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Il paesaggio nell’Arte
Storia ed evoluzione del paesaggio pittorico dal medioevo ad oggi
Swing edizioni
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INDICE ARTISTI
1200/1300 Giotto Simone Martini 1400/1500 Van Eyck Giovanni Bellini 1600 Annibale Caracci Nicolas Poussin Claude Lorrain 1700 Canaletto 1800/1900 John Constable William Turner Caspar David Friedrich Giovanni Fattori Silvestro Lega Telemaco Signorini Camille Corot Édouard Manet Claude Monet Pierre-Auguste Renoir Giovanni Segantini Georges Seraut Paul Cézanne Vincent Van Gogh Henrì Matisse Pablo Picasso Umberto Boccioni Mario Sironi Mario Mafai Giacomo Balla Giorgio De Chirico CONTEMPORANEI Elena Bellaviti Felice Boccadoro Walter Buscarini Gianluca De Grossi Angelo Lotti Roberto Pepino Ferdinando Ragni Gianni Raineri Pier Francesco Ramero Natalia Repina Renato Restelli Carmine Verre
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I
Introduzione
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l paesaggio, naturale o urbanizzato, evoca in tutti noi un forte fascino e ha costituito in passato e rappresenta tuttora, seppure secondo particolari declinazioni, una forte attrazione perl’animo dell’artista. Nei paesaggi il soggetto è rappresentato perlopiù da scorci più o meno ampi di ambiente naturale e generalmente si differenzia dalle raffigurazioni di città denominate vedute. Il paesaggio è caratteristico dell'espressione pittorica, perché più adatto a rendere lo spazio e la profondità, ma esistono anche brani paesistici nella scultura. La rappresentazione di elementi naturali ebbe un certo sviluppo già nell'arte egiziana (tavolette dipinte di Tebe) e in quella assira (come dimostrano i rilievi di Sennacherib), benché non fosse concepita in modo autonomo, ma come ambientazione per le figure. Nell'arte greca del periodo classico scarse sono le notazioni naturalistiche, mentre un maggiore interesse per la rappresentazione paesistica si riscontra in età ellenistica, nella quale si affermò una concezione del paesaggio di intonazione idilliaca e bucolica, che trovò sviluppo nelle pitture parietali romane. Le testimonianze maggiori sono date dalle scene dell'Odissea dipinte in una casa dell'Esquilino (Biblioteca Vaticana), da quelle della cosiddetta Casa di Livia e dalla grande serie di dipinti pompeiani.
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Dall'antichitĂ alla fine del XVI secolo
Il paesaggio ebbe funzione subordinata anche nell'arte asiatica, tranne che nell'Estremo Oriente dove i paesaggi puri, caratterizzati dalla trasfigurazione dei dati naturalistici, toccarono altissimi livelli qualitativi, soprattutto in Cina tra i sec. VII e XII, e in Giappone nel sec. XVII. Nell'arte bizantina il paesaggio ebbe per lo piÚ un valore simbolico-decorativo. Nella pittura romanica esso non appare, in quanto incompatibile con la raffigurazione del divino; venivano raffigurati singolarmente solo alcuni elementi naturali, in funzione appunto decorativa o simbolica (i giardini per esempio rappresentavano il paradiso). Eguale significato allegorico ebbero i paesaggi gotici; tuttavia proprio con la pittura gotica senese (A. Lorenzetti, Simone Martini), diffusa dalla corte papale di Avignone in tutta Europa, il paesaggio acquistò un ruolo importante nei dipinti, fino al minuzioso realismo descrittivo delle miniature lombarde e fiamminghe. Nel Quattrocento il paesaggio assunse nei fiamminghi un preciso significato di ambientazione empirica, grazie anche al valore unificante della luce e all'applicazione delle regole della prospettiva. Nel Rinascimento italiano, dove il modo di intendere il luogo d'azione delle figure era tutt'uno col modo di intendere il rapporto ideale tra l'uomo e la natura, il paesaggio è presentato ora secondo una cristallina formula prospettica (Piero della Francesca),
ora secondo l'inquieta compenetrazione dei due termini (Leonardo), ora nelle soluzioni liriche della scuola veneta e veneziana (da Bellini a Giorgione), soluzioni che, per la concezione antropocentrica dell'umanesimo, lasciano all'uomo una posizione di predominio.
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Dal XVII al XX secolo
Il paesaggio acquistò carattere autonomo e predominante solo nel Seicento, quando, nell'ambito di quel movimento antiaccademico propugnato specialmente da fiamminghi, olandesi e tedeschi che diede inizio ai vari "generi" della pittura, si sviluppò la riflessione teorica sulla rappresentazione paesistica e sul suo valore espressivo. Il paesaggio si venne così differenziando in vari tipi secondo le esigenze del mercato; si ebbero in tal modo: il paesaggio eroico, o classico (Poussin, Lorrain) , dove i vari elementi naturali sono accostati secondo un preciso ideale compositivo essenzialmente antinaturalistico; il paesaggio dal vero (Rembrandt, Vermeer, Ruysdael, Guardi, Canaletto, ecc.), che interpreta drammaticamente la realtà naturale attraverso le masse di colore e la luce; il paesaggio di fantasia (Salvator Rosa, Marco Ricci), ricco di elementi curiosi, fantasiosi, pittoreschi fino al cosiddetto "capriccio". Accanto ai vari tipi di paesaggio naturale, spesso con figure (o "macchiette"), si hanno inoltre le marine (soprattutto in Olanda) e le vedute, talvolta con complessi significati allegorici in relazione alla filosofia del tempo. Per quasi tutto l'Ottocento il paesaggio fu un tema dominante della pittura europea, permettendo le più varie ricerche stilistiche in senso antiaccademico per una pittura del reale (con varie sfumature del concetto di realismo: Turner, Constable, Corot, i pittori di Barbizon, i macchiaioli, gli impressionisti, Van Gogh), fino a diventare strumento di transizione al cubismo e all'astrattismo (Braque, Cézanne, Marc, de Staël).
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1200/1300
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Nel periodo che va dal 1200 al 1300 il paesaggio possedeva caratteristiche surreali. Durante il Medioevo, purtroppo, vi sono pochissime opere d'arte in cui ilpaesaggio può essere considerato come parte principale delle opere. Solo tra fine del '200 e metà '300,Giotto comincia a considerare come importante il ruolo del paesaggio nelle sue opere su dipinti. Sempre in questi anni gli artisti senesi cominciano a dare importanza agli spazi, che siano essi campestri o cittadini È grazie a Giotto che si afferma come una dimensione credibile ma non ancora a misura d’uomo. Infatti, ad esempio, ne “l’assunsione di san giovanni evangelista” nella cappella dei parracci , possiamo notare come il paesaggio acquisti un ruolo ben evidente nell’opera ma ancora le sue proporzioni non sono reali.
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GIOTTO Giotto di Bondone, forse diminutivo di Ambrogio o Angiolo, conosciuto semplicemente come Giotto (Vespignano, 1267 circa – Firenze, 8 gennaio 1337). La vita di Giotto è stata da sempre oggetto di discussione tra gli studiosi. Secondo la maggioranza degli esperti egli nacque nel 1267 (tale ricostruzione si basa sulla verseggiatura che il Pucci fece della "Cronica" di Giovanni Villani ed è piuttosto attendibile, salvo il posticipare di uno o due anni la data secondo alcuni pareri), anche se tuttora una minoranza della critica tende a porre la sua data di nascita nel 1276, secondo la cronologia che nella seconda metà del XVI secolo offrì il Vasari, nella biografia dedicata all'artista. La data fornita dal Vasari sarebbe inattendibile qualora si tenga per assodato che Giotto doveva essere almeno ventenne attorno al 1290, cioè nel momento in cui si ritiene che abbia iniziato i lavori pittorici a fresco nella Basilica Superiore di san Francesco ad Assisi. Nacque a Colle di Vespignano, in quello che attualmente è il Comune di Vicchio nel Mugello da una famiglia di contadini che, come molte altre, si era inurbanizzata a Firenze e, secondo la tradizione letteraria, finora non confermata dai documenti, aveva affidato il figlio alla bottega di un pittore, Cenni di Pepi, detto Cimabue, iscritto alla potente Arte della Lana, che abitava nella parrocchia di Santa Maria Novella. Tuttavia certo è che i primissimi anni del pittore sono stati oggetto di credenze quasi leggendarie fin da quando egli era in vita. La prima volta che Giotto venne ufficialmente nominato è in un documento recante la data 1309, nel quale si registra che Palmerino di Guido restituisce in Assisi un prestito a nome suo e del pittore. Il Vasari racconta come Giotto fosse capace di disegnare una perfetta circonferenza senza bisogno del compasso, la famosa "O" di Giotto.Giotto di Bondone fu uno dei più grandi artisti di tutti i tempi e segnò l'inizio della grande tradizione della pittura italiana. Primo nell'era moderna a raggiungere la piena consacrazione in vita, rivoluzionò la pittura del tempo, abbandonando le linee uniformi e astratte dello stile bizantino per un senso più spiccato dei volumi e dello spazio, dando maggior risalto alle emozioni umane.
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Giovanni Fattori
Giovanni Fattori (Livorno, 6 settembre 1825 – Firenze, 30 agosto 1908) è considerato, insieme a Silvestro Lega e a Telemaco Signorini, tra i maggiori esponenti del movimento dei macchiaioli. Il movimento pittorico dei macchiaioli si ha a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento L''importanza del movimento sta anche nell'aver preceduto l'affermarsi dell'Impressionismo. Fattori nasce a Livorno nel 1825, della sua vita si sa poco. Entrato in contatto con il gruppo del Caffè Michelangelo, divenne allievo di Giuseppe Bezzuoli e iniziò a frequentare la Scuola di Nudo all'Accademia di Belle Arti di Firenze. Descritto spesso come realista, fu in questo periodo che l’artista divenne un membro dei Macchiaioli, una corrente di pittori precursori dell’impressionismo. La poetica macchiaiola è verista opponendosi al Romanticismo, al Neoclassicismo e al Purismo accademico, e sostiene che l’immagine del vero è un contrasto di macchie di colore e di chiaroscuro, ottenuti tramite una tecnica chiamata dello specchio nero, utilizzando uno specchio annerito con il fumo permettendo di esaltare i contrasti chiaroscurali all’interno del dipinto. L’arte di questi pittori consisteva "nel rendere le impressioni che ricevevano dal vero col mezzo di macchie di colori di chiari e di scuri" Fattori è oggi considerato uno dei membri più notevoli di questo movimento artistico, mentre al suo tempo era considerato rivoluzionario o quanto meno poco credibile, secondo il punto di vista dell'epoca, piuttosto che espressione di un'avanguardia.
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Silvestro Lega
Silvestro Lega (1826-1895), romagnolo di nascita, svolse la sua formazione giovanile presso l’Accademia di Belle Arti di Firenze dove fu allievo di Giuseppe Bezzuoli. Dopo un esordio dai tratti fondamentalmente accademici, si accostò alla tecnica a macchia degli artisti che si riunivano al Caffè Michelangelo, compiendo una evoluzione in senso realista ma con caratteristiche personali. Pittore molto dotato tecnicamente, realizzò le sue opere migliori tra il 1867 e il 1868, quali «Il canto dello stornello», «Il pergolato», «La visita», che rimangono tra le opere più alte dell’Ottocento italiano. Il contenuto dei suoi quadri tende ad esaltare la semplicità delicata e gli affetti puri che caratterizzano la piccola borghesia italiana di quegli anni. Nei suoi quadri vi è sempre un po’ di commozione nostalgica per questo piccolo mondo vissuto in piccoli centri urbani.
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Telemaco Signorini
Fu uno dei protagonisti di spicco della corrente macchiaiola, forse il più colto e certamente uno dei più polemici, oltre ad essere un artista di grande qualità fu anche un ottimo scrittore, ed affidò molto spesso i propri pensieri alle pagine del “Gazzettino delle Arti del Disegno”. Nel suo operato si possono distinguere due fasi principali, la prima delle quali lo vede tra i sostenitori più accesi della “macchia”. Nella seconda è invece possibile cogliere un addolcimento dei colori, forse frutto dei suoi contatti con gli artisti di Parigi e Londra. Figlio di un famoso vedutista della Firenze granducale, Giovanni Signorini, in gioventù frequentò l’Accademia, ma solo la scuola libera del nudo. Nutrì fin dall’inizio sentimenti patriottici e partecipò ad alcune campagne garibaldine. Nel 1855 troviamo Signorini all’interno del Caffè Michelangiolo e nel ’56 è aVenezia, dove conobbe Abbati, amico d’arte e di vita.Al suo ritorno, presso La Spezia, si dedicò a quadri di storia di ispirazione letteraria. Saranno i primi riusciti studi macchiaioli, risolti attraverso contrasti luministici e tonali, alla maniera dei bozzetti. All’inizio degli anni Sessanta utilizzò la sua nuova tecnica per ritrarre le case e i rustici di Riomaggiore, luogo da lui molto amato e che ne divenne il ritiro in tarda età.
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Nell’ultimo trentennio dell’Ottocento, le invenzioni dovute alla rivoluzione industriale si riflettono notevolmente nei movimenti culturali dell’epoca La nascita della fotografia permette una riproduzione fedele della realtà e si affianca alla pittura come nuova tecnica artistica L’invenzione del colore in tubetto permette ai pittori di lavorare all’aperto (pittura en plein air) Lo sviluppo urbano crea nuovi spunti paesaggistici oltre a quelli naturali Il paesaggio diventa uno dei generi più frequenti, soprattutto nell’ambito della corrente francese Impressionista (1874-1886), che con una tecnica veloce a tratti imprecisi (composizione retinica), rappresenta realisticamente paesaggi legati alla natura o alla città (soprattutto la Parigi della Belle Epoque) Gli impressionisti, al contrario dei pittori romantici non vogliono trasmettere particolari contenuti, ma sono interessati a rappresentare i fenomeni ottici della luce e del colore .Claude Monet (1840-1926), tra tutti i pittori dell’impressionismo, può essere considerato il più impressionista di tutti. La sua personale ricerca pittorica non uscirà mai dai confini di questo stile, benché egli sopravviva molto più a lungo dell’impressionismo. La sua formazione avvenne in maniera composita, trovando insegnamento ed ispirazione in numerosi artisti del tempo. A diciotto anni iniziò a dipingere, sotto la direzione di Boudin, che lo indirizzò al paesaggio en plain air. Recatosi a Parigi, ebbe modo di conoscere Pissarro, Sisley, Renoir, Bazille. In questo periodo agisce su di lui soprattutto l’influenza di Courbet e della Scuola di Barbizon. Nel 1870 conobbe la pittura di Constable e Turner. In questo periodo si definisce sempre più il suo stile impressionistico, fatto di tocchi di colore a rappresentare autonomi effetti di luce senza preoccupazione per le forme. Nel 1872 dipinse il quadro che poi diede il nome al gruppo: «Impression. Soleil levant». Questo quadro fu esposto nella prima mostra tenuta dagli impressionisti nel 1874.In questo periodo lo stile di Monet raggiunge una maturazione che si conserva inalterata per tutta la sua attività posteriore. Partecipa a tutte le otto mostre di pittura impressionista, tenute fino al 1886. I suoi soggetti sono sempre ripetuti infinite volte per esplorarne tutte le varianti coloristiche e luministiche. Tra le sue serie più famose vi è quella che raffigura la cattedrale di Rouen. La facciata di questa cattedrale viene replicata in ore e condizioni di luminosità diverse. Ogni quadro risulta così diverso dall’altro, anche se ne rimane riconoscibile la forma di base pur come traccia evanescente e vaporizzata.Dal 1909 al 1926, anno della sua morte, esegue una serie di quadri aventi a soggetto «Le ninfee». In questi fiori acquatici sono sintetizzati i suoi interessi di pittore, che rimane impressionista anche quando le avanguardie storiche hanno già totalmente demolito la precedente pittura ottocentesca.
Claude Monet
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Pierre-Auguste Renoir Dopo un esordio come decoratore, Pierre-Auguste Renoir diventa uno dei pittori impressionisti più famosi e acclamati. Tuttavia, mentre i suoi colleghi per rincorrere l’attimo disintegrano la forma, egli si concentra su una pittura che non perde mai di vista la concretezza delle figure intorno al 1865, frequenta il Café Guerbois, nel quartiere di Batignolles a Parigi, dove è solito riunirsi un gruppo di artisti innovativi che fa capo al maestro Édouard Manet. Sono anni di grandi sperimentazioni nel campo della pittura: mentre il pubblico è ancora affezionato ai temi storici, che rappresentano uomini e donne in costumi di epoche lontane, questi pittori non si accontentano più di raccontare il passato, vogliono farsi interpreti della vita moderna, dell’istante che fugge. Uno di questi artisti è Renoir.Fin dai primi anni Sessanta lavora a stretto contatto con un altro grande artista, Claude Monet, con il quale sperimenta la pittura all’aria aperta (en plein air in francese) per rendere quelle vibrazioni di luce e di colore che una pittura fatta al chiuso dello studio (atelier) non è in grado di dare. I risultati sono eccezionali: guardando quelle opere riusciamo a sentire il calore del Sole, il luccichio dell’acqua, la frescura dell’ombra. Ma per ottenere questi effetti così naturali c’è bisogno di rapide pennellate, tanti piccoli tocchi di colore, l’occhio e la mano devono essere molto veloci per rincorrere le sensazioni! Il rischio è che la forma, la corporeità si polverizzino, cosa che Renoir cerca di evitare, tentando sempre una sintesi tra linea e colore. «Monet, Renoir amano le nostre donne, i loro ombrelli, i loro chiffons, persino la loro cipria, che le rende figlie della nostra civiltà» (Émile Zola). Gli impressionisti, al di là delle loro innovazioni pittoriche, sono anche attenti testimoni del loro tempo. Renoir ama dipingere Parigi e i parigini, i balli, gli incontri ai caffè, gli stabilimenti balneari, trattando il quotidiano con la stessa dignità che la pittura tradizionale dell’epoca riserva ai temi biblici, storici e mitologici.
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Giovanni Segantini
PUNTINISMO E DIVISIONISMO- Quasi allo scadere del secolo due correnti artistiche si dedicano assiduamente al tema del paesaggio, partendo da uno stesso principio per quanto riguarda la tecnica (colore diviso, composizione retinica, utilizzo della ruota cromatica di Chevreul, per aumentare il contrasto e la luminosità delle opere) Il Divisionismo nasce in Italia e nel paesaggio trasmette talvolta significati di tipo simbolico riguardo la natura. Con tecnica divisionista Segantini, realizzò ampie composizioni di soggetto naturalista, caratterizzate da sfuggenti tagli prospettici e da pennellate a fibre lunghe di una luminosità cristallina. Negli ultimi anni di attività prolungati contatti con la secessione viennese lo aprirono alle suggestioni del simbolismo. Orfano, dopo un'infanzia infelice trascorsa anche in riformatorio , fu allievo all'accademia di Brera di G. Carmignani. Sensibile all'influenza dell'ambiente milanese e della tradizione romantica lombarda esordì dipingendo con densi impasti materici nature morte, vedute e soggetti d'ispirazione letteraria; Nel 1880, S. si stabilì in Brianza dove, lavorando a più diretto contatto con la natura, schiarì gradualmente la tavolozza e approfondì le ricerche sulla luce in numerosi paesaggi e scene agresti Dipinse le sue ultime opere, dense di riferimenti simbolici, nell'isolamento delle montagne dell'Engadina dove si ritirò nel 1894
Contemporanei
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Gianni Raineri
Temporale
Nato a Napoli , ha studiato a Roma conseguendo la laurea in Architettura Ha lavorato negli Stati Uniti presso lo studio Brown and Daltas di Boston. Nello stesso periodo ha conseguito un Master in progettazione architettonica alla Harvard University. Tornato in Italia ha iniziato una collaborazione presso lo studio dell’Arch. Paolo Portoghesi e successivamente con l’Arch. Massimiliano Fuksas. Ha esposto le sue opere pittoriche e fotografiche a Cambridge (Massachusetts) e Boston. Attualmente lavora nel suo studio di Roma
Venezia forever
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Una mattina a Londra
Domenica
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Pier Francesco Ramero Pier Francesco Ramero è nato il 16 ottobre 1949 a Busca in provincia di Cuneo, ove risiede con la famiglia, Sin da ragazzino si dedica con interesse ed amore alla pittura,che via via diverrà sempre più importante e determinante in età adulta e l’espressione principale dei suoi sentimenti e delle sue emozioni.Ramero dedica gran parte del suo tempo libero a immortalare con luci, ombre e colori i luoghi in cui vive, i ricordi e gli scorci d’Italia che maggiormente lo colpiscono durante i suoi frequenti viaggi di lavoro. Numerose le mostre personali e collettive, tra le quali si cita: Cuneo, palazzo della Provincia, Dronero (CN), sala d'arte Isaia, Saluzzo (CN), palazzo Italia, Savigliano (CN), sala d'arte V. Cambiani, Limone Piemonte (CN), Hotel “La Piazzetta” Pavone Canavese (TO) Museo D’Andrade dal 27.11.2011 al 23.12.2011- Busca (CN), mostra personale patrocinata dall’Associazione “Mangiatori di Nuvole” con ricavato interamente devoluto all’Oratorio parrocchiale di BUSCA.Concorso "E. Francotto“-Busca(CN): medaglia d'oro 1971 - '72 '73 Galleria d’arte ”La Telaccia” , Torino Euro Art Expo, Fiera Verona New York Video Exposition for the Italian Artists (diplomato come artista DISTINTO per la sezione pittura) Roma, Palazzo della Scienza e della tecnica EUR 2007 Roma, Castello di Porta San Paolo 2008 Roma, Cascina Farsetti, Villa Doria Pamphili 2010 Torino, Concorso “Il mondo della fine” mostra Artisti selezionati (23 su 134 partecipanti) presso la Sala Espace, via Mantova, 38 TORINO gennaio 2012 Roma, Teatro dei Dioscuri , via Piacenza, 1 dal 4 al 12 febbraio 2012.Pavone Canavese TO Fondazione museo D’Andrade 7 30 aprile 2013 Approfondimenti: Pier Francesco Ramero - Corso Giovanni XXIII, 13. Cuneo e-mail: piero.ramero@libero.it
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