Zabaione_Settembre '15

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ZABAIONE NUMERO I

ANNO X

GIORNALISMO INDIPENDENTE AL PARINI DAL 2006

SETTEMBRE MMXV


EDITORIALE

E

d eccoci di nuovo al Parini, in vista di un altro (interminabile) anno scolastico! Quello in cui ci troviamo ora, tuttavia, è un liceo molto diverso da quello che avevamo lasciato prima delle vacanze. Vediamo un po’ di riassumere le novità: bar ristrutturato, rinnovata disposizione delle aule, nuovo corpo docenti per (quasi) tutte le classi, introduzione della mensa scolastica, e chi più ne ha più ne metta. Purtroppo, fra i cambiamenti dobbiamo annoverare anche la partenza dal Parini dell’intramontabile Nicola Bancone (nota per i nuovi arrivati: era il custode della scuola), proprio all’inizio del suo trentesimo anno all’interno del nostro liceo. Ringraziamolo per tutto ciò

di stefano trentani

che ha fatto per la scuola in questi anni. In questa gigantesca “ondata rivoluzionaria” che ha modificato il volto dell’istituto fa capolino anche il nostro giornalino. Per festeggiare il suo decimo compleanno, infatti, Zabaione si presenta completamente rinnovato nella grafica e nella struttura. Come potete osservare già da questo primo numero, oltre ad aver cambiato l’impaginazione del giornalino, ne abbiamo modificato anche la gestione dei contenuti, ora divisi per categorie. Tutto questo è stato reso possibile grazie alla grande dedizione dei redattori (soprattutto i più giovani) e dal cambiamento di struttura della redazione, non più orizzontale ma piramidale.

Chissà quali altri cambiamenti ci aspetteranno nel corso di questo anno? Quali altri conigli la direzione estrarrà dal cilindro? Non ci resta che aspettare, sperando che le migliorie apportate alla nostra scuola non si fermino qui. Nel frattempo, un “in bocca al lupo” a tutti per questo nuovo anno!

SOMMARIO MISSING AULETTA pag. 3 a piedi nudi PAG. 4 FLASH pag. 5 RITORNIAMO A VINCERE PAG. 6 SPERANZE DI SETTEMBRE pag. 7 MINIONS PAG. 8 OPERAZIONE U.N.C.L.E. pag. 9 CITTà DI CARTA PAG. 10 MISSION: IMPOSSIBLE pag. 12 ROGUE NATION the butler PAG. 13 INTRODUZIONE pag. 14 INTERVISTA- PAG. 14 MEMORIE DI UN DJ HERE COME THE DRONES pag. 16 DIECI RAVANELLI, PAG. 18 MILLE LIRE oscar e la dama pag. 20 in rosa il ballo PAG. 20 THE HELP pag. 21 IO E LENTIGGINI PAG. 22 zabaoroscopo pag. 26 zabaenigmistica PAG. 27

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Settembre 2015

Anno X

Numero SPECIALE

ZABAIONE


ATTUALITÀ

di chiara malaponti

A

MISSING AULETTA

ncor prima che iniziasse la scuola ci è giunta la notizia che la famosa e immortale auletta degli studenti era stata riverniciata e riarredata per far spazio a una nuova classe, dato l’aumento considerevole delle iscrizioni al Parini nell’ultimo anno. Molti si sono chiesti, però, come mai il preside avesse scelto proprio quell’aula per ospitare gli studenti, poiché - non è certo un mistero - nel nostro liceo gli spazi vuoti non mancano, soprattutto considerando il fatto che due anni fa si era anche pensato di ampliare l’offerta didattica del Parini servendosi delle classi inutilizzate al terzo piano, dando vita così all’indirizzo di liceo scientifico. Ma non è finita qui. Un’altra perplessità che si è subito creata è stata la seguente: e Zabaione? E il Collettivo? E tutti coloro che hanno bisogno di un’area per potere gestire le loro iniziative? Dove andranno? Che ne sarà di noi? Insomma, l’indignazione era crescente e l’idea di alcu-

ni era quella di occupare un’altra aula. Il 14 settembre, che è anche la data in cui scrivo, Zabaione ha organizzato la sua prima riunione sulle scalinate davanti all’entrata. Mentre si discuteva, ci siamo imbattuti nel preside e nel prof. Aziani che uscivano dal portone principale. Subito ci hanno chiesto: “E che ci fate qua?” Ci sembrava quasi scontato rispondere, ma le rassicurazioni del preside non si sono fatte attendere: “L’aula degli studenti invece esiste” ci ha spiegato. “Si trova al terzo piano, dove abbiamo comcentrato tutti gli spazi che saranno destinati ai laboratori: vi dovrete solo prenotare. Ed è anche più bella di prima. Senza contare che presto inaugureremo una mensa nella saletta speculare a quella utilizzata dai professori di educazione fisica, al piano terra. Non sarete costretti a mangiare fuori prima delle vostre riunioni. Insomma, sappiamo tutti che qua in centro i prezzi sono alti”. A quanto pare la novella auletta sarà

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accessibile quanto prima, una volta che si saranno concordati gli orari di apertura pomeridiana. Siamo tutti curiosi di vederla, ma questa considerazione va fatta: agli spazi, quando vengono utilizzati così assiduamente , ci si affeziona. Non importa se li si frequenta da uno, due, cinque anni. Ci si prende l’abitudine e a volte ci si lascia anche del proprio. Ripartire da capo in un’altra aula - tanto più bella quanto più impersonale - significa per alcuni studenti dover ricominciare da capo con molti dei lavori che erano costati giorni di impegno. Insomma, ben vengano le innovazioni (sono sinceramente interessata a vedere questo nuovo spazio), ma non possiamo nascondere che è sinceramente stato un peccato. Per le riunioni di Zabaione, per i graffiti del Collettivo e anche per tutti gli altri che nel corso di questi anni hanno avuto occasione di metterci del loro.

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ATTUALITÀ

A PIEDI NUDI

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settembre 2015, ore 21.00 (facciamo anche 21.30) da Porta Genova fino in Darsena. La marcia delle Donne e degli Uomini Scalzi è arrivata da Venezia fino a Milano e altre undici città italiane per protestare contro le politiche di accoglienza e l’assenza di corridoi umanitari nelle zone di guerra, per chiedere lo smantellamento dei luoghi di detenzione dei profughi e la sospensione dei bombardamenti in Siria e nella striscia di Gaza. La mobilitazione cittadina ricevuto moltissime adesioni; alcune però, come quella del Partito Democratico, hanno lasciato i manifestanti perplessi. Sulla linea del pacifismo, infatti, ha aderito anche un gruppo politico che poco tempo prima si era disposto per l’acquisto di F35, questione che aveva anche spaccato in due il partito. L’Europa sta attraversando un momento buio, con le mani legate dalla Trattato di Dublino. 4

di chiara malaponti

Mentre Orban lavora sul filo spinato al confine con la Serbia, la Germania si è dimostrata pronta ad accogliere circa 800 mila profughi siriani, respingendo invece i migranti economici. Certo, è un primo passo avanti, ma che differenza ci può essere fra chi rischia la vita in guerra e chi per la fame? Intanto in Italia Salvini non molla la presa. Accogliere i migranti rischierebbe di danneggiare la già barcollante economia, dice. Ma la verità è che un po’ di manodopera in più è sempre ben accetta, e anzi, forse l’accoglienza potrebbe essere una spinta nella nostra difficoltosa salita verso il ristabilimento economico. E fra le posizioni controverse di Grillo e gli F35 del PD, l’opinione pubblica italiana sta prendendo il largo. L’evento della marcia postato su Facebook ha ricevuto parecchie critiche. In tempi di crisi, perché nascono queste iniziative a favore di stranieri e non di gente del posto, che magari è costretta a Settembre 2015

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vivere in macchina? In realtà, come spiega anche il comune di Milano sulla sua pagina, ci sono sempre stata opere di beneficienza e di supporto di questo tipo. Sono solo meno eclatanti, nascoste: fanno quasi parte, triste dirlo, della vita di tutti i giorni. Chi si attacca a tali argomentazioni non ha altro a cui appigliarsi, dunque, per giustificare l’ondata di razzismo che sta travolgendo l’Europa. Il 14 settembre ci dovrebbe essere un vertice in cui gli stati membri dell’Ue dovrebbero prendere misure d’emergenza al riguardo, date le recenti tragedie in mare e le morti da soffocamento nei tir. Saranno buone novelle? Siamo già stati messi in ginocchio dalle guerre, ma fra qualche anno avremo un grosso problema in più: il cambiamento climatico genererà flussi migratori di portate maggiori, che dovremo fronteggiare senza schiacciare la speranza altrui di una nuova vita. Numero SPECIALE

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ATTUALITÀ di chiara malaponti

FLASH

Il repubblicano Donald Trump im- scomparsi non si ha ancora nessuperversa nella sua campagna elet- na traccia. torale. Sta conquistando l’America con i suoi comportamenti misogini. Dall’altra parte, c’è chi dice che la favorita alle presidenziali sia la Clinton. Ma d’altronde lo era anche contro l’ormai ex presidente democratico Barack Obama.

CUBA

UK

UNGHERIA Cinquanta Damas De Blanco sono state arrestate a L’Avana. Non si sa dove siano, i cellulari sono staccati. Il movimento delle Damas De Blanco riunisce le mogli e i famigliari di persone accusate di azioni contro lo Stato. Secondo le voci critiche verso le Damas, queste sarebbero uno strumento politico manovrato dagli Stati Uniti. Jeremy Corbyn del Labour ha presentato il suo governo ombra. Le posizioni più importanti sono state occupate da uomini e questo ha generato qualche dissenso all’interno del partito.

USA

ITALIA

La presidente della Camera Boldrini commenta così la politica anIl maltempo nel piacentino fa una ti-invasione di Orban: “Sembra vittima e due dispersi. Ritrovato il aver dimenticato che nel ’56 ben corpo della guardia giurata Alber- 250.000 cittadini fuggirono dal patelli, poco lontano dalla carcassa ese”. Chapeau. della sua vettura. Dei due fratelli ZABAIONE

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SPORT

RITORNIAMO A VINCERE

di guglielmo pensabene

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ancava qualcosa. La mia sensazione (e spero non solo la mia ) era quella che mancasse qualcosa, qualcosa di importante. Allora mi sono chiesto: che cosa cerco io in un giornale? E improvvisamente l’illuminazione: lo Sport. Più o meno tutti i giornali, dai quotidiani ai mensili, hanno almeno un trafiletto riguardante lo Sport, e perché noi di Zabaione no? Nasce cosi l’idea di questa rubrica che ogni mese vi parlerà di qualcosa che, bene o male, volenti o nolenti, anche solo quando corriamo per prendere la metro, facciamo quasi quotidianamente: lo Sport. Non parleremo solo dell’amatissimo calcio, che spesso e volentieri adombra le vittorie di italiane e iItaliani in tanti altri sport, ma parleremo di tennis, basket, motori e così via, che tante vittorie ci portano in ambito internazionale. Ma l’intenzione non è solo quella di fare un monologo mio e della mia compagna di rubrica (e di classe), ma di coinvolgervi tutti: se volete fare un commento sulla vostra squadra, scrivere un articolo sullo Sport che vi appassiona o altre cose ancora, siete i benvenuti. Più punti di vista ci saranno, più idee e argomentazioni emergeranno, più il dialogo e il confronto sarà divertente ed entusiasmante; quindi forza e coraggio, se avete delle idee 6

scrivete! Anche perché , forse, lo Sport italiano sta finalmente tornando a crescere. Si cominciano a vedere vittorie in tanti campi e la sensazione è quella di una vera e propria rinascita, dopo un periodo lungo e povero di successi. Una donna italiana non era mai arrivata in finale degli US open: e quest’anno, a Flushing Meadows, in finale c’erano due pugliesi. Roberta Vinci e Flavia Pennetta hanno confezionato un piccolo miracolo, inaspettato e per questo ancora più bello, andando a giocarsi entrambe un match da sogno. La finale di New York vinta dalla Pennetta, che mi auguro vivamente decida di ripensarci sul suo ritiro ( viste le imminenti Olimpiadi a Rio…), è stata un spot per un movimento sportivo che molti considerano erroneamente di nicchia. Passando ai motori si può finalmente notare che la Ferrari, anche se ancora lontana dalle Mercedes, si sta riprendendo e dopo anni bui che non le hanno reso di certo onore, c’è la sensazione che stia risollevandosi. Non ci sono parole poi per uno come Valentino Rossi, che si sta avvicinando prepotentemente al suo decimo, DECIMO, titolo mondiale, anche lui dopo un po’ di annate non felicissime. Soddisfazioni anche dal ciclismo, dove Aru, la “u” finale indica che è sardo Settembre 2015

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come qualcun altro al Parini, vince la Vuelta, una delle tre corse ciclistiche più importanti d’Europa. Abbiamo vinto nella ginnastica artistica, nel nuoto e nella pallavolo .L’Italbasket torna ad appassionare e a far sognare con un europeo che comunque andrà a finire ci mostra che la squadra è forte e con un futuro roseo. Infine fa sorridere il fatto che lo Sport in cui si spende di gran lunga più di tutti i precedenti messi assieme, è anche lo sport che internazionalmente ci regala meno soddisfazioni, dove non vinciamo qualcosa in Europa da cinque anni. Due sole squadre ai gironi di Champions ( ed entrambe con il rischio di non passare ) sono uno schiaffo per il calcio Italiano, che quest’anno ha speso la “modica” cifra di più di 500 milioni di euro pur di risollevarsi. L’anno scorso qualcosa si è mosso, con la Juve in finale di Champions e tante italiane che hanno fatto bene in Europa League, ma adesso, per risalire nel famigerato Ranking, e per tutto un movimento storicamente vincente, bisogna tornare a sollevare trofei in giro per l’Europa e per il mondo. Insomma, si prospetta una grande stagione per lo Sport nostrano, che dopo anni di magre si sta risollevando un po’ ovunque, dimostrando ancora una volta al mondo che abbiamo ancora tanta fame di vittorie! Numero SPECIALE

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SPORT

di aurora negretti

SPERANZE DI SETTEMBRE

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d eccoci qui, dopo due mesi passati a leggere la rosea sotto l’ombrellone e a fantasticare sull’arrivo di top player, è iniziato il campionato e con esso anche il continuo giudizio dato da “esperti in materia” (o presunti tali) sulle varie squadre. Così dopo appena tre partite c’è chi è passato da avere il quinto scudetto consecutivo cucito addosso a fare fatica a salvarsi e invece chi (dopo un precampionato disastroso lo ammetto) si trova in testa a punteggio pieno. Eh si, queste prime tre giornate hanno cambiato profondamente gli scenari ma non bisogna dimenticare che lo scudetto, quello vero (non quello di agosto), lo si assegna a maggio e non a settembre... La terza giornata si è aperta con la stentata vittoria della Roma arrivata sul campo di una matricola come il Frosinone, sintomo del profondo equilibrio che quest’anno più che mai caratterizza il campionato. Roma che, nonostante il mezzo passo falso alla prima giornata, è a detta di tutti la principale candidata a vincere lo scudetto. Paradossale è la situazione della Juventus: da dominatrice incontrastata degli ultimi quattro campionati si è trasformata in un’accozzaglia di ottimi giocatori che non fanno squadra, nel calcio la cosa più importante. Si arriva poi al derby di Milano, la partita per eccellenza, l’evento che tutta la città aspetta con grande trepidazione. Perché in fondo non c’è niente di più bello, e di più “doloroso” (almeno per me), degli sfottò del giorno dopo. Perché il derby è il derby. È una partita senza storia: la puoi preparare per due settimane, ma puoi stare certo che non andrà mai come ti aspetti. L’atmosfera è spettacolare, San Siro è pieno, quasi 80000 persone accomunate dalla stessa fede riunite in un solo luogo

a sperare che quella dannata sfera entri in porta. E poi questo non è stato un derby come gli ultimi, c’era molta più aspettativa. Il mercato sontuoso fatto da entrambe le squadre (anche se non ho ancora capito i 25 milioni spesi per Romagnoli), un inizio di campionato migliore delle aspettative e qualche saltello di troppo (ogni riferimento è puramente casuale) hanno fatto sì che si sia trasformato in una partita magari non spettacolare, ma sicuramente in cui entrambe le squadre hanno dato l’anima. Alla fine ha vinto la più concreta, l’Inter, e nessuno mi venga a dire che le occasioni migliori le ha avute il Milan o che meritavano la vittoria i rossoneri perché, cari Montolivo, Mihajlovic e Egregio Signor Balotelli, vince chi la palla la mette in porta, non chi passa l’ultima mezz’ora a tirare dalla distanza sperando che la Divina Provvidenza la mandi buona... Da sottolineare l’atteggiamento di San Siro, popolato per l’ 85% da interisti, verso i due uomini maggiormente attesi: uno, Mihajlovic, che pochi giorni fa ha dimostrato di possedere un’ottima tecnica di salto, tanto da far invidia persino ai più grandi campioni di salto in alto, è stato accolto da una bordata di fischi, il minimo mi sembra, (che poi, se lui li reputa fischi d’amore, gli consiglierei di farsi visitare da uno bravo...). E poi c’era l’altro, l’Egregio e Santissimo Balotelli, il ragazzo che butta via un’occasione ogni volta che cambia taglio di capelli, l’eterno incompiuto, la promessa che era destinata a diventare un top player e che in realtà è presto diventata uno scaldapanchina (chiedere a Liverpool per conferma). Al derby da lui mi sarei aspettata una prova di carattere e maturità sul campo, e devo dire che ha dimostrato tutto questo, ma è caduto per l’ennesima volta dopo

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il fischio finale : aspettando di rientrare negli spogliatoi e avvicinandosi alla curva Nord (che solo pochi anni prima lo aveva adottato e osannato come un idolo, prima di QUEL suo ignobile gesto...) stringendo la maglia del Milan come a volersi far rimpiangere. Ma a mio modestissimo parere, in questo momento, i Boys si godono gente come Icardi, JoJo e Perisic, persone che mettono prima di tutto professionalità e rispetto (cose che, lui, almeno in questo momento, non sa garantire). Ma tornando all’analisi del match, le colpe della sconfitta sono da addossare all’allenatore rossonero perché è molto meglio tenere in campo un Bacca in riserva di benzina che un Luiz Adriano che sembrava un anziano vagante per il campo. Ma chi sono io per giudicare il sergente di ferro? E così dopo questa terza giornata troviamo una classifica che va presa con le pinze perché mancano ancora 35 giornate e ciò significa (se la matematica non è un’opinione) che ci sono ancora 105 punti in palio, una quantità enorme. Non mi stupirei se la Juventus vincesse tutte le altre arrivando così davanti a tutte oppure se l’Inter, squadra da sempre un po’ pazza ed emotivamente fragile, ne perdesse 13 di fila dopo che tutti hanno sbandierato la parola scudetto a destra e a manca. E poi ci sono tutte le altre: la Roma, con il suo attacco che non ha nulla da invidiare alle grandi squadre d’Europa, il Milan (sempre che l’allenatore si concentri maggiormente sul suo lavoro piuttosto che a saltare) che diversi assi nella manica li ha sempre avuti, il Napoli, che una volta assimilati i concetti di Sarri potrà fare paura a molti, la Fiorentina, che si aggrappa fortemente a Pepito Rossi, la Lazio con un Matri in più... Chissà come finirà?! Lo scopriremo solo vivendo... 7


CINEMA

MINIONS

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di giulio pistolesi

os’erano i Minion prima di incontrare Gru? Beh, innanzitutto, come ci spiega la voce di Alberto Angela, bisogna precisare che sono molto più vecchi di lui. Sono molto più vecchi perfino del genere umano stesso. Nascono con le prime forme di vita e da subito manifestano, oltre al ben noto amore per le banane, il bisogno di seguire, e servire, un capo. Ma non un capo qualsiasi. Il più cattivo tra tutti i cattivi del mondo. Per questo li vediamo al servizio del T-rex, dei faraoni d’Egitto, del Conte Dracula, di Napoleone Bonaparte. Il più delle volte con conseguenze disastrose per il malvagio in questione. Ma, dopo aver causato la disfatta della Grande Armata nella campagna di Russia, i Minion si ritrovano dispersi tra i ghiacci. E trovano ricovero in una caverna, dove si stabiliscono. Hanno un tetto sopra la testa, ma ben presto si accorgono che la loro gialla vita è vuota. Manca il capo, il supercattivo, il villain da seguire. Crollano dunque in un desolante stato di depressione collettiva. Ma non può andare avanti così. Qualcuno deve fare qualcosa. E’ così che la pensa Kevin, uno di loro. Che decide quindi di partire alla volta del mondo esterno, per trovare un malfattore che possa

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fare da guida al suo popolo. Non è solo: con lui partono Stuart e Bob. Nel frattempo, il mondo è andato avanti: i Minion non si ritroveranno più nell’Europa di Napoleone, bensì negli Stati Uniti del 1968. Ma la ricerca deve continuare, e continuerà.

Spin-off che riesce a tenersi dignitosamente in piedi, nonostante il rischio di una cretinata colossale fosse alto, e a divertire come avevano fatto i precedenti. Forse non così tanto, ma si ride comunque. Inoltre, un’ambientazione come quella in cui si muovono Kevin, Stuart e Bob è una miniera di citazioni: troviamo perciò Nixon, i Beatles, Godzilla e Hair, nonché il creatore del franchise, Chris Meledandri, che mette il proprio nome in bocca a un Minion. Abbiamo poi la regina Elisabetta, personaggio non secondario, e i suoi corgi, abbiamo un giovane professor Nefario, abbiamo Il Santo in televisione. Abbiamo anche una colonna sonora non da poco, con gli Who, i Box Tops e di nuovo i Beatles. E ogni volta che il film ha bisogno di una mano, arrivano scene come la partita di calcio tra Minion depressi o i protagonisti in versione tre porcellini che ti ricordano perché sei lì e ti fanno sembrare una cosa assolutamente normale e Questo, in breve ma neanche degna del massimo rispetto lo statanto, l’inizio di Minions, lo spin- re a guardare un film i cui protagooff dedicato agli esserini gialli che nisti sono pinoli gialli che parlano tanto successo avevano riscosso nei una lingua semi-intelligibile e vedue film della serie di Cattivissimo nerano le banane. Me. Settembre 2015

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CINEMA

di giulio pistolesi

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OPERAZIONE U.N.C.L.E.

perazione U.N.C.L.E., spy story tendente alla commedia, adattamento di una serie televisiva anni Sessanta, è un gran bel film. Per molteplici ragioni. La prima sta nella trama in sé, che vede un agente segreto americano, ex-ladro e sciupafemmine, e uno sovietico, un colosso con episodi psicotici, lavorare insieme nella Roma del 1963 per fermare degli industriali italiani filonazisti che stanno lavorando ad una bomba atomica supermegapotente. Il rapporto tra i due (per i loro ruoli si sono fatti mille nomi, ma alla fine l’hanno spuntata Henry Cavill e Armie Hammer) costituisce il principale motore comico del film, che dal punto di vista della risata sa dare molto (si raggiunge l’apice quando Cavill pasteggia a Chianti e specialità del Belpaese con Peppino Gagliardi in sottofondo mentre Hammer viene inseguito da italici scagnozzi a bordo di motoscafi).

Un’altra ragione è il taglio fumettistico della regia, specie per quanto riguarda le scene d’azione, che mette le ali al film e lo rende davvero divertente da vedere. Poi, la musica. Tra successi italiani dell’epoca e una colonna sonora originale calzante alla perfezione, audio e video sono a volte talmente ben combinati da far pensare che la scena non abbia altro senso che sfoggiare ostentatamente l’armonia delle due parti. Insomma, le ragioni sono queste, e non sono male. Ma c’è anche dell’altro. Per esempio, c’è Hugh Grant, che mamma mia quant’è invecchiato ma fa sempre la sua porca figura. Poi c’è il discorso dei vestiti, sul quale si torna piuttosto spesso, visto l’impeccabile look di Solo (che sarebbe Henry Cavill, cioè l’americano, che di nome fa Napoleon, e a questo punto colgo l’occasione per dire anche il nome del russo, Illya Kuryakin) e che genera una non indifferente quantità

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di gag. E poi ad un certo punto c’è pure un sottomarino, che comunque ha il suo perché. Ah, non l’ho ancora detto, ma è parte integrante della trama, quindi lo dico: i due sono affiancati da una ragazza tedesca, interpretata da Alicia Vikander, figlia dell’esperto di balistica Udo Teller (non Alicia Vikander, la ragazza tedesca), una sorta di Wernher Von Braun de noantri, rapito dagli italiani per dare vita all’atomica. In conclusione, il film è la dimostrazione di come si riescano ancora a fare dei film di spionaggio come si deve senza necessariamente cadere nei triti e ritriti stilemi da bambinoni alla Mission: Impossible, e se proprio ci si deve passare, almeno si riesce ad affrontarli con la giusta dose di umorismo e, perché no, stile. Dopotutto, come dice lo slogan promozionale, anche salvare il mondo è una questione di stile.

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CINEMA

CITTÀ DI CARTA

I

l 4 di settembre mi sono recato al cinema per andare a vedere Città di carta, il film tratto dall’ultima fatica del guru adolescenziale John Green, armato delle peggiori intenzioni. Speravo in una sbrodolatura melensa già discutibile in partenza perché i due protagonisti sono, per esempio, malati di cancro, per farmi due risate e scrivere una recensione distruttiva e molto divertente. Per vivere appieno l’esperienza, mi sono pure portato dietro la sorella dodicenne, per studiare gli effetti dell’opera direttamente su un esemplare della specie che più di tutte è destinataria dei film di questo tipo. Dunque vado al cinema e la sala è come da copione piena di ragazzine: sembrano lupi che si avvicinano ad una capra zoppa, lo sanno che stanno per avere quello che più di tutto desiderano, si possono quasi notare luccichii di saliva nelle loro bocche. E allora si guarda questo film. Accipicchia, delusione. Non è così cretino, il che è un problema. E mo’ che scrivo io? Avevo già preparato i brani salienti per la stroncatura, adesso mi tocca tenerli per il prossimo mattone strappacuore. Non è bello, eh. E’ vagamente inutile, un po’ inconcludente, ma neanche troppo drammatico. Insomma, è un blockbuster americano, quindi le note giuste nei momenti romantici ci sono, ma non possiamo certo aspettarci il contrario. Piuttosto, non è una storia d’amore. Non come me l’aspettavo (Non sono così zelante da prepararmi a recensire un film leggendo prima il libro, quindi della trama

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di giulio pistolesi

sapevo poco o nulla). E’, se vogliamo, un film su due piani. Il primo si può definire più profondo: è quello dedicato al rapporto tra il protagonista, Quentin (Nat Wolff, che mi è piaciuto: la sua faccia piuttosto goffa e buona va bene per il ruolo un po’ sfigato, ma non stereotipato, che gli tocca) e la sfuggente ragazza di cui è da sempre innamorato, Margo (Cara Delevingne), rapporto che si snoda attraverso le numerose fughe di lei, spirito libero incontenibile e queste cose qua, confrontato con la tranquillità di lui, che viene costretto da queste fughe a rinunciare al proprio quieto vivere mettendosi in gioco per seguire lei e dichiararle il proprio amore. Inevitabilmente, questo porta a riflessioni riguardo alla felicità, alla banalità degli schemi che i ragazzi sentono di dover seguire, alla veridicità o meno dell’equazione università lavoro moglie figli uguale felicità (i protagonisti sono all’ultimo anno di liceo). Questo, dunque, era il piano profondo. Tuttavia, non sarebbe certo bastato per tenere su il film, che ne sarebbe uscito davvero troppo pesante. Allora si è provveduto ad una piuttosto semplicistica operazione di alleggerimento, che prevede di utilizzare come collante per tenere insieme tutti gli snodi della vicenda Quentin-Margo una salsa ben nota, anzi due salse ben note: quelle del teen-movie prima e del road-movie poi. Teen movie perché per tutto il tempo che Margo passa in giro non si può far vedere Quentin da solo Settembre 2015

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che medita sul significato dell’universo. Allora entrano in gioco i soliti due inseparabili amici per la pelle del protagonista, i bulli della scuola, la ragazza bellissima con cui lo scemo del gruppo fa appunto lo scemo… insomma, quella roba lì, che strizza palesemente l’occhio al pubblico sul quale si puntava per rendere il film un successone. Road movie perché questi, tutti insieme, gli amici e un paio di ragazze, montano su un furgone e vanno dalla Florida a New York. Sono due film diversi, si sposano male insieme. Infatti sono ben pochi i momenti di contatto tra le due vicende. I ragazzi in viaggio praticamente non la vedono dall’inizio alla fine del film, Margo. Questo perché i diciottenni, che avevano raggiunto il massimo tema trattato parlando della scuola che sta finendo e cavoli se ci mancherà anche se la odiavamo, si sarebbero trovati piuttosto in difficoltà di fronte a due (Quentin e Margo) che parlano solo ed esclusivamente di come vivere ogni istante della propria vita, cercare se stessi e raggiungere la vera felicità. Abbiamo dunque due contesti, uno vagamente surreale e un altro che vuol essere iperreale, l’ennesima simulazione di vita scolastica, piuttosto facile, in cui ogni giovane spettatore può credere di riconoscersi. Che dire? Il piano leggero lascia indifferenti: è carino, ogni tanto fa pure ridere, ma non ti muove l’anima. Invece, il piano profondo è… incompleto? No, forse insensato. Numero SPECIALE

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Se la conclusione fosse superprevedibile e sdolcinata, sarebbe facile puntare il dito e dire: “schifo”. Invece, il film prende coraggio, e tenta di dare un altro senso al tutto, sorprendendo e disincantando lo spettatore. Facendo però perdere senso alla storia. Nei road movie in cui alla fine non succede nulla, i protagonisti capiscono che il vero successo è stato il viaggio. E questo può passare per la storia degli amici di Quentin, ai quali non frega proprio nulla dei discorsi esistenziali di Margo, ma sono felici e tanto basta. Ma la vicenda di Quentin e Margo, in sé, non è un road movie, è una storia di formazione. Tuttavia, il protagonista, pur essendosi

smazzato Margo e le sue disquisizioni sul senso della vita, non sembra avere realmente guadagnato qualcosa in più degli altri: wow, abbiamo fatto un bel viaggio. Questo rende la parte dei due protagonisti inconcludente e ti spinge a simpatizzare per gli amici sempliciotti che si limitano a farsi il viaggio divertendosi e ciao. E mentre all’inizio le parole dell’amico Ben (“eri da solo con Margo Ruth Spiegelman alle due di notte e non ci hai provato?”) ti fanno pensare “stai zitto idiota”, alla fine quasi le condividi. Forse, visto come la cosa si conclude, avrebbe avuto senso, anche in virtù di tutti i precetti “cogli l’attimo, vivi la vita al massimo” di Margo, che tra l’altro, alla fine,

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va detto, sta antipatica. Insomma, bocciata la parte seria inconsistente, resta la parte teen, e dato che dell’ennesimo film sulla vita quotidiana degli adolescenti non ce ne facciamo nulla, il film non vale molto. Non stupisce infatti che l’unica standing ovation della sala sia stata per l’apparizione a sorpresa, in un cameo, di Ansel Elgort, l’attore di Colpa delle stelle. Questo è quello che quel tipo di pubblico vuole, il maschione che appare dietro alla cassa dell’autogrill e fa lanciare gridolini alla platea, non storie che cercano una morale profonda ma non la trovano. La prova del nove: anche alla sorella dodicenne non è piaciuto. 11


CINEMA

MISSION: IMPOSSIBLE ROGUE NATION di giulio pistolesi

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l quinto capitolo della fortunata serie di Mission: Impossible vede il solito Tom Cruise, più eroico che mai, sulle tracce di un’organizzazione terroristica internazionale che minaccia la stabilità del mondo occidentale. Incredibile, eh? La differenza, stavolta, sta nel fatto che Ethan Hunt, che sarebbe poi Cruise, è costretto ad agire da solo: il governo USA ha chiuso la sua unità speciale, la IMF, e il nostro deve fare il cane sciolto, con la CIA e i cattivi che lo braccano in giro per il mondo. Al suo fianco troviamo però i suoi amici dell’IMF: il fedele ma imbranato Benji Dunn, il gigante mago del computer Luther Stickell e il direttore fighetto dell’ex-agenzia, William Brandt. Manca qualcosa? Naturalmente, l’ambigua spia che-nonsi-capisce-da-che-parte-stia Ilsa 12

Faust, interpretata dall’avvenente attrice svedese Rebecca Ferguson. Gli ingredienti, a questo punto, ci sono tutti. Ci sono anche le acrobazie, l’inseguimento, Tom Cruise che non viene beccato da un proiettile manco a pagarlo, le immancabili maschere, i gadget supertecnologici, la “missione impossibile” di turno, a dir la verità un po’ deludente, pure la bomba a orologeria. Se pensate che questo film possa aggiungere qualcosa di nuovo alla classica formula dei film d’azione, vi sbagliate. La ricetta è la solita, il film è il solito. E dà allo spettatore esattamente ciò che questo si aspetta entrando al cinema: badilate di adrenalina. La trama fa acqua, ma non importa, come non importa l’assoluta prevedibilità: lo sai che tanto lui non muore, ma ogni volta che si ritrova lì lì per finire arrostito, asfissiato, sbudellato tu sei lì con il fiato mozzato a dire: Settembre 2015

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“Oh no, e adesso?”. Sarebbe quindi un inutile esercizio di crudeltà giudicare il film in base a criteri seri, la trama, i personaggi, il realismo: questo è puro intrattenimento. Vederlo o non vederlo, per quanto riguarda il prima e il dopo, è del tutto indifferente. Ma se l’obiettivo è passare due ore con il cervello staccato, godendosi appunto l’intrattenimento puro, beh, in tal caso siete nel posto giusto. Vale inoltre la pena di fare caso all’attenzione riservata dalla produzione al circondare il protagonista di nanerottoli, di modo che quel tappo di Cruise non si ritrovi a guardare il nemico alzando la testa verso l’alto. Merita anche la sequenza all’opera di Vienna, se non altro per il fucile di precisione camuffato da clarinetto.

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CINEMA

di alice alessandri

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THE BUTLER

n occasione dell’avvicinarsi della fine del mandato di Barack Obama, è interessante vedere un film che trova la sua conclusione (felice) proprio nel momento dell’elezione del primo presidente nero degli Stati Uniti. Forest Whitaker interpreta Cecile Gaines nel film “The butler” (“Un maggiordomo alla casa bianca”) del regista Lee Daniels, uscito nelle sale il primo gennaio 2014. Cecile nasce in Georgia, dove lavora fin da piccolo al servizio di una famiglia proprietaria di piantagioni di cotone. All’età di sette anni perde sia il padre, ucciso brutalmente e senza ragione davanti ai suoi occhi, sia la madre diventata muta, dopo la violenza subita dal padrone. Rimasto sostanzialmente orfano, Cecile viene preso a lavorare come “negro di casa” avendo impietosito la fredda proprietaria della tenuta (un’anziana Vanessa Redgrave). Questa esperienza sarà per lui fondamentale quando, dopo aver lasciato la Georgia all’età di diciotto anni per andare a cercare fortuna altrove, verrà assunto da Maynard, un anziano signore di colore che gli darà la possibilità di lavorare in un prestigioso hotel a Washington. Qui viene notato da un importante politico ameri-

cano che ne propone l’assunzione come maggiordomo alla Casa Bianca. I trent’anni trascorsi alla Casa Bianca permettono a Cecile di assistere all’avvicendarsi dei presidenti degli Stati Uniti, a partire da Eisenhower (un inaspettato Robin Williams) fino ad arrivare

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a Ronald Reagan (interpretato da Alan Rickman con Jane Fonda nei panni di sua moglie) con la loro diversa sensibilità per le politiche di integrazione razziale. Nella sua vita privata Cecile è sposato con Gloria (la bravissima Oprah Winfrey) Settembre 2015

da cui ha avuto due figli: mentre Charlie, il più giovane, decide di arruolarsi per andare a combattere in Vietnam, il maggiore, Louis, partecipa con entusiasmo alla lotta per l’affermazione dei diritti civili dei neri. In questa sua scelta Luis si contrappone radicalmente al padre, facendo emergere uno scontro tra le due generazioni: quella di Cecile, che accetta di essere sottomesso ai bianchi, nella convinzione che solo gradualmente la politica potrà cambiare la situazione (emblematica di questo atteggiamento la frase di Martin Luther King Jr che apre il film: “L’oscurità non può allontanare l’oscurità, solo la luce può farlo. L’odio non può allontanare l’odio, solo l’amore può farlo”) e quella di Louis che è disposta a lottare e anche a finire in prigione pur di vedere affermati i propri diritti. Una prospettiva quest’ultima che anche il non più giovane Cecile si troverà alla fine a condividere, riconciliandosi con suo figlio e festeggiando con lui l’accesso di un uomo di colore alla presidenza degli Stati Uniti. Il film è ispirato a una storia vera, riportata dal giornalista Wil Haygood in un articolo sul Washington Post dal titolo “A butler well served by this election”. 13


MUSICA

INTRODUZIONE

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tutti piace la musica. Non ho mai sentito nessuno dire “a me la musica fa schifo”. Poi, a ciascuno piacciono cose diverse: c’è chi ascolta solo rap, chi snobba tutto ciò che non è classica, chi vive di metal e chi va matto per la polka. Ma ognuno, nel suo intimo, si è costruito negli anni un proprio microcosmo musicale, capace talvolta di collegamenti impossibili e coabitazioni bizzarre. Che so, Pierangelo Bertoli e gli Iron Maiden. Insomma, chiunque ascolta musica, e chiunque ha delle opinioni in merito. Perché la musica che si ascolta è quella che si apprezza. E si fa presto a farla diventare un interesse, a scoprire che Tizio è il più grande poeta mai esistito, o che nessuno suona la chitarra come Caio, e allora cominciamo a

di giulio pistolesi

seguirli un po’ più da vicino, questi Tizio e Caio, e magari quando Tizio pubblica il nuovo album lo compriamo, o ci facciamo trovare sei ore prima davanti ai cancelli del concerto di Caio. A questo punto, entriamo in gioco noi. O meglio, entrano in gioco queste pagine. Quelle della rubrica di musica. Perché se in quella storia di Tizio e di Caio vi ci ritrovate, vuol dire che siete appassionati di musica. E se siete appassionati di musica, quando vedete il titolo di questa sezione del giornale ve la andate a vedere. Anche solo un’occhiata. E quello che vedete è questo: si parla di rock, si parla di rap, si parla timidamente di elettronica. E vi scandalizzate: dov’è la polka? Dov’è il country? Dov’è il metalcore?

INTERVISTAMEMORIE DI UN DJ

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ablito El Drito, classe ’74, ex pariniano, ha frequentato la nostra scuola dall’88 al ’93. Oggi è disc jockey, musicista e produttore, e ha rilasciato diversi album di musica composta utilizzando vecchi videogiochi. In questa intervista discuteremo con lui della condizione del djing e della musica indipendente in generale, e di quello che è cambiato rispetto agli anni in cui ha iniziato a fare musica. 14

La risposta è una sola: tocca a voi. Noi ci proviamo, a garantire un po’ di varietà, ma i generi musicali sono una miriade, e noi pochi, piccoli e sprovveduti. Dunque arriviamo ora al punto cruciale di questa rubrica: un’accorata richiesta di partecipazione. Quindi, una volta comprato il disco di Tizio, una volta andati al concerto di Caio, prendete carta e penna e scrivete, commentate, recensite, raccontate, poco importa il genere. Da parte nostra, vi forniamo tutto ciò di cui avete bisogno: un indirizzo e-mail alla fine del numero e queste pagine, che dovete vedere come bianche e in attesa del vostro contributo. Allora coraggio, valorosi musicofili del Parini, qui non aspettiamo che voi.

di giulio pistolesi

Innanzitutto, in che modo ti occupi di musica? Oltre ad essere un disc jockey, e a comporre musica io stesso, mi occupo di musica sul fronte giornalistico, perché recensisco dischi per MilanoX e Frequencies, e su quello della produzione, perché ho un’etichetta che si chiama Rexistenz.

tronica: stamattina, per esempio, ho scritto tre recensioni, di cui due sono di band vere e proprie, che collocherei tra techno e punk, mentre la terza è di un collettivo hip-hop.

Hai accennato a musica composta da te: parlacene. Come Pablito El Drito ho pubChe tipo di dischi recensisci? blicato sei LP di musica prodotMi mandano ogni tipo di disco, ta con i vecchi Game Boy. Adesso da generi “suonati” da band a elet- sta uscendo su etichetta VPS un Settembre 2015

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settimo disco, su vinile. Spesso mi capita di suonare dal vivo con strumenti elettronici: si tratta di improvvisazioni sempre diverse che vengono usate come base per recitazioni di poesie, danza o performance. Come hai cominciato a fare musica con i Game Boy? Attorno al 2007 insieme a Tonylight ho organizzato un concerto al quale era presente Oliver Wittchow, un hacker tedesco che aveva sviluppato un software per suonare con i Gameboy. Durante quella serata ho visto molta gente usare vecchi computer per fare musica, e ne sono rimasto molto colpito, anche perché avevo organizzato la serata, ma non avevo mai visto dal vivo quel tipo di performance. Allora comprai da Wittchow una cartuccia, e da lì cominciai. Parliamo quindi di una cosa relativamente recente. Quali sono stati invece i tuoi primi contatti con il mondo della musica? Nel ’92, durante il mio ultimo anno al Parini, frequentavo un centro sociale, il Garibaldi, che adesso non esiste più, e mancava un fonico. Gli altri non avevano voglia di farlo, perché erano più interessati ad un discorso politico, però c’era la necessità di organizzare concerti. Allora mi sono ritrovato a farlo io. In questo ambito ho lavorato con diverse band, alcune delle quali sono poi diventate molto conosciute, come Officine Schwartz o Punkreas, che all’epoca avevano pubblicato il loro primo demo su cassetta. La cosa mi ha appassionato, ed è durata un paio d’anni: poi, scoperto il mondo dell’elettronica, ho smesso.

djing? Il djing è una cosa che mi appassiona molto. Me la godo soprattutto con i miei amici, a loro volta dj: ci si incontra, si tirano fuori le casse di dischi e si cominciano a fare mix strepitosi. Ultimamente il discorso della manualità in questo ambito si sta un po’ perdendo, ed è un grosso peccato. Da quando sono in circolazione questi software per mixare, queste consolle che fanno tutto da sole, si sta perdendo il contatto con quello che era il djing: non mettere un disco e poi un altro, ma fare tutto un lavoro di missaggio tra due sorgenti, mettere le mani su questi accidenti di dischi, farli andare insieme. Tu, invece, continui ad utilizzare solo vinili. Sì, assolutamente sì. E’ anche questo il problema: vent’anni fa dicendo “vengo a mettere i dischi” intendevi realmente “mettere i dischi”! Il djing era quella cosa lì: bisognava innanzitutto imparare a farlo, cosa che richiedeva comunque del tempo, della pazienza e soprattutto della passione, poi comprarsi i dischi, gli strumenti, che era comunque una spesa. L’impressione che ho io è che adesso sia tutto estremamente più semplice, ma anche più banale, perché si perde anche il profondo lavoro culturale che c’è dietro la ricerca di dischi: adesso, con internet, invece di cercarsi ciascuno le proprie chicche personali, si finisce per suonare tutti la stessa musica, c’è un appiattimento generale.

Invece, per quanto riguarda il

Hai desideri che vorresti realizzare in campo musicale, in futuro? Faccio musica perché mi piace farla. Quello che voglio fare è continuare a farla seguendo questo principio. Non sempre è facile, a volte si fa fa-

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tica, ma noi, come Rexistenz, con il nostro giro di autoproduzioni, andiamo avanti. Tornando al discorso di prima, mi piacerebbe riuscire ad avere più occasioni per coltivare in pubblico la mia passione per il djing, con i generi più svariati. Vorresti citare qualcuno in particolare, tra gli artisti con cui hai avuto occasione di condividere un palco? Ho avuto occasione di condividere palchi con molte persone. Tra i migliori,per rimanere in ambito italiano, citerei Uochi Toki, D’Arcangelo e Zu. Il nome d’arte Pablito El Drito da dove viene? Da mia zia. Quand’ero bambino, c’era questo personaggio dei fumetti che si chiamava Pedrito El Drito, e lei, dato che mi chiamo Pablo, mi chiamava Pablito El Drito. Tanti anni dopo, dovevo fare un volantino e metterci sopra un nome, e me ne sono ricordato. Questo è accaduto abbastanza recentemente, perché nella mia fase “rave” non usavamo mettere i nomi sui volantini, dal momento che i rave erano illegali. Per concludere, in quanto ex pariniano, hai qualche aneddoto riguardante quegli anni? Ricordo che, quando scoppiò Tangentopoli, il figlio di Gherardo Colombo, che veniva al Parini, era compagno di scuola di uno dei primi arrestati di Mani Pulite, e penso si conoscessero anche. Tra l’altro, in quel periodo, molti dei ragazzi del Parini avevano genitori in qualche modo coinvolti nell’inchiesta, perché erano o giornalisti che parlavano della cosa, o magistrati, o addirittura arrestati. 15


MUSICA

HERE COME THE DRONES

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sicopatici, perdita dell’empatia, lavaggio del cervello, globalismo e rivoluzione: allacciate le cinture, stiamo decollando verso l’oscuro mondo dei Droni. Parliamo di Drones, settimo album in studio per i Muse, la celebre rock band britannica capitanata dall’eclettico frontman Matt Bellamy. Album in cui i tre ragazzi inglesi scelgono di tornare a delle sonorità più rock, concentrandosi sull’essenza del sound diretto e senza troppi ritocchi in studio, abbandonando così la strada che avevano imboccato con gli ultimi due lavori, The Resistance e The 2nd Law: “Negli ultimi due album abbiamo passato più tempo dietro al banco di regia, a provare nuove soluzion i ,

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di nicolò morocutti

che non a suonare. Più tempo ad avere a che fare con la tecnologia che con gli strumenti. Questa volta l’esigenza era quella di tornare a suonare come un trio, pensando agli strumenti e alla chimica della band”, spiega Bellamy. E quando i Muse si mettono in testa qualcosa, da semplici idee nascono grandi lavori, seguendo un per-

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corso di evoluzione costante. Il tema dominante, come ci suggeriscono i titoli delle canzoni e i testi, è quello del controllo mentale. In varie interviste il gruppo spiega come il concept-album sia incentrato sulla storia di un uomo che inizialmente perde ogni sorta di empatia, cade sotto il controllo di cosiddetti poteri forti (di cui i Muse parlano costantemente sin dai primi album) e finisce per trasformarsi in un drone. I droni sono psicopatici che si servono dell’indottrinamento per assoggettare la mente delle persone e trasformarle a loro in volta in fredde macchine; da qui il chiaro riferimento metaforico agli apparecchi volanti senza pilota di cui al giorno d’oggi viene fatto un uso massiccio, soprattutto in guerra. L’album si apre con una ballata tendente al Numero SPECIALE

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pop dominata da un massiccio riff di basso, intitolata Dead Inside, dove il protagonista precipita in un completo senso di abbandono per poi ritrovarsi in un incubo chiamato Psycho, la seconda traccia dell’album, nella quale si sente un sergente urlante intento ad intimidire un giovane soldato, facendo partire un riff pesante e un testo aggressivo. Siamo ormai bloccati in questo mondo, alla mercé di questi poteri forti, e chiediamo pietà, ma veniamo abbattuti da veri e propri droni e diventiamo fredde macchine in mano a qualche perfido burattinaio. Dal punto di vista musicale, Drones è ricco di riff potenti come ai vecchi tempi, racchiusi in canzoni come Psycho, The Handler o Reapers. L’inconfondibile falsetto di Bellamy si mostra impavido nei ritornelli delle canzoni risuonando in tenebrose sonorità arricchite dal basso distorto di Chris Wolstenholme e dal pesante battere sui tom di Dominic Howard. Entriamo poi nella seconda parte dell’album, dove prende la parola in un interludio la voce di John Fitzgerald Kennedy. Sentiamo un frammento di un celebre discorso che il presidente tenne a New York nel lontano 1961, in un momento storico particolarmente delicato. Kennedy condanna apertamente quelle entità che dietro le società democratiche manovrano i nostri interessi e le nostre vite. Diamo il via ad una serie di tracce che ci incitano ad insorgere e a riscoprire il nostro lato umano per sfuggire a coloro che ci vogliono controllare, Defector e Revolt, brani ricchi di sonorità britpop e

di coretti à la Queen, assoli di chitarra accompagnati dagli archi e ritornelli potenti e cantabili. Arriviamo al capolinea del viaggio, esausti e vogliosi di ritornare a casa, in un mondo di amore, pace e solidarietà. Parte una dolce ballata, Aftermath, che mette la parola fine a questa storia con la commovente frase: “From this moment, you will never be alone”, da questo momento non sarai più solo. Ma nonostante la quiete riacquistata non possiamo ancora tirare un sospiro di sollievo. Ci imbattiamo nel gran finale dell’album: The Globalist e Drones. Il primo brano si presenta come un viaggio infernale di 10 minuti, aprendosi con un fischio ispirato alla musica di Morricone, evolvendosi in un riff heavy metal per chitarra e basso accompagnato da un coro di voci in stile me-

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diorientale e chiudendosi con una partitura per pianoforte, voce e archi. L’ultima traccia, Drones, è la ciliegina sulla torta. Si sente solo la voce di Bellamy a cappella, anzi, le mille voci di Bellamy, che si intrecciano in un’armonia che ricorda un triste canto funebre, in onore delle vittime che abbiamo incontrato. Un album che ti lascia senza parole, una vera e propria denuncia dell’intelligenza artificiale e delle forze occulte che manipolano le nostre menti e le nostre scelte ogni giorno unita al solito rock spaziale dei Muse, con chitarre robotiche e una base strumentale massiccia. Questa è la storia di Drones, il settimo capolavoro in studio dei Muse, che ci porta a riflettere sui limiti che ci impone la società, e su come la nostra indipendenza sia sempre più a rischio. 17


MUSICA

DIECI RAVANELLI, MILLE LIRE!

di chiara malaponti

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n occasione del Cambiamo Music Festival, che si tiene ogni anno a scopo benefico - nello specifico, il ricavato dell’edizione 2015 è stato devoluto a Emergency - il comune di Pavia ha invitato sul palco i 99 Posse. Nonostante ci sia stata qualche lamentela sterile al proposito su Facebook (Cavolo, potevano invitare un big della musica italiana, come, che ne so, Max Pezzali! Questi napoletani avranno venduto sì e no 100.000 dischi e saranno solo capaci di attrarre gente dei centri sociali!), sono riusciti ad approdare nella vecchia capitale longobarda il 12 settembre 2015. Il concerto, il cui inizio era previsto per le nove di sera, in realtà è cominciato verso le dieci. Anche se sul momento l’attesa non è stata di certo piacevole, devo dire che ne è valsa la pena. Ascoltare i 99 Posse dal vivo è come ascoltarli su un disco registrato o, se preferite, in un video su YouTube. Devo dire che il pubblico era abbastanza vecchio: pochi ragazzi delle superiori, molti universitari, giovani trentenni e adulti. La gente, che a quella che avrebbe dovuto essere la vigilia dell’inizio scarseggiava, si è moltiplicata nell’ultima mezz’ora. La stessa Emergency ha aperto così il concerto: E’ stato molto difficile per noi portare i 99 Posse in questa città, ma ce l’abbiamo fatta e questo significa molto, significa svegliare Pavia. Guardatevi! Grida e ululati al seguito. 18

Finalmente loro hanno attaccato con Cattivi Guagliuni, Stato d’Emergenza, Children of Babylon, Strano e Straniero e la no TAV Stop That Train. Poi University of Secondigliano, 1234, Napoli, O’ Documento, Ripetutamente, un mix reggae di Rafaniello e Salario Garantito, Curre Curre Guagliò (che li lanciò nel lontano 1993) e la loro più celebre canzone d’amore: Rigurgito Antifascista. Al seguito Tarantelle Pe’ Campa’ anche in assenza di Caparezza, Rappresaglia e I Say Yes But I Also Say No nella versione rivista con i Sangue Mostro. Sul palco si esibiva infatti anche Speaker Cenzou. Queste sono solo alcune canzoni della serata. Hanno chiuso con una cover di El Pueblo Unido degli Inti Illimani. Sono stata dunque contenta che il comune di Pavia in questa occasione non abbia invitato Max Pezzali. Insomma, buona musica per una buona causa. E tanta simpatia. Ma siccome questa è una rubrica che si spinge qualche passo oltre lo straparlare su quanto sia stata bellafantastica-magnifica la serata, forse vi dovrei parlare di quello che i 99 Posse effettivamente sono un po’ più nel dettaglio. E magari mi toccherà pure ricorrere a Wikipedia o al loro sito web. Spero di non essere né eccessivamente didascalica, né impersonale. Spero anche di non cadere nel più becero nozionismo, che renderebbe di fatto inutili questi millesettecento caratteri. CerSettembre 2015

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cherò di fondere e rendere scorrevole quello che già so e quello che saprò, se mai mi metterò lo zaino in spalla e andrò ad esplorare Internet. Pure con una spruzzata di gossip. I 99 Posse si sono formati nel 1991 come diretta espressione dell’Officina 99, centro sociale nato durante lo stesso anno, come cantano all’inizio di Curre Curre Guagliò. I testi delle loro canzoni sono tutti quindi a sfondo sociale e mai disimpegnati. Di fatto, questi sono i 99 Posse: puoi fare bella musica, proporre al pubblico canzoni orecchiabili, che può ascoltare mentre è sul tapis roulant in palestra, sull’autobus la mattina o mentre si sta “regalando” una corsetta al parco, ma con un testo che sceglie di non esporsi su temi d’attualità, banalmente un brutto testo sull’amore (mi ricordo ancora i tempi di Povia e di Luca era gay, ma adesso sta con lei). Insomma, non è certo un segreto che siano un gruppo politicamente schierato. E nel panorama politico italiano gli ideali dei 99 Posse non trovano posto, anche nei partiti sinistroidi relativamente più rossi: in Rafaniello criticano una Rifondazione Comunista troppo lontana dalle proteste popolari e troppo occupata a preoccuparsi di raccattare consensi in Parlamento, che quindi di fatto resta solo una facciata (“rafaniello” in napoletano infatti sta per ravanello, il vegetale rosso Numero SPECIALE

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fuori ma bianco all’interno; loro invece si definiscono “pommarole”, rosse dint’ e rosse fora). Nel 2012, in seguito ad un fraintendimento giornalistico, hanno inoltre smentito ogni sostegno a Nichi Vendola nelle primarie del centro-sinistra. Mi sembra scontato dire che non fanno parte neanche della cerchia piddina di appoggio a Renzi. Restano quindi legati soltanto agli ambienti dei centri sociali, dove peraltro – come già detto – si sono formati. Sono forse riconducibili alla vecchia Sinistra (cioè alla reale Sinistra, ci siamo intesi?). In Comuntwist si qualificano come “comunisti e totalmente fuori moda”. Quest’estate ha creato molto scompiglio la loro adesione alla Festa dei Giovani Progressisti, organizzata dal Partito Democratico, che però hanno subito revocato una volta informati della natura dell’evento. Il loro legame con i centri sociali ha portato alla creazione di falsi miti legati alla droga attorno ai loro concerti, che mi sento di smentire. Questo ha portato all’annullamento di ben due concerti, di cui uno a Palermo, perché si

riteneva potessero costituire una minaccia per l’ordine pubblico. I membri della band però sono stati oggetto di numerose controversie al riguardo. Lo stesso Luca Persico (O’ Zulù), la voce principale, ha dichiarato di aver lottato contro la sua dipendenza da crack che lo stava uccidendo. Tutti i componenti della band sono stati rinviati a giudizio con l’accusa di “istigazione all’uso di stupefacenti”: avevano fumato hashish sul palco durante un evento. Senza contare che il bassista del gruppo, Massimo Jovine, è stato arrestato a Scampia e condannato per possesso di eroina, ma ha ricevuto la sospensione della pena. Potrei fare a questo punto una considerazione banale e forse molto superficiale, ma la maggior parte degli appartenenti al mondo della musica e dello spettacolo, CSOA o non CSOA, ha avuto esperienze con la droga. Il problema è che ci sono troppi pregiudizi legati a certi ambienti di nicchia. Attualmente il gruppo è al centro di battibecchi virtuali con Matteo Salvini (che non sa, a quanto pare, che beneficenza si scriva senza “i”) e si

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batte contro il sionismo degli stati occidentali. La sera stessa della loro esibizione sul palco era presente una bandiera palestinese con una scritta bilingue, sia in arabo sia in inglese: Gaza resists. La data di Pavia era una delle ultime del lunghissimo Curre Curre Guagliò 2.0 Tour, iniziato nel marzo 2014, che li ha portati a esibirsi in tutta Italia. Se vi piace il rap, il reggae e la musica popolare i 99 Posse fanno decisamente per voi. Curre Curre Guagliò 2.0, l’album che per l’appunto ha dato il nome al tour, è una raccolta dei brani più famosi rivisitati con alcuni artisti amici, fra cui Caparezza, i Sangue Mostro e la Banda Bassotti, con la quale hanno registrato Rigurgito Antifascista – Malox version (assolutamente da sentire). Grazie a queste collaborazioni il disco riesce a spaziare un po’ più di genere e ad allontanarsi dal classico rap o rock e avvicinarsi al raggamuffin. Hanno già comunicato che torneranno nel 2016 con un nuovo disco e relativo tour. Nel frattempo, stay tuned! 19


LIBRI

RECENSIONI

di mariaemilia luca e sara merengo

“OSCAR E LA DAMA IN ROSA” DI ERIC-EMMANUEL SCHMITT

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scar ha dieci anni e vive in ospedale. La leucemia lo sta uccidendo, le cure su di lui non funzionano, e lui ne è pienamente consapevole. Però i “grandi” sembrano non accettarlo, e, accecati dalla paura della malattia e della morte, fingono che non sia malato e lo trattano come se niente fosse, come se avesse ancora tutta la vita davanti. Oscar sa di essere malato, lo accetta, e si sente emarginato a causa dell’atteggiamento dei grandi che invece fingono che non sia vero. L’unica che sembra capirlo è “Nonna Rosa”, un’anziana volontaria dell’ospedale, che gli propone un gioco: fingere che ogni giorno passino dieci anni, e raccontare la sua vita a Dio.

Oscar, che non è mai stato senso di empatia e solidarietà che introdotto alla religione, perché i va oltre la malattia e le difficoltà ad suoi genitori sono laici, accetta la essa collegate. sfida e scrive la sua prima lettera (Sara Merengo) a Dio. Gli racconta la sua vita in ospedale, le sue liti con i genitori, il suo tenero amore per Peggy Blue, un’altra bambina malata, le sue giornate con Nonna Rosa. “Oscar e la dama in rosa” affronta temi importanti: la diversità, rappresentata in questo caso dalla malattia, e le relazioni umane che si instaurano fra persone che vivono esperienze molto diverse. Leggere le vicende di Oscar ci aiuta a metterci nei panni di un malato e a capire che compassione e false speranze riescono solo a creare distanza, mentre quello che rende veramente speciale il rapporto tra Oscar e Nonna Rosa è un genuino

“IL BALLO” DI IRÈNE NÉMIROVSKY

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l centro del romanzo di Irène Némirovsky è la famiglia Kampf, che, arricchitasi improvvisamente grazie alle speculazioni in Borsa di Alfred Kampf, ora lotta disperatamente per rimanere a galla in un nuovo mondo fatto di nobili, vita mondana, ipocrisia e inutili dimostrazioni di opulenza.

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La moglie di Kampf, Rosine, ossessionata dall’idea della ricchezza sin dal suo matrimonio, ora è solo una donna isterica, oppressa dalla necessità di impersonare la donna elegante e di buon gusto che ha sempre voluto essere, e allo stesso tempo lanciata nell’arduo compito di educare sua figlia Antoinette, su cui sfoga tutte le sue Settembre 2015

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frustrazioni. Antoinette si ritrova così imprigionata in una realtà a cui sa di non appartenere, tra l’obbligo delle buone maniere e un’istruttrice inglese che detesta, quasi costretta a dimenticare il suo passato, e ricorda con nostalgia quando la sua famiglia abitava ancora in una casa piccola e senza pretese, e la ricchezNumero SPECIALE

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za era solo un sogno lontano, un’utopia di sua madre. Irène Némirovsky racconta attraverso le vicende di Rosine e Antoinette le difficoltà di ogni rapporto madre-figlia, in chiave incredibilmente moderna (il libro è stato scritto nel 1928): la rivalità, l’incomprensione, la mancanza di dialogo, il progressivo distacco. Il libro analizza soprattutto i problemi di Antoinette, che nel suo travestimento da ricca (perché alla fine è di questo che si tratta) sta fin troppo stretta, e che sente sua madre ogni giorno di più come un’estranea ostile. Assistiamo così

ai suoi piccoli drammi adolescenziali: le sue paure, le sue piccole insicurezze, le sue candide ambizioni in ambito amoroso, prontamente stroncate e ridicolizzate da Rosine, la sua voglia di libertà e di ribellione ad una famiglia che la opprime. La scrittrice riporta il tutto in uno stile scarno ed essenziale, senza imporre nessuna morale o giudizio, lasciando che ogni lettore ritrovi in questo breve romanzo tracce della propria storia personale. (Sara Merengo)

“THE HELP” DI KATHRYN STOCKETT

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ackson, Mississippi. Qui la discriminazione razziale è forte, e il lavoro che spetta alle donne di colore è sempre quello: la cameriera per le signore bianche. Per loro non c’è speranza di essere nient’altro, e lo stesso vale per Aibileen e Minny. Ma all’improvviso un’idea affiora nella mente di una giovane, Eugenia Phelan, detta Skeeter: L’idea pericolosa di raccontare le difficili vite di queste cameriere, nonostante i rischi che questo può comportare. Un nemico comune, una realtà che sta stretta e un vento di cambiamento accomunano le tre donne protagoniste di questa storia, elementi che creeranno la miscela perfetta perché il libro diventi realtà e sveli i segreti e le vicende di Jackson, dalle più commoventi alle più crudeli. È scritto prendendo il punto

di vista di Skeeter, di Minny e di Aibileen, ognuna con un carattere completamente differente, ognuna con il proprio motivo per partecipare al progetto, raccontare le loro esperienze e regalarci un pezzo delle loro vite. Non c’è da stupirsi che dal libro di Kathryn Stockett sia nato un bestseller e poi un film. Questo romanzo racconta infatti una parte della discriminazione razziale meno trattata: chi sono le signore bianche? Delle finte antirazziste oppure delle donne che si affezionano alle proprie cameriere come fossero parte della famiglia? Sicuramente l’amicizia tra bianchi e neri non manca in queste pagine e non solo, esiste un’alleanza, un patto tra persone diverse ma uguali. L’uguaglianza è possibile solo se si ha rispetto dell’altro ma anche se non se ne ha paura in quanto diverso. E quando

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Numero SPECIALE

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i figli del signore bianche vengono curati dalle cameriere di colore diventano il potere di questa uguaglianza, e sono la dimostrazione che l’amore tra persone con la pelle diversa può essere molto profondo. (Mariaemilia Luca)

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NARRATIVA

IO E LENTIGGINI

«S

ciò! Via di qui!» urla una voce imperatoria. Mi allontano dai fornelli che Madre sta maneggiando con mani esperte e mi rintano in fondo alla cucina. C’è un così buon odore di cibo... Non mi importa se non posso mangiarlo, mi basta sentirne il profumo e sognare quando ancora avevo la pancia piena tutti i giorni. Madre ha visto che sono ancora qui. Non ci voleva. Cerco di appiattirmi ancora di più contro l’intonaco bianco e sudicio della cucina, ma senza risultato. «Ti ho detto di filare, bestia affamata che non sei altro!» continua la donna agitando il mestolo. Dal mestolo cola qualcosa, del brodo credo. Non mangio decentemente da due giorni, ormai. La fame si fa sentire. C’era così tanto cibo, prima del ghetto... Ora non c’è più quasi niente nemmeno per gli umani, figuriamoci per un gatto. Neanche in strada c’è più nulla, ormai. Se esco rischio come minimo di ritrovarmi in una pentola a pressione in pochi minuti. Meglio rimanere tappati in casa, e mangiare gli avanzi. Quando ce ne sono. Madre fa un passo verso la scopa, e mi decido a scivolare dalla porta socchiusa. Stupida umana. Non mi voleva, e lo so benissimo. Nessuno qua dentro mi voleva quando Lentiggini mi raccolse dalla strada, ma hanno dovuto arrendersi alla mia presenza, piano piano. Ciò non vuol dire però che mi abbiano accettato. Madre si vendica ancora, non dandomi da mangiare, mentre Padre mi riempie di calci non appena sono a portata di 22

di sara merengo

mano. Solo Lentiggini è buona con me. E io rimango qui solo per lei, lo sa. Preferirei mille volte essere in una pentola che nella stessa casa di Madre. Ma preferisco mille volte dover vivere insieme a quel mostro che stare lontano dalla mia piccola Lentiggini. Mi ritrovo nel minuscolo corridoio che porta da un lato alla latrina e dall’altro alla Stanza Dei Letti. Provo a spingere la porta d’ingresso - potrei sempre sgranchirmi le gambe sul pianerottolo - ma è irrimediabilmente chiusa. Miagolo piano, sperando che qualcuno venga ad aprirmi, e raschio per un po’ sul legno rovinato. Niente. Strisciando contro il muro fuligginoso e imbrattato del corridoio scivolo fino alla Stanza Dei Letti. La latrina è un posto che voglio evitare, puzza e basta, lo dicono anche Madre e Padre. La porta della Stanza Dei Letti è socchiusa. Entro piano. Padre non c’è, come al solito. Lentiggini è seduta sul suo letto, e guarda nel vuoto. Ha solo una piccola brandina a un lato della stanza, mentre la maggior parte dello spazio è occupato dal divano-letto dove dormono Madre e Padre. C’è poi un piccolo tavolino traballante in un angolo, con tre sedie di legno vecchio e marcio, dove mangia tutta la famiglia. Lentiggini non mi ha visto, e continua a girarsi tra le dita una treccina di capelli rossicci. È la sua principale occupazione, da quando ci hanno trasportati nel ghetto. Fissare nel vuoto con lo sguardo perso. Aveva un sacco di amici, solo Settembre 2015

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qualche anno fa. Me lo ricordo. Era quando ancora abitavamo nella Casa Grande. Lentiggini aveva una cameretta tutta per sé, con le pareti dipinte di rosa confetto, una libreria piena di libri che voleva leggere quando sarebbe stata più grande, un letto grande e morbido, una scrivania che usava solo per disegnare, un sacco di giocattoli. Sua madre la accompagnava tutti i giorni alla Scuola, e lei ritornava sempre felice. Chissà come si divertiva. Spesso quando tornava a casa c’erano con lei delle amiche che si era fatta là, e passava con loro tutto il pomeriggio a giocare con delle curiose mini-umane di stoffa o altri materiali (com’è che le chiamavano? bambole?) in case in miniatura. Parlavano di bambini, di cosa avrebbero fatto una volta grandi, di cosa sarebbero diventate e cosa no. Avevano, in generale, un sacco di sogni. Lentiggini ne aveva più di tutte. Il ghetto l’ha spenta. Un giorno una sua amica una bambina grassoccia, con i capelli di un orribile biondo platino e gli occhi chiari - andandosene le aveva detto, imbarazzata: «Hannah, mio papà ha detto che non posso più venire da te, mi dispiace.» Lentiggini aveva voluto sapere perché, ma Bionda Grassoccia non voleva rispondere, e si limitava a scuotere la testa con fare rassegnato, rossa in viso. Sembrava che nemmeno lo sapesse. Alla fine aveva sputato, indecisa: «È perché sei ebrea. A mio papà non piacciono gli ebrei. Dice che noi siamo ariani e che perciò non posso giocare con te.» Numero SPECIALE

ZABAIONE


Lentiggini non sapeva cosa voleva dire ariano, ma nemmeno Bionda Grassoccia, e così, dopo una serie di sguardi imbarazzati e dubbiosi, si erano accomiatate, ripromettendosi di vedersi a scuola. Le altre amiche di Lentiggini erano venute a trovarla ancora per un mese o due, poi, piano piano, quasi impercettibilmente, avevano cominciato a declinare i suoi inviti uno dopo l’altro, con scuse sempre più improbabili. Un giorno, delle dieci amiche di Lentiggini ne era rimasta solo una. «Io non ti abbandonerò mai, Hannah.» le aveva promesso. «Mio papà sta con gli ebrei, possiamo restare amiche per sempre.» «Grazie, Jude, significa molto per me.» aveva risposto Lentiggini, sorridendo. Quella bambina non era più tornata. Madre ha detto che si è trasferita con la sua famiglia in un posto chiamato Francia. È stata, a mio parere, sleale. Aveva promesso, e non ha mantenuto. Dopo che anche la sua ultima amica l’aveva abbandonata, Lentiggini tornava a casa e fissava il vuoto, desolata. Ogni tanto mi raccontava le sue giornate - lo fa ancora adesso, è meraviglioso sentire il suono della sua voce, anche se così fredda e vuota. Mi raccontava che il suo maestro aveva spostato il suo banco in un angolino della classe, in fondo, insieme a quello di un’altra sua compagna, e aveva cominciato ad ignorarla. Non la chiamava più quando alzava la mano, non le chiedeva più di correggere gli esercizi, non le parlava più, sembrava che l’avesse dimenticata. Se prima Lentiggini era la prima della classe, ora sembrava che non ci fosse nemmeno più, in classe. Diceva an-

che che il maestro le dava sempre voti più bassi di quando meritasse: anche se non faceva nessun errore, non le metteva mai il massimo. Gli altri bambini, invece, ricevevano dal maestro un sacco di attenzioni e prendevano sempre voti altissimi, anche quando sbagliavano più di lei. Anche gli altri bambini erano un problema per Lentiggini. Mi raccontava, disperata, che nessuno voleva più giocare con lei, e non capiva perché. Erano sempre stati tutti amici, cos’era successo? Lentiggini era una bambina solare, allegra e sincera, non sapeva nemmeno cosa volesse dire farsi dei nemici, e ora le sembrava di stare antipatica a tutti per un motivo a lei sconosciuto. Qualcuno le aveva detto che era perché era ebrea. Lentiggini non capiva. Sapeva che gli ebrei andavano a pregare il sabato, in una specie di chiesa speciale (sinagoga, mi diceva che si chiamava), e che gli uomini portavano dei buffi cappelli tondi e la barba. Ma la famiglia di Lentiggini non è religiosa, quindi lei non capiva cosa avesse di diverso. Conduceva esattamente la stessa vita di tutti gli altri suoi coetanei “ariani”, rifletteva tra sé e sé, assaporando piano quella parola di cui non conosceva nemmeno il significato. Si guardava allo specchio, e vedeva riflessa una bambina esattamente come le altre. Aveva anche pensato che tutto quell’odio potesse essere per via dei capelli rossi e delle lentiggini, ma la sua compagna esclusa insieme a lei non aveva né gli uni né le altre, quindi non sapeva proprio cosa pensare. Mi ricordo anche di quando era tornata a casa in lacrime e, tra un singhiozzo e l’altro, aveva raccontato a Madre che, quando

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aveva chiesto spiegazioni al maestro riguardo al suo voto così basso nonostante non avesse sbagliato nulla, lui si era limitato a sputare ai suoi piedi e a guardarla con un’espressione di puro disprezzo. Quel giorno, di fronte alla disperazione della figlia, Madre aveva promesso di andare a parlare con il maestro di Lentiggini il giorno seguente. Ricordo che io, sdraiato mollemente sul divano ad ascoltare la conversazione, pensai che non ci sarebbe andata, e invece ci andò. Tornò infuriata, con le labbra serrate. Aveva la stessa espressione di quando trovava il divano graffiato dai miei artigli, o di quando Lentiggini si dimenticava di darmi da mangiare e toccava a lei farlo. Alla bambina disse solo di non preoccuparsi, che il maestro era uno stupido e che lei era una bambina esattamente come le altre, ma di non prendersela troppo se era ingiusto con lei. «Il mondo sta diventando folle, Hannah, non possiamo farci nulla. Tu ricordati solo di essere forte, e di non lasciarti mettere i piedi in testa. E soprattutto, diffida dei folli.» aveva detto. Più tardi però, acquattato davanti alla porta di Madre e Padre, avevo sentito la donna apostrofare il maestro «un altro di quegli imbecilli nazisti». Il mondo stava diventando folle, avevano concordato entrambi. Pochi mesi dopo, Lentiggini aveva dovuto cambiare scuola. Ricordo che all’inizio era entusiasta, felice come non la vedevo da troppo tempo. «Ti rendi conto, Gatto? Una scuola nuova!» mi ripeteva euforica mentre io, acciambellato pigramente sul mio cuscino rigorosamente color confetto, di fianco al 23


NARRATIVA suo letto irrimediabilmente rosa, la ascoltavo a metà, sonnecchiando. «Nella nuova scuola non sarò più seduta in fondo alla classe, sai? Saranno tutti ebrei come me. È fantastico! Non ci saranno più bambini che non vorranno più giocare con me, saremo tutti uguali. Non vedo l’ora. Il maestro potrà chiamarmi quando alzerò la mano e non mi tratterà più male. Avrò anche un sacco di nuova amiche, e non passerò più i pomeriggi da sola come adesso. Sarà bellissimo, ne sono sicura.» Nei giorni seguenti il suo entusiasmo era andato via via scemando. Tornava a casa sempre da sola, mi prendeva in braccio e, accarezzandomi piano, come solo lei sa fare, cominciava a raccontarmi le sue giornate, ma erano racconti completamente differenti da quelli di prima. «Sai, Gatto, la nuova scuola non è tanto bella. L’intonaco è triste, tutto grigio, e poi cade dai muri. I banchi sono tutti rotti.» mi diceva tristemente. La sua voce, prima piena di vita nel raccontarmi le sue innumerevoli avventure, ora era piatta e scialba. I suoi giorni si susseguivano monotonamente vuoti e insulsi, e così i miei. Ogni tanto Lentiggini mi raccontava anche che la gente, per strada, la scherniva per la stella che portava cucita sugli abiti. Lentiggini non aveva mai provato la sensazione di essere diversa, e ora quell’enorme consapevolezza la stava schiacciando sotto il suo peso ingiusto. Poi ci siamo trasferiti nel ghetto, e Lentiggini è completamente crollata. Ha perso la gioia di vivere. Madre continua a dire che la colpa è tutta di un tale Ittla, o Ittler, non ho capito bene. L’ha nominato 24

molte volte negli ultimi anni. Sembra che sia tutto colpa sua, anche le piccole cose su cui, secondo me, nessuna persona può avere nessuna influenza. Padre perde il lavoro? Colpa di Ittler. Dobbiamo trasferirci in una casa più piccola? Colpa di Ittler. Lentiggini non ha più amiche? Colpa di Ittler. Lentiggini deve cambiare scuola? Colpa di Ittler. Non c’è più niente da mangiare? Colpa di Ittler. Madre non può più entrare in certi negozi? Colpa di Ittler. La gente prende in giro Lentiggini per via della stella? Colpa di Ittler. Mi chiedo cosa abbia fatto di male questo poveraccio per meritarsi tutta la rabbia di Madre, che non è cosa da poco, come ho imparato. Nel frattempo, Lentiggini continua a guardare nel vuoto, arrotolandosi i capelli, e le sue giornate sono tristi e vuote. Salto sulla sua brandina e mi acciambello accanto a lei, strusciando il muso contro la sua gamba. Le piace quando faccio così, lo so benissimo. Per lei è la prova tangente che, in fondo in fondo, ci tengo a lei. Lentiggini infatti sorride e mi accarezza piano dalla testa alla coda. Adoro quando fa così. Lo sa. «Sai, Sarah ha smesso di venire a scuola.» mi dice, apparentemente sovrappensiero «Non la vediamo più da un mese, ormai. Anche Angela e Rolf. Hanno smesso di venire tutti lo stesso giorno. Non è strano?» Miagolo. In realtà non me ne frega nulla se i suoi amici smettono di venire a scuola, ma di Lentiggini mi importa, e se lei è dispiaciuta lo sono anche io. «Hannah, è pronta la cena!» grida la voce stridula di Madre dall’altra stanza del minuscolo biSettembre 2015

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locale. Lentiggini alza la testa, smettendo di accarezzarmi, vagamente dubbiosa. «Non aspettiamo papà?» chiede urlando ma senza alzarsi dalla brandina. «No, a quest’ora dovrebbe essere tornato già da un pezzo, l’avranno fermato per spalare la neve. Probabilmente tornerà verso mezzanotte.» risponde Madre con lo stesso volume dalla minuscola cucina. Sembra quasi seccata dalle domande di Lentiggini, come se lei non dovesse interessarsi al perché ogni tanto Padre torna tardi dalla fabbrica dove lavora - prima lavorava da un’altra parte, secondo Madre aveva un lavoro molto più prestigioso, ma ora, sempre “per colpa di Ittler”, si ritrova a fare quello che secondo lei è un lavoro molto umile e inadatto al tipo di persona culturalmente elevata che è Padre. Io penso semplicemente che siano discorsi inutili che non portano da nessuna parte. «Perché lo fermano per spalare la neve?» chiede ancora Lentiggini. «Non lo so, amore, adesso vieni qui ad aiutarmi a portare i piatti.» dice Madre, mentre dalla cucina comincia a salire il rumore delle stoviglie che cozzano l’una contro l’altra. Lentiggini mi prende delicatamente in braccio e mi appoggia a terra, poi si alza anche lei. Esce dalla stanza e ritorna poco dopo con Madre e un piatto di brodo tra le manine esili. Si siede in silenzio al piccolo tavolino sgangherato e comincia a mangiare. Io scivolo sotto la sua sedia e lambisco la sua gamba con la coda, al che lei mi guarda, sorridendo appena. D’un tratto, dei bruschi colpi Numero SPECIALE

ZABAIONE


alla porta interrompono il piacevole silenzio familiare che si era formato nella stanzetta. «Aprite, luride canaglie!» grida una voce maschile e roca. Madre si alza, irrigidita, gli occhi a palla. Camminando lentamente si alza e si dirige verso la porta d’ingresso. La seguo, strisciando lungo la parete. Con mano tremante prende la chiave di casa e la infila dentro la toppa con una lentezza e un’indecisione esasperanti, mentre fuori i colpi si fanno più insistenti. Al di là della porta ci sono due uomini, entrambi giovani, sulla trentina, con un’uniforme di un colore indefinito tra il beige e il verde muschio. Madre li guarda con il terrore dipinto sugli occhi, mentre uno dei due grida qualcosa e la spinge contro il muro. «Chi c’è in casa, donna?» chiede l’altro guardandola dall’alto in basso. Dalla Stanza Dei Letti Lentiggini non dà segni di vita. Probabilmente anche lei è spaventata. «Mio marito... è in cucina.» sussurra la donna balbettando. Padre? Non è ancora tornato, sarà a spalare la neve. Non so cosa si stia inventando Madre, o cosa speri di cavarne. I due in uniforme seguono Madre nella minuscola cucina, mentre Lentiggini apre guardinga la porta della Stanza Dei Letti. Ha paura. «Cosa ti inventi, lurida bugiarda? Qui non c’è nessun uomo!» grida uno dei due soldati, irato. Si sente uno sparo, un urlo soffocato, un tonfo, stoviglie rovesciate a terra. Lentiggini sussulta. «Magari c’è qualcuno nell’altra stanza, Hans. La donna non aveva motivo di mentire se non per coprire qualcun altro.»

L’altro soldato sembra pensarci un po’ su. «Hai ragione. È che questi ebrei mi fanno sempre uscire dai gangheri, con il loro meschino attaccamento alla vita. Sarebbero veramente da ammazzare tutti. Dài, andiamo.» Passi pesanti verso la porta della cucina. Lentiggini spalanca la porta della Stanza Dei Letti, poi quella d’ingresso, e comincia a correre, in una fuga precipitosa e disordinata. Io schizzo giù con lei. Avrebbe potuto anche andarci bene, se Lentiggini non avesse fatto sbattere la porta d’ingresso. A quel punto uno dei due soldati - il più sveglio, evidentemente - sentendo i passi frettolosi lungo le scale ricollega i pezzi e, imbracciando il fucile, grida all’altro: «Sta scendendo le scale, Hans! Chiunque sia, io lo rincorro, tu stai appostato alla finestra. Lo prenderemo, quel bastardo figlio di puttana!» Passi pesanti dietro di noi sulle scale. Lentiggini è rossa in viso e ansima. Non fa per lei scappare. Sconsideratamente, esce dal portone principale. Un proiettile la raggiunge dopo pochi secondi, secco e preciso, e Lentiggini cade a terra senza un lamento, morta. Il soldato esce dal palazzo fatiscente, si avvicina al piccolo corpicino inerte e lo scuote con un piede. «Era una bambina, Hans!» grida al compagno appostato alla finestra «Comunque, adesso è morta. Possiamo procedere, aspettami che torno su.» Silenziosamente scivolo vicino a Lentiggini, che giace riversa sul cemento rovinato di quel vicolo del ghetto. Mi accoccolo vicino a lei e con il muso cerco di solle-

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varle il viso. Lei non si muove. La mia Lentiggini è morta. Non si sveglierà più. Miagolo piano, cercando di muoverla insistentemente con le zampe. Non può essere. La mia Lentiggini, così vitale nella sua tenera ingenuità, così forte nonostante tutto. Non può essersi spenta così all’improvviso, per un motivo così banale. Un proiettile sparato da una finestra non è cosa con cui puoi uccidere una bambina, soprattutto Lentiggini. I gatti non piangono. Mi acciambello accanto al suo corpo non ancora freddo, tremando per il vento gelido che soffia per le strade del ghetto. «Ehi, Hans, guarda, c’è anche il gatto!» I due soldati sono di nuovo affacciati alla finestra. Uno sta fumando una sigaretta. Sento l’odore del fumo arrivare fino in strada. «Dove? Ah, eccolo, lo vedo.» Il soldato che fuma sputa giù dalla finestra. «Che tenero, non trovi?» «È solo un gatto ebreo, avanti. Rimaneva perché gli davano da mangiare.» «Però è tenero, secondo me.» «Sì, talmente tenero che scommetto il rancio di stasera che riesco a centrarlo da qui con un colpo di fucile.» «Non ce la farai mai.» «Io dico di sì. Scommettiamo?» «Scommettiamo.» I due uomini si danno la mano. Il soldato imbraccia il fucile, prende la mira. Uno scoppio, un sibilo. Un dolore acuto da qualche parte dentro le costole. Il nulla.

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SVAGO

ZABAOROSCOPO

di sara merengo e zoe tragni

persino una per il matrimonio di vostra zia Guendalina. Ho brutArieti, questo mese vi sta andando te notizie per voi: non vorrei che alla grande: la scuola è ricomin- sviluppaste una strana forma di alciata bene e i professori sembrano lergia per questi indumenti che vi aver dimenticato il motivo per cui porterà alla morte. l’anno scorso erano tentati di inseguirvi per i corridoi con un randel- Cari Leoni, mi dispiace dirlo, ma lo in mano. Per non guastare que- non siete affatto coraggiosi. Appesto inaspettato periodo di felicità, na arrivati a scuola vi siete rintanami permetto di consigliarvi di fare ti all’ultimo banco per non dover attenzione al vostro cuginetto di sottostare allo sguardo malefico e tre anni che vaga nel vostro arma- indagatore della prof, e lì siete ridio con un barattolo di marmellata masti per tutta la settimana, sucai mirtilli. Aperto. chiandovi il dito. Suvvia, il mondo non è così brutale come sembra! Fidatevi, il barista non vi ucciderà Ragazzi, basta con le canne. Tutti si se gli chiedete di farvi un panino sono accorti che siete perennemen- senza maionese. te fatti da quando avete cominciato a diffondere i consigli di stile che vi ha affidato Il Pollo A Pallini, il Siete stanchi di questo pianeta, pennuto che sostenete essere sem- troppi soprusi, ingiustizie e persopre appollaiato sulla vostra spalla ne che non conoscono Zabaione. destra e che continua a ripetervi Purtroppo la soluzione non è sem“Ma come ti vesti?!”. Trovate un ri- plice, vi si aprono due sole possibimedio: la visione di gare di sotto- lità: battervi per i diritti di uomini, marini potrebbe donarvi emozioni pesci, larve e giornalini o emigrare altrettanto intense. su Marte. Mi dispiace, buona giornata.

ARIETE

LEONE

TORO

VERGINE

GEMELLI

Come siete temerari, Gemelli, siete sempre sprezzanti del pericolo. Affrontate ogni cosa con coraggio, dai professori che vi minacciano di bocciatura dal primo giorno alle quindici chiamate perse da vostra madre che vi siete ritrovati ieri dopo una festa. Ammiro la vostra audacia e il vostro spirito d’avventura, Gemelli, ma non so se comprare quell’idra come animale da compagnia sia una buona idea.

CANCRO

Prestate molta attenzione alle magliette a strisce gialle e blu: per queste rischiate di sviluppare un’ossessione, ne usate una come pigiama, una per ogni giorno della settimana, una per le occasioni speciali e 26

BILANCIA

Finalmente la gioia invaderà le vostre vite, Bilance! Anche se non incontrerete il magico unicorno rosa dei vostri sogni, avrete comunque la fortuna di trovare delle scarpe della vostra misura, un praticissimo cinquantadue, e dei vestiti della vostra taglia, una splendida xxxs. Che cosa volete di più dalla vita?

SCORPIONE

Scorpioncini belli, smettetela di fare i vanitosi. So di per certo che correte un grande rischio a farvi belli, in questo mese: c’è la possibilità non troppo remota che scivoliate su una saponetta rompendovi il setto nasale, e vanificando i milioni che avete speso in cosmetici e Settembre 2015

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ciprie costose. Propongo del sapone liquido, molto meno pericoloso per la vostra salute fisica e mentale.

SAGITTARIO

La vita in questo momento è tutta rose e fiori, per voi. Scuola e salute vanno a gonfie vele, e poi nessuno stegosauro vi ha calpestati mentre attraversavate la strada, oggi. Per mantenere questo magnifico equilibrio, vi consiglio solo di continuare con tranquillanti e psicofarmaci, sembra che stiano facendo un buon lavoro con voi.

CAPRICORNO

Come si dice: “La fortuna è cieca, ma la sfiga invece ci vede benissimo”. E vede proprio voi. L’anno purtroppo è cominciato male, il/ la vostro/a ragazzo/a vi ha lasciato, vostra madre vi ha ostracizzato e vi siete scoperti ingrassati di sei chili. Ma non demoralizzatevi troppo: potete sempre trovare consolazione in serie tv appassionanti come le tartarughe ninja.

ACQUARIO

Avete litigato con gli amici, eh? Non temete, non resterete soli! Infatti, oltre al sostegno dei vostri amici immaginari di sempre, avrete anche dei nuovi e fedeli compagni: i sassi! I sassi sono favolosi: vi ascolteranno senza ribattere, si trovano ovunque e non vi deluderanno mai. Credetemi, provate e non ve ne pentirete!

PESCI

Siete sempre state persone molto attive, e durante l’estate avete iniziato molti nuovi hobby, tra cui alcuni di dubbia utilità, come collezionare dadi da brodo. Però vedete di limitarvi un poco quest’anno, o rischierete il collasso nervoso entro poche settimane. Buon anno!

Numero SPECIALE

ZABAIoNE


ZABAENIGMISTICA

SVAGO di alice alessandri e isotta manfrin

CRUCIVERBA ORIZZONTALI 1. Lista politica e storica del Parini. 7. “Condurre” ad Atene. 9. Viaggio con i professori amato da tutti. 12. Prima parola della poesia “Il 5 maggio” al giorno d’oggi. 13. Al Parini, ce n’è uno per piano. 15. In Latino, esprime con l’ablativo modo da luogo/origine. 16. “Here comes the…”. 17. C’è quella popolare. 18. In mare ti salva, nella foresta pluviale ti strangola. 19. “… telefono casa”. 20. Lo si usa per accordarsi. 21. Dizionario latino. 24. Fu scoperto dagli Ittiti. 26. Negazione greca. 27. E’ spesso in coppia con “ton”. 28. Nell’universo, quella super spesso esplode. 29. Attività pomeridiana che si svolge al Parini. 31. Condizioni di esistenza. 32. Lucy in the Sky with Diamonds. 34. Dizionario greco. 37. Materia classica. 38. La Clizia di Montale (nome).

INDOVINA IL FILM Non è un ___ per vecchi

La valle dell’ ___

Un Americano a ___

Tra le ___

Il cavaliere ___

Il ___ di Bridget Jones

Per favore, non toccate le ___

L’ ___ del riccio

Tutti insieme ___ ___ meccanica I ___ di Madison County

___, la prima moglie ___ a Venezia ___ ravvicinati del terzo tipo

La ___ purpurea del Cairo ZABAIONE

Numero SPECIALE

Anno X

Settembre 2015

VERTICALI 1. Didattica alternativa. 2. Materia classica. 3. Particella greca usata per indicare lo stato in luogo. 4. Torretta astronomica del Parini. 5. Lo è la casa di Pingu. 6. Prima parola della poesia “Se questo è un uomo”. 8. Noi. 10. Tassa sulla proprietà. 11. Aspro, acido. 12. Certificato tecnologico. 14. Non dittongo. 15. Aosta. 18. Casa editrice. 22. “Sciogliere” in Greco. 23. Sono anche musicali. 25. Diabolik: “Il segreto della …”. 30. Personaggio di “Star Trek” interpretato da René Auberjonois. 33. South Carolina. 35. Estremi di “over”. 36. Sottomultiplo del metro.

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SVAGO SUDOKU

N.1

N.2

PAROLE CROCIATE CRITTOGRAFATE

CATENA DI PAROLE POLIZIA V_L__T_ T__P_T_ E_A___C_ C_____I T__C__A P__E I_T__R___ C_S_O B___N_ MINION

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Numero SPECIALE

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CRUCIVERBA

PAROLE CROCIATE SUDOKU N.1 CRITTOGRAFATE

ZABAIONE

SUDOKU N.2 NON E’ UN PAESE PER VECCHI UN AMERICANO A ROMA IL CAVALIERE OSCURO PER FAVORE, NON TOCCATE LE VECCHIETTE TUTTI INSIEME APPASSIONATAMENTE ARANCIA MECCANICA I PONTI DI MADISON COUNTY LA ROSA PURPUREA DEL CAIRO LA VALLE DELL’EDEN TRA LE NUVOLE IL DIARIO DI BRIDGET JONES L’ELEGANZA DEL RICCIO REBECCA, LA MIA PRIMA MOGLIE MORTE A VENEZIA INCONTRI RAVVICINATI DEL TERZO TIPO

POLIZIA VOLANTE TAPPETO ELASTICO CAPELLI TRECCIA PANE INTEGRALE CASCO BANANE MINION

CATENA DI PAROLE

CATENA DI PAROLE

RISULTATO: PROVA A PRENDERMI

SOLUZIONI SVAGO


SVAGO

IMMAGINA UNA PAGINA Dove tutti i Pariniani possano scrivere i loro pensieri più stupidi e insensati. Dove anche chi disegna male abbia il diritto di pubblicare le sue opere. Dove ci sia il permesso di raccontare tutte le figuracce dei tuoi professori e compagni. Insomma immagina una pagina in cui ci possa essere qualunque cosa tu voglia… Da quest’anno la pagina esisterà. Infatti a partire dalla prossima settimana troverai in giro per il Parini delle scatole in cui potrai mettere ogni cosa in forma anonima o meno. Il contenuto delle scatole sarà poi svuotato, scannerizzato e messo direttamente sulle pagine di Zabaione. Datti da fare per riempire anche tu questa pagina! 30

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WE WANT YOU! CONTATTATECI! e-mail: parini.zabaione@gmail.com facebook: www.facebook.com/zabaione.parini youtube: www.youtube.com/user/ZabaioneParini forum: http://zabaione.forumcommunity.net/

LA REDAZIONE DIRETTORE: STEFANO TRENTANI VICEDIRETTRICE: ALTHEA BARRESE CAPOREDATTORI: CHIARA MALAPONTI (ATTUALITÀ), GUGLIELMO PENSABENE (SPORT), ALICE ALESSANDRI (CINEMA), GIULIO PISTOLESI (MUSICA), SARA MERENGO (LIBRI), ZOE TRAGNI (NARRATIVA), ISOTTA MANFRIN (SVAGO) REDATTORI: ALICE ALESSANDRI (IB), ALTHEA BARRESE (IB), FEDERICA BUBLIL (VB), ANDREA CALDANI (VC), MARIAEMILIA LUCA (VB), CHIARA MALAPONTI (IB), ISOTTA MANFRIN (IB), SARA MERENGO (VC), nicolò morocutti (ID), AURORA NEGRETTI (IC), GUGLIELMO PENSABENE (IC), GIULIO PISTOLESI (IB), CLARA TACCONI (IB), ZOE TRAGNI (VC), STEFANO TRENTANI (IIIA) IMPAGINATRICE: ALTHEA BARRESE Copertina: ALTHEA BARRESE


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