Clinton Cash: o paghi o non tocchi palla (pay forplay)

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VILLACORTESE NEWS

Clinton Cash: o paghi o non tocchi palla (pay forplay)

Su Rai3, da domenica 2 ottobre va in onda La Casa Bianca, il nuovo programma condotto da Iman Sabbah, un viaggio in 7 puntate nel cuore della campagna elettorale per le presidenziali americane, in onda alle 22.50. Un viaggio nella pancia degli Stati Uniti alla ricerca di storie per illuminare lo spettatore sui grandi temi della campagna elettorale. Sorprende sapere che gran parte degli intervistati considera la Clinton una gran bugiarda mentre su Trump il discorso cade sempre sulle donne. Come mai allora questa Hillary viene quasi mai o poco divulgata dai media? Se un giornalista viene pagato da un personaggio politico è difficile pensare che questo giornalista possa mantenere intatta la sua credibilità. Ma cosa succede se è il giornalista, invece, a pagare il personaggio politico? È possibile che in questo caso, invece, la sua credibilità resti intatta? Il caso non è teorico. Secondo i dati del Center for Public Integrity, la candidata democratica Hillary Clinton ha ricevuto, tra gennaio 2015 fino ad agosto 2016, 382mila dollari di donazione da parte di giornalisti.

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Il suo avversario repubblicano, Donald Trump, ne ha presi solo 14mila. Il dato è visibile sul sito del Center della Pubblica Integrità

Sono credibili, insomma, gli articoli e le trasmissioni di giornalisti che, a quanto è evidente, non solo provano simpatie per un candidato (che è più che lecito) ma hanno anche contribuito con i propri soldi?

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La questione è piuttosto delicata. George Stephanopoulos, ad esempio, caporedattore del politico alla rete Abc e anchorman di Good Morning America (ed ex membro per la stampa dell’amministrazione Clinton), dal 2012 in poi ha donato in totale 75mila dollari alla Fondazione Clinton cosa. . . . . che non ha rivelato né alla sua rete né, tantomeno agli spettatori. Una volta scoperto, ha subito le polemiche del fronte repubblicano e gli è stato impedito di moderare il dibattito presidenziale. Sulla stessa falsariga, Emily Nussbaum, la critica televisiva del New Yorker e Premio Pulitzer, ha ricordato, alla Convention nazionale dei Repubblicani, che Trump e un “misogino corrotto” che conduce “una campagna brutta e xenofoba”. Tutto vero: ma la Nussbaum si è scordata di ricordare che. . . nello scorso aprile, ha donato 250 dollari alla Clinton. Siamo sicuri che agisca in modo disinteressato? Carole Simpson, ex conduttrice di World News Tonight dell’Abc che nel 1992 fu la prima donna afro-americana a moderare un dibattito presidenzale. Nel 2016 ha donato alla Clinton la bellezza di 2.800 dollari. Lei non vedeva l’ora che “arrivasse una donna per correre alle presidenziali”. Giusto. O no? Ogni cittadino americano è libero di fare donazioni a partiti e a candidati alla presidenza. Ma per i giornalisti che influenzano l'opinione pubblica le cose vanno in modo diverso. In mezzo c’è una questione di credibilità, necessaria per un mestiere che vuole raccontare i fatti da una posizione neutra. E allora, dal momento che le donazioni sopra i 200 dollari sono pubbliche, è difficile difendere la percezione della propria indipendenza quando è manifesto che, in privato, ci si è sbilanciati in modo pesante. In buona sostanza, ne può andare della credibilità della firma e, di conseguenza, della testata che la ospita. Non per niente sono molti i giornali e le agenzie che hanno adottato policy specifiche sulla questione: il New York Times le vieta, l’Associated Press anche, la Cnn idem.

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Della stessa opinione sono LA Times, Npr, Propublica e tante altre. “ I principali motivi perché un giornalista svende ala propria reputazione donando un contributo a Hillary Clinton: sono . . . . .avere un'intervista con lei e i suoi più stretti collaboratori e garantirsi future entrature alla Casa Bianca in caso di vittoria democratica. Perché, come ha rivelato il libro di Peter Schweizer Clinton Cash, o paghi, o non tocchi palla (pay for play) Anche molti giornali preferiscono non schierarsi: dal Washington Post al New York Times. poichè nemmeno le redazioni lo consentirebbero, tanto è vero che Leonard Downie Jr, del Washington Post, addirittura sceglie di “non votare nemmeno” per evitare di avere ogni tipo di condizionamento sulle news politiche. E allora perché ci sono tanti che le fanno? In America dicono trattasi appunto del Clinton Cash, il mondo dei Clinton che funziona che con un meccanismo molto semplice: pay for play. O paghi, o non tocchi palla. O ti schieri, o non avrai nulla. E, visto che i sondaggi indicano che sarà lei la prossima presidente degli Stati Uniti, la corsa alla lepre è già cominciata come del resto in Italia con Renzi che pare aver copiato tutto da quel mondo con l'ingaggio del consulente Jim Messina, il guru della comunicazione statunitense. Da un lato si paga, dall’altro si scrive: meglio se a favore di Hillary, ottimo se contro Trump. Il futuro presidente saprà ricompensare? LA PROVA In un articolo su Huffington Post di Selene Gagliardi che a sua volta prende spunto da un post di James Melville, si vuole sottolineare quanta differenza ci sia tra l'uomo che potrebbe diventare presidente degli Stati Uniti alle prossime elezioni politiche americane e l'attuale premier in carica, Barack Obama.

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Accompagnato dalla foto qui sotto l'articolo tendenziosamente mira a screditare Trump. . .

In una giornata di diluvio come tante, infatti, il primo presidente americano di colore e il miliardario del Queens hanno dovuto attraversare un luogo non protetto dalla pioggia, esponendosi alle intemperie. Accompagnati entrambi da due donne (dalla moglie Michelle nel caso di Obama e dalla collega Pam Bondi nel caso di Trump), i due avevano a disposizioni un solo ombrello. Usato, tuttavia, in maniera molto diversa.

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Ad una mia verifica della foto di Trump nello stesso giorno, nello stesso luogo e nella stessa ora reperibile su USnews.com si vede un comportamento nettamente opposto a quello descritto dai due giornalisti.

Il confronto fra le due foto poi ipotizza situazioni diversissime. In una diluvia e Obama lascia l'incarico di proteggere la moglie ad un funzionario. Nell'altra pare non piova assolutamente e Trump stesso protegge la sig. Pam Bondi forse dal sole. Insomma è chiara la volontà di disinformare ma che questo avvenga anche su un giornale che si pubblica in Italia non è un bel segnale Peppino Barlocco www.villacortese.net pubblicato 25 ottobre 2016

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