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CONFLITTI GUERRA E PACE IN CONDOMINIO

CONFLITTI

GUERRA E PACE IN CONDOMINIO

I condòmini si sentono troppo spesso in diritto di avanzare reclami o richieste non sempre lecite. Ma anche gli amministratori a volte traggono conclusioni sbagliate. Eppure è possibile evitare inutili diatribe

Caterina Tosatti

Il condominio è spesso sinonimo di conflitto. Altrettanto spesso viene riportato che il conflitto nasce dal rapporto con l’amministratore. Perché accade questo? Cerchiamo di esplorare il fenomeno da un punto di vista giuridico e sociologico, e di dare alcune linee guida a entrambe le parti.

Chi deve/può fare cosa

In qualsiasi organizzazione sociale che si rispetti, quale è anche il condominio, i conflitti nascono di sovente dalla mancanza o dalla mancata comprensione di ruoli, compiti e attribuzioni. È quello che ho cercato di approfondire nel mio ultimo libro (Diritti e doveri dei condòmini, si trova su LibriCondominio.it) dove si rileva che il condòmino ha spesso una percezione errata di ciò che deve fare e di ciò che può fare e, parallelamente, di ciò che è legittimo chiedere e pretendere dall’amministratore. L’amministratore è nominato dall’assemblea dei condòmini per gestire i beni e i servizi comuni e la manutenzione e gestione ordinaria degli stessi. Egli ha quindi ampi poteri, attribuiti dagli articoli 1129, 1130 e 1131 del Codice civile in questi ambiti. Tuttavia, c’è una zona grigia costituita dai rapporti tra i privati, dai diritti di proprietà esclusiva dei condòmini sui propri beni, dalla gestione dei beni di proprietà privata, nei quali l’amministratore non può e non deve entrare.

Questioni private

In parole povere, non dobbiamo contattare l’amministratore o accusarlo di ne-

gligenza se abbiamo un’infiltrazione nel salotto, se il vicino di sopra fa rumore in ore di riposo, se la nostra televisione non riceve bene il segnale… Si tratta di questioni che riguardano rapporti tra privati e che tra questi vanno risolte. Ovviamente, laddove il nostro tecnico riscontrasse che le infiltrazioni derivano, per esempio, dalla colonna di scarico condominiale, oppure che l’antenna non riceve bene per un cattivo intervento eseguito sull’impianto centralizzato, allora la questione diventerebbe condominiale, perché avremmo un danno al privato da parte di un bene comune. A questo punto l’amministratore deve intervenire. Altro punto importante: la manutenzione straordinaria dell’edificio condominiale. Purtroppo, croce e delizia delle assemblee condominiali sono spesso i lavori allo stabile, che a volte attendono di essere eseguiti da quando l’edificio è stato costruito. È inutile rammentare al lettore che la qualità della manutenzione di un edificio condominiale impatta direttamente e in modo proporzionale sul valore di mercato dell’abitazione: tanto più l’edificio è efficiente dal punto di vista energetico e ben curato e manutenuto, tanto più verrà valutato il nostro immobile in caso di vendita o anche per fornire una garanzia, come un’ipoteca. È inutile avere un’abitazione da rivista specializzata in interior design se, per accedere alla stessa, dobbiamo percorrere un atrio che cade a pezzi e una scala che ha visto giorni migliori.

Quando c’è urgenza

Anche qui, l’amministratore può ordinare ed eseguire lavori straordinari laddove siano urgenti, ma è il condominio, in sede assembleare, a dover assumere la responsabilità della manutenzione più importante dell’edificio, anche per scongiurare eventuali sanzioni penali in caso di pericolo o danno causato ad un altro condòmino o a terzi, come il classico cornicione che cade e rovina su un passante.

Chiedi e ti sarà dato.

Stabilito il confine rispetto a ciò che è legittimo domandare all’amministratore, vediamo come domandarlo. Nella mia esperienza professionale di legale nel settore immobiliare, di ex mediatore, di negoziatore per conto degli assistiti e di formatore di mediatori e negoziatori, ho tracciato una statistica dei casi affrontati in cui il problema non è di carattere giuridico o tecnico–contabile, bensì è un problema di comunicazione. Spesso sembra di chiedere qualcosa all’interlocutore, ma in realtà stiamo inviando segnali opposti e contrari. Non solo: anche il nostro interlocutore potrebbe ricevere male il nostro segnale e interpretarlo in senso opposto. Ma, si dirà, allora è praticamente impossibile parlare e ottenere qualcosa dagli altri. Non è affatto vero, tutto sta nell’allenarsi a chiedere.

Come chiedere

Un po’ come avviene quando usiamo un computer: la macchina ha le risposte, sono le nostre domande a essere sbagliate. Per esempio, spingiamo un tasto perché non sappiamo che in realtà dovevamo cliccare sullo schermo. Così come impariamo a usare il computer o le app sui cellulari, così dovremmo (re)imparare a comunicare. Problema: non sempre sappiamo ciò che vogliamo. Anzi, è raro incontrare chi lo sappia. Un esempio pratico dalla vita condominiale quotidiana: l’impugnativa di delibera assembleare. Quando il condòmino si rivolge a noi legali, lamentando che l’assemblea abbia deliberato su un certo argomento, l’unica possibilità che possiamo offrire, quali tecnici del diritto, è l’impugnazione della delibera, per esempio perché il nostro assistito non è stato convocato, oppure ha ricevuto la convocazione troppo tardi o perché l’ordine del giorno era incompleto e così via. Ma proviamo a pensare: il condòmino che cosa vuole ottenere? Che cosa sta chiedendo? Sicuramente non gli interessa di essere convocato, bensì di poter incidere sulla decisione che l’assemblea ha preso.

Vademecum per invertire la rotta

L’esperienza vissuta a livello globale durante il 2020, dovuta alla pandemia, ha insegnato che la nostra vita è ora, in questo istante, che va investito tutto nel presente per rendere migliore il futuro, anche se noi non ci saremo. Allora, mi permetto di suggerire come invertire la rotta, come iniziare a farlo un passo alla volta, nel rapporto tra amministratori e condòmini: basterebbe partire da una domanda: «Sei sicuro che sia così?». Per esempio, abbiamo telefonato all’amministratore per comunicargli che l’ascensore della nostra scala è rotto. Dopo due giorni nessuno è intervenuto e automaticamente pensiamo: «È un cattivo amministratore, non sa fare il suo lavoro, non gli importa nulla del nostro condominio». Ma siamo sicuri che sia così? Dal canto suo, l’amministratore esegue l’estratto conto della nostra unità immobiliare e vede che siamo morosi per 2 mila euro. Automaticamente pensa: «È un cattivo condòmino, certamente al ristorante o alla vacanza non rinuncia, i soldi li ha, ma se la prende comoda (oppure) è un caso disperato, tanto meglio avviare l’azione per poi pignorargli la casa». Ma siamo sicuri che sia così? Il pregiudizio, diceva qualcuno, è molto più vicino all’ignoranza che alla realtà: ogni volta che dobbiamo amministrare qualcosa o relazionarci con qualcuno sarebbe meglio farlo da un punto di partenza di conoscenza, non di ignoranza, ma la conoscenza degli altri la possiamo ottenere unicamente domandando e sapendo ascoltare. Perciò, proviamo a fare quest’esperienza, a sospendere il giudizio e a chiedere «Scusi, ma lei come è arrivato a questa conclusione?». Potremmo scoprire cose davvero interessanti.

Caterina Tosatti

Avvocato in Roma, Vice Presidente Centro Studi Assiac, autrice di testi e articoli in materia di condominio e privacy, Formatore teorico – pratico dei Mediatori ex D.M. 180/10

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