n. 22 numero 1 - anno XI
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gennaio-giugno 2010
Pedagogista clinico nei servizi educativi. Interventi come… interventi per… Clinical Pedagogist in educational services, Acting how… acting for…
La Pedagogia Clinica quale disciplina del Nuovo Umanesimo Clinical Pedagogy subject of New Humanism
La “persona umana” The “human person”
n. 22
Autorizzazione Tribunale di Firenze Decreto 4868 1° marzo 1999 Periodico semestrale Anno XI n. 1 gennaio-giugno 2010
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O I R A M M
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Pedagogista clinico nei servizi educativi. Interventi come... interventi per... / Clinical pedagogist in educational services, Acting how... acting for...
La Pedagogia Clinica quale disciplina del Nuovo Umanesimo / Clinical Pedagogy subject of
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Segreteria di redazione: Valentina Benoni Degl’Innocenti Sergio Gaiffi Marta Mani Simone Pesci
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Direttore responsabile e scientifico Guido Pesci
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New Humanism
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La “persona umana” / The “human person”
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Finestre sui metodi e sulle tecniche dell’ISFAR Pag. 26 / Windows on ISFAR methods and tecniques ANPEC Tribune / ANPEC Tribune
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Echi della stampa / Echoes from the press
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Recensioni / Write up
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News / News
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Pedagogista clinico nei servizi educativi. Interventi come... interventi per... di Rosa Anna Impalà*
La pedagogia clinica e il movimento scientifico-professionale dei pedagogisti clinici ad essa collegato offrono un servizio all’opinione pubblica, alle forze sociali, alle istituzioni educative e ai decisori pubblici (locali e nazionali) sulle possibili risposte che pedagogia clinica e pedagogisti clinici sono in grado di dare all’empirica realtà dei soggetti e delle situazioni problematiche poste dagli stati di necessità educativa e dalle richieste di aiuto educativo; risposte improntate e fondate su un’attività di ricerca, analisi, progettazione e condivisione di elaborati strategici e sostenute da un unico obiettivo: “tutelare una personalità, ossia un insieme di caratteristiche, quali il temperamento, l’intelligenza, il carattere e il comportamento” (Pesci, 2005, p. 26). Si tratta di un’azione, quella del pedagogista clinico, basata su istanze progettuali e condizioni di fatto, poiché sono i dati empirici, il presente, la realtà, che rappresentano determinazioni imprescindibili affinché l’intento di incidere sulla riconquista di equilibri psico-emozionali, sul cambiamento personale e sullo stile socio-relazionale possa tradursi in operatività trasformativa. Ricerca, analisi, progettazione, condivisione e diffusione de-
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gli elaborati rappresentano, nel loro insieme, il prodotto più caratterizzante dell’attività del movimento scientifico-professionale dei pedagogisti clinici e della pedagogia clinica, ovvero della scienza che, indirizzata ai bisogni educativi della persona di ogni età, si confronta “con la condizione dell’uomo esistente, che è l’uomo visto in quel quadro di riferimento, spazialmente e temporalmente determinato, che prende il nome di società” (Salomon, 2007, pp. 7-8). Sui singoli elaborati si forniscono dati e informazioni, si delineano proposte, si individuano questioni aperte, con particolare attenzione al confronto con le più efficaci e innovative esperienze internazionali. Infatti, anche attraverso l’Associazione Europea dei Pedagogisti clinici, ovvero la Federazione delle associazioni di pedagogisti clinici presenti in Europa, il movimento scientifico-professionale si impegna a svolgere un’attenta azione di monitoraggio sulle esperienze innovative di altri paesi. In particolare, il movimento italiano dei pedagogisti clinici e la Pedagogia clinica si pongono come ponte per colmare il di-
…un’azione, quella del pedagogista clinico, basata su istanze progettuali e condizioni di fatto… stacco che sussiste nel nostro Paese tra ricerca, opinione pubblica e pubblici decisori; distacco che penalizza anche l’aggiornamento e il miglioramento del nostro sistema educativo. Un breve, ma necessario, passo indietro nel tempo: Agli albori degli anni settanta si impose il credo delle cosiddette pedagogie sociali e/o speciali e, a dispetto di chi le ha “ritenute ca-
* Professore aggregato presso l’Università di Messina Facoltà di Scienze della formazione e incaricato di Educazione Comparata e di Pedagogia clinica
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paci, nella migliore delle ipotesi, di applicare operativamente e settorialmente le deduzioni proposte dalla pedagogia teoretica” (Ivi, 2007) accreditati studiosi dei fatti educativi, nel fronteggiare anche le resistenze delle altre scienze umane, determinarono “una continua sollecitazione a tradurre i principi generali in metodologie appropriate a specifici e mirati interventi educativi” (Ivi, 2007). Se nei paesi d’oltralpe e anche d’oltre oceano spopolavano, com’è noto, gli effetti prodotti dagli studi di molti pedagogisti sugli errori di fondo del pensiero pedagogico classico compiuti sia quando “ha scelto e sceglie” la pedagogia dell’essenza, sia quando “ha scelto e sceglie” la pedagogia dell’esistenza, sia quando cerca di unire questi due principi sulla base delle condizioni storiche e sociali esistenti (Suchodolski, 1972, p. 117, in Salomon, op. cit., p. 8), nel Nostro Paese, relativamente a questo, il 1974 è ben rappresentato dal peculiare e ambizioso progetto di autorevoli personalità di raffinata cultura e diversificate sensibilità che, nel riconoscere il legame della pedagogia al sociale, prospettano una visione educativa propensa e incline a cogliere tutti gli aspetti del vivere sociale e le esigenze che da esso promanano; personalità autorevoli che hanno sentito il bisogno di confrontarsi e dialogare, decidendo, in prima battuta di sostituire il termine “ortopedagogista” con quello di “pedagogista clinico” e spianare la strada alla
pedagogia clinica, ovvero al “sapere pratico”, nel senso di un sapere che non si limita al momento critico-descrittivo della vita dell’uomo e della società, ma al sapere che sa anche orientare l’azione (Ivi, p. 9). Questo ci dà una rappresentazione abbastanza asettica del particolare clima e dei frequenti dibattiti tra le personalità impegnate a dialogare nella sede del Cenacolo Antiemarginazione di Firenze; dibattiti che vedono dal 1997, ovvero dalla costituzione dell’ANPEC (Ass. Naz. Pedagogisti Clinici)* il pedagogista clinico protagonista indiscusso e inoppugnabile e che si nutrono dei suggerimenti e dei contributi di rappresentanti di Enti e Istituzioni Nazionali e Internazionali, ma soprattutto dei contributi culturali dei nomi più belli della pedagogia, anche di quella italiana, impegnata a rigettare il pensiero di chi valuta “la pedagogia alla stessa stregua di una sovrastruttura incapace di reale autonomia rispetto a quelle che sono le scelte politiche, le uniche in grado di determinare reale sviluppo sociale” (Salomon, p. 9). Ebbene, la pedagogia nel suo percorso di affrancamento dall’originale “approccio o esclusivamente critico (razionalità analitica) o meramente applicativo (che non consente di aprirsi alla generalizzazione)“ (Ivi, p. 9) può essere ac-
comunata alla pedagogia clinica per una loro comune intrinseca aspirazione a strutturarsi come scienza con un proprio e specifico statuto epistemologico. A tal riguardo non è difficile constatare che anche la pedagogia clinica assume connotati di sistematicità e di scientificità proprio grazie all’ausilio di tutte quelle discipline che hanno per oggetto di analisi l’uomo nella prospettiva dell’educazione che si svolge in contesti formali, ma anche nonformali e informali. Lo studioso di pedagogia clinica, dunque, non si limita a descrivere, ma interpreta gli eventi educativi alla luce di tutti quegli aspetti che specificano la storia del soggetto-utente; in sintesi, la pedagogia clinica individua, co-me oggetto di analisi e di intervento, realtà educative e bisogni formativi, legge con attenzione e interpreta le attese sociali, convergendo sull’ambizioso progetto del suc-
…la pedagogia clinica assume connotati di sistematicità e di scientificità…
* Riconoscimento ufficiale da parte dell’UE della Federazione delle Associazioni dei Pedagogisti Clinici - l’EURO-ANPEC.
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cesso formativo. “Ci si rende conto, pertanto, che risulta indispensabile analizzare contesti ed eventi in grado di rappresentare cornici di senso, obiettivi, scopi e fini, aspetti organizzativi e strutturali” (Ivi), metodi e tecniche specifiche per quelle realtà educative che reclamano l’intervento pedagogico-clinico. E ciò in funzione del fatto che l’educazione senza l’azione sociale è semplice conquista degli strumenti del sapere, come l’azione sociale senza educazione è semplice pressione dall’esterno: la sollecitazione al cambiamento senza la partecipazione di coloro che devono essere cambiati determina, come ci insegna Borghi (Borghi, 1974), soltanto un mutamento di facciata e non una reale trasformazione. “Qui mi pare di poter individuare il proprium di un agire educativo orientato essenzialmente a svolgere un’azione costruttiva dentro gli apparati e le istituzioni, affinché dal di dentro di essi si catalizzino e si potenzino quegli elementi e quei fattori che possono determinare promozione e sviluppo della personalità individuale e sociale. Si tratta di un approccio ai problemi dell’educazione capace di rompere, in termini di esaustività sia con il carattere fattuale, solo empirico e pragmatico del modello scientista, sia con la presunta preminenza del fattore filosofico, axiologico, teleologico, in virtù del richiamato principio di raziona-
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lità pratica. Si tratta, per un agire educativo efficace e funzionale alla ristrutturazione della personalità -fondamento del progresso sociale e dell’umano sforzo verso la civiltà e la libertà- di assumere in modo sincronico, nella progettazione degli interventi educativi, tre elementi, quali: l’anatomia della società civile, l’educazione, l’azione sociale” (Salomon, Op. Cit., p.10). La specificità della ricerca pedagogico-clinica è proprio questa: l’analisi complessiva del processo educativo e non. Da qui l’esigenza di poter disporre di operatori capaci di favorire il progresso culturale, capaci di demitizzare le false illusioni, capaci di stabilire autentiche relazioni di aiuto alla persona, e ancora, capaci di prospettare situazioni esistenziali nuove nelle quali sia possibile sperimentare in prima persona valori decisivi come quello dell’impegno, della responsabilità, della partecipazione, della verifica delle scelte operate e delle prese di posizione assunte, della capacità di aprirsi al dialogo con l’altro, traendo dall’altro spunti e occasioni di crescita, del considerare il proprio orizzonte esistenziale solo un orizzonte possibile (Passim, pp. 10-14). Ed è sempre con le parole di Antonio Michelin Salomon che riferiamo come non a torto l’educazione viene assunta, nell’attuale dibattito pedagogico, sempre più come una scommessa sul cui esito e sulla
…l’esigenza di operatori capaci di favorire il progresso culturale. cui riuscita non si può che rimanere fortemente dubbiosi, e pur tuttavia la pedagogia deve “avventurarsi” e “compromettersi” nel mondo per “decifrare” meglio certi sensi, certi problemi e certe richieste del mondo, per affermare in quest’ultime la forza costruttiva e liberatrice della “legge” educativa e per promuovere più efficacemente la valorizzazione del mondo, elevandone la misura umana in tutta la ricchezza e la varietà delle sue espressioni. Non è cosa di poco conto decodificare in senso pedagogico i fatti, i bisogni e le richieste di aiuto alla persona per dialettizzarli con le altre forze presenti e operanti nella società, specie quando la ricerca pedagogica si esprime e, nello stesso tempo, chiede conferme e suffragi nella ricerca operativa che – a dire di Santomauro (G. Santomauro, Brescia, 1967) – è costretta a svolgersi in un contesto situazionale di per sé molto lontano dall’essere una perfetta sintesi razionale. Questo vuol dire
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che la pedagogia, ci insegna G. M. Bertin (G.M. Bertin, 1953), e in particolare la pedagogia clinica, deve utilizzare la società in quelle forme e in aspetti reali che più direttamente incidono nel processo educativo, e cioè ambientare in essi razionalmente l’esperienza educativa, organizzandola in modo da realizzare la triangolazione teoria-prassi-teoria, che è caratteristica peculiare della procedura logica della pedagogia. Questo approccio richiama fortemente il paradigma della ricerca/azione che conferisce un giusto riconoscimento a tutti quegli Operatori della pedagogia che si impegnano con duttilità di azione e risolutezza di interventi. Operatori spesso in condizioni di precarietà professionale, ma capaci di farsi carico dei principi di aiuto alla persona, “cura” e “relazione”, intorno ai quali si costruisce l’autentico agire educativo-trasformativo, pur nell’intreccio delle influenze che incalzano sull’uomo, lo plasmano e, come ha scritto nel 1981 il prof. G. Catalfamo (G. Catalfamo, 1981, nn.1-2, p. 26), lo fanno essere quello che è (Cfr. A. Michelin Salomon, Op. Cit., pp. 12-14). Dall’Associazione dei pedagogisti clinici veniamo informati del frequentissimo ricorso dei decisori locali di enti privati e pubblici all’opera e al lavoro dei pedagogisti clinici, ossia degli esperti che si collocano perfettamente all’interno della tematica congres-
…”cura” e “relazione”, intorno ai quali si costituisce l’autentico agire trasformativo… suale che al lavoro e alle tante esperienze del pedagogista clinico vuol dare risalto; una scelta tematica voluta dalla responsabile provinciale, l’amica Dott.ssa Lucia Sorrentino, alla quale esprimo la mia gratitudine per avermi dato la possibilità di partecipare a questo prestigioso incontro. Importanti congressi scientifici nazionali e internazionali, dal 1998 ad oggi, hanno affrontato temi strategici che congiuntamente alle iniziative editoriali rappresentano il prodotto più caratterizzante dell’attività di questo Associazionismo. È possibile riassumere, in un profilo sintetico, le fasi caratterizzanti l’attività dell’Associazione nazionale: - sensibilizzare il pubblico e il mondo scientifico alla Pedagogia clinica e alla professione del Pedagogista Clinico; - coinvolgere le personalità del Forum sociale, scolastico e dei decisori pubblici attraverso congressi, conferenze, manife-
stazioni scientifiche, seminari di studio, giornate di formazione, per raccogliere il più largo consenso sulle tesi, al fine di conferire alle stesse il massimo di autorevolezza e capacità di influenza presso l’opinione pubblica e le istituzioni; - diffusione mirata (informare e coinvolgere), delle iniziative editoriali (libri, testi, riviste, periodici, bollettini), utilizzando anche come strumenti specifici le presentazioni pubbliche dei contenuti scientifici, tecnici e metodologici con eventi sia nazionali che locali e loro diffusione. Particolare attenzione viene dedicata alla sensibilizzazione di organismi pubblici e privati, locali, nazionali e internazionali, associazioni e movimenti europei e non, purché compatibili con i principi e gli scopi dell’Euro-ANPEC; - lobby trasparente al fine di diffondere dati e informazioni presso i decisori pubblici a livello nazionale e regionale, presso i parlamentari, le forze politiche e sociali, le istituzioni educative, nell’auspicio che le proposte dell’ANPEC influenzino le iniziative di governo e si trasformino in operatività non più a macchia di leopardo; - L’Associazione svolge, inoltre, verifiche sull’efficacia della propria attività, facendo riferimento ai contenuti di leggi e provvedimenti dei decisori pubblici, al numero e alla qualità delle sperimentazioni av-
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viate dalle istituzioni educative, ai riconoscimenti che la comunità scientifica, politica e di settore riserva all’attività dell’Associazione, nonché all’attenzione che i media dedicano agli argomenti trattati. Nell’incontro odierno daremo spazio quasi esclusivamente alle testimonianze del lavoro svolto dai pedagogisti clinici nell’ambito della loro indefessa attività di studio e di ricerca e diremo del loro non essersi risparmiati nello spendere le migliori energie nell’intenzione di garantire possibilità di plauso al loro profilo professionale, di verificarne la validità del percorso professionale da testimoniare anche con la creazione di una documentazione sia come memoria che come indicazione di metodo e di esperienza pedagogica. Uno spazio che ci permetterà di cogliere come la presenza dei pedagogisti clinici nelle questioni di disagi relazionale e di difficoltà relazionale (in famiglia, nella scuola e nelle strutture pubbliche e private) sia il segno denotativo di una Pedagogia clinica italiana ormai giunta a una matura consapevolezza della sua funzione pubblica: i pedagogisti clinici, oggi, sono pronti a far parte di quell’apparato “burocratico” che ne accresce la credibilità e l’immagine, poiché essi conferiscono alle situazioni di aiuto pedagogico e agli stati di necessità educativa, una ufficialità che rende autorevolezza ai
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soggetti agenti e rappresentano pure la categoria di lavoratori capace di garantire la tutela di ogni singola personalità, anche nel clima più turbolento delle parti in causa (scuola-famiglia, scuola-società, docente-discente, docente-docente, genitori-figli, alunni tra loro, persona-persona), essi sono la giusta interfaccia a cui poter fare riferimento. Questa consapevolezza giova tanto alla Pedagogia clinica, da sempre impegnata a non farsi fagocitare dalle altre scienze umane, quanto alla scuola e alla politica scolastica, le cui difficoltà sono a tutti note. Con questo incontro odierno miriamo ad arricchirci dell’esperienza dei pedagogisti clinici che da tempo praticano la professione e affrontano i temi propri della lotta al disagio, alle difficoltà relazionali, alle disabilità, agli handicap, all’integrazione culturale, ma soprattutto ad allargare la base di consenso della politica scolastica, di quella politica che oggi investe la scuola di particolare autorità. Non mancano di certo le testimonianze che hanno sollecitato lo sviluppo di un sistema nazionale di presenza dei pedagogisti clinici nelle istituzioni sociali e nella scuola, come condizione imprescindibile per una società giusta ed equa nelle offerte formative, ma abbiamo piena consapevolezza che in Italia purtroppo non c’è ancora una diffusa “cultura dei risultati” e delle buone prassi, cioè manca la
bussola che aiuta a governare il sistema. In quest’ottica, il ricorso ai pedagogisti clinici, quali garanti di una verace interfaccia testimonia l’avvio della Pedagogia Clinica sulla strada della sua necessaria collocazione al centro della vita pubblica delle istituzioni scolastiche, all’interno delle quali assumere prerogative di interesse istituzionale. Anche attraverso i pedagogisti clinici passa dunque l’annunzio delle scienze della formazione e non deve meravigliare se oggi rivolgiamo le nostre attenzioni al lavoro dei pedagogisti clinici come garanzia che dà dignità di ufficialità agli Interventi come… e agli Interventi per…, in analogia a quanto avviene in altre sedi, ovvero in sedi diverse dalla scuola, ma diverse anche per dislocazione geografica sul nostro territorio nazionale, appunto, a macchia di leopardo, come dicevo prima. Interventi come…
- Pedagogista Clinico come Libero professionista. Una delle prime testimonianze internazionali ci viene fornita da Claudio Rao, (Pesci e Mani, Il pedagogista clinico nelle Istituzioni, Magi, Roma 2007, pp. 19-23) presidente del Consiglio Direttivo dell’Associazione Nazionale Pédagogues Cliniciens (ANPC) del Belgio (Ass. costituita a Bruxelles nel 2002), che ha realizzato un significativo intervento come libero professionista in un reparto di pedopsichiatria
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nella clinica Saint Jean di Bruxelles, ovviamente con un progetto di intervento pedagogico clinico elaborato dall’ANPC e approvato dal Consiglio di amministrazione della clinica. La clinica fornisce un servizio di psicopatologia e il reparto di pedopsichiatria che ospita soggetti di 5-12 anni è condotto da un’equipe multidisciplinare composta da pedopsichiatri, psicologi, infermieri specializzati in salute mentale, educatori e animatori specializzati in attività diverse e specifiche, quali: piscina, teatro, equitazione, arti plastiche. Ovviamente l’intervento del pedagogista clinico come libero professionista è stato reso possibile dall’apertura dell’Unità di pedopsichiatria ai contributi esterni, nell’ottica della condivisione delle esperienze tra i membri dell’équipe e i professionisti esterni. - Pedagogista Clinico come Supervisore dell’équipe pluri e multidisciplinare di assistenza al bambino malato, ovvero come professionista del coordinamento delle risorse umane operanti nei centri di ospitalità del bambino malato. Una esperienza testimoniata da Luisa Susanna Viviani Maggi di Genova (Ivi, pp. 24-32). L’intervento del pedagogista clinico, in questo specifico caso è stato su due fronti: un’azione educativa-formativa sulla singola persona, in un’ottica di evoluzione emotiva, relazionale e
sociale; un’azione rivolta all’intera organizzazione del Centro di Ospitalità e di assistenza dei piccoli pazienti dell’ospedale pediatrico Gaslini di Genova. In questo caso, l’intervento del pedagogista clinico è mirato allo sviluppo e all’ottimizzazione delle risorse umane, alla motivazione, alla condivisione, alla sensibilità umana, alla lettura delle emozioni, alla gestione dei conflitti, alla crescita personale e sociale e, come testimonia Viviani Maggi, alla vita stessa del Centro di ospitalità, in un momento preciso della sua storia, quello di qualificare il suo operato come luogo di accoglienza e di cura affettivo-relazionale del bambino malato e della sua famiglia, secondo i criteri di una relazionalità aperta ed empatica, fatta di identità, di conoscenza, di rispetto, di dialogo, di interazione e di cooperazione. Si è trattato per il pedagogista clinico, come l’autrice dell’esperienza ci riferisce (ed è possibile leggere nel libro del prof. G. Pesci), di organizzare una formazione pedagogicoclinica per adulti a livelli complementari e pur diversi di intervento. Per gli operatori del Centro è stato creato dal pedagogista clinico uno Sportello di ascolto; è stato organizzato un Corso di aggiornamento su deontologia, obiettivi e acquisizione del ruolo; sono stati programmati Incontri periodici
di gruppo come luoghi in cui scambiarsi i vissuti, confrontarsi e comunicarsi l’esperienza interiore (di tutto ciò si possono, se si vuole, avere degli approfondimenti ricorrendo al testo di cui prima). - Pedagogista Clinico come Formatore del personale insegnante delle scuole dell’infanzia, (Ivi, pp.51-55) per un valore aggiunto alla preparazione culturale di base: acquisire competenza nel saper leggere qualsiasi manifestazione di ansia e di insicurezza, ogni segnale di richiesta di aiuto, conoscere ogni bisogno, così come le cause di ogni protesta espressa nei diversi momenti di attività ludica e ludiforme, ma anche di lavoro di micro-gruppo nel più vasto gruppo-classe. Da diversi anni, il pedagogista clinico è presente nei percorsi di formazione del personale insegnante delle scuole dell’infanzia del comune di Firenze, come testimoniano Guido Pesci e Marta Mani. - Pedagogista Clinico come Consulente per gli studi legali (Ivi, pp. 56-58) nelle cause di divorzio, come mediatore nella conflittualità comunicativa tra le parti in causa, ma anche per interventi sul contesto educativo-formativo dei minori che, in seguito alla separazione dei genitori, vivono disagi psicoemozionali. - Pedagogista Clinico come Giudice onorario (Ivi, pp.7982) presso il tribunale dei mi-
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nori. Il pedagogista clinico partecipa ai Collegi civili e penali del tribunale e collabora con il magistrato per l’attuazione degli interventi educativi più idonei, dopo l’ascolto mirato del minore, dei suoi familiari e degli operatori dei Servizi Territoriali. - Pedagogista Clinico come Direttore educativo presso le Cooperative e le organizzazioni aziendali, (Ivi, pp. 87-95) per le quali il terreno delle abilità sociali, interpersonali e personali è di fondamentale importanza, infatti queste vanno viste in tutte le declinazioni della relazione, tenuto conto delle specificità degli altri professionisti, dirigenti e consulenti. Interventi per…
- Interventi per La persona anziana (ospite della Casa di Riposo o degli Istituti per anziani, e non). (Ivi, pp. 33-37) Premesso che per il pedagogista clinico la condizione essenziale di ogni esperienza educativa è conoscere la persona a cui l’aiuto è rivolto, anche in questo specifico ambito di intervento è necessaria un’attenta analisi dei bisogni e delle caratteristiche dei soggetti destinatari del nostro intervento. Il colloquio anamnestico, nelle preziose specificazioni di Antonio Viviani e Carmen Torrisi di Grosseto, rappresenta un’eccellente opportunità di esplorazione per prevedere e prov-
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vedere alle richieste d’aiuto. Esaustive delineazioni d’intervento, metodo e tecniche sono delineate nel volume di Guido Pesci, di cui prima. - Interventi per La famiglia e la maternità nei consultori pubblici e privati (L.405/75). (Ivi, pp. 38-41) In queste istituzioni sono previsti oggi interventi psico-sociali e pedagogici votati a superare la tradizionale ottica meramente sanitaria, insufficiente – sicuramente da sempre, ma subita e inconsapevolmente accettata – a fornire risposte idonee alla complessità delle problematiche psicologiche, relazionali ed esistenziali della persona, quali possono essere, per esempio le problematiche nei rapporti di coppia, nei rapporti genitori-figli, figli-genitori anziani, regolazione delle nascite, adozioni e affidi. Le politiche sociali sono oggi consapevoli che impegnarsi in attività esclusivamente riparatrici delle patologie già esplose non sia sufficiente, e che i servizi di sostegno alla persona debbano essenzialmente promuovere un benessere generale, per il quale sono da considerarsi prioritarie le relazioni significative e soddisfacenti tra le persone. Non sono più il singolo o la famiglia con gravi problematiche a dover essere sostenuti: oggi, nella società del terzo millennio, ovvero della conoscenza e della globalità, urge creare un
corridoio di differenziazione nelle risposte che la società civile è chiamata a dare alle richieste di coloro che esprimono il bisogno di ridurre le situazioni di disagio, temendo che queste possano diventare conflitti. Nei consultori, gli ambiti di intervento del pedagogista clinico sono principalmente la consulenza a singole persone, alle coppie, a genitori, a famiglie e la realizzazione di progetti votati al benessere, alla prevenzione del disagio, a fornire competenze per l’otti-
…oggi, nella società del terzo millennio, urge creare un corridoio di differenziazione nelle risposte che la società civile è chiamata a dare…
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mizzazione delle risorse. Progetti che possono essere realizzati presso il consultorio, ma anche nelle agenzie esterne (esempi di progetti: Vita di coppia, comunicare in modo efficace i propri pensieri e sentimenti; Educando s’impara, a sostegno della genitorialità – maternità e paternità; Genitori al di là della separazione; Maschio e femmina a confronto, e così via). - Interventi per L’integrazione culturale. (Ivi, pp. 42-47) Il pedagogista clinico facilitatore dell’integrazione, ovvero facilitatore dell’interazione tra l’immigrato e il contesto socio-geografico di adozione; un intervento di certo proiettato verso la rimozione del disagio che accompagna sempre l’esperienza di migrazione. In tal senso, sono possibili progetti di laboratorio che mirano all’incontro e allo scambio tra popoli e culture diverse, quindi progetti su Mondo e fiabe di altre culture, Compagni di viaggio e autobiografia, ma anche progetti di sostegno all’inserimento nelle scuole per gli immigrati presenti nel nostro territorio attraverso la costituzione di gruppi di lavoro multidisciplinari e multiculturali, nell’ambito delle specifiche attività del settore di Politiche Culturali, Scolastiche, Sociali e Università, per l’integrazione sociale e culturale degli alunni immigrati e rispettive famiglie. Progetti strutturati non sul con-
fronto delle culture, ma su percorsi possibili di promozione di un rapporto concreto tra persone di diverse culture, con tutto il loro carico di storia e di vita. Misure di integrazione sociale, quindi, oltre che culturale, nella convinzione che la diversità non sia eliminabile, che con essa bisogna convivere, venirne in contatto, conoscerla e trovare degli strumenti di comunicazione. L’alternativa al modello gerarchico è vivere la diversità fondandola su un sistema di valori che ha come principio l’eguaglianza di tutti gli esseri umani. Ed è su questo principio di uguaglianza che bisogna lavorare per abbattere i pregiudizi da ambo le parti e per capire, come ci insegna il Prof Gri, docente di Antropologia culturale presso l’Università di Udine, che è vero che dobbiamo avere delle radici, ma non siamo alberi: abbiamo le gambe e siamo fatti per camminare. - Interventi per La prevenzione e l’individuazione precoce del rifiuto scolastico e del disagio, (Ivi, pp. 59-61) ma anche per la gestione dei ragazzi a scuola e nella famiglia, in riferimento alle problematiche delle relazioni distorte tra pari, qual è il bullismo, in riferimento alle difficoltà di adattamento all’apprendimento scolastico, nonché alle relazioni spinose tra docenti e allievi preadolescenti e adolescenti o tra genitori e figli preadolescenti e
adolescenti. Su questo specifico ambito di Interventi per… ritengo necessario soffermarmi poiché i presenti sono in maggioranza docenti. Nelle difficoltà di adattamento all’apprendimento scolastico c’è la necessità, per genitori e insegnanti, di condividere il disagio, anzi a parer mio questa necessità è prioritaria rispetto alla ricerca di colpe e colpevoli: non serve cercare colpe e colpevoli, come non serve la difesa ad oltranza del proprio operato. Ciò che serve è invece la ricerca e l’individuazione di strategie comuni. Insegnanti e genitori sensibili al bene del bambino (o ragazzo che sia) ottengono risultati migliori ed in breve tempo mettendo insieme la reciproca conoscenza del binomio fanciullo-scolaro nei contesti della quotidianità. Quando per motivi di conflittualità ciò non avviene o non è possibile che avvenga, è opportuno rivolgersi ad un mediatore esterno che riporti l’attenzione sul bambino o sul ragazzo, ciò perché le difficoltà di adattamento all’apprendimento scolastico, anche se si mostrano in modo isolato, ostacolano il normale cammino di scolarizzazione del giovane allievo, producendo problemi di natura psicologica, scarsa motivazione, incomprensione dei familiari e talvolta rifiuti e chiusure radicali a proposte di apprendimento.
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Un’ulteriore precisazione: l’importanza dell’individuazione precoce delle difficoltà di adattamento all’apprendimento scolastico è data dal fatto che non significa occuparsi soltanto di studenti molto giovani, a volte significa anche per il pedagogista clinico impegnarsi e trattare con studenti di scuola superiore o studenti universitari se il problema è stato trascurato. Nell’ambito dell’individuazione precoce, quindi, è necessario sottolineare una fondamentale distinzione tra quattro “D” (1. Disturbi dell’apprendimento; 2. Difficoltà di apprendimento; 3. Difficoltà di adattamento all’apprendimento scolastico; 4. Disagio), poiché nel loro insieme rappresentano problemi ad altissima frequenza di segnalazione durante la scuola primaria, nel momento, cioè, in cui il bambino è chiamato a orientare la sua energia psichica e mentale (sentimenti, emozioni, competenze intellettive) nella funzione “apprendimento”. Quando parliamo di disturbi dell’apprendimento, ci riferiamo a situazioni ben definite che solitamente riguardano un aspetto specifico dell’apprendimento e che si manifestano con modalità circoscritte. Si tratta di disturbi nei quali le modalità normali di acquisizione delle capacità in questione sono alterate già nelle fasi iniziali dello sviluppo. Si ritiene che i disturbi derivino da
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anomalie nell’elaborazione cognitiva; anomalie legate in larga misura a qualche tipo di disfunzione biologica. Molte indagini epidemiologiche hanno evidenziato che i disturbi dell’apprendimento costituiscono un rilevante problema in ambito psicopedagogico e in ambito medico-pediatrico. L’incidenza di tali disturbi, secondo il prof. Cesare Cornoldi, riguarda una percentuale che va dal 5 al 10% della popolazione scolastica, a seconda dei criteri diagnostici utilizzati: in media, cioè, in ogni classe ci sono da uno a due alunni con queste difficoltà, ci informa dal 1996 il prof. Patrizio Tressoldi. Quando parliamo di difficoltà di adattamento all’apprendimento ci riferiamo a situazioni anch’esse ben definite, ma che riguardano manifestazioni di sofferenza psico-affettiva o di deprivazione socio-culturale. In presenza di sofferenza affettiva e problemi da deprivazione culturale certi processi possono risultare troppo faticosi, innaturali e generare resistenza psicologica e ritiro dall’apprendimento: sono bambini che avvertono una specie di gradino davanti ai contenuti dell’apprendimento disciplinare e sviluppano una reazione di resistenza con comportamenti di elusione. Il gradino fa da inciampo e se la personalità è fragile, il blocco e la svogliatezza grave sono assicurati. E quando la stima di sé è
seriamente minacciata (impotenza appresa) questi bambini devono più degli altri sentire la presenza attenta e favorevole dell’insegnante. Situazioni di sofferenza psicologica e disturbi di personalità provocano il ritiro dall’apprendimento: l’alunno si blocca, incontra il gradino di cui prima, non si concede all’apprendimento, non si espone al rischio: aspettative alte e rigide in famiglia, un fratello perfetto, gelosie, oppure ospedalizzazioni o gravi malattie proprie o di familiari, separazioni mal gestite. Quando la svogliatezza è radicale, non è beata pigrizia, è che il bambino o il ragazzo teme semplicemente di soccombere: Vissuti di abbandono affettivo inducono, a volte, l’alunno a fare l’estroso, a cercare attenzione o ad esercitare un potere di maltrattamento su qualcuno più debole, timido, straniero. Il non esser stati compresi al momento giusto determinerà, per molti allievi, scelte scolastiche e di vita sbagliate, quali sono il bullismo, la trasgressività, l’ab-bandono precoce degli studi, divenendo, pure, schiavi dei conformismi e gregari dei bulli di turno. Stesso rischio per gli alunni in situazione di deprivazione socio-culturale e di fallimento scolastico. Studi statistici presentati nel 1997 al secondo convegno pediatrico dal-la Dott.ssa Landi Nerina hanno evidenziato che più del 50% di giovani adulti
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devianti sociali (tossicodipendenza, condotte antisociali) hanno alle spalle un disagio/fallimento scolastico. Le difficoltà di apprendimento sono legate a problemi subclinici e riguardano quegli studenti che a scuola non vanno molto bene, che non stanno al passo con gli altri, che mostrano dei limiti non chiari; il problema di questi studenti non è ben chiaro e la sua stessa stabilità nel tempo non è certa, mentre è certa la non corrispondenza tra quoziente cognitivo e quoziente degli apprendimenti; il primo calcolato sul quoziente intellettivo, il secondo sulla valutazione delle prestazioni scolastiche. L’aiuto pedagogico clinico è indispensabile per sperare nell’integrazione scolastica e sociale, ma tutto si rivelerà inutile se la scuola allenterà il legame, l’attenzione e perciò la presa educativa. Da quanto sin qui esposto, personalmente deduco per la scuola un primum: Non Nuocere, che traduco nel dire con forza: il primo obiettivo per una scuola è comprendere, per non fare danno. In questa affermazione è racchiusa la consapevolezza della necessaria presenza del pedagogista clinico nelle situazioni di rifiuto scolastico e di disagio. - Interventi per un aiuto specifico sui residenti di Comunità-alloggio, (Ivi, pp. 96-99) ovvero su proposte integrative e alternative alla famiglia destinate a preadolescenti ed adolescenti che si
trovano in situazione di disagio personale e socio-familiare e con modelli genitoriali poco adeguati ai loro bisogni educativi. (28 Comuni siciliani gestiscono 55 Centri alloggio per minori sottoposti a provvedimento dell’autorità giudiziaria minorile. A Messina sono 2 i Centri alloggio e precisamente “Azione sociale” e “Nuove solidarietà”). - Interventi per L’educazione degli adulti, nei Centri Territoriali Permanenti, (Ivi, pp. 106-109) ovvero nelle istituzioni scolastiche statali in cui confluiscono corsi di alfabetizzazione alla lingua italiana per studenti stranieri; scuola media per adulti; progetti P.O.R. e P.O.N. Su questo specifico intervento per l’educazione degli adulti desidero soffermarmi per precisare che la collaborazione è su due fronti: un’azione educativa e formativa per la singola persona; un’azione rivolta all’intera organizzazione. Sul primo fronte, cioè per la persona, poiché possono essere passati anni o addirittura decenni da quando l’adulto ha abbandonato gli studi e anche perché la motivazione, in un adulto, non può essere inventata o imposta dal formatore, ma deve essere esplicitata tramite il principio della negoziazione; sul secondo fronte, poiché l’intera organizzazione esplicita il suo impegno a realizzare l’imperativo della società della conoscenza, ovvero
Le difficoltà di apprendimento sono legate a problemi subclinici… ma tutto si rivelerà inutile se la scuola allenterà il legame, l’attenzione e perciò la presa educativa. l’educazione permanente, attraverso attività significative e mirate ad accrescere l’interesse e la partecipazione dei cittadini ai programmi di istruzione e formazione. Il sostegno aggiuntivo agli adulti che stanno completando il loro percorso di istruzione di base o agli adulti lavoratori impegnati per ottenere parti di qualifiche necessarie ad
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essere competitivi costituisce un passo importante verso la realizzazione degli obiettivi di Lisbona, verso le aspettative dei soggetti in formazione e riqualificazione professionale, ma anche degli stessi datori di lavoro; aspettative che possono essere esaudite unicamente attraverso il lavoro delle scuole, degli istituti di formazione e di altri soggetti che offrono la formazione. La presenza dei pedagogisti clinici nei Centri Territoriali Permanenti (C.T.P.), valorizza il contributo che il sistema dell’educazione permanente rende all’economia del Paese. Pedagogisti Clinici, dunque, come mediatori imparziali tra bisogni di formazione e individuazione delle iniziative di formazione adatte a rispondere a questi bisogni, ma soprattutto mediatori imparziali del Patto formativo, ovvero dell’esplicitazione e formalizzazione dello specifico percorso di istruzione e formazione, sottoscritto dall’adulto, dai docenti e dagli operatori dei C.T.P. E ciò che dico è reale poiché l’elemento fondante del Patto formativo è l’analisi iniziale della realtà di ciascun adulto impegnato ad aggiornare le proprie conoscenze, a migliorare le proprie abilità, a cogliere le esigenze attuali del mondo del lavoro. Lo Stato, dunque, resta l’Istituzione fondamentale per garantire l’educazione di tutti, in particolare delle minoranze e degli indigenti, e per
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promuovere opportune misure politiche. Gli adulti in formazione sono, infatti, clienti e i loro punti di vista e i loro requisiti vengono utilizzati per adattare l’offerta. In tal modo il riconoscimento dei loro risultati ottenuti passa anche dai servizi di consulenza e sportelli di ascolto gestiti pure dai Pedagosti Clinici. Il lavoro dei pedagogisti clinici, com’è noto, non è attestato da antica data, anche perché gli Interventi per… e gli Interventi come… sono stati considerati comunemente occupazione di psicologi, assistenti sociali, docenti di sostegno e, a dire il vero, ancora oggi si individuano non poche testimonianze in questo senso, ma se nel 1998, cioè nel primo congresso, è stata discussa la differenza, in Italia, rispetto a più evoluti paesi europei, di attenzione e comprensione dei processi individuali e sociali di aiuto alla persona e di aiuto educativo nell’ottica di un impegno che vede la pedagogia clinica coinvolta socialmente e politicamente, a 11 anni di distanza il movimento dei pedagogisti clinici ha ritenuto opportuno ritornare sul tema organizzando l’incontro odierno, anche per mettere in evidenza le proposte fondamentali formulate nel corso degli anni ed illustrare, come vedremo in seguito, metodi, organizzazione e applicazione dei metodi e dei sistemi allocati nella gestione dell’aiuto pedagogico e delle ri-
sposte agli stati di necessità pedagogico-clinica. Si tratta, a mio avviso, di una scelta votata a sottolineare l’essenzialità del lavoro dei pedagogisti clinici per migliorare la qualità della vita della persona, ma anche la qualità del servizio alla persona, tra cui la scuola, alla quale si riconosce da sempre il ruolo di ascensore sociale: ruolo che sembra essersi inceppato. Il tema di oggi è senz’altro di grandissima attualità, per i suoi riflessi sulla higher education e per l’opportunità di ribadire l’efficacia di una coerente allocazione di risorse umane in quelle istituzioni (la scuola, in primis) nelle quali la qualità della vita è riconosciuta come prerogativa di rendimento e produttività di benessere. A dispetto dei citati ritardi nella qualificazione di questa figura professionale da parte dei decisori pubblici, c’è da dire che molte istituzioni sociali hanno dato fiducia a questi lavoratori, valorizzandone il ruolo e che altre istituzioni, pubbliche e private ne hanno richiesto l’operato. Va notato che i pedagogisti clinici confluiscono nella Scuola Superiore di formazione (che rappresenta la naturale riserva di questo tipo di personale), che vengono reclutati tra i laureati, quindi con base di istruzione di livello medio-alto, e preparati avendo individuato la loro allocazione in diversi luoghi della vita pubblica e in diversi momenti della vita privata della
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persona. In questa sede abbiamo avuto modo di delinearne, se pur brevemente, gli atti di operare sul campo, su commissione di privati e per conto delle istituzioni sociali (ma nell’incontro odierno, a seguire dopo questa mia apertura dei lavori, questo pubblico attento e colto avrà modo di approfondire le conoscenze sulle nuove collaborazioni, grazie alle interessanti relazioni di programma). È necessario, tuttavia, precisare che la presenza dei pedagogisti clinici non può restare ancorata solo all’interesse delle parti: in moltissime circostanze essa deve essere, come ho già detto, fortemente e appassionatamente voluta dalle istituzioni presenti sul territorio, per dare tono di ufficialità pubblica agli interventi che i pedagogisti clinici realizzano sia con soggetti in difficoltà, sia con soggetti portatori di rinnovate esigenze sulla qualità della vita. A giudicare da tutta l’organizzazione dell’officium di formazione, non è irrazionale esprimere l’importanza del lavoro produttivo dei pedagogisti clnici, poiché si configura socialmente idoneo a dare impiego e visibilità a colui che lo esercita, ma soprattutto ai fini dell’importanza del prodotto, di certo migliorativo per la singola persona – fanciullo, giovane o adulto che sia –, ma anche per una società civile che, pur nella complessità, non smarrisce la consapevolezza del
valore di un lavoro che si compie per ripristinare gli equilibri prosociali ed emotivo-relazionali dei cittadini. Occorre che la presenza del pedagogista clinico nelle istituzioni cessi di continuare ad essere un complesso a due velocità: quella del Nord e quella del Sud e pertanto non
può in alcun modo affievolirsi il fattivo impegno per procedere nella direzione giusta. Auspico che la presenza dei pedagogisti clinici nelle istituzioni sociali venga saggiamente affrontata da una politica motivata a che il nostro Paese recuperi, anche su questo versante, la distanza che lo
…dall’organizzazione dell’officium di formazione, non è irrazionale esprimere l’importanza del lavoro produttivo dei pedagogisti clinici… BIBLIOGRAFIA G. Pesci, Pedagogista clinico, formazione e professione, Magi, Roma, 2005, p.26. A. Michelin Salomon, (a cura di) Modi e luoghi dell’agire educativo, Ed. Antonello da Messina, ME, 2007, pp.7-8. B. Suchodolski, Pedagogia dell’essenza e pedagogia dell’esistenza, Armando, Roma, 1972, p.117, in A. Michelin Salomon, op. cit., p. 8. L. Borghi, Educazione e sviluppo sociale, La Nuova Italia, Firenze, 1974 G. Santomauro, Per una pedagogia in situazione, La Scuola, Brescia, 1967 G. M.Bertin, Etica e pedagogia dell’impegno, Marzorati, Milano, 1953. G. Catalfamo, Saggio sulla scepsi pedagogica, in “Prospettive Pedagogiche”, 1981, nn.1-2, p. 26.
Summary The professor Rosa Anna Impalà offers an analysis based on answers that Clinical Pedagogists are able to elaborate for subjects living in problematic situations, with educational support and its aim is to act on the regaining of the psycho-emotional balance, personal change and relational style. The thesis proposed here, expressed in such statements as: “acting like...” – “acting for...” focuses on the importance of early detection of subject’s difficulties and on the interventions aimed at considering every single aspect related to the subject’s needs.
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LaPedagogiaClinicaqualedisciplina del Nuovo Umanesimo di Nicola Corrado
Nel 1786 Johann Wolfgang von Goethe fuggì letteralmente da Weimar sotto falso nome per recarsi in Italia, perché ormai non era più contento di sé. Né della sua vita sentimentale né della sua attività professionale, entrambe ridottesi ad una sorta di stagnazione emozionale per mancanza di stimoli, malgrado la grande creatività di cui era naturalmente dotato. Fuggiva in Italia, che egli riteneva – sulla base dei suggestivi racconti del padre e del mito imperante della classicità del sud presso gli stranieri in generale ma nei tedeschi in particolare – la patria della bellezza e della vitalità emotiva e intellettuale. L’Italia anche quale meta a cui spingeva in quegli anni la Sehnsucht, la “malattia del desiderare” dei giovani intellettuali tedeschi, tutti un po’ Wanderer, viandanti nello spirito, come il loro giovane idolo. Il paesaggio mediterraneo e le testimonianze del glorioso passato di questa regione del mondo rappresentavano nella mente del giovane Goethe il luogo ideale per realizzare le sue aspirazioni più profonde e attualizzare le sue potenzialità. La sua convinzione “che bisognasse cambiare molte pelli per divenire un uomo” (Nello Saito, p.X, La vita e l’opera) e che “divenire un uomo, cioè maturare, perfezio-
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nare la sua umanità, era ciò che lo interessava di più” era alla base della cosiddetta Bildung*, la propria storia di crescita e formazione umana e professionale da portare a compimento, per sentirsi pienamente soddisfatti di sé nella vita. “Amore, lavoro e conoscenza sono i pilastri fondamentali della vita di un uomo e dovrebbero anche indirizzarla” dirà più tardi un suo grande estimatore austriaco, Wilhelm Reich, che farà dello sviluppo armonico della persona il suo principale oggetto di studio e di ricerca, la Bildung personale appunto. Perseguire la tua realizzazione significa affrontare con determinazione gli ostacoli che ti si frappongono sul cammino. Alcuni per cause esterne alle tue respon-
sabilità, altri interni, imputabili alla tua complessione, alla tua struttura caratteriale. Ed è a questi che bisogna rivolgere l’attenzione e con essi tentare di negoziare degli spazi di flessibilità, che ti consentano di vivere.
Amore, lavoro e conoscenza sono pilastri fondamentale nella vita di un uomo…
Il termine nasce con Goethe e indica la formazione umana e professionale di un individuo. In seguito con Bildungsroman verrà indicato il romanzo di formazione per eccellenza. Il termine poi con il letterato umanista Wilhelm von Humboldt assumerà un significato più ristretto e riguarderà la formazione universitaria non strettamente specialistica, ma la propria storia di formazione prima come uomo e poi come professionista. Lo studente tedesco doveva costruire da se stesso il curricolo di studio in base ai suoi interessi, ma non soltanto ai suoi interessi in generale, ma anche a quelli specifici e concreti del mercato culturale dell’epoca. Nell’università tedesca tradizionale era disdicevole aver studiato nella propria città, era una forma di pigrizia mentale, che privava lo studente di esperire un clima culturale diverso da quello domestico e foriero di un nuovo Erlebnis (esperienza vissuta sulla propria pelle), e quindi di crescere e sviluppare la propria personalità. A proposito del bisogno di inquadrare il nostro discorso all’interno di una cornice umanistica, riportiamo le parole attualissime di Umberto Galimberti che, rispondendo ad una lettrice che le aveva chiesto il perché della sua diffidenza per le medicalizzazioni e per le definizioni diagnostiche della malattia operate dalla scienza psichiatrica, afferma: “ (…) occorre una cultura umanistica, perché è difficilmente contestabile il fatto che non è possibile curare la mente, che è l’organo che sintetizza cultura, prescindendo dalla cultura che è il lavoro della mente.” Da: Risponde U.Galimberti - D, La Repubblica delle Donne, 25.07.09. *
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Goethe affetto da una pressante Sehnsucht, tenta di raggiungere l’Italia, ma arrivato al Brennero viene colto da malore (forse quello che noi oggi definiamo un attacco di panico): l’ingresso in Italia attraverso un orrido passaggio alpestre è sentito come una prova rischiosissima superabile soltanto con l’aiuto di “misteriose forze superiori”. La paura di “poter mettersi in gioco realmente”, di averne la piena opportunità in un ambiente che egli si prefigurava “pieno di promesse”, sembra agire da difesa dell’io contro il rischio dell’esistenza, ma così facendo impedisce altresì di vivere, o quanto meno concede di vivere non “in piena autonomia” che è come dire vivere “parzialmente”, lasciando un senso di grande insoddisfazione, un dis-agio. Goethe si prefigura la vita piena al di là delle Alpi, ma nel contempo sa di dover affrontare una prova rischiosa, la cui ricompensa è tanta più grande quanto più grande è la sua paura. Un gioco perverso dell’intelletto. Fortunatamente per lui quelle “misteriose forze superiori” andranno in suo aiuto e l’esperienza italiana si rivelerà una svolta esperienziale di grande importanza. Riteniamo che la Pedagogia Clinica, affermatasi e consolidatasi come professione di aiuto rivolta allo sviluppo pieno e armonico della persona, (insieme al suo corredo di tecniche e metodi ampiamente e scientificamente col-
laudati nella prassi educativo-clinica), possa oggi rintracciare uno stretto e solido collegamento con il suo fondamento epistemologico nell’impianto ideologico della Bildung e riconoscere in essa le sue proprie intenzioni programmatiche di base e la sua stessa Weltanschauung. Intenzioni suffragate e arricchite – grazie proprio a quel collegamento – da un ideale umanistico di grande spessore – il pieno rispetto dell’autonomia della persona – il cui filo rosso è arrivato fino a noi attraverso una letteratura, che, fra alterne vicende (guerre, rivoluzioni, sconvolgimenti economici e ideologico-politici), ha messo sempre in primo piano l’uomo e la sua salvezza. Motivo per il quale utilizziamo qui – per la Pedagogia Clinica – la definizione da noi coniata di “disciplina del Nuovo Umanesimo”. Nuovo nel senso che riannoda, rinnova e sistematizza in una nuova configurazione scientifica tracce di esperienze umane che si sono ritenute e si ritengono universalmente fondanti del vivere dell’uomo all’interno del consorzio sociale. Nuovo nel senso che accoglie i contributi che si sono presentati nel tempo, offerti dalle nuove scoperte scientifiche e dai nuovi paradigmi di lettura della realtà. Il completamento (meglio sarebbe il perfezionamento) del lavoro di Bildung viene favorito oggi dalla conoscenza scientifica della cibernetica, che fa riferimento ad
un modello di realtà in cui vige il processo naturale dell’autocorrezione. Un organismo vivente trova il suo adattamento alla realtà attraverso un processo di tentativi ed errori e questo diventa – una volta sopravvissuto – il suo terreno esperienziale di base per poter continuare l’esplorazione della realtà. Se finisce di sperimentare, blocca il suo livello di conoscenza della realtà ad un determinato stadio (si consente per così dire una pausa), smette di sperimentare, si ritira dalla vita, in un certo senso muore. Muore in relazione al suo sviluppo, allo sviluppo della sua personalità. E in un certo senso muore anche rispetto al tono dell’umore, al mood necessario per affrontare le difficoltà della vita, o i piaceri della vita, se si preferisce (questo sarebbe argomento per una simpatica discussione). Il processo cibernetico con il suo modello circolare di autocorrezione favorisce proprio questo. Un percorso di consapevolezza, di autoapprendimento, di autocorrezione. Una volta innescato (per fare questo però occorre l’input esterno, nel nostro caso l’intervento dello specialista, del pedagogista clinico), il processo si autoalimenta. L’importante, nella vita della persona, è innescare un circuito educativo virtuoso. È su questa base che la Pedagogia Clinica opera la sua ultima e determinante innovazione: il Linguaggio. Il suo linguaggio opera un cambio di prospettiva
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nell’approccio al disagio, al disagio di esistere in generale, ma più in particolare al disagio circostanziato prodotto dall’interazione con l’ambiente di riferimento, e nel fare ciò sposta il fuoco dell’attenzione alla persona su un piano superiore di comprensione, in altri termini ad un livello superiore di entropia, dove non esiste più il problema da risolvere, ma, alla luce di una nuova Gestalt (una nuova configurazione dello spazio-tempo) come per miracolo - la soluzione (Paul Watzlawick, J.H.Weakland, R. Fisch “Change - Sulla formazione e la soluzione dei problemi”, Astrolabio - Roma, 1974). Una lettura attenta del vocabolario della Pedagogia Clinica ci ha spinto a prendere in considerazione il percorso di questa disciplina nel tempo, per rintracciare nel lessico usato e nella sua evoluzione quel filo rosso che le conferirà sul piano metodologico-scientifico la sua specificità di intervento in ambito educativo, la sua epistéme. Sin da Gonnelli-Cioni, considerato da Guido Pesci l’antesignano della Pedagogia Clinica in Italia, si inizia a parlare di recupero dei soggetti in difficoltà (Guido Pesci, “Gonnelli-Cioni - Antesignano della Pedagogia Clinica in Italia”, Ed. Scientifiche Magi, Roma 1999, pag.10), dell’educazione in aiuto alle persone in difficoltà, in un tempo in cui la società tende a relegarle nei manicomi. “Egli promosse un cambiamento stra-
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Il suo linguaggio opera un cambio di prospettiva nell’approccio al disagio… or-dinario di mentalità e di cultura, improntato da un profondo senso di solidarietà umana e di accettazione del diverso, una spinta innovativa e trasformatrice che la pedagogia clinica aveva il dovere di raccogliere. Un primo passo verso lo studio di quanti in passato hanno contribuito ad una pedagogia positivamente creativa, capace di educazione e di compensazione sociale, idonea a non scambiare l’integrazione con una concezione puramente aritmetica dell’insufficienza”. Quello che stiamo cercando di dimostrare è che quel cambio di prospettiva della mentalità di trattare il malato, nel pensiero di Gonnelli-Cioni – con cui il malato diventa persona – e quella spinta innovativa, oltre che nei fatti (di cui è riportata ampia documentazione), passerà nel tempo gradualmente anche nella lingua della Pedagogia Clinica, rappresentando l’elemento propulsivo dell’azione educativa in sé (a parte l’ampio corollario di ormai consolidate tecniche e
metodi di cui si serve e che essa è andata via via sviluppando). Se il malato è diventato persona, la malattia è diventata difficoltà, la coazione necessità. Da quel momento in poi “ogni aspetto deficitario della persona, sia intellettivo, senso-percettivo od organizzativo-cinestetico” verrà tenuto in debito conto “contro ogni medicalizzazione e sanitarizzazione degli interventi educativi”. Quell’elemento propulsivo di cui parliamo è rintracciabile anche nella descrizione della diagnosi pedagogica-clinica che deve essere tale che “metta in risalto abilità, potenzialità, deficit”. E ancora attraverso di essa “si tratta di conoscere le disponibilità, il modo di essere e di esistere del soggetto, caratteristiche suggerite dai cinèmi che egli ci invia per la lettura di sé”. Mi sembra ci sia in nuce tutto il programma genetico della disciplina che darà luogo più tardi a quella particolare proliferazione
…si tratta di conoscere le disponibilità, il modo di essere e di esistere del soggetto…
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lessicale e che noi pedagogisti clinici oggi usiamo tranquillamente, senza più accorgerci della sua portata semantica. Probabilmente oggi – abbastanza sovra-esposti al bombardamento linguistico mass-mediale al punto da soggiacervi assuefatti senza più quel minimo di religiosa attenzione che si dovrebbe alla nostra lingua – solo il correttore automatico del nostro sistema di scrittura Word la avvertirà come scrittura altra e ci ricorderà involontariamente della sua specificità (vedi ad esempio la parola cinèmi), questa scrittura altra che non vuole essere un connotato di snobismo intellettuale, ma necessariamente il presupposto epistemologico per una lettura altra. Bertrand Russell nell’introduzione al famoso Tractatus logico-philosophicus di L.Wittgenstein elenca i quattro problemi di cui quest’ultimo si occupa per affrontare la natura del linguaggio e, a proposito del secondo problema, afferma: “Qual è la relazione sussistente tra pensieri, parole, o enunciati da una parte, e – dall’altra – ciò cui essi si riferiscono o che essi significano? Questo problema appartiene all’epistemologia”. E continua: “Affinché un certo enunciato asserisca un certo fatto, comunque il linguaggio possa essere costruito, vi dev’essere qualcosa in comune tra la struttura dell’enunciato e la struttura del fatto. Questa è, forse, la tesi più fondamentale della teoria di
Wittgenstein” (Ludwig Wittgenstein, “Tractatus logico-philosophicus e Quaderni 1914-1916”, Nuova edizione, Biblioteca Einaudi, p. 3). È necessario rintracciare quel qualcosa in comune tra il linguaggio e i contenuti della nostra disciplina e conferire così al suo linguaggio il crisma di fondamento epistemologico. Quello che possiamo dire subito è ciò che questo linguaggio certamente non è: non è il linguaggio comune della quotidianità, non è il linguaggio della medicina, non è il linguaggio della psicologia, non è il linguaggio della sociologia, né quello della filosofia. Per affermare quello che invece questo linguaggio è abbiamo bisogno di capire che cosa è “quel qualcosa di comune”, quel quid, che appartiene sia alla struttura dell’enunciato che alla struttura del fatto, come ci suggerisce Ludwig Wittgenstein. Jakobson e Halle hanno dimostrato sperimentalmente nel 1956 che la semplice rievocazione di una certa parola attiva nel soggetto variazioni elettriche dei suoi muscoli fonatori uguali e precise a quelle che si attivano quando è il soggetto stesso a pronunciare la stessa parola. Che cosa potrebbe significare questa affermazione? Che forse l’atto del solo pensare quella determinata parola dà origine nella mente del pensante alla predisposizione di un certo potenziale
elettrico? Antonino Pennisi, commentando questo meccanismo, afferma che “nel linguaggio interiore e nel pensiero verbale verrebbe messo spontaneamente e automaticamente in azione lo stesso schema motorio che determina il linguaggio parlato” e mette insieme linguaggio interiore, pensiero verbale e linguaggio parlato equiparandoli sulla base della loro matrice comune. Con Wittgenstein avevamo intanto osservato che nel grande mistero e miracolo della lingua c’era un qualcosa in comune tra la struttura dell’enunciato (la parola) e la struttura del fatto. Potremmo affermare così per la proprietà transitiva che tra la struttura del fatto (azione pedagogica) e la struttura del pensiero (idea pedagogica) sussiste un connubio strettissimo promosso e messo in atto dalla lingua (la lingua della pedagogia clinica). In altre parole si può affermare che non si potrebbe pensare in modo pedagogico-clinico se dietro quel pensiero non ci fosse una lingua particolare. Il che, al di là della sua fondatezza, apparirebbe di una banalità mostruosa, se non si aggiungesse che la forza propulsiva di quell’azione pedagogico-clinica – che qui chiameremo “il suo potenziale eutonico intrinseco” – sta proprio nella struttura della parola e nella sua immagine acustica (nella sua phoné). È d’obbligo a questo punto un
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esempio, per chiarire meglio il concetto appena esposto. Normalmente per indicare che una persona sta attraversando un periodo difficile si dice che quella persona è in crisi. In un determinato ambito professionale si accoglie generalmente la persona per parlare della sua crisi e del suo malessere. In ambito pedagogico clinico per indicare la stessa cosa noi parliamo di cambiamento. Certamente non possiamo negare che al momento la persona stia vivendo un momento di malessere e confusione. Ma c’è una grande differenza nell’approccio di fondo, circa le conseguenze dell’una o l’altra locuzione. La componente emotiva del “pensiero verbale” che sta nella parola “crisi” e che inevitabilmente raggiunge il profondo della persona, (“solcando il mare all’insaputa del cielo”, come ci suggerisce la profonda saggezza zen), ogni volta che lei o altri per lei pronunciano questa parola, risuona negativamente nel suo inconscio e le getta un’ombra di patologia addosso (che assolutamente non possiede, perché potrebbe trattarsi per lei di un salutare momento di cambiamento). Quello che può succedere invece è l’instaurarsi di un diabolico circolo vizioso, uscire dal quale sarà poi veramente difficile. Se per questa difficile situazione attuale della persona noi usassimo invece la parola “cambiamento”, anziché “crisi” - come in realtà noi peda-
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…se usassimo la parola “cambiamento” anziché “crisi”, potremo aprire per la persona un terreno di possibilità aiutandola a collocarsi in un benefico “circuito virtuoso”. gogisti clinici facciamo - potremmo aprire per lei un terreno di possibilità e di opportunità, aiutandola a collocarsi in un benefico “circuito virtuoso”. E questo grazie al contenuto logico-razionale del termine (logos), ma anche e soprattutto grazie alla sua immagine acustica (la cosiddetta phoné), che riecheggia nell’inconscio (o se si vuole, nella parte destra del cervello) movimento, operosità, novità. E
ancora. Prendiamo i termini: dis-armonia, dis-agio, dis-adattamento, in-adeguatezza, in-sufficienza, sono tutti termini che il pedagogista clinico usa per indicare stati di difficoltà della persona che sta osservando. Sebbene in negativo, contengono tutti in sé il nucleo positivo di una modalità dell’essere e del sentirsi nel mondo, che è in relazione con l’armonia, con la sensazione di agio ecc. ecc. e ne suggeriscono la possibilità di un approdo. Al momento di questa dis-armonia, di questo in-adeguatezza si è compromesso un equilibrio di natura, di qualcosa cioè di già dato; l’intervento educativo sta nell’aiutare la persona in difficoltà a comprendere questa compromissione (non capire, ma comprendere) in modo che essa si adoperi per riavvicinarsi a questo stato, se questo stato preesisteva e le era conosciuto. Se non c’era – che la si aiuti ad adoperarsi a tendere ad esso attraverso la costruzione di un nuovo equilibrio. Il ripristino dell’omeostasi, il ripristino dello stato di salute o del funzionamento ottimale dell’unità corpomente non è altro che la riconquista del proprio equilibrio perduto (si tratta di un ritorno a casa) o della costruzione di un nuovo equilibrio (la ricerca di una nuova dimora). Per avere conforto in quello che andiamo dicendo a proposito del “potenziale eutonico della lingua” della Pedagogia Clinica,
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facciamo appello a Henri Bergson, quando afferma che “ciò che caratterizza la potenza del linguaggio verbale come processo cognitivo superiore è la singolare forza di attrazione reciproca tra acusticità e vocalità ovvero la formazione di una sinergia speciale di tutti gli apparati biopsichici che regolano la successione codificazione-decodificazione, ricezione-produzione, espressione-contenuto, inestricabilmente inviluppati attor-
A proposito del “potenziale eutonico della lingua” della pedagogia clinica…
no al nucleo funzionale simultaneo pensiero-suono” (Antonino Pennisi, “Le lingue mutole – Le patologia del linguaggio fra teoria e storia” Introduzione di Tullio De Mauro, La Nuova Italia Scientifica, Roma 1994, pag. 215). Seguendo questa traccia nel caso della lingua della Pedagogia Clinica potremmo avvicinarci a familiarizzare con quel potenziale che le abbiamo attribuito, nel vederlo originarsi dai quei nuclei funzionali pensieri-suoni, che, per dirla con Bergson, le conferirebbero quel “processo cognitivo superiore” e la caratterizzerebbero come lingua peculiare inerente ad un particolare campo semantico, proiettata per costituzione strutturale ad aiutare la persona in difficoltà e alla costruzione ed espansione armonica della sua personalità, in altre parole alla sua Bildung. Ma se andiamo più indietro nel tempo ritroviamo addirittura in Aristotele l’idea che il meccanismo acustico-vocale, di cui è do-
per costituzione strutturale proiettata ad aiutare la persona in difficoltà.
tato nel regno animale solo l’essere umano, ricompone e rende una cosa sola la parola articolata e l’oggetto che essa incarna, l’idea mentale e la sua replica concreta. Questo ce lo racconta Umberto Eco in un suo scritto in inglese ( Eco U., “Semiotics in the next millenium”, Lecture given at the 7th International Congress of the IASS-AIS, October 6, 1999), quando afferma che “Aristotele approached the semiosic phenomena by distinguishing between sounds, things and pathemata tes psyches, that is, the mental image or the idea that verbal sounds activate in our mind”. L’immagine mentale che agisce nel subconscio e attiva predisposizioni d’animo. Quello che può fare la lingua nelle sue due componenti fondamentali, logos e phoné, dovrebbe essere ora abbastanza chiaro, come pure il nostro pensiero, circa la potenzialità della lingua della Pedagogia Clinica, nella direzione dell’educazione alla salute e al ben-essere della persona.
Summary Nicola Corrado, with his contribute to the epistemology of clinical pedagogy, offers us a learned comparative work on the studies of different scientists. These scientists’ contribute to humanity lead to a definition of the clinical pedagogy as the subject of the New Humanism. New, as Corrado puts it, in terms of re-linking, renewing and organizing in a new scientific dimension, traces of human experiences, which were and still are universally considered at the basis of the human life within the social environment. Many intellectuals and scientists are behind Corrado’s work, Goethe, Russel, Wittegenstein, Jakobson , Halle bergson and Umberto Eco, men of thought and science, their studies show elements in support of the theory and practice of Clinical Pedagogy.
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La “persona umana” di Ornella Gelmi
La pedagogia clinica si caratterizza come scienza che non rinuncia a preziosi momenti di riflessione per orientare la praxis dell’intervento di aiuto del pedagogista clinico. Possiamo pensare che il processo educativo debba far riferimento ad un soggetto inteso esclusivamente come uomo naturalizzato ed empirico in senso naturalistico- materialistico? Le conseguenze di un tale approccio potrebbero essere dirompenti. Che senso avrebbe in una pedagogia fondata su questa assunzione teoretica, parlare di educazione dell’uomo e di rispetto del suo essere (phýsis), se l’uomo non è altro che ciò che si conviene chiamare tale e il suo essere nient’altro che il modo biogenetico e storicizzato con cui ciascuno presenta se stesso? Se l’io è un insieme di io successivi che hanno un’identità collettiva che non va oltre quella dei “cittadini che compongono una nazione”?1 Al termine uomo, che rimanda ad una naturalizzazione, si preferisce il termine persona umana, che esplicita l’idea dell’impossibilità di una pedagogia che, mentre non trascura o, peggio, disprezza la dimensione scientifico-naturalistica nell’analisi e nel trattamento dell’educazione umana, suggerisce al tempo stesso la necessità di elaborare, come
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fattore non inopportuno del proprio statuto disciplinare, anche la dimensione metaempirica riconoscendole il peso che merita. La pedagogia della persona infatti quando fa tesoro della pedagogia dell’uomo, senza appiattirsi su di essa, propone un percorso caldo e sovrabbondante di significati e di motivazioni, che non vuole lasciare fuori nulla della ricca esperienza dell’umano perché consapevole, come dice Amleto ad Orazio, che: “Ci sono più cose in cielo e in terra di quante non se ne sognino nei nostri sistemi” filosofici e scientifici. Alcuni studiosi2 si sono interrogati riguardo ai perché parliamo di “persone”. Come e in base a che cosa si identifica una persona? Perché e in che senso essa si riconosce nell’intenzionalità, nel movimento alla continua trascendenza, nella finzione, nell’apertura alla religione, nella temporalità, nella finitezza della morte, nell’indipendenza dal contesto, nell’essere soggetto, nell’essere anima, coscienza, riconoscimento, libertà, promessa e perdono? Perché, infine, tutti
Al termine uomo, che rimanda ad una naturalizzazione, si preferisce il termine persona umana. gli uomini, qualunque sia la loro condizione, sono “persone”? Altri hanno mostrato come, storicamente non si è partiti dall’uomo per giungere alla persona umana e alla “persona divina” ma, al contrario, si è partiti dalla “persona divina per giungere a precisare le coordinate fondamentali della “persona umana” e a considerare poi se e in che senso esse possono essere compatibili con quelle relative all’“uomo” descritto dalle attuali “scienze dell’uomo”3. Per questi ultimi l’immagine più pro-
Cfr. D. Parfit, Ragione e persone, Il Saggiatore, Milano 1989 Cfr. R.Spaemann, Persone. Sulla differenza tra “qualcosa” e “qualcuno”(1982), tr.it. a cura di L.Allodi, Laterza, Bari 2005 3 Cfr. G. Bertagna, Pedagogia dell’uomo e pedagogia della “persona umana”: il senso di una differenza, in Scienze della persona perché?”, Rubbettino Editore, Soneria Mannelli 2006 1 2
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…si è partiti dalla “persona divina” per giungere a precisare le coordinate fondamentali della “persona umana”... fonda che rende conto della natura dell’educazione a cui ogni soggetto è chiamato ad ispirarsi è teologica e non antropologica. Per il pedagogista clinico può costituire un percorso interessante affrontare le sfide etiche ed educative rivisitando, senza le secolarizzazioni conosciute, l’antropologia della “persona umana”, radicata nella “persona divina” rivelata compiutamente, per il cristianesimo, da Gesù Cristo. Sul piano etimologico il termi-ne “persona” deriva dal greco prós -opon cioè maschera dell’attore, termine entrato in Italia anche tramite l’etrusco phersu (didascalia di un personaggio mascherato dipinto nella tomba degli Auguri della necropoli di Corneto Tarquinia nel V sec. A.C.), entrambi i significati rimandano ad
una struttura semanticamente ironica: chi sta dietro la maschera? Sul piano storico-filosofico il concetto di persona, quale lo si intende oggi, era estraneo al pensiero greco: il “logos” di Eraclito, l’“Essere” di Parmenide, l’“idea” di Platone, il “motore immobile” di Aristotele non erano personali ma erano essenza di esseri divini. Nei Greci, Dio non veniva mai indicato con un nome proprio o con un sostantivo, ma solo come predicato, attributo o aggettivo; era un’eccellenza nella scala degli enti. Quella di Aristotele era pertanto ontologia. Al contrario dei Greci, per gli Ebrei Dio era “qualcuno”: Dio uno e persona. Dio è un “chi”. Anche l’uomo, essendo selem (copia tangibile all’originale) e demut, (prototipo che rende presente una realtà originaria assente) è un “chi”4. L’unicità dell’identità personale è il primo carattere della persona divina e, di conseguenza, anche di quella umana. Storicamente e filosoficamente pertanto si è partiti dalla “persona divina”, dotata di sostanza razionale e di individualità, per giungere a precisare le coordinate fondamentali della “persona umana”. Il concetto di “persona”, che , a differenza di quello di “uomo”, ha una ben precisa delimitazione spaziale e temporale, viene determinandosi e precisandosi con la cultura ebraico-cristiana ed è cre-
sciuto nei paesi e nelle culture che sono stati toccati dalla diffusione della religione cristiana. Pare che sia stato Tertulliano (II secolo d.C.), nell’opera “Adversus Praxeam”, il primo autore cristiano ad utilizzare la nozione di persona. Si tratta così di un termine fondamentale della cultura occidentale, la quale si rappresenta come civiltà che riconosce il sacro valore dell’individuo-persona e l’importanza dei diritti individuali e della diversità culturale. Dunque il vocabolo di “persona umana” per fondarsi e giustificarsi necessita di un fondamento altro: la trascendenza divina. La filosofia rimanda, come aveva già intuito Platone, alla teologia di una rivelazione di fede. La rivelazione cristiana ha condotto all’ar-
…affrontare le sfide etiche ed educative rivisitando… l’antropologia della “persona umana”…
Cfr. Gn 1, 26:< facciamo l’uomo a nostra immagine (selem) e a nostra somiglianza (demut)>. 4
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Il concetto di “persona”…viene determinandosi e precisandosi con la cultura ebraico-cristiana… ticolazione del concetto di persona e gli ha attribuito un significato divino, cristologico e trinitario. Il primo grande contributo allo sviluppo filosofico del concetto di persona viene proprio dalla elaborazione teologica patristica della Trinità. La parola “persona umana” fu infatti introdotta nel IV secolo d.C. con il concilio di Nicea, per risolvere la questione della SS.Trinità. Il termine “persona” indica ciascuna delle tre ipostasi della SS.Trinità nell’unità delle loro sostanze: “Dio è un’unica sostanza in tre Persone”. I teologi distinguono: - la prima persona, cioè il Padre, in quanto natura divina pensante; - la seconda persona, cioè il Figlio, in quanto natura divina pensata; - la terza persona, cioè lo Spirito Santo, in quanto natura divina amata. Padre, Figlio e Spirito Santo non sono altro che tre persone costituite dalla medesima sostanza di-
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vina. Da questa tesi emerge il concetto di persona come relazione all’interno di Dio tra il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, e quindi relazione con gli uomini. Per analogia tra il Creatore e la creatura, inoltre, il termine “persona” è applicabile all’uomo stesso. Nella Santissima Trinità c’è un’armonia perfetta tra le Persone che condividono la comunione di un’unica vita divina. Ne consegue che gli esseri personali sono anche esseri sociali. E, come afferma Max Scheler, se la persona umana è a immagine e a somiglianza di Dio, anch’essa è chiamata alla ripetizione della stessa dinamica. Quindi la persona umana deve costitutivamente essere rapporto, incontro, continua pratica relazionale, socialità. Essa esiste nella forma di una relazione, si attua solo nell’incontro. Secondo la tradizione biblica, la sorgente di vita è nell’altro: Dio o uomo che sia. L’“io” ha bisogno del “tu”, per essere tale. Questo è quanto testimoniano sia il racconto della creazione della donna (“non è bene che l’uomo sia solo: gli voglio fare un aiuto che gli sia simile”), sia il racconto di Caino e Abele. La relazione è così importante, per la Bibbia, che neppure Dio è autarchico. La sostanza di Dio è, anzitutto, l’amore; amore inteso come gratuità, bene e perdono; reciproco e libero riconoscimento di un “io” e di un “tu” e, quindi, altrettanto libero e reciproco riconoscimento di un “noi”.
Hegel ha scritto che l’uomo è sociale perché la sua identità, come coscienza di sé, è legata al riconoscimento da parte dell’altro. Ciascuno lotta purché l’altro, gli altri, lo riconoscano. Il carattere di relazione viene sempre più affermandosi. Sulla relazione insiste soprattutto S.Tommaso: “la relazione in Dio non è come un accidente che inerisca al soggetto, ma è la stessa essenza divina, sicché è sussistente al modo stesso in cui sussiste l’essenza divina”. Il punto più centrale della dottrina di Tommaso D’Acquino, il tomismo (sintesi cristiana del pensiero Aristotelico e di quello Agostiniano), è la distinzione tra ragione e fede e la necessità di conciliarle, cioè la necessità di conciliare filosofia e teologia. Le verità accessibili alla ragione sono di competenza della filosofia; la teologia si fonda invece sull’autorità di Dio e sulla rivelazione. A questo punto risultano evidenti non soltanto i due concetti fondamentali di sostanza e relazione (relazione della persona con se stessa e con l’altro), ma anche le note caratteristiche della “persona”: - la razionalità, che la fa capace di conoscere se stessa e le cose che la circondano e che, come affermava Aristotele, è propria degli uomini; - l’unità; Gesù Cristo considerato come individuo unico nella duplicità della natura divina e umana. La persona umana è
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anche unità non dissolubile di anima e corpo; - l’identità; il concetto di “personal identity” si delinea chiaramente nel “Saggio sull’intelletto umano” (1694) di John Locke. Da allora la centralità dell’individuo nel sistema sociale ha ossessionato l’immaginario dell’uomo occidentale. La libertà personale diventa, di conseguenza, il valore fondamentale della società degli individui; - l’inseità, che non le consente di uscire da se stessa per quanti rapporti possa instaurare con altri ed esserne condizionata; - la dignità, già riconosciuta da S.Tommaso ed energicamente affermata da Kant, per il quale la persona non può mai venir considerata come mezzo, ma sempre e soltanto come fine in sé; - la libertà, la quale implica la responsabilità morale. Dio trovò nella libertà riconosciuta alla sua creatura un motivo aggiuntivo per dimostrare ancora meglio il suo amore. Nel personalismo, movimento di pensiero di matrice cristiana, coscienza e responsabilità sociale non si contraddicono, ma sono dimensioni indispensabili per la piena realizzazione dell’uomo che in quanto persona è appunto relazione, relazione con Dio e con il prossimo. Non c’è crescita della “persona umana” senza il fondamento della libertà. Non c’è educazione da “persona umana” se manca la scelta motivata e volontaria e,
quindi, personale. La persona umana non può essere ammaestrata né addestrata, il processo educativo richiama sempre la libera scelta: l’educazione è esclusiva degli uomini. In seguito ai processi di secolarizzazione che hanno coinvolto la religione e la fede cristiana, e dato che il Cristianesimo è un fatto anche e soprattutto socio-culturale, la questione della “persona umana” è stata laicizzata. Una pedagogia che vuole essere della “persona umana” deve caratterizzarsi sempre per un impianto teoretico e metodologico nomadico e mai stanziale, e rifuggire da ogni sistematizzazione scientifica, filosofica o ideologica che pretenda assolutezza. È importante recuperare nell’educazione la trama della struttura relazionale perchè il cuore della pedagogia si colloca nell’ambito della razionalità pratica nel senso di vivere sé, l’altro e la relazione come la nostra vita, come il nostro bene: farsi, cioè, personalmente carico dei problemi che
sconta ogni io nell’esplorare le profondità che lo compongono e nell’impostare la relazione necessaria con l’altro. Il pedagogista clinico, a monte del buon esito del suo intervento di aiuto, ha consapevolezza del significato del termine “persona umana” e si propone in una relazione educativa fondata su questi presupposti.
…farsi personalmente carico dei problemi che sconta ogni io nell’esplorare le profondità che lo compongono…
Summary Ornella Gelmi focuses on a theoretical consideration in order to motivate the use of the term “Person” which has a special place in clinical pedagogy. She draws an historical and philosophical path, from which it is possible to get confirmation of the validity of this principle. The study offers the opportunity to support the concept of Person, which unlike the concept of Man, has specific spatial and temporal boundaries determined by the Hebrew-Christian culture. Thanks to this contribution, the clinical pedagogy draws from a stronger meaning of the term ‘Person’ and gives the educational relationship the characteristics of respect for and acknowledgement of the other.
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Finest ra s u i m et o di e I metodi che vengono presentati sono esclusivi dell’ISFAR Istituto Superiore Formazione marchio registrato. Le modalità di utilizzo e i presupposti teorici possono essere appresi organizzata dall’ISFAR, unico Istituto italiano autorizzato dalla Federazione Europea delle rilasciare il titolo per l’iscrizione all’Albo professionale dell’ANPEC, indispensabile per
BON GESTE® Il metodo Bon Geste® si è sviluppato nella forme e nel contenuto, attraverso un lungo e, talvolta, sofferto processo di ricerca, un lavoro clinico dalla cui verifica sono emersi risultati assai positivi, con caratteristiche di un rinnovamento importante dei principi e della prassi operativa. È un metodo che può favorire la prevenzione di quei soggetti che si propongono con scarse abilità e disponibilità negli apprendimenti e con alterazioni comportamentali. Individui spesso frenati, inibiti, ostacolati, limitati nell’attenzione, nella faticabilità, insufficienti nei processi mnestici, incerti nella discriminazione, nell’esplorazione, nell’inseguimento, con una immagine approssimativa del proprio schema corporeo e tante altre possibili difficoltà, che possono trovare nel Bon Geste un valido aiuto. Il metodo coglie e valorizza le attitudini e la plasticità delle consistenze potenziali presenti nel soggetto fino ad aiutarlo, gradualmente, a giungere alla scoperta, alla conoscenza e alla valorizzazione di sé. Una preziosa ed insostituibile modalità di aiuto che si consolida con l’educazione al ritmo, al suono e al movimento fino a far conoscere e riconoscere alla persona il valore del gesto, reso visibile dalle tracce lasciate, inizialmente in campo vuoto e poi sull’universo della parete attrezzata. Principi e scopi Il metodo Bon Geste nasce da una ricerca, condotta per lunghi anni, rivolta a trovare risposte utili alle necessità complesse della persona. Esso è l’occasione per far parlare il proprio corpo, renderlo dinamico, uscire dall’obbligo di freni, di inibizioni, vincere le difficoltà organizzativo corporee, ritrovare in se stessi l’intento, la volontà, il desiderio di parlare di sé agli altri. Lo scopo di questo metodo è di donare alla persona uno sviluppo ar-
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monioso, un’abilità gestuale organizzata su ritmi resi visibili dalle tracce con cui vengono segnicamente rappresentati. Una proposta di aiuto pedagogico clinico generata da suoni, da brani musicali ricchi di ritmi, forze creative che ricollegano la persona alla sua origine, all’energia individuale dell’Io, per farle acquisire abilità distributive tonico muscolari, appercettive e respiratorio-cinetiche, affinare la conoscenza temporo-spaziale, favorire il superamento delle difficoltà gnosiche e prattiche, ordinare l’attenzione e la concentrazione, fino a vivere in agio il proprio corpo, sapersi dominare e tornare a disporre di abilità comunicazionali. Verso l’espressione plastico-dinamica dei movimenti e dei gesti L’esperienza nasce dalla lettura dei coloriti ritmici, dalle percezioni provate e dal reagire fino a sviluppare elaborazioni ed espressioni ritmico-corporee. Un sincronismo fra ritmo e movimento del corpo da cui origina la complessa grammatica della gestualità. Con il Bon Gest la persona viene favorita nella conoscenza e abilità dall’analisi e sintesi degli stimoli uditivi, la comprensione del tempo e dello spazio, delle proporzioni e della durata. Ne deriva una sorta di cooperazione orchestrale dell’udibile e del visibile ceduto a un’espressione plastica dinamica di movimenti creativi e gesti. Il corpo si accorda così alla qualità, all’esperienza dei sensi e del gioco delle azioni muscolari, organi che si modellano nelle loro espressioni plastico-dinamiche in figurazioni corporee. Le esperienze vanno a formulare processi conoscitivi nello stabilire le distanze e le direzioni, incentivi all’idoneità nell’equilibrio statico e dinamico, impulsi, accelerazioni, frenaggi, tutto ciò che permette di donare un’orditura all’organizzazione e
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sulle tecniche dell’ISFAR Aggiornamento e Ricerca, Formazione Post-Universitaria delle Professioni® e coperti da esclusivamente partecipando alla formazione per la professione di Pedagogista Clinico Associazioni Pedagogisti Clinici, EURO-ANPEC (reg. Unione Europea n. 198364-2004), a accedere all’Albo Europeo dei Pedagogisti Clinici. alla rappresentatività del proprio corpo. Ritmi e movimenti del corpo che rendono vera ogni conoscenza e coscienza di sé, liberano le emozioni, armonizzano i temperamenti e riequilibrano la personalità. Il soggetto che segue il metodo grafo-gestuale penetra e vive le relazioni fra suoni e gesti, ne esplora i principali dinamismi, sente, partecipa ogni movimento fino a sentirsi interamente libero, disponibile ad implicarvi la sua personalità più profonda. Un linguaggio corporeo organizzato sui ritmi e reso visibile dal carattere dinamico, timbrico con figurazioni spontanee che interpretano e rappresentano ogni valore espressivo-emozionale e agogico del gesto. Quell’espressione corporea che porta la persona a sentire, godere, partecipare il vocabolario di gesti spontanei con cui si esprime, fino a divenire un linguaggio segnico di forme figurative complesse con significato iconico o simbolico rappresentate in tutta la loro estensione. Lasciare traccia Il metodo s’inquadra proficuamente in un progetto pedagogico clinico poiché risponde alla necessità primaria di indirizzarsi alla globalità della persona
ed offre orientamento e significato alle azioni con una produzione di sé attraverso il lavoro e la praxis. L’esperienza del Bon Geste compendia la presa di coscienza motoria, la comunicazione o il compimento dell’intenzione, l’autoaffermazione del soggetto come artefice di se stesso, la possibilità di porsi in attività eccentrica, cioè in grado di agire e contemporaneamente, di formulare giudizi sulla propria azione. Una destrezza caratterizzata da prontezza e precisione, che conferisce al corpo la possibilità di compiere movimenti che racchiudono una situazione totale in quanto storia spazio-temporale della vita. Il pedagogista clinico con il metodo Bon Geste, persegue l’intento di aiutare la persona a vincere difficoltà e disagi, garantirle gratificazione e svilupparne la motivazione, perciò le chiederà di rappresentare graficamente i suo gesti solo quando avrà la certezza che essa abbia raggiunto abilità sufficienti per trarne da questi, vantaggi. Ampia è la soddisfazione della persona quando lascia con destrezza segni grafici di un cerchio perfetto, di un quadrato ordinato o di un fiore con il numero di petali scanditi del ritmo. Principi, validità e opportunità su cui poggiano le attenzioni della disciplina pedagogico clinica e la professionalità del pedagogista clinico.
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Congressi, convegni, seminari, incontri… Aprilia (Latina) La dottoressa Stefania Selvaggio e il dottor Demitri Pasqualino hanno dato vita nell’anno 2009-2010 ad un progetto di collaborazione tra la sezione ANPEC di Latina e l’Istituto Comprensivo di Lanuvio su “Consulenza pedagogico clinica per il benessere e la qualità della vita nella scuola”. Gli obiettivi perseguiti si distinguono in: contribuire a promuovere il dialogo tra scuola e famiglia; offrire un’opportunità di ascolto; una riflessione sulle competenze educative, sulle difficoltà e i dubbi nella conduzione del ruolo genitoriale e lo svolgimento del ruolo di insegnante. Calcinaia Elisa Recce ha organizzato in collaborazione con l’Istituto d’Arte e Spettacolo di Calcinaia diretto da Lucia Galletti, il corso rivolto ai bambini fino ai 12 anni di età, lanciato con il titolo “Ritmicamente”. Un corso finalizzato ad offrire esperienze organizzativo-motorie per stimolare capacità espressive e nuove disponibilità comunicazionali. Casale Monferrato Lorenza Marinone ha elaborato un progetto “Da donna a donna - una mano per ricominciare” rivolto alle donne vittime di abusi e prevaricazioni sia nell’ambiente lavorativo che all’interno delle mura domestiche. Un impegno di cui ne ha dato notizia anche la stampa. Casoria-Napoli La mattina del 4 Giugno nella sala conferenze del V circolo didattico di Casoria M. Mitilini, si sono conclusi i lavori del progetto di Prevenzione alle difficoltà di apprendimento, condotto dalle colleghe Laurino Stefania e Renzo Velia. Alla manifestazione erano presenti il Dirigente Scolastico prof. D. Medusa, il Presidente del XXIX Distretto Scolastico prof. F. Palladino, il Vicesindaco del Comune di Casoria dr. C. Tizziani, l’Assessore alla P.I. e Politiche sociali del Comune di Casoria Pasquale D’Anna, il prof. Guido Pesci e la prof.ssa Marta Mani in rappresentanza dell’ISFAR - Istituto Superiore Formazione Aggiornamento Ricerca e dell’ANPEC - Associazione Nazionale Pedagogisti Clinici.
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Casoria-Napoli Presso l’Auditorium del Distretto Scolastico Statale 29, in data di 15 ottobre 2009 si è tenuto il convegno sull’educazione dei giovani e la dispersione scolastica, titolo del convegno “Sapere oggi per essere domani”. Il convegno è stato organizzato dall’Associazione Agenzia Arcipelago e dalla Regione Campania. Ai saluti istituzionali sono seguiti gli interventi di sovrintendenti, dirigenti, responsabili dell’anagrafe sulla dispersione scolastica e il pedagogista clinico professor Guido Pesci. I lavori moderati dal professor Francesco Palladino si sono conclusi con l’intervento del dottor Giuseppe Errico. Il confronto e il dibattito sono l’occasione per individuare linee comuni adatte a fronteggiare il problema della dispersione scolastica. Cava de’ Tirreni Presso la sala del Teatro Comunale di Cava de’ Tirreni, il 24 ottobre 2009 si è tenuto il convegno su “Oltre il sintomo: la persona - Pedagogia Clinica e multidisciplinarità”. La manifestazione sostenuta da importanti patrocini, ha richiamato un vasto interesse del pubblico, della stampa e delle emittenti radio e televisive. Gela Aperta la sede dei pedagogisti clinici ANPEC a Gela. Ne dà notizia la stampa riferendo tra l’altro che “la sezione provinciale dell’Associazione Nazionale Pedagogisti Clinici ha una nuova direttrice: Amanta Nobile… la figura professionale del pedagogista clinico è indispensabile nell’ambito educativo e socio-relazionale di enti pubblici e privati. Il pedagogista clinico – spiega Amanta Nobile – attinge alle mille risorse di ciascuno spingendolo al superamento dei propri disagi e difficoltà. Un intervento educativo che può essere realizzato su soggetti di ogni età, in studi professionali, agenzie educative, ospedali, centri sportivi o di formazione” Grosseto La sezione provinciale ANPEC di Grosseto ha proposto a vari Enti la conduzione di incontri sui temi della disciplina pedagogico-clinica, suscitando un grande interesse ed una significativa partecipazione. Gli incontri sono stati condotti dai colleghi Alessandra Parrucca, Carmen Torrisi, Michela Magrini e Antonio Viviani, le tematiche degli incontri sono state: Educare al Movi-
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e a cura di Antonio Viviani
mento: rivolto agli insegnanti di ogni ordine e grado per conoscere e gestire l’aggressività e “l’ipercinesi”; Diagnosi Pedagogica: rivolto agli insegnanti di ogni ordine e grado, per individuare e prevenire i problemi dei soggetti con difficoltà di apprendimento e di comportamento; Laboratorio Linguistico: intervento formativo rivolto agli alunni della Scuola elementare, finalizzato alla stimolazione ed al rinforzo della capacità di pensiero divergente, della costruzione di immagini mentali e del pensiero narrativo; Accoglienza: rivolto agli alunni del primo anno della scuola elementare o media inferiore, con l’attivazione di laboratori espressivi ed incontri di riflessione e confronto, finalizzato allo sviluppo di un positivo clima relazionale e apprenditivo; L’ascolto a scuola: come gestire uno “sportello di ascolto”, un nuovo modo di concepire un CIC (Centro di Informazioni e consulenza) attraverso il metodo Reflecting, senza utilizzare consigli né opinioni o orientamenti; Vivere bene la scuola: itinerario educativo rivolto agli alunni con problemi comportamentali manifesti o latenti, ai compagni ed ai docenti che ne subiscono le conseguenze. L’intervento pedagogico clinico, attraverso la presentazione di comportamenti non aggressivi per la soluzione dei conflitti, il rinforzo di affermazioni e comportamenti cooperativi, intende avviare processi di cambiamento e prevenzione a più livelli; Conosciamo il soggetto “ADHD”: Corso di formazione e sensibilizzazione rivolto a genitori, insegnanti e pediatri. (Parent, Teacher e Pediatrician Training). Il Corso è frutto di una collaborazione tra AIFA (Associazione Italiana Famiglie ADHD) ed ANPEC; I disagi negli apprendimenti: per molti docenti è importante conoscere i problemi di lettura, scrittura, calcolo e contribuire insieme ad altri professionisti, ad arginarli e sconfiggerli; Dalla Diagnosi Funzionale al PEI, al Progetto di Vita: che cosa deve osservare un insegnante quando ha un allievo diversamente abile in classe; come si passa dalle poche notizie ricavabili dalla certificazione di handicap a note importanti per costruire un vero e proprio Piano Educativo Individualizzato; La comunicazione a scuola: attraverso il metodo Reflecting ogni componente (docenti, allievi*, genitori, personale ata) avrà l’opportunità di intervenire attivamente nel processo relazionale (età superiore ai 14 anni); Come abbattere lo stress: rivolto al personale docente e ata; vengono utilizzati vari metodi finalizzati all’abbatti-
mento degli stati tensionali, verbalizzati e non, con utilizzo delle immagini mentali. Grosseto Un gruppo di ventidue anziani ha seguito nell’anno 2009, il corso “Aiutarsi per aiutare meglio”, organizzato dalla sezione provinciale ANPEC di Grosseto e dal forum Volontariato e terzo settore, previsto dal progetto “Non più soli”. Messina Il 24 ottobre 2009 si è tenuto a Messina presso il Centro Sociale “Giovanni Paolo II” di Roccalumera (ME) il seminario “Pedagogia e scuola - Nuove collaborazioni, alla presenza del Dirigente dell’Ufficio Scolastico dott. Gustavo Ricevuto e dell’Assessore Provinciale alla Solidarietà Sociale di Messina, dott. Pio Amadeo. Alla relazione su “Pedagogista Clinico e Servizi Educativi: Consulenza per… consulenza come…”, della Professoressa Rosa Anna Impalà dell’Università degli Studi di Messina, Facoltà di Scienza della Formazione, sono seguite relazioni di colleghi, di insegnanti, di dirigenti scolastici, offrendo l’occasione per una integrazione delle conoscenze e delle abilità. Milano In data 9 maggio 2009 la Sezione Regionale ANPEC della Lombardia ha tenuto a Milano nell’Aula Magna del liceo C. Beccaria, il convegno su “Risposte al bisogno di aiuto”. Ha introdotto i lavori la dottoressa Lorena Angela Cattaneo davanti ad una folta presenza di partecipanti; nella mattinata a seguito del saluto delle autorità sono state tenute relazioni da Guido Pesci, Raffaele Di Paolo, Antonio Piantadosi, Barbara D’Alessandro, Vania Caterina Predebon, Fabiola De Rossi e Michela Diani. Nel pomeriggio sono state presentate le relazioni di Simona Valle su “Pedagogia clinica… aiuto e prevenzione”, Alessandra Beltramini “Il movimento educativo dell’anziano”; Dominique Tavormina che ha rivolto l’attenzione sul disagio giovanile e Giulia Sadile su “I conflitti nella scuola superiore”. Ha chiuso i lavori Alberto Sedini con una relazione su “Lo sportello pedagogico clinico a scuola: un aiuto per le famiglie”. Il dibattito che ne è seguito è stata la dimostrazione chiara dell’interesse suscitato dalle stimolazioni ricevute.
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Congressi, convegni, seminari, incontri… Monte di Procida-Napoli Il pomeriggio del 4 Giugno presso il circolo didattico Dante Alighieri, alla presenza del Dirigente Scolastico di Monte di Procida, Giuseppe Pezza, del Sindaco Franco Iannuzzi e dell’Assessore alla P.I. Andrea Scotto Lavina, si è tenuta la manifestazione conclusiva del progetto “L’Isola Pedagogico Clinica - Prevenzione alle difficoltà di apprendimento con l’utilizzo di metodi Pedagogico clinici”, curato dalle dottoresse Renzo Velia e Laurino Stefania in collaborazione con l’ISFAR e l’ANPEC - Associazione Nazionale Pedagogisti Clinici. Orvieto Nel corso dell’anno 2009 la dottoressa Laura Buraccioni, pedagogista clinico, ha attuato, con le scuole dell’infanzia del circolo didattico “Sette Martiri” di Orvieto il Progetto “Crescere in armonia”. L’attuazione del progetto ha seguito la modalità della ricerca-azione prevedendo incontri mensili teorico-pratici con le ventidue insegnanti delle scuole d’infanzia ubicate sul territorio di pertinenza del circolo didattico. Nel corso degli incontri sono state estese programmazioni per un intervento “guidato” degli insegnanti e dell’intera popolazione delle scuole dell’infanzia di tutto il territorio. Lo scopo è stato quello di facilitare, nel singolo bambino, uno sviluppo completo e armonico di tutte quelle competenze necessarie a prevenire le difficoltà di apprendimento, inserimento e socializzazione nei gradi successivi di scuola. Savona A seguito di un protocollo di intesa con la sezione ANPEC di Savona e Imperia e la Cooperativa Sociale Cooperarci, la collega Obinu Alessandra ha dato vita a sportelli di ascolto pedagogico clinico presso gli asili nido di Carcare e di Millesimo (Savona). Il servizio è volto ad offrire accoglienza, ascolto e sostegno ai genitori dei bambini che avvertono la necessità di confrontarsi sulle problematiche inerenti l’educazione e la crescita dei figli. Trieste In occasione del 25° Corso di formazione per volontari, organizzato dal Centro di aiuto alla Vita “Marisa” di Trieste, Luisa Manosperti, pedagogista clinico, ha te-
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nuto il 19 ottobre 2009 una relazione dal titolo “Genitori si diventa. Aiutare a crescere nella consapevolezza del ruolo”. Venezia Francesca Santello, psicologa e pedagogista clinico, assieme alla collega Maria Luigia Tortorella, hanno dato vita in Campolongo Maggiore ad incontri su “Coloriamo il mondo dei bambini”. Il corso rivolto a genitori e bambini della scuola dell’infanzia ha avuto l’obiettivo di favorire la conoscenza introspettiva, analizzare e capire le proprie necessità, potenzialità, risorse e avvicinarle al mondo del bambino per meglio comprendere la natura dei rapporti con le figure genitoriali e originare una migliore modalità comunicativa. Un modo per accompagnare genitori e figli in quello spazio in cui esperienze creative ed espressive promuovono vivaci sensazioni e piacevoli interazioni. Verona 17 ottobre 2009 Report di Eugen Galasso Il fil rouge del convegno “L’Educazione al centro”, promosso a Verona dall’ANPEC (Associazione Nazionale Pedagogisti Clinici), e dall’ISFAR (Istituto Superiore Formazione Ricerca - Formazione Post-Universitaria delle Professioni), con il patrocinio della Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università di Verona, della Regione Veneto, della Provincia e della Città di Verona, ha visto un concorso di persone, da varie parti d’Italia, con l’apporto di relatori, pedagogisti clinici, psicologi, pediatri, studenti di Scienze della Formazione e altri. Tema della giornata “L’Educazione al Centro. Percorsi pedagogico clinici per intervenire sul disagio nell’infanzia e nell’adolescenza”, con una prolusione del prof. Guido Pesci, fondatore della pedagogia clinica e suo principale esponente, che ha esordito proponendo la variazione di denominazione del Ministero dell’Istruzione a Ministero dell’“Educazione”. Pesci ha evidenziato soprattutto come in una società difficile quale quella in cui viviamo, sia importante rivalutare l’educazione e la formazione di specialisti capaci di realizzare validi interventi di aiuto per soddisfare le risposte del sociale. Il pedagogista clinico si rivolge alla persona nella sua globalità, intesa come risorsa, e per questo egli non si appella a nosografie di tipo etichettante (di-
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e a cura di Antonio Viviani
slessia, disgrafia, discalculia, ADHD, sindrome da iperattività e disattenzione) che limiterebbero esclusivamente al solo problema. Un intervento importante ai fini del recupero delle potenzialità spesso sopite, che può essere garantito in ogni momento di vita. In una relazione trascinante, il prof. Paolo Crepet, che nasce psichiatra, in ambito veneziano, ha sottoposto a una critica impietosa le strutture anche educative dominanti, parlando di società pedofobica, in cui, per esempio con “Chi ha incastrato Peter Pan?” Bonolis e i suoi rivelano di essere puri sadici nei confronti del bambini tenuti alzati fino quasi a tardi, creando una condizione di stanchezza e debolezza che nel bambino è già alta, accentuata anche dai mille impegni “imposti-proposti” (piscina, tennis, corsi vari). Ha parlato di scuole esteticamente brutte, di genitori assenti, che prescindono dal porre regole in modo non autoritario, ma autorevole. Una considerazione che forse va estesa a tutta la società, in cui al recupero di concetti ambigui come carisma e leadership, riprendendo Weber, Mosca, Pareto e Michels – tra l’altro spesso fraintesi – si vorrebbe riproporre un modello autoritario, di tipo populista o meno. Crepet dichiara inoltre la necessità di mantenere viva l’autonomia, parlare di libertà sarebbe concetto troppo complesso e sfuggente, e favorire la capacità di affrontare ogni difficoltà (“fate fare le cose difficili”), anche nel caso della rielaborazione del lutto, egli ci ricorda, che “nessun bambino sa più come e perché, siano morti i nonni”. Quindi nessun ostacolo è da escludere o evitare, purché bambino e adolescente siano sempre accompagnati e sostenuti emotivamente nelle difficoltà e nel loro percorso di vita. Il prof. Claudio Girelli, dell’Università di Verona, ha svolto il ruolo di chairman, chiarendo come l’aiuto all’altro debba essere autentico in ogni occasione e capace di agire modificazioni positive; il prof. Carlo Callegaro, Direttore Regionale ANPEC del Veneto, docente ISFAR e pedagogista clinico, ha spiegato come nella comunità “Barabitt” di S. Donà del Piave, in provincia di Venezia, con adolescenti provenienti da situazioni difficili, siano stati attuati percorsi esperienziali con l’utilizzo di tecniche pedagogico-cliniche, in specie InterArt® e Edumovement®, in pieno concorso con le istanze reali dei residenti, con quelle delle educatrici, in un ambito di comunità realmente “aperta” all’interno e capace di relazionarsi con la realtà esterna; il dott.
Pierluca Ruzzier, pedagogista clinico e la dott.ssa Erica Cestari, educatrice del comune di Peschiera del Garda, hanno mostrato come l’interazione tra le istanze pratiche degli educatori e i metodi e le tecniche pedagogico cliniche, non si svolga in modo conflittuale, bensì in piena armonia; la dott.ssa Romina Lorenzi, pedagogista clinico, ha sottolineato la centralità e il protagonismo del bambino come “arbitro” della propria crescita, in altri termini, il pedagogista clinico non è il “plasmatore”, l’arbiter del futuro del bambino, come non lo sono le figure parentali, i maestri, i professori e ad altri, ma il bambino stesso. Le relazioni dei pedagogisti clinici dell’area vicentina, le dott.sse Federica Ciccanti, Vania Predebon, Sabrina Germi e Maria Zaupa, hanno sottolineato, la collaborazione “sinergica” tra genitori, insegnanti, pedagogisti clinici, accentuando il fatto che, in accordo con Françoise Dolto, essere-diventare genitori debba essere appreso. La dott. ssa Mariangela Semenzato ha presentato il suo corso anti-bullismo (una volta “Bulli e pupe”, oggi anche “bulle”), consistente nel rafforzare la consapevolezza egoica, quella fondata sull’Io e il Sé, per cui poi non c’è più bisogno di indebiti rafforzamenti violenti. La dott. Maddalena Papa, ha parlato del suo “Percorso InterArt® in una comunità terapeutica madre-bambino”. Un metodo super-interdisciplinare, inter-artistico, che muove dal disegno abbozzato, alla musica, al lavoro in creta, e contribuisce a rafforzare l’unione endiadica, ma aspirante all’autonomia, più tipica e “ancestrale”, quella tra madre e bambino. Toccanti, nella diversità degli interventi, le ultime due relazioni: “Ho paura”, del dott. Federico Macelli, su un intervento pedagogico clinico a favore di un bambino di 9 anni e “Rompere il guscio”, della dott. Serena Gaiani, su un’adolescente con manifeste crisi d’ansia. Due situazioni diverse (l’età delle persone in questione), ma incentrate su soggetti più che dotati, improvvisamente entrati in crisi, ma pienamente “recuperati” dopo un percorso lungo, non sempre facile. Un intervento “istituzionale” quanto pacato e pienamente consonante con lo spirito del convegno quello della dott. ssa Donà, consulente della Sovraintendenza scolastica. Convegno fruttuoso e importante, da cui è emersa l’importanza di una disciplina “olistica”, focalizzata cioè su tutte le potenzialità della persona, sul “tutto” della struttura personologica e che assume in pieno il carico di un’educazione liberante, senza scorciatoie pericolose.
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4 febbraio 2009 “La violenza sulla donna, sullo straniero, sul diverso da sé, è il segnale di un vuoto personale, sociale, educativo e culturale. La violenza è il linguaggio, l’avvertimento di chi non ha potere ed aspira ad averlo, di chi si sente escluso verso chi è integrato. È quanto evidenzia la professoressa Giuliana Ammannati, pedagogista clinico dell’ANPEC (…) quindi conclude la Ammannati – bisogna investire in ambito educativo e promuovere l’educabilità della persona. È opportuno, inoltre, colmare il vuoto sociale e sanare la forte crisi relazionale… vigilare affinché la violenza non diventi il linguaggio dominante di cinema e televisione”.
Advcity.it
Dentro Salerno 22 aprile 2009
Le agenzie rilanciano il comunicato stampa sul convegno nazionale che si tiene a Cava de’ Tirreni il 24 aprile 2009 presso la sala Teatro Comunale, su “Oltre il sintomo: la persona - Pedagogia Clinica e multidisciplinarità”. La manifestazione ha avuto il patrocinio dell’ISFAR Istituto Superiore Formazione e Ricerca, del comune di Cava de’ Tirreni, del Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, dell’A.N.P.C.I Associazione Nazionale Piccoli Comuni d’Italia e
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A.N.IM.I. Associazione Nazionale per l’Immigrazione. Vi partecipano: On. Lucio Barani, capogruppo Commissione XII Affari Sociali, On. Edmondo Cirielli, presidente Commissione Difesa della Camera dei Deputati, On. Giuseppe Scalera, Commissione Ambiente della Camera, Dott. Daniele Fasano, Assessore all’Università di Cava de’ Tirreni, Don Luigi Petrone, Rettore del Santuario S. Francesco d’Assisi e S. Antonio di Cava, professor Guido Pesci docente dell’Università di Siena, presidente ANPEC Associazione Nazionale Pedagogisti Clinici, il prof. Sergio Gaiffi e la dr.ssa Rosanna Alfieri, docenti ISFAR, modera dr. Aldo Bianchini giornalista.
Il Resto del Carlino
14 maggio 2009 “Combattere la clandestinità è necessario per favorire l’integrazione sistemica degli immigrati. L’integrazione non può essere considerata solo sociale e riferita esclusivamente all’inserimento degli immigrati in un tutto – spiega la professoressa Giuliana Ammannati docente di filosofia, pedagogista clinico dell’ANPEC –; ma va intesa nel significato più forte e vero cioè di interdipendenza, di scambio del lavoro, di beni economici e culturali, di riconoscimento dello stato e della morale sociale. L’integrazione è possibile solo con l’educazione, grazie alla diffusione di dsposizioni comuni derivanti da modelli di valore interiorizzati da ciascun soggetto e di conseguenza dalla società.
Maremma News
26 maggio 2009 Anziani a lezione per aiutarsi a vicenda Un gruppo di oltre venti anziani si sono messi a disposizione per aiutare altri anziani che non sono in grado di essere completamente autosufficienti Grosseto: Termina venerdì 29 maggio il corso di for-
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mazione per volontari “Aiutarsi per aiutare meglio”, organizzato dal Forum Volontariato e Terzo settore, Tavolo Anziani, all’interno del Progetto “Non più soli”. Coordinati da Nicola Cirillo, Presidente del Centro di Promozione Sociale di Barbanella, un gruppo di oltre venti anziani si sono messi a disposizione per aiutare altri anziani che non sono in grado di essere completamente autosufficienti, mettendo a disposizione tempo e spazi per far trascorrere loro qualche ora in compagnia, socializzare, essere ascoltati e poter partecipare ad attività ricreative. Saranno sedici gli anziani che riceveranno aiuto e solidarietà, divisi in due gruppi di otto, che potranno usufruire anche di pasti offerti in uno dei Centri. Il Corso si svolge presso il Centro di Promozione Sociale di Gorarella, che partecipa all’iniziativa. I volontari anziani si sono dimostrati attenti e partecipi alle varie proposte che giungevano dal dr. Antonio Viviani e dalla dr.ssa Carmen Torrisi, Direttori rispettivamente delle sezioni provinciali dell’ANPEC (Associazione Nazionale Pedagogisti Clinici) e della SIR (Società Internazionale di Reflecting) di Grosseto. Sono state proposti loro momenti di riflessione prima, di attività esperienziale poi attraverso situazioni ludiche vissute singolarmente, in coppia, in gruppo, inerenti i concetti di conoscenza, accoglienza, rispetto, aiuto, stare insieme, dare significato, essere disponibili all’altro. Terminato il corso seguirà l’immediata attuazione del progetto.
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Tammurriata.net
01 giugno 2009 Nel sito è apparso, a firma di Nadia Esposito, un articolo su “L’isola Pedagogico Clinica”. Ennesimo progetto vincente della scuola Dante Alighieri di Monte di Procida. Il 4 Giugno presso il Circolo Didattico D. Alighieri Plesso Montegrillo si terrà la manifestazione conclusiva del progetto L’Isola Pedagogico Clinica “Prevenzione alle difficoltà di apprendimento con l’utilizzo di metodi pedagogico clinici”. Questo progetto realizzato dalla Dott. ssa Renzo Velia e dalla Dott. ssa Stefania Laurino, nasce come lavoro di ricerca sperimentale in collaborazione con l’ ISFAR (Istituto Formazione Aggiornamento e Ricerca post-laurea) e l’ANPEC (Associazione Nazionale Pedagogisti Clinici), con l’obiettivo di applicare i metodi e le tecniche pedagogico cliniche ad un campione di bambini appartenenti all’ultimo anno della scuola dell’infanzia in modo da prevenire possibili difficoltà d’apprendimento. Per l’occasione interverranno il Prof. Dott. Guido Pesci, che fra i suoi titoli annovera quello di Direttore Scientifico ISFAR e di Presidente ANPEC; inoltre saranno presenti la Prof. Marta Mani, il sindaco di Monte di Procida Iannuzzi e l’Assessore all’Istruzione Andrea Scotto Lavina, ovviamente oltre alle due fautrici del progetto. Al Dott. Giuseppe Pezza, dirigente scolastico della Dante Alighieri, spetterà fare gli onori di casa e presiedere a questo evento tanto singolare quanto prestigioso, al termine del quale verrà consegnato un Attestato di Partecipazione alle famiglie dei bambini che hanno partecipato al progetto.
Protocollo d’intesa per il miglioramento degli interventi educativi nelle scuole L’incontro ha visto la presenza dell’ Ufficio Scolastico Regionale per la Toscana e l’ANPEC (Associazione Nazionale Pedagogisti Clinici) Grosseto: Un’altra affermazione nel sociale dei peda-
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gogisti clinici formati dall’ISFAR-Istituto per la formazione post-universitaria di Firenze. L’Ufficio Scolastico Regionale per la Toscana e l’ANPEC (Associazione Nazionale Pedagogisti Clinici), sezione Regione Toscana, hanno firmato in questi giorni un Protocollo d’Intesa rivolto ad una collaborazione con il fine di migliorare gli interventi educativi nelle scuole della nostra regione. In particolare la Sezione regionale ANPEC Toscana con le sedi provinciali offrono alle scuole: progetti finalizzati a fronteggiare il disagio giovanile conduzione di sportelli di ascolto per tutto il personale della scuola, studenti e genitori corsi di aggiornamento e formazione al personale docente per lo sviluppo di abilità diagnostiche, didattiche e relazionali incontri con i collaboratori scolastici e i genitori per rafforzare, attraverso la riflessione, una diversa disponibilità a condurre azioni in modo più libero e responsabile incontri con gli studenti al fine di creare situazioni di cambio simpatetico per nuovi impegni collaborativi. I rappresentanti regionali dell’ANPEC, in ragione dei questa intesa, saranno chiamati dall’USR della Toscana per individuare quali altre iniziative, indirizzate ad aiutare tutte le componenti scolastiche, possono essere offerte in collaborazione con altre associazioni e ordini professionali. Momenti di incontro da cui potrà scaturire una innovativa ottica di squadra e una conseguente opportunità di integrazione delle discipline e dei saperi.
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Il Corriere Flegreo
4 giugno 2009 L’articolo “La scuola a tutto campo” a firma di F.S. annuncia l’incontro sulla sintesi di un lavoro di ricerca sperimentale per la prevenzione delle difficoltà di apprendimento, condotto dalle dr.sse Renzo Velia e Laurino Stefania, nella scuola dell’infanzia del plesso Montegrillo-Case Vecchie di Monte di Procida, in collaborazione con l’ISFAR e l’ANPEC.
Il Resto del Carlino
17 giugno 2009 In una intervista rilasciata al giornale la professoressa Giuliana Ammannati, docente di filosofia e scienze umane, pedagogista clinico e formatrice ANPEC, dichiara che “La scuola italiana non ha niente da invidiare agli altri paesi. Il rapporto Ocse mette in luce carenze nel nostro sistema scolastico, si dimentica però che nel nostro paese i curricula sono assai più articolati e complessi. Non basta rilevare su criteri quantitativi i risultati insufficienti degli studenti nelle discipline scientifiche per poter affermare l’inefficienza della scuola italiana a livello formativo. Se non altro per i contenuti vastissimi delle discipline umanistiche, per i metodi e le tecniche di valutazione che scaturiscono dalla nostra tradizione e cultura pedagogica eccellente, che nel processo educativo mira alla formazione integrale della persona umana. Solo per questo obiettivo educativo, che senza dubbio è il più importante, la scuola italiana – conclude la Ammannati -, pur con le sue pecche, non ha niente da invidiare agli altri paesi.
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21 giugno 2009 La testata dà notizia della conferenza che si è tenuta nel V circolo didattico M. Mitilini di Casoria, in occasione della conclusione del progetto realizzato nella scuola dell’infanzia.
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nato progetto verranno seguiti nel loro primo anno di scuola primaria. Il Dott. Pezza ha inoltre affermato che sono previsti corsi di formazione di pedagogia clinica anche per 20 docenti. di Nadia Esposito
Tammuriata.net
29 giugno 2009 Pedagogia Clinica, soddisfazione alla Alighieri per i risultati raggiunti Il 4 Giugno presso il circolo didattico D. Alighieri di Monte di Procida si è tenuta la manifestazione conclusiva del progetto L’Isola Pedagogico Clinica “Prevenzione alle difficoltà di apprendimento con l’utilizzo di metodi Pedagogico clinici”, curato dalle dottoresse Renzo Velia e Laurino Stefania in collaborazione con l’ISFAR e l’ANPEC. La manifestazione ha riscosso molto successo ed ha visto la partecipazione di decine di genitori, docenti, collaboratori scolastici, nonché del Sindaco Iannuzzi e dell’Assessore all’istruzione Scotto Lavina. Nel corso dell’incontro il direttore scientifico dell’ISFAR dott. Guido Pesci ha avuto modo di presentare ai partecipanti le caratteristiche della Pedagogia Clinica evidenziandone l’efficacia nella diagnostica di eventuali difficoltà dell’apprendimento e nella prevenzione di disturbi veri e propri. Il dirigente scolastico Giuseppe Pezza, che ha gentilmente accettato di illustrarci il progetto, ha sottolineato come nel corso della manifestazione siano stati presentati dei documenti che attestavano i progressi ottenuti sul campione di alunni sottoposti a tecniche di pedagogia clinica. Il progetto, svoltosi nell’arco di 3 mesi, ha riguardato una sezione dell’ultimo anno della scuola dell’infanzia del plesso Montegrillo-Case Vecchie. A seguito dei notevoli risultati riportati l’esperimento verrà ripetuto l’anno prossimo su di un nuovo campione di alunni; mentre quelli che hanno preso parte a questo determi-
Annuario Scolastico 2008-2009 Circolo Didattico Dante Alighieri - Monte di Procida
L’annuario riporta su di una intera pagina la documentazione della manifestazione avvenuta in conclusione del progetto su “L’Isola Pedagogico Clinica-Prevenzione alle difficoltà di apprendimento con l’utilizzo di metodi Pedagogico clinici”, realizzato dalle dottoresse presso la scuola dell’infanzia Torregaveta-Montegrillo.
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Il Monferrato
3 luglio 2009 Il quotidiano dà notizia di un progetto per donne vittime di abusi, lanciato da Lorenza Marinone pedagogista clinico ANPEC. 20 Aprilia Latina Oggi Martedì 7 Luglio 2009
La gestione della struttura per il momento durerà un anno
VENTICINQUEMILA metri quadrati di superficie verde con alberi di vario genere con un proprio impianto di irrigazione. Un'area giochi recintata di 390 metri quadri completa di giochi per i più piccoli, panchine e una fontanella. Una struttura recintata di 390 metri quadrati con una struttura chiosco, attualmente in fase di collaudo, ed un'area coperta a veranda. Vialetti in terra per percorsi pedonali e podistici della larghezza media di due metri e di uno sviluppo complessivo di circa 1550 metri. Tutto questo è nelle mani del comitato di quartiere di zona, «Toscanini», per il periodo di un anno. È quanto ha lasciato in eredità, prima di lasciare la città, il commissario prefettizio Cono Gius e p p e Federico. Lo ha decretato, approvando la delibera numero 131 del suo corso amministrativo. Una notizia attesa da anni dall'intera comunità della zona 167, un quartiere cresciuto troppo in fretta che ha guardato più agli interessi dei palazzinari che a quelli dei cittadini. Una zona con i servizi ridotti all'osso dove i punti di aggregazione sono solo dei miraggi. Una scuola iniziata e mai terminata, strade dissestate e arredo urbano che lascia a desiderare. Oggi una prima risposta alle esigenze di uno dei quar-
Aprilia
Il parco è del quartiere Affidata al comitato di via Inghilterra la nuova area verde
LO SCENARIO Sopra e sotto due vedute del nuovo parco Europa di via Francia
L’immobile è nelle mani del curatore fallimentare
E la scuola è a rischio PER una questione che si sblocca un’altra che si complica. Da una parte il parco comunale di zona viene consegnato alla comunità dall’altra la scuola la cui storia si complica maledettamente. La realizzazione della scuola di via Amburgo da anni bloccata finisce nelle mani di un curatore fallimentare e per il nuovo plesso scolastico si fa notte fonda. «Il nuovo sindaco di Aprilia ha sicuramente un milione di priorità - ha dichiarato Alessandro Marchetti, portavoce del comitato della scuola fantasma e presidente del quarto circolo didattico di via Inghilterra - ma tra queste non si può dimenticare la scuola fantasma. Chi ha governato negli anni precedenti ha portato a marcire la situazione e ora, con la nomina del curatore fallimentare della ditta che faceva i lavori, si è
L’area giochi con altalene e scivoli sarà aperta al pubblico dalle 9 alle 20 tieri più complessi e più popolosi della città arriva come colpo di coda della gestione commissariale che in una sola volta affida e disciplina l'organizzazione e la gestione del parco comunale «Europa» di
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via Francia. «Al fine di rendere fruibile prima possibile tale parco alla collettività e garantire altresì una corretta conservazione nel tempo - si legge nel corpo della delibera - prevedendo e contrastando
complicato tutto, perchè il suo compito è di vantare crediti con il Comune rischiando in questo modo di allungare i contenziosi legali». Il comitato nelle ultime ore ha deciso il suo scioglimento per mandare un segnale alla nuova amministrazione comunale guidata dal neo sindaco Domenuico D’Alessio e per consegnare la rappresentanza della questione scuola al comitato di quartiere Toscanini. Senza giri di parole, Marchetti lancia il guanto di sfida al primo cittadino di Aprilia. «Non possiamo permettere giochi politici a nessuno conclude Alessandro Marchetti a nome dei genitori degli alunni del plesso di via Inghilterra - se davvero Aprilia è ad una svolta rispetto al passato lo vedremo nei prossimi mesi». M.D.L.
I residenti si occuperanno dell’irrigazione e della potatura delle numerose piante fenomeni di degrado urbano è opportuno avviare servizi adeguati». Le regole stabilite dal commissario sono: la zona giochi apre dalle ore 9 e chiude alle 20. In più c’è l’annaffiatura e la cura del
prato. «Considerando che l'attuale organico del servizio parchi e giardini dell'ente non potrebbe garantire la gestione di tali servizi, soprattutto nel periodo estivo - continua la delibera -, vista la maggiore
necessità di interventi per la pulizia delle aree verdi comunali è possibile affidare al Comitato di quartiere Toscanini la gestione dei servizi»: 380 mila euro circa di cui 320 messi a bilancio dalla Regione Lazio sotto il governo Storace e i restanti 60 mila da un ribasso d’asta. Oggi l’erea è terminata e basta solo iniziare la manutenzione. L’irrigazione è già funzionante, il prato è già da tagliare. Marco Di Luciano
La sede dell’associazione dei pedagogisti è in via Nerva
APRE ad Aprilia la sede provinciale dell’Anpec. A renderlo noto è la dottoressa Stefania Salvaggio di April i a , l a direttrice della sezione p rovi n ci al e di Latina dell'Associazione Nazionale P ed ag og is ti Clinici. «Si sono tenuti nei giorni scorsi le elezioni per la direzione della sezione provinciale di Latina - fa sapere la coordinatrice -, la nomina è stata ratificata dal Consiglio Direttivo Nazionale dell'Anpec.
L’Anpec sbarca ad Aprilia Con questo atto si sancisce l'operatività della sezione sul nos t r o territorio». La presenza della figura del pedagogista Clinico - spiegano all'Anpec- è un riconoscimento importante considerato il vuoto professionale che si è registrato fino ad oggi nell'ambito educativo e socio-relazionale. «Infatti - continua la dot-
La dottoressa Stefania Salvaggio alla guida del gruppo provinciale di Latina
La Repubblica
toressa Salvaggio - grazie all'intervento di questi specialisti, enti pubblici e privati potranno trovare innovative ed efficaci risposte per risolvere situazioni di disagio o difficoltà nella gestione dei rapporti e del rendimento in ambito sociale, professionale, scolastico o familiare. Il Pedagogista Clinico ha specializzato la sua formazione nella conoscenza di disagi e potenzialità dell'individuo e acquisito abilità di intervento con specifiche strategie e metodi educativi orientati alla riconquista di nuovi
personali equilibri. «Anziché restringere la persona a paziente o malato e curare le malattie spiega la guida del gruppo provinciale di Latina - il Pedagogista Clinico attinge alle mille risorse di ognuno e spinge l'interessato al superamento dei propri disagi e difficoltà. L'intervento educativo proseguono all'Anpec può essere realizzato su soggetti di ogni età, in studi professionali o in agenzie educative, così come negli asili nido, nelle scuole, in ospedale, in ambienti sportivi, in centri dedicati agli anziani, o in ogni altro centro di formazione. M.D.L.
28 luglio 2009 In uno speciale gli esperti lanciano l’allarme: “i nostri ragazzi non sanno più usare carta e penna”. Ecco cosa rischia la generazione dei pc e degli sms. Al confronto, che occupa tre pagine del giornale, interviene la collega Giuliana Ammannati: “…la calligrafia è il linguaggio dell’anima, diversifica, rende unici. Ed è proprio di questo che i giovani sembrano avere paura, preferendo nascondersi dietro l’omologazione dello stampatello”. L’Ammannati continua ad esporre su più colonne il proprio pensiero terminando il suo “affondo” con “tor-
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nare all’insegnamento della calligrafia è una battaglia fondamentale ormai condivisa dagli studiosi di tutto il mondo… se non si impara il corsivo, i suoi tempi, la sua musicalità…” continua esponendo i più vivaci principi della pedagogia clinica.
Il Resto del Carlino
10 agosto 2009 “Lo studio del dialetto è memoria del passato, consapevolezza del presente, ancoraggio per il futuro delle giovani generazioni. Dona il senso di appartenenza al proprio territorio e alla propria nazione; favorisce l’integrazione tra le persone, veicola usanze e cultura”. “Perdere l’idioma locale significa rinunciare ad una parte della propria identità, come già sosteneva Rousseau che pertanto invitava a conservare persino il proprio accento e le inflessioni dialettali nella lingua parlata ai fini della caratterizzazione personale”, lo sostiene e lo evidenzia la professoressa Giuliana Ammannati, pedagogista clinico ANPEC, docente di filosofia e scienze umane. “Non conoscere l’uso del dialetto- conclude la Ammannati – è spegnere la sonorità e vivacità delle parole, smorzarle del senso che gli anziani e i padri hanno dato loro; è svuotarle dei vissuti, dei significati, e dei valori del posto. È perdere la bellezza del ritrovarsi nella lingua di appartenenza, fruita nel tempo, per uniformarsi all’idioma della globalizzazione”.
La Padania
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Il Corriere di Maremma
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Il Resto del Carlino
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È stato firmato il Protocollo d’Intesa fra L’Ufficio Scolastico Regionale per la Toscana e l’ANPEC (Associazione Nazionale Pedagogisti Clinici), sezione Regione Toscana, rivolto ad una collaborazione con il fine di migliorare gli interventi educativi nelle scuole.
Il Tirreno
28 agosto 2009 In occasione di un confronto su “Il cambiamento a scuola riparte dalla pedagogia”, Giuliana Ammannati, docente e pedagogista clinico ANPEC, sostiene che “l’insegnamento si può riqualificare solo mettendo al centro la persona, mediante la conoscenza del suo difficile iter evolutivo, sulla base di una solida preparazione pedagogica da parte di tutti gli insegnanti. Oggi i professori di matematica, fisica, biologia, inglese e educazione fisica non ne hanno neppure l’idea e questo crea un divario incolmabile fra le materie scientifiche e quelle umanistiche, ai danni degli studenti. È necessario evitare che con una impostazione prevalentemente tecnica, come quella che sembra emergere, si verifichino anche in futuro errori educativi; che permangano la neutralizzazione degli oggetti culturali e il livellamento della persona”. Settembre 2009 È apparsa in rivista un’ampia recensione del libro di G. Pesci “Il Maestro Unico- Contributi Scientifici a confronto”, pubblicato nel 2008 dalle edizioni Armando. La recensione, a firma di Eugen Galasso, termina con un invito ai lettori “…siano essi docenti, ricercatori, genitori, studenti, potranno, superando lenti deformanti date dalle superstiti appartenenza ideologiche (e politiche), dalle questioni legate alle “casacche corporative”, da una formazione accademica talora unilaterale, formarsi un’idea del problema”.
29 settembre 2009 Lo I.A.S. emozioni Istituto d’ Arte e Spettacolo di Calcinaia diretto da Lucia Galletti in collaborazione con lo studio di pedagogia clinica della Dott. Elisa Recce organizza un corso rivolto ai bambini dai 4 ai 7anni ed ai ragazzi fino ai 12 anni sull’espressività motoria: intitolato “Ritmicamente”. Il corso prevede una prima lezione di prova gratuita venerdì 2 ottobre alla quale tutti i bambini sono invitati dalle ore 17 alle 18 e i ragazzi dalle 18 alle 19, il corso avrà luogo presso i locali I.a.s. in via del Tiglio 227/e loc. Sardina a Calcinaia (zona Carrozzeria Tiglio angolo negozio Video Vip). Per info: Elisa Recce elisarecce@virgilio.it; Lucia Galletti info@ias-emozioni.it
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Il Cristallo
Il Tirreno
Cronache di Napoli
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Echi della stampa Viene data notizia del Convegno Nazionale del 15 ottobre a Casoria sui minori a rischio e la dispersione scolastica.
Il Mattino
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A firma di Domenico Maglione un articolo sul convegno che apre il 15 ottobre a Casoria su: Sapere oggi per essere domani - L’educazione dei giovani e la dispersione scolastica.
Il Resto del Carlino
31 ottobre 2009 “Dissacrato dalla pubblicità delle calze l’inno nazionale, una pessima comunicazione ai giovani con gli adulti distratti e incapaci del ruolo educativo. Lo afferma in una intervista al giornale Giuliana Ammannati, pedagogista clinico ANPEC, la quale aggiunge: “bisogna alfabetizzare gli adulti per aiutarli ad uscire dall’impasse dell’impotenza di fronte al disagio che cresce e al deficit relazionale che investe prepotentemente le giovani generazioni. E questo è un compito che le istituzioni devono sapersi assumere perché l’informazione attraverso la televisione non basta. Espropriati del ruolo educativo che vigila sul futuro dei ragazzi, gli adulti sono impreparati ad affrontare le problematiche adolescenziali, le paure, i conflitti. Essi delegano la crescita dei giovani non più alla scuola e alla società ma, con superficialità, alle fictions, ai reality triviali, ai film di Federico Moccia. Ed è così che, spesso involontariamente, si rafforzano o si alimentano da parte degli adulti stereotipi; si distruggono modalità di comunicazione e scoperta vere; si danno pessimi esempi di comportamento; si dissacrano valori e modelli che permetterebbero di crescere in modo responsabile e civile. Sicuramente porterebbero i giovani ad attivare una riflessione e una partecipazione diversa”.
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Nuovi Orizzonti
Psicologia, Medicina, Pedagogia Norme Redazionali per i collaboratori della Rivista “Nuovi Orizzonti” ISSN: 2036-7139
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In questa rubrica presenteremo recensioni di testi inerenti ma anche stranieri, nella certezza che si può giungere ad un solo se spalanchiamo i nostri orizzonti su un panorama che Francesca Vecera (a cura di)
Educare nel tempo Paidos Cooperativa Sociale, Foggia, 2008, pp. 104 Il libro narra di storie di accoglienza condotte dall’Opera San Giuseppe, dai Servizi Sociali del comune di Nocera, dall’organizzazione di volontariato “Famiglia Murialdo”, la ASL FG 3 e la Cooperativa Paidos. Il principio su cui si è mossa l’iniziativa è la realizzazione in concretezza di un aiuto offerto ai bambini e adolescenti a rischio basata su una cultura solidaristica, nella logica di un servizio sociale dello “stare ed essere presenti” sul territorio. La scelta è stata quella di porsi quotidianamente dalla parte del soggetto che vive la marginalità e il disagio, con l’obiettivo dell’attivazione di relazioni permanenti per potenziare nella comunità la capacità di organizzare risorse nella logica dell’auto-mutuo aiuto, facilitando, come annuncia Padre Giuseppe Rainone nella premessa, l’integrazione alle varie presenze nel territorio: scuola, comune, gruppi, mondi vitali, movimenti, volontariato, agenzie formative e ricreative e stimolando il processo di presa di coscienza della comunità territoriale. Il lavoro si caratterizza con l’attenzione verso il benessere con un saper fare ricco di professionalità e di empatia. Antonio Viviani
Giuseppe Errico, Angela La Torre
Le dimensioni molteplici della pratica sociale La Città del Sole, Napoli, 2006, pp. 123 Gli autori ci offrono un viaggio intorno alle scienze umane applicate sostenuti da un orientamento teorico che si rifà alle antropologie trasformazionali di Sergio Piro. Il libro parla di esercitazioni teoriche, di richiami scientifici, di meta-istruzioni, di richiami di scuola, di citazioni e delle esercitazioni a leggerle, per offrire un ampliamento di orizzonte e un autentico lavoro di (trans-) “formazione”. Una proposta di apertura alla conoscenza, come dicono gli autori nell’introduzione per disporsi, “nei confronti del sapere non come un possidente nei confronti del suo territorio, ma come un viandante nei confronti della sua via”. La Redazione
Eugen Galasso
Soffi di vertigine LATMAG, Bolzano, 2008, pp. 45 In “Soffi” si riscontra, dice Eracleito Gironi, una tendenza all’iterazione, il tratto ripetitivo, parcellizzato, disperso in frammenti di racconto, dialoghi, poesie, lacerti vari. Composizioni in cui i ricordi affiorano e si compongono in una valanga di immagini che, come
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Patrizia Piredda nella prefazione richiama, immediatamente travolgono il lettore facendolo precipitare in una lettura onirica che alcune volte subisce, senza troppo soffrirla, la forzatura del sognante… È una scrittura paradossale perché ciò che la ragione crede di aver dominato nella forma e nel controllo della materia, in realtà continuamente sfugge e il corso dei ricordi si manifesta nella sua piena libertà. L’Autore dice di sé “non ho l’ambizione di dire molto di più di quanto dicano (spero…) i testi poetici, “narrativi”, “dialogici”, che sia agli altri, ai lettori e ai critici eventualmente, il compito di dire di più, a proposito di quanto appunto è nei testi”. Egli in realtà fa fluire esprimendo una abilità geniale, sentimenti con un andamento frammentario che poi riassocia con vibranti sollecitazioni fino ad avviarci ad una conoscenza in un’esperienza sempre rinnovata e rinnovabile. Storie che ci affiancano al protagonista e ci fanno vivere, muovendo negli anfratti del sapere, la complessità del piacere che la sofferenza offre. Guido Pesci
Federico Pettinari, Luisa Vera
La traccia del corpo
La meridiana, Molfetta, 2010, pp, Questo libro contiene la proposta di un laboratorio scolastico, solido e collaudato, che, tappa dopo tappa, conduce nelle tracce del corpo coinvolgendo, oltre ai bambini anche insegnanti e genitori. Attraverso questa esperienza, ai bambini viene data la possibilità di fermarsi e riconoscere le posizioni del corpo con i diversi suoni che produce in un’atmosfera di ascolto di sé e dell’altro. Stimolando la possibilità di lasciare traccia di sé i bambini crescono più consapevolmente e, inoltre, si avvicinano al mondo codificato, e quindi alla scrittura, con spontaneità e piacere. Questo è quanto appare in quarta di copertina. La lettura del libro dà ampia conferma al giusto valore che si attribuisce al lavoro e ci dà l’opportunità di comprendere come ogni attività possa raggiungere gli obiettivi perseguiti con esperienze organizzativo-cinestetiche e rappresentativo-segniche. Un’interessante descrizione della metodologia con cui si perseguono le proposte progettuali e si raggiungono esperienze capaci di promuovere e potenziare nel soggetto abilità e disponibilità. Marta Mani
Karl Raimund Popper
Dopo la società aperta Armando, Roma, 2009, pp. 560 In occasione dei sessanta anni di attività editoriale della Casa Editrice Armando, è stato edito l’ultimo volume di Popper, una raccolta di saggi inediti, che chiude un secolo, quello XX, e contemporaneamente indica strade e soluzioni per generazioni del XXI. È un lavoro che segue la Società aperta e i suoi nemici, pubblicato nel 1945 e che costituisce un classico del pensiero politico contemporaneo. In questo volume sono stati generosamente raccolti tutti i saggi più significativi, capaci di offrirci riflessioni sulla fede religiosa, la crescita della scienza, la storia, le sue prese di posizione
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alla Pedagogia Clinica provenienti non solo da Autori italiani, arricchimento scientifico e ad un approfondimento del sapere sia il più vasto possibile. sulla Guerra Fredda, la Guerra nel Vietnam, gli armamenti nucleari, sulla televisione “cattiva maestra”, sull’etica medica. Un documento prezioso per la comprensione degli sviluppi e degli approfondimenti del pensiero politico di uno dei più influenti e discussi filosofi dei nostri tempi. Il volume viene introdotto da una presentazione di Popper, tratta dalla prima parte di una pubblica conferenza da lui tenuta a Princeton, seguono i “Ricordi d’Austria”, conferenze dalla Nuova Zelanda, la Guerra Fredda. È dall’introduzione che possiamo trarre orientamenti sul suo pensiero, scrive: “La teoria della conoscenza è al centro stesso della filosofia, non solo della filosofia della scienza, ma anche dell’etica, della filosofia politica e perfino della filosofia dell’arte. Indubbiamente questo è, almeno in parte, dovuto al fatto che ogniqualvolta cerchiamo di giustificare qualcuna delle nostre asserzioni, cominciamo col domandarci se le nostre giustificazioni siano valide. In questo modo siamo portati a pensare alla giustificazione alle nostre asserzioni, delle nostre convinzioni, delle nostre teorie, e delle nostre ipotesi. E le risultanti teorie della giustificazione formano quella che viene chiamata teoria della conoscenza (o epistemologia)”, complesse interconnessioni tra l’epistemologia e il suo pensiero politico per una traduzione dei capitoli che seguono. Guido Pesci
Karl Ferdinand Werner
Nascita della nobiltà. Lo sviluppo delle élite politiche in Europa Einaudi-Biblioteca Storica de “Il Giornale” (2 voll.) Torino-Milano, 2007 Ecco, dirà qualcuno: “Dev’essere impazzito del tutto. Ci consiglia un libro di storia, peraltro neanche semplicissimo, che totalizza (con la bibliografia) 550 pagine, neanche molto digestivo. A noi pedagogisti clinici? Ma che c’azzecca – ormai il dipietrismo è diffuso ovunque...–”. Invece, a parte l’ovvia constatazione per cui anche il pedagogista clinico di filosofia e storia deve nutrirsi, seppure non prioritariamente, ce n’è un’altra, che diventa palese a chi apra il libro e legga la lunga e terribile disamina sul concetto di Medioevo, che l’autore rifiuta, ritenendola invenzione arbitraria dell’Umanesimo: una rivoluzione epistemologica in campo storico, chiaro, anche se complessa (le ipotesi di lavoro servono, quindi rifiutarle in toto è pericoloso, poi risorgono, rientrano dalla finestra, siano i Barbari o il Medioevo), serve a vedere le cose-concetti da un angolo visuale. Ecco allora, con un po’ di pazienza, l’utilità anche e forse soprattutto per il pedagogista clinico, di letture come questa: fanno considerare aspetti inesplorati, diversi, “altri”. Se in sede di anamnesi ci troviamo a considerare la situazione di una persona, sappiamo che ogni “a priori” viene immediatamente o quasi, messo in discussione, come peraltro altrettanto sappiamo che ogni “valutazione risolutiva” non ha valore, come la componente “non corticale” della persona e del suo “esserci” sia importantissima, più di quanto argomenta razionalmente. Qualcosa del libro può disturbare, lo so. Ecco allora il/la collega di prima che mi sussurra (o grida, avrebbe tutte le ragioni per farlo): “Per di più consiglia un librone che difende la nobiltà, reazionario e quant’altro...”. Ancora una volta no, le cose sono molto più complicate e molto diverse e per dimostrarlo citerò un ulteriore elemento a discolpa di Werner: da studioso tedesco ha scritto il libro in francese (va beh, è stato a Parigi per molti
anni), cosa non da poco, data l’atavica rivalità tra le due sponde del Reno, da storico tedesco critica i suoi colleghi storici del diritto germanico, cui rimprovera di voler rivendicare la priorità di denominazioni e concetti “barbarici” (vedi sopra) su quelli latini, mentre invece è vero il contrario, cioè che moltissime denominazioni sono calchi, anzi no “traslazioni” (non traduzioni, ché sarebbe troppo difficile farle e comunque risulterebbero sempre inesatte). Ripeto: su molte scelte “werneriane” non si può/si può non essere d’accordo (citerò solo il caso della frase evangelica “Date a Cesare quel ch’è di Cesare, a Dio quel ch’è di Dio”, frase probabilmente interpolata, comunque oltremodo discussa da esegeti, teologi, filosofi, storici, sociologi e non solo, che invece lo studioso liquida in modo troppo pacifico e tradizionale, per adattarla al suo schema, invero un po’ neo-legittimista) ma letture come questa, da riservare a momenti di calma o di vacanza, perché altrimenti “onnivora” si inserisce però in un quadro di rinnovamento del modo di pensare (del pedagogista clinico? Sì, anche, certo) di cui tutti, talora, abbiamo bisogno. Il pedagogista clinico, poi, ha a che fare sempre con questa “rivoluzione”, proprio nell’operare con persone, nei gruppi, come formatore etc... Eugen Galasso
K.Horney
Self-Analysis New-York, 1948, trad., it., Roma, Astrolabio, 1950 Il libro Self-Analysis di Karen Horney (1948), psicoanalista e terapeuta di scuola freudiana, definita non propriamente “ortodossa” e tanto meno “dogmatica” da Herbert Marcuse in ”Eros and Civilisation”, ci offre spunti assai significativi. Nutrito di un ricco bagaglio clinico si pone in alternativa e in polemica con chi faceva dell’autoanalisi (o almeno ne diffondeva il verbo più o meno salvifico) a buon mercato. Facili sirene della self-analysis elevata a sistema, contro cui la Horney polemizza spesso evitando perfino ogni richiamo bibliografico per ovviare ad una identificazione. La Horney si rifà al concetto di autoriconoscimento (1948, p. 211214, passim) che tendenzialmente l’analista classico è portato a respingere; tuttavia ciò non implica che un’autoanalisi “indiscriminata” (cioè autonoma da ogni altra considerazione e valutazione) possa valere e servire effettivamente. Karen Horney accenna a due modalità di autoanalisi: “occasionale”, cioè periodica, non duratura e “sistematica”, in cui all’analista/ terapeuta rimane il compito di coordinare-sistemare-far convergere, “ricapitolare”, mettere ordine, e interpretare ciò che il “paziente”, lasciato in certe fasi a sé stesso, ha prodotto. Certo il concetto di “autoanalisi” è di per sé “affascinante”. Il fatto è che il tutto va precisato e contestualizzato. Per il reflector e chiunque si occupi di reflecting, l’impegno è assai diverso, dato che “non interpreta” né “prende appunti” che fatalmente condizionerebbero, volens nolens la persona, e la conduce alla riflessione stimolandola con segni e parole impiegate intenzionalmente; un agire comunicativo-strategico funzionale idoneo a soddisfare il bisogno di analizzare e riflettere, promuovere una esperienza interiore, favorire la connotazione di ogni fenomeno coscienziale e rendere perciò efficace l’intervento. Eugen Galasso
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News a cura di Sergio Gaiffi
La ricompensa migliora l’apprendimento “L’effetto ricompensa” non solo migliora le capacità cognitive superiori, ma può anche accrescere le funzioni cerebrali della corteccia somatosensoriale. Le persone che vengono ricompensate per aver preso una decisione corretta imparano più velocemente: questo fenomeno è noto da tempo, ma poco si sapeva finora dei meccanismi psico-fisiologici che ne stanno alla base. Ora in un articolo pubblicato sulla rivista “Plos biology”, un gruppo di ricercatori guidato da Burkhard Pleger del Max-Planck-Institute per le neuroscienze di Leipzig e dello University College di Londra ha dimostrato non solo che “l’effetto ricompensa” supporta il miglioramento delle capacità cognitive superiori, ma anche come le funzioni cerebrali della corteccia somatosensoriale possano essere accresciute.
rivista americana “Mind”: rilassa i muscoli, mette in circolo molecole “positive” come le endorfine, inoltre l’umorismo aiuta a guardare con distacco le piccole grandi noie di ogni giorno. Queste sono le conclusioni dello studio condotto da Fritz Strack dell’Università tedesca di Würzburg.
Il linguaggio dei neonati
Appena nati già sanno parlare la loro lingua materna: sono solamente versi, pianti e gridolini, ma nella perfetta cadenza che da tre mesi ascoltano dal mondo esterno. Uno studio condotto su una sessantina di neonati francesi e tedeschi ha confermato quello che ogni mamma “sa”: negli ultimi tre mesi di gravidanza il nascituro è attento e sensibile a ogni stimolo acustico. Memorizza i profili melodici della voce della mamma, per esempio imparando a riconoscerla e preferendola alla voce di chiunque altro, e questa capacità fa sì che a tre quattro giorni dalla nascita il Aumenta in estate il rischio di abusi sui neonato sappia già parlare la sua “lingua materna”. minori A modo suo naturalmente: con strilli o pianti che tuttavia sono ben impostati con l’intonazione tipica della L’estate è la stagione in cui è più alto il rischio di abusi e lingua parlata dalla madre. violenze sui minori: scuola e famiglia allentano i control- E, in modo assolutamente complementare, quell’insieli, così gli aggressori hanno gioco più facile nell’avvici- me di versi senza senso, e variamente modulati che le nare le loro piccole vittime e ogni anno in questo periodo mamme usano per parlare con i loro bimbi (e che li rendono tanto felici), sembra così guadagnare una sua si registra un incremento del 5% degli abusi sessuali. Secondo recenti statistiche in Italia i casi di abuso e di giustificazione scientifica. maltrattamento contro i minori sono in costante aumento, con circa mille denunce per violenza sessuale lo Il multi-tasking scorso anno. In circa il 70% dei casi le vittime sono bambine, il più delle volte con meno di 10 anni (l’80% Fare più cose alla volta non fa bene al cervello e non ci di tutti gli abusi riguarda piccoli con meno di 14 anni). rende più efficienti. Il “multi-tasking” può rendere E per violenza sessuale non si intende solo l’atto vero e stressati, rabbiosi e mentalmente affaticati, causare proprio, ma anche i palpeggiamenti, le carezze spinte, problemi di apprendimento nei bambini e ironicamente l’esibizionismo. ci rende anche meno efficaci nelle nostre azioni.
È la risata la regina del benessere Fa bene anche quando non è spontanea. È un toccasana anche quando è solo un movimento dei muscoli, perché poi riesce a conquistare e a far star bene tutto l’organismo. È la risata regina del benessere per corpo e psiche: migliora l’umore e la resistenza allo stress, rende più sexy, fa bene anche al cuore abbassando la pressione del sangue ed è capace anche di addolcire il latte materno rendendolo uno scudo contro le allergie del neonato. A spiegare i segreti del ridere, uno speciale pubblicato sulla
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Lo ha scoperto una ricerca del Massachussets Institute of Technology, pubblicata sul “Journal of experimetal psychology”. “Fare più cose contemporaneamente richiede più energie dal cervello che non farle una di seguito all’altra”, ha detto Earl Miller, ricercatore capo dello studio che ha scansionato il cervello di alcuni volontari per verificare quali aree si attivano quando si eseguono più azioni. “Il nostro cervello si concentra veramente su di una sola azione alla volta. Le altre semplicemente ci distraggono e ci rallentano”, ha detto Miller, che sconsiglia di fare multi-tasking a meno che non sia strettamente necessario.
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ISTITUTO SUPERIORE FORMAZIONE AGGIORNAMENTO E RICERCA
Formazione Post-Universitaria delle Professioni FORMAZIONI
PEDAGOGISTA CLINICO Sedi e date di inizio Alghero, 9 ottobre 2010; Cava de’ Tirreni, 23 Ottobre 2010; Catania,13 Novembre 2010; Milano, 20 Novembre 2010; Roma, 27 Novembre 2010; Padova, 4 Dicembre 2010; Bari, 11 Dicembre 2010; Firenze, 18 Dicembre 2010. ECM: CREDITI FORMATIVI 50 Corso inserito nel Catalogo dell’Offerta Formativa della Regione Toscana n. 000128 Destinatari: laureati (laurea magistrale e lauree Vecchio Ordinamento) in Pedagogia/Scienze Pedagogiche, dell’Educazione o della Formazione (classi 56/S, LM-50, 65/S, LM-57, 87/S, LM-85, V.O.), Psicologia (classi 58/S, LM-51, V.O.), Medicina e Chirurgia, Filosofia (classi 17/S, 18/S, LM-78 e V.O.); Scienze della Formazione Primaria; Educatori Professionali (SNT-SPEC/2). Per altre lauree sarà valutato il curriculum. Possono iscriversi anche coloro che sono ancora in formazione, presentando idonea autocertificazione, i quali dovranno comunque essere laureati al momento della verifica finale. L’ISFAR è l’unico Istituto autorizzato dall’Associazione Nazionale Pedagogisti Clinici (ANPEC) – costituita con Atto Pubblico il 28 marzo 1997 e registrata a Firenze il 16 aprile 1997 al n° 2423 – a rilasciare il certificato di una specifica formazione per l’ammissione all’Associazione e l’iscrizione all’Albo Professionale di natura privatistica dei Pedagogisti Clinici (artt. 6-8 Statuto ANPEC). La formazione promossa dall’ISFAR è riconosciuta anche dall’Amministrazione Scolastica ed è valutata nella Graduatoria Permanente Insegnanti di ogni ordine e grado (Articolo 66 C.C.N.L. Scuola e artt. 2 e 3 della direttiva n° 90/2003 del Ministero della Pubblica Istruzione prot. 20402 del 25 ottobre 2007). Al personale insegnante la formazione, oltre alla titolarità per l’iscrizione all’Albo, è certificata come Corso di Specializzazione in Pedagogia Clinica.
Prospetto della formazione Area teorica: Prospetto formativo • I presupposti epistemologici della Pedagogia Clinica • La storia della Pedagogia Clinica • Gli sviluppi della ricerca Pedagogico Clinica Area della rilevazione diagnostica: Modalità procedurali • Scopia del repertorio semiotico • Anamnesi • Colloquio anamnestico • Analisi sull’autonomia e coscienza di sé • Semiotica senso-percettiva • Analisi dell’espressività motoria • Analisi delle abilità e disponibilità espressivo-verbali • Analisi delle abilità codificatorio e decodificatorio-scrittorie • Analisi delle potenzialità e della polisimmetria causale dinamica delle difficoltà • Metodologia e tecnica dei test • Strumentario diagnostico con copyright ISFAR: Test Organizzazione Grafo-percettiva (tre-otto anni), Test Mnesi Immediata (dai tre anni alla terza età), Test di Attenzione e Faticabilità, Test di Maturazione Logica, Test Self-Concept, Analisi delle manifestazioni ansiose e depressive, Scala Holmes-Rahe, Analisi delle capacità intellettive. Area dei metodi e delle tecniche d’intervento pedagogico-clinico: Metodi: SELF per il risveglio delle abilità nell’autonomia e coscienza di sé • MPI® (Memory Power Improvement) per l’attentività e la mnesi • BonGeste per la grafo espressività Prismograph® per educare al segno grafico • EUcalculia per le abilità logico matematiche • Writing Codex per la codifica scrittoria Educromo per la decodifica scrittoria • Edumovement per le esperienze organizzativo motorie • Ritmo Fonico • Coreografia Fonetica • Vibro-vocale per l’ascolto • l’espressività e la comunicazione orale • InterArt® per lo sviluppo della creatività • Musicopedagogia® per la facilitazione delle modalità interattive • Discover Project® • Trust System® • Touch-Ball® (brevetto ISFAR), Body-Work® per l’esplorazione del corpo • Training induttivo per favorire il rilassamento • Reflecting® per favorire l’evoluzione positiva • Semiotica Senso-Percettiva per facilitare l’interazione • Psicofiabe® per stimolare l’immaginazione • Picturefantasmagory® • ClinicMentalPicture® • Cyberclinica® per favorire rinforzi ergici e nuove disponibilità al rapporto Area delle strategie d’intervento e area tecnico-professionale: Conduzione dell’assessment • Modalità comunicazionali • Percorsi diagnostici • Criteri di esposizione degli aspetti caratterizzanti la diagnosi • Sistemi idonei a stilare una relazione scritta • Percorsi immaginativi • Spiralizzazione dei progetti educativi • Mesologia dell’atelier educativo • Formulazione del contratto • Procedure per l’attivazione e lo sviluppo dell’attività libero-professionale • Analisi delle competenze professionali • Supervisione. Formazione personale Compilazione e discussione di una tesi finale. Detta discussione avverrà davanti ad una Commissione formata dai rappresentanti dell’ISFAR e dell’ANPEC Al termine del percorso verrà rilasciato il Certificato di Formazione per Pedagogista Clinico e formalizzata l’iscrizione all’Albo Nazionale dei Pedagogisti Clinici ANPEC e l’idoneità per l’iscrizione all’Albo Europeo Crediti formativi ECM: 50 per medici chirurghi, psicologi ed educatori professionali (SNT-SPEC/2). I crediti ECM sono inclusi nella quota di frequenza. Quota di iscrizione: Euro 186,00; Quota di frequenza: sei rate da Euro 580,00 ciascuna Sede della formazione, calendario, orario, docenti, organizzazione didattica, film ausiliari per la didattica,libri e dispense gratuiti, modalità di iscrizione, possono essere consultati visitando il sito: www.isfar-firenze.it Sede per la discussione di Tesi: Firenze- ISFAR Istituto Superiore Formazione Aggiornamento e Ricerca, Via del Moro 28, 50123 (a 100 metri dalla stazione ferroviaria di S.M. Novella).
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Formazione Post-Universitaria delle Professioni FORMAZIONI
PSICOMOTRICISTA FUNZIONALE “Scuola Jean Le Boulch” dal 1988
Sede e data di inizio Cagliari, 6 novembre 2010; Catania, 13 novembre 2010; Firenze, 27 novembre 2010 ECM CREDITI FORMATIVI 50 Corso inserito nel Catalogo dell’Offerta Formativa della Regione Toscana n. 000133 Destinatari: laureati in Scienze Motorie (classi 33, L-22, 53/S, LM-47, 75/S, LM-68 e 76/S, LM-67), Pedagogia/Scienze Pedagogiche, dell’Educazione o della Formazione (classi 18, L-19, 56/S, LM-50, 65/S, LM-57, 87/S, LM-85, V.O.), Psicologia (classi 58/S, LM-51), Scienze e tecniche psicologiche (classi 34, L-24), Medicina e Chirurgia; Terapisti della neuro e psicomotricità dell’età evolutiva, Tecnici della riabilitazione psichiatrica, Terapisti Occupazionali, Educatori Professionali, Fisioterapisti; per altre lauree sarà valutato il curriculum. Possono iscriversi anche coloro che sono ancora in formazione, presentando idonea autocertificazione, i quali dovranno comunque essere laureati al momento della verifica finale. L’ISFAR è l’unico Istituto autorizzato dall’Associazione Psicomotricisti Funzionali (ASPIF) – costituita con Atto Pubblico il 27 dicembre 2000 e registrata a Firenze il 16 gennaio 2001 al n° 502 – a rilasciare il certificato di una specifica formazione per l’ammissione all’Associazione e l’iscrizione al relativo Albo Professionale di natura privatistica degli Psicomotricisti Funzionali (artt. 6-9 Statuto ASPIF). La formazione promossa dall’ISFAR è riconosciuta anche dall’Amministrazione Scolastica ed è valutata nella Graduatoria Permanente Insegnanti di ogni ordine e grado (Articolo 66 C.C.N.L. Scuola e artt. 2 e 3 della direttiva n° 90/2003 del Ministero della Pubblica Istruzione prot. 20402 del 25 ottobre 2007). Al personale insegnante la formazione, oltre alla titolarità per l’iscrizione all’Albo, è certificata come Corso di Specializzazione in Psicomotricità Funzionale.
Prospetto della formazione Area teorica: La Psicomotricità funzionale: quadro neurologico e quadro funzionale di Jean Le Boulch • Contributi della neurofisioanatomia • Contributi della neuropsichiatria e della psichiatria • Kinesiologia. Area tecnica: Osservazione e Bilancio Psicomotorio Funzionale (BPF) • Pratica Psicomotoria Funzionale • Coreografia Corporea • Language Dance • Esperienza dinamica contrattiva e decontrattiva muscolare (Jacobson e Eutonia) • Tecniche di rilassamento e tecniche tattilocorporee • Psicomotricità funzionale in acqua • Tecniche di apprendimento • Bon Depart e Prescrittura • Psicomusica • Performance tecnico professionali. Area personale: Psicocorporeità Dialogica • Tonematica Comunicazionale • Dinamica Cinesico-Gestuale • Dinamiche relazionali
Al termine del percorso verrà rilasciato il Certificato di
Formazione per Psicomotricista Funzionale e formalizzata l’iscrizione all’Albo Nazionale degli Psicomotricisti Funzionali ASPIF Crediti formativi ECM: 50 per Psicologi, Terapisti della neuro e psicomotricità dell’età evolutiva, Educatori Professionali (I crediti ECM sono inclusi nella quota di frequenza). Quota di iscrizione: Euro 186,00; Quota di frequenza: sei rate da Euro 490,00 ciascuna Sede per la discussione di Tesi: Firenze - ISFAR Istituto Superiore Formazione Aggiornamento e Ricerca, Via del Moro 28, 50123 (a 100 metri dalla stazione ferroviaria di S.M. Novella). Sede della formazione, calendario, orario, docenti, organizzazione didattica, dispense, modalità di iscrizione, possono essere consultati visitando il sito: www.isfar-firenze.it
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Formazione Post-Universitaria delle Professioni FORMAZIONI
REFLECTOR® Sedi e date di inizio Milano, 13 Novembre 2010; Firenze, 11 Dicembre 2010 ECM: CREDITI FORMATIVI 50 Corso inserito nel Catalogo dell’Offerta Formativa della Regione Toscana n. 000135 Destinatari: laureati (lauree magistrali e lauree Vecchio Ordinamento) in Psicologia (classi 58/S, LM-51, V.O.), Pedagogia/Scienze Pedagogiche, dell’Educazione o della Formazione (classi 56/S, LM-50, 65/S, LM-57, 87/S, LM-85, V.O.) e Filosofia (classi 17/S, 18/S, LM-78 e V.O.). Possono iscriversi anche coloro che sono ancora in formazione, presentando idonea autocertificazione, i quali dovranno essere laureati al momento della verifica finale. L’ISFAR è l’unico Istituto autorizzato dalla Società Internazionale di Reflecting (SIR) – costituita con Atto Pubblico il 10 aprile 2002 e registrata a Firenze il 22 aprile 2002 rep.n. 23580 – a rilasciare il certificato di una specifica formazione per l’ammissione all’Associazione e l’iscrizione al relativo Albo Professionale di natura privatistica dei Reflector (artt. 7-9 Statuto SIR). La formazione promossa dall’ISFAR è riconosciuta anche dall’Amministrazione Scolastica ed è valutata nella Graduatoria Permanente Insegnanti di ogni ordine e grado (Articolo 66 C.C.N.L. Scuola e artt. 2 e 3 della direttiva n° 90/2003 del Ministero della Pubblica Istruzione prot. 20402 del 25 ottobre 2007). Al personale insegnante, oltre alla titolarità per l’iscrizione all’Albo, la formazione è certificata come Corso di Specializzazione in Reflecting.
Prospetto della formazione Fondamenti epistemologici. Le basi teoriche e i principi ispiratori • L’identità epistemologica del Reflecting • Introduzione al Metodo Reflecting Contributi teorico-pratici della psicodinamica. La psicodinamica • Relazioni tra la psicodinamica e il Reflecting • Analisi dei messaggi del disagio Il Reflecting e il Reflector. Il setting • Il contratto • La nuova maieutica • Il tavolo di cristallo • Analisi critica di materiale filmico e canovacci terapeutici • Verifica delle abilità conseguite e discussione Semiologia corporea. Controllo della tonicità muscolare e destrezza motoria • Ricerca dello schema corporeo e dell’immagine di sé • Abitare il proprio corpo: avere un corpo ed essere un corpo • Verso la conquista dell’autonomia e dell’equilibrio • Abilità di comunicazione corporea • Essere mediatori di comunicazione • I codici semiologici corporei. Linguistica funzionale. Le coordinate linguistiche per comunicare • Morfosintassi e lessicologia nella relazione • Fonetica relazionale • Comunicazione fono-semantica • L’uso della parola: come e quando impiegare le parole Tonematica dialogica. Abilità distributive della respirazione • Comunicazione teorica e sperimentale della voce • Immagine corporea e immagine vocale • La comunicazione paralinguistica Scenografia espressiva. Mimica e distribuzione corporea nello spazio • Cinemi fono-articolatori • Architettura delle manifestazioni espressive • Analisi dell’espressione corporea propria e degli altri Dinamiche comunicazionali. La comunicazione non verbale del Reflector • Comunicare con lo sguardo • Il silenzio conversazionale • Polarizzazione, orientamento e connotazioni associativo-simboliche • Esperienze dinamiche e attive di Reflecting Abilità comunicative e ambiti di applicazione. Il Reflector con il singolo • Il Reflector con la coppia • Il Reflector nei gruppi • Il Reflector nell’Istituzione Scolastica • Il Reflector in Azienda • Il Reflector nello Sport • Il Reflecting, un aiuto per progettare e sostenere la genitorialità • Il Reflector libero professionista. Laboratorio Filmico con Analisi di Situazioni Terapeutiche Analisi delle performance professionali e simulate. Esercitazioni e role-playing per sviluppare abilità espressivo comunicazionali • Strategie cliniche ed educative nel proprio contesto professionale.
Al termine del percorso verrà rilasciato il Certificato di
Formazione per Reflector e il numero di iscrizione all’Albo dei Reflector Crediti formativi ECM: 50 per psicologi (I crediti ECM sono inclusi nella quota di frequenza). Quota di iscrizione: Euro 186,00; Quota di frequenza: tre rate da Euro 490,00 ciascuna Sedi della formazione, calendario, orario, docenti, organizzazione didattica, film ausiliari per la didattica, dispense gratuite e modalità di iscrizione, possono essere consultati visitando il sito: www.isfar-firenze.it
CHIEDI ALLA TUA REGIONE/PROVINCIA I VOUCHER FORMATIVI www.isfar-firenze.it
www.reflecting.it
Giornate Formative ANPEC
Gratuite
in Edumovement Montevarchi, 27-28-29 luglio 2010 trainer: Prof.ssa Letizia Bulli e Prof.ssa Paola Ricci Per informazioni e iscrizioni Segreteria ISFAR
FORMAZIONI ESCLUSIVE DEL PEDAGOGISTA CLINICO
WORKSHOP
REFLECTOR
LA DISLESSIA: PROCEDURE DIAGNOSTICHE E NUOVE OPPORTUNITÀ DI INTERVENTO
I Pedagogisti clinici che durante la formazione ordinaria hanno seguito i tre incontri sul Reflecting, possono accedere all’iscrizione all’Albo dei Reflector frequentando gli incontri che si terranno a Montevarchi dal 10 al 16 luglio 2010
CORSO DI APPROFONDIMENTO
Il corso è orientato ad approfondire le basi teorico-scientifiche e le modalità pratiche nell’utilizzo del materiale innovativo e complementare prodotto: PsicoFiabe®, CiberClinica®, ClinicMentalPicture®, PicturePhantaSMAgory®. I partecipanti entreranno in possesso dei materiali che sostanziano i nuovi metodi Montervarchi, 21-22 luglio 2010
SPECIALISTA SUPERVISORE E ISCRIZIONE ALBO EUROPEO DEI PEDAGOGISTI CLINICI
Destinatari: i Pedagogisti Clinici che hanno conseguito il titolo dopo il 2003 o che, conseguito il titolo prima del 2003, abbiano soddisfatto l’obbligo all’Aggiornamento, e che svolgono da almeno un anno la libera professione. Montevarchi, 28-29-30 luglio 2010
FORMAZIONI CONSULENZA TECNICA E PERITALE PRESSO IL TRIBUNALE - CTU-CTP
Sedi e date: Milano, 17-18-19 Settembre 2010; Firenze, 27-28-29 Maggio 2011.
ANALISTA DEL COMPORTAMENTO CRIMINALE Sede e data di inizio: Firenze, 5 Marzo 2011
DINAMICHE DI GRUPPO E TECNICHE DI CONDUZIONE Sede e data di inizio: Firenze, 2 Ottobre 2010
DISEGNO ONIRICO
Sedi e Date Cagliari, 18-19 Settembre 2010; Firenze, 20-21 Novembre 2010 Docente: Prof. Dott. Elena Simonetta
IL BULLISMO: IL FENOMENO, LA DIAGNOSI E L’INTERVENTO Sedi e date Padova, 2-3 Ottobre 2010; Catania, 26-27 Febbraio 2011 Docente: Prof. Dott. Maria Raugna
LA NEGOZIAZIONE: STRATEGIE E TECNICHE Sede e Date: Firenze, 5-6-7 Novembre 2010 Docenti: Prof. Dott. Sergio Gaiffi, Prof. Dott. Elena Gaiffi
MALTRATTAMENTO E ABUSO SUI MINORI Sede e date: Milano, 11-12-13 Marzo 2011 Docenti: Prof. Dott. Maria Ragna, Prof. Dott. Stefania Bianchi
ADHD - DISTURBO DA DEFICIT DI ATTENZIONE/IPERATTIVITÀ: STRATEGIE CLINICHE E DIDATTICHE Sede e Date: Firenze, 9-10 Aprile 2011 Docenti: Prof. Dott. Anna Lucia Ogliari, Prof. Dott. Maria Raugna
Sede e data di inizio: Firenze, 11 Marzo 2011
LO SVILUPPO DELL’ESPRESSIONE GRAFICA, IL DISEGNO E IL COLORE
PSICOMOTRICITÀ IN ACQUA
Sede e date Milano, 7-8 Maggio 2011 Docente: Prof. Dott. Maria Raugna
Sede e Date di Inizio: Montevarchi, 23-27 Luglio 2010; Montevarchi, 12-16 Luglio 2011
Sedi della formazione, calendario, orario, docenti, organizzazione didattica e modalità di iscrizione, possono essere consultati visitando il sito:
www.isfar-firenze.it CHIEDI ALLA TUA REGIONE/PROVINCIA I VOUCHER FORMATIVI
www.isfar.tv
Edizioni Magi - Roma organico di conoscenze e competenze innovative indirizzate ai bisogni educativi della persona. 1974, anno in cui alcuni ortopedagogisti del Cenacolo Antiemarginazione a Firenze, guidati dal professor Guido Pesci, sostituirono il termine di pedagogista clinico a quello di ortopedagogista dando inizio Una scienza che proclama una fondata opposizione a ogni criterio positivi sul piano della realizzazione pratica e concreta. prezzati, che trovano in queste pagine ampia documentazione.
n. 22 numero 1 - anno XI gennaio-giugno 2010