(sinonimo)

Oppure: • Persona: “Sa dottore ho ripreso a fumare” • Pedagogista clinico: “Smettere di fumare” (contrario che, se non ancora dichiarato, sollecita una lettura di ciò che in passato ha portato a quella decisione) Tabella 1

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Possiamo cercare di rendere più chiare alcune possibilità linguistico-funzionali con esempi, da utilizzare in sinergia, con un approccio polidinamico ed eclettico, che non può certo trovare in queste tracce modalità schematiche, bensì riflessioni che possono divenire spunti applicativi solo e soltanto di fronte a quella unica persona, a quell’unico narrato, in quell’unico contesto situazionale (Tabella 2).

Eloquio della persona

…di rendere più chiare alcune possibilità linguistico-funzionali con esempi, da utilizzare in sinergia, con un approccio polidinamico ed eclettico… Alcune possibilità di attivazione da parte del pedagogista clinico

“Mia moglie mi ha lasciato”

“Sua moglie” (un frame linguistico ritenuto importante) “…La scia to….” (sillabazione) “L a sci a t o” (allitterazione) “Solo” (olofrase, con valore parafrastico)

“Farò un viaggio in India”

“… In India” (anadiplosi) “Un viaggio” (un frame linguistico ritenuto importante) “Viaggiare” (olofrase con valore parafrastico) “Nuovi paesaggi” (parafrasi) “Partir” (olofrase con valore sinonimico) “Allontanarsi” (olofrase con valore parafrastico e riflessivo) “Restare” (contrario)

“Mio figlio va male a scuola”

“Va male” (un frame linguistico ritenuto importante) “Lo studio di suo figlio” (parafrasi) “Studiare” (contrario) Tabella 2

Summary The Authors discuss Functional Linguistics, considering particular functions, style, synonymous and contraries that characterize the Ita-lian language, showing like it is a productive and effective instrument that clinical pedagogist uses when exploits Reflecting® method into the assistance intervention to person. The interesting treatment reveals skills that this professional, thanks to a particular training, had to develop to use in order to stimulate reflections namely to help people to formulate thoughts, ideas and find inside new and different interpretations and possible solutions.

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Espressività motoria: il valore di un aiuto di Guido Pesci

L’analisi dell’espressività motoria è un impegno sicuramente rilevante per il pedagogista clinico. Essa risulta dall’attuazione di una metodologia efficace e idonea a definire gli stati di necessità della persona ed individuare la modalità educativa da seguire per offrirle un valido aiuto. È perciò un metodo anticipatorio, che offre al pedagogista clinico l’opportunità di rilevare ogni comunicazione, ogni messaggio, di riconoscere la tematica fenomenologica del significato dei segni e delle polisemie offerte con spontaneità elettiva dalla persona; primi passi verso un intervento capace di ripristinare nuove e diverse abilità e disponibilità. L’analisi dell’espressività motoria è dunque una osservazione analitica che permette di far emergere dati rilevanti e significativi in riferimento alle potenzialità gnosico-prassiche, alle caratteristiche psico-fisiche, allo stile comportamentale, alle capacità acquisite e alle potenzialità, desunte senza intenti valutazionali da quel testo che è la persona e che va letto seguendo ogni costrutto semantico e sintattico della narrazione che traccia per farsi conoscere e riconoscere. Da questa polisimmetria causale-dinamica delle sfaccettature

prismatiche e delle elaborazioni fenomeniche con cui la persona si annuncia, raccolte le polarizzazioni che danno vita al teatro delle forze organizzative, delle disponibilità, abilità e difficoltà, si generano le indicazioni indispensabili per assicurare ipotesi e progetti di tipo operativo. Il metodo Edumovement, rivolto ai principi educativi, esclude ogni situazione artificiale, ogni avvilente azione correttiva tradotta in tecniche strutturate, esercizi e criteri addestrativi e si affida ai desideri del soggetto e alle sue motivazioni per tradurre le difficoltà e i disagi in reali modificazioni positive e per fargli conseguire esperienze consolidanti, assicurare il Self e l’interazione. Un panorama operativo quello dell’Edumovement, teso ad assicurare occasioni di scambio su esperienze di comportamento sociale idonee a sviluppare sentimenti di fiducia e sicurezza, a provocare significative reazioni corporeo-gestuali, favorire curiosità, bisogno di agire e di affermarsi. Il metodo vuole che la persona venga sostenuta da sollecitazioni alla crescita nella consapevolezza del sé attraverso una ricerca dell’armonia, con vissuti arricchiti da interessi, bisogni e sco-

…una osservazione analitica che permette di far emergere dati rilevanti e significativi in riferimento alle potenzialità gnosico-prassiche, alle caratteristiche psico-fisiche, allo stile comportamentale, alle capacità acquisite e alle potenzialità… 15


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pi, facilitanti il piacere erotizzato del movimento, ritmi e organizzazioni ritmiche e gestuali, correlate ad equilibratori delle emozioni. In questo orientamento è il gesto che sceglie, che raduna, che separa, che allinea, in una dialettica costante tra composizioni raggiunte a partire dal corpo e integrazione del corpo nelle composizioni, fino a controllare gli impulsi, raggiungere una maturazione personale e facilitare le interazioni sociali. Tutte occasioni di conoscenza ed esperienza, vissuti appercettivo-corporei, esplorazioni topografico e geografico-corporee che, oltre ad originare una ampia coscienza dello schema corporeo, incidono sul soggetto e lo accompagnano nella definizione dell’immagine di sé. Contro una educazione psicomotoria tradizionale che si manifesta con tecniche diverse e rivali, con modelli costrittivi, “fattori meccanici d’esecuzione”, più preoccupata delle prestazioni che delle esperienze, l’Edumovement è sostanziato da atteggiamenti pedagogici e orientato a sviluppare iniziative motorie originali e creative e offre spazio alla spontaneità, alla plasticità, a dinamiche naturali, richiede al corpo un accordo tonico per raggiungere la soddisfazione del bisogno, per aver confermata la fiducia delle alleanze comunicative e connotata l’integrazione del sé corporeo, psichi-

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co e pulsionale. Esso permette così lo sviluppo dei processi di relazione, una attenzione rivolta alle influenze dei rapporti interpersonali, un comunicare, cooperare, assumere una progressiva coscienza, percepirsi e percepire. Il pedagogista clinico considera le esperienze motorie come impegni e desideri dalla significazione tonica e cinesica assicurate dalla conoscenza del corpo, un sé, luogo di integrazione, vissuto, sentito e partecipato che torna a proporsi ed esprimersi plasticamente connotando emozioni, bisogni e volontà. Partendo dalle difficoltà che emergono dall’analisi dell’espressività motoria, dell’organizzazione e strutturazione temporale e spazio-temporale, dell’improprietà gnosico-prassica, della non specifica dominanza laterale, della disorganizzazione nel dinamismo respiratorio e di ogni altro disordine nell’espressione cinetica, l’Edumovement trova risposta nel ricercare abilità nella decifrazione degli spazi e nelle relazioni spaziali, nel rintracciare abilità toniche sufficienti nel sapersi muovere, sostare, dirigere, permanere in posizione eretta, in aplomb, nel rappresentarsi nello spazio e perciò apprenderlo. Le difficoltà nella significazione dei movimenti trovano nel metodo ogni proposta operativa con implicazioni perfezionanti e maturanti la sfera affettiva e volitiva

Le difficoltà nella significazione dei movimenti trovano nel metodo ogni proposta operativa con implicazioni perfezionanti e maturanti la sfera affettiva e volitiva…


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con lo sgombero delle tensioni dei blocchi come riscatto dalla repressione. Orientato dall’Edumovement, il pedagogista clinico si appella al tatto, al contatto, agli stimoli tattili per garantire un maggiore autocontrollo, il rafforzamento della personalità, il vivere intensamente il dialogo con se stessi, il senso di liberazione e la spontaneità. Una azione dialettica quella dell’Edumovement, che si sviluppa in uno spazio di comunicazione e accresce una abilità gestuale di relazione dinamica come sicurezza scaturita dall’eco degli scambi comunicativi, generando un colloquio, un dialogo educativo con tante utili esperienze da proporre per migliorare abilità, risvegliare le funzioni motorie e senso-percettive. Sulla base di tali orientamenti il pedagogista clinico si muove stimolando la persona a lasciare tracce segniche e tracciature in campo vuoto, immagini di un sentirsi con cui essa chiede di essere riconosciuta, a rinforzare l’attenzione e limitare la faticabilità con topologie e topografie, spazi definiti ed orientati, annunci, conversazioni, enunciazioni flusso di eventi e dichiarazioni affettive e sociali in debito ai gesti e alle loro espressioni connotazionali. Gestualità e atti rappresentativi della presa di coscienza del gesto, movimenti spontanei di una realtà indagata, scoperta e vissuta, che rappresentano un modo per denunciare il rapporto esistente

tra segno grafico e affettività, prossemica e orientazione. Altri significati si raggiungono nel porre attenzione a richiami-stimolo organizzati sulla postura, nel mimo facciale, nella aerazione emotiva, nell’impaccio ansiogeno, nell’inibizione relazionale. L’Edumovement si annuncia come un colloquio stimolatore di vissuti, scambi comunicativi verbali e silenziosi adatti a favorire abilità organizzative con intenti di intesa, che permette al soggetto di superare il suo stato di autoinsufficienza, di sfiducia, per liberarsi da ciò che lo ossessiona o lo frena, per incentivare il desiderio di vivere e comunicare, partecipare ad una ricerca dell’immagine di sé, giungere ad un cambiamento degli schemi derivati dalle esperienze negative del passato. Ogni esperienza motoria è tesa a favorire l’aspetto pluralistico della comunicazione; all’impaccio motorio, all’instabilità, alla goffaggine, alla maldestrezza, alla gestualità impropria ed inibita non basta rispondere con un potenziamento del tono muscolare; l’evoluzione in abilità deve trovare il corrispettivo nella disponibilità, nell’aiutare la persona a raggiungere un processo maturativo che non trascuri i problemi socio- affettivi e le difficoltà negli adattamenti culturali. Tante attenzioni che stanno a dimostrare la pluralità degli inter-

venti di aiuto e la complessità di agire sul lessico dei linguaggi corporei perché il soggetto possa meglio dominare e dominarsi, esprimersi e partecipare attivamente la vita.

…si annuncia come un colloquio stimolatore di vissuti, scambi comunicativi verbali e silenziosi adatti a favorire abilità organizzative con intenti di intesa… 17


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In questa dinamica di rapporti con se stessa, con il gruppo, con la realtà esterna, la persona viene aiutata ad avviarsi verso l’elaborazione dialettica di nuove e diverse modalità di espressione e comunicazione, modulazioni che definiscono l’individuale appartenenza di ciascuno ad una intesa con l’altro, che consentono di costruire-ricostruire il Self e il Reality-Kit, il Role-Takking e il Role-Distance. Nel seguire tale metodo il pedagogista clinico, per aiutare la persona a ritrovare-ritrovarsi, riconoscersi e trarre risposte utili per il recupero delle proprie difficoltà e disarmonie, ben si affida ai vissuti esperienziali siglati dallo sguardo, dal contatto, dall’estimazione delle distanze, alla costruzione e delimitazione di uno spazio proprio, alle abilità ritmico-respiratorio-cinetiche, quel sentire, partecipare e godere il gesto, a stimolazioni e impressioni, sorgenti di conoscenza e di informazioni. Questo professionista, dalla presenza affettiva e rassicurante, favorisce interessi ricreativi diversi, idonei a generare un clima di partecipazione attiva per segnare una svolta dalle tensioni, contribuire alle fluidità toniche, tradurre la delusione, la demotivazione o inibizione in una comunicazione autentica. Nulla rimane trascurato da un metodo che si rivolge alla globalità della persona, dalle elaborazioni osmotiche che permettono

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la rievocazione di eventi vissuti, agli effetti tattili in risposta all’apatia, al disinteresse, alla dispersione e alla confusione, dal riso che assicura una scarica motoria liberatrice, a produzioni tonematico-verbali utili per far defluire in esperienze di mediazione oggettuale e corporea, opposizioni, contrasti o aggressività, dalle armonie ritmiche a un equilibrato dinamismo respiratorio per ritrovare il piacere di esprimersi in uno spazio del desiderio. Ogni organizzazione ed espressione è tenuta presente per creare forme di interazione in un clima di amplificazione comunicativa. Il metodo Edumovement, con diverse e nuove sintassi, grammatiche e originali combinazioni esperienziali garantisce al soggetto fiducia ed equilibrio. Quel sentirsi e quel conoscersi che significa accettarsi, aver raggiunto uno stato profondo di sicurezza emotivo-affettiva che, garantendo fiducia, porta il soggetto ad armonizzare il movimento in un eloquente simbolismo dinamico.

Il metodo Edumovement, con diverse e nuove sintassi, grammatiche e originali combinazioni esperienziali garantisce al soggetto fiducia ed equilibrio.

Summary The Author reports the importance and specific value that have, inside an assistance intervention, which a clinical pedagogist has managed and realized, the Analysis of motor expressiveness, indispensable to pull out potentialities and abilities, difficulties and dysfunctions, and the consequent Edumovement® method, suitable to stimulate tonic abilities, rhythmical-respiratory-kinetic powers, motor and sensoryperceptive functions, a temporal and spatial organization and every cognitive-practice prospects.


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Crescere insieme di Luisa Susanna Viviani

Premessa Lo spazio in cui si muove il pedagogista clinico è quello di una azione formativa rivolta sia alla persona singola nella sua globalità, sia all’intera organizzazione, in un’ottica di evoluzione emotiva, relazionale, sociale. Il suo sguardo è volto allo sviluppo delle risorse, alla motivazione, alla condivisione, alla sensibilità umana, alla lettura delle emozioni, alla gestione dei conflitti, alla crescita personale e sociale. Negli ultimi trent’anni si è realizzata una profonda trasformazione dell’immagine dell’infanzia, anche in conseguenza del nuovo quadro di consapevolezze circa le notevoli competenze che i bambini manifestano relativamente allo sviluppo delle loro esperienze e conoscenze già nei primi anni di vita. Tali nuove consapevolezze sulle potenzialità infantili e sull’attivo protagonismo che i bambini esprimono all’interno del processo della loro crescita hanno sollecitato ad una revisione radicale della funzione educativa degli adulti. Essa comprende non più solo la disponibilità a elargire cure ed affetto, ma la capacità di progettare e di offrire contesti di esperienze opportunamente organizzati, tali da corrispondere meglio alle cospicue e ancora non del tutto sondate potenzialità sociali e conoscitive dei bambini.

La famiglia, da sempre prima “agenzia educativa”, può trovare nella pedagogia clinica e nel rapporto con il servizio educativo per l’infanzia una sponda di sostegno alla funzione genitoriale, non solo per quanto concerne la parola degli esperti, ma anche attraverso la possibilità di elaborare ed evolvere il proprio ruolo nella socializzazione e nel confronto delle esperienze del nido, della scuola materna e della primaria. Pertanto, come pedagogista clinico, nell’ottica del confronto, del sostegno e della prevenzione alle difficoltà relazionali, sono stata chiamata in diverse scuole di Genova e di Savona, sia pubbliche che private, a promuovere, per genitori e insegnanti, “itinerari di formazione personale” che, con una metodologia che privilegia la sperimentazione dei partecipanti, hanno favorito il dialogo così da far riscoprire la linea di continuità di un agire educativo consapevole tra Scuola e Famiglia. Le mie proposte hanno voluto fornire anche uno spunto di riflessione nei riguardi della affettività e della socialità, quali opportunità per i genitori e le insegnanti che scelgono di impegnarsi nell’educazione affettiva, cioè nell’educare al riconoscimento delle proprie emozioni e dei propri impulsi per instaurare e mantenere relazioni

sociali soddisfacenti, così da migliorare il clima emotivo a scuola. La matrice pedagogico-clinica ha caratterizzato queste mie esperienze di ricerca di strategie di accoglienza e di comunicazione fondate sulla circolarità (accettazione e ascolto dell’altro). I partecipanti sono stati sollecitati ad impegnarsi in lavori personali, a coppie e in gruppo. La persona,

La famiglia da sempre prima “agenzia educativa”, può trovare nella pedagogia clinica …una sponda di sostegno alla funzione genitoriale… 19


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in pedagogia clinica, è infatti vista non solo come individuo, ma come “essere sociale”, con le sue molteplici e dense relazioni, con la necessità di sviluppare continuamente un adattamento alla realtà sociale nel rispetto dei suoi tratti di identità, di unicità e di determinazione storico-culturale. Il percorso rientra nell’ambito di una “Educazione permanente per adulti”, e consente di comprendere meglio se stessi, di potenziare il dialogo interpersonale, di ampliare la conoscenza e l’ascolto, di crescere insieme come comunità educante. Il lavoro è stato impostato tenendo presente la forte incidenza della dimensione emotiva nella nostra vita. Nell’ultimo decennio la frammentazione delle relazioni umane e il crescente uso dei mass media hanno prodotto negli adulti una difficoltà nell’instaurare rapporti positivi, nell’inserirsi in un gruppo, nell’andare incontro agli altri, nel dominarsi e superare costruttivamente i conflitti. Ciò ha portato ad un eccessivo egocentrismo e ad un aumento di atteggiamenti aggressivi anche nei bambini/ragazzi. La scuola, oggi più che mai investita di un notevole carico affettivo-relazionale, necessita di approfondire le sue conoscenze circa le modalità e i metodi che possono favorire una educazione socio-affettiva, così da diventare ponte significante tra genitori ed insegnanti e tra bambini/ragazzi e adulti. Molti degli strumenti e dei materiali propri del pedagogista clini-

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co hanno il vantaggio di poter essere adattati alla quotidianità di ogni singola scuola. L’esperienza con i gruppi di adulti mi ha apportato, e mi apporta tutt’ora, un grande arricchimento in costante evoluzione, grazie al fattivo contributo di coloro che hanno partecipato e condiviso le loro esperienze talvolta anche difficili. Crescere insieme Il corso era rivolto a genitori, insegnanti, educatori, operatori del settore socio-educativo. Si prefiggeva di promuovere o favorire la cooperazione e il dialogo tra Famiglia e Scuola in un’ottica di continuità e nella condivisione di obiettivi educativi comuni; facilitare la creazione di una rete di rapporti, in cui ognuno si sentisse partecipe ed “insieme”, per impedire l’isolamento; attivare un processo di ricerca e di autoeducazione nei genitori,insegnati/educatori coinvolti; permettere di riscoprire, di migliorare e di utilizzare le proprie competenze educative. Obiettivi Offrire uno spazio di accoglienza e di accettazione, Dal fare domande al porsi domande, ossia: aiutare ad interrogarsi ed a rendersi consapevoli dei propri comportamenti e dei modelli che influenzano i modi di agire personali; stimolare la raccolta di ulteriori informazioni e risvegliare la riflessione: saper problematizzare, saper elaborare una riflessione educativa; riscoprire le proprie risorse

La persona... è... vista come essere “sociale” con le sue molteplici e dense relazioni... e competenze al fine di aumentare l’autostima; facilitare la comunicazione interpersonale, così da acquisire sia abilità nell’ascolto attivo e nell’espressione dei sentimenti, sia capacità di entrare in rapporto empatico con i figli/bambini/ragazzi; potenziare la propria creatività e consentire ad ogni persona di sentirsi agente di cambiamento per se stessa e per l’altro. Tipologia dell’intervento e tecniche utilizzate Nella mia esperienza di pedagogista clinico la modalità privilegiata è quella del laboratorio. Il cimentarsi in e con esperienze e tecniche diverse mette in luce la dimensione personale, quella relazionale, quella sociale. Con il laboratorio ci si mette in gioco ed emergono aspetti significativi della personalità, ovvero creatività, emotività, valori.


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ISFAR®

ISTITUTO SUPERIORE FORMAZIONE AGGIORNAMENTO E RICERCA

Formazione Post-Universitaria delle Professioni FORMAZIONI

VACANZE STUDIO Formazione Pedagogista Clinico Sede Montevarchi (Arezzo) La formazione prevede due settimane intensive dal 12 luglio al 26 luglio 2009 e dal 12 luglio al 25 luglio 2010, oltre a 5 week-end in una delle sedi della formazione ordinaria più vicina al proprio domicilio ECM CREDITI FORMATIVI 50 Destinatari La formazione è rivolta a laureati (laurea magistrale e lauree Vecchio Ordinamento) in Pedagogia o Scienze Pedagogiche (classi 87/S, LM-85, V.O.), Psicologia (classi 58/S, LM-51, V.O.), Medicina e Chirurgia, Scienze dell’Educazione (classi 56/S, LM-50 e 65/S, LM-57), Filosofia (classi 17/S, 18/S, LM-78 e V.O.); Scienze della Formazione Primaria; Educatori Professionali (SNT-SPEC/2). Per altre lauree sarà valutato il curriculum. Possono iscriversi anche coloro che sono ancora in formazione, presentando idonea autocertificazione, i quali dovranno comunque essere laureati al momento della verifica finale. L’ISFAR è l’unico Istituto autorizzato dall’Associazione Nazionale Pedagogisti Clinici (ANPEC) – costituita con Atto Pubblico il 28 marzo 1997 e registrata a Firenze il 16 aprile 1997 al n° 2423 – a rilasciare il certificato di una specifica formazione per l’ammissione all’Associazione e l’iscrizione all’Albo Professionale di natura privati­stica dei Pedagogisti Clinici (artt. 6-8 Statuto ANPEC). La formazione promossa dall’ISFAR è riconosciuta anche dall’Amministrazione Scolastica ed è valutata nella Graduatoria Permanente Insegnanti di ogni ordine e grado (Articolo 66 C.C.N.L. Scuola e artt. 2 e 3 della direttiva n° 90/2003 del Ministero della Pubblica Istruzione prot. 20402 del 25 ottobre 2007). Al personale insegnante la formazione, oltre alla titolarità per l’iscrizione all’Albo, è certificata come Corso di Specializzazione in Pedagogia Clinica.

Prospetto della formazione Il percorso formativo, di tipo intensivo, per pedagogista clinico include incontri in aula e in atelier, performance tecnico-professionali, preparazione di ausili, partecipazione a iniziative scientifico-culturali, compilazione e discussione di una tesi finale. Detta discussione avverrà davanti ad una commissione formata dai rappresentanti dell’ISFAR e dell’ANPEC. I contenuti sono identici a quelli della formazione ordinaria.

Al termine del percorso formativo verrà rilasciato il Certificato di Formazione per Pedagogista Clinico, formalizzata l’iscrizione all’Albo Nazionale ANPEC dei Pedagogisti Clinici e attestata l’idoneità per l’iscrizione all’Albo Europeo dei Pedagogisti Clinici Crediti formativi ECM: 50 per medici chirurghi, psicologi ed educatori professionali (SNT-SPEC/2) Quota di iscrizione: E 155,00 - Quota di frequenza: due rate da E 1638,00 ciascuna Le modalità di iscrizione e di frequenza, i calendari completi, i docenti, gli orari e la descrizione di come raggiungere la sede della formazione, possono essere consultati visitando il sito www.isfar-firenze.it

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Formazione Post-Universitaria delle Professioni FORMAZIONI

WORKSHOP

SPECIALISTA SUPERVISORE e Iscrizione

Albo Europeo dei Pedagogisti Clinici Sede e data per l’Italia Montevarchi, 27-28-29 luglio 2009 Destinatari: i soci ANPEC che hanno conseguito il titolo dopo il febbraio 2003 o che, conseguito il titolo prima dell’anno 2003, abbiano soddisfatto l’obbligo dell’aggiornamento, e che svolgono da almeno un anno la libera professione. Lo specialista supervisore espleta su richiesta dei colleghi pedagogisti clinici in formazione o iscritti all’Albo, attività di consulenza, di verifica e di definizione delle modalità adatte ad ottimizzare gli interventi, in base ad un tariffario stabilito dal Consiglio Direttivo ANPEC. Gli specialisti Supervisori andranno a formare un proprio elenco che apparirà nei siti internet www.clinicalpedagogy.com, www.pedagogisticlinici.com e nel sito dell’Ente formatore www.isfar-firenze.it

Tariffario dello Specialista Supervisore (2008-2010) • Supervisione ai dottori in formazione (la supervisore può avere inizio dopo che il corsista ha seguito gli incontri della formazione previsti per il primo anno): massimo e 80,00 • Supervisione ai colleghi iscritti all’Albo: massimo e 100,00 Prospetto della formazione Il percorso formativo per l’iscrizione all’Albo Europeo e per l’acquisizione del titolo di Specialista Supervisore comprende: • Approfondimento teorico-pratico sulle modalità procedurali della rilevazione diagnostica e sull’utilizzo dello strumentario • Approfondimento teorico-pratico sui metodi e le tecniche di intervento pedagogico clinico • Analisi delle strategie di intervento nella mediazione, in dinamica con le componenti della scuola, con i familiari e con i gruppi • Esemplificazione di diagnosi e conseguenti interventi di aiuto, con discussione • Approfondimento teorico-pratico sulle modalità di supervisione • Obblighi e deontologia dello Specialista Supervisore • Albo Europeo, Statuto, Regolamento e Codice Deontologico. Registrazione UE Organizzazione didattica: Il percorso formativo si articola in tre giornate consecutive. Ai lavori sarà presente il Prof. Dr. Claudio Rao Presidente dell’Associazione Europea dei Pedagogisti Clinici e dell’Associazione Belga dei Pedagogisti Clinici Al termine del Workshop ai partecipanti verranno consegnati gli attestati di Specialista Supervisore e di Iscrizione all’Albo Europeo Quota di iscrizione: E 420.00 (compresa la registrazione all’Albo Europeo) Organizzazione didattica: L’iscrizione sarà possibile fino a 15 giorni prima dell’inizio del corso. Dopo la scadenza dei termini di iscrizione contattare la segreteria per eventuali posti disponibili. Orari: primo giorno 10.30-18; giorni successivi 09-16.30 Sede Montevarchi: Meeting Place, Via Caposelvi 77 (30 km. da Firenze). Tale sede è raggiungibile solo con mezzi propri, taxi o, dagli alberghi convenzionati e dalla stazione ferroviaria, con navetta prenotabile presso la segreteria al costo di E 12.00 a/r al giorno - www.isfar-firenze.it

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PSICOMOTRICISTA FUNZIONALE “Scuola Jean Le Boulch” Sede e data di inizio Firenze, 14 novembre 2009 ECM CREDITI FORMATIVI (2008): 50 Destinatari La formazione è rivolta a laureati in Scienze Motorie (classi 33, L-22, 53/S, LM-47, 75/S, LM-68 e 76/S, LM-67), Pedagogia o Scienze Pedagogiche (classi 87/S, LM-85), Psicologia (classi 58/S, LM-51), Scienze e tecniche psicologiche (classi 34, L-24), Medicina e Chirurgia, Scienze dell’Educazione e della Formazione (classi 18, L-19, 56/S, LM-50 e 65/S, LM-57); Terapisti della neuro e psicomo­tricità dell’età evolutiva, Tecnici della riabilitazione psichiatrica, Terapisti Occupazionali, Educatori Professionali, Fisioterapisti; per altre lauree sarà valutato il curriculum. Possono iscriversi anche coloro che sono ancora in formazione, presentando idonea autocertificazione, i quali dovranno comunque essere laureati al momento della verifica finale. L’ISFAR è l’unico Istituto autorizzato dall’Associazione Nazionale Psicomotricisti Funzionali (ASPIF) a rilasciare il certificato di una specifica formazione per l’ammissione all’Associazione e l’iscrizione all’Albo Professionale di natura privati­stica degli Psicomotricisti Funzionali. La formazione promossa dall’ISFAR è riconosciuta anche dall’Amministrazione Scolastica ed è valutata nella Gra­duatoria Permanente Insegnanti di ogni ordine e grado (Articolo 66 C.C.N.L. Scuola e artt. 2 e 3 della direttiva n° 90/2003 del Ministero della Pubblica Istruzione prot. 20402 del 25 ottobre 2007). Al personale insegnante la forma­zione, oltre alla titolarità per l’iscrizione all’Albo, è certificata come Corso di Specializzazione in Psicomotricità Funzionale.

Prospetto della formazione Il percorso formativo include incontri in aula e in atelier, performance tecnico-professionali, preparazione di ausili, partecipazione ad iniziative scientifico-culturali, compilazione e discussione di una tesi finale. Area teorica: La Psicomotricità funzionale: quadro neurologico e quadro funzionale di Jean Le Boulch • Contributi della pedagogia e della psicologia alla Psicomotricità Funzionale • Contributi della neurofisioanatomia • Contributi della neuropsichiatria e della psichia­tria • Kinesiologia. Area tecnica: Osservazione e Bilancio Psicomotorio Funzionale (BPF) • Pratica Psicomotoria Funzionale • Coreografia Corporea • Language Dance • Esperienza dinamica contrattiva e decontrattiva muscolare (Jacobson e Eutonia) • Tecniche di rilassamento e tecniche tattilo-corporee • Psicomotricità funzionale in acqua • Tecniche di apprendimento • Bon Depart e Prescrittura • Psicomusica • Performance tecnico professionali. Area personale: Psicocorporeità Dialogica • Tonematica Comunicazionale • Dinamica Cinesico-Ge­stuale • Dinamiche relazionali. Compilazione e discussione di una tesi finale. Detta discussione avverrà davanti ad una commissione formata dai rappresentanti dell’ISFAR e dell’ASPIF.

Al termine del percorso formativo verrà rilasciato il Certificato di Formazione per Psicomotricista Funzionale e formalizzata l’iscrizione all’Albo Nazionale ASPIF degli Psicomotricisti Funzionali Crediti Formativi ECM (2008): 50 per Medici, Psicologi, Tecnici della Riabilitazione Psichiatrica, Educatori Professionali; richiesto accreditamento per Terapisti della Neuro-Psicomotricità dell’Età Evolutiva, Terapisti Occupazionali, Fisioterapisti, Tecnici di Neurofisiopatologia

Quota di iscrizione: E 155,00 - Quota di frequenza: sei rate da E 490,00 ciascuna Sede, calendario, orario e docenti della formazione possono essere consultati visitando il sito www.isfar-firenze.it

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Formazione Post-Universitaria delle Professioni FORMAZIONI

METODO REFLECTING

ABILITÀ COMUNICATIVE NELLE PROFESSIONI DI AIUTO Sedi e date di inizio Milano, 24 Ottobre 2009 - Firenze, 21 Novembre 2009 ECM: CREDITI FORMATIVI 50 Destinatari - La formazione è rivolta a laureati (lauree magistrali e lauree Vecchio Ordinamento) in Psicologia (classi 58/S, LM-51, V.O.), Pedagogia o Scienze Pedagogiche (classi 87/S, LM-85, V.O.), Scienze dell’Educazione (classi 56/S, LM-50 e 65/S, LM-57) e ad altri laureati magistrali (previa valutazione del curriculum) che si trovano a condurre interventi clinici e/o educativi. Possono iscriversi anche coloro che sono ancora in formazione, presentando idonea autocertificazione, i quali dovranno comunque essere laureati al momento della verifica finale. L’ISFAR è l’unico Istituto autorizzato dalla Società Internazionale di Reflecting (SIR) – costituita con Atto Pubblico il 10 aprile 2002 e registrata a Firenze il 22 aprile 2002 rep.n. 23580 – a rilasciare il certificato di una specifica formazione per l’ammissione all’Associazione e l’iscrizione al relativo Albo Professionale di natura privatistica dei Reflector (artt. 7-9 Statuto SIR). La formazione promossa dall’ISFAR è riconosciuta anche dall’Amministrazione Scolastica ed è valutata nella Graduatoria Permanente Insegnanti di ogni ordine e grado (Articolo 66 C.C.N.L. Scuola e artt. 2 e 3 della direttiva n° 90/2003 del Ministero della Pubblica Istruzione prot. 20402 del 25 ottobre 2007). Al personale insegnante, oltre alla titolarità per l’iscrizione all’Albo, la formazione è certificata come Corso di Specializzazione in Reflecting.

Prospetto della formazione - La formazione si articola in 13 week-end (sabato e domenica) e prevede incontri interattivi in aula su base teoricotecnica, performance esperienziali, relazioni e ricerche. Gli incontri si delineano in: Fondamenti epistemologici. Le basi teoriche e i principi ispiratori • L’identità epistemologica del Reflecting • Introduzione al Metodo Reflecting Contributi teorico-pratici della psicodinamica. La psicodinamica • Relazioni tra la psicodinamica e il Reflecting • Analisi dei messaggi del disagio Il Reflecting e il Reflector. Il setting • Il contratto • La nuova maieutica • Il tavolo di cristallo • Analisi critica di materiale filmico e canovacci terapeutici • Verifica delle abilità conseguite e discussione Semiologia corporea. Controllo della tonicità muscolare e destrezza motoria • Ricerca dello schema corporeo e dell’immagine di sé • Abitare il proprio corpo: avere un corpo ed essere un corpo • Verso la conquista dell’autonomia e dell’equilibrio • Abilità di comunicazione corporea • Essere mediatori di comunicazione • I codici semiologici corporei. Linguistica funzionale. Le coordinate linguistiche per comunicare • Morfosintassi e lessicologia nella relazione • Fonetica relazionale • Comuni­ cazione fono-semantica • L’uso della parola: come e quando impiegare le parole Tonematica dialogica. Abilità distributive della respirazione • Comunicazione teorica e sperimentale della voce • Immagine corporea e immagine vocale • La comunicazione paralinguistica Scenografia espressiva. Mimica e distribuzione corporea nello spazio • Cinemi fono-articolatori • Ar­chitettura delle manifestazioni espressive • Analisi dell’espressione corporea propria e degli altri Dinamiche comunicazionali. La comunicazione non verbale del Reflector • Comunicare con lo sguardo • Il silenzio conversazionale • Polarizzazione, orientamento e connotazioni associativo-simboliche • Esperienze dinamiche e attive di Reflecting Abilità comunicative e ambiti di applicazione. Il Reflector con il singolo • Il Reflector con la coppia • Il Reflector nei gruppi • Il Reflector nell’Istituzione Scolastica • Il Reflector in Azienda • Il Reflector nello Sport • Il Reflecting, un aiuto per progettare e sostenere la genitorialità • Il Reflector libero professionista. Analisi delle performance professionali e simulate. Esercitazioni e role-playing per sviluppare abilità espressivo-comunicazionali • Strategie cliniche ed educative nel proprio contesto professionale. Dispense gratuite: G. Pesci, A. Viviani, Polarizzazione, orientamento e connotazioni associativo-simboliche; G. Pesci, A. Sedini, A. Viviani, Strategie di comunicazione. Al termine del percorso verrà rilasciato il Certificato di Specialista in Metodo Reflecting e formalizzata l’iscrizione all’Albo dei Reflector Crediti formativi ECM: 50 per psicologi Sedi della formazione e date di inizio: Milano, 24 ottobre 2009; Firenze, 21 novembre 2009. Milano: Hotel Mennini ***, Via Napo Torriani 14, 20124 - www.hotelmennini.com Firenze: Centro Studi Specialistici Kromos, Viale Europa 155, 50126 - www.centrokromos.it Quota di iscrizione: E 186,00 - Quota di frequenza: tre rate da E 540,00 ciascuna Le modalità di iscrizione e frequenza, i calendari completi, i docenti della formazione e gli orari possono essere consultati visitando il sito www.isfar-firenze.it

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− Sviluppo della creatività: le attività di laboratorio consentono a chi vi si trova impegnato di percepirsi come protagonista, di accrescere l’inventiva, l’intuizione, la fantasia e di sperimentare le proprie potenzialità fino a giungere a ri-scoprire il suo sé e a rafforzare l’identità in un processo auto-educativo. − Affinamento della capacità emotiva: il soggetto, impegnato attivamente e concretamente, si sperimenta in un percorso, che è un processo di “costruzione”, in cui è presente un inizio, uno svolgimento, una conclusione. Esercita così la capacità di rimandare una soddisfazione immediata per un piacere più grande, assaporabile nell’opera conclusa, imparando a leggere le emozioni, a non temerle, a gestirle. − Rafforzamento delle attitudini valoriali: nel laboratorio il gruppo, spesso “gomito a gomito”, sperimenta, rielabora, condivide anche momenti forti, confronta le idee che si possono modificare e riformulare. Spesso il confronto porta allo sradicamento del pre-giudizio, al chiarimento, all’empatia. Si impara a gestire la comunicazione, a comprendere l’ascolto come valore e si risvegliano qualità e attitudini come la cooperazione, la comprensione, la solidarietà. Nel percorso “Crescere insieme” si sono attivati laboratori espressivi, di movimento e di creatività, in cui sono state utilizzate le tecniche specifiche dei metodi

propri della pedagogia clinica, come l’Edumovement, il BonGeste, l’Inter-Art®, l’MPI (Memory Power Improvement)®, il Training Induttivo ed altri, che coinvolgono in esperienze individuali e di gruppo e promuovono il confronto e l’integrazione. Il corpo è vivo, ci parla, ed è un eccezionale rivelatore del nostro panorama interiore. Il soggetto attraverso l’uso del corpo impara a leggere le emozioni in sé e negli altri, le “interpreta”, le danza. Il movimento spontaneo del corpo nello spazio durante un brano musicale, una serie di attività motorie specifiche, il lancio del gesto nell’aria, associato alla respirazione e al ritmo, l’uso della voce come rinforzo ergico sono tutte attività che permettono di liberare la persona da stratificazioni tensionali e di farle ri-conquistare la calma psicofisica, indispensabile premessa per una presa di coscienza del proprio corpo, per una ricerca del sé e per una nuova capacità di rapporto con gli altri. Poiché la dinamica affettiva è strettamente collegata con la dinamica corporea, attraverso l’elaborazione psichica delle informazioni fornite dalle esperienze sulla percezione globale del corpo e della sua unità, gli adulti possono ritrovare la possibilità di esprimersi e di comunicare con il proprio mondo e con quello circostante in una elaborazione tonico-emozionale positiva, accompagnata da effetti neuro e psico-fisiologi-

ci, che li liberano da difficoltà organizzativo-funzionali e socio-affettive. Un momento del laboratorio è stato dedicato all’ascolto di brani musicali con libere associazioni di ciò che può suscitare la percezione della musica, oppure alla drammatizzazione simbolica di situazioni raccontate dal gruppo, alla rielaborazione di alcuni episodi, che sono scelti dal vissuto quotidiano (la reazione di fronte ai capricci del figlio, all’aggressività in classe...). Gli eventi particolari sono stati drammatizzati attraver-

…indispensabile premessa per una presa di coscienza del proprio corpo, per una ricerca del sé e per una nuova capacità di rapporto con gli altri. 21


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so il gioco simbolico con la tecnica dei Giochi di ruolo. Questa esperienza risulta è un valido mezzo per stimolare la personale intelligenza emotiva, per renderci capaci di discernere tra pensieri positivi e pensieri spiacevoli, per abituarci a vivere le diverse situazioni della vita e ad agire prima con il cuore e poi con la mente. Recenti scoperte in neurobiologia dimostrano che agire nell’area visivo-spaziale stimola lo sviluppo di abilità relative ad altre aree del pensiero. Stimolando l’area dx del cervello ne risente tutto il cervello stesso: agire nell’area visivo-spaziale aiuta a migliorare tutte le funzioni cerebrali. I sentimenti, le fantasie, le sensazioni, le emozioni sono depositate nella profondità del nostro Io, sottoforma di immagini. Come dice Rudolf Arnheim: “Le parole non hanno energia se non risvegliano una immagine”. Ogni persona ha la capacità di comunicare con espressioni grafiche il proprio mondo interiore, passando da una produzione mentale ad una produzione plastica: il disegno che nutre l’ancestrale bisogno dell’uomo di lasciare traccia di sé: testimonianza dell’Essere, del suo esistere, del suo qui, ora, in questo corpo. Il pedagogista clinico propone il disegno usando un linguaggio metaforico e ottiene così un dialogo spontaneo che nasce dall’interiorità della persona in modo naturale e libero. In questa attività grafico-pittorica compaiono gli elementi del sogno:

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il disegno rappresentato graficamente sul foglio ne è il contenuto manifesto e i simboli disegnati ne esprimono il contenuto latente. Con forme e colori attraverso il segno, attraverso la rappresentazione grafica comunichiamo l’esperienza cinestesica, fisica, intellettuale, emozionale. Il disegno perciò assume anche funzione catartica. Non occorre analizzarlo o capirlo, esso porta in sé un meccanismo di proiezione, di elaborazione e quindi di crescita. Nel laboratorio è stato dedicato un tempo alla tecnica del Training Induttivo, che sollecita un effetto distensivo dato dalla postura (si sta distesi sul materassino) con l’obiettivo di aiutare la persona a riappropriarsi di una nuova lettura di sé, di una nuova consapevolezza del sé corporeo. Ciò le consente di abbattere le tensioni muscolari, indice di forte emotività, di ritrovare il piacere di stare bene con se stessa, di vivere di conseguenza un benessere psicofisico. Questa fase può prevedere l’utilizzo di immaginazioni guidate di alto valore simbolico. Il pedagogista clinico, a seguito di una analisi dei bisogni, si avvale del linguaggio metaforico in modo

intenzionale attraverso la costruzione a priori di racconti in cui vengono evidenziati stati d’animo o emozioni, che difficilmente verrebbero in superficie. Nelle PictureFantasmagory sono contenuti importanti archetipi, che a seconda della società, della cultura, del momento storico possono cambiare forma (abito), ma non essenza. Il linguaggio degli archetipi è simbolico, spesso metaforico e svela quegli aspetti della vita, della realtà e dell’universo che non sono afferrabili dalla pura razionalità. Utilizzando una particolare struttura narrativa, la metafora, la persona recepisce il messaggio, a livello cognitivo, in senso letterale, mentre a livello inconscio ne percepisce il significato simbolico poiché il simbolo è il ponte tra il “conosciuto” e lo “sconosciuto”. Le PictureFantasmagory, contenenti i sollecitatori derivati dai simboli, vengono impiegate dopo l’utilizzo di una tecnica percettivo-corporea o distensiva che produce nel soggetto una capacità assorbente ad effetto “spugna”. La fantasmagoria diventa così un catalizzatore di intuizione ed uno strumento di cambiamento, di espansione e di crescita personale.

Summary Luisa Susanna Viviani, after some important reflections that she writes in the first part of this article, shows objectives, keys for a professional training addressed to adults and tells about the course’s methods and techniques that are constructive. Some of which were perceptive-body, expressive and of relaxation. These are helpful moments to a change and to an personal growth’s spread.


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Lasciar traccia di sé di Luisa Pennisi, Claudia Trombotto, Bianca Testone*

La dirigente del Circolo scolastico di una scuola primaria della Provincia di Torino, dott.ssa Bianca Testone, in seguito ad una indagine sulle necessità emergenti nelle sue classi, ci ha invitato ad attivare un atelier pedagogico clinico per aiutare alcuni alunni che dimostravano difficoltà nella codifica scrittoria e nell’area motorio-prassica. I bambini sono stati segnalati dalle insegnanti come soggetti “disgrafici, con problemi nel comportamento e nella sfera emotivo-affettiva; alcuni […] apparivano eccessivamente aggressivi o timidi e in generale li accomunava una carenza di autostima”. Il progetto è stato incluso, nell’ambito della programmazione annuale in P15 “Scuole aperte” ed è stato finanziato con fondi privati. Si è articolato con attività di atelier per i bambini, facendo appello alle tecniche dei metodi Edumovement®, BonGeste, Inter-Art®, Prismograph®, Writing Codex® e CyberClinica® finalizzate al raggiungimento di abilità organizzativo-cinestetiche, traccianti, rappresentative ed espressive, e di nuove disponibilità agli * Dirigente scolastico

scambi. Sono stati effettuati incontri di confronto preliminari e conclusivi con i genitori e momenti di condivisione e scambio realizzati in itinere con gli insegnanti. Era necessario illustrare, sia a questi ultimi che ai genitori, i nostri intenti professionali affinché potessero acquisire una maggiore conoscenza dei contenuti progettuali e condividere riflessioni adatte a promuovere, con competenza educativa, la consapevolezza di essere validi supporti per l’equilibrio dei bambini. L’atelier è stato progettato cercando di dare ampio spazio ad esperienze che coinvolgessero il più possibile il gesto grafico e tutte le abilità atte a migliorare l’acquisizione dei prerequisiti della grafia; si è rilevato un entusiasmo particolare per qualsiasi proposta che riguardasse la scrittura non scolastica: al rifiuto per la scrittura convenzionale con carta e penna, è corrisposta la piena accettazione per la scrittura che coinvolge il corpo e passa attraverso i canali senso-motori. I metodi che abbiamo utilizzato stimolano, cosa fondamentale, il processo di autocorrezione

Tali esperienze del “lasciar traccia di sé” in spontaneità, favoriscono il processo di apprendimento, un corpo mobile, dinamico, attivo, che sprigiona una energia, una forza… 23


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che non si attiva, invece, durante il momento di scrittura scolastica. Tali esperienze del “lasciar traccia di sé” in spontaneità, favoriscono il processo di apprendimento, un corpo mobile, dinamico, attivo, che sprigiona una energia, una forza, una inten-zionalità e una volontà con il desiderio di esprimersi anche attraverso il gesto grafico, originando momenti emozionanti, divertenti, liberatori; occasioni che in altri contesti evidentemente sono represse, ostacolate, inibite. Queste esperienze hanno rappresentato per i bambini ciò che per Proust ha rappresentato la madeleine: “La ricerca del tempo perduto e il suo recupero alla dimensione più profonda della coscienza (il tempo ritrovato) costituiscono la più autentica forma di conoscenza, in grado di restituire al soggetto la sua identità”1. In una indagine interiore che il soggetto compie da se stesso a se stesso. Ritrovare gli odori e i piacevoli ricordi dell’infanzia, ha permesso a Proust di elaborare una originale filosofia del tempo e scrivere ben sette libri! Ritrovare il piacere del lasciar traccia di sé, ha consentito a questi bambini di riavvicinarsi al gesto grafico e potersi così esprimere anche attraverso la scrittura!

Gli aspetti maggiormente apprezzati dell’approccio pedagogico clinico sono stati: • La varietà delle esperienze proposte che tenevano conto dei molteplici aspetti della persona, dello sviluppo di abilità nel rispetto della crescita individuale e che non si focalizzavano o, come spesso succede, non si accanivano sulle difficoltà presenti. • I percorsi motori e le esperienze cinestetiche realizzate, che hanno favorito una migliore coordinazione dinamica generale ed oculo-manuale e una maggiore percezione del tempo, dello spazio e del ritmo. • L’esperienza di riconoscere e vivere le lettere per mezzo dei canali sensopercettivi, cinestetici e assumendo plasticità con il proprio corpo, ampliando ogni occasione di stimolo ai canali apprenditivi. • Il principio cardine pedagogico clinico che ci impone di partire dalle risorse dei bambini proponendo, quindi, esperienze mirate sulle capacità dei singoli, in modo che non fossero né troppo difficili per non scoraggiarli, né troppo facili per non annoiarli, ma favorenti il piacere tanto da suscitare benessere. • Il benessere e il piacere provato nel lasciar traccia di sé han-

Il G. Baldi, Dal testo alla storia dalla storia al testo. Dal decadentismo ai nostri giorni, vol. III, tomo II, Paravia, Torino, 1994, p. 660. 1

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… la possibilità ai bambini di proiettare all’esterno se stessi, la propria carica emotivo-affettiva, di scoprire… sviluppando la propria creatività e di conquistare una maggiore autostima…


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no generato rinnovato piacere e disponibilità nell’avvicinarsi al gesto grafico. • Il coinvolgimento dei genitori rendendoli consapevoli di un impegno educativo parallelo e integrato a quello scolastico. Le esperienze hanno offerto la possibilità ai bambini di proiettare all’esterno se stessi, la propria carica emotivo-affettiva, di scoprire il proprio vissuto e di trasmetterlo sviluppando la propria creatività e di conquistare una maggiore autostima attraverso il rinforzo ergico. La mamma di uno di loro ha affermato: “Il mio bimbo ha ottenuto risultati notevoli: scrive in corsivo senza forzature; scrive con molti meno errori, ha conquistato molta fiducia in se stesso”. È stata proprio la conquista di una maggiore autostima e fiducia in se stessi la chiave di volta dell’acquisizione di nuove abilità e disponibilità. Questo effettivo miglioramento ha stimolato un più ampio dibattito all’interno della scuola sulle diverse esigenze dei bambini, sul riscoprire l’importanza della dimensione corporea e senso-motoria nel percorso d’apprendimento quotidiano. Grazie agli incontri di confronto e verifica, le esperienze desunte dai metodi proposti sono state condivise con il personale docente e con i genitori, diventando patrimonio esperienziale comune. Tali occasioni di condivi-

sione hanno trovato ulteriore stimolo dalla visione del filmato realizzato durante l’atelier e hanno permesso di comprendere il percorso professionale svolto con i bambini, i momenti piacevoli dell’atelier e di cogliere in chiave costruttiva le loro capacità e i loro progressi. L’esperienza si è svolta sempre in stretta collaborazione con le insegnanti, che hanno dimostrato concreta fiducia, interesse e desiderio di continuare il percorso. L’atelier ha riscosso molti consensi su tutto il territorio, i miglioramenti notevoli dei bambini hanno incrementato la fiducia dei genitori nelle potenzialità dei loro figli tanto da indurli a finanziarne la prosecuzione. T­ale esperienza si è quindi integrata con i nuovi orientamenti tecnico-metodologici che il circolo scolastico sta mettendo in campo, aprendosi al territorio e creando una rete che tuttora esiste e continua a collaborare.

L’atelier ha riscosso molti consensi su tutto il territorio, i notevoli miglioramenti dei bambini hanno incrementato la fiducia dei genitori nelle potenzialità dei loro figli…

Summary The project “To leave trace of oneself” has been achieved from Luisa Pennisi and Claudia Trombotto, two clinical pedagogists, in Primary School of Turin’s province, after coming out of necessities to intervene to some children with learning and behavioral difficulties. The plan has seen the boys involved in a experiential way that has considered the potential’s and skill’s development given from some techniques and methods Edumovement®, BonGeste, InterArt®, CyberClinica® e Writing Codex® to improve self-esteem and trust in ourselves and attainment of new and different abilities in self-representation. The conquered evolution and the pleasure from these children have favored besides interesting chances of comparison and exchange between parents and teachers that, for the reached success, they have asked for the repetition of the project for the next year.

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Finest ra s u i m et o di e I metodi che vengono presentati sono esclusivi dell’ISFAR Istituto Superiore Formazione marchio registrato. Le modalità di utilizzo e i presupposti teorici possono essere appresi organizzata dall’ISFAR, unico Istituto italiano autorizzato dalla Federazione Europea delle rilasciare il titolo per l’iscrizione all’Albo professionale dell’ANPEC, indispensabile per

CYBERCLINICA La CyberClinica è il corpus di conoscenze teoriche e di esperienze pratiche tradotte in tecniche operative che sono state elaborate a partire dalla metà degli anni Settanta da Guido Pesci. Il metodo al suo primo battesimo prese il nome di “Educazione Cibernetica”, con connessioni che già lo saldavano alla disciplina pedagogico clinica. Da allora la ricerca scientifica, senza annullare i saperi precedenti, ha ospitato il dibattito epistemologico e accolto molti aspetti della radicale modificazione culturale, fino a coniugare un modello epigenetico; una sperimentazione che si è basata sulla teleologia, sullo studio del comportamento umano e ha reso efficace l’azione tendente a raggiungere un determinato scopo. La CyberClinica ha fatto proprio il principio che nell’uomo esiste un servomeccanismo per muovere verso uno scopo da raggiungere che ne rende efficace l’azione. Quello stesso meccanismo che aiuta la persona ad assimilare esperienze per assicurarsi reazioni soddisfacenti, ricordarne i successi e acquistare nuove abitudini. Quella del timoniere (cibernetica) è un’arte con cui l’individuo può sviluppare un mutamento interiore, una più convalidata personalità creativa e realizzare una diversa immagine di se stesso. Rappresenta l’occasione per offrire al sistema nervoso nuovi “engrammi”, nuove immagini nervose di quanto la persona pensa e sente di essere o immagina che sia vero, esperienze intense e dettagliate su cui fermare a lungo l’attenzione perché lascino tracce significative per nuove e diverse memorie. L’immagine, facoltà dello spirito, è una trasposizione delle sensazioni nata attraverso una azione e conserva i rapporti di situazione e di qualità, tanto da sostenere la proclamazione di una nuova realtà. Aspetti interessanti, questi, basati sul sistema-guida che la persona può agire e sentire non in conformità al reale aspetto delle cose, ma secondo l’immagine che la mente si è fatta di esse, con incentivi alla creatività, che hanno offerto l’occasione per arricchire di contenuti e di altri approcci la pedagogia clinica. La severa, continua e amplificata ricerca condotta a partire dagli anni Settanta da una nutrita squadra di pedagogisti clinici, favoriti da una opportuna rete di comunicazione, ha offerto risultati estremamente soddisfacenti su soggetti diversi per età e necessità. Gli studi e le ricerche hanno dato conferma che i principi su cui poggia la CyberClinica sono pregevoli e hanno dimostrato la validità e l’efficace incisività degli interventi in

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cui questo metodo viene utilizzato; garanzie, queste, che hanno obbligato a proteggerlo con marchio registrato. Immagine dell’Io L’uomo attraverso l’informazione riguardante i risultati delle attività passate, con un processo di retroazione autocorrettiva, influenza e regola il suo comportamento futuro. Per favorire questa operatività dei sistemi, regolare gli stati di disordine e mantenersi in uno stato di equilibrio, si sono dimostrate essenziali delle esperienze immaginate intensamente, le quali, cambiando l’immagine dell’Io, chiave della personalità e del comportamento, modificano anche la personalità e il comportamento umano. L’immagine dell’Io si costruisce sulla base delle esperienze così che lo stato di benessere e di fiducia, quando è presente, dipende da ciò che abbiamo sperimentato. L’immagine creatrice di un universo personale ma analogo alla realtà, sostiene il ruolo di un elemento organizzatore che introduce nella coscienza tutta la ricchezza della vita affettiva. Essa simbolizza la rappresentazione dalla quale è sorta e tende irresistibilmente a farla rivivere nella coscienza, coincide con la percezione, come una specie di sopravvivenza delle cose nella coscienza e nel cervello. È in realtà una trasposizione della percezione, la sua analogia simbolica, ma esprimente una relazione affettiva che la pone al di fuori del dominio puramente sensoriale ricongiungendola a sorgenti dello spirito fin allora sconosciute. Ogni sistema, nella propria organizzazione, possiede caratteristiche proprie rispetto alla modalità di elaborare le informazioni, e sono queste ultime che, per la loro originalità, permettono di assistere alla proclamazione di una nuova personale realtà. Il sistema della CyberClinica riesce a trasfigurare la confusione dell’immagine di sé e presentare una entità che è evocazione di stato in armonia, conseguenza di eventi in cui gli elementi di un insieme reagiscono alle forze cui sono sottoposti, a dimostrazione che parti fra loro apparentemente differenti sono interconnesse e interagenti. È stato dimostrato che l’esperienza di retroazione coglie esiti più ampi se ogni parte del corpo della persona viene coinvolta, se dall’attenzione ai singoli elementi si passa all’attenzione per le relazioni che uniscono questi elementi. L’immagine, padrona della coscienza, trova suffragi nel movimento dei diversi settori corporei, nei ritmi, nella successione di posizioni, di cambiamenti di forma, di ge-


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sulle tecniche dell’ISFAR Aggiornamento e Ricerca, Formazione Post-Universitaria delle Professioni® e coperti da esclusivamente partecipando alla formazione per la professione di Pedagogista Clinico Associazioni Pedagogisti Clinici, EURO-ANPEC (reg. Unione Europea n. 198364-2004), a accedere all’Albo Europeo dei Pedagogisti Clinici. sti, di espressioni verbali, vissuti sostanziati dal piacere, capaci di tradurne le emozioni e di penetrare la vita interiore. Le sollecitazioni visive, il recupero di ogni residuo di dimensione spaziale, forma e dimensione temporale, aggiornano l’immagine con l’idea che realizza la trasparenza dell’anima nel corpo e ne fa un elemento essenziale dell’irradiamento inventivo. Il simbolo della parola, il suono e il ritmo, le sensazioni luminose e colorate evocano anch’essi una immagine, una sorta di alleanza mediante i sensi divenuti permeabili e trasparenti e attraverso lo spirito che si manifesta anzitutto con l’emozione. Queste sensazioni mediatrici di immagini offrono all’uomo una ricchezza e una varietà espressive grandissime, secondo la sua visione influenzata dall’azione vivificante il piacere e l’emozione. L’immagine dell’Io così rigenerata non ha bisogno di sforzarsi per essere espressiva, ogni dialogo rappresentato sullo schermo della vita, compendia e rivela la diversa forza di espressione. Abilità e disponibilità All’immagine fallimentare di sé e alla frustrazione che ne deriva, alla carenza di sicurezza, al senso di solitudine, di incertezza, ai risentimenti e all’aggressività, le espressioni dichiarative verbali, con diversi engrammi notificatori propri della CyberClinica, riescono assai bene a contrapporre immagini positive fino a far ritrovare il coraggio, la volontà, la stima e la fiducia e una diversa determinazione. Si tratta di immagini dichiarative verbali, frasi descrittive, affermazioni indirizzate a permanere su messaggi positivi, idonei a fronteggiare ogni cicatrice emotiva, affettiva e relazionale. Una opportunità di sviluppo offerta da se stessi a se stessi, un autosviluppo che si basa sul diretto riflesso di pensieri e convinzioni contenuti nelle affermazioni espresse con parole che, se ripetute, generano comportamenti corrispondenti. La redazione delle frasi Le affermazioni o espressioni dichiarative riequilibratici del disagio e delle difficoltà vengono approntate dallo specialista tenendo conto degli stati di necessità della persona desunti durante il percorso di aiuto. Esse devono essere stilate in modo che il soggetto trovi conferme, oltre che dalle parole enunciate, dalle visualizzazioni che si generano, redatte con frasi semplici ed efficaci, idonee a lasciare tracce positive. All’inizio saranno utilizzate quelle preparate con l’uso del futuro, ad esempio: “Mi sentirò sereno” e, in seguito, strutturate con affermazioni al presente, ad esempio: “Io sono

sereno” a cui seguiranno quelle suffragate da imagos, dal contributo immaginativo fantasmatico capace di essere recepito dagli strati più profondi, e perciò di eccezionale importanza ai fini della trasformazione delle energie psichiche. Criteri pratici per l’utilizzo Abbiamo potuto sperimentare ed avere ampia prova che la CyberClinica è un metodo capace di offrire alla persona l’occasione di raggiungere e assimilare nuovi equilibri psico-emozionali, una diversa immagine di sé e maggiori abilità nelle performance; tutti elementi fondanti lo stato di sicurezza, di emotività e di interindividualità. In­ teressanti esperienze che, con espressioni dichiarative verbali suffragate da visualizzazioni o da immagini simboliche, affermate con volontà decisionale, permettono di affrontare in profondità la realtà interiore e diventare una presenza viva nella vita. Tale processo impressivo, enfatizzato con una carica emotiva, potrà essere proposto diversamente in ragione dell’età della persona e dei metodi e delle tecniche utilizzate nell’intervento di aiuto. Le stimolazioni cybercliniche possono essere proposte mentre si permane in decubito dorsale a seguito del Training Induttivo o dei metodi stimolatorio-tattili che rendono “assorbenti” e capaci di parteciparle incentivate emotivamente, oppure possono essere offerte mentre si è in stazione eretta e in condizione di mobilità. Una modalità, quest’ultima, in cui le affermazioni impegnano intensamente ogni frazione corporea, investendo ogni canale informativo fino a dare titolo alla globalità. Esse sono proferite con carica emotiva, con tono di voce elevata, decisa, certa, con intenti dichiarativi, evocanti intenzionalità e convinzione; uno scandire dichiarazioni di sé contemporaneamente al muoversi ritmico di ciascuna delle dita della mano, abbinate a battute di mano alternate con battute a terra del piede destro e sinistro, o a lanci alternati delle braccia, e pure pronunciate mentre espirando si abbassano lentamente le braccia muovendo lungo la linea mediana del corpo. È un processo impressivo-dichiarativo che implica il coinvolgimento di informatori sensoriali-percettivi, appercettivo-corporei e emozionali-affettivi a cui contribuiscono suffragi tonematici. Espressioni dichiarative, parole o frasi, pensieri e convinzioni riequilibratici, che rispondono al bisogno di liberarsi dagli appesantimenti, dalle scorie negative del passato e del presente per vivere stati di serenità, di pace, di calma, di fiducia, conseguire attitudini e convinzioni positive.

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Congressi, convegni, seminari, incontri… Colledara (TE) Il 2008 ha visto la pedagogia clinica protagonista al comune di Colledara (Teramo); questo piccolo centro è stato infatti scenario del seminario “Le espressioni del disagio in preadolescenza”, promosso dall’ARPEA (Associazione Romana di Psicoterapia per l’Età Evolutiva e l’Adolescenza), in cui Loretta Pascucci, pedagogista clinico dell’ANPEC è intervenuta coinvolgendo docenti e genitori in una interessante tavola rotonda. L’entusiasmo dei partecipanti ha portato alla realizzazione di un progetto, patrocinato dalla Provincia di Teramo, “Genitori maestri di felicità”, che ha visto impegnata la collega al fianco di altre figure professionali. L’iniziativa ha riscosso notevole successo e numerose sono state le richieste di proseguire il percorso intrapreso in un’ottica pedagogico clinica. Perugia Nel corso del 2008, la dott.ssa Luisa Vera e il dott. Federico Pettinari hanno condotto, nelle scuole dell’infanzia della provincia di Perugina, un progetto per lo sviluppo del linguaggio grafico, psicomotorio e vocale, dal titolo “La traccia del corpo proprio”. Questa esperienza educativa, che ha coinvolto più di duecento bambini, è stata finanziata con il contributo dei genitori e continua a suscitare interesse e a riscuotere successo. Foggia Il collega Salvatore Montorio, in collaborazione con altri specialisti, ha dato vita e partecipato, dal marzo 2008 a febbraio 2009, nella città pugliese, a varie iniziative tra cui: i progetti PON “Conosco il mondo” e “Cinema a scuola”, rivolti ai genitori della Scuola Statale “Garibaldi”; il progetto “Anchise” preso il Centro Anziani Palmisano; il Corso di formazione “In famiglia: sensibilizzazione alla pratica dell’affido”, tenuto presso l’Associazione Famiglia Murialdo; il progetto PON “Dante Alighieri”, rivolto ai docenti della Scuola “Edmondo De Amicis”; il progetto “Relazione e difficoltà di comunicazione”, rivolto agli insegnanti della

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scuola dell’infanzia e primaria e il progetto PON “Leggo, comprendo, esprimo”, rivolto agli alunni della Scuola Statale “Edmondo De Amicis”. Inoltre il dott. Montorio ha preso parte al Convegno su “Emergenza educativa e futuro della scuola” organizzato da Città Educativa 2008, con una relazione dal titolo “Il disagio scolastico”. Trieste Nel giugno 2008 si è conclusa la prima fase di un progetto, avviato dal comune, dedicato agli insegnanti delle scuole dell’infanzia e rivolto a favorire abilità e competenze per interventi preventivi e di sostegno, al fine di mantenere vivo nei piccoli un clima di tranquillità e di fiducia per ben introdurli nella società del domani. Il progetto, nato con lo slogan “Saper analizzare, senza drammatizzare, per poter positivamente affrontare le situazioni”, ha visto impegnata, in collaborazione con altri pedagogisti clinici, la prof.ssa Luisa Manosperti. Grosseto Il CESAPP (Centro Studi Applicazioni Pedagogiche e Psicologiche) e il CARIPE (Centro di Aiuto alla Riflessione Personale), il 17 settembre 2008 hanno organizzato presso la Libreria Popolare di Grosseto un incontro-dibattito sulla nuova disciplina del Reflecting, alla presenza del prof. Antonio Viviani, reflector e direttore della sezione provinciale dell’ANPEC e della prof.ssa Arianna Potenza, reflector. In tale occasione è stato presentato il libro di G. Pesci, A. Viviani, Il facile mestiere di genitore: dinamismi figurativi per riflettere (Edizioni Ma.Gi., Roma, 2008), realizzato con il contributo degli allievi del Liceo Artistico “ Pietro Aldi” di Grosseto. Sono stati inoltre illustrati i progetti di due centri specialistici rivolti alle aziende, ai genitori e agli insegnanti. Mondovì (CN) Sabato 4 ottobre 2008 si è tenuta nella cittadina piemontese la Tavola Rotonda su “Dipendenza affettiva, codipendenza, stalking, quali strumenti?”, organizzata


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e a cura di Antonio Viviani

dall’UCIPEM (Unione Consultori Italiani pre e Matrimoniali) in collaborazione con l’AMCI e il Centro Pastorale Diocesano. All’iniziativa ha partecipato la collega Luisa Susanna Viviani con una relazione dal titolo “Nodi da sciogliere: un percorso di aiuto pedagogico clinico su una donna vittima di stalking”. Torino Nell’ottobre 2008, presso la nuova sede dell’Agenzia Regionale per le Adozioni Internazionali, in via Cernaia, la collega Luisa Pennini ha tenuto un incontro a tema dal titolo “Fiabe per crescere”. La notizia, promulgata dall’Agenzia, è stata accolta dalla cittadinanza con grande interesse e partecipazione. Milano Il 30 ottobre 2008, nel capoluogo lombardo, si è tenuto il Convegno “Innovazione dell’impresa nell’epoca della globalizzazione”, nel corso del quale Roberto Castelli, reflector, e Alberto Sedini, reflector e pedagogi-sta clinico, hanno presentato il volume Leopardi e il Reflecting - I motivi di un incontro culturale tra lette-ratura, economia e orientamenti pedagogici, di cui sono autori. L’incontro ha offerto anche l’occasione di alimentare interessi nei confronti della disciplina del Reflecting che assai bene sostanzia la pedagogia clinica. Cuneo Il Ministero della Pubblica Istruzione, l’Ufficio Scolastico Regionale e l’Ufficio Scolastico Provinciale della cittadina piemontese, d’intesa e in collaborazione con l’ANPEC e l’ISFAR, il 19 novembre, ha organizzato un incontro su “La scuola in fermento. E la relazione educativa?”. Il tema, forse perché “caldo”, ha richiamato un gran numero di insegnanti e dirigenti scolastici. I lavori sono stati introdotti dalla dott.ssa Laura Bordello, direttore Coordinatore dell’Ufficio Scolastico. Sono intervenuti il collega Claudio Rao, che ha offerto ampi spunti di riflessione ed è stato più volte applaudito per le sue oggettive constatazioni, e i professori Marta Mani e Guido Pesci con una relazione sulla complessi-

tà dello stare assieme insegnanti-allievi. Al termine dell’incontro vi è stato un plauso spontaneo con il desiderio di incontrarsi di nuovo. Sibari (CS) Mercoledì 3 dicembre 2008, presso l’Auditorium della Scuola Primaria di Sibari, la Direzione didattica del III circolo di Cassano Ionio e l’Istituto Comprensivo di Bocchigliero, con il patrocinio dei comuni di Cassano Ionio e di Bocchigliero, hanno organizzato la presentazione del libro Psiche e Fiaba. Le paure infantili e la didattica della fiaba, scritto dalla collega Domenica Franca Staffa e da Silvana Palopoli. I lavori sono stati coordinati, alla presenza di un vasto pubblico, dal giornalista Franco Maurella. Alla presentazione sono intervenuti Francesco Musca, dirigente tecnico del MIUR, Enzo Maierà, neuropsichiatra, Angela Napoli presidente del Rotary Club International di Trebisacce ed Emilia Manzo, psichiatra. Trieste Il giorno 4 dicembre 2008, presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università degli Studi di Trieste si è tenuto un Convegno dal titolo “Lo stigma della malattia mentale”, a cui ha partecipato la dott.ssa Francesca Bertoli, dottore in formazione dell’ANPEC con una tesi su “Lo stigma della malattia mentale. Ovvero avere paura di se stessi”. L’intervento, che ha riscosso plauso e interesse, ha suggerito una riflessione sulla “normalità della follia”. Roma L’11 dicembre 2008, presso il Centro Specialistico di Pedagogia Clinica diretto dalla prof.ssa Rosanna Alfieri e l’Associazione di Studi di Criminologia coordinata dalla dott.ssa Gloria Mazzeo, è stato inaugurato il nuovo servizio “Ci sono anch’io”, in favore dei “mariti maltrattati” e di quei papà considerati soltanto “sportelli Bancomat”. Il servizio si avvale di supporti pedagogico clinici basati sull’approccio olistico alla persona, sull’assistenza legale, psico-sociologica e criminologica.

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Congressi, convegni, seminari, incontri… Cava de’ Tirreni (SA) Venerdì 12 dicembre la collega, prof.ssa Rosanna Alfieri, ha tenuto presso la prestigiosa sede del Social Tennis Club della cittadina campana, un incontro scientifico e di pedagogia clinica sul tema: “Dalla fragilità alla devianza. La complessità del percorso di crescita”. Erano presenti il sindaco di Cava de’ Tirreni Luigi Gravagnuolo, l’assessore all’Istruzione Daniele Fasano e la dr.ssa Gloria Mazzeo, sociologa. L’evento è stato pubblicizzato dalla stampa locale e dai network radio-televisivi, che hanno richiamato la presenza di un folto pubblico interessato. Locri (RC) La dr.ssa Francesca Baroffio, pedagogista clinico, ha realizzato nel 2008 il progetto “Laboratori pedagogico clinici” nell’ambito dell’ultima annualità della ex Legge 285/97, gestita dall’Istituto di Cure Medical & Psychology, di Bianco (RC). L’esperienza ha coinvolto gli alunni delle classi terza e quarta di due scuole elementari del comprensorio, con l’intento di offrire loro occasioni per esprimersi e comunicare, nonché l’opportunità di libera espressione attraverso cui stimolare, espandere e elaborare tutte le proprie abilità. Castelnuovo del Garda (VR) Il prof. Carlo Callegaro, la dott.ssa Serena Gaiani e il dott. Pierluca Ruzzier, pedagogisti clinici, hanno tenuto, a partire dal gennaio 2009, degli incontri formativi per genitori, basati sull’interrogativo “Genitori si nasce o si diventa?”. L’iniziativa è stata realizzata con il patrocinio del comune di Castelnuovo del Garda e della Confederazione Italiana Associazione delle Famiglie. I principi che hanno sostenuto gli incontri muovevano “verso una educazione alla felicità”, nella consapevolezza che tutti cerchiamo la felicità, ma spesso la scambiamo con la gratificazione, per poi accorgerci che questa non basta a soddisfare la sete di felicità. Il successo ottenuto dall’iniziativa ha confermato pienamente lo

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stato di necessità delle componenti genitoriali, rivisitando il loro modo di relazionarsi coi figli e offrendo loro validi supporti educativi. I temi più trattati sono stati l’autostima, le regole e le attenzioni da adottare per coniugare le richieste della società e le esigenze dei figli. Torino Al ciclo di incontri che si tengono, dal 5 febbraio 2009, presso il Centro di Documentazione Pedagogica con il patrocinio della divisione Servizi Educativi del comune del capoluogo piemontese, ha preso parte come relatore, il prof. Domenico Nardella, il cui impegno è finalizzato a sostenere le tematiche sul Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività. Napoli Il 12 febbraio 2009 in Sant’Agnello sono stati avviati i laboratori di formazione per la persona previsti nel calendario delle attività del Conservatorio dei Sette Dolori, l’Opera Pia fondata dal rettore Domenico Castellano nel 1742. I laboratori sono orientati all’etica della coppia e al ruolo dei genitori, alla tossicodipendenza e ai disturbi dell’alimentazione oltre che all’espressività teatrale. Le iniziative hanno trovato attuazione grazie all’impegno del collega Ernesto D’Onise, il quale ha annunciato per la primavera l’attivazione di un Centro di aiuto da lui stesso condotto. Grosseto Il 13 febbraio scorso è iniziato il Corso per animatori sociali e sportivi organizzato dal Comitato Provinciale dell’UISP e dal CESVOT. L’iniziativa si propone di formare volontari da inserire in attività che abbiano contenuti sociali, sportivi e ricreativi. Si articola in una serie di incontri che vedono impegnati tra gli altri, i colleghi Antonio Viviani, Carmen Torrisi e Alessandra Parrucci. Napoli Il 20 febbraio 2009, l’Associazione Italiana Famiglie ADHD, in collaborazione con l’istituto Banco di Napo-


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li, ha consegnato i premi per la miglior tesi di laurea sul Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività. Alla cerimonia ha partecipato, come membro della commissione giudicatrice, il collega, prof. Domenico Nardella. È stata una importante occasione per alimentare interessi verso la categoria dei pedagogisti clinici impegnati da tempo a dare risposte utili a quanti vivono in questi stati di difficoltà e di disagio. Parma Dal marzo 2009, con il patrocinio dell’Assessorato ai Servizi Educativi del comune di Montechiarugolo, si è tenuto presso il Centro Polivalente “Pierpaolo Pasolini” di Monticelli Terme, un ciclo di incontri sul tema “Chi sta con i bambini? Spunti di riflessione e dialogo per genitori e nonni”. Tre serate condotte in forma interattiva e/o laboratoriale dalla collega Marta Pullini e dalla dott.ssa Teresa Sabia, psicologo clinico, rivolte a genitori di bambini da 0 a 10 anni e a tutte le persone coinvolte nella relazione con i bambini, che hanno sentito la necessità di uno spazio di accoglienza e di confronto in cui condividere esperienze e incertezze in merito alla relazione educativa. Vicenza Sabato 14 marzo 2009 dalla Sezione dell’ANPEC vicentina è stata proposta agli insegnanti della scuola dell’infanzia e primaria una giornata di formazione-esperienza sul tema “Codifica e Decodifica scrittoria per lo sviluppo delle potenzialità”. L’iniziativa, patrocinata dalla provincia, dal comune di Vicenza e dal MIUR del Veneto, dopo una relazione introduttiva della prof.ssa Federica Ciccanti, Direttore Provinciale dell’ANPEC, ha previsto l’attivazione di laboratori condotti dai colleghi Elisa Andrighetto, Barbara Bianchini, Elisabetta Calvi, Margherita Gallo, Annalisa Gaspari, Sabrina Germi, Isabella Panozzo, Federica Pugliesi, Vania Predebon, Jerta Tessari e Maria Zaupa. All’evento formativo hanno partecipato un gran numero di insegnanti i quali, gratificati dall’esperienza, hanno richiesto ulteriori occasioni di incontro sui temi degli apprendimenti e del comportamento.

Marsiglia (Francia) L’Association Méditerranée sans handicap, sotto il patrocinio del Presidente della Repubblica Francese e del Presidente della Repubblica Italiana, ha organizzato a Marsiglia, dal 23 al 25 aprile 2009, il quarto Congresso Internazionale su “Dignità e cittadinanza reale della persona con disabilità”. La collega Dominique Tavormina vi ha partecipato, in qualità di relatrice, come rappresentante dell’ANPEC all’estero. Firenze Nella stagione 2009, è stato ricco il calendario d’incontri dei “Giovedì culturali” della Scuola secondaria di primo grado “Rosai-Calamandrei” di Firenze. Ad inaugurare la rassegna, il dott. Eugen Galasso, pedagogista clinico, con la relazione “No Worries” (Niente problemi): il mondo interiore su un foglio di carta”. Focus di questi incontri è stata l’applicazione del metodo del Disegno Onirico, realizzato con la partecipazione di almeno 120 persone, tra scolari/e, genitori e docenti, a cui Galasso ha esposto quanto precede e segue tale metodo. Inoltre ha parlato della pedagogia clinica, anzi ha operato nel senso della pedagogia clinica, dando la parola a chi aveva richieste, dando voce a ogni esigenza e cercando di rispondere, in maniera seria e responsabile, ai quesiti posti e a quanto essi volevano esprimere-sottendere, non sottacere.   San Donà di Piave (VE) All’interno della settimana di Don Bosco (frequentata annualmente da un migliaio di persone), iniziata mercoledì 28 gennaio 2009, con una veglia di preghiera e terminata domenica 1° febbraio con una gita sulla neve ad Asiago, si è tenuto un Convegno su “Giovani e comunicazioni: relazione o nuove solitudini?”. Fra i relatori il dott. Federico Mucelli, pedagogista clinico, direttore della Casa del Girasole, docente presso la facoltà di Scienze dell’Educazione dell’Università di Trieste. Le interessanti relazioni sono state seguite da un foltissimo pubblico di genitori, animatori, educatori, catechisti e − come si poteva leggere nel pieghevole che annunciava l’evento − da tutti coloro che hanno a cuore il bene dei ragazzi.

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Marsciano Scuola maggio 2008

La dott.ssa Luisa Vera e il dott. Federico Pettinari hanno richiamato l’attenzione della carta stampata per il progetto “La traccia del corpo proprio”, e per l’attività che ne è seguita, mirante a far sperimentare il valore della traccia che parte dal corpo e si distribuisce nello spazio. Una esperienza che ha suscitato interesse e coinvolto, con successo, più di duecento bambini.

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Il Corriere della Maremma 17 settembre 2008 La Nazione 17 settembre 2008 Il Tirreno 17 settembre 2008

Sui quotidiani si dà notizia dell’incontro/dibattito sulla nuova disciplina del Reflecting e della presentazione del libro di G. Pesci, A. Viviani, Il facile mestiere di genitore: dinamismi figurativi per riflettere, edito dalle Edizioni Ma.Gi. di Roma, e realizzato con il contributo degli allievi del Liceo Artistico “ Pietro Aldi” di Grosseto.

Ansa 10 giugno 2008

Il progetto, nato con lo slogan “Saper analizzare, senza drammatizzare, per poter positivamente affrontare le situazioni”, ha visto impegnata la prof.ssa Luisa Manosperti in collaborazione con altri pedagogisti clinici. Su questo evento, oltre al comunicato ANSA si possono leggere molti altri comunicati stampa sul sito web del comune di Trieste, in cui si esaltano l’interessante esperienza e i metodi educativi che sono stati utilizzati.

Corriere di Grosseto 4 novembre 2008

Sul giornale è apparso sul un articolo sul contributo offerto dai professori Carmen Torrisi, Arianna Potenza e Antonio Viviani, al Convegno Nazionale sul Reflecting che si è tenuto a Firenze nell’ottobre 2008. Una presenza significativa, si dice nell’articolo, “che porta Grosseto quale esempio di nuove strategie cliniche e di interventi rivolti all’aiuto alla persona. I tre grossetani hanno illustrato le esperienze organizzate in Maremma relative alla disciplina che si basa su una nuova maieutica, realizzate e condotte presso ludoteche, scuole dello sport, aziende che hanno trovato nel Reflecting una nuova modalità di condivisione di scelte”.

Corriere Dintorni, 7 novembre 2008

La dott.ssa Barbara Bettetini, pedagogista clinico, ha raccolto gli interessi della cronaca con la pubblicazione

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del suo libro, Lettura rapida e metodologie di studio veloce, che insegna come leggere più in fretta e con maggior profitto.

Il Notiziario, 7 novembre 2008

In una sala consiliare gremita di pubblico, giovedì 30 ottobre, a Garbagnate Milanese (MI), presso Villa Gianotti, si è inaugurato l’importante ciclo di incontri dal titolo “L’innovazione dell’impresa nell’epoca della globalizzazione”, patrocinato dal comune di Garbagnate Milanese e sponsorizzato da importanti soggetti economici, quali la Banca di Credito Cooperativo e Allianz Ras. Una opportunità che ha consentito all’IASG (Imprenditori Associati Sud Groane) di intraprendere una via del tutto nuova di fare impresa, ossia favorire lo spirito associativo tra gli operatori economici del territorio e permettere di creare una fitta rete di comunicazione con lo scopo di ampliare le prospettive di sviluppo degli associati. Manuela Morandi, presidente dell’IASG, nel suo discorso di presentazione della serata ha affermato: “La nostra Associazione è costituita da imprenditori, professionisti, commercianti; da una sinergica cooperazione di forze volte a progetti innovativi e lungimiranti. Le nuove prospettive che si stanno delineando sulla scena mondiale ci inducono a prendere atto che, oggi più che mai, l’impresa deve essere un sistema aperto e flessibile, una rete di collegamenti e di alleanze che si rinnovano continuamente. L’imprenditore è colui il quale deve reggere questi scenari, con regole, condizioni […] con relazioni complesse e dialettiche. All’azienda, serve apprendere culture nuove; serve una apertura mentale in grado di comprendere e soddisfare gusti, sensibilità e culture tra loro molto diverse”.

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È con questo spirito di innovazione che la IASG, ha organizzato la presentazione del libro, introdotta da Carlo Vanzini, manager di esperienza internazionale, di R. Castelli, A. Sedini, Leopardi e il Reflecting - I motivi di un incontro culturale tra letteratura, economia e orientamenti pedagogici (Montedit, Vario D’Adda, 2008). Manuela Morandi, dopo avere esposto le finalità dell’Associazione, ha presentato gli oratori. Carlo Vanzini ha sottolineato l’importanza di un metodo come il Reflecting, nella formazione aziendale, e Alberto Sedini, reflector e pedagogista clinico, docente dell’ISFAR di Firenze, ha esposto le linee guida con cui in azienda, seguendo gli orientamenti del Reflecting, viene svolto il corso di formazione ai dipendenti. “Lo scopo − ha dichiarato Sedini − è quello di migliorare la comunicazione, favorire così lo scambio di conoscenze, vincere nel frattempo le normali incomprensioni interpersonali, portando ogni soggetto alla realizzazione completa delle proprie risorse interiori e personali”. Roberto Castelli, reflector, studioso di organizzazione e innovazione d’impresa, ha quindi illustrato sinteticamente i passaggi epocali dell’economia. Egli ha evidenziato come il sistema organizzativo occidentale, fondato su una struttura verticale in grado di definire strategie teoriche proiettate su lunghi periodi, oggi non sia più proponibile, a causa dell’avvento di nuovi modelli, accanto all’evolversi di tecnologie in continua trasformazione. “Occorrono − ha affermato − organizzazioni alternative, come l’impresa rete, in grado di permettere ai reparti di dialogare tra loro e lavorare per favorire le reti tra imprese”. Da questi argomenti ha preso spunto il significativo intervento del Sindaco di Garbagnate Milanese, dott. Leonardo Marone. Sulla base della sua lunga esperienza, sia professionale presso importanti gruppi aziendali, che come imprenditore di successo, Marone si è mostrato completamente concorde nell’incrementare sul territorio tutte quelle iniziative culturali capaci di fare emergere i valori di ogni cittadino. Solo in questo modo è prospettabile, infatti, progettare una azione a vasto raggio al fine di portare sull’intero territorio nuove mentalità e strutture adeguate, capaci di concretizzare il percorso di innovazione e di sviluppo. Per realizzare questo la formazione delle risorse umane rappresenta un punto di partenza fondamentale. Il dibattito che è seguito è stato aperto da Manuela Morandi e vi hanno preso parte, tra gli altri, il dott. Giuseppe Pasquetti, Amministratore Delegato di “PKF Consulting”, impresa leader mondiale nella consulenza

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aziendale. A prendere la parola è stato poi l’ing. Nicola Antonucci, esperto di finanze, oltre che scrittore, giornalista e direttore del noto sito “ComplexLab”. Egli ha affermato: “Se il futuro non è più quello di una volta, allora occorrono nuove conoscenze e nuovi talenti per affrontare e creare il nuovo futuro”. In rappresentanza del CNA (Confederazione Nazionale Artigianato e Piccola e Media Impresa) c’era Oreste Baioni, che ha fatto notare che le piccole e medie imprese, da sole, non sono in grado di competere; unirsi in rete è indispensabile. Il nostro Paese deve assolutamente riscoprire la strada dell’economia reale, finalizzando gli investimenti in progettazione e produzione. Manuela Morandi ha poi presentato agli imprenditori il Corso di formazione in Organizzazione Aziendale e Comunicazione, che si realizzerà avvalendosi del metodo Reflecting e i cui esiti saranno pubblicati in un libro a diffusione nazionale con una illustrazione delle imprese partecipanti, in modo che esse abbiano ampia visibilità.

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(CN). Ad una giornata di sensibilizzazione al problema HIV/AIDS, ha invece partecipato con il contributo: “Porta-voce: laboratorio di educazione pedagogico-clinica alla salute per adolescenti”. Ora in “Lab-Attualità” appare su una intera pagina:

Libero-news.it 16 dicembre 2008

A soli quattro giorni dalla comparsa su “Lab” dell’articolo dedicato a Rosanna Alfieri, l’Adnkronos in un comunicato incentiva gli interessi sulla tematica sostenuta dalla collega. Nel comunicato si legge:

Lab, 12 dicembre 2008

La prof. Rosanna Alfieri è una collega da ammirare per l’impegno profuso nell’intento di sciogliere i tanti nodi che nella nostra società rendono aridi i principi del rispetto della persona. Da tempo ella espone i suoi orientamenti mirati all’aiuto dell’altro; tra i suoi ultimi lavori ricordiamo in particolare la relazione dal titolo “Nodi da sciogliere: percorso di aiuto pedagogico clinico su una donna vittima di stalking” presentata ad un Convegno a Mondovì

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Questa Metà della Terra 19 dicembre 2008

Dopo soli sette giorni dalla comparsa del primo articolo sul giornale “Lab”, si dà notizia su “Questa metà della Terra” che la prof. Rosanna Alfieri ha inaugurato, presso il Centro Specialistico di Pedagogia Clinica e sede dell’Associazione Studi di Criminologia, il servizio legale e psico-sociologico “Ci sono anch’io”, rivolto agli uomini maltrattati, i quali vi si potranno rivolgere per trovare un supporto “a 360°”. In occasione dell’inaugurazione, la prof. Alfieri, docente dell’ISFAR di Firenze, ha affermato: “Uno dei miti diffusi nella nostra società è che la violenza domestica è qualcosa che gli uomini fanno alle donne […]. Le donne istigano la maggior parte delle violenze in ambiente domestico e aggrediscono gli uomini più spesso e in maniera più grave. […] In statistiche americane si legge che le donne commettono la maggior parte degli abusi sui minori e anziani. Le donne picchiano più frequentemente e gravemente i maschi che non le femmine e commettono la maggior parte degli infanticidi (64% maschile), quando uccidono degli adulti la maggior parte delle loro vittime sono uomini. Le donne commettono il 50% degli omicidi coniugali. L’82% delle persone hanno la loro prima esperienza di violenza per mano di una donna. […] I ricercatori stanno esaminando ora il ruolo del potere territoriale come fattore della violenza delle donne contro gli uomini. Le donne vedono la casa come il loro territorio. […] In tutto il mondo le donne sono più violente degli uomini in ambiente domestico”. Due milioni di uomini all’anno vengono aggrediti dalla moglie o dalla fidanzata, ciò significa che un uomo è vittima di violenza in ambiente domestico ogni 14 secondi…

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lare riferimento alle modalità utilizzate per stimolare la memoria nell’anziano. I riferimenti sono stati liberamente tratti dall’opera di G. Pesci, M. Fiore, Mnesi e invecchiamento (Edizioni Ma.Gi., Roma terza ed. 2004).

ComunicAnziani n.1-gennaio-marzo 2009

In questa pubblicazione on-line appare un articolo della collega Carmen Torrisi dall’accattivante titolo “Parole sotto la lente”, in cui vengono evidenziate le opportunità di conoscere bene ogni effetto che una parola può avere sull’altro. Ne vengono analizzate e proposte alcune in dinamica sollecitatorio verbale.

Il Mattino di Napoli 25 gennaio 09

Nel quotidiano, a firma di Francesca Aiello, è apparso un articolo dal titolo “Giovani, un corso per papà e mamme”, in cui si espone, documentandola ampiamente, l’esperienza fatta dal collega Ernesto D’Onise. Alcune esperienze di laboratorio e i risultati conseguiti hanno avuto una giustificata eco sui mass-media. Maremmanews.tv 10 febbraio 2009

L’archivio filmico della rete in questi mesi è stato integrato da interviste, eventi congressuali e filmati che si sommano al già importante materiale presente. Uno strumento informativo che ha prodotto vivo interesse in tutti coloro che hanno il compito di attivarsi per favorire la persona a ritrovare in se stessa le abilità e disponibilità indispensabili per condurre una vita di godimento e di gradimento.

Nei caratteri del web-sezione C.U.N. di Grosseto è apparso un articolo sulle nuove iniziative formative percorse dai colleghi Antonio Viviani, Alessandra Parrucci e Carmen Torrisi, con il contributo di altri specialisti. Come si legge nell’articolo. “Si tratta di corsi che si propongono di formare volontari da inserire in attività inerenti a contenuti sociali sportivi e ricreativi, facendo riferimento a eventi o a vacanze destinate a giovani, anziani o diversamente abili. L’obiettivo è quello di rendere piacevoli le attività sportive e ricreative di gruppo, favorendo i rapporti sociali”.

ComunicAnziani n.1-gennaio-marzo 2009

Il Monferrato, 13 febbraio 2009

ISFAR TV dicembre 2008

È un notiziario online del Comitato Provinciale dell’UISP (Unione Italiana Sport Per Tutti), di Grosseto che si propone come uno strumento dinamico e interattivo, creato per approfondire la conoscenza tra anziani e specialisti con l’opportunità di un arricchimento reciproco. Il primo notiziario appare con un editoriale, a firma di Alberto Barazzuoli, rivolto all’ANPEC, come emerge dal titolo “Area anziani e ANPEC un binomio costruttivo”. In seconda pagina viene offerto un ulteriore spazio all’esposizione dei principi che sostanziano la pedagogia clinica con partico-

Sul quotidiano è apparsa una intervista alla dott.ssa Lorenza Marinone su come ritrovare in se stessi le risorse per affrontare disagi e difficoltà. La collega ha colto l’occasione per spiegare come la scienza pedagogico clinica sia idonea ed efficace nel rispondere a queste esigenze dell’uomo e della società.

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In questa rubrica vengono sottoposte all’attenzione dei lettori Autori italiani e stranieri nella certezza che si può giungere sapere solo se spalanchiamo i nostri orizzonti su un panorama Marc Tibaldi

MmetiX, babel, feliX

(meticciamento, passing, divenire e conflitto) Basaldella di Campoformido (Pordenone), 2007, pp. 146 Questo “agile volumetto” (non lunghissimo ma denso), di uno studioso e militante “libertario”, (così si autodefinisce), è anche graficamente attraente, ma non dirò il perché, per non togliere la sorpresa al lettore. Tibaldi affronta il tema della nuova “trasmigrazione di popoli” (dire “emigrazione” sarebbe probabilmente offensivo soprattutto per chi fa quest’esperienza, partendo dalla propria “patria” d’origine in condizioni in cui probabilmente greci, jugoslavi, turchi, italiani ed altri europei non si sono mai trovati). È molto importante, questo confronto, anche perché l’Autore propone il meticciamento, ossia il reciproco arricchimento (totale, però, non “a gocce”), in una chiave e in una forma che presuppongono non la rinuncia alla propria identità di persona, ma alle “maschere sociali” che ci mettiamo quando ci arroghiamo il diritto di dire: “Siamo superiori, in quanto europei, eurasiani, ‘ariani’ − triste definizione... −” o altro ancora. Anche se Tibaldi si occupa soprattutto del versante sociologico, antropologico, storico e politico-filosofico, il libro risulta essere assai utile per il pedagogista clinico, per il reflector, e per il mediatore relazionale, che sono impegnati sul versante dell’aiuto alla persona facendole recuperare la propria centralità, il proprio Ego, oltre a status e ruoli, appartenenze e steccati di tipo etnico. È valida anche l’analisi del pregiudizio che l’Autore svolge, in conformità a quanto si prefigge, lavorando con il patchwork. La parte iniziale e finale del libro sono infatti composte da autori della contemporaneità ormai “classici”, “discutibili” nel senso nobile (da discutere, appunto alla lettera) come Deleuze, Guattari, Paolo Virno, Giorgio Agamben, Hardt-Negri (il famoso “Empire”) ed altri. Da esaminare, da vagliare, dove la lettura sequenziale è comunque consigliabile, ma non indispensabile. Eugen Galasso

sposte persuasive e consigli. La proposta della pratica clinica realizzata dal reflector è diretta ad una concezione della persona, che non è vista come paziente in attesa, ma come individuo da aiutare affinché possa giungere a scoprire e conoscere il suo grande potenziale di energia rimasto inesplorato. Disciplina e metodo muovono nella prospettiva di avviare l’uomo a una partecipazione attiva e dinamica alla vita, riconoscendone e incentivandone il valore individuale. Il tavolo di cristallo, da cui il titolo del libro, caratterizza il setting del reflector, in quanto il cristallo, per le sue qualità di purezza e trasparenza, permette di far transitare ogni stimolo alla riflessione e di conseguenza promuovere scambi comunicazionali adatti ai principi della nuova maieutica. Marta Mani

Marco Esposito, Mariacristina Sartirani, Francesca Maggi (a cura di)

Disabilità e famiglia

CESVOT, Firenze 2008, pp. 117 Nel testo vengono esposte alcune esperienze formative nate dall’esigenza di preparare volontari in grado di attivare un servizio di “sollievo”. È una rassegna di saggi di diversi specialisti che contribuisce a costruire conoscenze ed esperienze necessarie ad un saper fare nelle varie situazioni di aiuto. Fra i vari contributi c’è quello di Manuela Carboni dal titolo I prerequisiti scolastici e la didattica, in cui viene spiegato come utilizzare la lavagna concava ideata dall’ISFAR di Firenze. Valentina Benoni Degl’Innocenti

Vincenzo Maria Mastronardi, Rosanna Alfieri, Perla Stasi

I 10 tipi di rapporto di coppia CSE, Torino 2008, pp. 126

Guido Pesci

La formazione di una coppia è il risultato raggiunto fra due indivi-

Il tavolo di cristallo dui, ma non spiega come e perché ci si “sceglie”. Partendo da questi Edizioni Ma.Gi., Roma 2008, pp. 117 Il volume illustra i principi su cui si fonda la nuova maieutica, contrapposta ai principi socratici e ai criteri dell’arte psicoterapeutica ispirati alle parole che consigliano, che propongono o che impongono. A tali parole-farmaco l’Autore non riconosce l’esito di destare, sviluppare, organizzare e promuovere quelle indispensabili e idonee riflessioni sul proprio essere e sul proprio esistere, quella coscienza e padronanza di sé, quel conoscersi per vincere disagi e difficoltà e raggiungere una personale adeguatezza nel prendere decisioni e nel risolvere i problemi. I principi base della disciplina del Reflecting® spingono a travalicare i moduli dialoganti, il fare domande o dare ri-

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interrogativi gli Autori si sono attivati nel rintracciare quegli elementi comuni, nei comportamenti affettivi di uomini e donne, che favoriscono o frenano le occasioni d’intesa. L’analisi li ha portati a stilare un originale catalogo in cui sono illustrati dieci tipi di rapporto di coppia. Vengono esaminati il momento dell’incontro e la differenza tra innamoramento e dimensione dell’amore, con interessanti annotazioni sull’eros, sul desiderio e la paura di amare. Molti gli stimoli alla riflessione che giungono nel leggere gli “amori storici” e le variabili del sentimento che seguono l’elencazione dei dieci tipi di rapporto di coppia: frenetica, depressa, abitudinaria… Il letto come luogo di bisogni e di desideri ben si concilia, nell’ultima parte del testo, con il dizionario dell’erotismo. Simone Pesci


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alcune recensioni di testi inerenti alla pedagogia clinica scritti da ad un arricchimento scientifico e ad un approfondimento del più vasto possibile. AA.VV.

Igiene mentale e libero pensiero Zero in condotta, Milano, 2007 pp. 90 Il volume riproduce gli atti dell’omonimo Convegno, tenutosi due anni fa a Rimini, tutto discutibile, ossia da discutere, ma fondamentale per il pedagogista clinico. Da discutere perché sposa in pieno, con il “la” dato dal celebre antipsichiatra senese (ma attivo a Imola, Reggio Emilia ecc.) Giorgio Antonucci, storico collaboratore di Basaglia nei suoi glorydays a Gorizia, che ancora una volta nega completamente ogni fondamento alla “malattia mentale”, la tesi secondo la quale, appunto, quest’ultima non esisterebbe. Concordano con questa posizione anche gli tutti altri Autori del testo, dal curatore, il sociologo-antropologo Stefano Lucchi, già operatore anche nel Nord-Europa, a Tristano Ajmone, responsabile dei Gruppi di auto-aiuto, a Stefano Trunfio, esperto di sociologia dell’handicap, a Ugo Gobbi, celebre pediatra riminese, scomparso di recente, a Sabatino Catapano, a suo tempo “utente” di un manicomio giudiziario, ora attivo (è anche poeta) nei Gruppi di auto-aiuto, a Maria Rosaria D’Oronzo, psicologa, presidente del “Telefono Viola”, Associazione contro gli abusi psichiatrici con sede a Bologna, a Sandro Cappannini, responsabile di gruppi d’auto-aiuto, a Daria Mariotti, “ex-utente”, docente, poetessa, a Andrea Papi, pedagogista e scrittore (quello di Papi è un intervento improntato alla sola pedagogia libertaria, senza alcun aggancio al tema diretto del Convegno, ma comunque, seppure “tangente”, ci dà la chiave per capirci qualcosa, anzi molto). Dire “matti da slegare” (come recita il titolo di un celebre documentario di Stefano Agosti, con l’imprinting basagliano diretto) è facile, ma al tempo stesso bisogna tener conto degli errori e degli abusi della psichiatria (se nasce l’antipsichiatria e si approva la legge 180 non è solo un caso...). Le neuroscienze ci dicono qualcosa di nuovo non proprio ogni giorno, ma quasi, la neuropsichiatria è in continua evoluzione (la scelta del prof. Talamucci, neuropsichiatra infantile e pedagogista clinico è emblematica), e quindi appare un po’ problematico affermare semplicemente, come fa, a proposito dell’ADHD, la dott. D’Oronzo che “Per conservare l’integrità nostra, adulti e bambini, ci sono due cose da fare: ascoltare e parlare. Né farmaci, né uso della forza, né persuasione” (p. 62). Per quanto riguarda il pedagogista clinico, che non prescrive (né potrebbe farlo) farmaci, quest’affermazione di per sé è valida, più problematico sarebbe assolutizzarla, ossia affermare ciò come postulato valido per ogni operatore. Escludere tout court l’uso dei farmaci nel caso dell’ADHD appare una soluzione estrema; in merito al loro abuso, sicuramente presente (come pericolo implicito, quantomeno) nelle posizioni degli psichiatri che all’inizio di questo secolo proposero la sperimentazione quasi scontata, “obbligata” − non obbligatoria, certo − dei farmaci che ora sono agli “onori della cronaca”, credo l’opinione della D’Oronzo sia più che corretta. Non bisogna, come ripeto, operare una assolutizzazione (lo dico da esperto, e non poco, delle problematiche relative all’ADHD, con un approccio recente e “pluriverso”). Ma il pedagogista clinico ha tante altre metodologie che gli consentono di approcciare il problema/i problemi diversamente, cioè partendo realmente dalla persona, più che astrattamente da teorie o anche da problemi. Se al soggetto A o X sia applicabile piuttosto il metodo Prismograph o invece l’Inter-

Art, la Ludopedagogia o altro, sta al professionista deciderlo, certo in base a una seria e approfondita anamnesi, ma guardando alle esigenze del singolo, irriducibile a ogni categorizzazione astratta. Non esiste infatti il nevrotico a livello astratto, né il bambino/la persona affetto/a da ADHD e nessun soggetto autistico è uguale all’altro. Tornando a quanto detto all’inizio, il libro è da discutere e farà riflettere seriamente ogni operatore, scatenando, anche a seconda dei diversi contributi (simili per orientamento, ma non tutti uguali, “fatti con lo stampino”) attenzione, accettazione, repulsione, dubbi. E scusate se è poco. Credo infatti che questo dovrebbe essere lo scopo di ogni vero libro, indipendentemente da come nasce; se poi, come in questo caso, nasce da un Convegno, è a fortiori un work in progress, un testo da integrare, da completare in coerenza con le proprie esperienze, le proprie ricerche, le proprie convinzioni. Eugen Galasso

Giuseppe Gitti

Sordità e apprendimento della lingua Franco Angeli, Milano 2008, pp. 141 Giuseppe Gitti nel volume afferma che l’udito non serve ad imparare a parlare, ma per riconoscere il parlato, un principio che si fonda sulla convinzione che la lingua non è un fatto di imitazione meccanica o di ricezione passiva. Tale pensiero educativo è basato su appunti, note, riflessioni sulla persona sorda, tratte dall’esperienza e dalla pratica abilitative, condotte per quasi cinquant’anni su bambini e ragazzi sordi, apprendendo le loro necessità dall’osservazione e cercando di strutturare la formulazione di ipotesi la cui verifica sperimentale ha prodotto interessanti risultati. L’Autore assume su di sé il peso della verità che la sordità non è vinta e che i problemi da prendere in considerazione sono in gran numero, spesso amplificati dal fatto che molti specialisti “per emergere o per sopravvivere devono essere più bravi, devono avere il loro protocollo, il loro istituto, il loro centro, la loro casistica, il loro strumento, la loro filosofia, rigidamente ancorati alle proprie certezze e ai propri dogmi”. “Ma sia gli uni che gli altri − continua l’Autore − ci credono veramente a quello che dicono? Io penso di no. Se il sordo con l’impianto diventa udente o se il sordo fa parte di una minoranza linguistica, di cosa stiamo a parlare? Il problema è risolto alla radice. Ognuno faccia la propria scelta e non si parli più di sordità: i sordi con l’impianto sono udenti come sono vedenti coloro che portano gli occhiali, i Sordi con la esse maiuscola non sono handicappati. Tutti, però, coerentemente smettano di parlare di indennità di comunicazione, indennità di accompagnamento, di previdenze, di diritti in quanto handicappati gravissimi. Sono cinico? Non credo. Osservo quello che viene detto e scritto e traggo logiche conseguenze”. Un libro da leggere, dunque, quello di Gitti, per confrontarsi sui pensieri innovativi di uno specialista, impegnato da una vita a fianco di quanti hanno dato voce alla parola del sordo ed ora gli hanno fornito anche l’opportunità di una dichiarazione di sé come membro attivo in una società di eguali. Guido Pesci

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n. 20 - gennaio-giugno 2009

News a cura di Sergio Gaiffi

Lavarsi le mani, anzi la coscienza C’è una stretta connessione a livello psicologico tra pulizia del corpo e purezza dello spirito. A sostenerlo su “Science” è una ricerca delle Università di Toronto e di Chicago. Dopo aver sottoposto un gruppo di volontari a una serie di esperimenti scientifici, è stato provato che esiste una sorta di associazione inconscia tra pulizia e purezza, che esse sono “intrecciate” e in alcuni casi sono persino intercambiabili. I ricercatori hanno individuato il cosiddetto “effetto lady Macbeth”, dal nome dell’eroina shakespiriana logorata dal peso dell’uccisione del re Ducan e ansiosa di liberarsene. Gli esperimenti condotti sembrano dimostrare che una azione immorale scateni un desiderio di pulizia fisica.

Più intimità fisica, minore stress Le coppie che si abbracciano spesso, che si baciano, che si fanno le coccole e trovano il modo di avere una intimità fisica nonostante la vita quotidiana lo renda difficile, hanno livelli di ormoni dello stress nettamente inferiori agli altri. Lo svela una ricerca pubblicata dalla rivista “Psychosomatic Medicine”. I ricercatori svizzeri dell’Università di Zurigo, hanno preso in esame 51 coppie di coniugi che hanno seguito 24 ore su 24 per una settimana, monitorandone il comportamento e l’attività e prelevando loro campioni di saliva a intervalli regolari per misurare i livelli di cortisolo, il cosiddetto “ormone dello stress”. È emerso che i membri delle coppie che hanno più scambi fisici, a partire dalle carezze affettuose e dagli abbracci fino a rapporti sessuali completi, presentano livelli di cortisolo drasticamente inferiori a chi è più “freddino”.

Se non dormi… pazienza! Buone notizie per gli inguaribili insonni che il giorno dopo devono restare svegli ed attenti. Un recente studio pubblicato sul “Journal of Neuroscience”, rivela che basta appena una notte senza sonno per aumentare, il giorno dopo, la quantità di dopamina nel cervello e aiutarci così a restare svegli.

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Dal momento che i farmaci che aumentano la dopamina (come le anfetamine) promuovono la prontezza mentale, questo meccanismo spiega come, dopo una notte in bianco, il cervello ci aiuti a restare all’erta, nonostante la voglia di dormire per recuperare il sonno perduto. Una notte in bianco, insomma, funziona per il cervello come una tazzina di caffè. Attenzione però, perché l’aumento di dopamina non è in grado di compensare i deficit cognitivi causati da una forte privazione di sonno.

La nostalgia non è un male Secondo uno studio inglese, rimpiangere il passato aiuta gli adulti ad affrontare il presente. Considerata una malattia fino al secolo scorso, questa sensazione può riaffiorare mentre siamo felici, anzi, spesso è proprio stimolata da emozioni forti; la nostalgia torna a galla per ricordarci che abbiamo un passato. Secondo il Centro di ricerca sull’identità personale dell’Università di Southampton, non si tratta di una debolezza, ma di una risorsa. Le persone nostalgiche sono più forti perché capaci di rimettere insieme i pezzi del passato e fare della vita un percorso compatto, infatti, tutti i volontari esaminati, hanno reagito positivamente agli stimoli, raggiungendo uno stato di serenità rispetto a molte brutte esperienze passate.

Azione e sentimento poco collegati negli adolescenti Gli adolescenti quando considerano un comportamento o una sequenza di azioni da intraprendere tendono a tenere in poco conto il sentire delle altre persone e talvolta anche il proprio. Alcuni ricercatori dell’University College di Londra che hanno studiato il problema con tecniche di visualizzazione cerebrale, sono giunti alla conclusione che di rado i giovani utilizzano le aree cerebrali coinvolte nella ricreazione al proprio interno delle possibili emozioni e dei possibili pensieri degli altri. Molte regioni cerebrali subiscono significativi cambiamenti nel corso dell’adolescenza, e in particolare la corteccia prefrontale mediale, un’area coinvolta nel pensiero astratto, nell’empatia, nello sviluppo dei sensi di colpa e nella capacità di comprendere le motivazioni altrui.


Edizioni Magi - Roma La pedagogia clinica è una disciplina scientifica che ha saputo armonizzare i significativi principi teorici su cui si basa con un complesso organico di conoscenze e competenze innovative indirizzate ai bisogni educativi della persona. Si tratta di principi nuovi e di metodi efficaci la cui origine risale al 1974, anno in cui alcuni ortopedagogisti del Cenacolo Antiemarginazione a Firenze, guidati dal professor Guido Pesci, sostituirono il termine di pedagogista clinico a quello di ortopedagogista dando inizio ad un movimento scientifico professionale. Una scienza che proclama una fondata opposizione a ogni criterio sanitarizzante per generare aiuti a persone di ogni etĂ , con riflessi positivi sul piano della realizzazione pratica e concreta. Un sapere pedagogico clinico e un’azione educativa efficaci e apprezzati, che trovano in queste pagine ampia documentazione.


n. 20 numero 1 - anno X gennaio-giugno 2009


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