Pedagogia Clinica 21

Page 1

n. 21 numero 2 - anno X

Poste Italiane spa - spedizione in abb. post. - D.L. 353/93 (convegno L. 46-04) art. 1 comma 1 - DCB Firenze

luglio-dicembre 2009

L’Universalità della Pedagogia Clinica The Universality of Clinical Pedagogy

Centralità della persona, corporeità e relazione The person’s centrality, corporeity and relationship

Cosa fa il pedagogista clinico quando utilizza il

Una risposta alla malattia di Parkinson An answer to Parkinson disease

L’atelier d’argento The silver age atelier


n. 21

Autorizzazione Tribunale di Firenze Decreto 4868 1° marzo 1999 Periodico semestrale Anno X n. 2 luglio-dicembre 2009

Editore: ISFAR srl Fondatore e Direttore responsabile: Guido Pesci Direzione, Redazione, Amministrazione: ISFAR - viale Europa, 185/b 50126 Firenze Tel. e Fax 055 6531816 E-mail: info@isfar-firenze.it Web: www.pedagogiaclinica.com www.clinicalpedagogy.com www.pedagogisticlinici.com www.pedagogisticlinici.eu www.isfar-firenze.it Progetto grafico Senza Filtro Firenze Traduzione a cura di Francesca Martini Printed in Italy: Tipolitografia It.Comm. srl via di Ripoli 50/r Firenze

Modalità di pagamento/terms of payment: - Italia: versamento sul C.C.P. n. 12709580 intestato a ISFAR srl viale Europa 185/b - 50126 Firenze - specificando la causale “abbonamento rivista Pedagogia Clinica” - Foreign countries: international cheque or postal money order to ISFAR srl - viale Europa, 185/b - 50126 Firenze Abbonamento 2010 (due numeri): - per l’Italia A 10 - per l’Estero A 15 Il prezzo di ogni fascicolo arretrato (fino ad esaurimento) A 7 A 10 per l’estero L’abbonamento decorre dal 1° gennaio al 31 dicembre di ciascun anno, con diritto ai numeri già usciti. Gli abbonati sono vivamente pregati di comunicare i cambiamenti e le variazioni di indirizzo. Non saranno sostituiti i numeri andati smarriti per mancata comunicazione di cambi di indirizzo. Gli abbonati sono anche pregati di comunicare eventuali errori di indirizzo perchè la correzione degli stessi consenta loro di ricevere regolarmente la Rivista. L’ISFAR garantisce la massima riservatezza dei dati personali che saranno custoditi nell’archivio elettronico e non saranno oggetto di diffusione. Norme per i collaboratori della rivista Chi volesse sottoporre articoli per eventuali pubblicazioni può inviare i testi, registrati su cd-rom, alla redazione, oppure via e-mail al nostro indirizzo. I contenuti degli articoli pubblicati riguardano le opinioni di chi scrive, gli Autori rispondono perciò della originalità e pubblicabilità dei lavori. Il materiale inviato non viene restituito. La pubblicazione degli articoli non prevede alcuna forma di retribuzione. Norme generali Tutto quanto è pubblicato è di proprietà della rivista e ne è vietata la riproduzione anche parziale senza l’autorizzazione della Direzione e senza citarne le fonti.


O I R A M

learning disorders

Universality of Clinical Pedagogy

Pag. 4 Pag. 8

Centralità della persona, corporeità e relazione / The person’s centrality, corporeity and relationship Pag. 14

M

Comitato scientifico: Valentina Benoni Degl’Innocenti Sandro Cappellin Mauro Carboni Elena Gaiffi Sergio Gaiffi Eugen Galasso Liliana Luccini Marta Mani Simone Pesci Claudio Rao Maria Raugna Lucia Sarais Alberto Sedini Stefania Turini Antonio Viviani

Disturbi specifici dell’apprendimento / Specific L’Universalità della Pedagogia Clinica / The

Cosa fa il pedagogista clinico quando utilizza il Reflecting? / What does the clinical pedagogist do when practices the Reflecting?

Una risposta alla malattia di Parkinson / An

O

Segreteria di redazione: Valentina Benoni Degl’Innocenti Sergio Gaiffi Marta Mani Simone Pesci

S

Direttore responsabile e scientifico Guido Pesci

Pag. 16

answer to Parkinson disease

Pag. 18

L’atelier d’argento / The silver age atelier

Pag. 21

Finestre sui metodi e sulle tecniche dell’ISFAR / Windows on ISFAR methods and tecniques Pag. 24 ANPEC Tribune / ANPEC Tribune

Pag. 26

Echi della stampa / Echoes from the press

Pag. 28

Recensioni / Write up

Pag. 32

Novità editoriali / News editorial

Pag. 34

3


n. 21 - luglio-dicembre 2009

DisturbiSpecificidell’Apprendimento di Guido Pesci

“Andrai a scuola! Imparerai a leggere, a scrivere e a far di conto, una frase simile è pronunciata da ogni genitore nel momento che il figlio si appresta ad andare per la prima volta a scuola. Verrà accolto da una insegnante e dai compagni che non sempre conosce, in un ambiente sociale organizzato, tutti limitati, come lui stesso, nella loro libertà di pa­rola, di movimento, di azione, leggi della scuola a cui dovrà abituarsi. Nel momento in cui entra nella scuola, una frattura si produce nella sua esistenza: era un fanciullo, diventa uno scolaro!” (R. Dottrens, Nuove lezioni di didattica, Armando, Roma 1968). È proprio nella scuola, che il bambino potrà conquistare nuovi apprendimenti, premessa per il susseguirsi di acquisizioni successive. Se avrà compiuto in precedenza delle esperienze dovrà soltanto integrare le abilità raggiunte, e per questo contare, leggere e scrivere gli diverranno presto familiari; oppure si troverà a cimentarsi in esse per la prima volta, e se non ha raggiunto il giusto rapporto tra maturazione e apprendimento, l’avvio all’inte­riorizzazione dei meccanismi potrà essere lento. Ciò significa che ciascun allievo, per motivi maturazionali, familiari e sociali, possiede abilità, potenzialità e disponibilità diverse, si presenta con una propria individualità, un personale ritmo di crescita, differenziate intelligenze, carattere e temperamento,

4

modi diversi di essere e di rappresentarsi, che la scuola deve accogliere per proseguire, con un conseguente orientamento metodologico didattico, l’azione educativa. È certo che nessun allievo troverà stimoli motivazionali ad apprendere con richieste di prestazioni obbligate premature, che non rispettano i ritmi e i livelli di sviluppo, in quel momento in cui le funzioni mentali deputate alla comprensione e all’assimilazione non hanno raggiunto il grado di evoluzione e di maturazione necessario. Per questo Jean Jacques Rousseau raccomandava agli insegnanti: “Apprenez à connaitre vos enfants; car très assuèment vous ne les connaissez point” (Imparate a conoscere i vostri bambini, perché molto spesso non li conoscete affatto); consapevole che l’operare senza tener conto dei processi di sviluppo intellettivo-affettivo dei bambini, delle loro possibilità e funzioni in via di formazione, senza quel rispetto verso l’uomo che viene formandosi, può avere il sapore di un insegnamento offerto con pressioni e modalità di addestramento, richiedendo a tutti le stesse capacità, lo stesso sforzo, lo stesso ritmo di lavoro, lo stesso rendimento. Omologazione dell’insegnamento I bambini di cinque, sei, sette anni che frequentano le scuole dell’infanzia o che si trovano seduti nei banchini delle scuole elementari, si fanno conoscere inviando agli

insegnanti eloquenti messaggi, tramite i quali cercano di informarli sulle loro potenzialità, abilità e disponibilità, sui loro ritmi e sul loro sviluppo qualitativamente diverso. Sono espressioni e segnali che l’insegnante deve saper tradurre e di conseguenza rintracciare individualmente le zone di sviluppo più prossime, le funzioni in via di formazione, i percorsi alternativi di sviluppo, per evitare richieste di prestazioni premature. Ex-ducere e apprendere dall’allievo ciò che più lo favorisce, con l’obbligo di aiutarlo per mezzo di una prassi educativa e didattica che l’insegnante, in un rapporto di empatia con il bambino, deve essere in grado di formulare. L’insegnante sa bene che il bambino potrà dare risposte idonee negli apprendimenti quando avrà affinate le percezioni cinestetiche e la loro associazione con i dati visivi e sviluppata la maturazione nervosa, tonico-emozionale e affettiva. All’insegnante non sfugge che la “tappa” della discriminazione percettiva si risolve da 3 a 7 anni, periodo transitorio e di preparazione alla vita in cui vi è un’evoluzione parallela e coordinata della percezione dello spazio e della percezione del corpo proprio, e sa anche che se le tappe hanno una tale forbice è perché non tutti i soggetti all’età di 5 o sei anni sono pronti ad apprendere le materie curriculari. Per questo l’obbligo dell’insegnante di fron-


n. 21 - luglio-dicembre 2009

te ai “lenti ad apprendere” è di garantire un insegnamento individualizzato, impegnandosi nel fare emergere nel bambino il desiderio di agire correttamente, trovare gratificazione e giusta motivazione, e riuscire con successo. Proporzioni quantitative per differenziare il bambino Troppo spesso nella scuola, quando si incontrano scolari con difficoltà negli apprendimenti, si vuole determinare con l’ausilio di alcuni metodi di valutazione puramente quantitativa il grado delle loro insufficienti abilità, dimenticandosi di caratterizzarne la difficoltà e la struttura interna della personalità da essa determinata. Misurazioni, graduazioni e scale utilizzate come se si volesse dare risposte a problemi di proporzione e come se tutti i fenomeni dovessero unicamente sostare nello schema “più meno”. Lo scolaro il cui sviluppo è aggravato da una difficoltà, non è semplicemente un bambino meno sviluppato dei suoi coetanei, ma un bambino che si è sviluppato in modo diverso, il cui processo evolutivo, se osservato dal punto di vista qualitativo, non si esaurisce nelle variazioni quantitative dei singoli elementi, né si referenzia con una semplice somma di fun­ zioni, bensì si caratterizza come una catena di metamorfosi, di proprietà le cui evoluzioni sono estese in modo incompleto. All’insegnante spetta il compito di conoscere tutti questi aspetti, di assimilare la grandissima varietà di for­me e di tipi con cui si presentano i proces­si dello sviluppo infantile, le sue sproporzioni, i suoi diversi equilibri e sco-

prirne le leggi. Lo studio dinamico dell’alunno non si può limi­tare alla constatazione del grado e della gravità dell’insufficienza, ma deve tener presenti i processi compensatori, sostitutivi, integrativi e corret­tivi, un modo per ricordare all’insegnante che non è tanto importante la debolezza, i limiti e i freni in se stessi, quanto la reazione dell’or­ganismo e della personalità alle difficoltà e ai disagi. All’insegnante quindi il compito di riconoscere gli ostacoli e di rintracciare i tortuosi itinerari, di agire in modo corretto e produttivo per fornire le forze, le tendenze, le spinte a favorire reazioni positive, superare o integrare le abilità, gli interessi e le motivazioni. Ogni bambino si differenzia dall’altro per il grado e il carattere del suo bagaglio culturale, per i procedimenti diversi che attua, per il grado e il modo di assimilazione nell’attività delle proprie funzioni psicologiche. Studiandolo, vediamo chiaramente che la sua individualità non è solo quantitativa, ma qualitativa, e che l’educazione non può essere scambiata con una concezione puramente aritmetica della insufficienza. Questo condurrebbe ad utilizzare un modulo quantitativo che potremo definire della sottrazione, testimonianza, secondo il Vygotskij, di anarchia pedagogica poiché vuole ridotte nel numero le proposte didattiche e semplicemente rallentata la loro elaborazione (L. S. Vygotskij, Fondamenti di difettologia, Bulzoni Editore, Roma 1986). Nella scuola in presenza di un bambino frenato e ostacolato negli apprendimenti, non ci si deve più

accontentare semplicemente di programmi in for­ma ridotta o di metodi alleviati e semplificati, credendo di facilitare il percorso apprenditivo, la scuola deve porsi un compito di creazione positiva, di realizzazione di forme di lavoro che ri­spondano alle esigenze individuali. Occorre giungere ad una teo­ria o ad una pratica educativa che non si basino su presupposti e definizioni puramente negative, ma siano sostanziate da compiti positivi; dare vita a stimoli di compensa­zione infinitamente vari ed estremamente originali per lo sviluppo della creatività, nuovi percorsi per altre vie, con altri mezzi, capaci di generare tendenze psichiche, desideri, fantasie e sogni. Una società morbigena Teoria e pratica pedagogica sostengono che la scuola deve organizzare servizi specifici, preoccupandosi al tempo stesso di dare risposte personalizzanti, mantenendo costantemente il bambino in un rapporto di interazione con gli altri. A questo appello la società risponde assai spesso, sulla base di uno iato, separando i bambini in difficoltà di apprendimento da quelli percepiti come normali. Quando si va a verificare quanto si è concretamente fatto per rendere il termine “integrazione” credibile nella scuola, più volte ci si accorge che a questa locuzione viene assegnato un valore carismatico, e che l’organizzazione di vita della classe, per l’apprendimento dei codici culturali, non è ancora centrata sui rapporti che si instaurano fra i bambini, ma particolarmente sul programma scolastico.

5


n. 21 - luglio-dicembre 2009

Viviamo in una società sempre più morbigena e i bambini sono di continuo esposti ad abusi di ogni genere, un’accezione di abuso del bambino, in cui sono comprese le condizioni che lo fanno sentire in carenza di protezione e di difesa da rendere l’ambiente arduo e ostile. Abuso è porre il bambino nelle condizioni di sviluppare troppo precocemente le funzioni autonome dell’Io, subendo traumi nel processo maturativo, con l’effetto conseguente di strutturare una personalità fragile e non autentica. Sono abusi i comportamenti conseguenti alla convinzione che il profitto scolastico è da attribuire esclusivamente all’intelligenza, considerata come “dote naturale”, l’escludere i più deboli e indifesi, dimentichi del modello pedagogico della cooperazione, che valorizza la vicenda educativa e scolastica, la crescita reale del bambino e la sua integrazione sociale. Sono causa di morbilità ogni atteggiamento svalorizzante del bambino per il non immediato successo scolastico, fino a originare sofferenze subite che si traducono spesso in insta­bilità, indisciplina, resistenza, rifiuto della scuola, atteggia­menti passivi o aggressivi, di inerzia globale davanti allo sforzo, isolamento e senso di inferiorità. Insuccessi che incidono sull’evoluzione della personalità infantile, specie se a colpevolizzarli sono anche i genitori che, frustrati nella loro ambizione sui figli, rischiano di compromettere le relazioni affettive familiari. La morbilità è ancor più accresciuta ogni qualvolta l’insegnante si riduce a cor­reggere e ad ac­cusare il bambino di pigrizia o di cattiva volontà, mentre egli si trova

6

alle prese con dei veri e propri ostacoli. La morbilità non si esaurisce: l’abuso è il sottoporre a test i bambini nella scuola per selezionarli e classificarli suscitando in loro, già dai 5 agli 8 anni, l’intensa preoccupazione di non essere riconosciuti “competenti”, soggetti a fantasie terrificanti, protagonisti e interpreti di paure di essere definiti “dis”, “dis-ortografici, dis-lessici…”, e divenire corpi separati, speciali, diversi, distinti. L’uguaglianza e le opportunità iniziali vengono così ad essere ingannate e perciò sottolineate e accentuate le disuguaglianze, una congiura in favore della selezione e della emarginazione, modellata sulla funzione di conservazione di modelli di comportamento e ideali conformistici evasivi, che fanno registrare una sostanziale perdita di funzioni socialmente e pedagogicamente significative. Si classificano i bambini senza studiare e approfondire le differenze che li caratterizzano, le diverse classi sociali, le differenti manifestazioni dell’affettività, le reazioni alle frustrazioni, le diverse immagini di sé, i linguaggi espressivi e la creatività. Le norme e gli standard di valutazione a cui gli insegnanti si affidano vengono seguiti solo perché comodi o per pura inerzia e rassegnazione, traducendo tutto in una perdita secca in termini di civiltà e di economia. L’insegnante non può misurare e classificare il bambino, lo deve accogliere e deve accettare il suo ritmo personale, le sue esigenze, le sue abilità e i suoi limiti, poter vanificare i programmi astratti,

opporsi ad ogni ingiustizia dei sistemi di valutazione e classificazione nosografica, riconquistare i principi guida della scuola su misura e dell’individualizzazione dell’insegnamento, consapevole che il bambino con difficoltà negli apprendimenti è la sfida vivente alla pedagogia e alla didattica. Al di là del carattere selettivo con cui si pronuncia oggi la scuola italiana che agisce, oltre che attraverso i programmi e l’organizzazione formale, anche tramite le personalità degli insegnanti e le loro convinzioni per lo più acritiche, verrebbe di suggerire di interrompere la normale attività degli insegnanti per un certo periodo per pensare assieme a loro nuovi strumenti e metodi di insegnamento, per “rieducare gli educatori” e poi ricominciare. Imparare soprattutto ad ascoltare, a riflettere e rimanere padroni del proprio senso critico, questi sono i compiti urgenti ed è questo il motivo per cui si parla di una pedagogia orientata verso il futuro, aperta ai cambiamenti e all’evoluzione, nonché a metodi ed a procedimenti che assicureranno ai bambini di oggi un miglior adattamento alle condizioni di esistenza che la vita imporrà domani. Gli insegnanti saranno impegnati ad assumere una maggiore consapevolezza delle cause ed essere meno inclini ad attribuire le difficoltà ad una insufficienza mentale più o meno grave, conoscere le possibili prevenzioni e recuperi e considerare la gravità delle conseguenze. Allontanati dall’azione di censori, essi devono far propria una didattica individualizzata, conveniente da poter impiegare nella normale attività di classe.


n. 21 - luglio-dicembre 2009

Il banchino differenziale In questi ultimi anni, le segnalazioni di bambini “dis” che frequentano l’ultimo anno della scuola dell’infanzia e i primi due anni della scuola primaria sono numerosissime. Spesso si tratta di bambini che vengono «depistati» per lievi deficit lacunari o addirittura per soli motivi socio-culturali, segnalati perché non seguono gli altri nel ritmo di apprendimento e dell’inserimento sociale. Bambini che evidenziano difficoltà nel linguaggio, nello sviluppo psicomotorio, percettivo, per­ cettivo-motorio ecc., se aiutati con un intervento educativo adeguato sul piano tec­nico-didattico e sociopedagogico, possono mettere fine agli ostacoli ed avere l’occasione di reagire, di uscire dalla passività, esternare sentimenti e interessi, riconquistare il bisogno di esprimersi, di svilupparsi e manifestarsi. L’insegnante che sottopone a prove il bambino in età di 5-7 anni, con schede di valutazione quantitativa e classifica i suoi in­successi nell’apprendimento con gli appellativi di disgrafico, dislessico, disortografico e discalculico, si espone a quella categorizzazione cui abbiamo già assistito in tempi lontani, quando un movimento ideologico dall’enorme risonanza socio-culturale si oppose alla prassi di dépistage degli scolari voluta da una scuola tesa a differenziare coloro che non riuscivano a tenere il passo con gli altri e si dimostravano improduttivi, etichettati «diversi» e trattati come persone di serie «B». La scuola che si affretta ad apporre una etichettatura, un marchio di inferiorità sull’alunno ha dissipato il principio fondamentale di tut­ta l’educazione e di-

menticato che a determinare il destino della personalità non è la difficoltà ad apprendere, ma le sue conseguenze socia­li. Di fronte a bambini con difficoltà ad apprendere, la scuola non deve adattarsi alle difficoltà, ma battersi contro di esse per superarle, questo è il compito pratico di una scuola di compensazione sociale, di educazione sociale, impegnata ad evitare ogni criterio differenziale. Non è possibile alcuna educazione che non si ponga determinati intenti sociali positivi, all’educazione spetta il compito di non far perdere al bambino il suo coraggio, evitare di sviluppare ogni senso d’inferiorità che può condurlo a ricercare forme patolo­ giche di compensazione. Alla scuola etichettante si deve chiedere di conoscere il bambino evitando schede “sì - no”, non di ricer­carne la causa in un’anomalia congenita della volontà né in precise alterazioni delle singole funzioni, ma nel fatto che l’individuo non è stato educato a riconoscere quel valore né dall’ambiente circostante né da se stesso, considerare la personalità nel suo in­sieme, nella sua interazione con l’ambiente, nell’insieme dei loro rapporti, nella dinamica del loro sviluppo.

Lo sviluppo ha le sue leggi, i suoi tempi, i suoi cicli, le sue sproporzioni, le sue metamorfosi, i suoi diversi equilibri, le sue strutture, e la scuola che etichetta il bambino dai 5 ai 7-8 anni ha disperso il fondamento dell’educazione sociale accordandosi con l’opinione che il bambino frenato e ostacolato negli apprendimenti è un malato e che l’aspetto tera­peutico deve mantenere e dare la propria impronta su tutto il lavoro della scuola. I bambini in questo periodo di età, che presentano ridotte facoltà e disponibilità ad apprendere, non hanno l’esigenza di sentirsi diversi, etichettati in base ad un principio patologico-terapeutico come dislessici o come disortografici, tanto meno di essere caratterizzati come diversamente abili e inseriti in quel banchino differenziale, in un’area di tolleranza. Queste non sono le esigenze di un bambino, egli vorrebbe essere accolto in una scuola in cui gli insegnanti anziché adattarsi al deficit, si opponessero all’utilizzo delle categorizzazioni patologiche e sentissero l’esigenza di sconfiggere gli ostacoli, nell’intento di seguire una pedagogia positivamente creativa rivolta alla ricerca di un fondato armonico sviluppo della personalità.

Summary In this article the Author wants to underline a general and problematic situation of the School; in writer’s opinion, the teachers must really know the abilities and the growths of their children, because every child has a different and personal needs, explanations and development. No homologation of the teacher’s lessons and of the learning methods, but an individual learning based on the potentialities and the development so that the child can be fulfilled and satisfied of himself: this is an important principle and guideline that must be followed inside the School. The children with learning difficulties don’t need to be isolated and label like dysgraphic or dyslexic, but want be welcomed in a School that practices a positive creative pedagogy.

7


n. 21 - luglio-dicembre 2009

L’Universalità della pedagogia clinica di Gabriella Guarnieri

“La pedagogia clinica è una scienza universale in quanto ha un’intima colleganza con l’uomo e si alimenta di esperienze le cui radici affondano nella storia della società umana” (Pesci, 2004). Una argomentazione che fa riflettere sull’ampiezza dell’applicabilità dei presupposti teorici e pratici che definiscono la pedagogia clinica. La volontà di questo approfondimento si esplica in un’esperienza personale di vita all’estero, fatta in Thailandia, avvenuta tra l’Ottobre 2006 e il Dicembre 2008; in questo periodo di tempo ho avuto l’occasione di collaborare con la “Christian Care Foundation, for Children with Disabilities in Thailand” (CCD). Questa fondazione si occupa di bambini disabili abbandonati, un fenomeno in Thailandia, ancora tristemente molto presente. I numerosi progetti della fondazione hanno lo scopo di riabilitare e reinserire nella società questi bambini attraverso interventi in strutture dedicate sul territorio. La mia esperienza si è articolata presso la Rainbow House, una vera e propria casa, una residenza riabilitativa per questi bambini; in particolare ho affiancato Neung, un bambino non vedente con un grave ritardo nello sviluppo, con l’intento di accompagnarlo verso un percorso di autonomia. Molti di questi bambini, adesso, vivono in altri paesi del

8

mondo con le proprie famiglie adottive. Altri, adolescenti, lavorano per la fondazione e vivono autonomamente in appartamenti appositamente disposti. In un paese così lontano e così differente dalla sua patria la pedagogia clinica è qui messa alla prova per poter universalmente avvalorare il suo primo e nobile scopo di “aiuto alla persona”. Inizio la mia avventura alla Rainbow House e, sin dal primo giorno, le emozioni, le riflessioni, i pensieri, si accavallano l’uno sull’altro, sottoponendo alla mia formazione di pedagogista clinico, stimolazioni continue. Quando entro nella casa la prima volta ci sono bambini assonnati che gironzolano nel giardino in attesa dell’inizio delle loro attività; hanno appena finito la colazione. L’alza bandiera è ciò che sancisce l’inizio della giornata. Tutti sono in fila e i responsabili ed i volontari cercano di mantenere questo ordine; i bambini cantano l’inno nazionale accompagnati dalla stessa registrazione emessa da uno stereo vicino, aiutati dal “bambino della giornata” accanto alla bandiera, che urla a gran voce le sue note. Alla fine dell’inno, si trova spazio per la disposizione in cerchio ed è ancora Pued che, oggi, presenta gli esercizi da fare grazie a qualche suggerimento dato all’orecchio da un insegnante vici-

no. È magro magro Pued, un

…in un paese

così lontano la pedagogia clinica è messa alla prova per avvalorare universalmente il suo primo e nobile scopo… bimbo di 6 anni con un lieve ritardo cognitivo, ma ha una gran voce ed è sempre affiancato da un suo fedele amico che lo emula in tutto e per tutto. È il più piccolo di tutti, ha 4 anni, ma è molto in gamba e vivace; questa sua caratteristica ha decretato il suo soprannome: Tiger. Pued e Tiger, quindi, guidano tutti gli altri definendo gli esercizi e contando ad alta voce. Mi trovo tra quei bambini ad ammirare queste immagini, osservo gli insegnanti, scambio sorrisi, cerco complicità con altre due


n. 21 - luglio-dicembre 2009

volontarie che sono qui da quasi un mese e sono state destinate, come me, a seguire i bambini della Rainbow House. Naturalmente si parla il thailandese e nessuno di noi tre è in grado di parlarlo; non ho pensato che questo fosse un ostacolo: con i bambini le parole vengono dopo molto altro. Durante gli esercizi mi trovo appoggiato alle gambe Neung, un bambino cieco con evidente ritardo; lo aiuto a fare gli esercizi, lui non ne ha alcuna voglia e si lascia trasportare dalle mie mani. Quando finiamo di fare gli esercizi inizia un corri corri e, seguendo la scia, ci troviamo in una stanza in cui degli insegnanti hanno steso tappeti ovunque. Tutti insieme ci sediamo in cerchio comodamente sui materassini; uno degli insegnanti ha preso dei tamburi, si inserisce nel cerchio ed inizia a cantare con l’accompagnamento delle percussioni. La stanza è adesso una sala da ballo, dove tutti cantano e si divertono. Anche i bambini con una motilità incerta si buttano nel turbine, inevitabilmente cadono, si rialzano, ridono e continuano a ballare, a cantare. È un momento d’aggregazione molto piacevole; i bambini, appena finisce una canzone, fanno richiesta per quella successiva. Neung è accanto a me, vuole esser abbracciato, vuole stare seduto addosso a me. Non partecipa attivamente ai canti, non so se gli piace stare qui in questo momento. Sono le 9:30 ed il programma adesso prevede la divisione in gruppi per realizzare

interventi mirati. C’è già una “divisione in classi” con le aree dedicate ai bambini ed i cartelloni che definiscono i raggruppamenti con le foto dei bimbi che ne fanno parte. I gruppetti sono tre ed ognuno è gestito da uno o più insegnanti. Mi viene chiesto di affiancare il gruppo in cui c’è Neung, di sedermi vicino a lui, in un cerchio di banchi e sedie. Inizialmente l’insegnante fa ripetere ai bambini i numeri da uno a dieci prima in thailandese e poi in inglese. Dopo spiega l’attività successiva che consiste nel colorare, nel numero indicato, alcuni disegnini. A questo punto mi viene chiesto di mettermi da una parte con Neung e di proporgli un “gioco” per sviluppare la sua abilità manuale: si tratta di due tavole di legno con sopra fissati due lembi di stoffa: una ha i lembi uniti da asole e bottoni, l’altra da una cerniera. Neung deve imparare ad aprire e chiudere i bottoni e la cerniera. Lo scopo è chiaro ed estremamente pratico. Il bambino si troverà a doversi vestire e svestire da solo e, aprire e chiudere bottoni e cerniere, è un “processo” che deve necessariamente apprendere. Neung, però, non sembra essere in nessun modo attratto da tale attività. Usa una sola mano, tocca per un attimo quello che gli è stato proposto e lo allontana da sé; dopo un po’ di insistenza, con due dita, afferra debolmente la zip e prova per alcune volte a tirarla su e giù. È completamente assente e non motivato, prova a

farlo solamente per essere lasciato in pace. Non riesco a tenerlo ancora lì ad “esercitarsi”. Chiedo il permesso di portarlo fuori dalla “classe” ed eccoci insieme, in giro per la casa ad esplorare: Neung è evidentemente entusiasta della novità, mi afferra un braccio e lo tira in avanti per farsi strada, ma non sa neanche lui dove andare. Questa sarà solo la prima delle tante volte in cui io e Neung staremo insieme in giro per la casa, nella sensory room (una stanza piena di stimoli sensoriali quali luci, stoffe, suoni, coperte, dondoli, diverse pavimentazioni), nel Lydia’s garden (il giardino della Rainbow House) nei parchi o al mare durante gite fuori porta. In questo gruppo di bambini orfani e diversamente abili Neung ha cercato il mio supporto, forse solo in un abbraccio; spero di poter fare di più e, fin dal primo giorno, il mio obiettivo è stato un mirato “aiuto alla persona”. Ho avuto bisogno di un po’ di tem-

Neung ha cercato il mio supporto, forse solo in un abbraccio… spero di poter fare di più… 9


n. 21 - luglio-dicembre 2009

po per inserirmi, per capire, per adattarmi, per godere di un po’ di autonomia e libertà. In questo nostro primo incontro ho capito che Neung aveva un gran bisogno di esplorare, di vivere. Richiedeva stimolazioni, sollecitazioni a tutti i livelli, aveva voglia di imparare cose nuove; ma soprattutto aveva bisogno di motivazione, senza la quale non può esistere apprendimento. Andiamo verso il giardino ed osservo i comportamenti del bambino: sta di fianco a me, dietro il mio braccio e lo spinge. Conosce sommariamente la direzione verso l’esterno e lascia che io lo guidi con il corpo. Lui ha i piedi scalzi, come tutti i bambini alla Rainbow House e, appena siamo all’esterno, si alternano diversi tipi di pavimentazione: prima c’è il cemento del campo da basket, poi l’erba del giardino, la sabbia sotto lo scivolo, la ghiaia nel vialetto che circonda alcuni giochi. Sembra che il contatto con queste superfici lo stimoli a capire dove si trova, a cercare qualcosa. Provo a prenderlo per la mano, a camminare di fianco anziché farmi spingere; ciò che porta avanti è comunque il mio braccio, mai il suo. Pare che non si preoccupi di ciò che può trovarsi davanti. Cerco di guidarlo il meno possibile aspettando sue iniziative; nel nostro vagare ci imbattiamo nella torretta che porta allo scivolo. Un lieve lamento mi indica che forse siamo arrivati alla meta sperata. Ancora senza usare direttamente le sue mani mi spinge contro quella superficie probabilmente cercando l’entrata. Dopo qual-

10

che tentativo eccoci all’imbocco delle scale: la sua coordinazione è molto buona e passo dopo passo siamo in cima allo scivolo. Neung allunga un piede e, quando sente che siamo arrivati, mi spinge per farmi mettere a sedere; faccio come desidera e subito dopo cerca di infilarsi a sedere davanti a me. Lo abbraccio dalla vita e lo stringo a me per scivolare: conto in thailandese fino a tre e giù, insieme fino alla sabbia. Neung ride forte adesso e appena ci alziamo di nuovo in piedi torna a trascinarmi. Decido di aiutarlo meno che posso a ritrovare la strada; gli sto accanto, gli parlo in inglese usando la tonalità a seconda della situazione, la sua comprensione del linguaggio tonematico è ottima. Voglio che usi le sue mani, vorrei che fosse lui a trascinarmi dietro di sé, vorrei che se un giorno avesse voglia di andare giù dallo scivolo potesse farlo senza che qualcuno debba necessariamente portarcelo. Trovare la strada per scendere giù insieme dallo scivolo, oggi, è la nostra lezione. Alle 11:30 i bambini vengono richiamati in fila davanti alla porta delle classi: io e Neung, che siamo appena rientrati, ci uniamo alla fila ed aspettiamo. Uno alla volta i bimbi vengono invitati a dirigersi verso il bagno per lavarsi le mani prima del pranzo. Neung diventa impaziente, si lamenta e cerca di spingermi in avanti. Devo aiutarlo a lavarsi le mani, lui si oppone debolmente e poi mi spinge verso la sala da pranzo; l’odore non lascia dubbi:

la direzione è quella giusta. All’ingresso della sala c’è un cestino pieno di grembiulini ed ogni bimbo deve indossarlo da solo prima di sedersi. Offro solo un piccolo aiuto a Neung per infilarlo ed eccoci tutti pronti per mangiare. Neung è felicissimo con il suo piatto davanti. Mangerebbe tutto con le mani, cercando di infilarsi più cose possibile in bocca, ma sa che non può farlo. Un insegnante è allo stesso tavolo e ricorda le “regole” ai bambini che mangiano: la mano destra impugna il cucchiaio che raccoglie il cibo, l’altra sta sul tavolo accanto al piatto. Per Neung è tutto più difficile: a volte la tentazione di usare la mano sinistra per toccare se c’è ancora qualcosa è tanto forte, ma subito l’insegnante lo riprende e, da oggi, per due volte alla settimana ci sarò anche io accanto a lui, per aiutarlo nei momenti di difficoltà. Finito il pranzo ogni bimbo deve svuotare il suo piatto in un apposito contenitore e metterlo, insieme al bicchiere ed al cucchiaio, in una bacinella; poco più avanti, in un cestino, devono riporre il grembiulino da pranzo. Le giornate alla Rainbow House

Cerco di guidarlo il meno possibile aspettando sue iniziative…


n. 21 - luglio-dicembre 2009

sono perfettamente organizzate: ogni spostamento, ogni ora della mattina è scandita in modo definito da una precisa azione, da determinati gesti da una predefinita attività. Dopo il pranzo, per tutti, il momento della doccia: Neung è un po’ frastornato nella confusione del momento ed aspetta solo di essere accompagnato sotto il getto d’acqua; gli piace molto l’acqua, ride, gira su se stesso sulle punte, non se ne andrebbe mai. Per lui e per altri bambini proseguire nel corridoio, dopo essere stati asciugati, è una bella esercitazione: da una parte “l’asciugatrice” li conduce vicino al corrimano incoraggiandoli a percorrere il corridoio, dall’altra le due insegnanti li chiamano a gran voce. Loro devono percorrerlo senza aiuto. Una volta vestiti e profumati tutti i bambini si riversano nella stanza delle lezioni che ora ha tutti i piccoli tavoli raggruppati da una parte per fare spazio a materassini coperti da lenzuola: è il momento della nanna. Termina così la mia mattina alla Rainbow House. A questa seguono molte altre giornate, molte altre ore spese con questi bambini e accanto a Neung, cercando di cogliere bisogni e necessità, paure, rifiuti e volontà di questo bambino. Un percorso di ascolto che mi ha portata al tentativo di delineare un primo piano di aiuto, i primi obiettivi verso cui dirigersi. Inizio il mio percorso ricorrendo all’aiuto degli insegnamenti della pedagogia clinica, dei suoi principi, dei suoi mezzi, dei suoi

…accanto a Neung, cercando di cogliere bisogni e necessità, paure, rifiuti e volontà… interventi; inizialmente sconfortata dalla iniziale sensazione che manchino anche i più basilari presupposti per potersi affidare a questa disciplina. Il contesto culturale, economico e sociale; la situazione immanente dell’essere orfani e disabili insieme; la condizione quotidiana di vita in un istituto, insieme ad altri bambini con diverse e disparate difficoltà, con adulti di riferimento che si alternano, che cambiano, che spariscono. Tutti aspetti che allontanano “il bambino che conoscevo” da quello che mi trovo a voler aiutare. Sono dall’altra parte dell’emisfero e devo tener conto di innumerevoli aspetti nuovi e, per me, sconosciuti. Trovo comunque la risposta ai miei dubbi in uno dei presupposti che definiscono la pedagogia clinica: l’obiettivo principale è quello di poter adattare nel modo giusto l’aiuto alla persona e di certo non il paziente al tratta-

mento. Il mio scopo adesso è trovare il giusto adattamento. La prima cosa che ho bisogno di fare è osservare, cercare di costruire una sorta di anamnesi, una raccolta di notizie la cui conoscenza permetta la realizzazione di un vero percorso educativo di aiuto. Neung è il bambino più isolato alla Rainbow House. Le sue abilità non gli permettono di vedere ed è l’unico del gruppo. Una ca-

Sono dall’altra parte dell’emisfero, devo tener conto di innumerevoli aspetti nuovi e, per me, sconosciuti… trovo comunque la risposta inseguendo i principi della pedagogia clinica… 11


n. 21 - luglio-dicembre 2009

renza di questo tipo, in un gruppo di bambini, è spesso all’origine di una esclusione “spontanea” quando non viene mediata in modo costante e corretta. Neung P. è nato il 7 Luglio del 2000 alla ventiseiesima settimana di gestazione, conseguentemente ad un presunto aborto spontaneo. Pesava 775 grammi. La madre lo ha abbandonato in ospedale lo stesso giorno. Dopo sei mesi in ospedale, il 19 Gennaio del 2001, Neung viene trasferito alla Fuang Fah, Pakkred Government Home, una delle case del governo in cui vivono, in tutto, più di duemila bambini disabili abbandonati. Nel suo profilo emerge ritardo dello sviluppo e “mental handicap”; trovo difficoltà a tradurre questa definizione. Inoltre cecità a tutti e due gli occhi. Nel Febbraio 2001 una visita oculistica dichiara che il cristallino ed i nervi ottici non potranno mai essere recuperati; probabilmente non hanno completato lo sviluppo fetale. Nel 2004 Neung entra come bambino residente alla Rainbow House. Dopo un’attenta osservazione dei vari ambiti dello sviluppo di Neung, raggiungo un quadro completo riferito alle sue autonomie, alle sue senso-percezioni, alla sua espressività motoria e a quella verbale; questo quadro mi ha permesso di poter concretamente pensare ad un intervento di tipo pedagogico clinico utilizzando metodi e tecniche proprie della disciplina appresa. Tenendo conto dei bisogni del

12

bambino ho ritenuto opportuno ricorrere al Touch Ball® come prima tecnica per cercare di raggiungere una completa consapevolezza corporea, dell’unità fisica e psichica, per poter arrivare ad una strutturazione delle abilità socio-relazionali. Con questo intervento si intende investire tutta la corporeità nel suo insieme lasciando una traccia impressa in profondità. L’intervento mira ad una coscienza reale del sé e del diverso da sé, ad una “possibilità di fare” che sia diretta e non più veicolata, a superare una difficoltà relazionale a livello tattile e manuale. Conoscere il proprio corpo come unità e nella sua interezza, nella situazione di Neung, è tutt’altro che un facile traguardo. L’esperienza corporea accompagna il bambino a sperimentare il proprio corpo, a sentirlo, a percepirlo, immaginarlo e conoscerlo in modo che diventi soggetto agente e non più oggetto passivo di conoscenza. Solo così Neung potrà essere vero protagonista della sua esistenza con un corpo che agisce nella sua funzione di mediatore del mondo in cui egli vive. In integrazione al Touch Ball® il metodo dell’Edumovement favorisce ancora la strutturazione della percezione di sé e sostiene la capacità di instaurare rapporti soddisfacenti con gli altri. Rinforza il bisogno di esplorazione dando risalto alla totalità e molteplicità dei momenti in cui movimento ed emozioni sono profondamente legate. Supporta le capacità espressive attraverso lo

scambio con l’ambiente e con le altre persone. Neung, nel gruppo di bambini della Rainbow House, ha bisogno di riconoscersi parte integrante e di essere riconosciuto dagli altri come uno del gruppo. La pedagogia clinica, poi, viene in aiuto negli interventi sull’espressività verbale descrivendo un percorso che parte dalla corretta respirazione. Con Neung ho seguito questa strada; non potendo contare su uno scambio verbale ho agito utilizzando la potenzialità dell’imitazione e riproduzione sia provando a sentire i movimenti interni, sulla pancia, di inspirazione ed espirazione, sia quelli dello spostamento d’aria provocato a livello della bocca con l’espirazione. Nei giochi di produzione dei suoni il metodo vibro-tattile ha aiutato sicuramente a creare interesse ed attenzione nel bambino. Il canale della percezione sensoriale sperimentata con il tatto è, per lui, un supporto importante. Oltre ai metodi ed alle tecniche della pedagogia clinica sono stata sempre guidata dai principi fondanti di tale scienza che mi hanno condotta a dei risultati concreti e tangibili ed hanno dato corpo a quel “dare” nel “fare” che, durante la formazione, mi aveva tanto attratto. Inoltre il pedagogista clinico non definisce un percorso dalla partenza, ma lo struttura mentre lo percorre, e, nella mia esperienza, la sua malleabilità è stata carat-


n. 21 - luglio-dicembre 2009

teristica imprescindibile. Il nostro cammino, mio e di Neung, è stato un breve viaggio mano nella mano, non solo in senso figurato. Io ho accompagnato lui e lui ha accompagnato me nella stessa direzione: quella dell’autonomia. Per Neung un’autonomia per cavarsela nella vita, per poter essere accolto in una famiglia oppure in un istituto specializzato a condividere tutto con altri bambini. Per me un’autonomia di professionalità. Ho imparato ad osservare, a capire, ad adattarmi, ad ipotizzare. Ho imparato che l’aiuto alla persona ha necessità di strumenti e mezzi che facciano riferimento ad una scienza ben definita. Neung adesso mangia da solo, cammina di fianco all’adulto, allunga le mani per toccare cosa si trova davanti e conosce bene gli spazi della casa. Conosce ed usa meglio il suo corpo e la sua voce. Il rapporto con gli altri bambini è migliorato: adesso lo prendono per la mano per accompagnarlo nella sala al momento del pranzo o in giardino tutti insieme. Anche lui è parte del gruppo. Ricordo il giorno in cui io e Neung siamo andati in giardino e At, un bimbo della stessa età con una malformazione ad una gamba, è venuto con noi. Ha preso Neung per la mano ed ha chiuso gli occhi; come lui ascoltava le mie indicazioni, soprattutto prestando attenzione al tono di voce ed allungava l’altro braccio per orientarsi nello spazio. Poche volte nella vita ho assistito ad una

tale condivisione tra bambini. Ancora non parla Neung, non riesce a controllare le sue evacuazioni. Spesso rimane in attesa senza prendere iniziative. Ma è solo l’inizio del viaggio. Ho lasciato la sua mano stretta a qualcun altro e ho loro indicato il percorso, lo stesso che avevamo cominciato insieme. L’ipotesi iniziale ha trovato validazione nella trattazione fin qui descritta: la pedagogia clinica è una scienza universale perché ha un’intima colleganza con l’uomo e si alimenta di esperienze le cui radici affondano nella storia della società umana e non solo in quelle del nostro paese, della nostra cultura. Sicuramente è ancora presto per pensare ad una vera e propria pedagogia clinica in Thailandia, ma, intanto, un seme è stato piantato ed i frutti hanno già cominciato a germogliare. Forse tra qualche anno sarà possibile una tale diffusione. Neung, in quel caso, sarà solo la prima testimonianza della validità universale di tale scienza.

…è ancora presto per pensare ad una vera e propria pedagogia clinica in Thailandia, ma, intanto, un seme è stato piantato ed i frutti hanno già cominciato a germogliare.

Summary In this article the clinical pedagogist, Gabriella Guarnieri, documents her professional and personal experience in Thailand in collaboration with the CDD (Christian Care Foundation for Children with Disabilities), a foundation that takes care, rehabilitates and reinstates in society unwanted children with disabilities. Starting from an environment of sensory deprivation, the Author has conducted a pedagogic-clinical intervention with a blind child with serious cognitive retardation thanks to the principles and methods as for example the Touch Ball® and the Edumovement to come to a full corporeal awareness and to promote a structuring of self-perception. An important way in the direction of the autonomy in a country, the Thailand, where the clinical pedagogy is at the beginning, but in which there is a proof of this science’s universality.

13


n. 21 - luglio-dicembre 2009

Centralità della persona, corporeità e relazione di Myriam Perseo

Come si legge nelle Indicazioni per il curricolo per la scuola dell’infanzia e per il primo ciclo dell’istruzione del settembre 2007 “le finalità della scuola devono essere definite a partire dalla persona che apprende, con l’originalità del suo percorso individuale e le aperture offerte dalla rete di relazioni che la legano alla famiglia e agli ambiti sociali. La definizione e la realizzazione delle strategie educative e didattiche devono sempre tener conto della singolarità e complessità di ogni persona, della sua articolata identità, delle sue aspirazioni, capacità e delle sue fragilità, nelle varie fasi di sviluppo e di formazione”. Alla luce di ciò, acquista importanza ciò che il mondo adulto può offrire ai bambini e alle bambine. Infatti, il sapere offerto dagli adulti alle nuove generazioni non si può più limitare al “passaggio” di informazioni e abilità utilizzabili nel mondo del lavoro, ma esso dovrebbe offrire la possibilità di favorire l’esperienza del vivere. Proprio attraverso il vissuto possiamo aiutare i bambini a costruire quella rete di relazioni e di appartenenza della quale facciamo parte da sempre come Esseri Umani.

14

In ogni mio gesto c’è la mia relazione col mondo, il mio modo di vederlo, di sentirlo, la mia educazione, il mio ambiente, la mia costruzione psicologica, il mio modo di offrirmi, tutta la mia biografia. Umberto Galimberti È interessante notare come la rete, l’intreccio, la tela, sono costruzioni appartenute tradizionalmente alla donna, grazie alla quale ogni nuovo arrivato poteva mettere insieme le tracce simboliche delle relazioni familiari. In questa rete di relazioni ognuno può riconoscersi, raccontarsi e vivere, valorizzando quella modalità “morbida”, accogliente e improntata sull’ascolto. L’ascolto implica però sguardi, silenzi, gesti e, soprattutto coinvolge il Corpo. Per la pedagogia clinica il Corpo e la Persona sono un “Unico Essere”. Essi si connettono, si fondono in un’unica visione solistica. Ecco perché per il pedagogista clinico ascoltare, accogliere, prendersi cura del Corpo, significa riconoscerlo come “luogo” da esplorare, conoscere, rispettare; come “spazio” vasto, misterioso, unico appartenente alla Persona e come tale luogo di costruzione della propria identità. Accogliere ogni individuo come persona, significa quindi, ren-

dersi disponibili al rispetto delle sue esigenze di crescita, di autonomia, di comunicazione e socializzazione attenti alle sua storia personale e al vissuto emotivo-affettivo, ma, anche ai suoi

…accogliere un individuo come persona significa… rendersi disponibile al rispetto delle sue esigenze…


n. 21 - luglio-dicembre 2009

disagi, inibizioni e paure. Si legge ancora nelle Indicazioni, il bambino “è posto al centro dell’azione educativa in tutti i suoi aspetti: cognitivi, affettivi, relazionali, corporei, estetici, etici, spirituali, religiosi. In questa prospettiva, i docenti dovranno pensare e realizzare i loro progetti educativi e didattici non per individui astratti, ma per persone che vivono qui e ora, che sollevano precise domande esistenziali, che vanno alla ricerca di orizzonti di significato”. Dare significato all’esperienza, al vissuto significa allora, dare senso al nostro Esserci; significa dare importanza alla globalità della persona, all’individuo che agisce, che si muove, che pensa, che vive. Quindi, Essere nel corpo significa, anche, co-esistere: non si può Essere solo in virtù di sé stessi, ma, inter-essere con ogni altra cosa e con gli altri. Il Corpo diventa, allora, il luogo privilegiato della relazione con l’Altro, ma non perché lo si debba leggere con un codice rigido, come un sistema codificato di gesti ai quali corrispondono dei significati, ma perché esso diventa costruttore di relazioni, di accoglienza, di sintonizzazione con l’altro. La pedagogia clinica valorizza i gesti, la respirazione, gli sguardi, i quali rimandano l’invito a partecipare ad una relazione, ad uno scambio; essi sono segni

dell’apertura verso l’altro, della disponibilità al contatto e all’ascolto, ai quali il pedagogista clinico non si sottrae. Il corpo, quindi, diventa uno strumento privilegiato di relazione ed il “contenitore” delle esperienze dei vissuti emotivo affettivi. La scuola, allora, si dovrebbe proporre non solo come il luogo dell’apprendimento, dello sviluppo e della crescita, ma anche come luogo della cura. Essa si dovrebbe costruire come spazio accogliente, “caldo” e coinvolgente. “Sono, infatti, importanti le condizioni che favoriscono lo star bene a scuola, al fine di ottenere la partecipazione più ampia dei bambini e degli adolescenti a un progetto educativo condiviso”. Per ogni docente, quindi, l’aspetto dell’ascolto, la cura nella costruzione di una relazione positiva, l’apertura alla dimensione della corporeità possono essere delle sfide interessanti, dei percorsi sui quali riflettere, confrontarsi, sperimentare, mettendosi in gioco in prima persona, facen-

dosi coinvolgere in maniera globale, grazie all’aiuto del pedagogista clinico. Comprendersi e comprendere sono vie che passano attraverso il Corpo.

La pedagogia clinica valorizza i gesti, la respirazione, gli sguardi... segni dell’apertura verso l’altro...

Summary In obedience of guidelines about curriculum of kindergarten, Myriam Perseo says how help children to build the network of relationships to arrive to a definition of staying well together. Received every man as a person and read the needs of growth, autonomy and socialization, the Author suggests incentives that can involved very young boys and girls and that see the body as necessary promoter of the understanding and the understanding each other.

15


n. 21 - luglio-dicembre 2009

Cosa fa il Pedagogista Clinico quando utilizza il Reflecting? di Alberto Sedini

È sempre difficile spiegare, specialmente per iscritto, cosa si faccia quando si utilizza il Reflecting, perché è difficile spiegare con le parole come si utilizzino le non parole (la respirazione, gli sguardi, la postura, la mimica facciale, gli autocontatti, la gestualità, la prossemica, il tono di voce, il silenzio…). Specialmente all’inizio dell’intervento, spesso, il pedagogista clinico con licenza di utilizzare il Reflecting si limita ad osservare ed ascoltare. Questo perché chi viene da noi ha bisogno di esternare un vissuto che ha tenuto dentro di sé per molto, troppo, tempo. Osservando la persona che narra di sé è possibile cogliere l’agio o il disagio con cui racconta. Inoltre, un ascolto attento, attivo e partecipe (come già oltre un millennio e mezzo fa ci ha spiegato Plutarco) è il più efficace dei modi per rispettare la persona che interloquisce con noi. Normalmente, il pedagogista clinico non interviene verbalmente nemmeno per interrompere il silenzio. Anzi, si lavora molto nel e con il silenzio poiché è un attivatore dell’attenzione e permette alle persone di stare con se stesse, di riflettere sul proprio vissuto e di cercare e trovare le parole maggiormente ef-

16

ficaci per esprimere al meglio il proprio pensiero. L’unico silenzio che chi utilizza il Reflecting si sente in dovere di interrompere è quello generato da confusione, dal non trovare le parole ed i modi per esprimere i pensieri. È necessario conoscere e saper riconoscere le due tipologie di silenzio per poter utilmente scegliere se mantenere o interrompere il silenzio. Il silenzio comunicazionale, riflessivo, in cui la persona sta con se stessa e cerca le parole per esprimere il proprio pensiero è quel silenzio accompagnato da rari cambi di postura e da uno sguardo frequentemente fisso su di un punto specifico. Al contrario, il silenzio confusivo è accompagnato da frequenti cambi di postura e da uno sguardo molto mobile. Per poter scegliere con obiettività se interrompere o mantenere il silenzio, il pedagogista clinico, in primis, deve essere in grado di stare nel silenzio sapendolo gestire. In caso contrario le possibilità di scelta sarebbero, erroneamente, sbilanciate verso l’interruzione. Il pedagogista clinico che utilizza il Reflecting è allora un muto? No! Il pedagogista clinico è un professionista che parla quando ha qualcosa da dire, quando ciò

che dice è un aiuto all’altro, una sollecitazione, uno stimolo alla riflessione. Nel parlare il pedagogista clinico aborre i consigli, le indicazioni, le domande, le risposte ed i giudizi, considerando questi elementi delle forme di perversione comunicativa finalizzate alla deresponsabilizzazione ed alla diminuzione degli spazi di libertà concessi all’altro. Chi utilizza il Reflecting non vuole condurre, ma accompagnare l’altro nel proprio percorso di crescita personale. Quando parla, in un incontro di Reflecting, il pedagogista clinico sta sui dati oggettivi, utilizza

… nel parlare… aborre i consigli, le indicazioni, le domande, le risposte e i giudizi…


n. 21 - luglio-dicembre 2009

le non parole, l’anadiplosi, l’anafora e l’anastrofe come forme di sollecitazione della riflessione e struttura le frasi in modo paratattico e, quando possibile, olofrastico. Ovviamente, non esiste la parola in sé. La parola è sempre accompagnata dal tono di voce, dalla mimica del corpo e dagli sguardi. Chi utilizza il Reflecting evita di utilizzare sempre lo stesso tono di voce perché sa che un monotono risulta monotono, distrae e compromette l’attenzione altrui. Inoltre, calibra e aggiusta il tono per essere di stimolo a chi ha di fronte, rendendolo maggiormente corposo quando si relaziona con persone (in quel momento) poco ergiche, rallentandolo ed abbassandolo quando incontra persone (in quel momento) agitate o concitate. Il pedagogista clinico usa la mimica del volto, la prossemica, la postura e la gestualità per sottolineare il proprio eloquio e quello altrui. Chi utilizza il Reflecting utilizza, normalmente, posture aperte, che mettano l’altro nella disposizione a narrare ed a narrarsi, ma non disdegna il rispecchiamento dell’altro per mezzo dell’eco posturale. Il pedagogista clinico con licenza di utilizzo del Reflecting fornisce stimolazioni per, eventuali, ristrutturazioni del narrato tramite autocontatti, gestualità deittiche e pictografe.

Lo sguardo ha un’importanza fondamentale nella comunicazione interpersonale perché permette di sottolineare la propria attenzione e la propria vicinanza all’altro, di comprenderne lo stato emotivo, di focalizzare al meglio l’attenzione altrui, di fornire stimoli alla riflessione e, se necessario, alla ristrutturazione del narrato. Grande attenzione va posta nel non usare sguardi indagatori (che risulterebbero inibenti), ma avvolgenti, attenti ed accettanti, che, al contrario, favoriscono la riflessione. Il pedagogista clinico considera molto importante nella comunicazione, anche, la respirazione e, conseguentemente, respira in modo profondo e diaframmatico, essendo così di stimolo all’altro nell’entrare in sintonia con questa modalità respiratoria che consente una maggior assunzione di ossigeno e, perciò, favorisce l’abbassamento delle tensioni muscolari e la focalizzazione dell’attenzione.

Cosa fa il pedagogista clinico quando utilizza il Reflecting? Aiuta la persona, attraverso la riflessione, ad analizzare e consapevolizzare la propria vita e la propria storia personale, al fine di aiutare l’individuo a comprendere quali risorse possa attivare per contrastare e superare le proprie difficoltà, in un percorso di evoluzione verso una sempre maggior libertà e responsabilità personale. Libertà dalle influenze altrui e libertà propositiva. Responsabilità intesa sia in senso etimologico (fornire risposte abili), sia come agire responsabile (riflettere prima di agire), sia come capacità di farsi carico delle conseguenze delle proprie azioni (prendersi le proprie responsabilità). Una persona libera e responsabile è una persona soddisfatta di se stessa e maggiormente in grado di fornire risposte adeguate ed efficaci nelle proprie interazioni con l’ambiente che la circonda.

Summary The use of Reflecting inside the pedagogical-clinical practice is well indicated in this article from Alberto Sedini who considers it the most effective way to respect the person who talks with the specialist. The Author wants to show the values of this discipline that is based on silences, on no-words as forms of requests, on the phrases’s structure in a paratactic way and when it’s possible in a holophrastic way. He exalts expression’s values, of the tone’s modulation and every other stimulus for example proxemics and the discipline of posture which are in addition to gestural expressiveness and facilitate personal analysis process. Cares and respects to make people free and to make persons aware their responsibilities, so that to be able to give each other suitable and successful answers in interaction with environment.

17


n. 21 - luglio-dicembre 2009

Una risposta alla malattia di Parkinson di Giovanna Giacobini e Dalila Da Lio

L’idea di proporre un progetto pedagogico clinico alle persone con malattia di Parkinson, scaturisce dall’incontro con l’Associazione di Promozione Sociale “Progetto Parkinson” della provincia di Treviso. Non trovando particolari aiuti dagli ospedali, il cui servizio è pressoché limitato alla diagnosi iniziale della malattia e alla terapia farmacologica, le persone colpite da Parkinson vivono una situazione di dispersione e uno stato di solitudine, a cui l’Associazione si è proposta di dare servizi alternativi e complementari. Il gruppo di tale progetto, nasce e si sviluppa intorno alla persona di Nevio, un insegnante, malato di Parkinson da più di dieci anni, che ha studiato e sperimentato su se stesso i farmaci e ha sentito il bisogno di promuovere nuove scienze e nuovi metodi, credendo in questo progetto come una opportunità innovativa. Il nostro contributo di Pedagogisti clinici è stato ed è quello di realizzare un intervento rivolto alla persona che, nonostante la malattia, possiede comunque potenzialità che possono originare, se adeguatamente stimolate, effetti positivi e miglioramenti.

18

Le esperienze hanno tenuto conto dei principi e delle tecnologie pedagogico cliniche tratte da vari metodi, dimostratesi fondamentali per abbattere le barriere inibitorie, favorire scambi e interessi e creare un clima di partecipazione attiva. Nelle persone malate di Parkinson si può osservare rigidità nei movimenti, uno scarso controllo dei segmenti corporei, scarsa capacità ad aumentare tensione e dinamismo ai movimenti. Alle difficoltà legate al movimento e al tremore, a cui si aggiunge spesso un sentimento di malessere e inquietudine e una scarsa accettazione del proprio stato, hanno trovato risposta le tecniche che costituiscono il metodo Edumovement, offrendo al gruppo un diverso modo di comunicare e di cooperare, di sperimentare la spontaneità, la plasticità, di incrementare la fiducia nell’altro, di abbattere barriere legate alla malattia. In particolare le coreografie di gruppo hanno alimentato rinnovati piaceri e promosso energie che li hanno spinti a organizzare quei movimenti resi più difficoltosi dalla malattia. Le tecniche del metodo Musicopedagogia® hanno originato e

…un intervento rivolto alla persona che, nonostante la malattia, possiede potenzialità che possono originare, se adeguatamente stimolate, effetti positivi e miglioramenti.


n. 21 - luglio-dicembre 2009

sviluppato cambiamenti, ridotta l’ansia e migliorato il tono dell’umore. Opportunità confermate anche dalle ricerche effettuate negli Stati Uniti che dimostrano come “la musica permette ai malati di Parkinson di riguadagnare la capacità di organizzare ed eseguire i movimenti compromessi dalla malattia. La musica evoca una risposta in ogni persona che viene sfruttata per aiutarla a emanare uno specifico movimento fisiologico, come ad esempio il camminare. Il ritmo deve essere stimolante e la musica facile da ricordare.” (Michael Thaut, direttore del progetto della Colorado State University, 1994). Un particolare successo è stato raggiunto per mezzo delle “Forme Sonore” che permettono alla persona di immaginare e rappresentare i movimenti suggeriti dalla musica, anche quelli che quotidianamente sono più difficili da realizzare. Ulteriori stimoli sonoro-musicali hanno facilitato la concentrazione e il controllo dei segmenti corporei con esperienze posturali e di equilibrio che richiedono di sostenere e mantenere il corpo in una postura per poi con gradualità e con movimenti lenti giungere a mutazioni ed evoluzioni posturali. Fondamentali sono state anche le esperienze dinamico-respiratorie ed espressivo-vocaliche, al

fine di vincere le rigidità e le alterazioni vibro-vocalico-sonore dovute al ridotto coordinamento dei muscoli e ogni processo di produzione che insidia la respirazione, la fonazione, l’articolazione e la prosodia. Interart® e Bon Geste sono altri due metodi tenuti presenti nel corollario degli aiuti per il ripristino di nuovi equilibri psico-fisici ed emotivo relazionali. L’Interart “utilizza diverse tecniche espressive rendendole parti integranti del proprio linguaggio, mette in scena come in un teatro, oggetti e personaggi, testi recitati a gesti, movimenti per rompere la staticità dell’immagine, poteri che costruiscono l’espansione delle descrizioni, caratterizzano personaggi e situazioni, enfatizzano determinate emozioni o stati d’animo” (…) “Il metodo prende in considerazione tutte le forme espressive: musica, poesia, pittura, scultura, disegno, danza. Il corpo, respirato, mobilizzato, risvegliato da sensibilità tattile e propriocettiva, liberato da condizionamenti, capace di armonia organizzativa, diventa passione e libertà di descrivere i propri moti interiori” (A. Pesci, Metodo InterArt, Edizioni Scientifiche Isfar, Firenze, 2005, pag. 7). Il metodo InterArt è teso perciò a sviluppare le capacità espressivo-creative del soggetto e a far rimanere traccia della

Ulteriori stimoli sonoro-musicali hanno facilitato la concentrazione e il controllo dei segmenti corporei con esperienze posturali e di equilibrio… 19


n. 21 - luglio-dicembre 2009

sua azione, mentre testimonia ogni suo benessere fisico e psichico. Il vissuto di Nevio, coordinatore del gruppo, ci ha ben introdotto sull’importanza di aiutare il soggetto a non assumere la classica postura china e curva in avanti, ciò che è stato possibile realizzare con il Bon Geste, “un

..teso a sviluppare le capacità espressivocreative del soggetto e a far rimanere traccia della sua azione… 20

metodo che può favorire la prevenzione di quei soggetti che si propongono con scarse abilità e disponibilità negli apprendimenti e con alterazioni comportamentali. Individui spesso frenati, inibiti, ostacolati, limitati nell’attenzione, nella faticabilità, insufficienti nei processi mnestici, incerti nella discriminazione, nell’esplorazione, nell’inseguimento, con disordini cinetico-gestuali, con una immagine approssimativa del proprio schema corporeo e tante altre possibili difficoltà che possono trovare nel Bon Geste un valido aiuto. Il metodo coglie e valorizza le attitudini e la plasticità delle consistenze potenziali presenti nel soggetto fino ad aiutarlo, gradualmente, a giungere alla scoperta, alla conoscenza e alla valorizzazione di sé. Una preziosa ed insostituibile modalità di aiuto che si consolida con l’educazione al ritmo, al suono e al

movimento fino a far conoscere e riconoscere alla persona il valore del gesto, reso visibile dalle tracce lasciate, inizialmente, in campo vuoto e poi sull’universo della parete attrezzata” (G. Pesci, M. Mani, Bon Geste: Rappresentazione grafica dell’espressività gestuale, Edizioni Scientifiche Isfar-Firenze, 2006, pag 4). Il “Progetto Parkinson” ha dimostrato la validità degli aiuti pedagogico clinici che agiscono positivamente sulle potenzialità della persona; nel gruppo si sono evidenziati risultati assai significativi. Un successo che si può cogliere anche dalla richiesta da parte dell’Associazione di Promozione Sociale “Progetto Parkinson”, di presentare il progetto alla commissione scientifica della seconda edizione dell’Incontro Internazionale “Unidos contra el Parkinson” che avrà luogo il prossimo Ottobre 2009 in Barcellona.

Summary From the meeting between the Author and the Association of Social Promotion “Parkinson project”, in province of Treviso, is born a pedagogic-clinical project planned for people with Parkinson disease. Trying to improve the potentialities and abilities, through suitable methods and techniques of clinical pedagogy (Edumovement, Musicopedagogia®, InterArt® and Bon Geste), the suggested experiences have allowed to pass the uneasiness, a sense of personal non-acceptance of disease and difficulties of movement and tremor. The salutary effects achieved on group were so meaningful and effective that the Association has decided to attend the International meeting “Unidos contra el Parkinson” to testify this success.


n. 21 - luglio-dicembre 2009

L’atelier d’argento di Sabrina Germi

La condizione anziana è accompagnata da una certa involuzione fisica, psichica, affettiva e sessuale; al calo di efficienza e alla crisi di identità, si unisce frequentemente nell’anziano la rottura dell’equilibrio emotivo, per cui si sviluppano in lui stati di ansia, paure, insicurezze, che danno luogo a forme di narcisismo, introversione, regressioni psicologiche. Da qui l’importanza dell’intervento pedagogico clinico in ambito senile per ripristinare nell’anziano equilibri e abilità, superare disagi socio-relazionali e psico-affettivi. L’atelier d’argento è stato un progetto rivolto a un gruppo di circa 13 anziani della Casa di Riposo “A. Rossi” di Arsero, in provincia di Vicenza, articolato in 10 incontri di un’ora e mezza a settimana, è terminato a dicembre 2006. Il progetto che ho condotto è nato con l’obiettivo di promuovere all’interno del gruppo anziani il superamento dei disagi e delle personali difficoltà di relazione, favorire una maggiore presa di coscienza delle capacità e delle potenzialità di ciascun anziano; attraverso dei linguaggi di espressività olistica di sé (gratificanti e perciò positivi per l’autostima), e di ciò che è altro

“Se tratti un uomo quale è, rimarrà così come è. Ma se lo tratti come se fosse quello che potrebbe o dovrebbe essere, certamente diverrà ciò che potrebbe o dovrebbe essere”. da sé (relazione con gli altri e con l’ambiente). Per promuovere il cambiamento personale e socio-relazionale ho articolato il progetto attraverso una sequenzialità di esperienze. L’approccio è avvenuto con la voce, la poesia, la danza, il respiro, il disegno, il movimento, nello specifico attraverso la sinergia di tecniche pedagogico cliniche,

quali: Edumovement, InterArt®, Educromo, Discover Project® declinate contestualmente agli obiettivi di progetto. I primi incontri hanno offerto l’opportunità a ciascuno di parlare di sé agli altri, di riflettere su se stessi; sono seguite esperienze corporee di contrazione e decontrazione muscolare con il metodo Discover Project.

21


n. 21 - luglio-dicembre 2009

Purtroppo nella nostra cultura ci ricordiamo del corpo soltanto quando non funziona bene o non ci piace, proprio per questo il fine del metodo proposto è stato quello di agire su tutto il corpo inteso come centro coordinatore delle esperienze e asse di un nuovo e più adatto orientamento verso la vita. Il Discover Project ha incoraggiato una maggiore presa di coscienza di sè, del proprio corpo nella sua unità e nella sua rappresentazione spaziale e topografica. Sono seguite esperienze di creatività artistica attraverso l’InterArt che hanno permesso di aiutare la persona anziana sia sul piano cognitivo che affettivo. Il canale espressivo-creativo-ideativo ha favorito nella persona la scoperta e la riscoperta del proprio sé, attraverso la trasmissione del proprio vissuto sul piano artistico. Attraverso il disegno, la scultura di creta e il lavoro con il filo di ferro, gli anziani hanno potuto esprimere la propria personalità, il proprio Io in modo autentico e originale. Il canale espressivo ha consentito l’emergere di un interesse vivo ed attivo per la vita in se stessa di fronte alla stessa morte, ha risvegliato in persone di 70/80 anni, desideri nascosti, non svelati, quali: la felicità, la salute, la ricchezza o il desiderio di avere un compagno accanto, desideri che suggeriscono di insistere nella sfida a favore della vita.

22

L’InterArt essendo un metodo che abbraccia tutte le forme espressive compresa la poesia, ha offerto a ciascun anziano la possibilità di scrivere una propria ed originale poesia, facendo cadere maschere e barriere. Sono stati cosi realizzati lavori poetici importanti, rivelatori di una commossa sensibilità; ne sono un esempio alcune poesie di seguito riportate: La pace è un bene per tutti, la pace è un dono di Dio. B. Giustina Ho cercato di fare un simile cielo, con laterale un mare, e dall’altro lato perle di collina con due personaggi nei quali un giorno, unendosi, possano diventare un solo occhio, con un solo sguardo che rimarrà nei nostri cuori per tutta la vita. G. Lino Viva la pace in tutto il mondo, tutti più buoni. Viva chi sa donare amore, luce di stelle. Io sono triste perché ho perso l’amore la vita è come spenta per me. F. Rosa

Sia l’InterArt che il Discover Project hanno favorito un abbattimento delle tensioni interiori, delle difese, delle chiusure iniziali e contemporaneamente hanno rafforzato l’Io. Gli anziani sicuri di sé e liberi da chiusure, verso la metà del pro-

Il canale espressivocreativoideativo ha favorito nella persona la scoperta e la riscoperta del proprio sé…


n. 21 - luglio-dicembre 2009

getto hanno iniziato ad esprimere verbalmente i loro malesseri profondi: difficoltà a dialogare liberamente senza il condizionamento del giudizio altrui; sensazione di non essere ascoltati e capiti: “non parlo perché non mi sento ascoltato”, difficoltà a vivere e sentire sulla propria pelle le emozioni sia positive che negative, ne sono espressione: “sono una foglia secca”, “tutto mi scorre via”. Gli anziani a seguito delle esperienze proposte si sono trovati ad essere forti nella riscoperta delle proprie risorse e potenzialità, ma anche consapevoli delle proprie difficoltà relazionali, per questo sono stati inviati a fare delle esperienze di “gioco” attraverso il metodo Educromo, per favorire scambi di fiducia l’uno verso l’altro, conseguendo nuovi equilibri nei rapporti all’interno del gruppo in un ottica di decondizionamento libero da formalismi e da comportamenti codificati. Il metodo Educromo ha aiutato ogni anziano ad accogliere positivamente e costruttivamente le differenze dell’altro, non solo, da questa esperienza si sono formate coppie di anziani che hanno iniziato a fare qualcosa insieme: completandosi nell’attività proposta o imparando a rispettare i tempi e gli spazi dell’altro. Si è potuto notare come, nei giochi di relazione, le coppie formate da sole donne abbiano ri-

cercato il rispetto reciproco dello spazio e del tempo, mentre le coppie miste: donna-uomo, hanno cercato di completarsi a vicenda nell’attività (sia nella pittura e sia nell’abbigliamento in alternanza). L’Atelier d’Argento ha offerto alla persona anziana nuovi stimoli, permettendogli di immettersi in un circuito propositivo con un insieme di opportunità per rinnovarsi e crescere ancora, mantenendo entusiasmi, desideri e riscoprendo nuove capacità e disponibilità nell’attivare dinamiche espansive del sé. Questo percorso ha dimostrato che è possibile impedire all’anziano di chiudersi in se stesso, migliorando la comunicazione e la stima di sé; è possibile infondere fiducia, sentimenti di autostima, sicurezza, dignità e disponibilità per invecchiare con successo; attraverso un recupero della spontaneità di un corpo vissuto come soggetto di esperienza, integrato e perfezionato da una dinamica naturale e armoniosa con l’altro e la realtà esterna, dove l’anziano può trovare un “interesse distaccato eppure attivo per la vita in

se stessa, di fronte alla stessa morte”. Al progetto è seguito, nel mese di aprile 2007, un incontro formativo: teorico e pratico (con l’implementazione del materiale video raccolto durante le esperienze), per tutto il personale della struttura. L’incontro è stata un’occasione per raccontare il progetto in tutte le sue sfaccettature e per farlo vivere anche a coloro che spesso si trovano dall’altra parte, ossia a coloro che prestano ogni giorno cura e assistenza a favore delle persone anziane.

…è possibile impedire all’anziano di chiudersi in se stesso…

Summary Sabrina Germi describes a own project addressed to the elderly persons and suggests the process to overcome their distress and relation’s personal difficulties. The clinical pedagogy’s methods and the techniques have supported this project and offered new incentives for discovering important abilities and receptiveness to activate outgoing dynamics of Self.

23


n. 21 - luglio-dicembre 2009

Finest ra s u i m et o di e I metodi che vengono presentati sono esclusivi dell’ISFAR Istituto Superiore Formazione marchio registrato. Le modalità di utilizzo e i presupposti teorici possono essere appresi organizzata dall’ISFAR, unico Istituto italiano autorizzato dalla Federazione Europea delle rilasciare il titolo per l’iscrizione all’Albo professionale dell’ANPEC, indispensabile per

BODYWORK® La stimolazione tattile è per l’uomo una costante garanzia di equilibrio psico-fisico e socio-relazionale che ben lo caratterizza fin dall’atto del suo concepimento. Stimolazioni tattili che assai bene riescono a far dialogare l’uomo con il proprio corpo biologico – il corpo oggetto – ma anche quello psicologico – corpo soggetto –, a fargli avere coscienza di essere un corpo e di vivere e comunicare con esso. Una relazione e comunicazione che si realizzano, appunto, attraverso il corpo, strumento di una esperienza soggettiva con la quale l’individuo costituisce e struttura il senso stesso della sua esistenza nel mondo. Egli ha un bisogno essenziale di esistere e di sentire che esiste, essere in contatto con il proprio corpo, di non considerarlo come qualcosa che ha, ma piuttosto come qualcosa che è, e ciò significa conoscerlo bene e non solo attraverso lo specchio. Il corpo “toccato” non si limita a registrare una percezione, ma ne definisce il linguaggio degli affetti, la consistenza dell’esperienza, che può diventare acuta e sfociare dal piacere oggettivo al piacere soggettivo. Per conoscersi, per riacquistare il benessere fisico e psichico, per abbattere il muro psicologico che ci isola dal mondo è utile un contatto con gli altri che rende vivo il nostro corpo. Per mezzo delle stimolazioni tattili, la persona può scoprire la propria identità corporea, entrare in confidenza e in sintonia col proprio corpo, definirne i contorni e pervenire a esperienze di trasformazione delle tendenze psichiche sotterranee, ovvero a una coscienza di sé attualizzata nello spazio e nel tempo contingenti e che, confortata dall’intuizione

24

di insieme, caratterizzerà il suo modo di esprimersi nella vita. Nel corpo è scritta la nostra storia, per cui lavorare su di esso significa entrare anche nella sfera emotiva, attenuare le tensioni, liberarlo da quella “corazza” di rigidità costruita per difenderci dall’ambiente esterno. Il BodyWork® è un metodo che per mezzo della tattilità garantisce disponibilità e piacere ad abitare positivamente il proprio corpo fino a renderlo dialogante, disponibile allo scambio. Preziosi effleurages, parole tattili sollecitano sensazioni efficaci, forme di comunicazione non verbale importanti e piacevoli, idonee a placare le tensioni, capaci di sostentare la conoscenza di sé e mantenere vivo l’equilibrio delle emozioni, fino a rendere più felici e disponibili. Un metodo con cui non vengono curate le rigidità muscolari, i dolori alla schiena e i vari problemi di artrosi, artrite cervicale, scoliosi… né si propone di allungare le muscolature... lo scopo non è “guarire” l’individuo, quanto permettergli di scoprire la propria identità corporea, entrare in confidenza e in sintonia col proprio corpo. La scoperta del Sé favorita da questo metodo avviene su due livelli: cognitivo e affettivo-relazionale. Il primo porta a distinguere l’altro da me, il confine, ossia l’essere dentro il mio corpo, e dunque le azioni che producono effetti su di me e sull’ambiente che mi circonda, a elaborare quanto mi raggiunge dal di fuori e quanto si produce in me. Il secondo, invece, vuole l’individuo al centro di situazioni, eventi e vissuti emozionali. Il livello cognitivo e quello affettivo-relazionale presiedono


n. 21 - luglio-dicembre 2009

sulle tecniche dell’ISFAR Aggiornamento e Ricerca, Formazione Post-Universitaria delle Professioni® e coperti da esclusivamente partecipando alla formazione per la professione di Pedagogista Clinico Associazioni Pedagogisti Clinici, EURO-ANPEC (reg. Unione Europea n. 198364-2004), a accedere all’Albo Europeo dei Pedagogisti Clinici. la costituzione sostanziale, progressiva e non mai ultimata, della personalità. La dialogicità corporea richiesta dal BodyWork, promuove la ricerca di un contatto per conoscersi, per riacquistare il benessere fisico e psichico, per abbattere il muro psicologico che isola dal mondo e ritrovare un dialogo in cui siano assenti la fretta e la meccanicità dei gesti. Appena le mani raggiungono la persona senziente, si origina il senso trasduttore dei segni lasciati dalla mano, i quali irradiano in tutto l’organismo un piacevole giovamento generale, un alto grado di fiducia, tranquillità e sicurezza. Si tratta di contatti fisici, manipolazioni tissutali che offrono a un tempo l’opportunità di un giudizio demografico, topografico e temporo-spaziale. Sulla superficie del corpo si attiva la comunicazione e poiché le stimolazioni tattili devono lasciare una traccia, una impressione piacevole, i movimenti saranno armonici, uniformi, realizzati senza fretta, per creare una sensazione e una conseguente percezione in estensione del piacere in ogni altra parte del corpo. Alla mano che percorre il corpo non possiamo sottrarre inoltre il proprio valore simbolico, il trasfe-

rimento del potere dall’autorità a chi è degno, la possibilità di esprimere promessa, riconciliazione e, in concreto, la straordinaria opportunità dell’uomo di toccare, plasmare, modellare le cose, di compiere, cioè, atti “creativi”. Le mani in un primo momento servono a rassicurare, poi incoraggiano, accompagnano, si muovono in sincronia, si fermano più a lungo su un punto, connotano quanto il corpo trasmette e svela, e agiscono con una pressione conseguente. Le modalità operative sono varie, sono previsti il contatto simultaneo dei polpastrelli dei due pollici e un loro movimento sincronico, nonché movimenti simultanei, sincronici e alternati del palmo della mano dal centro verso la periferia, movimenti rotatori del dorso di questa in evoluzione centripeta e centrifuga ecc. Le stimolazioni tattili praticate con consapevolezza di gesti, sono un nutrimento di vitale importanza per la persona, poiché sono un’espressione di amore, rappresentano un’esperienza vivificante in cui si attua una comunicazione a livelli profondi, si attinge a zone intime dell’essere umano, proprio come l’albero che per crescere attinge alle sue radici.

25


n. 21 - luglio-dicembre 2009

A

N

Congressi, convegni, seminari, incontri… Acilia-Axa Il 4 Aprile 2009 presso il circolo S.S.D. Madonnetta Fitness Park di Acilia-Axa, si è tenuto un incontro di aggiornamento e formazione ai Tecnici-Istruttori, dal titolo “Possibilità di benessere: strategie di comunicazione”, condotto dai colleghi Pasqualino Demitri e Stefania Salvaggio. Biella Il Festival “Bi come Bambini” si è concluso il 18 aprile 2009 con il Convegno su: “Maestra, mi ha morso! Comprendere e gestire l’aggressività nei bambini da zero a tre anni”, promosso dal comune di Biella e organizzato dalle direzioni provinciali ANPEC di Torino e Biella. Al Convegno hanno partecipato vari specialisti, tra cui la dott.ssa Maria Cristina Mazzia, psicologa, e i colleghi Erik Pozza, Klaus Conrad e Angela Forestiere. Bolzano “Da Cogne a Garlasco; aspetti psicosociali dei crimini italiani”. Questo è il titolo della conferenza che Eugen Galasso pedagogista clinico abilitato alla Consulenza Tecnica e Peritale, ha tenuto, presso il CeDocs (Associazione culturale di Bolzano). Bolzano                                         A conclusione e coronamento del Corso di formazione per insegnanti “Stare bello a scuola”; promosso dalla Sovrintendenza scolastica in lingua italiana, il collega Eugen Galasso ha tenuto una relazione sul tema: “Stare bello a scuola nell’ottica pedagogico clinica” e uno workshop sulle “Tecniche creative della pedagogia clinica”. Un contributo che ha prodotto in tutti i partecipanti un sicuro interesse ed in particolare nell’esperta giapponese dottoressa Noriko che ha rilevato e condiviso ogni interpretazione della simbologia archetipica confermando quanto siano gli stessi in ogni parallelo. Catanzaro Il 22 aprile 2009 si è svolto a Catanzaro il convegno sul tema: “Il bambino che sono stato il bambino che ho davanti”, organizzato dal CTM Aurora. Tra i relatori la collega dr.ssa Stefania Mercurio. Cavalcaselle - Sandrà - Castelnuovo del Garda Un programma di incontri formativi rivolti ai genitori dal titolo “Genitori si nasce o si diventa?” è stato realizzato dal gennaio ad aprile 2009 dalla sezione provinciale di Verona di intesa con i Comuni di Cavalcaselle, Sandrà e Castelnuovo del Garda. Conduttori delle serate, i colleghi Carlo Callegaro, Serena Gaiani e Pierluca Ruzzier. Gli incontri hanno suscitato particolare interesse e richiamato in ogni occasione ampia partecipazione. Corleto-Perticara e Falconara Marittima Eugen Galasso, ha curato a Corleto-Perticara e Falconara

26

P

E

C

Marittima con esperienze di disegno onirico e di reflecting, il potenziamento della creatività degli attori e cantanti della compagnia teatrale “TerraTerra” (compagnia per la quale in precedenza aveva già seguito gli spettacoli “Don Quijote e le pale eoliche” e “Le lavandaie e i panni sporchi”) responsabili delle musiche e del testo steso dal regista drammaturgo Giovanni Zurzolo. L’esperienza del disegno onirico ha sostanziato tre momenti formativi di cui l’ultimo a ridosso della “prima teatrale” e prodotto nel gruppo attoriale importanti stimoli orientativi per la scelta cromatica dei costumi, degli oggetti di scena, delle luci e la simbologia delle forme. Firenze I colleghi Marta Mani e Guido Pesci del Centro Studi Specialistici Kromos hanno stilato una intesa pluriennale con l’Istituto Comprensivo Piero della Francesca. Il progetto “Vivere bene la scuola” prevede incontri con i genitori, l’attivazione di uno sportello di ascolto rivolto a genitori e insegnanti, incontri con gli insegnanti della scuola primaria di primo e secondo grado su “La relazione adulto/bambino” e l’aggiornamento degli insegnanti della scuola dell’infanzia. Garbagnate Milanese Nel mese di dicembre, a cura dell’Associazione IASG (Imprenditori Associati Sud Groane), si è tenuta a Garbagnate Milanese la presentazione del libro “Leopardi e il Reflecting”. Fra le oltre cento persone presenti il sindaco, gli assessori e i consiglieri di Garbagnate. Grosseto Nel 2008, su incarico del Comitato Provinciale UISP di Grosseto e patrocinato dall’Assessorato allo Sport del Comune di Grosseto, la sezione provinciale ANPEC ha progettato e realizzato un percorso di Reflecting “Incontri per l’evoluzione di sé”, rivolto all’Area Anziani. Grosseto Gennaio 2009 – L’UISP - Comitato Provinciale di Grosseto (Area Anziani in Movimento) e l’ANPEC Sez. Provinciale di Grosseto, hanno promosso la realizzazione e curata la progettazione grafica di “ComunicAnziani”, un periodico di informazione trimestrale a carattere sociale e pedagogico clinico. La rivista in formato pdf è disponibile consultando il link Area Anziani in movimento in: www.uispgrosseto.it Grosseto I colleghi Alessandra Parrucci e Antonio Viviani hanno condotto nel Febbraio 2009 il Corso di Formazione per volontari Animatore sociale e sportivo, promosso da CESVOT (Centro Servizi Volontariato Toscana). Grosseto Nei mesi marzo-maggio 2009 la prof. ssa Graziana Bongini, dirigente della scuola media “Vico-Alighieri” ha organizzato, per il corpo docente, un percorso di reflecting


n. 21 - luglio-dicembre 2009

T

r

i

b

u

n

e a cura di Antonio Viviani

dal titolo “Insieme a scuola. Il progetto è stato condotto dalle dr.sse Arianna Potenza, reflector, Carlotta Tintori reflector, Michela Magrini, pedagogista clinico con la supervisione del prof. dr. Antonio Viviani. Livorno Il 13 marzo 2009 si è aperto a Livorno un laboratorio per sconfiggere bulimia e anoressia condotto dalla collega Cristina Cherchi. Una grande occasione per quanti vogliono liberarsi di fardelli ingombranti che si portano dietro dalla loro storia familiare, e comprendere con il gioco simbolico quali siano le vie per soddisfare nuovi equilibri. Milano Il Reflector Roberto Castelli ha presentato presso il Rotary Club Arco della Pace di Milano, il libro “Leopardi e il Reflecting”. Alla presenza di importanti personalità della cultura e della imprenditoria milanese, l’intervento di Castelli e l’argomento trattato hanno avuto un successo tale per cui il Consiglio Direttivo del Rotary ha proposto un ulteriore incontro da effettuarsi congiuntamente ad altri Rotary milanesi e dell’hinterland. Una occasione che ha stimolato l’ALDAI (Associazione Lombarda Dirigenti Aziende Industriali) a dare inizio ad un corso Reflecting presso tre imprese, con il contributo oltre che di Roberto Castelli, di Alberto Sedini e di Paola Zavattaro, riconosciuti formatori con una notevole esperienza di marketing in ambito aziendale. Milano Il progetto su “Percorsi di formazione contro il bullismo e per l’affermazione delle buone pratiche”, condotto dai colleghi della provincia di Milano coordinati dal dr. Di Paolo, che ha viste coinvolte 59 scuole di cui 41 Istituti Superiori e 18 Istituti di Scuola Primaria e Secondaria di Primo Grado, ha avuto il suo epilogo nei giorni 13-14-15 marzo 2009 con uno stand dell’ANPEC aperto in occasione dell’esposizione dei lavori nel Salone della Fiera di Milano voluto

dall’Assessorato all’Istruzione della Provincia di Milano. Trieste Dal 6 al 10 maggio presso la prestigiosa sede del Salone degli Incanti a Trieste si è tenuta la manifestazione “Insieme a Trieste”, sostenuta dal Comune di Trieste e da istituzioni private, un evento unico nel suo genere che ha avuto come organizzatori la direzione regionale ANPEC, l’associazione Tutela onlus e il centro studi Melanie Klein. Le persone che nel corso delle cinque giornate hanno partecipato alle varie attività proposte, nei vari laboratori e convegni, sono state 2.800. Multiple ed interessanti esperienze rivolte ai cittadini di tutte le età, che hanno offerto l’occasione di stare insieme e vivere gli spazi e le attività, promosse con l’intento di alimentare nuovi scambi e interessi. Due dei convegni che si sono svolti presso l’auditorium hanno avuto come relatrici la dott.ssa Francesca Simoni e la dott.ssa Luisa Manosperti, rispettivamente direttori

regionale e provinciale ANPEC. Trieste Luisa Manosperti ha coordinato nell’anno 2008-2009 il progetto “Bambini oggi”. Il progetto, rivolto agli insegnanti della scuola dell’infanzia al fine di far acquisire abilità e disponibilità nel mantenere viva una valida relazione con soggetti che vivono disagi relazionali, è stato condotto da un’equipe multidisciplinare. Il percorso, oltre ad avviare un processo di autovalutazione e di attivazione delle risorse interne, ha originato, attraverso l’uso di metodologie educative specifiche della pedagogia clinica, riflessioni e l’opportunità di ripristinare nuovi equilibri. Vicenza I colleghi della sezione ANPEC di Vicenza hanno proposto agli insegnanti della scuola dell’infanzia e primaria, una giornata di formazione sulla codifica e decodifica scrittoria. Il progetto “A-B-Ci siamo!!!” è stato realizzato il 14 marzo 2009, presso l’Istituto di Scuola Superiore Canova di Vicenza.

27


n. 21 - luglio-dicembre 2009

E

c

h

Il Tirreno

Nel quotidiano viene annunciato l’apertura di un laboratorio per sconfiggere bulimia e anoressia condotto dalla collega Cristina Cherchi.

i

d

e

l

Il giornale di Brescia 14 ottobre 2008 Brescia oggi 21 ottobre 2008

Sito web Comune di Trieste

L’Ufficio Stampa del Comune di Trieste ha dato notizia dell’avvio di un progetto sperimentale per le scuole dell’infanzia comunali. Si tratta dell’iniziativa nominata “Bambini oggi” che affronta il tema dei bambini difficili da gestire in classe e della necessità di fornire gli insegnanti delle modalità adeguate per vincere il crescente fenomeno degli irrequieti. Il progetto è stato messo concretamente in atto dalla pedagogista clinico Dott.ssa Luisa Manosperti e dai suoi collaboratori.

L’eco di Bergamo

Moderata da Filippo Grassia la “Giornata Europea sulla Depressione”, ha visto importanti interventi di personalità del mondo scientifico, tra le relazioni quelle di Giuseppe Tavormina psichiatra e Dominique Tavormina pedagogista clinico. I lavori hanno trovato ampia eco sui quotidiani.

28

Il Piccolo

Il progetto “Bambini oggi” coordinato da Luisa Manosperti ha coinvolto le scuole dell’infanzia del comune di Trieste con risultati che hanno avuto il diritto di cronaca. Nell’articolo apparso sul quotidiano Il Piccolo, dal titolo “Insegnanti a lezione per gestire i baby-bulli”, si legge: (…) “Un tema, come si può immaginare, decisamente complesso, tanto che l’assessore Giorgio Rossi si era fatto interprete circa un anno fa, in vista dell’avvio dello scorso anno scolastico, delle rilevanti difficoltà che alcuni insegnanti delle scuole dell’infanzia incontravano nell’affrontare sezioni «ingestibili». Si tratta di piccoli che presentano già alcuni tratti di quelli che, un po’ più grandi, verrebbero chiamati bulli. E si tratta – è stato osservato ieri – di un fenomeno crescente, che vede formarsi generazioni via via sempre più numerose di piccoli fortemente irrequieti; bambini che,

l


n. 21 - luglio-dicembre 2009

a

s

t

a

m

p

a

pur in assenza di patologie conclamate, fanno fatica ad adattarsi alla vita di comunità, hanno scarsa capacità di concentrazione e a volte di relazione con gli altri, e in cui predomina uno stato di agitazione. Il progetto «Bambini Oggi», coordinato dall’Area Educazione Università e ricerca del Comune è stato concretamente messo in atto dalla pedagogista clinica Luisa Manosperti e dai suoi collaboratori…”.

29


n. 21 - luglio-dicembre 2009

E

c

h

Brescia Farmacia Futura

I colleghi della sezione di Brescia hanno avuto la disponibilità da parte della redazione della rivista Brescia Farmacia Futura di occupare uno spazio proprio presentandosi con un articolo che ha permesso di esporre i contenuti scientifici e metodologici della pedagogia clinica ed in particolare sul tema della “Ricerca della serenità” apparso nella rubrica “Benessere”.

Maremma news.it

Nella pagina del network maremma news.it viene presentato il progetto “Insieme a scuola” che sarà realizzato presso la Scuola Media “Vico – Alighieri” di Grosseto, a partire dal 10 marzo 2009. Una occasione, dice l’articolista, per consentire ai partecipanti, senza lezioni ex-cathedra, ma con modalità attive, attraverso l’uso di frasi sollecitatorie e figure stimolo proprie del metodo Reflecting, di muoversi nella propria interiorità, conoscere e discernere le proprie idee e proposte per giungere a scelte consapevoli.

Il Quotidiano

Il 22 aprile è uscito un articolo, a firma Luigi Mariano Guzzo, su “Salvaguardare i bimbi dalla violenza”. Nell’articolo si annunciano i lavori del Convegno “Il bambino che sono stato il bambino che ho davanti”, organizzato dal CTM- Centro Tutela Minori Aurora di Catanzaro di cui fanno parte Domenico Mauro, psicologo e psicoterapeuta, Rosalba Cannoletta, psicoterapeuta, Stefania Mercuri, pedagogista clinico, Paola Farraglia, psicologa, Anna Maria Gabriele, assistente sociale. Un convegno di respiro nazionale che ha visto la partecipazione di numerosi studiosi dei problemi infantili e tra i rappresentanti delle istituzioni, la presidente della Provincia di Catanzaro Wanda Ferro, l’assessore provinciale alle Politiche Sociali Sergio Polisicchio, l’assessore comunale alle Politiche Sociali Nicola Ventura, e il dirigente del Settore delle Politiche Sociali della Regione Calabria Giuseppe Nisticò.

30

i

d

e

l

La Stampa Il Corriere di Cairo, Carcare e Valle Bormida L’unione Monregalese Savona News www.savonanews.it - www.newsonweb.it

L’apertura della sezione provinciale ANPEC di Savona ha avuto una grande attenzione da parte dei mass media, il 3 marzo 2009 è uscito un articolo su Il Corriere di Cairo, Carcare e Valle Bormida, il giorno 4 marzo 2009 ne ha data notizia il giornale La Stampa contemporaneamente ai due siti di Savona News, e il 18 marzo 2009 L’Unione Monregalese.

l


n. 21 - luglio-dicembre 2009

a

s

t

a

m

p

a

Il Corriere di Moncalieri

Presso la scuola dell’infanzia “Bovetti” di Moncalieri si è tenuto l’incontro su “Il gesto e il disegno”, condotto dalle pedagogiste cliniche Caludia Trombotto e Luisa Pennisi, ne dà notizia in due significativi articoli in data 20 gennaio 2009 e 27 gennaio 2009 Il Corriere di Moncalieri.

Salutare

A cura del collega Gerardo Pistillo è apparso sulla rivista “Salutare” n. 5 aprile 2009, un articolo dal titolo La Pedagogia Clinica. Una pagina in cui vengono descritti i principi caratterizzanti la disciplina.

La mia salute

Sul mensile di medicina, scienza e cultura, “La mia salute” di Matera si legge un articolo a firma della collega Giovanna Catullo dal titolo “La pedagogia clinica”.

31


n. 21 - luglio-dicembre 2009

R

e

c

e

n

In questa rubrica vengono sottoposte all’attenzione dei lettori Autori italiani e stranieri nella certezza che si può giungere sapere solo se spalanchiamo i nostri orizzonti su un panorama Simone Pesci, Valentina Benoni Degl’Innocenti, Marta Mani, Guido Pesci

Interventi Clinici Armando Editore, Roma, 2009, pp. 208 Nel variegato panorama della letteratura specialistica, all’interno della storica e prestigiosa collana medico-psico-pedagogica diretta da Giovanni Bollea, recentemente rinnovata, il volume Interventi Clinici spicca come rassegna preziosa ed esclusiva di interventi diagnostici e clinici, effettuati grazie al sapiente ausilio di metodi e tecniche innovative, per soddisfare le richieste delle persone che vivono storie di impasse e si trovano in uno stato di difficoltà, sofferenza e disadattamento. L’équipe del Centro Studi Specialistici Kromos di Firenze, seguendo un’ottica orientata al dialogo e alla collaborazione fra settore sanitario ed educativo, illustra alcune esperienze cliniche con l’obiettivo di fondarsi su una progettualità in grado di fornire risposte significative e concrete e di far recuperare alle persone stabilità e sicurezza. Gli Autori, con curate e puntuali narrazioni dei soggetti incontrati, delle loro storie e del percorso diagnostico e di intervento, ci coinvolgono nei diversi cammini di vita di chi soffre disagi fisici e psichici e di come poter riappropriarsi del proprio benessere e della propria autonomia. Un volume importante e stimolante per quanti già operano nell’ambito dell’aiuto alla persona e per coloro che sono interessati ad approfondire o ad acquisire orientamenti su nuove metodologie di tipo interdisciplinare, una guida all’attività clinica e una testimonianza di risultati raggiunti, di sfide e possibilità. Antonio Viviani

Barbara Ritter

corporeità, diviene, più prontamente capace di sviluppare percorsi di apprendimento, di relazione con gli altri e di realizzazione del Sé. Il presente volume intende essere l’esempio di quanto sia attuabile e sempre più indispensabile una cooperazione e uno scambio tra realtà scolastica e linguaggi ludico-artistico-creativi, rappresentando dunque un veicolo per la trasmissione, la sensibilizzazione e la promozione di nuove modalità di sperimentazione nella scuola al fine di poter garantire un perfezionamento, un arricchimento e un accrescimento di ogni componente educativa. Valentina Benoni Degl’Innocenti

Laura Bandelloni

Idisturbidelcomportamentoalimentareuna prospettiva psicoeducativa Armando, Roma 2009, pp. 93 Laura Bandelloni apre il suo volume con il riferimento alla “Fame” narrata da Ovidio, una immagine di grande impatto evocativo controfigura dell’Anoressia moderna; poliedriche facce della “ problematicità che abita la persona, il suo disegno profondo, la sua malattia, l’alieno che si porta dentro”. Un libro utile per quanti operano ogni giorno a favore di soggetti con disturbi alimentari poiché possono rintracciare in questo lavoro di Laura Bandelloni i percorsi psicoeducativi da lei seguiti, incentrati su metodi specifici e sul rapporto con la persona, quel “mettersi insieme” per con-dividere e raggiungere il massimo risultato clinico. Un volume in cui l’autrice si appella al carattere storico-filosofico per introdurre il lettore nel setting e divenire spettatore delle sue esperienze di lavoro. Guido Pesci

Star bello a scuola Guido Pesci (a cura di) Il Maestro Unico - Contributi scientifici a Edizioni Junior, Bolzano, 2008, pp. 423 confronto Da una laboriosa e cantieristica volontà progettuale di ricerca all’interno della realtà scolastica territoriale nasce “Star bello a scuola”, documentazione e raccolta di composite iniziative improntate al coniugio tra il “pensare” e il “fare”, tra “mente” e “corpo”, che hanno sostanziato il progetto dell’Istituto Pedagogico LEA (Linguaggi Espressivi Artistici). L’Autrice descrive un percorso che, dipanatosi negli anni e ancora in fieri, ha visto al lavoro, quali protagonisti attivi e costruttivi, differenti figure professionali assieme ad insegnanti di diversi cicli scolastici. L’intero progetto, articolato in un corso triennale di formazione, in laboratori esperienziali, in un convegno per docenti di scuola e in un’opera di ricerca assieme agli allievi all’interno di alcune “classi pilota”, si è soffermato su di un’attenta e metodica valorizzazione dell’individuo il quale, grazie all’impiego di mirati saperi artistici e all’espressione della

32

Armando, Roma, 2009 pp. 142 I contributi che si leggono in questo lavoro si inseriscono nel dibattito e nel confronto culturale e scientifico sui presupposti di validità pedagogica ascrivibili alla scelta, nella scuola primaria, dell’insegnante unico in alternativa al team modulare, come previsto dalla Legge Gelmini. Si tratta di suffragi scientifici fondati su un libero pronunciamento, tesi ad assolvere una funzione di stimolo, a promuovere una ricerca di senso senza radicalismi ed esasperazioni. Dai diversi saggi il lettore potrà attingere e trarre molte legittimazioni nella tessitura dell’insegnante unico così come del team, espresse con l’intento di diffondere non le opinioni, ma i saperi desunti dall’impegno esplorativo con ordine e struttura, dalla ricerca e dallo studio.


n. 21 - luglio-dicembre 2009

s

i

o

n

i

alcune recensioni di testi inerenti alla pedagogia clinica scritti da ad un arricchimento scientifico e ad un approfondimento del più vasto possibile. Una produzione che garantisce alla comunicazione orizzonti assai vasti e prepara ad affrontare il dibattito sulla riforma, veicolando le istanze di rinnovamento della scuola senza sfumare la complessità del fatto educativo e lo stile professionale dell’insegnante. Nel volume si leggono i contributi di Giuliana Ammannati, Rosa Basile, Gilberto Borghi, Mauro Carboni, Lorena Angela Cattaneo, Luigia Divincenzo, Eugen Galasso, Tamara Pecchioli e Antonella Ruzza. Un serio inventario con cui si annuncia, pur sostenuto con diverse tesi, un accordo comune, e, soltanto se ci sta a cuore una influente trasformazione sociale, dobbiamo impegnarci per promuovere un futuro educativo senza precedenti, appellandoci ad un concetto dell’educazione molto più ampio di quello elaborato sinora. Nel volume traspare che occorre una pianificazione della politica dell’istruzione e dell’espansione da imprimere alla pedagogia, chiave di questa impresa. Gli autori riconoscono alla scuola primaria una funzione importantissima per lo sviluppo futuro della personalità e l’acquisizione di conoscenze e abilità necessarie per l’apprendimento autonomo. Nei vari lavori il confronto si delinea col cambiamento fondamentale che si sta verificando nel modo di concepire la scuola e le sue funzioni, e si colora di sfaccettature e contrasti che stimolano la lettura. La politica educativa, si legge nella prefazione di G. Pesci, “ha l’obbligo di aggiornare e di riqualificare gli insegnanti, tenendo conto degli studi scientifici e della ricerca che hanno prodotto nuovi metodi, tecniche e tecnologie innovative, per condurli ad acquisire una professionalità non meno adeguata e accreditata delle altre, promuovendo altresì una parallela politica di incentivi economici. Elevare lo status professionale degli insegnanti rendendoli abili pedagogisti. Questo è ciò che ragionevolmente si deve perseguire e, forse, con una più rilevante preparazione e diverse abilità si potrebbe decidere più opportunamente se optare per l’insegnante unico o per un team modulare. Se poi si riuscissero ad eliminare gli sprechi e a destinare i fondi a retribuzioni che possono incoraggiare il ritorno alla professione anche di pedagogisti maschi, avremmo soddisfatto perfino la necessità di mantenere viva l’identità sessuale dei nostri bambini”. Marta Mani

Andrea Mannucci e Luana Collacchioni Insegnante di sostegno ed educatore Roma, Aracne, 2008, pp. 130         I due autori spiegano, commentandole, le varie legislazioni di “pedagogia speciale” e in specie sui diversabili che, dal 1955 in poi, si sono succedute. Mettono in scacco l’assolutezza del QI come parametro e metro assoluto, e dissertano ampiamente sulla corporeità, sensorietà  e sessualità dei diversabili, soffermandosi ad esporre varie storie di vita e diverse difficoltà incontrate, riconducendoci sempre allo speci-

fico della persona, di Mario, Laura, Francesco etc.. Non si tratta di manuale né di un prontuario capaci solo di rubare il tempo al lettore e neppure di “dromologia” che impedirebbe di raccogliere con interesse le esperenzialità dedotte. Il libro offre al lettore l’occasione di una riflessione ed un arricchimento in conoscenza ed esperienza. Eugen Galasso

Nuovi Orizzonti Psicologia-Medicina-Pedagogia

riv. n. 1, anno 2009, Firenze (Edizioni ISFAR®) ISSN: 2036-7139

È uscita in questi giorni la rivista Nuovi Orizzonti, un periodico che “nasce come spazio di dibattito e strumento di diffusione scientifica, dà accoglienza a saggi teorici e ricerche che abbiano prevalentemente una rilevanza clinica e applicativa in ambito psicologico, medico e pedagogico. Essa intende proporre scenari d’avanguardia a quanti ope­rano in campo clinico-educativo e a tutti coloro che nel vivere quotidiano possono trovare validi e interessanti i saperi, le esperienze e le opportunità che tali discipline sono in grado di offrire. Per i suoi contributi tecnico-scientifici si rivolge ai professionisti dei diversi settori specialistici e, contemporaneamente, ad un target più ampio e composito di lettori per la presenza di lavori maggiormente divulgativi, pur con compiuta fondatezza, esposti nella rubrica permanente La scienza nel quotidiano. Nuovi Orizzonti, mossa da un intento laico, ospita diversi punti di vista, che ritiene ugualmente percorribili, come elementi utili ad allargare le prospettive del conoscere; accoglie la diversità in tutte le sue forme per aprirsi alla possibilità del sapere, rifiutando ogni ideologia precostituita; vuole essere il luogo dell’abbraccio fra le scienze psicologiche, mediche e pedagogiche, un connubio favorevole al benessere e allo sviluppo degli individui e desidera rendere vive e attive queste discipline. Guidato da uno spirito innovativo, questo periodico, attento alla correttezza scientifica e deontodologica, si impegna a favorire il dialogo interdisciplinare e intra­disciplinare. Un contributo poliedrico che riconosca le differenze teoriche e metodologiche, ma anzitutto recuperi le affinità e le similitudini epistemologiche e storiche di queste scienze, con l’intento di rendere produttivo lo scambio di conoscenze e competenze ed offrire ri­sposte sempre più proficue alla Società. Fondiamo oggi una rivista sull’Uomo per l’Uomo, un’opera che auspichia­mo capace di recuperare la tradizione proiettandola verso le sfide dell’avvenire: passato e presente si incontrano per confrontarsi in modo critico e dialettico e trarre nuova linfa allo scopo di dirigersi, intraprendere e percorrere il costante cammino verso un futuro aperto a sempre nuovi orizzonti”. Un’utile messaggeria che permette di accogliere i lavori di quanti vogliono contribuire ad ampliare il campo della elaborazione teorica e della ricerca. Sergio Gaiffi

33


n. 21 - luglio-dicembre 2009

Novità editoriali INTERVENTI CLINICI

Simone Pesci - Valentina Benoni Degl’Innocenti Marta Mani - Guido Pesci Aggiornamenti Collana Medico-Psico-Pedagogica

Edizioni Armando Introduzione Capitolo I: METODI DI INTERVENTO Capitolo II: UN’AUTONOMIA DIFFICILE Capitolo III: IPERCINETICO DI ASPERGER Capitolo IV: DIFFICOLTÀ AD APPRENDERE Capitolo V: BAMBINO… “DISLESSICO” Capitolo VI: UN GIOVANE CON BALBUZIE Capitolo VII: SARA, IL CIBO E IL CORPO Capitolo VIII: TRA ANSIA E DEPRESSIONE Capitolo IX: AGGREDIRE L’IMPOTENZA Capitolo X: TERAPIA DELLA COPPIA: RITROVATE LE INTESE Conclusioni Bibliografia di approfondimento

Centro Studi Specialistici Kromos

Viale Europa 153-155 - 50126 Firenze Telefono: 0556531816; 0556821548; 0556532802 www.centrokromos.it

34


ISFAR®

ISTITUTO SUPERIORE FORMAZIONE AGGIORNAMENTO E RICERCA

Formazione Post-Universitaria delle Professioni FORMAZIONI

PEDAGOGISTA CLINICO Sedi e date di inizio Cagliari, 17 ottobre 2009; Catania, 24 ottobre 2009; Bari, 31 ottobre 2009; Napoli, 7 novembre 2009; Milano, 14 novembre 2009; Roma, 21 novembre 2009; Padova, 28 novembre 2009; Firenze 12 dicembre 2009. ECM: CREDITI FORMATIVI 50 Destinatari - La formazione è rivolta a laureati (laurea magistrale e lauree Vecchio Ordinamento) in Pedagogia o Scienze Pedagogiche (classi 87/S, LM-85, V.O.), Psicologia (classi 58/S, LM-51, V.O.), Medicina e Chirurgia, Scienze dell’Educazione (classi 56/S, LM-50 e 65/S, LM-57), Filosofia (classi 17/S, 18/S, LM-78 e V.O.); Scienze della Formazione Primaria; Educatori Professionali (SNT-SPEC/2). Per altre lauree sarà valutato il curriculum. Possono iscriversi anche coloro che sono ancora in formazione, presentando idonea autocertificazione, i quali dovranno comunque essere laureati al momento della verifica finale. L’ISFAR è l’unico Istituto autorizzato dall’Associazione Nazionale Pedagogisti Clinici (ANPEC) – costituita con Atto Pubblico il 28 marzo 1997 e registrata a Firenze il 16 aprile 1997 al n° 2423 – a rilasciare il certificato di una specifica formazione per l’ammissione all’Associazione e l’iscrizione all’Albo Professionale di natura privati­stica dei Pedagogisti Clinici (artt. 6-8 Statuto ANPEC). La formazione promossa dall’ISFAR è riconosciuta dall’Amministrazione Scolastica (Articolo 66 C.C.N.L. Scuola, direttiva n° 90/2003 del Ministero della Pubblica Istruzione prot. 20402 del 25 ottobre 2007). Al personale insegnante la formazione, oltre alla titolarità per l’iscrizione all’Albo, è certificata come Corso di Specializzazione in Pedagogia Clinica.

Prospetto della formazione Area teorica: Prospetto formativo • I presupposti epistemologici della Pedagogia Clinica • La storia della Pedagogia Clinica • Gli sviluppi della ricerca Pedagogico Clinica Area della rilevazione diagnostica: Modalità procedurali • Scopia del repertorio semiotico • Anamnesi • Colloquio anamnestico • Analisi sull’autonomia e coscienza di sé • Semiotica senso-percettiva • Analisi dell’espressività motoria • Analisi delle abilità e disponibilità espressivo-verbali • Analisi delle abilità codificatorio e decodificatorio-scrittorie • Analisi delle potenzialità e della polisimmetria causale dinamica delle difficoltà • Metodologia e tecnica dei test • Strumentario diagnostico con copyright ISFAR: Test Organizzazione Grafopercettiva (tre-otto anni), Test Mnesi Immediata (dai tre anni alla terza età), Test di Attenzione e Faticabilità, Test di Maturazione Logica, Test Self-Concept, Analisi delle manifestazioni ansiose e depressive, Scala Holmes-Rahe, Analisi delle capacità intellettive. Area dei metodi e delle tecniche d’intervento pedagogico-clinico: Metodi: SELF® per il risveglio delle abilità nell’autonomia e coscienza di sé; MPI® (Memory Power Improvement) per l’attentività e la mnesi; BonGeste per la grafo espressività; Prismograph® per educare al segno grafico; EUcalculia per le abilità logico matematiche; Writing Codex per la codifica scrittoria; Educromo per la decodifica scrittoria; Edumovement per le esperienze organizzativo motorie; Ritmo Fonico, Coreografia Fonetica, Vibro-vocale per l’ascolto, l’espressività e la comunicazione orale; InterArt® per lo sviluppo della creatività; Musicopedagogia® per la facilitazione delle modalità interattive; Discover Project®, Trust System®, Touch-Ball® (brevetto ISFAR), Body-Work® per l’esplorazione del corpo; Training induttivo per favorire il rilassamento; Reflecting® per favorire l’evoluzione positiva; Semiotica Senso-Percettiva per facilitare l’interazione; Psicofiabe® per stimolare l’immaginazione. Area delle strategie d’intervento e tecnico-professionale: Conduzione dell’assessment • Modalità comunicazionali • Percorsi diagnostici • Criteri di esposizione degli aspetti caratterizzanti la diagnosi • Sistemi idonei a stilare una relazione scritta • Percorsi immaginativi • Spiralizzazione dei progetti educativi • Mesologia dell’atelier educativo • Formulazione del contratto • Procedure per l’attivazione e lo sviluppo dell’attività libero-professionale • Analisi delle competenze professionali • Supervisione. Area della formazione personale orientata da: Disegno onirico • psicodramma olistico • teatro spontaneo • burattini • respiro e voce • maschere. Compilazione e discussione di una tesi finale. Detta discussione avverrà davanti ad una Commissione formata dai rappresentanti dell’ISFAR e dell’ANPEC. Al termine del percorso verrà rilasciato il Certificato di Formazione per

Pedagogista Clinico e formalizzata l’iscrizione all’Albo Nazionale ANPEC Crediti formativi ECM: 50 per Medici Chirurghi, Psicologi, Educatori Professionali (SNT-SPEC/2). Quote di iscrizione: e 155,00 - Quota di frequenza: sei rate da e 580,00 ciascuna Sede per la discussione di Tesi: Firenze: ISFAR Istituto Superiore Formazione Aggiornamento e Ricerca, Via del Moro 28 Sedi, calendari, orari e docenti della formazione possono essere consultati visitando il sito www.isfar-firenze.it

CHIEDI ALLA TUA REGIONE/PROVINCIA I VOUCHER FORMATIVI www.isfar-firenze.it www.clinicalpedagogy.com


ISFAR®

ISTITUTO SUPERIORE FORMAZIONE AGGIORNAMENTO E RICERCA

Formazione Post-Universitaria delle Professioni FORMAZIONI

PSICOMOTRICISTA FUNZIONALE “Scuola Jean Le Boulch” Sede e data di inizio Firenze, 14 novembre 2009 ECM CREDITI FORMATIVI: 50 Destinatari - La formazione è rivolta a laureati in Scienze Motorie (classi 33, L-22, 53/S, LM-47, 75/S, LM-68 e 76/S, LM-67), Pedagogia o Scienze Pedagogiche (classi 87/S, LM-85), Psicologia (classi 58/S, LM-51), Scienze e tecniche psicologiche (classi 34, L-24), Medicina e Chirurgia, Scienze dell’Educazione e della Formazione (classi 18, L-19, 56/S, LM-50 e 65/S, LM-57); Terapisti della neuro e psicomo­tricità dell’età evolutiva, Tecnici della riabilitazione psichiatrica, Terapisti Occupazionali, Educatori Professionali, Fisioterapisti; per altre lauree sarà valutato il curriculum. Possono iscriversi anche coloro che sono ancora in formazione, presentando idonea autocertificazione, i quali dovranno comunque essere laureati al momento della verifica finale. L’ISFAR è l’unico Istituto autorizzato dall’Associazione Nazionale Psicomotricisti Funzionali (ASPIF) a rilasciare il certificato di una specifica formazione per l’ammissione all’Associazione e l’iscrizione all’Albo Professionale di natura privati­stica degli Psicomotricisti Funzionali (Artt. 6-9 statuto ASPIF). La formazione promossa dall’ISFAR è riconosciuta dall’Amministrazione Scolastica (Articolo 66 C.C.N.L. Scuola, direttiva n° 90/2003 del Ministero della Pubblica Istruzione prot. 20402 del 25 ottobre 2007). Al personale insegnante la forma­zione, oltre alla titolarità per l’iscrizione all’Albo, è certificata come Corso di Specializzazione in Psicomotricità Funzionale.

Prospetto della formazione Il percorso formativo include incontri in aula e in atelier, performance tecnico-professionali, preparazione di ausili, partecipazione ad iniziative scientifico-culturali, compilazione e discussione di una tesi finale. Area teorica: La Psicomotricità funzionale: quadro neurologico e quadro funzionale di Jean Le Boulch • Contributi della pedagogia e della psicologia alla Psicomotricità Funzionale • Contributi della neurofisioanatomia • Contributi della neuropsichiatria e della psichia­tria • Kinesiologia. Area tecnica: Osservazione e Bilancio Psicomotorio Funzionale (BPF) • Pratica Psicomotoria Funzionale • Coreografia Corporea • Language Dance • Esperienza dinamica contrattiva e decontrattiva muscolare (Jacobson e Eutonia) • Tecniche di rilassamento e tecniche tattilo-corporee • Psicomotricità funzionale in acqua • Tecniche di apprendimento • Bon Depart e Prescrittura • Psicomusica • Performance tecnico professionali. Area personale: Psicocorporeità Dialogica • Tonematica Comunicazionale • Dinamica Cinesico-Ge­stuale • Dinamiche relazionali. Compilazione e discussione di una tesi finale. Detta discussione avverrà davanti ad una commissione formata dai rappresentanti dell’ISFAR e dell’ASPIF.

Al termine del percorso formativo verrà rilasciato il Certificato di Formazione per

Psicomotricista Funzionale

e formalizzata l’iscrizione all’Albo Nazionale ASPIF degli Psicomotricisti Funzionali Crediti Formativi ECM: 50 per Psicologi, Tecnici della Riabilitazione Psichiatrica, Educatori Professionali; richiesto accreditamento per Terapisti della Neuro-Psicomotricità dell’Età Evolutiva, Terapisti Occupazionali, Fisioterapisti, Tecnici di Neurofisiopatologia

Quota di iscrizione: E 155,00 - Quota di frequenza: sei rate da E 490,00 ciascuna Sede, calendario, orario e docenti della formazione possono essere consultati visitando il sito www.isfar-firenze.it

CHIEDI ALLA TUA REGIONE/PROVINCIA I VOUCHER FORMATIVI www.isfar-firenze.it

www.psicomotricitafunzionale.it


ISFAR®

ISTITUTO SUPERIORE FORMAZIONE AGGIORNAMENTO E RICERCA

Formazione Post-Universitaria delle Professioni FORMAZIONI

METODO REFLECTING

ABILITÀ COMUNICATIVE NELLE PROFESSIONI DI AIUTO Sedi e date di inizio Milano, 24 Ottobre 2009 - Firenze, 21 Novembre 2009 ECM: CREDITI FORMATIVI 50 Destinatari - La formazione è rivolta a laureati (lauree magistrali e lauree Vecchio Ordinamento) in Psicologia (classi 58/S, LM-51, V.O.), Pedagogia o Scienze Pedagogiche (classi 87/S, LM-85, V.O.), Scienze dell’Educazione (classi 56/S, LM-50 e 65/S, LM-57) e ad altri laureati magistrali (previa valutazione del curriculum) che si trovano a condurre interventi clinici e/o educativi. Possono iscriversi anche coloro che sono ancora in formazione, presentando idonea autocertificazione, i quali dovranno comunque essere laureati al momento della verifica finale. L’ISFAR è l’unico Istituto autorizzato dalla Società Internazionale di Reflecting (SIR) – costituita con Atto Pubblico il 10 aprile 2002 e registrata a Firenze il 22 aprile 2002 rep.n. 23580 – a rilasciare il certificato di una specifica formazione per l’ammissione all’Associazione e l’iscrizione al relativo Albo Professionale di natura privatistica dei Reflector (artt. 7-9 Statuto SIR). La formazione promossa dall’ISFAR è riconosciuta anche dall’Amministrazione Scolastica (Articolo 66 C.C.N.L. Scuola, direttiva n° 90/2003 del Ministero della Pubblica Istruzione prot. 20402 del 25 ottobre 2007). Al personale insegnante, oltre alla titolarità per l’iscrizione all’Albo, la formazione è certificata come Corso di Specializzazione in Reflecting.

Prospetto della formazione - La formazione si articola in 13 week-end (sabato e domenica) e prevede incontri interattivi in aula su base teoricotecnica, performance esperienziali, relazioni e ricerche. Gli incontri si delineano in: Fondamenti epistemologici. Le basi teoriche e i principi ispiratori • L’identità epistemologica del Reflecting • Introduzione al Metodo Reflecting Contributi teorico-pratici della psicodinamica. La psicodinamica • Relazioni tra la psicodinamica e il Reflecting • Analisi dei messaggi del disagio Il Reflecting e il Reflector. Il setting • Il contratto • La nuova maieutica • Il tavolo di cristallo • Analisi critica di materiale filmico e canovacci terapeutici • Verifica delle abilità conseguite e discussione Semiologia corporea. Controllo della tonicità muscolare e destrezza motoria • Ricerca dello schema corporeo e dell’immagine di sé • Abitare il proprio corpo: avere un corpo ed essere un corpo • Verso la conquista dell’autonomia e dell’equilibrio • Abilità di comunicazione corporea • Essere mediatori di comunicazione • I codici semiologici corporei. Linguistica funzionale. Le coordinate linguistiche per comunicare • Morfosintassi e lessicologia nella relazione • Fonetica relazionale • Comuni­ cazione fono-semantica • L’uso della parola: come e quando impiegare le parole Tonematica dialogica. Abilità distributive della respirazione • Comunicazione teorica e sperimentale della voce • Immagine corporea e immagine vocale • La comunicazione paralinguistica Scenografia espressiva. Mimica e distribuzione corporea nello spazio • Cinemi fono-articolatori • Ar­chitettura delle manifestazioni espressive • Analisi dell’espressione corporea propria e degli altri Dinamiche comunicazionali. La comunicazione non verbale del Reflector • Comunicare con lo sguardo • Il silenzio conversazionale • Polarizzazione, orientamento e connotazioni associativo-simboliche • Esperienze dinamiche e attive di Reflecting Abilità comunicative e ambiti di applicazione. Il Reflector con il singolo • Il Reflector con la coppia • Il Reflector nei gruppi • Il Reflector nell’Istituzione Scolastica • Il Reflector in Azienda • Il Reflector nello Sport • Il Reflecting, un aiuto per progettare e sostenere la genitorialità • Il Reflector libero professionista. Analisi delle performance professionali e simulate. Esercitazioni e role-playing per sviluppare abilità espressivo-comunicazionali • Strategie cliniche ed educative nel proprio contesto professionale. Dispense gratuite: G. Pesci, A. Viviani, Polarizzazione, orientamento e connotazioni associativo-simboliche; G. Pesci, A. Sedini, A. Viviani, Strategie di comunicazione. Al termine del percorso verrà rilasciato il Certificato di Specialista in Metodo Reflecting e formalizzata l’iscrizione all’Albo dei Reflector Crediti formativi ECM: 50 per psicologi Quota di iscrizione: E 186,00 - Quota di frequenza: tre rate da E 540,00 ciascuna Sedi della formazione e date di inizio: Milano, 24 ottobre 2009; Firenze, 21 novembre 2009. Milano: Hotel Mennini ***, Via Napo Torriani 14, 20124 - www.hotelmennini.com Firenze: Centro Studi Specialistici Kromos, Viale Europa 155, 50126 - www.centrokromos.it Le modalità di iscrizione e frequenza, i calendari completi, i docenti della formazione e gli orari possono essere consultati visitando il sito www.isfar-firenze.it

CHIEDI ALLA TUA REGIONE/PROVINCIA I VOUCHER FORMATIVI www.isfar-firenze.it www.reflecting.it



Edizioni Magi - Roma organico di conoscenze e competenze innovative indirizzate ai bisogni educativi della persona. 1974, anno in cui alcuni ortopedagogisti del Cenacolo Antiemarginazione a Firenze, guidati dal professor Guido Pesci, sostituirono il termine di pedagogista clinico a quello di ortopedagogista dando inizio Una scienza che proclama una fondata opposizione a ogni criterio positivi sul piano della realizzazione pratica e concreta. prezzati, che trovano in queste pagine ampia documentazione.


n. 21 numero 2 - anno X luglio-dicembre 2009


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.