Zabaione_Ottobre '16

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ZABAIONE NUMERO 1 ANNO Xi

GIORNALISMO INDIPENDENTE AL PARINI DAL 2006

OTTOBRE MMXVI


EDITORIALE

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iao a tutti Pariniani vecchi e nuovi! Eccoci tornati, finalmente, con un nuovo numero, il primo numero serio di quest’anno, dopo lo speciale di accoglienza per i quartini (Non siate gelosi, quintini e liceali). Insomma, alla fine sono ancora io a scrivere l’editoriale, perchè un nuovo direttore ancora non ce lo abbiamo (per i quartini e per gli smemorati: l’anno scorso il nostro direttore, o meglio, il nostro Dio, ha fatto la maturità e tutti voi sarete tenuti a votare il nuovo direttore in occasione delle elezioni dei rappresentati d’istituto). Bene, devo ammettere che non so bene cosa dire e scrivere. Qualche settimana fa è cominciato il progetto “Faber Quisque”. Sicuramente eravamo tutti molto curiosi (e forse anche un po’ timorosi) di come sarebbe andato, e adesso, lentamente, ognuno comincia ad abituarsi e ad avere le

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di Althea barrese

proprie opinioni a riguardo. E noi della redazione eravamo curiosi di sapere cosa pensassero i Pariniani a proposito, e per questo abbiamo deciso di fare un sondaggio, come quasi tutti voi avranno notato. Se siete curiosi di vedere i risultati, li trovate nella pagina affianco, anche se credo che abbiate notato prima i colorati grafici rispetto a questo noioso editoriale. Se vi può interessare il mio modesto parere, sono soddisfatta del progetto, nonostante un mio iniziale dubbio, e mi sono iscritta a corsi molto interessanti (ok, magari il ripasso di grammatica greca non è proprio la cosa più divertente di tutte, ma alla fine mi sarà utile, spero). L’unico problema che ho rilevato io, come molti studenti e anche come molti insegnanti, è il registro elettronico, che non ci permette sempre di vedere in modo chiaro la data, l’orario, piuttosto che il tema dei corsi. Ma pare che sia un problema che verrà risolto presto. Che dire adesso? Ah sì, quest’anno le elezioni dei rappresentanti di classe e di quelli d’istituto non si faranno lo stesso giorno: le prime saranno il 24 ottobre, mentre le seconde si terranno il 20 e il 21 novembre. Perché due giorni? Beh, in realtà ho sbagliato a dire “elezioni dei rappresentanti d’istituto” e basta: infatti si eleggerano anche i rappresentati dei docenti, dei genitori e del personale A.T.A., organi che vengono rinnovati ogni tre anni. E a proposito di elezioni dei rappresentanti: come tutti gli anni faremo un numero in cui intervisteremo i candidati delle varie liOTTOBRE 2016

ste, così avrete modo di conoscerli meglio prima del grande dibattito (quartini, preparatevi a due ore fantastiche!). Per adesso vi saluto, magari ci risentiremo il prossimo mese con un nuovo editoriale, altrimenti addio e godetevi questo numero e i prossimi che verranno!

SOMMARIO Faber quisque al parini pag. 3 faber quisque PAG. 5 in POCHE parole quartini del parini pag. 6 the turn of the screw PAG. 7 una vita californiana pag. 8 IL DOVERE DI SOGNAREINTERVISTA A PAG. 9 BEPPE SEVERGNINI PERCHÉ SÌ CAMBIA pag. 10 PERCHÉ VOTARE NO AL REFERENDUM PAG. 11 COSTITUZIONALE voci della ddr pag. 12 #fertility day PAG. 13 recensioni pag. 14 wake up, you need PAG. 15 to make money recensioni pag. 16 FINO AL TRAGUARDO PAG. 17 caccia al professore pag. 19

Anno XI

fuori dal guscio PAG. 20 zabaoroscopo pag. 21 zabaenigmistica PAG. 22 Numero 1

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ATTUALITÀ

FABER QUISQUE AL PARINI

SONDAGGIO SULLE PRIME IMPRESSIONI DEGLI STUDENTI a cura della redazione, GRAFICI di ALiCE ALESSANDRI

Di fronte all’inizio del progetto “Faber Quisque” nel nostro liceo, ci è sembrato opportuno raccogliere una prima impressione su questo, per sapere come avesse funzionato nelle primissime settimane. In futuro faremo altri sondaggi per avere informazioni più precise a proposito.

Preferisci Faber Quisque o l’orario normale?

Ti rimane tempo per uno studio approfondito?

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ATTUALITÀ Sei rimasto soddisfatto dalla modalità di iscrizione ai corsi?

Hai idee per migliorare il progetto? Molti Pariniani hanno risposto che è tutto perfetto. Vi riportiamo di seguito le risposte date con più frequenza: 1) Organizzare in maniera più chiara la sezione del registro elettronico dedicata a Faber Quisque, mettendo nella voce “planner generale” solo i corsi a cui lo studente è iscritto, specificando nella schermata principale l’orario e il luogo di svolgimento delle lezioni. Andrebbe inoltre migliorata e resa più semplice la modalità d’iscrizione ai corsi. 2) Diminuire l’attesa tra la fine delle lezioni e adibire più spazi come la biblioteca allo studio individuale o assistito. 3) Sfruttare gli spazi offerti dalla scuola al massimo, organizzando più corsi non strettamente inerenti alle materie curricolari. 4) Far contare le gite, i corsi di seconda lingua e le altre attività pomeridiane all’interno della scuola come moduli. 5) Posizionare i corsi in orari vicini alle lezioni al pomeriggio, al fine di avere tempo a sufficienza per studiare al pomeriggio. ...e altre risposte un po’ meno costruttive ma divertenti e degne di nota.

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ATTUALITÀ

FABER QUISQUE IN POCHE PAROLE

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A CURA di GIORGIO COLOMBO E GIULIO PISTOLESI

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LLE ALTRE SCUOLE DE RI RA O I GL N O C E AR ILI NC O C DIFFICILE DA ZABAIONE

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ATTUALITÀ

QUARTINI DEL PARINI

RACCONTO DEL PRIMO MESE DI SCUOLA TRA COMPAGNI, PROFESSORI E FABER QUISQUE di SARA BRUNI

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l primo giorno di scuola ero terrorizzata. I prof mi sarebbero piaciuti? Sarei stata simpatica ai professori? E ai compagni? La sedia avrebbe retto o sarebbe ceduta sotto il mio peso? E queste erano solo le più ragionevoli delle tante ipotesi: tra le peggiori, quella di avere compagni o prof. cannibali. Mentre aspettavo di poter entrare a fare la riunione con il preside, l’ansia aumentava… E aumentava… Arrivata in classe ero più tranquilla: fino ad allora a nessuno erano apparsi canini da vampiro, ma ero ancora convinta che tutto potesse succedere in una scuola superiore. Poi, però, sono stati tutti molto gentili e rassicuranti con me, per cui mi sono tranquillizzata. Dopo scuola mi sono fermata a chiacchierare con degli “anziani”, che mi hanno parlato MERAVIGLIOSAMENTE di tutti gli insegnanti, assicurandomi che tutti i professori del Parini danno dieci a raffica. Magari fosse così! Ma, in fin dei conti, se fosse così non avremmo motivo di studiare, perciò meglio sia il contrario o tanto valeva che scegliessimo un professionale! In generale, i professori sono sembrati molto disponibili, e questo è ciò che conta. Purtroppo, all’inizio di ottobre mancavano ancora degli insegnanti, quindi in alcune materie siamo rimasti un po’ indietro: ora, però, sono state assegnate tutte le cattedre. In particolare, i 6

professori che ho io non sono terribili. Sono una giusta via di mezzo tra il gentile e il severo. E’ bello vedere che ci trattano da grandi, ma sto imparando a mie spese che essere considerata matura ha i suoi aspetti positivi e quelli negativi: dipende tutto da me. Le lezioni finora sono abbastanza interessanti e i professori tentano di coinvolgerci il più possibile. Alla fine della terza settimana di scuola mi sembrava di conoscere i miei compagni di classe già da una vita. Con l’edificio scolastico, invece, era tutto il contrario: mi perdevo ancora tra i corridoi e non avevo ancora capito da che parte della scuola si trovasse esattamente la mia classe! Nel frattempo, è iniziato il 3 ottobre il progetto “Faber Quisque” (“Ognuno è artefice di se stesso”), come tutti ben sappiamo e sapevamo già da molto. Quasi tutti i corsi hanno esaurito i posti nelle prime 24 ore. Come avranno fatto a iscriversi così in fretta tutti i quartini? Sicuramente sono rimasti con i loro occhi gialli da lupi mannari puntati sulla preda (il monitor) fino allo scoccare della mezzanotte, per poi iscriversi a tutti i corsi, a qualsiasi classe fossero destinati, per non rischiare di perdere il posto, “tanto poi posso eliminarmi”: tutto questo mentre io dormivo beata senza pensare minimamente alla scuola. E poi … ah ah! L’ “eliminami” tanto ambito era scomparso! OTTOBRE 2016

Come fare? Panico! Avranno iniziato a cercarlo dappertutto: sotto le coperte, tra i cuscini del divano, sul tetto, nel tappo del dentrificio … niente. Allora hanno iniziato a entrare e uscire dal sito cinquecento volte, controllando speranzosi se la scritta in rosso appariva, ma niente da fare: tutto questo mentre io sognavo muffin al cioccolato. Saranno andati a dormire sconsolati. E, il giorno dopo, rally per tutta la scuola alla ricerca degli insegnanti per togliersi dai corsi. Molti insegnanti non c’erano, perché era il loro giorno libero! Allora è partito il terrore: “E se non riesco a togliermi? E se il corso parte e io non ho ancora parlato con il prof? Non mi presento? O mi presento? Ma sono tutti ragazzi del liceo… Mi manderanno in prigione? Aiuto!” In tutto questo, io non avevo ancora aperto il sito. Quando finalmente ho trovato due dei corsi con qualche posto rimanente che mi interessavano (uno molto, l’altro abbastanza), anche se avrei preferito farne altri, mi sono resa conto che uno era alla prima ora del giovedì, l’unica in cui potevo dormire. “Fantastico! Grande!” mi sono detta, dandomi una pacca sulla spalla, ma quello era il corso che mi interessava, per cui mi sono rassegnata a svegliarmi presto. Speriamo almeno mi piaccia.

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ATTUALITÀ

THE TURN OF THE SCREW

L’USCITA DEI QUARTINI ALLA SCALA di EMMA ORSENIGO

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ome penso tutti i quartini sappiano, giovedì 13 ottobre c’è stata un’offerta a tutte le quarte ginnasio per vedere un’opera della Scala: “The turn of the screw”. Contrariamente a quanto potrebbe sembrare dal posto e dal titolo l’opera messa in scena è un horror/gotico che, se capite almeno un po’ l’inglese, non è per niente noiosa. Racconta di un’istitutrice, Miss Gidden, e dei due bambini che le sono affidati, Flora e Miles. I due sono gentili, educati… Ma hanno un piccolo difetto: nei momenti più impensati vengono posseduti da due fantasmi. L’istitutrice è sempre più ossessionata dalla situazione e decide di parlarne col bambino. La storia si conclude con la morte di Miles e la sconfitta del fantasma che lo possedeva. ZABAIONE

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Lo spettacolo, in inglese, era un po’ difficile per dei ragazzi di quattordici anni e io mi sono trovata spesso in difficoltà. Ho cominciato a capire la storia solo a metà ma mi è piaciuta comunque: è bastato avere il testo sotto gli occhi per appassionarcisi. La scenografia era minimalista per concentrare l’attenzione sui personaggi e sullo sfondo nero su cui venivano pro-

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iettate parole e disegni a stencil, che era un po’ inquietante come effetto ma anche bello, particolare. Insomma, lo spettacolo è bello ed essere alla Scala è emozionante per chiunque. Ma se non siete molto appassionati di musica e non ci sono particolari offerte per gli studenti come questa volta forse è meglio leggersi il libro o guardarsi il film.

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ATTUALITÀ

UNA VITA CALIFORNIANA

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ccomi qua. A 9.753,95 km di distanza da casa, con nove ore di fuso orario e un sole meraviglioso. Ormai è da due mesi che vivo a Santa Barbara, in California, e ancora l’entusiasmo di essere qui non si è esaurito. Quando sono arrivata ero piena di dubbi: non sapevo se sarei andata d’accordo con la mia host family, temevo che nessuno avrebbe capito il mio inglese, avevo paura di non riuscire a farmi degli amici… Invece, dopo quattro settimane, mi sorprendo a chiedermi se non valga la pena restare qua per un anno intero. La cosa migliore che mi sia capitata è stata entrare a far parte della squadra di pallavolo della scuola: le ragazze mi hanno accolto a braccia aperte e siamo subito entrate in confidenza. Una settimana dopo sono stata invitata a un pigiama party (film romantici, vaschette di gelato, battaglie coi cuscini… C’è qualcosa di più americano?); il sabato successivo, alle sei del pomeriggio, mi sono ritrovata nella macchina di Kate a cantare a squarciagola le hits dell’estate, meta un lago dal nome sconosciuto dove avremmo passato un week-end insieme a dei suoi amici. Sì, perché qua chiunque abbia superato i sedici anni sfreccia per le strade su macchine e pick-up, armato di patente e libretto: un sabato viene voglia di tirare su un paio di amici e andare a fare una gita a Los Angeles? No problem; unico inconveniente, il costo della benzina. In ogni caso, inutile farsi illusioni, la scuola esiste anche qua: Monday-Friday, l’immensa “Dos 8

Pueblos High School” accoglie tra le sue braccia circa 2000 studenti in pantaloncini corti e bermuda, pronti ad affrontare la giornata con un thermos di caffè in mano. E anche se qualche volta sono presa da una struggente nostalgia per Erodoto e Sallustio (ok, va bene, non proprio da una “struggente nostalgia”…), devo ammettere che alla high school americana le lezioni si presentano molto più interessanti e facili da seguire: sono i ragazzi a scegliere le materie che vogliono studiare! Letteratura, legge, economia, storia, fotografia, ceramica, algebra, geometria, fisica, biologia, chimica… Ce n’è per tutti! Per ogni materia ci sono almeno due tipologie di corsi (uno avanzato, l’altro più elementare); la scelta dei corsi viene fatta con l’aiuto dei ‘counselors’, che controllano la disponibilità dei corsi (solitamente in una classe non ci sono più di 20 studenti) e creano la ‘schedule’ finale: sei ore da 58 minuti, ogni ora una lezione diversa. La scuola inizia alle 8 e finisce alle 3, con una pausa pranzo di 45 minuti in cui la mensa viene assalita da orde di studenti affamati. Il mercoledì e il giovedì sono di un’eccezionalità esaltante: ci si sveglia un’ora più tardi e si entra alle 9; inoltre si frequenta la metà delle lezioni per il doppio del tempo. Una vera e propria manna per i ritardatari cronici che si riducono sempre a fare i compiti alle 12 del giorno prima o per coloro che rimangono irrimediabilmente travolti dalla riproduzione di una serie tv - insomma, diciamo pure che è provvidenziale per tutti gli studenti. Un’altra grande novità rispetto OTTOBRE 2016

di LORENZA CARCHIDIO

alla scuola italiana è data dalle numerose attività che si svolgono nel pomeriggio: le squadre di pallavolo femminile e basket maschile sono tra le più gettonate e alle partite più importanti nutriti gruppi di studenti accorrono ad assistere in veste di ultras. Naturalmente, nessun evento sportivo ha più risonanza delle partite di football del venerdì sera… Avete presente i classici film americani in cui i ragazzi più popolari si saltano addosso per cercare di abbattere quello che corre con la palla sotto braccio? Ecco, ho scoperto che non succede soltanto alla televisione: felpa della scuola indosso, tanta voglia di fare un po’ di caciara, et voilà, il divertimento è assicurato. Naturalmente del gioco non capisco nulla, ma poco importa: alla fine sono in pochi a rimanere concentrati sulla partita, che ogni settimana si trasforma in un gigantesco evento sociale. Alla resa dei conti, questa esperienza sta superando di gran lunga le aspettative che mi ero creata, dandomi l’opportunità di entrare in contatto con un mondo completamente diverso da quello in cui sono cresciuta… Il liceo classico mi ha donato tanto, e di sicuro continuerà a farlo, ma sono felice di non aver sacrificato sei mesi di permanenza in un Paese diverso dal mio per paura di non riuscire a sostenere il carico di studio che mi aspetta al rientro. Appena due mesi in questo paese mi hanno “aperto la mente” piu di quanto potessi immaginare.

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ATTUALITÀ

IL DOVERE DI SOGNARE INTERVISTA A BEPPE SEVERGNINI

di PAOLO GARBELOTTO, GUGLIELMO PENSABENE e GIULIO PISTOLESI

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eppe Severgnini è uno dei più noti giornalisti italiani, firma di punta del “Corriere della Sera” e dell’”International New York Times”. È inoltre autore di numerosi libri di successo. Lei a scuola come andava? Io ero forte nello sprint. Non sono mai stato il più bravo della classe, però davanti a esami, interrogazioni e compiti in classe rendevo meglio, come un calciatore che gioca meglio nelle partite che in allenamento. Ero forse il più bravo in italiano, quello sì, mentre andavo molto peggio nelle materie scientifiche. In generale mi divertivo molto: ho fatto il liceo tra il ’70 e il ’75, che erano forse gli anni migliori, perché Il Sessantotto era ormai tramontato e il terrorismo non era ancora incominciato. Erano anni

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un po’ magici, c’era molta libertà.

Secondo lei il giornalismo cartaceo ha ancora un futuro? Il giornalismo ha un futuro; la carta no, evidentemente. A differenza di un libro, che è un oggetto che può assumere un particolare valore, un giornale non è un oggetto, ma un servizio. E i servizi, ormai, sono molto più efficaci trasmessi in altro modo. Tuttavia, ho il timore che la vostra generazione non rifiuterà soltanto il giornale come oggetto cartaceo, ma l’idea stessa di giornale come palinsesto, come guida all’interpretazione di ciò che accade nel mondo. Questo secondo me è un peccato, perché qualcuno che ti aiuti a fare il riassunto della giornata è fondamentale, che sia sul tablet, sul telefono o sulla carta.

Da giovane si aspettava di diventare un così noto giornalista? Assolutamente no. Nessuno di quelli che hanno avuto successo, in qualsiasi campo, immaginava di arrivare esattamente dov’è adesso: è cominciato tutto da un sogno. Io sognavo di scrivere, e i miei sogni si sono realizzati e moltiplicati per cento. Non succede sempre: i sogni qualche volta si realizzano così, qualche volta moltiplicati per dieci, qualche volta invece non si realizzano, e si ripiega su un altro sogno. L’importante, però, è non crearsi da giovani le gabbie di cui ci lamenteremo in futuro. Per questo dico ai ragazzi: “Non avete il diritto di sognare, ma il dovere”. E non è una frase fatta. Quale pensa che sia il ruolo dei social network nell’informazioA questo proposito, cosa consi- ne? glierebbe a un ragazzo che voles- In realtà sono convinto che i sose fare il giornalista? cial verranno ridimensionati: per Innanzitutto consiglierei di scri- esempio, Facebook ha già raggiunvere sul giornalino scolastico, che to il suo picco, e tra dieci anni non è un’ottima palestra, anche se, pur- sarà più il Facebook di adesso. Artroppo, non è presente in tutte le riverà qualcosa che non ci aspetscuole. Voi avete gli strumenti che tiamo e che ora non riusciamo noi non avevamo: giornale vuol nemmeno a immaginare. Inoltre i dire anche audio e video, non c’è social sono diventati per certi versi solo la scrittura. Per quanto riguar- la palestra dell’odio, e, se lasciamo da l’università, scegliete una trien- gli aggressivi dominare la scena, nale che vi piaccia e poi una scuola diverranno posti che le altre persodi giornalismo, come quella della ne non frequentano. statale o la Walter Tobagi. E, dopo, non perdete tempo a scrivere in Un commento su questa Inter? giornalini, giornaletti, piccole rivi- Spero che “Frank Di Burro” miste e collaborazioni. Si finisce solo gliori presto, altrimenti lo uso per per essere sfruttati. cucinare le uova.

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PERCHÉ SÌ CAMBIA

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ubito dopo la fine della seconda guerra mondiale, i padri costituenti cominciarono a scrivere una nuova costituzione per un’Italia che usciva con le ossa rotte da più di vent’anni di dittatura fascista. L’obiettivo principale era che non si riproponesse mai più un accentramento di poteri, e con questa giustissima idea in testa si accinsero a scrivere la nostra costituzione. La situazione era però molto particolare, poiché i padri costituenti venivano dai principali partiti italiani (socialista, comunista e democristiano), ma nessuno di loro sapeva chi effettivamente avesse la maggioranza nel Paese. Così, spinti dalla paura del “nemico” al governo, decisero di scrivere una costituzione che difatti rendeva difficilissimo governare per chiunque avesse avuto la maggioranza. L’effetto di questa decisione è forse riassumibile in un solo dato: a fronte di un governo che dovrebbe teoricamente durare 5 anni, abbiamo avuto 63 governi in 70 anni. Ma oltre alla fragilità dei governi c’è un altro problema, forse più grande: la difficoltà e la lentezza nell’approvare le leggi. Il bicameralismo perfetto, sistema che esiste solo in Italia (addirittura la maggior parte dei Paesi europei ha una sola camera), necessita di tempi lunghissimi, visto che le due camere devono studiare, discutere e ratificare la legge, con la possibilità, come succede spesso, di modificare un comma e far ripartire l’iter legislativo. Votan10

di GUGLIELMO PENSABENE

do “Sì” al referendum indetto dal Governo sulla proposta di riforma costituzionale, non verrebbe abolita la seconda camera, il Senato, ma semplicemente depotenziata e ridotta di ben 215 senatori, e, ai fatti, diverrebbe una semplice camera delle regioni, presieduta da consiglieri comunali, sindaci etc. I risparmi quantificabili vanno da un minimo di 50 milioni di euro l’anno ai 300 milioni e oltre nel lungo periodo, una bella cifra per un Paese che economicamente non naviga quasi mai in buone acque. Verrebbe inoltre abolito il CNEL (che ci costa 20 milioni l’anno, adibito a “esprimere pareri non vincolanti su lavoro e economia”), l’ente più inutile della storia del nostro Paese, dato confermato

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dal fatto che anche i maggiori oppositori del Governo concordano nell’esigenza di abolirlo. Verranno poi definitivamente abolite le province e riformata tutta la parte sul rapporto stato-regioni: queste ultime avranno il controllo del Senato, ma molti poteri che erano nelle loro mani torneranno allo Stato. Verrà evitato così il ripetersi delle “spese pazze”, avvenute frequentemente in questi anni, e si consentirà agli investitori stranieri interessati all’Italia di non doversi rivolgere a ogni regione singolarmente per stringere accordi. I “contro” a questa riforma non mancano, sia chiaro, ma, se continueremo ad aspettare la riforma “perfetta”, la sensazione è che nulla cambierà mai.

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PERCHÉ VOTARE NO AL REFERENDUM COSTITUZIONALE

di RUTH DEMICHELIS

ono anni che si discute sul fatto di dover riformare parti della Costituzione con lo scopo di migliorare il sistema democratico e, allora, perché impedirlo proprio adesso, quando qualcosa potrebbe cambiare? La risposta è semplice e immediata: questa riforma la penalizza. Innanzitutto, già il modo in cui è stata proposta è antidemocratico. Contrariamente ad ogni prassi, il Governo ha portato avanti la sua proposta a colpi di fiducia e non perché i membri della Commissione Affari Costituzionali l’abbiano approvata. La riforma del Senato spinge l’evoluzione del sistema in senso antidemocratico perché non solo restringe la rappresentanza, ma riduce i poteri

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dei cittadini, inficiando di gran lunga sulla sovranità popolare. Un chiaro esempio è quello riguardante l’articolo 71 della Costituzione, il quale prevede la possibilità per i cittadini, attraverso la raccolta di cinquantamila firme, di poter presentare una proposta di legge in Parlamento. Votando “SÌ”, il numero di firme da raggiungere sarebbe centocinquantamila, rendendo quasi impossibile la procedura. Combinata all’Italicum, la riforma prevede di assegnare un premio di maggioranza riguardante i seggi in Parlamento al partito che ha guadagnato più voti. Se al primo turno di elezioni nessuna lista dovesse raggiungere il minimo richiesto, si ricorrerebbe al ballottaggio. In questo caso, il partito eletto

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avrebbe l’appoggio del solo 25% dei votanti (senza contare gli astenuti). Il 54% dei seggi passerebbe quindi nelle mani di un partito voluto solamente da un quarto dei votanti, trascurando totalmente il 75% di coloro che hanno espresso un’opinione differente. La concentrazione di potere sarebbe inaudita e in futuro potrebbe addirittura portare al dominio di un solo partito. Tuttavia, è semplicissimo ribattere: ”Il contesto storico in cui la Costituzione del ‘48 venne approvata è ormai lontano; il rischio di dittatura è bassissimo, se non completamente inesistente”. E’ vero, il contesto storico è lontano. E’ lontano appunto perché abbiamo in adozione una Costituzione all’altezza di garantircelo, una Costituzione tra le più invidiate al mondo. Le spese non verranno ridotte: i senatori non saranno stipendiati, ma le costosissime strutture organizzative del Senato resteranno in piedi. I nuovi senatori verranno scelti tra i consiglieri regionali, costringendoli a svolgere con difficoltà due impegnativi incarichi contemporaneamente. Inoltre, al variare dei Consigli Regionali, anche al Senato verrebbero apportate modifiche. Non ha senso, se ci si pensa. Perché non ridurre le due camere proporzionalmente? Approvata questa riforma, la funzione del Senato verrà limitata al dare un semplice “ok” alle leggi proposte dalla Camera. Il valore dell’opposizione sarà quindi schiacciato e ridotto a niente. L’affermazione più vera che io possa fare ora è che non si deve essere per forza di Destra, grillini o di chissà quale altro partito che si oppone alla volontà di Renzi per votare “NO”: si tratta solo di voler salvaguardare la democrazia oggi per garantire la propria libera voce domani. 11


ATTUALITÀ

VOCI DELLA DDR

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atja Schlichter ha 52 anni ed é medico anestesista. Come molti tra gli abitanti di Eisenach, anche lei ha passato la sua infanzia e la sua adolescenza nella DDR, la Repubblica Democratica Tedesca. Essendo uno stato satellite dell´Unione Sovietica, la DDR adottó il sistema socialista di pianificazione statale dell´economia e, a causa della forte emigrazione verso la Germania dell´Ovest (BRD), come molti altri stati del blocco comunista, chiuse le sue frontiere. Eisenach si trova nella parte occidentale della regione della Turingia, parte della vecchia DDR, al confine con l´Assia, il ricco „Bundesland“ di Francoforte; solo ventisei anni fa Eisenach era confine con la BRD. I cinque chilometri che precedevano il confine venivano denominati „Sperrgebiete“, „Zone chiuse“: solo gli abitanti della zona potevano entrare mostrando un apposito lasciapassare e i loro ospiti dovevanno avvisare con buon anticipo l´autoritá competente per ottenerne uno provvisorio. Katja ha avuto due genitori piuttosto critici nei confronti del regime socialista, non solo in quanto ferventi luterani, ma anche perché, come molti altri, rimpiangevano la libertá che si respirava nei paesi „occidentali“. Inoltre, avevano molti parenti e amici nella BRD, emigrati prima della chiusura del confine. Katja si considera fortunata perché, oltre ad essere educata in modo critico nei confronti del regime, non le é successo niente con le autoritá della DDR, nonostante la posizione dei suoi genitori. Famosi sono i casi in cui la temibile Stasi (la polizia segreta della DDR) imprigionava in condizioni indecorose chi anche solo osava criticare il regime comunista. Inoltre era frequente che fedeli di qualsiasi religione avessero preclusa 12

di MATTIA COLOMBO

l´universitá e la carriera lavorativa. In che modo la DDR ha influito sulla tua infanzia? Nei primi anni quasi per niente. Ho avuto una bellissima infanzia, e non ho avuto traumi. Stavamo molto all´aria aperta e non soffrivamo per la scarsezza di denaro: le vacanze più belle della mia vita le ho fatte in campeggio sul lago a 3 km da Eisenach. Naturalmente, non potevo dire che avevo parenti all´Ovest, che i miei genitori non erano d´accordo con il governo e che frequentavo il catechismo, ma nel complesso ho avuto davvero un´infanzia felice. Cosa significavano per te il confine, la BRD, e l´Occidente? Cosa significavano per te la patria la DDR e il socialismo? Da bambina ero affascinata dal confine, i miei nonni abitavano nello Sperrgebiet e andare a trovarli era un´avventura: il filo spinato, i posti di blocco, i soldati, i cani pericolosi addestrati ad azzannare chiunque si avvicinasse. La BRD e l’Occidente erano per me da adolescente la libertà, e allora quel confine che vedevo dalla finestra del nonno era frustrante. Nel contempo, era la DDR la mia patria e il mio oppressore che mi tarpava le ali per mezzo del socialismo, un´idea con un nobile scopo ma a cui, per quanto ce ne imbottissero la testa a scuola, io non ho mai creduto, perché gli uomini non lavorano se non hanno pressione e se i soldi li ricevono anche se non fanno niente. Hai mai fatto parte di organizzazioni giovanili? Come erano? Ho fatto parte per tutta la durata delle elementari dei “pionieri”, una sorta di scout socialisti, e in seguito ho continuato con la “Freie Deutsche Jugend”, la “libera gioventú tedesca”. OTTOBRE 2016

Non far parte della Freie Deutsche Jugend implicava molto probabilmente l´esclusione dall´università. Non potevo rischiare. Ero anche membro del gruppo della parrocchia: fin da piccola avevo frequentato il catechismo e per me la chiesa rappresentava l´opposizione ed ero fiera di appartenervi. Come era la scuola nella DDR? Molto buona e secondo me anche un tantino più difficile di adesso, almeno per quanto riguarda il liceo. Le scienze naturali, la matematica e il tedesco erano insegnati con grande serietà. Io sono stata anche particolarmente fortunata, lo ammetto, molti dei miei insegnanti non erano convinti socialisti, ma ciononostante ho patito l´insegnamento di materie come etica e diritto, troppo impregnate di retorica comunista. Come eri informata da adolescente su questioni di rilevanza nazionale e internazionale? Io ero molto informata perché a Eisenach prendevano anche le televisioni dell´Ovest, mentre quelle della DDR, così come i giornali, dicevano solo quello che voleva il governo. Tuttavia, guardavo anche il nostro telegiornale, per poi discutere su cosa era stato tenuto nascosto o su cosa era stato abbellito rispetto alla realtà con i miei compagni al gruppo parrocchiale. Ti manca la DDR? Assolutamente no. Mi manca solo quella voglia di libertà che avevamo da giovani e le nostre idee forti, nonché il fatto che da giovani ci divertivamo sul serio e con poco perché poco avevamo. Ma se ora ci fosse ancora la DDR, non sarei stata così soddisfatta di me e della mia vita come adesso.

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ATTUALITÀ

#FERTILITY DAY di GIULIA PRONZATI

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FertilityDay, perché ormai in italiano rimane solo la lista della spesa. Hashtag, per far si che quella parola venga notata. Nessuno, se no, sarebbe stato colpito dal titolo di questa... Manifestazione? Giornata? “#FertilityDay”: sentendo questa parola, non si può far altro che pensare ad un raduno di gente in Duomo che fa sesso per rimanere incinta (devono essere minimo gemelli ovviamente), con dei volontari che passano a distribuire Clearblue. Il 22 settembre si è tenuta questa ‘giornata’ e non è successo niente di particolare. Ma che cosa avrebbe dovuto essere il #FertilityDay? Il Governo ha deciso che l’Italia debba fare un passo indietro di circa settant’anni, un mondo in cui le donne – rigorosamente giovani – si sposavano e facevano figli che, se erano di sesso maschile, passavano in custodia al padre che gli insegnava a fare i “lavori maschili”, e se erano di sesso femminile il compito di insegnare a

IL TEMPO SCORRE PER TUTTE

fare in mestieri di casa era della madre. Al #FertilityDay si invita la gente a fare più figli perché ‘Il rinvio della maternità porta al figlio unico, se arriva’, perché un figlio unico cresce troppo viziato e pieno di sé, anche se fino a prova contraria dell’Accademia della Crusca ‘unico’ significa ‘che non ha simili o uguali nell’ambito particolare in cui si ritrova’. È anche un modo per sentirsi speciali, senza togliere niente ai fratelli. Usano immagini di piedi avvinghiati sotto una coperta, affiancati dallo slogan ‘Genitori giovani,

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il miglior modo per essere creativi!”, una clessidra con ‘La bellezza non ha età, la fertilità sì.’: sembra quasi che vogliano ritornare allo stereotipo della donna che fa tanti figli e che rammenda i calzini, batte i tappeti, prepara da mangiare. Così, mentre si parla di sovrappopolazione, di immigrati che rubano soldi, lavoro e case agli italiani, si invita la gente a fare tanti figli. Allora la domanda viene quasi spontanea, perché non migliorare la culla in cui questi ipotetici figli dovrebbero crescere?

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ZABAIONE

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Anno Xi

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CINEMA

RECENSIONI

“CAFÉ SOCIETY”

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olo Woody Allen, giunto ormai all’età di ottanta produttivissimi anni, può permettersi il lusso di chiamare a raccolta una sfilza di attori di consolidata fama quali Steve Carell, Jesse Eisenberg e Kristen Stewart (che acquista molto, una volta sottratta a certe brumose atmosfere vampiresche), per confezionare un film sostanzialmente, e scientemente, inconcludente. Già, perché Café Society, l’ultima opera

“IO PRIMA DI TE”

W

ill Traynor è un affascinante uomo d’affari e amante della vita che, purtroppo, nel 2007 a causa di un incidente è rimasto invalido ed è costretto a rimanere bloccato su una sedia a rotelle, per sempre. Louisa Clark, invece, è una donna ormai molto “abitudinaria”, che passa la sua vita a fare la cameriera in un bar, oppure a dare una mano in casa, finchè, per sfortuna o fortuna, viene licenziata e, nella ricerca di un altro lavoro, riesce finalmente a capire cosa significa realmente vivere. Questa è la breve trama del film “Io prima di te”, tratto dal romanzo

“LA SPOSA BAMBINA”

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ojoom, una bambina di dieci anni, viene data in sposa, in cambio di soldi, ad un uomo di circa trent’anni, che promette al padre di prendersene cura e di non consumare il matrimonio fino alla pubertà. Già dal primo giorno viene meno alla promessa, utilizzando metodi violenti. Per fortuna Nojoom è uno spirito libero e si reca in tribunale a chiedere il divorzio. Riesce così a riguadagnarsi la sua infanzia, potendo finalmente anche andare a scuola. Questa è la trama del film “la sposa bambina”, una storia che si basa sul

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di GIULIO PISTOLESI, giulia rimini e cecilia trentani

del regista di Brooklyn, ha molte anime, dalla drammatica storia d’amore tra i protagonisti alla commedia di classico stampo alleniano, passando per il tributo spassionato a una iperposticcia vecchia Hollywood color pastello, ma lungo tutta la durata del film nessuno di questi filoni prevale sugli altri, lasciando così allo spettatore, una volta riaccese le luci in sala, un inconfondibile sentore di incompiuto. Tuttavia, questa dimensione

d’incompiutezza non rappresenta necessariamente un fattore negativo; anzi contribuisce, insieme con un lavoro squisito per quanto riguarda fotografia e costumi, a creare il clima di delicatezza che rende Café Society un momento felice dell’ultima filmografia di Woody Allen e una visione estremamente godibile. (Giulio Pistolesi)

bestseller della scrittrice Jojo Moyes. Che dire? Sicuramente è un film che potresti rivedere altre mille volte, non solo per il bellissimo Sam Claflin, che interpreta Will. Personalmente, abbiamo trovato sia il libro sia il film un vero capolavoro. Abbiamo anche amato l’originalità del romanzo, che non ripete la classica storia d’amore con il bel finale “e vissero tutti felici e contenti”. Purtroppo però, nonostante il nostro infinito amore per questo film, dobbiamo fare una critica. Nel libro vengono specificati degli avvenimenti accaduti nel passato ai protagonisti della storia che nel film, invece, sono tralasciati. Secondo la nostra

opinione, almeno alcuni di questi avvenimenti ci sarebbero dovuti essere, anche solo per dare uno spunto in più sui personaggi e per raccontare la loro vita prima che si incontrassero. Un particolare che ci è piaciuto è sicuramente la simpatia del personaggio di Louisa che, nonostante la gravità della situazione, viene comunque descritta come una persona sempre allegra, terribilmente goffa e che tenta di convincere in ogni modo Will del fatto che anche una vita su una sedia a rotelle può essere degna di essere vissuta. (Giulia Rimini e Cecilia Trentani)

romanzo autobiografico di Nojoud\ Nojoom Ali. La regista del film Khadija al Salami non commette l’errore di semplificare la storia e rende giustizia alla complessità della società yemenita e alle difficoltà a cui tentano di sopravvivere i suoi abitanti più poveri, dal momento che l’ha vissuto sulla sua stessa pelle. Secondo la nostra opinione, questo è un film che rappresenta una tradizione purtroppo tutt’ora seguita. Senza scene violente, la regista riesce comunque a far comprendere la drammaticità della situazione in cui i bambini devono risolvere i problemi dei genito-

ri. Oggi, circa 70.000 bambine sono obbligate a un matrimonio precoce, e solo poche hanno il coraggio di ribellarsi facendo valere i propri diritti. Questo film mette in risalto come nel 2016 alcune tribù siano rimaste così attaccate a delle tradizioni fin troppo antiche per un mondo evoluto come quello di adesso, costringendo le ragazze non solo a un matrimonio decisamente prematuro, ma anche ad una vita senza quei diritti fondamentali, come ad esempio quello all’istruzione. (Giulia Rimini e Cecilia Trentani)

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Anno XI

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MUSICA

di NICOLO’ MOROCUTTI

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WAKE UP, YOU NEED TO MAKE MONEY

ALLA SCOPERTA DEL SOUND DEI TWENTY ONE PILOTS

n giovane poli-strumentista e un batterista formidabile, questa la formazione vincente del duo più amato di oggi. I Twenty One Pilots, formati da Tyler Joseph e Josh Dun, sono la band che più ha colpito i giovani, e non solo, degli ultimi tempi, grazie a una musicalità nuova, costruita su una base hip hop ma in grado a spaziare per ogni genere senza particolari difficoltà attraverso ritmi serrati dettati da una batteria solida e una voce fresca, genuina e quasi nostalgica, che si libra leggera su arpeggi di piano in chiave commerciale, conquistando i cuori di milioni di persone. Nonostante il loro album più venduto, “Blurryface”, sia datato 2015, i Twenty One Pilots hanno raggiunto l’apice del loro successo con l’inizio del 2016, grazie in particolare ai due brani icona “Stressed Out” e “Ride”, ampiamente diffusi per radio quest’estate. Ad attirare il pubblico delle sonorità tendenzialmente hip hop, condite con una buona dose di indie e alternative. Gli stessi testi presentati nelle canzoni, i quali rispecchiano perfettamente la personalità del cantante Tyler Joseph, gran parte delle volte intercettano il sentimento di insicurezza e indecisione tipico dei giovani, offrendo a questi la cara vecchia via di fuga che la musica rappresenta meglio di qualsiasi altra cosa. E’ dunque curioso chiedersi da dove provenga il sound di una band con un simile successo. Da dove hanno preso e prendoZABAIONE

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no ispirazione i due giovani musicisti dell’Ohio? Più volte è stata posta la domanda al duo durante le interviste, ma essi hanno sempre deciso di proteggere la loro originalità spiegando piuttosto da chi NON sono stati influenzati; tuttavia, se si ricerca accuratamente e, mentre si canta tranquilli per strada le loro canzoni, si aguzza l’orecchio, è possibile notare, per esempio, rimandi al classico hip hop americano e al cosiddetto “rap bianco”, legato soprattuto al timbro vocale del cantante. Ma, volendo azzardare un’ipotesi più precisa sulle influenze del duo americano, specialmente per l’ultimo album “Blurryface”, oltre che alle band Fall Out Boy o Panic! At The Disco, c’è un particolare album che fa eco nelle loro canzoni. Si tratta di “AM” (2013), firmato Arctic Monkeys. Inutile precisare come i generi e lo stile dei due gruppi siano sostanzialmente diversi; ma riascoltando con attenzione alcune peculiarità del sound dei Twenty One Pilots si scoprono numerose analogie. Innanzitutto spiccano il marcato richiamo al britpop, tipico degli Artic Monkeys ma anche delle numerose ballate del disco “Blurryface”, e il lavoro di percussioni, con il tuonare ben definito della batteria, simile al battito di un cuore, che si riallaccia a sonorità hip hop ed elettroniche. Allo stesso modo le voci dei due cantanti spesso presentano delle somiglianze nell’intonare melodie irresistibili, mentre i giri armonici che nella indie-rock band inglese OTTOBRE 2016

sono dettati dalle chitarre nei Twenty One Pilots trovano sfogo nelle numerose parti di piano, suonate dallo stesso Joseph: come non notare una sottile somiglianza, quando si ascoltano due pezzi come “Why’d You Only Call Me When You’re High” e la celeberrima “Stressed Out”? Inoltre anche le linee di basso, semplici ma essenziali per completare al meglio la base ritmica, suonano simili nei due gruppi, entrambe caratterizzate da un tocco fine e da un suono pulito in perfetta sintonia con le melodie dei brani, che riesce a conservare un grande spessore senza mai invadere l’orecchio dell’ascoltatore. Certo, al gruppo americano va riconosciuto il merito di aver creato un genere proprio, unendo perfettamente sonorità melodiche e legate alla dimensione pop-rock britannica, come in “Tear In My Heart” o “Not Today”, a un sound più nuovo, ricco di elettronica e rap, come la scattante “Heavydirtysoul”; non è da escludere però che parte della loro musicalità possa trovare origine in alcuni lavori di gruppi come i già citati Arctic Monkeys, Panic! At The Disco e Fall Out Boy, e, perché no, per certi versi i Maroon 5? Comunque sia, ora possiamo finalmente tornare ad ascoltare i nostri amati Twenty One Pilots in cuffia, un minimo più informati riguardo alle loro curiose influenze, mentre per vederli dal vivo ci tocca aspettare, sperando che con la loro unica data italiana al Mediolanum Forum di Milano il 7 Novembre 2016 ci facciano sognare come le prime volte con “Blurryface”... 15


LIBRI

RECENSIONI

“CONVERSAZIONE IN SICILIA”

L

ibro-simbolo della generazione degli intellettuali antifascisti, il romanzo è il resoconto di un duplice viaggio: quello nello spazio verso la Sicilia natia, compiuto da Silvestro Ferrauto, protagonista e io narrante, e quello nella memoria, tra i miti dell’infanzia. Sul treno del Sud i primi incontri: un bracciante, remunerato con arance invendibili; Coi Baffi e Senza Baffi, poliziotti vergognosi di esserlo; il “Gran Lombardo Coscienza Pulita”, sempre in cerca di nuovi doveri

“SOSTIENE PEREIRA”

P

DI ELIO VITTORINI

da imporre agli uomini… Giunto al paese, il protagonista ritrova la madre e la segue tra i ricordi del padre, amante della letteratura shakespeariana e attore dilettante, e del nonno, un uomo tutto d’un pezzo che sembra appartenere ad una mitica eta dell’oro. Qui incontra diverse personalità che sono, in qualche modo, metafore dell’alienato momento storico: tutti, come Silvestro, bisognosi di un mondo migliore in cui sia di nuovo possibile parlare, conversare apertamente. Una storia di speranza, di

crescita esistenziale, di sofferenza e di lotta contro l’ipocrisia per una società più giusta. “Conversazione in Sicilia” ci vuole comunicare che solo attraversando momenti bui è possibile raggiungere ciò che si desidera. Per questo motivo, Vittorini, con il suo romanzo, induce il lettore a riconoscersi nel protagonista e a riflettere su di sé e sul mondo. (Sofia Ciatti)

DI ANTONIO TABUCCHI

ereira vive a Lisbona negli anni Trenta. Sono anni di oppressione in tutti gli Stati, compreso il Portogallo,

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di SOFIA CIATTI e FEDERICO MANTACI

ma Pereira sembra non accorgersene. È un uomo che non vuole problemi, Pereira. Le sue giornate sono monotone: lavora nel proprio ufficio, traducendo racconti, principalmente francesi, per la pagina culturale a lui affidata di un giornale del pomeriggio. Poi torna a casa e parla con il ritratto della moglie. È molto legato ai ricordi. Un giorno legge un articolo e decide di incontrarne l’autore, Monteiro Rossi, meditando di affidargli un incarico come praticante. Ciò che Monteiro scriverà sarà tuttavia giudicato impubblicabile da Pereira, a causa della ferocia delle sue parole contro le dittature e le guerre. Monteiro è spesso in pericolo, per il suo sostegno al Fronte popolare in Spagna. Questo rende molto inquieto Pereira, che non sa OTTOBRE 2016

se aiutarlo o meno. Da un medico che lo cura scopre una teoria: ci sono più anime nell’uomo, ma solo una sovrasta le altre. Può capitare, però, che anche questa sia a sua volta sovrastata, facendo radicalmente mutare la persona. Forse è questo il caso di Pereira, che, senza volerlo, da impassibile e chiuso si sta aprendo alla triste verità delle oppressioni e delle violenze intorno a lui. Attraverso pochi personaggi e con una narrazione semplice, Antonio Tabucchi riesce a trasmettere un messaggio di speranza. Ci dice di non essere i Pereira dell’inizio, passivi, ma di far valere le nostre opinioni. (Federico Mantaci)

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ZABAIONE


NARRATIVA

I

di EMMA ORSENIGO

l sole stava tramontando dietro il capanno degli attrezzi. Erica mosse distrattamente lo sguardo lungo il campo polveroso e abbandonato. Oltre a lei c’era solo un’altra persona: una ragazzina delicata che provava a fare salto in lungo. Non era per niente brava, correva veloce sulla pista per poi incespicare sulla pedana e finire senza alcuna grazia nella buca. La osservò sempre più frustrata finché non le corse incontro urlando: “Ma si può sapere come diavolo salti, testa di cocco?!”. La testa di cocco chiamata in causa sobbalzò sorpresa e fece per rispondere, ma aveva il fiatone. Erica ne approfittò per osservarla: altina, ma non troppo, capelli raccolti in una coda e occhi terrorizzati, sembrava essere una di quelle persone che vanno nel panico ogni volta che vengono interpellate. Doveva avere undici anni. Più calma ripeté: “Allora? Qual è la causa di questo schifo?”. A quel punto la piccoletta si decise ad aprire la bocca per balbettare: “Ho paura di farmi male e non sono una testa di cocco, cioè, mi chiamo Marta” terminò arrossendo. Erica sorrise leggermente: Marta era spaventata da morire, ma le aveva risposto lo stesso, e ribatté imperturbabile: “Se sei o non sei una testa di cocco lo deciderò io” poi proseguì con più forza: “Se hai paura di farti male allora datti alle bocce! Prendi la rincorsa, o non prenderla affatto se preferisci, piega quelle belle gambe che ti ritrovi e salta! Non è difficile, sai?”. La piccoletta indietreggiò di un paio di passi sulla pista e la guardò esitante, “Su su!” la spronò Erica; la ragazzina allora cominciò a correre sulla pista, la faccia concentrata –se ZABAIONE

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FINO AL TRAGUARDO Erica avesse urlato probabilmente non l’avrebbe neanche sentita- arrivata alla pedana piegò le gambe e con un salto non perfetto ma tutto sommato accettabile atterrò sulla sabbia con un morbido “puff ”. “Grazie” mormorò la ragazzina dopo un po’ per poi sussurrare: “Adesso dovrei andare…” e con un cenno di saluto se ne andò con una sacca verde della Besana sulle spalle. Erica la guardò allontanarsi, poi si buttò sul prato. Non solo si era ritrovata a fare da coach ad una piccoletta, ma aveva fatto da coach a una piccoletta nemica. Erica era nella Cairoli, Marta nella Besana. Quelle due squadre si odiavano a morte, lo sapevano tutti. “Ma fregarsene una buona volta?!” Si ritrovò a urlare, prese la bicicletta ed andò via, era già in ritardo per la cena. Quell’irritazione che l’aveva presa continuò anche il giorno successivo, quando senza troppe difficoltà riuscì a tirare il giavellotto piantandolo nel terreno. “Bene” annuì con aria di approvazione Chiara, l’allenatrice. Erica si chiese cosa avrebbe pensato se l’avesse vista ieri con un’atleta nemica. Era entrata a far parte della squadra perché suo padre da giovane era stato un bravo atleta, Erica stava mettendocela tutta per eguagliarlo e a quanto pare ci stava riuscendo. L’incontro successivo con Marta avvenne tre giorni più tardi, in un assolato sabato mattina. Chiara li stava guidando al campo quando incrociarono la Besana che aveva finito gli allenamenti. Tra gli atleti verdi c’era Marta, che vedendo Erica si illuminò e la salutò da lontano. Erica si sentì geOTTOBRE 2016

lare e si sforzò di non girare la testa verso la piccoletta confusa e ferita. Purtroppo nulla era sfuggito a Chiara che le chiese subito: “Erica, questo cosa significa?”, Erica provò a fare la finta tonta anche se sapeva che non le sarebbe mai riuscito: “Di che parli?”. Chiara la guardò con occhi inquisitori: “Mi chiedevo semplicemente perché una di loro ti abbia salutato, tutto qui”, poi si voltò e cominciò a spiegare gli esercizi. Erica non riuscì a parlare a Marta prima di una settimana dopo, “Non avrei dovuto salutarti sabato scorso, vero?” fu la prima cosa che le chiese la ragazzina. Erica scosse la testa. “Ok” rispose semplicemente Marta e si sedettero sulla sbarra in silenzio. Erica scorse con lo sguardo gli ostacoli poggiati poco distanti, balzò lì e ne afferrò uno: -Ti va di provare gli ostacoli oggi?-. Così cominciarono ad allenarsi. Erica si ritrovò a incoraggiarla, a modo suo, certo, ma pur sempre a incoraggiarla. Ormai era un anno che si allenavano ed erano amiche nonostante la differenza d’età, amiche anche se in pubblico si ignoravano. Erica si rendeva conto che questo faceva un po’ soffrire Marta, ma non voleva assolutamente essere cacciata dalla squadra. Ma a essere sincera, di tutta quella menata la-Besana-ela-Cairoli-si-detestano era un po’ stufa anche lei. Iniziava la stagione delle gare. Ma quell’anno sarebbe stata diversa: era successo così, da un giorno all’altro, quando una valanga di volantini aveva invaso il campo. Erano dalla Federazione Ita17


NARRATIVA

liana di Atletica Leggera, dicevano che a maggio avrebbero organizzato una catena di gare per tutte le squadre del Milanese per trovare i migliori atleti. Erica ci stava riflettendo mentre si avviava verso la partenza dei seicento in pista: ogni atleta poteva gareggiare per una sola disciplina, a lei non sarebbe dispiaciuto fare corsa a ostacoli anche se gli altri le consigliavano i trecento. Si sistemò in pista e partendo sollevò il braccio continuando a pensare, Marta avrebbe partecipato sicuramente nella corsa, probabilmente come mezzo-fondista. “Prima!” urlò ai due ragazzi di fronte a lei che si spostarono per farla passare. Beh, di sicuro Chiara ne era ossessionata, aveva raddoppiato a tutti gli allenamenti. Erica non si era mai sentita così stanca. Avrebbe potuto giurare che la gente vedesse le occhiaie sulla sua pelle scura. Tuttavia si sedette ad aspettare Marta per correre un po’ anche con lei. Quando la ragazzina arrivò alzò subito le sopracciglia in segno di domanda. “Sto bene, sto bene” provò a rassicurarla “Ho solo avuto un allenamento pesante”, Marta non sembrò prenderla per buona: “Erica, stai morendo di stanchezza, lo vedo. Ti stai sforzando troppo”. “Non è vero!” esclamò subito Erica con un tono più alto del voluto; poi si spiegò “Cioè, sì, un po’ la sono, ma non c’è vittoria senza sacrificio”. “Erica, non puoi continuare a fare così. Bisogna anche fermarsi a volte, non sto dicendo di rinunciare ma di fare un allenamento in meno e un film, libro o quel che vuoi in più. Dai, oggi ci rilassiamo” replicò dolcemente Marta e così quel giorno lo passarono ad ascoltare la musica su una panchina del parco. Finalmente arrivò il giorno delle gare. Erica saltellava nervosamente sul posto, il tempo sembrava non passare mai. “Corsa a ostacoli 18

femminile. Categoria cadette. Atlete in pista” annunciò una voce dall’altoparlante. Erica camminò lentamente fino alla linea di partenza e si mise in posizione. Inspirò ed espirò. Uno sparo risuonò nell’aria ed Erica scattò. In quel momento ogni cosa o rumore intorno a lei si dissolse, esistevano solo la pista, il suo respiro, il vento che le fischiava nelle orecchie e una grande energia che la portava avanti. Arrivarono i primi ostacoli. Erica saltava più in alto che poteva e per pochi attimi, prima che i suoi piedi atterrassero sulla pista, si godeva la sensazione di poter volare. Poi arrivò la stanchezza. La sensazione di avere i piedi di cemento e che qualcuno le avesse preso la gola e stringesse forte. La voglia di fermarsi e rinunciare. Ma Erica sapeva che non l’avrebbe fatto, fino al traguardo. “Tieni duro, vai ancora…” si ritrovò a ripetersi fra sé. Mancava ancora poco, un paio di metri… Con le gambe che le tremavano superò il traguardo. Ce l’aveva fatta. “Vittoria” pensò tra sé prima di lasciarsi cadere. Dopo aver ripreso fiato Erica salì sugli spalti e all’annuncio dell’altoparlante dei quattrocento per le allieve si chinò in avanti a cercare Marta con lo sguardo. Era la quarta della sua batteria, sembrava uno straccio. Allo sparo partì, era veloce, ma non abbastanza. Non si stava impegnando fino in fondo. Era penultima. Erica strinse le mani sulla sedia talmente forte che le si sbiancarono le dita. Ma alla fine, piano piano Marta aumentò la corsa. Si piazzò terza. Erica sospirò, era finita. Quella stramaledettissima competizione che l’aveva ossessionata per mesi era finita. In quel momento, ora che erano terminate le premiazioni e stringeva tra le dita l’oro, aveva solo voglia di andare a casa e vomiOTTOBRE 2016

tare tutto. Ma prima c’era un’ultima cosa da fare… In quel momento Marta le passò accanto con la medaglia di bronzo, “Ehi! Non mi saluti?” le gridò dietro. Marta la guardò un po’ incredula: “Certo, Erica sei stata grande! In gara sembrava avessi le ali!” “Anche tu sei stata fantastica, Testa di cocco” rispose scherzosamente Erica e abbracciò l’amica davanti allo sguardo sbalordito delle due squadre nemiche. Due anni dopo… “Su, forza, mettici un po’ di grinta!”, Erica incitò Gaia. La bambina non rispose neanche, si mise in posizione e corse più veloce che poteva fino all’ostacolo dove saltò. Aveva otto anni ma dimostrava già l’energia di una ragazza più grande; saltò in braccio a Erica che la salutò con affetto: “Ciao, piccola peste” e rimase a guardarla mentre correva da sua madre. A quel punto si diede da fare per rimettere tutto a posto finché non sentì una voce familiare dietro di lei: “Allora, come ci si sente a fare da coach a una banda di piccoli e adorabili scalmanati?”, Marta la stava guardando appoggiata alla sbarra. Erica ridacchiò: “Una bella fatica ma anche una grande soddisfazione e per te come va karate?” “Bene, direi, che dici: facciamo una bella corsetta come ai vecchi tempi?”. Sì, dopo quel giorno di due anni fa molte cose erano cambiate: Erica era stata buttata fuori dalla squadra ma dopo un periodo morto aveva accettato un posto come allenatrice alla Besana e non se ne stava pentendo affatto, Marta invece aveva deciso di finirla con l’atletica e si era data al karate, con ottimi risultati a quanto pareva. L’importante però era che fossero rimaste amiche: ”Già, una bella cosa l’amicizia” pensò Erica mentre lei e Marta correvano in pista una accanto all’altra, “proprio una bella cosa…”. Anno XI

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SVAGO

CACCIA AL PROFESSORE

di ALICE ALESSANDRI E chiara malaponti

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iao Pariniani! Anche quest’anno torna “Caccia al professore” e, per chi non sapesse cos’è, ecco le istruzioni! Qui sotto trovate due

foto un po’ rovinate di professori della scuola: il vostro compito è quello di riconoscerli, scriverci una mail e mandarla all’indirizzo zabaione.parini@gmail.com il prima

possibile. I primi a mandare la mail con i nomi corretti dei professori riceveranno come premio un buono di €5 da spendere al bar!

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SVAGO

FUORI DAL GUSCIO SCANZO E IL SUO MOSCATO

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iao a tutti, Pariniani! Eccoci di nuovo qua, all’inizio di un nuovo anno. Oggi parliamo di Scanzorosciate: è situato a piedi delle Alpi Orobie, sui colli a est di Bergamo. Questo piccolo paesino non passerebbe alla storia se non fosse per una peculiarità, ovvero la produzione del Moscato di Scanzo, un vino molto aromatico prodotto da un vitigno autoctono dalle rese basse. La storia di questa località viene da lontano: gli storici fanno risalire la sua origine attorno all’anno 1000 a.C., epoca del leggendario Ateste che, fuggendo da Troia, giunse nella zona veneta di Este, poi di Padova, espandendosi verso ovest fino a raggiungere il fiume Serio che ne divenne il confine territoriale. Dagli Atesini venne fondato il villaggio denominato Ros (dal greco: mazzo d’uva), che con l’aggiunta del celtico “ate” divenne Rosate divenuto poi Rosciate all’inizio del XIX secolo. Gaio Giulio Cesare stabilì nella zona dell’attuale Scanzo un accampamento militare comandato da un centurione della famiglia degli Scantii, da qui Scantius, ora Scanzo. I due comuni rimasero divisi sino al 1927, anno della loro fusione. Ma adesso torniamo a noi: stavo raccontando che la caratteristica di questo borgo è proprio il vino! Approfondiamo un po’ l’argomento: (attenzione, ad uso e consumo dei lettori maggiorenni!). Il Moscato di Scanzo è ad oggi la più piccola Docg d’Italia. Vino di grande pregio, è un Moscato passito a bacca

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di sOFIA CIATTI

rossa, coltivato su un territorio di soli 31 ettari. Vista la produzione molto limitata, è da considerarsi un prodotto di nicchia, esclusivo e ricercato. Il suo colore è un rosso rubino, ha un sentore di prugna, rosa canina, marasca e sottobosco, ma anche di tabacco e cioccolato con l’invecchiamento. Non preoccupatevi, l’unica cosa che invecchia è il vino, per cui voi sarete sempre abbastanza giovani per sorseggiarne un bicchiere. Stando alla tradizione, le prime notizie sul Moscato di Scanzo risalgono alla conquista romana del territorio scanzese. Il primo documento storico risale al 27 gennaio 1398: in tale anno i guelfi assalirono Scanzo depredandolo di numerosi carri di moscatello. Da questa notizia si desume che l’economia scanzese già da quel tempo era basata sulla coltivazione della vite. Il Moscato di Scanzo era tanto apprezzato a livello europeo che arrivò alla corte degli Zar e al

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mercato di Londra. La vite da cui si ricava il Moscato di Scanzo è di origine endemica, cioè una pianta locale nata e coltivata fino ai giorni nostri dai vignaioli di Scanzo; si comprende quindi il motivo della sua quotazione al mercato di Londra. Allora, vi è venuta voglia di andare a dare una sbirciatina? Spero proprio di sì! Per la mia esperienza, devo ammettere che, ogni volta che ci torno, mi trovo sempre molto bene: la gente del luogo è ospitale, e poi che mangiate e che bevute! Scanzo è adattissimo per una gita fuori porta nelle domeniche autunnali come queste, quando si può ancora approfittare del clima non troppo freddo; e chissà che non compaia proprio Giulio Cesare in persona a tradurvi una versione che vi sarete portati appresso, perché il vero classicista traduce ovunque!

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SVAGO

a cura dI CECILIA ALBANESE, ELENA GALVANI E CHIARA MALAPONTI

ARIETE Siete decisamente iperattivi. Vi siete iscritti a quasi tutti i corsi disponibili e avete già recuperato il monte ore di due anni scolastici. Attenzione a non confondervi e a non entrare al corso di traduzione poetica vestiti da piccoli chimici.

TORO Questi intervalli così lunghi vi faranno ingrassare. Buone forchette come siete, forti dei cinque minuti in più a disposizione, vi ritroverete a trascorrere la vostra ricreazione al bar, lottando con la massa per accaparrarvi quanto più cibo possibile. Insomma, finirete per finanziare il bar di tasca vostra.

GEMELLI

ZABAOROSCOPO LEONE

No, non ne sapete più voi del vostro insegnante. No, non potete tenere voi un corso. Rassegnatevi e smettetela di importunare i vostri compagni. O, se preferite, prendete controllo una volta per tutte delle vostre lezioni con un colpo di stato, con un esercito di coetanei appositamente sobillati. Ma smettetela di lagnarvi.

SAGITTARIO Entrare un giorno su sei alla seconda ora è davvero una manna per voi, ritardatari cronici. Mi raccomando, ricordatevi però che vi potete permettere questo lusso una volta alla settimana o alla lunga verrete divorati vivi da un totem impazzito.

CAPRICORNO

Se pensi che il primo mese di scuola sia stato frenetico non ti preocIl progetto vi piace tantissimo e cupare: il secondo lo sarà anche di siete contenti di approfondire tut- più. Come ristabilire l’equilibrio inti i vostri interessi, ma il registro teriore? Semplice, basta diventare elettronico vi sta davvero metten- amico di qualche bilancia: le cose do alla prova. Una persona precisa miglioreranno subito! come voi non può sopportare una tale confusione. Recatevi alla sede di Spaggiari e sistematelo una volta per tutte. Sarete incoronati eroi Sbadato, un po’ pazzerello ma sempre simpatico. Meglio se controlli della scuola. bene i tuoi calzini, potresti essere uscito con due paia diversi! Questo Il tuo equilibrio è compromesso da periodo, comunque, passerà tutto qualche troppo vivace pesciolino. sommato in fretta. Tranquillo.

VERGINE

ACQUARIO

Se sei un Gemelli tutto vale doppio: come la fatica così anche la gioia, ma anche i compiti a casa purtroppo! Fermati un attimo e guardati intorno, potresti stupirti Molla tutto, vai al bar e mangia un di qualcosa che ti circonda che non buon panino con la cotoletta e veavevi mai notato prima. drai che forse accadrà qualcosa di tanto inaspettato quanto piacevole. Si sa, voi pesci siete fatti così... Dopo solo un mese di scuola nelle fredde aule e nei ancora più fredIl nuovo progetto metterà a dura di corridoi già ti mancano le calde prova il vostro senso dell’orienta- Mentre sarai imbronciato pensan- spiagge e nuotare in mezzo al mare. mento. Non sapendo dove andare, do alla prossima ora di greco arri- Tranquillo, un accogliente “acquavi perderete in cerca di aule nasco- verà saltellando una buona notizia. rio” risolverà i tuoi problemi. ste per i più remoti corridoi del Pa- Cerca di essere meno scortese e la rini. Forse, alla ricerca del vostro vita ti sorriderà, suvvia, la scuola corso farete scoperte sorprendenti. non è così male: basta riprendere Non si finisce mai di imparare. il ritmo.

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PESCI

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SVAGO

ZABAENIGMISTICA CRUCIVERBA

di PAOLO GARBELOTTO

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OTTOBRE 2016

Anno XI

Numero 1

ZABAIONE


SVAGO DEFINIZIONI

1. Quello di sodio è usato anche in cucina - 2. Donna di facili costumi - 3. Protagonista del Watergate - 4. Noto compositore ottocentesco di Vienna - 5. Strumento musicale indiano - 6. Capitale della Serenissima - 7. Gruppo metal britannico fondato da Steve Harris - 8. Movimento di rifiuto delle immagini sacre - 9. Il “da Norcia” interpretato da Vittorio Gassman - 10. Prima società videoludica statunitense - 11. Cellula madre del sangue - 12. Capitale della Germania Ovest dal 1949 al 1990 - 13. Strumento musicale australiano - 14. Quello di Samo adorava i numeri dispari - 15. Famoso programma diretto da Pierfrancesco Diliberto - 16. Tedesco per ”mensile” - 17. Albo a fumetti creato da Leo Ortolani - 18. Lo erano Cloto, Lachesi e Atropo 19. Fondatore dei Pink Floyd

CATENA DI PAROLE

di GUGLIELMO PENSABENE

INVERNO _E__ F__C__ __S_

REBUS

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di GIULIO PISTOLESI

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DONATELLA

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CINA’

OTTOBRE 2016

REGINA

Anno Xi

DEL

Numero i

MONDO

ZABAIONE

INVERNO NEVE FIOCCO ROSA CRONACA NOTIZIA BUONA SCUOLA HOGWARTS MAGIA NERA CAMICIA NASCERE

B oN AT O E TR I C E X oN E R T S I T AR ve ne z i a i r on mai d e n on oc l as t i a r an c al e on e at ar i t op oi e t i c a b onn d i d g e r i d oo i t ag or a t e s t i mon e mon at l i c h r a t man moi r e s y d b ar r e t t

REBUS [9 4 6 3 5]

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