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Il genere dei nomi
1 Genere grammaticale e naturale
2 Il genere dei nomi degli esseri inanimati e animati
3 Questioni di genere gatt-o gatt-a genere maschile genere femminile
Modificando la propria forma, il nome comunica informazioni circa il genere, che in italiano può essere maschile o femminile. Non tutti i nomi, tuttavia, si comportano in modo così semplice come quello che abbiamo appena osservato.
1 Due accezioni di “genere”: grammaticale e naturale
In italiano esistono due generi: maschile e femminile. Tuttavia, alla base, la nozione stessa di “genere” può essere intesa in due modi; partiamo da due gruppi di esempi: tavolo, finestra, problema, soluzione, virtù
Questi nomi si riferiscono a esseri inanimati o a entità astratte. Il genere non è collegato a un “sesso” che si attribuisca loro, ma è attribuito per pura convenzione (non c’è un motivo per cui tavolo è maschile e finestra femminile; il problema non ha caratteristiche maschili, né la virtù è tipicamente femminile).
Per queste parole, il genere è una nozione puramente grammaticale donna, uomo, gatto, gatta, insegnante
Questi nomi si riferiscono a esseri animati; qui il genere è effettivamente motivato, perché indica l’appartenenza a uno dei due sessi.
In queste parole, il genere è naturale
2 Il genere dei nomi degli esseri inanimati
Per quanto riguarda i nomi di esseri inanimati, in linea di massima sono maschili i nomi che terminano in -o, femminili quelli che terminano in -a: zucchero, libro, melo, lago, coraggio ecc. sono maschili, mentre vaniglia, penna, mela, isola, domenica, giustizia ecc. sono femminili. Esistono tuttavia delle eccezioni:
• mano, eco, moto, radio, foto sono femminili in -o;
• tema, diploma, dramma sono maschili in -a (sono nomi di origine greca).
ATTENZIONE La tendenza a distinguere il genere dei nomi in base alla desinenza (-o per i maschili e -a per i femminili) può indurre in errore quando viene applicata ai nomi di esseri animati:
Marco è un abile pilota. (e non *piloto)
Giulia è un soprano. (e non *una soprana)
Possono uscire in -e e -i sia nomi maschili sia nomi femminili: dente, pane, mare, fiume • maschili nave, pace, veste, prigione • femminili bisturi, brindisi • maschili sintesi, crisi, analisi • femminili
I nomi di oggetti inanimati sono di genere fisso (non presentano cioè alternanza tra forma maschile e femminile).
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Quale genere per le parole straniere?
Un primo criterio per regolarsi con il genere delle parole straniere accolte e usate nel lessico italiano è usare lo stesso genere che hanno nella loro lingua:
• dal francese: l’élite (femminile), la griffe, l’omelette (femminile), il carillon ecc.;
• dal tedesco: il würstel, il Leitmotiv, la «Frankfurter Allgemeine Zeitung» (noto giornale tedesco: la parola Zeitung, “giornale”, è femminile) ecc.;
• dallo spagnolo: il golpe, l’embargo (maschile), la siesta ecc.
Ma come fare per le parole inglesi, che presentano spesso genere neutro? Di solito una parola inglese viene concordata come il corrispondente vocabolo italiano: si dirà allora la London School of Economics, la love story, la performance, la mission sulla base dei corrispondenti italiani scuola, storia, esibizione, missione Tuttavia, non mancano eccezioni a questa tendenza. Per esempio, un termine onnipresente come internet è, in italiano, considerato femminile, ma il suo sinonimo web (come in World Wide Web) è usato al maschile; eppure, a entrambi corrisponde il nome italiano femminile rete Email è femminile sia nel significato di “posta elettronica” sia in quello di “messaggio di posta elettronica”. Nomi di malattie come AIDS e COVID derivano da sigle inglesi (Acquired ImmunoDeficiency Syndrome, “sindrome da immunodeficienza acquisita”, e COronaVIrus Disease, “malattia da coronavirus”); poiché si tratta di una sindrome e di una malattia, all’inizio si è usata in entrambi i casi la forma femminile, ma poi, a causa della confusione con i virus alla loro origine (rispettivamente HIV e SARS-CoV-2), si è imposta la forma maschile (il Covid-19).
3 Il genere dei nomi degli esseri animati
I nomi che indicano gli esseri animati esprimono il genere in modi diversi:
Esempi Funzionamento
Definizione nomi di genere mobile preside, insegnante, cantante presentano entrambi i generi, che però hanno forma identica gatto / gatta, dottore / dottoressa si modifica la desinenza o si aggiunge un suffisso nomi di genere comune (o ambigeneri) uomo / donna, fratello / sorella formano i generi da radici completamente diverse tigre, falco, spia hanno un solo genere: o maschile o femminile nomi di genere indipendente nomi di genere promiscuo (o misto)
3.1 Falsi cambiamenti di genere
Ci sono nomi che apparentemente costituiscono una “coppia” di genere mobile, ma che in realtà corrispondono a significati totalmente diversi: la boa (galleggiante usato per la segnalazione in mare) non ha niente a che fare con il boa (serpente diffuso in Sudamerica). Si parla in questi casi di falsi cambiamenti di genere.
Talvolta le parole hanno, sul piano etimologico, un’origine comune, ma il loro uso si è profondamente differenziato nel tempo. È il caso, per esempio, di cero (maschile) e cera (femminile) o gamba (femminile) e gambo (maschile).
3.2 Nomi di genere mobile
Come abbiamo visto, nei nomi di genere mobile il genere si esprime:
• attraverso la desinenza: gatto (maschile) / gatta (femminile), cugino (maschile) / cugina (femminile), infermiere (maschile) / infermiera (femminile);
• utilizzando un suffisso per il femminile: dottore (maschile) / dottoressa (femminile), lettore (maschile) / lettrice (femminile). I suffissi più usati sono:
–-essa (poetessa, duchessa, leonessa ecc.);
–-trice (pittrice, lettrice, attrice, direttrice ecc.).
Il suffisso -essa, che ha dato molti nomi in italiano, oggi non è più produttivo: le parole già formate si mantengono, ma non se ne aggiungono di nuove (→ p. 000).
I nomi che al maschile escono in -sore (difensore, precursore ecc.) formano il femminile con il suffisso -itrice (difenditrice, precorritrice ecc.). Si tratta però di parole poco maneggevoli, tanto che in molti casi si preferisce ricorrere al semplice femminile (assessore / assessora).
3.3 Nomi di genere comune
I nomi di genere comune hanno un’unica forma, identica sia per il maschile sia per il femminile; articoli e aggettivi hanno quindi una funzione distintiva: un’insegnante (femminile) / un insegnante (maschile) il cantante (maschile) / la cantante (femminile) mio nipote (maschile) / mia nipote (femminile) un bravo pediatra (maschile) / una brava pediatra (femminile)
Alcuni nomi di genere comune sono tali però solo al singolare, mentre presentano forme distinte al plurale (→ p. 000): alpinista (maschile e femminile) giornalista (maschile e femminile) geriatra (maschile e femminile)
3.4 Nomi di genere indipendente
• alpinisti (maschile) / alpiniste (femminile)
• giornalisti (maschile) / giornaliste (femminile)
• geriatri (maschile) / geriatre (femminile)
I nomi di genere indipendente esprimono il genere attraverso due parole radicalmente diverse e raggruppano:
• nomi di animali: toro / vacca, maiale / scrofa, fuco / ape, montone / pecora;
• nomi relativi a rapporti umani e di parentela: uomo / donna, padre / madre, fratello / sorella, marito / moglie, genero / nuora.
3.5 Nomi di genere promiscuo
Nei nomi di genere promiscuo, ogni parola è solo maschile o solo femminile, ma può essere riferita a individui di entrambi i sessi. In questo gruppo rientrano:
• nomi di animali: tigre, aquila, mosca, zanzara, sogliola, rondine (femminili); delfino, ragno, merluzzo, calabrone, fringuello (maschili);
• nomi riferiti a mestieri, attività, condizioni o nomi usati in senso metaforico: spia, guardia, sentinella, guida, recluta, matricola, vittima (femminili); pedone, genio, personaggio (maschili).
Per specificare il genere (nel caso degli animali), occorre aggiungere “femmina” o “maschio” (la volpe maschio / la volpe femmina ) oppure usare locuzioni di senso analogo ( la femmina del ghepardo). In questo caso, la concordanza si fa con il genere grammaticale del nome promiscuo:
Una tigre maschio è fuggita dallo zoo.
Un ghepardo femmina è fuggito dallo zoo.
Anche per quanto riguarda il secondo gruppo di nomi, la concordanza dipende dal nome di genere promiscuo:
Tua sorella è un vero personaggio!
Tommaso fa sempre la vittima
• articoli e aggettivi concordano con il nome di genere promiscuo cui si riferiscono, anche se il soggetto non concorda con esso per genere
Le due guide alpine sono arrivate al rifugio sane e salve.
La sentinella addormentata fu svegliata dal caporale.
• anche in queste frasi la concordanza, richiesta da guide e sentinella, è al femminile anche qualora i nomi si riferiscano a individui di sesso maschile
4 Questioni di genere
In italiano, al contrario di quanto accade in greco, in latino, in inglese e in tedesco, non esiste il genere neutro; quindi, tutte le parti variabili del discorso (molte di più di quanto non accada per esempio in inglese) sono o maschili o femminili. Questo causa una serie di problemi che riguardano in parte la lingua e in parte anche la società e la politica; per alcuni la grammatica offre soluzioni efficaci, per altri no.
4.1 Il femminile dei nomi professionali
Proprio perché il genere grammaticale è un’importante struttura di base dell’italiano, è del tutto normale che una parola che indica un ruolo maschile abbia un corrispondente femminile. Se il corrispondente femminile non c’è, è possibile crearlo.
• Quando occorrono parole nuove al femminile?
Per esempio quando una professione tradizionalmente maschile comincia a essere svolta anche dalle donne. Bastavano i sostantivi maschili maestro e professore finché i maestri e i professori erano tutti uomini; quando anche le donne hanno cominciato a insegnare sono nate, per mezzo di desinenze femminili, le parole maestra e professoressa.
Negli ultimi decenni le donne hanno avuto finalmente accesso a molte cariche e professioni un tempo riservate solo agli uomini ed è stata avvertita l’esigenza che la lingua si adeguasse alla nuova realtà.
• Come chiamare allora una donna che ha la carica di ministro o di sindaco?
Già nel 1987, dopo lunghe discussioni, la presidenza del Consiglio dei ministri e la Commissione nazionale per la parità e le pari opportunità tra uomo e donna avevano pubblicato, a cura della linguista Alma Sabatini, un opuscolo intitolato Raccomandazioni per un uso non sessista della lingua italiana, che cominciava così: Lo scopo di queste raccomandazioni è di suggerire alternative compatibili con il sistema della lingua per evitare alcune forme sessiste della lingua italiana, almeno quelle più suscettibili di cambiamento. Il fine minimo che ci si propone è di dare visibilità linguistica alle donne e pari valore linguistico a termini riferiti al sesso femminile.
La formula chiave, qui, è «alternative compatibili con il sistema della lingua»: significa che le soluzioni linguistiche vanno cercate all’interno delle strutture di fondo dell’italiano.
E in effetti, come abbiamo visto nei paragrafi precedenti, la grammatica ci offre una serie di modelli per “mettere al femminile” i nomi maschili. La tabella riporta nella colonna di sinistra parole entrate da secoli o decenni nell’uso e in quella di destra i nomi “nuovi” che rientrano nelle stesse categorie: il maestro / la maestra il ministro / la ministra, il sindaco / la sindaca, l’arbitro / l’arbitra l’operaio / l’operaia l’impiegato / l’impiegata l’attore / l’attrice, lo scrittore / la scrittrice il notaio / la notaia l’avvocato / l’avvocata, il deputato / la deputata il senatore / la senatrice, il direttore / la direttrice, l’ambasciatore / l’ambasciatrice l’assessore / l’assessora l’infermiere / l’infermiera un ingegnere / un’ingegnera, il cancelliere / la cancelliera il pastore / la pastora il giornalista / la giornalista, il pediatra / la pediatra, un atleta / un’atleta un astronauta / un’astronauta, lo psichiatra / la psichiatra, il pilota / la pilota il custode / la custode, il preside / la preside il vigile / la vigile, il giudice / la giudice un insegnante / un’insegnante il presidente / la presidente, il dirigente / la dirigente il dottore / la dottoressa, il professore / la professoressa, il poeta / la poetessa, lo studente / la studentessa
Perché nell’ultima sezione la colonna di destra è vuota? Perché, come abbiamo detto, il suffisso -essa non è più produttivo: si preferisce cioè non usarlo più per formare i nomi femminili. Non è necessario smettere di usare poetessa, dottoressa, professoressa e studentessa, forme che non hanno niente di spregiativo. Si stanno diffondendo però le forme la poeta (come si dice un’atleta) e la studente (come la presidente): il loro successo dipenderà dalle scelte dei parlanti.
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Se tutti dicono sarta e infermiera, perché ci sono polemiche su ministra o ingegnera?
Videolezioni d’autore
• Se tutti dicono sarta e infermiera, perché ci sono polemiche su ministra o ingegnera?
Parole come ministra, sindaca, avvocata, notaia ecc. suscitano discussioni e polemiche che vanno al di là della grammatica e coinvolgono la politica e l’intera società. Ognuno è libero di usare le parole che preferisce, per riferirsi a sé e alle altre persone; però è opportuno stabilire con precisione i termini linguistici della discussione, per sgombrare il terreno da argomentazioni sbagliate e fuorvianti, come quelle contenute in alcune obiezioni all’uso dei nomi femminili delle professioni.
«Le parole sindaca, assessora, ingegnera sono cacofoniche.»
Cacofonico significa “che ha un brutto suono”. Ma perché sindaca dovrebbe avere un suono peggiore di sindaco, da cui differisce solo per la a finale? Ingegnera non è diverso da infermiera, o assessora da pastora (o anche da signora, femminile di signore): “suonano male” solo perché non siamo abituati a sentirle.
«Se una donna può farsi chiamare ministra, allora un uomo è un guido turistico, un giornalisto, un atleto, un pediatro.»
Chi propone questo pseudo-argomento sta facendo una gran confusione, confrontando nomi che si comportano in modo diverso. Un conto infatti è parlare di nomi che ammettono la modifica della desinenza (ministro / ministra, cuoco / cuoca), un conto è parlare di nomi per cui non esiste una forma specifica per marcare il genere (giornalista, atleta e pediatra); sono infatti nomi di genere comune, che valgono sia per il maschile sia per il femminile, mentre per guida, nome di genere promiscuo, esiste solo il genere femminile, che si applica anche agli individui di sesso maschile (come accade per spia, guardia o sentinella).
«Perché introdurre parole nuove? Per far capire che la persona di cui si parla è una donna basta usare l’articolo femminile o mettere l’apostrofo: un’ingegnere, un’avvocato, la sindaco, la ministro.»
Questa obiezione viola una delle regole basilari della grammatica italiana, che si apprende fin dai primi mesi di scuola: un nome maschile esige l’articolo maschile, uno femminile l’articolo femminile. Siccome ingegnere o sindaco sono nomi maschili, scrivere un’ingegnere o un’avvocato o la sindaco è come scrivere un’infermiere o un’amico o la maestro: è un errore di ortografia o di concordanza.
«Se si vuole la chiarezza, basta aggiungere la parola donna: un avvocato donna, un sindaco donna, un arbitro donna.»
Qui l’obiezione determinante è: si dice forse un maestro donna, un professore donna, un cameriere donna? Ovviamente no; una tale distinzione, basata quindi solo sulla base del tipo di professione, non avrebbe nessun fondamento sul piano linguistico.
«Usare al femminile il nome professionale significa sottolineare il sesso di chi ricopre quel ruolo; quello che conta è la funzione, quindi meglio usare la forma maschile, che ha valore neutro.»
In italiano il neutro non esiste. Nessuno ha dubbi a usare il femminile per indicare un’infermiera, un’impiegata, una segretaria, un’operaia, una maestra; perché solo ruoli o professioni come il ministro, il sindaco, il notaio, l’avvocato, l’ingegnere, il direttore d’orchestra ecc. dovrebbero aver bisogno della speciale tutela della denominazione neutra (ma in realtà maschile)?
4.2 L’italiano è una lingua maschilista?
In italiano, se un aggettivo o un participio si riferiscono a una parola maschile e a una femminile, la concordanza avviene al maschile: si parla infatti di maschile sovraesteso:
Le forchette e i coltelli erano lucidi.
Sofia e Filippo sono tornati dai nonni.
Il maschile sovraesteso fa sì che una concordanza al femminile si applichi solo a un gruppo di elementi femminili, mentre una concordanza al maschile ingloba sia elementi maschili sia elementi femminili. Il maschile sovraesteso è una mera convenzione quando ci si riferisce a oggetti inanimati, ma può apparire discriminatorio e illogico quando si applica alle persone. Se una madre esce di casa con quattro figlie e un neonato maschio sul passeggino, bisognerebbe dire che «sono andati a fare una passeggiata»; se nel campo degli indirizzi di una email ci sono nove donne e un uomo, la grammatica considera corretto un attacco con «Cari colleghi». È possibile evitare (o aggirare) il “maschilismo” dell’italiano?
Alma Sabatini nelle citate Raccomandazioni per un uso non sessista della lingua italiana invitava per esempio a rendere conto dell’elemento femminile, dimostrando che la sua presenza non è cancellata o data per scontata, con formulazioni quali:
Cari cittadini e care cittadine
Alle bambine e ai bambini
Alle studentesse e agli studenti.
Per quanto riguarda l’email rivolta a nove donne e a un uomo, la formula iniziale potrebbe essere semplicemente:
Care colleghe, caro XY (nome o cognome dell’unico maschio)
L’evoluzione della società ha fatto sì che una caratteristica del sistema della lingua, il maschile sovraesteso, sia diventato un problema. Per il momento la grammatica ci offre solo qualche strategia per aggirarlo, non per risolverlo.
Lingua Viva
L’asterisco e lo schwa sono una soluzione?
Videolezioni d’autore
• L’asterisco e lo schwa sono una soluzione?
AGENDA 2030
È sempre più viva l’esigenza di una lingua inclusiva, che superi le discriminazioni anche occulte che l’italiano (come le altre lingue) ha ereditato dal passato. Alcune soluzioni proposte presentano altri problemi.
1. L’asterisco
Alla fine delle parole variabili, l’asterisco sostituisce la desinenza maschile:
Car* tutt*
Al posto del maschile sovraesteso, cioè, si mette un simbolo che possa valere per il maschile, per il femminile e anche per le persone non binarie (chi non si riconosce in un’identità maschile o femminile). Però l’asterisco ha serie controindicazioni:
• è una forma solo scritta: come si dovrebbe pronunciare car* tutt*?
• è poco maneggevole: cosa succederebbe con sequenze appena più complesse, per esempio «A tutti gli amici scrittori»? «A tutt* gl* amic* scrittor*» non va bene, perché in gl* e scrittor* l’asterisco può stare soltanto al posto della i del maschile. «A tutt* gli / le amic* scritt*» sarebbe più corretto, ma è praticamente illeggibile (e pensate a un intero testo scritto con questi criteri).
2. Lo schwa (ə)
Un’altra soluzione proposta è quella di usare, al posto della desinenza maschile o dell’asterisco, lo schwa o scevà ( ), cioè il simbolo fonetico che indica una vocale media, indistinta, presente come suono in molte lingue tra cui l’inglese (è per esempio la pronuncia usuale dell’articolo indeterminativo a) e svariate lingue regionali italiane (per esempio in napoletano è il suono della e alla fine della parola Napule). Quindi le formule già viste diventerebbero:
Car tutt A tutt l amic scrittor
Anche lo schwa non appartiene però al sistema della lingua e pone altri problemi:
• introdurre una nuova lettera nell’alfabeto è un’operazione tutt’altro che usuale; le ultime volte è successo, secoli fa, con la j e la w;
• lo schwa (al contrario dell’asterisco) si può pronunciare, ma il suo suono non fa parte dei 30 fonemi italiani (→ p. 000) e la sua introduzione costringerebbe i parlanti nativi a stravolgere la loro pronuncia;
• introdurre lo schwa significa introdurre nuovi articoli e nuove desinenze, quindi intervenire su classi chiuse (→ p. 000) della morfologia; sarebbe una rivoluzione grammaticale non derivata dall’evoluzione naturale della lingua.
L’asterisco e lo schwa, insomma, richiederebbero un pesante intervento non solo sull’ortografia, ma anche sulla fonetica e sulla morfologia dell’italiano. È improbabile, dunque, che possano prendere piede al di fuori di alcuni ambiti particolari.