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ART & TEXTILE FIBRA RESEARCH UN NUOVO SENSO PER LA FIBRA NOLOOM IS THE LATEST PROJECT OF THETEXTILE ART GROUP FIBRA RESEARCH
writer Sonia Maritan www.etel.design instagram: @fibra.research
UN NUOVO SENSO PER LA FIBRA
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FIBRA research è più di un progetto, è l’alchimia fra Caterina Fumagalli e Adriana Fortunato, una giovane architetta e interior designer che ha già raccolto un bagaglio tale da conferirle una indubbia intellettualità e una straordinaria designer tessile italo-brasiliana con una immensa competenza ed esperienza leggibile nel suo volto fresco e appagato; così – ai nostri occhi − quel gap generazionale non rappresenta il segno distintivo di questo duo, un po’ noloom, un po’ noage e carico invece di grande forza creativa ed espressiva! Il primo incontro avviene con Caterina Fumagalli, lo scorso 29 luglio, presso lo spazio ETEL di via Maroncelli 13 a Milano, mentre il secondo si realizza il 12 maggio di quest’anno sulla piattaforma di zoom meeting per annullare le distanze con Adriana Fortunato che si trova a San Paolo e questo ci permette di completare la presentazione di FIBRA research con il duo al completo.
■ Adriana Fortunato insieme
a Caterina Fumagalli co-founder di Fibra Research.
■ credits Alessio Perboni. Fondata nel 1985 da Etel Carmona, ETEL oggi è il più importante brand autorizzato a rieditare gli arredi dei grandi maestri del design brasiliano, in collaborazione con le fondazioni e le famiglie dei designer come Jorge Zalszupin, Lina Bo Bardi, José Zanine Caldas, Giuseppe Scapinelli e Oscar Niemeyer. Nello showroom milanese di Via Maroncelli 13, il 29 luglio 2020 ci ha accolto Camila Caramaschi (showroom manager di Etel Milano) con Caterina Fumagalli (n. 1985) Architect, interior designer and co-founder of FUMAGALLI&CO and Art director/creative co-founder of FIBRA Research). «Quando vengo da ETEL – esordisce
Pietro Ferrari − sono sempre sbalordito dalla bellezza di questi mobili e dall’altissima qualità delle finiture».
Un importante paravento di prezioso legno tropicale domina la scena, a richiamare un albero centrale da cui tutto prende vita e gli interni vogliono rappresentare un incontro tra la città di Milano e il Brasile. L’intento è quello di creare un luogo vivace, dove si possa respirare l’atmosfera vissuta nella “Casa de Vidro” di Lina Bo Bardi a San Paolo negli anni 50 e 60, palcoscenico di memorabili incontri per l’elite culturale del tempo.
«Quello che è particolarmente interessante – precisa Camila Caramaschi – è che tutti i pezzi hanno una finitura molto curata che allo stesso tempo mantiene un aspetto artigianale perché ETEL non è un’azienda industriale, è questo che rende accogliente lo showroom».
Raccontiamo chi è FIBRA research –chiede Sonia Maritan – e qual è la sua attività, spesso ospitata nei suoi esiti da ETEL…
«Io sono architetto e interior designer – risponde Caterina Fumagalli – e ho iniziato ■ Noloom is the latest project of the textile art group FIBRA Research founded by Adriana Fortunato and Caterina Fumagalli in 2019. The materials used in this project are natural and high quality fibres such as silk, linen, wool, cotton and by- products of the world famous Italian textile industry. With these wonderful fabrics Noloom produces one-of-a- kind, unique pieces entirely by hand without the use of looms. The recovery and use of these precious materials that would otherwise be discarded gives another dimension to this environmentally friendly textile-art. Adriana Gagliotti Fortunato (b. 1953) Designer Founder and creative and art diretor of Atelier Adriana Fortunato Milan São Paulo co-founder of FIBRA Research Caterina Fumagalli (n. 1985) Architect, interior designer Art director / creative co-founder of FIBRA Research
tre anni fa a lavorare al progetto FIBRA research con Adriana Fortunato, una designer tessile italo-brasiliana».
Qual è il vostro rapporto con ETEL?
«Questo spazio accoglie una serie di designer – spiega Caterina Fumagalli – che fanno parte del mondo di ETEL. Con ETEL c’è un rapporto di stima reciproca. Loro hanno esposto dei nostri progetti più di una volta: la prima volta si trattava di un progetto intitolato “Seta”, che si basava sul
■ credits INGRID TARO.
■ credits INGRID TARO.
■ FIBRA POCHETTE
per AMO IL LINO.
riutilizzo di cravatte sartoriali di produzione italiana, smontate e lavorate da noi completamente a mano, che abbiamo poi trasformato in una capsule collection di cuscini, tutti pezzi unici. La capsule collection “Seta” andava a dialogare con dei pezzi di design di ETEL. La seconda volta hanno esposto delle nostre opere appartenenti alla collezione Noloom, un progetto che indaga il riutilizzo delle fibre pregiate inutilizzate all’interno della filiera tessile d’eccellenza italiana per la produzione di opere di art design».
A quali aziende vi rivolgete per gli scampoli e per i materiali non utilizzati dalla filiera tessile?
«In questo momento noi collaboriamo principalmente con due tessiture storiche italiane con le quali sappiamo di poter sperimentare: la Tessitura Vincenzo Spinelli e la Tessitura Enrico Sironi, due vere eccellenze, delle realtà a conduzione familiare che ci stanno permettendo di sviluppare la nostra ricerca con un focus sulla sostenibilità. Il nostro lavoro passa dalle collezioni di “home couture” in edizione limitata o progettate “su misura” per la casa, fino a opere di art design, realizzate come pezzi unici, che sviluppiamo anche su commissione diretta. I clienti che ci contattano amano il bello e capiscono l’importanza del lavoro che stiamo conducendo nel recupero di materiali preziosi e dell’unicità di ciò che realizziamo».
Chiediamo se da ETEL abbiano presentato altre iniziative…
«Come vi accennavo, da ETEL abbiamo presentato alcune opere della collezione Noloom, costituita da arazzi – ci spiega l’architetta Fumagalli – che, come esprime il nome, sono realizzati a mano da me e Adriana, senza l’uso del telaio (no loom senza telaio). In questo caso si tratta di interventi in puro lino che mostrano la matericità della fibra e il processo dell’upcycling che sperimentiamo nel campo dell’art design. Questo progetto è stato mostrato da ETEL in occasione di “AMO IL LINO 2019”. In tale occasione eravamo anche state chiamate dalla CELC, la Confederazione Italiana della Canapa e del Lino, per realizzare il gadget ufficiale della manifestazione, come regalo alla clientela e ai giornalisti. In tutti gli spazi aderenti all’iniziativa “AMO IL LINO 2019”, come da ETEL, veniva donata la nostra “Pochette FIBRA”, 100% lino della Tessitura Enrico Sironi, che abbiamo fortemente voluto realizzare in collaborazione con Borseggi, la sartoria maschile del carcere di Opera a Milano».
Stiamo parlando di un target alto…
«L’indagine firmata FIBRA research, si basa sul possibile utilizzo di scarti di tessuti provenienti da aziende italiane di alta gamma – continua l’interior designer –, che certificano i processi della filiera di produzione con rigorosa tracciabilità. Noi impieghiamo questi materiali, che definiamo “non utilizzati”, per dare forma ai nostri progetti perché hanno la medesima qualità del tessuto venduto al pubblico come prodotto finito di pregio. Riusciamo a realizzare progetti esclusivi anche grazie a questa scelta di selezione minuziosa dei materiali. Si tratta di un lavoro molto difficile, per questo tendiamo sempre a spiegare l’importanza del nostro processo di ricerca e anche la fatica affrontata nella realizzazione manuale delle nostre opere. Adriana e io nel tempo stiamo evolvendo la nostra ricerca, superando via via le tecniche più consolidate; è anche per questo motivo che abbiamo dato a FIBRA il sottotitolo di research: utilizziamo il design e l’arte per delineare nuovi processi sostenibili».
Siete in sintonia con la contemporaneità in cui si considera con attenzione la tematica del riciclo: da quanto lavori assieme con Adriana Fortunato?
«Quasi da tre anni e mezzo – risponde Caterina Fumagalli [a luglio 2020, ndr] –, ci siamo conosciute perché Adriana è stata consulente per la sturt-up di ETEL in Italia e le nostre gallerie erano entrambe nel Maroncelli District. Oltre a fare l’architetto infatti avevo cofondato e diretto per quattro anni una galleria in via Quadrio. Rappresentavo l’Italian branch of Unesco – ICCSD per le città creative e sostenibili e aiutavo il mondo asiatico a instaurare rapporti culturali e istituzionali con l’Italia. Adriana una sera partecipò a uno dei miei eventi e cominciammo da subito a parlare di come poter collaborare. Questa chiacchierata è sfociata in un vero e proprio progetto che ha coinvolto le nostre competenze come creative, è così che decidemmo d’iniziare un nuovo percorso insieme e lo intitolammo FIBRA. Tra me e Adriana c’è un gap generazionale, una cultura diffe-
■ Progetto Light My Fiber
esposto in occasione degli Upcycling Days .
■ Progetto SETA da ETEL
con un ritratto insieme a Lissa Carmona Owner and CEO di ETEL.
rente e due caratteri che si compensano. Penso siano questi gli ingredienti vincenti della nostra dialettica».
Qual è il significato della collezione Noloom?
«Tutte le opere di Noloom racchiudono il nostro lavoro come duo creativo, sono opere realizzate insieme, senza l’uso di alcun telaio. Noloom ha due differenti approcci: uno incentrato sul lino, chiamato Freefiber dove sfibriamo la materia e la ricostruiamo o ricamiamo, e l’altro, chiamato Cimussa, vede l’impiego di cimose, che annodiamo e intrecciamo. Il nostro obiettivo è quello di dare dignità al lavoro manuale delle donne come elemento di memoria della tradizione tessile dando sfogo alla nostra creatività di art designer».
L’intreccio della trama con l’ordito dell’arazzo raffigura il vostro duo ai nostri occhi: quest’altalena di personalità diventa uno stimolo reciproco?
«Ci completiamo a vicenda, il nostro dialogo ci permette di immaginare soluzioni sempre nuove, forse è anche per questo motivo che siamo molto versatili e sviluppiamo progetti a differenti scale. Abbiamo entrambe una formazione nel campo dell’architettura e nel tempo abbiamo avuto la fortuna di collaborare con dei grandi nomi del design; il nostro background ci permette d’immaginare spazi mutevoli pronti ad accogliere i cambiamenti dell’abitare contemporaneo. Gli stimoli provenienti dell’architettura contemporanea e la nostra grande ispirazione al lavoro femminile di tutta la tradizione Bauhaus è estremamente riconoscibile all’interno di tutti i nostri progetti e composizioni».
Voi avete fatto un percorso dall’architettura al tessile – interviene Pietro Ferrari, senza passare nel mainstream del mondo strettamente tessile: cosa vi ha portato questa esperienza?
«Diciamo che per natura siamo molto curiose e il ruolo di architetto e di designer ci mette nella posizione di dover rispondere a diverse esigenze con le quali siamo abituate a confrontarci. Ci vengono rivolte numerose richieste alle quali siamo in grado di rispondere: sia di disegnare uno spazio, sia arredarlo, fino a immaginare gli oggetti che lo animeranno. Questo percorso è un’eterna sfida dove sentiamo di doverci sempre mettere alla prova per essere professionali e innovative».
D’altra parte, soprattutto per i giovani – afferma Sonia Maritan – in quest’epoca digitale e così automatizzata non si poteva che avere l’impellenza di tornare alla ma-
nualità. C’è molto valore nel vostro lavoro e c’è davvero l’unicità del pezzo artigianale. Questo è un prodotto di una grandissima qualità – sottolinea Pietro Ferrari – fatto di colori e consistenze diverse nella costruzione di questi oggetti vengono coinvolti tutti i sensi?
«Quello che noi realizziamo è frutto di un lavoro a quattro mani; all’interno di ogni opera c’è un po’ di me e un po’ di Adriana. Ogni opera, ogni prodotto, è unico, perché nasce con una specifica selezione delle materie prime e si sviluppa attraverso una costruzione lenta, poetica, fatta ispirandoci al passato, alle nostre culture o tradizioni».
Inutile dire che la tattilità è fondamentale.
«La parte tattile è sempre importante, le nostre opere sono texture da toccare».
Prima le guardi – riprende Sonia Maritan –e poi le devi toccare: ti nasce spontaneamente il desiderio.
«Per noi è fondamentale l’uso di materiali che invitino a un contatto diretto. Attualmente [estate 2020, ndr] abbiamo in corso un incarico per un privato a Portofino che ci ha commissionato una casa con i nostri interventi tessili perché si è innamorato della loro forza materica».
Quali altri progetti avete realizzato per “svelare” la fibra?
«Un altro progetto che lavora sul tema della “fibra da svelare” e della texture da risaltare è “Light my Fiber”, una grande installazione realizzata in occasione del Fuorisalone autunnale, all’interno di una esposizione charity con un focus sull’upcycling intitolata infatti “Upcycling Days”e curata da noi. “Light my Fiber” è un’installazione luminosa realizzata con tessuti (prove di telaio) dell’industria della Tessitura Enrico Sironi. È pensata per valorizzare l’effetto luminoso che si ottiene attraversando la fibra. La struttura dell’installazione è studiata in collaborazione con Andrea Sanguineti di ALIAS Design, è in carbonio, leggero e quasi invisibile, per dare importanza alla trama, all’ordito, ai nodi e alle sovrapposizioni dei vari tessuti. Questa installazione precede la ricerca che stiamo conducendo per la realizzazione di una collezione di lampade da interni».
Successivamente, il meeting dello scorso 12 maggio, attraverso Zoom, ci permette di incontrare contemporaneamente Caterina Fumagalli e Adriana Fortunato che formano insieme FIBRA research.
«Volevo innanzitutto ringraziarvi – esordisce Adriana Fortunato – per aver mostrato anche voi grande interesse riguardo la nostra ricerca».
Grazie a voi del primo incontro presso ETEL, è stato molto stimolante – risponde Sonia Maritan –. Abbiamo parlato delle vostre collezioni e della vocazione per il recupero del materiale che vi caratterizza, così in sintonia con il concetto del riuso ormai diffuso in diversi ambiti. Voi addirittura trasformate materiali di scarto in prodotti eccellenti!
«Io sono di origine italiana da due generazioni – prosegue la designer tessile italobrasiliana – l’italian heritage fa parte della sinergia con Caterina. Ciò che sta alla base del nostro incontro è la valorizzazione dell’eccellenza italiana e i principi legati all’impatto ambientale. Il problema dello spreco delle risorse naturali è un problema globale e la nostra attività come designer rispecchia il senso di responsabilità che ogni progettista al giorno d’oggi deve avere».
Ha un ruolo importante anche l’aspetto sociale del progetto, di cui ci parlava Caterina. Fa emergere una sensibilità molto femminile il fatto di dare un valore aggiunto coinvolgendo altre persone e altre storie.
«L’aspetto sociale è importante – conferma Adriana Fortunato – pensiamo solo all’esperienza con Borseggi. Il lavoro femminile è condivisione di tempo e di emozioni, questo ci ha avvicinate tantissimo. Inoltre io e Caterina abbiamo una formazione comune: l’architettura».
■ Da ETEL a Milano, da sinistra
a destra un ritratto con Caterina Fumagalli, Sonia Maritan e Camila Caramaschi (Showroom manager di Etel Milano).
«Lo scorso anno abbiamo esposto durante l’ARCH FEST di Colle Val d’Elsa – aggiunge Caterina Fumagalli – perché ero stata selezionata per far parte della “Stanza delle Architettrici” e dato che penso che il lavoro che sto sviluppando con Adriana possa essere d’ispirazione per le future generazioni di donne, ho preso la decisione di presentare anche la nostra esperienza come FIBRA research».
E a proposito di questo, va menzionata la scuola femminile del Bauhaus che vi ha ispirato molto, un momento irripetibile della storia del desing!
«Il Bauhaus attraverso Annie Albers – riprende Adriana Fortunato – ha dato dignità al lavoro tessile e alla figura del designer tessile».
Dove finisce il design e inizia l’arte, secondo voi?
«Penso che questa domanda potrebbe creare un dibattito molto lungo, – afferma Adriana Fortunato –, ma posso dire, come creativa, che nel nostro lavoro il risultato estetico va di pari passo con il valore della nostra ricerca e il processo che parte dalla filiera produttiva tessile». «Io sono d’accordo con queste affermazioni – concorda Caterina Fumagalli –, definire un preciso confine tra design e arte all’interno del nostro lavoro è difficile, con FIBRA research uniamo questi due campi. Prima di ogni progetto sviluppiamo una lunga ricerca; sui materiali, sulle tecniche che vogliamo utilizzare e su nuove fonti d’ispirazione. All’interno delle opere firmate FIBRA si rispecchia tutta la ricchezza dei contenuti dati dalla ricerca e la forza espressiva della nostra creatività».
Voi guardate l’involucro da valorizzare con gli occhi dell’architetto e c’è una grande ricerca sul passato da trasferire negli spazi contemporanei soprattutto nel mondo della fibra, forse state creando un nuovo linguaggio: dando un nuovo senso alla fibra.
«La fibra è la protagonista del nostro lavoro – sottolinea Adriana Fortunato –, utilizziamo solo fibre pregiate. Sarebbe impossibile realizzare le nostre opere senza materiali di grande qualità. Per noi, come designer, è importante conoscere i materiali e le loro reazioni alle differenti lavorazioni. Questo ci permette di valutare l’impiego del materiale all’interno di uno specifico lavoro».
Quali tempi di manodopera e creatività richiedono i vostri arazzi?
«Per realizzare un Noloom impieghiamo circa un mese, dipende dalla grandezza e dall’elaborazione dell’opera – risponde Caterina Fumagalli –, li costruiamo senza aver paura di sbagliare, perché parte del nostro linguaggio è frutto anche di errori, che poi sono entrati a far parte della nostra tecnica. Di grande ispirazione è stato lo studio dei tappeti antichi delle popolazioni nomadi che abbiamo visto durante le numerose visite alla Galleria Altai di Milano. In questi tappeti abbiamo trovato numerosi spunti e tecniche estremamente affascinanti». «Con la ricerca – conclude Adriana Fortunato – si scorge la valorizzazione delle trame e il riferimento all’apparenza arcaica dei materiali per creare un confronto con l’architettura Contemporanea e l’attuale omogeneità espressiva di materiali come vetro o cemento».