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ZABARECENSIONI

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ZABAOROSCOPO

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GLI SPIRITI DELL'ISOLA

La dark comedy è un genere il cui tasso di gradimento è oscillante: alcuni la amano, altri la odiano. Ma se c’è un film che può unire queste due fazioni è sicuramente Gli Spiriti dell’Isola, nuova opera del talentuoso regista Martin McDonagh, che con la sua tagliente comicità ha permesso alla pellicola di ricevere nove candidature agli Oscar.

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La storia è ambientata sulla pacifica Isola irlandese di Inisherin, dove la vita è noiosa e monotona. Pádraic, tuttavia, ha sempre vissuto felicemente con sua sorella e il suo amico Colm, che decide però di porre bruscamente fine alla loro amicizia: da qui la situazione degenera rapidamente, nei modi più imprevedibili. Per quanto la trama sia semplice, McDough l’arricchisce con sottili elementi thriller mescolati al folklore irlandese; inoltre, la pellicola fa spesso uso della simbologia, e per questo ci sono varie interpretazioni sul finale del film.

Un altro punto di forza è la recitazione: ben 4 attori hanno ricevuto una candidatura agli Oscar nelle loro rispettive categorie: Colin Farrel (attore protagonista), Brendan Gleeson e Barry Keoghan (attore non protagonista) e Kerry Condon (attrice non protagonista). Anche il lato tecnico della produzione è eccellente: la fotografia cattura perfettamente le verdi colline irlandesi e il montaggio è ottimo.

La musica – principalmente da xilofono e arpa –del compositore Carter Burwell è anch’essa notevole. Non è un film per tutti, per il suo ritmo talvolta lento e la sua complessità, ma chi ama le commedie più serie o la filmografia particolarmente artistica non ne rimarrà deluso.

Come tutti saprete, dopo una lunga attesa e tantissima anticipazione, il 23 febbraio è finalmente uscita la terza stagione di Outer Banks; sarà stata, però, all’altezza delle nostre aspettative? La risposta a questa domanda non è così semplice, ma prima di iniziare facciamo un passo indietro.

Per chi non conoscesse l’amatissima produzione Netflix, basti sapere che la serie TV segue le avventure di sei ragazzi - John B, Sarah, JJ, Kie, Pope e Cleo - alla ricerca dell’oro della Royal Merchant. Caccia al tesoro che, però, si rivelerà ben presto essere molto più pericolosa del previsto. Tra inseguimenti, tradimenti, antichi cimeli di famiglia e naufragi su isole deserte, i sei amici vedranno le loro vite cambiare per sempre e dovranno scavare a fondo nel loro passato per scoprire la verità.

La seconda stagione ci aveva lasciati in sospeso, con un gran numero di domande senza risposta e delle aspettative altissime, che, forse, non sono state del tutto soddisfatte. La trama della terza stagione, che segue il gruppo alla ricerca di un terzo tesoro, per quanto coerente con il resto della serie, può sembrare ridondante e ripetitiva, senza veri e propri momenti di suspense che ci tengano sulle spine. Per non parlare della superficialità con cui vengono trattate le relazioni tra i vari personaggi, ai quali è riservato pochissimo tempo, favorendo invece le sequenze d’azione.

In breve, l’ultima stagione della serie girata da Valerie Weiss si può ritenere senza infamia e senza lode, salvata solo dalle impeccabili performance degli attori e dalla fotografia di Brad Smith che ci fa venir voglia d’estate.

(Di Filippo Ginevra)

(Di Alessia Petrera)

Una continuità di 42 minuti e 35 secondi data da canzoni – meglio, esperienze musicali – che non si interrompono succedendosi l’una dopo l’altra, come perfettamente incastonate in un cerchio destinato a chiudersi: l’esperienza di una vita dalla sua fase embrionale al suo trapasso, dai primi battiti agli ultimi, liricamente raccontata in un’opera che, dopo cinquant’anni, segna ancora l’apoteosi dell’idea di concept album, della sperimentazione musicale del secolo scorso, dell’analisi poetica dell’uomo nell’evoluzione del mondo fuori e dentro di lui. The Dark Side of The Moon è un tentativo elegiaco di analizzare e comprendere gli aspetti più ignoti della natura umana, ma al tempo stesso più comuni: la morte, il tempo, il denaro, la follia si intrecciano in un racconto completo della vita.

I Pink Floyd, formatisi nel 1965, decidono, con questo album, di abbandonare lo spazio e la psichedelia per dedicarsi alla vita terrena, fondando il rock progressivo. “Riciclano” varie sperimentazioni degli anni prima, ma, allo stesso tempo, creano pura novità secondo l’evidente processo artistico della band londinese per cui ogni album è costruito sul precedente. Creano uno squarcio nella musica, sia nel modo di pro-

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