Zabaione_Ottobre '15

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ZABAIONE NUMERO 2 ANNO X

GIORNALISMO INDIPENDENTE AL PARINI DAL 2006

OTTOBRE MMXV


EDITORIALE

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arissimi Pariniani, il primo mese è trascorso! Come vi sentite: già stanchi e stravolti perché sommersi da verifiche? Non temete, vi basta stringere i denti soltanto per altri otto mesi e poi sarete nuovamente liberi! Mentre attendiamo con ansia la tanto agognata fuga, soffermiamoci un attimo su ciò che di importante ci porta ottobre. L’argomento principale questo mese sono le elezioni studentesche. Il 27 ottobre, infatti, ci vedrà tutti alle “urne” per eleggere gli studenti che quest’anno avranno l’onore (e soprattutto l’onere) di rappresentarci nel Consiglio e nella Consulta. Come tutti gli anni, possiamo trovare in gara l’immancabile Collettivo Rebelde (stavolta sotto il nome di Liberi Saperi) e Agorà, una lista che si presenta quest’anno per la prima volta. Nell’attesa che le liste si presentino di persona il 24 ottobre, abbiamo intervistato i candidati perché non arriviate all’assemblea di sabato completamente all’oscuro di ciò che vi aspetta. Per i quartini, che per la prima volta si trovano ad affrontare l’incombenza delle elezioni, sintetizzo qui il ruolo dei due organi sopracitati. Il Consiglio d’Istituto è prettamente legato alla scuola ed è composto dal preside, dai docenti, dai genitori, da 4 studenti e dai membri del personale ATA. Il suo ruolo è quello di discutere e deliberare riguardo la gestione dei fondi, il miglioramento delle attrezzature

di stefano trentani

scolastiche, la programmazione di corsi extrascolastici, ecc. Ben diversa, invece, è la Consulta Provinciale, che invece è formata da due studenti per ogni istituto della provincia. Sua è la funzione di creare attività che possano coinvolgere più scuole, organizzare l’orientamento con uno sportello informativo ed interagire con enti locali, associazioni e il mondo del lavoro. Il vostro compito (nel caso non si fosse capito) sarà quello di votare i candidati che ritenete possano rappresentare al meglio gli studenti del nostro liceo. Lo stesso giorno, per non farci mancare nulla, dovrete anche eleggere i vostri Rappresentanti di Classe, vale a dire i poveri tapini che da qui alla prossima elezione si prenderanno la responsabilità per ogni cosa riguardi la classe. Solitamente è tradizione che, in vista delle elezioni, si crei un numero speciale dedicato unicamente a questo argomento. Quest’anno invece c’è una novità: lo speciale elezioni è incorporato nel presente numero. Questo ci ha permesso di “sguinzagliare” tutte le nostre numerose giovani reclute, che non vedevano l’ora di farsi “leggere”. Inoltre il numero unico ha un vantaggio anche per voi: nel caso non ne poteste più delle dichiarazioni dei candidati, avrete modo di distrarvi con le consuete rubriche. Ma mi raccomando, non sollazzatevi tanto da dimenticarvi di votare!

ERRATA CORRIGE

SOMMARIO ELEZIONI D’ISTITUTO 2015 PAG. 3 PER UN’EUROPA pag. 7 senza frontiere IL SINODO PAG. 9 PRIMARIE NEGLI STATES pag. 10 LA GRANDE MADRE PAG. 11 UNA PROSTATA pag. 12 TROPPO INFIAMMATA FLASH PAG. 14 SIAMO DEI FENOMENI?!? pag. 15 LA META TANTO AMBITA PAG. 16 L’EROE DIMENTICATO pag. 17 IO E LEI PAG. 18 EVEREST pag. 19 INSIDE OUT PAG. 20 “SE DOVESSI DIVENTARE pag. 22 FAMOSA IMPAZZIREI” TROPPE CARAMELLE FANNO MALE. PAG. 23 L’AMORE TI DELUDERA’ JANIS pag. 24 LA VITA ACCANTO PAG. 25 IL SENSO DEL DOLORE pag. 25 INTERVISTA COL VAMPIRO PAG. 26 POLIFEMO AI TEMPI pag. 27 DEI SOCIAL FUORI DAL GUSCIO PAG. 28 UN ESSERE INUTILE pag. 29

NEL NUMERO DI SETTEMBRE 2015, A PIÈ DI PAGINA È STATO SCRITTO “NUMERO SPECIALE”, QUANDO IN REALTÀ ERA IL NUMERO 1.

IMMAGINA UNA PAGINA PAG. 34 ZABAOROSCOPO pag. 35 ZABAENIGMISTICA PAG. 36

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Anno X

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ATTUALITÀ

ELEZIONI D’ISTITUTO 2015

a cura di SOFIA CIATTI, LEONE LEVI, Chiara malaponti, MICHELLE MORETTI E GIORGIO PIRATONI

Da sinistra: Bianca Fazio (I A), Ettore Violante (II E), Luigi Giotto Pagani (I D), Sofia Mancini (II B)

LIBERI SAPERI “PAROLE CHE PRODUCONO AZIONI”

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ual è il nome della vostra lista, qual è il vostro motto e perché? Sofia: La nostra lista si dovrebbe chiamare “Collettivo Rebelde”, ma quest’anno per un errore burocratico si chiama “Liberi ZABAIONE

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Saperi”. Il nostro motto è ”Parole che producono azioni”. Giotto: Abbiamo scelto “Liberi Saperi” perché, essendo noi un collettivo di scuola pubblica, è importante che ne vada portata avanti l’idea, che negli ultimi anni - quasi

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da un decennio – si sta un po’ perdendo a causa di varie riforme scolastiche del nostro governo. Sofia: Siamo una lista che ormai si presenta da molto tempo, sicuramente da prima che tutti noi arrivassimo in questa scuola. 3


ATTUALITÀ Giotto: Ormai ha una continuità da quasi trent’anni. Ettore: Prima di tutto, però, siamo un gruppo di persone che si ritrova regolarmente. Non siamo qualcosa che nasce dal nulla solo per le elezioni d’istituto. Bianca: Il nostro programma andrà avanti indipendentemente da chi vincerà. Ci siamo stati gli anni scorsi e ci saremo anche il prossimo anno. Giotto: Partecipiamo a queste elezioni per avere più vantaggi a livello burocratico e perché crediamo in un consenso popolare. Vogliamo vedere quanti studenti credono nelle nostre idee e quanti sarebbero disposti ad aiutarci a portare avanti il nostro programma. Parlateci del vostro programma. Sofia: Come l’anno scorso, porteremo avanti il progetto cineforum, sperando di avere più affluenza e maggiore collaborazione da parte di tutti, a cui si aggiungerà anche la collaborazione del professor Scarpis. Faremo anche i cosiddetti “collettivi a tema”, che quest’anno non decideremo noi, ma faremo votare dagli studenti. Giotto: Per quanto riguarda le tematiche in generale, avevamo iniziato a buttare giù una scaletta: si parlerà dell’immigrazione, dell’ISIS, della situazione della Turchia. Ettore: Oltre alle assemblee, promuoviamo anche altre attività più pratiche. Per esempio, per quanto riguarda l’immigrazione, abbiamo un progetto di solidarietà che si chiama “StopWarNotPeople Refugees Welcome”: abbiamo raccolto dei vestiti e oggetti d’igiene personale per i profughi e si è anche svolta un’azione in Conciliazione davanti a Palazzo Europa. Poi, ge4

stiremo la radio. Abbiamo l’aiuto della professoressa Summa che l’anno scorso se ne era già occupata e che quindi ci darà una mano con l’organizzazione. La differenza, però, è che quest’anno la radio è indipendente e prevede la partecipazione di tutti. Non è censurata. Punta a essere libera: chiunque può parlare di qualsiasi cosa. Sofia: Ci è stato poi consigliato da quarte e quinte ginnasio di inserire un corso sportivo di cui dobbiamo ancora parlare, ma riguardo al quale abbiamo già qualche idea. Ci piacerebbe proporre arrampicata, per esempio. Giotto: Abbiamo il supporto di alcuni professori che hanno avuto questa stessa idea e pensavamo di collaborare con loro. Altri progetti che abbiamo in mente sono i “collettivi musicali”: ci ritroviamo al pomeriggio e facciamo musica dal vivo, ogni volta di un genere diverso. Tutti i partecipanti al collettivo decideranno poi il genere della volta dopo. Bianca: Inoltre, stabiliremo una giornata per il circolo letterario con la presenza di relatori esterni, perché l’attualità può essere riflessa anche nella letteratura, nella cultura e in quello che studiamo a scuola. Organizzeremo anche dei flashbook. Sofia: I flashbook sono un progetto nato con l’occupazione di tre anni fa. Ci eravamo trovati in un luogo (in San Marco, in Duomo, in Galleria), avevamo scelto delle tematiche, ne avevamo discusso e avevamo trovato un momento per scambiarci i libri. Ettore: Lo scambio dei libri può essere fatto anche nella biblioteca, che è uno spazio molto ben fornito che non valorizziamo abbastanza. OTTObre 2015

Sofia: Poi, ci occuperemo di tutte le feste e abbiamo intenzione di trovare uno spazio esterno alla scuola in cui organizzare quella di fine anno. Giotto: Ultima cosa ma non per importanza, stiamo programmando degli spettacoli teatrali a scuola con attori del Piccolo di cui abbiamo già i contatti. Sono esperienze che consideriamo molto formative e che esulano dai soliti schemi. Occupazione, autogestione o cogestione? Ettore: E’ troppo presto per dirlo e sicuramente non è qualcosa che decideremo solo noi, ma che sarà votato dagli studenti. Giotto: Per quanto riguarda l’occupazione, è un atto politico e bisogna che ce ne siano i presupposti. Con questo non voglio dire che non ce ne siano al momento, ma comunque è ancora troppo presto per discuterne. Perché votare Liberi Saperi? Giotto: E’ un ente che ormai da anni è rappresentativo di questa scuola. Come ho già detto, è presente da tempo e non è una lista che bene o male non dura più di un anno. Sofia: Il collettivo però non siamo noi. Il collettivo è una comunità che non ha un capo. Noi candidati siamo stati scelti democraticamente sulla base di una votazione interna. Ettore: Siamo un gruppo aperto. Non è una cosa tra amici e non ci sono pochi eletti che decidono. Il collettivo è un mezzo attraverso il quale gli studenti si ritrovano e si pongono degli obiettivi, che noi vorremmo rappresentare in Consiglio d’Istituto.

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Da sinistra: Leone Nicolis Di Robilant (IIIC), Francesca Campolo (IIIB), Mattia Colombo (IIID), Mirta Bonvicini (IIID), Pietro Versari (IIIB)

AGORÀ “SU TUTTI I FRONTI”

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ual è il nome della vostra lista, qual è il vostro motto e perché? Pietro e Mirta: La nostra lista si chiama Agorà. Il motto “Su tutti i fronti” si riferisce alla nostra volontà di rendere la scuola non soltanto un luogo di studio, ma anche un luogo dove il singolo ZABAIONE

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possa valorizzare i suoi interessi e getto teatrale. Vi si potrà accedere le sue passioni e quindi valorizzar- tramite una sottoscrizione di un si, appunto, su tutti i fronti. abbonamento. Poi, ci piacerebbe pubblicare articoli informativi riParlateci del vostro programma. guardanti assemblee che si ha in Leone: Il programma si suddivide progetto di organizzare. in progetti culturali e sociali, al cui Pietro: Inseriremo anche un’auinterno troviamo un cineforum tovalutazione dell’istituto: ogni serale compreso di aperitivo e pro- studente potrà esprimere, secondo

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ATTUALITÀ alcuni parametri, una propria valutazione riguardante quello che è l’istituto, in modo assolutamente anonimo. Abbiamo anche intenzione di organizzare tornei sportivi per quanto riguarda la pallavolo, la pallacanestro e il calcio. Per quest’ultimo è previsto l’ingresso di tre esterni per squadra, in modo da avere più competitività al momento del gioco. Mattia: La squadra vincitrice potrà partecipare all’High School Cup, un torneo di calcio disputato a livello comunale tra i vari licei milanesi. Francesca: Apriremo una pagina Facebook ufficiale, in modo che gli studenti possano esprimere cosa va e cosa non va all’interno del Parini in forma anonima, dal momento che il singolo studente scriverà all’amministratore della pagina stessa, il quale pubblicherà il tutto rispettandone l’anonimato. Vogliamo essere un tramite fra lo studente e l’autorità. Pietro: Vorremmo aprire un secondo punto vendita del bar, al primo o al secondo piano, in modo da alleggerire quello già esistente e non passare tutto l’intervallo in coda. Mirta: Valorizzeremo le diverse

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bacheche per gli studenti: le collocheremo in luoghi dove abbiano maggiore visibilità, così che la comunicazione sia resa più facile. Abbiamo inoltre in cantiere diverse iniziative e abbonamenti teatrali con lo Strehler per le classi. Pietro: Realizzeremo una giornata sportiva obbligatoria, dal momento che la componente sportiva, al Parini, lascia un po’ a desiderare, che dovrà essere considerata come un momento di aggregazione “ufficiale” di tutta la scuola. Leone: Saranno svolte lezioni di didattica alternativa, ovvero: un giorno al mese che ci spetta per diritto dallo Statuto degli Studenti, in cui si discuterà di attualità e delle varie informazioni che circolano in modo da creare anche una coscienza critica personale del singolo studente. Il tutto verrà realizzato sulle preferenze degli studenti del Parini. Pietro: Ci siamo resi conto che una settimana di cogestione all’anno è molto dispersiva e sarebbe meglio riprendere gli argomenti una volta al mese piuttosto che concentrarli in una settimana un po’ più leggera. Leone: E’ anche prevista una giornata sulla neve in memoria della

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professoressa Bassi, verrà ripreso l’equipaggio e verranno organizzate una festa di Natale ed una festa di fine anno. Pietro: E tante altre piccole sorprese che non vi sveliamo! Occupazione, autogestione o cogestione? Leone: Siamo tutti interessati all’attualità e super favorevoli alla didattica alternativa. La cogestione concordata con i professori va benissimo. Per quanto riguarda l’occupazione, l’idea deve essere presa in considerazione se c’è qualcosa di cui parlare. Ed al momento è inutile discuterne, dato che non ce ne sono i presupposti. Perché votare Agorà? Pietro: Secondo me, dovreste votarci per le scelte che abbiamo operato e per i vari punti del nostro programma che abbiamo deciso portare ed attuare, al fine di creare un’unione all’interno del Parini, al fine di creare appunto un’agorà. Leone: Vogliamo creare questa unità interna alla scuola per eliminare i gruppetti, in modo da rendere il Parini la scuola di tutti e dove ogni singolo studente possa coltivare e valorizzare le sue passioni.

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ATTUALITÀ

PER UN’EUROPA SENZA FRONTIERE

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GLI STUDENTI DI MILANO DANNO IL VIA AD UN AMPIO DIBATTITO SULL’IMMIGRAZIONE EUROPEA: 30 SETTEMBRE SOLIDARIETA’ E PROTESTA di BIANCA FAZIO

ra il primo ritrovo degli studenti dei collettivi dopo l’estate. Alcuni svaccati sulle sedie mal distribuite intorno al tavolo, i piccoli fumatori incalliti in piedi vicino alle finestre, chi faceva gossip sulle vacanze appena passate e chi invece era già pronto a proporre nuove idee per l’anno a venire: “Buona Scuola è stata approvata - dice Elena - ma nella mia scuola non frega a nessuno”. Jacopo le risponde che “il bar è più bello e il nostro preside è un simpaticone”, anche se sa che non vale lo stesso per Tommaso che va in una scuola di provincia. Prova a stuzzicarlo, Tommy si arrabbia e Jacopo scoppia a ridere. “Ragazzi siete passati domenica scorsa in Stazione Centrale?” chiede Teo. “C’era un presidio di giovani volontari che aiutava i rifugiati arrivati in queste settimane a Milano, ho incontrato Ludovica del Manzoni e un paio di miei amici del Brera”. Si comincia così, riavvicinandosi con le chiacchiere. Abbiamo cominciato a parlare, siamo andati avanti tutto il pomeriggio. Un’estate di sangue quella appena passata, di viaggi infiniti, ma non i nostri, di scontri, di lotte all’ultimo sangue, una stagione in cui il mare, le stazioni, i confini, sono stati il palcoscenico di uno spettacolo sconcertante. In ciascuno di noi, ognuno proveniente da una realtà scolastica differente, quel pomeriggio è scattato qualcosa di inde-

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finito, il bisogno di fare qualcosa di concreto, la necessità rabbiosa di reagire. Gli studenti non potevano rimanere indifferenti di fronte ad un fenomeno di tale enormità, così vicino a loro, i profughi sono in città, la scuola non è su Marte. Il 30 settembre il Collettivo del Parini, con altre scuole superiori e università milanesi, ha agito concretamente affrontando un complesso discorso sull’immigrazione italiana ed europea partendo dalla radice: le persone che scappano dai paesi dell’Africa e dalla Siria per raggiungere l’Europa non sono i numeri, le cifre e le statistiche che siamo abituati a sentire al telegiornale. Sono persone, anche adolescenti, ragazze e ragazzi giovanissimi, la maggior parte delle volte sono soli, qualche giovane mamma accompagna i bambini più piccoli. Tutti sperano in un futuro migliore. Hanno storie alle spalle che non possiamo neanche immaginare, viaggi lunghissimi e disperati, sono disposti a raccontare la loro vita a chiunque li voglia ascoltare. Arrivano senza soldi, spesi tutti nel viaggio di sola andata, senza la valigia che ognuno di noi si porta quando va in vacanza. La raccolta di beni di prima necessità che abbiamo organizzato (la maggior parte vestiti) ha avuto grande successo in tutte le scuole che hanno aderito all’iniziativa. In un paio di settimane l’aula del nostro collettivo era diventata troppo

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piccola per poter ospitare le decine di sacchi; nelle aule della Statale, trafficate più del solito, qualcuno cominciava a preoccuparsi di non riuscire a portare tutto il materiale raccolto fino in Porta Venezia. Quello era il luogo dello scambio prestabilito con l’associazione umanitaria Cambio Passo che si occupa dell’accoglienza dei profughi in arrivo a Milano. Ma non è la consegna dei vestiti che vogliamo raccontare, vogliamo parlare delle persone che abbiamo incontrato o perlomeno vorremmo, perché un’esperienza così non si può raccontare: bisogna viverla. Bisogna conoscere Guru Guru, un ragazzo eritreo che ormai è a Milano da qualche anno, ma lui non vuole proseguire, per ora gli basta aiutare gli altri più giovani a sopravvivere per qualche settimana nella grande metropoli. Con Guru Guru ci parliamo in una sorta d’Inglese, forse meglio così, se fosse stato bravo non avrebbe capito: ha dei figli in Africa, piccoli proprio come i bambini che giocano sul marciapiede, solo che lui non si fida a lasciarli partire con sua moglie, troppo rischioso: meglio mettere in pericolo la sua di vita, perché un giorno possa ricongiungersi con la sua famiglia. Il clima è disteso. Tutti stanno chiacchierando, qualcuno suona, qualcun altro che si intende di moda gesticola e cerca di convincere i ragazzi che i pantaloni della Charrart non sono affatto brutti e fuo7


ATTUALITÀ ri moda. Sembra quasi un allegro pomeriggio qualsiasi ai giardinetti di Porta Venezia, solo che questa volta dopo i saluti alcuni tornano a casa a studiare, altri invece si incamminano verso l’ignoto, verso l’ostilità di un paese intero, attraverso un sentiero che rischia di perdersi in un tempo senza fine. Il nostro non è stato un gesto di carità. Il nostro è stato un gesto di solidarietà nei confronti di persone che si trovano in questa situazione non per colpa loro ma a causa di guerre e fame. Nessun uomo nasce rifugiato. Il nostro è stato un gesto politico, perché qualcuno dicesse loro “noi prendiamo posizione e stiamo dalla vostra parte”. Quella mattina, prima dell’incontro con la comunità di Porta Venezia, siamo passati dalla sede milanese dell’Unione Europea, simbolo del fallimento delle politiche migratorie del vecchio continente. Con un’azione incentrata sullo slogan STOPWARNOTPEOPLE abbiamo riprodotto un muro di confine e un filo spinato, simboli della libertà negata e delle frontiere che ogni giorno opprimono la dignità degli uomini in cerca di salvezza. Abbiamo lasciato sul marciapiede di via IV Novembre le impronte insanguinate delle nostre mani, delle loro mani. Abbiamo protestato di fronte alle politiche di un’Europa che non ci rappresenta, di un’Unione Europea che prima ha lasciato intravedere per tre mesi ai ragazzi eritrei e sudanesi di Ventimiglia lo spiraglio della libertà alla frontiera francese, e poi ha sgomberato quel presidio di protesta sugli ultimi scogli italiani prima di Mentone. Un’Unione Europea che recinta il mare di Calais come se il passaggio per la Gran Bretagna fosse un privilegio solo 8

per chi può permettersi di prendere l’aereo. Un’Unione Europea che permette all’Ungheria di costruire muri, quelli veri, con il filo spinato, come se la storia non ci avesse insegnato che i muri non sono la soluzione alla fame, alla paura e alla povertà. E il peggio deve ancora venire. Giovedì 8 ottobre i 28 ministri degli Interni hanno discusso al consiglio Ue di Bruxelles il “piano sul rimpatrio dei migranti economici” che prevede, come primo passo, una differenziazione tra migranti politici e migranti economici. Ogni stato europeo potrà decidere se un migrante ha diritto o meno ad aspirare a un futuro migliore, se scappa da un paese ufficialmente in guerra, come la Siria, o se è “solo” un migrante economico, e cioè fugge da un paese,come l’ Eritrea, sotto una dittatura feroce. Come seconda parte il piano prevede la reclusione in apposite strutture (dette Hot-Spot) di tutti i migranti ritenuti non idonei ad una richiesta d’asilo in attesa di essere espulsi. Verranno poi imbarcati a forza e rispediti in quei paesi da cui pur di fuggire avevano deciso di mettere a rischio la propria vita. Sono gli stessi paesi che

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l’Unione Europea ha etichettato come “pericolosi” per salvaguardare i propri cittadini. Non è un’esagerazione parlare di deportazione di massa. Il Libano, che conta una popolazione di 4 milioni di abitanti, ospita attualmente 1,5 milioni di rifugiati siriani! L’Unione Europea, invece, si protrae da mesi in lunghissimi vertici per discutere dello smistamento in tutto il suo territorio di 160 mila migranti (710 mila sono quelli arrivati in Europa da gennaio 2015 a oggi). Ci aspettano un autunno e un inverno senza precedenti: i migranti non smetteranno di fuggire da fame e guerra, e se li rinchiuderanno nelle nuove prigioni europee (e italiane) probabilmente si ribelleranno. Per questi motivi gran parte del percorso che il nostro collettivo ha deciso di intraprendere quest’anno sarà in nome di un’Europa senza frontiere. E’ una questione di umanità che dovrebbe coinvolgere ogni ragazzo e ragazza in grado di comprendere cosa sta succedendo intorno a noi. Significa anche studiare, organizzare dibattiti e continuare ad interrogarsi sui grandi conflitti che stanno scuotendo il nostro mondo.

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ATTUALITÀ

IL SINODO

di MATTIA COLOMBO

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l 4 ottobre, una radiosa domenica, è stato inaugurato a Roma alla presenza di Papa Francesco il Sinodo episcopale 2015 sulla famiglia, che si chiuderà domenica 25 Ottobre. Sebbene il Sinodo sia incentrato sulla famiglia (ne sono presenti per questo motivo anche di laiche con bambini), non è stato evitato l’argomento omosessualità. Monsignor Krysztof Charamsa, teologo polacco, si è dichiarato gay proprio il giorno dell’apertura del Sinodo, suscitando non poco scalpore all’interno e all’esterno del Vaticano, e mettendo sempre più a rischio la neutralità riformista ma cauta del Papa. Se infatti la parte progressista della Chiesa, che fa capo all’ Arcivescovo di Monaco di Baviera e Frisinga, Rheinold Marx, che nonostante l’insolito cognome per un ecclesiastico - regge una delle ZABAIONE

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UNA SCOMMESSA PER LA CHIESA CATTOLICA CHE SI SCOPRE DIVISA ALLA SUA APERTURA

diocesi a più alta concentrazione di cattolici dell’Europa, chiede un maggior ascolto da parte del Sommo Pontefice per sacerdoti come Charamsa i quali, a loro dire, non sarebbe altro che la punta dell’iceberg, la fazione conservatrice e rigorosa, quella che interpreta parola per parola la Bibbia, capeggiata dall’inflessibile Cardinale Carlo Caffarra, Arcivescovo di Bologna e dal Cardinale George Pell, Prefetto per la Segreteria Pontificia dell’Economia, grida allo scandalo con una lettera al Papa, datata 12 ottobre, che auspica il ritorno a procedure sinodali più rigide, con l’esclusione di certe tematiche scomode per quella nutrita minoranza della Chiesa che non riesce ad adattarsi al mondo moderno. Pareva all’inizio che la lettera fosse firmata da tredici Cardinali, ma quattro, tra cui il Cardinale Ange-

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lo Scola, Arcivescovo di Milano, e il Cardinale Erdö, Arcivescovo di Budapest, che aveva definito “invasione islamica” la recente ondata migratoria diretta in Germania dalla Grecia che passava dall’Ungheria, hanno dichiarato di non aver nulla a che fare. Rimangono però nella lista dei firmatari i Cardinali Sarah e Müller, emblematici personaggi della Curia Romana, e Dolan (Arcivescovo di New York) e Napier (Arcivescovo di Durban, Sudafrica). Ma intanto sembra avanzare il fronte delle aperture ai divorziati: i Cardinali più progressisti hanno proposto un cammino per i divorziati risposati che dovrebbe permettergli di “rientrare in regola” con la comunione. Sebbene i nomi proposti per questi percorsi (“Il cammino del discernimento” per i non risposati o non conviventi, e “la via penitenziale” per i risposati) sembrino presi da un testo medioevale, si può dire che c’è un progresso, soprattutto perché, e su questo punto sono quasi tutti d’accordo, si potrà giudicare la richiesta di riammissione di un divorziato all’interno della comunità caso per caso: verranno adibiti appositamente dei collegi diocesani per decidere quale possa essere il cammino più adatto (e se ci debba essere) differenziando e ponderando il responso a seconda di quali fossero state le circostanze del divorzio.

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ATTUALITÀ

PRIMARIE NEGLI STATES

LA DONNA DELLE GAFFE O IL MILIONARIO POPULISTA?

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er la prima volta i candidati favoriti dalle primarie degli Stati Uniti, di entrambe le fazioni, sono allo stesso tempo emblematici ma incerti, idealisti ma ambigui. Mi spiegherò meglio nei due trafiletti che seguono: Hillary Clinton: Nei sondaggi di maggio la ex first lady degli USA era partita piuttosto bene, ma si è distinta dagli altri candidati per l’impressionante numero di gaffe che ha fatto negli ultimi mesi: il 17 Agosto ha pubblicizzato gli stages per giovani per la sua campagna elettorale senza dire che non erano pagati, attirando un numero di critiche non indifferente; il 30 Settembre, ad una trasmissione di una sceneggiatrice giovane e trasgressiva (Hillary vuole avvicinarsi ai giovani, che, secondo le statistiche, sono quelli più ostili verso la sua politica) non fa a meno di dire che si aspettava di incontrare Len-

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ny Kravitz, il famoso cantante rock afroamericano (altro tentativo di ingraziarsi il giovane pubblico). La sceneggiatrice-presentatrice le ricorda che in un recente concerto Kravitz suonava con uno strappo nei jeans all’altezza del cavallo, ma non indossava l’intimo. Hillary, invece di farsi una risata, ha chiesto se si poteva vedere il filmato su You Tube. Risultato: oltre ad aver riscosso il consenso dei giovani, ma solo per la sua abilità da comica, ha perso quello dei benpensanti che l’avrebbero votata. Se ne potrebbero citare altre, ma preferirei ricordarvi che, il 14 ottobre, dopo un dibattito con altri candidati democratici, ha riscosso un grande successo e nei sondaggi è ritornata in pole. Speriamo se ne stia zitta fino all’ 8 Novembre, così magari il mondo si becca lei e non Donald Trump: Di Donald Trump non si sa molto, ma possiamo dire che è il classico esempio del milionario arricchito sempre al margine della legalità. La sua azienda (ereditata dal padre e non, come molti credono, tirata fuori dal nulla) si occupa di immobiliare nell’ East Coast, ed è stata nel complesso un crescendo (ha comprato il prestigioso Commodore Hotel a Manhattan), ma ha avuto tracolli dalla quale si è ripresa sfruttando le amicizie del suo carismatico leader. Una persona di buon senso direbbe che Donald Trump è uno che le spara grosse. La più grossa è la proposta di costruire un muro, con filo spinato, da costruire lungo il confine con il Messico, per argiOTTObre 2015

di MATTIA COLOMBO

nare l’Immigrazione, chiedendo al governo messicano di pagarlo lui stesso. In caso di rifiuto da parte di quest’ultimo Donald Trump ha due alternative: testata nucleare (subito scartata dai suoi curatori d’immagine) o confisca dei beni dei messicani residenti negli Stati Uniti, ma con criterio democratico. Ai messicani più ricchi sarà tolto di più, a quelli più poveri di meno: Donald Trump è un americano serio, difensore della democrazia. Queste idee sono quelle che fanno presa in un elettorato medio, mal istruito e frustrato dai politici che non fanno niente ( o fanno gaffe). Sarà un bel problema per il mondo se Trump sarà eletto anche solo in Parlamento (e i sondaggi dicono di sì), ma in ogni caso la politica americana uscirà segnata e divisa come non mai, inadatta a sostenere la leadership che si è accollata dopo il crollo del Muro di Berlino. Anno X

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LA GRANDE MADRE

di ALTHEA BARRESE

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i ritorno dalla Grande Mela, dove ho visitato davvero tanti musei e, per la prima volta nella mia vita, credo, li ho apprezzati veramente senza finire per essere annoiata dopo venti minuti, ho deciso di dedicarmi di più al mondo dell’arte, e, perchè no, parlarne anche su Zabaione. “La Grande Madre”, mostra presentata dalla Fondazione Nicola Trussardi e dal Palazzo Reale e una delle tante iniziative per Expo in città 2015, è -e qui cito Pisapia“una mostra originale, che intreccia arte, sociologia, psicologia e tante altre dimensioni del sapere”. Opere di più di 100 artisti da tutto il mondo, tra i quali spiccano Frida Kahlo, Yoko Ono, Boccioni, Marinetti, Munch, Dalì, Warhol e molti altri, sono state raccolte a rappresentare la maternità e la condizione femminile dai primi del ‘900 ZABAIONE

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LA MOSTRA SULLA DONNA A PALAZZO REALE

fino al giorno d’oggi. La mostra, divisa in ben 29 sale, si percorre in ordine cronologico: dall’idea della maternità come unione celestiale, fino ad arrivare ai giorni nostri, in cui stiamo cercando di superare tutte le differenze di genere, passando per i futuristi, che rifiutano il lusso femminile, l’inizio delle contestazioni femminili, le suffraggette, la pillola anticoncezionale e l’aborto. È una mostra talvolta a sfondo erotico, ma che non rischia mai di diventare pornografica. La maggior parte delle opere non è particolarmente conosciuta, il che mi ha fatto apprezzare

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maggiormente l’esibizione. Alcune di esse, quando mi ci sono trovata davanti, mi hanno trasmesso poco o niente, ma ce ne sono alcune proprio degne di nota: in primis i vari ritratti che Boccioni ha fatto alla madre, due di essi molto in stile boccioniano, e uno schizzo a matita, invece, che potrebbe quasi essere di Leonardo. Notevoli i vari libri e le varie riviste di Marinetti, tra cui un manuale sentimentale, “Come si seducono le donne”, in cui lo scrittore augura a tutti l’amore libero, soprattutto dal matrimonio. Particolare è anche il video “Grosse Fatigue” (che tra l’altro avevo visto giusto un mese fa proprio al MoMA) dell’artista francesce Camille Henrot. Nel video si alternano immagini girate allo Smithsonian di animali imbalsamati a varie finestre di browser che si aprono continuamente e spesso si sovrappongono, nelle quali sono illustrate pagine di enciclopedia. Non sto qui ad elencarvi tutte le opere che ho gradito perchè rischierei di diventare terribilmente noiosa (forse già lo sono), ma nel complesso vi dico che è una mostra davvero molto interessante, che mi ha sorpresa davvero positivamente e che consiglio vivamente a tutti voi (avete tempo fino al 15 novembre), appassionati o meno di arte.

COSA ANDARE A VEDERE?

AL MUDEC, IL 28 OTTOBRE, APRONO QUATTRO MOSTRE, TRA CUI “BARBIE - THE ICON” E “GAUGUIN. RACCONTI DAL PARADISO”. AL PALAZZO REALE, OLTRE A “LA GRANDE MADRE”, RIMANGONO ANCORA “DA RAFFAELLO A SCHIELE”, “GIOTTO, L’ITALIA” E “MITO E NATURA” ALLA TRIENNALE È POSSIBILE VEDERE, FINO AL 1 NOVEMBRE, LA MOSTRA “ARTS & FOODS”

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ATTUALITÀ

“UNA PROSTATA TROPPO INFIAMMATA” LA TRASFORMAZIONE DI YOUTUBE ITALIA

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ors tua vita mea”, “fare soldi senza lavorare”, “è una cagata pazzesca”, “pizza mandolino mafia banana”, “merda che caga merda”, “cestino dei rifiuti pieno”, “pianti pianti pianti pianti”, “ma dove sono finito”, “infinita dispensa di autismo”, “la possibilità di creare”, “cadavere ambulante senza innovazione”, “una prostata troppo infiammata”, “un casino. Bello però”, “ch-all-en-ge”, “tanto ma tanto disagio”,“una grandissima opportunità… Mancata”. Qualche definizione su come va l’Italia? No! Semplicemente le risposte ad un sondaggio fatto dallo youtuber Yotobi che ha chiesto al popolo del web di riassumere YouTube Italia in quattro parole… Questo è quello che lo sconosciuto YouTube di 10 anni fa è diventato. YouTube è una piattaforma web, fondata nel febbraio del 2005 che permette a chiunque di condividere video. Di proprietà di Google dall’ottobre del 2006, è il terzo sito web più visitato al mondo dopo Google e Facebook. Su YouTube esistono dei canali che permettono sia di pubblicare un proprio video sia di commentare e giudicare i prodotti degli altri canali. Ma si può utilizzare YouTube anche senza possedere un canale, guardando quindi video passivamente. Negli ultimi anni questa piattaforma oltre che un divertimento è diventa12

di ISOTTA MANFRIN

ta anche una forma di guadagno e per gli youtuber più famosi addirittura un lavoro: quando i video raggiungono un degno numero di visualizzazioni, Youtube contatta il proprietario del canale e sottoscrive un vero e proprio contratto. Inoltre il numero di visualizzazioni deve essere confrontato con il numero d’iscrizioni, il numero di votazioni (mi piace e non mi piace), il numero di commenti e quello delle condivisioni: questo permette al social di calcolare l’effettiva capacità del video di creare “engagement” e, di conseguenza, anche aumentare l’interesse degli utenti nei confronti del video. In sintesi si può dire che non si tratta soltanto di una questione di volume, ma di tasso d’interazione. Vi voglio qui presentare YouTube Italia, con le più comuni categorie di youtuber che incontriamo.

formata alla massa. Il più famoso di questi è Favij, il suo è il secondo canale con più iscritti di tutto YouTube Italia (2.123.431). Molto noto è anche ilvostrocaroDexter che ha 1.186.335 iscritti. Troviamo poi il canale FRANK MATANO Games (824.072 iscritti), quello di GODz Dread (747.137 iscritti) e gamer come CapoBastone (359.424 iscritti), Frax (359.784 iscritti), GaBBoDSQ2 (740.937 iscritti), Just RoHn (596.148 iscritti), Johnny Creek (568.350), Anima (757.857 iscritti) e moltissimi altri.

I PRANKER

Tutti ci ricorderemo delle famose “Scoregge sulla gente” di

I GAMER

Questa categoria di youtuber gioca a videogiochi commentando il tutto e rendendolo quindi più interessante. Nell’ultimo periodo però, come tutto YouTube Italia, oltre ai soliti video hanno iniziato a pubblicare anche sfide (le cosiddette Challenges), vlog, delle sorta di video diari in cui raccontano la loro vita, e l’apertura dei regali (i pacchi) mandati dai fan. La maggior parte di loro si è quindi uniOTTObre 2015

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Frank Matano (1.109.053 iscritti) che nel 2012 inizia gli scherzi in pubblico. Questo fenomeno si sviluppa e nascono dei canali YouTube che si occupano esclusivamente di scherzi ed esperimenti sociali. I cosiddetti “re dei prank” sono i TheShow (889.585 iscritti), due giovani universitari che il 6 ottobre 2013 hanno iniziato a pubblicare video su YouTube. Con il loro stesso stile, sul modello americano, abbiamo i Relative (233.938 iscritti). Troviamo poi il canale Le Follie di Tyler Strikes che esiste già da tre anni ma si è specializzato in prank e ha iniziato ad avere molto successo circa un anno fa: è uno dei canali il cui numero degli iscritti sale velocissimo. Tyler ha apportato come novità gli scherzi su WhatsApp.

LE VLOGGER

Metto in questo gruppo tutte le ragazze che parlano di fronte a una videocamera: possono occuparsi di make-up, raccontare la loro vita, parlare di temi attuali o altro. La caratteristica che le accomuna è quella di rivolgersi allo

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spettatore come se fosse lì con loro. Dalla parte del make-up abbiamo il canale di ClioMakeUp (806.301 iscritti), di KissAndMakeup01 (348.986 iscritti), di Cleo Toms (126.380 iscritti) e tante altre. C’è poi un’infinità di canali di vlogger di diverso genere: quello di CutiePieMarzia (5.886.975 iscritti) che ha così tanto successo anche perché i video sono sempre in inglese, quello di Greta Menchi (505.804 iscritti), di Sofia Viscardi (398.606), di ErikaKawaii (80.341 iscritti) e molti, molti, molti altri.

I PADRI DI YOUTUBE

In quest’ultima categoria non troverete un legame a livello di temi ma un legame molto più forte: quello della passione. I sei youtuber che vi sto per elencare sono quelli che, secondo me, hanno dato forma a YouTube Italia, dei pilastri che reggono in piedi questa piattaforma: pur avendo meno iscritti, sono ai miei occhi indispensabili. Cane secco (228.511 iscritti), Matteo Bruno, carica il suo primo video sette anni fa! YouTube non era conosciuto da nessuno: a quell’epoca ci voleva coraggio per fare una cosa simile. Matteo ha fatto della sua passione per i video un lavoro: ora è un videomaker. E il suo percorso su YouTube continua. Willwoosh (684.681 iscritti), Guglielmo Scilla, anche lui inizia con i video prestissimo, nel 2008. Ha un successo incredibile per quel tempo, ma sparisce senza motivo il 31 ottobre 2013. E circa un mese fa, l’11 settembre 2015, riappare con un video intitolato “Che fine ha fatto Willwoosh”. Guglielmo aveva smesso di fare video perché non aveva più idee, gli mancavano nuovi contenuti. È da questo che

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si capisce il divario fra il vecchio YouTube Italia e il nuovo: ora non importa se non hai più niente da dire, se non c’è più un contenuto interessante, basta parlare e la gente è contenta. Daniele doesn’t Matter (825.052 iscritti) ha iniziato il suo viaggio cinque anni fa ed è quello fra vecchi youtuber che più si è “ambientato” nel nuovo YouTube. IPantellas (1.356.936) sono due ragazzi, Daniel e Jacopo, che hanno pubblicato il loro primo video “Io odio Moccia” sei anni fa. Fanno parodie, canzoni, video comici e serie. Sono costanti nel loro lavoro senza mai ricadere nella noia, si rinnovano sempre. I Fancazzisti Anonimi. Anche se non hanno iniziato i video fra i primissimi, infatti sono attivi da quattro anni, meritano, secondo me, di essere in questa categoria perché hanno deciso di togliere il numero degli iscritti, non volendo che la gente fosse influenzata dalla loro popolarità ma che li seguisse per i loro contenuti. Il gruppo originario dei Fancazzisti era formato da Simone, Valerio e Alessio, e sono diventati famosi con la serie di ChatRoulette. Poi Alessio ha lasciato il gruppo. Ora si sono aggiunti Eleonora e Izumo. Yotobi (982.475 iscritti), Karim Musa, è su YouTube da otto anni. Ha raggiunto notorietà con le sue recensioni sui film Trash ed è uno dei pochi che dice sempre quello che pensa; non gli importano le conseguenze. Molti gli rimproverano il fatto di essere troppo severo sia con gli altri sia con se stesso, ma se non si comportasse così non sarebbe Yotobi. Ovviamente ci sono molte altre categorie di youtuber oltre a queste: i comici, i cantanti, i maghi… Ma questa è un’altra storia. 13


ATTUALITÀ

FLASH

di chiara malaponti

ITALIA

il premier Benjamin Netanyahu e il presidente dell’Autorità palestinese Abu Mazen.

In Canada si vota per il rinnovo del parlamento. I sondaggi davano in leggero vantaggio il Partito liberale di Justin Trudeau, figlio dell’ex premier Pierre Elliot Trudeau. Dietro ai liberali ci sono i conservatori del primo ministro Stephen Harper e, con un leggero distacco dai primi due, il Nuovo partito democratico (Ndp), un’altra formazione di centrosinistra.

SERBIA Erri De Luca è stato assolto dall’accusa di istigazione al sabotaggio della Tav. I pm avevano chiesto otto mesi di reclusione per lo scrittore che, in un’intervista del 2013, si era espresso a favore delle proteste contro la linea ferroviaria ad alta velocità tra Torino e Lione. I giudici del tribunale di Torino hanno stabilito che “il fatto non sussiste”.

ISRAELE

Nuovo assalto armato a Beer Sheva. Un uomo ha sparato sulla folla alla stazione centrale, uccidendo un israeliano e ferendone altri dieci. Nella reazione armata delle forze di sicurezza sono rimasti uccisi sia l’aggressore sia un profugo eritreo. In settimana il segretario di stato statunitense John Kerry incontrerà 14

CANADA

Dalla Macedonia domenica sono entrati in Serbia circa 10mila profughi siriani, afgani, iracheni e curdi. L’Unhcr ha riferito di tremila persone nella località di confine Berkasovo, mentre la Slovenia ha stimato almeno cinquemila arrivi dalla Croazia solo nella giornata di lunedì. Nel frattempo l’Eurotunnel di Calais è rimasto bloccato per La destra populista ha vinto le elequalche ora a causa dell’ingresso di zioni politiche in Svizzera. L’Uniocentinaia di migranti. ne democratica di centro (Udc), partito euroscettico e xenofobo, ha ottenuto quasi un terzo dei seggi del consiglio nazionale con 65 seggi su 200. Il prossimo consiglio federale (il governo) sarà eletto dal parlamento il 9 dicembre.

SVIZZERA

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SPORT

di aurora negretti

E

SIAMO DEI FENOMENI?!?

ccola! Puntuale come sempre arriva sul più bello, quando le cose iniziano a farsi interessanti... È la sosta delle nazionali. E così, durante queste due settimane gli esperti calciofili hanno potuto fare una variazione sul tema e non scrivere più articoli sui vani sogni di gloria di molte squadre o le effettive speranze ma si sono interessati alla nazionale, argomento che, a mio parere, coinvolge sempre meno, tanto che in queste settimane ha riscosso maggior successo la messa in onda per la milionesima (?) volta del Titanic che la partita della nazionale. Sarebbe dovuta essere una pratica abbastanza semplice da sbrigare e così si è dimostrata anche sul campo, ma per una famosa legge del calcio non scritta: “gol sbagliato, gol subito”, all’improvviso l’Italia si è ritrovata nella condizione di dover recuperare uno svantaggio non preventivato. Alla fine grazie a qualche aggiustatina in corso

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d’opera siamo riusciti a sistemare la situazione (come sempre noi italiani ci salviamo in corner). Più che la partita, ha catturato la mia attenzione una frase pronunciata da Conte dopo il tanto atteso secondo gol: “Siamo dei fenomeni!”. Non me ne voglia l’egregio Signor Conte ma definire “fenomeni” una nazionale che stava perdendo con la Norvegia, il cui livello si può definire simile a quello di un gruppo di amici dell’oratorio (senza offendere nessuno), una squadra che fatica molto a concretizzare e che è sì arrivata prima nel suo girone ma contro squadre come Malta, Azerbaijan, Bulgaria e con la sola Croazia definibile squadra di medio-alto livello, mi pare molto azzardato. Siamo lontani anni luce dal glorioso 2006 ma non siamo neanche conciati come ai mondiali di Sudafrica 2010. Siamo in un limbo, non siamo né una corazzata come i tedeschi che, sì, anche in questo campo, ci sono nettamente supe-

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riori, né siamo ai livelli dell’Olanda che, nonostante sia sempre stata e sia tuttora una fucina di grandissimi talenti, si è persa in un bicchier d’acqua. Insomma possiamo ritenerci abbastanza soddisfatti della squadra, ma non dobbiamo nemmeno sopravvalutarci, in modo da evitare poi di risvegliarsi bruscamente dopo la prima sonora batosta. Perché arriverà di sicuro, bisognerà solo sapersi rialzare in fretta. Bisogna fare inoltre i complimenti anche a tutte quelle nazionali che si sono qualificate per la prima volta agli europei: il Galles, trascinato da un Bale in gran spolvero, l’Irlanda del Nord, l’Islanda, l’Albania... e a tutte le altre, perché in Francia vinca la migliore, anche se in cuor mio spero di no, perché altrimenti saremmo fuori dai giochi già in partenza e dovremmo rinunciare alla beffa che sarebbe per i nostri “cugini d’oltralpe” vederci vincere a Parigi. 15


SPORT

LA META TANTO AMBITA

COMMENTO AI MONDIALI DI RUGBY 2015

Q

uest’anno l’Inghilterra ospita dal 18 settembre al 31 ottobre l’8ª edizione dei mondiali di rugby. La nazione ospitante è l’Inghilterra, ma alcune partite, come due quarti di finale e una delle semifinali, sono giocate a Cardiff, in Galles. Le nazioni qualificate sono 20, ma gli occhi di tutti sono puntati sui campioni in carica, gli All Blacks, che sono entrati nella competizione con un discreto risultato: 26 a 16 contro l’Argentina, una squadra spesso ritenuta mediocre, che invece sta sbaragliando tutti. Ma con quattro partite giocate e neanche una sconfitta la Nuova Zelanda è la prima in classifica del girone C, seguita dall’Argentina, l’unica del girone a essersi qualificata per i quarti oltre a essa. L’Inghilterra non si è qualificata, essendo terza del girone A, e lascia il suo posto all’Australia e al Galles, sotto gli occhi delusi dei suoi tifosi. Nel girone B abbiamo il Sudafrica e la Scozia ai primi posti, mentre gli Stati Uniti hanno perso tutte e quattro le partite giocate. Il girone D lo conosciamo tutti: è quello costituito da Italia, Francia, Irlanda, Canada e Romania. L’Italia ha vinto contro il Canada e la Romania, ma avendo perso contro Francia e Irlanda non ha passato il turno, ma chiude comunque il mondiale con il sorriso. La Francia, dopo degli ottavi tesis16

di SARA MUSURUANA

simi e incerti, si ritrova nei quarti a dover fronteggiare i temutissimi All Blacks e la loro Haka, il rito maori che deve essere guidato dal giocatore con sangue maori più anziano. Questa partita è ritenuta come lo scontro tra “titani”, la partita più attesa e sognata di questo torneo, ma anche quella più temuta. Diciamo che la Francia non è in una situazione molto facile, perché, anche se vincesse contro la Nuova Zelanda, si ritroverebbe contro la squadra vincitrice della partita Sudafrica-Galles. Dall’altro lato abbiamo l’Australia contro la Scozia, due squadre che sono uscite a testa alta dai loro gironi. La vincente si scontrerà con la “sopravvissuta” tra Argentina e Irlanda, perché siamo ai playoff, e ci sarà una strage di squadre per poter arrivare all’ambita finale del 31 ottobre a Londra. Ma cosa possiamo aspettarci da questo mondiale ? Innanzitutto non si può dire che sia povero di emozioni forti, di adrenalina, perché, ammettetelo, anche voi siete finiti per caso a guardare una partita facendo il tifo per una squadra, magari senza neanche riuscire a riconoscerla in campo. Perché il rugby è questo: uno sport spesso poco seguito, ma capace di suscitare una marea di emozioni nei più esperti come nei tifosi alle prime armi. Non dimentichiamoci però delle squadre delle nazioni più piccole, come la nazionale delle Isole Fiji, della Namibia, del Tonga e delOTTObre 2015

le Samoa, spesso ritenute di poco conto, ma, anche se nessuna di loro ha passato il turno, si sono fatte valere e non sono passate inosservate. Una cosa che forse non tutti sanno è che tutte le isole del Pacifico posseggono la loro danza rituale, ma quella della Nuova Zelanda è quella che è diventata più famosa, perché la prima a portarla sul campo da gioco. Le danze tribali delle Isole Fiji, delle Samoa e del Tonga sono meno conosciute perché non hanno usufruito di un contesto che gli All Blacks invece hanno trovato: l’aria di novità, e l’effetto che il loro rito ha suscitato quando è stato eseguito per la prima volta.L’Haka era qualcosa di nuovo, di mai visto, che, oltre alla loro divisa interamente nera, ha contribuito a forgiare il loro carattere. Ma sono soprattutto ammirati per il loro stile di gioco imprevedibile ed efficace: con una percentuale del 77% di vittorie in tutta la loro storia, sono la squadra più temuta e la più leggendaria. Insomma, dopo l’uscita dell’Italia non è facile decidere da che parte stare, se scegliere la favorita del torneo o quella meno quotata, la sorpresa dell’anno, e scommettere e tifare per lei: perché anche se siamo fuori non dobbiamo sentirci esclusi dalla competizione, dobbiamo considerare ciò come un’opportunità per prestare maggior attenzione a squadre che magari non avevamo mai notato prima, e scoprire nuove promesse del rugby.

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SPORT

L’EROE DIMENTICATO

di GUGLIELMO PENSABENE

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968. Olimpiadi di Città del Messico. Tre ragazzi, due afroamericani e un australiano, stanno per festeggiare le loro medaglie ottenute nei 200m piani, ma nessuno di loro se la sente di festeggiare, e quando saliranno sul podio, daranno vita a una delle più celebri forme di protesta dell’intero novecento. La foto dei due afroamericani sul podio con il pugno chiuso, Tommie Smith e John Carlos, la ricordano in molti ma pochi sanno che anche il terzo ragazzo australiano, Peter Norman, partecipò alla protesta delle pantere nere indossando lo stemma dell’Olympic Project for Human Rights. Verrà talmente dimenticato che la sua medaglia d’argento per i media del tempo diverrà di bronzo. Ma in Australia nessuno fece finta di niente. Da quel 16 Ottobre 1968 la sua vita cambiò radicalmente: fu aspramente criticato e bersagliato di insulti, e il suo paese preferì non mandare nessuno piuttosto che lui a gareggiare nei 200m alle Olimpiadi del ’72. Si dedicò anima e corpo alla lotta per i diritti civili, e, benché fosse stato sicuramente il più grande velocista australiano di tutti i tempi, non fu nemmeno chiamato ad aiutare e nemmeno invitato a presenziaZABAIONE

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re alle Olimpiadi di Sidney 2000. Si diede poi all’insegnamento, e al suo funerale portarono la bara i due ragazzi che invece erano diventati famosissimi (ma perseguitati e con una vita difficile anch’essi): Tommie Smith e John Carlos. Negli Stati Uniti, su pressione di Smith e Carlos, il 9 Ottobre, data

della sua morte a Melbourne, è stato proclamato Peter Norman Day. Un po’ di speranza per il futuro c’è, visto che l’Australia, quarantaquattro anni dopo quel fatidico giorno, si è decisa a rilasciare una dichiarazione di scuse a Norman, in cui lo si ringraziava, sei anni dopo la sua

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morte, per il suo ruolo nel campo dell’uguaglianza dei diritti. Credo che questa storia insegni che non bisogna fermarsi in superficie: quella foto è una delle più importanti del ‘900, ma nessuno, e io pure se non avessi scoperto per caso la storia su un blog, si era chiesto chi fosse quel terzo ragazzo, ostracizzato dal suo movimento sportivo e rinnegato dal suo paese. Peter Norman non è mai andato in cerca di visibilità e ha pagato carissimo un gesto che fino a pochissimo tempo fa non gli era neppure stato riconosciuto, e non è mai entrato in polemica con la sua federazione, preferendo ritirarsi nel campo dell’insegnamento. Si dice che nel corridoio dello stadio per arrivare al campo Carlos non trovava più il suo paio di guanti, e che la protesta non si poteva fare visto che il piano originale era di alzare entrambi i pugni. Norman allora consigliò loro di dividersi il paio di Smith e alzare un solo pugno a testa, dopodiché chiese ai due afroamericani una stemmino anche per sè, e loro furono contenti di darglielo. Uscirono poi sul prato e salirono sul podio, l’inno americano partì e il resto è storia.

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CINEMA

IO E LEI

A

di ALICE ALESSANDRI

differenza del celebre “Thelma & Louise” di Ridley Scott del 1991, nel quale emerge il profondo rapporto di amicizia tra due donne in fuga dalla monotonia e dalla violenza delle loro vite quotidiane, “Io e lei” di Maria Sole Tognazzi, appena uscito nelle sale cinematografiche, descrive una relazione affettiva tra due donne che svolgono una vita tranquilla e appagante nel centro di Roma e non hanno bisogno di scappare per poter rivendicare i propri diritti. Federica (Margherita Buy) e Marina (Sabrina Ferilli) vivono da cinque anni una storia d’amore, che ha rappresentato per entrambe una svolta importante nella loro vita, rispettivamente di madre e moglie la prima e di attrice affermata la seconda. Ad allietare le loro serate casalinghe c’è l’onnipresente Bengala, splendido gatto tigrato 18

dagli occhi verdi. Federica lavora come architetto e mantiene buoni rapporti sia con il suo ex marito (il suo dentista) sia con suo figlio ormai studente universitario e perplesso sulla nuova vita della madre. Marina invece gestisce un ristorante biologico ed appare molto più sicura e convinta di quello che fa. La serenità della coppia non è tuttavia del tutto stabile: Federica infatti vive con molto imbarazzo la sua prima storia omosessuale e si trova spesso a dover essere evasiva su tutto quanto riguarda la sua vita per evitare di renderla pubblica. Non stupisce quindi che al ricomparire di Marco, una vecchia fiamma (e suo futuro oculista), sia tentata di tornare sui suoi passi, sottovalutando il rischio di essere risucchiata in quelle dinamiche di coppia dalle quali sembrava felicemente uscita (non perdetevi in proposito la OTTObre 2015

breve sequenza inserita tra i titoli di coda!). Attraverso una vicenda molto dolorosa soprattutto per Marina, le due donne riscopriranno loro stesse e il senso della loro relazione. Non vi dico altro per non rovinarvi il finale. Ho apprezzato la regista, Maria Sole Tognazzi, per la scelta di affrontare un tema che sembra esser stato trascurato dalla cinematografia italiana e straniera nonostante la normalità che esso ormai rappresenta nella nostra società (anche se di recente l’argomento è stato pure affrontato, ma su un piano più astratto, nel bel film “Sils Maria” di Olivier Assayas del 2014, con protagonista Juliette Binoche). Le due attrici sono credibili per come si sono immedesimate nella parte, più maschile e insicura la Buy, più espansiva e decisa la Ferilli. Tre donne – e un gatto – davvero bravi!

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CINEMA

di ALTHEA BARRESE

È

il 10 maggio del 1996. Un gruppo di alpinisti, guidato da Rob Hall (Jason Clarke), capo della Adventure Consultants, società da lui fondata che organizza spedizioni sull’Everest, sfruttando il tempo favorevole, è partito dal campo base, a 5380 m di altitudine, per raggiungere la vetta più alta del mondo. Al loro fianco ci sono una decina di sherpa nepalesi e un gruppo della Mountain Madness, guidato da Scott Fischer (Jake Gyllenhaal), alpinista con un certo amore per l’alcool. A causa di questo sovraffollamento e, soprattutto, della scarsa preparazione dei clienti, sull’Hillary Step, il passo più delicato della salita, si crea un ingorgo che porterà ad un ritardo di gran parte del gruppo. Proprio per questo rallentamento, gli alpinisti, dopo aver raggiunto quasi tutti la vetta, vengono colti da un’imprevista tempesta durante la discesa. Al brutto tempo si aggiunge anche la scarsa organizzazione: mancano infatti le bombole d’ossigeno di riserva. Rob Hall è costretto ad ab-

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bandonare il suo gruppo per aiutare l’amico Doug Hansen (un tenero John Hawkes), un postino che per la seconda volta sta tentando di scalare la maggiore delle Seven Summits, che però morirà nel giro di poco. Hall nel frattempo rimane in contatto con il campo base, continuando a chiedere soccorsi; morirà l’11 maggio - un giorno dopo essere arrivato sulla vetta per la quinta volta - poco dopo essere stato messo in contatto con la moglie Jan (Keira Knightley), incinta di sette mesi. I principali sopravvissuti alla tragedia sono Jon Krakauer (Michael Kelly), reporter per la rivista “Outside” e autore del libro “Aria sottile”, da cui è stato tratto il film, e Beck Weathers (Josh Brolin), soprannominato “il texano”, che da quel 10 maggio è costretto a vivere senza mani e senza naso. Jon Krakauer ha definito il film “A total bull”, criticando la scena in cui lui avrebbe rifiutato la richiesta da parte di una guida russa, Anatoli Bukreev (unico della spedizione, tra l’altro, a non avere mai usato

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EVEREST

bombole di ossigeno) di salvare Rob Hall. Proprio tra Krakauer e Bukreev, dopo l’uscita di “Aria sottile” nel 1997, c’era stato qualche problema: Krakauer, infatti, nel libro accusa Anatoli di aver abbandonato il gruppo e di essere responsabile dei fatti avvenuti. Bukreev si è difeso pubblicando a sua volta un libro (“Everest 1996. Cronaca di un salvataggio impossibile”), ma la controversia non si è mai risolta, essendo Bukreev morto nel dicembre del 1997, travolto da una valanga sul monte Annapurna. Sono andata al cinema con molta ansia, avendo visto il trailer in precedenza, ma mi sono poi resa conto che lo spezzone pubblicitario è molto più drammatico di quanto il film non sia. È un film assolutamente guardabile, insomma, non un capolavoro, ma ne vale la pena. Ovviamente la storia, essendo vera, ti mette un po’ in soggezione, ma ci fai l’abitudine. Ah, per quelli a cui non piace vedere corpi esanimi congelati, preparatevi.

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CINEMA

INSIDE OUT

SOLITA RETORICA AMERICANA O VIAGGIO ENTUSIASMANTE NELLA PSICHE UMANA?

M

olti di quelli che in questi ultimi giorni sono usciti dalle sale cinematografiche di tutto il mondo dopo aver visto “Inside Out”, l’ultima opera, firmata Pixar, di Peter Docter e Ronnie del Carmen, si sono detti entusiasti. Pochi sono invece quelli che sono stati delusi (un mio conoscente l’ha chiamato “bestemmia cinematografica”) e sostengono che si tratti dell’ennesimo cartone-spazzatura cui ormai i bambini sono avvezzi. I giornali di tutto il mondo sono quasi unanimi nell’assegnare al film un voto positivo: tra quelli che hanno dato il massimo dei voti troviamo “ The Daily Telegraph”, “Le Figaro”, “Libération”, “Los Angeles Times”, “The New York Times” e “The Washington Post”. Sebbene personalmente lo trovi anch’io un film meraviglioso non posso fare a meno di dichiararmi concorde ad una critica (in realtà un vero e proprio interrogativo) che si legge sul settimanale americano “The New Yorker”: sarà davvero adatto alla sua originaria utenza, ovvero i bambini, abituati a Frozen, Cars, Toy Story o Madagascar? In questo cartone non ci sono né animali parlanti, né supereroi dai poteri straordinari, né tantomeno personaggi fiabeschi, solo una normale ragazzina undicenne, con un nome anche piuttosto insignificante, Riley, campionessa in erba di hockey, che subisce il “trauma” di trasferirsi dal freddo 20

di MATTIA COLOMBO

Minnesota alla bollente California e, massimo della tragedia, con un ritardo del camion dei traslochi. Ma partiamo dall’inizio. La storia parte dal presupposto che ogni persona sia governata da cinque emozioni personificate, e, in quanto essere umano, anche Riley ha le sue: Gioia (una pimpante figura femminile gialla con un attillato vestitino blu), Tristezza (una figura femminile blu, goffa e timida con un pesante maglione di lana grigio), Rabbia (una figura maschile rossa e irascibile in giacca e cravatta), Paura (una figura maschile violetta, smilza e fin troppo apprensiva) e Disgusto (una figura femminile verde piuttosto spocchiosa e vanitosa). Mentre Rabbia, Paura e Disgusto sono emozioni neutre, Gioia e Tristezza sono opposte, ma è Gioia che fin dalla nascita di Riley tiene il controllo della sua psiche, mentre Tristezza viene relegata in un angolo. Ogni volta che uno di questi personaggi fa provare a Riley un sentimento abbastanza forte tramite una fantasiosa plancia di comando piena di bottoni colorati e di leve, il suo cervello (concepito come un impressionante automa al servizio dei suoi abitatori) crea una palla da biliardo, un ricordo, del colore corrispondente alla personificazione dell’emozione provata, che viene immagazzinata in comodi scaffali. All’inizio del film notiamo un impressionante numero di palline gialle negli scaffali, chiaro OTTObre 2015

segno di come Gioia influenzi pesantemente la bambina. In un secondo momento vediamo la struttura del cervello: l’abitazione delle emozioni è una torre bianca che si erge dal profondo di un buco nero. Sugli argini di questo vediamo le cosiddette isole della personalità e dietro di loro un immenso sistema di archivi di tutti i ricordi di Riley. Le isole della personalità, che non sono altro che le rappresentazioni dei fattori che caratterizzano la personalità di Riley, sono derivate dai cosiddetti ricordi base che, nel sistema infallibile del cervello, sono stati catalogati come fondamentali, indimenticabili e immutabili e vengono conservati nella torre bianca come palline di qualsiasi colore. All’inizio del film questi ricordi sono cinque, tutti gialli. L’inizio della storia scatta proprio quando, scosso dal trauma del trasferimento e del primo giorno di scuola a San Francisco, il cervello produce un ricordo base blu, così Gioia si arrabbierà con Tristezza e tutt’e due verranno risucchiate dal tubo che ogni sera aspira tutte le palline accumulate nella giornata e le trasporta nell’archivio. La sfida di Gioia e Tristezza sarà trovare la strada di casa affrontando ogni sorta di pericoli e aiutandosi come amiche. Credo che riusciate a capire quanto sia geniale l’impianto dell’ambientazione da tutte le righe che ho impiegato per raccon-

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tarvelo, e credo che per questa sua originalità Inside Out si sia guadagnato l’apprezzamento delle critiche di tutto il mondo. L’altro aspetto geniale del film sta nel viaggio: un viaggio nell’immaginazione e nell’irrealtà, tra le cose (le persone o le entità) immaginate (e spesso dimenticate e abbandonate nel labirintico archivio) da Riley durante il suo passato; l’astratto si fa concreto in Inside Out, a cominciare proprio dalle emozioni, che acquistano anima e corpo, e soprattutto carattere, con tutti gli aspetti comici tipici dei cartoni animati. Ovviamente non manca il solito buonismo americano: le scelte della famiglia sono da rispettare in ogni circostanza, non bisogna mai rassegnarsi anche quando tutto ci crolla addosso, bisogna saper condividere la leadership per far funzionare al meglio ogni cosa. Ma, ZABAIONE

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nel complesso, ispira anche valori non così banali come l’incontro e l’armonia degli opposti, l’importanza della creatività e della fantasia e, soprattutto, della tristezza. Vorrei soffermarmi su quest’ultimo aspetto di carattere squisitamente psicologico. Le persone gioiose, frizzanti e ottimiste senza speranza non sono forse troppo infantili, e quindi tendenti a dimenticare gli aspetti seri, quindi importanti, o tristi (come ricorrenze commemorative) della vita? Con ciò non dico che dovremmo andare tutti in giro vestiti a lutto, ma semplicemente che l’equilibrio psicologico tra le emozioni dovrebbe essere la condizione cui tutti dovrebbero cercare di ambire, e non l’eccessivo sbilanciamento a favore delle emozioni positive. Il mio giudizio, anche se non entusiastico come quello dei giornali che vi ho citato prima, è co-

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munque molto favorevole; il mio consiglio è di non perderlo, e anche se molto probabilmente non sarete d’accordo con la mia analisi, non siate prevenuti nei confronti del cartone animato come “roba per poppanti”, perché in realtà, come ho già detto, non è quasi per niente adatto ai bambini, anche se non mancano i momenti di avventura, suspence e allegria che tanto piacciono al giovanissimo pubblico. E poi, chissà, magari qualcuno di voi potrà riscoprire i classici Disney, quelli che ancora erano disegnati a mano... Validi cartoni animati caldamente consigliati da me sono anche quelli dello Studio Ghibli del regista giapponese Hayao Miyazaki, tra cui troviamo “La Città Incantata”, “Il Castello Errante di Howl”, “Il Castello nel Cielo” e “Principessa Mononoke”.

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MUSICA

“SE DOVESSI DIVENTARE FAMOSA IMPAZZIREI”

di GIORGIO COLOMBO

È

stato al cinema soltanto tre giorni, dal 15 al 17 settembre, ma chi non è riuscito a vederlo avrà l’occasione di rifarsi guardando il DVD di prossima uscita. “Amy – The girl behind the name”, diretto da Asif Kapadia, narra il profondo, vero rapporto della cantautrice con la musica, la sua vocazione fin da bambina: si vede infatti un filmato della ragazza che a soli quattordici anni canta con voce soul “Happy Birthday” a un’amica. Anche il suo rapporto con il successo è importante e messo in luce nel docufilm; proprio lei profeticamente disse: “Se dovessi diventare famosa, impazzirei”. La protagonista delle scene è sempre la stessa, Amy, che viene ripresa in momenti pubblici e privati anche quando non vorrebbe: “Papà, spegni la telecamera”, dice, quando lui arriva sull’isola di Santa Lucia, nei Caraibi, con una troupe televisiva per trasformare in reality la loro vacanza privata. Sono una caratteristica del documentario le interviste fatte ad amici ed ex produttori. Appaiono due uomini molto importanti: il primo è il padre Mitch, appunto, che pare aver sfruttato la figlia fino all’ultimo,

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sconsigliandole anche di andare a un corso di riabilitazione, come lei dice ironizzando nella canzone Rehab: “I ain’t got the time and if my daddy thinks I’m fine…” (Non ne ho il tempo, e se mio padre pensa che io stia bene…). Tuttavia Amy

aveva un amore viscerale per Mitch, che fa da sfondo a tutto il film, ma che non è servito a salvarla dalla sua tragica fine. L’altro uomo della sua vita è stato Blake Fielder, suo marito dal 2007 al 2009, ma suo compagno per molto più tempo. Lui la introduce all’eroina, al crack e alla cocaina che saranno la sua OTTObre 2015

condanna, insieme all’alcol e alla bulimia: fin da bambina infatti soffriva di questa malattia e prendeva antidepressivi in età chiaramente non adatta. La madre, invece, appare poco e sporadicamente. In questo documentario è mostrata Amy Winehouse in tutto il suo talento, nella sua spontaneità, fragilità, delicatezza e sfrenatezza. Ci sono alcune scene forti, toccanti, angoscianti: quello che più colpisce è forse il suo concerto a Belgrado, in Serbia, fatto un mese prima di morire. Amy è sul palco, sotto effetto di stupefacenti: non riesce a cantare, ha gli occhi socchiusi che fissano il vuoto, i suoi movimenti incerti e lenti si scontrano con la musica e il ritmo veloce di Back to Black, che i musicisti continuano a suonare nonostante tutto. Lo show deve continuare, come dicono i Queen, e nessuno la fa scendere da quel palco. Questo documentario dipinge la vita sopra le righe di una cantante straordinaria, che ha avuto la sfortuna di fare gli incontri sbagliati nella vita, che nessuno ha forse veramente amato e che non è riuscita a reggere il ritmo travolgente del suo stesso successo. Amy è stata trovata morta nella sua camera da letto per abuso di alcol a ventisette anni.

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MUSICA

“TROPPE CARAMELLE TI FANNO MALE L’AMORE TI DELUDERÀ” di ISOTTA MANFRIN

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er chi non lo sapesse, Mika è un cantautore libanese che compone però in inglese. È molto conosciuto in Italia anche perché due volte giudice del programma televisivo X-Factor. Il 30 settembre si é conclusa la sesta ed ultima tappa del tour di Mika in Italia. Ero al concerto di Assago lo scorso 27 settembre. Avendo un biglietto parterre e quindi nemmeno un posto assicurato sono arrivata tre ore prima dell’apertura dei cancelli per poter avere un posto davanti. Le file al forum di Assago erano due: la più corta era riservata ai fan più sfegatati che avevano dormito lì e si erano autonumerati per assicurarsi i posti proprio sotto il palco. La seconda, la mia, la più lunga… Dopo ore passate in fila ad alzarci e risederci per i falsi allarmi pensando aprissero le porte, finalmente siamo riusciti ad entrare nel Forum. Mi trovavo a circa cinque metri dal palco e, dato che non c’era ancora troppa gente, tutte le persone si erano sedute. Improvvisamente senza un apparente motivo ci ritroviamo tutti alzati e inizia la guerra per il miglior posto. Io sono sola con una mia amica e il vantaggio è che se si è in due, e per di più un po’ basse, ci si riesce ad infiltrare ovunque. Intanto le persone continuano ad aumentare e si è sempre più schiacciati, ci sono delle ragazze che si sentono male e noi due cerchiamo di crearci spazio: mossa sbagliata. Iniziano ad insultarci tutti i

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fan(atici) di Mika perché prima ci avevano viste molto più indietro… La tensione è alta, tutti ci guardano male. Siamo a circa due metri dal palco. A salvarci è il gruppo di spalla, i Citizens, che sciolgono le tensioni e portano il buio. E all’alba delle 21.15 Mika fa il suo ingresso in scena accompagnato dalla band. Il palco è sovrastato dalla gigantesca scritta luminosa “Heaven” che richiama la prima canzone in scaletta, No Place In Heaven appunto. Il calore e la partecipazione del pubblico sono impressionanti, le ragazze intorno a me piangono, e Mika è un vero e proprio mago nel coinvolgere e gestire le migliaia di persone presenti questa sera. L’apice si raggiunge con la canzone Underwater, quando il Forum è illuminato dalle torce degli smartphone che danzano a tempo con la voce di Mika. Ci sono pochi cantanti che sanno parlare al pubblico come fa lui (sicuramente il fatto di sapere l’italiano aiuta), Mika può zittire tutto il forum o

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può farlo cantare, siamo tutti in suo potere: « La prossima volta che voi lo fate, voglio che voi la cantate come se siete gli ultimi sul pianeta, senza orgoglio, senza vergogna, senza paura, scemi tutti insieme, siete pronti? siete pronti per cantare forte? Nascondete le luci un attimo… UNO, DUE, TRE…Underwateeeer”. « Non ci sono mai state così tante stelle a Milano » . Ospite della serata é Chiara Galiazzo con la quale Mika duetta Stardust e che lo accompagnerà anche nella canzone finale. Già, perché dopo circa due ore e un quarto di concerto senza mai un’interruzione, arriva l’ultima canzone, un ritorno alle origini, Lollipop. Mika però non la canta come sempre ma cerca di tradurcela in italiano con un testo senza senso, alla fine si arrende e la canta come sempre, come piace a tutti mantenendo però in italiano il ritornello “Troppe caramelle ti fanno male. L’amore ti deluderà”.

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MUSICA

JANIS

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di GIULIO PISTOLESI

quanto pare, ci troviamo in un periodo di grazia per i documentari sui belli e dannati della musica, quelli che all’apice del successo non trovano di meglio che morire tragicamente per poi ricevere immediata deificazione e diventare leggende. Perciò, dopo Cobain: Montage Of Heck, il ventilato “documentario più intimista del rock”, e Amy, su vita ed eccessi della Winehouse, ecco arrivare nei nostri cinema Janis, opera della regista Amy Berg, che ci trasporta nella California della summer of love per raccontare la storia di Janis Joplin, stella del blues e icona hippie. Dunque eccoci serviti, dal Texas dei primi anni ’60 a San Francisco allo squallido motel di Los Angeles dove la Joplin trovò la morte per overdose di eroina, passando per Monterey e per Woodstock, per la tossicodipendenza e gli amori, per l’alcool e le sofferenze, il tutto rievocato tramite immagini di repertorio, concerti, interviste, testimonianze di amici, colleghi e parenti e infine lettere, le lettere di Janis alla famiglia, lette per l’occasione da nientemeno che Gianna Nannini. Sì, ma com’è, questo documentario? Allora, bisogna premettere che io non ci vado pazzo, per i documentari. Sì, mi piacciono, ma non mi smuovono l’anima, a meno che non siano davvero eccelsi. Ma per essere eccelsi, devono affrancarsi dai consueti stilemi del genere, devono essere qualcosa di più di un grande collage di fotografie, 24

filmati e testimonianze. Altrimenti esco dal cinema con un paio di nozioni in più sulla vita del cantante taldeitali, ma non resto sconvolto nel profondo per aver scoperto quarant’anni dopo che è davvero un peccato che il ragazzo in questione sia morto. Il documentario su Cobain c’era quasi riuscito, grazie però ad un pesante intervento del regista, forte di spezzoni animati e riarrangiamenti dei Nirvana a fare da colonna sonora inedita. Janis no. Però, accipicchia, non si può certo dire che sia mal fatto, che sia povero di materiale, che presenti una visione limitata della protagonista: la Berg, la regista, ha mestiere, ha confezionato un prodotto tecnicamente impeccabile, ma l’impressione è che manchi di emotività. O meglio, l’emotività c’è, ce n’è tanta, ma non attecchisce. Si esce dal cinema

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sapendo che Janis Joplin era una brava persona, del resto lo dicono pure i suoi compagni di band, solo che poi è morta. Ma non si resta profondamente colpiti dal personaggio, non bastano due o tre ex compagni di band che dicono che lei sì che non aveva paura di essere giudicata dai suoi ottusi coetanei per trasmettere il reale carisma che la cara Janis doveva effettivamente avere. E poi, a voler fare i fighetti, il doppiaggio in italiano tende a rendere un po’ artificiosi gli interventi dei diretti testimoni della vita della Joplin. Mah, sarà questo. Ad ogni modo, carissimi, se mai vi dovesse saltare il ghiribizzo di scoprire qualcosa di più su Janis Joplin, guardatelo pure, a parte le mie menate sull’emotività è un signor documentario; ma solo se lo danno in televisione, ché di andare al cinema non vale davvero la pena.

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LIBRI

di Alice ALESSANDRI, ALICE BRUSAFERRI e sara merengo

RECENSIONI

“LA VITA ACCANTO” DI MARIAPIA VELADIANO

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ebecca è nata brutta. Non storpia, né deforme, semplicemente brutta, talmente brutta che la gente mormora al suo passaggio e i genitori dei suoi compagni non vogliono che i loro figli frequentino la scuola insieme a lei. Dopo la sua nascita, sua madre si è chiusa in se stessa ed è sprofondata in una silenziosa depressione, mentre suo padre cerca di frenare i pettegolezzi in città nascondendo il più possibile la bambina, credendo in questo modo di difenderla dalla crudeltà del mondo. Le uniche due figure che sembrano interessarsi alla piccola sono la focosa ed esuberante zia Erminia e la tata Maddalena, che riversa sulla bambina tutto l’affetto che non ha potuto dare nella vita. La vita di Rebecca cambia dra-

sticamente quando si scopre che la bambina ha un dono, che sembra quasi un miracolo comparato al suo aspetto disastroso. È proprio grazie al suo talento e all’aiuto della signora De Lellis, un’anziana donna che tutti credono pazza, che Rebecca comincerà pian piano a riprendere in mano la sua vita, dalla quale era sempre stata esclusa a forza, e ad approcciarsi al mondo esterno senza paura. Attraverso le vicende di Rebecca Mariapia Veladiano sembra volerci dimostrare che l’importante non è aderire perfettamente ai canoni della società, ma coltivare i propri talenti, le proprie passioni, e sentirsi a modo proprio unici e speciali. È fondamentale, sembra dirci la protagonista, avere il coraggio di inseguire i propri sogni e coltivare i propri interessi: solo

la determinazione e la forza della passione hanno infatti il potere di stravolgere la nostra vita e di donarci la capacità di trovare la felicità dentro noi stessi. (Sara Merengo)

“IL SENSO DEL DOLORE” DI MAURIZIO DE GIOVANNI

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uigi Alfredo Ricciardi è un commissario di polizia che, a differenza degli altri, riesce a percepire l’ultimo pensiero delle vittime di omicidi, riassunto in una frase emblematica. Questa sua particolare dote, indicata come “il Fatto”, emerge un giorno dell’infanzia di Luigi, quando per la prima volta si trova davanti agli occhi un morto, ZABAIONE

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e lo segnerà per tutta la vita: infatti a volte gli capita di vedere davanti a sé un uomo nell’attimo in cui sta per morire, anche se in realtà è morto da tempo. Ciò gli procura un grande dolore che resta impresso nei suoi occhi verdi, nei quali si perdono molte donne, tra cui Enrica, la giovane vicina di casa che il commissario ammira ogni sera mentre cuce alla finestra e di cui è

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segretamente innamorato, e Livia, la vedova del tenore del cui omicidio si tratta nel libro “Il senso del dolore”, primo di una lunga serie. Il racconto è ambientato a Napoli negli anni Trenta, in pieno periodo fascista. Al Real Teatro di San Carlo, il maggiore della città, viene trovato morto Arnaldo Vezzi, un tenore di fama internazionale, che stava per prendere parte, al ter25


LIBRI

mine della “Cavalleria Rusticana”, all’opera “Pagliacci”, in cui avrebbe interpretato Canio, il personaggio principale. Alla notizia del decesso,

il commissario Ricciardi accorre sul posto in compagnia del fidato brigadiere Maione, l’unico della Polizia a cui si è affezionato e di cui si fidi. Tra i sospettati - le sole persone che avrebbero potuto accedere al camerino della vittima -, oltre ai cantanti e agli addetti al palcoscenico, vi è anche un parroco, Don Pierino Fava, il quale, essendo amico del custode del teatro, riusciva sempre ad assistere all’opera lirica (la sua più grande passione) da una nicchia a lato del palco. Il commissario si metterà allora sulle tracce dell’assassino, inizialmente senza riuscire a collegare le varie testimonianze, fino ad arrivare ad un finale sorprendente

- grazie al fondamentale aiuto del parroco - in cui si scopre che il movente è legato, come sempre secondo Ricciardi, all’amore o alla fame. Maurizio De Giovanni riesce a creare storie intriganti la cui soluzione stupisce sempre e a seguire, oltre alla trama principale, un’altra riguardante la vita privata del Commissario che continua in tutti i racconti della serie. È bene quindi iniziare la lettura dal primo libro (nonostante gli episodi siano tutti slegati tra di loro) per seguire in ordine cronologico le vicende legate più da vicino al Commissario. (Alice Alessandri)

“INTERVISTA COL VAMPIRO” DI ANNE RICE

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ew Orleans, anni ‘80. Daniel, un giovane giornalista, si prepara ad intervistare Louis de Pointe du Lac. Ma nella stanza anonima lo aspetta un uomo strano, che si dichiara un vampiro. Ma Louis non è il vampiro che va di moda oggi, non è il mostruoso Dracula né il romantico Edward: Louis è un vampiro “vero”. Nasce due secoli prima in una ricca famiglia di proprietari terrieri, alla morte del padre eredita tutto e diventa il capofamiglia; ma la sua vita è distrutta dal suicido del fratello, avvenuto per colpa sua; sconvolto dai sensi di colpa Louis cerca la morte ma senza avere il coraggio di uccidersi. Tuttavia scopre che la morte non è l’unica sua possibilità per lenire il suo dolore: viene infatti convinto dalla suadente voce di

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Lestat che la soluzione a tutti i suoi problemi è diventare un vampiro e liberarsi dunque dalla coscienza, dal dolore e dall’anima. Ma quando Louis si risveglia da vampiro capisce di essersi sbagliato su Lestat, che si rivela una creatura avida e di una crudeltà perversa che dimostra giocando con le sue vittime; Louis non è cambiato, non è il vampiro freddo e impassibile che sperava di diventare, ma conserva invece l’anima tormentata e insicura di quando era umano e rifiuta l’idea di uccidere gli altri umani. Tormentato dall’ idea del bene e del male, cerca risposte in Lestat, che però rifiuta di dargliele, per ignoranza o egoismo. Louis decide di lasciarlo, ma il suo tentativo viene stroncato dallo stesso Lestat, che trasforma la prima e unica vittima di Louis, una bambina di cinque OTTObre 2015

anni, in vampiro. Louis sviluppa per Claudia, la bambina, un amore che è diverso da quello umano; a volte padre, a volte amante, accompagna la bambina inumana per secoli, fino a un epilogo tragico, che trasforma Louis in uno dei pochi vampiri capaci di sopportare l’immortalità. Anne Rice crea personaggi meravigliosi, in conflitto, inspiegabili ma che descrivono diverse emozioni umane; Louis, tormentato dal bene e dal male, indebolito dalla coscienza; Lestat arrabbiato col mondo, che spreca l’immortalità per la propria vendetta; e Claudia, che non ha mai conosciuto i sentimenti umani ed è diventata donna, con una mente vecchia di secoli in un corpo di un’immortale bambina. (Alice Brusaferri)

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NARRATIVA

POLIFEMO AI TEMPI DEI SOCIAL

di ALESSANDRO SIMONETTA

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o sempre pensato che gli uomini fossero più intelligenti di me; ho scoperto che mi sba-

vo stranito, lui non ci faceva caso e mangiava come un maiale, senza badare ad alcuna dieta. Cercavo di calmarlo, ma non la finiva più di gliavo. dire che era un eroe. I suoi comPotreste pensare che non sia pagni erano peggio di lui: uno più così, ma guardate l’immagine: pazzo dell’altro. Anche loro parlavano di guerre, battaglia e altre stuCome stai Polifemo? pidate simili. Tentai di interrom:-) perli, ma nessuno mi ascoltava. Urlavano, sputavano, ruttavano, Bene, grazie tutto a tavola. .-) Presi il telefono; cercai su Google “buone maniere” e feci vedere Loro mi mandano una faccina a quello che sembrava il leader lo con due occhi... e io con uno. E loro schermo, ma lui se ne fregò e contiridono, come se fosse uno scherzo. nuò imperterrito a fare uno strano Giusto: mi devo presentare. Sono gioco che sembrava una danza triPolifemo: sì, quel Polifemo, quello bale venuta male. di Odisseo. Quello cattivo. La verità è che Omero ha racE poi il momento che cambiò contato la storia, ma l’ha raccon- la mia vita. Lui diede una manata tata male. Sono sempre stato tri- al cellulare che cadde e si ruppe in ste per il mio unico occhio; ora lo mille pezzi: il mio iPhone -48s si sono di più. era rotto. Presi tutti loro e li lanciai Tutto iniziò molti, moltissimi come dei sacchi verso le mie pecore. anni fa. Ero tranquillo nella mia Furioso chiesi a loro di ripagarmi il caverna a guardare i profili degli cellulare, ma in tutta risposta uno amici su Facebook, quando un pic- di loro mi sputò in faccia, facendo colo ometto entrò seguito da molti poi uno strano gesto. Lo guardavo altri della sua specie. Era un fallito, furioso, ma quel pazzo era anche nemmeno un amico su Facebook. esilarante. Si tagliava l’orecchio, Nonostante questo, continuava a urlando: “ho sconfitto il gigante”. delirare, parlando di una guerra a Gli diedi un colpetto che lo fece cui aveva partecipato, vantando- volare fuori dall’isola. Mi accusano si di essere un eroe. Pensate: ne- di averlo mangiato, ma non è vero: anche un canale su Youtube, ma sono vegetariano. continuava... Sembrava un profeta Cominciai a ridere, ma loro ubriaco e diceva di essere furbo e di non ridevano, anzi: piangevano. aver costruito qualcosa di legno. Lo Mi arresi: non li riuscivo proritenevo uno scemo, ma lo invitai prio a capire. Mi distesi sulla mia ugualmente a cena. brandina e mi addormentai. Quello stupido si rifiutava di Di notte ecco un rumore, poi bere vino puro: lo voleva mischia- due. A quel punto mi ritrovai qualre con l’acqua. Mentre lo guarda- cosa sull’occhio. Ringraziai il cie-

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lo: mio padre mi aveva portato la station per la wifi. Certo, avrebbe potuto risparmiarselo di recapitarmela così bruscamente, pensai. Mi accorsi che non era la station, ma qualcosa di più appuntito. Legno: un palo forse. Provai ad aprire l’occhio, ma non ci riuscii. Sentii un odore, un rumore, dei passi. Il mio incubo si era avverato. Corsi, rovistai fra le pecore. Li cercai e poi li trovai. “Ora basta nascondersi”: dissi con un ghigno. Sventata la paura di aver perso gli auricolari, sentii una musica dietro di me (è quella del mio antifurto), poi una voce. Era ancora quel pazzo furioso che diceva ai suoi compagni: “Scappiamo!”. Gli urlai: “Scappiamo da cosa?”. Gli domandai come si chiamavano, magari erano su Twitter, ma nessuno rispose. Uno però, confermando le mie ipotesi su di lui, affermò di essere un “nessuno”... insomma, un idiota. Scoprii tempo più tardi, grazie a un mio amico che ancora ci vedeva, il suo nome e cosa era successo quel giorno, da un articolo di Wikipedia. Ora non vedo più. Tutto è cambiato. Riesco ad usare a fatica il mio nuovo iPhone 6s. Meno male che esiste Siri. Rispondo ancora ai messaggi nello stesso modo, ma quando mi chiedono come sto, rispondo così: Come stai Polifemo? :-) Bene, grazie... -) 27


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FUORI DAL GUSCIO INTRODUZIONE

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di sOFIA CIATTI

alve a tutti, Pariniani. Se state leggendo questa rubrica, forse anche voi provenite da un piccolo paese della provincia e, in tal caso, vi sarete sentiti dei pesci fuor d’acqua, almeno per i primi tempi. Comunque, se sei un ragazzo o una ragazza originario/a di un piccolo paesino rurale abitato da villici, allora ti ritroverai sicuramente in quello che sto per raccontare. Se abiti in città, allora riderai sotto i baffi per come noi provinciali viviamo e socializziamo con il prossimo. Io personalmente vivo in un paesino molto ma molto fuori Milano, di cui pochi, anzi, quasi nessuno conosce l’esistenza. Si chiama Masate, ma oramai ho imparato che, quando mi pongono la fatidica domanda; “Da dove vieni?”, non devo mai e poi mai rispondere con: “Masate”, altrimenti rischio di beccarmi un’occhiataccia perplessa. Quindi, solitamente rispondo: “Vicino a Gessate”, il quale è il capolinea della linea verde della metropoli-

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tana e quindi dovrebbe essere più conosciuto, ma in realtà non è così. Il primo giorno in cui misi piede in classe e ci presentammo l’un l’altro, un mio compagno saltò fuori con la domanda: “Ma Gessate è in provincia di Milano?”, mi è capitato anche di sentirmi dire: “Io non ho mai viaggiato con la metropolitana…com’è?”. Insomma, di tutto e di più. Ovviamente, abitando fuori città, non sono mancate le prove tecniche per cronometrare quanto ci avrei messo per raggiungere la scuola, tra mezzi pubblici e simili. Pensate che per i primi giorni, portavo sempre con me una piantina con la scuola al centro del foglio, contrassegnata con un bell’evidenziatore verde fluorescente (tanto per non confondermi!). Inoltre, riportate sul retro, vi erano le indicazioni per raggiungere il Parini, e le varie possibilità che avrei potuto adottare. La maggior parte di voi penserà che abitare “a casa di Dio”, per utilizzare un eufemismo, sia soprattutto uno svantaggio, ma reOTTObre 2015

almente, non è così, ha i suoi pro ed i suoi contro, sia vivere in città, sia vivere in un paesino. Ad esempio, un enorme vantaggio che un paesino può offrire è l’assenza di inquinamento acustico (a meno che voi non abitiate accanto all’imbocco della Strada Provinciale, che è pessima nelle ore di punta!), fenomeno molto presente in città. Un altro beneficio di abitare distanti dalla scuola, è poter rivedere tutti gli argomenti assimilati il pomeriggio precedente che sai che dovrai poi esporre alla prima ora della tua giornata scolastica, poiché vi è un lungo viaggio seduti (ma non sempre, eh, eh!) sui mezzi pubblici. Per quanto riguarda i “contro” dell’abitare in un piccolo villaggio agricolo basato sulla monocoltura, sono principalmente tre: vitalità, accoglienza e pettegolezzi. Vitalità perché, in paesini come quello descritto, è ridotta al cinque per cento. Il fenomeno si acutizza intorno alle ore del tardo pomeriggio (17/18), in cui, la popolazione decide di fare ritorno nelle proprie dimore, consumare il pasto con i prodotti colti dalle proprie terre un paio d’ore prima e coricarsi (il tutto avviene entro le 20). Dunque, se fai ritorno a casa dopo le 21 o peggio, se esci a quell’ora, verrai da tutti accusato/a di stregoneria e di pratica di magia nera. In città, sai per certo che non potrà mai accadere una cosa simile: qualcuno con cui scambiare quattro chiacchiere lo trovi sempre, a qualsiasi orario, specialmente la sera, quando, tornato nella tua dolce casetta, ti verrà voglia di usci-

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re e incontrare qualcuno che non sia necessariamente uno dei tuoi colleghi di lavoro. Come secondo punto, ho citato l’accoglienza, poiché non potrà mai essere “calorosa” come in città. Infatti, prima che tu possa essere approvato dall’Assemblea Suprema Dei Vecchietti Più Influenti Del Paese Nonché Dei Massimi Esponenti Dell’Aspetto Socio-Culturale Di Quest’Ultimo, devi rispondere a determinati canoni agricolo-provinciali e lo stesso, ci metteranno anni, se non secoli, ad accettarti come effettivo abitante. Il tuo inserimento all’interno del paese sarà ancora più complesso se non possiedi uno dei cognomi “predefiniti” (Fumagalli, Moretti, Bianchi, Rossi, Castellazzi, Bernareggi, ecc.). Il trasferimento in città è molto più semplice e ve-

loce dal momento che tutti lì sono forestieri. Ultimo punto, ma non per importanza, sono i pettegolezzi, che giocano un ruolo importante all’interno della vita cittadina e che vengono tenuti “al caldo” anch’essi da un’apposita assemblea costituita questa volta da vecchiette, nonché mogli dei vecchietti che compongono e coordinano gli altri aspetti del villaggio. Queste donne si ritrovano sette giorni alla settimana per aggiornare il loro quaderno da otto miliardi di pagine in formato A1000. Perciò, stai sicuro che qualsiasi cosa potrà mai accadere in un futuro prossimo, loro la sapranno prima di te! Inoltre, questa speciale assemblea è dotata delle più avanzate tecnologie. Ad esempio, la nonnacimicespia3000, inviata appositamente per origlia-

UN ESSERE INUTILE

re i discorsi altrui e fissarti nel caso tu stia indossando qualcosa di diverso rispetto al giorno prima. In città, questo problema non si pone, dal momento che nessuno conosce nessuno, a parte poche eccezioni, ovviamente. Per cui, se, come me, sei un’innocente quartina o quartino che proviene da un piccolo villaggio rurale, non spaventarti di come si vive in città, è solo questione di abitudine. Il consiglio migliore che posso darti è: adeguati! Metti da parte gli stereotipi provinciali, e adattati al clima della città. Hai solo da guadagnarci. Se, al contrario, vivi in città ed i tuoi genitori sono indecisi se trasferirsi in provincia, tu, acquista il primo biglietto per il Burundi, sarà sempre la scelta più azzeccata e stanne certo, non te ne pentirai!

di ANNA LUNGHI E PAOLO SCIUNNACH

LEGENDA 1. Le prime tre pagine sono rappresentate dal punto di vista di Edgarnic, la quarta da suo padre. 2.I fumetti bianchi sono di Edgarnic, quelli gialli di Domoshi e quelli di blu del padre. 3. La prima striscia della terza pagina è un flashback. 4. Nell’ultima vignetta il padre si vede allo specchio. ZABAIONE

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di IRENE IANNOTTA E MARTINA RUGGIERI

ARIETE

Avevi bisogno di affetto e volevi trovare qualcuno che potesse farti compagnia? I tuoi amici ti hanno consigliato di comprare un animaletto domestico... non di rapire Harry Styles! I One Direction ne hanno già denunciato la scomparsa! E i tuoi non si convinceranno con un semplice “ lo nutrirò io”. Prima o poi lo dovrai lasciare andare e dovrai scegliere tra comprare un gatto iniziando così la tua vita sola e disperata oppure venire arrestato per sequestro di persona passando il resto dei tuoi giorni a marcire in carcere.

TORO

Caro Toro, ormai lo sappiamo che sei il più testardo di tutti, ma anche paziente e tenace. Ti si può spiegare una regola matematica anche cento volte, con parole ed esempi diversi e tu continuerai a farla nel medesimo modo, sbagliato ovviamente. Sei un segno che ha bisogno di ricevere certezze e per questo i tuoi amici si divertono a farti stare sulle spine e a farti venire crisi esistenziali.

GEMELLI

Sono contraddittori, i gemelli. Intelligenti e talvolta saccenti, fanno di tutto per imporre il loro punto di vista e dimostrare di avere sempre ragione su tutto. Certe volte verrebbe la voglia di picchiarvi, eh? A questo proposito: state attenti. Un feroce canguro si aggira nei corridoi dei Parini pronto per investirvi o tirarvi un calcio là, dove non batte il sole. Per cui gemelli, prendete una tazza extra large di caffè al bar e tenete sempre gli occhi aperti.

CANCRO

I piccoli guai famigliari non devono turbare il vostro equilibrio. Lasciate che vostra madre vi prenda a ZABAIONE

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ZABAOROSCOPO

padellate dopo aver portato a casa un due in greco. La soluzione non è buttarla in uno stagno o da un cavalcavia sopra l’autostrada. Piuttosto sequestra tutti gli utensili da cucina pericolosi (pentole, padelle, coltelli, frullatori), ma stai attento: dopo toccherà a te cucinare.

bere qualche camomilla in più e qualche caffè in meno. Non vorrete che il vostro compagno di banco vi metta le puntine sotto il sedere già da subito, vero?

SAGITTARIO

Scendete dalle nuvole! Siete costantemente distratti e inclini a figuracce. Avete preso l’ombrello? Inizi a sentire freddo. I maledetti Ovviamente no e di conseguenza, caloriferi della scuola sono ormai arrivate a scuola fradici e profuspenti dal lontano 21 aprile del 753 mati di cane bagnato, la fragranza a.C, data in cui Romolo fondò la preferita dalle ragazze. Eppure, siemitica Roma. Tu e tutta l’ira scrit- te fortunati: il vostro fascino è cota e raccontata nell’Iliade presto vi munque irresistibile! ribellerete scatenando il panico fra i bidelli usando come armi le dentiere dei professori più anziani. Voi Capricorno siete riconosciuti per essere responsabili e grandi diplomatici. Quindi, chi meglio I soldi si riveleranno un serio pro- di voi è adatto a candidarsi per le blema, ma ciò che importa è che ab- elezioni dei rappresentanti di clasbiate 17 scatole di gelato a 7927174 se? Nessuno? Preferite uno Scorcalorie al grammo per consolare la pione a rappresentarvi? Coraggio, vostra disperazione per lo studio aspettatevi di essere eletti dai voed affogarla, letteralmente, nel lar- stri compagni e preparatevi spirido che si stanzierà definitivamente tualmente al nuovo incarico che vi sul vostro punto vita. La situazione aspetta. degenererà col tempo e ben presto avrete il timore di scoprire cosa avrete sotto i vostri piedi, nel dub- Sempre generosi e desiderosi di bio usate l’immaginazione! aiutare il prossimo, siete dei perfetti compagni di banco. Grandi suggeritori e abili nel far scivolare “inLa mattina arrivate in ritardo per- volontariamente” i vostri compiti, ché ci mettete una vita a scegliere i siete amati e acclamati dai vostri vestiti ideali per la giornata? Se non compagni che in voi ripongono la volete fare tutti i giorni un giretto loro massima fiducia. Continuate fino all’ufficio del preside, forse vi così, perché siete in via d’estinzioconviene prendere i primi vestiti ne. che vi capitano tra le mani, tanto, detto tra noi, nessuno avrà mai il coraggio di dirvi che avete una Pensavate che la priorità del liceo macchia di dentifricio sulla cami- classico fosse fare amicizia con tutcia. ti quelli dell’ultimo anno? Beh, cari miei, svegliatevi, perché vi conviene farvi amici il manuale di greco e Col vostro carattere, qualche vol- il barista della scuola, il quale dota un po’ scontroso, rischiate di vrà offrirvi un po’ di tazze di caffè inimicarvi già da subito la metà se non vorrete rimanere al verde dei vostri compagni e dei vostri già dalla prima settimana. professori. Il consiglio è quello di

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di alice alessandri, guglielmo pensabene e giulio pistolesi

CRUCIVERBA

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ORIZZONTALI 1. Variante ridotta della scure. - 8. La moneta ateniese con la civetta. - 13. Lo è un luogo da cui guardi in basso. - 14. L’avena degli inglesi. - 15. La “I” delle W.i.t.c.h. - 16. Centro sportivo milanese adiacente al Politecnico Leonardo. - 20. Automobile Club d’Italia. - 21. Il fiume di Troia. - 25. Preposizione semplice. - 26. Se non è “oui” - 27. Ordine monastico cluniacense fondato a Cîteaux. - 29. Accertamento Sanitario Obbligatorio. - 30. Le porte dell’India. - 31. Il chitarrista storico dei Black Sabbath. - 32. Lo firmano gli amici dell’infortunato. - 34. Il Mario che scrisse il Padrino. - 35. Sigla indicante la nostra scuola. - 36. All’inizio del tramonto. - 37. Settimanale di attualità edito da Mondadori. - 39. Se è equino, va curato. - 41. Ancona sulle targhe. - 42. Abitanti della terra di Canaan. - 46. Il Renato di “Triangolo” (iniz.). - 47. L’elefante del mondo dei Chi. - 49. Il leader mondiale delle carte di credito. - 51. Il 55 della tavola periodica. - 52. Il mattatore del telegiornale. VERTICALI 1. La Grande di “Problem”. - 2. Quelle del reato posso essere attenuanti o aggravanti. - 3. Babbo Natale ci passa attraverso. - 4. In mezzo ai prelati. - 5. Metà di Metz. - 6. Il centro di Astana. - 7. Iniziali della “Bomba” sugli sci. - 9. Vi nacque Ligabue. - 10. Accompagna la cotoletta nei panini del bar. - 11. Personale non docente di una scuola - 12. Il centro commerciale di Piazza Cinque Giornate. - 16. Città del basso Lazio sull’omonimo golfo. - 17. La scritta portata al collo da Gesù sul Calvario. - 18. Il partito di Casini. - 19. Il gemello di Atreo. - 21. La signora lombarda. - 22. Storico produttore di alcolini italiano. - 23. Colosso del tonno in scatola. - 24. Le Macchine Tecniche dei Pokémon. - 28. Le comandò Himmler. - 34. Non molti. - 35. Long playing. - 37. In quello “des princes” gioca il PSG. - 38. E’ doppia nell’armadio. - 40. Barretta di ciocccolato e burro d’arachidi. - 43. Compagnia energetica con sede a Düsseldorf. 44. Il cuore della trincea. - 45. Nel Signore degli Anelli c’è quello di via. - 48. Iniziali del pittore dei Nottambuli. - 49. Verona in autostrada. - 50. I confini della Svezia.

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N.2 ORIZZONTALI 1. La bellissima amazzone di Virgilio. 7. La sorella segreta dell’F.B.I. 10. Bellissime, divertenti. 11. L’articolo più usato. 13. In mezzo alle ante. 14. J.S. Bach ne ha composte molte. 15. Si suona con due ance. 17. Il succo della storia. 19. L’aeroporto in greco moderno. 24. In ogni caso, per ogni... 25. Iniziali del Ferrara calciatore. 27. Dinamite. 28. Dentro. 29. L’oro in chimica. 30. Il vento del nord secondo il Pantheon greco. 32. Asti. 33. Una volta era la Persia. 34. Demoni giapponesi. 35. Tra Moscova e Cadorna. 36. Iniziali dello scienziato Pavlon. 37. Iniziali dell’attore italoamericano del Padrino e di Scarface. 39. L’amore di Didone. 41. Il migliore amico di Harry Potter. 43. Iniziali dell’arciere svizzero. 44. Il padre di Dario. 46. Lo inventarono i fratelli Wright. 47. Tipico mezzo milanese.

CATENA DI PAROLE VENDEMMIA U__ R__G_ B__I_L___E L_D__ G__R_I_ ZABAIONE

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C_R__ C___S_E P_C_ M__S___E MINION Anno X

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VERTICALI 1. Antica scala gerarchica indiana. 2. L’amante di Psiche. 3. Non... il can per l’aia! 4. Per quanto ci provi, non lo sposti. 5. Lo è la cicuta. 6. Iniziali di Iniesta. 8. Contrario di “-one”. 9. Canzone che Jovanotti dedicò a sua figlia. 12. Lodi. 16. La città nativa di Beethoven. 18. Titolo d’onore che spetta ai cardinali. 20. Rete locale ad accesso ristretto. 21. Figlio di Elios e padre di Medea. 22. Il nostro vicepreside. 23. Vi nacque Pericle. 25. La città nota per i marmi. 26. Il ... Mattia Pascal. 31. Pongo Pygmaeus. 38. Scrisse “Il gatto nero”. 40. Il nome della Farrow. 42. Iniziali del compositore del Padrino e di Amarcord. 44. Iniziali dell’ultimo Pallone d’oro. 45. Iniziali del terzo James Bond.

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VENDEMMIA UVA RAGGI BICICLETTE LADRI GUARDIE CORPO CELESTE PACE MISSIONE IMPOSSIBILE

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