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CULTURA TESSILE PIERLUIGI BIAGINI LANIFICIO DELL'OLIVO

https://lanificiodellolivo.com writer Pietro Ferrari

PRATO: RITORNO AL FUTURO

In una conversazione con Pierluigi Biagini uno sguardo sul territorio pratese alla luce dei grandi temi dell'economia circolare.

Incontriamo al Lanificio dell'Olivo a Campi Bisenzio Pierluigi Biagini, contitolare dell'azienda. Abbiamo avuto già l'occasione di parlare di questa azienda di eccellenza e delle sue collezioni ma oggi la conversazione verte più in generale sul territorio pratese e sulla sua storia con una particolare attenzione al percorso di sostenibilità che attraverso la tradizione di recupero di materiali che è stata la cifra distintiva del distretto ed ha creato un'economia circolare ante litteram. «La mia famiglia – ci dice – ha una storia di due secoli nel tessile, come moltissime famiglie originarie di questa zona fra Firenze e Prato. Da sempre questo approc-

■ Pierluigi Biagini

con Pietro Ferrari al Lanificio dell’Olivo.

■ Pierluifìgi Biagini. cio è stato una caratteristica del distretto». PIETRO FERRARI – Oggi stiamo vivendo,

proprio nel campo della sostenibilità nei vari settori un periodo di ripensamento, un periodo critico.

PIERLUIGI BIAGINI – Bisogna essere cauti: se è vero che questo pianeta sarebbe programmato per tre miliardi di persone e stiamo superando gli otto miliardi, questo significa che le risorse devono essere gestite in una maniera molto accurata. In questo contesto a livello di sostenibilità, tutto quello che apporta minor impatto ambientale è proficuo per tutti noi e per il pianeta, d’altra parte bisogna pensare che i rifiuti generati dalla presenza di questi miliardi di persone devono essere gestiti e diventare un prodotto di riuso o essere utilizzati come materie prime. Passando da un contesto più generale a quello del tessile, quando si parla di fibre naturali, abbiamo dei processi tecnici già consolidati, quando si parla di fibre sintetiche le

■ PRATO: BACK TO THE FUTURE

We meet Pierluigi Biagini, co-owner of the company, at the Lanificio dell'Olivo in Campi Bisenzio. We have already had the opportunity to talk about this company of excellence and its collections but today the conversation focuses more generally on the Prato area and its history with particular attention to the path of sustainability that through the tradition of recovery of materials that is was the distinctive feature of the district and created an ante litteram circular economy.

cose tendono un poco a complicarsi, per esempio il riciclo del PET, che è diventato un’industria organizzata, richiede però un certo quantitativo di acqua per la selezione del chip ottenuto dalla bottiglia, inoltre è necessario intervenire per la selezione delle plastiche di diversi colori. Oggi nell’industria tessile otteniamo dei fili dal PET (polietilene tereftalato) con un livello di qualità della bava continua ottimale : questo è un plus per utilizzare una materia prima che ha invaso il pianeta e la gran parte delle microplastiche presenti ne sono il risultato. PIETRO FERRARI – Mi sem-

bra necessario per rispondere a queste dinamiche entrare in una logica per cui la produzione contiene in sé le premesse del proprio smaltimento, del riciclo e del recupero.

PIERLUIGI BIAGINI – Esattamente, ed è fondamentale l’importanza che le aziende preselezionino i loro scarti e che questi vengano poi conferiti a partner che operino una attenta selezione di questi ultimi per un corretto smaltimento o meglio ancora per il riciclo. Le quantità sono enormi, pensiamo alla raccolta del multimateriale plastico urbano, tutto questo, se può essere riutilizzato, sicuramente limiterà l’utilizzo di nuove sostanze e di minor richiesta di materiale nuovo con un minor impatto ambientale conseguente. Questo potrebbe essere provvidenziale. L’impatto zero, poi, non esiste, per tornare a essere in equilibrio dovremmo trovare un pianeta nuovo. Invece ogni anno la nostra domanda di risorse aumenta. Abbiamo esaurito le risorse del 2021 nel mese di maggio. PIETRO FERRARI – In questo contesto Prato

costituisce un esempio importante...

PIERLUIGI BIAGINI – Quarant’anni fa la nostra città era probabilmente la città più sostenibile del mondo, perché riciclava scarti tessili da tutto il settore in quantità enormi, tutte le uniformi dismesse degli eserciti dopo la guerra e gli indumenti logorati dall'uso di molti Paesi del mondo finivano a Prato dove esisteva un sistema di cernita degli indumenti usati che venivano accorpati, strappati, selezionati con una modalità industriale e successivamente rifilati e ritessuti nuovamente, parliamo soprattutto di tessuti di lana o con una quota di nylon al loro interno per realizzare di tutto, dalla flanella al tessuto per le giacche o i cappotti. Questo mondo industriale ha attraversato poi una doppia crisi, dagli anni Sessanta agli anni Ottanta. PIETRO FERRARI – Era un’attività in cui c’era

un contenuto manuale non indifferente…

PIERLUIGI BIAGINI – Certamente, quelli che si chiamavano i “cenciaioli”erano persone che, grazie a un’esperienza tramandata da padre in figlio, riconoscevano a livello tattile il tessuto di lana dal tessuto misto o da tessuti sintetici: questa costituiva la prima parte del processo di cernita del materiale. Venivano tolte le fodere, tagliate le cuciture e quello che rimaneva andava successivamente a una fase di sfilacciatura su macchine che aprivano i tessuti, li riducevano in

■ Trasmettere le competenze.

■ Francesco Datini,

una gloria di Prato.

brandelli che a loro volta passavano attraverso un procedimento di carbonizzazione, ovvero un processo chimico che distruggeva la fibra cellulosica, eliminando il cotone che normalmente poteva essere presente nelle cuciture: questa presenza avrebbe causato un problema di carattere qualitativo nella tintura o nei tessuti come presenza di impurità visibile come “pallini” di colori estranei. PIETRO FERRARI – Noi stiamo parlando di un

vero e proprio processo tecnologico fatto di procedimenti e di macchine probabilmente inventate nel distretto.

PIERLUIGI BIAGINI – Gran parte di queste macchine sono state ideate qui a Prato da officine meccaniche di cui alcune sono ancora in attività, senza dimenticare la grande applicazione degli industriali, quasi tutti provenienti dalla scuola tessile di Prato che riuscivano a ottenere un prodotto nuovo e a migliorarne costantemente la qualità. PIETRO FERRARI – Come è cambiato il

comparto industriale pratese dopo tante crisi?

PIERLUIGI BIAGINI – Tutto questo è entrato in crisi a causa dei costi sempre più alti, grossomodo verso l’inizio degli anni Ottanta e dopo con l’arrivo di una legge tedesca sulle ammine aromatiche. Queste ultime sono sostanze che potevano essere presenti in alcuni coloranti le quali per un procedimento di scissione riduttiva successiva possono causare dei problemi a contatto con la pelle quando presenti in una quantità eccessiva e che pare possano provocare anche delle situazioni cancerogene. Oltre a ciò si è manifestato il fatto che tutto il lavoro svolto per rigenerare i vecchi abiti comportava dei costi troppo elevati, perché la materia prima nuova costava poco di più o lo stesso se non a volte anche meno della materia prima rigenerata. Questi due fatti assieme hanno causato un’implementazione dell’allevamento delle pecore, della fabbricazione delle fibre sintetiche sempre più importante, il tutto a scapito del sistema di rigenerazione, questo ha fatto sì che il rigenerato cadesse nel dimenticatoio: ma tutto questo cosa ha comportato? Ha comportato che questo materiale finisse in discarica e milioni di tonnellate di scarti tessili e di vecchi abiti siano andati a intasare i depositi di rifiuti in tutto il mondo. Solo da pochi anni l’opinione pubblica ha cominciato a percepire che lo scarto tessile è un rifiuto importante, con un volume enorme. Tutti abbiamo iniziato a prestare attenzione all'attività di recupero. Tuttavia questa attività, come possiamo vedere tuttora, dura molta fatica a ridare volumi e significato all’attività di rigenerazione.

RISPOSTE ALLE CRISI DEL MODELLO PRATESE

PIETRO FERRARI – Come ha risposto l’indu-

striale pratese a questa crisi, visto che non è stato poi possibile recuperare un valore aggiunto significativo da questa attività?

PIERLUIGI BIAGINI – La risposta è stata data attraverso il ricorso a nuove tecnologie: va detto che esiste ancora una attività di rigenerazione di tessuti, partendo dalle materie prime più qualificate, pensiamo al cashmere per cui Prato è la città che sta rivalorizzando il cashmere rigenerato, ma non solo. In questa città infatti le tendenze innovative vengono anticipate velocemente. Comunque da tanti anni, la città si dedica alla produzione di tessuti fantasia e tessuti con un apporto tecnologico particolare. Va sottolineato che l’industria pratese non ha mai avuto un’attenzione particolare per il tessuto classico o per le grandi tira-

ture industriali di stile cinese, ha sempre cercato di realizzare qualcosa di più particolare e questa è stata anche la fortuna di questa città, quella di essere riuscita a entrare nei brand più importanti del mondo, divenendo, in alcuni casi, partecipe delle collezioni di maggior bellezza e prestigio. Tutto questo per una spiccata caratteristica di noi Pratesi che è quella di ricercare sempre qualcosa di diverso, qualcosa di innovativo, di non riproporre mai le stesse cose ma di voler sempre e costantemente fare cose diverse. PIETRO FERRARI – È qualcosa che nasce si-

curamente dall’esigenza di stare in maniera vincente sul mercato ma è anche nel DNA del cittadino pratese…

PIERLUIGI BIAGINI – È anche nel DNA, perché la competizione tra le aziende pratesi è una competizione serrata e quindi lo sforzo nel cercare di proporre qualcosa di diverso prima di qualcun altro o prima che qualcuno lo copi è uno stimolo molto forte. È un fatto molto importante, ma è anche una impegno creativo e molto gratificante e fa sì che chi lavora alla realizzazione delle collezioni e quant’altro abbia il piacere di svolgere questa attività che, poi, in termini di lavoro e di impegno, richiede veramente tanto, garantendo però molta soddisfazione. PIETRO FERRARI – Superata, con questo

sforzo di qualità, di creatività tecnologica e di prodotto, la crisi degli anni OttantaNovanta, tutto il mondo si è trovato nel 2008-2009 alle prese con la crisi finanziaria. Qui a Prato come ha impattato?

PIERLUIGI BIAGINI – Ha impattato anche nella nostra città in maniera importante, anche pensando a tutto il mondo del credito con le vicissitudini della Cassa di Risparmio di Prato, poi Cassa di Risparmio di Vicenza e il resto è noto. La Cassa di Risparmio di Prato era la finanziatrice di tante aziende del distretto. Ma non basta: in quel preciso momento sono anche venuti alla superficie dei problemi non indifferenti. Problemi relativi alla cultura d’azienda e anche alla mancanza della lungimiranza per affrontare una loro crescita organica in maniera ragionata. Prato prima del 2000 era caratterizzata dalla presenza di personaggi in grado di finanziare la crescita aziendale prendendosi anche dei rischi non indifferenti, quindi famiglie di piccoli artigiani riuscivano a effettuare attraverso finanziamenti molto agevolati, investimenti molto importanti che però fino a quel momento il lavoro riusciva a ripagare senza troppi problemi, tutto questo era però un po’ troppo al di sopra delle risorse reali. Nel momento in cui il sistema finanziario è entrato in crisi, le aziende, che non avevano portato avanti, sotto quest’aspetto, una politica finanziaria accorta hanno molto sofferto e molte sono anche scomparse. La selezione ha colpito in particolare tutta una categoria di artigiani piccoli o molto piccoli. Le aziende storiche che avevano nel tempo abbandonato il ciclo completo e con l’avvento dell'esternalizzazione avevano ottenuto un beneficio in termini di velocità e di reattività vedevano però entrare in crisi in quella fase questo sistema complesso e articolato. Ovviamente stiamo parlando di un percorso comune a tutti i distretti italiani.

LUCI E OMBRE D'ORIENTE

L’avvento della Cina e dell’India sui mercati mondiali ha ovviamente reso ancora più drammatica la situazione dell’industria tessile in Europa dopo che per secoli dalla Gran Bretagna, alla Francia e alla Germania, all’Italia i vari Paesi del Vecchio Continente si erano passati il testimone della leadership di settore. PIETRO FERRARI – Abbiamo parlato di Cina,

ma qui in Italia cos’è realmente la presenza cinese a Prato?

PIERLUIGI BIAGINI – La presenza cinese a Prato costituisce una delle comunità più importanti d’Europa, sicuramente importantissima in Italia, ma non è l’unica. Qui nel Pratese il primo fenomeno risale agli anni Ottanta con la presenza cinese dell’artigianato della pelle vicino a San Donnino. I cinesi si impossessarono di questa attività, costringendo storici artigiani a chiudere, in questo le istituzioni sono state poco attente.

■ Le bellezze artistiche di Prato,

da non trascurare.

I Cinesi entrano a Prato occupandosi della confezione, che storicamente non era presente nella nostra città. I Cinesi hanno sviluppato la confezione, la fase successiva è stata l’importazione di capi di maglieria grezza e realizzando poi la tintura su richiesta qui a Prato, servendo alcune distribuzioni inizialmente soprattutto nell’Est dell’Europa. PIETRO FERRARI – Quindi inizialmente non

c’è una correlazione…

PIERLUIGI BIAGINI – La correlazione comincia a nascere quando i Cinesi iniziano ad acquistare tessuti e filati da alcune aziende pratesi. Oggi la situazione è un po’ borderline da un punto di vista etico o ambientale con delle prassi che derivano da una cultura produttiva e di rapporti lavorativi del loro Paese. Questo non è riferibile solo all’area pratese, ma a molte altre parti d’Italia e d’ Europa e non solo nel mondo del tessile, ma a una gamma vasta di produzione di beni e servizi. In tutto questo comunque, senza voler fare di ogni erba un fascio, ci sono realtà produttive di fondazione cinese che sono cresciute e sono considerate al pari di tutte le altre aziende di origine italiana. PIETRO FERRARI – Il rapporto tra ambiente,

lavoro e sicurezza a Prato si segnala per caratteristiche particolari?

PIERLUIGI BIAGINI – Le acque reflue industriali e domestiche in gran parte confluiscono in un unico impianto di riciclo nato per servire principalmente l’industria tessile, con una ricaduta positiva - e questo costituisce un fiore all’occhiello della pubblica amministrazione e delle associazioni di categoria - sull'ambiente. L’attenzione alle condizioni di lavoro e alla sicurezza a Prato costituisce un elemento costante nel nostro settore più che in altri settori.

LE NUOVE GENERAZIONI

PIETRO FERRARI – Le nuove generazioni di

imprenditori che ho conosciuto a Prato mi hanno dato un’impressione molto positiva, possiamo valutare con fiducia questo ricambio generazionale che sarà in molti casi il secondo o il terzo?

PIERLUIGI BIAGINI – I nuovi imprenditori si possono chiamare "imprenditori": hanno acquisito una cultura di impresa, di prodotto e di mercato importante, cosa che non era così scontata nei genitori o nei nonni. Va sottolineato che moltissime delle aziende che sono arrivate oggi a essere performanti, hanno ormai alla guida la terza o la quarta generazione della famiglia, questi giovani hanno acquisito una cultura non solo specifica di prodotto ma anche più generalmente manageriale, includendo anche le tematiche della digitalizzazione o delle logiche 4.0, considerando come oggi l’attenzione ai flussi produttivi sia di grande importanza. PIETRO FERRARI – Importante, anche, mi

sembra l’affacciarsi di una sempre maggior presenza manageriale nelle compagini aziendali…

PIERLUIGI BIAGINI – Certamente, questo è un passo che si sta muovendo per arrivare

a un maggior controllo, a una maggiore efficienza di ogni singolo fattore produttivo: perché tutto ciò che è dispersione è una diseconomia non più accettabile, e non parliamo solo di un’economia di denaro, ma anche di tempo, di risparmio delle perdite di prodotto: ottenere questa efficienza richiede competenze specifiche. Oggi, su un mercato mondiale con dinamiche complesse il tuttologo non esiste più, le dinamiche di ciascun mercato richiedono che ognuno ci si dedichi in maniera costante, chi gestisce gli operatori deve avere una preparazione idonea per fornire loro gli strumenti perché possano affrontare al meglio degli scenari sempre più complessi.

DAL PASSATO AL FUTURO

PIETRO FERRARI – Nella lunga storia del tes-

sile, Prato nasce con una sua centralità ben prima degli anni Sessanta…

PIERLUIGI BIAGINI – Pensiamo soltanto al nostro mercante Francesco Datini che nel Trecento dalla sua base di Avignone commerciava sulle rotte di tutti i prodotti tessili, dalla seta alla lana e, rientrato in Italia, gestiva dal suo palazzo di Prato un sistema di attività produttive e commerciali e una fitta rete di relazioni, in una visione di vera e propria ‘holding’ ante litteram. La tradizione tessile pratese è veramente antica e si colloca alle origini stesse della città e anche qui l’acqua del Bisenzio ha fatto da motore all’attività: in tutta la piana sono presenti numerosi corsi d’acqua grandi e piccoli. Pensiamo anche che in una Prato ancora pre-medioevale da Santa Lucia, nella zona in cui il Bisenzio arriva dalle alture ed entra in pianura, erano già state realizzate tre ramificazioni, quelle che chiamiamo “gore”. Queste ramificazioni entravano in quello che oggi è centro cittadino, lo attraversavano e servivano le industrie tessili, di queste attività portano ancora il segno i nomi delle vie cittadine. A livello storico, dove oggi c’è il Museo del Tessuto, a ridosso delle mura, fino a qualche anno fa era attiva una tintoria che sfruttava una delle polle di acqua più importanti della città antica quindi, c’erano delle condizioni per cui si poteva sviluppare questa attività. Uno step successivo nella crescita arriva con l’insediamento dei Longobardi, che si portano dietro la pastorizia… e via via nei secoli. PIETRO FERRARI – Oggi come guarda il fu-

turo la città di Prato con il suo fittissimo e dinamico distretto tessile?

PIERLUIGI BIAGINI – Prato guarda al futuro sotto il segno della sostenibilità, guarda però anche a un prodotto sempre più qualificato con un costante impegno innovativo sia dal punto di vista tecnico, sia dal punto di vista della forza di proposta fashion. Oggi come oggi, parlando della nostra azienda, abbiamo il cotone certificato, il mohair responsabile, ben quindici marchi legati alla sostenibilità. Oggi una industria italiana come il Lanificio dell’Olivo non può ma non deve nemmeno competere con le grandi industrie cinesi, perché la ricerca, la capacità di creare valore con impostazioni nuove sono un argomento formidabile, e questo vale per tutta l’industria italiana, senza dimenticare che il nostro valore aggiunto deve essere anche valore etico, attraverso l’impegno per la sostenibilità e per la circolarità dei cicli produttivi.

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