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PARERE DI UN'AUTRICE EMERGENTE

Intervista Ad Anna Bardazzi

Anna Bardazzi ha guadagnato il secondo posto al premio Kihlgren 2022.

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Crede che il ruolo dell’autore e del libro al giorno d’oggi siano cambiati rispetto al passato? Se sì, quale pensa che sia il loro nuovo ruolo?

Non so se sia cambiato propriamente il loro ruolo, ma certamente è mutato il mondo dell’editoria e di conseguenza anche il modo di pubblicare i libri: si pubblicano molti più libri, dunque emergere come scrittore è più difficile, essendo la fetta di mercato nettamente più piccola. Si è poi creata una nuova categoria di aspiranti scrittori, ovvero le persone famose sui social, su cui le case editrici puntano di più, poiché c’è una maggiore garanzia di vendite. Inoltre, penso che oggi sia più difficile essere notato per qualità come la potenzialità della storia o la bravura nella scrittura, e riuscire a guadagnare lo stesso pubblico è un’impresa molto più ardua per chi non ha già una certa influenza.

Lei crede che nell’era attuale del cinema liquido il libro rischi di essere soppiantato da questi altri mezzi di intrattenimento?

No, credo che il libro resterà sempre perché alle persone piace ancora leggere, e quelle che non leggono adesso non lo facevano neanche prima. Inoltre, pen- so che il fatto che si parli di libri anche sui social aiuti a diffondere la pratica della lettura: se, infatti, una tale influencer consiglia un libro, magari ci sono delle persone che si incuriosiscono e lo leggono. Ad oggi ci sono poi nuovi mezzi che possono agevolare la diffusione dei libri, come gli audiolibri che, benché io non sia una grande amante di questa forma di “lettura”, certamente permettono di fare conoscere delle storie che altrimenti non si leggerebbero per vari motivi. Non penso proprio che ci sarà qualcosa che potrà sostituire completamente i libri, piuttosto credo che si svilupperà un modo di usufruirne diverso, sempre più “pop” e meno “intellettuale”.

Dunque ci sarà una perdita generale nel contenuto dei libri oppure comunque chi vuole raccontare una storia un po’ più impegnata riuscirà a farsi ascoltare?

Credo che chi ha veramente una voce forte e qualcosa da dire riuscirà comunque a fare strada perché, per fortuna, esistono ancora lettori che si appassionano quando trovano una bella storia e la fanno emergere. Ovviamente ci sarà anche un proliferare di storie che magari hanno meno valore ma vendono molto, che, come dicevo prima, sono più commerciali, e questa è un’evoluzione normale. Da una parte fa bene anche al mondo dell’editoria: per un editore avere un autore che fa vendere molto permette anche di pubblicare autori di nicchia, ma più di qualità a livello di contenuto. Visto che ora ha iniziato ad affacciarsi al mondo dell’editoria, quale sarebbe un consiglio che vorrebbe dare agli scrittori del futuro?

Sicuramente leggere tanto, infatti ho capito che per scrivere un buon libro serve leggere molto, sia storie che siano in qualche modo collegate a quello che si vuole scrivere, sia storie che abbiano uno stile che ci piace, che proviamo anche a rincorrere. Consiglio di non essere avventati, di prendersi il tempo che serve per scrivere e per correggere gli errori, poiché, come dicevo prima, il mercato è talmente saturo che non si hanno molte possibilità. L’altro consiglio che sento di dare è di non mandare il manoscritto come capita, ma di cercare un agente, o un’agenzia letteraria, che creda nel progetto, lo prenda a cuore e lo presenti a modo suo, perché se non si ha un agente o se non si è qualcuno di già noto, non si ha alcuna possibilità, escludendo qualche caso di fortuna unica. Quindi, gli step: produrre un buon libro, che non sia solo scritto di getto, ma che funzioni effettivamente dal punto di vista narrativo e stilistico, e trovare qualcuno che lo rappresenti e che sappia proporlo nel modo giusto.

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