ZABAIONE NUMERO 7 ANNO X
GIORNALISMO INDIPENDENTE AL PARINI DAL 2006
MARZO MMXVI
EDITORIALE Cari Pariniani, bisogna ammettere che dall’ultimo numero ad oggi è successo veramente di tutto. Se tutti i mesi fossero come quello appena trascorso, venire a scuola potrebbe quasi risultare un’esperienza divertente. Purtroppo non è sempre così, però dobbiamo ringraziare queste “botte di vita” che rendono più interessante la nostra permanenza al liceo. Ma ora vediamo di riassumere i (quasi) recenti avvenimenti: fra la fine di febbraio e l’inizio di marzo abbiamo assistito a un referendum per stravolgere il giornalino, un tentativo di occupazione, un’autogestione, una cogestione e, infine, l’entrata in funzione dei totem. Approfittando della situazione, gli instancabili redattori di Zabaione si sono prodigati nel fornire un dettagliato reportage di tutto quello che è successo. Armandosi di tanta pazienza, i nostri non si sono persi un attimo di questo fiume di eventi che si sono succeduti nella scuola. Per questa ragione, nelle prossime pagine troverete la sintesi commentata di ogni singola assemblea, oltre ad un resoconto completo (e decisamente poco serio) della breve occupazione e un’intervista a due rappresentanti d’Istituto in merito all’argomento. In questo modo potrete conoscere con precisione anche ciò a cui non avete assistito. Per un bilancio più approfondito della questione “totem”, invece, attendiamo di averli visti in azione per un periodo di tempo sufficientemente lungo. E’ comunque evidente che il loro arrivo ha sortito un certo effetto, considerato l’elevato numero di giornalisti che questa novità ha attirato. 2
di stefano trentani
Continuando a parlare di novità, è mio più che preciso dovere accennare al colossale “boom” di iscrizioni che il Parini si è trovato ad avere. Stando ai dati non è sbagliato presupporre che dal prossimo settembre il nostro liceo possa arrivare ad ospitare all’incirca trecento nuovi studenti, per un totale di dodici quarte ginnasio. Sarà per l’odore di modernità che si inizia a respirare a scuola, sarà per un’improvvisa (quanto improbabile) passione generale per il liceo classico, fatto sta che questo è veramente un risultato importante. Speriamo che il Parini riesca a reggere l’impatto con un numero così grande di studenti dopo tanti anni di decadenza. In questo movimentato contesto è bene non dimenticarsi di fare i complimenti alla redazione di Radiologia, che nell’ultimo mese ha scalato con grande successo le classifiche nazionali, ponendosi nelle primissime posizioni; mi raccomando, continuate a votare per loro. Voglio anche far presente che per questo numero di Zabaione i colleghi della radio hanno scritto un articolo riguardante il lavoro che hanno dovuto svolgere prima di poter registrare una delle puntate di questo mese. Il tema che dovevano affrontare era quello dei tatuaggi e loro sono riusciti persino ad incontrare il primo tatuatore d’Italia. Saranno loro a raccontarvi che esperienza è stata. Prima di chiudere con questa carrellata sugli eventi dell’ultimo mese e sui contenuti di questo numero, vorrei cogliere l’occasione per ringraziare ancora una volta coloro che al referendum hanno MARZO 2016
votato per Zabaione. E’ merito vostro se abbiamo la possibilità di mandare avanti questo progetto e di farlo crescere ancora. A voi tutti promettiamo che non tradiremo la fiducia che avete posto in noi e che ci impegneremo per far diventare questo giornalino famoso (e longevo) almeno quanto il suo predecessore. E perché no, magari anche di più.
SOMMARIO IL GIORNO PIU’ LUNGO PAG. 3
OCCUPAZIONE, AUTOpag. 4 GESTIONE, COGESTIONE BENVENUTI A SCUOLA! PAG. 6 PARINI EDITORE pag. 7 ULISSE AL PARINI PAG. 8 SEGNI, RITI E ONESTA’ pag. 10 INTELLETTUAE LA COGESTIONE PAG. 12 IN TRE PAROLE COGESTIONE 2016 pag. 13 COGESTIONE 2016 PAG. 22 TORNEIi DI CALCIO pag. 23 COGESTIONE 2016 PAG. 24 COGESTIONE 2016 pag. 27 GABER, MIO NONNO, IL CANTATTORE CHE PAG. 28 HA CAMBIATO LA MUSICA IL REGISTRIO PERDUTO pag. 30 CACCIA AL PROFESSORE PAG. 31
Anno X
FUORI DAL GUSCIO pag. 32 ZABAOROSCOPO PAG. 33 ZABAENIGMISTICA pag. 34 Numero 7
ZABAIONE
ATTUALITÀ
IL GIORNO PIÙ LUNGO
CRONACA SEMISERIA DI UNA SEMISERIA OCCUPAZIONE di GUGLIELMO PENSABENE E GIULIO PISTOLESI
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2:57. Un urlo sale dalle profondità della scuola, lacerando il silenzio di quel limpido giorno di febbraio. Anche nell’aula di Zabaione la festa si interrompe all’improvviso. Trentani ci guarda attonito. È un attimo. È chiaro a tutti. Si occupa la scuola. Mentre i più coraggiosi si affacciano alle finestre, i più pavidi raccolgono in fretta e furia le loro cose. Cosa sarà di noi adesso? Poi un’altra voce: “Tutti in cortile”. Velocemente ci raccogliamo sotto il balconcino, mentre attorno a noi si spazia per tutta la gamma delle espressioni, dalla furia rivoluzionaria al cieco terrore. Ed improvvisamente eccoli, i capipopolo: gli alti papaveri del Collettivo Rebelde appaiono sul balcone, arringando la folla. Dunque è ufficiale. L’occupazione ha vinto. Per un pugno di voti, ma ha vinto. Perciò a casa professori, preside, vicepreside, bidelli: la scuola è nostra! E invece no. ZABAIONE
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No perché, abituati ad anni e anni di Pedretti, gli occupanti non hanno considerato il temperamento combattivo della nuova amministrazione. Infatti, mentre la maggior parte dei professori si dà alla macchia, preside e vicepreside, spalleggiati dai pasdaran della presidenza, si asserragliano nelle stanze dei bottoni. È l’inizio di un logorante tira e molla tra professori e studenti (i quali nel frattempo sono diminuiti copiosamente), con l’aggiunta di una terza forza in campo: i Disoccupanti. Ebbene no, non sono ragazzi privi di un posto di lavoro, ma gente talmente coinvolta nella missione di liberare la scuola dai sovversivi e salvare la corona da sacrificare un pomeriggio di dolce far niente per piantonare l’edificio insieme al loro pastore, Leone Nicolis di Robilant, il cui carisma ha dato in questa occasione la più mirabile prova sin dai tempi delle elezioni. Abbiamo riflettuto molto su questi personaggi. La determina-
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zione nei loro occhi è impressionante, quasi quanto il languore di fronte al bel Leone, e sembrano avere tutti il dente decisamente avvelenato. Sono loro a pronunciare per la prima volta la parola “brogli”. Intanto, tra le mura del Parini, i negoziati sono in corso. Tra gli occupanti comincia a serpeggiare l’idea che la cosa non possa durare più di tanto, visto che oramai son quasi di più i bidelli. Ma il Collettivo non si perde d’animo: bisogna crederci. Perciò Ettore Violante prende la parola e annuncia che bisogna organizzare dei comitati di occupazione, ovvero gruppi di persone che si occupino dei vari aspetti necessari per mandare avanti l’impresa. Ma compie un fatale errore tattico: apre chiedendo volontari per il comitato igienico, ovvero, in parole povere, gli addetti a pulire le latrine. È qui che muore l’occupazione. Ci saranno assemblee, discussioni, scenderanno in aula magna emissari del preside, nonché il preside stesso, ma non saranno altro che sempre più flebili sussulti di un’inarrestabile agonia: alle quattro e mezza è già finito tutto. La tristezza negli occhi dei ragazzi del Collettivo è indicibile, mentre i Disoccupanti fanno il loro ingresso tronfio nella scuola, andando difilato a conferire con il preside per approntare le liste di proscrizione. È la fine di un giorno di occupazione al Parini. E’ la fine di un Sogno. 3
ATTUALITÀ
OCCUPAZIONE, AUTOGESTIONE, COGESTIONE INTERVISTA DOPPIA A ETTORE VIOLANTE E PIETRO VERSARI
di CLARA TACCONI
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bbiamo intervistato Pietro Versari (Agorà) e Ettore Violante (Collettivo) per sapere direttamente da due dei nostri rappresentanti la loro opinione. L’occupazione e l’autogestione che risultati hanno portato? Ettore: Ricapitoliamo un attimo i fatti: è stata votata questa occupazione, poi non tutti quelli che avevano votato pro si sono presi la responsabilità di portarla avanti, nonostante si sia cercato di far capire la questione legata alla responsabilità del voto. In ogni caso è stata espressa una forza da parte degli studenti e una voglia d’agire. Una cosa buona è stata la presenza di due professori, durante l’occupazione, scesi a parlare con noi disposti a collaborare e renderci partecipi; è sceso anche il preside, e questo è sicuramente un fatto positivo in quanto siamo riusciti ad avere un’apertura con la presidenza. Durante l’autogestio-
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ne abbiamo invitato due relatori esterni, la filosofa Elena Righetti e Stefano Laffi, autore del libro “La congiura contro i giovani”, che ci hanno aiutato a riflettere sul progetto in maniera più razionale e costruttiva. Abbiamo poi iniziato a stendere un documento propositivo con le nostre esigenze e idee per migliorare il progetto. Pietro: Secondo me è stata sbagliata la modalità con cui si è proposta l’occupazione, molta gente ha deciso di votare pro per comodità. È risaltata più l’idea “si occupa e perdo un giorno di scuola”, piuttosto che l’impegno che c’era dietro. Inoltre, non mi è piaciuto che si sia fatto un documento durante una protesta: a mio parere andava fatto prima il documento e poi, nel caso in cui non fosse stato considerato, sarei stato favorevole a occupare. Penso che l’autogestione sia venuta bene, ma il punto è che è nata come un’occupazione che non si è riuscita a portare fino in fondo. Si poteva fare in un’altra maniera anMARZO 2016
che l’autogestione. I motivi da cui questi atti di protesta sono partiti - la poca apertura della presidenza e il fatto che gli studenti non siano stati ascoltati e considerati - sono presupposti con cui io non concordo. Pur essendo contrario, devo riconoscere che si sono ottenuti dei risultati e quindi va bene, anche se avrei preferito fosse andata diversamente. Sono uscite delle cose interessanti da cui si è iniziato a stendere il documento. In che modo l’occupazione si sarebbe potuta gestire meglio? Ettore: C’è stato un errore nostro di comunicazione nell’esporre il contenuto. Il nostro obiettivo non era di occupare tanto per, ma di mettere in atto una forma di protesta e riempirla con un significato, che all’interno del progetto vengano espresse anche le necessità degli studenti e le loro opinioni. Volevamo fermarci a riflettere su cosa si può fare per migliorare questo progetto e non andarci sempliceAnno X
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ATTUALITÀ mente contro. Mi ha anche fatto piacere che ci fossero molti ragazzi di quarta e quinta ginnasio. E’ molto bello, perché sono loro il futuro della scuola e hanno mostrato di avere voglia di essere attivi e partecipi. Perché e quando si è deciso di optare per un giorno di autogestione? Ettore: Durante l’assemblea di occupazione abbiamo deciso di optare per una giornata di autogestione. Una sola giornata, perché si è detto che altrimenti sarebbe saltata la cogestione, e non ci sembrava giusto vanificare l’impegno e il lavoro fatto dagli altri studenti per organizzarla. Bilancio della cogestione? Pietro: Direi che è andata bene. Forse avremmo potuto organizzarci meglio, visto che ci siamo mossi abbastanza tardi, anche perché inizialmente non abbiamo avuto l’aiuto del collettivo, che voleva portare avanti un altro progetto. Non avendo mai organizzato una cogestione, siamo soddisfatti di come sia andata. Si potevano gestire meglio gli spazi, però mi sembra anche che si
sia data la possibilità agli studenti di seguire molte assemblee diverse e con una gran varietà, il che è una cosa assolutamente positiva. Ettore: Concordo con Pietro, la cogestione è venuta fuori bene e la buona riuscita è da attribuire soprattutto ad Agorà; anche al Collettivo sono stati lasciati spazi per discutere e questo fa piacere. Riguardo al nostro supporto, noi non abbiamo ritenuto coerente organizzare la cogestione con i professori che hanno votato un progetto con cui non concordiamo. Disoccupazione? Pietro: Il nome in realtà è stato dato dal momento di euforia. Abbiamo cercato anche noi di stendere un documento e riflettere sul progetto con le persone che volevano farlo, ma erano contrarie all’occupazione. Quello che abbiamo ottenuto con questo incontro è stato poi integrato con tutto quello che è uscito dall’autogestione. È stata visto come un presidio contro l’occupazione, ma in realtà il nostro obiettivo non era andare a screditare quelli dentro. Poi ognuno l’occupazione l’ha vissuta a proprio modo, in base alla propria idea. Mi
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rendo conto che forse sia stato sbagliato lì per lì fare una cosa di questo genere, ma alla fine la “disoccupazione” - come l’occupazione - ha portato dei risultati. Ettore: Per me la decisione degli studenti è sacra. Se gli studenti hanno preso una decisione, è quella! Poi semmai si discute con chi ha votato a favore e non è rimasto. Documento? Ettore: Questo documento fatto insieme da tutti gli studenti ha una grandissima potenza e può essere davvero il manifesto di una scuola moderna con la partecipazione di tutte le componenti scolastiche. Se riesce sarà un vantaggio per tutti. Rende il cambiamento reale, il quale, fatto insieme e nella stessa direzione, riuscirà ad arricchire la scuola e quindi tutti noi. Pietro: La scuola l’anno prossimo si baserà su questo progetto e quindi sta a noi migliorarlo in tutti i modi possibili. Sia occupazione sia disoccupazione, indipendentemente dalla prospettiva politica con cui sono viste, hanno aiutato a far uscire idee buone e propositive dagli studenti e questo è positivo.
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ATTUALITÀ
BENVENUTI A SCUOLA!
DI AFRODITE ILARIA MUGGIANI
Fine ottobre arriva, prima o poi. Nel nostro caso, è stato più un “poi” che altro, ma noi Pariniani ci accontentiamo: se ottobre cade a metà marzo, ci va bene lo stesso. Quindi ci armiamo delle nostre tessere e “badgiamo”: cosa c’è di meglio di una macchina che ci augura una buona permanenza a scuola?
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artedì scorso, come ogni giorno, alle sette e quaranta ero fuori da scuola. In genere, lì a quell’ora eravamo circa in cinque, ognuno appostato in un differente punto della strada, senza mai rivolgerci parola e con il portamento da zombie tipico di chi si è svegliato ad un orario improponibile e non ha voglia di essere disturbato, nell’attesa che i portoni aprissero. Ciò che mi stupii, quel martedì, fu dunque la quantità di giornalisti e studenti eccitati fuori da scuola, che mi ricordarono quasi subito la novità: tirai fuori il mio badge (nome, cognome e data di nascita da un lato, il nome della scuola e il simbolo dall’altra) e mi misi, sempre con l’immancabile portamento da zombie, insieme agli altri fuori dal portone, il quale, come si aprì, fu oltrepassato da troppi studenti tutti insieme. Uno alla volta passammo la nostra carta, qualcuno anche due volte per sicurezza. 6
Rimasi fuori dalla classe ad osservare gli altri ragazzi uccidersi entrando. “Il totem di sinistra ha già dato problemi, non mi legge il badge” - una mia amica mi si avvicinò, salutandomi così. Io risi, com’era possibile? Suonarono le otto, ma molti erano ancora in fila: è difficile far passare seicento persone in questo modo tutte da una sola porta e ci fu chi in fondo si beccò un bel ritardo breve per essere entrato alle 8:01. In classe la professoressa fece l’appello, senza capire come mai certe persone risultassero assenti, e le lezioni cominciarono come al solito. Da quel martedì ad oggi, le cose non sono cambiate minimamente (i giornalisti e le loro telecamere compresi, sono ancora lì appostati), se non per qualche tessera andata perduta, che ogni giorno fa perdere ancora più tempo agli insegnanti, i quali devono segnare la presenza manualmente. MARZO 2016
Non sono mancati i geniacci del male che hanno timbrato il badge in orario per poi sperare di saltare l’ora e farla franca senza che i docenti se ne accorgessero (il registro elettronico segnala l’orario del timbro, non puoi timbrare alle 8:07 e poi entrare a e meno un quarto), né qualche incosciente che ha provato a timbrare anche all’uscita, guadagnandosi un’uscita anticipata, nonostante avesse dovuto già essere a casa da un pezzo. Quindi, a mio parere i badge non si sono rivelati utili come promesso, se lo scopo era cancellare la burocrazia dalle lezioni, se si voleva che i professori entrassero in classe a spiegare e basta - evitando troppe manovre con il registro elettronico e di sprecare troppo tempo - e se si voleva limitare il numero dei ritardi. E ciò che davvero non sopporto, di questi totem, è anche il fatto che i professori questo badge non siano tenuti ad averlo, poiché capita spesso di arrivare alle 7:45 in classe, ma di iniziare la lezione alle 8:20 per via del solito insegnante ritardatario; per non parlare della sensazione da ehi-sono-qui-a-firmare-per-lalibertà-vigilata, che personalmente provo ogni volta io mi avvicini a quelle macchine. Mi sento troppo controllata, perché sì, se non mi dà fastidio una macchina che sa a che ora arrivo e a che ora esco perché io sono sempre in orario, allora non dovrebbero darmi fastidio nemmeno delle telecamere costantemente puntate addosso, visto che non faccio nulla di sbagliato.
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ATTUALITÀ
PARINI EDITORE
di GUGLIELMO PENSABENE E RAFFAELE SIMONETTA
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om’è nata l’idea di una casa editrice simulata? È nata prima ancora che diventasse obbligatoria l’alternanza scuola-lavoro. È nata partendo dalla consapevolezza che fare entrare i ragazzi nel mondo del lavoro e far capire a dei liceali cosa sia il mondo del lavoro è diverso dal farlo capire a degli studenti di un istituto tecnico per cui è nata l’alternanza. Voi del classico, come i ragazzi dello scientifico, prima di andare a lavorare, passate dall’università. Quindi la visione del mondo del lavoro deve essere in qualche modo mediata, non deve essere diretta: vi facciamo vedere delle cose che arrivano comunque dopo un ulteriore percorso formativo. Tuttavia, lo scarto tra il lavoro specialistico che andreste a fare dopo una laurea e quello che potete capire adesso è eccessivo e abbiamo pensato invece che farvi lavorare su una cosa che conoscete molto bene, e cioè i libri, poteva essere molto più adatto a farvi entrare nel mondo del lavoro.
INTERVISTA ALLA PROFESSORESSA MARINI
raviglioso Liceo Classico Parini di questa cosa non ci rendiamo assolutamente conto.
che emergerà dal laboratorio iniziale che faremo negli ultimi giorni di scuola.
Non crede che alle persone a cui interessano le facoltà di Medicina, Ingegneria, Economia o comunque non strettamente attinenti alla casa editrice si sentiranno un minimo esclusi? Assolutamente no. L’anno prossimo sarete tutti scaraventati a fare degli stage e questi stage potranno essere specifici su alcuni aspetti particolari della produzione della casa editrice, ma anche di tutt’altro genere, perché voi potrete lavorare nella casa editrice oppure per la casa editrice: potrete andarvi a vedere un qualunque aspetto della gestione di un qualunque tipo di azienda che non abbia niente a che fare con la casa editrice, per poi in qualche modo produrre un qualche cosa che potreste proporre alla pubblicazione, che poi magari sarà anche scartato, ma intanto voi il lavoro lo avete fatto. Quindi, la casa editrice è un grande contenitore di stage di ogni genere.
Le 200 ore in tre anni previste dalla legge si svolgeranno tutte a scuola? No. Com’è implicito da quello che ho detto prima, saranno in parte in lezioni, che in qualche modo sono di argomenti ovviamente extra-scolastici (magari in orario del mattino, magari in orario pomeridiano), ma consisteranno anche in stage e in ore che vi sono riconosciute per lo studio: è in arrivo, per esempio, un corso di formazione sulla sicurezza che seguirete a casa su una piattaforma digitale.
C’è qualche possibilità che diventi una vera casa editrice? Come saranno decisi i ruoli all’inCerto, certo che c’è. L’alternanza terno dell’impresa? la può fare qualunque scuola, la Li deciderete voi. È una delle cose simulazione la può fare qualunque scuola, poi esistono anche delle scuole che hanno organizzato la scuola-azienda; esistono, per esempio, per attenuare la dispersione, istituti agrari straordinari che hanno fatto la fattoria modello, perché la prima funzione dell’alternanza scuola-lavoro è di limitare la dispersione scolastica, che è un fenomeno gravissimo in Italia, gravissimo, e noi ovviamente nel meZABAIONE
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I libri che pubblicheremo saranno libri già scritti o inediti composti magari da ragazzi del Parini? Vale la stessa risposta che ho dato prima, quando mi avete chiesto chi decide i ruoli: lo decidete voi. Ovviamente su criteri di realtà. E se l’impresa per una cattiva gestione fallisse cosa accadrebbe? Assolutamente niente. Si analizzerebbe l’errore e si ricomincerebbe da capo.
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ATTUALITÀ
ULISSE AL PARINI
ALLA SCOPERTA DEL CORSO DI TEATRO
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orse non tutti se ne sono accorti, ma qualche tempo fa, sotto l’ala protettrice della professoressa Nero, era girata tra le classi una circolare che presentava il corso di teatro che si sarebbe tenuto qui, al Parini, di lì a qualche tempo. E bene, chi era interessato c’è andato e chi no no, e morta lì. Giusto? Sbagliato. Perché si tratta pur sempre di qualcosa che accade tra le mura della nostra scuola, e di conseguenza di qualcosa di nostra competenza. Dunque i prodi inviati di Zabaione si sono recati nell’antro teatrale, che sarebbe poi la palestra piccola, per assicurarsi che queste persone esistano davvero e per riportarvi
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di EDOARDO FRACCHIOLLA E GIULIO PISTOLESI
un resoconto di quello che succede il venerdì pomeriggio, quando i bambini vanno a dormire, le labbra brunite dalla cioccolata della sera. A dire la verità, quello che succede non lo scopriamo, perché dopo una breve riunione scappano tutti, andando a provare nei provare nei più disparati angoli della scuola. Insomma, restano quattro gatti più l’insegnante, Stefano Orlandi, che a quanto scopriamo si alterna con il regista Omar Nedjari, assente. Poco importa. Noi ci accontentiamo. Perciò ci dirigiamo con Stefano nello spogliatoio della palestra, dove, in un folcloristico ambiente tutto graffiti e intonaco scrostato, ha inizio la nostra intervista. InterMARZO 2016
vista, via: poche domande. Poche, ma buone. La prima cosa che chiediamo a Stefano è di spiegarci un attimo a cosa stanno lavorando, dato che si suppone che un corso di teatro sfoci in uno spettacolo ad uso e consumo dei nostri begli occhi. Infatti, Stefano ci informa che stanno lavorando sull’Odissea. A lui la parola. “L’idea è quella di lavorare sull’Odissea, in particolare sui canti nove, dieci, undici e dodici, che sono i viaggi che Ulisse racconta in prima persona. Lo scopo è quello di creare quattro gruppi, ognuno dei quali lavora su un canto, per mettere in scena uno spettacolo itinerante in cui tutti i gruppi rappresentano i rispettivi canti contemporaneamente in luoghi diversi della scuola. Ogni gruppo, perciò, sta elaborando un modo diverso di intraprendere questa modalità di percorso, a seconda del modo in cui è stato ispirato dal cant…” Un momento. Già siamo confusi. Contemporaneamente? Questo vuol dire che ognuno dovrà scegliere un episodio? Che diversi componenti del pubblico vedranno cose diverse? Ma no. Stefano, fortunatamente, giunge in nostro aiuto, e chiarisce: “Tutti vedono tutto. Ogni canto viene eseguito dallo stesso gruppo quattro volte, e per questo non dev’essere più lungo di dieci minuti. In questo senso stiamo ancora lavorando ai testi per sintetizzarli e fare sì che lo spettacolo non duri Anno X
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ATTUALITÀ più di un’ora, un’ora e un quarto”. E qui lui vede uno spunto per una digressione sull’importanza della sintesi in teatro, perché ci si trova a raccontare magari anche una vita intera in un’ora. Ma noi, che siamo oltremodo gretti e materiali, tentiamo invece di estorcergli delle informazioni di vile praticità, riportando la conversazione a livelli da biglietteria. Apprendiamo così che lo spettacolo avrà luogo tra la fine di maggio e l’inizio di giugno (a dire il vero, con un po’ di fantasia ci saremmo potuti arrivare. Ma oh, siamo gretti), naturalmente prima della fine della scuola. A questo punto, ci salta il ghiribizzo di toglierci una curiosità, retaggio della circolare. Insomma, lì si diceva che il corso avrebbe offerto ai partecipanti la possibilità di sviluppare competenze non solamente in campo attoriale, ma anche, eventualmente, negli altri ambiti che l’ampia parola “teatro” abbraccia: quindi, appunto, non solo attori, ma anche sceneggiatori, scenografi, costumisti… Chiediamo dunque a Stefano lumi in proposito, e lui subito ci accontenta. “Allora, nei vari gruppi ci sono delle persone che hanno scelto di non voler recitare, ma di occuparsi di scenografia o di costumi. Quella fase verrà dopo, perché adesso stiamo ancora elaborando il testo, ma in seguito ci saranno dei piccoli interventi di costume a caratterizzare il canto. Io, dal canto mio, cercherò di coinvolgere il più possibile tutti ad avere anche un ruolo di recitazione.” Invece, per quanto riguarda gli altri aspetti della parte recitativa, ecco che ci offre una piccola anticipazione: “il canto delle SireZABAIONE
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ne prevede che ci siano delle scene propriamente cantate: per questo ci avvarremo del contributo di un’altra docente, Sandra Zoccolan, che farà qualche intervento sulla voce ed aiuterà il gruppo a preparare il canto.” Ganzo. Detto questo, decidiamo di rivolgere a Stefano una domanda di carattere più generale, e cioè: visto e considerato che questi ragazzi non sono certo attori professionisti, e si suppone anche che non abbiano, almeno non tutti, precedenti esperienze teatrali, come si fa a creare un attore dal nulla? Lui si fa una gran risata, perché evidentemente dopo la data dello spettacolo aveva perso ogni fiducia nelle nostre capacità di intervistatori, e invece pare che questa domanda sia interessante. Ciò non gli impedisce di demolirla alla base, spiegandoci che un attore non si crea dal nulla. “Se uno desidera diventare un attore, perché tutto parte da lì, dal desiderio, allora si può cominciare a lavorare in questo senso, attraverso un lavoro propedeutico che insegna ad utilizzare il corpo, la voce, lo spazio. Come uno che vuole suonare la tromba non impara semplicemente volendolo, ma prendendo la tromba e cercando di tirarne fuori un buon suono, così anche per diventare un attore serve un percorso di apprendimento. Ma, nonostante questo, tutto ciò che si impara diventando attori è inevitabilmente legato a noi stessi. Per esempio: un pittore, con la sua arte, può anche esprimere se stesso, ma lo fa attraverso un mezzo esterno, che è il quadro; perciò io, quando vado a vedere la mostra, non vedo il pittore, vedo il quadro. Invece un attore esprime se stesso
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attraverso se stesso, perché quello che lo spettatore ha davanti è l’attore, lui, in carne ed ossa. Perciò un attore non si crea dal nulla, perché creare un attore vuol dire insegnare a qualcuno a mettere in scena se stesso, con i mezzi del corpo e della voce”. Insomma, il succo è che tutti quanti ci portiamo dentro un attore, e Stefano è qui per farlo uscire. Invece, riguardo al discorso del corpo e della voce, anzi in realtà solamente del corpo, vuole aggiungere qualcosa: per quanto sia una componente fondamentale del teatro, il corpo, da un altro punto di vista, non lo è per niente. Ecco cosa intende. “Sempre da questo fatto, e cioè che quello che siamo come attori dipende da quello che siamo come persone, deriva una delle cose secondo me più belle del teatro, ovvero che è sempre diverso. Prendiamo Amleto: Amleto lo può interpretare uno mingherlino con gli occhiali come un obeso coi brufoli, e nessuno dei due è un interprete “giusto” o “sbagliato”. E non solo in questo il teatro cambia costantemente: uno spettacolo è diverso anche da sera a sera, anche se sul palco c’è lo stesso attore, e questa è una delle tante ragioni che rendono il teatro un’esperienza di grande soddisfazione.” Così glissa Stefano, e qui lo salutiamo, preparandoci a confezionare il presente articolo. Per quanto riguarda lo spettacolo, invece, a noialtri sembra che i presupposti siano quantomeno interessanti, ed è per questo che ci sentiamo piuttosto curiosi in proposito; dunque a maggio, cari teatranti, e sappiate stupirci.
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ATTUALITÀ
SEGNI, RITI E ONESTÁ INTELLETTUALE
A CURA di RADIOLOGIA
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l primo tatuatore della storia fu il Dio onnipotente del Vecchio Testamento, che espresse la sua arte marchiando Caino sulla fronte per evitare che lo uccidessero. Il primo tatuatore d’Italia invece risponde al nome di Gianmaurizio Fercioni ed esercita in uno studio in via Mercato, nel cuore di Brera, dove su appuntamento apre anche ai curiosi offrendo un viaggio gratuito nel suo museo. Per arrivare a vedere le vetrine stipate di strumenti antichissimi e di foto curiose bisogna però farsi largo tra i clienti in attesa e infilarsi tra gli impegni del “maestro”, che lavorando come scenografo per la Scala ha ben poco tempo da dedicarci. Fortuna che la energica Luisa, moglie di Gianmaurizio e sua indefessa assistente, ha la pazienza e le conoscenze per portare gli inviati di Radiologia in un giro 10
curioso tra cimeli e disegni, senza risparmiare particolari sapidi sulle richieste della clientela. Crisi o non crisi, il mercato del tatuaggio è infatti anticiclico, e in particolare non passano mai di moda i vecchi simboli religiosi che i pellegrini nel medioevo si facevano imprimere sulla pelle una volta raggiunte le mete dei loro pellegrinaggi. A disegnarglieli addosso erano i marcatori, che operavano con aghi e fuliggine (e talvolta saliva o persino bile) a bordo strada nei pressi del santuario di Loreto, proponendo ai fedeli una testimonianza, una sorta di “selfie” ante litteram, dell’avvenuto completamento del viaggio. I più devoti avevano insomma decine di simboli sulle braccia. Un fenomeno, quello del tatuaggio devozionale, che avrebbe mandato in crisi Cesare Lombroso, il fondatore dell’antropologia criminale le MARZO 2016
cui teorie sulla prevedibilità delle inclinazioni al crimine si basavano sull’osservazione delle fattezze del viso e…sulla scelta di tatuarsi, scelta anticipatrice, secondo le superatissime teorie di Lombroso, di futuri delitti. “Il museo Lombroso di Torino ha molte pelli di potenziali delinquenti in esposizione” dice Luisa, che ce ne mostra una analoga da lei comprata presso un antiquario. Mentre noi inorridiamo all’idea che qualcuno acquisti una fetta di epidermide umana come fosse una cassettiera del settecento, la nostra guida aggiunge che dal museo di Torino ne sono state anche rubate un bel po’ (una forma di collezionismo a cui preferiamo di gran lunga quella, meno ‘pervert’ e più nostalgica, dei Rollinz di Star wars, ndr). Luisa ha un’età splendidamente portata e frequenta la cittadina natale del marito, Viareggio, sulla cui spiaggia dice con fierezza di essere spesso l’unica a non esibire tatuaggi. “Un tempo non erano così diffusi – ci spiega- anche se, dalla prima comparsa in Europa degli aborigeni australiani nel ‘600, platee sempre più vaste confluivano nei tendoni dei circhi itineranti per vedere dal vivo i disegni sul corpo dei freaks”. Fenomeno da baraccone più che di massa, il tatuaggio tra il ‘600 e l’800 è stato riservato solo ad alcune categorie sociali, o proposto in versione stilizzata sulle braccia degli artigiani come segno
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ATTUALITÀ di appartenenza alla propria corporazione. Si racconta che, subito dopo la nascita, i figli bastardi dei re venissero subito tatuati nella speranza che, se fosse scomparso l’erede al trono, sarebbero stati riconosciuti e incoronati. Più tardi invece furono i grandi della terra a subire il fascino del “marchio”. “Churchill, Roosevelt e Stalin erano tutti e tre portatori di tribali” ci rivela con aria convinta Luisa. Perplessi ci figuriamo i plenipotenziari dell’Occidente che, riuniti a Yalta, tra un negoziato e l’altro si mostrano reciprocamente i tatuaggi con fierezza mentre il mondo aspetta l’esito delle loro decisioni col fiato sospeso. Ma intanto Luisa è già andata avanti nel tour e ci “porta” in Birmania, dove lo scopo dei disegni sulla pelle era quello di acquisire poteri straordinari. I ladri, ad esempio, si insignivano dell’effigie di un gatto sperando di acquisirne la grazia felpata nei movimenti – e le forze dell’ordine, in caso di cattura, li punivano bruciando gli occhi del gatto;
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e poi in una vetrinetta ci indica i tatuaggi guerreggianti della yakuza giapponese, la potente mafia nata dal “pensionamento” coatto dei samurai. Più che ad un universo di simboli e valori, nell’occidente opulento il tatuaggio è invece il termometro della assenza di riferimenti culturali alti e dello strapotere della moda. Esibire le stesse citazioni che Angelina Jolie porta tatuate sulla spalla non basta ad acquisirne l’avvenenza, né tantomeno a trovare a casa Brad Pitt che ti aspetta con la cena pronta, ma ti fa sentire ‘a la page’. C’è poi la zona inguinale che occupa un capitolo a sé. Li’ si punta sull’effetto sorpresa per stupire il partner buttando tutto sul ridere. ‘Luna park’ pare sia la scritta più richiesta per le donne, forse per garantire al compagno un motivo di divertimento indipendente dalle prestazioni. Anche se è evidente che un simile tatuaggio rende chi lo porta ricattabile da parte degli amanti. Divertente ma decisamente di nicchia, poi, l’idea di affidarsi
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agli aghi e all’inchiostro dopo la depilazione, in modo da decidere se e quando, oltre che a chi rendere visibile la propria scelta. Se però l’oggetto tatuato sono i propri stessi peli pubici il gioco delle scatole cinesi ha un forte retrogusto di perversione roccocò. Il flusso del racconto viene interrotto dalla fila di clienti che reclamano attenzioni. Salutiamo Luisa con una domanda conclusiva, quella che lasciamo per ultima a riprova della teoria per cui il tatuatore è sì un artista, ma “tiene famiglia”: avete mai mandato via un cliente perché non ne ritenevate accettabili le richieste? “Sempre – ci dice senza esitazione Luisa- nel caso di coppie in crisi: vengono per tatuarsi come si andrebbe in terapia di coppia per rendere eterno il loro legame. Noi inventiamo impegni fasulli e li riconvochiamo dopo una settimana. Sono in pochi a tornare”. Raro esempio di onestà intellettuale da parte di un artigiano che ha una tariffa di 350 euro l’ora...
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ATTUALITÀ
LA COGESTIONE IN TRE PAROLE
A CURA di ALICE ALESSANDRI E ISOTTA MANFRIN
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ATTUALITÀ
A CURA DELLA REDAZIONE
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LUNEDÌ 29 FEBBRAIO DAI SEGNALI DI FUMO AD INTERNET. COME SI RACCONTA L’IMMIGRAZIONE
Sarà stato l’argomento interessante o magari l’emozione per il primo giorno di cogestione, ma lunedì 29 febbraio eravamo numerosi nella palestra grande ad assistere all’assemblea “Dai segnali di fumo a internet”, che trattava il difficile tema dell’immigrazione. Inizialmente, il relatore ha parlato dell’importanza della scelta delle parole giuste, soprattutto nei giornali. Dopo un breve accenno alla situazione in Europa e alla difficoltà nel controllare gli arrivi, ha cercato di coinvolgerci mostrandoci la foto di un bimbo di tre anni, il cui cadavere era stato portato a riva dalle onde del mare, facendoci riflettere su varie tematiche. Dopodiché siamo passati all’argomento “comunicazione” e alle più grandi invenzioni in questo campo; per non rendere l’assemblea troppo noiosa c’è stato un breve dibattito sui vantaggi del giornale cartaceo e di quello digitale, ma anche riguardo al loro compito, ovvero indirizzare le masse. Nel complesso è stata un’assemblea piuttosto piacevole, anche perché il relatore ha preferito finire 45 minuti prima piuttosto che dare informazioni inutili e noiose. (Sara Musuruana)
sionata di economia, ma Francesco Daveri dell’Università di Pavia mi è proprio piaciuto, lunedì. Una presentazione su Power Point semplice e chiara, concetti spiegati bene, tono simpatico: il professore ci ha raccontato origini, cause e conseguenze della crisi che tanto imperversa sul nostro Paese. Molto utile soprattutto per i più giovani, come me, che avevano solo 7-8 anni quando tutto questo è cominciato e, non appena hanno cominciato ad interessarsi all’economia, si sono ritrovati in un mondo che colava a picco. Una lezione basilare sugli sviluppi dell’economia dai primi anni 2000 fino ad oggi, durante la quale il professor Daveri è riuscito a mantenere un livello di attenzione incredibilmente alto, che forse non avevo mai visto in una conferenza dai temi così impegnativi. (Sara Merengo)
POTENZIALITÀ DELLA RADIO
Dipartimento di lettere, terzo piano. I partecipanti sono accolti dalla prof. Summa e da altri pochi (ma buoni) redattori di Radiologia. Siamo seduti in cerchio, saremo tra i venti e i trenta in tutto, e si inizia con una breve introduzione a quello che è il progetto della radio scolastica e alle dinamiche che vi sono dietro. Dopo qualche tempo, la parola passa a Raffaele Farina, doppiatore, speaker e attore di professione, probabilmente la CRISI ECONOMICA DEL XXI persona con la voce più bella che io SECOLO abbia mai sentito, e a una profesNon sono particolarmente appassoressa che si occupa della ricerca ZABAIONE
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nell’ambito della storia della radio alla Cattolica. Raffaele ci parla del suo lavoro, ci fa eseguire qualche esercizio sull’utilizzo della voce e ci fa ascoltare alcune registrazioni “d’epoca”, come l’intervista di Calvino all’uomo di Neanderthal. Sul finire, la professoressa della Cattolica (di cui non mi ricordo il nome e me ne dispiaccio molto) dà alcuni consigli pratici ai ragazzi della redazione. Questo incontro è stato davvero molto simpatico e vorrei ricordare a te, caro lettore, che la redazione di Radiologia ha scritto un articolo sulla sua esperienza di visita al Museo del Tatuaggio. Lo trovi nelle pagine precedenti! (Chiara Malaponti) Durante i tre giorni di cogestione il Collettivo ha tenuto diverse assemblee di dibattito su temi di attualità che coinvolgono gli studenti in prima persona. E’ stato redatto e perfezionato il documento che contiene le proposte degli studenti riguardo al progetto dei cinquanta minuti. Per la loro natura di continuo scambio, è difficile dare una cronaca esatta di queste assemblee. Solo una ragazza della redazione, molto attiva nella prima della serie, ne ha dato una cronaca efficace.
ALTERNANZA SCUOLA-LAVORO
L’assemblea del 29 febbraio indetta dal Collettivo sull’alternanza scuola lavoro si è soffermata principalmente a studiarne gli effetti su altri tipi di scuole, come gli istituti tecnici e quelli professionali. Sono 13
ATTUALITÀ state invitate due ragazze a rappresentare queste tipologie di scuole e a raccontare la loro esperienza e le loro opinioni in merito. Dalla discussione sono usciti alcuni temi: si è parlato soprattutto di il sovraccarico di lavoro per gli studenti, di infiltrazione delle aziende private nell’istruzione pubblica, della maggiore differenziazione fra scuole di serie A e scuole di serie B e della natura di ricatto che assumerebbe la riforma. Le due ore sono state piene e sono stati tirati fuori argomenti interessanti, ma languiva terribilmente il dibattito. Anche da parte del pubblico c’è stato grande furore nella critica all’alternanza scuola lavoro, furore abbastanza scontato considerando che i favorevoli o gli ignavi difficilmente avrebbero presenziato a un dibattito di due ore sull’argomento. Nel complesso ci sono stati spunti interessanti, ma languiva decisamente il dibattito, inteso come confronto di almeno due punti di vista. Detto questo non voglio in alcun modo attaccare il Collettivo, che anzi ha il merito di essersi occupato di un argomento così importante per noi studenti, ma avrei preferito una maggiore apertura al dialogo, carente per certi versi anche da parte del pubblico. (Anna Lunghi)
BAIL IN, IL SABOTAGGIO DELLE BANCHE
Lunedì 29 febbraio si è tenuta una conferenza, con relatrice la dottoressa Maria Pierdicchi, dal titolo: “Bail in: il sabotaggio delle banche”. L’argomento è sicuramente tanto attuale quanto complesso e due ore di tempo sono state il minimo indispensabile per uscire con le idee almeno un po’ più chiare di prima. Si è parlato in generale del rappor14
to fra banche, risparmiatori e investitori e della crisi economica che da circa dieci anni sta attanagliando l’Unione Europea. In questo modo si è arrivati, appunto, al “bail in”, termine entrato ufficialmente in vigore dal 1 gennaio 2016 con una speciale direttiva dell’Unione Europea: significa “salvataggio interno”. Questo meccanismo salvabanche è applicato in tutti i Paesi dell’UE, che prima erano regolamentati ciascuno in modo divers e in parole estremamente semplici è l’eventuale svalutazione di azioni e crediti, con la loro relativa conversione in azioni, per assorbire le perdite e ricapitalizzare una banca in difficoltà. La relatrice, in sintesi, ha spiegato che quando una banca è in crisi grave, come si dice “in dissesto”, viene disposta la risoluzione della banca stessa: significa dare il via alla ristrutturazione dell’istituto con l’intervento di manager esterni. In caso di dissesto, la Banca d’Italia può trasferire le attività a una “bridge bank” (banca ponte) che se ne occuperà temporaneamente, oppure trasferire le attività in crisi a una “bad bank” (cattiva banca) che ne gestirà la liquidazione, oppure ancora potrà applicare il Bail in. (Giorgio Colombo)
IMMIGRATI DI SECONDA GENERAZIONE
Durante la prima fascia di lunedì, si è tenuto nella palestra esterna un dibattito con tre giovani: Hassan Abd Alla, un ragazzo nato nel 1993 da due genitori egiziani e ora presidente dei Giovani Musulmani; Erika J Lin, una studentessa della Bocconi, figlia di una famiglia cinese trasferitasi in Italia; Ozlem Mizjin, una ragazza curda arrivata in Italia all’età di sette anni. I tre giovani MARZO 2016
hanno in comune di essere figli di genitori immigrati, che hanno trascorso gran parte della loro vita nel nostro Paese. Ognuno di loro ha raccontato la propria storia e l’accoglienza ricevuta in Italia. Singolare e drammatica è, in particolare, la storia di Ozlem, che ha tentato con la sua famiglia di raggiungere l’Italia per ben tre volte, prima di riuscirci; però, con l’arrivo nel nostro Paese i problemi non finirono: infatti, il padre scomparve e nessuno ebbe più sue notizie, finché dieci anni dopo, rilasciato dal carcere, riuscì a ritrovare la sua famiglia. Con la mediazione di una studentessa di seconda liceo, Carlotta Scozia, i tre ragazzi hanno risposto volentieri alle numerose domande degli studenti, fornendo ciascuno il proprio punto di vista. E’ stato un incontro molto piacevole e interessante, che aveva i tratti di una conversazione tra amici. (Alice Alessandri)
LEZIONI DI FUTURO: LE 10 TECNOLOGIE E INNOVAZIONI CHE STANNO CAMBIANDO IL MONDO
“Buongiorno a tutti, sono Andrea Latino, e la mia è una storia di riscatto” Di riscatto perché, come il nostro relatore ci ha raccontato per buona parte della conferenza, da nerd bulleggiato del tipo non-combinerai-mai-nulla-nella-vita, è stato nominato da Repubblica “uno dei 20 ventenni italiani che cambieranno il mondo”. Si doveva parlare delle dieci tecnologie che, come il nostro relatore, cambieranno il mondo. Dopo i primi due o tre termini super tecnologici che “noi della nuova generazione” avremmo dovuto conoscere, ma che ci hanno invece lasciato parecchio perplessi
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ATTUALITÀ (come smart-cities, big data, sistemi IOT…), il discorso è passato a temi decisamente più stimolanti. Abbiamo discusso animatamente sul diritto all’informazione e sul diritto all’oblio e il nostro onnisciente relatore, dall’alto della sua età (20 anni precisi) ha cercato di sconcertarci parlando di cloud computing e ripetendo innumerevoli volte che non abbiamo la sovranità dei dati e delle informazioni che mettiamo su social network. Ma il vero punto di forza della conferenza, che ha lascato tutti a bocca aperta è stato il breve video sugli Atlas robot, iniziativa della BostonDynamics: un Atlas, grazie alla sua intelligenza artificiale, riesce a camminare su terreni accidentati, a sollevare scatoloni e a spostarsi se questi gli vengono allontanati. La ricerca ha fatto enormi passi avanti in questo campo, e in soli 4 anni i risultati sono pazzeschi. La rivoluzione, quando arriverà, sarà sul mondo del lavoro: ci sostituiranno di certo nei mestieri più meccanici e, se si continua a questa velocità, presto potranno provare sentimenti ed emozioni come noi. Questi sono dati certi, direttamente dalla bocca di Andrea Latino, uno dei 20 ventenni che cambieranno il mondo. E se i robot vorranno vendicarsi dei loro padroni umani, se ci supereranno in intelligenza ed efficienza, se capiranno che loro sono superiori e che potrebbero regnare su di noi? Vi lascio questi dubbi, che sono più o meno le cose che mi sono passate per la testa verso la fine del discorso. Come conclusione, sono convinta che il tema proposto sia stato spiegato e discusso veramente bene. Andrea Latino, pur essendo arrogante fin nel midollo, ha ragion di esserlo. (Giulia Covini) ZABAIONE
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CASA MAGICA
La fondazione Casa Magica è nata dall’impegno di volontari e vive solo ed esclusivamente grazie a donazioni. Aiuta bambini, disabili o persone con situazioni familiari non facilissime a integrarsi, a socializzare o più semplicemente a superare momenti difficili. Accoglie bambini della fascia d’età tra i 6 e i 14 anni. La sede della fondazione si trova in Corso Sempione ed è aperta a tutti coloro che hanno voglia di dare una mano, ma bisogna avere 18 anni o più; è aperta tutti i giorni dalle 15.00 alle 19.00. A Casa Magica i volontari alternano con i ragazzi ore di studio e aiuto scuola con ore di giochi e svago. Si preparano anche attività esterne e vacanze di più giorni (generalmente in montagna), in modo che i bambini si divertano e leghino con gli altri. Ogni due settimane si tiene una riunione con tutti i soci ed i volontari della fondazione, generalmente il martedì. Casa magica ha a disposizione, sia per ragazzi ma anche per i volontari, psicologi e pediatri. (Tommaso Venco)
IN MEMORIA DI UMBERTO ECO
L’assemblea in memoria di Umberto Eco, scomparso poco tempo fa, è stata tenuta dal professor Marchesini su richiesta degli studenti. Ha cominciato parlando dello scrittore scomparso, sostenendo che fosse uno dei più grandi letterati italiani, sia per le sue opere sia a più livelli per il suo grandissimo impegno civile e sociale. Ha proseguito spiegandoci, in sintesi, quella che era stata la vita di Umberto Eco, dalla nascita fino a qualche anno prima della sua morte: quali erano le sue passioni, quali gruppi frequentava
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e quali erano i suoi pensieri e la sue opinioni davanti ai nuovi cambiamenti sia letterari, sia filosofici sia tecnologici della seconda metà del ‘900. Inoltre, ci ha presentato quelli che sono i suoi manoscritti più famosi e ce ne ha illustrato il significato. Infine abbiamo parlato del funerale di Eco: egli era, come spesso si definiva, una persona laica oppure era credente come (secondo il parere di alcuni) lascia intravedere in alcuni dei suoi testi? La mia opinione personale su questa assemblea è davvero positiva: il professore ha spiegato molto bene e si vedeva che quando parlava ci metteva passione. Le stesse curiosità sullo stile di vita e sulla persona di Eco sono state molto interessanti. Stat rosa pristina nomine, nomina nuda tenemus. (Tommaso Venco)
“WE ARE NOT GOING BACK”. ESPERIENZA DEL PRESIDIO NO BORDER A VENTIMIGLIA
Primo giorno di cogestione, palestra piccola: un ragazzo volontario a Ventimiglia ci ha raccontato le vicende di quest’estate legate ai migranti che, in risposta alla chiusura delle frontiere, hanno formato un presidio, manifestando la volontà di non fermarsi e rivendicando la libertà di movimento. Lui e gli altri sono riusciti a istituire un campo autogestito dai migranti, che gli hanno raccontato le loro storie e speranze. Ci ha parlato un po’ di cosa voglia effettivamente dire sbarcare in Italia e doversela poi cavare, magari cercando di passare il confine e dirigersi in Francia o Inghilterra o ancora più a nord verso i Paesi scandinavi, nella speranza di riuscire a integrarsi e adattarsi al meglio. Ha spiegato cosa prevede la Convenzione di Dublino 15
ATTUALITÀ e in che modo uno straniero può giungere l’Europa,dimostrandoci quando sia difficile arrivare legalmente senza ricorrere ai trafficanti d’essere umani. Inoltre ci ha ricordato quanto sia importante leggere i giornali in maniera consapevole e critica per capire cosa accade realmente e quale sia il vero significato nascosto nelle notizie. (Clara Tacconi)
to davanti la metà dei presenti che erano lì perché non sapeva dove andare e stavano già pensando a cosa avrebbero mangiato, quando sarebbero tornati a casa. Tra un argomento e l’altro, per mantenere viva l’attenzione, si assicurava che fosse tutto chiaro e il suo sguardo si illuminava quando qualcuno voleva porre una domanda, anche se erano sempre le solite persone, ma chiudeva un occhio e fingeva di non accorgersene. In conclusione, L’ISLAM AI TEMPI MODERNI Sarà stata la febbre del lunedì o la direi che le informazioni principrecedente assemblea sullo stesso pali sull’Islam sono state date, ma argomento che si è svolta a scuo- se uno aveva già partecipato all’asla dopo gli attentati di Parigi, ma semblea di novembre poteva tranquesta conferenza mi è sembrata quillamente non andarci. (Sara Musuruana) piuttosto noiosa e ripetitiva. Gli argomenti trattati sono sempre quelli: la nascita dell’Islam, la divisione NUOVI REGNI, NUOVI ZAR tra sciiti e sunniti e i governi di Lo scopo dell’incontro tenutosi lumolti Paesi che danno prima mag- nedì 29 febbraio tra una trentina gior peso a una fazione, poi a un’al- di studenti e l’ex pariniano Giorgio tra. Insomma, non si può definire Ferrari, oggi inviato di Avvenire, come la migliore assemblea di tutta un signore vagamente somigliante la cogestione, ma non è stato nean- a Diego Abatantuono, era spiegache uno strazio, visti gli sforzi fatti re a noi mortali, attraverso l’espedal povero relatore che si è trova- rienza di giornalista di Ferrari, le
dinamiche che si celano dietro ai “nuovi regni” di Turchia, Iran e Russia e gli interessi che determinano le azioni dei loro governanti nell’attuale panorama politico internazionale, tra sogni di grandezza, questioni personali e alleanze più o meno di facciata. Ferrari ha assolto a questo compito in modo egregio, riuscendo a fornire un quadro completo della situazione di questi tre Stati e dei conflitti che li vedono o li hanno visti coinvolti (Crimea, Siria) senza che la sua spiegazione risultasse pesante o complicata, complice la breve durata della lezione. Certo, c’è da dire che un uomo presentatosi come un ex compagno di classe di Nello Forti Grazzini avrebbe anche potuto cercare di venderci dei frigoriferi senza per questo perdere la nostra incondizionata fiducia; in più, se asserisce pure di aver stretto la mano a Vladimir Putin, sfido chiunque a distrarsi. (Giulio Pistolesi)
MARTEDÌ 1 MARZO APPLE, EVASIONI FISCALI
Mi sono iscritta all’assemblea un po’ per caso, attirata dai nomi di grandi multinazionali come Apple, Google e Amazon, che comparivano nella descrizione dell’assemblea, e perché avevo già sentito parlare di questo argomento e volevo saperne di più. La conferenza è cominciata con una spiegazione (interessante, per l’amor del cielo, ma un po’ superflua) sul significato di corruzione, evasione e criminalità organizzata e sui danni concreti che portano al nostro paese. Quella che credevo sarebbe stata una bre16
ve parentesi si è però protratta per una buona mezz’ora, finché non si è finalmente accennato ad Apple; cinque minuti dopo, verso le dieci meno venti, si è lasciato spazio alle domande. L’assemblea si è conclusa verso le dieci e cinque, dopo qualche risposta relativa ai processi italiani. Tempo totale dedicato all’evasione fiscale da parte delle multinazionali: una decina di minuti al massimo. Google accennata una volta sola, di Amazon non si è proprio parlato. Forse sarò stata io a riporci troppe speranze, ma sinceramente mi aspettavo molto di più da un argomento attuale come MARZO 2016
questo e l’assemblea per me è stata probabilmente la peggiore di questi tre giorni. (Sara Merengo)
AIDS, LA NOSTRA MALATTIA, NON IL NOSTRO BUSINESS
A tenere l’assemblea sull’AIDS è stato il dottor Vittorio Agnoletto, fondatore nel 1980 della lega per la lotta all’AIDS italiana o “Lila”, oggi insegnante universitario e dottore. Ha iniziato raccontandoci la sua storia personale: chi era, che cosa ha fatto e che cosa fa ancora oggi per combattere e debellare que-
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ATTUALITÀ sta malattia, poiché, a parer suo, bisogna sempre conoscere chi sta parlando per poter capir bene ed affrontare adeguatamente i concetti che esporrà. Dopo essersi presentato, ci ha parlato un po’ di quella che era la storia dell’AIDS: quando, come comparì il virus e a causa di cosa. Questo fece la sua prima comparsa nel mondo verso i primi anni ’80. La causa maggiore era lo scambio delle siringhe tra eroinomani. Successivamente, ci ha illustrato come questo virus si trasmetta e quali mezzi dobbiamo utilizzare per prevenirlo: a questo scopo ha utilizzato molti esempi presi dalla sua esperienza personale di dottore. Infine, ci ha descritto la situazione degli anni in cui comparve l’ AIDS a livello politico economico delle case farmaceutiche e come la Chiesa vedesse la persone infette dall’ AIDS. Non tutta la Chiesa, spiegava il dottor Agnoletto, vedeva di buon occhio i malati di AIDS, poiché credeva se la fossero andata a cercare commettendo atti “impuri” e vietati come, secondo il suo pensiero, l’omosessualità. Di questa assemblea sono particolarmente entusiasta: è stata molto interessante e mi è piaciuta molto, molto bravo il dottor Agnoletto a spiegare. (Tommaso Venco)
INTERVISTA AL DOTTOR AGNOLETTO
Perché ha deciso di dedicarsi alla carriera medica e di concentrarsi sul virus AIDS? Io ho deciso di fare il medico perché mi sembrava il modo più concreto per aiutare la gente, soprattutto coloro che necessitavano di maggiore aiuto. Per quanto riguarda l’AIDS, questa è una storia abbastanza strana: mi ero rifiutato ZABAIONE
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di fare il servizio militare, che allora era obbligatorio, e avevo fatto domanda per fare il servizio civile. Avrei dovuto occuparmi per un anno a Milano delle persone disabili. Il ministero però per quasi 5 anni ha ignorato la mia richiesta, poi di colpo, quasi per azione punitiva, hanno deciso di mandarmi in Veneto. Nel frattempo mi ero laureato in medicina nell’ASL di Villa Franca e il direttore pretendeva che stessi seduto tutto il giorno sulla panchina al servizio dei tossicodipendenti e che prendessi le loro urine per trasportarle dall’ambulatorio al laboratorio. In quel periodo era scoppiato, nel 1986-1987, il così detto “boom” del virus dell’ AIDS. I tossicodipendenti erano i primi ad esserne colpiti e molti di loro morivano. E quindi sarei stato destinato a rimanere seduto su una panchina a vedere la gente morire senza poter fare niente. Non potendo star lì ad assistere senza intervenire, decisi di occuparmi del virus. A quel punto insieme Beppe Ramina, presidente ArciGay, insieme alla magistratura democratica, insieme alle maggiori amministrazioni sindacali e a un gruppo di giornalisti ho fondato la Lega Italiana per la Lotta Contro l’AIDS (LILA). Questa è la mia storia: da un meccanismo punitivo sono riuscito a trarre qualcosa di buono.
delle popolazioni del luogo e di prevenire l’infezione dei bambini durante la gravidanza e durante l’allattamento. Sono anche andato in Bosnia, dopo la guerra dei Balcani, cooperando con un’altra associazione che si occupavano di immigrazione. Cercavamo di limitare la diffusione di malattie infettive fra quelli che facevano uso di sostanze e quelli che si prostituivano, era un clima davvero pesante.
Durante il suo periodo in Africa ha mai dovuto affrontare superstizioni e pensieri locali riguardo al concetto del “medico bianco” o dello “straniero”? No, io non ho trovato nessun ostacolo legato alla superstizione del “diverso” o del “medico bianco”, ma anche perché noi della Lila applichiamo un metodo molto preciso: la formazione dei formatori. Utilizzavamo persone del luogo, perciò con gli stessi costumi, la stessa lingua e la stessa cultura che ci accompagnavano nei villaggi. Non eravamo mai da soli e potevano interagire di conseguenza più facilmente con gli altri del luogo. Abbiamo però avuto a che fare con altri tipi di superstizioni non legate a noi come dottori, ma legate ad esempio all’uso del profilattico o all’allattamento: una donna, se non allattava, veniva discriminata e giudicata incompleta, quasi a metà. Durante il suo seminario, lei ci In questo modo, però, se la donna aveva detto che aveva passato un è sieropositiva può trasmettere il periodo in Africa. Potrebbe par- virus al bambino. larcene più nel dettaglio? Allora, sono andato con la mia Qual era il pensiero della Chiesa associazione a lavorare al confine riguardo all’AIDS e come vedeva tra il Sud Africa ed il Mozambi- le persone malate di questo virus? co, in una zona non metropolitana La Chiesa a quei tempi era divicomposta da piccoli villaggi. Col- sa a metà, gran parte non ebbe la laboravamo con due associazioni capacità di capire quello che stava locali, di cui una di sole donne, e accadendo e definì l’AIDS come un ci occupavamo della formazione peccato, della serie “ce l’ha chi se
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ATTUALITÀ la va a cercare”: le persone infette dal virus erano infette perché avevano commesso atti impuri, contro natura, e questa era la punizione. Questa parte della Chiesa discriminava molto le persone infette da questo virus, tanti preti non hanno voluto celebrare i funerali delle persone morte a causa dell’AIDS. Un’altra parte della Chiesa invece capì, capì che si era davanti a una malattia come tante altre, ma che provocava enormi dolori e una grande solitudine nelle persone colpite. Si mise a fianco dei malati dell’AIDS e testimoniò un altro modo di vivere il Cristianesimo. Fu molto importante il gesto del cardinale Martini, che una Pasqua decise di lavare i piedi alle persone infette dal virus e segnò una forte vicinanza ai malati. La Chiesa ufficiale ebbe una responsabilità enorme nella diffusione del virus: per esempio vari papi nei loro viaggi in Africa, dove le persone siero positive sono tantissime, si battevano contro l’uso del profilattico. Le case farmaceutiche, aveva detto all’assemblea, vendevano il farmaco contro il virus dell’AIDS ad un prezzo altissimo e solo pochi se lo potevano permettere. Qual è stato il loro ruolo in quegli anni e quali disagi si sono venuti a creare? Qual è il suo pensiero personale riguardo a tutto questo? In tutto il mondo ci furono grandi manifestazioni: migliaia di persone che chiedevano i farmaci e andavano contro le case farmaceutiche e la loro politica commerciale. Io credo che non ci sia molto da commentare, è semplicemente vergognoso. Il farmaco veniva venduto a un prezzo decine e decine di volte più alto rispetto al costo di produzione e così non tutti se lo potevano permettere. Ad esem18
pio in Africa più di 24 milioni di persone dovrebbe prendere il farmaco anti AIDS, ma solo meno di 9 milioni possono permetterselo: questa è una condanna a morte a nome del profitto. Le aziende farmaceutiche sono al secondo posto per guadagni, esattamente dopo l’industria delle armi. Nei Paesi in Africa dove sono stato si vede veramente la gente morire per strada abbandonata a se stessa senza avere la possibilità di curarsi, solo perché è povera. Per di più oggigiorno paghiamo il fatto che non esistano le industrie farmaceutiche pubbliche, che in realtà dovrebbero essere la prima cosa attiva ed esistente. Lei pensa che oggigiorno i ragazzi vengano adeguatamente informati sul virus dell’AIDS e sui rischi a cui vanno incontro o no? Sono convinto che purtroppo oggi i ragazzi siano poco informati su questo, ma non è colpa loro. Infatti, sono stati tagliati tutti i fondi alle ASL in Lombardia per fare formazione e prevenzione sul virus, pensando che questo sia un tema superato e chiuso. È molto importante perciò riuscire a parlare, a spiegare e a educare i ragazzi su questo, perché non è finita. I ragazzi sono le vittime della disinformazione. (Cecilia Rivaroli e Tommaso Venco)
LABORATORIO: COME OTTENERE LA COLLABORAZIONE DEGLI ALTRI
Nonostante il titolo fuorviante, abbiamo assistito a una lezione molto vivace e partecipata sulla negoziazione, un termine di cui si sente parlare molto ma che nessuno approfondisce mai. La negoziazione è un processo che serve per ottenere la collaborazione altrui, indipendentemente dal successo che si otMARZO 2016
tenga con questa negoziazione, di solito un accordo. Dunque anche chiedere al bar un caffè in cambio di un euro è una negoziazione. Infatti, nella vita si negozia sempre, perciò le negoziazioni sono catalogate in tanti livelli: dal caffè al bar, alla discussione in assemblea, dalla riunione d’affari al vertice per evitare una guerra, fino alle cosiddette “do or die”: gli ordini dati con la pistola puntata tipici dei film d’azione. Attraverso giochi simpatici, la professoressa Cinà ci ha guidati con maestria nell’ambito di fare accordi, cosa che si è rivelata più difficile del previsto. Inoltre, introducendoci proprio in una situazione “do or die”, ci ha fatto capire con altre attività ludiche l’importanza che lo stress gioca nelle nostre decisioni e l’incapacità di fare una cosa banale come mettersi d’accordo. (Mattia Colombo)
IVAN IL POETA
Come va? A questa domanda, che poniamo o che ci viene posta ogni giorno, il più delle volte si risponde “Bene, grazie!”. Non è pensabile però che tutti si sentano sempre bene e allo stesso modo: bisognerebbe trovare, in ogni momento, la parola più adatta a definire il nostro stato d’animo. Così è iniziato l’incontro con Ivan, un ragazzo che, dopo aver compiuto con qualche difficoltà il suo percorso scolastico, ama scrivere poesie e lo fa sui muri di Milano, alla luce del sole e con la sua firma. Ivan ha fin da subito attirato l’attenzione e coinvolto tutti gli studenti, che ha fatto sedere sui banchi dell’emiciclo del primo piano. Con lui abbiamo affrontato argomenti diversi, riuscendo a combinare l’ironia con la serietà: uno di questi è stato il valore che
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ATTUALITÀ le parole hanno e hanno avuto nel corso degli anni. Avete mai pensato che “volgare”, un termine oggi con un’accezione negativa, deriva da vulgus e quindi farebbe propriamente riferimento a tutto quanto riguarda il popolo? E sapevate che “cafone” deriva dal toscano “c’a fune”, che indicava i contadini che trascinavano gli animali? Siamo passati poi alla lettura del V canto dell’Inferno della Divina Commedia, il celebre episodio di Paolo e Francesca: Ivan ha dato la sua interpretazione e un suo commento personale che ci ha fatto riflettere, rendendo così l’incontro uno dei più riusciti e stimolanti. (Alice Alessandri)
I SENTINELLI DI MILANO
Durante l’assemblea con tre esponenti de “I Sentinelli”, un gruppo nato in difesa della libertà di espressione e scelta, si è parlato di tante cose: del ddl Cirinnà, argomento scottante di questo periodo, della parità di diritti, della questione sull’utero in affitto, di quanto sia essenziale la laicità in uno stato, della legge 194 sull’aborto; ci siamo scambiati pareri e abbiamo condiviso varie esperienze. Credo che i presenti abbiano trovato l’incontro interessante e istruttivo, infatti la maggior parte degli studenti ha partecipato in maniera attiva. Abbiamo avuto modo di costatare quanto l’Italia sia ancora arretrata per quanto riguarda le pari opportunità e i diritti degli omosessuali,
cercando di capire per quale motivo e che cosa possiamo fare noi ragazzi, oltre ad informarci ed essere sensibili a ciò che accade intorno a noi. Riflettendo e confrontando la situazione di “libertà” italiana con quella di altri Paesi, si è arrivati a ribadire quanto è importante avere uno Stato solido e laico affinché i diritti di tutti siano garantiti. (Clara Tacconi)
IL TERZO SEGRETO DI SATIRA
Nel “recensire” questa assemblea – per quanto queste poche righe possano essere considerate una recensione – parto già da una prospettiva di parte. Seguo il Terzo Segreto su Youtube già da qualche tempo e mi piacciono molto, mi fanno veramente ridere. Quindi, quando ho saputo che avrebbero parlato al Parini, mi sono sentita un po’ come un’undicenne prima di un concerto di Justin Bieber. Nonostante qualche problema tecnico con le casse e un momento di semivuoto per la prima mezz’ora, ho trovato questa assemblea molto divertente. I ragazzi del Terzo Segreto di Satira hanno proiettato dei loro video e li hanno commentati, raccontando qualche aneddoto al riguardo. E niente, io li trovo geniali. Se non sapete di cosa io stia parlando, scaraventatevi su Youtube e scrivete il loro nome nella barra di ricerca. (Chiara Malaponti)
LE CRISI E LE GUERRE DEL MEDIORIENTE
Non particolarmente incuriosita dai titoli delle altre assemblee, durante la seconda fascia del secondo giorno di cogestione ho deciso di andare ad un’assemblea tenuta dal giornalista Barberini a tema Medioriente, argomento che, tutto sommato, mi attira sempre, essendo convinta che ci sia sempre qualcosa di nuovo e importante da sapere a proposito. Barberini ha cominciato illustrandoci su una cartina la zona geografica di cui ci saremmo occupati per le due ore successive e sottolineandoci quanto quell’area sia e sia stata strategica; ci ha inoltre sottolineato che non bisogna parlare solo di mondo arabo, ma di mondo arabo-islamico, non essendo tali i Turchi, i Curdi e gli Iraniani. Dopo aver parlato della situazione mediorientale e principalmente di quella siriana, si è spostato in Libia, nella New York del settembre 2001, in Russia e in Italia, concludendo con il cosiddetto “inverno democrafico”. Proprio quest’ultimo punto trattato mi ha colpita particolarmente, non essendo consapevole del calo della popolazione cui stiamo andando incontro. Sono uscita dall’assemblea molto soddisfatta e per niente stanca o annoiata, cosa che in questi casi, secondo me, è più che positiva. (Althea Barrese)
MERCOLEDÌ 2 MARZO presidente di Italian Climate Network) ha illustrato a degli studenti Durante la prima fascia dell’ultimo il tema del cambiamento climatico. giorno di cogestione, nella palestra Il titolo: Orizzonte 2020, riferito piccola Federico Antognazzi (viceall’anno scelto dall’accordo di Pa-
ORIZZONTE 2020
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rigi di questo inverno. L’incontro è iniziato con un video riassuntivo di ciò che è accaduto negli ultimi anni tra i Paesi europei, dall’accordo di Kyoto (accordo internazio19
ATTUALITÀ nale che prevedeva la riduzione delle emissioni di CO2, che sono la causa del riscaldamento globale) in poi. Purtroppo per chi, come noi, non sa riconoscere gli Stati dalle bandiere, il video risultava incomprensibile. Il resto dell’assemblea è stato una spiegazione sugli impatti dell’inquinamento sull’ambiente. Il relatore ha coinvolto gli studenti con esempi pratici e domande, alle quali i Pariniani hanno saputo rispondere, trovando possibili soluzioni. Il tutto si è concluso con il consiglio di un film da vedere a scuola alla prossima cogestione: Home. (Federica Bublil e Mariaemilia Luca)
A NEW EDUCATION PARADIGM
L’assemblea, tenuta dal professor Fabio Di Martino, ha avuto luogo mercoledì 2 febbraio nell’emiciclo del primo piano. Il professore ha iniziato l’assemblea sottolineando il fatto che quello a cui avevamo deciso di partecipare era un TALK DEBATE e che quindi noi eravamo tenuti a interagire, fare domande e, insomma, partecipare attivamente all’evento. Dopodiché ha chiesto a qualcuno di noi cosa ci aspettassimo da questo dibattito. Quindi ci ha fatto vedere un video su Youtube, intitolato: “RSA ANIMATE: CHANGING EDUCATION PARADIGMS”, che spiegava le modalità di insegnamento di oggi, i pregiudizi che si hanno su questi, come cambiare in meglio l’insegnamento e ce l’ha commentato e spiegato. Ha poi affermato che il metodo da utilizzare per l’insegnamento non è il metodo deduttivo, ossia tentare di far assorbire più concetti possibili agli studenti, ma quello induttivo, ossia farli ragionare partendo da un aspetto del reale per farli arrivare ad elaborare 20
un modello interpretativo del fenomeno. In questo modo, vivendo un’esperienza sulla propria pelle, gli studenti si sentono “fully alive” e sono spinti ad appassionarsi alla dinamica della conoscenza. Il professore ci ha poi mostrato la piramide delle capacità che si devono stimolare negli studenti: la base è rappresentata dalla memoria, dopodiché vengono rispettivamente il capire, l’applicare, l’analizzare, il valutare e, in cima alla piramide, il creare. Ὁ μῦθος δηλοῖ che non si può solo ricordare, ma bisogna partire da questo per poi arrivare alla cima della piramide, cioè alla elaborazione di qualcosa di originale. L’assemblea, insomma, è risultata divertente, coinvolgente e utile, sia per ciò che è emerso dal dibattito sia per la nostra capacità di usare l’inglese, e ci ha lasciato un metodo per l’approccio della conoscenza della realtà. (Edoardo Fracchiolla)
OCULUS MUNDUS MINOR
Mercoledì, nella prima fascia oraria, in aula magna si è tenuta un’assemblea molto interessante, nella quale alcuni ricercatori del Politecnico di Milano hanno mostrato le caratteristiche di due nuove tecnologie che potranno rivoluzionare il futuro più prossimo: il visore Oculus Samsung Gear (chiamato amichevolmente dalla relatrice “Occhioni”) e le stampanti 3D. Ho avuto la fortuna di essere tra i ragazzi che hanno testato l’Oculus durante l’assemblea: mi sono trovata a salire sul palcoscenico del Teatro Farnese di Parma, mentre ad ogni minimo movimento dei miei occhi o della mia testa potevo vedere le scenografie muoversi, cambiare e avvicinarsi a me. È stata un’esperienza incredibile, che speMARZO 2016
ro di poter ripetere presto. (Zoe Tragni)
STORIA DELLA REGIA TEATRALE
Il teatro è un ambito che mi ha sempre attirata in un qualche modo, quindi nella seconda fascia dell’ultimo giorno di cogestione ho deciso di andare a sentire l’assemblea sulla regia teatrale, svoltasi in palestra grande. Il relatore era Beppe Navello, un regista teatrale (chi l’avrebbe mai detto), che comincia la sua assemblea chiedendoci che idea avessimo della regia e cosa faccia, secondo noi, un regista. Un ragazzo coraggioso dice che il regista è colui che organizza la scena. Sì, ci siamo quasi, ma alla fine ci mette quaranta minuti a dare una definizione vera e propria. Dopo questa lunghissima introduzione comincia a parlare di commedia greca e arriva poi ai giorni nostri citando registi e non, parlando di Commedia dell’arte del XVI secolo, di Hegel (che, tra l’altro ha dato una buona definizione di regista: il regista è il creatore dello spettacolo), di Pirandello, Strehler e Visconti. Allora, insomma, l’argomento era anche interessante, ma ho trovato che sia stato presentato in maniera non molto coinvolgente: lo sbadiglio ogni tanto ci è scappato tranquillamente. (Althea Barrese)
SMART-WORKING E CO-WORKING
L’assemblea, tenuta dalla giornalista del Corriere della Sera Rita Guarzè, che ci ha parlato di smart working, affiancata da un’altra relatrice, membro di Startup, che invece ci ha parlato di co-working, ha avuto luogo nell’emiciclo del primo piano mercoledì 2 febbraio in seconda fascia. Ha iniziato a parlare, occupando un’ora di tempo, Rita
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ATTUALITÀ Guarzè, che ha definito lo smart working come un “lavoro che puoi fare dove e quando vuoi, valutato sugli obiettivi raggiunti e non sul tempo che si impiega”. Smart working è, infatti, una modalità di lavoro più comoda e conveniente che permette all’impiegato di lavorare quando e dove vuole. Così facendo si risparmia sullo spazio che l’azienda per cui lavora gli deve fornire ed è conveniente anche per l’impiegato, che può lavorare tranquillamente a casa. Si sono poi elencati per mezz’ora i pro che lo smart working comporta. Lo smart working però, se usato eccessivamente rischia di diventare angosciante, perciò tutto dipende da come si realizza (a questo proposito vi consiglio di leggere il racconto di Giovanni Verga “Rosso Malpelo”, ove si vedono i danni del lavoro, cosiddetto a “cottimo”). Per quanto riguarda il co-working, parla una simpatica ex pariniana, che definisce il coworking come una “modalità in cui dei lavoratori condividono spazio, idee e conoscenza”. La base di questo, infatti, è
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la condivisione del luogo di lavoro, mantenendo un’attività indipendente. Tra le parentesi più gustose, quella sulle merende organizzate! L’assemblea termina con l’invito ad andare a frequentare il loro spazio che, a quanto ho capito, si trova in via Paolo Sarpi. Ci sarà spazio anche per la condivisione delle merende? Opinione sull’assemblea? Personalmente ritengo troppe le due ore concesse alle relatrici, che, dovendo occupare tutto il tempo concesso, sono risultate ripetitive e abbastanza noiose. (Edoardo Fracchiolla)
mosfera rilassata, eliminando la sensazione di essere di fronte a un professore o a un adulto in generale. Hanno presentato il progetto, parlando anche di come si sono divisi il lavoro, perché al Parini sono venuti solo in quattro, ma sono numerosi a lavorarci. La parte migliore è arrivata verso la fine, quando hanno smontato il modellino di un razzo che avevano portato per mostrarci la sua struttura e ci hanno anche fatto maneggiare la punta, dove si trova il paracadute. Di questa assemblea non mi è rimasto particolarmente impresso il razzo o altre nozioni di aeronautica, ma piuttosto la passione con cui ne SKYWARD Il titolo dell’assemblea non ha ispi- parlavano, grazie alla quale hanno rato molte persone (a dire il vero coinvolto tutti i presenti. (Sara Musuruana) neanche me, mi ci sono voluti 10 minuti per capire di cosa trattasse), ma contro ogni aspettativa si è PNL rivelata essere molto interessante. Non riponevo troppe speranze in I relatori erano studenti del Po- quest’assemblea, ma devo ammetlitecnico con un grande proget- tere di essermi completamente to: costruire un razzo e mandarlo sbagliata: è stata probabilmente nello spazio. La loro giovane età una delle migliori a cui io sia stata gli ha permesso di rivolgersi a noi durante la cogestione. con spontaneità e di creare un’at- Andreas Schwalm ci spiega come migliorare il metodo di studio concentrandoci su ciò che ci riesce meglio, ma soprattutto ci insegna a riconoscere con quali metodi produciamo di più: quale senso usiamo per ricordare, se notiamo prima le differenze o i punti d’incontro, se ci interessa più il procedimento o il risultato. Ci mostra come rapportarsi con gli altri per metterli a loro agio e sviluppare un dialogo più positivo (anche con i professori!). Insomma, bilancio assolutamente positivo: argomento interessante, relatore simpatico, attenzione alta per tutta la durata della conferenza. Mi spiace per chi se l’è persa! (Sara Merengo)
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SPORT
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A CURA DELLA REDAZIONE
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PUGILATO
Nella seconda fascia oraria di mercoledì 2 marzo, ultimo giorno di cogestione, ho assistito ad una presentazione relativa alle tecniche base del pugilato. La presentazione è stata tenuta da sei ragazzi dall’associazione sportiva dilettantistica “Boxeisland”, che ha la propria sede nel quartiere Isola, e dal loro istruttore (ci tengo a specificare che più della metà del pubblico era di sesso femminile, eheh!). Per la loro esibizione è stata messa a disposizione la palestra esterna. Appena entrati, hanno cominciato con un classico riscaldamento, tra cui il salto della corda, finalizzato al miglioramento della resistenza, e l’allenamento a corpo libero, atto invece allo sviluppo della massa muscolare. 22
Dopodiché hanno mostrato le principali attrezzature che vengono utilizzate nella boxe: guantoni e colpitori. L’istruttore ci ha poi spiegato quanto sia importante mantenere un costante contatto con l’avversario, soprattutto per poter anticipare le sue mosse, e il miglior metodo per combattere, dice, è sicuramente quello in cui si utilizza una sola mano per colpire, mentre l’altra è volta esclusivamente alla difesa. Egli sostiene inoltre che sia l’unica arte marziale in cui esista un effettivo contatto fisico, ma, da incallita praticante di taekwondo, devo ahimè contraddirlo. In più, ci tiene a precisare che una sana alimentazione è alla base dello stile di vita di un buon pugile, perché, essendo divisi in categorie di peso, l’atleta deve riuscire a mantenere MARZO 2016
un ottimo peso-forma per poter salire sul ring. In aggiunta, ci rivela che raccomanda sempre ai suoi allievi di indossare, sia per l’allenamento, sia per l’incontro vero e proprio, capi d’abbigliamento funzionali, dinamici, che non vadano ad intaccare il lavoro dell’agonista. Probabilmente, quello che più ha deluso gli studenti spettatori è stato il fatto che questi ragazzi abbiano fatto la loro esibizione della durata di circa un’oretta, senza poi offrire la possibilità agli studenti stessi di cimentarsi e provare qualche tecnica. In ogni caso, dalle prime impressioni raccolte a caldo, sembra che questa “proposta alternativa” abbia soddisfatto abbastanza i Pariniani presenti all’incontro. (Sofia Ciatti) Anno X
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SPORT
TORNEI DI CALCIO
DI GUGLIELMO PENSABENE
GINNASIO
LICEO GIRONE A
LICEO GIRONE B
SQUADRE
PUNTI
PART.GIOC.
SQUADRE
PUNTI
PART.GIOC.
SQUADRE
PUNTI
PART.GIOC.
5C
18
6
2D
6
2
2B
7
3
5D
13
7
2A
6
3
1D
4
2
5E
11
7
3A
0
2
3D
3
2
4F
7
8
4A
6
8
5A
6
6
Si qualificano la 2D e la 2A al gironcino finale senza bisogno dell’ultima partita.
Questo è un classico girone all’italiana, che la 5C sta conducendo con ampio margine, quando manca ancora un terzo del campionato.
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La 2B è qualificata alla fase finale del torneo, mentre la 1D e la 3B si contenderanno la qualificazione nell’ultima partita, con data ancora da destinarsi.
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CINEMA
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A CURA DELLA REDAZIONE
LUNEDÌ 29 FEBBRAIO LA COSA
Lunedì le aule emiciclo del primo e del secondo piano si sono affollate per “La Cosa”, film horror degli anni Ottanta (che però non ha niente a che vedere con “I Fantastici Quattro”). Fortunatamente ero già in emiciclo grazie all’assemblea precedente e così sono riuscita ad avere un posto, mentre molti altri sono stati costretti a sedersi per terra o sui gradini. Il film non era un granché come horror, visto nel 2016, principalmente perché gli effetti speciali erano quelli disponibili negli anni ‘80, ma sono stata comunque molto contenta di essere andata a vederlo perché è stato un po’ diverso dalle solite assemblee. Unico difetto forse il brusio in sala e la confusione causata delle persone che continuavano ad entrare anche a film iniziato. (Sara Merengo)
do una breve introduzione al film documentario che avremmo visto. Pasolini prende spunto dalla tragedia dell’Orestiade di Eschilo, la cui trama penso che sia nota a molti: dopo essere tornato dalla guerra di Troia con la schiava troiana Cassandra, Agamennone, re di Argo, si trova a dover affrontare la vendicativa moglie Clitennestra che
brama con il suo amante Egisto di uccidere il marito. Dopo essere riuscita nel suo intento, Clitennestra sarà però uccisa dal figlio Oreste che vendicherà quindi il padre. Pasolini, desideroso di incarnare la tragedia di Eschilo nei drammi sociali e politici del Terzo Mondo degli ultimi decenni, percorre tre stati africani (Kenya,
APPUNTI PER UN’ORESTEADE AFRICANA
Il professor Scarpis ha aperto la cogestione tenendo un’assemblea su “appunti per un’Orestiade africana”, film documentario italiano del 1970, diretto da Pier Paolo Pasolini. La maggior parte della gente (compresa la sottoscritta) era lì per il nome del relatore e non aveva la più pallida idea del tema che si sarebbe trattato. Ma non è stata un’assemblea divertente, è stata profonda. Il professore ha iniziato facen24
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Tanganika e Uganda) alla ricerca di volti e fenomeni che rappresentino con immagini reali e non artificiali Clitemnestra, Egisto, Agamennone, Elettra, Oreste e Pilade. Nel mentre di questa estenuante ricerca, che è il film stesso, ci sono dei momenti di stacco in cui il materiale raccolto da Pasolini viene presentato a studenti africani di Roma per verificare l’idea di fondo e per risolvere meglio il problema della datazione della moderna Orestiade, se negli anni ‘60 o in quelli successivi.
Il film è quindi il tentativo di trasferire la tragedia di Eschilo nell’Africa moderna, utilizzando straordinari stratagemmi per farci seguire quella che alla fine è una storia (come i dieci minuti di musica jazz accompagnati dagli strilli dei cantanti Archie Savage e Yvonne Murray per rendere il tormento di Cassandra). “Appunti per un’Orestiade africana” è un infinito documentario in bianco e nero che ha come sottofondo la voce di Pasolini per tutta la sua durata, eppure, anche
CINEMA
se la notte precedente avevo dormito solo un’ora, sono riuscita a trovarlo interessante... Pasolini allora era un genio. Questa recensione racchiude solo qualche miserabile spunto rispetto a tutto quello che si potrebbe dire su questo film, quindi sta a voi trovare il tempo e la voglia per vederlo. L’unica cosa che vi posso assicurare è che alla fine vi rimarrà qualcosa. (Isotta Manfrin)
MARTEDÌ 1 MARZO PASCOLI E KUBRICK
Sono molti a chiedersi cosa mai possa aver spinto il professor Aldo Scarpis a prodursi in una conferenza su Pascoli e Kubrick. Forse è per questo che l’emiciclo del primo piano è gremito, in quel mercoledì primo marzo. Dopo che tutti
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hanno preso posto, arriva lui. Aldo Scarpis. Un uomo la cui semplice presenza basta a far finire questo articolo in “cinema”. Poi, può anche parlarci di conigli o barbabietole da zucchero o valigie in similpelle. Invece no, ci parlerà proprio di cinema. Anche se, ci avverte,
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ci ha imbrogliati. “Kubrick c’entra, ma non così tanto”. Brontolio sommesso. “In compenso c’entra Hitchcock”. Sospiro di sollievo. Nel frattempo alle sue spalle vengono aperte decine di finestre di Google contenenti altrettante poesie di Giovanni Pascoli. A quanto pare sarà proprio lui, l’allegrone di Romagna, a costituire il principale argomento di questa conferenza. Non sarà un incontro alla pari. Qual è il gioco di Scarpis? Farci vedere il Pascoli attraverso il cinema. Perché, anche se “Pascoli con il cinema non c’entra niente perché è morto nel 1912”, a quanto pare la settima arte può offrirci uno scorcio del tutto nuovo sull’opera del Giovanni. Sarà vero? Vediamo. Una delle prime cose che Scarpis ci dice è che il cinema è un’arte visiva. Nessuno ha niente da obiettare. La poesia, invece, non lo è. Pascoli non disponeva di cineprese. Non era un pittore, né uno scultore. Ma noi, quest’oggi, vedremo che il poeta non si è fatto certo intimidire dalle limitazioni della carta. No, perché quello che 25
CINEMA Scarpis tiene a lasciarci, e lo mette in chiaro fin dall’inizio, è la capacità del poeta romagnolo di creare immagini, pur potendo fare affidamento solamente sulla parola. Sì, perché Pascoli, per ottenere l’effetto desiderato, era in grado di utilizzare gli artifici espressivi più spregiudicati, cose che sarebbero venute in mente ai pionieri della pellicola solo un bel po’ di tempo dopo l’inumazione in terra toscana del Nostro. E non si tratta solo delle celebri onomatopee (chiù… chiù… chiù…): possiamo rintracciare, nelle poesie di Pascoli, anche effetti più marcatamente cinematografici, come quando Achille cade a terra nel componimento intitolato alla sua cetra, immagine che evoca immediatamente nella nostra testa un rallentatore. Insomma, il ragazzo la sapeva lunga, e, per darcene un’ulteriore prova, Scarpis attacca a confrontare componimenti pascoliani con celebri scene di film: il finale di 2001: Odissea nello spazio ci appare così soprendentemente simile al Gelsomino notturno, ora che la mette in questo modo, e lo stesso vale per La tovaglia, che adesso ricorda così tanto Il sesto senso. Così trascorrono le due ore, discutendo placidamente, ché tanto c’è tempo (l’interattività sarà a mio avviso uno dei punti di forza della conferenza); e alla fine vien quasi da immaginarselo, un Pascoli che, sul set della Cavalla storna, sbraita dalla sua sedia da regista qualcosa a un cameraman indolente: “mi raccomando, centra bene sul cadavere del padre! Devono VEDERLO, santo cielo!” (Giulio Pistolesi)
riniani hanno fatto a gara per aggiudicarsi uno dei circa cinquanta posti disponibili nell’emiciclo del secondo piano. Infatti lì è stato proiettato “Il nome della rosa”. Questo film è ispirato all’omonimo romanzo dello scrittore italiano recentemente scomparso, Umberto Eco. La storia è ambientata in epoca medioevale ed è raccontata dalla voce fuori campo di Adso da Melk, che da giovane era stato discepolo di Guglielmo da Baskerville. Quest’ultimo è un frate francescano inglese ed un ex-inquisitore, al quale è stato chiesto di andare in un’abbazia benedettina per partecipare ad un concilio francescano.
Durante la permanenza sua e di Adso gli viene chiesto di indagare sulle strane morti di alcuni monaci: infatti, dentro alle mura di questo monastero si celano molti misteri che il colto Guglielmo da Baskerville cerca di risolvere usando la logica, al contrario di tutti gli altri che si convincono del fatto che sia tutta opera dell’Anticristo. La visione di questo film è stata supervisionata dallo stesso relatore che il giorno prima aveva parlato in memoria di Umberto Eco: il professor Danilo Vittorio Marchesini. (Mariaemilia Luca e Federica Bublil)
IL NOME DELLA ROSA
Il secondo giorno di cogestione, durante la prima fascia, molti pa26
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MUSICA
A CURA DELLA REDAZIONE
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MARTEDÌ 1 MARZO ELETTRO-SWING
L’anno scorso gli studenti Giacomo Paci e Jacopo di Napoli avevano organizzato un’assemblea a ritmo di elettro-swing che aveva fatto ballare quasi mezzo Parini. Quest’anno, una volta giunta in palestra grande per prenderne parte di nuovo, mi sono ritrovata davanti gli ormai universitari relatori. Mi hanno raccontato di essere stati
invitati da alcuni pariniani il giorno precedente, motivo per cui non avevano avuto tempo di prepararsi sulla parte “teorica”dell’assemblea ed erano riusciti a portare solo la loro musica. Nonostante i loro sforzi, la gente inizialmente non ballava: eravamo tutti appoggiati sui muri della palestra salvo qualche coraggioso che cercava di accendere la fol-
la ballando al centro della sala. Poi Giacomo e Jacopo se ne sono andati dall’assemblea e, non so come, sono iniziate a partire una serie di canzoni che erano tutto tranne che elettro-swing. Le persone, coinvolte dalla musica commerciale, si sono scatenate e la palestra si è trasformata in una discoteca con la luce. (isotta Manfrin)
MERCOLEDÌ 2 MARZO LABORATORIO HIP-HOP
Sono le otto del mattino di mercoledì 2 marzo, e una piccola folla si è radunata davanti all’auletta di musica al piano terra. Sono tutti qui per assistere al laboratorio hip hop del Parini, quest’anno non più feudo del Collettivo Rebelde, dal momento che una delle più attive tra le menti dietro all’evento è Pietro Versari, eletto rappresentante d’istituto con un non indifferente numero di voti per la lista Agorà. Ma questo lo sapete. Io sono qui per dirvi quello che NON sapete. Perciò ecco che m’insinuo nell’auletta, armato di un grosso felpone per meglio mescolarmi al pubblico, e, dalla mia postazione d’angolo, osservo il laboratorio che comincia. Una buona decina di minuti di armeggiamenti con casse e tecnologicume vario, e poi siamo pronti. Ed eccolo qui, Versari. Sarà forse lui il principale protagonista di questo divertissement rappeggiante. Ci fa due raccomandazioni affinché il laboratorio possa svolgersi senza svenimenti, accoltellamenti e violenze varie. Primo, finestre aperte, altrimenti non si fuma: compromesso ZABAIONE
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accettabile. Secondo, chi è dentro è dentro e chi è fuori è fuori: non ci crede nemmeno lui. Detto questo cambia pelle, e come d’incanto Pietro Versari non è più Pietro Versari bensì Sorcio, il suo alter ego del ghetto. Allora siamo pronti, si parte: ecco qui la base – anche se prima, ahimè, dobbiamo sorbirci la pubblicità di YouTube – e Sorcio si lancia con alcuni pezzi scritti da lui medesimo. Bene, penso io, che sono stato al laboratorio anche l’anno scorso: ora ne fa un paio e poi fanno freestyle, che almeno ci si diverte un po’. E invece no. I pezzi autografi del Sorcio sembrano non finire mai, giusto il tempo di riprender fiato ed aggiustare la base e ne arriva un altro, e poi un altro ancora. Sembra che nessuno sia a conoscenza della sfumatura di interattività presente nella parola “laboratorio”. Ovvia, povero Sorcio, non è certo colpa sua: non si sa cosa fare, e lui, giustamente, fa. Tuttavia il pubblico manifesta inequivocabili segni di – si può dire? – noia e quando, dopo qualche prova di beatbox, si decide finalmente di passare al freestyle, è troppo tardi: dopo un po’ di timi-
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di “OOOH” al cospetto di attacchi particolarmente sferzanti, qualcuno nota il viavai di persone affaccendate ad allestire dei banchetti in cortile, e in breve tempo tutti si ricordano: è il Torta Day. Il richiamo della pasticceria sembra infatti far maggiore presa sull’animo della maggior parte dei presenti in sala rispetto al fascino dell’hip hop, e in pochi istanti restano solamente pochi fedelissimi. Più la stampa, nella mia persona, la quale però comincia anch’essa ad avvertire un certo languorino. Perciò, dopo qualche sussulto finale di beatbox, siamo tutti fuori, e il laboratorio hip hop termina con un’ora di anticipo. E, a ripensarci, viene da condividere quanto detto in chiusura da Luigi Giotto Pagani, che l’anno scorso aveva organizzato personalmente l’evento: in questo laboratorio, porca miseria, “è mancato il fomento”. Quant’è vero. P.S.: Ragazzo con la tuta blu che hai fatto anche tu dei pezzi tuoi tra un Sorcio e l’altro, ti prego, non venirmi a prendere: se non ti ho citato è solo perché non so chi tu sia. Pace e amore. (Giulio Pistolesi) 27
MUSICA
GABER, MIO NONNO, IL CANTATTORE CHE HA CAMBIATO LA MUSICA
“G
di GIORGIO COLOMBO
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Giorgio Gaber, scomparso nel 2003
aber era un sanatore di ipocrisie”, ascoltiamo dall’inconfondibile voce di Luciano Ligabue, e lo vediamo parlare sul telo da proiettore dell’Aula Magna martedì primo marzo, secondo giorno di cogestione. A mostrarci questa clip, e molte altre, è Lorenzo Luporini, 20 anni, nipote di Giorgio Gaber, che nonostante l’orario mattutino e la sua aria assonnata è riuscito nell’impresa di spiegare in modo intelligente e mai noioso chi è stato suo nonno a un folto gruppo di ragazzi (ma tutti, apparentemente, già lo conoscevano) in circa due ore di conferenza trascorse tra filmati di canzoni e di monologhi teatrali e cantando e suonando con la chitarra “Un’idea”: Lorenzo infatti oltre a studiare fa “giocosamente e con passione”, come spiega lui stesso, parte del mondo della musica e ha una propria omonima pagina Facebook. Giorgio Gaber, nato a Milano nel 1939 e morto a Camaiore (Toscana) nel 2003, viene descritto da suo nipote come “cantattore” perché, come hanno detto il regista Mario Monicelli e il comico Claudio Bisio, oltre a saper cantare aveva anche “capacità di attore”, era insomma un artista a tutto tondo. La sua carriera inizia come musicista di Adriano Celentano; diventa cantante quasi per caso, viene invitato in TV e piace subi-
to al grande pubblico. Tuttavia un giorno, recatosi all’Università Statale di Milano per incontrare la sua compagna, si accorge che non è gradito dal pubblico più intellettuale e così inizia a scrivere canzoni impegnate come “Tic” e “Suona chitarra”, in polemica contro una società frenetica, incapace di fermarsi a riflettere, a cui doveva piacere per vendere dischi: segna così la fine del suo periodo televisivo e inizia a esibirsi principalmente a teatro. Scrive anche la sua “canzone manifesto”, “La libertà”, il cui ritornello “libertà è partecipazione”, come spiega anche il nipote Lorenzo, non deve per forza essere quel motto usato e abusato durante le manifestazioni, ma più semplicemente e senza troppe pretese politiche può riguardare anche la vita personale e significare “Libertà è spazio di incidenza sulla propria vita”. Nei giorni successivi alla cogestione ho avuto occasione di MARZO 2016
rivolgere alcune domande a Lorenzo, che giovedì 10 marzo è stato ospite di Radiologia, emittente del Parini, che chiariscono la figura “indimenticabile”, come ha detto il cantante Franco Battiato, e l’attualità di Giorgio Gaber. Eccole. Durante la conferenza che hai tenuto hai presentato tuo nonno Giorgio Gaber con la parola “cantattore”. Quanto ha inciso sul suo successo la componente teatrale? La scelta di lavorare prevalentemente in teatro è stata una scelta che sicuramente va in controtendenza con quelle che sono le logiche del mercato discografico e quindi del successo inteso come notorietà. Altri cantautori come Guccini, De Andrè e De Gregori hanno deciso diversamente, incidendo dischi e facendo comparsate in televisione, e restano ancora oggi più noti di Gaber. Se intendiamo il successo come raggiungimento di un obiettivo artistico, invece, posAnno X
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siamo dire che Gaber deve moltissimo al teatro, che è diventato una casa in cui poteva confrontarsi tutte le sere con un pubblico dal vivo e che consentiva di accentuare quelle che erano le sue capacità interpretative. In questo senso il teatro è stato una parte fondamentale del suo successo.
A tredici anni dalla morte di Gaber, in che modo pensi che abbia influenzato i cantautori italiani? Con il coraggio di sperimentare vie nuove. Penso che Gaber abbia dimostrato agli artisti che sono venuti dopo di lui che si può rifiutare quella che è la logica dominante e optare per scelte che abbiano lo scopo di creare qualcosa di genuinamente nuovo e unico. È stato anche, forse più di altri, la prova che la canzone può occuparsi di temi sociali e filosofici senza necessariamente snaturarsi.
Come ci hai detto, anche tu stai entrando nel mondo della musica da cantante: quanto pesa e quali responsabilità porta un cognome come quello di tuo nonno? Direi che al momento la musica nella mia vita è un gioco che porto avanti per sperimentare e per vedere se alle persone può piacere: per questo motivo non mi sento particolarmente carico di responsabilità o aspettative. Aiuta anche il fatto di non avere il suo stesso cognome: la gente tendenzialmente neanche mi associa a lui. A me piacerebbe fare musica nella vita e sicuramente nel caso in cui dovessi riuscirci qualche responsabilità in più la sentirei. Prima ti ho detto che per me la musica è un gioco, ma forse avrei dovuto dirti che è una passione, perché i giochi si possono vincere o perdere: io non ho questo approccio, ho solo voglia di raccontare storie e mi diverto a farlo con la musica, nella speranza che a qualcuno possa piacere.
Il nipote di Gaber, Lorenzo Luporini, 20 anni, cantante
Se dovessi scegliere solo due canzoni fra tutte quelle che ci hai proposto da fare ascoltare a chi non conosce Gaber, una per Gaber artista impegnato e una per Gaber artista scanzonato, quali sarebbero? Mi piace pensare che la risposta possa convergere in un unico pezzo che faccio sentire durante la conferenza, e questo pezzo è “Destra-sinistra”. Credo che in questo brano ci siano tutti e due gli aspetti di cui mi parli: sia il fare scanzonato e apparentemente casuale, sia una rigorosa e acuta riflessione sulla contemporaneità: è difficile scindere queste due caratteristiche di Gaber, ma se proprio volessimo farlo potrei suggerire il monologo “Oh Mama” per quanto riguarda l’intrattenimento e “Un’idea” per quanto concerne l’artista impegnato.
le caratteristiche di Gaber: per la violenza della critica sociale e per alcune scelte lessicali, trovo che Lo Stato Sociale (gruppo elettropop, ndr) abbia decisamente qualcosa in comune con Gaber; invece per l’aspetto legato all’uso della canzone e del monologo mi viene in mente Brunori SAS (cantautore calabrese, ndr).
MUSICA
Tra i cantautori italiani di oggi, secondo te, chi, con le dovute proporzioni, si può avvicinare maggiormente a tuo nonno? Questa è una bella domanda ed è difficile risponderti. Penso che un fenomeno artistico sia quasi sempre troppo legato al suo contesto storico per fare paragoni. È un po’ come chiedere, in ambito calcistico “è stato più forte Messi o Maradona?”. Ognuno interpreta il suo tempo con il linguaggio che più gli appartiene. Io posso risponderti però basandomi su quelle che sono state ZABAIONE
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NARRATIVA
IL REGISTRO PERDUTO
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alve, mi chiamo “Registro Scolastico Illustrissimo LiceoGinnasio Omero” e questa è la mia storia. Da anni ormai sono nella stessa classe, ma durante il corso della mia carriera ne ho viste di belle, ho conosciuto moltissimi allievi e ho fatto tante esperienze. Poi, quattro anni fa, tutto ha iniziato a cambiare. Allora ero più inesperto di adesso, ma sicuramente più felice: migliaia di parole erano scritte su di me, ero sempre al centro dell’attenzione e in quell’anno scolastico avevo perfino fatto amicizia con un paio di ragazzini, che la professoressa definiva urlando “cretini”, ma io non ero affatto d’accordo con lei. Pensate che addirittura questi miei due amici umani si curavano che io stessi bene, cancellando di tanto in tanto dalla mia superficie delle brutte scritte in matita rossa; ma, quando la terribile professoressa si accorgeva di ciò che avevano fatto, li mandava in un ufficio chiamato Presidenza. Non so ancora adesso se si trattasse di una punizione o no, ma ogni volta che essi uscivano da lì, non sembravano affatto contenti. Eppure, la volta dopo mi aiutavano di nuovo… Che belle persone! Parlavamo prima della Presidenza: io non ci sono mai stato, ma il mio amico “Registro Scolastico dell’Ufficio del Preside del Liceo Ginnasio Omero” lo definiva come un posto spassoso e comodo. Pensate che lui se ne stava addirittura appoggiato su una sedia, su cui pernottava tutte le notti, mentre a me e agli altri era lasciato solo un 30
umile e spoglio cassetto, per giunta freddo e sporco. Insomma, nel mio lavoro non c’è niente di comodo; solo i veri duri possono permettersi di farlo. Ma non perdiamoci in chiacchiere. A quell’epoca il sogno di tutti era poter entrare nella Presidenza per avere tutte quelle comodità, ci accorgemmo però presto che avremmo dovuto preoccuparci di ben altro... Infatti un tranquillo giorno di primavera, durante una tranquilla lezione della tranquillissima professoressa di scienze, sentii una cosa che mi sconvolse: a quanto pare, un tale “Registro elettronico” stava arrivando a scuola e, in breve tempo, con grande dispiacere dei miei due piccoli amici, avrebbe sostituito tutti noi registri di vecchia generazione. La paura mi aggredì, ma fu subito frenata da un senso di arroganza: come avrebbe potuto quel tale prendere il posto di esseri perfetti come noi? Pensate che erano passati ben cento anni da quando ero entrato in servizio! Una volta, metà della scuola era perfino saltata in aria, ma io ero sopravvissuto a tutto quello e ora non sarei certo stato spodestato da un tizio qualsiasi. Passato lo spavento, vissi i giorni successivi seguendo la solita routine ma con un pizzico di amore in più per il mio lavoro; era come se un istinto dentro di me avesse saputo che quello era il mio ultimo periodo di lavoro. Poi venne il giorno: uno strano coso con uno schermo fu portato in classe, io fui spostato nell’angolo più remoto della cattedra e poi MARZO 2016
di ALESSANDRO SIMONETTA lo vidi ridere mentre il professore lo utilizzava; rideva della mia sventura. In poco tempo ogni mia più piccola funzione veniva presa da quel coso e io non potevo lamentarmi… uno dopo l’altro tutti i miei amici furono stracciati e buttati e oggi, a distanza di circa tre anni, rimaniamo solo in dieci in tutta la scuola, siamo una specie in via di estinzione. Ogni giorno è una tortura: ormai l’unico posto in cui vivo è il cassetto, dove dormo gran parte del tempo. Una alla volta, ho perso tutte le funzioni che assolvevo; quando mi tirano fuori, lo fanno o per prendere le mie nuove amiche forbici, che abitano sotto di me, oppure per scrivermi sopra qualche scritta di poco conto, ma solo se il mio rivale in quel momento non funziona. In giorni così io mi sento passare un brivido: spero che le cose siano tornate come prima e che mi tireranno fuori per fare l’appello, ma il giorno dopo, eccolo là, come nuovo, il mio nemico elettronico, senza nemmeno un graffio. Le mie vicine forbici, quando riesco a parlarci, mi dicono di quanto sia difficile la loro vita, di quanto debbano lavorare senza mai un momento di riposo; io rispondo loro con un mesto cenno di consenso, ma in verità, tra me e me, penso che quello è il mio più grande sogno: lavorare fino allo stremo. Il lavoro può essere difficile e togliere tempo libero, ma non c’è niente di peggio che non fare assolutamente niente. La prima cosa può stancarti fisicamente, l’altra ti stanca di vivere.
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ZABAIONE
SVAGO
CACCIA AL PROFESSORE
di ALICE ALESSANDRI E ISOTTA MANFRIN
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opo che Gioacchino Forti di II B ha riconosciuto gli oggetti della professoressa Stangherlin, della professoressa Suardi e del professor Coccia, “Caccia al
professore” torna con due nuove immagini: rappresentano la silhouette di due professori, sta a voi indovinare chi siano! Inoltre, come sempre, chi invierà il più velocemente possibile
le soluzioni alla mail parini.zabaione@gmail.com riceverà un buono di tre euro al bar. Che la caccia abbia inizio!
Materia scientifiche
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SVAGO
FUORI DAL GUSCIO LA PACIARELLA
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di sOFIA CIATTI
alve a tutti, pariniani! Allora, come state? L’altro giorno ero in cortile a gustare una deliziosa fetta di torta dell’ultimo Torta Day, così mi sono detta: “Perché non scrivere un articolo che tratti proprio di un dolce?”, quindi, eccomi qua! Oggi parliamo di una torta preparata solo dalle mie parti, di cui pochi milanesi sono a conoscenza: la torta paesana o “Paciarella”. La storia di questo dessert è piuttosto singolare: la leggenda narra che, in un lontano paesino di campagna, questa torta fu preparata da una donna per “addolcire” il burbero marito. Non godendo però di condizioni economiche favorevoli, la moglie si dovette arrangiare con ciò che riuscì a reperire all’interno della sua abitazione: pane raffermo imbevuto di latte, a cui poi aggiunse, per dare un po’ di sapore in più, del cacao, un po’ di uvetta e di pinoli e per finire degli amaretti dolci. La donna ne produsse quantità industriali tali per cui ne avanzò a sufficienza per tutto il paese. Quella torta piacque moltissimo e tutti cominciarono a preparala a loro volta, così si diffuse in un battibaleno e pervenne fino a noi. Non esiste una “ricetta ufficiale” per il semplice motivo che è una torta di recupero, realizzata con quello rimasto di commestibile in cucina. Dovete sapere che a Masate, dove abito io, viene cucinata soltanto in occasione della festa del 32
paese, che cade la prima domenica di maggio. Tutte le anziane signore si mobilitano a partire più o meno da metà marzo per riuscire a scovare tutti gli ingredienti necessari, e presentano già le loro ordinazioni all’unico panettiere del paese, che si diletta nel preparare l’impasto e fornirlo alle sue clienti. Possiamo affermare con certezza che questo dolce non ha mai subìto variazioni nel corso dei secoli ed è sempre rimasto fedele alla tradizione lombarda: ci sono sempre cacao, latte,
uvetta, pinoli e ovviamente anche quantità industriali sufficienti a sfamare un intero esercito. Proprio così! Infatti le anziane signore non si risparmiano riguardo le porzioni, che vanno dalle cinque alle sette teglie per nucleo familiare. La Paciarella rientra in quella categoria dei “dolci jolly”, ossia adattabili a qualsiasi situazione, quotidiana o imprevista che sia: puoi tranquillamente gustarla a colazione, servirla fredda accompagnandola con del tonno e delle MARZO 2016
olive, sostituirla allo zafferano nel risotto, rifilarla al tuo animale domestico, ai tuoi figli come merenda da portare a scuola, regalarla ad un mendicante, spacciarla per brasato quando vengono i tuoi cugini di cinquantesimo grado dalla Svezia. Insomma, i suoi usi possono essere molteplici. Si prepara sì solo in questo periodo di festa, ma se ne prepara talmente tanta che riesce a bastare fino a maggio dell’anno successivo! Un po’ come succede con i panettoni, le colombe, il pandoro, le uova di Pasqua, le uova di panettoni, le colombe di uova, i panettoni di Pasqua, il pandoro di colombe, e così via. Per quanto si possa scherzare, la preparazione di questo dolce viene presa molto sul serio, da considerarsi come una specie di rito dai paesani. A loro discolpa, c’è da dire che non è una torta che si preparacosì, di punto in bianco, ma richiede due giorni di lavoro: la peculiarità di questa ricetta sta proprio nel fatto che il pane viene lasciato in ammollo nel latte per ore ed ore, dalla sera, fino al mattino seguente, dopodiché si potrà procedere nella preparazione. Nonostante il suo aspetto non sia dei migliori, il gusto, in materia di torte paesane, non ha proprio rivali! Che dire, spero di avervi incuriositi e soprattutto ingolositi! Chissà, magari il prossimo Torta Day si trasformerà in una pioggia di Paciarelle!!
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SVAGO
DI MICHELLE MORETTI E RAFFAELE SIMONETTA
ARIETE
L’attivazione del badge ti ha scombussolato drasticamente: le tue certezze sono crollate in un istante, l’ordine che prima prevaleva nella tua mente ora viene meno, la confusione alla fine ha avuto la meglio. Ma non disperare! Le persone a te care riusciranno a capire ciò di cui hai bisogno per risollevarti e ti aiuteranno a ritrovare la più totale serenità.
TORO
L’attivazione del badge ti ha scombussolato drasticamente: le tue certezze sono crollate in un istante, l’ordine che prima prevaleva nella tua mente ora viene meno, la confusione alla fine ha avuto la meglio. Ma non disperare! Le persone a te care riusciranno a capire ciò di cui hai bisogno per risollevarti e ti aiuteranno a ritrovare la più totale serenità.
GEMELLI
ZABAOROSCOPO
dalle solite inutili paranoie perché mente a ricattare la professoressa. vai bene così come sei.
LEONE
CAPRICORNO
VERGINE
ACQUARIO
BILANCIA
L’attivazione del badge ti ha scombussolato drasticamente: le tue certezze sono crollate in un istante, l’ordine che prima prevaleva nella tua mente ora viene meno, la confusione alla fine ha avuto la meglio. Ma non disperare! Le persone a te care riusciranno a capire ciò di cui hai bisogno per risollevarti e ti aiuteranno a ritrovare la più totale serenità. La scuola non è una passeggiata ultimamente. Non basta tentare di hackerare il registro elettronico e Hai fatto nuove conoscenze e hai aggiungere a quel tre in matemapaura di non essere apprezzato/a tica una potenza alla seconda. Ti come meriteresti? Non temere! consiglio piuttosto di darti da fare. Cerca di apparire per quello che Ah, no, aspetta! Non intendevo sei, anche se hai il ruolo dello sce- dire di metterti sotto con lo studio, mo del villaggio. Non farti assillare per chi mi hai presa? Vai diretta-
SCORPIONE
CANCRO
ZABAIONE
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SAGITTARIO
Ehi tu! Sì, dico a te che stai aspetVenere ti è avverso. Vedere tutti i tando con ansia le vacanze di Patuoi amici fidanzati e tu sempre squa, manca davvero poco. Togli solo/a non è proprio il massimo... un altro giorno dal calendario e Ma il vento cambierà molto presto non mangiare troppo cioccolato, e in men che non si dica troverai cerca di stare a dieta e lasciarne un la tua dolce metà e, con un po’ di po’ anche a me. fortuna, sarete uguali alla coppietta che sta sempre vicino alla finestra del primo piano. Hai appena litigato con qualcuno di importante. Oppure sta per succedere... Insomma! Qui quella che I tuoi (inaspettati) successi sco- fa gli oroscopi sono io. Per amor lastici sono davvero invidiabili. del cielo però, non cercare una lite Se mantieni questo livello di ren- a tutti i costi, pensa piuttosto a ridimento farai felice te, genitori e lassarti e prova ad essere gentile professori. Inoltre riuscirai a otti- con tutti. Vedrai che d’ora in poi, mizzare i tempi di studio a casa e quando chiederai i compiti di latiquesto ti permetterà di avere più no, li riceverai subito. tempo a disposizione da dedicare alle attività che ti interessano maggiormente. Sei in pieno benessere fisico, approfitta del momento favorevole per continuare ad allenarti. Anche Il piercing al naso che ti sei appena se non te ne sei accorto/a la tua fatto/a si è infettato? Tranquillo/a prestanza fisica è migliorata. Inpuoi disinfettarlo con tutta calma, traprendi sfide e gareggia contro mentre traduci la sfilza di versioni chiunque ti voglia affrontare, per che ti hanno appena dato. Come il volere delle stelle riuscirai inevidici? Il sangue è colato sul libro? tabilmente nel tuo intento, dimoGuarda il lato positivo: la profes- strando la sicurezza che riponi in soressa penserà che ti sei svenato/a te stesso/a. sui libri.
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PESCI
La vita in amore non procede come vorresti? Colui/lei che ti piace non ti dà segni di positivi? La tua relazione è instabile, ha più bassi che alti? Tutto a posto (ma non per te)! Nulla di strano: in questo momento e per molto tempo ancora la posizione sfavore delle stelle è all’apice. Pazienza e coraggio! 33
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ZABAENIGMISTICA
di GIULIO PISTOLESI
CRUCIVERBA
ORIZZONTALI
1. Incipit della Costituzione. - 18. Il nome della vedova di Bowie. - 19. Così Bond vuole il suo Vodka Martini, non mescolato. - 20. “Ciao ragazzi date un’occhiata a questa pagina” - 21. Bicycle Motocross. - 22. Una lettera dell’alfabeto ebraico. - 24. Più in là. - 25. Abbreviazione della calcopirite. - 27. Fiume delle Marche. - 28. Il dio del sole nell’antico Egitto. - 29. In latino, è permesso. - 31. Dispari negli omeri. - 32. I fratelli Marx vi trascorsero un “day”. - 34. Protagonista di un mito della Repubblica. - 35. Specialità di Ladurée. - 37. Il gruppo di Renga. - 39. Chi cerca… - 40. Tendenza di certi politici a scimmiottare le loro stesse imitazioni proposte da un noto comico genovese. - 41. Nome della Palin. - 42. A lui è dedicata una
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targa ai piedi del Cristo Redentore di Rio. - 44. Li preparano i pastori. - 46. Iniziali del quarantaduesimo presidente degli Stati Uniti. - 48. Il copricapo papale con le tre corone sovrapposte. - 49. Dispari nella tromba. - 51. Per Gaber era “a gogò”. - 52. Iniziali della Nielsen del cinema. - 53. Un pronome latino. - 55. La parte centrale del torso. - 56. Personificazione del lavoro nel pantheon greco. - 58. Fianco dell’esercito. - 59. Lo dice il cane. - 60. Uno come i Muse è detto “power”. - 62. Lo scrittore fondatore della Scuola Holden. - 64. Una chiamata dall’altra parte della Manica. - 65. Un vecchio animato del piccolo schermo. - 66. Forse la più importante stilista di sempre. - 67. Vi morì Augusto. - 68. Monte della Beozia. - 70. Il novizio protagonista de “Il nome della rosa”. - 71. Successo degli U2 del 1991. - 72. Dispari di un gioco arcade con gli alieni degli anni ’80. - 74. Prive di accento. - 75. Movimento Indipendentista Siciliano. - 77. Nome di Gesù nella cultura islamica. - 78. Particella nobiliare. - 79. Nutrice. - 81. La dea dell’arcobaleno dell’Iliade. - 82. Un Italiano premio Nobel per la chimica. - 84. Il poeta di Clizia (iniziali). - 85. L’arcipelago con Ibiza. - 87. Una partita come Milan-Inter del 2001. - 89. Nome di Balbo. - 90. Morigerata. - 91. Il giornalista immaginario più famoso del Kazakistan. - 92. Ottima scelta per preparare un brodo. - 94. Nome tipico del Mezzogiorno. - 96. Parola latina da cui deriva il nostro “orale”. - 98. Pingue, pasciuta. - 99. Ne è presidente Mario Draghi. - 101. Quello dei Giardini vale un sacco di soldi. Finti. - 102. Iniziali d’una Serena della televisione. - 103. 102.5. - 105. Secondo cognome di Sean Lennon. - 106. Gli indigeni neozelandesi. - 108. Esiste quella “New”. - 109. Tra bim e bam. - 110. Quella Eiffel è famosa in tutto il mondo. - 112. Il tenace non deve farlo mai. - 114. Importante azienda produttrice di abbigliamento sportivo. - 115. I signori a cartoni animati dello Zoo di Central Park.
VERTICALI
1. Nome dato in Occidente al testo buddista “Bardo Todol” - 2. Personaggio interpretato da Maria Pia Calzone in “Gomorra”. - 3. Quella “poll” è detta anche testatico. - 4. Congiunzione interrogativa latina. - 5. Per il Foscolo è “petrosa”. - 6. La casa di produzione videoludica di “The Sims”. - 7. Nome di La Malfa. - 8. Sul suo corso si trova la diga di Assuan. - 9. Riguardi. - 10. Oggetti come le figurine di Volpi e Poggi. - 11. Il principio dell’eternità. - 12. Nasce ai piedi del Monviso. - 13. Destinatario del ditirambo. - 14. Iniziali del protagonista della trilogia originale di Star Wars. - 15. L’alfabeto delle trascrizioni fonetiche. - 16. L’anonimo suicida della Commedia fece delle sue “gibetto” - 17. “…perdona”, Commedia, canto V. - 22. Il Papa lo è di Cristo. - 23. La zona delle Alpi francesi di cui è originaria la “zia Julia” dei libri di Pennac. - 25. L’organizzazione cui appartiene il clan dei Casalesi. - 26. Quella di Francesca da Rimini era bella… ma le fu tolta. - 29. “Manus manum…”, principio dell’omertà. - 30. A casa, Lassie! 32. La coppa più ambita del calcio internazionale fino al 1970. - 33. Il comico de “Il principe abusivo”. - 35. La mamma per i bimbi anglofoni. - 36. Ragazzi di oggi. - 37. Tasse meno care. - 38. Un nome ebreo. - 43. Mai accettarle dagli sconosciuti. Mai. - 45. Minerale dal caratteristico colore verde. - 47. Ai bambini cattivi. - 49. Se lo sono, vuol dire che erano partiti. - 50. Eccellenza universitaria milanese. - 52. Veicolo ippotrainato a due ruote. - 54. Può essere di castagno, acacia, eucalipto. - 56. Fa coppia con Chiara. - 57. Un dolcetto scozzese da tè. - 59. Annunci d’interesse pubblico. - 61. L’ultimo tratto della Mosa. - 62. Borse senza fori. - 63. Epiteto poco lusinghiero per indicare una donna frivola. - 64. Centro addestramento alpino. - 69. Difficile vederli a occhio nudo. - 72. Specialità dell’ippica. - 73. Il santo di Compostela. - 75. La provoca il plasmodio. - 76. Una sostanza che tende a conservare la propria composizione chimica. - 79. Mongolfiera in portoghese. - 80. Città piemontese sul lago Maggiore. - 82. Movimento supportato da Erri De Luca. - 83. Antonomasia per la bellezza maschile. - 85. La maturità francese. - 86. Alle porte di Isernia. - 87. Dispari nella giacca. - 88. Desinenza di coniugazione verbale. - 93. Suo padre fa il postino, è amico di una foca ed è fatto di plastilina. - 95. Insieme a Gog. - 97. Nel calcio esiste quello di petto. - 99. Chi perde i capelli in terra inglese. - 100. Io ero a Roma secoli fa. - 102. Il volatile con le zampe azzurre. - 104. Pronome personale. - 106. “L’État, c’est…” - 107. L’organizzazione paramilitare dei nazionalisti irlandesi. - 109. La penna a sfera per antonomasia. - 111. Iniziali del presidente del Watergate. - 112. Iniziali dell’autore della musica del nostro inno nazionale. - 113. Nome del Wood protagonista di un bel film di Tim Burton - 114. Iniziali di un famoso duca di Milano. t A x A m o m A m i e l e A b A c A l u i
A n A l A v A t A o s A A b A l A o A r n
l A v i c A r i o A i A g A l o p p o A g
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l i b r o t i b e t A n o d e i m o r t i
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