La parola ai giovani n.11 - Anno 2012

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La Parola ai giovani SUPPLEMENTO A LA VOCE DEI BERICI NUMERO 44 DEL 18 NOVEMBRE 2012

NUMERO 3

Una sete da incontrare L’Anno della fede con i giovani

L’occasione dell’Anno della fede ci spinge a proporre a livello diocesano per tutti i giovani un appuntamento mensile di spiritualità e di confronto con la Parola di Dio. Alcune proposte fanno parte della nostra tradizione più bella, altre sono nuove e vogliono aiutarci nel cammino esigente e non scontato della fede in quel Gesù che ha segnato per sempre la storia degli uomini.

“Anche l’uomo di oggi può sentire di nuovo il bisogno di recarsi come la samaritana al pozzo per ascoltare Gesù, che invita a credere in Lui e ad attingere alla sua sorgente, zampillante di acqua viva” (cfr Gv 4,14). Dobbiamo ritrovare il gusto di nutrirci della Parola di Dio (...) e del Pane della vita” (Benedetto XVI, Porta Fidei, n.3). Trovo affascinanti queste parole di papa Benedetto XVI, nella lettera apostolica con cui viene indetto l’Anno della fede. Mi viene spontanea una domanda: come si fa a intercettare la fame e la sete dei giovani? Sento che devo interrogarmi più a fondo; mi chiedo perché voglio intercettare la loro fame e la loro sete. Per quale ragione cerco il dialogo con i giovani? Per convincerli, “comprarli”, trascinarli in qualche modo dalla mia parte? O sono disposto in maniera autentica a interessarmi dei loro sogni, dei loro problemi, delle domande che realmente si stanno facendo, prima di immaginarmi un campionario di domande prefabbricate a cui seguono altrettante risposte prefabbricate? Paolo VI ha riletto il cammino del Concilio con queste parole: “L’antica storia del Samaritano è stata il paradigma della spiritualità del Concilio. Una simpatia immensa lo ha tutto pervaso. La scoperta dei bisogni umani ha assorbito l’attenzione del nostro Sinodo. (...) Una corrente di affetto e di ammirazione si è riversata dal Concilio sul mondo umano moderno” (dal discorso di chiusura del Concilio Vaticano II, 7 dicembre 1965). Per vivere un “Anno della fede” in compagnia dei giovani, vale la pena ricominciare da qui: dal nostro silenzio, che diventa spazio di ascolto e di ospitalità nei confronti dell’altro; e scoprire insieme, nello stile di una conversazione amichevole, i semi del vangelo già presenti nella vita quotidiana di ogni persona. Don Andrea Guglielmi


La Parola ai giovani 2

Non solo psicologia

di don Andrea Peruffo

In cerca della domanda giusta Quando qualcuno va dallo psicologo per una situazione che sta vivendo, di solito si aspetta da lui delle risposte chiarificatrici che possano dargli la “soluzione” al suo problema. Molte volte qualcuno arriva deluso di tutto e da tutti e sembra provare un ultimo tentativo perché qualcuno l’ha spinto in questa direzione. Cosa vuol dire cercare risposte quando in gioco c’è la propria vita? Che risposte può darmi un altro? Non è che le devo trovare io le risposte? Se hai un po’ di pratica con internet potrai trovare dei siti davvero interessanti, del tipo un posto dove tu puoi scrivere qualsiasi domanda e loro, chi gestisce il sito ti dà la risposta... Tu che domanda faresti? Perché forse una cosa implicita al nostro discorso è il fatto che uno per trovare risposte deve avere delle domande, deve cioè vivere con curiosità non solo verso l’esterno, ma anche e soprattutto verso se stesso, verso la profondità del proprio essere. Chi arriva dallo psicologo molte volte vive un disagio, ma non ha ancora capito che cosa rappresenta quel disagio, che domanda reale manifesta quel suo stato. Ecco, credo che per cercare risposte bisogna prima chiarire le domande che possiamo porci a livelli diversi. Posso stare male per

L’esperienza

La risposta alla “grande domanda” della nostra esistenza ha bisogno di un cammino di spogliazione da quelle che sono le risposte incapaci di dare pienezza alla vita un problema fisico o per un disagio psichico, un’ansia o una preoccupazione che mi crea problemi nelle mie relazioni, oppure posso stare male per un disagio ancora più profondo, che chiamerei esistenziale senza che ci sia un “reale problema”. Mi viene in mente una canzone che ho trovato qualche tempo fa di Simone Cristicchi che porta per titolo: La risposta. Mi piace perché mi sembra parli di quello che si muove nel cuore di tanti giovani. Cercare non tanto le risposte, ma la risposta nel momento in cui ci si rende conto che il mondo dice tante bugie e che la vita ha una dimensione che è altra: “C’è un buco fatto a forma di Dio” che sembra li, dietro l’angolo e che ri-

torna perché “forse non finisce tutto così”! Dove e come cercare le risposta della vita? La risposta la trovi se attivi “l’altra parte del cervello” e hai il coraggio di attraversare il cancello che rappresenta tutto quello che ci blocca nei nostri percorsi di

Vale la pena rischiare? Vale la pena provare a rispondere?

a cura dei “Giovani per un mondo unito” di Vicenza

Genfest 2012: let’s bridge!, costruiamo ponti Sacco a pelo preso, borsone chiuso, scarpe allacciate: sono le 00.01 di venerdì 31 agosto e siamo tutti pronti per il decimo “Genfest!” L’attesa è tanta: da 12 anni non si fa un “Genfest”. L’ultima volta era stato a Roma, poco dopo la GMG del 2000. Siamo novanta giovani tra i 17 e i 29 anni, proveniamo da tutti i paesi del vicentino e siamo pronti a raggiungere a Budapest gli altri 11.910 che arrivano da tutti i Paesi del mondo! Siamo “Giovani per un Mondo Unito” (GMU), crediamo che sia possibile eliminare l’intolleranza, le incomprensioni e l’odio, per far diventare l’umanità una sola grande famiglia. Utopia? No, realtà! A Budapest ci aspettano giovani di altri Paesi, ragazzi che non parlano la nostra lingua: sono musulmani, buddisti, cristiani di varie confessioni, alcuni non hanno un preciso credo religioso. Ci accomuna la volontà di costruire un mondo migliore vivendo la “regola d’oro”: “fai agli altri ciò che vorresti

vita e che sembra nascere da paure, pregiudizi, abitudini, ecc. Cercando di mettere un po’ di ordine allora è chiaro che ogni risposta nasce da una domanda più o meno esplicita che portiamo nel cuore e che sembra venire da un “tu” che non ci lascia in pace. Il

chiarirsi sulla domanda è il primo passo per poter rispondere seriamente. In secondo luogo la risposta alla “grande domanda” sulla nostra vita ha bisogno di un cammino progressivo di spogliazione, di svuotamento da quelle che sono le false risposte, o meglio da quelle che sono le risposte parziali, limitate che possono avere il loro senso, ma che sono incapaci di dare pienezza di vita. In terzo luogo l’ordinario della vita è significativo perché ogni giorno ci sono chieste piccole risposte, apparentemente banali ma in realtà importanti e alla lunga determinanti. La piccola risposta è quella che ti è chiesta di dare ora, nel presente della tua vita e che forse un giorno potrai cogliere come il primo passo della tua grande risposta all’amore. Un quarto aspetto è legato al fatto che per fare tutto questo devi attivare “l’altro lato del cervello”, cioè devi attivare quella parte di te che di solito metti a tacere, quella parte di noi stessi che non consideriamo importante, quella che nascondiamo. Rispondere si può, anche se non sappiamo cosa troveremo “al di là del cancello”. Sappiamo però quello che c’è al di qua... e sentiamo che non ci basta.

fosse fatto a te”. Per noi cristiani la sfida è testimoniare, con fatti concreti, il Vangelo. Non serve aggiungere nulla, infatti, come ci ha detto Gesù (“Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri”, Gv. 13,35), basta amare il nostro “prossimo”. Sera di domenica 2 settembre. Stanchi, ma “con il cuore che ci arde nel petto”, stiamo tornando a casa. Cosa ci è rimasto impresso del

Genfest? Il fantastico concerto d’apertura di venerdì 31? Il flash-mob per la Pace di sabato 1, in cui 12mila giovani hanno abbracciato Budapest con una lunga marcia attraverso le vie del centro? Il lancio del Progetto Mondo Unito (http://www.unitedworldproject.it), per chiedere all’ONU di istituire un osservatorio sulla fraternità, in grado di coordinare e monitorare le attività che singoli o

La marcia conclusiva del Genfest 2012 di Budapest Paesi fanno per promuovere l’Unità nel mondo? Il clima di famiglia e di festa con 12mila giovani di ogni angolo della terra? Le rappresentazioni artistiche, oppure i momenti “forti”, quelli di comunione, come la preghiera per la pace alle 12.00 di sabato (il “Time Out”) e le celebrazioni religiose domenica 2? Porteremo sicuramente tutte queste cose nel nostro cuore, ma quello che più ci ha segnati è la certezza che l’Amore, quello vero e disinteressato, può davvero cambiare il mondo, anche se è fatto di piccoli gesti quotidiani. Così abbiamo ascoltato rapiti le esperienze dei giovani cristiani e musulmani dell’Egitto, che, nonostante le differenze religiose, nel difficile clima politico della “Primavera araba”, hanno saputo dire no alla violenza per costruire, nel proprio quartiere del Cairo, una rete di fraternità impensabile in un Paese scosso da una rivoluzione; oppure la testimonianza di un ragazzo egi-

ziano cristiano che, nonostante le grandi difficoltà (famiglia povera, sorella e mamma morte di tumore), ha saputo dire il proprio sì a Dio anche quando ha saputo di essere ammalato di sclerosi multipla; oppure l’esperienza dei giovani brasiliani, che, per condividere tutto con le persone più povere della propria città, non si sono limitati ad aiutarle dall’esterno, ma sono andati a vivere in una favela; oppure la testimonianza dei ragazzi di Budapest che, per fare qualcosa di concreto per gli altri, hanno deciso di trovarsi periodicamente per andare insieme a donare il sangue. Tanti fatti concreti, piccoli o grandi, che possono contagiare le persone accanto a noi. Tanti piccoli mattoncini per costruire insieme la fraternità. E ora “let’s bridge” (motto del genfest)! Costruiamo ponti fra le persone anche a Vicenza!

Chi siamo

I Giovani per un Mondo Unito sono un movimento internazionale, espressione giovanile del Movimento dei Focolari, fondato da Chiara Lubich. A questo movimento appartengono giovani di diverse etnie e nazionalità e insieme lavoriamo per cercare di rendere l'umanità migliore, solidale, una sola famiglia, nel rispetto dell’identità di ciascuno. Per conoscere e contattare il gruppo Gmu di Vicenza, visitare il sito www.gmuvicenza.blogspot.it e scrivere a gmuvicenza@gmail.com.


La Parola ai giovani 3

Eserciziario d’amore

a cura di Manola Tasinato e Giampietro Borsato

Bomba, scudo e talismano Manola Tasinato e Giampietro Borsato sono una coppia di sposi della Diocesi di Padova. Nei prossimi numeri terranno una rubrica dal titolo "Eserciziario d'amore"; descriveranno attività, giochi, dinamiche che possano favorire la riflessione in gruppo (specialmente con i giovanissimi) sui temi dell'amore, dell'affettività e della sessualità.

Manola è medico, ha cominciato ad occuparsi di educazione alla sessualita` quando, dieci anni fa, frequentando il Pronto soccorso ostetrico dell’Ospedale di Padova, ha potuto constatare quanto fosse alta la richiesta di “pillola del giorno dopo” da parte di ragazze tra i 14 e i 18 anni. Giampietro è insegnante di lettere.

Come coppia di sposi sono impegnati in numerosi progetti formativi per la Pastorale familiare della Diocesi di Padova. Hanno collaborato in diverse occasioni anche con la Diocesi di Vicenza. Assieme al duo comico “Marco&Pippo” propongono il progetto di educazione alla sessualità Mutatis mutandis. Per informazioni scrivere a: letiziapura@gmail.com.

Si gioca! Materiali: Un gruppo da 20 a 80 persone. Una sala adatta allo svolgimento di un'attività di movimento. Della musica vivace. Un cronometro. Preparazione: Adesso, segretamente, ognuno di noi sceglierà tra i presenti tre persone. Solo tre. Non dovremo scegliere a caso e non dovremo rivelare a nessuno le nostre scelte. Le scelte di ciascuno potranno rimanere segrete anche dopo l’esercizio che stiamo per fare. Cominciamo con la scelta della persona che qui dentro ci ispira più simpatia. Quella che riesce a cambiarci la giornata, che sa farci sorridere, che quando c’è... sembra tutto più facile. Questa persona durante l’attività sarà (senza saperlo) il nostro Talismano. Fatto? Se non troviamo in nessuno dei presenti queste caratteristiche affidiamo il ruolo di Talismano a chi vogliamo, a patto che ci sia simpatico almeno un po’. Ora scegliamo la persona che più di ogni altra, qui dentro, vorremmo evitare, per qualunque ragione, perché ci è antipatica, perché ci abbiamo litigato, perché abbiamo paura di lei, perché ci fa sentire stupidi, perché non ci piace... e le affidiamo il ruolo di Bomba. Fatto? Infine cerchiamo qualcuno che ci dia sicurezza, che ci faccia sentire a nostro agio, perché è calmo, perché sa il fatto suo, perché ci capisce più degli altri... Sarà il nostro Scudo. Ognuno di noi ora dovrebbe aver individuato tre persone ed aver affidato loro, rispettivamente, il ruolo di Bomba, Scudo e Talismano. Fatto? Non è facile scegliere, vero? Il verbo scegliere deriva dal latino eligere, ma nel latino parlato si usava il termine exeligere, utilizzando il prefisso ex- che pos-

siamo tradurre liberamente con fra. Scegliere significa sempre scegliere-fra. Ogni vera scelta porta con sé un’inclusione e almeno un’esclusione. Porta con sé - per così dire - un’unione e una separazione. Ogni vera scelta porta con sé dolore e piacere. A questo punto, ognuno di noi dovrebbe aver scelto più o meno dolorosamente la propria Bomba, uno Scudo e un Talismano. Quando inizierà la musica, stando nella sala, ognuno di noi dovrà allontanarsi dalla propria Bomba. Dobbiamo fare in modo, però, che tra noi e la Bomba ci sia il nostro scudo a proteggerci. Dovremmo anche cercare di avere il Talismano al nostro fianco. Non è facile, ma grazie a que-

st’esperimento potremo fare qualche riflessione sulle difficoltà legate alla scelta della persona giusta e sulla corrispondenza tra le nostre scelte e quelle altrui. Quando spegnerò la musica ci dovremo congelare nell’esatta posizione in cui ci troviamo. Chi si muove paga pegno. Tutto chiaro? Lontani dalla Bomba, protetti dallo Scudo e accanto al Talismano. L'unica regola è che tutti devono potersi muovere liberamente all'interno della sala. Pronti, via! [Avvio lo stereo. Dopo un minuto di caos blocco la musica.] Avete capito come funziona? Mentre tutti cerchiamo la protezione dello Scudo, molti di noi si

sono già accorti che la persona che hanno scelto come Scudo non ha corrisposto la scelta. I più fortunati potrebbero essere stati eletti Talismano dal proprio Scudo. I più sfortunati potrebbero essere la Bomba del proprio Scudo. Facciamo ripartire la musica e vediamo cosa succede. [Un altro minuto di caos. La musica si ferma.] Cosa ci aiuta a capire se la persona di cui siamo innamorati sia la persona giusta? Ci sentiamo al sicuro quando siamo assieme? Abbiamo la sensazione che finché staremo uniti non ci capiterà mai nulla di brutto? Da quando ci siamo incontrati ci sembra che la fortuna ci sorrida? E se la fortuna ci voltasse improvvisamente le

spalle? Se ci capitasse qualcosa di brutto? [Avvio lo stereo. Dopo un minuto di caos blocco la musica.] Nell’esperimento abbiamo separato Bomba, Scudo e Talismano. Ne abbiamo fatto tre persone diverse. La realtà delle nostre relazioni, però, ci insegna che le persone sono sempre - contemporaneamente - Bomba, Scudo e Talismano. Così ci sono stati, ci sono e ci saranno momenti in cui la persona che amiamo ci sembra il Paradiso. Non esiste creatura più accogliente, più amabile, più adatta a noi... Ma se non ci sono ancora stati, ci saranno momenti in cui la persona che amiamo (proprio lei) ci sembrerà la più inadatta, la più ostile, la più incomprensibile creatura della terra. Nella relazione di coppia, la straordinaria energia aggregante dell’amore reciproco, può essere contemporaneamente una forza che ci fa stare bene, che ci fa sentire al sicuro, che ci fa essere al settimo cielo, ma può anche rivelarsi una forza esplosiva che ci spaventa, che ci fa tremare le gambe, che ci mette così in difficoltà da farci sembrare Bomba ciò che un giorno pensavamo Scudo o Talismano. In questo senso c’è una grande differenza tra l’atteggiamento di chi cerca nell'altro e solo nell’altro la persona giusta per sé, e chi invece cerca anche nell’altro, ma prima di tutto in se stesso, la persona giusta per sé. La scelta. Ecco cosa fa la differenza. L’amore non basta! Quando ci scegliamo non dovremmo limitarci a scegliere l’altro. Dovremmo avere la forza di sceglierci per l’altro. Questa forza, in amore, è santità. [Avvio lo stereo. Lascio che il gioco continui finché finisce la canzone.]

Nella relazione di coppia, la straordinaria energia aggregante dell’amore reciproco, può essere contemporaneamente una forza che ci fa stare bene, che ci fa sentire al sicuro, che ci fa essere al settimo cielo, ma può anche rivelarsi una forza esplosiva che ci spaventa, che ci fa tremare le gambe, che ci mette così in difficoltà da farci sembrare Bomba ciò che un giorno pensavamo Scudo o Talismano


La Parola ai giovani 4

La voce dell’arte

di Francesca Rizzo

Cena in Emmaus Jacopo Tintoretto, 1542-43; Olio su tela, 156 x 212 cm; Szépmuvészet Mùzeum, Budapest (fino al 13 gennaio l’opera è esposta nella Basilica Palladiana di Vicenza); Testo evangelico: Luca 24, 13-35. Entriamo nell’opera Nella grande locanda buia, illuminata solamente dalla finestra di fondo e da sinistra come in un palcoscenico, si sentono rumori di stoviglie, passi veloci di camerieri, brusii e i colpi dei bastoni appoggiati sotto il tavolo. I commensali si sono seduti da poco e la tavola è ancora spoglia. L’anziano canuto, visto di spalle, apre la mano sinistra sul tavolo per indicare il calice vuoto e volge lo sguardo al garzone e alla cameriera, che non hanno ancora versato il vino. Anche il viandante sulla sinistra, avvolto nel manto celeste, la bisaccia a tracolla e il cappello a larghe falde, sollecita l’oste a portare le vivande. I due pellegrini fanno notare con insistenza che hanno invitato a cena un ospite, un forestiero, che non deve aspettare! Il giovane cameriere dal berretto verde si affretta allora a porgergli un vassoio con degli assaggi. Ma il giovane uomo seduto al centro, con la veste azzurra e il manto blu, non sembra interessato: tiene la mano destra alzata in segno di benedizione e nella sinistra il pane che sta per spezzare. È Gesù, ma ancora nessuno lo ha riconosciuto. I discepoli sono distratti, anzi, si allontanano dal centro torcendo il busto di scatto. C’è anche un gatto, in primo piano, che aspetta gli avanzi della mensa. La struttura scelta dall’artista I corpi possenti dei personaggi ricalcano linee oblique, veloci e drammatiche, riprese anche dai lunghi bastoni, dalla gamba del tavolo e dal coltello sulla tovaglia, mentre le diagonali del quadro conducono il nostro sguardo al centro dove si trova il pane. In questo modo, nella frenesia e distrazione generale, l’osservatore si trova faccia a faccia con Cristo, fermo e silenzioso, posto lungo l’asse mediano del dipinto marcato dalla colonna di marmo. L’angolo candido e illuminato della tovaglia è rivolto proprio verso di noi, come se quel posto a tavola fosse nostro: Gesù ci invita a prendere parte a questo banchetto, alla sua viva manifestazione. Il pittore Jacopo Robusti, detto il Tintoretto - nato a Venezia nel 1518 e ivi morto nel 1594- porta in immagine il passo evangelico di Luca. Figlio del tintore di seta, ha quasi ventiquattro anni quando completa questa tela, e già da tre anni ha aperto una propria bottega in campo San Cassian a Venezia. In queste tele giovanili è chiaro lo studio delle opere del maestro Tiziano e dei disegni tratti dalle sculture di Michelangelo. Tintoretto, sensibile agli aspetti della vita quotidiana, rappresenta Gesù Cristo come vero uomo, vera carne, un uomo che ha appetito e mangia insieme ai discepoli, davanti ai loro occhi. L’artista porta lo spettatore nel

vivo di questa apparizione attraverso una concatenazione di linee oblique, di ombre profonde e di luci filtrate in uno spazio indefinito. Il giovane pittore dà colore e forma al “memoriale” della morte e risurrezione di Cristo che oggi è la Messa. Nell’Eucaristia (che significa “azione di grazie”) Cristo è realmente presente nel segno del pane e del vino che diventano il suo Corpo e il suo Sangue.“La Chiesa vive dell’Eucaristia” afferma Giovanni Paolo II nell’enciclica Ecclesia de Eucharistia. Il cammino, l’ospitalità, la frazione del pane e l’apertura degli occhi Il dipinto rappresenta il cammino ideale di ogni credente: chi segue Gesù è una persona che ha fatto una scoperta e una scelta. Capita che lungo la via possano accadere episodi sconcertanti che alimentano incertezze e perplessità. In questo episodio, in-

fatti, i due discepoli stanno lasciando Gerusalemme delusi e amareggiati; vi ritorneranno però colmi di entusiasmo e di speranza. Cos’è successo? All’origine del cambiamento vi è l’incontro con il forestiero conosciuto per strada. Come avviene? I due camminano tristi ripensando ai progetti, all’amicizia e alle illusioni che avevano riposto in quel maestro condannato, torturato e crocefisso dai soldati. Pensano quindi di tornare alla quotidianità

Appunti di metodo

dimenticandosi di tutto, perché tutto è finito, anche il maestro è morto. “È stato bello, non è andata come speravamo, pazienza...”. Ma Gesù non è d’accordo, si avvicina ai due facendosi loro compagno di strada, ma non lo riconoscono. Gesù li ascolta, li fa sfogare, facendo in modo che manifestino le proprie inquietudini, i dispiaceri e le angosce. E dice loro: “Sciocchi e tardi di cuore nel credere alla parola dei profeti!

di Mirco Paoletto

L’animatore, un vero motore di ricerca Chiunque navighi in internet ha avuto modo di visitare l’home page di Google. Cosa c’è di strano in questo motore di ricerca? Provate a fermarvi con un pò di attenzione e studiare la pagina che vi trovate di fronte: un logo colorato, ben visibile al centro, qualche link, uno spazio per digitare la/le parole da cercare, e poi tanto bianco. È una pagina praticamente senza grafica: non ci sono effetti speciali, non vi è animazione, niente foto, niente banner, niente di niente. Come può una pagina che si presenta così scarna, così vuota, essere la vetrina di una delle maggiori aziende al mondo? Qual è il segreto del suo successo? In un mondo soffocato dalle immagini, sovrafollato di emozioni, perchè risulta vincente una pagina che si presenta pulita, semplice e straordiariamente essenziale? Probabilmente il successo sta nella grande capacità del motore di dare risposte adeguate alle domande di chi lo interroga... Ma non mi soffermo sulle possibili

risposte, ma su quello che questo “caso” anomalo può suggerirci sulla figura dell’animatore di gruppo. Alle origini della ricerca esistenziale di ogni giovane c’è il bisogno di trovare risposte agli interrogativi sulla propria identità e di orientarsi tra le molteplici opzioni che la vita offre. L’opportunità di crescere è legata alla possibilità di riconoscersi in modelli positivi per poi superarli, mettendosi in gioco per proporsi agli altri in modo unico e originale. L’animatore di gruppo diventa uno dei protagonisti di queste dinamiche esistenziali tanto più quanto diventa un “motore di ricerca” per il giovane animato: ricerca di senso, di valori, di priorità, di gratuità e servizio. Ma come essere efficaci nell’animazione come lo è google per il web? Seguendo le stesse regole: puntare ad un approccio relazionale incentrato sulla semplicità e l’immediatezza, reso forte dalla solidità del lavoro di formazione e ricerca personale che

ogni animatore svolge su di sé fuori dal gruppo, per portare nel gruppo risposte significative. Dietro a google ci sono alcune idee vincenti su come realizzare una ricerca e migliaia di persone che lavorano per migliorare queste poche idee. Cosa c’è dietro alla nostra scelta di essere animatori? Quali sono le idee o i valori portanti che ci spingono a porci a servizio dei ragazzi dei nostri gruppi? Se è vero che il primo atto di amore (servizio) agli altri è la propria formazione, come curiamo e miglioriamo costantemente la nostra capacità di essere dono?

Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?”. Giunta la sera i due insistono perché il forestiero rimanga con loro a cenare. Seduto a tavola egli prende il pane, lo benedice e lo spezza per i commensali. Allora il sipario si apre: gli occhi vedono veramente e lo riconoscono. Ma Gesù scompare. I due sono sbalorditi: “Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture?”. Come affermava il cardinale Carlo Maria Martini, in questo episodio si trovano le quattro esperienze umane fondamentali: il cammino, l’ospitalità, la frazione del pane e l’apertura degli occhi. Il cammino è la metafora della vita, è l’andare verso una direzione, quando Dio viene incontro all’uomo per accompagnarlo e per camminare con lui. L’ospitalità si coglie nel desiderio dei due discepoli di rimanere ancora con Gesù: “Resta con noi”. La diffidenza che avevano all’inizio con il forestiero, ora si scioglie e diventa fraternità. Nella frazione del pane Dio celebra questa amicizia donando la sua vita all’uomo. Solo così i due possono aprire gli occhi alla verità: prima era acceccati, privi di ogni speranza, ora invece hanno il cuore infiammato di gioia. Il fuoco brucia, tormenta, trasforma. È l’esperienza che nasce dall’ascolto vero della Parola di Dio. Provocazioni E noi, immersi nell’ordinaria quotidianità, riusciamo a vedere le meraviglie dell’amore di Dio che ci circondano? Sappiamo leggere la Scrittura nella maniera giusta o temiamo forse che il Dio di Gesù, di cui sentiamo parlare, ci impedisca di essere felici e liberi? Testimoni di un incontro Quando finalmente riusciremo ad aprire gli occhi, per la grazia del Signore Risorto, in quel momento scopriremo con stupore e con gioia che Dio ci ama e ci è amico. Scopriremo che la Parola che ci ha lasciato è una lunga storia d’amore per la nostra salvezza. Scopriremo che la fede è la chiave della vita veramente umana e saremo anche noi testimoni di un incontro straordinario con Cristo, Redentore dell’uomo.


La Parola ai giovani 5

Pro-vocazione

Dall’Africa all’America Latina, in missione per cambiare vita Serena e Giovanni, due giovani della nostra Diocesi, hanno raccontato le loro esperienze di missione (pubblicate in questa pagina) in occasione della Veglia Missionaria Diocesana del 6 ottobre 2012. A fianco, l’immagine di mons. Egidio Bisiol, fidei donum vicentino e Vescovo della Diocesi di Afogados de Ingazeira, che è stata scelta per l’ottobre missionario.

D

ell’Africa avevo visto tante foto, ascoltato testimonianze, partecipato a iniziative di sostegno ai poveri e di informazione, perché la sognavo da tempo, mi incuriosiva e mi dicevo che volevo andarci. Così sono partita nell’estate del 2008, dopo aver conosciuto le suore Orsoline e aver saputo che avevano una missione a Beira, in Mozambico, e ho deciso di festeggiare là la mia estate della maturità. Avevo bisogno di un tempo per me, per capire che strada intraprendere dopo il liceo, che università scegliere, per capire a che punto ero arrivata, sia personale, spirituale, che relazionale. A 18 anni gli input sono tanti, troppi, e quando ti trovi a scegliere la tua strada, che a quell’età diventa anche il tuo futuro, rischi di perdere un po’ di vista l’essenziale, il vero motivo per cui scegli, le forze che hai per scegliere, i pilastri su cui poi basi tutto il resto. Così il Mozambico era diventata la mia meta, e lì vedevo tutta la mia voglia di crescere, di capire cos’ero capace di fare, cosa volevo fare ed essere. lo sentivo dentro di me che aiutare gli altri e dedicare loro il mio tempo mi faceva stare bene, ma la misura e la forma in cui potevo e dovevo farlo, speravo di capirle lì. In quelle terre rosse, dove mi sentivo io straniera, bianca, in mezzo a tanti altri, ho solo alimentato quel fuoco che divampava dentro di me e mi faceva vivere tutto con ardore, entusiasmo, passione, ma anche paura di non farcela, di non dare abbastanza. Lavorando in un laboratorio di sartoria con delle donne malate di Aids, facendo giocare i bambini del Bairo, e proponendo delle attività a dei bambini dell’istituto per ciechi, sentivo ancor più vivo dentro di me quel calore. Sono tornata con le stesse domande sul senso della vita, del dolore, su Dio, i sogni, le scelte... domande a cui cerco di dare risposte sempre, e che dopo l’Africa ho sentito più mie, e ho capito che queste sono le cose importanti a cui pensare e su cui concentrare i propri obiettivi. Là ho incontrato ragazzi della mia età che desideravano solo ri-

cevere come regalo un libro per imparare l’inglese e poterlo insegnare un giorno, o che gli sarebbe piaciuto studiare, ma che sapevano che la loro famiglia aveva bisogno di altro. O ragazzi che sognano più giustizia per il loro paese, o che le persone smettano di morire per malaria o Aids. Ho capito che dovevo e dovremmo recuperare di più il valore delle emozioni, quelle vere, quelle che ci fanno trovare la pazienza per dar corso ai nostri sogni, senza rinunciare, anche quando nessuno sembra credere in noi; quelle che ci fanno credere nell’amore gratuito, nella restituzione del favore, convincendoci a dare quel poco che siamo per arricchirci di ciò che l’altro è; quelle che ci fanno sperare sempre, perché abbiamo sempre la possibilità di agire nella libertà; quelle che ci fanno aver fiducia in Qualcuno che è più grande di noi, che ci ha creato e che sogna per noi una buona strada. Tutto questo sento che in Africa mi è stato testimoniato in abbondanza: lì ho visto l’essenzialità, la ricerca della gioia di vivere di ogni giorno, nelle donne malate di Aids che continuavano a lavorare per conservare la loro dignità, nei bimbi ciechi che ci accompagnavano per i corridoi dell’istituto, e nelle suore che lì, ogni giorno, cercano di dare un esempio cristiano di vita, di servizio, di amore. E, tornata a casa, la difficoltà è

stata recuperare quell’equilibrio che avevo trovato in terra mozambicana, nell'essenzialità della vita, ma che faticavo a vivere qua, piena di troppi stimoli superflui, più vicini e più comodi. Ho cercato fortemente, e cerco ancora, anche se con fatica, di cambiare il mio modo di pensare, di relazionarmi, di progettare la mia vita, di vivere. A Beira ho visto la gioia negli occhi dei bambini nonostante la povertà, ho ricevuto molto, ho sperimentato l’Amore di Dio per me, la sua presenza viva, un amore e una presenza che mi chiedeva di donarmi agli altri per amore, e ho creduto possibile cominciare un po’ a cambiare me stessa e testimoniare questo cambiamento, perché chi cambia sé cambia il mondo. E oggi, nella casa famiglia dove svolgo il Servizio Civile, che ho scelto di fare, e dove incontro giovani ferite dalla vita, e in Parrocchia, con i miei giovani animati, sento la responsabilità del mandato di papa Benedetto a Madrid: essere saldi e forti nella fede, aggrapparci all'amore di Dio e testimoniarlo tra noi, seminare la Sua Parola ed essere esempio del suo amore con i fratelli. Così tento di vivere l’entusiasmo della fede, accogliendo e condividendo le storie di dolore, i sogni e le speranze dei giovani che incontro che, come me, con fiducia vivono! Serena Dal Molin

Mozambico

Ecuador

M

i chiamo Giovanni, ho 23 anni, vivo a Torrebelvicino, studio Scienze della formazione all’Università di Padova. Circa due anni fa, spinto e soprattutto accompagnato da amici cari, ho avuto la possibilità di vivere un’esperienza di 6 mesi tra i poveri dell’Ecuador in una missione dell’Operazione Mato Grosso (OMG). Partii sprizzante di entusiasmo , desideroso di seguire le orme di tante persone e amici cari che, con il loro modo di vivere l’Operazione Mato Grosso, mi hanno fatto intuire, annusare il profumo di un cammino buono per la mia vita. Nel vedere queste persone mi è venuto istintivo dire: “Li seguo!”. Così sono partito, ho lasciato da parte l’università, salutato gli affetti, i genitori, la morosa, e via. È stato il salto nel vuoto, nell’ignoto più incredibile della mia vita; mi è costato parecchio, ma vi anticipo che ne è valsa la pena. Nel pensare ai miei 6 mesi, mi viene in mente un concentrato di emozioni forti, indescrivibile, forse incomprensibile per chi non l’ha vissuto. Le persone povere che ho incontrato mi hanno accolto, mi hanno commosso , fatto stare in ansia, fatto arrabbiare, ridere, piangere e a volte mi hanno fatto anche pregare. Tutto con un'intensità incredibile che qui in Italia, agiati sulle nostre comodità e sulle nostre certezze, possiamo solo vivere la copia sbiadita di questo tipo di emozioni. Ricordo l’impatto spiazzante che ho avuto nell’incontro con i poveri; la mia testa, impregnata profondamente della mentalità occidentale del “guadagno risparmio - investimento affare - tempo e denaro”, voleva farmi credere che i problemi della gente povera si potessero risolvere con questa logica

occidentale come in un’equazione matematica: trovi il risultato ed il gioco è fatto! Ed invece no! Mi sbagliavo di grosso. Ho dovuto scontrarmi con questo muro razionale e ne sono uscito leccandomi le ferite: ho dovuto ridimensionare il mio modo di pensare e di vivere. Così, con il passare dei mesi, le tante parole che ero abituato a fare hanno lasciato posto al silenzio e alla fatica; i ragionamenti hanno lasciato spazio ai sacrifici; la mentalità del guadagno ha lasciato spazio al regalare gratuito e alla carità. Soprattutto mi sono accorto che tocca a me in prima persona fare qualcosa per gli altri, qui ora e subito, senza deleghe o scuse! Un’altra parte importante di questa mia esperienza è stato il rientro in Italia, infatti dopo essermi commosso conoscendo in prima persona la vita dei poveri, dopo essere stato spiazzato e sbalordito dalla cruda realtà della povertà, dopo aver faticato per cambiare la mia mentalità attraverso il lavoro, la fatica e il silenzio, ero davvero desideroso di mettermi alla prova con la realtà di qua: indifferente, consumistica e frenetica. Anche questa volta l’impatto non è stato dei più facili: non vi nascondo, da un lato, il pensiero di far saltare tutto per aria, radere al suolo e ricostruire; dall’altro lato avevo il desiderio di portare avanti le sensazioni scoperte in missione. Così, per me è arrivato il momento di tirarmi su le maniche e concretizzare i pensieri e le parole attraverso dei propositi concreti per la mia vita. In questo modo la rabbia che provo per l’ingiusto del mondo la infondo nel mio stile di vita, che per me è: provare ad essere più attento alle persone e in particolare ai ragazzi giovani, e meno a me stesso; provare ad imparare e scomodarmi per gli altri; provare a fare la carità senza troppi calcoli. L’ultimo proposito è una speranza che porto con me nel cuore: è quella di arrivare in fondo, alla fine della mia vita, voltarmi e scoprire di averla regalata tutta agli altri. Giovanni Bolfe


La Parola ai giovani 6 In occasione dell’Anno della fede proviamo a proporre un itinerario (a puntate) che ci permetta di riscoprire attraverso il cinema le diverse sfaccettature del credere. Il cinema e la fede hanno in comune forse più di ogni altra cosa la dimensione narrativa, la vocazione al racconto. I film che verranno proposti non hanno dunque la pretesa di dirci cosa sia la fede o in che cosa creda chi ha fede, ma di narrarci delle storie che ci possano aiutare a capire che cosa concretamente può voler dire vivere con fede. Nel vedere i film suggeriti, la nostra fede dovrebbero dunque sentirsi allo specchio, in quel magico meccanismo di immedesimazione, che rende ancora il cinema uno dei luoghi più efficaci e affascinanti di rielaborazione emotiva e di comprensione di noi stessi. Monsieur Lazhar di Philippe Falardeau, Canada 2011 Iniziamo il nostro percorso con un film canadese dello scorso anno, Monsieur Lazhar (2011). La storia è ambientata in una scuola di Montreal. L’insegnante di una classe elementare scompare e viene ritrovata morta. Al suo posto arriva Bachir Lazhar, maestro di origine algerina, che a sua volta ha recente-

Ciak... si crede!

a cura di Alessio Graziani

Fede come fiducia

mente subito la perdita violenta della moglie e dei figli ad opera di un gruppo di integralisti islamici. Tra la classe e il nuovo maestro, dopo una iniziale diffidenza, si crea un rapporto profondo che aiuterà tanto monsieur Lazhar che i bambini a rielaborare i lutti che li hanno colpiti e a riaprirsi con fiducia alla vita. Il film tocca, attraverso una narrazione pacata, temi diversi: l’incontro tra culture diverse a partire dall’esperienza comune del dolore; il rapporto educativo all’interno della scuola; il non senso della morte che minaccia la nostra esistenza. La fede è presente nel film come l’atteggiamento indispensabile da conquistare, o meglio da riconquistare, nei confronti della vita, cioè la fiducia. Con la morte della loro insegnante i bambini sono entrati in un grigio e freddo inverno, in cui la neve copre ogni cosa; dalla relazione

con il maestro che viene da un paese dagli esotici colori, rinasce lentamente la possibilità di fidarsi e aprirsi al sorriso. Il film ci interroga dunque sulla dimensione fondamentale della fede: di

chi o di che cosa ti fidi veramente nella vita? ci sono dei momenti in cui hai sentito di doverti abbandonare fiduciosamente per poter continuare a vivere? La guerra è dichiarata di Valérie Donzelli, Francia 2011 Sulla stesso tema della fede come fiducia si potrebbe vedere anche La guerra è dichiarata (Francia, 2011). Il film, accolto positivamente dalla critica, ma poco visto dal pubblico, è stato definito il racconto di una “laicissima via crucis”, in cui la guerra viene dichiarata al dolore e alla disperazione per cantare un “inno alla vita, all’amore e alla speranza”. I nomi dei protagonisti hanno tutti un valore altamente simbolico: il bimbo malato si chiama Adam perché rappresenta ogni uomo e il suo male è il male con cui da sempre lotta l’umanità. I suoi giovani genitori non potevano che

chiamarsi Romeo e Giulietta, perché il loro è l’amore più bello, coinvolgente, tenero e puro che possa unire due ragazzi che si amano. Davanti al male che insidia la loro felicità, dopo le inevitabili domande destinate all’apparenza a non trovare risposta (“perché proprio a noi?”) questa coppia sceglie di reagire, di non cedere alla rassegnazione, di credere nella vita. I protagonisti di questi primi due film ci aiutano a riflettere dunque sulla fiducia come atteggiamento di fondo nei confronti della vita, anche nei momenti più tragici di sofferenza e di solitudine. In questo, essi potrebbero dirsi “cristiani anonimi” perché tale fiducia è forse il fondamentale e più autentico volto della fede cristiana.

Dallo Staff di Radio Vigiova

Il 30 novembre si riparte con storie nuove e speciali Tell me a tale that always was, Sing me a song that I'll always be in, Tell me a story that I can read, Tell me a story that I believe. Michael Kiwanuka

“Raccontami una storia che c’è sempre stata, raccontami una storia in cui sarò sempre coinvolto, (…) raccontami una storia in cui credere, Signore ho bisogno d’amore, di buon amore” canta Michael Kiwanuka in uno dei dischi nuovi più trasmessi a apprezzati in radio nell’ultimo anno. Perché su Facebook milioni di persone raccontano le piccole illuminazioni di ogni giorno? Perché sul bus la signora del posto accanto dopo cinque minuti di silenzio ti narra la storia della sua vita anche se hai le cuffie nelle orecchie? Perché i ragazzi a scuola e in parrocchia cercano adulti capaci di ascoltare? Lo staff di Radio ViGiova nei suoi sei anni di vita si è imbattuto in centinaia di storie che stonano con quelle raccontate ogni giorno nei quotidiani, in tv: storie semplici, ordinarie, ma cariche di coraggio e speranza. Storie che non fanno notizia ma fanno del bene. Preparando in questi mesi la

sesta stagione radiofonica, abbiamo deciso di mettere al centro sempre più questi racconti… episodi in cui chiunque possa riconoscersi, la quotidiana costruzione di sogni comuni e speciali. Così abbiamo esplorato il mondo che ci circonda, con occhi e orecchie nuovi, attenti: ci siamo imbattuti in saltimbanchi e cinefili, musicisti emigrati e creativi, miss e padri sui generis. Persone incredibili, vicende del tutto originali e affascinanti, tutti i colori di una creazione della quale ogni giorno notiamo solo le ferite inferte dall’uomo. E tutto il buono che ogni giorno milioni di anonime persone costruiscono? Tanto che ti chiedi: ma quale forza permette certe scelte controcorrente, infiniti piccoli gesti quotidiani di fiducia? Il vangelo ci suggerisce l’Amore più grande. Il poeta Joao Guimaraes Rosa ci ricorda che narrare è resistere. Il 30 novembre si parte!


La Parola ai giovani Cos’è La Giornata Mondiale della Gioventù, come è stata chiamata a partire dal 1985, continua a presentare al mondo la testimonianza di una fede viva, trasformatrice e a mostrare il volto di Cristo in ogni giovane. Sono loro, i giovani, i protagonisti di questo grande incontro di fede, speranza ed unità. La GMG ha come obbiettivo principale quello di far conoscere a tutti i giovani del mondo il messaggio di Cristo, ma è anche vero che attraverso di loro il “volto” giovane di Cristo, si manifesta al mondo. La Giornata Mondiale della Gioventù, che si realizza annualmente nelle diocesi di tutto il mondo, prevede ogni 2 o 3 anni un incontro internazionale dei giovani con il Papa, che dura circa una settimana. L’ultima edizione internazionale della GMG è stata realizzata nell’agosto del 2011, nella città di Madrid, in Spagna ed ha riunito più di 190 paesi.

GMG Rio 2013

Una Gmg nel segno dell’annuncio La XXVIII Giornata Mondiale della Gioventù sarà realizzata dal 23 al 28 luglio del 2013 nella città di Rio de Janeiro ed ha come motto “Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli” (Mt 28, 19). Quella di Rio sarà una GMG nel segno dell’annuncio, dell'evangelizzazione in una terra di missione; in particolare sarà una GMG dove riceveremo tanto da una Chiesa giovane, fresca, viva, gioiosa, essenziale, simile a quella descritta negli Atti degli Apostoli. La storia La GMG ha la sua origine nei grandi incontri con i giovani celebrati da Papa Giovanni Paolo II a Roma. L’incontro Internazionale della Gioventù è avvenuto nel 1984 in occasione dell’Anno Santo della Redenzione a Piazza San Pietro in Vaticano. È stato qui che il Papa ha consegnato ai giovani la Croce che è poi diventata uno dei principali simboli della GMG, meglio conosciuta come la Croce della Giornata. L’anno seguente, il 1985, è stato dichiarato dalle Nazioni Unite l’“Anno internazionale della gioventù”. A marzo ci fu un altro incontro internazionale di giovani in Vaticano, nello stesso anno, il Papa ha annunciato l’istituzione della Giornata Mondiale della Gioventù. Le tappe La prima GMG è stata diocesana, a Roma nell’anno 1986. Sono seguiti gli incontri mondiali: a Buenos Aires (Argentina – 1987) – con la partecipazione di 1 milione di giovani, a Santiago de Compostela (Spagna – 1989) - 600 mila; a Czestochowa (Polonia – 1991) 1,5 milione; a Denver (Stati Uniti – 1993) - 500 mila; a Manila (Filippine – 1995) – 4 milioni; a Parigi (Francia -1997) – 1 milione; a Roma (Italia – 2000) – 2 milioni, a Toronto (Canada – 2002) – 800 mila; a Colonia (Germania – 2005) – 1 milione ; a Sidney (Australia – 2008) – 500 mila e a Madrid (Spagna – 2011) – 2 milioni. Gli incontri Oltre al fatto di trovarsi in un altro paese, con le sue bellezze turistiche, la partecipazione alla GMG richiede un corpo preparato al pellegrinaggio e un cuore aperto alle meraviglie che Dio ha riservato per ognuno di noi. Prevede catechesi, testimonianze, condivisioni, esempi di amore verso il prossimo e la Chiesa, festival della musica e attività culturali. Insomma, un incontro di cuori che credono, mossi dalla stessa speranza che la fratellanza nella diversità è possibile.

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Preghiera ufficiale della Gmg di Rio Padre, hai inviato il Tuo Figlio Eterno per salvare il mondo e hai scelto uomini e donne affinché, per Lui, con Lui e in Lui, proclamassero la Buona Novella a tutti i popoli. Concedi le grazie necessarie perché risplenda sul volto di tutti i giovani la gioia di essere, mediante la forza dello Spirito, gli evangelizzatori di cui la Chiesa ha bisogno nel Terzo Millennio. Cristo, Redentore dell’umanità, la Tua immagine con le braccia aperte sulla cima del Corcovado accoglie tutte le persone. Nella Tua offerta pasquale, ci hai condotto mediante lo Spirito Santo all’incontro filiale con il Padre. I giovani, che si nutrono dell’Eucaristia, Ti ascoltano nella Parola e Ti incontrano nel fratello, hanno bisogno della Tua infinita misericordia per percorrere le strade del mondo come discepoli-missionari della nuova evangelizzazione. Spirito Santo, Amore del Padre e del Figlio, con lo splendore della Tua Verità e con il fuoco del Tuo Amore, effondi la Tua Luce su tutti i giovani affinché, spinti dalla Giornata Mondiale della Gioventù, portino nei quattro angoli della terra la fede, la speranza e la carità, diventando grandi costruttori della cultura della vita e della pace e protagonisti di un mondo nuovo. Amen!

La proposta della Diocesi di Vicenza Le iscrizioni vanno raccolte entro dicembre A meno di nove mesi dalla Giornata Mondiale della Gioventù di Rio de Janeiro, in Brasile, la Pastorale Giovanile della Diocesi di Vicenza, assieme all’Ufficio Diocesano per le Missioni, sta già delineando gli ultimi aspetti organizzativi. Entro gennaio la Pastorale Giovanile deve confermare le prenotazioni, questo la impegna a raccogliere tutte le iscrizioni assolutamente entro dicembre. Costo di partecipazione Il costo totale di 2.400,00 euro, sarà così suddiviso: 500,00 caparra all’iscrizione 1000,00 a gennaio-febbraio 900,00 (circa ) ad aprile Rimborsi in caso di ritiro In caso di ritiro entro il versamento della seconda rata, 250,00 euro verranno restituiti subito, 150,00 verranno restituiti qualora venissero riempiti tutti i posti disponibili, 100,00 euro resteranno alla Pastorale Giovanile per spese di gestione. In caso di ritiro entro il versamento del saldo, 1200,00 verranno restituiti subito, 150,00 verranno restituiti nel caso in cui il posto venga occupato da un altro, 150,00 euro resteranno alla Pastorale Giovanile per spese di gestione. In caso di ritiro dopo il versamento del saldo, 2000,00 euro verranno restituiti subito, 200,00 verranno restituiti nel caso in cui il posto venga occupato da un altro, 200,00 euro resteranno alla Pastorale Giovanile per spese di gestione. All’atto di versamento del saldo, si potrà stipulare una polizza contro gli annullamenti.

L’invito che rivolgiamo alle comunità cristiane, quindi anche a te che stai leggendo, è quello di impegnarsi per poter permettere a qualche giovane di partecipare a questa grande occasione, con la preghiera, con l’invito esplicito, magari anche economicamente, valorizzandolo dentro la comunità perché possa essere un testimone dell’incontro con Cristo, che non rinnova il cuore solamente di chi ha la

fortuna di incontrarlo, ma anche di coloro che condividono il suo cammino... Può essere un investimento di gioia, speranza, fiducia per tutta la comunità cristiana. Altre notizie su queste e altre iniziative legate alla Pastorale Giovanile e alla GMG, le potete trovare nel sito www.vigiova.it o chiamando presso l’ufficio di Pastorale Giovanile al numero 0444.226566.

Il programma Da sabato 13 luglio a sabato 3 agosto Sabato 13 luglio: ore 16, partenza da Vicenza; ore 21.30, partenza del volo da Milano, arrivo a San Paolo alle 4.50. Domenica 14: ore 7.10, partenza del volo da San Paolo per Recife (arrivo alle 10.08); pomeriggio, visita a Olinda e messa. Lunedì 15: mattino, visita a Recife sulle orme di Helder Camara; pomeriggio, viaggio verso Afogados da Ingazeira. Martedì 16, mercoledì 17, giovedì 18, venerdì 19 e sabato 20: espereinza missionaria nella Diocesi di Afogados da Ingazeira. Domenica 21: ore 12.38, partenza del volo da Recife per San Paolo, arrivo alle 15.55, viaggio per Cachoeira Paulista insieme ai giovani di Afogados. Lunedì 22: mattino, visita al santuario di Aparecida; pomeriggio, visita a Guarantinguetà, Fazenda de esperanca. Martedì 23: trasferimento in pullman a Rio de Janeiro. Mercoledì 24, Giovedì 25, venerdì 26, sabato 27 e domenica 28: Gmg a Rio de Janeiro. Lunedì 29: esperienza missionaria a Volta Redonda. Martedì 30: incon-

tro del vescovo Beniamino Pizziol con i missionari vicentini a Volta Redonda. Mercoledì 31: visita alla riserva indigena di Volta Redonda. Giovedì 1 agosto: esperienza missionaria a Volta Redonda. Venerdì 2: ore 20.05, partenza del volo da Rio de Janeiro per San Paolo, arrivo alle 21.25; ore 22.40, partenza volo da San Paolo per Milano. Sabato 3: ore 15.10, arrivo a Milano e partenza per Vicenza. San Paolo

Rio de Janeiro e Volta Redonda

Afogados De Ingazeira Recife


La Parola ai giovani

Direttore responsabile: Inserto realizzato da: Testi a cura di: Settimanale di informazione della Diocesi di Vicenza

Lauro Paoletto Andrea Frison Ufficio Diocesano per i Giovani Piazza Duomo n. 2 - 36100 Vicenza - telefono 0444-226556


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