n. 03/2019
VIVIEDIZIONI
ASSOCIAZIONE EDITRICE VENETA
VENETO MAGAZINE
AMBIENTE TERRITORIO SOCIETA’ / STORIA CULTURA EVENTI
© Giò Tarantini Palio di Montagnana - foto di Antonio Tafuro
Tempesta Vaia /un anno dopo 19 Ottobre /la nascita del Partito dei Veneti Mostra in Basilica Palladiana/ Ritratto di Donna Villa Valmarana ai Nani/ Il capolavoro dei Tiepolo - Federico Faggin/ Silicio VIVIEDIZIONI - Pubblicazione trimestrale distribuita in abbonamento € 30 - in edicola e libreria € 10,00
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R I V I S TA D E L T E R R I T O R I O V E N E T O d a l 1 9 O t t o b r e 2 0 1 9
Novembre 2019 V E N E T O M A G A Z I N E N. 3
VIVIEDIZIONI - pubblicazione riservata ai soci - abbonamento annuale € 25,00 / 4 numeri
C U LT U R A & S O C I E T A ’ Pubblicazione © VIVI EDIZIONI Vicenza
INDICE
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AMBIENTE VENETO TEMPESTA VAIA Un anno dopo: le immagini La governance dopo la Tempesta Rinascere dopo Vaia Un libro e una mostra di solidarietà
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TERRITORIO VENETO Negoziare l’autonomia Un nuovo paradigma Nasce il Partito dei Veneti Il manifesto del Partito
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SOCIETA’ VENETA Profondo Veneto La crisi del SSN Fare la differenza
VENETO MAGAZINE n.3 Novembre 2019 Hanno collaborato Corrado Poli Antonio Guadagnini Luca Polo Sonia Simoni Giampiero Avruscio Dario Rigoni Andrea Berton Valeria Mancini Stefania Portinari Giulio Valmarana Fotografi Dario Rigoni Antonio Tafuro Jacopo Trezzi Tiziano Casanova Paolo Martini Gito Trevisan Photogroup ArcheoSusegana
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In copertina Palio di Montagnana di Antonio Tafuro
Sottoscrizione abbonamento Ass. VIVI VICENZA IT03 X030 6911 8941 0000 0003 749 - Banca Intesa
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CULTURA VENETA Independenza di Luca Polo Silicio di Federico Faggin
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STORIA E CIVILTA’ VENETA VILLA VALMARANA AI NANI Il ciclo di affreschi dei Tiepolo
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EVENTI VENETI RITRATTO DI DONNA Mostra in Basilica Palladiana
PROVINCIA DI VICENZA
ASSOCIAZIONE CULTURALE
VIVI VICENZA Associazione editrice VIVI VICENZA Corso Palladio, 179 0444.327976 Contatti: vivi@viviedizioni.eu www.viviedizioni.org
Il sogno degli anni Venti e lo sguardo di Ubaldo Oppi Basilica Palladiana Vicenza
6 dicembre 2019 13 aprile 2020
S O C I E T A ’ & C U LT U R A TERRITORIOVENETO
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AMBIENTE
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TEMPESTA VAIA 2018 Un anno dopo la devastazione che ha sradicato milioni di alberi Fotografie di Dario Rigoni - Project GAIA
Non si puo’ capire se non si vede, il modo in cui muore la natura. Non fa rumore e i suoi funerali sono troppo brevi, una formalita’ scomoda che non si vuole duri che lo stretto necessario. Si parla dei milioni di alberi sradicati. Nessuno spiega che altrettanti stanno morendo! I feriti dopo due notti infernali trascorse a strapparsi l’un l’altro ogni brandello di ramo. Nessuno racconta che dove cade un bosco non sopravvivono nemmeno i muschi, gli insetti, tutto si brucia come carne marcia. Come fosse Hiroshima o Nagasaki. Nessuno che abbia la reale percezione di cosa ciascuno abbia perduto. Ubriachi di wifi e internet non percepiamo piu’ cosa sappia dire il silenzio.
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TEMPESTA VAIA: UN ANNO DOPO
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’evento del 29 Ottobre 2018 entrerà negli annali dei fenomeni meteo estremi, che hanno colpito le nostre zone. Se vogliamo comprendere questo evento naturale dobbiamo accettare una lezione, benché durissima, che la natura sta tentando di farci mandare a memoria, a noi, che sembriamo non volerla ancora imparare. In questi dodici mesi però, qualcuno si è fermato a riflettere, nel tentativo di tradurre in intenti e pratiche la dura lezione di Vaia. Si è molto discusso sulle cause dell’evento, sulle modalità del suo sviluppo, sulle conseguenze e soprattutto sulle azioni da intraprendere per dare intendere che la lezione è servita. In Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige da anni si interviene sulle foreste con scrupolo, attenti a non disattendere regole e certificazioni (PEFC e FSC). Anche se molte delle superfici colpite erano foreste fragili e sfruttate dall’uomo, il fattore principale che ha scatenato il fenomeno è il mutamento climatico. Da tempo, infatti, sull’arco alpino si assiste a fenomeni “anormali” sempre più intensi e frequenti. La tempesta Vaia ha causato lo schianto di circa 8 milioni di metri cubi di legname: circa 3 milioni in regione Veneto, nelle province di Belluno e Vicenza, altrettanti nel Trentino, circa 1 milione nella
provincia di Bolzano, qualche centinaio di migliaia nella regione Friuli Venezia Giulia. Il Veneto ha reagito prontamente, ma a la dimensione della devastazione è tale che a distanza di una anno la ferità è ancora aperta ed è diventa putrida, come carne marcia. Infatti è in corso un processo di acidificazione del terreno devastato e del sottobosco limitrofo che mette a rischio parti estese di foresta, sempre più fragili perchè più esposte di rima ad altri fenomeni atmosferici. Recuperare il legno nobile è una piorità, siamo d’accordo, ma ramaglie e aghi verdi possono rappresentare una bomba ecologica se la putrefazione avrà ripercussione sulle falde acquifere più a valle. Fino ad oggi sono stati stanziati solo una manciata di milioni per il recupero dei tronchi, ma nell’ipotesi di un possibile protarsi del maltempo nel periodo autunnale e invernale, specie se caratterizzato da forti piogge e alluvioni localizzate, senza progetti organici di bonifica del sottosuolo, si corre il ricshio di una preciitazione del materiale residio verso valle Avemmo bisogno di un fuoco purificatore, come descritto per immagini dal fotografo Dario Rigoni che insieme all’artista coreografo Thierry Parmentier mette a nudo la “reale percezione di cosa ciascuno abbia perduto” .
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TEMPESTA VAIA: UNA ANNO DOPO
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La tempesta Vaia ha causato lo schianto di circa 8 milioni di metri cubi di legname: circa 3 milioni in regione Veneto, nelle province di Belluno e Vicenza, altrettanti nel Trentino, circa 1 milione nella provincia di Bolzano, qualche centinaio di migliaia nella regione Friuli Venezia Giulia. Solo in Veneto il danno stimato è di 125 milioni di euro.
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RADICI VENETE AMBIENTE
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CULTURA E CUCINA
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DOPO LA TEMPESTA
Il punto della governance : nuove energie per ritrovare la forza di ripartire e risanare le ferite
relatore Alex Prà, ricercatore di economia politica forestale
IL CNA VENETO ha organizzato a Settembre un workshop per discutere sul “dopo”. Obiettivo dell’incontro è stato quello di approfondire alcuni dati sulla tempesta Vaia e l’azione di governance: cosa si sta facendo e cosa si potrebbe fare per risanare il territorio; quali sono le opportunità di sviluppo offerte dalla «distruzione creatrice»
foto di Dario Rigoni 8
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a tempesta ha colpito 12.114 ettari di superficie e sradicato 2 milioni e mezzo di milioni di metri cubi di legno con un danno stimato di 125 milioni di euro. La fortuna è stata che i tronchi sono stati perlo più sradicati e non spezzati dall’uragano e che il fenomeno sia concentrato tra Asiago, Enego, Gallio e Rocca Pietore, area in cui si contano il 37,6% di danni. Il conteggio sale sale 51,2% aggiungendo colle Santa Lucia, Livonallongo, Rivamonte e Roana. Ma se i tronchi erano perfettamente integri e idonei per essere lavorati e trasformati, tale “fortuna nella sfortuna” è stata vanificata dall’impossibilità delle segherie di prima lavorazione di incrementare la produzione e successiva commercializzazione del legname da costruzione generato dai tronchi danneggiati. La Regione Veneto e l’Italia in generale attraversa infatti una fase di riduzione della domanda causata dal ridotto livello di investimenti in edilizia. Se poi si somma l’atavica inadeguatezza della politica di pianificare il cambiamenti di uso del suolo e di controllare lo sfruttamento delle risorse collettive, la situazione della governance si trova oggi a un punto di stallo. La distruzione causata da Vaia impone il passaggio a un diverso paradigma: il Veneto deve cambiare il modo di gestire il patrimonio forestale, trasformando il modello di conservazione statica conformato dalle leggi di tutela ambientale a una gestione d’impresa di ampio respiro. TERRITORIOVENETO
Il messaggio lanciato dal CNA con il workshop si riferisce all’intervento di Alex Pra, giovane ricercatore di economia politica forestale. Nella tutela ambientale occorre saper produrre e creare lavoro anche per ridurre i costi della protezione e della manutenzione. Il servizio foreste della regione negli anni ‘80 era modello di efficienza che nei deceni successivi è sttao smantellato a caua dell’incongrente frammentazione di competenze, dal mancato turn-over degli addetti, spesso privi di motivazione personale. Coò ha creato le condizioni per determinare nel 2012 l’ annullamento da parte della Regione dei contributi alla pianificazione forestale. E adesso cosa si può fare? Serve un coordinamento e una governance della montagna e del patrimonio forestale che sia inclusiva di soggetti privati come le imprese e di tutti i s soggetti sociali presenti in ogni territorio. Sul piano concreto le proposte sono quelle di supportare le capacità finanziarie delle ditte boschive nell’acquisto di lotti, attivare incentivi per acquisto macchine e attrezzature forestali, approvare la vendita dei prodotti da parte dei proprietari attraverso centri di vendita che offrano oppurtinità di commercializzazione anche all’estero. Sul piano sociale le aree forestali possono aprirsi a quelle attività culturali, educative, sportive e formative come e quelle attività di inclusione sociale e di esperienze terapeutiche. 9
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RINASCERE DOPOVAIA
Un libro e una mostra per testimoniare una concreta solidarietà per territori colpiti.
Photogroup Archeosusegana
Una mostra fotografica, per metà in bianco e nero e per metà con foto a colori racconta da un lato il disastro (in bianco e nero) e dall’altro la rinascita (a colori) voluta dall’uomo ma anche dalla natura stessa che pian piano rialza la testa e infonde speranza.
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RINASCERE DOPO VAIA
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ArcheoSusegana è un’associazione di volontariato culturale e ambientale, fondata nel 2013, che si occupa di ricerca storica e di salvaguardia attiva dei beni esistenti, dalla preistoria alla Grande Guerra, sul territorio di quelli che sono stati i feudi Collalto, in provincia di Treviso. L’associazione opera prevalentemente nel Comune di Susegana e nei territori contermini, compresi in epoca medievale nelle contee di Collalto e di Colfosco-San Salvatore. Territori della Pedemontana trevigiana che sono particolarmente ricchi di storia e vantano la presenza di numerosi importanti siti storici e archeologici.
Il presidente Antonio Menegin spiega che è possibile fare una donazione per avere il libro/catalogo della mostra “RINASCITE” e contribuire così al progetto di solidarietà avanzato da ArcheoSusegana.
I visitatori di “Libri in Cantina”, il 17esimo Festival della Piccola e Media Editoria, tenutosi a Susegana da venerdì 4 ottobre 2019 a domenica 6 ottobre 2019, hanno potuto apprezzare anche la mostra curata da ArcheoSusegana. Con una mostra e un libro, infatti, si sono volute sensibilizzare le persone sui danni della tempesta Vaia e sulla rinascita dei territori alpini e prealpini duramente colpiti dal ciclone dell’autunno dello scorso anno. Questa idea consiste in un progetto fotografico ma anche editoriale per una solidarietà concreta verso i territori colpiti dalla tempesta Vaia. Grazie a una ventina di pannelli con immagini, il Photogroup di ArcheoSusegana ha mostrato il grande lavoro fatto andando a fotografare i luoghi colpiti dalla tempesta Vaia e cercando aziende, artisti, artigiani, associazioni e situazioni che avessero in campo progetti di “rinascite” per quel legno stroncato dal vento e strappato alla terra dalla forza inaudita del ciclone. Ne è uscita una mostra fotografica, per metà in bianco e nero e per metà con foto a colori, che racconta da un lato il disastro (in bianco e nero) e dall’altro la rinascita (a colori) voluta dall’uomo ma anche dalla natura stessa che pian piano rialza la testa e infonde speranza. Insieme alla mostra anche un prezioso libro fotografico di 160 pagine, dal titolo “Rinascite”, che contiene immagini e racconti per un progetto di sostegno e solidarietà ai territori TERRITORIOVENETO
colpiti da Vaia. “Per prima cosa - ha spiegato Antonio Menegon, presidente di ArcheoSusegana - la nostra realtà ha aderito alla Filiera Solidale Pefc che, oltre alle associazioni come la nostra che sostengono il progetto, raccoglie le aziende che decidono di acquistare il legname degli schianti dovuti alla tempesta Vaia in alternativa al legname di importazione”. “Questo legname - prosegue Menegon -, tracciato attraverso la filiera produttiva fino al consumatore finale, è contraddistinto da un apposito logo e controllato da organismi di certificazione. Poi, coordinato dal fotografo professionista Arcangelo Piai, il gruppo di fotografi che fa riferimento alla nostra associazione è andato sui luoghi del disastro a toccare con mano e con la macchina fotografica la situazione, cercando esempi di rinascita da documentare non solo con la macchina fotografica, ma anche con dei testi riportati sia nella mostra che nel libro”. “Ultimo passaggio - conclude il presidente di ArcheoSusegana - è l’adesione al progetto Sos-Serrai, patrocinato da Fondazione Dolomiti Unesco, in favore dei Serrai di Sottoguda a cui verranno devoluti i ricavi della vendita del libro, al netto delle spese di stampa. Inoltre, puntiamo anche a coinvolgere altre associazioni in questo progetto di solidarietà”. (Fonte: Andrea Berton © Qdpnews.it). (Foto: Qdpnews.it © Riproduzione riservata). 11
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NEGOZIARE L’AUTONOMIA Una coalizione senza pregiudizi per l’autonomia e il federalismo
di Corrado Poli
“L’obiettivo di un movimento politico esclusivamente veneto è un’ampia autonomia e un federalismo che uniscano concretamente l’Italia con la collaborazione di governi locali creativi e liberi di gestire le proprie risorse, i cui cittadini siano responsabili per se stessi e per l’intero Paese.”
Leonardo :“Studi di anatomia” 12
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AUTONOMIA E FEDERALISMO
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La partecipazione civile dei cittadini nei governi locali costituisce la migliore difesa da un populismo sregolato ed egoista. Allo stesso tempo, consente poche decisioni centralizzate legittimate.
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artiti che si richiamano principalmente al territorio non hanno avuto molto successo finora in Italia, salvo in alcune piccole Regioni a statuto speciale. Ci aveva provato la Liga Veneta, poi diluitasi in Lega Nord e dissoltasi infine nella Lega nazional-sovranista. Oggi potrebbe essere il momento opportuno per una coalizione di forze politiche che rappresentano il territorio e per lanciare una politica innovativa e aggiornata con l’obiettivo immediato di una reale autonomia intesa tuttavia come primo passo verso il federalismo. Il percorso dell’autonomia per il Veneto e le altre Regioni italiane ed europee trarrebbe maggiore vigore dall’avere un obiettivo ideale ben definito. Invece oggi ci si limita a districarsi tra leggi e regolamenti che finiscono per fare il gioco dell’oca e tornare ogni volta al punto di partenza. Per procedere in tale direzione è necessario costituire una coalizione senza pregiudizi ed esclusioni di diverse forze politiche allo scopo di negoziare l’autonomia con lo Stato in modo efficace e senza l’intermediazione dei partiti nazionali. È normale che i partiti nazionali e lo Stato difendano le proprie prerogative, siano esse ideali o opportunistiche. Di conseguenza, un’ampia autonomia è possibile se si afferma un movimento regionale che raccolga attorno a sé le forze sinceramente autonomiste superando, a questo fine, l’obsoleta distinzione tra destra e sinistra. L’istanza autonomista e federale ha radici profonde della storia e nella politica italiana. Ancor più in quella veneta. Risale al Risorgimento e, passando per i socialisti di Salvemini e i popolari di Don Sturzo (entrambi meridionali), giunge fino alla recente storia repubblicana. Componenti significative della DC veneta negli anni Settanta e Ottanta auspicavano la formazione di un partito regionale sul modello della CSU bavarese, della SVP e dei partiti territoriali catalani, scozzesi, corsi e altri presenti in tutta Europa. Una rappresentanza autonomista in Consiglio regionale e in Parlamento consentirebbe di negoziare direttamente con il governo anziché passare attraverso TERRITORIOVENETO
le inevitabili e legittime resistenze dei partiti nazionali. Occorre eliminare il filtro delle segreterie nazionali dei partiti che s’intasa regolarmente quando si tratta di cedere poteri e rallenta il corso degli eventi. La Liga Veneta, poi Nord e ora assorbita nella Lega nazionale, è al governo del Veneto da un quarto di secolo ed esprime il Presidente da quasi dieci anni. In questo periodo ha accettato di governare l’Italia in coalizione con partiti dichiaratamente centralisti. Ha quindi ceduto a compromessi che hanno fatto perdere di vista l’obiettivo principale per cui era stata fondata: il federalismo. Sta mancando anche quello di una più modesta autonomia. Non vale la pena polemizzare sugli insuccessi o con il singolo leader poiché il problema sta nella struttura della politica e nella mancanza di una rappresentanza territoriale autonoma. Le autonomie regionali del Nord sono cruciali per lo sviluppo di tutto il Paese. Senza il traino economico del Nord, il Sud regredirà ancora di più. Senza la possibilità di studiare e offrire diverse soluzioni territoriali ai problemi, scompare quella creatività che oggi costituisce una risorsa cruciale per lo sviluppo e l’innovazione anche organizzativa nei servizi pubblici. La partecipazione civile dei cittadini nei governi locali costituisce la migliore difesa da un populismo sregolato ed egoista. Allo stesso tempo, consente poche decisioni centralizzate legittimate. L’obiettivo di un movimento politico esclusivamente veneto è un’ampia autonomia e un federalismo che uniscano concretamente l’Italia con la collaborazione di governi locali creativi e liberi di gestire le proprie risorse, i cui cittadini siano responsabili per se stessi e per l’intero Paese. Non è necessario ottenere tutto subito (neanche procrastinare all’infinito), ma riprendere la rotta perduta. Un movimento veneto forte in Regione e un domani capace di inviare rappresentanti a Roma sarebbe l’unica garanzia che il risultato del referendum del 2017 sia preso sul serio e porti a risultati rapidi e concreti. Corrado Poli 13
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UN NUOVO PARADIGMA Autogoverno come condizione di apertura e non di chiusura
di Antonio Guadagnini
“Si tratta di guardare con occhio diverso la differenza tra pubblico e privato: non più mondi separati con logiche di funzionamento alternative, ma due mondi che devono compenetrarsi e assorbire uno le migliori pratiche dell’altro.Da un lato, si deve capire che il vantaggio comune è il vantaggio di tutti, non il vantaggio dell’altro; dall’altro, bisogna capire che l’efficienza e la competitività dell’organizzazione sono condizioni imprescindibili per continuare a esistere nel mondo globale “
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AUTONOMIA E FEDERALISMO
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Caro Direttore, ho letto con grande interesse l’articolo di Corrado Poli sulla questione partito territoriale. E non posso che condividere la sua analisi. Mi interessa approfondire soprattutto l’idea dell’autogoverno come condizione di apertura e non di chiusura: l’autogoverno è l’unica medicina efficace contro il sovranismo. Oggi, il vero pericolo che corre l’Europa, ma anche il resto del mondo, è l’idea che gli Stati nazionali debbano chiudersi in se stessi per scongiurare i rischi del ‘globalismo’. Teoria che sta prendendo piede, perché contiene una semplificazione che diventa una mistificazione della realtà che stiamo vivendo. La globalizzazione non è un avversario contro il quale dobbiamo combattere, ma è il terreno di gioco sul quale stiamo giocando. Essa avanza innarestabile e porta con se una organizzazione dei rapporti tra le comunità che è idiosincratica con quella che ha caratterizzato gli Stati nazionali. L’idea che meglio rappresenta questa nuova organizzazione è quella di rete: una serie di nodi correlati e sempre più integrati. La partecipazione civile dei cittadini nei governi locali costituisce la migliore difesa da un populismo sregolato ed egoista. Allo stesso tempo, consente poche decisioni centralizzate legittimate. Si tratta di sfruttare le sinergie che la cooperazione produce. Il mondo degli Stati nazionali separa e contrappone, il mondo della rete integra e riunisce. Si tratta di guardare con occhio diverso la differenza tra pubblico e privato: non più mondi separati con logiche di funzionamento alternative, ma due mondi che devono compenetrarsi e assorbire uno le migliori praTERRITORIOVENETO
tiche dell’altro. Da un lato, si deve capire che il vantaggio comune è il vantaggio di tutti, non il vantaggio dell’altro; dall’altro, bisogna capire che l’efficienza e la competitività dell’organizzazione sono condizioni imprescindibili per continuare a esistere nel mondo globale. Tale rete si sta già formando da decenni e sta assorbendo risorse e investimenti che gli Stati nazionali non riescono più ad intercettare. Le aree metropolitane più avanzate, da quelle indipendenti, come Singapore, a quelle ancora comprese dentro la cornice logora degli Stati nazionali, come Londra, attraggono risorse per miliardi di dollari ogni anno, risorse che, appunto, vengono sottratte ai claudicanti Stati nazionali. La letteratura in proposito è ormai sterminata. Allora si deve avere il coraggio di guardare questo “mondo novo” con occhi disincantati, senza farsi condizionare da paradigmi obsoleti e dannosi. L’idea di difendere a oltranza il paradigma dello stato nazionale, è il miglior alleato del sovranismo. La medicina, piaccia o non piaccia, è l’autogoverno. Popoli e regioni devono diventare attori protagonisti nel nuovo scenario globale, in Europa e fuori. Essi devono essere dotati di risorse e competenze, da sottrarre al centralismo degli Stati. E l’unica strada da percorrere per ottenere tale obiettivo è quella di affidarsi a partiti territoriali che riescano a contrapporsi con efficacia alle caste che si autoriproducono nelle capitali degli Stati nazionali. A partire da quella italiana. Antonio Guadagnini Consigliere regionale
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BENVENUTO!
Il 19 Ottobre al Palageox di Padova è nato il Partito diVeneti
di Luca Polo
“.....il governo del territorio come una responsabilità da assumersi in proprio e da non demandare a capitali remote geograficamente ma, più sovente ancora, molto distanti culturalmente”.
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AUTONOMIA E INDIPENDENZA
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veneti costituiscono una anomalia politica europea. Almeno sino a qualche giorno fa. Per questo ho accolto con gioia, e speriamo ben riposto ottimismo, la nascita del Partito dei veneti al Palageox di Padova, nella speranza che questa volta si sia capito, e ci sia la determinazione, di colmare finalmente questo masochistico assurdo gap politico. Soprattutto mi è sembrato che ci sia la consapevolezza necessaria ad evitare l’errore mortale del precedente progetto politico esclusivo veneto, la Liga, fagocitata e decapitata da decenni nel calderone prima della fantasiosa entità “fake” Padania (con valenza politica e giuridica rispetto al diritto di autodeterminazione inferiore a quella di Paperopoli) e poi più recentemente gettata in pasto al neonazionalismo italiano salviniano. Ogni popolo storico d’Europa che abbia mantenuto un forte identità, come indiscutibilmente hanno fatto i veneti, rigettando costantemente l’assimilazione forzata ad una identità nazionale imposta ed aliena, ha visto nascere e crescere partiti politici propri, in contrasto con quelli “statali” e nazionalisti. Sinn Fein, Scottish National Party, Süd-Tiroler Volkspartei, Süd-Tiroler Freiheit, Die Freiheitlichen, Esquerra Republicana de Catalunya, Candidatura d’Unitat Popular, Junts pel Sí , DemoCat, Alde, Partito Sardo d’Azione, Christlich-Soziale Union in Bayern, Femu a Corsica, Corsica Libera, NieuwVlaamse Alliantie, Vlaamse Belang etc etc sono solo alcuni dei numerosi esempi di forze politiche sub-statali radicate che offrono da tempo una alternativa ai rispettivi partiti statali a milioni di cittadini europei che intendono il governo del territorio come una responsabilità da assumersi in proprio e da non demandare a capitali remote geograficamente ma, più sovente ancora, molto distanti culturalmente. Dopo la prima fase di risveglio dei popoli storici europei nell’Europa orientale, che va dalla caduta del muro di Berlino nel 1989 al parere della Corte internazionale di giustizia del 2010 sulla dichiarazione di indipendenza del Kosovo, fase che ha visto la fine dei confini innaturali per vedere finalmente rinascere o nascere realtà amministrative corrispondenti a territori culturalmente omogenei (Lettonia, Lituania, Estonia, Slovenia, Croazia, Montenegro, Ucraina, Repubblica Ceca, Slovacchia etc etc ) il risveglio identitario ha investito anche l’Europa occidentale. Da quel momento i partiti territoriali sub-statali sono cresciuti ed hanno spesso raggiunto la maggioranza nelle proprie istituzioni, fino all’anomalia belga dove il più forte partito a livello statale è NV-A, partito fiammingo sub-statale. Con il crescere del potere di questi partiti hanno preso forma e forza anche progettualità politiche insperate solo pochi anni fa, dove le rivendicazioni di indipendenza erano quasi totalmente demandate ahimè ad una lotta armata impari e per lo più suicida. Oggi l’indipendentismo moderno europeo propone l’idea di allargamento interno alla UE ed ha sposato definitivamente la via non violenta e referendaria. Il questo alveo politico, in seno a questo movimento culturale continentale, affonda le proprie radici un nuovo soggetto che aspira a seguire i passi degli omologhi scozzesi, fiamminghi, tirolesi, catalani ert.. verso sempre maggiori forme di autogoverno, ed auspicabilmente fino all’indipendenza. Benvenuto Partito dei veneti! TERRITORIOVENETO
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IL MANIFESTO
Il Partito deiVeneti lancia la riscossa ad una intera generazione COMUNICATI STAMPA www. partitodeiveneti.com COMUNICATO STAMPA DEL 21 OTTOBRE Folla di persone al Palageox di Padova per il lancio del Partito dei Veneti. Organizzatori entusiasti annunciano essere stata superata ogni più rosea aspettativa circa l’affluenza. 10 i movimenti e partiti veneti aderenti oltre a personalità del mondo imprenditoriale e accademico. Giacomo Mirto il Coordinatore Regionale del Partito dei Veneti commenta così: “1500 delegati hanno sancito la nascita del Partito dei Veneti. E’ stata la più grande convention pro-autogoverno della storia moderna del Veneto. Siamo assolutamente soddisfatti e da oggi i partiti nazionali non potranno più ignorarci e Roma non potrà fare a meno di confrontarsi con noi”. Al grido “Autogoverno!” i partecipanti hanno poi sottoscritto il manifesto politico. Tra i primi punti Autogoverno, autodeterminazione, sussidiarietà, tutela di famiglie e imprese. Mirto prosegue poi: “sul palco si sono susseguiti volti giovani e storici dell’indipendentismo veneto, amministratori locali e regionali, imprenditori e rappresentanti di categoria. Abbiamo finalmente unito i veneti e dato vita all’unico partito in grado di difendere gli interessi di tutti noi”. Annuncia poi i prossimi passi Giacomo Mirto: “ora comincia il lavoro capillare sul territorio. Andremo in tutti i Comuni del Veneto a far capire come la partitocrazia italiana abbia fallito e come nel 2020 i veneti hanno la possibilità di voltare finalmente pagina. Siamo infatti già al lavoro per le liste che correranno in tutte le provincie alle elezioni Regionali del prossimo anno. Liste di peso, con persone conosciute, preparate e pronte a prendere in mano il Governo regionale. Nelle prossime settimane inizieremo a presentare le candidature e mettere in campo iniziative anche non convenzionali per farci conoscere”. Conclude poi: “non è mancato un omaggio agli indipendentisti catalani che in questi giorni vivono una repressione indegna da parte di uno Stato che si definisce democratico. L’autodeterminazione dei popoli non si arresta e dal Veneto presto un segnale forte e chiaro all’Europa intera”. 18
COMUNICATO STAMPA DEL 25 OTTOBRE Nord-est terra ricca e generosa, mansueta ma non stupida. Sono infatti passati due anni esatti da quel referendum per l’autonomia che vide 2 milioni e 200mila Veneti trasformare un referendum consultivo in un vero e proprio plebiscito. Il mansueto Veneto si è destato e ha detto “basta!” ribellandosi alla schiavitù finanziaria imposta da Roma. E dopo due anni lo ha fatto in modo democratico e pacifico com’è nello stile dei Veneti, lo ha fatto nel modo in cui i Veneti sanno fare le cose, ovvero rimboccandosi le maniche e scendendo in campo (non in piazza) in prima persona, fondando e sostenendo (soprattutto economicamente) un Partito, il Partito dei Veneti. Una realtà questa che, non solo da’ dignità al popolo della Serenissima, ma che tutela e si fa garante dei nostri diritti: un partito che non dipende dai Lombardi ne tanto meno dai Romani, un partito che quando parla di Veneto gioca in casa. L’enorme affluenza alla convention di Padova, nel pomeriggio di sabato 19 Ottobre 2019 e le numerosissime adesioni arrivate nei giorni seguenti, sono il risultato di un lavoro iniziato più di un anno fa; queste adesioni sono soprattutto frutto della necessità di un popolo di autogovernarsi, di tenere “a casa” i propri risparmi e di fare il bene comune in prima persona, non andandolo ad elemosinare invano ad altri partiti. Il Partito dei Veneti è maturo, è sceso in campo nella sua veste ufficiale: a testimoniarlo sono le testate nazionali che gli dedicano oggi le loro pagine ed a sostenerlo si sono uniti e continuano ad unirsi un folto seguito di imprenditori, riconoscoscendo il lavoro ed il valore di una squadra giovane e determinata, pronta ad imporsi in maniera costruttiva e ad opporsi alle trascuratezze di chi ci governa. Daniel Basso Partito dei Veneti Venezia
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SOCIETA’
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PROFONDOVENETO
Una regione priva di voce, e quindi di potere. L’autonomia per tornare a respirare...
Federico Leo Renzi
per gentile concessione della testataVVOX
“Vive il paradosso di essere – insieme alla Lombardia – il traino economico dell’Italia, ma di non saper comunicare all’esterno i propri drammi, le proprie speranze, le contraddizioni esplosive che lo attraversano. Caduto il governo gialloverde, l’autonomia è definitivamente archiviata, a meno di non credere alle promesse del neo-ministro Boccia.
Monumento a Pigafetta a Cebu - Filippine
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PROFONDO VENETO
In questo articolo ho condensato al massimo 3 decenni di lenta decadenza, di trasformazioni sociali mai digerite, di un Veneto che ha fatto del produttivismo e della conseguente ricchezza la propria ragione d’essere, ed oggi invece si trova trasformato in un luogo di transito e consumo di merci altrui. F.L.R.
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uardando i media nazionali l’Italia sembra composta da tre città: Milano, Roma, Napoli. Il resto sembra una succursale di queste metropoli, un buco nero in cui la gente campa avvolta in una tenebra d’inciviltà e ignoranza. Del nostro Veneto solo Venezia di tanto in tanto fa capolino nelle cronache nazionali, spesso come esempio negativo di città in stato di perenne crisi economica, invasa da turisti o troppo ricchi (i passeggeri delle navi da crociera) o troppo straccioni (i famigerati giornalieri che spendono meno di 70 euro a cranio). In questo quadro desolante, il profondo Veneto non ha voce, e quindi non ha potere. Vive il paradosso di essere – insieme alla Lombardia – il traino economico dell’Italia, ma di non saper comunicare all’esterno i propri drammi, le proprie speranze, le contraddizioni esplosive che lo attraversano. Caduto il governo gialloverde, l’autonomia è definitivamente archiviata, a meno di non credere alle promesse del noe-ministro Boccia. Ma cosa significava l’autonomia per i veneti? Significava la speranza di bottegai e artigiani di tornare a respirare dopo l’introduzione degli studi di settori e i controlli a tappeto della finanza, che hanno
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reso la veneticissima azienda/bottega a conduzione familiare una trappola senza futuro, dove l’obbiettivo massimo è sopravvivere fino al prossimo pagamento dell’Iva. Significava meno tasse sulla busta paga per i lavoratori, strangolati dal mutuo su case oramai invendibili (nemmeno le banche le accettano più come ipoteca) e un tenore di vita obbligatorio rimasto invariato dagli anni ’90, nonostante in mezzo ci siano tre decenni di sistematica erosione del potere d’acquisto dei salari. Significava un po’ più di welfare, perché il famoso volontariato veneto (primo in Italia per quantità di iscritti e di iniziative) è stato spremuto fino al midollo, utilizzato dallo Stato per sopperire al taglio di tutto, dai trasporti alla sanità. Ma non si può ridurre tutto al rifiuto dell’autonomia. Ci sono problemi più profondi, che i veneti tengono per sé, nascondendoli dietro le imprecazioni contro lo Stato centrale e l’immigrazione: c’è il disorientamento dovuto all’essere stati per decenni terziaristi di potenze come la Francia e la Germania, che ora riducono i compensi per i semilavorati, o peggio spostano le loro richieste verso la Polonia e l’Ungheria. C’è l’incapacità di sfruttare come si do-
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22Martini © Paolo
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PROFONDO VENETO
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I capannoni eliminano i macchinari e diventano immensi buchi neri di stoccaggio merci, gli operai qualificati vengono sostituiti da magazzinieri e corrieri dequalificati (spesso extracomunitari), persino i centri commerciali – che prima fiorivano come funghi – sono in crisi, perché per consumare al ritmo richiestoci abbiamo tagliato le compere nei negozi, per acquistare a basso prezzo direttamente dagli outlet e dal web.
vrebbe il mercato russo e cinese, venduteci come nuove terre dell’oro, ma che vanno approcciati in maniera diversa da come abbiamo fatto con i tedeschi e i francesi.
Ex imprenditori che ora svendono le ville e i villini eretti dai padri, sperando di tirare a campare di rendita per un altro po’, tanto per loro non c’è alcun futuro.
I nipoti dei nostri imprenditori pendolari fra Padova e Lione, Vicenza e Berlino ecc, con il loro italiano infiorettato di dialetto, il capannoncino del paesotto venduto come fabbrica ultramoderna, e la maestranza qualificata che altro non erano che ex contadini convertiti all’artigianato, non sembrano sapersi vendere ai cinesi come i loro nonni hanno fatto con i teutonici.
Ma i mutamenti non riguardano solo imprenditori e artigiani/bottegai; anche la working class si trasforma, tentando di sopravvivere al calo dei salari, alla disoccupazione giovanile mai così alta (tenuta sotto i livelli da rivolta dalla quantità allucinante di shit job presenti, dai portapizze ai riders, passando per i contratti da commessa a 600 euro al mese), all’impossibilità di replicare l’emigrazione di massa dei nonni.
In mezzo c’è stata una generazione mandata a formarsi nei professionali e nei tecnici, sperando le competenze lì acquisite li avrebbero trasformati in imprenditori moderni, mentre al contrario spesso li ha portati lontano dall’azienda di famiglia, alla ricerca di posti di lavoro meno pesanti e più sicuri. Per non parlare del flagello della terza generazione di imprenditori veneti, i nipoti dei fondatori di aziende da strapaese poi divenute ditte internazionali (a volte persino multinazionali), che invece di modernizzare e rilanciare l’eredità dei nonni l’hanno spremuta fino all’osso, per poi venderla a cinesi, israeliani, tedeschi.
Sempre più ragazzi tentano la lotteria del posto statale, fino a neanche 15 anni fa schifato come roba da “terroni”: carabinieri, militari, OSS, infermieri, educatori, bidelli. Il posto statale con i suoi contratti a tempo indeterminato, i 1300 sicuri al mese, da avanzo buono per meridionali – e per i nostrani spostati e sottoproletari delle periferie – è diventato un sogno di stabilità per i figli della classe lavoratrice, falciata da licenziamenti e chiusura in massa delle attività produttive. Sì, perché il Veneto si è rapidamente trasformato da luogo in cui si produce ric-
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chezza, a luogo dove la stessa transita per essere consumata a ritmi vertiginosi: i camion che solcano Mestre, la Zip di Padova, Vicenza eccetera trasportano merci cinesi, tedesche, est europee. I capannoni eliminano i macchinari e diventano immensi buchi neri di stoccaggio merci, gli operai qualificati vengono sostituiti da magazzinieri e corrieri dequalificati (spesso extracomunitari), persino i centri commerciali – che prima fiorivano come funghi – sono in crisi, perché per consumare al ritmo richiestoci abbiamo tagliato le compere nei negozi, per acquistare a basso prezzo direttamente dagli outlet e dal web. Quale futuro? Sopravvivere dicono i più. Chi aveva sperato la rivincita col governo gialloverde è ancora più pessimista: il nuovo esecutivo insieme ai toscani ha falciato la rappresentanza veneta. L’unica via realistica sembra tirare la cinghia e sperare non ci sia una nuova crisi, perché lo stoicismo del “taci e lavora” ci aiuta a rimanere lucidi mentre affrontiamo l’agonia, ma è totalmente inutile se dovesse sopraggiungere il coma. (articolp pubblicato il 6/10/2019 sulla testata VVox)
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LA CRISI DEL SSN
La Regione ha riconosciuto la situazione emergenziale dei medici.... di Giampiero Avruscio Presidente Associazione Nazionale Primari Ospedalieri (ANPO), Azienda Ospedaliera-Unversitaria di Padova
L
a Salute è considerata un Bene Primario costituzionalmente garantito, per cui lo Stato se ne fa carico attraverso la fiscalità generale, in un concetto “universalistico” su tutto il Territorio nazionale. Così in effetti non è e non è mai stato. Tocchiamo con mano che l’accessibilità e l’equità delle prestazioni non sono uguali per tutte le Regioni e che l’universalismo e la libera scelta non sono garantiti. A fronte di una tassazione elevatissima e di un debito pubblico stellare, oltre a innumerevoli sprechi che alimentano la sfiducia dei cittadini nei confronti delle Istituzioni e di una evasione fiscale solo in parte “di necessità”, si sono verificati tagli lineari sul finanziamento del SSN, sulle assunzione del personale,sui trasferimenti dei fondi alle Regioni che hanno costretto a tassazioni locali e ad una spesa sanitaria aggiuntiva da parte dei cittadini che solo nel 2014 è stato calcolato di 33 miliardi di euro. Come rilevato dal recente “Rapporto GIMBE sulla sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale”, la percentuale del PIL destinato alla spesa sanitaria totale nel 2017 vede l’Italia fanalino di coda insieme a Spagna e Irlanda tra i paesi dell’Europa occidentale e la spesa pro-capite totale è inferiore alla media OCSE ($ 3.542 vs $ 3.807), posizionando il nostro Paese in prima posizione tra i paesi più poveri dell’Europa.
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Il costo del definanziamento è stato pagato soprattutto dal personale sanitario, determinando carenze negli organici, elevando l’età media, bloccando i rinnovi contrattuali e, complessivamente, demotivando la principale risorsa su cui si regge il sistema di tutela della salute. Tra le fasce più deboli della popolazione e nelle Regioni in maggiore difficoltà peggiora l’accessibilità ai servizi sanitari e aumentano le diseguaglianze sociali e territoriali. Nelle Regioni in piano di rientro, è peggiorata l’erogazione dei servizi sanitari, avendo inciso solo in misura residuale nella loro riorganizzazione. Contestualmente, le mutate condizioni epidemiologiche, economiche e sociali contribuiscono a minare la sostenibilità di tutti i sistemi sanitari: dal progressivo invecchiamento delle popolazioni al costo crescente delle innovazioni, in particolare di quelle farmacologiche; dall’aumento della domanda di servizi e prestazioni da parte di cittadini e pazienti alla riduzione degli investimenti pubblici in sanità. In Veneto e in altre Regioni da anni è in vigore la tassa sulle ricette mediche, appesantendo la tassazione soprattutto nei confronti della classe media, oltre che il verificarsi del minore costo di alcune prestazioni nel privato. La Sanità privata o meglio la sanità privata TERRITORIOVENETO
convenzionata da complementare e integrativa, man mano sta diventando infatti sostitutiva di un sistema che non riesce più a garantire l’accessibilità e l’universalità. Le politiche sul personale sanitario soprattutto nei confronti dei medici ospedalieri sono tali da non rendere più attrattiva la carriera ospedaliera, ma al contrario ne favoriscono la fuga all’estero o verso le strutture private e private convenzionati. Soprattutto in alcuni settori a più elevato rischio clinico come le rianimazioni, le chirurgie, le pediatrie, i pronti soccorso, i bandi di concorso vanno deserti: non tanto o non solo per una errata programmazione del fabbisogno del numero di specialisti, quanto per la scarsa valorizzazione di una professione, quella di medico ospedaliero, confermata purtroppo anche dalla delusione dopo 10 anni, derivante dall’ultima pre-intesa contrattuale che ne diminuisce il ruolo e la professionalità. La Regione del Veneto ha riconosciuto la situazione emergenziale dei medici ospedalieri, emanando delibere tese a richiamare i medici pensionati e ad assumere con contratto libero-professionale neolaureati non specialisti nei pronti soccorso e nelle medicine specialistiche. Per i pensionati tale soluzione si è rilevata inefficace, in quanto i medici preferiscono continuare il loro lavoro nelle strutture private o private convenzionate piuttosto che
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continuare ad affrontare l’enorme peso assistenziale ospedaliero. L’assunzione di giovani neolaureati privi della relativa specializzazione, dimostra tutta l’incongruenza di un sistema sanitario per il quale un Medico specialista in Medicina interna che ha replicato gli anni di Medicina e chirurgia con esperienza di corsia nelle patologie più complicate non è ritenuto idoneo a svolgere la professione di Medico di base, mentre per la Regione un Medico appena laureato non specialista è ritenuto idoneo a svolgere il lavoro di “trincea” nelle urgenze del pronto soccorso e nei reparti ospedalieri specialistici. Il ricco Veneto continua così ad essere terra d’emigrazione: solo che la valigia dell’emigrante è stata sostituita dalla borsa del Medico! In Italia il ruolo del medico ospedaliero non è più attrattivo: molti medici si licenziano dall’ospedale per scegliere la strada della professione di medico di base o di specialista ambulatoriale territoriale e i giovani medici disertano i concorsi ospedalieri, preferendo strade alternative all’ospedale o emigrando all’estero dove le gratificazioni economiche, di carriera e la qualità di vita sono migliori, rispetto ad una professione che richiede molto impegno, responsabilità, con un peso assistenziale e conseguente rischio clinico elevatissimi e che comportano tra l’altro assicurazioni
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personali onerose. Anche nelle Regioni come in Veneto dove esiste una ricca e diffusa rete socio-sanitaria, i cittadini sono soliti sovraffollare i pronti soccorso ospedalieri con una domanda di salute che nel 95% dei casi non è da pronto soccorso, ma che dovrebbe trovare risposta nel Territorio. A 40 anni dalla sua nascita, il SSN evidenzia tutte le sue incongruenze e fragilità, con sensibili differenze contrattuali tra i vari attori e con una sanità privata e privata convenzionata che sta guadagnando sempre più terreno a scapito degli ospedali pubblici, senza considerare la pesante burocratizzazione delle attività Mediche e con la marginalizzazione della parte sanitaria nei confronti della parte amministrativa nel governo delle Aziende Sanitarie. Il cittadino nonostante sia sottoposto ad elevatissima tassazione, molto spesso non solo ha difficoltà ad accedere ai servizi socio-sanitari, ma deve ricorrere ad assicurazioni private per garantirsi e garantire alla propria famiglia il suo bisogno di salute. Eppure l’80% delle risorse regionali risiede nella voce Sanità, che devono essere impiegate all’interno di rigide regole generali contrattuali e di bilancio, che molto spesso non tengono conto delle necessità locali. E anche quando le Regioni hanno disponibilità di fondi integrativi soprattutto per gli TERRITORIOVENETO
operatori ospedalieri, la loro distribuzione come risulta in Veneto, mostra la sua inequità e discriminazione, tanto è che è stato coniato il termine: “ULSS che vai, stipendio che trovi”, dove ad esempio sempre in questa Regione esiste una sensibile discriminazione di valorizzazione economica del medico che lavora in uno degli ospedali di Padova rispetto ad esempio ad un medico ospedaliero dello stesso ruolo e funzione di Treviso o di Verona o dell’Azienda Sanitaria zero , in cui in quest’ultima si svolgono solo attività di tipo amministrativo. Questo dimostra che se si vuole recuperare il concetto di universalità e accessibilità del SSN nei suoi valori costituzionalmente enunciati, è importante pensare ad una nuova riforma del SSN che armonizzi l’elevata tassazione da una parte, con l’efficacia e e appropriatezza erogativa dei Servizi dall’altra, ma che anche le Regioni come il Veneto, richiedenti maggiore Autonomia, debbono rendere credibile la gestione oculata di tale risorse, eliminando rilevanti quanti ingiustificabili discriminazioni. Qualsiasi Riforma comunque non può prescindere dalla valorizzazione del Ruolo e Professionalità del Medico Ospedaliero, in modo di renderlo maggiormente attrattivo, al fine di non arrivare a spendere 250.000 euro per ogni specialista, per poi farsi curare all’estero da bravissimi Medici emigrati dal Veneto e dall’Italia. 25
SOCIETA’
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FARE LA DIFFERENZA
Lo stato di salute dell’impresa veneta è preoccupante. Occorre ridare fiducia. di Sonia Simoni
L’Italia è un malato grave e infetta anche l’economia del Veneto, trascinandola in basso. Sottrae continuamente risorse per tenere in vita un’apparato statale ormai al collasso. Senza la zavorra italiana, il sistema produttivo della nostra regione sarebbe sano e pieno di energie. La crescita economica del Veneto negli ultimi tre anni è positiva: +2,3% nel 2017, + 1,1% nel 2018, + 0,3% nel 2019. Ma è evidente che sta rallentando e, di pari passo, gli imprenditori perdono fiducia nei confronti di uno Stato che sa solo chiedere. Fortunatamente l’export delle nostre imprese continua a crescere: +2,8 % su base annua. Esportiamo beni per un valore di 63,3 miliardi di euro, soprattutto in Germania, Francia, USA e Regno Unito. Il Veneto da solo rappresenta il 13,7% dell’intero export nazionale. Anche il turismo è in aumento. Nel 2018 il nostro territorio ha raggiunto il record di presenze: 63.229.092 di turisti (+0,2%). Purtroppo però ancora troppe aziende sono costrette a chiudere: ben 489 da inizio anno ad oggi. I dati sulla cassa in26
tegrazione straordinaria rivelano che ci sono 244 aziende in crisi, principalmente nel settore metalmeccanico (62) di cui 28 a Treviso. Le aziende continuano ad avere difficoltà a produrre e soprattutto a sostenere le tasse e la burocrazia che lo Stato italiano impone. Nel primo semestre del 2019 ci sono dei segnali positivi ma gli imprenditori hanno aspettative incerte e negative per il futuro. I dati sul fatturato totale delle imprese venete dimostrano una dinamica positiva + 2,3 % rispetto allo stesso periodo del 2018: +5,1% nel settore alimentare, +4,4% nel settore vetro, marmi e ceramiche, +2,9 % nel settore del legno. L’impresa veneta però ha bisogno di più finanziamenti facilmente accessibili, di più liquidità da investire nel proprio sviluppo e in quello del territorio, di più potere contrattuale per dare maggiore disponibilità economica ai propri lavoratori. E’ necessario poter contare su norme semplici e meno burocratiche, migliorare la formazione nelle scuole tecniche per avere ragazzi TERRITORIOVENETO
preparati alle dinamiche lavorative che si trovano in azienda. Non costringiamo gli imprenditori a chiudere o a trasferire le aziende all’esterno abbandonando la nostra regione. Dobbiamo fare in modo che le risorse di chi lavora e produce in Veneto rimangano in Veneto attraverso l’autogoverno. Dobbiamo ridare la fiducia alle persone, soprattutto ai giovani, che il Veneto è ancora un territorio ricco di vita e di lavoro, creando una regione autonoma e forte. Dobbiamo ritrovare l’orgoglio di appartenere ad una squadra vincente e dobbiamo riscoprire la voglia di credere nei sogni e negli obiettivi comuni, sentendoci fieri di essere veneti. Le prossime elezioni regionali nel 2020 daranno la possibilità a chi vive in Veneto di fare la differenza votando per il territorio. Solo se tratteniamo nella nostra regione la ricchezza che produciamo, possiamo usare le nostre risorse per salvare le imprese venete in difficoltà, sostenere la crescita e creare nuova economia.
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INDEPENDENTISTA
UnVeneto migliore per un’ Europa ed un mondo migliore “Questo libro racconta l’indipendentismo moderno europeo e soprattutto, dentro di esso, le persone, gli indipendentisti. Ventuno persone ci raccontano la loro personale intima maturazione indipendentista. Perché gli indipendentisti, in modo pacifico e democratico, stanno combattendo una guerra in tutta Europa. Ed è una guerra che hanno tutta l’intenzione di vincere “
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on Barcellona in subbuglio per i suoi indipendentisti e i veneti pronti ad andare in piazza per autonomia e indipendenza, da Thiene arriva un libro che, già dal titolo, non lascia dubbi: ‘Independentista’, scritto da Luca Polo. “Un Veneto migliore per un’Europa ed un mondo migliore”. In poche parole la sintesi del libro di Luca Polo, indipendentista veneto, che ha scritto e pubblicato la prima parte di una trilogia intitolata ‘Independentista’, scritto volutamente con la ‘e’ che indica la lingua veneta. 28
“Questo non è il mio libro. Questo è il nostro libro – ha spiegato – E’ il libro di una comunità di persone eccezionali che in Veneto, in Catalogna, in Scozia, nei Paesi Baschi, nelle Fiandre, in Sud Tirolo, in Corsica, in Sardegna, nel Galles, in Irlanda, in Baviera, in Galizia e in ogni remoto angolo del vecchio continente stanno lottando per costruire un’Europa migliore, e con essa un mondo migliore”. E proprio in quella ‘e’ che caratterizza il vocabolo, Luca Polo ha sintetizzato la sua idea di indipendentismo: “Ho voluto chiamare questo libro ‘Independentista’, con quella ‘e’ al posto delTERRITORIOVENETO
la ‘i’ che sembra una piccola differenza e che invece cambia tutto; perché così si dice e si scrive indipendentista in lingua veneta e catalana. Ma anche in inglese, francese, spagnolo, portoghese, rumeno. E non serve certo essere veneti, catalani, baschi, sardi, scozzesi, irlandesi, corsi, sud tirolesi, gallesi, fiamminghi o bretoni per capire che la volontà di autogoverno di queste comunità è soprattutto una questione di giustizia, di concreto esercizio dei diritti umani e di democrazia. E’ una questione che dovrebbe toccare tutte le persone coerentemente e sinceramente democratiche”.
UN VENETO MIGLIORE
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I SENTIERI DELLA LIBERTA’ “L’opera racconta storie di donne e uomini sui sentieri della libertà”. Un viaggio nelle menti e nei cuori, in Veneto ed in Europa, dentro il fenomeno politico e sociale continentale dell’indipendentismo moderno europeo. Un sentimento, prima che una ideologia, che attraversa ed abbraccia l’Europa da Venezia a Barcellona, da Bilbao ad Edimburgo, passando per Bolzano e Bruxelles. Il racconto di una trasformazione intima, individuale, di una conquistata consapevolezza, di un cambiamento irreversibile personale da cui scaturisce una visione della società e della nuova Europa dei popoli che vogliono costruire. “Questo libro racconta l’indipendentismo moderno europeo e soprattutto, dentro di esso, le persone, gli indipendentisti. Ventuno persone ci raccontano la loro personale intima maturazione indipendentista. Perché gli indipendentisti, in modo pacifico e democratico, stanno combattendo una guerra in tutta Europa. Ed è una guerra che hanno tutta l’intenzione di vincere”.
Luca Polo non è stato solo a scrivere questo libro ma si è avvalso del contributo di collaboratori di primo piano sul tema: Aamer Anwar (rettore della Università di Glasgow), Ettore Beggiato (saggista, ex assessore regionale), Antonio Guadagnini (consigliere regionale del Veneto e Segretario del C.R.Veneto), Andrea Favaro (professore Filosofia del Diritto e Antropologia Giuridica alla Facoltà di Diritto Canonico “San Pio X” di Venezia), Renzo Fogliata (professore di Procedura Penale alla Scuola di specializzazione di Medicina Legale Università di Padova, avvocato del Foro di Venezia, difensore dei Serenissimi, Presidente Asenblea Veneta), Davide Lovat (saggista, attivista politico), Alessio Morosin (avvocato, candidato Presidente elezioni regionali 2015 con Indipendenza Veneta), Lucio Chiavegato (imprenditore, attivista, ex presidente LIFE, leader Gruppo Chiavegato, indagato TANKO2), Iñigo Jago Arrizabalaga (ex esule politico basco), Lodovico Pizzati (professore di economia alla South California University, attivista politico, già Presidente Veneto Stato e Indipendenza
Luca Polo è vicentino. Per oltre vent’anni si è occupato di creazione, sviluppo e gestione di reti distributive internazionali in oltre quaranta paesi in tutto il mondo. Sposato, due figli, oggi gestisce un ristorante a Thiene. Per alcuni anni ha collaborato con diverse entità pro-autodeterminazione in Veneto e in tutta Europa. E’ co-fondatore della organizzazione non governativa internazionale I.C.E.C. Ngo (International Commission of European Citizens) di Brussels, organizzazione che si occupa dell’esercizio dei diritti umani nella UE, di cui è stato per cinque anni membro del consiglio direttivo e portavoce per il Veneto. Con ICEC ha collaborato all’ideazione e organizzazione dei primi tre simposi internazioTERRITORIOVENETO
Veneta), Silvia Lidia Fancello (commissaria Pari Opportunità Regione Sardegna), Patrik Riondato (imprenditore, attivista politico e sociale), Gabriele Perucca (attivista indipendentista, Comitato di Liberazione Nazionale Veneto, indagato TANKO2), Alberto Montagner (attivista promozione storia e cultura veneta, Presidente associazione Raixe Venete – Veneto Nostro), Anna Arquè (portavoce ICEC Paesi Catalani, responsabile internazionale della Universidad Catalana d’Estiu), Steven Vergawuen (storico attivista fiammingo, Segretatio ICEC Ngo), Andrea Maroso (candidato Sindaco a Vicenza scorse elezioni per l’area indipendentista), Ruggero Zigliotto (attivista indipendentista, candidato Sindaco area indipendentista scorse amministrative Montecchio Maggiore, Presidente associazione Yes Podemo), Ilaria Brunelli (attivista indipendentista, Consigliere comunale Bassano), Andrea Mion (segretario partito Sanca Veneta) e Giacomo Mirto (attivista indipendentista, portavoce Partito dei Veneti, autore del libro “Il Veneto che vorrei”).
nali al Parlamento Europeo per l’esercizio del diritto di autodeterminazione in Europa. E’ stato responsabile degli osservatori internzionali della delegazione veneta per il referendum per l’indipendenza della Catalogna del 1 ottobre 2017. Editorialista di giornali online per alcuni anni, nel 2016 collabora alla realizzazione della sezione internazionale del libro “Il Rischio della Libertà” (D. Lovat – R. Ciambetti). Ritirato dal 2018 dall’attivismo politico si dedica al volontariato e fonda l’associazione Leone Blu per dare supporto alle famiglie con bambini affetti da disturbo dello spettro autistico. ‘I sentieri della libertà’ è il primo volume della trilogia ‘Independentista’.
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PROTAGONISTI PROTAGONISTI
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FEDERICO FAGGIN
Le quattro vite del geniale inventore vicentino che ha rivoluzionato l’elettronica
di Valeria Mancini
Abbiamo incontrato all’Università di Padova il fisico, inventore e imprenditore Federico Faggin, una gloria per il Veneto, nato a Vicenza nel 1941, risiedente negli U.S.A. dal 1968, in occasione della presentazione del suo libro autobiografico “Silicio”.
Vicenza amplissima - Liber quartus Ciuitates orbis terrarum, Colonia
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TERRITORIOVENETO EVENTICULTURALI
FEDERICOFAGGIN FAGGIN FEDERICO
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© Gito Trevisan
Foderico Faggin fotografato nel 1984 davanti al Communication Cosystem,“l’altra metà del PC”, che gestiva tutte le comunicazioni voce e dati dell’utente
SILICIO Non è un libro facile, ma è avvincente. Non si tratta solo di uno scienziato che racconta le sue scoperte e narra la sua vita. Faggin spiega il significato della consapevolezza intrinseca nella natura e in ogni fenomeno vitale. “Sono partito dall’idea che i campi quantistici, aspetto fondamentale della realtà che i fisici di oggi ci raccontano, siano soltanto l’aspetto esteriore di un qualcosa di più ricco, di un qualcosa che deve essere cosciente, cioè di un sé. Un “sé” è qualcosa dotato sia di coscienza che di agentilità (grazie al libero arbitrio, è in grado di agire). La fisica non emerge dai campi quantistici che interagiscono nello spazio-tempo, ma da sé coscienti che comunicano fra loro, creando delle gerarchie di sé coscienti che arrivano fino all’uomo. Per questo motivo la coscienza non può appartenere alla materia, bensì deve essere una proprietà fondamentale e irriducibile della natura.”
F
ederico Faggin viene presentato dal Magnifico Rettore dell’Università di Padova, professor Rosario Rizzuto, che accoglie con emozione ed orgoglio l’inventore del microchip e del touchscreen, lo scienziato che ha plasmato il presente dell’elettronica. La prima domanda verte sull’importanza di aver studiato a Vicenza e a Padova nel periodo della sua formazione. Faggin racconta della sua passione per gli aeromodelli (“nel bambino che s’incantava a osservare il volo degli aeroplani c’erano già i semi del futuro artefice del microprocessore”) e della decisione di iscriversi ad un istituto tecnico, il prestigioso “Alessandro Rossi” di Vicenza, per diventare perito aeronautico. “Mio padre, docente di storia e filosofia al liceo classico “Antonio Pigafetta”, stimato autore di testi accademici, era perplesso e avrebbe preferito per me gli studi classici. Durante l’ultimo anno dell’Istituto Rossi, mi interessai ai computer e ai transistori, argomenti che non rientravano nel programma scolastico, e lessi tutto quello che potevo trovare sulla materia (…) Finalmente avevo trovato un soggetto ancora più eccitante degli aeroplani!”. La “prima vita” Dopo il diploma, viene assunto a Milano come tecnico elettronico presso l’Olivetti, azienda estremamente dinamica negli anni in cui l’Italia viveva il miracolo economico, TERRITORIOVENETO EVENTICULTURALI
e viene inserito in un progetto Olivetti per la costruzione di un computer sperimentale. Grazie ad una legge del 1961, che consente l’accesso all’Università anche ai diplomati presso istituti tecnici, si iscrive a Fisica presso l’Università di Padova. “Per un perito, l’unico modo per raggiungere la cima era quello di creare una propria ditta” afferma, ricordando che molti dei suoi colleghi “fecero esattamente questo, specialmente nel Vicentino, contribuendo in grande misura allo sviluppo economico della Regione”. Un esempio di caparbietà e dedizione al lavoro tipica di molti piccoli imprenditori veneti del tempo. Anche se la facoltà di Fisica aveva la reputazione di essere una delle più difficili, decide di affrontare l’esame di ammissione e di lasciare l’Olivetti in caso di ammissione: desidera comprendere il principio di funzionamento che sta dietro alle tecnologie che utilizza ogni giorno. E l’Università di Padova diventa il luogo dove la curiosità può trovare risposte, anche se confessa che alla prima lezione di Analisi matematica non comprende nulla, avendo perso, per concludere il proprio lavoro all’Olivetti, i primi due mesi e mezzo di lezione. Ma grazie al suo sano pragmatismo e a un eccellente metodo di studio, recupera il tempo perso e si laurea a pieni voti nel 1965 (a ottobre del quarto anno), con una tesi sui Flying-spot Scanners. 31 31
PROTAGONISTI LEONARDO 500° 1
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La“Vecchia” di Giorgione riflette lo stile delle caricature di Leonardo (solo dei nasi ci ha lasciato 21 disegni di tipi diversi) che l’autore incontrò a Venezia
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1. 1968: Federico crea la tecnologia MOS IC con porta di silicio (SGT) e progetta il Fairchild 3708. La tecnologia IlSGT permise “Piccolo cavallo” di realizzare i microprocessori, memorie e sensori di immagine e fu adottata in tutto di Albrecht Dürerilsimondo. ispira al cavallo cheal mondo: Intel 4004. Nell’immagine ingrandita si vedo2. 1970. La prima CPU-on-a-chip Leonardo progettò a no le iniziali del nome.
Milano per Ludovico il Moro. Anche L’Ateneo gli offre un lavoro di assistente l’esclusiva). l’incisore incontrò Leonardo alaVenezia. svolta “culturale. incaricato, ma preferisce entrare alla CERES, Alla Synaptics avviene una startup di Milano che sviluppa circuiti a organizzativa” . film sottile. L’azienda lo invia in California “É nel mutuo aiuto che risiede il segreto. Se per uno stage sulla tecnologia MOS, tecnologia pensi di arrivare da solo, resterai solo e non sbagliato anchehanno le proporrriva a Venezia quando ha 48 anni: è un anziano per i suoi non riuscì proprio una bellezza. Aveva «Gli scienziati microelettronica che fa uso di transistori arriverai”, dice Faggin citando J. A. Camacho. zioni di un braccio, tanto per spiegare la fretta e il disinteresse. Lei tempi. Metal Oxide Semiconductor, che hanno Con questo spirito l’azienda investe nella paura di indagare i A Milano ha già dipinto La dama con l’ermellino, l’Ultima lo perseguiterà perché ne voleva uno vero. Non lo ottenne mai. Gli successivamente permesso la fabbricazione dei formazione del personale e presta attenzione risvolti mistici. Pietro da Novellara, che cena, la Belle ferronniere e la Vergine delle rocce. Leonardo da Vin- inviò a Roma anche un messaggero, fra’ all’apporto creativo di tutto lo staff, assegnando primi microprocessori. fare.non Più avanti manderà ci giunge a Venezia da Mantova via acqua: scende lungo il Po sino provò a intercedere per lei. Niente da Ma siamo gli solo maal datore di lavoro un ruolo più consultivo che di al delta polesano e da qui risale l’Adriatico e naviga nella laguna a dire quando Leonardo abiterà a Roma: “Il ritratto lo lasciamo teria e c’è una consapesupervisione. La “seconda vita” sino a piazza San Marco. La via fluviale-marittima è più agevole stare, facciamo un’altra cosa, un Cristo giovinetto. Oltre al pagaLa “seconda vita” inizia quando si trasferisce “Forse - afferma Faggin - si trattò più di volezza, nellatalmente mente ma ti resterò obdi quella di terra, che a quel tempo sfruttava ancora l’antica e sco- mento, naturalmente quello che tu vorrai, nella Bay Area di San Francisco e lavora alla lungimiranza che di originalità: era una cultura bligata da non pensare ad altro”. Non lo ottenne neanche con quemoda Postumia. pure in natura, nell’enerFairchild, l’azienda che ha creato la Silicon aziendale di stampo “olivettiano”: frutto di Ma nel 1500 le carrozze erano una rarità: basti pensare che ce ste lusinghe. Anche quando Francesco I ad Amboise gli chiederà gia, che la fisica di oggi Valley, dove si occupa di transistori bipolari a intuito vincente, ancora oggi alla base di aziende n’erano tre in tutta Parigi. A Mantova Leonardo s’era rifugiato alla di acquistare “per qualunque cifra” i tre quadri che s’era portato come Google”. giunzione realizzati in silicio. non spiega....e»il Bambino, la Madonna corte di Isabella d’Este quando aveva capito che il regno di Ludovi- dall’Italia (la Gioconda, Sant’Anna con Quindi entra in Intel (dal 1970 al 1974), dove Durante la conversazione Faggin ffronta anche co Sforza, detto il Moro, suo cognato, stava terminando. Nel 1499, San Giovanni) risponde di no, perché ci deve lavorare ancora. E trova difficoltà a convincere i propri superiori il tema dei cervelli in fuga, in quanto lui stesso infatti, il re francese Luigi XII conquista Milano: il bronzo che era Francesco I, che lo conosceva, lo lasciò stare. a sviluppare la tecnologia del microchip. era emigrato negli Stati Uniti in cerca di fortuna. destinato al magnifico cavallo di sette metri progettato da LeonarSuccessivamente il mercato dà ragione alla “In Italia – sostiene – i giovani talenti vengono do per celebrare il Moro era stato dirottato ad altre necessità. Il L’AMATO DIAVOLO SALAI’. sua intuizione: Intel si convince della necessità “messi al muro” per via del loro potenziale di metallo per la statua, infatti, era stato fuso per costruire i cannoni Assieme al maestro arrivano a Venezia l’allievo prediletto Salaì, il di sviluppare i microprocessori solo nel 1985, disturbo ad apparati già costituiti, mentre negli che dovevano servire (inutilmente) a difendere la città dai france- matematico Luca Pacioli, i pittori Giovanni Agostino da Lodi, FranStati Uniti vengono aiutati ad emergere. In Italia quando IBM ne avvia la vendita. si. E così di quella meraviglia progettata da Leonardo non rimase cesco Napoletano e Giovanni Antonio Boltraffio, allievi più giovani oggi i posti migliori vengono dati ai parenti dei di lui di 15-18 anni. Proprio a Venezia Leonardo presta a Salaì dei che il modello in creta, distrutto poi dalle truppe francesi. politici” afferma senza mezzi termini. La “terza vita” soldi. L’episodio è indicativo del particolare rapporto esistente fra Nel 1974, e qui inizia la sua “terza vita”, fonda i due: per lui il maestro ebbe sempre un debole. Aveva diciannove “NON METTETEMI FRETTA”. la Zilog, diventando un imprenditore seriale. La “quarta vita” Leonardo era un perfezionista e detestava chi gli metteva fretta. anni, stava con Leonardo da quando ne aveva dieci e gliene comNel 1986 co-fonda la Synaptics, una società In conclusione, Faggin descrive la sua “quarta Come Isabella d’Este, che gli stava proprio antipatica per questo. binava di tutti i colori. che sviluppa Touchpad e Touchscreen, progetti vita”, iniziata nel 2009: dopo una vita “di testa” Per placare le sue richieste, aveva schizzato un suo ritratto di pro- Per questo motivo il maestro lo aveva ribattezzato Salaì, con il che presenta a Steve Jobs nel corso di un collo- sui libri di fisica e una vita “di pancia” come filo, nel quale la duchessa (che peraltro era famosissima in Italia) nome di un diavoletto tratto da Morgante, anche se in realtà si quio nei primi anni 2000 (rifiutandosi di cedere imprenditore, tesa a innovare processi e prodotti
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FEDERICO FAGGIN LEONARDO A VENEZIA
Faggin è stato premiato dal presidente Obama con la prestigiosa National Medal of Technology and Innovation 2009, per il suo eccezionale contributo al progresso tecnologico. Da scienziato imprenditore, Faggin aveva sconfinato da tempo dalla fisica nella biologia. Ma ora la sua ricerca sembra approdare pure alla filosofia e lo studio della consapevolezza digitale.
VENETOMAGAZINE VICENZAMAGAZINE chiamava Giacomo Protti. Lo definiva “ladro, bugiardo, ostinato e ghiotto”. Ma proprio a lui, al momento della morte lascerà i tre dipinti del cuore che s’era portato in Francia. E l’allievo li rivenderà subito al re. Secondo alcuni studiosi, Salaì era molto più di un allievo per il maestro: probabilmente ne era anche l’amante. GLI INCONTRI CON DÜRER E GIORGIONE. Leonardo resta solo pochi mesi a Venezia. Ad aprile del 1500 è già a Firenze, ma ha soggiornato anche a Bologna. A Venezia entra in contatto con altri artisti: conosce Giorgione, Jacopo de’ Barbari e Albrecht Dürer. L’influenza di Leonardo si individua nel ritratto della Vecchia di Giorgione (basta pensare a tutte le caricature che Leonardo eseguiva ai popolani milanesi che invitava perfino a cena per osservarli da vicino e ritrarli) e nel Piccolo cavallo del 1505 di Dürer: l’incisione dimostra che l’artista di Norimberga aveva studiato i disegni preparatori di Leonardo per la statua equestre del Moro.
LA DIGA MOBILE SULL’ISONZO. Leonardo a Venezia si mette a lavorare per risolvere il problema che affligge il doge, l’anziano Agostino Barbarigo: l’avanzata dei turchi, con i quali la in guerra. “Io sono solo un oggetto separato dagli altri per renderli più aderenti“Serenissima” ai bisogni del èmercato, doveva i conti con le mire espansionioggetti, comefare la fisica concepisce le cose; io sono inizia una vita “di cuore”.In quel periodo, la Repubblica stiche dell’imperatore Friuli dell’universo è la linea più che debole sui due il punto diil vista osserva se “Durante tutto il mio percorso di inventore eMassimiliano: Leonardo :“Il sistema per respirare sott’acqua” imprenditore – spiega –fronti. ho proiettato la mia stesso” Leonardo tira fuori dalla sua inesauribile mente due idee. Con questa affermazione il fisico si apre a felicità nel futuro, legandola al raggiungimento La prima, Codice Atlantico, riguarda l’Isonzo: propone di tematiche mistiche, e invita ad abbandonare del successo. Ma raggiunto l’apice,che mi descriverà sono reso nel costruire una diga mobile che consenta di allagare la zona per impedire il l’uso della sola ragione, per riscoprire gli conto di non essere ancora “arrivato”: in questa «Volevo creare reti neurali passaggiomaggiormente degli eserciti. elementi non misurabili o quantificabili in un quarta fase mi sono orientato in silicio, come un microTutto fa pensare che lui siamodello andato dimatematico: persona a studiare la zona,interiorità, perché lo spiritualità, verso la spiritualità ed i sentimenti”. processore che si crei da intendere nei suoi fogli, rimasti amore. piuttosto piegati come se li dovesse sentimenti, Gli ultimi dieci anni dellalascia sua vita sono dedicati solo, che impari, invece nascondere. alla costituzione ed allo sviluppo della “Federico Nel descrivere il suo percorso di esperienze, LA GUERRA SOTTOMARINA E L’ANIMO PACIFISTA. ammette di essere soddisfatto non tanto per and Elvia Faggin Foundation”, organizzazione di un microprocessore Ma il progetto più all’avanguardia che Leonardo suggerisce riguardama l’idea rivoluzionarie, per no-profit dedi-cata allo studio scientifico della aver inventato tecnologie che si deve programmadi un esercito di sommozzatori possa affondare le navi. potuto vivereche appieno i diversi stadi della coscienza a partire dall’assunto che lasottomarino “consa- aver re. Mi sono chiesto: sarà Pensare a uno con la superficie per far respirare il solpropria vita. pevolezza” non è un epifenomeno del scafandro cervello. collegato possibile fare un computer dato immerso è una novità nel panorama militare. La fondazione sponsorizza programmi di Verrocchio: “David” Lui crede cheuniversità sia un deterrente, che solo la minaccia ricerca teorica e sperimentale presso consapevole? bastasse a far allontanare il nemico. e istituti di ricerca statunitensi. Gli scienziati pensavano In seguito si rende conto – come spiega Massimo Polidoro nel suo libro “Un computer può sentire l’odore di una rosa. che la consapevolezza romanzo Solo l’uomo può sentirne “Leonardo, il profumo -ilafferma - indi un genio ribelle” – che la sua invenzione potrebbe fosse un fenomeno diventare realtà. quanto la coscienza ha la capacità di tradurre i E cambierà idea, dimostrando di essere un autentico pacifista, come cita emergente dal funzionasegnali chimici come l’odore della rosa in segnali sempre Polidoro: “Non rivelerò il segreto della mia invenzione neanche se elettrici nei neuroni che compongono il cervello”. mento del cervello. Se è dovessi morire di fame”. Se l’intelligenza artificiale traduce simboli in considerato una macchina Il motivo va cercato “nella natura malvagia dell’uomo che potrebbe somaltri simboli, essa rimane un semplice esecutore perché non posso fare una mergere ledinavi con più tutti gli uomini che vi stanno dentro”. di calcoli, con l’unico vantaggio essere Leonardo descrive nel foglio del Codice Atlantico iil particolare dello scafandro per » abbigliamento, macchina consapevole palombaro. Leonardo prevede un apposito descritto nella nota in veloce dell’uomo. alto, composto da: giubbone, calzoni, maschera con occhiali ARTISTA FIN DA BAMBINO. Ma,di vetro. nel suo calcolare, non comprende i Il rigonfiamento della giubba, destinato a contenere in un otre la riserva d’aria, è Il genio di Leonardo s’era rimane qualitativamente diversa manifestato presto. sostenuto da una struttura di cerchi di ferro. Leonardosignificati, aveva previsto pereil palomanni,invece su invito in grado di del padre, Leonardo trasforma la rotella di un tronbaro un sacco di pelle ermeticamente chiuso e fornitodall’intelligenza di una valvola, da utilizzareumana,A cinque gonfiato o sgonfiato per la salita o la discesa subacquea.provare sentimenti. co in uno scudo con la testa di medusa e ornata degli animali più strani. Già nella foto: modello del progetto EVENTICULTURALI TERRITORIOVENETO
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IL VINOVALMARANA DI GALILEO VILLA
IlUna soggiorno scienziato a Costozza sintesidello di spettacolare bellezza e la vicenda dello scherzo del 1593 La Villa fu fatta costruire nel 1669 dall’avvocato Giovanni Maria Bertolo, che la lasciò in eredità alla figlia Giulia monaca del monastero padovano di Ognissanti, da cui Giustino di Antonio Di Lorenzo la acquistò nel 1715. A lui si devono i lavori di ampliamento e il coinvolgimento di Francesco Muttoni che sviluppò gli ingressi, la scuderia e la trasformazione della Foresteria, orginariamente una barchessa.
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NANI VILLA VALMARANA AI NANI Il complesso architettonico Si affacciano all’ingresso del parco gli edifici principali della villa: la Palazzina e la Foresteria. I due fabbricati furono fatti costruire nella seconda metà del seicento dall’avvocato Giovanni Maria Bertolo. Giustino Valmarana acquistò la proprietà nel 1720 e ne affidò successivamente il ripristino all’architetto Francesco Muttoni. A lui si devono gli abbellimenti della Palazzina, il tamponamento delle arcate della Foresteria e la realizzazione del portico con colonne, pura testimonianza del ritorno settecentesco alla cultura classica e allo stile Palladiano. Di Muttoni è anche il progetto della scuderia.
VENETOMAGAZINE VILLEVENETE cipresso dicoltivato Galileo con come l’abete di Freud: dino aiuole e spalliere di rose. Nel 1757 Giustino Valmarana incaricòIldue fanno ombra ai Grandi dei più famosi pittori dell’epoca, Giambat- Dietro la Palazzina, le due carpinate portatista e Giandomenico Tiepolo, di arricchire no verso il ninfeo, con la grande statua del A Costozza di Longare, paese del Vicentino celebre Tritone. gli interni della villa con uno spettacolare daafsecoliIlper le sue all’italiana uve, svetta su una collina “Il cigiardino si estende lungo la ciclo di affreschi. Il padre, Giambattista presso di Galileo”, all’ombra del quale si racconta frescò la Palazzina, il figlio Giandomenico terrazza affacciata sulla Valletta del Silenche il Nostro abbia Berico. meditato mentre la notte, da zio e Monte la Foresteria. una torre lì vicino, abbia osservato stelleun e pianeti. circonda salotto Villa Valmarana diviene così il luogo Un basso muretto Questo cipresso vicentino ha la stessa fama dell’ straordinario dove assistere a un confronto all’aperto, con poltrone di bosso scolpito Avez del Prinzep sull’Altopiano di Lavarone: è uno ravvicinato fra i due pittori e apprezzarne disposte attorno ad un’antica vera da pozdei più vecchi e grandi abeti d’Europa, (oggi abbatle differenze nella tecnica, l’uso dei colori, zo. Delimita lo sguardo verso la valle un tuto), con i suoi 220architettonico anni, cinquanta metri altezelemento che un ditempo la scelta dei soggetti, il gusto. za e quattro di circonferenza. doveva avere la funzione di fondale per «Alla sua ombra – ha scritto Mario Stern – piccoli intrattenimenti: sonoRigoni ancora ricoIl parco amava sostare Sigmund Freud e certamente è stato Il parco si snoda in più punti della villa.Da- noscibili tracce di una prospettiva dipinta anche da Robert Musil».l’oeil. la tecnica del trompe vanti a Palazzina e Foresteria si ha un ammirato giar- con Chissà se la rivoluzione della psicanalisi è stata concepita da Freud durante le sue vacanze a Lavarone, sotto il secolare abete bianco. E, in parallelo, chissà se la rivoluzione della Scienza abbia avuto come scenario le viti e il cipresso di Costozza. Nessuno lo può provare. È bello crederci, perché le coincidenze sono parecchie. Quella collina percorsa in lungo e largo dai passi del fondatore della Scienza moderna, oggi è coltivata a vite: e anche questa, come vedremo, è una coincidenza galileiana di non poco conto. Il luogo in cui sorge la torre è stato battezzato, guarda un po’, “La Specola”, a ricordo del Sommo e dell’osservatorio padovano. A differenza di quello, però, che è gelosamente conservato, restaurato e custodito dagli astronomi dell’università, la “Specola” di Costozza è formata solo da qualche rudere, che nel Terzo Millennio cerca ancora miglior fortuna.
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Completano l’effetto scenografico una fontana, al centro, e due due sedili, ai lati. A fianco si trovano le piccole serre con piante aromatiche e medicinali e vialetti di ghiaia tra le siepi di bosso. In questo giardino il regista americano Joseph Losey ha ambientato l’aria “Deh vieni alla Finestra” nella sua trasposizione cinematografica del Don Giovanni di Mozart del 1979. I nani e la Leggenda Le diciassette statue di nani, che ora si trovano sul muro di cinta, in origine facevano parte della decorazione del parco. Alla fine del 18° secolo, Elena Garzadori, moglie di Gaetano Valmarana, figlio di Giustino, decise di porle sul muro. Da quel giorno la Villa divenne Villa Valmarana “ai Nani”. I nani di villa Valmarana compongono un popolo minuto di personaggi della società settecentesca, interpretati in chiave grottesca. A partire dal cancello principale troviamo : il Nano col capello, la dama, il serpentario, la contadina, il venditore di elisir, la turca, il guardiano, il consigliere di stato, il soldato, la filatrice, il gentiluomo, il turco ubriaco, la serva, lo spadaccino, la mora, il pellegrino, il viaggiatore. Infondo vi sono anche sei ninfe. L’intera serie è stata restaurata nel 2002. Sono attribuiti a Giacomo Cassetti, collaboratore e genero di Orazio Marinali, che operò nella prima metà del ‘700. Allo stesso Cassetti sono state ricondotte anche le statue che coronano il timpano davanti e quello sul rertro della Palazzina: la Vittoria alata, la Fortuna, e Mercurio, Bellerofonte su pegaso che uccide la Chimera, a sinistra Apollo citaredo, a destra Venere. Attorno all’origine dei nani è nata una popolare leggenda, pubblicata sul Giornale di Vicenza nel 1928. Si narra che un tempo, dove oggi c’è la villa, sorgesse un antico castello, abitato da un nobile e ricco signore, il quale avrebbe avuto in sorte una figlia nana, chiamata Layana. Il signore, per proteggerla, decise di racchiuderla in una prigione dorata, in cui tutto fosse a sua misura: i mobili, gli arredi e anche i servitori, nani come lei. Layana trascorse così la sua fanciullezza in un mondo incantato, minuscolo come una casa di bambola. Ma un giorno Layana, ormai cresciuta, si sporse al di là del muro del giardino e vide passare un magnifico cavaliere, del quale subito si innamorò. E anche il cavaliere, che di Layana aveva intravisto solo il viso, fu colpito dalla sua dolcezza. Quella notte il cavaliere tornò, e scavalcò il muro, ma stupito e deluso dalla figura di Layana, subito fuggì. Layana disperata si lasciò cadere dalla torre del castello e si uccise. E i nani, per il dolore, si trasformarono in pietra. 4
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VILLA VALMARANA AI NANI VILLA VALMARANA AI NANI
VENETOMAGAZINE VILLEVENETE La famiglia Le prime fonti scritte sulla famiglia Valmarana risalgono al 1174. Intorno al 1300 la famiglia si divide in tre rami: la Villa ai Nani fu acquistata dal ramo di S. Faustino, a cui ancora appartiene. Intorno al 1561, grazie all’appoggio dei Valmarana, Andrea Palladio si aggiudica il concorso per la ricostruzione della Basilica in piazza dei Signori a Vicenza e 5 anni dopo viene incaricato da Leonardo Valmarana di progettare il palazzo di corso Fogazzaro. È anche di Palladio la Cappella Valmarana nella cripta della chiesa di Santa Corona. A Giustino si deve l’acquisto nel 1720 della proprietà di San Bastian e la successiva committenza a Francesco Muttoni e ai Tiepolo nel 1757. Nato nel 1688, Giustino fu uomo di cultura e appassionato intenditore di teatro e di musica. Morì proprio nel 1757 senza veder terminati i lavori della sua abitazione. I suoi discendenti furono uomini pubblici e di lettere che manifestarono signorilità, liberalità, dedizione umanitaria, civica, amministrativa e sociale nei luoghi dove i Valmarana possedettero le numerose ville e abitazioni. Per arrivare ai giorni nostri, Tommaso Valmarana (1909 – 1991), proprietario della Palazzina, fu notaio a Vicenza. Giustino Valmarana (1898 -1977) – proprietario della Foresteria– fu Senatore. I Valmarana hanno sempre abitato, e ancora oggi abitano la villa e ne hanno cura; per questo nelle sue sale si respira il clima accogliente di una casa vissuta. Gli interni e le sale affrescate La Palazzina La Palazzina era l’edificio abitato dalla famiglia. Impreziosito da Francesco Muttoni, con terrazze, scalinate, statue e una torretta, è quasi completamente affrescato da Giambattista Tiepolo, da pochi anni rientrato da Wurzburg, dove aveva decorato la magnifica residenza del Principe Vescovo. Gli affreschi dei cinque saloni costituiscono il periodo più maturo dell’opera dell’artista, ormai sessantenne. I soggetti sono ispirati ai gusti letterari e teatrali del padrone di casa, Giustino Valmarana, e arricchiscono tutto il piano nobile, che riprende il classico schema simmetrico del palazzo veneziano: un portego che si estende da una facciata all’altra dell’edificio, mentre due sale per lato, comunicanti tra loro, completano il pianterreno. Tra i vari collaboratori di Tiepolo, posto preminente spetta a Gerolamo Mengozzi Colonna, autore di tutte le quadrature che circondano gli affreschi di entrambi gli edifici. Nella Palazzina si è ispirato per le scene dei poemi classici, a motivi cinquecenteschi (colonne, porticati, terrazzi) che ricordano gli scenari di Veronese, mentre ha scelto il rococò per le scene dei poemi cavallereschi.
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IL CICLO DI AFFRESCHI Giambattista Tiepolo affresca i cinque saloni della Palazzina abitata dalla famiglia
Impreziosita da Francesco Muttoni, con terrazze, scalinate, statue e una torretta, la Palazzina è quasi completamente affrescata da Giambattista Tiepolo, da pochi anni rientrato da Wurzburg, dove aveva decorato la magnifica residenza del Principe Vescovo. Gli affreschi dei cinque saloni costituiscono il periodo più maturo dell’opera dell’artista, ormai sessantenne.
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VILLA VALMARANA AI NANI VILLA VILLAVALMARANA VALMARANAAIAINANI NANI
VENETOMAGAZINE VILLEVENETE VILLEVENETE Sala didi Ifigenia Sala Ifigenia LaLa grande scena teatrale dipinta inin questa stanza coinvolge grande scena teatrale dipinta questa stanza coinvolge leledue duepareti paretiprincipali principalie eil ilsoffitto. soffitto.Tra Tradue duealialididicolonne colonne ioniche si assiste al sacrificio di Ifigenia, narrato da Euripide ioniche si assiste al sacrificio di Ifigenia, narrato da Euripide nella tragedia Ifigenia inin Aulide. LaLa flotta greca non può parnella tragedia Ifigenia Aulide. flotta greca non può partire alla volta di Troia. Diana non permette al vento di soffitire alla volta di Troia. Diana non permette al vento di soffiare perché Agamennone haha ucciso una cerva a lei sacra. Per are perché Agamennone ucciso una cerva a lei sacra. Per consentire la partenza gli chiede in cambio la vita della consentire la partenza gli chiede in cambio la vita della figlia, figlia,Ifigenia. Ifigenia.EdEdecco, ecco,stastaper percompiersi compiersilalatragedia. tragedia.AgAgamennone non vuole vedere, si copre il volto col amennone non vuole vedere, si copre il volto colmantello, mantello, l’indovino l’indovinoCalcante Calcantestastaper pereseguire eseguireil ilrito ritosacrificale, sacrificale,altri altri personaggi assistono, disposti dietro le colonne come un personaggi assistono, disposti dietro le colonne come un coro greco. Ma all’ultimo istante lala dea impietosita invia susu coro greco. Ma all’ultimo istante dea impietosita invia una nuvola una cerva che prenderà il posto della fanciulla. una nuvola una cerva che prenderà il posto della fanciulla. Contemporaneamente ContemporaneamenteEolo Eoloe eZefiro Zefirodal dalsoffitto soffittoiniziano inizianoa a soffiare. Sulla parete opposta vele e bandiere prendono soffiare. Sulla parete opposta vele e bandiere prendonoil il vento così lele navi potranno partire. vento così navi potranno partire. Sala dell’Iliade Sala dell’Iliade SuSutretrepiccoli palcoscenici, delimitati dada architetture classipiccoli palcoscenici, delimitati architetture classicheggianti si assiste agli episodi del primo canto dell’Iliade. cheggianti si assiste agli episodi del primo canto dell’Iliade. Agamennone pretende per sésé lala schiava didi Achille, Briseide; Agamennone pretende per schiava Achille, Briseide; Achille, Achille,irato, irato,mette mettemano manoalla allaspada. spada.Atena Atenanon nonpuò puòperpermettere che i due generali più importanti dell’esercito greco mettere che i due generali più importanti dell’esercito greco si si scontrino e, e, scesa dal cielo, afferra con forza Achille per i i scontrino scesa dal cielo, afferra con forza Achille per capelli e lo convince a cedere. Così Briseide è condotta da capelli e lo convince a cedere. Così Briseide è condotta da Euribate e Taltibio dalla tenda didi Achille verso il il suo nuovo Euribate e Taltibio dalla tenda Achille verso suo nuovo padrone, che la aspetta in posa arrogante. Achille, siede sul padrone, che la aspetta in posa arrogante. Achille, siede sul davanzale affacciato sul mare è triste, ma la madre Teti, di-didavanzale affacciato sul mare è triste, ma la madre Teti, vinità marina vinità marina esce escedalle dalleonde ondeassieme assiemea auna unanereide nereideper perconsolarlo. consolarlo.Sul Sul soffitto, trionfa Atena con il suo simbolo, la civetta, circondasoffitto, trionfa Atena con il suo simbolo, la civetta, circondatatadadaamorini. amorini.Nell’ultima Nell’ultimaparete pareteununtranquillo tranquillopaesaggio paesaggio veneto, opera di Giandomenico, fa da controcanto alle scene veneto, opera di Giandomenico, fa da controcanto alle scene eroiche dipinte sulle altre pareti. eroiche dipinte sulle altre pareti. Sala dell’Orlando Furioso Sala dell’Orlando Furioso Questa stanza, decorata Questa stanza, decorataininstile stilerococò, rococò,ospita ospitalelescene scene dell’Orlando dell’Orlandofurioso furiosodidiLudovico LudovicoAriosto. Ariosto.Angelica, Angelica,principrincipessa del Catai, fugge, inseguita dada cavalieri cristiani e sarapessa del Catai, fugge, inseguita cavalieri cristiani e saraceni, innamorati di lei. Ma, giunta all’isola di Ebuda, ceni, innamorati di lei. Ma, giunta all’isola di Ebuda,viene viene legata a uno scoglio e data inin pasto a un mostro marino, l’orlegata a uno scoglio e data pasto a un mostro marino, l’orca.ca. Sarà Ruggero, a liberarla a cavallo dell’ippogrifo. SuccesSarà Ruggero, a liberarla a cavallo dell’ippogrifo. Successivamente Angelica soccorre unun soldato saraceno ferito, Mesivamente Angelica soccorre soldato saraceno ferito, Medoro, e lo cura. I due si innamorano e incidono i loro nomi doro, e lo cura. I due si innamorano e incidono i loro nomi sulla corteccia didi unun albero. Angelica e Medoro si si rifugiano sulla corteccia albero. Angelica e Medoro rifugiano nella nellacasa casadididue duepastori. pastori.Decidono Decidonodidisposarsi sposarsie eprima primadidi partire, regalano ai due un anello d’oro che Angelica ha avupartire, regalano ai due un anello d’oro che Angelica ha avutoto inin dono dal paladino Orlando in pegno del suo amore. dono dal paladino Orlando in pegno del suo amore. MONOGRAFIEVENETE MONOGRAFIEVENETE
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Stanza dell’Eneide di Virgilio. Durante la sua fuga da Troia distrutta dai Greci, Enea ha fatto naufragio sulle coste dell’Africa. Incontra la madre, Venere che gli consiglia di presentarsi a Didone, regina della città di Cartagine. La bella regina accoglie Enea, che le presenta il figlio Iulo. Il ragazzo, in realtà, esibisce un paio di ali, ha con sé una faretra, indossa un medaglione a forma di cuore. Venere, per proteggere il figlio, ha sostituito Iulo con Cupido, il dio dell’amore. Così Didone ed Enea si innamorano ed Enea decide di restare a Cartagine.
Ma Mecurio, il messaggero degli dei giunge a ricordare a Enea che il suo destino è quello di raggiungere il Lazio e fondare Roma. Nella fucina di Vulcano, nel chiaroscuro sulla parete, Venere ha fatto forgiare per il figlio delle armi magiche, che gli serviranno in questa impresa. Il pio Enea, benchè infelice, decide quindi di partire e Didone, abbandonata, si uccide. Nel 1943 una bomba ha distrutto per sempre la bella Venere dipinta sul soffitto di questa stanza. Sala della Gerausalemme Liberata Quando la maga Armida sta per rapire Rinaldo col suo carro fatato, si innamora di lui. Allora lo rapisce, lo porta alle Isole Fortunate, con una magia fa in modo che anche lui si innamori di lei e abbandoni le crociate. Carlo e Ubaldo, due compagni di Rinaldo venuti a liberarlo, lo fanno specchiare in uno scudo magico. Rinaldo capisce di essere stato vittima di un sortilegio e decide di partire. Armida lo raggiunge sulla spiaggia, lo supplica di restare, chiede di poter partire con lui, ma Rinaldo va. Sul soffitto, un’allegoria che sembra riassumere tutte le storie della palazzina: la ragione, la figura luminosa e alata, prevale sulle passioni umane; così come la luce del giorno prevale sulle tenebre e mette in fuga le creature notturne, i due pipistrelli. 8 40
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La Foresteria affrescata da Giandomenico Tiepolo L’edificio era l’abitazione riservata ai “foresti” cioè gli ospiti della famiglia Valmarana. L’attuale grande salone di accesso non aveva pareti ma era un portico aperto e sono riconoscibili dall’esterno gli archi tamponati. Dobbiamo all’architetto Francesco Muttoni questa sistemazione, così come la costruzione della loggia con colonne e della scuderia. Le stanze interne, ad eccezione della sala degli dei dell’Olimpo, sono affrescate da Giandomenico, che a differenza del padre sceglie soggetti di carattere più realistico: in Foresteria si trova un allegro mondo nuovo di contadini, nobili, ciarlatani e maschere che si agita tra spettacolo e realtà. Anche in questa parte della villa le quadrature degli affreschi sono di Girolamo Mengozzi-Colonna che riesce a creare per ogni stanza motivi sempre diversi e addirittura in certi casi anticipatori dei suoi tempi. Sulla parete principale dell’atrio è appeso l’unico ritratto esistente di Andrea Palladio che aveva costruito palazzi e ville per i Valmarana, attribuito al pittore Giovanbattista Maganza e datato 1576. Il 24 settembre 1786 Wolfgang Goethe durante il suo viaggio in Italia fece tappa a villa Valmarana ai Nani, osservò la differenza di stile fra gli affreschi della Palazzina e della Foresteria, all’epoca attribuiti unicamente a Gianbattista Tiepolo, e annotò le sue impressioni in una lettera alla baronessa von Stein, pubblicata nel suo Tagebuch: “Oggi ho visitato la villa Valmarana, che il Tiepolo ha decorato lasciando libero campo a tutte le sue virtù e ai suoi difetti. Lo stile sublime non gli è riuscito come il naturale, ma in questo vi sono cosa deliziose; come decoratore in generale è pieno di festosità e di bravura”. MONOGRAFIEVENETE TERRITORIOVENETO
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VENETOMAGAZINE VILLEVENETE Sala delle Cineserie In questa stanza Giandomenico ha dipinto una Cina di fantasia, popolata di principi, mercanti, indovini. I personaggi indossano sontuosi abiti di seta e copricapi bizzarri, diversi in ogni parete. Qualcuno tiene in mano una ventola, cioè un ventaglio rigido a forma di cuore. Ovunque, rotoli di stoffa e vasi di porcellana. Sulla parete dietro al letto vi è un’offerta a una divinità lunare rappresentata da una statua dorata dalle grandi orecchie e una luna incisa sul petto. Sullo sfondo si intravedono i profili di alcune pagode e un pino marittimo esce dalla cornice, creando un effetto di profondità. A fianco, due personaggi reggono un grande vaso di porcellana. Seguono, il mercante di stoffe, il principe cinese a colloquio con un indovino e la passeggiata del mandarino, preceduto da un simpatico personaggio col codino e le scarpe dalla punta all’insù, che sembra uscito da una fiaba delle Mille e una notte. Nelle sovrapporte vediamo uccelli con becchi, zampe e colli evidentemente sproporzionati. Un’incredibile passamaneria a festoni di Mengozzi-Colonna si snoda su tutte le pareti. Sala dei Contadini Vengono descritte scene di ordinaria quotidianità del mondo contadino: un filare d’alberi, un gruppo di contadini che riposa dopo il lavoro, una vecchia che siede sgranando il rosario con un cesto pieno di uova, due contadine vestite a festa che camminano a fatica con le scarpe con i tacchi, precedute da una ragazzina a piedi nudi, un pranzo estivo all’aperto davanti alla staccionata dell’orto. Le sovrapporte sono arricchite da tre bellissime coppie di fauni e faunesse a chiaroscuro. Sala neo-gotica (delle passeggiate) Questa stanza è considerata uno dei primi esempi di decorazione in stile neo gotico in Italia. Gli elementi architettonici pareti di marmi policromi, statue, busti, guglie, colonne sono dipinti sul muro con la tecnica del trompe-l’oeil. Gerolamo Mengozzi Colonna trasfersce sulle pareti il padiglione in cui si svolge con eleganza la vita dei padroni di casa in contrasto con la sala che rappresenta la vita dei contadini. Attraverso tre grandi aperture si assiste alla vita dei signori, che indossano abiti dell’epoca di foggia esotica. Si fronteggiano la passeggiata d’inverno, con berretti, colli e manicotti di pelliccia e la passeggiata d’estate con ventagli e ombrellino in stile orientale. Sulla terza parete, sotto un cielo tipicamente “Rosa Tiepolo” un giovanotto si dichiara alla sua dama. Sullo sfondo, un paesaggio campestre, il profilo di una città e le montagne, e a terra, l’immancabile cestino
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TERRITORIOVENETO
VILLA VALMARANA VALMARANA AI AI NANI NANI VILLA
VENETOMAGAZINE VILLEVENETE Sala degli Dei dell’Olimpo C’è una luce, un’atmosfera diversa in questa sala, rispetto alle precedenti. E’ questa l’unica stanza della Foresteria dipinta da Giambattista Tiepolo, mentre tutte le altre sono dipinte dal figlio Giandomenico. Ii giallo, il bianco, l’oro. I corpi, seppur possenti, stanno seduti o adagiati, su soffici nuvole. Le nuvole sono una delle caratteristiche dell’opera Giambattista, grande pittore di cieli. E anche i soggetti appartengono al suo repertorio, quello delle divinità, dei cavalieri, degli eroi. Questa è la sala dell’Olimpo, dove, tra colonne classiche, si sono dati convegno gli dei: Venere, con la mela d’oro, Cupido con le sue frecce e Marte il dio della guerra; insieme, ad echeggiare alcuni temi della Palazzina. E poi Mercurio, il messaggero, Crono, con la clessidra e la falce a ricordare lo scorrere del tempo, i gemelli Apollo con la lira e Diana con la luna sul capo, e Giove, con la corona, lo scettro, le saette e l’aquila Sala del Carnevale Questa stanza è un altro capolavoro illusionistico di Gerolamo Mengozzi Colonna. Due scaloni di marmo salgono al piano superiore. Da una parte una scimmia incatenata cerca di rubare della frutta, dall’altra Alì, il servitore dei Tiepolo, qui ritratto da Giambattista, porta un vassoio con due tazze di cioccolata, che ci ricordano la passione dell’epoca per questa costosa ed elaborata bevanda esotica. Due vasi in porcellana rimandano alla stanza delle cineserie e alla moda settecentesca degli oggetti orientali. In tre quadri ad affresco è sviluppato il tema di questa stanza, dedicata al Carnevale di Venezia: “Il minuetto di Pantalone e Colombina”, il Ciarlatano e il Mondo Novo, dove tutti i personaggi, in puro stile di Giadomenico, sono ripresi di spalle. In quegli stessi anni, nelle piazze, le persone si accalcano intorno ad un’altra novità, quella raffigurata nel riquadro a destra della porta: il Mondo Nuovo. Affacciandosi ad uno dei finestrini della costruzione, si potevano vedere scene e paesaggi animati da giochi di luce e parti in movimento. Proprio mentre si afferma il nuovo teatro di Carlo Goldoni sta nascendo un antenato di quella che diventerà la settima arte, il cinema. Sala di putti La stanza dei Putti prende il nome dai bambini che giocano dentro ovali incorniciati da una serie di arabeschi dorati che si inerpicano su tutti i muri. Spicca su tutto il magnifico pappagallo dalle piume blu e rosse, anche questo riprodotto per la sua villa di Zianigo da Giandomenico e ora a Cà Rezzonico
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MOSTRE
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PROVINCIA DI VICENZA
Il sogno degli anni Venti e lo sguardo di Ubaldo Oppi Basilica Palladiana Vicenza
6 dicembre 2019 13 aprile 2020
Ubaldo Oppi
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TERRITORIOVENETO
04.05
RITRATTO DI DONNA
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Ubaldo Oppi Le amiche, 1924 (part.) Collezione privata L’attrice Louise Brooks Fotografia di MacMichael L’aviatrice americana Amelia Earhart, 1928 Granger, NYC /Archivi Alinari
Louise Brooks
Amelia Earhart
Donne fatate, come apparizioni in Donne prati di fioricome o fluttuanti in mari fatate, apparizioni in prati di fiori o fluttuanti in mari argentati, perdute nell’abbraccio nell’abbraccio delargentati, proprioperdute amato, si mutano in del proprio amato, si mutano in presenze magnetiche e diventano presenze magnetiche e diventano idoli di bellezza. idoliinflussi di bellezza. Dagli simbolisti e dagli echi Dagli influssi simbolisti e dagli echi della Secessione Viennese della Secessione Viennese giungono in Italia ispirazioni ardite giungono in follie, Italia ispirazioni e inebrianti un’ideaardite di libertà e inebrianti follie, un’idea di libertà spregiudicata innerva la Belle spregiudicata innerva la Belle Époque e scorre, rinnovata e Époque e scorre, rinnovata e intensa, nel primo dopoguerra. intensa, nel primo dopoguerra. Gli anni Venti sono una nuova Gli anni Venti sono una nuova frontiera, in cui le donne vogliono frontiera, in cui le donne vogliono conquistare un proprio ruolo: conquistare un proprio ruolo: sempre più autonome, seduttive sempre più autonome, seduttive e moderne, reclamano stanza e moderne, reclamano «una«una stanza tutta per sé», come scrive Virginia tutta per sé», come scrive Virginia Woolf. Earhart attraversa Woolf.Amelia Amelia Earhart attraversa l’Atlantico in volo, volo,Josephine Josephine l’Atlantico in BakerBaker si silancia in sfrenati balli parigini, lancia in sfrenati balli parigini, Coco crea nuove CocoChanel Chanel crea nuove modemode con capelli corti. congonne gonne eecapelli piùpiù corti.
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È un mondo elettrizzante e pieno un mondo elettrizzante e pieno di Èpassioni. di passioni. I dipinti di Ubaldo Oppi (Bologna I dipinti di Ubaldo Oppi (Bologna 1889 - Vicenza 1942) ci rivelano 1889 Vicenza 1942) ci rivelano lo sguardo attraverso cui scorre una lo sguardo attraverso cui scorre una costellazione di ritratti dei maggiori costellazione di ritratti dei artisti internazionali delmaggiori Novecento artisti internazionali del Novecento italiano, che gli sono stati suoi italiano, che gli sono suoi amici e avversari instati esposizioni amici e avversari in esposizioni strabilianti, dal Salon d’Automne dal Salon d’Automne di strabilianti, Parigi al Premio Carnegie di di Parigi al Premio Carnegie di Pittsburgh, dalla Biennale di Venezia Pittsburgh, dalla Biennale di Venezia alla mostra di Modern Italian Art alla mostra di Modern Italian Art di New York. di New York. La mostra racconta queste storie La mostra racconta queste storie perché, come affermava Margherita perché, come affermava Margherita Sarfatti – che è stata la prima Sarfatti – che è stata la prima critica donna italiana, leader criticad’arte d’arte donna italiana, leader di di unungruppo di grandi pittori e gruppo di grandi pittori e curatore mostre portentose – curatoredi di mostre portentose – la la pittura piùmagica magica le arti”. pittura“è “è la la più tra tra le arti”. Stefania Stefania Portinari Portinari Curatrice mostra Curatrice della della mostra
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PIGAFETTA 500°
Una primavera dell’arte
Felice Casorati La preghiera, 1914. Comune di Verona, Galleria d’Arte Moderna Achille Forti Vittorio Zecchin Coppa delle vestali. Fondazione Il Vittoriale degli Italiani, Gardone Riviera (BS) Gustav Klimt Giuditta II, 1909. (part.) 2019 © Archivio Fotografico Fondazione Musei Civici di Venezia
Felice Casorati
Venezia 1910. VeneziaKlimt 1910. suscita un enorme Gustav Gustav Klimt un enorme scandalo allasuscita Biennale. La sua sala scandalo alla Biennale. La sua sala è «un giardino» in cui sbocciano è «un giardino» in cui sbocciano «i fiori del male», gridano alcuni; fiori del male», gridano alcuni; per«i altri invece è il creatore di per altri invece è il creatore di «un’arte fantasiosa e sognatrice». «un’arte fantasiosa e sognatrice». Ubaldo Oppi espone per la prima Ubaldo Oppi espone per la prima volta alle mostre che si tengono volta alle mostre che si tengono a Ca’ Pesaro. a Ca’ Pesaro. L’influenza di Klimt si stende su L’influenza di Klimt si stende su giovani talentuosi come Felice giovani talentuosi come Felice Casorati, Vittorio Zecchin, Casorati, Vittorio Zecchin, MarioMario Cavaglieri, chepartecipano partecipano Cavaglieri, che a quegli eventi assieme a nomi a quegli eventi assieme a nomi straordinari quali Gino Rossi, straordinari quali Gino Rossi, Arturo Guido Cadorin, ArturoMartini, Martini, Guido Cadorin, Umberto Moggioli, Ugo Valeri. Umberto Moggioli, Ugo Valeri. 46
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RITRATTO DI DONNA
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Gustav Klimt
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CITTA’ VENETE
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TREVISO URBS PICTA
L’uso di abbellire le facciate trasformava le strade in una scena teatrale.. di ChiaraVoltarel
Posta ai piedi delle Prealpi, in zona di risorgive, lambita dalle acque del Sile che scorre “silente” a sud ed attraversata dai cinque rami del Botteniga e da meandri sotterranei, Treviso è cantata dai poeti e celebrata già negli Statuti medievali per il pullulare di fresche e purissime fonti. La città, tra le varie bellezze artistiche, architettoniche e paesaggistiche, è caratterizzata dalle variopinte facciate e murature degli edifici, tanto da vantare l’appellativo di Urbs picta
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Ubaldo Oppi TERRITORIOVENETO
08.09
TREVISO URBS PICTA Le
muse straniere
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Ubaldo Oppi Donna in rosso, 1911. Collezione privata Guido Marchi Kees van Dongen Ritratto di Fernande Olivier, 1907. Musée Fabre, Montpellier Kees van Dongen La Marchesa Casati, 2 1920 ca. Courtesy Ed Galley Piacenza
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Kees van Dongen
Ubaldo Oppi nei primi anni Dieci Ubaldo Oppi nei primiaanni Dieci vive a Montmartre Parigi. vive a Montmartre a Parigi. È bello, atletico e intelligente, come bello, atletico e intelligente, loÈdescrive il pittore Gino come Severini. descrive il pittoredalla Gino Severini. È losubito sedotto vita È subito sedottoma dalla vita bohemienne, anche bohemienne, ma anche dall’affascinante Fernande Olivier, dall’affascinante che posa comeFernande modellaOlivier, per artisti che posa come modella per artisti come Kees van Dongen e Pablo come Kees van Dongen e Pablo Picasso, con cui è fidanzata. Oppi Picasso, con cui è fidanzata. Oppi ha la meglio e Picasso mette alla ha la meglio e Picasso mette alla porta la sua amica! porta la sua amica! In questa sezione le novità più In questa sezione le novità più esaltanti dell’arte – gli influssi di esaltanti dell’arte – gli influssi di Matisse, Derain, dei fauves, del Matisse, Derain, dei fauves, del Picasso del periodo blu – innervano Picasso del periodo blu – innervano una sezione con opere magnifiche. una sezione con opere magnifiche. TERRITORIOVENETO
Kees van Dongen
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CELEBRAZIONI CITTA’ VENETE
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Ubaldo Oppi
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TERRITORIOVENETO
TREVISO URBS PICTA
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Immaginazione
Ubaldo Oppi Ritratto della moglie sullo sfondo di Venezia, 1921. Gian Emilio Malerba Giovinetta, 1920–1925. Collezione privata Achille Funi Ragazza con frutta, 1924. Studio d’Arte Nicoletta Colombo, Milano Ubaldo Oppi Figura femminile di profilo, 1926. © UBI Banca / ph. Marco Beck Peccoz, Milano
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Achille Funi
Gian Emilio Malerba
Gli anni Venti sono elettrizzati da un Gli anni sono elettrizzati da un senso diVenti modernità e cambiamento. di modernità e cambiamento. Lasenso corrente artistica del Realismo La corrente artistica artisti del Realismo Magico annovera quali Felice Magico annovera artisti quali Casorati, Antonio Donghi,Felice Cagnaccio Antonio diCasorati, San Pietro, inDonghi, cui la Cagnaccio visione della di SanèPietro, in cui la della realtà immersa invisione un’atmosfera realtà è immersa in un’atmosfera di meraviglia e di attesa, di nitida di meraviglia e di attesa, di nitida armonia, che in Italia è spesso armonia, che in Italia è spesso declinata evocando memorie della declinata evocando memorie della classicità e del Rinascimento. classicità e del Rinascimento. Da queste suggestioni nascono Da queste suggestioni nascono intensi ritratti di donne che si intensi ritratti di donne che si stagliano con potente personalità stagliano con potente personalità didiprotagoniste, esaltate nella loro protagoniste, esaltate nella loro incantevole o provocante energia. incantevole o provocante energia. Ubaldo Oppi è un protagonista Ubaldo Oppi è un protagonista assoluto, unodegli degli artisti assoluto, uno artisti più più famosi tra l’Europa e gli famosi tra l’Europa e gli Stati Stati Uniti, Uniti, lelesue operevengono vengono acquistate sue opere acquistate inincollezioni favolose, collezioni favolose, cosìcosì comecome avviene per i colleghi Mario Sironi, avviene per i colleghi Mario Sironi, Piero Achille Alberto PieroMarussig, Marussig, Achille Funi,Funi, Alberto Salietti, Gian Malerba, Salietti, GianEmilio Emilio Malerba, Leonardo Dudreville, legati al gruppo Leonardo Dudreville, legati al gruppo Novecento Italiano ideato da da didiNovecento Italiano ideato Margherita Sarfatti. Margherita Sarfatti. TERRITORIOVENETO
Ubaldo Oppi
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STORIA URBANA
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G
ià all’inizio del ‘900, lo storico dell’arte trevigiano Luigi Coletti, in un fasciFelice Casorati dall’Ente Nazionacoletto pubblicato Concerto, 1924. le per le industrie turistiche, presentando la Rai. Torino, Direzione sua città scrive: generale “…questa delle facciate affrescate che si trovaArturo no sparse per tuttaMartini la città, è una caratteristiAmazzoni spaventate, ca della città di Treviso, del più alto interesse 1935. pel forestiero […] Danno Palazzo Thiene,un’idea di quale potesse essereVicenza la fastosità di questa decorazione che trasformava le strade in una mostra d’arte Ubaldo Oppi perenne e viva, o in una scena di teatro conamazzoni, 1924. tinuamenteLenuova dove si alternavano tavole Collezione Merlini, sacre e profane, Busto mitologia Arsizio e paesaggi, statue ed architetture.” Treviso picta si presenta con una moltitudine di facciate affrescate che vivono dentro al meraviglioso disordine costituito dalla città medievale e rinascimentale, tra piccoli e modesti edifici e suntuosi palazzi. Sappiamo che l’uso di abbellire le proprie abitazioni, poi edifici pubblici e privati, ha origini antichissime ed è ampiamente diffuso, ma Treviso si distingue per la quantità di into8 naci decorati ancora esistenti e la continuità con cui è testimoniato questo fenomeno: per ben otto secoli i trevigiani hanno continuato a dipingere i muri della loro città, realizzando in alcuni casi veri palinsesti di intonaco suCasorati Felice intonaco rigorosamente decorato. È un’urbs picta che può dare ancora spazio a scoperte Un senso dionisiaco pervade alcuni di meravigliosi affreschi celati da intonaci più senso dionisiaco alcuni deiUnpiù bei dipinti pervade di quella stagione, recenti, che ha una storia intensa e vivace, fatdei più bei dipinti di quella stagione, cui le donne appaiono persino ta di committenti, artisti più o menoincelebri, in cui le donne persino trasfigurate inappaiono amazzoni e sirene, di cultori e difensori delle patrie memorie, di trasfigurate in amazzoni e sirene, per mostrare la loro attraente grandi restauratori e di tragiche distruzioni: per mostrare la loro attraente se parliamo di Treviso non possiamoterribilità non rima anche il coraggio di terribilità ma anche il coraggio di cordare i violenti bombardamenti del 1944ruoli. nuovi nuovi ruoli. che provocarono la distruzione o Ragazze danneg- allo specchio e doppie Ragazze allo specchio e doppie giamento di 3783 fabbricati, corrispondenti presenze, talora ambigue presenze, talora ambigue talora talora all’81%. affettuose, rivelano gli immaginari affettuose, rivelano gli immaginari L’interesse nei confronti della città dipinta, mondi sognati, incanti edenici di dimondi sognati, incanti edenici aspetto che caratterizza il centro storico di o presenze inquietanti. o presenze inquietanti. Treviso, e la consapevolezza del suo valore identitario, si è riacceso grazie ad una ricerca collettiva e pluriennale condotta da Fondazione Benetton Studi Ricerche, voluta dal direttore Marco Tamaro con la supervisione scientifica di Lionello Puppi e coordinata da Patrizia Boschiero, nel corso della quale sono 9 state catalogate tutte le facciate affrescate nel
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TERRITORIOVENETO
Arturo Martini
1 DI DONNA TREVISO URBSRITRATTO PICTA
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Ubaldo Oppi TERRITORIOVENETO
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CONTEMPORANEA
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HELP - 136x71 - 2015
Abiti Chanel
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THE RELEASED ANIMAL Visione
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www.pierangelorita.com
Abiti Chanel, 1922-28. Fondazione Tirelli Trappetti, Roma Tamara de Lempicka Irène et sa soeur, 1925. Gian Emilio Malerba L’attesa, 1914. Collezione privata Courtesy Matteo Mapelli / Galleria Antologia Monza
BACIAMI- 64x80 - 2016
Ubaldo Oppi La giovane sposa, 1922-24. Padova, Musei Civici, Museo d’Arte Medioevale e Moderna
TECNOLOGIA ARTE NATURA- 250x95 - 2015
ALTA FINANZA- 200x120 - 2012
Tamara de Lempicka
Gian Emilio Malerba
Abiti bellissimi, gioielli, sogni diAbiti esotismo, desideri di viaggi e di bellissimi, gioielli, sogni amori pervadono degli di esotismo, desideril’arte di viaggi e di anni Venti, preziose presenze a amoricome pervadono l’arte degli anni segno un’epoca. Tamaraa de Venti, di come preziose presenze segno di un’epoca. Tamara de tra gli altri, Lempicka e Ubaldo Oppi, Lempicka e Ubaldo tra gli dei altri,vestiti sanno rendere la Oppi, capacità sanno rendere la capacità dei vestiti di trasformare le figure, al punto da di trasformare le figure,inalsculture, punto da come trasmutare le donne trasmutare le donne in sculture, come alla annota il potente critico Ugo Ojetti annota il potente critico Ugo Ojetti Biennale di Venezia del 1924. alla Biennale di Venezia del 1924.
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CIVILTA’ VENETA
Paradiso perduto
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ALTINO ROMANA
Da antico porto deiVeneti a città stato Il suo legame con Padova, l’acqua e la laguna Ubaldo Oppi Ritratto della moglie, 1928. Collezione privata, Milano
Ubaldo Oppi Adamo ed Eva, 1930. Museo Civico di Palazzo Chiericati, Vicenza
Le prime testimonianze dell’uomo nel territorio ai margini della laguna veneta risalgono al X millennio a.C., ma solo nell’XI secolo a.C. prende forma un insediamento stabile inserito in una rete di traffici lagunari e marittimi, ben collegati con l’entroterra veneto e i centri metalliferi alpini. Con la costruzione della via Annia attorno al 153 a.C. la strada consolare che collegava Aquileia ad una località posta a sud di Adria, forse Rimini, si avvia ad Altino il processo di romanizzazione. I “ventidotti” di Costozza anticipano di quattro secoli l’aria condizionata
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A Costozza sono molto orgogliosi del cipresso e della “Specola”, perché sono una patente di nobiltà per un paese agricolo; così come sono anche fieri dei “ventidotti”, un ingegnoso sistema che produceva aria condizionata nelle ville del luogo quattrocento anni prima che Willis Carrier la inventasse negli Usa. E questo è il terzo – importante – indi zio galileiano che compone il mosaico di questa storia. Fermiamoci un attimo per capire di cosa si tratta. Attorno a Costozza, sei ville costruite in varie epoche (a partire dal 1550) sfruttano lo stesso sistema di raffreddamento. I locali interni degli edifici sono collegati a cavità e condotti sotterranei, naturali e in parte anche artificiali, chiamati còvoli, o grotte, che forniscono d’estate l’aria fredda necessaria a climatizzare l’ambiente. Queste grotte si trovano nelle 8 vicine colline, e sono anche sfruttate per la Ubaldo Oppi coltivazione di funghi. La temperatura dell’aria nei còvoli si aggira intorno agli 11 – 12 gradi centigradi durante tutto l’anno. I ventidotti, o canali di ventilazione, che collegano le grotte alle ville di Costozza, sono lunghi sino a qualche centinaio di metri, e vanno I paradisi perduti hanno la nostalgia del 1938. Anche lo scrittore a sboccare nelle cantine. Da qui, l’aria fresca penetra nei locali d’abitazione attraverso rosoni di marmo traforati, posti nei pavimenti. la Eva dipinta da Oppi sullaamico soglia di Iun’epoca che hanno volgelaalla fine: Massimo Bontempelli, paradisi perduti nostalgia (Ricordate bene questo rosone, sarà determinante nella storia di Galileo) 1938. un’epoca volge alla fine:nei Trenta, di del glidianni Ventiche trascolorano Pirandello, aveva intitolato Eva Anche lo scrittore gli anni Venti trascolorano nei Trenta, il clima sociale e politico, ultima sua commedia, proprio Attraverso queste condutture, l’ariamuta degli edifici si rinfresca di una decina di gradi, e in un casouna si è misurata addirittura una temperatura Massimo Bontempelli, amico muta il clima sociale e politico, gli immaginari si fanno più sgranati lui che aveva scritto quanto gli interna di 16° quando l’aria esterna era a 33°. di Pirandello,conturbanti aveva intitolatoleEva immaginari si fanno più sgranati edglielegiaci. risultassero donne Un vero e proprio labirinto sotterraneo collega dunque tra loro villa Trento - Morlini, villa Trento - Carli, villa Aeolia, villa Trento da Schio, ultima una sua commedia, proprio ed elegiaci. moderne che intravedeva sole, Ca’Molina - da Schio, Garzadori daGrandi Schio. figure si stagliano già in lui che distratte aveva scritto quanto gli Grandi figurecome si stagliano già inbenefiche divinità sedute caffè. L’aria che circola in queste ville, lelontananza, trasforma in palazzi con uno spirito, con un’anima, se si vuol dare il nei significato greco di “pneuma” risultassero conturbanti le donne lontananza,della comemusica divinità benefiche o allegorie e dell’amore. alla parola “soffio” o “aria”. moderne che intravedeva sole, allegorievincono della musica e dell’amore. Leo donne sulla paura Al di là di questa particolare sfumatura filosofica, il sistema di raffrescamento delle ville di Costozza era così famoso che persino il Pallasedute distratte nei caffè. Le donne vincono sulla paura dio, nei suoi “Quattro Libri dell’Architettura”, ne parlò diffusamente: una bella immagine, chiamò i ventidotti dell’Aeolia il “carcere e sulla tempesta in arrivo, con come e sulla tempesta in arrivo, come dei venti”. la Eva dipinta da Oppi sulla soglia E qui arriviamo al punto. TERRITORIOVENETO
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DONNA ALTINORITRATTO PRIMA DI DI VENEZIA
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ALTINO PRIMA DI VENEZIA
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Energia,
che bella parola.
Una parola bella, una parola responsabile. Antenore è semplice, chiara, comprensibile. E soprattutto seria. Ama le parole buone, i fatti concreti. Da Antenore potete chiedere una verifica, un preventivo o anche solo un confronto. L’Energia è più bella, dove le parole sono sincere. L’ENERGIA DI ANTENORE. PARLIAMONE BENE.
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